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DIGNITAS ET

EXCELLENTIA HOMINIS
Atti del Convegno Internazionale di Studi
su Giannozzo Manetti
(Georgetown University – Kent State University:
Fiesole – Firenze, 18-20 giugno 2007)

A cura di
STEFANO U. BALDASSARRI

Le Lettere
In copertina: Filippino Lippi, La disputa con Simon Mago e la
crocifissione di Pietro, (particolare – Autoritratto di Filippino Lippi),
Cappella Brancacci, Firenze.

Il convegno è stato patrocinato da:

Si ringrazia per il contributo la Lila Wallace Reader’s Publication Grant.

Copyright © 2008 by Casa Editrice Le Lettere – Firenze


ISBN 88 6087 122 0
www.lelettere.it
ANNA MODIGLIANI

IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V: LA RIELABORAZIONE


DI MANETTI NELLA BIOGRAFIA DEL PAPA

Alcune importanti novità riguardo al testamento di Niccolò V sono


emerse durante lo studio per l’edizione critica del De vita ac gestis
Nicolai quinti summi pontificis di Giannozzo Manetti1. È noto che
il terzo libro della biografia manettiana, intitolato «Liber tertius de
testamento Nicolai quinti summi pontificis pridie quam more-
retur»2, è in larga parte dedicato al lungo testamento del Parentu-
celli, affidato vive vocis oraculo ai cardinali riuniti intorno a lui
(«cunctis Sancte Romane Ecclesie cardinalibus hac duntaxat causa
in conspectum suum generose admodum ac magnanimiter evo-
catis»)3 e che Giannozzo dichiara di aver riferito, pur non essendo
presente, sulla base del resoconto veritiero degli stessi porporati4.
Il testamento di Niccolò V, al quale la storiografia ha dedicato
particolare attenzione sia per l’interesse dei suoi contenuti che per
l’assoluta rarità di una testimonianza di questo genere per un pon-
tefice, risultava non solo tràdito ma anche storicamente attestato
dalla sola biografia manettiana. Durante il lavoro preparatorio del-
l’edizione si sono tuttavia aggiunte due nuove fonti, che mi hanno
consentito di ridiscutere il problema in maniera più articolata.
Innanzitutto una lettera del vescovo di Novara Bartolomeo Vi-

1 IANNOTII MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis, a cura di A.


Modigliani, Roma 2005. L’edizione è corredata da una traduzione italiana.
2 Ibid., p. 115.
3 Ibid., III.4-5, p. 117.
4 «... ut ex vera quadam et certa eorum relatione paulo post plane aperteque co-
gnovimus...» (ibid., III.28, p. 140).
232 ANNA MODIGLIANI

sconti e di Nicodemo Tranchedini a Francesco Sforza, scritta da


Roma la sera del 19 marzo 1455, quando ormai da qualche giorno
le condizioni del papa erano tali che «tuti li medici se concorda-
vano dovesse omnino morire»:

«Et luy stesso sabato passato aperte demonstrò crederlo, recevendo la ex-
trema uncione et admonendo tuti li cardinali collegialiter, tantum carita-
tive et magistraliter quantum dici posset, a la deffensione de la fede et al go-
verno de questa citade et al fraternale vivere insieme et haverlo per excu-
sato, se da la Sanctità soa havesseno aliquando havuto qualche risposta
più ingrata che non saria convenuto a la dignità loro, per l’essere proce-
duto questo per natura soa et non per voluntate propria. Que admonicio
ipsorum cardinalium animos humiliasse adeo videtur, ut spes melior rema-
neat future inter eos unionis et concordie in successoris ellectione quam
antea esset. In qua sententia confirmet eos Deus, si velit Ecclesiam suam
non conculcari»5.

È evidente che la lettera, scritta cinque giorni prima della morte


del pontefice, avvenuta il 24 di marzo, e riguardante un evento – il
discorso di Niccolò V ai cardinali riuniti al suo capezzale – ancora
precedente di quattro giorni, ovvero del sabato 15 marzo, non può
che essere riferita alla vicenda del testamento, che pur Manetti at-
tribuisce al giorno che precedette la morte del Papa6. Una con-
ferma dunque della storicità del testamento7, che esclude definiti-

5 Questo dispaccio (Archivio di Stato di Milano, Sforzesco Potenze Estere, 41,


doc. 256) – uno dei tanti inviati da Roma, che riferiscono delle gravi condizioni del
papa fin dai primi giorni di marzo – è citato in P. SVERZELLATI, Niccolò V visto da un
umanista pontremolese: i dispacci di Nicodemo Tranchedini a Milano, in Niccolò V nel
sesto centenario della nascita. Atti del Convegno internazionale di studi (Sarzana, 8-10
ottobre 1998), a cura di F. Bonatti e A. Manfredi, Città del Vaticano 2000, pp. 329-350:
p. 347; su cui vd. anche la recensione di M. ALBANESE in «Roma nel Rinascimento. Bi-
bliografia e note», 2003, p. 155, che ne segnala l’importanza in relazione al problema
della storicità del testamento. La lettura integrale del dispaccio mi ha consentito di da-
tare con esattezza il testamento orale del Papa ai cardinali al 15 marzo, che è appunto
il sabato precedente a mercoledì 19.
6 Su tutto questo, più diffusamente, cfr. MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti
summi pontificis cit., Introduzione, pp. L-LI.
7 Questa tesi era già stata difesa alcuni anni fa da M. MIGLIO, Niccolò V umanista
di Cristo, in Umanesimo e Padri della Chiesa, a cura di S. Gentile, Roma 1997, pp. 77-
83: p. 78, che ha anche sottolineato l’importanza di un precedente del testamento di
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 233

vamente l’ipotesi che si tratti di un’invenzione di Manetti. Tale te-


stimonianza è peraltro avvalorata da quanto riferito dal cronista vi-
terbese Niccolò della Tuccia, il quale racconta che il Papa prima di
morire «fece venire a sé tutti li cardinali e fe’ loro un bel parla-
mento», affidò nelle loro mani la Chiesa e li pregò di portare avanti
i lavori della basilica di S. Pietro8.
Più complessa la valutazione della seconda nuova fonte rela-
tiva al testamento di Niccolò V. Il ms. 914 della Biblioteca Riccar-
diana di Firenze è un codice miscellaneo allestito da Bartolomeo
Fonzio negli anni ’80 del Quattrocento, che contiene un Testa-
mentum Nicolai quinti summi pontificis omnibus Sanctae Romanae
Ecclesiae cardinalibus sibi moribundo assistentibus vivae vocis ora-
culo Romae pridie quam moreretur expressum. Il fascicolo che com-
prende il testamentum (ff. 55r-65r), riconducibile invece alla Fi-

Niccolò V nel testamento di Eugenio IV, riportato da un’orazione di Enea Silvio Pic-
colomini all’imperatore Federico III (Aeneae Silvii Senensis Frederici Romanorum Regis
Segretarii et Oratoris de morte Eugenii IV creationeque et coronatione Nicolai V sum-
morum Pontificum Oratio coram ipso Rege habita Anno MCCCCXLVII, Mediolani 1734
[RIS3, 2], coll. 878-898: coll. 889-890).
8 «Il papa tuttavia peggiorava di sua infermità […]. Onde vedendosi lui in peri-
colo di morte, fece venire a sé tutti li cardinali, e fe’ loro un bel parlamento, e disse:
“Fratelli miei, voi sapete ch’io son ora signore di tutta la cristianità, e a quale lo co-
mandassi son certo m’obbederìa. Pertanto vi prego pigliate esemplo da me, che presto
abbandonerò questo mondo, io vi lascio la pace, e così pregovo vogliate mantenerla ed
eleggere sì fatto pastore, che seguiti detta pace”. E in quel punto elesse quattro cardi-
nali, che dovessero governare la Sedia apostolica. Il primo fu il cardinal Colonna; 2.°
il cardinal di San Marco, nepote di papa Eugenio; 3.° il cardinal di Fermo; 4.° il car-
dinal di Bologna, fratello del papa; e a loro fe’ assegnare obbedienza da tutti li castel-
lani della Chiesa e del castel Sant’Angelo. Ancora fe’ capitano di tutte le genti della
Chiesa il cardinal di San Lorenzo in Damaso, patriarca d’Aquileia e camerlengo del
papa, e fèllo legato della Sedia apostolica. Anco disse alli detti cardinali: “Io vi lasso
400000 ducati tra danari e gioie. Prego qualunque sarà sommo pontefice voglia segui-
tare l’edifizio di San Pietro quale ho fatto cominciare a onore di Dio e di san Pietro apo-
stolo”. Li cardinali lì presenti commisero al cardinal Sant’Agnolo la risposta, il quale
era omo antico e assai benevolo del papa, e disse circa dieci parole: poi cominciò a
piangere con la più parte di loro» (Cronache di Viterbo e di altre città scritte da Niccola
della Tuccia, in Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Firenze
1872, p. 238). Il brano si inserisce tra il 10 e il 24 marzo, data della morte di Niccolò.
Su questa testimonianza ha recentemente richiamato l’attenzione G. SIMONCINI, To-
pografia e urbanistica da Bonifacio IX ad Alessandro VI, in Roma. Le trasformazioni ur-
bane nel Quattrocento, I, Firenze 2004, p. 109.
234 ANNA MODIGLIANI

renze degli anni ’60, è quasi interamente autografo dello stesso


Fonzio: soltanto le ultime due pagine (ff. 64v-65r) sono di una
mano non identificata9. Al testo attribuito al pontefice segue un
breve resoconto della sua morte, elemento che conferisce all’intero
scritto il carattere di una narrazione piuttosto che quella di un sem-
plice documento e che può essere di qualche rilievo al fine di rico-
struirne la possibile tradizione:

«Cum itaque haec (sic) et alia quedam huiusmodi memoriter et clara voce
perorasset, dextero brachio parumper sublevato, “Benedicat – inquit –
vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Santus”. Et cum hec ma-
gnanimiter, quemadmodum pontificalem gravitatem decere videbatur,
animoseque dixisset, paulo post feliciter expiravit»10.

Nessuna menzione di Giannozzo né di altri come autori di


questo testo. Il testamento di Niccolò V tràdito dal Ricc. 914 è un
testo molto più breve di quello compreso nella Vita Nicolai quinti
ed è stato finora generalmente considerato un excerptum, ridotto,
tratto dal terzo libro della biografia manettiana11. Si tratta invece,
come si dimostrerà di seguito, di un testo che appartiene ad una
fase redazionale anteriore alla composizione dell’opera di Manetti.
Le differenze sono piuttosto numerose. Innanzitutto alcuni inter-
venti di modifica, che possono essere raggruppati nelle seguenti ca-
tegorie:
– modifiche lessicali che si giustificano con la sensibilità e il

9 Per tutto questo vd. MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis
cit., Introduzione, pp. LII-LIX.
10 Ibid., Appendice, p. 232. Nelle due ultime pagine del testamento, di mano di-
versa da quella di Bartolomeo Fonzio, non è mai utilizzato il dittongo ae salvo nello
haec qui citato.
11 F. BAUSI, Nuovi autografi di Bartolomeo Fonzio nel Riccardiano 914, «Inter-
pres», 10 (1990), pp. 270-288: p. 273; G. DONATI, I manoscritti, in LORENZO VALLA,
Orazione per l’inaugurazione dell’anno accademico 1455-1456. Atti di un seminario di
filologia umanistica, a cura di S. Rizzo, Roma 1994, pp. 133-149: p. 146; anche nella
mia introduzione a GIANNOZZO MANETTI, Vita di Nicolò V, traduzione italiana, intro-
duzione e commento a cura di A. Modigliani, con una premessa di M. Miglio, Roma
1999, p. 64, propendevo – non avendo ancora sottoposto i due testi ad un confronto
puntuale – per l’ipotesi di un riassunto del testamento compreso nella Vita.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 235

gusto di Manetti, come ad esempio quantas qualesque che diventa


quales quantasque12; mente atque animo revolveremus cambiato in
mente atque animo volutaremus13;
– interventi di arricchimento e ampliamento retorico, come il
semplice vasis che diventa vasis, partim argenteis, partim aureis14;
opulentissimam modificato in ditissimam ac opulentissimam15; pro-
venerunt mutato in provenisse non dubitamus16;
– interventi che propongono forme più corrette, come Adrianae
molis (al genitivo) trasformato in molis Adrianee17;
– interventi di chiarificazione, come un suo nomine che diventa
a Sanctitate sua18;
– modifiche che appaiono direttamente finalizzate alla defini-
zione delle caratteristiche del nuovo testo elaborato da Manetti per
la biografia del Papa: il testamento, divenuto molto più ampio, da
breve diventa grave… et amplum19; e ancora nella frase pronunciata
dal papa: Quocirca audite, quaesumus, audite – inquam – quae-
sumus, Nicolaum enim quintum adhuc summum pontificem in ex-
tremo pene mortis articulo constitutum de condendo suo testamento
gravissime disserentem audietis alla parola testamento viene ag-
giunto: magna quadam pretiosarum et inusitatarum rerum copia re-
fercto20, aggiunta nella quale credo di poter leggere una definizione
molto puntuale della qualità dell’intervento manettiano sul testa-
mento tràdito dal codice riccardiano.
Referctum è infatti termine pregnante, che dà pieno conto non
tanto dei numerosi interventi minori cui si è appena accennato,

12 Testamentum Nicolai quinti summi pontificis (Ricc. 914) edito in MANETTI, De


vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., Appendice, 1, p. 227; ibid., III.5, p.
118. D’ora in avanti, rispettivamente: Testamentum (Ricc. 914) e Vita Nicolai quinti.
13 Testamentum (Ricc. 914), 4, p. 229;Vita Nicolai quinti, III.23, p. 136.
14 Testamentum (Ricc. 914), 6, p. 230; Vita Nicolai quinti, III.25, p. 138.
15 Testamentum (Ricc. 914), 6, p. 230; Vita Nicolai quinti, III.25, p. 138.
16 Testamentum (Ricc. 914), 6, p. 230; Vita Nicolai quinti, III.25, p. 138.
17 Testamentum (Ricc. 914), 3, p. 229; Vita Nicolai quinti, III.22, p. 136. Sulla al-
ternanza delle forme Adriana, Adrianea, Adriani nella biografia manettiana v. oltre,
nota 47.
18 Testamentum (Ricc. 914), 2, p. 228; Vita Nicolai quinti, III.21, p. 135
19 Testamentum (Ricc. 914), 1, p. 227; Vita Nicolai quinti, III.5, p. 117
20 Testamentum (Ricc. 914), 1, p. 227; Vita Nicolai quinti, III.5, p. 117.
236 ANNA MODIGLIANI

quanto soprattutto delle aggiunte più sostanziali e strutturali, alle


quali ben si addice la definizione di magna pretiosarum et inusita-
tarum rerum copia. Per i primi si tratta infatti di interventi di am-
plificazione retorica, dell’uso di qualche metafora, dell’aggiunta di
nomi o aggettivi che non apportano sostanziali modifiche di signi-
ficato, del cambiamento di alcuni termini usati. I secondi aggiun-
gono invece contenuti e materiali completamente nuovi e portano
il testamento manettiano ad una estensione di oltre tre volte mag-
giore di quella del Ricc. 914.
Le differenze più rilevanti, anche dal punto di vista quantita-
tivo, si riferiscono dunque all’inserzione nel terzo libro della bio-
grafia manettiana di interi brani, che risultano dotati di una note-
vole autonomia. Del tutto nuova è, ad esempio, la lunga riflessione
sui sacramenti21, che si presenta – nonostante l’esclusione di alcuni
di essi, di cui si dirà – come un breve trattato sull’argomento.
Nuova è la giustificazione dell’attività edilizia di Niccolò V con l’e-
sigenza di corroborare negli animi degli indotti l’idea dell’autorità
della Chiesa e con la necessità di difendere il Papa e la Curia dalle
aggressioni dei romani, con il lungo excursus sulle violenze perpe-
trate da questi ai danni dei pontefici a partire dal IX secolo fino

21 MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., III.6-10, pp. 118-
121. Quanto ai sacramenti, è evidente che, nonostante i successi ottenuti dal Paren-
tucelli nei confronti del conciliarismo, la minaccia non poteva ancora essere conside-
rata pienamente superata ed era perciò opportuno riaffermare che il papa ne era unico
legittimo dispensatore, in quanto unico capo spirituale della cristianità. Lo splendido
apparato iconografico che accompagna il codice Vat. lat. 985, trascritto per Niccolò V
e contenente un commento anonimo al IV libro delle Sententiae di Pietro Lombardo,
dedicato ai sacramenti (A. MANFREDI, I codici latini di Niccolò V, Città del Vaticano
1994, n. 327, p. 204; S. TARQUINI, Simbologia del potere. Codici di dedica al pontefice
nel Quattrocento, Roma 2001, pp. 44-47 e 92-94) conferma la centralità di queste te-
matiche per papa Parentucelli. Il contenuto delle immagini miniate «allude al potere
di legare e di sciogliere conferito da Cristo a Pietro ed ereditato dai suoi successori»
(ibid., p. 46). Ai sacramenti era stata dedicata una parte importante dell’VIII sessione
del concilio fiorentino del 22 novembre 1439 (Cfr. Conciliorum oecumenicorum de-
creta, curantibus J. Alberigo – P. P. Joannou – C. Leonardi – P. Prodi, consultante H.
Jedin, Basileae – Barcinone – Friburgi – Romae – Vindobonae 1962, pp. 516-526). L’e-
sigenza di ridefinire la materia sacramentale, affrontata in quella sede per la Bulla
unionis Armenorum, e di ribadire su questi temi la superiorità della nova lex rispetto
all’antiqua lex, era tema ancora molto attuale durante il pontificato di Niccolò V.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 237

alla congiura di Stefano Porcari del gennaio 145322. Nuova è infine


la giustificazione del comportamento di Niccolò V nei confronti
della minaccia turca, che portò alla caduta di Costantinopoli nel
1453. Di questi tre elementi mancanti nel codice riccardiano, i
primi due – sacramenti e giustificazione dell’attività edilizia – sono
annunciati all’inizio del III libro della biografia come aggiunte agli
originari tria principalia membra del testamento23 (questi tre tutti
compresi sia in Ricc. 914 che nella Vita manettiana), mentre il terzo
elemento mancante – Costantinopoli – non è neppure annunciato
ed è probabilmente da considerare un’aggiunta ulteriore, come
confermano anche le prime parole del brano ad esso dedicato24.
A fronte delle insistenze di Manetti, di cui si è detto, sulla ric-
chezza del testamento tramandato dalla Vita, si sottolinea invece
nel riccardiano la brevitas del testamento25, dovuta all’imminenza
della morte, e la soddisfazione del Papa che è riuscito (valuimus e
non l’errato e banalizzante voluimus della tradizione manoscritta
della Vita, III.23)26 a commemorare i fatti più salienti della sua vita
e del pontificato di fronte ai cardinali «hac nostra breviuscula nar-
ratione»27. Il testamento compreso nella Vita, che mantiene tutti
questi riferimenti alla brevitas (soltanto in un caso infatti corregge,
come si è detto, breve in grave et amplum), acquista per questo
aspetto un carattere intrinsecamente contraddittorio, perché da un
lato pretende di riferire puntualmente – tramite la relazione fatta a
Manetti dai cardinali presenti – quanto il Papa disse sul letto di
morte, per avvalorare l’auctoritas del suo messaggio; dall’altro non

22 MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., III.14-16, pp.
124-131.
23 Ibid., III.5, p. 118.
24 «Sed antequam, ex hac digressionis parte abeuntes, ad principale mentis no-
stre propositum redeamus, in hac ipsa obiectarum rerum confutatione de luctuosa
Constantinopolis captivitate nonnulla, manifestande veritatis gratia, brevissime simul
atque verissime attingemus» (ibid., III.19, p. 132).
25 Testamentum, 1 (ibid., Appendice, p. 227).
26 La conferma che il voluimus di III.23 (ibid., p. 136) sia un errore, che proba-
bilmente risale alla bozza di lavoro di Giannozzo (?), viene da un secondo valuimus in
III.26 (ibid., p. 138), sempre riferito al fatto che Niccolò V è riuscito a ricordare i be-
nefici ricevuti da Dio e a ringraziarlo. Su questo vd. anche più avanti.
27 Testamentum, 4, ibid., p. 229.
238 ANNA MODIGLIANI

nasconde l’importanza dell’intervento manettiano nel dar più


ampio corpo e nell’aggiungere dettagli e artifici retorici a quel te-
stamento orale, che realisticamente – per le condizioni di salute del
Papa – non avrebbe potuto essere così lungo e articolato.
Tutte queste ragioni, che dimostrano a mio parere in modo ine-
quivocabile l’esistenza di una redazione perduta del testamento (?),
dalla quale derivano sia la bozza di lavoro di Giannozzo (?) del
1455 che il manoscritto di Bartolomeo Fonzio, databile – come si
è detto – intorno agli anni Sessanta, sono ulteriormente confermate
da alcuni errori, presenti nell’intera tradizione manoscritta della
Vita Nicolai quinti e che è stato possibile correggere nell’edizione
grazie al Ricc. 914: il più significativo il valuimus reintegrato nel-
l’edizione al posto di voluimus, di cui si è detto sopra28. Dal con-
fronto testuale emerge dunque che quello tramandato dal Ricc. 914
rispecchia una fase redazionale precedente del testamento poi am-
pliato e rielaborato da Manetti per la sua opera biografica, e non,
al contrario, un riassunto del testo compreso nella Vita. Alla luce di
queste considerazioni, che avvalorano peraltro ulteriormente sia l’i-
potesi della storicità del testamento di Niccolò V, sia quella dell’e-
sistenza di un testamento scritto precedente a quello inserito nella
Vita, il testo presente nell’antigrafo (?) – perduto o non identifi-
cato – da cui fu tratto il fascicolo del Ricc. 914 si aggiunge alla lista
delle fonti utilizzate da Manetti per la Vita: un testo la cui pater-
nità manettiana è assolutamente indimostrata e – credo – anche ben
lontana dalla realtà.
Dal punto di vista dei contenuti, il testamento del Ricc. 914,
che mostra forti analogie con quanto riferito nel dispaccio del
Tranchedini citato di sopra, risulta dunque non soltanto molto più
povero di quello che si legge nella Vita (comprendendo, in so-
stanza, soltanto quelli che sono definiti tria principalia membra, ov-
vero il ringraziamento a Dio, la lode dello stato di floridezza e pace
in cui Niccolò lasciava la Chiesa e la raccomandazione ai cardinali
di mantenerla in quelle condizioni), ma anche profondamente di-
verso nelle proprie finalità. Riguardo al testamento “manettiano” è

28 Cfr. sopra, nota 26. Per le altre correzioni effettuate sulla base del Ricc. 914
vd. ibid., pp. 117-139, note filologiche.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 239

stato giustamente evidenziato il tono di giustificazione dell’operato


del Papa29. Ebbene, tutto questo manca nel testamento “riccar-
diano”, dove – oltre ai sacramenti – sono completamente assenti
proprio le due grandi tematiche intorno alle quali Niccolò V attirò
su di sé numerose critiche (le spese per l’attività edilizia e la stra-
tegia nei confronti dei Turchi): accuse che Manetti si propose di
respingere appunto nel terzo libro della sua biografia. Delle quali
due tematiche – sia detto per inciso – l’una (il progetto edilizio)
trova spazio ancora più ampio nel secondo libro, perché si trattava
non soltanto di un oggetto di critiche da rigettare, ma anche di un
motivo di grande vanto per il pontefice, mentre sulla seconda (la ca-
duta di Costantinopoli), un indiscutibile fallimento, cade un asso-
luto silenzio nel secondo libro30, dove, al posto di una narrazione
ordinata degli anni di pontificato, si concentrano di fatto una serie
di tópoi e di eventi tutti funzionali alla costruzione di un’immagine
idealizzata di Niccolò V.
Dunque il terzo libro della Vita, il testamento referctum da Ma-
netti, e non il più banale testamento del Ricc. 914, esprime i nodi
più problematici del pontificato niccolino, le questioni ancora irri-
solte, che si pongono inevitabilmente in contrasto con i toni elo-
giativi della biografia esemplare e senza ombre dei primi due libri.
Per far fronte ai problemi ancora aperti, Manetti inserisce nel terzo
libro e tra le stesse parole pronunciate dal Papa sul letto di morte
un testo che al Papa rivolto ai cardinali in quell’ora estrema sem-
brerebbe non appartenere affatto; un testo ancor più distante da
quel che Niccolò disse di fronte ai cardinali di quanto non sia il già
problematico testamento del Ricc. 91431. Ma la questione dell’at-

29 Cfr. M. MIGLIO, Nicolò V, Leon Battista Alberti, Roma, in Leon Battista Alberti
e il Quattrocento. Studi in onore di Cecil Grayson e Ernst Gombrich. Atti del Convegno
Internazionale (Mantova, 29-31 ottobre 1998), a cura di L. Chiavoni, G. Ferlisi, M.V.
Grassi, Firenze 2001, pp. 47-64: p. 52.
30 Unica eccezione, un accenno al fatto che dopo la caduta di Costantinopoli il
Papa promosse l’acquisto di numerosi codici, che dalla Grecia fece portare a Roma
(MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., II.20, p. 56).
31 C’è da notare a questo proposito che il testo del Ricc. 914, che alle parole at-
tribuite al Papa aggiunge non soltanto un’introduzione (o titolo), che informa il lettore
della circostanza in cui il testamento fu pronunciato, ma anche una nota finale che rac-
conta la morte di Niccolò V, si presenta comunque come un testo narrativo e non può
240 ANNA MODIGLIANI

tribuzione di queste aggiunte va sottoposta ad ulteriori verifiche,


ed è quello di cui mi accingo a trattare.
A chi riferire, allora, la paternità delle tematiche aggiunte nella
Vita manettiana al primo e più scarno testamento? Se ci si limita
all’analisi delle vicende testuali, non si può fare a meno di ricono-
scere che i nuovi argomenti, inseriti in un testo databile a pochi
giorni prima della morte del Papa, siano da ricondurre alla penna
di Giannozzo. Occorre tuttavia ragionare in una prospettiva più
ampia di quella rigorosamente filologica e tener conto non soltanto
dell’attività di scrittura svolta da Manetti dopo la morte del Papa,
ma anche di quanto accadde tra i due personaggi e al testo della
Vita nei mesi precedenti. Ho già dimostrato – e non è questa la sede
per riprendere tutti i dettagli della questione – che Giannozzo co-
minciò a lavorare alla composizione della Vita già diversi mesi
prima del 1455, raccogliendo materiali e scrivendo interi brani, che
avrebbero reso più agevole terminare la biografia a breve distanza
dalla morte del Papa, come di fatto avvenne. Schede, tessere da
comporre nel mosaico finale, ciascuna delle quali reca tuttavia, ad
uno sguardo attento, l’impronta del momento in cui fu elaborata,
così che, nonostante gli aggiustamenti finali, non tutte le contrad-
dizioni interne risultano eliminate e la stesura dell’opera mostra
evidenti segni di sutura e soprattutto tracce inequivocabili di di-
verse fasi di scrittura32.
Ci sono inoltre buone ragioni per credere che la biografia sia
stata commissionata a Manetti dallo stesso pontefice, e non soltanto
come un medaglione da affidare alla memoria dei posteri (questo
tipo di intenzione può forse appartenere ad una prima fase, quando
il Papa pensava di avere il tempo di realizzare una parte più so-
stanziosa dei suoi progetti), ma anche come il veicolo di una serie
di aspettative rivolte al futuro, da affidare – nel momento in cui il

perciò essere immediatamente identificato né con un testo precedentemente scritto e


poi utilizzato dal Papa sul letto di morte né con una semplice trascrizione delle sue pa-
role durante l’ascolto. Si pone dunque anche il problema di chi sia l’autore della pur
scarna, ma importante, contestualizzazione descrittiva che accompagna il discorso at-
tribuito al Papa, anch’essa ripresa e rielaborata da Manetti nel terzo libro della Vita.
32 MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., Introduzione,
par. 3.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 241

Papa sentì vicina la morte – al collegio dei cardinali e al proprio


successore. Una biografia che negli ultimi mesi – e in modo straor-
dinariamente accelerato alla fine – venne tutta proiettata sul testa-
mento, accentuando d’altro canto l’idealizzazione della figura del
pontefice nei primi due libri, forse allo scopo di conferire maggior
peso e autorità alle sue ultime volontà. Un semplice testamento,
letto o fatto circolare per iscritto, non avrebbe avuto sufficiente
forza per imporsi all’attenzione dei cardinali e dei successori del
Parentucelli e fu con ogni probabilità lo stesso Niccolò a ritenere
più opportuno legarlo indissolubilmente alla biografia che l’amico
Giannozzo già stava preparando.
La testimonianza più evidente della committenza niccolina
della Vita manettiana, che conferma le ipotesi appena discusse, è
un brano del II libro relativo al progetto edilizio, all’interno del
quale Giannozzo distingue da tutti gli altri quei progetti intera-
mente irrealizzati, la cui memoria sarebbe stata unicamente affi-
data alla propria opera:

«At vero, cum nos duo sola prioribus designationibus suis nuper adiun-
xerimus, de eo finem dicendi faciemus, ut ex his, que nostris litteris man-
data fuerint, reliqua huiusmodi qualia quantaque fore debuissent, dili-
gentis lectoris iudicio existimanda relinquamus»33.

Se dunque il Papa, che pur avendone la capacità decise di non


scrivere personalmente nulla, intendeva la biografia commissionata
a Manetti come l’espressione più autorevole e compiuta sia della
propria interpretazione dei fatti del pontificato che delle proprie
aspettative per il futuro del papato e del mondo cristiano, il più
ricco e complesso testamento compreso nel terzo libro della bio-
grafia manettiana deve essere considerato l’espressione più com-
piuta delle volontà niccoline. In esso confluiscono infatti, oltre ai
più banali contenuti del testamento “riccardiano”, idee, ragiona-
menti, progetti che il Papa ebbe modo di affidare a Giannozzo nei
frequenti colloqui che ebbe con lui durante il lungo soggiorno ro-
mano, dal 1453 al 1455. Parole e forse anche testi, ad esempio l’ex-

33 Ibid., II.43, pp. 86-87.


242 ANNA MODIGLIANI

cursus sui sacramenti, che potrebbe essere stato scritto, o abboz-


zato, dallo stesso Parentucelli (in questo senso si potrebbe spiegare
il tono molto personale34 di questo brano), ma su questo, in man-
canza di prove, si resta nel campo delle pure ipotesi. È comunque
certo che il testamento compreso nella Vita Nicolai quinti, per le
ragioni che si sono dette, può essere considerato a buon diritto un
testo molto vicino alla sensibilità, all’ideologia, alle aspettative del
pontefice.
Piacerebbe poter risolvere alcune questioni di fondo: a chi at-
tribuire – a Niccolò o a Manetti – le linee ideologiche sulle quali si
costruisce l’immagine del pontificato? Il parallelo tra Niccolò V e
Noè35, quello tra Niccolò V e Salomone36, ambedue argomentati
nel secondo libro; il concetto (esposto nel terzo libro)37 di matrice
aristotelica, che ritorna – tra gli altri – in Gregorio Magno e Tom-
maso38, delle immagini percepibili attraverso la vista, e dunque

34 Ad esempio, con delle ragioni assolutamente personali il Papa spiega l’omis-


sione di due sacramenti dal proprio discorso: «... de ordine ac de matrimonio perpetuo
silebimus, cum hec duo solummodo voluntaria, et alterum eorum iam dudum renue-
rimus et alterum susceperimus» (ibid., III.6, p. 119).
35 Ibid., II.57-58, pp. 97-98.
36 Ibid., II.61-64, pp. 101-103.
37 Ibid., III.11, p. 122. Alla sola eternità degli edifici, pari a quella delle opere let-
terarie come veicolo di memoria per i posteri, si riferisce invece un brano del secondo
libro (II.17, p. 54).
38 Cfr. la lettera di Gregorio Magno a Sereno, vescovo di Marsiglia, dell’ottobre
600 (Ep., XI.10); S. TOMMASO, Summa theologica, III, q. 66, art. 10. 4, (SANCTI THOMAE
AQUINATIS DOCTORIS ANGELICI ORDINIS PRAEDICATORUM, Summa theologica, in Opera
omnia, vol. IV complectens partem tertiam, Parmae 1854, p. 296) che riguarda il rito del
battesimo e della necessitas della solemnitas sacramenti: «Quae quidem adhibentur in
sacramento propter tria: primo quidem ad excitandam devotionem fidelium et reve-
rentiam ad sacramentum. Si enim simpliciter fieret ablutio in aqua absque solemni-
tate, de facili ab aliquibus aestimaretur quasi quaedam communis ablutio. Secundo,
ad fidelium instructionem. Simplices enim qui litteris non erudiuntur, oportet erudire
per aliqua sensibilia signa, puta per picturas et aliqua hujusmodi; et per hunc modum
per ea quae in sacramentis aguntur, vel instruuntur, vel sollicitantur ad quaerendum de
his quae per hujusmodi sensibilia signa significantur. Et ideo quia praeter principalem
sacramenti effectum, oportet quaedam alia scire circa baptismum, conveniens fuit ut
etiam quibusdam exterioribus signis repraesentarentur. Tertio, quia per orationes et
benedictiones, et alia hujusmodi cohibetur vis daemonis ab impedimento sacramentalis
effectus». Nel passo corrispondente del cod. Vat. lat. 749 (MANFREDI, I codici latini
cit., 218), f. 124r, c’è solo un segno di attenzione lungo il brano, sul margine, e due
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 243

degli edifici, che servono a comunicare agli indotti idee che gli uo-
mini dotti possono agevolmente apprendere attraverso la lettura?
Sul brano della Vita che riguarda Noè, si può dire che Manetti ag-
giunge un anello nuovo ad un paragone già sviluppato pochi anni
prima nel De dignitate et excellentia hominis39, del quale riprende
alla lettera un intero brano, nel quale si fa un raffronto tra il corpo
umano e l’arca di Noè per dimostrare la perfezione del corpo
umano, creato da Dio e imitato dal patriarca. L’anello aggiunto
nella Vita è Niccolò V, che nel costruire il tempio si fa imitatore di
Noè e dunque di Dio40.
Quanto a Salomone, risulta invece interessante una nota auto-
grafa dello stesso Niccolò V. In un codice miscellaneo commissio-
nato da Tommaso Parentucelli e da lui postillato, in margine ad un
brano del II libro del De resurrectione di s. Ambrogio dove si esalta
la sapienza di Salomone, Tommaso evidenziava diverse righe del
testo con un segno di attenzione e annotava: «Magnifice de Salo-
mone»41. Ma come sempre, è impossibile e anche metodologica-
mente scorretto determinare i confini precisi tra committente e ar-
tista o letterato: alle loro sinergie va infatti spesso ricondotta la pa-

correzioni ("d" gotica). Questi brani, molto aderenti al testo manettiano, si riferiscono
soprattutto alla pittura. Su questi temi vd. S. SETTIS, Iconografia dell’arte italiana, 1100-
1500: una linea, in Storia dell’arte italiana. Parte I. Materiali e problemi, III. L’espe-
rienza dell’antico, dell’Europa, della religiosità, Torino 1979, pp. 173-270.
39 IANOTII MANETTI, De dignitate et excellentia hominis, ed. E.R. Leonard, Pa-
dova 1975, I.50, p. 31.
40 MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., Introduzione,
p. XLVIII.
41 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 314, f. 213r; sul co-
dice vd. Manfredi, I codici latini cit., n. 167, p. 107. È stata sottolineata l’importanza,
per Niccolò V e per la biografia manettiana, del «ricorso al modello della regalità ve-
tero-testamentaria» per «riguadagnare il consenso alla monarchia papale, riconfermata
nelle prerogative fondamentali, temporali non meno che spirituali» (R. FUBINI, L’e-
braismo nei riflessi della cultura umanistica. Leonardo Bruni, Giannozzo Manetti, Annio
da Viterbo, «Medioevo e Rinascimento», 2 (1988), pp. 283-324: p. 290). Su Salomone
come simbolo dell’intelligenza e modello per la dottrina niccolina di una supremazia
papale che trovava uno dei suoi fondamenti nella sapienza del pontefice, da opporre
al conciliarismo, vd. C.W. WESTFALL, Biblical Typology in the Vita Nicolai V by Gian-
nozzo Manetti, in Acta Conventus Neo-Latini Lovaniensis. Proceedings of the First In-
ternational Congress of Neo-Latin Studies (Louvain 23-28 August 1971), a cura di J.
IJsewwijn e E. Kessler, Lovanio 1973, pp. 701-709.
244 ANNA MODIGLIANI

ternità di alcune delle soluzioni adottate.


Credo dunque di poter proporre la ricostruzione logica e cro-
nologica che segue delle vicende del testamento di Niccolò V, che
sono – come è ovvio – intrinsecamente connesse a quelle dell’in-
tera biografia. Nel febbraio del 1453 Giannozzo, nominato segre-
tario apostolico, si trasferì a Roma, «…ut se exerceat – commenta
ironico Poggio Bracciolini – vel in officio secretariatus vel in obse-
quiis domini nostri»42. Ad un momento non lontano dal trasferi-
mento si può attribuire la committenza della Vita da parte del Papa.
Quel che è certo è che il lungo brano del secondo libro, in cui si de-
scrive il progetto edilizio per il Borgo di S. Pietro, era almeno in
parte stato composto prima del 31 agosto 1454, quando crollò la
grande torre – ancora in costruzione – posta sul lato orientale del
palazzo papale e quando – come ho argomentato altrove – il Papa
interruppe tutti i lavori del cantiere di Borgo e in particolare della
nuova tribuna di S. Pietro su consiglio di Leon Battista Alberti43.
Una incongruenza tra due passi di questo brano del secondo libro,
riguardanti appunto la torre (in uno alta cento cubiti, come nel pro-
getto iniziale, nell’altro trenta, come fu deciso dopo il crollo), mo-
stra infatti senza ombra di dubbio che per errore Manetti corresse
solo uno dei due passi, indicando la nuova misura e le sue ragioni,
e omise la correzione dell’altro. Che l’agosto 1454 sia il terminus
ante quem per la composizione di almeno una parte del brano del
secondo libro relativo al progetto edilizio offre anche una spiega-
zione piuttosto convincente del curioso uso dei verbi all’imperfetto
indicativo, comune a quasi tutto il brano sia per gli interventi rea-
lizzati che per quelli neppure iniziati, a lasciare nel lettore un’im-
pressione volutamente confusa di un’iniziativa di enorme portata,
alla quale il Papa legava la propria fama presso i posteri, e che alla
fine del pontificato era tutt’altro che completata. Di fronte alla de-
scrizione composta in corso d’opera (donde gli imperfetti), predi-

42 POGGIO BRACCIOLINI, Lettere, III, Epistolarum familiarium libri secundum vo-


lumen, a cura di H. Harth, Firenze 1987, n. 23, p. 167.
43 A. MODIGLIANI, “Ad urbana tandem edificia veniamus”. La “Vita Nicolai quinti”
di Giannozzo Manetti: una rilettura, in corso di stampa negli atti del Convegno Leon
Battista Alberti. Architetture e committenze, Firenze-Rimini-Mantova 12-16 maggio
2004.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 245

sposta per rispecchiare quanto sarebbe stato ormai visibile quando,


dopo la morte del Papa, la Vita avrebbe preso forma definitiva per
entrare in circolazione (operazione che avrebbe richiesto una revi-
sione del testo e l’introduzione di verbi al perfetto), e di fronte alla
scoraggiante incompiutezza del progetto edilizio, Giannozzo pre-
ferì intervenire il meno possibile su questa parte della biografia per
mimetizzare quanto avrebbe potuto oscurare il mito di Niccolò V
imitatore di Salomone e di Noè, che andava elaborando nella Vita.
Tra la fine del 1453, il 1454 e i primi mesi del 1455, oltre a parti
del secondo libro (dedicato agli anni di pontificato), Manetti com-
pose presumibilmente buona parte del primo (che riguarda la vita
del Parentucelli prima dell’elezione a pontefice). C’è anche motivo
di ritenere che nella prima fase il progetto della Vita fosse limitato
ai primi due libri. L’ipotesi che il terzo libro sia stato aggiunto in un
secondo tempo (poco prima della morte del Papa come progetto e
subito dopo per quanto riguarda l’effettiva composizione) è pe-
raltro avvalorata dal fatto che la morte di Niccolò V è in realtà nar-
rata due volte nella biografia manettiana: la prima nell’ultimo para-
grafo del II libro44, che si presenta come una vera e propria con-
clusione dell’opera, secondo i modelli della storiografia antica; poi
– più diffusamente e stancamente, come se l’autore si trovasse a
scrivere senza il supporto della tradizione classica – nel terzo45, il
cui esordio sembra voler giustificare appunto queste ripetizioni:

«Quoniam de vita et moribus Nicolai quinti summi pontificis ac de glo-


riosis pontificatus sui gestis duobus prioribus libris pro modulo nostro su-
perius tractasse meminimus, reliquum est, ut qualis quantusque in hac le-
tifera egrotatione sua fuerit, et quemadmodum in morte se gesserit, dein-
ceps ostendamus, ut hic ultimus eius actus, tamquam absoluta quedam to-
tius comedie perfectio, reliquis prioribus tam laudabilibus ac tam celebratis
operationibus suis non iniuria correspondisse et consonasse videatur»46.

44 MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis cit., II.77, p. 114.
45 Le ultime ore di vita, ibid., III.1-3, pp. 115-117, e la morte in III.28, pp. 139-
140.
46 Ibid., III.1, p. 115 («Poiché ho parlato nei due libri precedenti, secondo lo
schema che mi sono proposto, della vita e dei costumi del sommo pontefice Niccolò
V e delle gloriose opere da lui compiute durante il pontificato, resta da raccontare
246 ANNA MODIGLIANI

Quando Niccolò V si aggravò e si rese conto che non sarebbe


stato in grado di portare a compimento i suoi progetti (in campo
politico, culturale, religioso, architettonico e altro), affidò le sue ul-
time volontà a due canali diversi: da un lato al testamento orale ai
cardinali, il cui più fedele resoconto oggi disponibile è nel Ricc.
914; dall’altro alla biografia manettiana, nella quale volle far inclu-
dere non soltanto quel testamento, ma anche una serie di altri ele-
menti comunicati oralmente (o consegnati in forma scritta) a Ma-
netti e affidati alle sue eleganti doti di prosatore. Alla morte del
Papa, Giannozzo si trovò a fare i conti – per la redazione finale del-
l’opera – anche con le suggestioni e le richieste fattegli da Niccolò
V negli ultimi giorni di vita. Sul suo tavolo di lavoro c’erano invece
una serie di testi già scritti, da lui stesso o da altri. È il caso del te-
stamento; si è accennato a un dubbio riguardo al lungo brano de-
dicato ai sacramenti, ma non è da escludere che altri blocchi di
testo, soprattutto nel terzo libro, non fossero suoi nella stesura ori-
ginaria47.
In questa fase, dal 24 marzo 1455 alla fine dell’anno48, Gian-
nozzo cucì, corresse, aggiustò, ma non scrisse l’opera dall’inizio alla
fine. Fu durante questa operazione che la sua penna trasformò il
semplice testamentum pronunciato dal Papa sul letto di morte e af-

come e con quale grandezza d’animo si comportò durante la malattia che lo portò alla
morte e di fronte alla morte stessa, affinché appaia chiaramente come questo suo ul-
timo atto, quasi epilogo dell’intera commedia, sia in perfetta sintonia con tutte le altre
opere tanto lodevoli e famose che compì in precedenza» (ibid., p. 207).
47 Riguardo alla paternità del brano sui sacramenti vd. sopra, nota 34 e testo re-
lativo. Si potrebbe ulteriormente riflettere su una variante nel modo di definire la mole
Adriana (Castel Sant’Angelo) nella Vita Nicolai quinti: nel lungo excursus sulle perse-
cuzioni che i pontefici subirono dai romani, compreso nel III libro, si parla sempre di
moles Adriani e così anche una sola volta nel par. 73 del II libro, dove si parla della con-
danna di Stefano Porcari. Nell’ampia descrizione del progetto edilizio contenuta nel
II libro, invece, eccetto un solo caso (II.35), il termine usato decine di volte è moles
Adrianea (in più l’aggettivo, che si trova quasi sempre al genitivo, è corretto ogni volta
da Adriane in Adrianee nei due principali manoscritti, con pochissime eccezioni in cui
è Adrianee fin dall’inizio). Piuttosto che quella dell’excursus sulle persecuzioni, queste
varianti mi sembra possano mettere in dubbio la paternità manettiana della prima ste-
sura della descrizione progetto edilizio, nel II libro. Ma su questo punto mi riservo di
ragionare in altra sede.
48 L’opera fu terminata con certezza entro il 1455, come attesta il colophon del
Laur. 66.22.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 247

fidatogli da qualche cardinale in un testamento magna quadam pre-


tiosarum et inusitatarum rerum copia referctum.
A proposito del termine refercio (riempire, arricchire), che de-
finisce il mestiere dello storico, del biografo umanista, mi si con-
senta un’ultima riflessione. In una nota lettera del 7 luglio 1466,
Bartolomeo Platina scriveva a Ludovico Gonzaga a proposito della
Historia urbis Mantuae che era stato incaricato di scrivere. Diceva
di avere tutto il materiale pronto fino alla morte del nonno del mar-
chese di Mantova. Quanto alle res gestae del padre e sue, molti le
avevano vissute personalmente, dunque il Platina li sollecitava a
metterle per iscritto: «Hi scribant omnia aut latina aut vulgari
lingua. Nihil enim curo, modo a veritate historiae non discedant.
Crescet in volumen satis magnum hoc nostrum opus, quod – ut ar-
bitror – et tibi et civitati tuae admodum placebit». E ancora insi-
steva «ut historia quam peto diligenter conscribatur et conscripta
propere ad me mittatur»49. Il contributo del Platina era dunque es-
senzialmente retorico, ad abbellire e impreziosire fatti già buttati
giù senza particolare artificio da altri.
Di fronte all’impossibilità di distinguere nettamente – all’in-
terno di tutte le scritture che stanno alla base della composizione
di una biografia umanistica o della storia di una dinastia – tra sem-
plici fonti utilizzate e nuclei testuali, già dotati di qualche forma di
elaborazione, che vengono sottoposti ad un rifacimento letterario
da colui che compare finalmente come autore dell’opera, è proprio
il concetto di autore che risulta sfocato ed equivoco, mentre incerti
restano i margini dell’intervento – di Manetti, Platina o altri, in re-
lazione a opere di questo genere, fortemente influenzate dal com-
mittente – nel selezionare le notizie attraverso un giudizio critico
personale, che ne valuti l’importanza, il significato, l’attendibilità,
le reciproche connessioni.

49 Archivio di Stato di Mantova, Fondo Gonzaga, b. 843, c. 249r-v, edita in A.


LUZIO – R. RENIER, Il Platina e i Gonzaga, «Giornale storico della letteratura italiana»,
13 (1889), pp. 430-440; vd. anche S. BAUER, The Censorship and Fortuna of Platina’s
Lives of the Popes in the Sixteenth Century, Turnhout 2006, pp. 58-59 e bibliografia
citata.
248 ANNA MODIGLIANI

APPENDICE

Confronto tra il testamento tràdito dal codice Ricc. 914 e quello


compreso nella Vita Nicolai quinti di Giannozzo Manetti50

Ricc. 914 Manetti, Vita Nicolai quinti, libro III

Qum (sic) hanc vocationis nostrae Cum hanc vocationis nostre horam,
horam, dilecti fratres, iam iam dilecti fratres, iam iam plane aper-
plane aperteque adventasse cogno- teque adventasse cognoverimus,
verimus, pro summa Sedis Aposto- pro maiori quadam Romane Ec-
licae dignitate breve quoddam te- clesie auctoritate ac pro summa
stamentum, non litteris mandatum Sedis Apostolice dignitate, grave
tabulisve transcriptum, sed nunc quoddam et amplum testamentum,
vivae vocis oraculo coram venera- non litteris mandatum, non tabulis
tionibus vestris expressum facere relictum, non membranis trans-
constituimus. criptum, sed nunc vive vocis ora-
culo coram venerationibus vestris
duntaxat expressum facere consti-
tuimus.

Quocirca audite, quaesumus, au- Quocirca audite, quesumus, audite


dite – inquam – quaesumus, Nico- – inquam –, quesumus: Nicolaum
laum enim quintum adhuc enim quintum adhuc summum
summum pontificem in extremo pontificem in extremo pene mortis
pene mortis articulo constitutum de articulo constitutum de condendo
condendo suo testamento gravis- suo testamento magna quadam
sime disserentem audietis. pretiosarum et inusitatarum rerum
copia refercto gravissime disse-
rentem audietis.

Quippe tria duntaxat seria et Quippe tria tantummodo seria et

50 In questa appendice, nella colonna di sinistra (che contiene l’intero testamento


tràdito dal Ricc. 914) si sono indicate in grassetto le parole che nella biografia di Ma-
netti sono state modificate. Nella colonna di destra il corsivo-grassetto è stato utilizzato
per indicare sia le parole modificate che quelle aggiunte da Manetti; i lunghi brani in-
teramente aggiunti da Manetti sono stati segnalati tra parentesi. L’uso irregolare del
dittongo ae nel Ricc. 914 (su cui vd. anche sopra, nota 10) è stato qui reso fedelmente
senza alcun intervento di normalizzazione.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 249

gravia, nisi naturalis memoriae no- gravia, nisi naturalis memorie no-
strae efficacia ac vivacitas ex vehe- stre efficacia ac consueta vivacitas
mentia doloris transversa forte in ex vehementia doloris apprime
ruinam dilabatur, referre ac com- transversa forte in ruinam dila-
memorare exoptamus et cupimus. batur, referre atque commemorare
exoptamus et cupimus.

Primo nanque omnipotenti Deo de Primo nanque omnipotenti Deo de


multis atque ingentibus beneficiis multis atque ingentibus beneficiis
ab initio nativitatis hactenus in nos ab initio nativitatis hactenus in nos
collatis quantas qualesque pote- affatim collatis quales quantasque
rimus gratias agemus. poterimus gratias agemus.

Quali deinde statu qualibusque Quanto deinde statu qualibusve


conditionibus Sacrosanctam Ro- conditionibus, quot privilegiis pre-
manam Ecclesiam fraternitatibus ditam Sacrosanctam Romanam Ec-
vestris relinquimus, breviter osten- clesiam fraternitatibus vestris relin-
demus. quimus, breviter ostendemus.

Hanc denique ipsam Christi Hanc denique ipsam Christi salva-


sponsam, quam tam ornatam ac toris nostri sponsam, quam tam or-
tam opulentam et tam tranquillam natam ac tam opulentam et tam
a nobis relictam fuisse conspicitis, tranquillam iam prope a nobis re-
totis mentis affectibus vobis ap- lictam fuisse conspicitis, totis
prime commendabimus. mentis affectibus vobis multum ad-
modum commendabimus.

Atque hec tria principalia nostre di-


visionis membra tunc seorsum ex-
plicabimus, cum prius nonnulla
precipua ac memoratu digna de sa-
cramentis parumper attigerimus,
atque alia quedam adversus multi-
formes edificationes nostras a ple-
risque carpta et in nos obiecta
paulo latius confutaverimus.

(segue il lungo brano dedicato ai sa-


cramenti; III.6-10)

In hac parte quanquam omnes car-


250 ANNA MODIGLIANI

dinales ad audiendum tota mente


totisque – ut dicitur – vultibus in-
tentos paratosque videret, ut tamen
eos ad hauriendum quicquid enar-
rabatur attentiores redderet...

(segue il lungo brano dedicato alla


giustificazione dell’attività edilizia
con l’excursus sulle persecuzioni
che i pontefici hanno subìto dai ro-
mani; III.11-18)

Sed antequam, ex hac digressionis


parte abeuntes, ad principale
mentis nostre propositum re-
deamus, in hac ipsa obiectarum
rerum confutatione de luctuosa
Constantinopolis captivitate non-
nulla, manifestande veritatis gratia,
brevissime simul atque verissime
attingemus.

(segue il lungo brano dedicato alla


giustificazione del comportamento
del Papa in occasione dell’assedio e
della conquista di Costantinopoli;
III.19-20)

Verum enim vero, cum in hac di-


gressione de sacramentis nonnulla
attigerimus ac de edificationibus,
atque Constantinopolis captivitate,
quedam a plerisque leviusculis ho-
minibus, non satis magnitudinem
rerum secundum qualitatem tem-
porum considerantibus et perpen-
dentibus, nobis obiecta declarande
veritatis gratia hactenus confutave-
rimus, deinceps ad propositum
principalis divisionis nostre or-
dinem breviter procedemus.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 251

Secundum igitur praetaxatum Quocirca gratias – inquit – agimus


huius divisionis nostrae ordinem tibi, omnipotens et sempiterne
procedentes, gratias agimus tibi, Deus, quoniam personam nostram
omnipotens et sempiterne Deus, ab origine sua corporea sanitate et
quoniam personam nostram ab ori- singulari ingenio ac precipua me-
gine sua corporea sanitate et singu- moria exornasti atque nobis, cum
lari ingenio ac praecipua memoria adhuc pueri essemus, gratiam con-
exornasti atque nobis, qum adhuc cessisti, ut, egregiis illis et non per-
pueri essemus, gratiam concessisti, vulgatis nature adminiculis adiuti,
ut, egregiis illis et non pervulgatis ad litterarum studia converteremur,
naturae adminiculis adiuti, ad litte- in quibus quidem brevi tempore ob
rarum studia converteremur. In singularem quandam predictorum
quibus quidem brevi tempore ob naturalium munerum tuorum ex-
praedictorum naturalium mu- cellentiam ita profecimus, ut
nerum excellentiam ita profecimus, cunctas artes libero dignas mirum
ut cunctas artis (sic) libero dignas in modum nancisceremur; quo
mirum in modum nancisceremur. facto, atque litteris apprime in-
Quo facto, atque litteris apprime structi et cunctis liberalibus artibus
instructi et cunctis liberalibus ar- ingenue admodum eruditi, cursum
tibus eruditi, cursum nostrum ad nostrum ad maiora maximarum ac
maiora maximarum ac divinarum divinarum rerum studia direximus,
rerum studia direximus, in quibus in quibus profecto usque adeo va-
profecto usque adeo valuimus ut, luimus ut, sacerdotio assumpto,
sacerdotio assumpto, admirabilem admirabilem quandam cunctis
quandam cunctis Italis paulo doc- Italis paulo doctioribus viris de
tioribus viris de nobis opinionem nobis opinionem preberemus.
praeberemus. Unde primo doctor Unde primo doctor artium, sa-
artium, sacerdos deinde ac sa- cerdos deinde ac sacrarum denique
crarum denique scripturarum pro- scripturarum professor effectus, a
fessor effectus, a faelicis recorda- felicis recordationis Eugenio quarto
tionis Eugenio quarto praedeces- predecessore nostro ad subdiaco-
sore nostro ad subdiaconatus sui natus sui ministerium assumpti
ministerium assumpti sumus. Non sumus. Non multo post, cum plu-
multo post, qum pluribus legatio- ribus legationibus et Florentie et
nibus et in Galliam et in Germa- Neapolis suo nomine fungeremur,
niam atque in Britanniam suo no- et in Galliam et in Germaniam
mine aliquot annorum intervallo atque in Britaniam a Sanctitate sua
fungeremur, modo nescio quo aliquot annorum intervallo legati
evenit, ut nos ad episcopalem di- transmitteremur, modo nescio quo
gnitatem sublevaret, ac sic Bono- evenit, ut ipse nos ad vicecamerarii
niensem episcopum creavit, atque magistratum antea deligeret et ad
252 ANNA MODIGLIANI

demum ultimo pontificatus sui episcopalem postea dignitatem sub-


anno nos ad sedandum diversorum levaret; ac sic, Ecclesia Bononie va-
principum populorumque discor- cante, Bononiensem episcopum
dias iterum in Germaniam trans- creavit, atque demum ultimo pon-
misit. E qua quidem legatione qum tificatus sui anno nos ad sedandum
votis nostris potiti postea in Urbem diversorum principum Germa-
remearemus, in ipsa reversione, an- norum populorumque discordias
tequam Romae appropinquaremus, rursus in Germaniam destinavit; e
nos Sancto – ut credimus – Spiritu qua quidem legatione cum votis no-
afflatus, ad altissimum cardinalatus stris egregie potiti postea in Urbem
gradum sublimavit. remearemus, in ipsa reversione, an-
tequam Rome appropinquaremus,
nos Sancto – ut credimus – Spiritu
afflatus, ad altissimum presbyterii
atque cardinalatus gradum subli-
mavit.

At vero qum ipse paulo post more- At vero cum ipse paulo post more-
retur, factum est, ut vos eodem – retur, factum est, ut vos eodem –
quemadmodum arbitramur – Spi- quemadmodum arbitramur – Sanc-
ritu adducti, cunctis omnium ve- titatis Spiritu adducti, cunctis pene
strum suffragiis nos in pontificem omnium vestrum suffragiis nos in
deligeretis, atque nobis in hoc ipso summum pontificem deligeretis,
octo annorum intervallo, quibus atque nobis in hoc ipso octo iam
soli hactenus Sedi Apostolicae expletorum annorum intervallo,
praefuimus, multa prospera ac me- quibus soli hactenus Sedi Aposto-
moratu digna, favente Deo et lice prefuimus, multa prospera ac
Christo Domino nostro aspirante, memoratu digna, favente Deo et
contigerunt. Nam, pluribus levio- Christo Domino nostro aspirante,
ribus omissis, et Iubileum quadrin- contigerunt. Nam, pluribus levio-
gentesimi quinquagesimi supra mil- ribus brevitatis causa omissis, et
lesimum christianae salutis annum Iubileum quadringentesimi quin-
tanto populorum omnium con- quagesimi supra millesimum chri-
cursu referctum ac frequentatum stiane salutis annum tanto popu-
vidimus, ut plurimi ex nimia lorum omnium concursu referctum
quadam ac pene incredibili ho- ac frequentatum vidimus, ut plu-
minum utriusque sexus multitudine rimi ex nimia quadam ac pene in-
ad pontem praesertim Adrianae credibili hominum utriusque sexus
molis oppressi atque obtriti suffo- multitudine ad pontem presertim
carentur. Federicum deinde tertium molis Adrianee oppressi atque ob-
una cum Lionora uxore sua ex in- triti suffocarentur. Federicum
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 253

tima Germania in Urbem ad nos deinde tertium una cum Leonora


usque profectum imperatorio dia- uxore sua ex intima Germania in
demate insignivimus atque impera- Urbem ad nos usque profectum im-
torem imperatricemque ingenti iu- peratorio diademate insignivimus,
bilatione maximaque pausa et ad- atque imperatorem imperatri-
mirabili quiete coronavimus; et cemque ingenti iubilatione maxi-
concilia quoque ac scismata ad- maque pausa et admirabili quiete
versus adamantinam Catholicae Ec- coronavimus; et concilia quoque ac
clesiae unionem iam pridem inita scismata adversus adamantinam
omnino dissolvimus penitusque Catolice Ecclesie unionem iam
perfregimus; et omnes insuper chri- pridem inita omnino dissolvimus
stianos Romanae Ecclesiae ini- penitusque perfregimus; et omnes
micos, quasi oves sine pastore vagas insuper christianos ac scismaticos
errabundasque, ita ad pastorale Sedis Apostolice contemptores,
ovile reduximus, ut ab ipsa pene quasi oves sine pastore vagas erra-
promotionis nostrae origine hac- bundasque, ita ad pastorale ovile
tenus in summa semper pace ac reduximus ut ab ipsa pene promo-
tranquillitate viveretur. Postremo tionis nostre origine hactenus in
bella ipsa, quibus undique fremen- summa semper pace ac tranquilli-
tibus iam pridem tota hinc inde tate viveretur. Postremo bella ipsa,
Italia vexabatur, ita compescuimus, quibus undique frementibus iam
ita sedavimus, ita denique dele- pridem tota hinc inde Italia vexa-
vimus, ut omnes principes, res pu- batur, ita compescuimus, ita seda-
blicas et Italos populos ad ma- vimus, ita denique delevimus, ut
ximam concordiam summamque omnes principes, res publicas et
pacem traduceremus. Italos populos ad maximam con-
cordiam summamque pacem tra-
duceremus.

Qum itaque haec ipsa pluraque alia Cum itaque hec ipsa pluraque alia
(nam brevitatis causa ad mortem fe- (nam brevitatis causa ad mortem fe-
stinantes multa omittimus) omni- stinantes multa omittimus) pre-
potentis Dei in nos beneficia mente cipua omnipotentis Dei in nos pri-
atque animo revolveremus, ne forte vilegia mente atque animo voluta-
tantorum ac tam admirabilium be- remus, ne forte tantorum ac tam
neficiorum usque quaque ingrati et admirabilium beneficiorum divi-
immemores fuisse videremur, si ta- norum usque quaque ingrati et
citi, muti et elingues obiissemus, prorsus immemores fuisse vide-
fraternitatibus vestris hac nostra remur, si taciti, muti et elingues
breviuscula narratione commemo- obiissemus, fraternitatibus vestris
rare valuimus atque ad dominum hac nostra breviuscula narratione
254 ANNA MODIGLIANI

nostrum Iesum Christum, cuius vi- impresentiarum commemorare vo-


carii licet indigni iam per octo con- luimus51 atque ad dominum no-
tinuos annos in tanta rerum om- strum Iesum Christum, cuius vicarii
nium prosperitate soli Sedi Apo- licet indigni iam per octo continuos
stolicae praefuimus, hac pia ora- et integros annos in tanta rerum
tiuncula parumper conversi ac sua omnium prosperitate soli Sedi Apo-
infinita erga nos benignitate confisi, stolice prefuimus, hac pia oratiun-
in hunc modum dicere atque orare cula parumper conversi ac sua infi-
desideramus. nita erga nos benignitate confisi, in
hunc modum dicere atque orare
desideramus.

Concede, quaesumus, omnipotens Concede, quesumus, omnipotens et


et sempiterne Deus, ut hunc Nico- sempiterne Deus, ut hunc Nico-
laum tuum, quem ex infimo atque laum tuum52, quem ex infimo atque
humillimo humanarum condi- abiecto humanarum conditionum
tionum gradu erexisti atque in tanta gradu ad summam altitudinem ere-
rerum celsitudine sublimasti, ut xisti atque in tanta rerum omnium
unicus Catolicae Ecclesiae tuae pa- celsitudine sublimasti, ut unicus
stor tanto tempore summis prospe- Catolice Ecclesie tue pastor diu-
ritatibus praesideret – pro quibus turno tempore maximis prosperita-
quidem beneficiis, qum nulla alia tibus presideret, vitam suam in hoc
maiora neque fieri neque excogitari extremo adventantis mortis articulo
posse videantur, quantas possumus feliciter claudat; pro quibus
humiliter gratias agimus, maiores quidem tuis erga nos beneficiis,
infinitasque habemus –; hunc – in- cum nulla alia aut maiora aut paria
quam – Nicolaum tuum, quem neque fieri neque excogitari posse
tantis beneficiorum cumulis illu- videantur, quantas possumus humi-
strasti; hunc – inquam – Nicolaum liter gratias agimus, maiores, im-
tuum, quem cunctis et secularibus mortales infinitasque habemus.
principibus et ecclesiasticis dominis Hunc – inquam – Nicolaum tuum,
praeesse voluisti, per sacratissimam quem tot tantisque privilegiorum
passionem tuam, unde totum hu- cumulis illustrasti; hunc – inquam
manum genus primi parentis prae- – Nicolaum tuum, quem cunctis et
varicatione damnatum redimere vo- secularibus principibus preficere et

51 Ma nell’edizione, sulla base del Ricc. 914, si è optato per valuimus.


52 La modifica apportata da Manetti al testo di ? avrebbe reso necessario con-
vertire il primo hunc Nicolaum tuum al nominativo, in quanto soggetto di claudat, ma
Manetti, per la complessità e la lunghezza della frase, non si è evidentemente reso conto
dell’errore introdotto.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 255

luisti, a cunctis infernalium tor- ecclesiasticis quoque dominis pre-


mentorum generibus illesum ser- esse voluisti, per sacratissimam ac
vare servatumque in caelis collocare pretiosissimam passionem tuam,
digneris, ut una cum reliquis beatis unde totum humanum genus teme-
spiritibus, divina illa Patris ac Filii raria illa primi parentis prevarica-
et Spiritus Sancti visione per- tione damnatum redimere voluisti,
fruatur. a cunctis infernalium tormentorum
generibus illesum servare que-
sumus servatumque in celis collo-
care digneris, ut una cum reliquis
beatis spiritibus, divina illa Patris et
Filii ac Spiritus Sancti visione per-
fruatur.

Sacrosanctam Romanam Ecclesiam Sacrosanctam Romanam Ecclesiam


(ut de secundo divisionis nostrae (ut de secundo divisionis nostre
membro nonnulla brevissime attin- membro nonnulla brevissime attin-
gamus) a commemorato Eugenio gamus) quam a commemorato Eu-
praedecessore nostro per cele- genio predecessore nostro per cele-
bratum quoddam Amadei olim Sa- bratum quoddam Amadei olim Sa-
baudiae ducis <scisma>53, quem baudie ducis scisma, quem quidem
alterum pontificem, advocato Con- alterum pontificem, advocato Con-
cilio Basileae, creaverunt atque in- cilio Basilee, creaverunt atque eum
faustis ominibus per antiphrasim – infaustis ominibus per antiphrasim
ut dicitur – Felicem appellaverunt, Felicem appellaverunt, inter sese
inter se scissam et mutilatam fre- scissam et mutilatam frequenti-
quentibusque bellis aliquot oppidis busque bellis aliquot opidis et ur-
et urbibus apprime diminutam bibus apprime diminutam atque
atque aere insuper alieno ad- ere insuper alieno admodum op-
modum oppressam suscepimus, di- pressam, bonis christiane reli-
vina omnipotentis Dei gratia ita re- gionis auguriis suscepimus, divina
sarcivimus, ut et scismata penitus et omnipotentis Dei gratia ita resarci-
omnino tolleremus, et oppida ur- vimus, ita reformavimus, ita de-
besque suas antea bellicis fremi- nique corroboravimus, ut et sci-
tibus amissas ac deperditas per smata penitus et omnino abole-
pacem ac tranquillitatem recupera- remus, et opida urbesque suas
remus et, sedatis hinc inde bellis antea bellicis fremitibus amissas ac

53 La parola scisma è stata integrata sulla base del testo corrispondente nel III
libro della Vita Nicolai quinti.
256 ANNA MODIGLIANI

atque ita deletis, ut nullum omnino deperditas per pacem et tranquilli-


vestigium usquam in agro Ecclesia- tatem recuperaremus et, sedatis
stico appareret, non modo a suo hinc inde bellis atque ita deletis, ut
aere alieno liberaremus, sed plu- nullum prorsus vestigium neque in
ribus etiam pretiosarum rerum agro Ecclesiastico neque in tota
formis cum margaritis et unionibus, Italia usquam appareret, non modo
tum gemmis et aliis huiusmodi la- a suo ere alieno liberaremus, sed
pillis, tum quoque aedificiis et libris pluribus etiam pretiosarum rerum
et auleis insuper ac tapetibus et ple- formis cum margaritis et unionibus,
risque praeterea vasis, et omnibus tum gemmis et aliis huiusmodi no-
denique ecclesiasticorum indu- bilibus lapillis, tum quoque novis
mentorum generibus ad cultum di- edificiis et libris et auleis insuper ac
vinum pertinentibus opulentis- tapetibus et plerisque preterea
simam redderemus. vasis, partim argenteis, partim au-
reis, et demum omnibus ecclesia-
sticorum indumentorum generibus
ad cultum divinum vel maxime
pertinentibus ditissimam ac opu-
lentissimam redderemus.

Atque haec omnia pluraque alia di- Atque hec omnia pluraque alia di-
vitiarum genera nobis non ex ava- vitiarum et gaçarum genera nobis
ritia, non ex simonia, non ex parci- non ex avaritia, non ex simonia,
tate, ut scitis (cum nulla liberalitatis non ex largitionibus, non ex parsi-
ac magnificentiae genera partim monia, ut scitis (cum nulla liberali-
crebris plurium munitionum aedi- tatis, nulla beneficentie, nulla ma-
ficationibus, partim multorum li- gnificentie genera partim crebris
brorum emptionibus codicumque plurium munitionum edificatio-
latinorum et graecorum transcrip- nibus, partim frequentibus mul-
tionibus, partim plerisque erga eru- torum librorum emptionibus conti-
ditos et doctos viros largitionibus nuisque codicum latinorum ac gre-
intentata inexpertaque relique- corum transcriptionibus, partim
rimus) sed ex divina duntaxat plerisque erga eruditos et doctos
gratia et ex pace ecclesiastica conti- viros assiduis donationibus inten-
nuaque tranquillitate provenerunt. tata inexpertaque reliquerimus),
sed ex divina duntaxat benignis-
simi Creatoris gratia et ex pace ec-
clesiastica perpetuaque pontifi-
catus nostri tranquillitate prove-
nisse non dubitamus.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 257

Cum igitur multa atque ingentia Cum igitur multa, et ea quidem in-
omnipotentis Dei in nos beneficia gentia, omnipotentis Dei in nos be-
superius commemoraverimus tan- neficia superius commemorave-
tasque gratias egerimus, quantas rimus tantasque propterea gratias
pro facultate nostra referre va- egerimus, quantas pro facultate no-
luimus, reliquum est, ut hanc sa- stra referre valuimus, reliquum est,
crosanctam Romanam Ecclesiam, ut hanc sacrosanctam Romanam
quam tam opulentam, tam tran- Ecclesiam, quam tam opulentam et
quillam et tam praepotentem fra- tam tranquillam ac tam prepo-
ternitatibus vestris a vobis abeuntes tentem fraternitatibus vestris a
in praesentiarum relinquimus, ap- vobis abeuntes impresentiarum re-
prime commendemus. Quocirca linquimus, apprime commen-
nos in hoc extremo adventantis demus. Quocirca nos in hoc ex-
mortis articulo ac paulo post Crea- tremo adventantis mortis articulo
tori nostro animam reddituri, hanc ac paulo post Creatori nostro
ipsam omnipotentis Dei sacro- animam reddituri, hanc ipsam om-
sanctam Catolicam Ecclesiam, iam nipotentis Dei immaculatam
non amplius nostram, sed potius sponsam, iam non amplius no-
vestram, quantum possumus, fra- stram, sed potius vestram, Ro-
ternitatibus vestris unice commen- manam Ecclesiam, quantum pos-
damus. sumus, fraternitatibus vestris unice
commendamus.

Haec est enim illa Christi sponsa, Hec est enim illa vera Christi
quam ipse proprio eius sanguine sponsa, quam ipse proprio eius san-
nobis peperit partamque humano guine nobis peperit partamque hu-
generi utendi ac fruendi gratia reli- mano generi utendi ac fruendi
quit. Haec est – inquam – tunica gratia reliquit. Hec est – inquam –
illa inconsutilis, quam nefarii illi mi- tunica illa inconsutilis, quam nefarii
lites christianae crucifixionis mini- illi milites christiane crucifixionis
stri satellitesque inter se se dividere ministri satellitesque inter sese di-
ac partiri non potuerunt. Haec est videre ac partiri non potuerunt.
denique illa Petri Apostolorum Hec est denique illa Petri Aposto-
principis navicula, variis procellosi lorum principis navicula, variis pro-
pelagi fluctibus agitata, que quan- cellosi pelagi fluctibus agitata, que
quam diversis huius contemptibilis quanquam diversis huius tumul-
mundi adversitatibus ceu maritimis tuantis mundi adversitatibus ceu
fluctibus hinc inde quatiatur con- maritimis inundationibus hinc inde
quasseturque, cum a Christo conquatiatur conquasseturque,
sponso suo continuo sustentetur, cum a Christo sponso suo continue
nullatenus periclitari potest. sustentetur, nullatenus periclitari
submergique potest.
258 ANNA MODIGLIANI

Hanc igitur totis mentis affectibus Hanc55 totis mentis affectibus cu-
custodite; hanc omnibus corporis stodite; hanc omnibus corporis et
et animi viribus servate; hanc cor- animi viribus servate; hanc cor-
dibus diligite; hanc operibus amate; dibus diligite; hanc operibus amate;
hanc totius spiritus visceribus am- hanc totius spiritus medullis et vi-
plificate; hanc denique mente et sceribus amplificate; hanc denique
corpore54 retinete. Quod profecto mente et corpore retinete. Quod
consequemini, si eam cunctis hu- profecto consequemini, si eam
manis, tam secularibus quam eccle- cunctis humanis tam secularibus
siasticis rebus praeponere ac pre- quam ecclesiasticis rebus prepo-
ferre volueritis, et si fraternam nere ac preferre volueritis et si fra-
quoque caritatem invicem servave- ternam quoque caritatem invicem
ritis. servaveritis.

Quae quidem si effeceritis, que- Que quidem si effeceritis, quemad-


madmodum speramus et cupimus, modum speramus et cupimus,
primo communi christianorum om- primo communi christianorum om-
nium utilitati, honori deinde vestro nium utilitati, honori deinde vestro
optime consulueritis, et omnipo- optime consulueritis, et omnipo-
tenti denique Deo ita gratificabi- tenti denique Deo ita gratificabi-
mini, ut ab eo digna utriusque et mini ut ab eo digna utriusque et
presentis et future vite premia re- presentis et future vite premia re-
portetis. portetis.

Quod ut facere et operari velitis, di- Quod ut – ceteris posthabitis – fa-


lecti in Cristo fratres, nos quantum cere et operari velitis, dilecti in
possumus in Domino suppliciter Christo fratres, nos quantum pos-
obsecramus, ad quem parunper sumus fraternitates vestras in Do-
conversi his brevibus ultimisque mino efficaciter exhortamur ac
verbis confugimus, dicentes: suppliciter obsecramus, ad quem
parumper conversi his brevibus ul-
timisque verbis confugimus, sic ele-
vatis sursum manibus dicentes:

«Domine Deus omnipotens, con- «Domine Deus omnipotens, con-


cede propitius his Ecclesie tuae pa- cede propitius his Ecclesie tue pa-
tribus patronisque, ut eam conser- tribus patronisque, ut eam conser-

54 Fin qui la mano di Bartolomeo Fonzio.


55 Ma nell’edizione, sulla base del Ricc. 914, si è reintegrato igitur.
IL TESTAMENTO DI NICCOLÒ V 259

vare atque amplificare valeant; vare et amplificare valeant; atque


atque eis gratiam largire, ut ipsa in- eis gratiam largire quesumus, ut
tercedente, de bono atque idoneo ipsa intercedente, de bono et
pastore dominico gregi preficiendo idoneo pastore dominico gregi pre-
facilius providere possint». ficiendo facilius, maturius et me-
lius providere possint».

Valete, dilecti fratres in Domino, Valete, dilecti fratres in Domino,


pro salute animae nostrae iugibus pro salute anime nostre iugibus
orationibus vestris memores. orationibus vestris semper me-
mores.

Cum itaque haec et alia quedam Cum itaque hec et alia quedam
huiusmodi memoriter et clara voce huiusmodi memoriter et clara voce
perorasset, dextero brachio pa- ac concinna et continua sonoritate
rumper sublevato, «Benedicat» in- perorasset, dextero brachio ad eos
quit «vos omnipotens Deus, Pater parumper converso, «Benedicat»
et Filius et Spiritus Santus». inquit «vos omnipotens Deus,
Pater et Filius et Spiritus Sanctus».

Et cum hec magnanimiter, que- Et cum hec ipsa magnanimiter,


madmodum pontificalem gravi- quemadmodum pontificalem gravi-
tatem decere videbatur, animo- tatem decere videbatur, animo-
seque dixisset, paulo post feliciter seque dixisset, oculis, quos in car-
expiravit. dinales suo ordine consistentes et
ipsum maxima attentione au-
dientes et summa devotione admi-
rantes, hactenus fixos intentosque
servaverat, molliter clausis, paulo
post cum gratia divina feliciter ex-
piravit.
260 ANNA MODIGLIANI

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