La favola della papessa Giovanna, la quale si pone tra s. Leone IV che morì a 17 luglio 855, e l'imme diato successore Benedetto III eletto nello stesso giorno, ma consacrato a 29 settembre, fu inventata dopo l'anno 1278, venendo specialmente fondata sulla assertiva supposta di Martino Polono o Polacco, e di Mariano Scoto, nei cui esemplari vedesi al margine da mano adulteratrice inserita questa sciocca favola, come già dimostrarono David Blondel, e il p. Echard nella Biblioth. Domin., ed altri, della quale gli eruditi anche eretici oggi mai hanno rossore di far menzione, sebbene altri eretici si credono di fare gran guadagno collo spacciarla, come osserva il p. Mabillon, nella Praefat in saec. VI Bened. par. 2, num. 6, ad onta di non essere più oggi adottata tal favola da alcuna persona di senno, dopo che molti protestanti, tra quali il Courcel, l'Heumano, il Boxhornio, il Conrigio, il Viginiero, il Gassel, il Caveo, lo Scokio, ed altri molti riferiti da Bayle nel suo dizionario alla parola Papessa, l'hanno dimostrata ridicola novella di qualche maligno ed ignorante impostore, come pure hanno fatto molti scrittori cattolici, de quali fa un lungo catalogo il chiar. Cancellieri a pag. 240 e seguenti della Storia de' possessi del Pontefici. L'essersi trovata questa favola aggiunta ne codici dei nominati Martino e Mariano, diede l'occasione di vedersi la medesima inserita in tutte le cronache che nel secolo XIV si pubblicarono nell'Italia, ed in altri monumenti pubblici. Il Colomesio nei suoi Singolari, attesta che nel duomo di Siena fu formata nel 1400 la serie di 170 Papi, in tanti busti di creta, che da s. Pietro finiva in Adriano IV del 1154, e fra questi avevano ancor intrusa la papessa Giovanna, che il Launojo disse aver osservato nel passare da Siena nel 1634; ma certo è, che ad istanza di Clemente VIII, e dell'arcivescovo cardinal Tarugi, mosso dalle preghiere del cardinal Baronio, per ordine del granduca di Toscana a 9 agosto del 1600, cambiati allora i lineamenti femminili di quel busto, fu trasformato in Papa s. Zaccaria eletto nel 741. Nè di questa sola riforma avea bisogno la cronologia sanese, dappoichè il dotto Novaes, che la vide nel lungo soggiorno da lui fatto in tal città, la trovò inesatta, essendo ripetuti alcuni Pontefici, ed ommessi diversi di veri e legittimi, ed invece frammischiati alcuni antipapi. Ad onta di ciò reca meraviglia, che settanta e più scrittori, e fra essi non pochi creduli cattolici, de' quali fa menzione il p. Onorato di s. Maria, in Reg. critic. lib. I, dissert. 3, reg. VIII, p. 99, che dice non trovarsi in questo numero alcun francese, e fra quelli alcuni santi, abbiano adottata per vera la favola di cui andiamo a dare un cenno. Con vari nomi fu chiamata questa ſinta ed immaginata papessa, cioè Agnese, Angelica, Margherita e Dorotea; così chi la fece inglese, e chi tedesca della città di Magonza. Dicono i creduli, ch'essa fornita a dovizia delle umane lettere, se ne passò col suo amasio travestita da uomo ad Atene, quindi a Gerusalemme, e finalmente a Roma, ove il suo grande ingegno le acquistò degli ammiratori, e in fine il pontificato, ch'ella resse per due anni, cinque mesi, e quattro giorni; perchè essendo stata corrotta da un suo famigliare, e ignorante del vicino parto, essendosi portata in abiti pontificali in processione da s. Pietro in Vaticano a s. Giovanni in Laterano, in mezzo alla strada del Colosseo vicino alla chiesa di s. Clemente, quivi partorì, morì e fu sepolta. A questa invenzione aggiungono, che nel luogo stesso del detestabile parto fu collocata una statua rappresentante una femmina col bambino in braccia, e che i Pontefici fino da quel tempo mutarono strada per andare dal Vaticano a s. Giovanni in Laterano; e che per ovviare un simile pericolo nella creazione dei Papi, suole il nuovamente eletto sedere in sedia traforata nella funzione del possesso, chiamata sedia stercoraria, nella quale l'ultimo cardinale diacono ne esamina il sesso. Sul sedere in tale sedia, e delle cose che in essa facevano i Pontefici nel possesso, non mai l'asserto esame, lo dicemmo ai vol. VIII, p. 173, XI, p. 177, e XXI p. 157 del Dizionario, ed altrove. In quanto alla statua mentovata di sopra, non era di femmina, ma di un sacerdote pagano in figura d'avviarsi al sagrifizio col ministro avanti; circa poi la strada cambiata dai Pontefici nel recarsi al Laterano, fu perchè l'antica non era conveniente al passaggio del numeroso corteggio pontificio, al modo che dichiara il Panvinio nelle annotazioni al Platina. Il ven. Bellarmino lib. 3, De Rom. Pont. cap. 24, dice ch'essendosi sparsa la fama che una certa donna fosse il Pontefice ossia il patriarca di Costantinopoli, restò la fama e l'opinione della donna Pontefice, e di Pontefice universale; ed alcuni in odio della Chiesa romana cominciarono a dire che quella femmina sia stata Pontefice. L'origine di questa favola, osserva il Mabillon nell'Iter. Italic. c. 27, che può essere provenuta da questa storiella di Herchemperto, il quale riferisce che in sogno ad Arechiso principe di Benevento ſu rivelato dal demonio, che il patriarca di recente eletto in Costantinopoli fosse una donna, e che ivi avesse mentito il sesso femminile sotto la veste di chierico. Per la qual cosa Arechiso svegliato mandò i suoi nunzi in Costantinopoli, per mezzo dei quali fu tolto un sì turpe e pernicioso errore, e la donna cacciata dalla sede, onde la peste, che perciò per volere di Dio affliggeva la città, subito cessò. A questo forse alluse s. Leone IX eletto nel 1049, nell'epistola a Michele Celurario patriarca di Costantinopoli, di essere stato a lui riferito con fama costante che molti eunuchi fossero seduti in quel patriarcato, onde fra questi fu ordinata una femmina, il che dipoi i greci rivoltando il rimprovero, l'attribuirono alla Chiesa romana. Se la favola della papessa fosse stata a quei tempi divulgata, s. Leone IX non avrebbe rinfacciato tale obbrobrio a Michele, e questi se ne sarebbe servito per sua difesa. Il Baronio poi all'anno 879, num. 5, è di parere, che siccome Giovanni VIII dell'872, col quale nome alcuni chiamarono la finta papessa, in luogo di castigo, diè premi all'eunuco e scellerato Fozio, patriarca intruso di Costantinopoli, per cui cagionò una grande infamia alla propria estimazione; perciò egli stima, che per la troppa facilità e mollezza d'animo con cui Giovanni VIII, senza virilità, e con animo abbattuto, privo di costanza e coraggio sacerdotale, si lasciò ingannare dal furbo Fozio, non fosse egli come Nicolò I, e Adriano II immediati successori di Benedetto III, chiamato Papa, ma per contumelia papessa, come quello che non avea saputo resistere ad un eunuco, e ch'era stato vinto da un mezzo uomo, onde non doversi stimare uomo, ma piuttosto donna. E così da molti fu decantato che Giovanni VIII Papa sia stato una donna, e la favola trovò credenza nel volgo. Il Platina in Giovanni femmina, dopo s. Leone IV, riporta la favola, e chiama la donna Giovanni Anglico; ma il suo annotatore Panvinio fa una bella confutazione di tale grossolana impostura, se non che conchiude, che la disonesta vita di Giovanni XII del 956, essendo principalmente dominato da Giovanna, da Raineria, e Stefania, dal nome della prima, la quale esercitava un potere nel suo pontificato, provenisse la favola di Giovanna papessa. Questa favola la ributtarono lungamente l'Allazio, in Confutatione fabulae Joannae Papissae, Romae 1630, e poi in molti altri luoghi. Il Labbé, in Cenotaphio Joannae Papissae everso tom. VIII Conc. col. 154. Il Launojo lib. 4, Epist. 8, tom. V, part. I, p. 5o3. Il dottissimo monsignor Garampi, poi cardinale, trionfalmente con la dissertazione De Mummo argenteo Benedicti III P. M. ad illustrandam historian pontificiam, et ad Joannae Papissae fabulam refellendam, Romae 1745. Carlo Blasch, Diatriba de Johanna Papissa, seu de ejus fabulae origine, Neapoli 1778. Giovanni Car. Florimondo Raimondo ossia Lodovico Richeomi, Erreur populaire de la Papesse Jeanne, Bordeaux 1594, di cui ne abbiamo diverse edizioni anche in latino. Antonio Pagi, Critic. in Ann. Baron. ad an. 853. Francesco Pagi, in Breviar. gest. Pont. tom. I, Dissert de Joanna Papissa p. 369. Giorgio Scherer gesuita, Donna non essere stata Pontefice, dissertazione, Vienna 1586, e Venezia dal tedesco tradotta in italiano da Nicolò Pierio. Il Serario, De Joanna in annal. Mogunt. lib. I, cap. 41. Il p. Annato, in Apparatu ad theol. positiv., p. 65o. Giuseppe can. De Novaes, Storia dei sommi Pontefici t. II, p. I 19 e seg. Il p. Zaccaria Storia lett. t. IlI, p. 379 e seg.