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BIBLIOTEC

SCELTA D I 0 P E R E

QRECHE E LATINE
TRADOTTE

IN LINGUA ITALIANA 0/. 4 5

B I B L I O T E C A DI F O Z I O
VOLUME P R I M O

1 0 DI F O Z I O
PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI
riui>OTr-* & L CAVAIjIEra A

GIUSEPPE COMPAGNONI
RIDOCTA A COMOTO USO DEG STTOIOH

M I L A N O PER G IO V A N N I S IL V E S T R I
K.9GCC. UCTL

AL CORTESE LETTORE

TULLI O DANDOLO

ULTMO lavoro di Giuseppe Compagnoni fu il volgarizzamento di Fozio, non ancor da altri tentato Ita]ia : a me lo fdava egli morendo , acci s pubblicasse con le stampe. Adempio al voto del venerabile amico m o, che per tenerezza m'era quasi padre. Quai sentimenti mi stringessero all'illustre defunto , cosa io mi proponga di fare per onorar meglio la sua memoria, te ne chiariranno le due Lettere seguenti. Che ' non compiei per anco con ugual sollecitudine al voto del]a flial reverenza, e del]a gratitudne per benefzj sommi dovuta, non accagionarne il cuor m o, bens l ' indugio da altri volontariamente posto in consegnarm le Memorie nedi'te del Compagnoni, che doveano esser b ase principalissima alla divisata biografa ; e , poich m' ebbi coteste Memori'e , le sciagure domestiche , dalle qual rimasi piuttosto schiacciato che colpito. Abbit pertanto, senz' altrO ritardo, lo scritto del Compagnoni, e benedici meco la sua memoria, siccome quella d'uomo di cui, dire, non v' ebbe sulla terra il pi buono, il ingenuo, il generoso.

Vi

T U L L I O

DND O L O

A LUIGI STELLA
OLGONO , amico , tristissim tempi p e r no i, e l'anima soverchata dal dolore ha mestier sfogo* Qual dolore pi naturale, pi santo di questo in che ne lascano mmersi i nostri cari morendo ? Quai lagrime pi pie delle nostre? Quai lagni pi mertevol di trovar in ogni cuore confortatrice corrispondenza ? Tu non avevi ancora rasciugato il pianto che ti era costato la perdita del tuo buon tenitore, n io avea saputo darmi pace della morte di Fosca rin i, che il funesto presano compieasi, e Giuseppe Compagnoni pagava anch'egli alla natura il tributo supremo 1 Come persuaderemo, o Luigi, che cess in que* jjfi occhi, spiranti benevolenza , facolt d affissare in noi dolcissimi sguardi? Come pensarci che da quel labbro, avvezzo ad inarcarsi al sorriso di Anacreonte e di Orazio, non udrera pi profferire le amorevoli, le gioconde, le argute parole che si spontanee ne sgorgavano ; ch non ti saranno cer t amente usciti della memoria i giorni beati che al mio Deserto vivemmo in compagnia del nostro vec chio amico: non ti par udirla ancora a' pi allegri racconti d'avv enture della sua giovinezza, di quella giovinezza che avea spesa nell'intimit dev'italiani >i celebri del suo tempo, piacevolissimamente rammischiare le pi gravi considerazioni di poli tica, o di filosofa? Cuor ingenuo e vasto intelletto son doni rade volte ad un sol uomo dalla Provvidenza concessi; all'amico nastro ella n*era stata largamente cortese. L'anima generosa recavalo ad amar vivacissima-

LETTE IU . DANDO LO A L . STALLA. >1

VII

m ente anco nell' et in cui s'intepidiscon e quasi agghiaccian gli affetti: la mente elevata suggerivagii le vie di meglio giovare a' suoi smili ; sicch agli studi b rillanti degli anni pi floridi fe'succedere i pi nobili studi che cultor delle lettere sceglier p otesse : que*della filosofia e della morale. Qui piacciati amico, di gettar meco uno sguardo sulla lunga ed onorata carriera che Giuseppe Com pagnoni na percorsa. Le Veglie del Tasso, che tefinersi dapprima in conto di scritto originale recentemente scoperto del sommo Poeta ( tanto vera e sentita l entro l'espressione dun amore infelice) collocavano poco meno che adolescente Compagnoni in seggio lumi noso; perocch Inglesi, Francesi, Tedescni, quelle Veglie in lor lingua tradotte, non dubitarono di stampare ad appendice dell'opere di Torquato. Le vicende politiche del suo paese non tarda rono a cambiar Compagnoni di letterato in magi strato. U uomo che Napoleone invidiava siccome Segretario al Consiglio di Stato del suo regno dltalia, perciocch segretario si valente confessava n on aversi pel suo Consiglio di Francia ; uomo che l ' Esule di Sant'Elena nomin nel suo testa mento, per errore, gli vero, qualificandolo Con servator de'beni della Corona in cambio di Costa bili, ma che non meno p er questo apparisce essere stato presente a quel sublime intelletto , comech gi presso ad agghiacciarsi tra le strette della morte; quest'uomo appartiene piuttosto alla storia d e 'tempi pi brillanti della patna nostra, di quello che a privato compianto, o ad amichevol panegirico. Tornatosene, per mutarsi di fortuna , ma col sorriso sulle labbra, a modesto viver privato, ono* rata povert, e meglio naturai vaghezza d'alti ed utili lavori, restitu ron Compagnoni alla carriera delle lettere. Qui bellissimo campo appropri ossi con la sua Sto-

VMt

LETTHU

T . DANDOLO

ria d'America, presentando gl'italiani del racconto pi veritiero, giudizioso, compiuto che siasi messo in luce degli avvenimenti che quella parte del globo ebhers a teatro sin dall'epoca del suo scovrimento; e giornali americani affermarono niuna storia del Nuovo Mondo potersi per ogni maniera di pregi a questa del nostro Italiano paragonare. N si tenne egli pago solamente di questo, che >ur capolavoro potria dirsi, bench troppa scarsa ode vengagli generalmente attribuita, e n ' causa, a mio credere, il far esso parte della vasta compi lazione di storie d'ogni paese che da Segur ebbesi nome tra noi; sicch in mezzo a quei dugento vo lumi s'affondarono, per cos dire, i trenta dell'a mico nostro. Gli Americani del nord ne voltarono nella loro lingua la Storia, e pubblicaronla con lusso tipografico , che meglio assai le si addice della modestissima veste dell'originale. N tennesi pago, io dicea, solamente di questo suo esimio lavoro Compagnoni, che assecondando i desiderj e le richieste del Padre tuo, del vero inerito apprezzato re, storie non poohe pel suo Sefifur compil , e fra l ' altre quelle d e 'T arta ri, dei Russi, aell'Austria e della Turchia. Allorch ebbe tocchi i sessantacinque anni diessi pensiero pressoch esclusivamente di filosofa, dap prima applicandola, sull'orme di Tracy, a sistemi ideologici, poi alla morale. E degna veramente, avviso, d'essere osservata ed ammirata eli' cotesta successione in Giuseppe Compagnoni di studi diversi e degli svariati lavori letterari che ne furono espressione e rivelazione Coneiossiach lo vedemmo pagar da principio tri buto al fervido sentire della giovinezza con farsi interprete d'un sommo Vate tratto fuor di senno da un amor infelice ; poi le importanti cure della cosa pubblica, l'obbligo d'adempiere a'doveri di cittadino, di magistrato addrizzaron le meditazioni

tt. STtLI.i. flc di Compagnoni a meta pi elevata; sinch, scioltosi per vanar di tempi da quelle cure, da que' doveri che s bene affaceangisi, alle lettere, all' amicizia si consacr; delle lettere quel tanto per s riven dicando in cui pi s'accoglie d'amenit, d'utilit; -deli' amicizia cos caldo e scrupoloso osservatore mostrandosi, che i possenti, a'quali erasi infranto sotto lo sgabello che sublimi faceali, sicch tra 'I volgo temettero di trovarsi confusi, se per qualit di mente e di cuore furono spettabili, Compagnoni ebbersi benivogliente, devoto siccome a d tramon tati. A te me ne appello, virtuoso Luosi, che dai seggio della suprema magistratura dell'italico regno a si modesta condizione scendesti, che se non era l'universal reverenzr, col volgo poco men che con fuso ti saresti veramente trovato. Non mi dicevi tu in Compagnoni aver rinvenuto un amico assai pi caldo nella bassa di quello che nell'alta fortuna p a r a t o non t'era? N bastavagli esserti assiduo cor tigiano ( sa nome p rofanato pu valere ad espri mere la manifestazione della pi pura virt), corti giano, dico, nella sventura; allorch p agasti tributa estremo alla natura , onor tua memoria d 'u n o scritto biografico dettatogli dal cuore; e fu bella e confortevol cosa veder tra vegliardi, onore un tempo dell' italiana magistratura , amist cos pura e co stante aver poste radici. Non da disistimar ufi reggimento che cotali uomini noverar potea tra suoi capi . . li generoso ufficio che Compagnoni a Luosi rendea, aveal dianzi reso a Dandolo; il pi caro degli amici suoi. Oh sento, amico, inumidirmisi di dolci lagrime le pupille in ricordando l'affetto che leg insiem per tutta la vita quelle due nobilissime anime 1 Ed io , d ach apersi gli occhi alla luce, m'avvezzai a veder Compagnoni a fianco del padre mio; e quando il padre perdei, Compagnoni il dolore della vedova,

LETTE!A DI T. DANDOLO

dell*orfano, il suo proprio dolore attemperava con rendere alla memoria del caro defunto pubblico tributo di desiderio e di lode Ed io non ti pagherei, anima gentile, 3 debito della riconoscenza filiale? E non mi sowerria in pagarlo che a te debbo d'esser felice, perciocch Ut fosti quello .che la mia dolce compagna, la fi glia d* altro de' tuoi virtuosi amici, in isposa mi proponesti ( i) , e non ho mai cessato di b enedire <piel consiglio die paterna tenerezza nel cuore e sulle labbra ti pose? I miei bambini savvezzarono a benedire il tuo nome insieme a quello degli avi* Fatti adolescenti leggeranno nelle carte del padre ricordati i benefzj, le virt di coloro senza di cui non respirerebbero le aure della vita. Tu gi indovini forse , o Luigi, il mio divisa* mento* Compagnoni, poco prima di morire, il mio nome scrivea ad oggetto di donarmi il volume m cui si contiene la Biblioteca di Fozio , non che il manoscritto della traduzione che fatta naveva; la voro importante e affatto nuovo per l Italia, a cui gli scritti di quel compilatore della sapienza degli antichi non sono noti sinora die o nel testo greco, 0 nel volgarizzamento latino. Lo scritto da Com pagnoni fidatomi vedr la luce per mia cura, e in front * al libro tu leggerai del nostro venerabsl amico tal biografia che indegna non sia per essere della sua v irt , del mio anetto. L esimia gentil donna che Compagnoni nomin ad erede unica mente acci pi libera disponitrice esser possa di modeste beneficenze, gi & proposta di fornirmi 1 materiali bisognevoli all uopo. In quattro parti sembrami che il mio lavoro po tr naturalmente venir diviso. Nella prima aceompa CO Giulietta Pagani Bargnani, specchio di gentilezza a virt, rapita dopo nove anni della pi felice unione alPamore di Tallio Dandolo il giorno i.e d*agotto 835.

L.

S T tL T .A .

ti

nerem nostro in alle varie avventure fe'suoi l'amicogiovanili: mezzo seconda terrem oti anni nella dietro nel considio della Repubblica Cisalpina, in quello del Regno d'Italia: renderem conto nella terza d e 'su o i lavori letterari ; nell* ultima , la pi fcile e la p i cara al cuor nostro, si conterr ra gionamento delle nobilissime qualit che feceilo delizia de* s u oi atroci, ornamento del suo paese. Possa tu , o Luigi, allorch leggerai quello scrtto, reputar te c a Cesso eh ' io non mi mostrai troppo da m e n o d e l g en iale argomento , del sacro debito della n e o n os e e n s a t P a d o v a , U a gennaio, i834

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LETTERA 01 t. TILLA

A T U L L I O DANDOLO LUIGI STELLA


p u re , o Tullio, debbo l'ultimo vale al vene rabile amico di( cui piangiamo la perdita; e nel soddisfare a questo bisogno del cuore, nell' adempiere questo sacro dovere, non men caro che dooroso, mi dolce l'aver compagno ch i, al par di me, fu l'oggetto della patema sua benevolenza. Tu con vivi colori delineasti rapidamente i tratti rincipaH di una vita tutta sparsa di utili opere, i azioni generose: non t'incresca ora ch'io ag giunga alcune tinte al tuo quadro, e volgiti meco a contemplar Compagnoni negli ultimi suoi giorni, de' quali fui dolente spettatore. S , amico : io vidi la lagrimevole progressione con che s'and lentamente spegnendo la face di quell'ingegno che tanta luce avea sparsa sull'Italia; assistetti alla lunga sua agonia, fui testimonio delle sue ultime letterarie fatiche, e raccolsi gli estremi suoi detti. Que' giorni angosciosi che precedettero la morte d'uomo si benemerito, furono come la etra di paragone dell'indole sua. Estenuato dai unghi patimenti, ei pi non conservava alcuna parte di quel fsico vigore onde l'uomo si vale a nascondere sotto il velo di esterne apparenze ci che nelle sue intrinseche qualit potrebb' essere tra gli uomini argomento di biasimo o diffidenza. Quindi l'anima di Compagnoni apparve nuda nei suoi detti, ne'suoi scritti, nelle sue opere; e i nu merosi suoi amici si avvidero, non so se con pi di compiaeenza, o d'ammirazione, ch'egli non avea cercato di nascondere i suoi difetti ma bens parte delle sue virt. Si conobbe allora chiaramente che

A T . DANDOLO.

il distint ivo caratteristico della sua vita politica e sociale, pubblica e privata, voglio dire la fran chezza , non era in lui calcolo, non affettazione , non istoica alterigia, bens una spontanea conse guenza della ingenita sua lealt. Gli era dolce conforto, tra le angosce della ma* latti a , il rammemorare gli amici e i conoscenti perduti, il ragionare di que'che tuttora gli rimaneano; e in questa rassegna, dettata dall'amorevole suo cu o re , ei non sapea ricordare di essi se non le pregevoli qualit e le generose azioni : ch la memoria dei loro difetti, dei vizi , o della ingrati tudine, non potea dimorare a lungo in un'anima alla quale era eterogeneo tutto ci che si scostava dai sensi della pi retta probit, della pi candida virt. O nd' che sempre con manifesta ripugnanza, bench vissuto in tempi pi fecondi di vizj che d i virt, egli induceasi a credere alla perversit degli uomini, e facilmente prestava fede a ci eh' esser potea indizio e prova del contrario. Quindi avve niva non di rado ch'egli fosse vittima delle p re venzioni stesse della sua buona fede; n in ci l'esperienza del passato, non ostante la perspicacia del suo intelletto, gli era maestra per l'avvenire, perciocch i calcoli della sua mente erano sempre soverchiati dagl'impulsi del suo cuore. Questo cuor generoso era fatto per accogliere in s tutte le pi nobili inclinazioni, 1 pi cari senti menti onde s'onora l'umana specie: non volle quindi essere straniero alle cure e agli affetti di padre, e consacr una parte de'modesti frutti delle sue letterarie fatiche au educazione d'una fanciulla che con benefica mano aveva tratta dall' indigenza* Quante volte non 1' ho io udito , negli ultimi suoi giorni r ammonire dolcemente questa sua quasi fi glia adottiva , dandole savj precetti che la guidas sero nella umile carriera della sua vita, quando ei pi non sarebbet Quante volte non l'ho inteso ri

XIV

LETTI* 4 DI t. STILLA

petere, favellando di lei e di chi lo assisteva nella sua malattia: Alil perch n on sono io morto nn anno addietro, ch non andrei ora consumando i pochi risparmj eh' io destinava a sollievo e ri compensa di quegl' infelici ! Oh 1 quanto avara la natura di anime siffatte l fi credere , o Tullio, die la prepotenza del male avesse del tutto inaridita in fui quella vena feconda di festevoli racoonti, di piccanti arguzie, che in tempi migliori rendeva a ameno u suo conversare; ch anzi molte volte io lo vedea scuo tersi dal letargo m die giaceva assopito, e compo nendo il volto al sorriso, interrompere con un frizzo il discorso di un amico presente, rettificare un'inesattezza, narrare un aneddoto: non rade volte ancora egli s'abbandonava a tutta Vilarit del suo carattere, 'facendosi superiore con uno sforzo mo rale all'intensit dei patimenti fisici. Qual pi aerto indizio di un'anima paga di s stessa? di u n 'a na che nella reminiscenza del passato non troaava~che motivi di conforto tra le angosce presenti? Talvolta ei cercava pure alleviamento al ano pa tire in quelle letterarie occupazioni dalle quoti rammentava si aver tratto in altri tempi s efficace sollievo alle afflizioni dello spirito ; e dai parti del suo ingegno, spiranti anch'essi tranquilla lietezza , ninno mai avrenbe potuto argomentare l'infermit del suo corpo. Anche dalla lettura traeva non lieve conforto; ed io molte volte, da Itti eccitato, glie n'era ministro. Le opere morali e filosofiche spe cialmente prediligeva: gli astrusi ragionamenti sulla misteriosa immensit della natura, quelli pi miti e gemali sulla virt sui doveri degli nom ini, fi nalmente i pi confortevoli e nobili, sull'immorta lit dell' anima, eccitavano altamente la sua atten zione. Io raccoglieva le osservazioni, i comenti ond' egli andava spargendo nuova luce su que' dii ficili argomenti, ed ammirava la profonda sagacit

A T . D A K B O IA .

Conia quale, innestando i sentimenti pelinosi aHe massime filosofiche, sapea conciliare le pi patenti verit del mondo fisico co pi necessarj principi della religione e della aceraie. Caldo amatore dejgii uomini, qual egH era, non potea rim anersi indifferente , anche sul Ietto dei dolore, aHe vicissitudini politiche denostri giorni. Ei ne seguiva il corso attentamente , pesandone i pi minuti particolari, le cui conseguenze sfuggono agl'intelletti comuni; facea disamine, istituiva con* fronti, con una mirabile sagacit e perspicacia. Era crucciosa al suo cuore l'immagine degli sconvolgi* menti ond' agitato attualmente il mondo politico e il mondo morale; pur ne ventilava con profondi ragionamenti le probabili conseguenze; e le previ* stoni di un esperienza cos esercitata erano forse oracoli che il tempo avverer. Ma le pi dolci e confortevoli occupazioni, in quegli estremi momenti, erano per hn quelle che ricfetaaanvano il suo cuore agli antichi anetti. Pen sava quindi a beneficare Lugo, ove nacque, e a lasciar materiale memoria ai s a* numerosi snoi amici; e mentre a te legata la stia Versione di Fo* sio, a me iacea dono verbale di tutti ^ Altri suol manoscritti, eccetto alcuni pochi ; ed io gli accet* lava riconoscente. Egli allora invkvali alla ma abitazione senea mia saputa ; ed io li rimandava , ad egli insisteva perch li ripigliassi: ma questo io mai non sapea indurmi a A re onde non confer* merlo vie pi. nel toensie t t della sua prossima fine; il che mi toglier di poter imitare in parte il no bile lue proposto circa la Biblioteca di Fozio, pubblicando di que manoscritti ci die mi fosse Sembrato degno della finita di s illustre scrittore. Poco tempo rnnami avea parimente donato ad un Aio amico della Romagna il manoscritto di quella ch'ei riputava la migliore tra le Ut opere, voglio dire La M orali tutti.

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LETTEBA DI t. S TILLA A T. DANDOLO.

Giunse finalmente l ' ora fatale. La mattina del d 29 dicembre, 1853, mi fu recata la dolorosa no tizia della sua morte, avvenuta alle quatti*ore di quello stesso mattino, non senza i sussidj tutti della religione. Prima di spirare avea nuovamente rammentati gli amici, inviando loro l'estremo sa luto. La mattina appresso mi recai alla cattedrale, ove doveanglisi rendere i supremi uffici della reli gione ; e mi vi recai con. animo disposto a con* giungermi al numeroso funebre convoglio che senza dubbio, nelle esequie d'uomo s benemerito, si sarebbe adunato a rappresentare la patria ricono* scente. Trovai deserta la chiesa 1... Un umile fere tro giaceva inosservato innanzi una cappella : in esso racchiudevasi la spoglia dell'amico nostro; nut la povert stessa di quell apparato, da lui coman data, era un'ultima testimonianza della generosit del suo cuore. Ed ohi quanto quella modesta po vert era pi eloquente dogni altera p o m p a i... Mi si schierarono allora davanti tutte le virti, tutte le utili opere, ond' egli avea illustrata la nobile carriera aella sua vita. O Compagnoni, sciamai meco stesso, tu fosti povero ; ma la tua povert, figlia del disinteresse, fu pi feconda di benefzi che l'opulenza del ricco. Tu fosti povero; ma le ricchezze del tuo ingegno sparsero per ogni dove le loro utili emanazioni. Ricevi, anima generosa, ricevi per mia bocca l'ultimo addio e i ringrazia menti della patria. * Indi a pochi istanti le sue spoglie mortali furono trasportate al cimitero , ove giacciono non lungi da quelle del suo diletto amico, 0 mio buon genitore. Cos quando l'animo mesto mi guider a meditare sui misteri della morte, in anel soggiorno in Cui la falce di essa livella ogni disuguaglianza, alle lagrime che la piet filiale trarr dal mio ciglio si mesceranno quelle che tri buter all'amicizia.

NOTIZIE CONCERNENTI

LA BIBLIOTECA DI FOZIO
E LUI MEDESIMO

D o w>o/ia, mio caro Eschelio che io po$$a in alean modo giovarti nella edizione che mediti di Fozio ! Lessi in addietro tutta opera di lui f di visa in due tomi %e copiata di mano d* Enrico Stefano. Essa varia 4 e da tate edizione non 90 dire se sia per essere maggiore la gloria che per venirne a te, o la utilit che ne trarranno gU altri. E certamente s egregio scritto non altro editore meritava che te9 il qualem con la pubblica lione di tanti buoni autori, hai voluto dimostrare e la erudizione tua, e la tua propensione alle leitere. M a n iof n il nostro Vulcanio possiamio in questa bisogna giovarti 9 non avendo noi alcun esemplare di questa Opera . * * Cos Giuseppe Sca+ Ugero scriveva. A\\% schelio medesimo scriveva Giovanni Livi E nio : Affrettare editione di Foiiof credo io essere del maggiore interesse delle lettere. Piena di va rietd Opera, ed utilissima a tutti gl* ingegni e per tutti gli studi. E quanto anche non vale il sapere almeno il gran numero di buoni Scrittori in ogni genere di dottrina^ e cAe da queltuomo d i ligentissimo veduti e letti t per erano perduti ? F ozio, voi. 1 s

N O T IZ IE

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B IB L IO T E C A

di

f o z io

1 Eschelio pure scriveva Isacco Casaubono di questa maniera: Tu dunque mi dici d ' essere tutto applicalo in pubblicare la B iblioteca di F ozio ? Oh il regalo veramente munfico ! oh te liberale ! Dagli squarci che de* libri di lui sono gi pub blici , facile giudicare deW Opera , come dalle unghie il Itone. Francesco Turriano, nella Prefazione alle Co stituzioni Apostoliche di Clemente Romano, cosi parla di Fozio: questi autore eruditissimo , e d'incredibil lettura . . . e singolarmente in quella Opera eh* egli intitol Biblioteca de* libri da esso lui letti ; nella quale con tanta diligenza. , con si fino ingegno * e s consideratamente e dottamente, e distintamente e francamente di tanta molliladine e variet di libri giudic , che chiaro ap parisce nulla essere sfuggito alla sua critica. Indi; Quanto sia grave in questo giudizio, e di quanta autorit la testimonianza di Fozio , pu intendersi e valutarsi. . . principalmente dalla cos da lui, come di sopra dissi, intitolata Biblioteca , grosso volume composto sui libri d*ogni genere da essolui lettij nel quale di siffatta maniera quasi d? ognuno V argomento e la qualit dello stile distingue e nota , che chi legge qu*sommarj pu credere di conoscere come interi que'libri) e f i n do le e ingegno de* loro autori. Non aveasi, alloich cos que* celebri Eruditi ne pai lavano , la Biblioteca di Fozio che nella originale sua greca lingua. Quando il gesuita A n drea Scotio (uvei sa la volt in latino , da ogni parte i pi insigni lelteiati d quel tempo coucordetneule applaudiremo a si grave lavo:o. ftoi uoa

LUI

IfS D S S tM O

citeremo se doq se la testimoniatila di Giusto Lipsia 9 c h e dee valere per tutti.

Scrivendo egli a Marco Welsero , si esprime come siegue: Il Fozio di Andrea Scotto 9 grand* amico noftro , gi da alcun tempo fa tto latino , stassi presso di voi ( in Augusta ). E quando ve dr esso la luce ? quando potremo vederlo noi f Certo che cotesto Scrittore tra i pochi degni della nostra riconoscenza poich per opera di lui solo sonosi dalla obblivione salvati i monu menti di tanti chiarissimi ingegni ; e debbo dir ami da tutta obblivione affatto 9 in quanto che ti salv almeno i nomi e alcune membra degli Scriilori. Quanti libri mai less* egli , e , per cos dire, sfior9 i quali non avremmo potuto altrimenti co nascere ? Sacri, profani 9 trattatisti 9 storici 9 ora tori 9 poeti . . non v* ha in tutta la greca Utteratura 9 o sia in tutta la libraria 9 codice che quell*uomo non abbia salvato. Bellissimo i uso di leggere o di ascoltare nel allo di se* iersi a tavolai ma assai pi bello quello, e pi utile9 di notare, giudicare, estrarre. Fozio fece da solo tutto questo, rispetto agli Scrittori che ha fatti giungere fin o a noi Il vostro Davide Eschelio, e sotto gli auspicj vostri, da prima ci diede queitOpe ra in greco, con varie e diligenti correzioniMa tu sai a quanto sia giunta la pigrizia del tempo nostro Pochi sono quelli che leggano od intendano le scritture greche ; alle quali, se non si aggiunge la versione latina 9 pur troppo pu quasi dirsi 9 che V avere pubblicato quel libro in $reco lo stesso che aver fa tto un bel nulla* Aodrca Scollo adunque, uomo nato psl ben pubblic0%

N O T IS I* SC L BIBLIOTECA S I

Io mise tatto in latino , c V affid a te. Vedi per tanto che a buon diritto indirizziamo la nostra domanda. Fa quello che di tuo costume, e a che sei nato. Jjuta la cosa pubblica anche con disca pita della tua privata. Fa questo bene mio Welsero ; ancorch s fluttuanti, e pressoch d i sperate sieno le cose d 'Europa , e tanto ci tengano in travaglio la Pannonia e VlUirio confinante* Ove andranne a piombar d'armi nemiche S grave pondo? ove a scoppiar taotira? Ovunque sia, stiam fo rti noi, c ferm i nella nostra virt i vengaci pure contro tutta la violenza del destino ch la vinceremo se sapremo sostenerla, Ora 1*ordine delle cose vuole che noi parliamo della traduzione dello Scotto, la quale giustamente Tiene ad essere garaute della nostra* Imperciocch avendo a noi prossima questa, che ha di fronte il greco testo , essendo essa stata eoo diligenza e maturit da uomo, com 'era lo Scotto (dottissimo nelle greche lettere, e nelle scienze degli antichi sorittori ) elaborata, a vanit, e 'ors anco a vera ciarlataneria giustamente potrebbesi attribuire il vanto d'aver tradotta dal greco questa Opera, an corch non ci si p ossa negare d* avere ooi avuto in questo lavoro, come pure di (atto, a v v e r tente di tene^ docchio il testo originale o d* es serci pi all uuo che all' altro senso appigliati y ove allo Scotto medesimo erasi presentato alcun dubbio. Del suo lavoro adunque ecco ci che que sto valentuomo ha detto. Avea egli udito dire che in Ispagna alcuni uo mini valeutissimi stelle greche lettere aveano preso

lui

m e d e s im o

a tradurre in latino la Biblioteca di Foiic , ma che poi aveauo desistito da tale proposito, spa ventati o dai troppo guasti esemplari, o dalla fa tica che necessariameute richiedeva , sia la mole sia la variet dell* Opera. Cos gli era pure state detto che in Roma alcun altro avea fatto questo lavoro , ma che non aveasi potuto indurlo mai a pubblicarlo. Intanto, persuaso egli ioti inamente che la traduzione delta Biblioteca di Potio in latino sarebbe stata di gran vantaggio a tutte le persone studiose * trov a gran costo un Codice greco , e diede mano al lavoro. Alle difficolt geuerali* che una traduzione dal greco io latino per s stessa presenta, aggiungevansi , die*egli , altre in parti*colare per la natura dellOpera. Imperciocch non solamente essa pieua di grande variet di ma terie , comprendendo Filologia , Oratoria * Storia profana e sacra , Filosofia , Medicina , ed infine anche Teologia, ma ha questo di proprio , che riportandovisi tanti estratti di libri , non pi aell* intenzione e nel senso del solo Fozio che il traduttore dee penetrare per giustameute riferirne le senten ze, ma beo aoche nella intenzione e net senso di ciaschedun Autore in ispezialtt. Nel che quanto egli ebhia dovuto travagliare , abbastaosa pu argomentarsi dall* esempio eh* egli cita del T rattato di Ermogene delle Jdeef i cui concetti e il cui linguaggio, pi sottili de*concetti e del fio goaggio di Aristotile e di Cicerone, hanno bens ammiratori assaissimi , ma pochissimi imitatori , die* egli parlando del suo tempo, e nessuno, di* remo noi alludendo al nostro, io cui la Ideologia felicemente fatta scienza chiara ed aperta coti

NOTIZIE SU LA BIBLIOTE C A S I FOZIO

ogni facilit a tulli. Nella esposizione delle quali cose dichiara egli candidamente aver dovuto fare pi fatica che non fece Ercole a celiare la stalla d*Augia , perciocch alle strette , in cui per s medesime le sottigliezze di quello Scrittore lo met tevano f congiu<Dgevansi quelle che dovea soffrire in rettificare il testo t ove i varj passi e le parole non parevano consentire n al senso, n al carat tere delTA utore e de* suoi concetti. Siccome poi molle opere, delle quali parla Fozio, sono andate perdute, un9altra d ifficolt incontrava il lavoro intrapreso poich mancando il modo di consul tarle ove il testo di Fotio si presenta diffcile , a chiarirlo debitamente si fece necessario un grande studio $ sicch in assai casi oon bast la fatica d interpretare , ma vi si volle la forza d' indovi nare. Il che, aggiuog*egli, se mi sia ben riuscito, Vedrassi dai dotti uomini, quando avvenga che si trovino le opere fin* ora smarrite. Data cos ragione del suo lavorot a cui aggiunge eziandio qualche osservazione sullo stile da lui usalo, che dice averlo procuralo terso e casto quanto ha potuto, la perspicuit e la soavit cer cando d* imitare di Cicerone , e fuggendo i rozzi ed oscuri modi che erano invalsi al uo tempo, discende a parlare di Fozio e de* suoi Scritti col l'intendimento di dimostrare che questa Biblioteca di lui affatto salva da ogui errore. Ci che di Fozio narra d ic 'egli averlo desunto da Zonara , da Glica$ da M anasse, da Ntcela, da Curopalale+ da Cedreno, storici quasi contemporanei di lu i, e dalle Lettere di Meofane e di Sultano, non che dagli Atti delimitavo Concilio ecumenico, dolendosi

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M E D E S IM O.

giustamente che sieno periti il tu e il xx libro degli A nnali ecclesiastici di Ntceforo Callisto che di Fozio e de* fatti di lui avea ampiamente trat tato. Ecco pertanto come egli parta, incominciando la sua narrasione dal pattiarca Ignazio. a Fu Ignazio nipote di Niceforo, che tolto avea im perio ad Irene, e nacque da Eutropia, fgliuoa di Niceforo , e da Michele , che fu imperadore soprannominato Rangabe. Ma perch n egli , n suo fratello Teofilalto , maggiore d* et , potessero mai pretendere al trono, su cui seduto aveano il padre e l*avo loro, furono evirali ; ed Ignazio fa anche costretto a farsi monaco. Per col volger de* tempi venuto al!* Imperio Teofilo, figliuolo di Michele Traulo, mentre Teodora, moglie di Teofilo , rimasta vedova , reggeva le cose a nome del figlio Michele* chiamato il Porfiropenela, che era succeduto sul trono al padre , mossa dalla fama delle virt che prcdicavansi d'ignazio, e tocca da piet d i quanto questi avea patito, essendo vacata la Sede patriarcale per la morte di Melodio , con applauso di tutti i buoni, lo richiam all'esercizio della pristina dignit. Tutto ne* primi anni and bene. Ma cresciuto in et limperadore Michele, levata ogni influenza negli1affari alla madre , e tutto immer gendosi ue*vizj, quel giovane monarca abbandon s stesso e 1 Imperio a Barda, uomo pi vizioso * di lui ; il quale, creato Cesare , e prese le retiini del governo, non pel ben pubblico, ma per essere liberamente malvagio , giunse alta iaiquit di ri pudiare la moglie , e di convivere in vece cou la nuora. Per si grave scandalo Ignazio venne al fatto di scomunicarlo. Di che vivameate punto Barda ,

VOTfXfB SO LA B11LIOTKCA HI FOZIO

convocato un concilio , lo spogli del patriarcato , e lo confin in Milileoe. ludi gli diede per suc cessore Fotio , allora gran cancelliere di corte e governatore della citta; e questo accadde Tanno. * undici anni, cio , dach Ignazio era in possesso di quella dignit. Questa elevazione di Fozio uomo secolare, introdotto repentiuamente nella Chiesa, ed a si allo grado, suscit bisbigli e querele. Cosi che informatone Niccol / spedi a Costantinopoli due vescovi, Rodoaldo e Zaccaria , con commis sione di por freno agli errori degl*Iconoclasti, che allora in Oriente yie pi diffondevansi, e d* infor marlo di quanto s'era fallo riguardo ad Ignazio. Avea di pi quel Pontefice date a que suoi Legati lettere speciali per I* Imperadore contro Foxio, come quegli che * in opposizione ai canoni e agli esempi dell*antichit, eresi intruso nel governo della Chiesa , fallosi lutto ad un trailo ordinare Pastore del gregge di Cristo , massimamente poi mentre il Pastore del medesimo era ancor vivo. Ma que* Legali, o fossero ingaunali, dice lo Scotio, fossero conniventi, n volessero dispiacere a l Imperadore, dichiararono giusta la condanna d */gnazio. ssi per dichiar il Pontefice prevaricatori. Mentre le cose erano in questo sialo ac cadde che , per insidie di Basilio il Macedone , furono messi a morie e Barda Cesare, e Michele imperadore \ e ad altra vita pass Niccol / Per Io che , giovandosi de* cambiamenti seguili nella Corte di Costantinopoli, Jdriano II, che fu suc cessore di Niccol t olteone che si convocasse un nuovo Concilio , il quale fu di centodue vescovi ed fra gli ecumenici I* ottavo i e per questa via

Lw Mtosfttre* g Ignavo fo restituito alla sua sede. Ma egli allora era vecchio e cagionevole ; e dur poco nel suo ministero. Alla morte di lui un altro concilio si radun, a cui intervennero treceotottantr ve scovi, i quali richiamarono Fozio alla sede patriar cale. Pare che non si teoesse per molto valida la ragione dianzi accennata contro Fozio della sua ordinazione subitanea , perciocch si mi! fatto era succeduto nella persona d Ambrogio in occidente* e in quella di Nettario Tarasio aio di Fozio, e di Niceforo* successore di quel Nettario nelloriente Di fatto Giovanni V ili, che allora sedeva pontefie* in R o m a , approv quanto erasi statuito da quel Concilio, e mand il pallio a Fozio. Che il Signor nostro Apostolico ammetta in patriarca il signor Fozion ne fa fede la stola pontificale del Sommo Pontefice, signor nostro Giovanni* mandata al me desimo . La quale appunto egli mand, affinch tutti intendano e sappian di certo che il signor Fozio dal Sommo Pontefice viene riconosciuto ed avuto per Patriarca. E ci detto ( il Legato del Papa ) diede a Fotio la stofa pontificale, ume rale* il manto, e i sandali. Cos leggasi negli Atti di quel conclio. Si imbarazzato lo Scotto in impiegare come alcun tempo dopo Fozio dal Pon tefice veoisse di bel nuovo scomunicato. Teoendo conto di ci che con migliore erudizione altri hanno detto, pare che, o Fozio avesse promesso, o il Papa si fosse lusingato che dal Patriarca di Co stantinopoli non sarebbesi parlato pi di diritti giurisdizionali, che nel tempo del suo primo pa~ triareato Fozio pretendeva competere alla sua sede sopra alcune province di Bulgaria e di Macedoma.

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NOTIZIE SITILA BIBLIOTECA DI F O ZI O

F u tale controversia di grande calamit per la Chiesa ; perciocch per essa avvenne che gli animi s'irritarono ; e nacque quella deplorabile scissura che, rinnovatasi poi a'tempi di Michele Cerulario ha fino a questi giorni perpetuato lo scisma tra i Latini e i Greci. Qual vero motivo avesse I* im peradore Leone, detto il filosofo, di abbandonar Foaio, noo beo noto ; se non che si sa eh* egli diede il posto di lui al proprio fratello Stefano. Alcuni hanno aoche detto ch'egli volle male a Fozio per la stretta amicizia di lui eoo certo Sabarenof dall* Imperadore teout o per maligno uomo e prestigiatore. Ma parecchi altri, fra i quali fa il padre medesimo di Leone, riguardarono il Sabareno come uno dei pi santi monaci di quel tempo. N Folio era tale da lasciarsi facilmente ingannare da chi avesse voluto col manto della santit coprire una vita scellerata n fuvvi mai ehi dicesse Fozio compagno d'iniquit ad alcuno. Niceta paflngcme > biografo piissimo del patriarca Ignazio, di lui ha parlato in questi termini: Non era gi Fozio oscuro uomo , od ignobile , ma di chiara ed illustre nascita ^ e ragguardevolissimo per la pratica nts%li affari civili e politici* e per la prudenza e sapienza che in essi poneva. Era $i pi molto dotto in grammatica, e nella compo sizione di versi ; e lodatissimo nell'arte del dire. Mollo sapeva ancora in filosofia , e in medicina, a iit (ulte le liberati discipline j nello studio e cogtzione delle quali tanto fio t , che in dottvina d*ogni maniera f u riputato il primo d tl tempo suoj ed a m i degno di stare al pafagqne anche cogli Antichi- Tutto concorreva mirabilmente in //, at-

ITTI M C O t S I M O .

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Mudine, n n tarai vigore, felicit, ricchezza, per la quale ebbe modo di procurarsi copia amplissima fo g n i sorta di libri j e sopra tutto Ju in Ini si ardente amore di gloria e di laude che per atten dere continuamente alla lettura passava ogni notte leggendo Al Tarn or deilo studio Foxio pospose tutto} * e ritirossi io un mooastero dArmenia , ove para che termioasse i suoi giorni. Checch di condannabile iotanto possa essere stato nella sua condotta come Patriarca, nulla, dice giustamente lo Scotto, pu apporsi alla sua BibUom teca. Gli argomenti che questo dotto uomo addace in prova del suo assunto, sono i seguenti: Pri mieramente Fozio si dimostra riverente verso le Sacre Immagini, e ne sostiene il culto, siccome apparisce in pi articoli, quali sono quelli de9Co*, 1 secondo luogo dici 29, 5?, ilo , 114 1*9 de*sommi Pootefci romani, e de* Padri della Chiesa doccideate parla mguifcamente, come fa di Celestino, di Leone, e di Gregorio Magno, tra i primi; e tra i secondi, d'Ireneo, d 'Ambrogio, d'Ago# slino e d'altri. In terzo luogo egli fa luminosa menzione de* primi suoi Concilj generali. Perch poi noo parta dell' Ottavo , lo Scott da ci argo menta che Fozio scrivesse la sua Biblioteca prima d*essere assunto al Patriarcato; e perci in tempo in cui era aocora immune da ogni sospetto. Y ' banoo per parecchi, n lo Scotto il dissi mula, i quali suppongono che Fozio scrivesse, od almeno desse l'ultim a mano alla Biblioteca dopo la seconda su* abdicazione. Che ci facess* egli dopo o la seconda, o la prima, a noi sembra ma nifesto dalia formula di saluto premessa alia lei-

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VOTICIB SULLA BIBLIOTECA Di FOZIO

tera a suo fratello Taratio , lettera che serve d prefazione alP opera. Imperciocch quella formula tutta propria di un ecclesiastico nulla d ' uomo laico vivente a Corte, ed immerso io affari di go verno. sebbene a uomo letterato, ancorch laico, noo disdica 1 erudizione iti cose risguardaciti la * religione, la taula copta d'opere teologiche in questa Biblioteca comprese, e spezialmente i lunghi estratti di molte d'esse introdottivi, aggiungono forza alla nostra congettura. questa supposizione non con traddice per nulla a quanto in quella lettera accenua, perciocch apertamente distingue tra la let tura de9libri , e Pesteusione degli articoli riguar danti i medesimi, dicendo: ecco che fina'mente pubblico quanto degli argomenti di tali opere ( lette nel suo Viaggio tu Siria ) m'era rimasto nella me moria : il che va iuteso naturalmeute delle note che, leggendo, dovea aver fatte. Nella supposizione pertanto che Fozio non desse ultima mano alla sua Biblioteca , che dopo una l9altra abdica, zione, ad ispiegare il silenzio suo sul Concilio ot tavo ecumeuico, in cui fu richiamato alla sede di Costantinopoli il patriarca Ignazio, e sull'altro Concilio dei trecento ottantatc Vescovi, in cui , morto Ignazio, egli fu rimesso nella pristiua di* gnit, non diremo noi che ci potesse attribuirsi ad un principio di moderaziooe piuttosto che ad animo perverso; sapendosi che le grandi disgrazie richiamano alla sapienza gli uomini che haono alto carattere, e nissuno potendo con ragioue af fermare, che se l'animo di Fozio fosse stato esul cerato, non avess*egli prorotto tu qualche sfogo mentre se gliene offrir ovvia occasione. Diremo

a lui medesimo. tS soltanto, che avendo egli nell'ultima compilazione seguito le tracce d quanto avea letto e notato da prima, e ci essendo accaduto assai tempo innanzi a quel Concilio, cosa naturale che non potesse in alcun modo parlare del medesimo. Sia poi che veramente avesse compiuta lopera sua prima d* essere elevato alla sede patriarcale , sia che l'ultima mano desse alta medesima nel monastero in cui si ritir dopo l'abdicazione, in essa non solamente ooo trovasi cosa che lo renda sospetto d*errori, ma trovansene molte che lo comprovano fermo nelle verit ortodosse. N ci diciamo soltanto per quello che riguarda )* aver egli investiti con gran forza gli acerrimi nemici della fede cristiana, Porfirio Luciano , Eunapio , Zosimoi ma dell'aver trattato nella stessa maniera gli eretici Eunomiani, i Novazani, e Basilio cilice, e Pariano Filos forgio, ed Ario medesimo. Il che faceva egli nel tempo, in cui costantemente venerava e lodava la memoria, e le opere deSanti romani Pontefici, e di parecchi latini Padri v ac* cequati di sopra. Per lo che il religiosissimo Scotto ha tolto ogni scrupolo , che Podioso nome di Fo no potesse far nascere, rispetto alla Biblioteca di lui, nell*animo di chi della medesima giudicasse senza averla letta. Del rimanente,prescindendo ancora dalla quantit di libri e di estratti, che,riguardanti cose teologiche, trovami registrati nella Biblioteca % fu degli studi sacri assai benemerito Fozio con altre sue opere. Di questo lo Scotto acceoua per la prima il Coosmenlo sulle lettere di S- Paolo, di cui Ecumenio inseri assai grande portione nella sua Catena : cou

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NOTIZIE SVLLk BIBLIOTECA D FOZIO

che, dic'egli, molto molto giov ai dotti uomio, i quali debbono sinceramente confessare, per esso avere avuto grande sussidio io ispiegare gli a r cani seusi delFApostolo. Bella opera di Fozio fu pure quella de'Canoni degli Apostoli , e delle s a prosante leggi degli antichi conci!/, imitata poscia tra noi da Bacante di Worms, da Ivone di Chartres , e dal famoso Graziano A queste s' aggiun gono uu Trattato delta volont di Cristo. Sei dissertazioni intorno alla divinit e incarnazione, Gli Atti dei Sette primi Conciij ecumenici. e le lettere di lui, siccome anche la Lettera a Michele > principe de*Bulgari. Sono iu questione tra loro i Critici sul punto se di Foziot o di Sisinnio sia l'Enciclica alle Sedi patriarcali d 'oriente \ n in ci prenderemo noi parte, riguardando essa le sue ooutroversie eoo Roma^ e perci da Roma daouata. Fuori di questa, tutte le altre indicate opere di lui sono state, e sono ancora giustamente approvate da dottissimi e piissimi uomini} e tali, dice lo Scotto medesimo che c inducono ad ammirare le virt anche in un nemico. Ma noi dobbiamo ritornare alla sua Biblioteca. Noi abbiamo dtto, che se viaggiando, e tratte nendosi nella sua legazione Fozio lesse i libri dei quali fa menzione, e sopra i medesimi parecchie Oo'se not, non crediamo per altro che trascrivesse allora gli estratti che ci ha conservati \ ed egli medesimo dichiara, siccome abbiamo veduto, ave questa Biblioteca compilata sulle note da prima fatte* questo essendo il pi ragionevole seuso delle gi riferite parole sue. Ma dobbiam d ire , che, o desse compi meato lavoro prima d* ingolfarsi ne-

K L0I U E D IS lllO .

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gli aflari ecclesiastici, o fosse questo uno degli ar gomeuti, de 9quali si occup nel suo ritiro quaode la secouda volta ahbaodou il Patriarcato, fa certa maraviglia che lasciasse io quest9opera le tracce della precipitazione , con cui oaturalmeote do* vette iotrapreoderla. Nota cou ragione io Scotio le tracce di questa precipitazione cella uegligeoza dello stile, nelle ripetizioni, ne'molti passi di niuo col* legameoto , e in quella ver separati gli articoli di certe ope re dagli estratti, che delle medesime ha fatti, e in simili altre cose. Di modo che lo Scotto giudica, che pi per soccorso della propria me moria che per essere altrui giovevole avess* egli meisa iusieme tutta questa massa di cose. Ma se, per avventura, per coleste considerazioni noti possiamo avere la Biblioteca di Fozio per opera oel suo geoere perfetta, come per lingegno, e per la dottrina sua sarebb* egli stato io caso di darci ; non per questo cessa esa d'essere per noi gravemente importante > e pienissima di preziose cose In essa noi troviamo sia il giudizio, sia l'indicazione delle materie trattate io molti libri, che non essendo facilmente alla mano, senza que sto ajuto nou potremmo conoscere; ed abbiamo gi uditi eruditissimi valentuomiui dire, da questa Biblioteca aversi quanto trar potrebbesi dalla let tura delle opere stesse, delle quali essa tratta. Ma pi poi dessa importante in quaoto ci fa co noscere antiche opere, le quali a giorni uostri sono andate perdute, e cogli Estraiti che oe presenta, alcuna parte ce ne somministra. Conforto senza dubbio uotabilijfsimo,sia alla nostra curiosit,sia alla lustra istruzione. Questi sono i giusti titoli, pe'quali

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n o tiz ie

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b ib lio te c a

ni fo zio

essa stata costantemente tenuta in altissima esti mazione da tutti i dotti, e ad ogoi opportunit con sultata. siccome essa viene si spesso citata , ed letta da pochi , scarsi essendo gli esempi* ri si della greca edizione fatta dall* Eschelto s della greco-latina lavorata dallo Scotto , ooi abbiamo pensato di renderla comune a tutti gli studiosi Italiani, pubblicandola tradotta nella nostra liugua. Ma neireseguire questa impresa abbiamo voluto provvedere ad un incomodo, che lopera originale presenta. Siccome Fozio venne scrivendo il suo giu dizio, o il transunto di tanti libri seco ndo che questi gli capitavano alle mani, o, conforme egli dice* a misura che la memoria delle cose lette gli suggeriva; la sua Biblioteca, quale essa t non ha veruo or dine n di tempo, u di materie : ond' che a chi voglia consultarla sopra alcuno speziate articolo, o desidera seguire la serie degli scrittori di un dato ramo di scienze, o di letteratura, ha bisogno di scartahellre il grosso volume per ritrovare, e con giugnere quanto pu preferire di prendere io esame, e talora eziandio le disperse parti deregguagli di una stessa opera. Egli medesimo (siccome appari sce dalla sua Prefazione) ha conosciuto questo di fetto, e adduce le ragioni per le quali ha fatto cosi. Ma, senza mancar punto alla riverenza dovuta a tanto uomo noi crediamo che quelle ragioni non sieno si forti da lasciar durare uu tanto incomodo; e perci nella nostra edizione sar tolto. In questa aduuque verranno classificate, e sotto lo speziale loro titolo distinte separatam ele, le varie opere delle quali si tratta Cos savranno unite insieme tutte quelle che appartengono allo stesso ramo

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U E D E S IU O

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di scibile ; e dove TAutore avea separata l'indica* ione e il g iudizio di un'opera Estratto fatto della m edesim a, nei faremo immediatamente suc cedere V E stratto alla indicazione e al giudizio* Io ciascheduna classe poi procederemo per Alfabeto , come pi ovvia e comoda norma : solo che, per servire alla giusta corrispondenza della numerazione originale seguita fio qui nelle cilaziooi occorse, ad ogni articolo apporremo il numero del Codice , come trovasi oelToriginaie. Ma nellfatto di comporre questa distribuzione eoa dillicol l ei si presentala, che noo dobbiamo dissimulare. La classe di scrittori di materie teo logiche d'ogni ramo ne somministra essa sola un sumero che equivale ad un terzo incirca di quelli che appartengono a tutte le altre classi insieme unite di Storici profani e sacri* di Medici e Filo sofit di Romanzieri, di Rapsodisti* di Filologi e Lessicografi, e di Oratori. Ed oltre essere cosi numerosi, ampj assai sono gli Estratti che Fozio ha dati delle opere di molti di essi. Ci spezialmente dimostralo spirito del secolo io cui Fozio scriveva ; e forse dimostra ancora, pi che altra cosa, chegli non si occup di questa Biblioteca solamente prima che fosse chiamato al ministero ecclesiastico lu tanto una s vasta parte di questa Biblioteca po trebbe non essere la pi desiderata dal maggior nu mero di quelli che tra noi attendono agli studi e alla erudizione delle scienze e delle lettere; noo perch ci che appartiene alla Teologia, nobilis sima e prima sopra tutte le scieuze, non abbia per s stessa un grado dfeccellenza sublime , ma perch questa facolt sembra pi propria di una Folio, Pol l* a

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NOTIZIE s u l l a

b ib lio te c a

ni fo z io , ec.

sola classe di studiosi; tutti gli altri applicandosi all* acquisto di cognizioni diverse. Per non arri schiare adunque un lavoro che a moltissimi po trebbe essere indifferente, e forse poco ricercato da un competente numero di quelli a cui potrebbe meglio convenire , noi, almeno per ora, abbiamo determinato di non comprendere questa parte nella presente edizione. Potremo per applicarvici, e lo faremo con pari zelo e diligenza, se, com piuta 1 edizione che intraprendiamo, ci si faccia * manifesto che anche la pubblicaziooe di questa ultima parte sia per essere gradita ; o, se man chiamo noi, potr altri supplire facilmente.

P R E F A Z I O NE
Fozio al diletto suo fra tello T jjsjo Salute nel Signore Iddio. C^uAimo io da tutto il Senato, e col consenti ~ mento dello stesso Imperadore fui scelto ad an dare Legato in Siria, t u , fratello amorosissimo, chiedesti che io ti dessi conto di qtiev libri , alla lettura de* quali tu non avessi potuto esser pre sente Cos desideravi d9 avere qualche conforte in quella tanto a noi molesta separazione, ed una qualunque leggiera e generale cognizione di quelle opere che nella conversazione nostra non eraosi ancora lette. Queste io totale sooo dugento set* tantanove; ch tante , se non isbagUo , appunto sono quelle che, te lontano, m9 avvenne di leggere Trovato adunque un librajo, e venendo a soddis fare al desiderio tuo, pagando di tale maniera una specie di debito, ecco che finalmente pubblico quanto degli argomenti di tali opere m'era rimasto ella memoria. Eseguisco ci, per avventura, assai pi tardi di quello che Perdente tua brama vo leva: con tutto ci voglio dirti che pur lo ese guisco anzi pi presto di quello che alcuno potesse sperare Avverto intanto che gli argomenti, de9quali si tratta, succederannosi con quell9ordine, con cui li ho tenuti a memoria; quantunque io conosca che Don era cosa diffcile, se alcuno avesse pur voluto cosi, il trattare separatamente quanto apparteneva alla storia, e cosi f*re d9 ognt altra distinta materia.

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fR Z F A X IO lT l

Ma io ho creduto superflua questa cura ; e siegno alla rinfusa senza timore questa variet di cose, considerando che nei pi opera talora impeto della curiosit, o vuoisi affaticar la memoria. Che se intanto, quando accada che abbi sotto gli occhi questi libri e li studj, ti parr che io mi eia tenuto troppo breve, o che di alenai ar* gomenti io non abbia scritte con sufficiente ac curatezza, non voglio che te ne meravigli ; imper ciocch altro prendere per maoo un libro par ticolare , leggerlo, e mettersene in mente ci che in esso ragionasi, e compendiarlo in iscritto; ch tal lavoro non ammette pentimento ; e akro quando si tratta di molti e molti libri, e speziai* mente di doversene ricordare dopo un certo inter vailo di tempo. I l condursi in questo caso come neiraltro , io noo trovo essere cosa tanto facile * Debbo poi d irti, che in tutte quelle cose che ia que libri mi parvero comuni , e che per la loro naturale facilit a prima vista non saranno proba* bilmente a te medesimo sfuggite , pensai di dover mettere tanta cura e tanto studio quante ne adoperai nelle altre. Feci dunque di proposito , e deliberatamente cosi come feci. poi meglio ve* drai, se alcuna cosa non inntiie mabbia io aggiunte a questi argomenti oltre quello che dimandavi. certamente ti saranno utili queste cose che ora ti effro, in quanto il compendia che te ne do, gio ver alla tua memoria, facendoti risovvenire di ci che abbi gi letto ; dandoti occasione di presto trovare quanto in quelle opere ti occorre cercare ; e finalmente facendoti pi agevolmente acquistare cognizioni, che forse aaoora nou avevi#

DI FOZIO
CLASSE PRIMA
S T O R I CI E B I O G R A F I P R O P A N I

AGAT ARCHIDE
I T O I t i .

A.Lcmvi lo ehiamauo a oche gatarco* Egli fu Goidio di patria, e grammatico di professione, e servi da scrivano e da segretario ad Ermdide in Lembro. Era stato alunno di Cinneo Agatar chicle scrisse dieci libri di Cose Asiatiche* e quarantanove di quelle d* Europa ,* poi cinque intorno al M ar rosso , e a quanto riguarda quel mare Cosi apparisce indicato da lui medesimo nell* ultimo di questi libri , dove, tra le altre ca gioni del suo non avere scritto di pi , accenna quella d essere diventato vecchio. V* ha chi af ferma avere egli composte altre opere: ma io non le ho potuto mai vedere. Si cita per un Com pendio ip un libro solo delle Cose ch egli avea scritte intorno al M ar rosso cinque libri dei Trogloditi , una Epitome della Lidia, descritta da

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classe

fa tic a

Antimaco | un* altra Epitome di quanto era stato i accolto io materia delle Maraviglie de* P enti, certi Estratti di Storie, e uo Trattato sulla Convivenza cogli Amici. Per quanto dalla lettura de* suoi libri potei ve dere, quest9uomo grandiloquo , e pieno di sen tenze; onde l'orazione sua ha certa magnificenza e dignit pr che quelle degli altri. Ma egli non ama cercare le parole pi scclle : per ove non u sa le pi comuni , egli non discende a formarne di nuove, sebbene nuove frasi componga con pa role usitate. Nel che pone tanto artifizio che nes suna novit apparisce nel suo stile; n il discorso euo riesce meno chiaro che se adoperato avesse anche frasi usitate. quanto poi alla scelta delle sentenze, dimostra in questa parte non meno pru denza che ingegno ; e nella parte in cui scambia le parole , fa ci s felicemente, che manifestasi scrittore pi valente degli altri ; tanto pi che sa spargere per tutta l'opera sua il diletto; e questo si sente senza che ne apparisca il modo. arte sua usar de*tropi, e non renderne grave il senso; effetto questo non dello scambiar le parole, ina di una certa ingegnosa e soave maniera, con cui sa passare da cosa a cosa, e voltare il discorso ; niuno riuscendo meglio di lui in prendere il nome pel verbo , il verbo pel nome , e far valer te pa iole per l'orazione, e volgere 1 orazione quasi in * ftrma di nome. Ove poi occorre di riferire par late di alcuno, nelPapparato e nella copia imitando Tucidide, nella grandezza del discorso lo pareggia e lo supera nella perspicuit. Tale si questo Scrittore , che ha saputo trar gloria anche dalla

norAvr. a3 grammatica* E sso, mentre altri improvvidamente non gli hanno concedato che il soprannome di Retore , per quanto pare a me , si nell* insegnare* come nello scrivere, sembra noo essere secondo e veruno o grammatico o retore qualunque si siasto ric i z b io o rti

AGAT ARCH1DE
SSTBATTI DZLLB S T O R IS DI QUKSt O S C R I T T O * * .

Ca5o

Ho letto due libri di gatarchide , il primo e il quinto intorno al Mar rosso , e ad altre cose eccedenti ogni fede*

Dal libro primo del M ar rosso. CAP. L Q uel Tolommeo che regn dopo il figliuolo di Lago* fu il primo a stabilire la caccia degli ele fanti e d ' altre belve , e ad unire , dir cosi, in ina medesima stalla animali che la natura stessa tanto disgiunse. Cosi dice Agatarchidc Ma da notare che anche prima de* tempi d quel Tolom meo, molti, secondo che si legge, usarono elefanti addomesticati; siccome fece Poro$ re degl* Indiani, che g uerreggi contro Alessandro , e siccome fe cero parecchi altri. Forse quel Tolommeo fu il primo a mettere singolare attenzione in tal cosa, o fu il primo tra i successori di Alessandro , o tra i re d* Egitto che ci facesse.

C t k S S t PRIMA ,

CAP. IL jgatarchide dice che il Mar rosso st chiama con tal oome non perch i monti del Seno che si dice Arabico , quando il sole volge all* oc cidente , colpiti dai reggi di esso prendauo la somiglianza di carboai accesi ; u perch quaodo il sole s*alza, le alture di sabbia e le glebe de* campi veggansi rossicci per molti sladj della costa. No , die* egli ; non per questo che quel mare si dice rosso; imperciocch essendo quella navigazione assai augusta, mentre veggonsi sovra stanti dall'una parte e dall* altra a tutto il Seno le adjacenti cime de*monti e le alture, Io spleudore che da entrambi i Iati del continente rimbalza sul* 1 *acqua, mostrerebbe il mare simile alla terra a tanto che gli occhi di tutti rileverebbero quellap parenza, quand'anche a tutti non fosse nota quel l'affezione. Perci lautore sostiene da ci non essere quella denominazione originata, quantunque molti primK di lui avessero pensato di tale maniera. Questa dunque la prima ragione affatto disco sta dal vero. La seconda questa , che il sole al tiascer suo non tramanda lucenti i suoi raggi, come fa da noi, ma simili al sangue, onde a chi lo guarda apparisce sanguigno: per lo che detto poi rosso. La terza spiegazione che si dk argolica: grande, se si Considera l'ardimento del con* cetto, e frivola in quanto non crea persuasione. G l' istorici che sieguono Clinia, appoggiati alla licenza de* poeti, dicouo che da Argo andato P en to sa Etiopia, allora chiamata Cefenia, per

sto ri ci x sfosnirt aS liberare la figliuola di Cefeo * e di l passito ai Persi * diede quel nome a' Persi da quello di uno d e 'su o i figliuoli ; e da Eriira , figlio ch egli pur ebbe, quel mare chiam Eritreo. Ma questa fiacca e volger favola dtgli Argivi. La quarta ra gione, e non cosi lontana dal vero, questa, che Fautore dice d* avere imparata da certo Persiane chiamato Boxo, imitatore del parlare e del peosare de*Greci, il quale, abbandonato il suo nativa paese avea vissuto in Atene, Fuvvi, diceva colui un certo E riira, di nazione persiano, figliuolo di M io tto , il quale , pieno essendo d* intelligenza e di ricchezze, veone in grande riputazione presso i suoi j ed abitava non molto discosto dal mare, di* rinapello a certe isole deserte; il che fu noo ai tempi in cui Boxo viveva ma quando tenevano imperio i Medi. Eriira nell* inverno passava a Pasargeda, e alFaprirsi della primavera ritornavasi a casa per badare alle sue faccende. Io quel cam biar luogo proponeva#i poi egli , oltre gli oggetti di utilit , anche quello di piacevoli divagationi Ora accadde che, assaltati da leoni i suoi armenti, questi ammazzarono parecchie cavalle selvatiche ; e le altre rimaste salve, per lo spavento, correndo Verso il m are, con grande impeto gittaronsi nel* acqua , spinte fors* anche dal vento, che allora spirava di terra. Quello poi che si d per certo si che dopo aver alcun tempo nuotato presso il lido , durando in esse il terrore, e dal vento in calzate, con difficolt si trassero alla spiaggia delV isola opposta Uno de' pastori , giovinetto ardi tissimo, essendosi attaccato alla criniera di una di esse, pass insieme a quel luogo. E n tra adunque

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cercando delle cavalle che pi non vedeva , fab bric pel primo di quel paese una barca, medio cre di grandezza, ma fortissima; e con essa, preso il vesto propizio, scese in mare, e balzato alPisol* trov le cavalle e il pastore. Colpito quindi dalle bellezza di quell'isola , vi fond una citt nel sito ove preseotavasi un porto ; e quanti erano sulla opposta parte del continente uomini poveri, tras port ivi ad abitare; e cosi fece anche per le al* tre isole disabitate. Con questa impresa acquist presso il volgo tanta gloria, che del nome di lui quel mare, di estensione infinita, sioo alla et no stra fu , ed chiamato Eritreo. E qui debhesi avvertire alla distinzione de* nomi* Imperciocch altro se si dice Mare di Britra * altro se si dice Mare Eritro , che i Latini tradu cono Rosso. Questo significa la rossezza dell'ac qu a, e quello significa I' uomo che s'impossess del mare. Ma Petimologia del colore falsa, poi ch il mare non di color rosso : bens vera quando sia dedotta dal Principe che pel primo vi domin, siccome il racconto del Persiano avvisa* CAP. III. Del rimanente Agatarchide nega che i P ersi, o Persiani, traggano il loro nome dai fgli, o dai nipoti di Perseo, come parecchi altri sostengono^ e ne d per ragione che noo chiamansi Prsi, coll'accento sulla peoultima sillaba, ma Persia coiraccento cir conflesso sull' ultima.

STORICI X BIOGRAFI FBOFAW1

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CAP. IV. Vegli animali r a r i, ed altro* Mentre lautore dimostra favoloso ci che si rac conta di Perseo, ed altri fatti simili, soggiunge che se Perseo fatta avesse quella sua impresa co perto di una maschera, ed armato di una spada falcata , come lo rappresentano glistrioni sul tea tro , non vi sarebbe ragione di non ammettere tante ali re cose assurde che il volgo crede. qui nota il Centauro, Gerione, il Ciclopo, Crisc, Circe, Calipso, il Minotauro$ Scilla, la Chimera , il P e gaso* i Lestrigoni, Cerbero , Glauco marino Atlante, Proteo, Nereo, le Nere idi t i figli di Aloeo, alti nove orge e grossi nove cubiti. Dice poi, secondo Esiodo, che il genere umano prima fu doro, poi dargeato , poi di rame : che luronv cavalli, i quali di future cose parlarono ad Achille * che vi fu la Sfinge, che proponeva eniromi si Tebani; e le Sirene cantanti per minare chi le ascoltava, e Ntobe, e Poh dette, trasmutati per la paura in sassi- Cosi dcesi decompagni 'Ulisse, che da uomini diventarono porci, e da porci tornarono uomini ; e di Tantalo, che per la integrit sua fu ammesso allonore di sedere alla mensa delle Dee, e pe'suoi pensieri libidinosi a mezzo Paria messo in tormento* Di tale specie pur quanto dcesi di alcuni che scesero appostatainente a Plutone, chi per consultare intorno ai viventi i vati morti, chi per rapirne Proserpina , e farsela sposa , piet avendo di l e i , creduta solitaria : come lo , che

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pecora portasse lana d'oro; che io Africa nascano meli producenti poma d'oro ; che un corpo aoimato abbia potuto sussistere per tutta la vita senza mai dormire ; che Borea ed A ustro, e altri veoti sieoo chiusi dentro un otre, e di l si fac ciano uscir fuori. Aggiuagi Paslfae 9 che si con giunge, eoa un toro, e Tirone con u n Fiume quando le cose di natura diversa niun consorzio di tal fatta haono fra loro Aggiungi e Filomela mutata iti usignuolo, e Tereo in upupa, ed Ecuba in cane domestico; ed Io, figliuola di no Fiume la quale le forme avendo di vacca cornuta, punta da un tafano, si butta nel mar Pontico, e lo tra passa ; d'onde poi trae nome il Bosforo ; e Ctneo lapita, prima vergine, e alla et pubere trascutata di donna in nomo ; ed in ultimo, esseodo basto nato da*Centauri, vivo e dritto sprofondato in terrpt e Leda, partoriente un uovo , d'onde poi naeque quella belt, che fu cagione di tante battaglie , cio Elena 4 ed Elle e Frissof volanti co* piedi di un ariete, che fatto loro cammino dall'un lido al1 altro del mare, a questo diedero il nome di * Ellesponto. Simile a queste cose ci che nar rasi di Ercole , che attraversa mari vastissimi e tempestosi entro uoolla, e solo viaggia per 1*A rica, ovo n di mangiare, n di bere v*ha cosa, n v*ba pure strada; e col piglia sopra di s k mondo che Atlante sosteneva non ostante la gran dezza e gravit di tanto peso; e ci non per al cun comando datogli, ma solamente per obbligar selo. Simile pure ci che si dice di Orfeo al suono della cui cetra incantati correvano i monti e gli scogli, per l'amore che aveaao della music*

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come v simile la voce mandata fuori, e d.gti nomini iotesa, delle caroi de*buoi del Sole men tre venivano arrostite ; e il fatto di que'morti che per ozio stettero a ciarlar con Ulisse, informi ombre, q uali eraoo* pur facendosi *distinguere per li fisooomia; ed altri d'essi bevendo, mentre non aveano n gola, n ventre\ ed altri, non pi al certo soggetti ad essere feriti, spaveotati alla vista della spada \ altri > i cui corpi furono gi abbru ciati, rotolando qua e l un sasso; altri sedenti a render ragione ove noo pi luogo ad ingiurie. E che dire del raccontarsi che si fa de* simulacri di chi non pi, traghettati sopra uoa barca, go vernata da Caronte, quasi che sommersi avessero bisogno di nuovi funerali ? E che dire di lceste% di Protesilao, ,di Glauco, che morti risorgano, quella per opera di Ercole, laltro per lamore delle sposa, 1 *ultimo per virt di uo vate morto in sieme con e sso lui ? E quell* AmfiaraOf che vi vente vieoe ioghiottito dalla terra coi cavalli e col carro? e quegli uomini armati* che nascono dai denti di un drago semioati da Cadmo, e che, nati appena, s'ammazzano combattendo tra loro? e quel /a /o , custode di M inosse, avente egli solo tra gli animati tutti la Vita oei talloni, il quale ogni giorno tre volte faceva la ronda per tutto il cir cuito di Creta, che si lunga e largat e quel Minosse che noo poteva morire, se non si affon dasse entro acqua bollente? E v* altro ancora. 7 * , che per gl* incantesmi di MedeOy uo vecchio caprooe ritorna giovane, oode le figlinole di Pelia cuecano il padre a fne che ringiovanisse: v* che le tre vecchie Forcidi vivessero, usando di un oc-

So c l a s s e pai m a , chio solo, e gli ottici loro scambiandosi vicende volmente cou iodissolubile fede; vf che gli abi~ tatori dellArcadia e dell1 Attica, sieoo stati gene* rati dalla Terra, e nati fuori desmodi naturali ; v che Jfigenia%sacrificata in Aulide, siasi veduta viva nella Tauride ; v' che altra, dal padre Arisio som* mersa nel mare del Peloponneso, sia approdata sana e salva col suo pargoletto ai lidi de* Seriffi 9 v* che chi da Menelao era stato ucciso iu duello, immantinente si trovi nel talamo , pronto ad ab bracciar la sua donna, dimentico d ogni avverso caso ; v* che un cavallo di leguo sia stato con struito non per espugnare la citt, ma per dar ri* ce Ito ai traditori Ulisse, Neottolemo f e compagni. vedi come si faccia manifesta con ci la stol tezza, s dallartefice fabbricatore di quel cavallo , si de* personaggi che vi si ascosero dentro, s in fine decittadini che quel cavallo introdussero nella loro citt ? A tante baje unisci che Atlante soste* nesse con le sue spalle il cielo vastissimo, in cui soggiornano gli Dei , e che nondimeno generasse le Atlantidi i cose impossibili, che lOceano bagni e circondi tutto Torbe, e co' suoi flutti lo custo disca e lo coutenga, alle cui estremit Esiodo canta abitare le Gorgoni; e che alcuni eroi nelle isole deBanti conservasi immobilmeute sani senza accrescimento veruno ; mentre altronde niuoo pre st prova di ci. Queste cose adunque risolvendosi in dicerie di nessun fondamento, danno non i searsa materia di riso perfino alle femmine. Possiamo poi ravvisare sotto diverso aspetto le ciarle dette intorno agli Dei 1 Che uuo chiuso in

z biografi PROFANI. 3r una coscia* ivi sia giunto a perfetta maturit ; che altra p e r utero abbia avuta la testa di Giove; che senza padre (Vulcano) sia stato fatto ? che il Sole per la nefanda empiet di Mreo verso Tietle fa cesse di ponente levante, e levante ponente ? Che Apollo e Nettano^ fattisi operai per uo aono presso Troja a prezzo con venato, oltre essere stati frau dati della debita mercede uno per le fabbriche, l'altro per la custodia degli armenti, fossero anche atrocemente minacciati da Laomedonte? e che Bacco* da Licurgo spaventato, e caccialo al mare, invocasse i* ajuto di T e tif A ci si unisca la lite nata fra le Dee sulla bellezza, e ciascheduna sol lecita di corrompere con promesse il giudice; in tanto che nessuna consegui il fine, a cui il giudizio mirava. Anzi dicesi cheMinerva^ grande com era, si nascose nel corpicciuolo di una rondinella \ che la maest di Giove dalla figura di cigno fu come ridotta al vero essere suo, e la bellezza di Cerere io aspetto turpissimo. Giove* che tieosi per massimo, dal pi a Ini stretto parente, il germano della m oglie, ebbe a soffrire insidie, e fu salvo da quelli che pi gli erano invisi, cio i Titani; I quali, usciti dalle catene e dalle tenebre, e ove erano imprigionati, dopo aver messo in fuga Net* Utno y e beo servito Giove* spontaneamente ritor narono di ouovo alPAcheroute, e ai regni di Pi* ione. di Venere ferita da mano mortale; di Marie incatenato da Ole e da Efialte, di Dito nel proprio suo regno saettato da Eroole* e caduto in dolori atrocissimi * e Vulcano, dalla cima del cielo gittato in Lenno , non seuza offesa del corpo, e dolore gravissimo; e Giunone da Giove sospesa
storici

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CLASSE M I M A ,

in aria con due pesantissime incedi attaccate ni piedi t e in fine vedi gli Dei commettere adultevj, essere colpiti dal fulmine, usar furti, vincersi in virt dagli uomioi, procacemeute ingiuriarsi, fare ingiustizie, deplorare la loro sorte, e da niuna di quelle afflizioni andavano esenti, dalle quali noi presi, invochiamo l'ajuto degli Dei. Per lo* che coloro che propongono agli uomini da credere si mo struose favole, essendo si lontani dalla verit, come giudicarli maestri degni di fede per istruire g li altri? Con taoti e s grandi esempi Agalarchtde mette il fatto di Perseo tra le favole, e conelude dal figlio di Perseo noo venire la denominazione al Mar-rosso. CAP. V. Se non che egli medesimo si avvede, come pre sterebbe soggetto d'essere redarguito, da che le im maginazioni de* favoleggiatori tratta come u argo mento serio di discussione. la ragione si che ove v ogliansi confutare, toltane la fede, diverranno cose vilissime. Per la quale considerazione, sog giunse egli , non condanno Omero , che narra la lite tra Giove e Nettuno, quantunque sia evidentis sima cosa che un uom mortale non pu in tal fatto meritar fede. N Esiodo pure rimproverer dell'ar dimento avuto in esporre la generazione degli Dei t n ascrivo a delitto ad Eschtlof perch in molte cose mentisce, e molte ne scrive che non gli possono concedere ; e cosi dico di Euripide per* ch attribuisce ad Arohelao le imprese di Temano^ e perch introduce in teatro Tiresia qual u o m o

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vssuto pi di sulla gli altri, denti le forze ogni poeta si rit, il diletto.

a iioGSirt v i o n n 33 cinque e l i ; e cosi non incolpo per i quali ci rappresentano azioni ecce umane. la ragione mia si che prefgge per iscopo , anzich la ve

CAP. VI. Agatarchide scrive che gli elefanti sono nativt dell* Indie , dell* Etiopia confoante con Tebe * a della Libia. cap.

va.

Quattro dice essere i punti di confine dellfcgitto* da settentrione il mare} i deserti da levante d i ponente, e 1 Etiopia da mezzod. *

. * . * . . (t J . . . . Gli Etiopi servonsi in guerra di lun ghe lance, e cortissimi dardi. Alla cima della canna in vece di ferro pongono una pietra bislunga, prettamente legata eoa cordicelle, ed acutissima , la quale in oltre ungooo con frateria velenosa. L*A. dice che Tolommeo per la guerra coatto gli Etiopi lev in Grecia cinquecento uomini e cavallo. Di questi, cento, che doveano presentarsi (i) Qui grsn voto nel testo ; e ci che sitgat n tratto *eloquenza morale-poltica, il qnale non l'intende a chi sia diretto, n da chi ; e che altronde d ha tolti i segni di un rottame in isfacelto anch'etsa. Fozio, Voi* ip 3

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nella prima fla , e farsi condottieri della schiera, arm io singoiar modo; imperciocch ed essi , e i loro cavalli vest di un feltro che io quel paese chiamano case (i) il qual feltro copriva tutto il corpo, ad eccezioue degli occhi. Dal libro F di Agatarchide. Del Mar rosso Molti e politici e poeti dubitarono sul modo con coi abbiansi ad aonuoziare convenientemente le disgrazie di taluno a chi fuori di pericolo. N facilmente pu additarsi, se alcuno non pre mette con buoo garbo la cagione del fatto che vuoisi partecipare. Filippo ed Alessandro dopo avere saccheggiato Olinto e Tebe , due illustri citta, le demolirono. Il qual disastro succeduto iuaspettato affatto, mise iu gran terrore aoche i Greci, paventando di uo prossimo imperio e diede ma teria a parecchi oratori di far presentire ai loro concittadini le proprie calamit. Adunque alcuni d'essi copiosameote parlarono in termini allego rici, ed usando varj dialetti i altri iufammaronsi gagliardameote pi del loro teoor consueto; n si ritennero dal manifestare 1 importar della cosa * qual era Io riferir qui gli esempi degli uni e degli altri, onde, veggendo col coofrooto i metodi tenuti, nel tuo giudizio possa tu conoscere chi meglio e chi peggio parlasse. JEgesia, rammentando spesso la sovversione di citt, si mostra svelto, perch nou volendo in dividuare iu particolare i tempi, e per neces(ip Forse di qui venata poi la parola casetta.

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b io g r a f i

p r o f a n i.

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liti cercando di spargere lepidezze io argomenti disgustosi, conseguiste , vero', in qualche ma* eiera il suo scopo; ma ooo co quella dignit che conviene alla cosa ; come dalle sue Orazioni si deduce. Vedi quel t ratto: Abbandonata una v tt f noi acquistammo un nome. Su di che puoi osservare che Foratore non muove alcun affetto, e soltanto insinua un tacito signifcaio , e sforza gli uditori a cercare a che alluda. Egli poi ove scorge ambiguit nel senso, fa meno grave il par lar suo. perch ? perch quando si vede chiaro ci che vien detto, chiaro ancora oi che vuoisi. Ha ove la chiarezza manca, le parole noo possono avere n forza, n splendore. Quiodi tiene tenore simile parlando dei Tebaoi ; Un luogo che alzava sommo grido , la calamit rend muto* degli Olintj : Venni dalla citt di Miri andr ; e ritor natovi non vidi pi. Domandi cosa? Lo stesso detta esigendo enfasi, fece errare il giudzio nostro. Per ciocch conviene che chi ha compassiooe s astenga dal troppo individuare: deve accennare la cosa atta a destare affetto, se ha da adoroare i! suo discorso,* ma deve ricordarsi come gli tocca servire alla causa della calmit. Andiamo inuanzi* O Alessandro ! fa pur conto che al vedere i rottami della sua citt Epaminonda in persona non s'aggiunga a pregare. Questa non pu dirsi accusa giovanile, traslazione dura, e tristo aspetto d'azione* Altro esempio: L'insania di un re, con la distruzione di quella citt, diede uno spettacolo pi miserando d quello che dia una tragedia. questo detto sembra proprio a tuttaltro officio, che a quello di un retore ^ poich non tocca molto ci a ebe

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mirava. Ed io credo cosa diffcile applicare il ridi* colo a* falli di tale importanza* Altro? A che ricordare gli Olirti} e i Teh ani, e dire quanto in ognuna delle loro citt morienti soffrirono ? Altro tratto simile di no bella adulazione, e semplice affatto : Quando distruggesti Tebef fu, Alessandro* facesti come fa tto avrebbe Giove levando la lunm dal Cieloi imperciocch lasci il sole in Atene. Queste due citt sono gli occhi della Grecia : gareg* giavano insieme. Ora uno di cotesti occhi le stato cavato : ed Tebe Ed a me sembra che qui il Solista scherzi con tali parole} e non deplori l'in fortunio della citt i e che ad un tratto rompa il discorso, e eoo la chiarezza del discorso metta sol* t'occhio la calamit. Aitro simile: Le vicine citt deploravano quella citer d esse maggiore , ver gendo che non sussisteva pi. Adunque se alcuno a'T eb au i, o agli Oliotj recitato avesse all* atto della loro distruzione cotali periodi insieme con* nessi, parrebbemi che avesse voluto mettere ia derisione lo scrittore, e lui ia certo modo far sentire pi miserabile di essi. Tocchiamo altro modo, tolto dallo stesso Sofista : Riesce grave cike sia sterile quel paese che gener uomini maturU Non cos certamente fece Demostene, di cui egli peggior la seolenza. Demostene disse riuscir grave, die fosse messa a pascoli {'Attica, la qual era siala la prima a produrre frumento. Ed E g e eia, dicendo riuscir grave che fosse sterile quel paese che geoer uomioi maturi , non la ch<* nua contrapposizione di parole, e non di cose. B per ci rimane freddissimo, conte fu di Ermesianasse, il quale volendo lodare Atene disse t N a t*

STO et B BlO BA ?*. BI G FI 5f M capo di Giove, giustamente ha tale capo di felicit. E chi pu fare the la donazione di Ciro non corrisponda al nome di lui ? Tutte queste, e simili cose, dice Agatarchide, sono lontane dal l'uso; e adoperate per destare commiseraziooe, restano molto distanti dalla debita convenienza. Ma prendendo la cosa in generale, il suo giudizio non riesce retto; per a questi altri moltissimi modi della stessa specie riferisce. Trova cattivi an che i Seguenti; / Tehani nella guerra macedonica abbatterono pi d mille. Dimostrazione bella per certo, la quale lascia vedere cadati taoti oltre il nu mero iodica lo. Ed ancora s Distrutta la citt, gli uo mini contemplavano le disgrazie de*figliuoli \ e le donne furono trasportate in Macedonia , in certo modo seppellendo In citt. hd altro pur simile $ Una tur ma di Macedoni, irrompendo armata entro le mura, devast la citt ; ivi il sepolcro (Testa \ qui la morte Del resto d ' uopo che chi parla di funerali usi epigrammi $ e la cosa sta^ se noo che assaissime cose dicono quello che noi nar rammo di codesta festivit, per non dire insania, onde non passare per troppo acerbo. Agatarchide introduce altri oratori parlanti con perspicuit, e cou ornato oratorio. Di Stratocle cita questo passo: Si ara gi e si seminala citt de* T e b a n i, i quali insieme con noi presero le armi contro Filippo. Con quell' insieme con noi dice Agatarchide^ nell'esporre ad evidensa il caso della citt, rammemora l'amicizia di quegl'infelici e il duro contrapposto dellamicizia suol muovere maggiore commiserazione. Dopo Stratocle cita Esckine, che dice; Una citt confinante stata

38 CLiss* m ma , cancellata iu metto alta Grecia : con quella me tafora significando la celerit dell* eccidio : dedu cendo il pericolo da ci che iodica avvenuto al vicino* E Demostene, dice pare Agatarchide, tras portando il discorso contro Alessandro, cosi si esprime : Rovesci da' Jondarnenti quella citt a modo, che non lasci nemmeno la cenere delle Case ; e i figliuoli, e le donne de* Capitani detta Grecia distribu per le tende de Barbari. Con che acremente, e con chiarezza e brevit usaodo fino all'eccesso dogni specie di dire, non omise quella energia, che fa manifesta la cosa a cui intendeva alludere. Il medesimo cos degli Olinfj ; Che Olinto, Metone* Apollonia, e trentadue citt della Tracia, tutto s crudelmente distrusse, come se mai non fossero state piantate, fa cil cosa a chi arriva il dirlo Mostrando la moltitudine delle citt, comprende anche le disgrazie degli abitanti | e vie pi move gli affetti di chi lo ascolta , me* diante la commiserazione che naturalmente nasce all9 impensato annunzio Queste e tali altre cose daltri scrittori allegando, egli le approva; e rigetta Egesia9 e i modi ado perati da lui CAP. IX. Dalla citt de* Memfti verso la Tebaide steadonsi cinque prefetture che i paesani chiamano Nomi; e sono popolatissime* La prima degli Eraeleo* politi, la seconda de' Licopoliti, la terza degli Ossitiachiti, la quarta degli Ennopoliti, la quinta da alcuni si chiama Filaca, che vuol dire custodia $

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ds altri Schedia, cio barca, fu qaeste si paga ga bella delle cose che vengono introdotte. Quelli che di l s*inoltrano, trovaoo sul principio della Tebaide la citt di Lieo, che vuol dire de* Lupi * poi altra di Venere; ed oltre quelle Panone. Indi Teni, e dopo Bopo : sotto la quale ia citt di Giove, denominata la piccola. Dalla prefettura detta dei Tentiriti una citt chiamata di Apollo; e sopra essa Cofto, e di l Elefantina : poi s* in contra la terra degli Etiopi, e Corsia prima. Cosi sono annoverati i luoghi principali da Memfi sina in Etiopia CAP. X. Presso il Mar-rosso, il Nilo quantunque faccia assai giravolte , pur molto verso l propende , e molto avvicinatosi a quella parte eoo la destra sua riva, volge poi il suo corso entro il continente^ per modo che tra l'acqua salsa, e la potabile il sao letto presenta uo ristagno di copiosissimo limo. Or presso a l mare sono i luoghi donde vengono 10 abboodatpza i metalli che chiamano genuini , aeri assai di colore, ma prodotti entro un marmo, 1 cui candore non ha paragone. 1 CAP. XI. In quelle cave doro la tirannide caccia schiavi a travaglio acerbissimo, uomini miserabili, e delia condizione pi abietta altri cibo le mogli e coi figli $ altri senza tali compagni ; il cui deplorabile ststo Agatarchide si tragicamente descrive , che volendosi dare uaa idea dell* ultima calamit che

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piombar possa sopra iofelici, non vf cosa da aggiugoere. Espone egli poi come coli si lavori loro. Le parti di qae* meati che sono cavernose , e d'aspra natura , abbruciaoo eoo legne, e poich eoi fuoco si sono reodute facili a smuoversi, con piccooi di ferro le mettooo io pezzi ; e un capo delavori veduto che abbia il floae metallico, divide lopera tra quegli sciagurati. Allora chi per et, e per bttooa costruzione robusto, eoo martelli di ferro acuminati si mette a rompere la pietra { non arte , ma forza sola dirige i colpi t e nella rupe sapro d o stradelle , ooo a linea retta , ma piegate or su, or gi, ed ora e destra, od ora a ajoistra, e io obliquo, e per traverso, uoo d i versameote da queU*aodameoto che haoao le ra dici degli alberi ; e si fa questo per seguire la veua delloro che la pietra presenta. Per vedere p oi hanno essi uua pccola lampada attaccata alla fronte, e il caodore del marmo, faceodo risaltare la nerezza del metallo, li ajuta oeU*opera Il ma r tellare di quella maniera , e il distaccare le schegge, noo retto a misura delle forze d eia scheduoo iodividuo, ma dalle grida del sopra stante, che alla voce aggugoe le sferzate. I ragazzi poi sooo quelli che eotraiio io quelle stradelle, raccolgono i minuzzoli della pietra rotta, e li por tano all* ingresso della cava, donde sooo tolti dai vecchi, e dalla turba degl*invalidi, e trasportati agl* ispettori , chiamati gli Epoptei. Ivi, giovani che sieoo sui treot*aoni , e gagliardi di braccia, mettooo quemiouzzoli eotro mortai, e li pestano, sicch il pezzetto pi grande oon giunge ad es* sere della grossezza dell* ervoi e questo ancora

STOBtCI S STOGBAFI PEOFAVt .

si schiaccia sul momento Opera poi dette donne, condotte in quegli ergastoli coi mariti o parenti il mettere sotto mola questa materia nei mortai pestata; e di mole a quest'etfetto vha un luog'or* dine; e sooo esse che le faano girare, e si foa, da una in altra facendola passare, la rendono che in ultimo si r iduce a farina. In che miseria sieno quelle doune ridotte, vano il dire; ch appena hanno qualche straccio con cui coprirsi le reni Per lo che e ad esse e a lutti qoelli che ivi sono tenuti al lavoro, pi della vita desiderabile la evie. La polvere dalle donne pieparata vien presa da alcuni chiamali i Selaogei, che seno quegli artefici dai quali dipende lutto utile che pu il Re trarre dalle miniere. Ed ecco l'operazione che fanno costoro. Sleodono quella polvere sopra una larga e beo liscia tavola, alcun poco iuclioata t poi so quella polve getlao acqua, e eoo le <*aui la nono agitando , da prima leggermente, e di poi aitai forte; cosicch, secoodo che io peoso, le parti terrose si sciolgono, e vanno gi della tavola , e ci che metallo, come pi pesante, rimane imnobile sulla medesima. Iodi dopo che il Selange ha eoo acqua assai volte fatta quella lavatore eoa olii e dense spugne lievea&enle preme queUa pasta che quanto di terriccio ancora e di molle tira a s , e lo getta vie; quaato rimane di pe sante, e splendente , noo essendosi attaccato alle spugne, lascia sulla tavola; e quindi, mondalo che labbia, lo consegna ai fonditori, i quali, misuralo e pesalo che Pabbjano, lo pngooo io ua vaso d'ar gilla, mescendovi io certa dose il bolo di piombo^ del sale, un poco di stsguo, e della crusca d'orao $

ifi. CLA SSE NIMi e chiuso con buon coperchio, e da ogni parte tarato diligentemente, lo espongono al fuoco della fornace per cinque giorni e per cinque notti con tinue; enei giorno sesto, raffreddata quella materia in altro vaso, la pongono, non trovando pi delle varie cose ineschiate che la massa dell* oro fusa. Ed ecco a che si consuma iu quelle miniere la vita di tante persone : chiaro veggendosi come la flatora di lunga mano travaglia nel generar l*oro^ come invano lo ha essa con tanta cura nascosto \ e quante fatiche e diligenze occorrono per averlo^ e l uso del medesimo, mentre reca piacere agli usi, agli altri costa crudele tristezza.il lavoro delloro antichissimo. Fu la natura d questo metallo eco perta dai re ; e si ristette da tali lavori quando gli Etiopi ievasero lEgitto, e per molti aoni tenuero i presidj delle citt del paese, dicendosi eh*essi vi fondarono anche la citt di Memnone* come eguaU mente vi desistette al tempo che i Medj e i P e r siani vi dominarono. Ed anche al tempo nostro trovausi iu quelle miniere martelli acuminati, non di ferro, che io quegli antichissimi tempi poco o nulla si usava ma di rame ; come vi si trova mol* t itudine incredibile di ossa umane: onde a d ire che non poche persone io quelle cave cadeaoo Oppressi dai cadenti sassi. S grandi sono quelle cave che giungono sino al mare CAP. XII. Alla parte australe dell* Egitto trovansi quattro grandi nazioni. La prima, abitante dietro i fiumi, coltiva sisamo e miglio. La seconda vive nelle

Storici s BTOcam . 43 paludi, e si alimenta di calamo, e di tenere piante* La terza vagabonda, e fa suo cibo le caro! e il latte. La quarta dimora presso il mare, e su ssiste di pescagione Questa razza d* uomini non ha n citta, n territorio , n alcun principio d'arti. Se* coodo che dicesi, questa la maggiore di tutte per ch dagli Antei. che stanoo alla estremit del seoe di quel vasto mare, steodesi fino alTIodia alla Ge drosia, alla Caramania, e alla Persia, a alle isole che a cotesti paesi appartengono. Gli uomioi di questa razza chiamansi Ittiofaghi, cio viventi di pesce 4 essi piantano domicilio da per tutto : va0 0 0 nudi tatti, e uomini e dotine^ ed hanno comune la fgliuo* laoza. Conoscono , vero , per indole naturale, tanto il piacere* quanto la tristezza ; ma non beano la minima idea di ci che sia turpe , ed onsto Tutti i luoghi prossimi al msre sono spogli di qaanto pu sostenere I*umane vite % e lo stesso delle terre coofoenti coi lidi ; n prestano m ette a pescagione, o a presa daltro genere. Ma questi popoli, piantatisi ove il lido presenta crepature, e cavit profonde , e convalli disuguali , ed estuar) angusti, e giravolte e andirivieni obbliqui, levano di dove possono de'sassi, e con essi chiudono , grandi o piccole, quelle lagune &e quando il flusso marino sbalza sul lido, il che accade due volte al gioroo, circa Tor nona e la terze, coprendo tutte il lido, anche i pesci si allargan nellacqua e fer mami io que* luoghi in quantit , ttovaudovi pa stura. Al refluire poi nell'acqua, rimanendo asciutto il lido, e chiusi gli sbocchi, i pesci rimasti entro k crep atu re, e le cavit, overano capitati, preM uta n o agl'ittiofaghi abbondante materia di nutr

44 C SSE FUM , LA A mento. Molti pesci facilmente si prendono. Quando ai tratta di cani, di grosse foche, di scorpioni, d i murene e d altri simili succede una specie di b atta glia,la quale non seuza pericolo per parte di quegli uomini. Quanti pesci poi prendono, essi li fanno morire esponendoli sopra pietre riscaldate dai c o centi raggi del meriggio. Da quel calore medesimo in breve tempo concotta la carne di que* pesci , facilmente si distacca dalle spine : questi essi rac colgono in mucchj s grandi, che veggonsi anche da lontano come se fossero tanti monticeli! ; quella su qualche larga pietra , e premendola la riducono a pasta* mesceudovi anche del seme di paliuro, ii quale serve anche a rendere pi tenace quella pasta, e serve oltre ci per uoa specie di con dimenio. Poi quando 1 hanno ben bene pesta * e rimeoata co* piedi, ne formano tante focacce e P espongono al sole, che divenute secche servono loro di cibo, di esse lietameute convitandosi tu tti, non a peso, o a misura, ma ad arbitrio e piacer di ciascheduno. CAP. XIII. Contro le improvvise procelle, che a questi po poli impediscono la riferita pescagione , ecco c o m* essi provvedono. Essi raccolgono per tutto il littorale di quel mare le conchiglie, che ivi a b bondano , e che sono di tale grandezza che a chi non ne vide mai sembra incredibile. Della polpa di esse adunque essi si cibano in mancanza di pesci, cosi portando il cattivo tempo. Usano an cora, quando pure hanno copia di pesce, di preo-

n o riin . ^5 dere quelle conchiglie, e di oudrirle con alga, e eoo le teste de'pesci piccoli ; cosi serbandole entro fosse pei bisogni occorrenti. Ove poi manchi as solat a meo te questo ripiego, da quelle grandi masse di spioe che si sono acceaoate scelgono le pi recenti, e piene ancora di sugo , e, o le amroec* eaoo sopra i sassi, o co* denti stessi le tritaoo , noe diversamente facendo che certi animali net loro covili. Ma fora" anco pi mirabile il modo eoo cui pr veggono al loro bere. Per quattro giorni non faooo che pescare, mangiare, cantare e divertisi, senza distrazione veruna , avendo si facile il modo di vivere, siccome si veduto Allavvi cinarsi del giorno quinto, essi traggonsi ad uoa con trada adjaceote a* monti spinti dal bisogno di herei cola sono ruscelli ove i pastori sogliono abbeve rare i lor bestiami. Muovono a quella parte di sera; e giunti allacqua si mettono io giro intorno al laghetto che trovano, ed ivi con le ginocchia, e eoo le mani a terra bevono alla maniera de* buoi non per ad un solo fiato, ma a varie riprese* Cos riempiutisi il ventre dacqua, ritornano verso il mare, ina eoo difficolt ; e il giorno dopo tanta bibita noo toccaoo cibo di nessuna fatta ; e sola mente ansanti, e gonfi, e eoo tutti i segni di uomo avvinazzato, mettoosi a dormire. Nel di vegnente poi ripigliano il loro metodo ordinario. Tra que ste alternative meuauo la vita senza alcuno tristo pensiero e senza imbarazzo di faccende. Poche malattie li affliggono, tanto semplice essendo il loro modo di vivere ; e vivono pi lungo tempe di quello che facciano tutti altri uomini non ob bligati a faticare
st o r ic i

b io g r a fi

classe

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CAP. XIV. Ma vi sono altri che avendo costaotemente a b bondauza di pesce, non hanno alcun bisogno di b e re ; e questi s o d o quelli che stanno nella Spiaggia esterna del mare. Da tale hisoguo li sol* leva la qualit succoleota del pesce; cosicch noia hanno nemmeno idea del bere ; e cos vivouo eoo animo tranquillo, godendo di quaoto la forluna loro assegn da priocipio,n cercando altro# CAP. XV. Cotesti popoli nessuno de* gravi mali che ab* biamo noi conoscono, e noo ne hanno alcun seuso* Essi noo si scuotono punto, u cercano di sviare un ferro che alcuno alzi loro contro per ferirli ; non vedesi che s* irritino per qualunque contu melia, od ingiuria che loro si fccia; n dolgousi, se dallo stato di sauit per alcuu avverso caso alcun male venga ad opprimerli. Bens, ove stra~ niero alcuno li offenda, lo guardano eoo occhi lisi, e con la testa faouo molti movimenti, ma per niuna maniera si risentono, come pur fa ogni uomo quando da un altro vien maltrattato. Onde, dice Agatarchide, a me pare che non abbiano alcun certo segno di espressione, ma piuttosto che coll* uso, coi cenni, con suoni e con la imita liooe facciaoo quaoto occorre sella vita.

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CAP. X VL Popoli confinanti cogl' Ittiofaghi che non cono scono la sete, hanno una specie di trattato iovio labile con le foche, pel quale n essi le foche offendono, o da queste sono offesi. Anzi l*uua rizza e l altra stassi sicura della preda che fa; e si concordi vivono insieme che appena pu dirsi che uomini eoa uomini si conducano con si scam bievole amorevolezza. CAP. XVIL Una parte degl'ittiofaghi vive io caverne, non rivolte al meriggio a cagione del troppo caldo , ma al punto opposto. Una parte si fa capaone coale coste di grossi pesci o eoa alghe. Altri usaoo unire insieme le vette degli olivi per farsi uu abitacolo. Quegli olivi fanoo un frutto simile alla castagoa. La quarta razza abita di questa maoiera. Avvi un ammasso immenso di arena , antico di secoli, e che pare una montagna. L'acqua del mare coil innondarlo di continuo ha condensata quell'arena che divenuta una mole saldissima. Or tisi facendo sulla vetta di quella mole certi buchi langhi quanto uu uomo, ottengono che aoche in quella parte l'areoa s'induri , e possa servire di tetto. Nella parte inferiore poi praticano delle spellare bisluoghe* e da ogoi lato tra esse forate; ed ivi, chiuso P adito al vento riposano. Se poi puege col con la inondazione il mare, vi pigliano pesce; e se avviene che per quel caso alcuni

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muojauo, non ne preudono pensiero, non conce* pendo essi misericordia, effetto, dice Agatarchide dellopinione. Onde lasciano che quegli annegati ei giacciano l fin tanto che il riflusso li porti al mare, pascolo ai pesci CAP. XVIII. Alcuni fra gl indiani che vivono di ci che loro d il mare, alle singolarit che hanno comune cogli altri, aggiungono questa, superba a un tempo e non facilmente credibile. Di costoro non pos sibile in vero dir d'onde , e come trovios nel luogo in cui sono. Da una parte scoscesissime rupi, e impraticabili stanno loro sopra, precipizj immensi di alte moutague li circondano, attraverso de* quali non v* forza umana capace ad aprirsi il passo ; in faccia il mare li separa da tutto i l continente j sicch il giugaere col a piedi im presa vana a tentarsi, siccome si detto i e lan darvi con barche, o zattere fuori degli umani mezzi, mancando tutte le cose fra noi usate a tal fine. Per lo che non rimane altro da dire, se non che costoro sono indigeoi, non nati dal primo seme umano, ma sussistenti sempre, conforme giudicarono alcuni, che diconsi Fisici. CAP. XIX. Oltre lo stretto che divide lArabia dal paes* opposto , giacciono le isole Sporadi, tutte basse* piccole, ed influite di numero* e sterili si che non producono alcuna cosa comoda alla vita, n per

erosici a btoozfi psorAKi. 49 arte , s per natura. Esse sono lontane dal conti nente superiore circa settanta stadj, e rivolle al mare ch e c orre al di l dell*India e della Gedro sia. Ivi n on vedesi agitamento di flutti, ma unisola io certo modo fa spalla all*altra, e co* promoutorj ritiene le procelle. Saluberrima o* Paria , e in esse soggiornano uomini proporziooatameute alle circostanze accennate , e sostentano la loro vita nel seguente modo. Nel mare circostante , che aspro e tempestoso , nasce abbondanza grande di testuggini di s ampia mole da non credere. Noi tutti le teniamo per mariue. Queste di notte pa scoosi io fondo al m are, ma di giorno vanno a terra, e scegliendo in quelle isole appartati e tranquilli luoghi, esposte io pien aria al sole, dor mono. Allora gli abitatori, con certa loro arte e con corde, danno loro addosso, e le rovesciauo, e quanto in esse d> carne , in breve tempo dal cocente calor del sole quasi arrostito, si mangiano, e le coppe usano a farsi abituri , che piantano sopra alture a guisa di borghetti. Delle medesime pure si servono come di barchette, sia per tras ferirsi qua e l , sia per procacciarsi acqua. Con che si vede che la stessa cosa somministra a que gli uomini nave casa , vaso ed alimento. CAP. XX. Non molto lontani da questi, e di numero eguali, vivono altri che si alimentano di baieoe gettate dalle tempeste sulla spiaggia} e dove non ne ab biano il bisogno , cosa che non di rado succede, supplisco no raschiando quanto di cartilagini era Fozio , P o l. I. i

CtASSfi ,

rimasto intrno Alfe ossa e alla estremit delle co ste: meschino compenso invero! ma pure bastante consolarli. Queste sono le varie razte d i ttiofa ghi che ci vengono descritte , mentre intanto iunuinerabili altee cose ci si nascondono. CAP. XXI. Mentre la vita, che noi seguiamo come mae stra, consiste nel complesso di cose e superflue e necessarie gl'ittiofaghi, de quali abbiamo parlato tutte quelle che nn sono necessarie escludono ^ e intanto di niuna mancano deile quali la natura ha bisogno. Per tal modo si vede divina essere la via che ci si mostra per vivere frugalmente; e non cosi quella che cou fallaci opinioni seduce la natura. Quegli uomini non sono affascinati dall ambizione del comando e degli onori, n tormeutati dai ro vesci della fortuna. Essi non sentono gli stimoli dell'avarizia , non soffrono le angosce dell odio e delle turnista : non hanuo di che affannarsi pei di sastri di parenti^ noo corrono i pericoli di lunga navigazione intrapresa per mettere insieme roba * non hanno grandi casi da renderli miserabili. Di poco hanno bisogno , e di poco hanno a dolersi : posseggono ci che loro basta, e non cercano di pi ^ ch ci che non si conosce, ove non s a b bia, non affligge: bens affligge quello che desiderato si sente mancarci. Onde saia beato chiunque abbia ei che vuole, purch le sue voglie siano conformi ai suggerimenti della natura , e non ai capricci della opinione. Quegl'Ittiofaghi non quistiouano

STO R I C I z B lO ezA F I ROFAK1

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del diritto che accordano le leggi. Che bisogno ha di leggi chi senza le lettere pu avere mente retta, e darne prova coi fatti! CAP. XXII Dopo gl* Ittiofaghi scorre il fiume Astabarao che ve p e r la Etiopia e la Libia, molto pi basso del N ilo , e perci con questo maggiore congiuageodosi, e o i suo giro forma 1* isola Meroe. 6alle rive di q u e l fiume abita uaa razza d* uomini noo numerosa 9 e vive di questa maniera. Dalla vicina palude scava radici di canne, e , ben lavate, con sassi le fra nge ; indi fattane una pasta leggiera e I eoa ce, dividendola in pezzetti quali non giungano a riem piere un pugno, questi fanno ouocere al sole, e d essi ai cibano . Castoro sooo soggetti ad un ine vitabile d isastro, qual dell'assalto che loro danno i leoni negli stagni, entro cut si riparano, quando, al nascere della canicola , una stenuMtala quantit di zanzare di tal modo gHofesta, che per salvarsi dai loro morsi sono costretti a nascondersi nelle acque palustri. Ma i leoni vengono da qaegl* in setti c a c c i a t i di l , non tanto oo* morsi , quanto con lo stridore a quelle fiere insopportabile. Il che si q ui veduto ricordare per la novit del caso * essendo stranissima cesa che i leoni abbiano da cedere alfe zan zare, e cfe*t per questo abbiane a trovm salute gli oom i.

cLssz ram i,
CAP .

A 1 rammentato popolo souo vicini gl Ilofaghi, natione da quello non molto dissimile. In tempo di estate mangiano i frutti cadenti dagli alberi; io altra stagione strappano uoerba che nasce nelle valli ombrose, ed dura, e ha un fusto simile al navone , chiamata da essi buniade: poi s9appro fittano di quanto appartiene alla classe dei tuberi e infine de9 semi d* ogni pianta. Per dormire la notte scelgonsi tal luogo che li salvi contro le fiere, e in cui possano far sentinella. Alla mattioa p o i, tosto che il sole s* alzi , coi figli e le mogli salgono sopra gli alberi, e con gran cura cercando di prendere le cime dei ram i, de9teneri virgulti si cibano. in questo esercizio sono si bene eser citati , che maraviglia il vedere la franchezza con la quale vanno da un ramo all9altro, e come a* ajutino con le mani, con le dita, coi piedi e eoo tutto il corpo, l uno all altro a gara strappando i i ramoscelli anche in luoghi pericolosissimi. N poi v9ha parte di fronda piena di sugo che ma sticata co9denti noo venga ne* loro stomachi di gerita. Se avvenga che caschino dalfalto degli al b e ri, di poco ci che soffrono, essendo essi leggieri e svelti. Vanno nudi tutti, ed hanno co muni i figli e le donne Molte volte ai fanno guerra pe luoghi ove sfrondare. La maggior parte d*essi muore di f ame quando vengono presi da cecit | il che succede loro alla et di circa cioquant* anni.

SToiuci a aiO G B tri ? n o r iin .

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CAP. XXIV. Dopo i descritti haonovi quelli che gli abitanti chiamano cacciatori. Questi, a cagione delle molle fiere che riempiono il paese, prendooo stanza su gli alberi , e si occupano in tendere agnati a quelle fiere che prese fanno loro pasto. Sooo an che saettatori valentissimi. Se avvenga che vada loro male la eaccia, suppliscono con le pelli di quelle che aveano prese prima. Bagnano quelle pelli , e di poi le mettono ad arrostire sotto la cenere calda, e cotte che sieno se le dividono insieme. CAP. XXV. Vengono dietro a questi, ma a grande distanza, e in paese vlto a ponente, quelli che vivooo della caccia degli elefanti. Tra questi alcuni, stando so pra no albero per vedere quando la belva passa, tosto che questa prossima saltano g i , ed ab* hrsncatane la coda e piantati i piedi sulla coscia sinistra, con una scure preparata a tal uopo , a raddoppiati colpi le tagliano i nervi della gamba sinistra ; e con tanta forza di qua feriscono* e di l si tengono attaccati alla coda, che si vede non trattarsi meno che delta vita. E di fatto bisogna o ammazzare od essere ammazzato, non essendovi altro scampo. Tosto poi che la belva, per la grave ferita e pel perduto sangue, cade , escono i com pagni del cacciatore a dargli mano se occorre ; e mentre 1* elefante vive ancora tagliaogli de* pezzi di carne sui di dietro, e lietissimi se le mangiano:

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prim a ,

onde appare come lunga ed atroce morte esso so stenga. Sonovi altri che nella caccia usano tenore diverso. Tre uomini uniti insieme , con un arco ciascheduno e pi frecce tinte del fele di serpi, aspettano 1 elefante all uscire del bosco. A l pre* seniarsi uno de cacciatori mira al piede della belva, i due altri lo saettano alla met del corpo* onde rimanga ferito celle interiora ed abbia rotte le viscere L elefutile dal dolore agitalo, s inde bolisce e stramazza a terra. Una terza maniera si usa ancora, ed questa: Quaudo gli elefanti, sa tolli della pastura, vanno a dormire, ej*si noo> poogonsi giacenti , ma si appoggiano ad alcun grosso albero in modo che lalbero sostenga tutto il peso del corpo, e i piedi premano la terra leg giermente. Diresti per avventura noo vero modo di posarsi questo , ma ben falso , perciocch al profondo sonno saggiuuge violento timore di ruina, per la naturale impotenza in cui questo animale di rilevarsi se avvenga che cada. Adunque chi va a questa caccia, girando pe boschi osserva iu qtial parte l'elefante usi ricoverarsi per dormire ^ e al lora taglia con una sega , dalla parte a cui deve appoggiarsi, quellalbeio in modo che, rimanendo in apparenza fermo , ad ogni piccola spinta per possa rovesciarsi. Accade adunque c h e, ito 1 ani male al suo luogo , tosto che fa peso sul tronco dell'albero, questo si rovescia, ed esso stramazza ; e i cacciatori gli corrono addosso, e incominciano a tagliarne alle parti posteriori le carni , e morto affatto si dividono le altre. Tolommeo, re d Egitto, proib che cotesti cacciatori non ummazzasseio pi elefanti , volendo egli averli vivi i e a tal ef-

STO BICI E BlO G & tn PBOFUtt.

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ltto promise grandi premj; ma non pot persua dere quella gente, la quale dichiar, che non avrebbe rinunciato mai a tal pasto se dato le avesse tutto, il reame d' Egitto. CAP. XXVI, Haooovi altri cacciatori che i Nomadi sogliono chiamare impuri. Di questi una parte abita a pooeote, distaccati dalla Etiopia, e sooo detti Simi i osa parte vlta all4 aastro , ed nazione pic cola: e questi si chiamano gli Slruzzofaghi, i quali per vivere, con artifizio e eoa chiodi preodooo gli strussi, giovandosi delle carni e delle pelli dessi, le noe per cibo , le altre per vestito e per letto. I Simi fanno guerra a questi Slruzzofaghi. Per dardi usano corni dell orige, i quali sono graodi ed acutissimi ; e di tale animale quella coutrada abbonda. CAP. XXVII. Di poco sono dagli Struzzofaghi distanti gli Acridofaghi, gente la pi piccola di tutti. Questi sono deboli e macilenti , e soprammodo pegri. AH ap parire deUequioozio di primavera una grandissima moltitudiae di grosse locuste viene col , portata dal vento , n cognito il paese da cui proce dono : esse poco sono differenti dagli uccelli nel volo, ma molto nella forma. Di questi insetti essi eibaosi in tutto 1* anno in varie maniere , e spe cialmente salandole. Per pigliarle usaoo fumo, che fanno alzare all'aria : pel qual fumo esse cadono

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etiASSB PRIMA ,

in terra. Questi Acridofgh sono agili d persona e velocissimi* ma non vivono oltre i quarantanni; perciocch all* avvicinarsi di quella et ne* loro corpi nasce una razza di pidocchi volatili , noa dissimili dal ricino , e alquanto minori di quelli che attaccano i cani. Incominciano quei pidocchi negli uomini, de*quali parliamo , dai precordj e dal ventre, poi sorgono a divorare la superfcie del corpo e tutta la faccia. Da prima que* miseri sentono un gran prurito, come se avessero la ro gna , il quale va crescendo a segno che, non po tendolo sostenere , si lacerano da s medesimi le carni. In ultimo, oltre l eruzione di pustole e gran marcia da esse uscente , vengono presi da dolori intollerabili. Cos finiscono gli Acridofgh, sia ci effetto di un umore che abbiano ne* loro corpi, o sia dell* alimento o dell* aria. CAP. XXVIII. Confinante ad essi un paese spazioso e mira* bilmente pieno di bei pascoli, ma affatto deserto, nou che da principio noa vi abitassero u om in i, ma perch ivi una moltitudine incredibile di scorpioni e di falangi, insetti che alcuni chiamano di quattro mascelle, e vogliono che provenissero da una gran copia di pioggia. Odd che gli abitanti di quel paese , non avendo potuto resistere a tal peste , si videro in necessit di fuggire , la vits preferendo all* esiglio dalla patria , e d* allora io poi nessuno pi vi abit. Cosi accadde che per s mile flagello anche altre citt fossero abbandoaate* come in Italia, a cagione di so rci, di passeri di-

STORICI s BIOGRAFI FXOr Atff.

voratori delle semenze; come nella Media di rane; come succedette agli Afanati di leoni cresciuti in troppa moltitudine, come in Africa ; e molte altre calamit improvvise fecero sparire gli abitatori da varie altre terre. CAP. XXIX. Ultimi verso il mezzod abitano i cosi dai Greci detti Cinamolg, gente selvaggia, fiera e barbara C ostoro portano lunghi i capelli e lunga assais simo la barba, e allevano molti e grossi cani , come fanoo i popoli della Ircana , col mezzo dei quali, girando qua e l per la loro provincia, cac ciano i buoi procedenti dall1 India; giacch innu merevole quantit d armenti si vede col dal sol stizio d'inverno sino alla met di quella stagione I Cinamolg poi mungono le cagne , e del loro latte si nutrono. Ma per vivono anche della cac cia di altre fiere. * si ha cosi la descrizione delle estreme parti meridionali CAP. X X X . De1 Trogloditi, gente governata da signori, ecco la condizione. Le mogli , come pure i fig li, sono comuni : uon vietato congiungersi se non che eon la donna del signore, e chi fa questo obbligato a pagare una pecora. Del rimanente essi vivono di questa maniera. Quando inverno, il che presso loro la natura porta al tempo delle etesie, come allora il paese inondato copiosamente da acque, vivono di sangue e latte, che uniti insieme fanne

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CLASSE PB1MA ,

leggiermente scaldare in certe loro pignatte. Nella estate recansi in luoghi umidi, fra loro contra standosi i pascoli ; e allora mangiano il bestiame pi vecchio, o giovanissimo, il quale fanno am* mazzere da becca}, da essi chiamati immondi. A nessuno <jaoo il nome di padre e di madre, fuori che al toro e alla vacca. Lo stesso ooore fanoo all* ariete e ali irco, noo meno che alla capra e alla pecora*, e in ci- sono costanti^ poich da que sti animali ricevono il cotidiano loro alimento. La pi parte della moltitudine usa per bevanda una pozione fatta col paliuro macerato. I signori lusano fati a di crto fiore che sa di cattivo mosto. Vanno nudi di tutto il corpo , eccettoch si coprono con pelli le natiche ^ ed hanno costume di circonci dersi come fanno tutti gli giziaoi i ma quelli di loro che i Greci chiamano Mutolati non sono cir* concisi, ma rasati totalmente: il che si fa per reli gione a* fanciulli, ed essi medesimi si diedero una tale denominazione* Qui poi l'autore, facendo, uua digressione, avverte che quantunque parli attica mente, pure si serve familiarmente del dialetto di Camera, citt di Creta. Ritornando quindi al proposito, espone le cose che i Trogloditi fanno circa i loro morti. Con lacci fatti di paliuro le gano il collo alle gambe dei defunti ; indi por tali sopra una collina, od un altura, vi fauno cader sopra una piaggia di sassi , non senza ag* giuogere parole di scherzo e di derisiooe t e ci dura tanto che il cadavere resti coperto. Quindi, piautato un coroo di capra nel cippo , ritornansi lietissimi a casa, senza avere mai data la minima ombra di turbamento. Ed in questa maniera sa-

a biografi mofawi. dp pieoiemente travolgono 1 uso de* funerali 0 giacch * da prudente uomo il noa rattristarsi di cose ch e noo hanno in s tristezza. Tra loro, quando i pa scoli cominciano a verdeggiare, nascono liti , ini* micizie e g u e rre ; n per nessun*altra coss usano mai venire alle mani. Per quando sono per bsllersi , saltsuo io mezzo le donne pi provette di et, separa uo i combattenti, e con acconce parole placano gli animi irritati. Noo dormooo come fanno gli altri uom ini, ma perpetuamente cooducooo seco le loro gregge Agli animali maschi , quanti qoesli sono , attaccano alle corna uo campanello $ e ci per tener lungi e per fare scappare i ladri. Al venir della uolie metloop i loro aoimali eotro la stalla* e li coprono eoo una sluoja fatta di palme. Ivi raccolgonsi le donne co* loro ragazzi ; e gli uomini, standosi intorno a* fuochi qua e l accesi, cacciano il soooo caotaudo certe storie del loro psese e de* loro maggiori. Cosi in molle cose assuefazione vince la natura anche in cose ne cessarie. Se taluno d*essi, per la troppo avanzala et , non pi in islalo di andar dietro alla sua greggia, vien tolto di vita, strozzalo eoo la coda di no bue $ e se alcuno tira innanzi a vivere pi d> quello che comuoemeoie accada, chiunque il vo glia, per un sentimento di beoevoteuza toglie l'in dugio , e lo strozza come dicemmo dell* altro. N ai vecchi soli prestano quest* ufficio , ma eziandio a quelli che souo presi da ostinata malattia, o che in qualche membro hauno sofferta tale viziatura da non potere pi condurre il suo bestiame al pascolo.

sto atei

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classe

p r im a ,

CAP.

X X X I.

Quattro essendo nel pieoo circuito dell* orbe abitabile le regioui iu cui esso compreso, i l levante, il ponente il settentrione e il mezzo giorno , Lieo e Timeo trattarooo di quella che al ponente ; di quella che al levaote trattarono Ecaieo e Basilide ; di quella che si stende al set* tent rione Diofanto e Demetrio; e n o i, dice Aga tarchide, abbiamo trattato di quella che rivolta al mezzogiorno quantunque rechi molestia il dire la verit. CAP. XXXII. I diversissimi modi di vivere degli u o m in i non sono divisi da luoghi a proporzione distanti. Ci prova che dalla Palude Meotide il decimo giorno di oavigazione entrano uel porto di Rodi quelli che di l vengono con navi mercantili. Da Rodi in quattro giorni vanno ad Alessandria Da Ales sandria in altri dieci g io r n i senza difficolt , ris a lendo il Nilo , possono arrivare in Etiopia. Cosi nello spazio di non pi di venticinque giorni dal sommo freddo si passa, continuamente viaggiando, all* estremo caldo. Pure in s piccola distanza tale dilfereaza v* tra la vita e i costumi degli uo mini, e tra la D atura rispettiva del clima, che non se ne potrebbe aver la maggiorei a modo che gli uni noo credano quanto si racconta degli a ltri, quantunque comunissime e note sieno le cose che se ue riferiscono; u pu entrare iu mente che

STOBICI S BIOGRAFI FRO FAHI.

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gli n o i vivano in un modo che sarebbe per gli altri un orrore ( mentre poi del suo ognuno sa contento. Il che dimostra quanto sugli nomini possa assuefaziooe fino dalla prima et. CAP. XXXIIL I leoni d'Arabia sooo meno irsuti e feroci, ma nel colore si assomigliano a quelli della Babilonide* I l loro pelo poi s splendeote che quelli della giubba rilucono come oro. CAP. XXXIV. Ma quelli che chiamansi Mirmecolioni, non dif feriscono nella specie, ma per haono le parti della generazione a rovescio di quelle degli altri. CAP. X X X V . Ivi i pardi non sono come nella Caria e nella L ic ia } ma hanno luogo il corpo , e con pi eostaoza sosteogooo le ferite e le fatiche , e supe rano gli altri nella forza , come gli animali seltatici e indomiti superano gli addomesticati. CAP. X X X VL II rinoceronte nella mole non minore deiTele&nte, ma pi basso^ la sua pelle del colore del topo, e morbida al tallo. Ha sulle narici lungo un corno che ei accosta alla durezza e alla forza del ferro. Ad ogni pietre in che s* imbatta lo

6a ctftSSE rat ma , aguzza, e suole diligere i suoi colpi ai precordjr ma combatteudo coll elefante. col quale iu eterno contrasto per cagiooe de* pascoli, va a ferirlo a dirittuta nel ventre, e , squarciategli le carni, la Inscia esangue ; per questo trovatisi assaissimi ele fanti morti cos sventrati. Ma se uel combatti mento non giunge a ferir l elefante io quella parte, da esso annichilato con la proboscide e co* denti , poich per forza e robustezza molto differisce da quello. CAP. XXXVII. Presso i Trogloditi v ha una bestia che i Greci chiamano il Camelopardo e carne il nome , cos composta la natura della medesima. Ha essa la variet de* colori dei pardo e la grandezza della corporatuia del camello. di grossezza mostruosa, ed ha tanto lungo il collo ohe arriva, pascolando, sino alla vetta degli alberi. CAP. X X X V Ifl . Le sfngi, i cinocefali e i ce pi veogono condotti in Alessandria dalie terre, dei Tro^oditi e da tutta Etiopia. Le sfngi souo cos simili a quelle che i pittori ci rappresitene , salvo che sooo tutte coperte di pelo e mostrano placidezza e mitezza. Sooo poi astutissime, e perci atte ad imparare ci che loro s*iasegni( e v* da ammirare in esse un assai buon garbo ohe mettono ia tutte le eose. Nel cinocefalo travasi in brutto H coppe omaoow Esso ha la faccia da catte, e stridula la voce come

STOBI CI E BIOGRAFI PROFAR?

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quella del sorcio. Bla sommamente animai fiero, u si pu io alcun modo addomesticare; e ci si vede anche a quel volto che ha, fatto truce dalle sopracciglia e dagli occhi. Tale si il maschio. Della femmina propriet singolare l'avere l'utero fuori del corpo , e lo tiene cos tutta la vita. Il cepo ha faccia di leoae, la corporatora della pantera e la grandezza della capra. Essendo co perto di varj colori, ha avuto quel nome , che p resso i Greci equivale a giardino; quasi sia tutto fiorito. CAP. XXXIX. T ra le tante bestie fin cfoi accennate la pi fiera di tutte, ed affatto indomabile,si una razza di toro , che divora le carni , grosso come i tori domestici , velocissimo nel corso, e rufo in singo lare maniera. La bocca gli va fino alle orecchie ; gli occhi ha di color glauco e pi splendidi di quelli del leone. Muove le corna al pari delle orecchie ; ma quando combatte le ferma mirabil* mente : suoi peli sono volti al rovescio di quelli degli altri animali. Questo toro assalta le bestie pi forti e d la caccia a tutte le altre ; massi mamente poi esso infesto lai le greggie degli abi tanti del paese. Pu ferirsi soltanto con la lancia e con le frecce; il che fe che non possa aversi vivo per quanti tentativi si sieoo fatti. Che se talora avviene cbe resti precipitato in una fosse * o preso con altro simile artifizio, ferocemente si soffoca da s medesimo ; e perci giustamente dicono i Trogloditi cb'esso ha la fortezza del leone, la t e locit de! cavallo , la robustezta del toro fr che non cede a l fe rro

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CLASSE PRIMA

CAP. XL. L animale che dagl Etiopi vieo detto Cracotta , ha tal nome per essere uo composto del lupo e del caoe : ma esso molto pi fiero dell uno e dell altro; e tanto di ceffo, quanto di piedi pi pesante, e per la pancia, e pe deoti superiore agli animali tutti. Esso spezza senta difficolti* ogni sorta dossa, e le digerisce in un batter docchio. V ha chi dice che imita la voce umana, e che chiamando a nome di notte le persone, ove que ste muovansi, esso le assalta, e le divora ; ma noi noo prestiam fede a tal cosa. CAP. XLI. Narrasi saviamente che in que luoghi hannovi serpenti di stupenda grandezza, e varj mirahilmeute di razza, cercantisi il vitto con la caccia di altri animali. II maggiore di tutti quelli che noi abbiamo veduto era lungo trenta cubiti. Ogni serpente, ancorch grossissimo, si mansuefa se gli si fa soffrire la fame ; e in questo proposito, l au tore attesta d'averne veduto uno, il quale, tenuto digiuno, cou sempre mostrargli il pasto, quando gli si mettevano d* intorno le vittime desiderate, dimetteva la ferocia, pi acuto mostrava l appe tito dell* esca, e finiva col diventare placidissimo e domestico; sicch belv pi in ite oou sarebbesi potuta trovare, n al tempo stesso pi terribile. Il che credo succedere di tutte le bestie mansue fatte perciocch come veggono che resistendo

S T o a ici. a

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oso trattate m ate, e ced en ti * sen o a v t rtfe t iftlptf n o s c o m e a b b ia u s i a c o n d u rre o c a cbe h a n n o Qesioatf p ro v ate

che scelgano
o e lie lo r o 1

il m eglio pe r r e z io c t o io , m a d a lla aaenvori* d i S c o l aUe g u id a t o

CAP. X L IL Essendosi molte cose degee di amnsirazieae, d assai diverse da quanto siamo usi a vedre, qaelle che tra esse sono pi degne d* essere *** tate ne*luoghi de*guaiti parlo, dice jgaiArokde* udr qui rifeeeadov Primieramente adatiqtle ehi da Arsione s inoltra pel cootioente, che gli sta a aaae destra, troni te/me , Le quali tarmatisi da tsrj empiili che da alla rupe scorrano, scendendo si osare; e lacqua un dolce, ma saJsa ed amara ; di questa natura essendone appunta il fo ste 01 poi dal lago a* incontra il Nilo il cui letto attrftversaode m olle e spugnosa materia , peavieoe a laogo assai b asa? e coocavo. Presso il lago tu un campo assai spaaiosie^ ftarge un monte p ieas di minerai ropso, a modo che se Tocohio vi si fissa sleua tempo so p ra, ne rimane ofieso* Poi af apre uo grao porto he da prima fu detto del Sorcio, iodi di Venere, {vi sooo tee isolo, due dlie quali sodo coperte d i olivi * ed una meno selvose ha qoaatit grande degli Uccelli che eh ia paesi Me*Icajridi, V iciae ad esse IsoW un ien a detto l im puro j passato il qUale stendasi uu isola peste in ako mare, e lunga da iica ottanta stadf, e chia masi Serpentina, poich aotioameate essa era piena dWni sp e re i di serpenti* Ooa ne Hhnai in Foiio, Fot* / 5

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c l a s se p rim a ,

quest* isola nasce la gemma che si chiama topazzo, gemma lucidissima , e simile al vetro, che incassala nelloro fa una bei issi ma mostra di s. G li abitatori dell* isola , messi 11 espressamente per custodire e raccogliere queste gemme , usano a questo effetto il seguente metodo. Alla notte gi rano qua e l per Pisola in determinate schiere, ed a vicenda , forniti di zappe di grandezza di versa. Quelle gemme hanoo questo di proprio che Del giorno, viale dalla luce solare , e dal calore , non appajono, ma nella notte mettono fuori tutto il loro splendore. Per questo adunque, fatte mani feste, tosto che una cos rilucente si presenta allo sguardo, il capo della schiera vi mette sopra un vaso che ha pronto , il quale sia della capacit della cosa che vede splendente , e la copre. Nel pieno giorno poi va sul luogo, taglia quella parte del sasso eh* era coperta, e d la scheggia agii artefici che debbono pulirla. Passala quell* isola il mare basso, e si poco profoudo che non arriva alla misura di due orgie; e lacqua vi apparisce verde, non per natura sua, ma per la quantit di musco e dalga che vi crescono dentro j onde poi vi si trova uria quantit incredibile di cani marini. Qui ottimamente si naviga con navi lunghe e con tutte le barche a remi, giacch tempeste nou si soffrono in quel tratto, n vengonvi flutti dallalto mare ; e perci in quell* acque tranquille v* ha moltitudine di pesci che danno buona preda. In torno a qaeMuoghi tale disgrazia succede alle navi che trasportano elefanti da esercitar la piet di chi ne sia spettatore. Imperciocch se quelle uavi per caso vengono dai flutti balzate tra gli scogli

sto ric i

bio g r a f i

p ro fa n i.

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cbe ivi sono , ed arrenate in que* bassi fondi, 0 0 hanno pi scam pa, rimanendo ivi come in 0 carcerate. Lunga querela da principio per tale di sastro salza; e nondimeno s spera qualche buon colpo di fortuna propizia; imperciocch alcuni ve ramente si sono salvali in grazia che, gonfiatisi i flotti marini pel cocente caldo, quelle navi all'improvviso sooo s;ate rialzate. Ma se tele ventura ttoo arriva presto, e mancano i viveri, la dispera* zione somma ; e coloro che sono io quelle navi periscono di fame, o trafggonsi con le loro stesse spade, o deliranti si precipitano nel mare. CAP. XLIII. Fin qui si sono descritti i luoghi che stendonsi fino ai Tori e a Tolemade. I luoghi che sono al di sopra di questi, non ammettono facile passaggio Quelli che souo oltre, non vauno pi verso il mezzod , ma si piegano verso levante e gettano io due parti delPaono l'ombra allaustro. Slmil mente sono irrigati da acque che scaturiscono dai monti detti Psebei. Il tratto del paese mediterrafieo pieno di elefanti, di rinoceronti, di tori e di majali ; e lo spazio che s* accosta al mare pieno d* isole, spoglie di frutti, ma frequentale da uccelli, le cui specie sono nuove affatto; e il mare, che ivi comiocia profondo e navigabile, ha cetacei di tanta grossezza che mettono spavento io chi li vede. Non per essi fan danno ai na viganti, se questi, contro loro volont e per impe rizia, non vanno con le navi sopra quegli animali, 1 quali daltronde non possono con molto impeto inseguire chi naviga, avendo ottusa la testa.

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C A P. XLIV. I luoghi superiori ehe ivi si veggano souo co perti di palme che diversamente s'alzan o, se- con do che comportano le pietre, tra le quali quelle piante nascono* Tengono esse il lid o , ch stretto e lungo e un luogo sul mem chq chiamasi INessa, o vogViam dire Anitra, dalT s a imale di questa speoie dhe ivi iofnitameote p ro pagalo* Questa Nesea giace sopra nd p rotano te riq assai selvoso, e si estende , guardando dritto a Pietra, nome del luogo, e foo alla Palestina. In quel sito , i Georei e i Hinfei, e tutti i vicini Arabi, portaoo liacea so, e grossi carichi di aromi dalla provincia superiore. CAP* X L V . Dopo il Seno che chiamano Leanite, intomo a l quale abitane Arabi v* la terra de Bile** malesi , spaziosa e piana, e tutta bene inaffata* Nnlla rvi si coltiva * me vi cresce la gramigna * tferba medica e il loto alf alletta d* uo uotno< Peror ivi molte trme di camelli selvatici , < tf nervi e di capre e molte gfeggie di pecore e molle roandre di buoi. A si beata condizione di oompde cose si coOgiunge il danno di una quatta tk di leoni , di lupi, di pardi , che la terra vi produce : onde ci che fa la felicita del paese , fe eziandio infelicit degli uomini che vi abitano.

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CAP. X LV I Dai vicini lidi comincia uu sene che s* mterna nel paese, ed ha l'acqua profonde, ove menot cinquanta stadj. Quelli che abitano nel circon* drio sono chiamati Baimizomaoepi, e sooo o0* ciatori di bestie terrestri Oltre quell* terra se*guono tre isole* le quali hanno parecchi porti. La prima consacrata ad Iside; Ih secondasi chiama Succaba; e la terza Salido. Tutte sooo deserte, e piene di oKW, non quali sene da noi, pia quali soeo proprj di queUneghi. CAP. XLVIL Dopo quelle isole iene ma lido sassoso! e grande. Quella la tesra degli Arabi Tamudtni, dit h o L quale si naviga con ntolta pena p f r la hpngheaza 4 mille stadj. Imperciocch ivi non poeto non fondo da metter anoera, non vestigio di comodo alcuno, di cui chi naviga possa ai bisogno usare. Andando innanzi, non subito , ma ad intervalli il lido si eteade sempre pi sassoso; cosi fa U monte L em o , dmdetraadosi d'immensa MBpiease* e coperto di boschi d'agni specie dalberi* CAP. XLVIIL I paesi copfoftoti con questi deserti montuosi sano abitali daiDedebL, in paste pastori darmeoti* e iu parie coltivatori di terre. Attraverso della toro cootredb sceire un ume di tre fami che

c l a s s e p r im a ,

porta pagliuzze do ro , io taota copia che il limo arrestato alle foci si vede luccicare da lootaoo. I possessori di quel*luogo non saono approfittarne ma sooo ospitali per eccellenza , noo verso tutti gli uomini in generale , ma singolarmente verso quelli che capitario col dal Peloponneso e dalla Beozia t e ci per un certo favoloso racconto che si fa concernente ad Ercole. CAP. XLIX. Con questi confinano gli Alilei e i Casandrini , che hanno un territorio per nulla simile ai so* praddetti. Ivi l*aria non n fredda, n secca, n calda i ma molle , e piena di densa nflbe , onde anche in* estate si hanno inverni. Nella maggior parte quel territorio feracissimo? non viene per coltivato da per tutto \ e ci per la imperizia di ehi* in quelle p^rti am bita. Ivi per grande quantit d oro si trova nelle croste di buche sotterranee, in pezzetti, non quali si hanno facendo coll arte fundere le pagliuzze, ma nativi; ed che i G reci chamano apiro, vale a dire non coagmentato dal fuoco* I pi piccoli di que* pezzetti non sono meno grandi dell* osso di un* oliva , i mezzani equivalgono ad un nespolo, e i maggiori sono grossi come una noce reale Gli abitanti forano questi pezzetti , e ne fanno collane, e smaniglie frammezzandoli con gemme lucenti. Portano que* st*oro anche ai vicini paesi , e lo vendono a vii prezzo, perch, barattandolo col bronzo, si conten tano di tre parti di questo per una doro : per una parte di ferro ne dauno due, e dieci per noa

sto ric i s b io g ra fi

p ro fa n i.

d* argento. Ne quali cambj serve di regola 1* ab bondanza e la rarit; nel resto attenendosi non alla natura di quelle cose, ma alla necessit delle medesime negli usi della vita. A questi popoli sono attigui i Carbi in un paese che ha vicino un porto, e nel quale sorgono assaissimo fontane. CAP. L. A que Carbi succedono i Sa bei, la maggiore delle nazioni arabe, e felicissima per ogni rispetto;im perciocch ivi la terra produce tutte le cose che pei comodi della vita nascono presso di noi ; e ! corpi umani sono pi grandi e pi belli che al* trove, e v infinita moltitudine di bestiame; e tanta lamenit e la fragranza che tutta quella spiaggia presenta, che a forestieri, i quali vi capitano > reca un piacere maggiore di tutto ci che possa vedersi o dirsi ; di fatto aelle stesse crepature de lidi nasce abbondantissimo il bal samo, e nasce la cassia , ben migliore di gran lunga da quella che si ha altrove, questa essendo fresca $ e perci giocondissima a vedersi, quan* tunqne, trasportela poi in lontan paese, ed invec chiando, perda assai della sua forza. Ne* luoghi mediterranei alzansi frequentissimi e vasti boschi, oequali trovansi gli alberi che danno l iu ceti so e la mirra, come quelli del cinnamomo, e la palma, e la canna, ed altre piante di simile natura : sic* ch Don pu spiegarsi Io squisito senso di volutt, onde sono presi quelli che col si trovano. N si tratta di gustare tali delixie per m eito di aromi deposti entro camere, o da cose separate dal sito

7*

CLAS SE MU M i ,

ove nacquero, e diligentemente tenute rn serbo, ma tutto aleacoa in aperta eampagea * tutto nella nativa sua forza; e cresce e matura in piena aria* e si vigorosi ne sono i heat eftluvj che molti, di* mentichi della morule felicit, nella quale sen* tonsi assortii credo so di bere alcuna parte del* l'ambrosia divina, non sapendo come con altro nome chiamare quella ineffabile dolcezza. Per ne' boschi di lauti odorosi aromi havvi una specie dii serpedt stranissima, quasi la fer urna inv>idj atta lerce tante piacevolezze ; e al bcfee congienge i dantoi, nude nessuno s1 insuper bisca di ;beni s qopiosi, e sprezzaodo Iddio si lsci, fctrateiti arte per Uoppa volutt a* peccati j ma avvertito edl l'aggiunta e la memoria de* mali, vira temperalo e modesto. Quella razza di serpenti, d i cui sv parla, di color violaoto, lunga uo paino* e il cui mosso insanabile* se ad dea tao l'uomo sui faoohi, essendo casi portati a saltare addosso alle persono.

Del rimanente presso i Sabei la fragranza dei UuQsi odori bens somma, ma per gli abitanti non p tasta la volutt, |*er l'assuefazione loro sin da ragazzi, eh i il contigua ne diminuisce l'impres sione* d a dai oliumde i sensi U che prova ohe egi feliciti fa meaar bene la viti se sia aecompaghata da mediocrit t buon ordine ; ma e tnaoea modei^aziioite. ed opportu nit, inutile osa pos sederis,
Saba, citt che d il nome a tutta la naaioq, & addossata ad un monte non graude , ed la pi bella di tutto quelle che sotto ia Arabiis. Il *0 ohe ttimanda a tutta ia nazipue ha questo di eia-

stohci n Biociirt vsoruu. goisrcy stabilito per solenne del&eretto** del pt pftla ch& libecaeeeate & tutto queUo che vuole, osti & soggetto a eeesur* wsuna t bis dal m oente che viene installato , boa gj pi lecito osdire del pelateci e se n* essce,# dal popolo Uh pidatbv ci ia conseguenza di un. tnticQ ora-* colo. Laottde rem im ele oliere che gli epqferM* vegesi a suo ptericolo, non polendo pi fare qNfcllft che pu (are og ni iwvn pi JSieschiloo, Ha corte dWmini chye in nasa lo servonp, i quali, per e** OPtinuo in ohe vivono, si emmoiiisfeoQ& come doone* Gli altri , o si danno al mestiere dellf trmi, o laypran a , o retensi altrove a piaOUf QOj iooie i essi fanno usaj>e* nerfgore di picfiejebtyrohe, 9 tra le altre cose traspor tane Harie specie di ti** uiami odorosi, nesoetii lift terra ulteriore che gli Ambi chiamano L^Hmoa . ed avvene uoo fra quelli* th ditesi gpafire per lo pi ogni malatta. Sic come pei n i un alito albero quel paese pretiuen per gli usi eotidipni della vita, osi sano obbUgtiq eelfo bisogni a salvimi di quelle del Oinaomote e deUa castia * avendo pesi la sarte divine distoltali ti iegueta*nt* i beai., ad uh popolo d i taJi cese poco desiderio itftiUaade, fgJ* adiri di tali altre accordando abbondanza. Molti tra i Sabei usano eavicelli fatti di caojt^ 4i4:t tratti dal riflusso del m are, quantunque d' altronde vivano nel tolse a neUe delizie* poich ninna generazione
d* uomini pi ricca de &abel e de* Gersew Geni ttoro apargOod Ua popoli ogni ape aie di meeoe che torni coatto trasportate deATAsia e dall* Run ro p iE sii fecero ricchissima dowp ih Siria domiine t 4k Totomnmp 3 tosi somministrarono ai dUifenli

c la s s e

piuma ,

Feniej lucrosissima materia di traffico, e potrei aggiungere mille altre cose di questo genere. Laonde poi fanno grandi spese non solo io vasi cesellati, e io iscolture mirabili, e iu coppe, e lazze e nappi d'ogni maniera; ma eziandio in lettiere magnifiche, e in tripodi, e in tavole, e in altre cose nobi lis* sim e, e di che noi adorniamo i palazzi : sicch molli Ira essi veggonsi sfoggiarla da re ; ch c o* lonne nelle loro case Irovansi coperte d* oro e dargento ; e tulle qua e l camere e sale sono piene di fiale tempestale di gemme e di pietre preziose; olire che le case e i cortili mostrano porticati superbi. Ma ci che riesce pi stupendo, si che tulio quello che d pi ricco hanno gli altri popoli, qui si trova esposto cou grandissima variet. Tale la relatione che delle loro cose ci vico falla abche al presente. Se non che aggiun geremo noi che se essi non fossero tanto lontani da chi lieee eserciti per invadere t paesi altrui , potrebbonsi considerare come semplici custodi delle ricehexte degli altri eostoro che eggi posseggono il frutto della loro diligenza^ sapendosi che la so* verchia opulenza rende molli , e la molletta ano pu conservare a lango la libert
c a p * l i.

Al di l di qaella contrada il mare si vede bianco alla foggia di uo fiorile ; cosa che non si osserva senza stupore Ivi soao le Isole Fortunate, ove tulio il bestiame di color della neve , e le femmine honno la particolarit di neo aver corna. In queste isole fanno Stazione le nati mercantili

STO Ri CI X BIO G lA Ft YBOFAICt.

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degli abitanti, molte delle quali vanno sioo al fiume ledo, ove Alessandro avea piantato un arsenale | ed alcune veogoovi dalla Persia, dalla Caramania, e da tutto il continente confinante. Il cielo ancora ha col apparenze mirabili; tra le quali da persi ci che succede circa l Orsa; ed , che dal mese, dagli Ateuiesi detto memachenone, non vedesi alcuna delle sue sette stelle sino alla prima vigilia della notte; nel mese posideone, sino alla seconda ; e nello stesso modo negli altri seguenti. Cos delle altre stelle non si veggono le erranti ; e parecchie appajono pi grosse. Alcune te n ha che non hanno tempi fssi n al tramontare, n al nascer loro. Si narra eziandio che oltre ToJemaide il sole si mostra in particolare e diversa guisa. Primieramente non succed e , come da noi, che la mattina veggasi la luce senza il sole, e poi dopo alcun breve tempo il nascere di qaell'sstro ; ma allo sparire delle tenebre notturne, immantinente il sole splende; a mai giorn o , prima eh* esso sta cospicuo tutto quanto. In se condo luogo pare che il sole s alzi dal mezzo del mare, non al confue dellorizzoote. In terzo luogo esso mostrasi a guisa di un Oacboue infuocato, e gitta grandi scintille, alcune delle quali gli girano intorno, ed altre s'estendono assai lungi. In quarto luogo, il sole non comparisce nella figura di un disco , ma in principio come una grssa colonna, alla cui cima si fa uu agglomerameato alquanto pi grosso, come se ne fosse il capitello. la quinte luogo dicesi che n bagliore , n raggio, sia in mare, sia in terra, discenda fuo a tanto che non sia scorsa Tor prima ; e sino a quel punto pre-

76 cum w m , aenta un fuoeo nolIV&aftio Incerile, me nome of fusc ate da oa ligi afe. Nella seconda ora pei quesl astve ascende tetto, prend endo la figura di ubo cado 4 e manda sul mare , e sulle terre u na Ulte tante forte ed ignea ohe fa parere la grandezza dell'u n o e delTalftra smisuratis sima. In sesto lu ogo dicono ohe al ina feto lei soie m vede io maniera afc latto contraria, tmpeneioceh , dopo essere andate sotto terra , non mepo di tse ore dar ancore a tramandar la sua luce. Il die fa loro dire d'avere nel loro paese la sena giocondissima.
C A P . LIL Quindi dopo ave* riferite le cagioni del Attese e riflusso elei m are, tutte le rigetta eome aliene dal v e ro , dicendo non ebutenere che merle , aon cesene dedette da verno principi* ben frodato. Ed allegate vasie eonsidetazieni iu appoggio dcUa m a ppinione, soggiunsi : Pesoi per piatito spetta al flutsael e riflesso del m are, si Iremuoto, ai venti , e ai fnlflMnij e a tutte le altre cose di questo g e oere, no i la sdi amo che ne disputino quelli ohe pi di noi sono capaci al conoscerne te cagioni Noi espooemipo le com binazioni, daSe quali ei genera00 le diegrasie ohe ogu* iotelKgeate uomo comprende. Vorremmo in vero trova ne in laou ^sgomente le regioni pi verisim ili, ma q u ello che fin*ora ei si detto non pu corrispondere ella dignit della storie-

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C A I . LU I. Nel sepra mentovate a u re , l'a utore dice intorno gl* olivi auedederu questa parti coleri t i , che nei c re scer d d l'acqua tutti rimangono c operti, e che tosto ehe retrocede osai i n ogai tempo fioriscano. Nasce quest'albero nd le pi bssie parti def lidi, e merge profondamente aellfaoqua, non dissimile dal giunco, dagli abitanti chiamato il capello d*/nde, seguendo u na favola ohe hanno udita dai loro m aggiori; ed agitato dai flu tti, essendo molle d i sostanza come le so no tutti g li aliti virgulti di questa latta, si piega in ogsi maniera. Ma se al eone ne strappa un peate* e lo tiene esposto alla luce, quel pezze immalineate irrigidisce, e diveata pi duro del ferro. CAP. L IV . Nei luoghi riferiti molti pesci nascono, e di divrsa natura * tue tra essi ve n* ha uno neris sime, grande quanto un imuqo, oh e$ li abitanti chia mane E tiope, ttkssomlglisndosi agli bbotanti della Etiopia p e r la faccia schiacciata. Da principio i pescatori Avea o o ribrezso si a vendere cerne a mangiare un tal mostro, appunto per quella tanta somiglianza all* uomo . Coll* andare del tempo per e lo vendettero e lo mangiarono senza rimorso

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CAP. LV. Noi abbiamo io cinque libri accuratamente espo ste le cose memorabili delle genti che vivooo al mezzogiorno. Soprassediamo dal riferire le altre cose concernenti s le isole pi tardi scoperte, e conosciute nel mare alto come i popoli ulteriori, e gii odorosi aromi che trovansi nella terra dei Trogloditi. L* et nostra non pu ornai reggere alle fatica : molte cose abbiamo g ii scritte intorno al* P Europa e all'Asia * n a motivo della defezione degli Egiziani possiamo fidarci di commentar} ine satti. Potr supplire a queste cose chi stato in persona sui luoghi, e beo fornitosi con io studio di quanto occorre per degnamente scorrere la storia, si senta capace della fatica, per la quale pu ot tenersi gloria.

Ariano ael libro intorno alla natura delle C o mete e alla formazioe delle Meteore si sforza con ogni mezzo di mostrare, che per quelle appari zioni niuna affatto si presagisce delle cose che souo per s stesse o buone? o cattive (i). (i) Quest1 ultimo articola da Fozio aggiunto senza antecedente indicazione come ift qualche altra occa sione ha fatto quando ad alcuna opera, da lui letta, ha trovato uuito qualche opuscolo d altro autore.

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AMINZIANO
SOPAA ALESSANDBO IL GRANDE

Egli dedica il suo libro a Marco Antonino^ im-C. i 3i peradore romano, e dice fastosamente che parler delle imprese di Alessandro in uno stile conve** niente alle medesime. Il suo libro per In dimostra promettitore audace, e freddissimo nel mantenere la promessa. Nel dire egli inferiore d'assai a quanti prima di lui scrissero intorno ad Alessandro\ ed ha un genere d'orazione fiacco e slombato. Quantunque poi non manchi di chiarezza , molte cose egli ommette ch'era necessario dire Aminziano scrisse altri libri di genere diverso, e fra gli altri le Vite paragonate, come quelle di Dionigi e di Domiziano, opera compresa in due libri. Cosi in due libri scrisse le Vita di Filippo, re de' Macedoni , e di Augusto. Dicesi che scri vesse in un libito solo quella di Olim pia, madre i Alessandro.

ANONIMO
ESTRATTI DELLA VITA DI PlTAGOBA.

Fu Platone il nono, succeduto a Pitagora, oeUg a5^ l'officio d'insegnare, stato gi discepolo di Archita ii seniore. Aristotile fu il decimo. I discepoli di Pitagora9 che alla contemplazione Uedicavansi, si chiamavano Sebastici, che vuol dir pii^ quelli che si occupavano delle umane cose, vennero detti Po-

8o a i s ranci, litici i Matematici quelli che amavano la matema tica, la geometria, astronomia i Pitagorici quelli che a lui eraoo famigliari, e i discepoli di questi Pitagorei ^ Pitagoristi finiitwate quelli che lo imi tavano ne* modi esterni. Tutti questi astenevansi dal mangiar carni; solamente gustavano delle vit time in certo determinato tempo.

Dccesi che PHagertt avesse centoqunttro anni ^ ohe Maesa reo + uno de eoi figliuoli, morisse an cor giovane i succedette a lui TeUmge? furono sue figliuole Sara e Miia ; e Ttamo eredesi non sin discepola sol la s t o , ma enaadia sua figlinola.
Pitagorei tengano ohe unit e l uno diffbri soano tra loro: unit viene da essi collocala tn| le cose cadenti sotto rinteti'cuo; l'uno nei immeri, e per la stessa maniera due nelle cose numerate costituiscono una dualit infinita, L*ueit si prende seoo ode Pegualft e il messo; la dualit secondo l'esuberanza* il ohe meno. Il mezso pertanto il modo uen possono diventare pi o meno * m 1* eccesso e il difetto procedono sino all* infinito * e perci i Pitagorei asseriscono che la dualit infinita. quantunque riferiscano a numeri tutte le cose tanto da Ito monade, quanto dalla dualit , e tutte le cose esistenti chiamino numero * tengono per che col decimo il numero resti compito. Il decimo poi si forma da quattro pumeri , numerandoli noi con ordine; e per que sto chiamane ogni numero Quaternario* Iu tre modi ancora asserivano l uoriK) .funi mi gliore di se. Primieramente ragionando cogli D i, perciocch allora singolarmente che si accosta ad essi, conviene che ai astenga da ogni anriefeso, e

x o ttu ri r io r m i. 8t s assomigli a D i o per quanto possibile. In se condo luogo, beo meritando degli altri; essendo ei proprio di Dio , ed in ci appunto Dio imitando In terzo luogo, m orendo; perciocch se Taniasa, che nella stessa vita cagione della vita, alquanto separandosi dal corpo si rende migliore di s (Me desima , come comprovasi nel seguo in confronto della v e g lia , e nella estasi delle m alattie, in tali casi divenendo divinatrice; molto pi diventer di pi eccellente coodisione quando sar distaccata /latto dal corpo. Secondo essi il principio di tutte le cose P u n it ; il punto principio della fi ata , la linea della superfcie, e la s uperfcie sella quantit il principio della triplice dimen sione , o, come dicono , del corpo. Ma prima del ponto conosciamo la mouade. Onde il principio da corpi l ?unit, siccome tutti i corpi compongoosi dalla monade. Inoltre, a cagione della trafmigrazone delle anime, ch'essi stoltamente credono vera, astengensi dalla carne d egli animali ; poi anche perch le carni aggravano la mente, nutrendo troppo, e ri chiedendo assai fatica nella digestione. Anzi non adagiano fave , troppo , seeottdo essi , soggette a gaafiamenfti e troppo nutritive, e per altre cagioni ancora. Dicesi ebe Pitagora predisse parecchie c o s e , e che tutte si avveracene. 1 Pitagorei sostengono che Pia tomo impar in Italia la filosofi speculativa,e la fsica e l'etica d*$oeratie; e che presso Zenone e Parmemide, entrambi d'Eles, si fond nella logica t i quali tutti erano usciti dalla scuola di Puagorm Fo$iof FoL L 6
stobicx

82 ctissz PAIMA, Secondo Popinioue di Pitagora, di Platone e di AristotUe % occhio giudica di dodici colori : del biacco , del nero e degli altri interposti, flavo , fosco, pallido, rosso, ceruleo , porporino , rutilo e lusco. Della voce acuta e grave giudica Porecchio. L* odoralo sente gli oderi buoui e cattivi, e gli a ltri, putridi, um idi, liquidi, svaporati. Toccano il gusto le cose dolci ed amare , ed altre di sa pore intermedio. I sapori iu tutto sono sette, cio il dolce, Tamaro, l'aspro, l'acido, il molle, il salso e 1 austero Di assai cose giudice il tatto, poi * ch sente le cose gravi e le leggiere, e parimente le calde e le fredde, e quelle che a queste inter pongono , cio le dure e le molli , e poi quelle che vi stanno di mezzo; e cos le secche le umide e le frapposte. Gli altri quattro sensi stanno nella sola tests , ed occupano gli organi che loro sono proprj; ma il tallo dalla testa si spande per tutto quauto il corpo , ed comune sgti altri. La sua forza per spicca singolarmente nelle mani. I medesimi Pitagorei asseriscono inoltre dodiei orbi essere in cielo, e primo e remotissimo essere il firmamento, ove staono il Dio sommo e gli al tri Iddi dotati d'intelligenza, siccome li chiama Aristotile, o, secondo Platone, le Idee. Poi seguono i sette pianeti di Saturno, di Giove, di Marte, di Venere, di Mercurio, del Sole e della Luna. Dopo i pianeti v'ha il fuoco, indi Paria, siegue Pacqua, ed ultima di tutti sta la terra. La prima cagione dei dodici orbi il frmaineato , e quelli che ad esso sooo pi vicini dicono essere pi fermi e migliori , e quelli che ne sooo pi lenta! esser meuo fermi. Ua tale ordine si mantiene sino alla

stom ci a siooairi pionii 83 tana : sotto la luna non regge. La terra sostiene tutti i mali necessari, poich sopporta a guisa di fondo il mondo tutto , ed il necessario ricetta colo delle cose che stanno nellabisso. Dicono po i tutte queste parti governarsi dalla Provvidenza eoo ferma ordinazione e con una certa divina neces sit propria di D io; ma le cose che sooo sotto la luna reggonsi da quattro cagioni, cio da Dio, dal fato, dal consiglio nostro e dalla fortuna. Per esem pio, salire o no sopra una nave in poter nostro. L'alzarsi in mezzo al ciel sereuo le tempeste im provvisamente opera della fortuna ; il salvarsi contro ogni speranza la neve eh' era ornai som mersa opera della Provvidenza divina. Il fal influiste sulle cose iu molte e diverse maniere; e perci differisce dalia fortuna, conciossiach opera con certa serie di fatti ordinatamente e conseguen temente % quando all' opposto la fortuna opera da s sola e come il caso porta. Che da ragazzo l'uomo diventi giovaue, e a mano a mano proceda fno alle altre et , questa una delle maniere con cui opera il fato. Lo zodiaco muovesi obbliquamente, siccome piac que d dire ad Aristotile, sagacissimo investiga* lore ; e ci a cagione della generazione delle cose che in terra produconsi a compimento dell* uni* verso Perciocch se si volgesse eoo eguale di stanza , una sola stagione dell* anno s' avrebbe e sempre la medesima , o d' estate o d'inverno , o d'altra* Ora poich il sole e gli altri pianeti pas sano da un segno all* altro , sorgono nell' anno quattro stagioni; e da questa mutazione di segu i, che trascorrono, provengono i frutti e nascono le diverse generazioni degli animali

84 c t t m *, stile (cos egli nel particola* suo pens, ed l o veramente credo ) supera cento volte 1 terra i a gratidezza, quantunque altri asseriscano che la s u pera solamente di trenta vo lte. Havvi chi sostiene che Tanno grande form ato dal giro di Saturno, giacch gli altri astri erran ti compiono il loro corso in pi breve tempo. S a turno vi pone trentanni, Giove dodici, due M a rte , ufto il Sole, siccome pure Mercurio e Venere t la Luna, che la pr bassa ed ha un circolo m t * iiitno, compie il suo giro in un mese. Pitagora fu il primo a chiamare Mondo il cie!dt per la ragione ch'esso perfetto , ed ornato d i tutti gli animali e di segui bellissimi. Piatone ed Aristotile, d'accordo, dicono che Fa ntina immortale, quantunque altri , non inten dendo 1 alta inente di Aristotile, credano eh* egli * dica P anima mortale. l/ uomo chiamato un picco 1 mondo, non per ch sia composto de* quattro lomenti, come Io sono anche i pi piccoli altri animali, ma perch coutiene in s tutte le virt del mondo Nel Artondo sono gl* Iddi, i quattro elementi, i bruti, te piante* L* uomo possiede tutte queste potenze. Egli ha la ragione la qnfele gli sta io luogo di Vlrt divina % ed ha per attira degli elementi la furia di muo versi, di crescere, di produrre un suo simile, ed inferire a carschedima di queste cose. Ma Come il peiHatl, o sia atleta, avente tutte Ite virt, nette singole minore di dii valente ito alcun distinto certame? cos atofche 4\kjiho avente tutte le virt, fcetle singole iu particfore vieu superato. Abbietto tutttor uso di ragione rispetto agP Iddi, abbiamo

* sioaatri por*Ni. SS meno d egl i elementi che g l i ele me nti stessi. L a cupidigia e l'iracondia nostra sono wiuori d> quelle Je* b ru ti, e siam vinti dalle piante utile qualit <li nutrirc i e d i crescere. Ood* c h e , composti di arie aose, abbiamo una vita faticosa a sostenersi! im perciocch dove tujue le altre c osa reggoosi da iiaa sola natura, noi uomini da varie qualit siamo distratti, a modo che ora da Dio veniamo spiati alle co se migliori , ora , prevalendo la forza animate * andiamo alle peggiori^ e cos succede per rispetto alle altre potenze* Se dunque uno far uso di ci che d> divino in noi, potr , simile ad un eoe* chiere vigilante ed esperto, prevalersi come con iene delie singole virt, cio deila mistura degli elementi che lo compongono , dell'i ra della coocnpiscenza * dell'abito privo di ragione* t difficilissi ma cosa il conoscere s stesso, quantunque pur sembri facile s U che vuoisi av<* vertimento di Apollo p izio , sebbene si attribuisc a a Chilone , stato uno de'sette sapienti. Siamo par e s o rtati a conoscerci ognuno per quanto sia pos sib ile. Ma pure vero che il conoscere s stesso non altro che il conoscere la nat ura di tutto il tnondoi il che non pu. farsi senza filosofa, e Dio stesso ce ne avvisa. O tto sooo gli organi della cognizione: il senso* l'immagiuazione , l'a rte , l opinione * la prudenza la, scienza, la sapienza, la mente* Abbia mo c am uni con Dio Parte, la prudenza, la scienza, la rosolai con le bestie > senso e l ' immagina#ione Di noi 1 oli pro p ri a 1' opinione. U senso una ieUaoe cognizione proveniente dal corpot PiramaginaziOM 4 00 certo m oto nell' animo * arte uo abito
storici

CLts&s ttiiskf operante con la ragione, ed aggiugnesi con la ragione, perch anche il regnatelo opera, ma opera senza la ragione* La prudenza un abito che sta nel rettamente fare ; la scienza un abito delle cose che sempre e similmente furono le medesime; la sapienza viene costituita dalla cognizione di es imissime cagioni. La mente il principio e la fonte di ogni bene* Tre sono le parti della docilit: la diligenza, la memoria e la forza dell* ingegno* La memoria cu stodisce le cose che uno io addietro impar ; la forza dell* ingegno consiste nella rapidit dell* in tendere ; la diligenza sta nell* investigare col soc corso di ci che s* impar, quello che non si imparato ancora. Tre sono le cose che s*intendono sotto nome di' cielot primieramente il firmamento,* in secondo luogo la distauza che dal firmamento sino alla Itine ; in terzo luogo tutto 1* universo mondo, cio Il cielo e la terra. Le cose ottime e le pessime , d ic e , sono nate per sempre operare Dio, cio, e le piaute. Dio e le cose prossime a lui* sempre operano con le mente e1 con la ragione; e cos pure i germi, poich que sti notte e giorno si nutrono. L* uomo e gli ani mali bruti non operano sempre, perciocch per met del tempo dormono e riposano. Dice che i Greci sempre i Barbari superarono, a cagione della temperatura delParia in cui vivono* Che gli Sciti e gli Etiopi sempre furono violenti ed audaci , perch tocc loro un clima mal tem perato, quelli essendo tormentati dal fteddo, que sti abbruciati nella pelle dal caldo ( gli uni cosi

86

STO&icT Btoottn norim $7 modo nel loro interno n gran calore gli altri eliment and nmor s o v e r c h io . Cos quelli che seno vicini alla zooa di mezzo e alle montagne, parte* cipano della temperatura del luogo io cui slaono* Perci, dice Platone, Greci migliorarono le di scipline ricevute dai B a r b a r i , e fra quelli spezial mente gli Ateniesi. Per questo furono i primi in tentati dellau * delta $uea e della pittura > e di ogni disciplina meccanica, militare* oratoria, e di Isole lire specie Non soo adunque, come dissi, 10 Aieoe le scienze avventizie* ma ivi insite dalla natura per forca del Parla sottile e pura del paese; sicch non solo vi alienus > terreno, per lo che 1 PAttica anche sterile , ma rende fini gl* ingegni degli uomini. da ci reudesi manifesto che Fe ria sottile nuoce beusl alla terra , ma giova agli ingegni. I venti elesj spirano ne* grandi calori d estate. 11 sole, gi alto e vlto dai luoghi meridionali al settentrione, scioglie l'umidit verso borea; e u* midi ti sciolta genera aria e poscia i venti , del cui numero sono gli etes| * prodotti dallo spirito ce verso il setteulrione nasce per le sciolte umi diti. Recens poi alle opposte parti meridionali ; e la quelle umidit spinte cadouo sopra gli silis simi monti d* Etiopia , ov<s condensate e copiose tresoo le piogge, dalle quali nel tempo estivo , tetto grosso il Nilo travalica, discendendo da* luo ghi astrali e aridi. Cos trov essere la cesa Aristotile con le sue investigazioni. Fu questo un tratto del profondo suo Stendimento ; e perci erodeite giusto che Alessandro il Macedone mangente a que* luoghi, onde ocularmente fosse

LASSI Faste*, ehnsra la cagione del crescere delle acque d e l fam e Nilo. Ed per questo che autor* asser*, tee non essere pi sopra ci aleuti dubbio, manilestamente apparendo che qual fiume cresee io grazia di piogge. Bens maraviglia che ne* p atti d* Etiopia sommamente seceh i, ove non mai n inverno n pioggia io tempo d'estate nascaoo fiirtosissitni diluvj.

APPIANO ALESSANDRINO
STOMA SOftttNA, LIsai XXtT.

C . $

divise in tre volami. Nel primo de* ventiquat* tra libri ond* composta , trattando de* sette re cio di Romolo, di Numa Pompilio, di Anco Osti lio, dell* altro Anco M arzio, nipote di Numa , d i Tarquinios di Servio Tullio , e di Lucio Tarqui nio , riferisce le loro opere ed imp rese* Il primo di q u esti, quantunque autore e fondatore dell* e n ti di Roma* e quantunque piuttosto eoe animo paterno che da tiranno governasse, venne- fatto in pesai, o , come ad altri piacque dire , scomparve* i l secondo, io nulla inferiore al primo oel gover* care, e nel resto pi eccellente, termin decrepito h sua vita. Il terso per fulminato* Il quarto m oti di malattia. Il quinto fu strozzato da* pasterL II sette fu violentemente ammassato anchegli. Il set* tin to , e cagione della sua tirannide , fu cacciato dalla citt e del regno* Sciolta la monarchia * il g o verno venne affidate ai consoli. Questo ci de che tratta il primo libro, che ha per titolo i# eneo regie de* Romani

STO I, | 9M0MM HOfSt. BIC

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Jt liln secondo contiene le imp rese fatta npli* Italia , eccettuatane la parie che giarda, a l Mar lenk, ed ha par titolo Le case ticdic&o do' Rommi* Il lihco ohe seg ue riferisce le guerre coi San ssiti, nazione copiosa d* uom ini e diffc ile da do* Bare, cosicch a stento i Rome pi guerreggiandole poterono domarla io otlant*aoPH e nel tempo stette pasta d*altre nazioni che coi Bomani combatterono. Q uesto libro ha per titolo L* 404* Sumniiicke dm A r n e s i. H quarto lib ro , perch narra le guarite che i Romani ebbero ooi Galli, intitolato Co** de?&&a s s i Celtiche. con quest* ordine proceda negli aitai* Il quinto intitolato Caso de* Romani SicidQ e t i s m W i , perch espone le loro imprese coi Sicali a eoo gl* Isolani Il sesta Cose de* Ramini Iberifhm*

U settimo Le coso de*Romani 4 **ibatithe* p sh riferisce le guerra punica con Annibale L'ottavo Le eoe* Libiche* Puniche e Num idich^ Il nono Lo ose de* Romani Mactilawchtt* Il decimo Le coso do9Ramimi Greche, e Jaoichct, L * undecimo Lo cote dei* Romani Siriacks ^ Partic he. Il duodecimo Le co$* do* Romani M itridatiche. fi fin qui sono narrate le imprese dagni specio de* Romani eoo la naaioni estere, coli* indicato o in dine tentiate ne* sopraddetti libri. Quelle guerre pai che, contrastando tra toro * si fecero soutbisw U vento sodo trattate ne* segueati libri intitolati Guerre Civili* primo* secondo, farse, cc fino al nonOf che il vcaieauoogtiMiQ d tutta lopera#

e t t m ran e*, H ventesimosecondo ha per titolo , tfhe vuol dire Centuria Team' Il penultimo intitolato Le coio D oriche, lo l thno Le cose Arabiche. Questa la divisione d i tutta la Storia dell9 autore . Me* libri delle Guerre Civili coatengonsi i fatti fra Mario e Siila ; indi quelli tra Pompeo e Ce stire, dach anche questi si misero a contrastare ira loro eoe le fazioni, e a oombat tersi con grandi eserciti fn tanto che la fortuna, favorendo Gmiot obblig Pompeo a porsi in fuga. Succedono po scia i fatti di Antonio e di Ottavio Cefa re, detto Augusto* contro gli uccisori di Giulio Cesare; n e l qual tempo la maggior parte d'illustri Romani ve* a ita uccisa senta processo. F i nalmente trattasi d i d che avvenne tra i due tritimi, Antonio, c io * ed Augusto , venuti ad orrende guerre fra toro con la strage di molti eserciti; guerre nelle quali Augusto rimase vittoriose, e Antonio, abbandonato da* suoi alleat i e trattosi battuto io Egitto, si died da s stesso le morta Nell9 ultimo di questi lib ri delle Guerre Civili si fa la descrizione dllEgittor narrasi come quel paese cadde setto il dominio db* Romani, e come tutto l'imperio di Roohi venne in potere del solo Augusto. Il principio di tutta la Storia preso da Enoa% figliuolo di Anchiso , figliuolo di C o p i, che trovossi alla guerra di T ro ja , e oh e, presa e ro vinata quella citt, fugg, e, dopo avere lungamente errato, voltossi alla costa d'Italia, sbarcando in un luogo chiamato Laurento, ove si additano ancora t suol accampamenti, e da esso lui quella spiaggia detta Trojana* Regnava ivi allora sui popoli

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STOBICI 2 BIOCBFT TltOFiVt. gf Aborgeni d* Italia Faunos figliuolo di Mcrturto, 3 quale diede ad Enea in isposa sua figlia di nome ZeWnia, assegnandogli da quattrocento incirca stadj di terra, dovYgli fabbric uoa citt, che dal nome della moglie chiam Lavinio. Dopo Ire anni es~ seedo morto Fauno, Enea s'impossess dello stato di lui come affine, e agli Aborigeni diede, per re* gione dell* affinit medesima, il nome di Latini, poich Fauno chiamavasi anche Latino Tre altri anni dopo , essendosi gi contro Enea suscitata guerra dai Rutuli, popoli della Tirrenia, a motivo di Lavinia, stata prima promessa al loro re , egli rimase ucciso combattendo , gli succedette nel regno Eurileone%soprannominato Ascanio, nato da Creirsn, figliuola di Priamo, che Enea avea avuta In moglie a Troja, quantunque altri dicano essere stato successor suo uo Ascanio natogli da Lavinia* Morto poi questo quattro anni dopo eh* egli avea fondala Alba , giacch fondata egli avea quella citt chiamata A lb a, e col avea da Lavitxio condotti gli abitatori , Silvio prese le redini del governo. Di lui vieu detto figlio Enea Silvio, dt Enea Latino Silvio, e di questo Capi , e di Capi Capelo ; come di Capeto si dice figlio Tiberino, stalo padre di Agrippa%di cui vuoisi figlio uo Ho* m olo, perito per colpo di un fulmine, lasciando un figliuolo di nome Aventino , dal quale nacque Proca. Tutti questi ebbero il soprannome di SU* vio. Due figliuoli nacquero di Proca; Nemiiore (x) fa il maggiore, e il minore fu Amulio. Avendo il maggiore, per la morte del padre, preso possesso
(i) Comunemente detto Numitore.

g/x et*** F am a, del regno, come ana eredit, H minor fratello vio lentemente nel discacci ^ ne uccise il figliuolo d i Home Egesto , e la figlia chiamata Rem Silvi* consacr sacerdotessa, onde non isperasae d 'a v e r prole* Insidi pure alla vita di Nemik>*e\ ma q n * ali trov salvezza ne* suoi beoni costumi e neUa modestia che tutti in lui amavano. Ma Am , che Contro le leggi del sacerdozio avea partorito, Amur* lio per puuirla Ite iraprigioo , e due figli* che da lei erano nati diede a' pastori perch li alfugas* ero nel vieie fiume che chiamasi Tevere* l nome di que* due figli fu di Ramo (t) e Romolo* i quali p er parte delle madre venivano a discendere da ivef e detestando essi un padre che noo o o h scovano, maggiormente gloriavansi del nome A Issa Incornioeia adunque Appiano , siccome d issi, ta stone sua da E nea , di fuga procedendo sino a q ue s ti} ma poi da Romolo , fondatore della citt capitale deir imperio , con molta diligenza tutti i fatti espone, giungendo sino ad Augusto ; ansi , per le molte cose che qua e l aggiunge, pu disai. che arriva sino a Trajano. Qeesto Appiano fu di patria Alessandrino e da principio esercit in Roma l avvocatura* Pei fu trovato degno di governare province a nome d e gl* imperadori. H suo stile leggiero e nulla ri~ (fondante* ma per quanto pot scrisse eoa varaci l la storia* e fu espositor diligente quanto altri mas di tutto ci che riguarda la militar disciplina
(t) detto altrimenti Rmo$ e dal confronto del nome pu argomentarsi che A m o fosse D prime nate

SToitos mws u i t n o rtw # Specialmente poi ottimamente conobbe arte d i rialzare eoi discorso tl coraggio abbattute de9 sei* dati, e di beo esprimere gli affetti ed ogni tesa che col dire passa imitarti. gli fiori a* tempi di Tr&jno e di Adrimme.

ARMANO

sToatB rtBTTcn, sivtaicaz zn a n i .


Diciassette sono i libri di questo Arriano ( t ) C. 58 <he parlano delle Cose Por tiche. Egli scrisse an coni meglio di tutti i fatti di Alessandro, re dei Jfscedoei. Un'altra opera fece che intitol deWe Cose Bitihicke ; e questa io grazia della Biiimm , di eui era nativo. Avea pubblicato ancora uo altro Vibro intitolato VA Ionica, nella quale raccontata le gesta degli A la n i. Nell'opera prima riferisce le guerre avvenute Ut i Parti e i Romani sotto la condotta di Trm imperadore. Egli vuole che 1 Parti traggano l'origine loro dagli Setti * d ie sedessero il giogo da* Macedoni, a eui diaezi etano stati soggetti, la* esoda nella ribelli one causa comune co* Persiani tpfemlroente per la ragione che aiegoe. Arsaee, e Tiridate erano fratelli, nati da Friapka , figlinolo di Arssce. Questi ammassarono , uniti ad altri cinque complici, Ferecle* che Antioco, sop raonoraioato Dio, avea fatto Satrapo del paese; e ci a attivo che colui avea tentato dt turpemente, e eoo violenza abusare di uno de* fratelli \ obbrobrio (>) Svda lo fa nativo di Nicomedis.

g4 ctsssz PI1U * eh'essi non poterono sopportare. Discacciando essi pertanto i Macedoni, si arrogarono 1 imperio, ed * acquistarono tanta potensa che poterono affrontarsi da pari a pari coi Romani, e di tratto iu tratto ri manere nella guerra vincitori.Racconta inoltre che i Parti, al tempo di Sesostris re degli Egizj, e di Fanduso* re degli Sciti, eransi dalla Scizia trasfe riti ad abitare nel paese che presentemente ten gono. Ad essi Tra/ano imperadore de* Romani , avendone indebolite le forze, fatta pace ed alleanza diede un re. Questo Arriano, filosofo di professione, ed uno degli amici intimi di Epitteto , fiori ne* tempi di Adriano, di Antonino Pio% e di Marco Antonino t imperadori ; e per la singolare sua dottrina fu soprannominato il nuovo Senofonte- Oltre aver avuti molti altri magistrati,giuuse eziaodio ad essere Console. Scrisse anche altre opere t fra le quali io c o nosco otto libri delle Dissertationi di Epitteto, suo precettore, e dodici libri de* Sermoni del mede* simo. Il carattere del suo scrivere d* essere andsote; e si presenta vero imitatore di Senofonto. Del rimanente dicesi che abbia scritte altre cose, le quali per uon mi sono fino ad ora capitate alle mani. Quello che certo, si che non manc u di forza rei lorica, n di sapienza.

S T O V C I a BIOOMPI

/ .

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ARRIANO
u u z u n tis i m
a u s m is k o

i l g a a s d i, l is a *

vii.

Riferisce come Alessandro fece alleansa cogli C. 91 Ateniesi, e cogli altri Greci, toltone i Lacedemoni, e passato in Asia ruppe i Persiani in battaglia ; al Granico debell i Satrapi di Dmrio che aveano venti mila uomini a cavallo, e circa altrettanti a piedi ; e ad Isso sbaragli e volse io fuga Dario medesimo, e l'esercito suo r e ne fece prigionieri i figli e la m oglie; e finalmente presso Arbella, o a Gangamella, viose ancora Dario* il quale poi fug gendo fu ucciso dai suoi. Essendo quindi stato fatto, ia.vecc di D ario , re fesso , costui fu da Alessandro preso; e p er ^attentato commesso contro Dario , coperto do b b ro b rio , ed infine privato di vita, * fisrra eziandio 1 autore come Alessandro fu in bsttsglia furilo sette volte , e come lev i tesori ch*erano nella reggia di Patagarda. Indi il sospetto chegli ebbe d* insidie contro lui tese da Fi loia che feee uccidere insieme col padre , il qual era Pmrmenione. Che s* impad roni de9 regni deSogdiani, e che vinse i n battaglia gli Sciti detl*A*ia 1 th fatto eb b re, avendo ammazzato Ciito, ove ri pigli la ragiona, mostr grande tristezza di quel fatte*, per siccome fn quando era ragazzo, gli si era insidiata la vita, n*era stata data la pena. Cosi narra come occup Pietra nel paese de* Sogdiaui, facendo prigioniera la moglie di Oxiartef re di quella regione, insieme con la figlia Rossane9 che poi Alessandro nelle debite forme fece sua sposa*

q6 eum nw , Dal paese dei Battr| ito a quello degl* In d ia n i , quei popoli scoaftsse ia battaglia , e m oltissim e loro citi prese con assedio, tra le quali o ccu p ata ch*ebbe A omo, entr nelle provincia degli A n c a nori* Poscia fatto eoa navi un ponte sul fiu m e Indo pass ( e vinto avendo io una sola b atta g lia Por o, re d egl'in dian i, cadutogli nelle mani v i v e , umanamente lo accolse, e gli diede regna p i s n pio di quello che prima evesse. Racconta poi o h e i fiumi <TIodia non mene del Milo, in estate a i gonfiano d'acqua , e ne seno soarsi 1* inverna ; e * menzione di un certo altro Poro ( t) , -aver t e pur regno in India, che dice essere stato uom o d i gran fazione anch'egli. Intanto Alessandro p ass il fiume Idespe, e sbaragli i popoli che ne* c o s terni d'eeo abitavano, e le loro citt, grandi pienissime dubitatori, conquist ; ed ecco stessi mi fiume Sfasi (a). Ma neWatto che si accingevn e passarlo, i suoi soldati incominciarono a tum ultuare, stanchi delle tante sosfeunte futiche, e in ce rti quando avesse d* aver Tioe le guerra, desiderosi di riposo. Per questo leseandro fu obbligato a d abbandonare I* India, e a dar di volta. Qui l'autore termina il suo quinto libro. Il sesto contiene le moke battaglie che nel s a o ritorno Alessandro dove dare a* nem ici, e le v i t torie che ne ottenne ; nette quali battaglie, gagliar damente combattendo, eh re le cinque ferite d ie sa i (O Ci fortifica la congettura di quagli Eruditi, i quali hanno detto che Paro era uoine dr digutt, come quello < Faraone, e non ili persona. Ii (a) Altri hanno detto Eptui^ e sparti

erotici s n o rim . 97 gi riportate, altre due nebbe t e quaotunque pa resse che per la settima dovesse morire, pure ne fu curato eccellentemente. Ritornando daH*India, egli fece il cammino a piedi ,* ma diede una parte dell* eserc ito a N earco, ordinandogli di prendere la via del mare* in Caramania poi tutte le truppe riunironsi. Dalla Caramania egli pass in Persisi e a Nearco comand che prendesse la strada verso la Susiana* e andasse alle foci del fttine Tigri. Arriano descrive questa navigazione di Nearco iu dialetto ionico , e la intitola Cote ndiche. Dopo ci Alessandra rislaur il sepolcro di Ciro caduto in ruina 9 e permise a Calano , gin nosofista, che voleva abbruciarsi vivo per non soffrir oltre una malattia , da cui era preso di morire all uso del suo paese. Poi celebr splendi damente nozze e sue e di altri. Egli spos Arsi noe, figlia maggiore di Dario, e Parsatide* l'ultima delle figliuole di Oco ; ed avea gi dianzi sposata Rossano ; Drupeiina* altra figlia di Dario* diede ad Efestono Amastrina a Cratero; a Tolommeo e ad Eumene diede Artacana, e Ariane, figlie entrambe di Artabaso ; a Ncarco, Barsine* figlia di MeUore% e la figlia di Spi tomene a Seleuco 1 e cosi poi agli altri suoi capitani spos altre illustri giovani di Persiaus e di Medi, le quali furono circa ottanta, celebratine gli sponsali secondo gli usi e le leggi de* Persiani, Quindi mand in Mecedonia, tolti di servizio , i veterani di quel paese, ed ordin ad Antipatro che gli mandasse soldati di nuova leva. In quel mentre Arpalo , rubato avendo il tesoro reale fuggi e mor Efestione, di che Alessandro fo amaramente dolente , e gli fece funerali d* inF o tio , Fot. i . 7

93

CLASSZ FKtMA ,

credibile spesa. Circa quel tempo accadde ancora che ad Alessandro giugnessero ambascia dori dall'Africa e da Cartagine , ed anche dall* Italia , siccome l'autore riferisce; e rispetto all'Italia, al vedere gli ambasciadori, predisse che le cose di quel pnese sarebbonsi alzate d'assai. Avea egli gran desiderio di andare in Babilonia; e g l'in dovini predissero ch'egli vi sarebbe morto; pi fer mamente poi fu ripetuta la predizione pel caso avvenuto che cert'uno si era posto inconsiderata mente a sedere sul trono di lui* Non ostante ci, egli allest pel viaggio una flotta, per andare eontro gli Arabi, popolo innumerabile che due soli Dei adora, i l Cielo e Bacco ; e mentre preparava queste cose, p reso da violentissima malattia cess di vivere. Della morte di lui varj autori scrissero cose di verse, ed acche tra esse contraddittorie. Egli visse trentadue anni e otto mesi; e otto mesi e dodici anni regn. Alessandro viene dall' autore lodato magnificamente pel singolare complesso di quasi tutte le pi eccellenti virt, di cui egli fu ornato. E qui finisce il libro settimo

ARRIANO
OZLLB c o s z ACCADUTE UOPO ALKSSAStUKO, ttlBKl X.

9*

In questi libri l'autore comprende la sedizioue dellesercito, e la elezioue di Arrideo, che Filippo, padre di Alessandro9 avea avuto di Filine, donna di Tessaglia ; elettone fatta a patto che avesse a regnare cou esso lui il fanciullo che Rossane era per partorire* come di fatto avvenne, avendo essa

99 dato in luce un maschio (Alessandro) Proclamato dunque re Arrideo* gli fu dato il nome di Filippo. Intanto grande contrasto nacqoe, essendo tra loro discordi l'infanteria e la cavalleria. Erano princi pali e nella cavalleria e tra i capitani} Perdicca, figlinolo di Oronte9 Leonnato* figliuolo di A nteo* e Tolommeo, figliuolo di Lago$ e dopo questi L i simaco* figliuolo di Agatocle, A ristone* figliuolo di PlseOy Pitone, figliuolo di Cratero* Seleuco* fi gliuolo di Antioco ed Eumene cardiano: tutti ge nerali della gente a cavallo : Meleagro lo era della gente a piedi. Dopo molto andare e ritornare di nessi, finalmente si convenne tra infanteria che avea gi nominato il re , e i generali della caval lera, che Antipatro avesse il comando della guerra in Europa ; che Cratero fosse il primo ministro del regno di Arrideo \ che Perdicca fosse chiIiarca della falange che dianzi avea comandata Efestione: con che veniva ad avere amministra zione e tutela di tutto il regno t Meleagro poi sa rebbe stato luogotenente di lui. Intanto avendo Perdicca fnto di fare la rivista dellesercito, fece arrestare gli autori della sedizione, e come se tale fosse l'ordine di Arrideo* in sua presenza li fece uccidere : del qual fatto gli altri atterriti si quie tarono. Poco dopo fece uccidere Meleagro. E come per queste cose Perdicca divent sospetto a tutti, tutti incominci ad avere sospetti anch'egli i quali deliber di promuovere a'varj governi delle pro vince, come se cos Arrideo comandasse. A T o lommeo pertanto, figliuolo di Lagot diede l'Egitto, rAfrca, e tutta la parte d'Arabia, che attaccata alT Egitto i e l uogotenente di Tolommeo fu destiSTO RICI X SlOGBiTI ntO PiH I.

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nato Cleomene, il quale da Alessandro era stato fatto satrapo di tutti quei paesi* Laomedonte fu messo nella Siria, Filota in C ilicia, Pitone nella Media, ed Eumene cardiano ebbe la Cappadocia e la Pa llagoni a , e il paese adjacente al Ponto Eusino, fino a Trapezunte, colonia dei Sinopesi. Tocc ad Antigono la Pamflia, la Licia e la Frigia mag giore; la Caria a Cassandro, a Menandro la Lidia ; e a Leonnato quella Frigia che tocca l'Ellesponto, la quale Alessandro avea data ad un certo Catasso9 quantunque di poi vi fosse stato mandato Demarco* D tale maniera fu allora spartita l'Asia. In quanto alla Europa , Lisimaco ebbe la T ra cia, il Chersonneso, e tutte le nazioni confinanti alla Tracia sino al mare che bagna Salmidesso , citt del Ponto Eusino. Tutto il paese poi che va oltre la Tracia, sino agl* Illirj, ai Triballi e agli Agriani, e la Mecedonia stessa, e PEpiro sino ai Mouti Ceraunj, insieme con tutta la Grecia, furono dati a Cratero e ad Antipatro. Tale fu questa di* visione , essendo intanto rimasti indivisi gli altri moltissimi paesi, i quali da Alessandro erano stati lasciati sotto ubbidienza di governatori in* digenl In quel tempo Rossane partor il figlio che IVsercito tosto proclam re* Ma tutto continuava ad essere pieno di sedizioni. Antipatt'o fece guerra agli Ateniesi e a tutta la Grecia, la quale avea per suo generalissimo L eo S i e n e . Da prima Antipatro fu vinto, e ridotto assai alle strette : poi rimase superiore $ ma perdette Leonnato che gli avea prestato soccorso. Anche Lisimaco ebbe a guerreggiare molto gagliarda mente col trace Seuta per mantenersi nel paese

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che gli era stato assegnato t e dovendo combattere eoo poche forse, quantunque si diportasse con gran valore , fu minato Perdicca dovette venire alle mani con Ariarate, governatore della Cappa* docit, !l quale non voleva cedere 11 paese che era stato dato ad Eumene x Perdicca* dopo aver ri por* tate varie vittorie sopra Ariarate* finalmente tebbe in poter suo, e lo fece impiccare; e mise Eumene in possesso di quello stato. Cosi Cratero* accor rendo con truppe in ajuto di Antipatro, contribui alla vittoria che fu riportata sopra i Greci. Onde poi questi dovettero ubbidire al comando < entrambi T Tolte queste cose lautore oarra ne cinque primi libri. Nel libro sesto si racconta come Demostene ed Iperide ateniesi * ed Aristonico da Maratona, ed intereo, fratello di Demetrio Falereo, fuggirono di Ateoe, e audarooo in Egina , dove stanziatisi, a proposta di Demadet oratore degli Ateniesi, furono condannati a mortei il decreto de quali Antipatro fece eseguire. Indi si dice come Archia turio, che li aveva uccisi ridotto allestremo della povert e della infamia, mori; e come poco dopo Demade trasportato in Macedonia fa fatto ammazzare da Cassandro, strozzatogli prima sotto i proprj occhi U figlio Del qual misfatto Cassandro alleg per motivo che Dmod m addietro avea ingiuriato il padre di lu i, mentre scrisse* Perdicca che volesse salvare i Greci, la cui sorte era tutta attaccata ad no filo vecchio e fracido: con le quali parole De* mode aveva deriso Antipatro. Dimarco di Corinto cosi avea giudicato^ e di tale maniera Demade fi nalmente avea pagato il fio della sua avarizia, del tradimento e d ogni perfidia sua.

toa et asse niMA , Riferisce inoltre che Tibrone lacedemone uccse Arpalo% il quale vvente ancora Alessandro col tesoro rubato si era rifuggito in Atene; e tolto quaoto di quel te s o ro rimaneva ancora ad Arpalo , prima si era ritirato in Cidooia , citt di Creta , poi era passato con un esercito di sei mila uomini a Cirene f chiamala col dai fuorusciti di Cirene e di Barca t dove dopo essere rimasto vincitore in varj combattimenti, ed aver superate molte insidie, finalmente fu s b a r a g l ia t o , e da alcuni Africani , condottieri di bighe preso mentre fuggiva, fu condotto a TeuchirS ed ivi dato in mano di JSpi* cide olintio. Avea a costui data a governare quella citt a Offella , u o m o macedone, che da Tolommeo, figliuolo di Lago , era stato mandato in ajoto a que' di Cirene. Ora gli abitanti di Teuchira, con permissione d Offlt&*opo avere ben bene frustato Tibrone* Io mandarouo al porto de Cirenei, onde c ol fosse crocifsso. Ma come i Cirenei continua vano nella ribellione s mosse a quella volta T o lommeo medesimo ; messo ordine alle cose del paese ritorn in E g itto . Perdicca a s tu ta m e n te cercava di trovarsi con. Antigono i ma q u e s ti conoscendone le insidie, non volle venire a parlamento con lui; quindi nacque fra essi aperta inimicizia. Nel medesimo tempo andarono a Perdicc& dalla Macedonia Jolla ed A r chia, menandogli in isposa Nicea, figliuola di A nti patro ; e Olimpia, madre di Alessandro il grande, gli maod sposa Cleopatra, sua figlia Eumene cardiano il p e r s u a d e v a a prendere 'Cleopatra , Alceta, suo fratello fu consigli ava a preferire l e nozze di Nicea\ e il consiglio di costui prevalse

STOMCl Z BlOGBAri ffiOFAKl. Jo3 Non molto dopo accadde la strage di Cimane, opera di Perdicea* e di suo^ fratello Aletta. Questa Cinane avea avuto comune con Alessandro il padre ; ma per madre Euridice* ed era stata moglie di quell^mmta che Alessandro aveva fatto morire sul punto che movea per la sua spedizione in Asia: quell*Aminta cos morto era figlio di Perdicca%fratello di Filippo, e cugino di Alessan dro. Ora quella Cinane conduceva sua figlia Adea* poscia chiamala Euridice, ad essere sposa di A r rideo 4 e ci segu di fatto, acconsentendovi lo stesso Perdicca* a fise di sedare con quelle nosze i tumulti de* Macedoni, i quali crebbero sempre pi per la uccisione di Cinane. Antigono intanto si rifugg in Macedonia presso Antipatro e Cratero % significando loro le insidie tesegli da Perdicca* e facendo loro sentire che al trettanto aveano da temere per essi stessi Esage rava poi il tragico fine di Cinane * e con queste cose gl* infiamm a muover geerra a Perdicca. ir r id e o ,che custodiva il cadavere di Alessandro, contro la volont di Perdicca* con quel cadavere and da Tolommeo, figliuolo di Lago* da Babilo nia viaggiando per la via di Damasco verso l*Egitto. E quantunque Polemone , confidente di Perdicca, gli moltiplicasse ad ogni tratto le difficolti, super tutto , e riusc nel suo divisamento. Nel frattempo Eumene rec in Sardi a CleopaIra i regali di PerdicCa $ il quale avea gi stabi lito, ripudiata Nicea, di sposare Cleopatra in luogo di quella. U che subito che seppesi e fu Menan dro satrapo della Lidia che lo manifest ad A n tigono , e Antigono poi ne partecip la nuova ad

4 CttASSS tA, Antipatro e a Cratero, questi vieppi vivamente eccitaronsi a fare a Perdicca la guerra. Onde An tipatro e Cratero dal Chersonneso passarono PEU lesponto, ingannando con astutia i custodi della opposta riva ; e mandarono confidenti ad Eumene e a Neottoiemo* ambedue indisposti contro P er dcca% Neottoiemo solo per si mise d'accordo con essi, noo cosi Eumene Da ci Eumene cominci a sospettare di NeottlemOf e si fecero guerra 1* un l'altro : nella quale guerra essendo rimasto Eumene superiore di furie, Neottoiemo fugg eoo pochi de* suoi ad Antipatro ed a Cratero* ai quali seppe persuadere che Cra tero gli fosse compagno ia sostenersi contro Eu mene. N si pose iodugio nella impresa e tolti e due vennero eoo Eumene a giornata# Costai mise ogni suo ingegno in fare che i suoi non sapessero davere Cratero contro , onde per la riputazine di tale uomo noo abbandonassero il suo campo , e passassero a lui, oppure, quando restassero seco, noo perdessero l* antica fidanza. Egli poi, e con l astusia industriatosi, e ben riscaldato avendo il suo esercito, rest vincitore. Neottoiemo fu ucciso per mano del segretario di Eumene medesimo, quantunque fosse uomo pieno quanto mai di sciensa militare, e guerriero gagliardissimo\ e Cratero* menando le mani addosso a chiunque si allac ciava, e procedendo a modo da essere conoscinto da tatti, venne ucciso da alcuni Pafagoni che noi conobbero, sebbene si fosse levato di testa Telmo# Da quella battaglia per le truppe pedestri ritor narono salve ad Antipatro, il che ridon coraggio, e diminu la paura.

STORICI 8 hlOCBAri PBOrAHl

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Perdicca partitosi da Damasco per assaltare TchmmeOf figliuolo di Lago* eotr in Egitto coi (i) e collesercito. Ivi di parecchi delitti acca sando Tolommeo f e questi presso la moltitudine gioslifcandosi , 1* accusa parve si ingiusta, che i soldati aveauo ripugnanze ad entrare in guerra. Perdicca per la volle a tutta forza ; nella quale guerra rimasto pi volte succurabeote e fatto assai aspro a quelli che volevano passare a Tolommeo, e pi superbo di quello che ad un generale sie permesso de9 suoi stessi csvelieri , mentre combettevasi, vende ucciso. Al cootrario Tolom* morto Perdicca, passando il Nilo and a riverire i re, e con doni e con graziose maniere a que'prmcipi, e a tutti i primati Macedoni si mostr affettuosissimo. Anzi palesemente mostr dolersi del caso degli stessi amici di Perdicca t e a tutti i Mace doni ch'egli vedesse in qualunque augustia o b i sogno, prest ajuto eoa fatti, e conforto con buone ragioni, e da ogni timore spezialmente li liber* Cosicch fio dallora, e di poi fo ampiamente indato da tatti. Tenutosi poscia un. gran consiglio, in luogo d i Perdicca9 fu dato per allora il comando generale delle troppe a Pitone e ad Arrideo ; e cinquanta de* partigiani di Eumene e di Alceta vennero con* dannati, massimamente per la uccisione di Cra tero* seguita come si di gi accennato. Fu quindi chiamato da Cipro Antigono e cos pure Antipatro onde immediatameute si unissero ai ( Arrideo c io , > ilonenc. ed Alettandro, figliuolo di

Io6 CtASSZ n u l i , re ; e come questi tardavano, Euridice non per* metteva che Pitone ed Arrideo facessero alcuna cosa senta eh* essa ue fosse informata. Essi da principio non si opposero ( ma poi considerando ch*essa non entrava negli affari di Stato, risposero, la somma delle cose toccare ad essi fin tanto che non fossero giunti Antigono ed Antipatro i i quali ultimi essendo finalmente arrivati, gli affari furono messi in mano di Antipatro ; e allora lesercito domand i premj che Alessandro avea promesso Antipatro non trovandosi avere quanto occorreva, rispose trovar giusta la domanda, e che per non esporsi al giusto sdegno de* soldati, soggiunse che fatta avrebbe ogni opportuna ricerca e ue* regj tesori ed altrove onde provvedere! il che non piacque ad essi gran fitto. Per lo che, fomentando contro Antipatro Euridice medesima le incolpa zioni , si eccit gran tumulto nella moltitudine ( nel qual tempo essa arring contro di lu i, lora zione sua riferendo Asclepiodoro , suo segretario, ed oltre lei arring pure nel senno medesimo A i talo) e fu miracolo che Antipatro noo fusse messo in pezxi} il che non segui per aver preso le parti di lui presso la moltitudine Antigono e Seleuco, i cui officj Antipatro avea invocati \ il quale ed essi corsero non poco pericolo della vita. Salvato cosi Antipatro dalla morte, and ad unirsi alPesercito suo, e chiamati a concilio i comandanti della c a valleria, e fatta cessare la sedizione , egli fu ri te nulo, come prima, alla testa degli affarf. Allora fu da lui fatta una divisione dell*Asia, in parte confermando lantecedente, e in parte in novando, come la necessit de*tempi richiedeva

sto u ci s Btoeam norim to f Egli lasci a Tolommeo l'Egitto, la Lib ia , e t utta quanta Africa coi paesi conquistati, giacenti al tramonto del sole. Assegn la Siria a Laom edonie di Mitilene Filosseno ritenne la C ilicia che diansi gli era stata data. Tra le satrapie superiori, mise nella Mesopotamia e nelPArbello Am fim aco , fratello del re : Seleuco in Babilonia i in tutta la Susiaoa Antigene che era stato il primo ad assaltare PerdiccOf e che era capitano degli Argiraspedi. In Persia conferm Peaceste ; diede la Caramania a Tlepo* lemo * e a Pitone la Media sino alle Porte Caspie# Fece governatore de* Parti Filip p o ; degli A r j, e dei Drangeni Stasandro $ della Battriana e Sogdiana Stasam ore ; e degli Aracotari Sibirgio. O z ia rla , padre di R o tta n e , ebbe il paese de* Para pam isj ; e 1 adiacente spiaggia degl* Indiani ebbe Fifone * figliuolo d i Agenore Finalmente per ci che con cerneva le vicine satrapie, quella che sul fiume Indo, e P a la la , che la citt pi vasta di quella parte d* In d ia , tocc a Po ro ; quella che sul* 1 Idaspe , fu data a T a stilo , indiano ancb* egli $ e * ci per la ragione che non era cosa facile il le vare que* due principi dai paesi dati loro da A le t* s*nd ro 9 e in cui aveano gi acquistata gran po tenza. O ltre q ueste distribuzioni furoovi quelle che sieguono. A i Cappadoci, che del monte Tauro stendonsi verso Borea, fu destinato N icanore . An* tigone ritenne, come avea tananai, la Frigia mag giore, le Licaonia, la Pamflie e le Licia. A tsan dro ebbe la C eria* d ito n e la L id ia , ed A rrideo , la Frig ia giacente sull* Ellesponto. Antigene poi fu mandato a Susa per raccogliere danaro , e gli furono d ati que* Macedoni che pi aveaoo tumul-

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tuato , i quali erano da tre mila. A ntipatro nel tempo medesimo nomin per la guardia , e per l'accompagnamento dei re Auto fico figliuolo di Agatocle , e A m in ta , figliuolo di Alessandro , e fratello di Peuces te. Tolommeo* figliuolo di To+ fommeof ed Alessandro , figliuolo di Polispereonto Cassandro , suo figlio, fece chiliarca della cavalle* r ia ; e alle truppe, a cui dianzi comandava P e r* dicca, prepose Antigono , al quale affid anche la cra e la custodia dei r e , e gli diede di p i , se volesse ? V impresa della guerra contro Eumene* Egli , con assai lode di tutti per avere cosi ben disposte le cose, ritornossi a casa. finisce qui il nono libro. Il libro decimo riferisce come Eumene, udito il caso di P trd ic c a 9 e che i Macedoni lo aveano di* cbfarato nemico, apparecchi quaoto era necessario alla guerra, e come A lceta , fratello di P e rd ic c a , avea cercato di salvarsi con la fuga. Cosi fatto avea A ita lo , il quale noo era stato da meno degli altri a dipartirsi da Antipatro t onde unitosi con gli altri esuli, avea finalmente potuto mettere n~ sierae un esercito di dieci mila fanti , e di otto* cento cavalli e con queste forse aveva tentato di prendere Cnido, Cauno, e Rodi. Ma dai Rodiotti, la cui armata navale era comandata da Dem arato , era stato valorosamente respinto Riferisce ancora questo libro, qualmente era mancato poco che An tipatro* recandosi a Sardi, non fosse stato assaltato da Eum ene. Se non che C leo p atra, sorella di Alessandro* perch i Macedoni non la credessero cagione della guerra , e noo le ue facessero un delitto, avea indotto Eumene a partirsi di Sardi*

STORICI z & rsoriiu. 109 Nonostante q uesto, giunto col, le avea fatti acerbi ed ingloriosi rimproveri per la sua amicisia , e per l'intelligenza ch'egli diceva vere essa, ed avere avuta con Perdicca e con Eumene. Su di che per essa erasi difesa pi che da doona potesse sperarsi giammai ; ed a vicenda avea fatto assai rimproveri ad Antipatro ; e infine si erano divisi rappacificati. Aggiunge che Eumene improvvisamente inva dendo il paese dei popoli vicini, noo soggetti a lui, ne avea tratto gran bottino, e grossissime somme di danaro, con cui molto bene erasi il suo eser cito acconciato. Ed avea spediti inessi ad A la ta , e a* compagni di questo perch unissero le loro truppe alle sue e con le forze comuni s'andasse contro a* nemici N Alceta per, n i suoi com~ pagai si e rano di ci persuasi Antipatro poi, non fidatosi ancora di assaltare Eumene* avea mandato Assandro a combattere Aitalo ed Alceta. La bat taglia tra questi era stata di sorte eguale: per Assandro erasi ritirato. ra nata qualche discordia tra Cassandro ed Aatigpno; ma Antipatro , entrato di mezzo, avea fkuo deporre al figlio ogni male umore. Poscia Cassandro erasi in Frigia unito al padre, eccitan dolo a non tenersi troppo lontano dai re, e a so spettare di Antigono: ma questi temperando le cose con prudenza, e mostratosi in varj incontri ossequioso e daltronde fornito essendo di v irt , avea dissipato ogni sospetto : cosicch Antipatro, si mitig i e di quelle truppe che seco avea con dotte nell'Asia, diede ad Antigono otto mila e cin quecento fanti, di nazione macedoni, egoal numero d* uomini a cavallo di razza straniera; e la met

S io CLASSZ PKtUi, degli elefanti, che furono settanta ; e tutto ci per* ch potesse pi facilmente far guerra ad Eumene* Antgono avea incominciata quella guerra} e An tipatro , presi seco r e , e le altre truppe, erasi incamminato per passare in Macedonia I soldati intanto si erano messi nuovamente in tumulto chiedeodo danaro; ed Antipatro avea promesso che, giunto ad Abido, avrebbe fatto ogni sforzo per contentarli, e forse dato loro il premio intero , o per lo meno sicuramente pi della met. Con ci essi acquietaronsi. Ma giunto in Abido , di notte tempo Insieme coi re, varcato Ellesponto, ingan nati i soldati, pass a Lisimaco. 1 giorno dopo 1 tragittarono anch* essi, per allora non parlando daltra domanda. E qui finisce il Bbro ultimo Non questo autore da posporsi ad alcnno di quelli che scrissero bne la storia; perciocch da una parte nelle sue narrationi breve, e non ne r ompe il filo n con digressioni importune , n con soverchia parentesi; e dall'altra, pieno di d i gnit, con una certa sua novit industriosa p i nellandamento della orazione che nelle parole, giunge a tanto che non pu desiderarsi narrazione pi chiara e splendente della sua. Eg li adoperando modi di dire significativi, sonanti e lisci, il discorso tempr a cos che lo rende eguale e grandioso in sieme ; e dove novit induce nelle parole, non d t < troppo lungi egli le trae, ma da termini vicinissim i : con che s gran lume reca all'orazione, che sem bra dare piuttosto abito e gesto, dir cosi , alle parole che cambiarne il significato consueto: onde nasce poi perspicacit non solo in questa p arte , n a iu tutto lapparato, nella disposizione e mas-

STOBICI S S l O QBAFl MLOFA1TI

V ff

munente nella composizione delle cose che narra t artificio tutto di perspicaci t notabilissima. Usano per lo pi scrittori nullamente dotti periodi sem plici e sodanti, pe* quali lorazione riesce bassa ed inerte, singolarmente se non ne venga la co struzione mai variata t n l'autore, comunque ci gravi alla chiarezza , mai sattenne a tal metodo. Parimente egli riesce ingegnosissimo nelluso delle elissi in mezzo a tropi ; c h non trincia egli il giro delle parole, ma beosi le sopprime in modo che non lascia punto segno, onde accorgerei delta man canza delle medesime; e in ci mette tanto inge gno che se vuoisi porre quello che manca, appa risce piuttosto aggiuuta cosa superflua che supplito al difetto. E g li ottimamente adorna anche lorazione sua eoo figure t nel che fare con procede di su bito* n c a m b i a lovvio e naturai uso di tutte in sieme le parole ; ma il fa a poco a poco, e sin da principio adopera tale mistura che u per saziet cagiona nausea, n turba la mente per mutamento repentino. In fine dico che se alcuno, dopo avere letta l*opera d i questo scrittore volgesi alle storie degli altri, vedr molti anche degli antichi essere * lei inferiori.

ARRIANO
LE BIVIKTCB Z , LIBAI

Io questi lib ri A rria n o diligentemente descrive C. 9 3 le favolose tradizioni, e tutte le altre cose riguar danti la B itin ia , con essi facendo la storia della sua patria, e alla p atria sua offer endola Imperci oc-

112

CLISSZ PZM4 ,

ch in questopera egli dimostra trarre lorigine sua da Nicomedia, e in quella citt essere nato, e statovi allevato; ivi avere avuta educazione let teraria, e il sacerdozio di Cerere e di Pro serp in a , figliuola di quella; alle quali Dee scrive che la citt di Nicomedia era sacra. quest opera fa anche menzione di altre sue opere; una delle quali contiene le Im prese in S i c ilia d i Tm oleone corintio un* altra i F a tti d i Dione siracusano^ quando questi Siracusa e tutta la Sicilia liber dalla tirannia di D ionigi secondo, figliuolo del primo D io n ig i, noo meno che dai Barbari, che a sostegno nella tirannia sua D ionigi avea chiamati col. Si vede che l'opera riguardante la sua patria fu da A rrian o nominata la quarta, cio dopo le sto rie di Alessandro il grande, di Tim oleontei e di Dione\ averne bens concepito prima il disegno, ma pi tardi compiuto il lavoro per la ragione che per trattare dell* argomento di quest* ultim a avea avuto bisogno di quanto contenevasi nelle altre. Eg li medesimo espone questo motivo d'averla dianzi sospesa , e d* averla pi tardi pubblicata. Credette poi d*incominciarla riferendo, come dissi, le cose favolose ; e la continua venendo fino alla morte di Nicom ede, ultimo dere del paese, il che morendo lasci per testamento il regno ai Rom ani, i quali aveano gi cessato di ubbidire ai re fn da quando fu da Roma espulso Tarquinio il superbo.

S T o aici

a b i o c j u f i .

CANDIDO
U B IL I U t D I

STOaiS.

Incomincia la storia dalla elezion di Leone %C . 7 9 nativo della Dacia illirica , il quale essendo co mandante di un corpo desercitp, e delle coorti di Selim briani, ottenne limperio per opera di Aspare Questo Aspare era alano di nazione , fino dalla prima sua et militare , che, sposato avendo tre donne, navea avuti tre fig liu o li, A rd ib u rio, P a trizio ed Ermenartco* ed oltre questi due figliuole* Principia adunque, come dissi, io storico dal regno dell* imperadore Leone , e termina alla proclama zione di Anastasio. C andido ebbe per patria, siccome egli medesimo contessa, quella parte della Isauria che chiamasi Trachea* o vogliau dire A sp ra . Fu tabellione o noujo di professione, servendo ai priocipali presso gl'Isanri; e di religione cristiano, ed anche ortodosso, poich loda molto il quarto concilio, e giustamente ne combatte gl* impugnatori. L o stile della sua storia non felice ; egli abusa delle frasi de* poeti senza scelta e da giovane ine* aperto ; e la sua composizione riesce dura e scon veniente come suol essere ne* ditirambi e quando non siegue questo metodo cade in un andamento lo ito e sgarbato. Nell* innovare in ordine delle co s t ruzioni, lungi dal servire, come fanno gli altri, a dare a llorazioue maggiore ornamento e venusta , la reode fastidiosa a chi Tede, e spoglia affatto d*ogni piacevolezza. Qualche volta poi accade che F o z io , V o i. I . 8

I 1 4-

CLASS* N tIM * ,

fatto selle parole migliore di s medesimo, ti pre* senta una storia, la quale pare tuttaltra da quella che dianzi avevi sottocchio. Costui pretende che 1 Isauria abbia preso il some da Esau ! ! * Nel primo libro espone la potenza di Aspare e de* suoi figliuoli, e la elezione di Leone fatta (are da Aspare. Parla dell* incendio della citt ( Costantinopoli ) e di quanto per ben pubblico in tale congiuntura A spare oper v poi di Tiziano e di Fipiano ; e come a cagione di essi Aspare venne a contrasto coll* Imperadore * e le parole ch'ebbero a dirsi insieme. Da ci ebbe F l mperadore motivo di far lega con la nazione degl* Isauri, servendosi di Tarasicodisa, figliuolo di Rusumbladeoiot che cambiato il nome in quello di Zenone ftce sno genero, essendogli morta la prima moglie. Ardaburio , per opporsi a lf Im pei ad ore, pens di farsi pattigiani gl* Isauri. Un certo M artino , fam i gliare di Ardaburio* partecipa T itrasicodisaqtixnio Ardaburio macchinava contro 1*Imperadore. C re scendo ogni giorno pi dall*una parte e dallaltra i sospetti, l* imperadore Leone fece ammazzare A spare , e i suoi fgli Ardaburio e P a triz io C esare , sebbene questi, eoo tutto che ferito, risan, e viss e. F u salvo dalla strage anche Brm enerico per la ra gione eh* egl i era loutauo dal padre. Leone adun que fece Tarasicodisa iv o genero, dandogli in isposa la fig l A rian n a, e nominatolo Zenone, quindi 1 cre generalissimo dellesercito in Oriente# 0 Il oo*tro autore racconta ancora quanto in bene e in male fece Basilisco nellA ifrica, come tentan do Leone ogui mezzo per far proclamare iinperad o te 11 geoero? neo pot riuscirti, opponendoti*! il p o

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polo; ma pei poco prima di morire cre impe radore il nipote , nato da Arianna e da Zenone : cosicch, morto Lui, Zenone* con asseusodel senato, da suo fglio Leone fu coronato imperadore Qui fa l'autore una digressione descrivendo una genea logia degi'Isauri, e cerca di persuadere ch'essi sono prole e posteri di E*au. In appresso racconta come Zenone% ingaunato da Ftrina * fuggi con la moglie e U madre, abbandouaudo la capuale e l ' imperio i e Ferina* sperando d 'u n ir si al patrizio Maestro % e veder lui imperadore, macchin fraudolentemente quella fuga di Zenonet suo geuero * ma che nelle tue speranze i ngaunossi , poich i magistrati pro clamarono imperadore suo fratello Basilisco Ag giunge la strage orrenda che in Costaotiqopoli fu tu degl* Isau ri; e come dopa N epU , impeia~ dor dei Rom ani, Augusto lo fu posto sul trouo dell* imperio romano da Oreste* suo padre. Queste sono le cose che Candido raccouta nel primo libro. Nel secondo racconta le seguenti ? 1 patrizio 1 M aestro , che aveva iutim a convivenza cvn Ferma , adeguatosene Basilisco % fu ucciso. Per lo che piena d*odio contro di lui, e postasi c q u ogni sua possa ad ajutare Zenone onde ricuperasse l* imperio, dal fr atello ebbe a soffrire ogni genere di m ali, e sa rebbe stata anchessa tolta di vita, se Armato non lavesse nascostamente tratta via da un tempio, in cui si era rifuggita. Questo Armato p o i, adulte rando eoo la moglie di Basilisco venne iu somma po tenza, dimodoch gli fu affdata la guena che facevasi a Zenone* a cui per con certi patti si uni per maneggio d 'ilio . Ma cou tutto l'ascendente che costui avea preso setto Zenone % tanto che era gniuto

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a veder fatto Cesare suo figliuolo, Basilisco di nome anchegli, fn messo iu pezzi; e il giovinetto Cesare venne iniziato lettore in Blacherne Prima di queste cose Basilisco avea nominato Cesare suo fi gliuolo M arco, e poscia anche imperadore. Intanto lio , proeurata a Zenone amicizia di A rm ato , attese a ricuperargli il trono; e fatta grande sol levazione contro Basilisco , questi fu obbligato a rifuggirsi con la moglie Zenonde% e coi figliuoli in un tempio, da cui per le fraudi di Arm ato fatto uscire, e confinato in Cappadocia, poco dopo con tutti i suoi fu ammazzato. Turb ando qnellempio Pietro ( i ) la chiesa dOriente, Zenone imperadore sped Calandione pereh fosse cousacrato vescovo della sede antiochena. Ed avendo I istesso imperadore gr ande bisogno di danaro, gli furono additate molte mauiere di accumularne. Assai persone che volevano far novit nello Stato, vennero punite. Ilio egregiamente giov all imperio con valorose imprese di guerra , e con operazioni saviissime di governo, e singolarmen te facendo esercitar la giustizia. Dopo la morte di !Nepote, Cesare romano, e la cacciata del suo suc ' cessore Augusloloi s impadron dell Ita lia , e di Roma stessa Odoacre. Ribellatisi poscia a lu i G alli di occidente,e mandati ambasfciadori a Zen one da essi, ed altri da Odoacre, Zenone inclin p i verso questo. Un Alano teut di uccidere IU o * ed avendolo ferito, dichiar d'essere a quel fatto stato subornato da Ep in icio % domestico di Fe rin a oode , Ep in icio fu dato in mano d'7//o, il quale gl u ra ta ( i ) Denominato

Pattane.

STOBtC * BtOGBiPT . I I tJ gli diment icanza deltassassmio, ed anche premio , raccont le trame da Ferina ordite con ir lUo onde Zenone diede ad Ilio qnella donna che re leg in un castello di C ilic ia , e cosi si p ose in sicuro. Ilio , per opera di Mario , divenuto caro a Pamprepio, uomo empio, a poco a poco turb tutti gli affari di costui. Zenone ebbe a sostenere una guerra civile ed intestina, essendo contro lu i in sorti Marciano e Procopio , figli di Autemio che avea regnato iu Roma ; ed avendoli lUo vinti setto gli auspizj di Zenone , Marciano , il quale era il maggiore, fu ordinato prete, e Procopio riparossi nella T raeia presso Teuderico. Marciano poi, fug~ gito, e ramingo in Cappadocia, mise a rumore la Galizia prossima ad A ncira, finch, preso, veone relegato nella Isauria. L* imperadore concep odio contro Ilio , e lo accrebbe Queste sooo le cose da Candido r iferite nel secondo libro Il terzo tra le altre molte cose contiene come Ilio apertamente salz contro Zenone ; come daccordo con F erina , proclam imperadore Leonzio $ e come, r i m asti succumbenti, e presi, finissero deca pitati. Prosegue poi narrando gli altri avvenimenti fino alla morte di Zenone.

CEFALEONE
LE m u se , o sia e p it o m i st o r ic a , l ib r i tx.

Cefaleone prende incominciamento da Nino e 0.6$ da Semiramide^ e prosegue sino ai tempi di Ales sandro il grand e. Tutta questa storia compresa
in nove lib ri, a ciascheduno de9 quali premette il

I l8 CLASSZ FBIK , nome di una delle nove Muse, C/io, Talia. P o liti' niaf Melpomene , Tersicore , Euterpe , Calliope, Jfrato ed Otania. In coista Opera egli riferisce anche le imprese di Alessandro* re de Macedooi. Us il dialetto fonico,* e tale brevit, oltre ogni convenienza, adoper che, fuori del n udo racconto de* folli, nnHa rimane u da ammirare, n da imi* tare. Stirpe e patria, ad esempio di Omero. come egli noi criega, lasci sotto profondo silenzio. A p p are n ondimeno che scrisse questa sto ria in S ic i lia , dove vivta esule. Cosi costui tacque pa tria e stirp e, cosa che pur era necessario d ire ; e fece sapere l'e silio , cosa che dimostra animo basso. di piccot animo ancora d'uom o che non ricusa ima gloria vana e puerile, il dimostra abbastanza il vantare che fa i tanti scrittori da lui consultati per compilare la sua storia. Imperocch dice che il libro primo composto sopra cinquecento set tanta lib ri, de quali annovera Ireutuo au to ri; il secondo sopra dogento otto, di venticinque scrit tori | il terzo sopra seicento, di venttsei scrittori ; i l quarto di sopra ottocento cinquanta opere di trentasei autori; il q a ioto sopra dugento, di ventisei . . . il nono sopra . . . . ( i ) di trenta scrittori. Questa la storia dt Cefaleone (? ).
( i ) Sono periti i numeri de1libri, e dtgU autori ove qui v<*gge{ui omessi. (a) Noi avremmo dfederato che Fozio avesse data In serie delle cose trattate d* Ctfittone perciocch quelle che riferivanst ai ptu remoti tlaspi non potevano non essere d notabile importanza.

SToaiCI E J> AHI, Sor

119

CONONE
BACCONTI

APOLLODORO GRAMMATI CO
B BMOTECA.

Q uesto de' Racconti di Conone un opuscolo C* che l'au to re dedic al re Archelao Fdopatore\ e que' R acconti, che sona cinquaota, raccolse da'varj scritti degli am ichi. I l I di fid a e de* B rig ib i. Dice egli in que sto come M id a trovato aveodo un tesoro, tosto divent uomo opulentissimo* e come dite Orfeo su l monte Pierio, con verj arti fu j giunse a regnare s u i Brigibt ; come regna ode M ida* presso il monte B rirn io apparve S ieoo al qual monte que% popo la n i feqneotem e nte recavaosi a stanziare) e come f os se col coodotio quel vivente, di pellegrina ed inusitata fui ma, tatto che avesse pure natura e indole u m ana; come tutte le cose che a M id a presenta n o s i da m angiare, s convertivano ia ore ; e eoo c i persuasi i suoi sudditi a passare daH' Europa all'Eilesponto, andasse ad abitare oltre la Misia, eoa poco cambiameoto di lettere i suoi Brigtbi ch ia m and o Frig i. M id a poi, secoodo molti emissarj, i q ual) gli riferiva no checch dicessero e facessero i s u o i sudditi, si salv da ogoi insidia, e segui t a re gnare sopra essi fino all*ultima vecchiaia. Fu dedo p e r questo chegli avea lunghe orecchie; e a poco poco le fuma glie le cambi in orecchie dasino,

Ilo CLASSE , di modo che quello che per ischerzo da principio si figur, fu col tempo creduto come vero Il l i Racconto quello di B ib ti. Fu essa fi glinola di M ileto , e so rella di Canno. A b it arono Mileto, citt dellA sia, ove poi si stabilirono gl* Jo n j che da Atene col passarono con I9ileo | ma allora vi stavano i Carj, popolo numeroso, e che viveva a borgate. Cauno% innamoratosi violentemente della sorella, non potendo averla alte sue voglie, sebbene ne tentasse tutti i mezzi, abba ndon quella te rra ; e quando non si vide pi comparire, B ib li, estre mamente addolorata lasci auch essa la casa pa terna, e vagando per lungo tempo per luoghi d e* serti, poich vide ir vani i suoi affetti, disperata, fattasi un laccio con la sua fascia, si appicc ad una .noce Dalle lagrime sue ivi'nacque uua fontana che gl'indigeni chiamarono Bib li. Cauno intanto, erra bondo aoch*egli, capit finalmente nella Licia. Iv i una delle N a ja d i, Pronoe di nome, uscendo del fiume gli ramment quaoto era accaduto a B b l i , e 'come lamotfe Pav ea indotte a morire t poi lo esort a prendere lei in moglie ; con che sarebbe divenuto re di quel paese che scaduto era gi a le: medesima. Cos Canno ebbe da Pronoe un figlio* chiamato Eg ia lo , il quale, morto il padre, ebbe il regno ; e raccolto il popolo che abitava sparso qua e l , edific sul fiume una grande e ricca citt che dal nome del genitore chiam Caunica. I l I I I questo. Sul mar Jo n io , non lungi dal* P E pir o e da* monti Ceraunj, v* un* isola detta Scberia. Essa fu abitata da* Feacj che da principio ne furono gl* indigeni che trassero il nome dai re del paese fino a tanto che uua partita di C orintj

Tonici t rtOPANT' pass col, e ne cambi il nome in quello diCorcira e Corf, la quale iv i tenne l'imperio del mare* Morto Feacet re delibisela, i figli di Ini, Alcinoo e Locro venuti tra loro in discordia, convennero finalmente che A lcinoo regnasse i v i , e che Locro , tolte le cose preziose, ed una porzione di popolo, partisse dal paese. Ora costui navigando verso 1 Italia, fu * accolto ospite da L a tin o , re de^li Ita li, il quale gli diede anche in isposa Lau rin a , sua figliuola t onde venne che cotesti Feaci Itali fossero detti Locresi. Accadde poi che In quel tempo arriv in Italia E rco le dall Eritia ( i ) , menando le famose vacche di Gerione ) e che fu da Locro ben accolto ed alloggiato : le quali vacche vedute avendo L a tiitO f in occasione eh* egli era andato a far visita alla figlia, tanto gli piacquero che non dubit condurle via. Ma Erco le ammazz lu con un dardo, e le sue vacche ritolse. Se non che all*atto che an dava addosso a Latino , temendo Locro che poteste ac cedergli alcuua grave sventura , trattandosi che La tin o era uomo di gra n coraggio, e robustissimo, cambiatosi di vestito accorse in ajuto dell* ospite su o i ma da E rco le non conosciuto, e tolto anzi per uno che corresse a fare spalla a Latin o , lu i pure c on no colpo di saetta uccise: e poich si av vide dello sbaglio, l*amico pianse, e gli fece le debite esequie, e morto che fu apparve a quel popolo, ordinandogli di fabbricare una citt in quel luogo medesimo, in cui era il sepolcro di Locro* E alla citt rimane tuttavia il nome ; e con quel nome onora Lo cro . Questo il terzo Racconto ( 1) Esperia*

Iia

C LASSE PKlM ,

ila perch e questo,e i primi due l ho io poco meno che trascritti di parola in parola, iutanto che sono essi m olti, e vogliono piuttosto essere accennati brevemente ? Nel IV si parla dell* citt d Olinto e di Strimone, re dei T ra c i, daodod ragione dell* essere stato chiamato cosi il fiume che una volta dicevasi Eoneo T re figl i si suppongono nati a quel r e , Branga , Reso ed O :nto, fra i quali Reso, militando a favore di Priam o a Troja, fa ucciso da Diomede ; Olinto, affrontato avendo spontaneamente un leone, mentre si trovava a caccia, rest morto da quella fiera, fatto poi seppellire io quel medesimo sito da suo fratello B ran ca che molto il compianse ; il qual Branga ito uella Sito n ia, ivi fond una citt prosperosa e graude che dal nome del gio* viue chiam Olinto. Il V Racconto quello di certo Regino ( i ) , e di Eunomo locrio > entrambi sonatori di cetra , iti a Delfo (a). I Regitii erano separati dai Loc resi per mezzo di uu fiume detto Alex dove vedovasi la particolarit che sulle terre dei primi le cicale erano mute, e su quelle de* secondi cantavano. O r dicesi che Eunomo viuse il suo emulo ajolato dal canto di uua cicala : il qual fatto accadde di questa maniera. Avendo la cetra sette corde, una se ne ruppe nel mentre che Emnotno su onava ; e una ) Questo Regioo cbumoss Jrcp o n tf t di lui par lano Strabone, Antigono, Clemente Alessandrino y Pati santa, etl altri. (a) Ove anticamente i pi bravi som tori di cetra er.n j soliti a sfidarsi.

stogici k Btootsri fsopaiti. ia 3 cicala volata essendo sulla eetra col caoto suo sup pl al suono della corda mancante. 1 2 V I Racconto quello di M opso. Fu questi figliuolo di M anto e di A p oli o^ e morta la madre gli tocc in eredit l oracolo di A pollo io Claro C apitato nel suo ritorno da Troja, gi presa, C ai cante a Colofone, ove M opso vaticinava , i due ati ebbero gravi e lunghe cooiese tra loro, alle quali poscia mise fne A mfirn ac , re de' Licj. Im p erciocch dicendogli M opso che oon andasse alla g uerra, perch sarebbe stato vinto, e Calcante fa* cendogli animo ad andarvi promettendogli vittoria, accadde che vi and, e fu vinto. Per Io che grande onore ebbe M opso , e Calcante si ammass per dispetto. Nel V II si riferiscono i casi di Fdammone , fi gliuolo di Filo n id e 9 nato nel Tori co deH'Auica da Bosporo e da Cleobea. Ftlam mone fu giovane di eccellente bellezza , e di lui esseudosi innamorata una Ninfa ( i ) , poscia che si trov g*avida, per vergogna parti del Peloponueso, e passata al lido opposto partor T am iri II quale (atto grande, t anta lode consegu sonando la lira , che quantunque fosse forestiere, gli Sciti lo fecero loro re. Venuto poi a contesa oel canto eoo le Illuse, e proposto per premio che vincendo egli avesse alcuna di quelle io isposa, e vincendo le Muse scegliessero qua lunqne cosa loro piacesse, egli fu nel cauto su* Iterato $ e le Muse gii cavarono gli occhi. L V III parla di Proteo egizio, la cui figlia Teonoe innam o ratasi di Camobo,p\loto di M e*flao t noa pot (i) Apollodoro U chiama Argopa.

12^

C LASSS P B t U i ,

ottenere corrispondenza. Aggiunge poi come Canobo9 il quale era bellissimo giovane, partendo M enelao ed Elen a dall' E g itto , ov'erano approdati , morso da uoa vipera ebbe una gamba cancrenata, cosic ch dov morire; e da M enelao e da E le n a fa in Egitto sepolto, ove ancora una citt, statavi fondata sotto il suo nome. Auzi l'ultim a bocca del Nilo dicesi Canobo, o Canobica dal nome di quel p iloto. Il IX quello di Sem iram ide. L* autore la suppone , non come altri moglie, ma figliuola d i Nino-, e per dir brevemente tutto quello che g li altri scrittori attribuiscono ad ttosa assiria, egli l'attribuisce a Sem iram ide ; il che non so se il fa cesse pensando chessa portasse due nomi, oppure perch non fosse molto istrutto di ci che d Se m iram ide si racconta. Riferisce ancora che Sem i ram ide da prima occultamente si giacque con suo figliuolo non sapendo che fosse tale, e che sapatolo, se lo tenne pubblicamente io luogo di marito. E da quel tempo in poi , ci che prima riguardavasi come esecranda cosa , presso i Medi e i Persiani si riguard cosa lecita ed onesta che i figli si giacessero con le madri. I l X Racconto questo. Oeto> figlio di NetUtno% e d 0 **a, re del Chersonneso di Tracia, ebbe dalla ninfa M endeide una figliuola di nome Pailene . E s sendo questa ricercata in moglie da molti , Oeto dichiar che ottenuta l'avrebbe coll'aggiunta inol tre del suo regno chi lui avesse superato a prova d'armi* Rimasero per queste nozze combattendo uccisi M erope , re di Antemusia * e P e rife te , re della Migdonia, Dopo d t'ch e Oeto dichiar che

STOBlCt Z BlOGBFI .

1^5

non pi seco, ma fra di loro gli aspiranti alle nozze di sua figlia avrebbero combattuto, rimanendo sempre il premio gi promesso a chi vincesse. Vennero dunque alla prova ria e C lito , e rest morto D ria per artificio di Pailene \ il che sapu tosi da Qeto* sarebbe stata Pailene punita del fatto, se Venere di notte chiamaodo tutti i c ittadini, non avesse salvata la fanciulla dalla morte. Sceso poi nel sepolcro il genitore, Pallene e C lito sue* cedettero nel regno; e il paese mut lantico nome in quello che tolse da lei. L* X I Racconto quello del sacrifizio che i Lndj fanno ad Erco le con rito pieno di esecra zioni ; e narra come questo ebbe origine da uu Lindio, di condizione lavoratore della terra* Il fatto questo. Erco le domand a costui di che dar da mangiare ad Ilo che ne* suoi viaggi avea seco preso ; e il villano non solamente non gli diede cosa alcuna, ma gli disse anche delle ingiurie. D i che sdegnato E rco le toltogli uno de* buoi, coi qual i colui arava, fece pasto e per s e pel giovinetto, mentre il villano da luogi gli mandava maledi zioni : delle quali Erco le si rideva , dicendo non avere mai gustato pi squisite vivande di quelle ch*erano condite d* imprecazioni. Il X I I Racconto contieue alcuni fatti di TVoe, fi* gliuolo di E r ic ionio t nipote di D ardano , che regn nel paese vicino al moote Ida, e che da Calliroen fi glia di Scarn andr t ebbe Ito, da coi fu denominato I l io , ed A ssaraco , e Ganimede ^ rapito da Giove, Quell*A ssaraco regn insieme col padre in Dar dania, la quale era la reggia dei Troj : ih edific Ilio ; e vinse in uu combattimento il re dei Beb rici che chiamavasi B iia % ed ingrand assai Ilio.

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C LASSE

F im i,

Il X I I I patla di Etilla^ che fu figliuola di Lo~ m edonle, e sorella di Priam o . Protesilao condu* ceudola da Troja con altre schiave nelle sue navr, quando fu tra Mende e Scioue, ebbe gran tempe sta e a stento pot prendere le n a , ove per fur acqua dovette con tutta la sua gente iu'ernarsi alquanto nel paese. Allora E tiila volta alle altre schiave: Se, disse loro, siamo tratte coi Greci in G recie, le calamit da noi sofferte io Troja parrauooci delizie. Oude persuase lot o di attaccar fuoco alle navi*, per lo che poi i G re c i, ia potere dei quftli esse trova vanii, dovettero loro malgrado r i manersi iu quel paese, e vi fondarono Scioue, in cui con esse abitarono. Il X IV di Endim ione. Questi nacque da Aeino* figliuolo di Giove%e da Ptoiogeniat figlia di Deu calione t ed ebbe due figli , E u ripile ed Eto lo . Eto lo , uscito del Peloponneso, ed abbando nato il paese pare no, and con molti seguaci alla contrada opposta, cacciandone i Cureti che Pabitavano, e iu vece di Corel ide chiamandola Etolide* E u rip ile poi ed E li figliuole di Nettuno , inor o Endim ione, occup il regno, e la citt da rnone fondata chiam Elide. X V de'FeneaUsb e di Cerere e Proserpina , ehe Plutone senza saputa della madre rap, e con dusse ne* regni infumi. In esso detto come i Feneaiesi inoltrarono a Cerere il luogo per cui essa poteva discendere col * ed era questa una graude apertura posta iu Ciliua ( i) . Pel quel ser(t ) Detta altrmrnte CUUn*t monte di readia, presso cui era la palude 51'gia.

sto ric i

s B^ o k i r t

rao ru u .

Vtgio C re re , tra le altre cose di che 1 retrib u , 1 diede loro sicurezza che mai eento Feneatesi e oa sarebbero periti in guerra* l i X V I riguarda Prom a co e Leucocom a di Gnosso* citt di Creta. In questo Racconto dicesi come Prom aco s innamor del bellissimo giovinetto Leucocom a , e le grandi prove di fatiche, di com ba ttimenti e di pericoli che quel giovinetto pro pose a Prom aco, e che questi super, sperando la desiderata corrispondenza. Ma avendo sperimentate inutili queste cose, si mise aneti' egli a far d i spetto a Leucocom a , fra le altre setto gli occhi del medesimo ponendo iu testa come premio u l timo ad u u altro bellissimo giovane il suo elmo per la sua singolarit celebratissimo. Onde venne che Leucocom a da crudel gelosia spiuto si am* mazs di sua propria mano. Nel X V I I si parla di D lceo e Sileo , fratelli e figli di N etiuno, i quali abitavano presso il monte Peleo io Tessaglia. Tra questi Diceo era uomo giusto, conforme anche il suo nome sigufca. Sileo al contrario molestava tutti , e fu ucciso da 7 ?rcole* Questi, alloggiato di poi da D ieeoi e inna moratosi della Oglia di StUo veduta presso lo zio, che aveva preso ad educarla, la fece sua sposa.Ma ho E rco le > lontano pae>e,essa,come sommamente u lo amava , non potendo comportarne l'assenza , m or; ed E rco le sopraggiuuto mentre se ne facevano i funerali, sarebbesi gittato sul rogo ond* essere eoa lei abbrucialo, se trattenuto non lo avessero da ci fare quelli chera no presenti alle esequie. Ito poi E rc o le altrove, i vicini cinsero con ectifzio il sepolcro d i quella ragazza, e vi alzarono per mo numento i l tempio d* rcole.

I? 8

C LA SSZ P B lM A ,

Del X V III Racconto argomento questo. I L ocreai che stimano A jace essere stato della loro stirpe, quando fanno battaglia sogliono lasciare nelle loro fle un luogo vto, come se A jace fosse presente Cos avendo fatto nel combattimento che ebbero coi Crotoniati, Autoleone , uno di questi , volle penetrare iu quel luogo, e di tale maniera cingere i nemici. Ma ferito in un anca da uno spettro ebbe a fuggire ed incominci nel luogo della piaga a marcire fu tanto che, secondo l'ora colo , trasportato in Achilleo, isola del Ponto che giace di l dall Istro per chi naviga sopra la Tau rica, venne risanato, dopo avere placato ivi altri ero i, e specialmente i Mani di A jace locrio. Nel partirsi poi di l , E le n a gli commise di dire a Siescoro che se amava gli occhi e la vista che avea perduto, cantasse dolente ci che si presen tasse al suo pensiero. costui essendosi immanti nente posto a cantar ioni in lode di E le n a , riacqui st uso degli occhi. Il X IX Racconto questo. Psam ate , figliuola di Crotopot gra vida per opera di Apollo , pav a* land del padre, espose il bambino che avea par torito , postogli il nome di Lin o . Un pastore io allev per suo proprio; ma i cani del gregge lo lacerarono orribilmente. Di che caduta essa io dolor sommo, da ci il padre si accorse come si era lasciata corrompere, e credeudo falso quaulo essa diceva di A p llo , la condann a morire. Sde gnato Apollo della morte della sua amata travagli con la peste gli A rgivi ; e interrogato come potes sero liberarsi da quel flagello, rispose doversi pia* car e Psam ate e La o . Essi oltre molti altri onori

S T O R IC I

BIO G R A FI PR O FA N I.

I2 g

s tal effetto resi a que9 due, mandarono a pianger Lino uua schiera di doune e di vergini, le quali al compianto mescendo preghiere, venivano a de plorare non solo 1 infortunio di Psam ate e di Lin o , * ina eziaudio il loro proprio. si bene poi com piansero Lin o , che d'allora in poi i poeti susseguenti, in ogui genere di lamenti, per qualuuque cagione fatti, sempre v* inserirono Lin o. Auzi chiamarono Arneo il mese per significare che Lino era stato allevato in mezzo agli agnelli, ed istituirono un sa* orifzio ed una festa in onore di lu i, l'uno e Paiira chiamando col nome di Am ide* in tal giorno immolando quanti cani potessero mai trovarsi ovunque. Ma nemmeno per queste cose la peste cess, se non quando Crotopo stesso ebbe, secondo l'oracolo, abbandonata Argo, andando a fabbricare nella Megaride la citt di Tripodiscio, ove pose l a sua abitazione. II X X . Teoclo di Calcide 9 preso dai B is a lti, popoli della Tracia, abitanti dirimpetto a Pailene, nascostamente chiamando i Calcidesi trad i B i salti. I Calcidesi infatti col subitaneo assalto m i sero i Bisalti io gran disordine ; e spiotisi entro le mura, con l'opera di Bucolo e di D o lo , schiavi anch'essi col, fattisi padroni della citt ne cac ciarono gli abitauti che la possedevano. Ma avendo poscia ucciso quel Bucolo contro la data fede, piomb sopra loro P ir a d ivina; n cessarono i loro travagli se non quando conforme il responso delI*oracoIof gli ebbero eretto un bel monumento, sagrifcando a lui come ad un eroe, 1 X X I. D ardano e Giasone etm 1 ano figli di Giove avuti da E le ttr a , tgli a di A tla n te , ed abitavano F o v o t Voi, l> 9

sSo CLiSSZ MIMA, nellf isola di Samotracia. Giasone avendo teotato di stuprare lo spettro di C erere , mor colpito da un fulmine. Dardano spaventato da quanto era accaduto al fratello, si trasse al paese opposto, ov erano molti campi e il monte Id a , servendosi per traghettarvi di zattere, poich non ancora usavansi navi. In quel tempo abitava quel paese Teucro * figliuolo del fiume Scam andro e della ninfa Id e a , dal quale gli abitanti furono detti T eu cri, e Teucria fu detta la contrada. Venuto a trattato con essolui D ard an o , ebbe la met del paese, e fabbric la citt chiamata Dardania, nel luogo ove con le zattere avea approdato. Morto poi Teucro , tutto il paese divent dominio di Dardano* Il X X IL A un giovinetto cretese fu dato come amoroso il parto di un dragone. Quel giovinetto lo allev, e n ebbe assai cura , finch divenuto grande mise in ispavento tutti gli abitanti. Per lo che obbligarono il giovinetto a portare quel dra gone n^l deserto. Cotti fece egli con molto piatito. Accadde poi dopo molto tempo che ito il giovaue a caccia, venne assaltato da ladroui ; e chiamando ajuto da ogni parte , il dragone uditane la voce salt fuori dal suo nascondiglio ; e avviluppandosi ai corpi de ladroni li ammazz, e liber il giovane dal pericolo, dandogli mauifesti segni dell autica amicizia. Il X X III. Di Alessandro , o v oglia m dire P a rid e , e di Enone che, prima di rapire E le n a , egli avea sposata , fu figliuolo Corito che in bellezza supe* rava il padre. Sua madre lo mand ad E le n a si per accendere la gelosia nel cuore di A lessandro , si per macchinare uu infortunio ad Elena* Come

s to ric i s biografi profani i3 t sdunque Corico cominci ad essere pi famigliare ad Elena , avvenne che un giorno entrato Ales sandro nel talam o, e veggendovi il figlio assisovi con Elena , di tanta ira si accese che trucid il figlio pel sospetto che ne avea concepito. Enone t e per P ingiuria gi fattale , e per la morte del figlio , tra le altre imprecazioni scagliate contro Alessandro questa ancora aggiunse ( come donna indovina, e conoscitrice della virt delle erbe) che un d sarebbe stato ferito dagli A ch ivi, e non tro vando rimedio sarebbesi rivolto a lei. Cos detto s'and a casa. D i poi adunque Paride ferito gra vemente da Filoitete in una battaglia , in cui per Troja combatteva contro g li A ch ivi , e la piaga recandogli gran dolore, mentre fa ce vasi trasportare sopra un carro sul monte Id a , mand a pregare Enone che volesse guarirlo. Ma questa, cacciato vituperosamente il messo, gli fece per dileggio dire che Paride andaste da Elena. Eg li intanto per via inori di quellaspra piaga. Enone prima di sa pere tal fine di lu i, pentitasi della durezza usata, con buona raccolta di erbe si era posta a correre la strada, intesa ad avanzare il messo medesimo. E quando le fu recata la nuova che Paride era m o rto , e certamente da lei ucciso, al messo, che la nuova le rec, schiacci la testa con una pietra per P ir a in che la mise il rimprovero da lui fat to le ; poi abbruciato il cadavere di Paride , e lungamente dolutasi del comune infortunio, con la sua fascia si strozz. Il X X IV * In Tespi* citt di Beozia, situata poco lungi dal monte Elico n a, nacque Narcisso, giova netto sommamente bello, ma spregiatore damore, e

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damorosi ; laonde tutti quelli che aveano per lui concepito affetto , lo abbandonarono ; ed A m inia solo il praticava e il pregava di continuo. Ma n questo pure ascolt, ch anzi gli mand una spada ; onde quell'infelice di propria inauo si uccise alle porte di lu i, pregando Dio che volesse infine vendicarlo. Avvenne adunque che uu giorno N a r cisso contemplando il proprio volto, quale gli si ri feriva nell*acqua di una fontana, in cominci ad innamorare di s stesso furiosamente. non sa pendo trovar rimedio al suo maJe , e temendo di pagare il giusto fo della ingiuria fatta ad A m inia che tauto lo avea amato, tfi diede da s stesso la morte. Da quel fatto gli abitanti del paese, avuta risposta dallorac olo che meglio s*avesse ad ono rare PAmore, e a coltivare, oltre il comune rito , decretarono che * e gli sacrificasse anche in p ri s vato. poi presso loro opiuione , che il primo iore narcisso nascesse in quel terreno , su cui era stato sparso il sangue di quel giovane. X X V . M inosse * figlio di G iove e di Europa , fu re di Creta, e per cercar D edalo , allestita uu*armata , navig in Sicauia, oggi detta S ic ilia , ove dalle fglie di Cocao , re di quel paese, fu am mazzato. Quindi i Cretesi, volendo vendicare la morte del l oro re , mossero guerra ai Siculi Ma i Cretesi furono vinti , e ritoruaudo a casa , da una tempesta furono balzati al paese de* Japigj ; ed ivi pusero sede, fatti Japigj in vece di Cretesi. Passato del tempo una parte d*essi, cacciatane per una sedizione, ebbero dall'oracolo di avere ad abi tare ove alcuno desse loro terra ed acqua; e cosi stabilirousi nel paese de* Bo ttiei, poich trovarono

storici z biografi profani.

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ivi fanciulli, i quali per giuoco formando con ereta de* pani, ed altre fgure di cose da mangiare, que ste loro presentarono. Onde credendo verificato Poracolo,avutane permissione dal re de'Macedoni, in quel paese abitarono per la terza volta, rinnegando il nome di Cretesi, ed assumento quello di Bottiel, divenuti porzione de* Macedoni. Il X X V I narra come lo spettro di Jp o llo f detto Corno , e solito a seguire i Doriesi , fu da certo Jppota 9della stirpe d*Brcole 9 ucciso quando gli Eraclidi ritornarono nel Peloponneso. Laonde, essendo essi gravemente travagliati dalla peste, per la risposta avuta dalloracolo , cacciarono dai loro ac campamenti quell Ippota. Stava quello spettro pei Doriesi in luogo di vate ; e gli Eraclidi vera mente allora tragittarono nel Pelopouneso. QuelV Ippota poi errando ramingo gener un figliuolo, a cui, siguifcando il suo caso, diede il nome di A leta. Questi, fatto uomo, raccolta una grossa par tita di Doriesi % e cacciati i Sisifdi, i quali allora erano re di Corinto, iusieme coi Jonj loro alleati, quella citt occup di nuovo di abitatori ; e marciava contro l'Attica , quando ebbe dall'oracolo che sa rebbe stato vittorioso, se non avesse toccato il re degli Ateniesi. Avendo questi avuta cognizione dell'oracolo, persuasero a Codro%gi settuagenario, di sacrificarsi spontaneamente per la p atria; ed egli, cambiato vestito, e comparendo come uno di quelli che fanno legna, venne ucciso da un Doriese. I Doriesi informati del fatto, non isperando pi vittoria, fecero pace cogli Ateniesi. X X V II* Riferisce le imprese di D eucalione che regn nella Ftiotide, e 1 inondazione a suo tempo *

134 classe rm ma , sopraggiunta nella G recia; e parla di E lle ne, figlio di lui, che alcuni dicono di Giove* il quale, morto Deucalione , gli succedette nel regno, ed ebbe tre figli. Di questi, E o lo , maggiore d*etf giustamente volle tenere lo scettro di quel paese, a cui in addietro avea comandato, e che avea diviso mediante i fumi Asopo ed Enipeo. Di qui ha origine la stirpe E o lica : 1 altro figliuolo , chiamato Doro , avuta dal * padre una parte di popolo, port altrove una co lonia, e alle radici del Parnasso fond le citt di Beo, di Crinio e di Erineo. Da lui uscirono i Dorj. Il pi piccolo d'et, giunto ad A tene, fond la cosi detta Tetrapoli delPAttica, e prese per moglie Creusaf figlia di Eretteo , da cui nacquero Acheo e Jo n a . Acheo , avendo per imprudenza ucciso un uomo, discacciato di l , recossi nel Poloponneso, e fond la Tetrapoli acaica ; e da lui ebbero ori* gine gli Achei. Jo n a p o i, morto 1 avo materno * Eretteo , in grazia della virt sua, e della sua no bilt, fu creato re, ed ebbe il dominio sugli A te niesi , i quali da lui incominciarouo a chiamarsi Jonj, e Jooia fu detto tutto il paese. X X V III. Tenne ed Em ilea erano figliuoli di Cigno, re della Troade. Cigno* mortagli la prima moglie, ne spos unaltra, la quale furiosamente innamo ratasi di Tenne, suo figliastro, non potendo averlo a suoi desiderj, lo accus per reo dei delitto che era solamente suo. Il padre , senza cercar altro , chiuse in una cassa Tenne e con esso lui Em itea* perch oltre misura dolevasi della disgrazia del fratello ; e la cassa abbaudou al m are, la quale dalle onde trasportata ad un* isola, e dagli abitanti di essa aperta, i racchiusi in quella rimasero salvi %

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e di poi furono fatti signori dell* isol a , che s* in cominci allora a chiamare Teoedo, quando prime diceva*? Leucofri. Cigno pentitosi del fatto, e ito a quella isola, pregava il figlio dalla nave, in coi era, a mettere in dimenticanza il passato $ e que* sii perc h il padre ooo approdasse all* isola, con noa scure tagli le corde che fermavaoo la oavet da che ne venne il proverbio, trattandosi di alcun af fare risolutamente interrotto, essersi adoperata la scure d i Tenne. X X IX . I Magneti, presentemente abitanti della Magnesia d 'A sia , in addietro abitarono presso il fiume Peneo, e il monte Pelio*, e furono chiamati auche Magneti in occasione che militavano contro Troja sotto le bandiere di Protoo. Questi di poi, mentre da Troja riportavano la loro portone di bottino , in virt di un voto fatto, li colloc in Delfo ; e alcun tempo appresso , lasciando quel santuario, saliti sulle loro navi passarono io Creta. Furono per forza cacciati di l; ed abbandonata Creta navigarono in Asia ; e trovando in grave afflizione le colonie di recente fondate nella Jonia e nella Eolide, unitisi a quegli abitanti, e insieme con essi combattendo i nem ici, li liberarono dai mali che soffrivano. Finalmente passarono al sito, in cui stanno presentemente, e vi edificarono una citt che dal nome delPantica loro patria chiama rono Magnesia. X X K , Pifenio ApoIIoniate avea la cura delle pe core -consacrale al Sole. Per negligenza sua i lupi ne uccisero sessanta \ e gli abitanti cavarono gli occhi al mal pastore. Da ci venne che, sdegnatone il D io , la terra non rec pi frutti agli Apoi-

i 36 c u ss i primi , Coniati finch non ebbero placato Pitenio col loro pentimento, e eon dargli due prerlj suburbani, ed una casa a sua scelta. Era Pitenio d r illustre schiatta , ed anche tutti gli altri suoi successori ebbero la custodia delle pecore sacre. Apollonia poi, citt greca, posta nel paese illirico adja* cente al mare^ ed divisa per mezzo del fiu me Loo, il quale mette foce nel mar Jonio. X X X I. Tereo* re dei T ra c i, che stanno presso alla Daulia e ella ri manente Focide, ebbe per mo glie P r ogne, fig liu ola di Pandon?* re di Atene Costui, dopo che, preso da cieco amore per F ilo me/a, sorella di Progne , violentemente la stupr , le tagli anche la lingua per paura che rivelasse l'iniquit ch'egli avea commessa. Ma Filom ela , tes sendosi^ un peplo , sul medesimo descrisse il suo dolore : onde Progne , cos venuta in cognizione del fatto, per vendicarsi apprest in tavola al marito in orrenda vivanda il figlio. Tereo , dalla stessa bocca li Progne udendosi confermato si atroce fatto, lei e la sorella consapevole insegu con la spada, volendole uccidere entrambe : ma la favola porta che, di l fuggendo a volo, convertite P ro * gne in usignuolo e Filom ela in rondinella, v a nno tuttavia cantando le loro disgrazie. La stessa fa vola dice che anche Tereo fu mutato in upapa , ed aggiungono che costoro anche dopo essere stati convertiti in uccelli hanno ritenuto 1* ira antica , poich le upupe coutinuamente inseguono le ron diui e gli usignuoli. X X X II. Si parla di Eu ro p a , figliuola di Fenice , che spar dalla vista de9 suoi ; e si racconta come il padre mand i figli a cercarla. Fra questi fu

s tobici x ilo o ta h ruor in i. 157 anche C ad m o , il quale insieme con Proteo , te* nteodo la tirannide di B u s ir i, parti dall* Egitto Aggiunge poi come dopo avere assai girato, e non trovando traccia d'Europa^ giunsero nella Palle ne} e come Pro teo , fatti bei regali a C lito , e strettosi seco lu i in am icizia, n* ebbe in moglie la figlia Crisonoe: era quel C lito prudente e giusto re dei Sifoni d i Tracia. E come Clito e Proteo , mossa guerra ai Bisalti, aveano cacciati questi popoli dal loro paese, questo fu dato a Proteo in regno. Ma i figli cbe Proteo gener furono molto dissim ili dal loro padre , essendo riusciti ingiusti e crudeli uomini ; i quali vennero uccisi da E rco le 9 odia* tore della gente cattiva* Proteo poi scav la fossa egli medesim o a* figliuoli, e purg E rco le d all'im bratto d quella strage. X X X III. Democlo di Delfo gener un figliuolo di bellezza insigne, a cui mise nome Sm icrone; e navig a Mileto per consultare l oracolo , condu cendo seco quel giovinetto , il quale allora avea tredici anni. Ma troppo affrettatosi a ritornare in nave, imprudentemente lo lasci col. Fu Sm icrone trovato piagnente e cos derelitto da uu certo ca praio, figliuolo di E rita rso , e lo condusse a suo p ad re, il quale, saputa la condizione e la stirpe del giovinetto , lo tenne presso di s come fig lio , e lo tratt con ogni riguardo Narra pure l'autore in questo Racconto di Cicno preso insieme con due suoi figli , e del contrasto e dello spettro di Le u co te a } come questa disse a que* giovinetti cbe avvertissero i Milesj qualmente voleva essere ono rata, e doverlesi un certame gimnico di ragazzi, in te le cosa ponendo essa gran diletto Poi come Smi

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crono spos la figlia di un uomo distintissimo fra i Milesj , la quale , essendo gravida, ebbe un so* gno in cui pareale, nell'atto di dolcemente parto rire , che vedesse il sole entratole per la bocca uscirne poi pel ventre e per le iuferiori parti. Questa visione gl* indovini dissero di buon augu rio ; ed essa partor un figliuolo che dal soglio fatto chiam Branco % per significare come il sole fusse uscito di lei. quel figliuolo , che riusc il pi bello che mai si fosse veduto tra gli uomini, fu da Apollo amato , avendolo trovato a pascert le pecore; e sul luogo venne alzata un* ara consa crata ad Apollo Amante. Branco poi , da Apollo dotato dell'arte di vaticinare, diede i suoi oracoli in Didim a; ed anche oggi tra i molti oracoli che sono nella Grecia, quello de'Branchidi tenuto il maggiore di tutti dopo il Delfico. X X X IV. Morto P a rid e, Eleno e Deifobo , fi gliuoli di Priamo, vennero tra loro a contesa per isposare Elena. Vinse Deifobo per la forza e per influenza de' potenti, quantunque fosse minore d ' et. Per lo che , non sostenendo EUno tale in giuria , si ritir inoperoso sul monte I d a , o v e , a persuasione di Calcante, dai Greci ( che assedia vano Troja insidiosamente fu preso. Eleno , parte per le minacce che gli furono fatte , parte pe' re gali ch ebbe, e pi di tutto per l'od io che con cepito avea contro i suoi , indic ai Greci qualmeute era fsso il destino che Troja venisse presa con un cavallo di legno ; e di pi disse aucora che sarebbero stati padroni affatto di quella citt quando gli Achivi preso avessero il Palladio di Minerva caduto dal c ie lo , il quale era il pi

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piccolo tra* molti che v* erano. Furono dunque mandati a quel furto Diomede ed Ulisse. Ulisse fece sgabello di s a Diomede perch salisse le mura ; e frattanto, io vece di dare poi mano al compagno onde anch' egli potesse salire , Diomede corse a prendere il Palladio , ed avutolo ritorn ad Ulisse, Venendo poi via insieme, domandando Ulisse come avesse proceduto nell* impresa , D io ~ mede, che conosceva con che astuto uomo avesse a fare , rispose non avere egli preso il Palladio iudicato da EU not ma un qualche altro. Ma Ulisse da certo movimento che casualmente segui noi Palladio portato da Diomede , capi che era vera* mente quello di che si trattava; onde, postosi alla schiena di Diomede , diede mano alla spada per ammazzare i 1 compagno , onde recare egli il PaW lado agli Achivi Ma nell* atto che avventava il colpo, Diom ede , al chiaror della luna che allora splendeva, vide l'om bra della spada; cosicch Ulisse 11Q arrischi o ltre , avendo veduto cbe Q prontamente l'a ltro avea messa mano alla spada anch'egli; il quale di p i , rinfacciandogli la sua vilt, a forza di spiattonate sei fece camminare innanzi. Dt l viene il proverbio Necessit Dio medea, che suolsi usare a proposito di chi fa quello che far non vorrebbe. XXXV- Iu questo Racconto 1' autore introduce due pastori cbe pascolavano al Lisso , monte del territorio Efesino. Costoro aveano scoperto uno sciame d'api in una profonda caverna nella quale era diffcilissimo entrare. Uno di loro si mise in una cesta per calare abbasso, e 1* altro teneva la coi da a cui la cesta era attaccata , onde via via

i o classe p r i m a , far discendere il compagno. O r quegli ch'era di* sc eso , avendo trovata grande quantit di mele e d* o ro , per tre volte ne fuce tirar su piena la cesta; finito Toro grid che, non essendovi altro da mandar su , entrava nella cesta egli medesimo Ma nel dir cos gli venne in mente il sospetto che colui potesse tradirlo, e per accertarsene, in vece d* entrar nella cesta egli medesimo , vi pose un grosso sasso. L 'a ltro adunque tir su la cesta in aino al labbro della caverna, e ad un tratto la la sci precipitare nel profondo ^ quindi, seppellito Po ro , a quelli che domandavano conto del com pagno , che non vedevasi pi , disse quello che credette pi verisimile per appagarli. Intanto l'a l tro, che non ave a alcun modo di salvarsi, addor mentatosi , vide in sogno A pollo , il quale gli d i ceva che con qualche punta di pietra si facesse de*tagli sulla p elle, indi si giacesse quieto. Fece egli cos \ ed alcuni avvolto) volati al basso , cre dendolo un cadavere, cogli artigli lo presero chi ne*capelli, chi nelle vesti , e lo alzarono da quel profondo, e andarono a deporlo sano nella valle sot* toposta. Di l egli and a denunziare il fatto ai ma gistrati ; onde gli Efesini punirono come meritava 1* insidiatore, avendolo convinto del misfatto ed obbligato a mostrare a suo dispetto Toro che avea seppellito. A l pastore querelante diedero la met di quell'o ro, l'altra met offerirono ad A pollo e a D ia n a . Quel pastore , di tale maniera salvatosi e divenuto dovizioso, in memoria eterna del bene fcio consacr sulla vetta del monte un altare ad Apollo V ulturio . X X X V I. Filonom o lacedemone , avendo data a

STORICI Z BIOGRAFI PBOFAHT

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tradimento Sparta ai Doriesi * n* ebbe in mercede A micla , ed ivi mise ad abitarla uomini tolti da Imbro e da Lenno : i quali nella terza genera zione, essendosi ribellali ai D oriesi, vennero cac cia t i via da Am icle. Costoro , presi seco alquanti Spartani , sotto la condotta di Polide e di D e lfo , navigarono in Crela. Ma nel mentre che il navi* glio faceva cammino, Jpodasm o mise a bitatori in Melo ; e con ci si fece amici gli Spartani, stirpe de* Pe lie i. T utti gli altri andarono ad occupare Gortinia senza che nessuno si opponesse, ed abi tarono iv i i n sieme coi Cretesi che gi v* erano X X X V II. Riferisce che 1 isola Taso ebbe quel * nome da Taso , fratello di Cadmo , avendolo ivi lasciato Cadm o con porzione dell'esercilo che conducevano. Questo Cadmo poi dal re de* Fenicj (mentre presso i Fenicj egli medesimo avea graede autorit ) fu mandalo in Europa. Erano a quel tempo i Fenicj assai potenti di forze , e , fattasi soggetta gran parte d'Asia, aveano data sede reale in Metnf agli Egizj. Mandato dunque Cadmo, non, come favoleggiano i G re c i, per cercare Europa , figliuola di Fen ice , che Giove tramutato in loro avesse rapila ; ma perch si formasse un regno (alla quale impresa era un puro prelesto quel dire di cercar la sorella, e tale fu 1*origine di quella favola ) nav igando v erso I* Europa , lasci Taso ano fratello , siccome dicemmo, in quellsola ; ed e gli , andato in Beozia , col fond T e b e , e per mesto de* suoi compagni la circond di m ura, dandole il nome della sua patria. Oppostisi i Beozj con le arm i a que* forestieri , questi da prima re alarono vin ti i ma poi con le insidie e gli strai a-

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gemmi, e col vantaggio delle armi che que* Beozj non usavano, rimasero superiori; ch a quel tempo i Greci uon conoscevano n elmo n scudo. Cadmo adunque, impadronitosi del paese, mentre i Be ozj sopravanzati alla strage andarono a rifuggirsi nelle loro citt , mise i Fenicj ad abitare in Tebe | ed egli spos A rm onia , figliuola di M arte e di Ve* nere Per quelle armi poi dianzi uon vedute, e per le imboscate che i Fenicj usarono , e pi forse per la paura da tali cose incussa negli animi loro, i Beoaj dissero che que* forestieri erano cos ar mati venuti fuor della terra ; e la stessa denomi* nazione poi usarono parlando degli Spartani, come uomini nati dallo stesso luogo. Onde la narrazioue di Cadmo e dell*abitazione di Tebe verissima, e l* altra non che pura favola. X X X V III. Un certo M ilesio, volgendo la sua patria in r ovina sotto Arpago , figliuolo di Ciro , navig a Tauromenio, citt di Sicilia ; ed avendo depositato in mano di un banchiere 1* oro che avea, si ritorn a casa. Ciro intanto si era impa dronito di Mileto , n ivi era succeduto il male che dianzi temuto avea. And adunque di nuovo a Tauromenio quel Mtlesio per ricuperare il suo oro; ma il bauchiere, non uegando d* averlo rice~ vuto , per asseriva d*averlo anche consegnato. I l Milesio, dopo molti contrasti e molte risse, chiam colui a giurare ? e il banchiere immagin questa cabala. Avendo bucata una bacchetta a modo di tibia e messovi dentro 1* oro fuso che avea ricevuto, la chiuse perfettamente* poscia accostandosi per giurare teneudo quelk bacchetta per bastone, sulla medesima appoggiavasi simulando d* avere

STORICI S BIOGRAFI PR O FAN I.

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male a* piedi. Ma per prima di giurare al Mile sio, ch'era presente, consegn la bacchetta nell'atto eh* era per ripetere quanto avea gi detto della restituzione $ ed io quella forma , alzate le mani spergiur francamente. Sdegnato il Milesio di tanta impudenza , gett lungi da s la bacchetta, gri dando mancare ogni fede negli uomini ; e intanto essendosi quella bacchetta spezzata, si manifest come l'altro, per guadagnare quell'oro, si era fatto spergiuro. Ebbe adunque il suo oro il M tlesio, e il banchiere per la vergogna d essersi fatto co noscere per un cattivo uomo, si appicc. XXXIX. Melanto fu della razza di que' dElide, i quali fino dai tempi di Nettuno regnarono in Pilo e in Messena. Cacciato dal paese quando gli raclidi se ue impadronirono con le armi, egli, se guendo l'o ra c o lo , and io A tene, e fattone citta dino vi si distinse con pochi. Accadde poi che gli Ateniesi fecero guerra coi Beozj a cagione di Oe* eoe , e fu convenuto di finire la contesa con un duello tra i re. T im ete, che allora regnava in Atene , temendo il cimento , rinunci il regno a chiunque volesse battersi con Xanto re de'Beozj; e Melante, animato dal premio del regno, accett di combattere, e ne furono stesi i patti. A l m o mento poi d ' affrontarsi coll* avversario vide una certa figura d uomo imberbe che seguiva X a n to; e come grid alto mancarsi ai patti) giacch Xanto avea chi gli facesse spalla , Xanto , che non sa peva nulla di c i , turbatosi , si volt indietro; e eulPistaate M elante cou la lancia lo trafisse. Di tale maniera in un alto solo acquist Oenoe agli Ale* niesi e a s stesso il regno Egli certo che la

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stirpe degli Erectidi da costui fu innestata in quella de* Melantidi, del cui numero fu Codro. Gli A te niesi poi a Bacco M elaniida, in forza di uo o ra* colo, alzarono un tempio, ed ogni anno ne cele brarono una festa{ sacrificarono anche a Giove Ingannatore, appunto perch nel combattimento si erano serviti di un inganno. XL. Qui l'autore narra la storia di Andromeda differentemente da quanto i Greci favoleggiano. Racconta egli essere stati due fratelli, Cefeo e F i neo, e che il regno di Cefeo poscia ebbe il nome di F en icia , mentre per lo innanzi era stato detto di Joppe da una citt marittima di tal nom e, ed essere continato dal Mar rosso fino all'Arabia che tocca PEritreo. Ebbe Cefeo una figliuola bellissima chiamata Andromeda , che desideravano d 'a v e re in isposa un certo Fenicio e Fineo , fratello di Cejeot essendone ambedue innamoratissimi. C efto% fatto seco stesso molte considerazioni su 1* uno e l1 altro partito, deliber di darla al Fenicio e di tenere celata tale sua volont, acconsentendo che la figliuola fosse rapita. Fu essa di fatto rapita iu una certa isola deserta , alla quale era solita re* carsi per sacrificare a Venere. Ma nel mentre che Andromeda, ignara delle iutenzioni di suo padre, veniva trasportata sulla nave del rapitore F en icio , (la quale chiamavasi Balena , o perch avesse la somiglianza di quel pesce, o per altro accidente) si mise a gridare, e, lagrimando, a chiedere ajuto^ e capitato col per fortuna Perseo , figliuolo di Danae, che navigava a quelle parti, ferm il suo leguo j e , veduta la giovine , e presone piet ed amore insieme , espugn k nave detta Balena , e

a aioosAr i m o riv i. >45 i nocchieri della medesima uccise , n altrimenti furono per la paura convertiti io pietre. Questa fu quella Balena della greca favola e questi qne* gli uomini ch e , veduta la testa della Gorgona , furono trasmutati ia sassi. Perseo prese A nd ro meda in moglie , la trasport in Grecia sul suo Jegoo ; e sotto 1* imperio di lu i incominciossi ad abitare Argo. X L I. I Pelasghi abitarono in Antandro. M a , come alcuni raccontano , fu questa citt chiamata Antandro perch A scanio la diede loro in r i scatto di s , essendo stato insidiosamente da essi preso e poi rilasciato. Quel nome dato alia citt sign ificava in greco linguaggio per un uomo solo* Quel\*scanio fu figliuolo di En ea, il quale, presa Troja, regn in Ida. A ltri dell*abitare de* Pelasghi iu Antandro danno la seguente ragione. Dicono che da A p o llo e da Creusa nacque Am o , e da questo Andros* il quale abitando uoa delle isole , a quella lasci il suo nome. Ma nati tumulti, cae* eiato di l , osserv setto 1 Ida un certo sito in * Cui edific una citt che, per somiglianza deH*altra, chiam Antandro. lutauto avendo i Pelasghi tro vata deserta Andro, si posero ad abitarvi. Anche Cizico ebbe Pelasghi per abitatori; ed ecco come. Cizico, figliuolo di A pollo , regnando sopra i Pela sghi dom iciliati nella Tessaglia, e discacc iatone eoa quelli dagli E o lj, and a fondare nel Cher soneso d'Asia una citt a cui diede il suo nome* ed ivi da piccoli principi sorse a grande stato dopo che spos C lite , figliuola di Meropem che regn ne* luoghi vicini al fume Rindaco. Essendo poi capitati col i compagni di G iason e , nell*ao~ F q o i Voi* L io
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dar che facevano alla conquista del vello d 'o ro con la nave Argo, e i Pelasghi avendo inteso che quella nave era di Tessaglia, essi per l'inveterato odio che aveano contro i Tessali, dai quali erano stati discacciati, di notte lassaltarono; e nel tram- busto che nacque, Giasone per un disgraziato ac cidente ammazz Cizico nel mentre che questi cercava di far cessare il combattimento. Con C/zico rimasero morti parecchi Pelasghi, e la nave Argo fece vela verso la Colchide I Pelasghi, do lenti della morte del loro re , diedero il governo ai loro ottimati , giacch Cizico non avea lasciato erede; dipoi furono cacciati di Cizico dai T irreni, i q u ali, occupato avendo il Chersoneso e supe r ali I n battaglia quelli che erano porzione di lesj , misero sede eglino medesimi in quella citt. X L II. Gelone* siculo , volendo farsi signore del paese, trattava con molta amicizia i cittadini di Im era, e a loro favore combatteva contro i pi potenti. Per lo che il popolo tanto lo amava, che avendo domandato d'avere una guardia, volontierissimamente gli fu accordata. Ma Stesicoro, poeta Ifqeriotto, sospettando che colui mirasse a farsi re , al popolo recit il seguente apologo , conte nente un*iramagioe di quanto poteva accadere. U n cavallo, diss'egli, che pascolava intorno, andava verso una fontana per bere , quando una cerva , passando per quella campagna, nc pest l'erb a e intorbid l'acqua. Il cavallo, di ci sdegnato, era vogliosissimo di vendicarsi; ed essendo troppo in feriore alla cerva nel corso , invoc 1* ajuto di un cacciatore. Costui gli promise che facilmente lo avrebbe vendicalo dell'ingiuria avuta, pu rch vo~

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lesse prendere il morso in bocca e permettere ch'egli gli sedesse sul tergo. Cos fu fatto, e la cerva cadde traftta dalle saette del cacciatore ; ma il cavallo si accorse allora dessere stato dal cacciatore stesso soggiogato. Egual cosa , o im erio tti, io temo che accada a voi. Ora siete in liberta, e per mezzo di Gelone conquiderete i vostri nem ici, ma fini rete collessere servi di Gelone Ogni potenza con* tro chi la confer gratissima a chi P ottenne, perch non si pu ritogliere con quella facilit c on cui dianzi si confer. X L U I. G li sbocchi dell* Etna una volta manda rono fuori tante fiamme, che queste inondarono come una fiumana il paese intorno , a segno cbe gli abitanti di Catania , la quale greca citt in Sicilia, temettero lultimo eccidio. Fuggendo quindi in gran fretta , chi portava seco oro , chi l ar gento , chi ogni altra cosa che potesse essergli utile nell*esig!io. napi a ed Amfinomo , fuggendo anch* essi, non pensarono che a caricarsi de loro genitori decrepiti. Tutti gli altri intanto rimasero estinti dalla lava infiam mata , la quale intorno a questi si vide scorrere partita in modo che lasci libero dal fuoco il sito in cui erano, a siraiglianza di un* isola. Ond* che i Siculi chiamarono quel sito il luogo de* P i i , e in memoria di quegli uo mini alzaro no statue di pietra a testificazione di ta nta virt. X L IV . S i narra qui come Leodarnante e F i tre vennero a contesa pel regno de* M ile sj, nati entrambi di regia stirpe. Il popolo , assai vessato per le gare di questi , dopo avere pazientemente sofferto molti m ali, volle furti cessare, decretando

<8 CLA'SC rat MA , che regnerebbe chi miglior benefcio facesse al co mune. Aveano allora i Milesj due nemici, i Carisj e i Meliesi. Contro questi and Fitre , a cui l'im presa di quella guerra era toccata per sorte, e ri torn senza aver fatto nulla. Leodamante al con*trario , ito contro i C a risj, s) valorosamente si diport, che ne prese la citt e li ridusse in eer* vit. Ritornato adunque vittorioso a Mileto , se condo il decreto fatto, egli ne fu il re. Per lo che, secondo che prescritto avea 1' oracolo , mand ai Branchidi una schiava carisia allattante un fan ciullo, ed aggiunse parecchi altri doni e il decimo del bottino Presedeva allora al tempio ed all'ora colo Branco medesimo, il quale quella donna schiava prese a mantenere con gran cura , e ne adott il bambino , il quale and crescendo, uon come sogliono fare gli uomini, ma quasi in modo d ivin o , e divenne prudente sopra quanto mai comportasse let sua. Perci fu da Branco costi tuito nuncio degli oracoli; e diventato adulto suc cedette a Branco nell'oracolo , e fu presso i M i* lesj principio e capo de'cos detti evangelisti 9 di tal nome chiamandosi gli annnnziatori dei divini responsi* X L V . O rfeo , figliu olo di E agro e di Calliope , tfna delle nove Muse fu re de' Macedoni e degli Odrisj. E gli coltiv la m usica, e massimamente il suono della cetra, giacch i T raci e i Macedoni sono assai studiosi di quella specie di musica $ e perci fu mol to caro a que' popoli. Fu poi fama che , tratto dall amore per Eu rid ice sua moglie , discendesse all' inferno, e che ivi col canto suo si guadagnasse la grazia di Plutone e di Pro ser -

STOfelCt S 9106RAPI FftOFiKI, l4<) privis, a modo che n'ebbe in dono la moglie. Ma di tal dono egli non pot godere, non avendo os servate le condizioni che gli erano state imposte E ra egli tanto atto a dilettare col canto e a pia cere, che le fiere, gli u cce lli, le piante stesse e le pietre gli correvan dietro per la somma gio* conditi. Fu ucciso, messo a brani dalle donne Tresse e Macedoni, per non averle volute porre a parte delle sue orgie , e forse per altri m otivi ancora , giacch v ' chi dice che stato infelice per la m oglie, avea preso odio alle donne tutte. Raccontasi dunque il fitto in questa maniera t A duaavansi in certi stabiliti giorni i Traci e i Macedoni in Lib e tra , iu una casa fabbricata ma gnificamente e preparata pei riti religiosi, e prima d'entrare per celebrare l'o rg ia , ognuno alla porta deponeva le armi. Ora le donne, rabbiose di ve dersi escluse, prese quelle arm i tutti quelli che erano col dentro trucidarono, e O rfeo tagliarono a pezzi e ne gittarono in mare le membra. Nata quindi nel paese grande pestilenza , poich niun gastigo erasi dato a quelle donne , pregando gli abitanti che un tale flagello cessasse ebbero iu risposta dall'oracolo , che sarebbe la pestilenza fi nita, se trovata la testa di O rfeo , 1 avessero sot * terrata. Dopo molte ricerche finalmente essa da un pescatore fu trovata alla foce del fiume Meleto; l tuttora cantava , n dai flutti del mare per al c un modo era rimasta guasta, n in alcuna parte avea patito come pur suole avvenire ai cadaveri umaoi ; ma anzi era bella, e, dopo tanto tempo , bianca e vermiglia come quando O rfeo viveva. Fu quindi quella testa riposta entro una gran tomba,

CLA9SK PRIMA ,

la quale da principio venne circondala da un mo n umento quale s* usa fare agli eroi, futanto che in processo di tempo fu tenuto per tempio divino, ch vien egli onorato con sacrifzj e eoo tutti que* riti coi quali soglonsi venerare gli Dei Ma alle donne noo vien dato col accesso. X L V I. Mentre Troja assedia vasi, Priam o mand in- Lidia due figliuoli di E tto re , Ossinto e Sca m andro. Presa poi che fu Ilio , En ea , figliuolo di Anchise e di Venere , fuggendo da* G re c i, sulle prime and ad abitare sull* Ida , ma ritornati es sendo Ossinio e Scam andro dalla L id ia , s* impos sessarono di tutti i luoghi situati all*intoroo d 'ilio , come paese di loro eredit paterna ; ed E n e a , preso il padre Anchise e quanti pot de* profughi, si rivolse, per ordine della madre, verso oreote* Laoode , traghettato 1 Ellesponto , giunse al seoo * di mare detto Term o, ove seppell Anchise che avea cessato di vivere, e ricus ivi il regoo che gli abtauti gli offerirono. Di l Enea pass nella Brusiade, ove per la soavit del tratto, ispiratogli dalla madre, si rendette ben accetto e caro t tutti quelli coi quali ebbe occasione di praticare. Iv i , muggendo una vacca ch e, per disposizione della Stessa V enere , dall'Id a in poi lo avea sempre se guito, prese il regoo di quel paese, dagli abitanti offertogli, e alla madre quella vacca immol. Po scia edific una citt , la quale anche al presente dal fundator suo chiamasi Eneia, e col tempo, eoa qualche cambiameoto, fu detta Aeoo. Queto ci che Greci raccontano. Altramente per si narra da altri : da esso, cio , trarre la loro origine i Rom ani, lui avere fondata Alba , e u n oracolo

STORICI X BIOGRAFI PROFANI* |5 l avergli imposto di porre iv i l'abitazione sua, dove insieme coi compagni sacrificando , era avvenuto che mangiasse anche l a mensa! cose tutte gi a s sai trite. X L Y II. Aitim ene , terzo della stirpe degli Eraelidi, discendente da Temene, era in discordia coi suoi fratelli, e suscitava tumulti* come trovavast il minore di tu tti, part dal Peloponneso, condu cendo seco una grossa schiera di Doriesi e pa recchi Pelasghi* Anche gli Ateniesi in quel tempo spedirono via una colonia con Neleo e co' di scendenti di Codro . Similmente fecero i Lacede moni , i quali mandarono ad abitare altrove il popolo di Filonom o, sotto la condotta di D elfo e di Polide* G li uni e gli altri cercarono per com pagno d e ll' impresa Altemene $ i Doriesi perch navigasse a Creta con essi , giacch era doriese nehegli , e gli Jonj perch seco loro andasse in Asia. E g li non volle andare con nessuno di quelli, e prefer , come eccitavalo un oracolo , di andare a Giove e al Sole , e ad essi domanda re il luogo io cui abitare* Intendeva cos Creta essere di Giove e Rodi del Sole* Partitosi dunque dal Pelopon neso , and ad approdare in Creta , ed ivi lasci la parte del suo popolo che volle rimanervi ; ed egli con molti Doriesi veleggi a Rodi , isola an ticamente abitata da indigeai, pei quali aveano poi tenuto reggimento g l'Iliad i, dai Fenicj stati in ap presso tolti di mezzo per Toccupazioue dei paese. Q ae'Feoic) n* erano stati cacciati anch* essi, e i Carj n' aveano preso il posto , nel tempo stesso occupando questi anche altre isole del mar geo, * in esse ponendo abitazione. A questi adunque

i5a etissx m u ri * si v olsero i D oriesi, e a mano armata li caccia rono di l , e fabbricaronvi tre citt , che furo no Lindo , Ieliso e Camiro. I Doriesi adunque , pel fatto di quell'JUemene continuarono a tener Rodi fino all*et p r e s e n te , e di quelle tre citt una se ne form vasta, ricca e potente, a cui venne date il nome di Rodi come all* isola. X L Y III. In questo Racconto narra di Roma e di Romolo alcune cose diverse da quelle che altri hanno dette. Amulio fece proditoriamente morire Numitore suo fratello; e la figliuola di questo, Ilio , perch non avesse ad accoppiarsi con alcun uomo, n partorisse 4 consacr sacerdotessa di Vesta. Ma essa fu da Marte resa gravida, il quale dopo il fatto le dichiar Tessere suo , e le predisse che p artorito avrebbe due figli* confortandola a starsi di buon animo. Bla poich ebbe partorito suo aio Am uko la imprigion, e i due bambini egli diede a certo pastore perch li uccidesse. Non volle co stui macchiar le tue mani di quel sangue , e li espose su!l*a!veo del Tevere, onde l'acqua li tras portasse via. L*acqua infatti li trasport; ma dop o averli qua e l balzati, fin cou gettarli sulla ripo presso le radici di un caprifico , che ivi sorgeva assai grande , e dove il terreno era molle e sab bioso. Una lupa, la quale di fresco avea figliato , a caso passando vicino al luog, fermossi ai vag iti di que* bambin i, e come tendevano le pice iole lor m ani, loro si accost e present le sue poppe Cosi sndaronsi essi alimentando, mansuefatta pel solo loro caso quella fiera. I l che veduto da un pastore di nome Faustolo , e pensando in quel fatto scorgere qualche cosa di divino , lev quei

STOtiei n o oaavi n o r aiti t 53 fanciulli, e li educ come suoi. Lungo tempo dopo ai avvenne egli con quel pastore che li avea espo sti ; ed adito da lui quanto dianzi li riguardava, venuti gi grandi, gl*inform essere essi di regia stirpe, e generati da M arte, aggiugneodo quante alla loro madre e quanto alPavo loro era succedute. Erano essi bellissimi della persona, e robustissimi ed arditissimi. Immaotioenti adunque, preso sotto le vesti un pugnale , recaronsi ad Alba t e eomtf AmuUo non sarebbesi mai aspettato un tal caso , n teneva presso alcuna guardia, facilmente lo assaltarono e trucidaronle; indi 1* madre levaroee di prigione. II popolo poi si un volentieri ad essi* e regnarono in Alba e sui luoghi vicini. In ap* presso grao moltitudine d* uomini essendosi loro aggiunta , abbandonarono Alba ed edificarono una nuova citt che dissero Roma, la quale ora tieoe, dir cos, l imperio degli uomini, lo fede di quanto abbiamo detto accaduto, mostrasi nel F ro romano quel caprifico sacro, cinto all* intorno da cancelli di bronzo* e nel tempio di Giove cooservasi un logario fatto di piccioli vimini e di pagliuece * il quale addita in che modo vivea Famstolo. X LIX . NelPisola Anafe, che sta sopra Tera, non lungi da Lacedemone , era un tempio consacrate ad A p ollo E g leta , in cui gl* isolaui sacrificavano con on rito irrisorio*, ed ecco il perch. Mentre Giasone* ritornato dalla Colcbtde con Medea , fu eoprappreso da furiosa tempesta, a modo che, di sperando d* ogni umano mezzo per salvarsi, gli Argivi ai misero a far voti e preghiere ad Apollo Questo D io, voltando contro essi Parco, oe cscci via s pericoli t poich ia queli*istante, scoppiando

i54 et ss e raiM, dal cielo una folgore improvvisamente, il mare mise fuori un'isola , in cui essi saltarono ; e per ch quella era la prima volta che il sole la ve deva , dal fatto la chiamarono Anafe e la tennero per sacra ad Apollo* e vi celebra vano una giojosa festa, banchettando in grazia del gran male da cui erano scampati. M edea poi, unitamente alle an celle ehe Giasone , sposandola, te avea donate, di burleschi motti pizzicava quegli eroi; ed essi al trettanti ne dicevano alle donne. D 'onde nacque uso cbe gli abitatori di Anafe nella festa anni versaria, che ancora celebrano ad onore d A pollo E g le ta , si burlano e si motteggiano a vicenda, ad esempio d quei primi. L . Ecco poi l'ultimo Racconto di Conone*Alee Sandro , tiranno, fu ucciso da sua moglie Tebe* Questa era figlia di quel Giasone che una volta r egn in Tessaglia, ed ebbe tre fratelli u te rin i, generati da Eulabe suo padre, cio T isifo n o > L i cofiono e P iio la o . Ora VAlessandro di cui par liamo, avendoli sospetti, cercava di levarli di vita ; e come capiva che Tebe non avrebbe sofferta di buon animo la morte d que* suoi fratelli pens d'ammazzare anche lei. Quando costui era sobrio, sapeva tener secrete le sue intenzioni, ma ove era preso dal vino (e ci gli succedeva spesso) diceva tutte quello che avea iu animo. Avendo pertanto Tebe capito quanto meditava , tutto comunic ai fratelli, e dato a ciascheduuo di loro un pugnale, gl'incoraggi ad ammazzare il tiranno. Per fucili* tare poi l'im presa, essa abbever ben bene Ales~ sandrop e il fece assopire; quindi, licenziati i c u* Modi della camera col pretesto di v oler metterai

STORICI X BIOGRAFI PBOFSWT. )55 nel bagno, i fratelli chiam per l'opera meditata. come essi mostravansi tim id i, e massimamente il minore di e t , fra le altre cose che loro disse fu la minaccia che destato avrebbe Alessandro , e dettogli com' erano venuti per ammazzarlo. D al proprio pericolo adunque violentati, lui che dor* mi va scannarono. II che fatto , Tebe , senza met tere indugio, chiamati gli uffziali delle guardie parte con le minacce e parte con le promesse, gl'in dusse a prestarle mano onde occupare il regno Essi fecero com'essa voleva ; e di tale maniera prese il comando per s , e il titolo di re diede a T isifo n o , suo fratello maggiore. F in qui vanno i cinquanta Racconti di Conone (i) Eg li usa il dialetto attico ; grazioso e leggiadro tanto nella esposizione de* fatti, quanto nelle pa* rote; ma per qua e l contorto, ed ha qualche maniera non adattala a ll' intelligenza del volgo*

Nel volume medesimo lessi il libro di A p ollo* doro grammatico* intitolato Biblioteca (a ). Questo

(t) I Racconti di Conone possono chiamarsi, a modo nostro Novellei e per quanto apparisce, erano forse per gli antichi pi istruttive di quelle de1 nostri N o v e llie r i migliori, tra i quali se alcuno potesse a lui paragonarsi, forse sarebbe questi il Bandetlo. (a) Noi non P abbiamo pi intera , ma ne abbiamo la parte pi preziosa, che quella che riguarda la Sto ria mitologica. Sarebbe un gran tentativo quello di cercare a conoscere P arcano senso di ci che al co* mone degli uomini e paruto favoloso e stravagante sino alPsssurdit. Possiamo noi credere gli nomini si stolti

l56

CLASSE PltVA v

conteneva tutte le antichissime storie de* Greci, e quanto quei tempi fecero credere intorno agli Dei ed agli eroi coi nomi de*fium i, de* paesi, delle na zioni e delle citt; e riferisce la maggior parte delle vecchie cose, discendendo sino ai tempi di Troja Fa quindi menzione de* combattimenti eh* ebbero fra loro, e d*altre imprese di parecchi campioni e degli errori di alcuni d*essi, minata che fu Troja, e specialmente di U lisse , con cbe termina la se rie delle cose antiche. La pi parte di questo libro una compendiosissima narrazione , non a) certo inutile a chi vuol sapere le antichit. A que sto libro erano aggiuoti i seguenti versit Se qua nto scritto qui leggi, ti fa De* secoli trascorsi aperta innansi La serie ioler. Del meonio vate N tu avrai poscia a consultar le carte, N a ricercar quaoto eoo dolci versi Cant&r le Muse o in flebile elegia, O in tremende tragedie. In me qualunque Cosa il mondo grandissimo comprende Tu troverai ; altro a te non fa d* uopo*

da tener conto e da riguardare come sacre tradizioni di tal carattere? O non dobbiamo piuttosto sospettare che sotto una corteccia, forse dal tempo, e massima mente dai poeti , adulterata anche pi del bisogno , siasi ascosa una profonda dottrina? Cbe nn qualche bell* ingegno mediti su questo dubbio. Egli solo pn trarre la verit dal cupo posso in eui giace.

stojuci s

s ioGiiFi

raorsm.

CTESIA GNIDIO
nzLtz cosa na* n asu m , usai xxnt. Ne* p rim i sei libri tratta di quanto concerne i C. fatti degli A ssirj, e tutte le cose che precedettero ali* imperio persiano ^ n di quanto appartiene a questo iocomincia a parlare se non se nel libro settimo. In questo e ne* susseguenti , sino a tutto il tredicesimo , autore scrisse ci che concerne a C iro a Cam bise , al M ago ( t ) , a Dario e a Serse , e quasi in tutto diversamente da ci che scrisse Erodoto , che Ctesia (come quegli che scri veva dopo) dice bugiardo in molte cose e fabbri catore di favole. D i s parlando poi, dichiara aver veduto co* suoi proprj occhi la maggior parte di quanto racconta , e di ci che non vide essersi informato dai Persiani medesimi , e quindi avere data mano a scrivere la storia. N dijsente sola mente dai racconti di Erodoto , ma in alcune cose anche da < Senofonte , figliuolo di G rillo . Ctesia fior ai tempi di quel Ciro, che, nato di D ario e di P a risa ttd e , fu fratello di A rtaserse , venuto al trono di Persia. Incomincia dal dire di A stia le , che chiama an che s ty ig a n , non avere egli avuta nessuna pa rentela con C iro ; essere poi questo Astiage fuggito dal cospetto di C iro in Ecbatana , ed ivi da sua figlia A m iti e da Spitam a , marito di lei , essere (0 Da Ctesia chiamato Sfinadat* , e da Erodoto Smerdi.

i5 S

c la sse

p r im a

stato nascosto ne* sotterranei del palazzo reale; e che sopraggiunto colli Cir o, comand che fossero messi ai tormenti non Spitam a solamente ed A m ili, ma anche i loro figliuoli Spitace e Megaberne. A stiage, onde per cagion sua que*suoi nip o ti, giovinetti, non fossero tormentati, usc del suo nascondiglio, e da Oebara fu messo in ceppi. Fu per poco dopo fatto sciogliere da Ciro , e tenuto da lui ri spettosamente in luogo di padre ; il qual Ciro inoltre , dopo avere onorata come madre A m iti, fin con farla sus sposa , essendo gi stato ucciso Spitam a , di lei marito , perch quando cercavasi A stiage, mendacemente avea detto non sapere ove fosse. Queste sono le cose che intorno a C iro Ctesia racconta , diversamente da quanto ne ha dett Erodoto . Aggiunge poi aver Ciro fatta gnerra ai Battriabi, e il combattimento seguitone essere stato di suc cesso eguale. S e non che avendo poscia i Battriani saputo che Astiage si era fatto padre di Ciro, e cbe A m iti n*era divenuta moglie, spontaneamente ai erano sottomessi ad Am iti e a C iro . Narra inno)tre cbe Ciro fece guerra ai S a c i, e prese Amorge, loro re, marito della regina Sparetra , la quale, veduto preso lo sposo, raccolse essa me desima Tesereito, e continu contro Ciro la guerra, mettendo in campo trecento mila uomini, e dugento mila donne, con le quali forze venuta a battaglia vinse C iro , e con parecchi altri prese vivo Par m iset fratello di A m iti, e tre figli del medesimo : a riguardo de*quali poscia pot riavere il marito, essendosi fatto cambio dell'uno cogli altri. ftarra pure che Ciro, confederato eoa Amorge,

Stobi ci s Biocasn b ofaitu fece guerra a Creso , e and a Sard ii come per consiglio di Oebara messo avendo intorno alle mora di quella citt figure di legno rappresentanti Persiani , tanto spavento presero gli abitanti di Sardi che questo fatto facilit la conquista di quella citt ) e co me prima chessa fosse presa venoe dato in ostaggio il figlio di Creso 9 essendo stato quel re in gannato da certo spettro divino^ e come cercando egli di tessere insidie gli fu sotto gli oc chi ucciso quel figliuolo; e la madre di lui, vedutolo accidere, si precipit gi dalle m ura; o perci rimase morta. Presa poi la citt* Creso and a ri* fuggirsi in un tempio di Apollo* Iv i tre volle legalo da C iro , tre volte per certo incauto rimase sciolto, quantunque il tempio fosse chiuso e sug ge/lato , e Oebara navesse la custodia. Del qual latto credutisi autori quelli che erano stati legati ivi insieme con Creso , furono decapitati; e Creso fu condotto nella reggia, e legato pi strettamente; se non che vennero tanti tuoni e tanti fulm ioi che Creso rimase di bel nuovo sciolto ; onde infine C iro , a suo malgrado, il lasci libero; e d allora in poi s cortesemente il tratt cbe gli diede una vasta citt dalla parte di Ecbatana, chiamata Ba rene, nella quale erano cinque mila uomini a ca vallo, e dieci mila fanti, gli uni armati di scudo, gli altri di dardi e di saette. Ciro poi mand in Persia l*eunuco Petisaca, il qu ale assai presso di lui poteva , onde dal paese deBarcanj conducesse Astiage a lu i, desiderando al egli che la figlia Am iti, di rivederlo; e Oebara diede per consiglio a quell eunuco che lasciasse Astiage in qualche deserto luogo , ove dovesse

i6 o classe fr i ita , morire di faine e di sete* e cos colui fece. Ma svelatasi per un sogno tale iniquit, queir eu nuco fu da Ciro dato in mano ad A m iti, secondo che pi e pi volte avea dimandato^ ed avutolo, primieramente gli avea fatto cavar gli occhi, indi cavar la pelle, e in fne lo avea fatto crocifggere. Oebara , temendo che il simile toccasse a lui, seb bene Ciro lo assicurasse del contrario, mor da s stesso, negatosi per dieci giorni il mangiare* In quanto ad A stiage , egli fu splendidamente se polto: ed era accaduto che il suo cadavere fosse rimasto intatto dalle fiere del luogo deserto, io che era stato abbandonato * essendone stati a guardia de* leoni per tutto il tempo iu cui Petisaca era ritornato a portarlo via di li. Ciro and coU'esercito contro i D erbici, dequali era re Am oreo Ma quelli messi improvvisamente fuori elefanti, da qaesti la cavalleria di lui fu messa in fuga. L*iste$so Ciro cadde gi del ca va llo ; e un Indiano (perch gl *Indiani erano au siliari dei Derbici* e quelli che loro aveano som ministrali gli elefanti) lo feri con un dardo in uoa coscia, deila quale ferita di poi mor Intanto per i suoi famigli accorsi lo presero per anche v iv o , e lo trasportarono alP accam pam elo. Nella batta glia seguita morirono molti Persiani } o di m inor numero furono i Derbici , de* quali si contarono dieci mila. Udito il fatto occorso a C ro, Amorge a c corse conducendo iu ajuto de'Persiani in gran fr e tta venti mila uomini a cavallo * e venuto! di b el nuovo a giornata tra Persiani e Derbici, i Persia n i, combattendo insieme coi Saci valorosissimante , ebbero la vittoria, morto essendo nella zuffa il re

t Bioeasn psor a 6 dei Derbici Am oreo * con due suoi figliuoli, e trenta m ila di sua gente* quando de* Persiani e Saci non mancai ono cbe nove mila nomini. Per quella v it toria C iro fu padrone del paese. Ciro poi essendo prossimo alla morte fece re Cambise* suo figliuolo maggiore i e a T am ioraree, figlio minore* asse gn in dominio il paese de* B attriani, e quelli dei Coram nj, de* Parti , e de* Cara mani , esentandolo da ogni tributo; e provvide pure signorilmente di Stalo i figliuoli di Spitam a , dando a Spitace i Derbici* e a M egaberne i Barcanj, con che in tutto avessero a dipendere da A m iti loro madre ; e volle che datesi a vicenda le destre* e tra loro* e con Amorge facessero amiczia t u lli, la benedizione largendo a quelli cbe si conservassero beo affetti ed al contrario imprecando tremendi mali ai prim i che rompessero l* alleanza. Cos fatto cess di vivere, tre giorni dopo cb*era stato ferito, dopo no regno d treot*anni. E qui finisce l* undecimo libro di Ctesia* Il lib ro dodicesimo di Ctesia i ncomincia dal regno di Cambise. L a prima cosa chegli fece fu di far trasportare in Persia per opera dell'eunuco Bagapata* il corpo del padre* siccome questi avea ordinato. Io quelli poi che presso Cambise aveano maggiore credito, era A rta sira ircaoo, e gli eu nuchi itab ate * Aspadate ; Bagapata fu poi in fluentissimo sopra tutti presso Ciro* Bagapata * dopo cbe oon visse pr P ttisa ca , comandava esercito contro l'Egitto, e il re di quel paese Am irteo * che anche vinse* giovatosi dellopera di Combafeo* molto innanzi uella grazia del monarca egzio, e che per tiadimento consegn ai Persiaui i ponti e i luoghi fi/ ito , P o i. L il
sto rici

i6 ?

classe

p* iu a

forti, con che Cambise gli desse il governo del* PEgitto, che di f&tto egli ebbe; poich Cambise glie Pavea fatto promettere da prima per mezzo d* Izabafei cugino di co lu i, indi di bocca propria. Venuto poi vivo nelle mani di Cambise quel re Amirteo, noo altro gli accadde che dessere man dato a confino iu Susa con sei mila Egizj eh egli medesimo si scelse a volont sua. Fu dunque sot tomesso tutto P Egitto con la morte in battaglia di ciuquanta mila Egizj, e di settee due Persiani. Intanto un mago che avea nome Sfendadate, per alcun delitto commesso stato fatto frustare da Tanioxarce^ fratello di Cambise, and a questo, ed accus Tanioxarce che gli tramasse insidie , adducendo in prova cbe noa sarebbe venuto a lui se Cambise lo avesse chiamato. Cambise lo chiam infatti ^ ed egli avendo allora alcuna im presa per mano differ Pandata. Dal che il mago tanto pi si anim in supporlo di ree intenzioni. A m iti, a cui non isfuggl l artifzio calunnioso dei mago, andava dicendo a Cambise che uon credesse a colui $ e Cambise fnse di non credergli, e gli credeva interamente. Chiamato poi la terza volta Tanioxarce and finalmente, e il re lo accolse e lo abbracci come se ninna sinistra idea avesse di lu i; ma in suo pensiero meditava, senza dir nulla alla madre, di ammazzarlo: come poi segu^ e fu il mago che al re ne addit il modo seguente. Era egli similissimo di volto e di persona a TV* nioxarcei e quindi gli sugger che e in privato e in pubblico desse ordine che gli si tagliasse la testa come a falso delatore contro il fratello, e che intanto di nascosto facesse uccidere Tanto*

STORICI a BIOGRAFI PROFHl. *65 xarce , e vestir lui mago degli abiti del fratello, onde da questo si cre desse Tanioxarce vivente. Cos fu fatto: che Tanioxarce inori , obbligato a bere il sangue di toro; e il mago fu teuuto per. Tanioxarce ; n la fraude per lungo tempo si seppe da altri, fuorch da Artasira , da Bagapaten e da Izabate* stati da Cambise adoperati per co n fidenti della cosa. Cambise poi, chiamato a s L a bito* che tra gli euouchi di Tanioxarce era il prin cipale, e con costui gli altri , e loro mostr il mago sedentesi ornato delle vesti dell* ucciso , e domand loro se conoscessero Tanioxarce A cui Labizo rispose quale altro rico noscerebbero essi mai per quello? tanta era la somiglianza apparente del mago. Fu quindi mandato al paese de'Baitriam i, e col govern, come se stato fosse verameute Tanioxarce medesimo. Cinque anni dopo tutto {'occorso tid Amiti rivel Peunuco Tibeteo, che il mago avea cacciato dalla sua corte ; e Amiti do mand a Cambise che le desse nelle mani Splene che egli segandole, Amiti lo colm di dadatei maledizioni, e preso il veleno mor. Accadde poi, cbe facendo Cambise un sacrifizio, non venne fuori sangue dalla vittim a scannata; il che incominci a gravemente turbare quel principe; e il turbamento suo maggiore crebbe di poi al partorire che g li fece Rossane uo figlio senza testa; dal quale pro digio i maghi predissero ch'egli sarebbe morto senza lasciar successore. S'aggiunse inoltre che di notte gli apparve in sogno la madre, la quale or ribilmente il minacci del gastigo dovuto al fra tricidio commesso: cosa cbe all'ultim o grado spa vent Cambise. Per lo che andato iu B abilonia, e

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CLASSE PftlU ,

postosi per passatempo a pulire con un coltello uu legno, malamente dirigendolo gli and a ferire il muscolo della coscia, e undici giorni dopo questo caso mori, avendo regnato diciotto anni* Bagapate e Artasira , prim a che Cambise mo risse, pensarouo fra loro di chiamare al trono il m ago; e cos fecero, morto ch'egli fu. Era ito Habate a trasportare il corpo di Cambise nella Persia; e veduto al suo ritorno sedersi su! trono sotto il nome di Tanioxarce il mago , prese a palesare a tutto l'esercito il fatto; e avendo do vuto rifuggirsi io luogo d'asilo, fu di 1 tratto ed 4 ucciso. Ma sette illustri Persiani cospirarono in sieme uniti contro il mago, e furono Onofa, Iderne9 Not'odabate, Mardonio, Barise, Ataferne e Darlo, figliuolo d ' istaspe . Questi preso d'accordo con certo, chiamarono al loro consiglio anche Artasira e Bagapate , i quali tenevano le chiavi di tutti i luoghi della reggia ; e per opera di costoro en trati tutti sette in palazzo, diedero addosso ai mago che dormiva eoo una coucubiua detta la Babilonese . Costui svegliatosi ai colpi, s'alz ratto, e uou avendo alcun'arma presso,ptich/fuga/i{e avea avuta l' attenzione d levarle tutte di l, spezzata uua sedia dorata, con un piede della medesima incominci a menar le mani anch'egli ; ma so praffatto da que'sette cadde pieno di ferite l'o t tavo mese dach regnava. Regn poscia di que'sette D a rio , attesoch il cavallo di lu i, per certo artifizio, era stato il pi imo a nitrire all'alzarsi del sole; e questa era stata la prova fra loro convenuta. poi da dire che il giorno in cui il mago fu ucciso* di)cune presso

STORICI e BIOGRAFI FROFAK1.

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i Persiani festivo , e si celebra tutto ra sotto il nome di Mago fonia D ario avea ordinato che se gli costruisse il sepolcro sopra una montagna che avea due vette; e stavasi costruendo, quando, volendo egli andare a vederlo, i Caldei, e i suoi genitori nel distolsero. Questi per vollero salire col ; e morirono precipitati al basso , poich i sacerdoti che li traevano in alto, atterriti alta vista di certi serpenti rilasciarono le corde. Rec altissimo do lore un tal caso a D arlo t e fece tagliar la testa a quelli che erano stati incaricati della condotta , i quali furono quaranta. D ario inoltre ordin ad *iam m ef satrapo di Cappadocia, una spedizione nella Scizia, e di con durne schiavi nomini e donne. Eg li and con trenta navi , ciascheduna di cinquanta remi ; e tra gli altri prese M asagete, fratello del re degli Sciti, che trov prigione, condannatovi dal fratello per male zioui fatt e. Di che sdegnato il re degli Sciti, che chiama vasi Scitarce , scrisse a D ario lettere piene di contumelie; e in egual tuono D ario rispose a lui. Questi poi radunato un esercito di ottocento mila uomini, e messi ponti sul Bosforo, e sulflstro, marci per quindici giorni contro gli Sciti. Allora i due re si mandarono a vicenda u n arco* e ve duto D ario che quello dello Scita era assai pi forte del sue, fuggendo pei ponti che diauzi avea fatto costruire, in gran fretta li fece rompere prima che tutto il suo esercito fosse ripassato. D*onde venne che ottaota mila de* su o i, da lui di tate maniera abbandonati in Europa, furono uccisi da gli Sciti. Passato poi D ario il Bosforo , le case e i templi abbruci de*Ca!cedonesi, poich costoro

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c l a s s e prima ,

aveano cercato di rompere i ponti da lui fatti p orre presso la loro citt, ed inoltre aveano ro vesciato un altare, eretto da lui. quando la prima T o l t a p a s s , ad onore di Giove diabate Ho, Accadde poi anche cbe l ammiraglio della flotta persiana, D a ti di nome, venendo dal Ponto, si pose a deva stare le isole, e la G recia, a cui andato incontro M ilziad e , presso Maratona vinse i Barbari con la nccisioue di D ati medesimo, il cui cadavere ai Persiani, che caldamente il domandavano , fu ae rato. D ario ritornatosi in Persia, dopo avere fatto gli usati sagrifizj, e sostenuta una malattia di trenta giorni, m or, avendo visAtito dodici anni prima dessere re , e treni uno sul trono. Mor pure A rta sira ; e Bagapate fini di vivere dopo essere stato sette anni alla guardia del sepolcro di D ario . A lui successe Serse , suo figlio, presso il quale sommo credito ebbe rtabano, figliuolo di A ria s ir a , non essendo meno influente di quello che stato fosse dianzi suo padre. Cosi fu anche di quel vecchio M ardonio : e N atace and nella potenza sopra tutti gli altri eunuchi. Serse prese a moglie Am istru figlia di Onofa , dalla quale gli nacque D ario ( i ) , e dopo due anni n'ebbe un secondo chiamato lstaspe*9 indi per terzo rtaserse, Ebbe ( 1 ) Qui Fozio lo dice Darico. Ci non vuole dir altro , che (o abbia cambi-ito o avesse cambiato Ctesia) sempre pi si verifica che i Greci storpiarono, e snaturarono tut ti i nomi de* popoli, da essi chiamati Barbari $ cosicch malamente si possono oggi da noi confrontare sulle storie persiane, chtnesi e tartare.

S TORICI

E BIOGRAFI FROF4NI.

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pure due fglie, una chiamata Amiti dal nome dell'ava, e l'altra Rodoguna. S'erse prese a voler fare la guerra afGreci, s per ch i Calcedouesi aveano tentato di rompere, come gi s* detto, il ponte fatto da Dario, si perch aveano rovesciato Pattare da quel re alzato a Giove ; ed oltre ci anche per aver negato di consegnare il cadavere di Dati ucciso dagli Ateniesi. Ma prima di quella spedizione volle recarsi a Babilonia, e visitare il sepolcro di Bel'tana, il quale per opera di M ar donio vide ; ma non pot , coni1era stato scritto , empiere P urna detPoIio. Di l passato essendo ad cbatana gli venne avviso che i Babilonesi si erano ribellati, ed ucciso aveano Zopiro% capitano col delle truppe. E di queste cose ancora Ctesia parta differentemente da Erodoto. Quello poi che Brooto narra di Zopiro , se si eccettua ci che riguarda la muta di lu i, la quale partor, nel ri manente Ctesia Io attribuisce a Megabise^ genero di Serse , la cui figlia Amiti egli avea sposata. Cos Megabise fu quegli che prese Babilonia , e Serse, tra le altre cose, gli don una mola d oro pesante sei talenti % regalo che presso i Persiani si reputa il maggiore di tutti quelli che il re possa dare. Serse adunque radunato P esercito persiano, che, oltre i carri, fu di ottocento mila uomini, e di mille navi, messo un ponte presso Abido , pass nella Grecia. Ad Abido gli si present prima di tutti Demarato lacedemone, il quale lo distolse dal* & I I invadere Io stato di Sparta. Indi per mezzo di Artabano, che comandava dieci mila uomini, Serse combatt bile Termopili con Lenda, generale de Lacedemoni \ nel qual fatto d armi perirono

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mseramente le truppe persiane, mentre delle la cedemoni non mancarono che due o tre persone. Altri ventimila uomini obblig il re ad avanzarsi $ e questi pure furono sbaragliati. E quantunque , spinti a forza di frusta, que* venti mila fossero stati vin ti, il giorno dopo Serse ordin che marcias sero altri cinquanta mila; e non avendo questi potuto rompere i nemici, egli sospese ogni altro combattimento. Erano nelTesercito Tessalo, i Cailiadif principi de*Trachinj, e Tim aferne. i quali, chiamati da Serse insieme con Demarato ed E%ia dEfeso, dissero non essere possibile vincere i L a cedemoni, se non si fossero obbligati a combattere circondati da ogni parte da truppe. Perci dati a que* due principi trachinj quaranta mila Persiani, essi per siti inaccessi passati oltre, giunsero ad assai* tare i Lacedemoni allespalle;i quali di tal modocir* condati, valorosamente combattendo morirono tutti. Serse mand poi un esercito di centoventi mila uomini sotto il comando di Mardonio coutro quei di Platea, istigatori di quella impresa i Tebani ; e a Mardonio si fece innanzi Pausania, lacede mone, con soli trecento de* suoi, cou mille uomini di Platea e con sei mila delle altre citt. L eser cito persiano ivi fu rotto, e Mardonio ferito fu costretto alla fuga. Questo Mardonio medesimo spedito da Serse a dare il sacco al tempio di A pollo , fu oppresso da una grandiue portentosa con gran dolore del re. Serse di poi and colleser cito ad Atene; ma gli Ateniesi, saliti sopra cento dieci triremi, ricoveraronsi nellisola di Salamina ; e trov deserta la citt , la quale egli ioceudi , salva la sola rocca , cbe alcuni ivi lasciati segui-

STORICI z BlOGfiAFf PBOFANI 16 9 lavano a difendere ; se non che esseudo in foe fug giti anch* essi, quella rocca fu pure incendiata. Indi portatosi il re ad uno strettissimo luogo del* l'Attica detto Eraeleo, incominci a far costruire uo argine verso Salamina col disegno di penetrare per terra in quellisola. Per consiglio per di T emistocle e di A ristide, ateniesi , furouo chia mati saettieri di Creta, e giunti impedirono i la vori. Indi si venne ad una battaglia navale tra Persiani e Greci: quelli aveano oltre mille navi, e n* era ammiraglio Onofa\ questi ne avevano set tecento. Nondimeno i Greci viusero, e i Persiani perdettero cinqueceuto delle navi loro ; e Serse stesso per artifizio di Aristide e di Temistocle prese la fu ga, essendogli di tutto l'esercito suo, ne* varj combattimenti s e g u i t i s t a t i uccisi non meno di centoventi mila uomini. sseodo il re passato in Asia v e andato verso Sardi, a Megabise volle dare ordine di nuovo di gire al saccheggiamento del tempio di Delfo ; e ricusando egli d*esporsi unaltra volta a quel cimeoto, v*aod in veee sua l euuuco Mataca, non temendo colui d* insultare Apollo e rubarne quanto ivi era di prezioso. E cos fece, ritornatosi poscia al re. Il quale intanto erasi tratto in Babilonia , ove Megabise gli port querela contro sua moglie Amiti che dicemmo gi essere fglia di Serse, come rea dadulterio t del qual fallo dal padre rimpro verata acremeote, essa con alto animo dichiar es sersi comportata da donna casta. Artabano poi che molto poteva presso Serse9 e l'eunuco Spamitre , uon meoo di Artabano iu grazia del re, si accor darono ad ucciderlo ; e cos fecero , persuadendo

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pii i m a ,

ad rtaserse che quella iniquit fosse stata com messa dall*altro figlio D ario, sicch da riabano condotto questi nel palazzo di rtaserse , non ostante che con g>an clamore gridasse non essere Ini al certo parricida, fu tolto di vita Fu dunque rtaserse il re per opera di A riabatto. Ma anche alla vita di lui Artabano insidi; e comunicato il suo disegno a Megabise* pel so spetto dell* adulterio della moglie Amiti assai tri ste, con giuramento si assicurarono luno dell al tro. Se non che questi rivel il tradimento, e A r tabano fin col genere di morte che avea destinata ad rtaserse. Allora venne alla luce quanto erasi fatto contro Serse a Dario ; ed anche A spamitre^ che della uccisione di Serse e di Dario era stato consapevole fu ammazzato, ina eon tormenti atro cissimi. Dopo la rhorte di Artabano nacque un combattimento tra i compagni della congiura di colui e gli altri Persiani ; nel qual combattimento furono morti i figlinoli di Artabano ; e Megabise stesso rest gravemente ferito. Del cui caso assai piansero rtaserse, Amiti , Rodogune e Amistri, loro madre. Finalmente per , sebbene a grande stento, per la diligenza di Apollonide, medico di Coo, egli guar. Ribellarono ad rtaserse i Battriani insieme con un satrapo, di nome anch9egli Artabano ; e nella prima battaglia che si diede , le cose anda rono del pari: ma in una seconda, soffiando in faccia ai Battriani un gagliardissimo Vento, A ria * serse rimase vittorioso; e tutta quanta la Battriaaa se gli umili. Ribellatoglisi anche PEgitto, caporioni della sol-

STOBI CI E BIOGRAFI PROFANI .

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levazone Inaro lidio , ed uno del paese ; i quali tutte le cose necessarie per sostenere la guerra allestirono ; e gli Ateniesi somministrarono ad Inaro quaranta navi. Per lo che rtaserse avea in animo di recarsi in persona a quella impresa, da cui avendolo i suoi ministri dissuaso, mand ih Egitto con quattrocento mila uomini, e con ottanta navi suo fratello chement. Inaro venne al fatto darmi con questo principe ; e gli Egizj vinsero, ed chernene ferito da Inaro mor, e ne fu portato il corpo ad rtaserse. Anche sul mare Inaro fu vittorioso , copertosi nella battaglia, che segu, di somma gloria CarUirnidat che comandava le quaranta navi mandate dagli Ateniesi: di cin quanta navi persiane che ebbero parte nella bat taglia 9 venti furono prese insieme con gli uomini che v* erano sopra, e le altre trenta si affondarono. Dopo un tale disastro fu mandato contro Inaro Megabise, il qu ale, oltre le truppe rimaste, con dusse un esercito di dugento mila uomini, e tre cento navi, comandate da Orisio ; a modo che non contate le navi , egli venne ad avere un mezzo milione d uomini* poich quando chernene mori, de* qnattrocento mila uomini uf erano periti cento mila. Fieramente adunque si combatt; e v* ebbe gran numero d morti da entrambe le parti ; mx i pi furono gli Egizj. Megabise infine fer Inaro io una coscia, e lo mise in fuga: con che i Per siani preso maggior coraggio restarono vincitori. Inaro poi and a ripararsi in Bibli, citt d e ll'E gitto assai forte, e con esso andaronvi tutti i Greci die erano rimasti o dalla battaglia seguita allora, o da quella che si era data da Carirnittde. Oude

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tutto l'Egitto, fuori che B ibli* si diede a Megabise E perch Bibli parea inespugmtbile, Megabise ve nuto a trattato con Inavo e coi Greci, le cui forze erano oltre sei mila uomini, pattu, e giur che ni uno d'essi avrebbe sofferto nulla per la parte del re, e i Greci sarebbono ritornati liberamente al loro paese. Avendo pertanto affdato il governo dell'Egitto a Sartamano% egli con / n e ro , e coi Greci and ad rtaserse, il quale trov ferameote sdegnato contro Inaro a motivo ch'egli avea ucciso chernene, fratello di esso re. Megabise diede conto di tutte le cose avvenute, e della parola sacra data avea nel trattato di Bibli ad Inaro ed a' Greci i di modo c b e , pregando e ripregaodo che questi fossero salvi, fu esaudito ; e ritorn all'esercito teuendo per certo che n Inaro, n i Greci avreb bero nulla a soffrire. Ma miti%dolentissima della morte del figlio chernenet crede va si oltraggiata, se Inoro e i G reci uon le scontassero tanta perdita. Per la quale cosa l domand al re che per non le accondiscese. Voltossi essa a Megabise i e questi aucora stette fermo nel primo proposto. Ma foalmeute non istancandosi di annojare con replicate domande il figliuolo, ottenne quanto desiderava % e dopo cinque anni il re le abbandon Inaro e i Greci. Essa fece inchiodare Inaro sopra tre cro ci; e non aveodo potuto prendere de'G reci che cinquanta pers one, a questi fece tagliare la testa. Di questo fatto acerbamente afflitto M egabise, domand che gli fosse permesso di ritirarsi nel suo governo della Siria, dove occultameute avea man dati gli altri G r e c i, e finalmente avendo potuto

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recarsi col . si tolse dalla divozione del re, rac cogliendo da per tntto soldati, cosicch oe mise in sterne Ira fanti e cavalli cento cinquanta mila. F a con dugento mila mandato contro di lui Osiri\ e venuti petto a petto Ostri e M egabise, ferironsi V un l*alt ro t Osiri fece a Megabise uoa piaga sella coscia profonda due dita, e Megabise feri l u i , prima in una coscia, e poi in una spalla, a modo che cadde da cavallo. Ma oel cadere aven dolo Megabise abbracciato, ordin che fosse la sciato salvo* Molti Persiani perirono in quella bat taglia dove Zopiro e rtifio, figliuoli di Mega bise , comportaronsi vaio rosi ssi ma mente; e Megabise ebbe uoa grande vittoria. Procur poscia che Osiri fosse con somma attenzione guarito ; e lo mand anche ad rtaserse che il chiedeva. Un altro esercito intanto gli fu spedito contro , ed insieme Menostrate, figliuolo di rtario. Era questo A rtario satrapo di Babilonia e fratello di rtaserse. Quindi si diede un'altra battaglia; e i Persiani fuggirono, e Menostrate fu da Megabise ferito in una spalla; e poi nella testa, ma non mortalmente. Fugg per anch egli con tuiti i su o i, e lasci a Megabise una vittoria splendidissima. Dopo questo fatto rtario sped messi a Megabise invitandole a venire col re a patti. Rispese Megabise che di venire a patti col re non avea difficolt veruna; ma che non sarebbe mai aodato alla corte, e che soa deliberazione era di starsi nel suo governo. Partecipate queste cose al re. rtoxare, eunuco pafagone, e mistri medesima sollecitano ria* serse al trattato ; e furono mandati a questo e tetto rta rio , e la moglie Am iti, e iusieme con

174 et ASSE PRIM , A questi A rloxare, che allora avea ventan n i , e Petita, figlio di Osiri % il quale era anche padre di Spitama. Costoro con mille discorsi e giura menti assicurando M egabise, a grande stento la persuasero ad andare al re. AI quale ritornato, il re dichiai di perdonargli quanto avea fatto. Dopo alcun tempo ito Megabise a caccia , fu assaltato da un teoue, che mentre alzato in piedi voleva ab brancarlo, egli ammazz col dardo. Dispiacque ad rtaserse che prima di giugnere egli a quella fiera Megabise l'avesse ammazzala; e tanto fu lo sdegno concepitone che ordin che gli fosse ta gliata la testa. Ma adoperarono Am istri, Amiti ed altre persone pregando in modo che gli fu con donata la pena, e venne, continato in una citt chiamata Cirta, posta sul Mar-rosso. Anche l'eunuco Artoxare9 che molte volte ed assai franco parlalo avea al re in favore di Megabise, venne esigi iato nellArmenia. Ma dopo cinque anni del suo esigilo Megabise fngendo dessere attaccato dalla lebbra, malatlia che non permette che alcuno si accosti a chi l ha , fuggi da quel luogo ; e ritornato alla moglie a casa sua , cou difficolt fu riconosciuto. Quindi a mediazione di Amistri e di Amiti il re si riconcili con esso lui, e come in addietro Io ammise alla propria mensa. Essendo poi vissuto settantasette anni mori, con gran dolore di A r taserse medesimo. Dopo la morte di M egabise, Amiti faceva vita con molti uomini, come prima di lei fatta avea sua madre Amistjri. Apollonide, quel medico di C o o , rammentato di so p ra, avendola visitata ia una leggiera malattia, ed essendosi innamorato di

STOBICI S BIOGRAFI PROFANI.

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lei, le disse che avrebbe ricuperata fa sua salute, se data si fosse a uomini, giacch l iudisposizione sua proveniva da bisogni dell utero. Il quale ar tifizio essendogli bene riuscito, ed avendo seco lei pratica, ove vide che la donna caduta era in con sunzione sVstenne dalloltre trovarsi, come prima, in confidenza con tei. Per lo che veggendosi essa prossima al suo fne, rivel tutto alla madre, onde prendesse vendetta di Apollonide. Questa espose la cosa ad rtaserse, e come la figlia detto avea, che Apollonide- avesse il meritato castigo. A ria serse fece arbitra la madre di quanto le paresse meglio ; ed essa fatto incatenare quel misero, per due interi mesi lo torment atrocemente , poi lo fece seppellir vivo il giorno medesimo iu cui Amiti mor. Zopiro p o i, figliuolo di Megabise e di Amiti , perduti i suoi genitori, si ribell al re e and ad Atene, poich sua madre iti addietro avea bene ficati gli Ateniesi. Avute ivi navi ed uomini re cossi a Caunro , e domand che gii si desse la citt: alla quale domanda gli abitanti risposero, essere essi dispostissimi a darla a lu i, ma non agli Ateniesi : onde volendo egli salire le mura , Alcide Caunio, gli tir uu sasso nella testa, sicch rest morto. A m istri, sua avola, fece crocifggere quel Caunio : indi giunta a decrepitezza fini di vivere. E fin pur di vivere rtaserse dopo un regoo di quarantadae anni. - E qui termina il di ciassettesimo libro della storia di Ctesia9 ed inco mincia il diciottesimo. Ad rtaserse successe Serse, suo figlio, il solo legittimo d ie a v e sse , natogli da Damaspia, la

ij6 classe pai m a quale mor il giorno stesso, in cui mori di poi questo Serie ; e Bafiorate trasport in Persia il corpo della madre e del padre. Di spurj Artaser*e n' ebbe diciassette , tra i quali furono Secindiano nato da Aloguna, babilonese, ed Oco e A rsite , nati da una certa Martidene%babilonese pur essa. Quest*Oco giunse anch'egli al trono. Oltre i figli sopraddetti, furonvi Bagapeo, e Parisati, avuti da un'altra babilouese chiamata A *dia\ e questa P a ritati fu poscia madre di A rta ien e e di Ciro II padre mentr'era ancora vivo, avea fatto Oco sa trapo degl* Ircani , datagli una moglie, Parisal anch*essa-di nome, che fu figlia di Serse, ed era sorella dello stesso Oco. Secindiano p o i, preso seco l*eunitco F o r n a c e , il quale avea iu corte meno influenza di Bagora%o e di Menostane, e di alcuni a ltr i, trovaodo n o giorno di festa ebbro e dormiente nella reggia Serse, lo ammezz ; e ci fu quarantacinque anni dopo la morte del padre. cosi avvenne, ch e i corpi deutrambi vennero trasportati nella Persia insieme. Di ci poi la cagione fu che le mule, le quali doveauo prima tirare il carro , su cui e r a deposto il cadavere di rtaserse, non aveano v o luto andare innanzi , come se aspettassero anche quello del figlio; e dopo che accadde quanto a b biamo acceuuato, si misero a camminare con assai vivacit. Di questa maniera impossessatosi SecindUimo del regno, fece suo at abarile Memosiane ; quando Bagorazo fu ritornato, siccome fra loro passavano da molto tempo mali umori, colto il pretesto che seuza suo consiglio lasciato ivi avesse il cadavere

STORICI t

BIOGRAFI FBOFANi.

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del padre, lo fece lapidare. Dispiacque un tal fuUo assai aU'esercito * e noo giovarono largizioni per , far cessare Podio cootro lui concepito per la morie e del fratello Serse, e di questo miuistro. Secin diano mand poi a chiamare Oco, il quale sempre promise di audare a lu i, e nou and mai fino a tanto cbe non ebbe un buon esercito, con cui occupare il regno. Arbario , comandante della cavalleria di Secindiano, si pose dal partito di Oco : dopo lui fece cos Arxane , satrapo dell Egitto; e A rtoxa re fino dall Armenia venne ad O co; al quale, ancorch noi cercasse, misero il cidari (t). Oco adunque prese il possesso del regno, e cambiossi il nome in quello di Dario. Egli seguendo gli avvertimenti di Parisati, con simulazioni e con giuramenti cerc di sorprendere Secindiano ; H quale, non ostaute che Menostane le esortasse a non credere a* giuramenti , e noo trattare con uomini fallaci , diede fede agli uni e agli altri; e preso fu fatto morire affogato eutro la cenere, dopo avere tenuto lo scettro sei mesi e qui odici giorui. Regn dunque solo Oco, chiamato anche Dario, presso cui ebbero credito sommo tre eunuchi, e pi di tutti Artoxare, poi Artiba%ane> e il terzo era A too. Ma pi di tutti ascoltava ne* consigli la moglie, da cui prima di salire al trono avea avuto due fgli, Amistri ed Ar$ace> il quale di poi mu tato uome si disse rtaserse. Essa gli partor po scia un secondo figlio, gi fatta regiua, a cui dal sole mise il nome di Ciro $ e dopo quello , anche
(1) Cos chiamavi! dai Persiani il diadema reale.
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c la s s e prima , Artosse, e molti altri appresso, fino al numero di tredici* Ctesia d questo ragguaglio dicendo d* averJo avuto dalla bocca delia stessa Parisati. Ma per la pi parte que* figliuoli morirono prematu ramente; e non sopravvissero che quelli che ab biamo nominati , e un quarto eh* ebbe nome Oxeadra. Ribellaronsi al re suo fratello A rsite, nato dal padre e dalla madre medesima e A riifio * figlio di Megabise, contro i quali fu Artasira che assal tando Artifio, io due battaglie fu vinto, e in una terza poi rimase superiore, seducendo con doni i Greci che quegli avea sec o, di modo che non gli re starono pi che tre Ifilesj fedeli. Il che lo costrinse a sottomettersi 1 re , iidatosi della sicurezza che gli diede Artasira* Ma Parisati stimol il re ad ucciderlo; non per subito, onde potere con fa stessa fidanza aver nelle mani Arsile , e levarli di mezzo tutti e due nel medesimo tempo. Cos av venne di fatto; ed entrambi furono affogati nella cenare (1). Voleva il re salvare Arsile ^ ma P ari sati tanto insistette ora con le dolci or cou le brusche, che il monarca ia fine cedette alle iasi
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<0 Gli Ellenisti fanno infinite chiacchiere sulla in terpretazione della parola greca che io ho tradotta per affogato nella cenere. Non essendo daccordo ivi in sieme, e non potendo declinare dal comprendere lidea di cenere nel significato di detta parola, [10 preferita P in terpretazione che io uso, poich si adatta anche al caso che il upptUio importasse un arrostimento sotto cenere calda, poich Pafl'ogaroento ne sarebbe stato sempre il primo effetto, ed altronde si estende Pabbruciamento che la parola in qubtione propriamente non presenta.

STORICI z BIOGRAFI PROFANI. A7f nuazioni di lei. Quel Farnace pure , il quale cou Secindiano avea ucciso Serse, fu fatto morire lap id alo ; e Menostane si ammazz da s stesso , essendo gi lato p res o, e destinato al SupplizioAltra ribellione fu quella di Pisurne, cootro cui fu tono mandati Tts$afeme%Spitm data e Permise. Pisurne and ad affrontarli, conduceodo seco Li~ corte, ateniese, coi Greci che costui capitanava ; ma avendo ricevuto danaro dai generali del re, e Licons e qneGreci abbandonarono Pisurne, il quale $*ac cooci ancb* egli con e s s i, ed avuto giuramento di sicurezza si lasci condurre al re, ma fu da questo fatto affogar nella cenere come gli altri ; e Tissa~ ferne ne ebbe in premio la satrapi* teuuia prima da Pisurne, e Licofte io mercede di suo tradimeuto fu messo io possesso di alcune citt e paesi. Venne iu pensiero di regnare anche ad Artojcore, cbe molto era ionanzi nella grazia del r e ; e tram insidie al mooarca. come cosiui era eunuco , obblig la moglie a fargli barba e mn~ stacchi onde paresse uomo* Ma essa medesima lo trad; e fu dato iu potere di Parisati ond*essere tolto di vita. A rsace, figliuolo del re, cbe poscia fu detto A r iaserse, spos Statira%figlia ldcrne* e il figliuolo di costu i, la figlia del re. Questa avea nome Amistri e Teritacrne chiamava si suo marito che fu creato satrapo iu luogo di suo padre morto. Era sorella sua , nata del padre medesimo, Rossane9 bella donna e valentissima in trarre saette e dardi. D i lei ionamorossi Terilucme* e presa con essa pratica, tanto ebbe a schifo Amistri che pens di chiuderla io un sacc o , e farla ivi destro morite

i 8o classe prms, sotto i colpi di trecento aomini, coi quali meditava di ribellarsi. Ma uo certo Udaste, che molto ere* dito avea presso Teritucme, ed avea avuto dal re lettere pienissime di belle promesse, se fosse sfato vigilante sulla salute della figlia di l u i , assalt Teritacme, e lo uccise, quantunque molto gagliar damente egli resistesse agli assalitori, e giugnesse, per quanto fama ad ammazzarne trentasette. Il figlio di cotesto U diaste, di nome M itridate, gi scudiere di Teritucme , non trovpssi presente al fattoi ma quaudo Io seppe , molte imprecazioni mand a suo padre ; e sorpresa avendo la citt di Zarin , la conserv pel figlio di Teritucme. Ma Parisati fece seppellir vive e la madre di Teritucme* e i fratelli di lui, Metteste ed E tico , e due sorelle che aveva, oltre Statira e Rossane, fece vive segar per mezzo; e lo stesso supplizio ordin che fosse fatto soffrire a Statira medesima, moglie di Arsace. Ma Arsace tanto con lagrime e pianti fece presso la madre e il padre, che mitigaronsi ; e poich Parisati si pieg, anche il re co n . don a Statira la pena destinatale* solo che alla moglie soggiunse che essa avrebbe ad amaramente pentirsene. Nel libro diciannovesimo Ctesia riferisce la morte di Oco Dario , succeduta per malattia in Babilonia dopo aver regnato trentacinque anni. Prese le redini del regno Arsace che allora cambiossi il nome e si disse rtaserse. Egli fece strap par la lingua ad Udiaste dalla parte di dietro del eolie, Cosicch ne mor; e cre Mitridate in vece del padre satrapo : alfe quali cose contribu assai Statira con gran dispetto di Parisati.

st o r ic i

BIOGRAFI FROFARl

Tissaferne accus Ciro presso il fratello A ria sersei e Ciro ricorso essendo alla protezione della madre, fu assolto dal delitto imputatogli. Ma quel perdono medesimo Ciro tenne per ignominioso; e con questo rancore neirauimo ritornato alla satra pia che teneva, cominci a meditare di ribellarsi. Salib ariane intanto accus Oronde di pratica li cenziosa con Parisati^ la quale altronde vivea castissi ma mente. Oronde non perci meno fu pug nilo; e la madre del re adirata di ci fece morir di veleno il fglio di Teritucme Qui si fu pur menzione di quello che contro le leggi seppell il padre abbruciandone il cadavere. Oade sono colti in mendacio BUanico ed Brodo lo. Finalmente Ciro sorge contro il fratello, messo insieme un esercito composto di Barbari e di Greci. De* Greci era capitano Ciearco^ e il re dei Cilici, Sinenneset somministr ajuti di guerra, tasto a Ciro, quanto ad rtaserse Questi a vicenda cercarono di animare il loro esercito* Ciearco la cedemone, e capitano de* Greci, e Menone tessalo, i quali entrambi seguivano Ciro, erano in continui dispareri tra loro, perch Ciro in ogni cosa pren deva consiglio da Ciearco , e non faceva alcun conto di M enone. Molti poi da rtaserse passa vano alla parte di Ciro; e nessuno da Ciro pas sava a quella di rtaserse. Di ci venne che avendo rtabario deliberato di unirsi a Ciro, di tale at tentato fattagli accusa, fu gittato nella cenere. Avendo Ctro assaltato l'esercito reale, ed avu~ tane vittoria , per non avere voluto dar mente a Ciearco di poi perdette la vita ; e suo fratello rtaserse ne tratt indegnamente il cadavere; poi-

CLASSE PIUMA*

ch fa testa ne tagli , e la mano , con la quale avea percosso lui nellazione, e l uua e laltra port come in trionfo. Ciearco, lecedemone, si ritir di uotte co* suoi G r e c i, ed occup aua delle citt appartenenti Parisati. Per tale ragione il re venne a trattato coi Greci. Patisaii poi a d in Babi lotna, piangendo Ctro, di coi con grande stento pot ricuperare la testae la manot le quali cose onor con funebre pompa, e mand poi a Susa. Prosiegue poi l'autore a narrare di Bagapate che per ordine del re avea tagliata la testa di Ciro come fa madre del r e , vinto avendo al fglio nel grtoCo degli aliassi, nebbe, secondo il patto pro messo, Bagapate, e come essa fattolo prima scor ticare, lo crocifsse j e in che tempo per le molte preghiere di rtaserse compresse il verissimo dolore cbe recato le aveva la morte di C iroi e i regali che rtaserse fece a chi gli avea recata la tiara del fratello * e gli onori fatti al Cario, da cui credeva Ciro essere stato ferito: il quafle poi Parisati fece morire tra tormenti atrocissimi. finalmente ag giunge Come rtaserse diede iti mano delia ma dre anche Mitridate che, sedendo a tavola, si era gloriato d'avere ucciso CiVo; fatto morire anch egli crudlissima mente. Tutte queste cose eomprendonsi nei libri diciannovesimo e Ventesimo. Ne tre seguenti, ne quali tutta la storia termina, si contengono le segmenti cose. Come Tissaferne tram insidie a* Greci ; e fatta lega con Menonem tessalo, a fori d* inganni e di spergiuri ebbe in poter suo Ciearco e gli altri capitani , tntto che Ciearco preveduto avesse il tradimento, ed avesse cercato di sfugg Ho. Ma la troppa si lasci sedurre

STORICI

e BIOGRAFI PROFANI

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da M enone, e sforz a suo malgrado Ciearco ad andare a Tissaferne ; e allora anche Rossano, beozio * egli pure ingannato , esortava Clemrto a quel passo, Tissaferne mand Ciearco e gli altri carichi di catene ad rtaserse in Babilonia, dove tutto il mondo corse a vedere q oel capitane. Nella quale occasione d e s ia , allora medico di PariseUi* per mezzo di fui, gli fece molto bene. E Pariseli sarebbe giunta a farlo mettere in libert, se Sta* tira non avesse indotto il marito rtaserse o furio uccidere. Ciearco adunque fu morto; e videsi al suo cadavere questo miracelo, che spirando un vento gagliardissimo, tanta polve se gli ait sopra che rimase pienamente senta Opera uma^a sepolto. Furono parimente uccisi tutti gli altri Greci che con Ciearco erano stati condotti ad rtaserse, ad eccezione del solo Menone. Parisati copr dtrnproperj Sfa lira, la quale fece anche perire di veleno preparato nella maniera seguente , giacch presentendo il pericolo, in cui pur cadde*, con asai diligenza vegliava sopra di s, Parisati unse di veleno una parte della lama di un coltello, e laltra lasc i intatta : poi tagliata in due parli un uccelletto piccolo come un novo ,c h e i Persiani chiamano H ndace, la Intatta tenne per s, e quella che era stata tocca dalla lama avve* lena la , diede a Statira Questa Come vide che Parisati mangiava la sua, non Sospettando di nulla mangi l'altra. Adirossi il re eoa la madre: fece mettere alla tortora, e morire gli eunuchi che aveano servito a tavola; e fece pure imprigio nare G ingi, famigliare di Parisati , e lei mtUere sotto processo ; la quale quantunque da* giudici

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fuesc dichiarata innocente, e rimanesse assolta, dal re veone condannata: onde fu moria io mezzo ai tormenti. Per le che Ctesia rimprovera tanto il figlio di Parisati, quanto la madre dt lui. Otto anni dopo che Ciearco era morto, sul se polcro di lui si videro sorgere palme che Parisati avea occultamente fatte ivi piantare per mezzo dei suoi eunuchi. Hiferiscousi pei i m otivi, pe*quali rtaserse veone in discordia cou Evagora% re di Salamina; i messi di Evapora a Ctesia ; onde ricevessero lettere da Abuleta ; e la lettere di Ctesia al me desimo sul punto di riconciliare rtaserse con Esagera\ il ritorno de messi di Evagora io Cipro; la consegoa a lui delle lettere che Ctesia gli avea scritto ; le lettere di Conone ad Evagora ; il di scorso sul proposito di andare ad rtaserse ; e la lettera di Evagora sugli onori da rtaserse rice vuti ; uua lettera di Conone a Ctesia $ e il tributo ad rtaserse dato da Evagor a. Ctesia riceve uaa lettera , e parla di Cono ne al re, e a Conone re* scrive. Consegnassi a Satibarzane i rgali spediti da Evagora ; e i messi ritornano io Cipro. V e n gono poscia, una lettera di Conone al re, ed una a Ctesia ; si parla de* messi de'Lacedemoni inviati al r e , e da lui ritenutis si riferisce una lettera del re a Conone e ai Lacedemoni, recapitata da Ctesia medesimo. Conone fatto ammiraglio delParmata da Farnabaza : Ctesia arriva a Gnido sua patria, e di l passa a Sparta : suo contrasto avuto a Rodi contro i legati de* Lacedemoni ; e come da Efeso fosse mandato a Battra. Segue poi infine l enumerazione delle stazioni,

STOBTCI Z BIOGRAFI FlOFAIO.

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delle giornate, e delle parasangbe del paese d el l'in d ia ; e parimente un catalogo de* re da iViss e Semiramide fino ad rtaserse t eoo le quali e o i quest'opera vien terminata. L a dicitura di Ctesia candida e semplice, onde riesce anche gioconda. Egli fa uso del dia letto jonico, non per sempre come ha fatto E ro doto ; ma solamente in alcune parole. N poi si perde egli incerte digressioni, come inopportuna mente fa laltro, quantunque sia da dire che neppur egli si astiene da raccnnti favolosi, svi quali ardisce dar taccia obbrobriosa a quello scrittore: ci accade singolarmente io quel libro eh' egli intitol: delle Cose deW India. Una grao parte di quella giocondit che nella sua storia si trova , consiste nell* andamento delle narrazioni che ti presentano e veemenza, e alcuo che di non as|petu tato; ornandole con grande variet aoche nelle cose quasi favolose. Per l'orazione sua pi del giusto libera, cadendo in idiotismi e in modi tri viali. Laddove lo stile di Erodoto s bello ed artifizioso che pu riguardarsi come uo modello d i dialetto jonico#

CTESIA
DZU.Z c o s a D Z IL * iXDIA.

In un libro solo parla Ctesia delle Cose del c.*j% Tinia* usando dialetto jonico pi che nella storia antecedente* Dice che il fiume lu d o , dovf pi stretto largo quaranta stadj ; e dove empiissimo ne ha

$6 classe pai ma , diigento; e che i soli Indiani nella mollitudine di uomini superano tutti gli altri popoli. Scrive di un certo verme , che iu quel fiume , ed unico che in esso nasca di tutti gli animali. Al di l degl* Indiani non abitare altri uomini. Nella con trada dell* India non piovere m ai; ma il fiume inafUare le terre. Parla della gemma sigillare, detta pantarba ; e raccouta come eoo questa settaatasette di simili , e altre pietre preziose dal fiume traesse tutte a (laccai e insieme, le quali erano di itn cerio mercatante battriano. Parla parimente degli elefanti che rompono e riveseiaoo i muri di piccole simic che hauno una coda lunga quattro cubiti; di galli gallinacj grandissimi ; dell uccello psittaco (pappagallo; che ha voce e loquela utnana; di un avvoltojo assai grosso, con la testa porporina,e la barba nera, e col collo di colore ceruleo, tirante iu rosso ; cbe quest occello paria a guisa d*uomo la lingua indiana, ed anche la greca, se io questa viene ammaestrato. Vien dicendo di ma fontana, la quale ogni anno t'empied*oro liquido a modo che nei c*rSo deU'anno se ne possono empiere cento orcie d* argilla. quelle orcie vogliono poi essere dargilla , perch tosto che quell'oro n* tratto si consolida, sicch per farne uso bisogoa rompere il vaso. Quella fontana quadra, ha sedici cubiti d larghezza, e non fonda che un palmo. l/oro d'ogoi orcia che $e ne cava , equivale ad un talento. Nel fondo di quella fumana trovasi del ferro, di eui G*esia dice avere avute due spade, una regalatagli dal re, Pai* tra da P a risa li, madre del medesimo. Tale poi essere la forza di quel ferro che gittate io terra

sto ric i

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discaccia le nebbie , le grandini e le procelle; e dichiara d*aver veduto egli stesso pi volte il fatto, facendone il re la prova. Intorno accani dice quelli d'india essere s grossi che contrastano co*leoni. Parla detle grandi mon tagne del paese, dalle quali si scavano pietre sar doniche, onici ed altre gemme. Riferisce col fare gran caldo, e vedervisi il sole dieci volte maggiore che negli altri paesi: onde molte persone rimaner morte soffocate dal bollore. Il mare nondimeno al pari del greco gonfiarsi ; ma non alzarsi pi di quattro dita ; e a cagione del calore i pesci per vivere dovere ritirarsi nel profondo. Il fiume Indo allagando le campagne pe*>etra an che tra le stesse montagne, ed ivi nascere una canna che chiamano d 'in d ia; di tanta grossezza quanto possano due uomini abbracciare ; ed alta al pari di un albero di grossa Aave mercantile. Di queste cnne hannovene per e maggiori e minori, come suole accadere In alcnoa grande moiftgna E*se distiikguonsi in maschio e femmirta t il maschio assai robusto e forte, n ha midolla; la femmina ha la midolla. Parlando poscia dell animale di quelle contrade, dello M ariicora% dice avere la faccia simile a quella dell'uom o, essere grande come il leone , e rosso come il cii/bvo * con tre ordini di denti, le orecchie simili a quelle delPuomo, gli occhi ancb'essi come i nostri, glauchi, e la coda pi lunga di un cubito a foggia di quella dello scorpione terrestre, nella quale ha en acu leo ; quantunque poi attraverso sia pieoa di spine. Un aculeo ha parimente nella testa, come lo scor pione, e con esso punge chi gli si avvicina, di modo

cl a s s e f a i m a , che chi n* ferito non pu scampar dalla rtiorte se v* ha alcuno che da lontano voglia combat tere questo animale , nou meno cbe dalla parte dinanzi, stendendo esso la coda, da essa quasi da un arco lancia come saette gli aculei alla distanza di un jugero, e quanti colpisce ammazza, salvo lelefante solo: quegli aculei sono lunghi un piede, e grossi come uoa sottilissima cordicella. Aggiunge quellanimale Marticora dai Greci con parola che significa divoratore cT uomini, perch per lo pi ammazza e mangia gli uomini, quantunque si cibi anche daltri animali. Questo animale combatte uoa solo con gli aculei sopraddetti, ina eziandio con le unghie; e lanciando gli aculei., glie ne rinascono de* nuovi. Grande quantit poi di queste bestie ha nell Iudia; e gli uomini li ammazzano coi d a rd i, stando assisi sopra elefanti. Parla poi della somma giustizia deglindiani, e decloro costumi e riti, di quel luogo per essi sacro che in tratto inabitabile del paese venerano sotto il nome del sole e della luna ; al qual luogo par* tendo dal monte Sardo non si pu giungere cbe in quindici giornate di cammino. Ogni anuo per treutacinque giorni ivi il sole tempera gli ardori suoi, onde nella celebrazione della festa quelle genti non abbiano da abbruciarsi. In India n tuoni sono, n fulmini, n piogge; bens vi sono frequentissimi v e o ti, e turbini gagliardi a segno da portar via tutto quello che incontrano. In p a recchi luoghi dellindia il sole nascente in una parte del giorno porta freddo, nellaltra calore grandis simo. Non dal sole, ma dalla natura hanno g l'ln diaoi d essere negri di tinta Tra loro per esservi
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STORICI S B O GBArt PB0FA9I. t 9g alcuni si uomini che donne , quantunque pochis simi di n u m e r o , i quali sono candidissimi ( e di questa fatta dice avere egli medesimo vedut o due donne e ciu q u e uomini. In confermazione poi di quanto avea detto di sopra infoi no al sole, che per trentacinque giorni porta nell* India un aria fredda, aggiunge che il fuoco vomitato dafl*Etna non in festa il tratto mezzano della regione, essendo quello degli uomini giusti ; mentre poi infesta gli altri * luoghi circos t anti. A n c he presso 1 isola Zacioto sonovi footi pieni di pesce , ne* quali per si forma l a p e c e ; che in Nasso v * ha un fonte da cui vien fuori vino squisitissimo ( e cosi del lacqua del fiume F asi, la quale se si conserva un giorno intero in qunlche vaso, si converte in vino soavissim o. Anche uella L i c i a , non lungi dalla F aselid e, v ha uu fuoco perpetuo che arde di notte e di giorn o seoza intermissione, n pu estinguersi co iracq u a, anzi con essa maggiormente si accende. E. in questa maniera il fuoco continuamente a v vampa si nell* Etna come in Prusa. Oltre queste cose racconta che nel mezzo dell ndia trovansi uomini neri che chiamansi Pigm ei, parlanti la lingua stessa degli altri Indiani ma piccolissim i, cosicch i pi grandi non hanno che l*altezza di due c u b i t i , e i pi quella di un cu* b ito e mezzo solamente. Costoro hanno lunghi i capelli sino alle ginocchia, e anche pi basso, con barba pi lunga di quella che mai sabbiano gli altri u o m in i, con questa particolarit che quando essa c om incia ad essere alquanto pi lu n g a , non usano pi Teste di sorte alcuna , bastando tutto 11* intorno a ci ng e rli e coprirli tanto i capeHi che

tgO CLASSE FATM , A loro cadono gi alla schiena fn sotto le ginocchia, quauto la barba c he loro discende sino ai piedi. Grosso e lungo poi si che loro tocca le cavicchie de' piedi, il loro membro genitale. Cotesti Pig mei hanno il naso g h iacciato, e sono deformi. Le pecore loro souo come gli aguelli nostri: i buoi, gli asini sono della grandezza de' nostri arieti ; i cavalli , i m uli, e gli altri giumenti niente pi sono grandi. Il re degl'indiani tiene nelle sue guardie tre mila di questi Pigmei, essendo valentis simi saettieri. Sono poi cultori sommi della giustizia, ed ubbidiscono alle leggi degli altri Indiani. Costoro fanno la caccia alle lepri e alte volpi, uoa coi cani, ma coi corvi, coi milvj, cou le cornacchie, e con le aquile. Presso loro v' ha uu lago di un circuito di ottocento stadj, sulla cui superfcie quando tira vento vedesi un olio simile al nostro; e per questo lago con piccole barchette vanno a prendere quel l olio per gli usi loro ; e quantunque si servano anche dell'olio fatto col sesamo e con le noci, pi eccellente tenuto questo cbe traggono da quel lago, in cui per non v' alcun pesce. Ctesia dice che quel paese abbonda anche d'ar gento ; n esserne le miniere profonde , ma pi vicine alla superfcie della terra di quello che lo sieno le vene della Battriana. Avere poi l'india anche d e ll'o r o , non nel letto de fium i, cosicch traggasi levando la sabbia come si fa nel Pactolo, ma nelle viscere de' monti che molli e vastissimi sono quelli che ue somministrauo ; ne'quali, quan tunque siavi grande quautit doro, siccome vi abi tano i grifi ( uccelli quadrupedi, grandi come i lupi, con zampe ed unghie da leoue, con le penne su tutto

STOatc x siogia.fi ofaih. ig i \\ corpo nere e rosse \u\ petto) con molta difficolt pu aversene; Le pecore e le capre degPIodiani sono pi grandi de* nostri asini , e per lo pi partoriscono quattro e anche sei agnelli, o oapretti. Hanno poi si grossa la c oda che alle adulte occo rre tagliarla, onde possano ricevere il marchio. In tutta India non trovasi porco, n addomesticato n selvatico. Ivi le palme e i loro fruiti soao pi grossi che a BabiIonia- V inoltre un certo fiume che uscendo da una pietra porta mele. Parla poi ancora della giustizia degl'indiani, del loro afletto verso il re del paese, e del disprezzo c he hanno della morte. Dice essere presso loro uo fuote, la cui acqua appena tratta si coagula come il formaggio. Della quale materia coagulata, se mai se ne pesta uoa dose di tre oboli, e si danno a bere ad alenno in acqua comune, egli tosto dice tolto quello cbe ha fatto, e rimane coese patio per tutto quel giorno Di questo servesi il re per quelli che gli veagooe accusati, qualora vuol ser pere di certo, se siano rei di ci di cui s* io col* pano; e se dichiarano il delitto commesso, ordina cbe mnojano (finedia ; e se non se ue cava nulla ti rimanda liberi. Nessuno tra g f Indiani soffre n dolore di te sta , n di q uello degli occhi , n di quello dei denti : nessuno ha pustole in bocca, n alcuna ul cera marciosa. De* popoli Seri e degl* Indiani ulteriori dice avere essi corporatura enorme sicch vi si tro* vano uomini alti tredici cubiti, e la cui vita passa i dugento anni. Io alcuna parte del fiume Gaiia

ig * classz ranis , essersi veduti uomini ferini, eoo la pelle simile a quella delfippopolamo, che nemmeno i dardi pos sono penetrare. In quella stessa India vuoisi che gli abitanti portino la coda , come soglionsi di pingere i satiri. Fa poi menzione presso gl* In diani di un certo serpente lungo un palmo , co lore di porpora bellissim a, bianchissimo nella testa e senza denti , il quale vien preso dai cac ciatori ne* caldissimi monti in cui si scava la pie tra sardonica. La propriet di questo serpente questa che , sebbene uon morda , ove accada ch e vomiti, il luogo su cui si sparge la materia gettata fuori , necessariamente s* empie di putridume. Ove poi si appenda per la coda, botta fuori un veleno di due specie : il primo ha la sembianza dell elettro, e il secondo nero. Il primo esce d a lui mentre vivo , e il secondo quando morto* Se il primo si d ad alcuno anche nella quantit di un solo grano di sesamo , tosto muore , usce n dogli fuori pel naso le cervella ; se si d l'a ltro , cagiona pna lenta tabe , che distrugge luomo en tro lo spazio appena di un anno. Descrive poi uo uccello a cui i Greci danno su nome che equivale a quello di giusto, Esso non maggiore di un uovo di pernice. Ha d i proprio che seppellisce i suoi escrementi, onde non possano trovarsi > ch se, trovandone, al etra o ne bevesse quauto un grano di sesamo costui si addormenterebbe la mattina e durerebbe s e polto nel sonno sino al tramuutare del sole , e in quel punto morrebbe. Racconta ancora essere ivi anche un albero chiamato parebo, grande quanto un ulivo, e che trovasi solamente ue giardini rsalis

STOJtlCl z BlOGZri PROFANI. >93 albero che non fa n frutti n fiori. Esso ha den tro terra quindici sole ra d ici, ma cos grosse che le p i piccole sono come un braccio d* uomo. Di queste radici se uno ne prende in mano un pezzo, auche solamente luugo un palmo , e lo appressa a qualunque cosa, esso tirer a s tu tto , oro, ar gento , bronzo , p ie tr e , tutto fuorch elettro. Se poi si taglieri un pezzo lungo un cubito , con questo si tireranno agnelli e buoi, e gli altri ani mali, e gli uccelli stessi; e con questo mezzo principalmeute gli abitanti preudono alla ca ccia la massima parte degli uccelli. Aggiunge, che se vuoisi coagulare un vaso d acq u a, basta buttarvi deutro tu pezzetto di quella radice in dose di un obolo; e co*! coagulerassi anche il vino , da poterlo ma neggiare come la cera. Pe* il giorno dopo e l ac qua e il viuo torneranno alla oaturale loro liquidit Questo vino cos coagulato giova nei (lussi celiaci. Scorre nell India anche un fiume , non molto gfaude, perch uon laigo pi di due stadj, che gii abit anti del paese chiamano con un nome il quale significa quello che produce tutti i beni. Per trenta giorni ogni anno esso reca nelle onde l'am bra, e dicesi sorgere ne* monti bagnati da que st* acqua, alberi , i quali in certa stagione dellanno, e specialmente per trenta giorni continui, mettono fuori lagrime come di mandorlo, di pino, e d'altro sim ile , le quali lagrime poi si indrauo. Q u egli alberi si chia m ano iu lingua india na sipacora , quasi dolce o soave. Da ci gl* Indiani traggouo la loro ambra. Quegli alberi portano per frutto de* grappoli i cui acini sono della grossezza di una noce del Ponto* Fo%io. Poi. i. i3

194 classi r u t u , In que9monti poi racconta Ctesia vivere uomini con ia testa di cane, i quali si vestono con pelli d fiere. Non hanno loquela , e soltanto mettono fuori latrati, e con questi s* intendono fra loro* Essi hanno i denti pi grandi di quelli de*cani, e cos hanno le unghie canine , ma pi lunghe e pi rotonde. Abitano i monti fiuo al fiume Indo? sooo neri di tinta, e , al pari degli altri Indiani, cultori insigni della giutizia. Intendono poi tutto quello che gl* Indiani dicoon , sebbene essi no n possano parlare, noto esprimendosi che coi latrati* e facendo de* segni con le mani e con le dita, all uso de* sordi e muti. Ghia ma nei dagl* Indiani Calij trj , che quanto dite Canicipiti o teste di cani ; man giano le carni crude , e tutta quella generazione va a cento ventimila iadividui Aggiunge Ciesia, che alla sorgente del fiume d i sopra descritto nasce un fiore purpureo, con c u i si tinge la porpora per nulla inferiore alla g r e c a , ed anzi assai pi brillante e splendida ; ed ivi pure oascere animali della grandezza dello scara* bn , rossi come cinabro , i quali hanno zampe lunghissime e molli come i vermi. Questi nasce re aopra quegli alberi che danno Pambra, e mangiare e guastare il frutto de* medesimi, come presso i Greci le rughe sogliono devastare le viti. Con questi animali pesti in polvere gl*ludiani sooo usi a tingere i loro saghi e le loro tuniche , e quella tintura punicea pi bella della persiana*
Racconta ancora che que* cinocefali abitanti n e i monti non esercitano nessun lavoro, e c b e vivono solamente di caccia , e fanno seccare al sole la carn e delle fiere che a m m a n ano. P e r allevano

STORICI

B BI OGRAFI PRO FA N I.

gran molt itudine di capre e di pecore, del c*i latte e siero servatisi per bevanda. Mupgisno per anche il frutto della sipacora , dal quale albero abbiamo detto nascer l ambra* essendo qn*l fmtto dolce; ed usano, dopo averlo fot io prender aria, calcarlo entro corbe, come i Greci fanno dall'uva passa Costoro fabbrica nei a) bisogno una zattera sulla quale carieaoo di questo frutto , della por pora , purgatone prima il fiore, e dell am bra; delle quali cose ogni anno esportano pel valore di dageataiessauta talenti, e vaggiungono per altrettaoti di qu ella tintura punicea che abbiamo detta. Inoltre di ambra ne portano ogni anno per ipille talenti al ve degl Indiani ; e molte altre cose per maggiori somme posano da vendere agl'i ndiani, per le quali ricevono pane farina e vesti di bombace. ne traggono anche spade di cui si servono nella caecia, come servanti di archi e di dardi, essendo peritissimi neU**s&re queste armi; e come oltre ci abitano monti altissimi e inaccessibili sono iu g uerra insuperabili* Il re ogni cinque anni manda loro in regalo trecento mila archi e dardi , centor veatimila scudi e cinquantamila spade. Costoro neo hanno case, ma abitano entro spelonche. Nel cacciane le fiere fuano uso specialmente di dardi o di saette , e come sono velocissimi, le piglialo anche inseguendole. Le loro donne si levano so la mente una volta al mese quando hanno le pur gazioni , e in altra occasione uno m s i; cos faiuno gli uomini , i quali non si lawaaoo ohe le mani. Per tre volte almeno ogni mese ungoasi collolio di latte e si strafioano con pelli. Gli abiti loro uou soao di pelli eoi p e lo , ma di spintissime,

ig G

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state ben macerate prima : cos usano nosttni e donne, se si eccettuino pochissim i pi comodi de gli altri die usano vestiti di lino. Neppure costa* mano d aver letti, facendosi ogni volta il pagliericcio alla opportunit. Tra loro si stima opulentissimo quegli che ha molto bestiame, e tutte le altre rie* chezze sooo simili affatto a questa. Tutti hanno la coda, tanto uomini quauto donne, al fne della veitebra , la quale simile* a quella de* c a n i, se* nonch essa pi grande e pi coperta di peli , ed accoppiansi alle dotine come fanno i cani, sti mando essi turpe ogui altra maniera* In ogni loro azione sono giustissimi : vivono pi lungamente di tutti gli altri uomini, giungeudo sino ai cento* settaut'anni , e alcuni anche sino ai dugeoto. Al di l di questi , Ctesia scrive abitate popoli sopra la sorgente di quel futne, neri al pari d e gli altri Indiani, i quali u aacb essi ianno lavoro alcuno, ed am i n mangiano alcun cib o , n b e vono acqua. Si occupano solameute d* allevate grande quantit di bestiame, buoi, capre, p e c o re ; e di queste bevouo il latte, e nulla pi. A g g iu n g e poi che i ragazzi che piesso loro nascouo n o n hanno foro al deretauo, n gettano per quella v i a escrementi , perch quantunque aventi natiche , Tauo manca, e quauto per avventura occorra lo to mandar fuori del corpo tutto esce pel meato o r i nario , feccioso si , tta non densa. Tale p o i l a natura loro che se pieso latte ia mattina, a m e z zod ne bevono ancora, usando di una r a d i c a d o l c e che trovasi presso loro , quella impedisce c b e nel turo veuire il latte si coaguli ; cosicch col pren dere di qaelEa sadica alla sera provocano il v o -

STO RICI STOGB4M TBOfAKt .

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mito, e con tal metto facilmente rigettano quanta accorre. d esia sc rive a oc ora cbe l'ndia ba asini selva tici eguali ai cavalli, e alcune volte anche pi grandi , s quali hanno bianco tutto il corpo, la testa Sola color di porpora e gli occhi cerulei , non in mezxe alla fronte uu corno lungo un cu b it o , la cui raschiatura si d a b e re , e salva dai veleni mortiferi. La parte del medesimo, che si accosta alla fronte per la lunghezza di due palmi, bianchissima, e l altra , che finisce in punta, grandemente rossa, ineqtre il tratto interposto nero. Chi beve in questi corni (poich a quest'uso riduconsi ) secondo che vien detto, non soffre n spasimo n morbo sacro ( epilessia ) , anzi noa possono rimanere offesi da alcun tossico , qualora o prima, o dopo preso il tossico , in questi corni bevano o vino, od acqua, o alita costi qualunque. Mentre poi tutti gli altri asini, o mansueti o sel vatici, e altri animali d'unghia intera, non hanno n fallose fiele al fegato, P una e l'altra cosa trovasi i n questi; e in tutti certissimaraeste v 'h a il tsdtooe bellissimo, da me veduto , neUa forma e grandezza simile a quello del bue , ma pesante al pari del piombo 9 e di vivo color del minio fin dentro la radice. Questo animale velocissimo e robustissimo , sicch n cavafk) n altra bestia il p n raggiungere. Esso solito da prima a inno* vere con qualche lentezza, ma poi mirabil cosa vedere come pi che va pi forza prende, e corre con pi velocit. Per la quale insigne rapidit sua n o potendosi dai cacciatori prendere, essi aspeu ta so il tempo io cui incomincia a guidare al pa-

rgd t z t m VKfM* , scolo 1 stM piccoli; e allora fu circondano osa gran gente a cavallo , cosicch poi , non volevd salvare con la fuga s stesso, abbandonando s figli, ma col conio, coi calci e ooi mersi difendendosi, molti e cavalli ed umniai ammansate finisce cull'eesere ammazzato aftch'essn per le frecce e pe'dsfrdi che gli vengono scagliati tiddtfsse , trn essendo possibile prenderlo Vrvo. Le eae carni eoa ptH* sono nHtugiarsi, essendo attoari ssitae, e non si cerca d* averlo che pel cortio e pe* talfutfi. Nel titrme (fegl'Iiidratti nasce ua verme a m i dis simila nella figura da quello che snol nascere sei fico, ma esso fungo sette cabiti o pi o meno, e giosso tante che un ragazeo di dieci aani sten terebbe ad abbracciarlo. Qaesto verme ha due denti soli, ano di sopra e Peltro di sotto: tniloci d ie con que* denti afferra fu divora. Di giorno egli sta nel fungo del fiume, ed esce fuori la ett*t e se allora 'imbatte in un bue o fu ua cametfu, afferrandolo co denti , fu tira nel fiume e lo d i vora tutto fuorch le budella. Viene preso con un grande amo staccato a tetftena di fe rra, a ai si mette per esca uu capretto od wn agnello. IVeso poi che aia, ti#nei per treni* giorni s*pese con la gola in gi , e se gli metfond Sotto de* fati oade raccogliere ufi liquore elle in qUel tempo ne va distillando , e he (Mia quantit equivale a dieci colile attiche. Dopo H treMesinm giorno quel verme si caccia via , 6' qttel liquore ebe te o* inatto, bea ehhrso vien recato tei scio re degl'iodittai, non essendo perplesso a nessun altro di avenre. He e&o p<H c r e s t e 4 iqaors , od olio A vagiam dhfu. q#e*tt pPO^ei oha> yar*b sopra

STORICI t BIOGRAFI PROFANI. tg<) qualunque cosa, tosto vi attacca fuoco, sicch ab brucia e legni e uomini, n l'incendio pu estin* guersi che a forza di moltq e grosso fungo ohe ci si butti sopra. Presso gP Indiani v ha alberi pari ai cedri e ai cipressi nell'altezza. e nelle foglie alle palme*, al* cun poco per pi larghi* e senza ascella* U loro fone come quello del lauro maschio , anta non fanno frutto. Gl'Indiani li chiamano carpioni, e i Greci mirorotU. Da questi alberi vanno distillando certe gocce d'olio, le quali, raccolte con fiocchi di funa, spremono poi io vasi d'alabastro. Quest'olio rossiccio e alcun poco denso, e d uu soavissimo' odore, che dicono sentirsi anche alla distanza di cinque stadj. Al sole re e a' suoi prossimi per messo averne. Ctesia racconta d ' averne veduto iu occasione che il re degl'Indiasi ae mand alena poco al re di Persia, e che ne seut un odore da non potersi con parole esprimere, n paragonate con alcun altro. Similmente racconta che gl'indiani hanno furmaggio e vino soavissimo sopra tatti, e d'averne gustato e trovato tale. Dice nell* Indie essere anebe un fonte di fgora quadrata e di circa cinque braccia di giro, la cui acqua Sta entro il sasso ia modo che dal labbro del fonte alla superfcie di esso v' uno spazio di tre cubiti, e la profondit della medesima di tre braccia. I pi raggnardevoti del paese lavansi ivi con le mogli e coi fgli, sia per purgazione de*corpi* sia per liberarsi da ogni specie di morbi* e vi si tessono dentro ben ferini sui piedi , perciocch quando vi saltano, l'acqua li rimbalza fortemente*

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PRIMA .

N avviene cos ai soli uomini , ma qualunque animale o vivo o morto , viene spinto fuori ; e cos ogni altra cosa che vi si g e tti, eccettualo il ferro, Toro, il bronzo e largento, cbe questi me* talli soli vanno al fondo. Lacqua freddissima e gustosa a b ersi, e fa si grande strepito come se bollisse entro una caldaja. Essa risana d^IIa mor* fea e dalla rogna: ballude la chiamano gl* Indiani, i Greci la direbbero utile. In que* monti, oe quali nasce la canna di cui si parlato, v* una razza d uomini, di trentamila individui, le cui donne non partoriscono nella loro vita che un figlio, fornito di dentatura bellissima di sopra e di sotto ; e tutti , femmine o maschi , fino dalla nascita hanno e capelli e sopraccigli bianchi, e durano di questo colore tutti i loro peli siuo al l'et di trentanni; dipoi cominciano a diveutar neri , e ai sessantanni sono neri affatto* Parimente e uomini e donne hanno in ambe le mani otto dita, e cosi ne piedi. Costoro sono va lentissimi soldati, e il re degl'indiani ne ha sem pre nel suo esercito cinquemila, saettieri e lanc ia* tori di dardi Un* altra furo particolarit si di avere le orecchie s grandi , che pendendo per fu lunghezza di un cubito, cuoprono loro le braccia, e toccandosi per di dietro, stendonsi per tutti gli omeri ( t) O ) Lo Scotio, che nel presente articolo ha inseriti alcuni tratti conforme li ha trovati in un Codice di Baviera, a questo luogo uno ancora ne aggiunge, cbe non pu in nessun modo adottarvisi, ni pel mudo eoe cui scritto, n per l argomento, Nondimeno fu non

STORICT X BIOGRAFI PROFAKi .

90 f

Scrivendo Ctesia , e favoleggiando di queste cose, egli yuol parere di scrivere cose verissim e, e d i chiara o di averle vedute co9suoi occhi, e di averfu udite da testim ooj degnissimi di fede. A n si ag giunge ometterne egli di pi m aravigliose, onde ro o parere, a chi mai non ne vide di sim ili, che egli abbia scritte cose non meritevoli d* essere credute. Q u i poi egli termina.

vaglio defraudarne i miei leggitori ; tanto pi ehe di ci di che qui ai parla hanno fatta menzione e Dio doro Siculo, nel libro iti della eoa Biblioteca, ed Etianot nel libro n i della Natura degli Animati. Esso il seguente : u poi in Etiopia un certo animale di stupendis sima forza, chiamato il Crocotta, e volgarmente il Ci* noico. Vuoisi che questo imiti la voce umana, e di notte chiami a nome gli uomini, i quali, se vi si ac costano, ne vengono divorati. Tiensi che abbia la ma gnanimit del leone la velocit d?l cavallo , e la ro bustezza del toro, ed espugnarsi col ferro. Anche nella Euhea Calcidica dicesi le pecore del paese non aver fiele, ed esserne le carni amare a segno, che nemmeno i esnl le possono mangiare. Dicesi pure che al di l delle fuel Manrnsie la contrada di estate tntta innondata da piogge , e d inverno abbruciata dal calore. Nel paese de* Cionj essere nna certa fontana da cui in vece di acqua, scaturisce olio, del quale gli abitanti si servono per condire qualunque vivanda. In altro paese , detto Sfetadrida non molto vicino al mare, essere un1altra fontana, la quale a mezzanotte, crescendo enormemente dacqua butta sulla terra tanta abbondanza di pesci che gli abitanti non bastano a raccoglierli tutti, onde ne lasciano marcire la massima parte.

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CLASSE P R I M A ,

DESSIPPO

(i )

t*BM IT DELLE COSE StJCCEDDT* DOPO ALESSifDZO. EPlTOMS STOftTCA FINO ALL*lMPfcftlO 1 CLAUDIO, E DELL! COSE SCITICHE. C*8a Nulla ha questo scrittore di ridondante, e mo str a nel suo dire uua certa pompa e maest ; per fu che giustamente potrebbe dirsi uo secondo Tu cidide , e pi chiaro di lui. Questa qualit si ve rifica specialmente nella storia delle Cose Scitiche. Rispetto alle cose succedute dopo Alessandro , Pessimo comincia la Sua narrazione dal momento della morte di quel re; ed espone poi come Ari deo ( 2 ), fratello di Alessandro , che Filippo ebbe da FtUne di Larissa, giunse al trotto di Macedo nia ; che cootemporane ameitte fu destinato anche al figliuolo di A lessa n d ro , che stava per nascere da /lassane , lasciata incinta; e che fu tenuto in sieme da Perdicca e dai compagni Alessandro , iu quanto, per deliberazione d e 'M a c e d o n i, questi governavano a nome dei re. Raccouta iu appresso come i mperio di Alessandro fosse diviso* To lommeo , figliuolo di Lago , ebbe tatto Egitto e la L i b i a , e quatito paese a questa adiacente era oltre. Clement , che Alessandro avea posto sa trapo col, fu dato a

Tolommeo

per luogotenente.

(<) HttUppo fu un retore ateniese, a cui Svide d il oegttome U Erennio. t () Dttuppa scrive sempre Arideo^ laddove m atte 4 lo ha sempre detto rridto*

STORICI t BIOGRAFI M lOFJtJff.

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Laomedonte di Miti lene ebbe hi Siri* , Pilota fu Cilicia, Pitone la Media, Eumene fu Osppedocra e
la Ps fi agonia , con tutte fu netiofti ab ita li le co ste di Po irto Kusfuo sfuo a Trcpettmie. fu me sso a governare i Famf'j e i dillo) sino l!a Frigia , A t&Ato i Ctrrj, Menandr i Lidj A Leon a lo tocc la Frigia, che si steade sulfElle* sp&nto. E questa fu lfe divistane delPAsitl.
In Europa s diede a Lisimaco la Traci* ed il Chersoneso, ad Aftlp&4rO tutta la Macedonia e fu Grecia, cogPIlIirj, i Triballi e gli Agtiani , e con tutti gli altri paesi .che , viverle ancora Alessan dro n avea avuti in goverbo , investito di pleoipo* lenza assoluta. Cratero fu destinato curatore e tutore dei re. Perdicca poi ebbe la dignit che i Macedoni riguardavano per la massima, e fu que sta la cbiliarchia di Efestione. Governatori di tutta l*India furono Poro e Tas silo. Poro ebbe il paese giacente tra Indo e r i daspe, Tassilo il rimanente. Un altro Pilone ebbe il comando delle contrade confinanti , eccet tuatane quelle de* Paramisj Fu messo h reggere i paesi che dai coofni delTIud a si stendono per le montagne del Caucaso. Oxarte , battriauo , padre di Rossane$ da cui, dopo la morie di Aessandro, nacque uo figlio, al quale i Macedoni diedero il nome del padre, LArascoss* e la Gedrosia fu, data a Sibtrzio. Steanore%soliese, ebbe gli Arj e i Drang}, Filippo i Sogdiani, Radafame gl* Ircau>* Nioitolemo i Caramaui , e Peuces te i Persiani Avea avuto il regno de4 Sogd ani Oropia , noa ereditato dal padre, ma conferitogli da Alessandro i e poich ebbe la d isg i*** di de*deve dal

aoi classe paiMi regno, riguardato reo di ribellfune, dovette divi dere eoe un altro la dominazione sui Sogdiani. Il governo poi de4 Babilonesi e della contrada posta tra il Tigri e l Eufrate , fu distribuite io modo che la Babilonia fu assegnata a SeUuco%e la Me* aopotamia ad ArchdaOy Questo dunque il cata logo delle ftaafuni e de furo governatori , come dopo la morie di Alessandro Perdicca il compose* Io tutte le altre narrazioni, come io questa, D es sippo si accorda assai con Arriano ( i ) . D M SC IO D AM ASCEN O
?1TA Xp'lSlBOftO FILOSOFO.

C i 8i

fungo libro diviso in quasi sessanta capitoli. L* autore, prendendo a scrivere la vita < Isidoro * T la intitola ad una certa Teodora, seguace a n ch'essa del culto degli Etnici, uon meno che della filosofa , istruita in tutto ci che riguarda le fa* colili della poetica e della grammatica , e perita eziandio nella cognizione della geometria e del l'aritmetica. Di essa e delle sue minori sorelle erano stati maestri e Isidoro e il suo biografo. F u questa Teodora figlia di Cirina e di Diogene, figlio di Eusebio e nipote di Flaviano, che trasse l'origine sua da Sampsigeramo e da Mommo, dai
(1) Ma duole assai che Fozio non abbia estratto nulla n dall' Epitome t n dalla storia delle Cote Sciticke, sotto il qua! nome erano comprese le guerre del Romani eog 'i Sciti , e i fatti pi degni di ricordanze succeduti in quelle guerre.

5 quali traeva origine anche Jam biicot uomini tutti distinti uella superstizione degl* Idolatri. A questa doona adunque Damaselo dedica la Pila d* / i h doro , ad istanza della quale e per altri motivi come egli attesta s'indusse a scriverla. Egli poi descrive qui uon tanto la vita d* Isidoro quante quella di molti altri, i quali fiorirono 0 nel tempo medesimo , o nell* et precedente. Per quanto appartiene alla religione, costai fu empio sommamente, e ingombra tutto con favole nuove e vecchie. Ond* che non di rado latra contro la nostra santa fede: sebbeoe lo faccia con timidit e con malevolenza coperta. Di q auti poi fa con parole il panegirico , sia per eccellenza della dottrina, sia per Pacatezza dell* ingegno so p ra l umana condizione, celebrandoli come uomini divin i, d* essi costituendo s medesimo giudice , nessuno v ha che egli non censuri, in ciascheduno de* lodati mostrando di desiderare qualche cosa ; tu chi avea vivo ingegno notando non essere stato in tutte le cose del pari diligente; in chi dice di Incomparabile scienza uotaudo mancanza di scienza, e pei fino in chi gli sembra appiossitnarsi per virt a Dio, notando che molto ancora vorrebbesi in fui, In tal modo ognuno d quelli che prima a ea in nalzati alle stelfu, deprittedo ed abbassando 9 fa s stesso superiore a tutti e occultamente tutti gli altri avvilisce. Quindi accade che anche questo tuo Isidoro vitupera pi di quello che commendi fi troverai che quanto o in quistioni, 0 in conclu sioni logiche egli produce (sia da altri tolte come mirabili cose, sia dal proprio suo talento create In mezzo a quella gagliarda egitaifuue d i mente e
tToaict z BtoeftArt psofari.
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c i. a ss e p rim a .

alla massa delle cognitioni onde trae lauta ^rro ganza ) abbia un certo felice carattere, onde po&sa dirsi che s 'aU i v eramente #opia quelli che oomup t m ente sono versati nella filosof o - n troverai 9 neppur traccia delle pi m e s c t i cose filosofi c he, a mulgrode di quel suo tanto acume e di quelle volubile agitatione di mente che i l 'tra vaglia. Lascio poi di alludere a quelle cose che p ossono dedursi da chi con vera forze d'in gegn o e c o ir abito di pausare ben diretto usa meditare avvegnach di ci si di a campo. Per quanto riguarda lo stile di co stu i, 939 esso veramente lontano dalla perspicui l , ed ha * oco r* alcun che delle altre furmQ che si esprjir meno eoo le parole ; voglio dire un cer.n vigore che chiama una pronunciaifui*e pi gagliarda ed una vo$e quasi pi stesa Ei eimilmeute u$a . di rado si ma con assai libert, modi poetici. Metile poi uella sua orazione tropi i quali, lungi dal fune l'elocuzione sua sgarbata o fredda, o di renderne duri i passaggi, le dauuo per lo pi $o*vit e grazia, da dire per c h e , per renderei chiaro, acconcia bepe fu pi parie delle voqj, ma 009 per cosi da per tutto il suo discorse, eh U su* composizione piuttosto una certa innovazione, p il gir.o che vi mette fuje che geoera contimi? sw iei* onde non salo toglie (a epe tatua che s'avip di trovar l uttq chiaro, sa viene sd oscurerei la *tes*a #ura che pur si era da fui usai# in ben condurre la su* uraziope, E da quesio casca che quando altciasenie essa poteva essere gradevol e , per P adoperata ricercatezza tle&ce spoglia d'cg# i gratta cbe pur 4ovea derivare da tsmo pylim?ulo#

STO I z BlOGSSrt *sor AT RIC T I.

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Q ue*suoi giri poi noe recano n alcun gagliardo senso, n venust, n rapidit, nemmeno di fuga, sicch giustamente possa alcuno gloriarsene, e con vi si veggono que* germi di comuni e leggieri or* namenli che Tuso suggerisce e che le circostanze domandano. Le figure* se non si dil ungassero eoo ridondante circonlocuzione , non avrebbero mai quelle forze eoo le quali possono dare un discreto e decente temperamento Cos in queste scritture v veemenza ed amarezza , quantunque anche questa qualit languisca sovente , non per certa interposizione d* idee , che sarebbe cosa ottima , ma per la debolezsa delle dizioni e di quelle parti che hanno forza di rendere la frase pi robusta e pi tesa , come avviene a molti che seguono questa particolar forma di dire. In ci pef altro non riesce con lode chi non pot sostenere un carico superiore alle forze sue. questo basti per giudicare delta dicitura di questo autore , quao~ tuuque sarebbonvi altre cose da avvertire. che necessit v* era , per esempio , di usare forma di stile grandioso? Questo proprio del legislatore, o di chi scrive orazioni. A che tanta contenzione e tanto a v v o lg im e lo , ed usa maniera di compo~ sizione affatto inusitata ? Ma basti. Dama&cio nell arte del dire frequent per tre anni T eon e, e per quasi nove presiedette agli esereizj rettorici. In geometria e in aritmetica , e nelle altre arti ebbe a maestro Marino , succes sore io Atene di Proclo ; nelle discipline filosofa cb e ascolt in Atene Zenodoro, che dopo Marmo aoccedette a iVoc/o, e in Alessandria ascolt Am* monio , fglinofu di Srmia , eh* egli scrive essere

io 8 c la s s e p rim a, stato superiore a tutti i filosofi dell* et sua , e massimamente uelle matematiche. Di costui dice Damaseio essere stato discepolo uelfe discipline platoniche , come uella grande sintassi delle cose astronomiche di Tolommeo. Pretende poi d' avere acquistata la forza di ragionare in dialettica dal l'uso e dalla familiarit d* Isidoro , il quale assi cura avere oscurato nella facolt di disputare tutti i dotti uomini di quel secolo.
ZSTRATTl DALLA VITA D* ISIDORO FILOSOFO SCRITTA DA IPAM ASCfO*

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Non v* alcuno il quale, o tardi assai siasi messo ad imparare , o dalla natura abbia avuto grosso cervello , non abbia sentito da quasi tutti coloro che parlano, o scrivono, gli Egiziaui fra tutti gli uomini nati esseie i pi aotichi. E questa sapienza nascosta entro i penetrali di quella ve rit favolosa* rivelasi lentamente per ci solo che quel divino splendore dell anima a poco a poco soltanto pu volgersi verso Dio. Fra gli altri Dei, dice lautore, gli Egiziaoi venerano Osiride ed Iside, credendo che quegli tutte le cose componga, e con figure e con numeri adorni la materia ; e che questa con immensi rivi di uua vita perenne fu cose da Osiride formate iuafTj ed alimenti. Da oi nasce la teocrazia, vale a d ire, quella divioa temperatura, o piuttosto unione perfetta che im perla il ritoroo che le auime nostre haono da fare a D i o , raccolte io un centro solo , dopo essere state a vicenda io molta distrazione da fui, E uoa

STORICI BlOGAATl ?ftOFAHl.

0 Q

parlo io di quel distacco, pel quale abbassate qu* gi, e vestite di corpo terrestre* furono reciproca* mente separate e sparse pel mondo dai furiosi e terreni affetti , i quali noo solo possono parago narsi a Tifone, ma di esso , a parer mio , sono xnftlto pi perturbativi. Ma a che queste cose ? tempo di richismare il discorso al suo soggetto vi si coogiunge esso da questa terrena vita vo lando alla volta celeste. P er, chi si tosto crede rebbe che le dette cose suonino di beatitudine? ovvio il domandare: Onde, amico mio, fassi ma nifesto, dir alcuno, che quel tuo filosofo si traesse il principio suo da quella turba di anime? Io ri sponder alla domanda , non confutando come si fa ne giudizj, ma con assai maggiore mitezza par lando; non contendendo, come accade nelle di spute, ove acerbamente si contrasta , ma proce dendo secondo le regole di chi scrive le vite de gli uomini, voglio dire presentando quelle sole cose che io credo vere, e che intesi dal precettor mio. Severo fu imperator romano , e per virl della legge padre de*Romani. Egli disse aver veduta una p ietra, che rappresentava la figura della luna mutantesi da una ali altra fase, ed accresciuta o sminuita a! Pop porsi che si faceva al sole ; e in quella pietra era figurato anche il sole. Mostrava Isidoro di sapere come ci fosse ; e non per tanto non volte dirlo. Avea egli con somma diligenza cercato di ci sapere per mezzo di un certo sogno meraviglioso, giacch possedeva s pronto ingeguo, ed arte s felice per aver sogno che assai spesso io bo avnto campo di altamente ammirare come rimanevano chiarite le cose da lui pronunciate E F o zio , V oi. / i4

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C SSB PIUM LA A,

debbesi per fu verit dire che quasi tutti gli Ales sandrini sooo valeoti nell'arte de sogni ; ood che oggi pure chiamano i sogni oracoli. Quando poi il grande Isidoro si trovava svegliato, noo vedeva pi l'ammirabile visiooe avuta, perch non taoto chiaro e forte trasmetteva essa allora il suo splen dore da riverberare oltre i materiali involucri, sebbeoe al di dentro stia quello e acceso e lu cente; ch fuor d'essi staodo l'anima, ove inerte sia (atto il senso per essere cessata la forza del sonno, in essa abbandonata sola sempre rimane 1*interior luce divina ; sicch fatta libera dagli ostacoli, vie pi s'accende ; e spessissime volte si effoode all* esterno tanto che la stessa immagina zione illumina. Perci dis*egli due essere le ma niere delle visiooi divine: una sensibile de* ve glienti ; l altra immaginaria dei dormienti. Ma l una e altra richiede vera continenza. Ed era infatti Isidoro uom saggio e maturo ; dir anzi grave per la costanza de* costumi ; di faccia quasi quadrata, e come un certo sacro simulacro del1* eloquente Mercurio * e ne* suoi occhi sembrava esser raccolte tutte le grazie di Fenerem e tutta la sapienza di Palade. N tralascer di dire, tale propriet avere avuto i puri occhi che, quantunque da contrari punti m ossi, univansi in una sola e medesima inesplicabile apparenza; e fssavansi con graode forza , e rapidamente volgevansi a modo che parevano mirare allo stesso oggetto, e in esso rappreseotarsi qualunque altro si fosse; e gravit e venust insieme mostravano; e a loro voglia interoavansi quasi nascondendosi e venivao fuori am piamente palesi e svelti; sicch, per dir breve, eran

STORICI

BIOGRAFI FZOFANl.

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simulacri perfetti deiranima, n detPanima sola, dell* influsso divino che quelfaiiima investiva. I sensi poi erano in esso lui latito moderati che alla sola necessit servivano. N tali erano solamente i suoi sensi, ma pur anche la sua immaginazione era tale che delPanima come una effgie. In lui non era fu memoria pi forte di quello che sia net comune degli uomini ; ed anzi pu dirsi che di poco fosse diversa dalla obblivione .* onde rendesi verisimile che Dio volesse eh* egli piuttosto di chiarasse la profonda forza dell* auima , di quello che altre qualit che riseutonsi della natura del corpo t e nelPanima sola tutta fissare la filosofia , anz ich spartirla per altre facolt ; avendo io veduto alcuni esternamente con grande chiarezza filosofare e possedere memoria capace di molte opinioni, e valentissimi in tessere sillogismi ine stricabili, ne quali mentre assai cognizione dei sensi divini, scarsa poi di forze al di dentro hauuo 1 auima , e sono poveri di vera scienza. Vero * cbe alcune volte pareva irato \ ma la ragione co * mandava, e 1 ira ubbidiva! Tira sua era volta iu riprendere i vizj degli uomini \ ch su questo punto non poteva n raddolcirsi, n spogliarsi d impeto. Cos egli era prontissimo in prestarsi al bene altrui ; ma prontissimo anche pi in gastigare le malva git i per lo che sovente disgust molti, noo pot mai adattarsi ad estenuare eoo blande parole le loro scelleraggini, n ad usare la detestabile adu lazione in luogo della vera amicizia. Comportavasi adunque verso tutti per modo che n amava fu contese, n di spontanea volont incontrava ini micizie : talch tutto era corrispondeste al suo

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CtASSE PRIMA

carattere, portato dal suo zelo a correggere i co* stumi degli uomini, e ad odiare le loro male opere. Del rimanente egli era accorto, e industrioso e cortesissimo * sicch facilmente alcuno fu avrebbe contato tra le persone mansuete, quasi niuna di* ligenza mettesse in investigare le cose che tanto gli dispiacevano; e come se soverchia mitezza fu ren desse poco sospettoso. Per da dire che se v'era cosa degna d'essere preveduta, se inganno od insidia qualunque poteva tramarsi, egli non ne fu mai sor preso. Mentre tre sono le parti, o dimostrazioni del l anima, e, come ad altri piacque dire, in tre modi si manifesta la condotta della vita, quella prescelse egli che sopra le altre valeva e andava innanzi a tutte , quella, cio , detta da taluno la vita di Saturno, l'et dell'oro, o Jo stato in cui il genere umano si approssimava maggiormente agli Dei , che sotto l'inviluppo della favola i poeti sedenti sul tripode delle Muse tanto predicarono. g!i tanto congiunta alla semplicit la verit am,che fu sopra misura verace, n mai contenne in s veruna finzione. Daccumular danaro non fu punto vago; bens per naturai talento si mostr abilissimo in governare le cose domestiche; e mentre in tutti gli altri affari era diligente, in quelli di sua casa intendeva per la pi parve della giornata con molto studio, ed operando egli medesimo* ed ordinando agli altri di operare. Al sorgere deU*aurora sorgeva anch* esso, piena ancora la mente degli oracoli intesi , e narrava il sogno fatto. Ed io , scrivendo come udii essere, non esagerai, sia cambiando ve rit per verit , sia ponendo veglia per sogno , e vigilante per dormiente. In certo incontro in cui

STORICI B BlOGHAFl PROFANI

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venne ad essere affidato ad uu cittadino degttis* smo d'ogni credenza con altri beni di chi lui fraudato avea di un deposito, quel deposita mede simo, bench eccitato a ricuperarlo, ricus di ci fare, altamente dichiarando non doversi contami nare la fede, di tutte le virt la pi utile ; nou volendo egli parer giusto , ma esserlo veramente* Poche cose parl : molte ud dal parlare de'vecchi. Non rade volte si espose a'pericoli, e massimamente gl* incontrava ove altri per ignavia fuggivauli, ap punto secondo il poeta i dove chiara si scorge la virlit degli uomini ; e cos a chi ben osservava,appa riva riprendere chi mancava alla virt ; ed eccedere i modi della famigliarit e della umanit; onde, men tre quelli che veniva accusando maravigliavansene, i male affetti l'accusavano quale amatore di liti. Egli per portando in s stesso l'esemplare della vera concordia, da s stesso giudicava tutti gli altri Tutti affermano tre essere i principi fondamen tali e massimi 1 coi quali sogionsi contemplare fu cose t l'amor dell' onesto 4 Tiuvestigazione diligen tissima del bene ; l'acuta e svelta forza dell' inge gno che rapidamente abbracci molti oggetti, e prontamente guidi ad intendere e a conoscere le tracce delle cose da ricercarsi, quali sieno esse o vere o false. Da questi tre principi nasce l'am ore indefesso della fatica che uon permette allanimo d'aver quiete fino a tanto che non sia giunto al termine delle sue ricerche, cbe il trovure la ve rit, Isidoro disse che la diligenza e l ' insistenza dipendono da uoa immaginaziooe non molto mo bile, e che un ingegno facile a concepire opinioni, 0$ come altri credette, fu sola intelligenza volubile,

, uon couducoQo alia verit : queste dell9 intendere noo essere le cagiooi , ma ad esse servire bens ; la cagioue dell9 intendere essere uo certo divioo istinto che sedataraente apre e purga gli occhi dell'anima, e li rischiara con uoa intelligibile luce, onde possao vedere e discernere il vero ed il falso. Questa quella ch egli chiam buooa costituzione; ed afferm senza essa non essere alcuoa utilit; e senza il celeste lume gli occhi anche sani non veder nulla. Avea egli attissimo lo spirito tanto a speculare meditando, quanto a trattare gli affari; noo che per iu queste basse cose egli si fermasse; ch tosto anzi ad ogni minima occasioue s9 alzava alle pi sublimi contemplazioni. N poi peoetrato delle belle idee di Platone, io esse si ferm eooforme sogliono fare gli altri filosofi; ma dopo Platone famigliarizzossi anche coi commeoti mira* bili di Jamblico , nel mentre che veggiam molti filosofi, e gli udiamo, ora dire che Jamblico dif ficile da intendersi, ora che Jamblico s alza, anzi ch per la verit delle cose, per uua sua superba graodiloquenza di parole. Poco si applic alla retlorica e alla poetica ; ma in vece dedicossi alla pi santa filosofia di Aristotile, se tioo che con siderando com essa crede pi a* raziocini astratti e artificiali che al proprio senso, e come procede cou metodo e con discorso, e non molto usa delle immaginazioni divine* di questa ancora si mostr poco sollecito . E tosto che giunse a gustare le sentenze di Platone, non degnossi pi, come dice Pindaro%di veder oltre ; ma sper di poter con* seguire il suo scopo, se potesse ben internarsi nelle medesime; e l rivolse ogni suo studio ed
classe prima

STOHICI S BIOGRAFI 0 7 1 9 1 .

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ogni suo impegno. Veoer quegli antichissimi filo* sof, Pitagora e Platone come Dei ; e le alate loro aoim e, le quali pensava che io sopracceleste luogo, e nel campo della verit si pescassero d'idee divioe. Io quanto a1 filosofi moderoi, dice che P o r firio, Jamblico , Siriano, Proclo , raccolsero gran tesoro di scieoza divina ^ e che quelli che mettono ia furo attenzione negli umani e caduchi studj, o .quelli che vogliono e troppo intendere, e troppe cose sapere, nou molto contribuiscono alla sublime e divina sapienza. Che fra gli antichi ArittoUle e Crisippo, furono invero uomini tgegnosissimi, bra mosissimi di sapere, ed insieme laboriosissimi j e nondimeno uon giunsero al sommo $ che tra i mo derni Jeroclef e simili, nelle umane sciente a ni uno inferiori, non molto furono nelle divine cognizioni versati. Egli biasim laver molti libri, i quali servooo pi a moltiplicare le opinioui che ad in fondere cognizioni vere * e rimettendosi ad un precettor solo, a quello interamente si affidava, e conformavasi a fui , trascrivendone i detti e gli ammaestramenti. Le cose presenti, siccome ap pare, egli uon am , n voleva adorare le statue; ma agli stessi Dei entro latenti si accost ; e non gi nel vestibolo, ma nell* intimo suo secreto , quantunque talora sia questo cagione di somma ignoranza. Ma per qual ragione adunque, essendo essi cos, a quelli ricorse ? per un veementissimi# amore e nascosto. E qual altro amore se non na scosto? E quali diciamo esser di questa maniera^ lo sanno quelli che ne hanno pratica ; noi noi posaiam dire \ e oemmeuo auzi pensare Direbbe al cuno che non parole, ma la sostante delle cose

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classi

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esprimeva. Con grande prontezza trovava di che dubitare egli presso gli altri , e di che altri con esso lui disputassero,noa veramente con la cogni zione di molte cose , e con la sciente di dottrine Sltrui opprimendo la verit; ma confutando i dubbj s onde uua volta che con la quasi divina forza del suo eccellente ingegno , e di quello immenso desiderio d* investigare le cose divine , trovata avea la verit, appariva simile ad un vaticioatore. Egli poteva vedere quale nascosta cosa l* orazione comprendesse, e quale vera e salutare. Aveodo M arinof che fu successor di Proclof e maestro d'/sidoro e di altri nelle dottrine aristoteliche, scritto un libro di molti capi sul Filebo di Platone, lo diede ad Isidoro onde lo leggesse, e giudicasse se potesse pubblicarsi. Isidoro, letto quel libro, fran camente manifest il suo parere; ma non si permise alcuna parola scortese : disse solameute parer al maestro degno. Il che udito Marino , quel libro abbruci. Io questo a scora Isidoro era diverso dagli altri filosofi che noa voleva egli attaccarsi alla verit per la sola forza de* sillogismi ; e come alla verit uon si giuoge per una sola strada, esso non voleva che vi fossero spinti dal raziocinio, come da un cieco che conduca per una strada dritta; ma cerc sempre di persuadere, e di aprir gli occhi airanima, e se li avesse aperti, di ben purgarli. Essendogli stato commesso di scrivere fu gesta degl* imperatori, ubbid : della quale opera sua dir quanto m* noto ove ne fa proposito. Non ne parlo ora come se oon avessi dovuto nep pure udir verbo. N Leon sio, che credette di beo provvedere a*suoi casi, quando, sfortunato per fu sua

s to ri c i z biografi F*orAirr a *j lib e rti d i diref tornossi a casa, n dlveouto ricco, n in siettro stato, come pensava, spoglio di divina piet, fu di animo corrottissimo, e malvagio t latta la sua yita fu u o tessuto d'icfortonj* Ma non fuvvi uomo di si cruda iodole e barbara, il quale uon rimanesse persuaso, e fatto mite dalle parole uscenti dalla sacra bocca Isidoro ; tale forza convincente era sui labbri di fui, opera non umaoa, ma divina; ed era egli degoo d'ammirazione per la sua stessa persona; imperciocch avea grande corporatura, era bello e facile d'aspetto, e giuoto alla et ma tura era cortese, soave, comodo, e a chi parlava seco fui utile. Us cibo mediocre, e noo delicato ; n o o civo , qual osa chi povero; n lauto qual 1 usano i ricchi. Cos fu temperato nella musica, * che prescelse quella dei dorici modi. Tra g li uo* mini che ooi udimmo, egli fu il solo cbe col futto mostr falso l*aotico proverbio; perciocch uon dilettava si de* giovani, ma bens de' vecchi e della conversazione di questi. Diresti aocora, che fu Solo tra gli u om ini, che udi, o conobbe, o che aliamosi cosi a riputazione, o per la riputazione de' quali egli fu noto o che noi per riputazione conoscemmo, che la memoria serb , o che oon fece sparire Po b b livio o e; ed altre ose simili*

Gli Alessaudriui i pacai immondi delle donne chia mavano fila c c ia . Noo erano legittime fu nozze, se d i Sua mano noo registrava i matrimoni un sacerdote di Dio. Jerocle, che food ie scuole di Alessaudria, co tante e magnifico per lfeccelleote suo iogegoo e fu* condia e per la facilit e copia di bellissimi nomi e di parole, traeva ad ammirazione di s i suoi uditori con un discorso pieuo della venust e delfu dot

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c l a s s p k im a , e

trina di Platone* Egli una volta spiegava a9 suoi eompagoi il Gorgia di Platone. Teosebio* il qual era uno degli uditori, copi quella spiegazione* E nuovamente, siccome verisimile, copi alcun tempo dopo una seconda spiegazione d Jerocle dello stesso Gorgia $ e confrontate fu prime con le se conde cose, niuoa, per cosi dire, in queste si trov di quelle. L*una per, e l altra di quelle spiegazioni ( cosa che in vero nuova a udirsi ) conteneva il proposto di Platone, per quanto erasi potuto fare. E di qui si vede quauta fo^se in quell'uomo la copia delle sentenze. Egli prese moglie per averne de1 figli ; e dopo che il demonio ricus di uscire da lei, adoperate essendosi fu pi dolci pa role , Teosebio co' suoi scoogiuri l ' obblig a la sciarla, sebbeoe egli non era perito io magia, n faceva miracoli. Giur egli, copre odo i raggi del so le, pel Dio degli Ebrei; e nell* uscirne il demonio grid venerare bens gli D ei, ma venerare anche quello. Ogni ostscolo adunque super, e tutto fece e disse , persuadendo ed esortando , quanto volle , non lasciaodo di compiere ci che avesse preso a tentare. Teosebio molto ragion intorno alle scuole di E pitteto, ed invent le favole mo rali che corrono. Era il pi temperaute uomo del mondo. Si uni a donna soltanto per aver prole; e non avendooe avuta, fece un anello di temperanza, e disse: Donna, un giorno ti diedi l'anello conci liatore delia unione procreatrice ; ora te ne do noo maestro di temperanza che ti ajuter a eoo* servarti temperante Laonde se potrai, e vorrai convivere meco castamente, ben sia; altrimenti, sei padrona di farti sposa ad altri ; e ci divide-

s to ric i z biografi profani*

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remo reciprocamente amici. Essa accett volentieri il partito* Ammonio am assai 1' arte di colare e correg gere le voci greche de* poeti. Fu costui quel* Ymmonio , il quale ebbe un asino che sovente fusoiava fu pastura, per quaoto si dice, stando volentieri ad ascoltare le cose poetiche, quantunque e gli si mettesse innanzi il mangiare, e si tenesse per alcun tempo digiuno ; di tale maniera si vide qoell*asino dilettarsi della poesia! Mediocremente Isidoro attese alla poesia, poco dessa curando, per la considerazione che di saldi principi uon pasce )a mente, solo di facezie e di parole occupandosi; ed ansi con fu dottrine migliori contrasta. Perci nelle cose poetiche valeva poco, e gl'ioni che scrisse, quantunque contengano sublimi idee e diviue, nulla per hanno di poetico. Cos anche Teone* uomo non molto ingegnoso,n acu to, ma per non mai stanco dello studio, contiuuament leggeva i poeti e gli oratori, e ne sapea fu composizioni a memoria; e poteasi vantar giustamente di conoscerne l* arte in tutti i rispetti i ma per quanto amasse i versi e la prosa oratoria, mai non giunse a scriverne. Avvenuta battaglia sotto Roma contro gli Sciti che Aitila condusse a* danni di Valentiniano che dopo Onorio regnava, tanta fu da ambe le parti la strage che quasi nessuno de* combattenti degli uni e degl i altri si salv eccettuatine i c a p i, e pochi di loro schiere. quello che pare incredibile si questo ch e , quelle genti morte combattendo, defatigati del corpo, e furti ancora d'animo, per tre intere notti e per tre giorni combattevano, per forza di mano e di cuore in nulla inferiori a quelli

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CLASSZ PKiMA ,

cherano vivi Si videro adunque, e udir usi fu forme delle anime battersi, rumoreggiare eoo le armi ; ed fama che fino al giorno d'oggi si veg gano le apparenze degli antichi combattimenti; se non che facendo tutte le cose che gli uomini vivi sogliono fare combattendo, non per possono met ter fuori il minimo grido ; e uo solo spettro si osserva nel campo presso Suda che una volta fu palude; e tale visione apparisce la mattina al na scere dell'aurora. Uo secondo fatto simile accadde nel campo di Cubi iu Caria. Ivi, uoo ogni giorao, ma di tratto in tratto, e non mai in di fssi, sul crepuscolo mattutino veggonsi neiraria molti spettri di anime, a foggia d'ombre combattere insieme tra loro. E ai tempi nostri hanno raccontato molte persooe degne di fede, come presso fu Sicilia nel campo detto il Tetrapirgio , e in non pochi altri luoghi vedersi simulacri d* uomini a cavallo com battere: la qual cosa succede massimamente In estate quando il mezzod caldissimo Avea Antemio fatto sperare a Severo* uomo ro mano* che per fui sarebbesi riedificata Roma stata gi distrutta ; e con quella speranza partitone, poscia al ritorno ottenne il consolato. Ora il ca vallo usato da Severo si vide mandar fuori del corpo molte e grandi scintille; e quel portento il condusse alla dignit consolare di Roma. Con si mile prodigio racconta Plutarco di Cheronea che a Tiberio ancor giovane, mentre studiava eloquenza * in Rodi, un asinelio gli presagi 1 imperio. Si sa p a re che Baiemeri, cortigiano di Attila , mand scintille dal sue corpo* e questo Baiemeri fu il p id re di quel Teodoricot il quale, dice l'autore,

st o r ic i

z io o r a f i

pr o fa n i.

sai

presentemente regoa su tutta Italia. E di s me* desimo dice pure : Anche a me, quando mi vesto e mi svesto, non di rado accade che m* escano scintille in grao numero fuori del corpo, ora con istrepito , ora prendendo la forma di fiamme e rendano sptendeoti le vesti, senza per abbruciare n quelle, n la mia carne, n cosa altra, igno* raodo io, a cbe cosa tal portento tenda. Aggiunge ancora aver veduto un uomo che vibrava, quando voleva, dalla sua testa scintille , ed ove la testa fregasse eoo alcun panno alquanto aspro, suscitava la fiamma. Spinse quanto pi pot rapidamente il cavallo; trovossi scarso di molte cose, lasciando il governo della Repubblicane si trasse a vivere ozioso e tranquillo per l*odio preso coatro coloro i .quali alla Repubblica erano molesti. Vennero a Severo de9 Bracinaoi presso A lessandria , e li accolse in casa sua , facendo loro il debito onore. Costoro all* uso del loro paese vissero in casa eoo molta gravit, n cercarono i bagni pubblici, n visita rono alcun luogo della citt , e fuggirono ogn* in contro di fuori. Mangiavano palme e riso, e beveano acqua. Erano essi non di que* Bracmani cbe vivono ne* monti, n di quelli dell* India che abi tano le citt i ma seguaci del modo di vivere degli u ni e degli altri, e fattori de'Bracmani pe*negozj che questi aver potessero col popolo, e fattori del popolo per ci eh*esso abbia a fare ai Bracmaui* Essi intorno a* Bracmani de* monti riferirono quaoto dei medesimi hanno divulgato gli scrittori: cio che a loro preghiere vengono e cessano le piogge, e con le preghiere mandano via fu pesti lenza e gli altri mali che non possono curarsi.

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C t ASSE FBI MA ,

Dissero pure che presso furo v* hanno uomini aventi un solo piede, e draghi grandissimi di sette teste, ed altre assai strane cose. Severo raccont trovarsi l*erba gorgoniade, la cui radice perfettamente simile ad uoa fanciulla, e che ha la testa coperta di crini rappresentati serpenti. Raccoot che una certa donna Antusa di nom e, a* tempi di Leone imperator de'Romani, trov il modo d indovinare dalle nubi; cosa che mai gli antichi non udirono dire. Essa, per quanto sapevasi, era nata in Cilicia, ma traeva la prima sua origine da*Cappadoci abitanti presso il Cornano, monte delle Orestiadi ; e riferiva la sua discen denza da Pefope. Costei sollecita del marito, che avea n grado militare, e con altri era stato spe dito a far guerra in Sicilia, preg onde dormendo papere fu cose future, e fece le orazioni sue rivolta al sole oriente. Ma suo padre io sogno le ordin che pregasse anche alla parte del sole occidente ; e all atto ch'essa orava, mentre tutto il cielo era sereno, una nube s*alz intorno al sole * e, cre scendo, prese la figura d' uomo t nel tempo stesso alzossi uu* altra nube, la quale crescendo in gran detta eguale, si mut nella figura di un fiero leone il quale aperta lampia bocca ingoj quell* uomo L a figura di quel uomo era simile ad un Goto ; e poco tempo dopo il re Leone ammazt Aspare ^ capitano de G oti, e i figli di fui. Da quel tempo sino a questo gioroo Antusa and studiando come dalle nubi diviuando potesse predire fu cose. - G li Egiziani dicono che Soli Iside : i Greci la rife riscono alla stella SirtO; e dipingono Sirio come il caue campaguo di Orione cacciatore, o, per dir

STOBICt B BIOGRAFI FfiOFAKl.

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meglio, lo mostrano espresso iu cielo. Alcuni per impudenza infransero e distrussero le statue , e di quel sacro ajuto privati, gli Egiziani a stento eoa operosa arte umana possono assicurarsi un posto. I ministri della moglie inseguivano il cane fug gente dallAfrica, divorando le carni dello struzzo * e agii escavanti appare , e soprasta al pianacofu dell9 antichissimo tempio. Ermia , alessandrino padre di Ammonio, e di Eliodoro , fu per naturale indole buon uomo e semplice ; fu uditore di Siriano insieme con Proclo a nessuno inferiore nella fatica dello studio f ma poco lesto di mente* e perci non poteva tro vare saldi argomenti al bisogno; in conseguenza d che non riusc grande investigatore di verit. Per questo non avea forze da contendere contro chi opponesse deVlubbj* quantunque fosse d tanto buona memoria da recitare qualunque cosa udisse dal precettore, o trovasse scritta. Noo era dunque la sua meote pronta quanto iu fui era ardente la voglia d* imparare. Per tanto impegno avea in coltivar la virt che n Morno avrebbe trovato di che riprenderlo, n il livore pi risoluto avrebbe potuto odiarlo. Essendo accaduto che gli vendesse uu libro persona che non ne conosceva il merito, e perch fu comperasse aveodogli questa diminuito il prezzo addomandato prima* egli oe corresse l'errore, e pag oltre quanto gli era stato chiesto. N una volta sola fece tale cosa a eui 4gli altri haono s poco riguardo * ch quante volte osserv che uo venditore ignorava il giusto prezzo della cosa, egli ne fu avvert* non come fanno gli altri, dilettandosi di an fortuito lucro , ma stimando di

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CLASSE PRIMA ,

commettere uoa vera ingiustizia se di buon grado comprasse a quel patto che di buou grado gli si vendeva i essendo di opinione essere inganno e fraude il non indicare 1* errore, e l'occultare fu verit, ch quand anche in certi casi non si sia soggetti alla severit della legge , sempre per si corrompe la giustizia. Ebbe fratello Gregorio , uomo affatto dissimile da fui. Questi era assai foo d* ingegno , e valen tissimo in afferrare tutte le quistioni, e discipline; ma nel rimanente era inquieto, n mite di co stumi; e facile a scaldarsi la testa; cosicch so* praggiuntagli malattia, pat di cervello. Nacque ad Ermia da Edesia un figliuolo il quale, super tutti i figliuoli de* filosofi. Edesia, mentre quel bambino non avea che sette mesi, scherzava con esso lu i, e fu chiamava per vezzo Babio, e con voce diminutiva bambolino. Di che il padre che la ud, querelossi, e sgridolla di quelle puerili parole eh*essa usava; e quel bambino ripet b^n articolate le parole dette nei rimproveri del padre; ed altre meraviglie diconsi di fui, il quale vuoisi che non tollerasse a fungo di vivere in quel corpo che portava, ma finisse di vivere d sette ann i, n l'anima sua essersi degnata di ricettarsi in al cun luogo terrestre. I Sirj, e spezialmente que* di Damasco, chiamano i bambini recentemente nati Bahia ; e cos chiamano anche gli adolescenti dal nome della dea Babia che credono abitare presso loro. Alcuni di coloro, i quali hanno le orecchie guaste, e il senso depravato, fecero degli arcani un soggetto di commedia e del riso de* filosofa

STORICI S BIOGRAFI FROFAlff

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A queste cose 1 autore aggiunge che Jerone * alessandrino coetaneo di Ammonio, tornando di Etiopia a Costantinopoli, vide un certo animale detto Penico* simile assai a quelli che si dipingono, o si scolpiscono, e di avere udita presso Alessan dria la voce del medesimo fatta come se stridesse. Ammonio fu uomo diligentissimo \ e molto ajut co suoi lumi i filosofanti che al tempo suo fiori rono, e fu assai attaccato alle dottrine di Aristatile. Egli in geometria e in astronomia and in nanzi non solamente a* suoi coetanei, ma eziandio a quelli che furono pi antichi di P ro clo , e di rebbe si quasi a quanti mai furono ai mondo. Pro clo afri mir la bocca d Isidoro come divina , e piena di vita filosofica, Gli occhi di lui mostravano la rapidit del suo intelletto j e la gioconda gra vit che in lui splendeva, c il sincero pudore che traspariva dal suo volto e-dalle sue parole, face vano che tutti a quel filosofo si volgessero. Bunojo fu di mente tarda, gonfio di giovanile i nsolenza , e turgido nelle sue orazioni. Superiano avea trent anni quaodo incominci a dare opera alla rettorica; e quantunque fosse di assai tardo ingegno, per forza dello studie finalmente giunse ad essere ricevuto sofista nella s celebre e su perba citt di Atene $ e di poco fu inferiore nella gloria a Lacare. Locare^ pi per lo studio anch'egli che per l'in gegno divenne illustre oratore. I suoi scritti com provano la tardit del suo ingegno: ma per riusc uomo santo per Pamor grande che avea delle cose divine Metrofaney sofista, fu figlinolo di Lacare. L *autore riferisce di aver veduto il simulacro Fotio% Voi* L i5

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classe raiM ,

di Venere* da Brode* sofista, dedicato nel tempio ( di quella Dea ). Contemplandolo , dice , per io stupore e la maraviglia sudai; e tanto gaudio mi sentii nel cuore che non poteva ritornarmi a casa, tratto ad ogni passo a dar di volta per vederlo ancora : tanta bellezza avea io quei simulacro in* fusa 1*artefice; non lusinghiera e m olle, ma sibbene altera e maschia ! ch Venere vi espressa armata, e in sembianza di ritornar lieta e vittoriosa. Riferisce ancora d'avere veduto io casa di Quirino un figliuolo di Plutarco detto Jero* filosofante sotto Proclo; e quell Vero avere avuta uua testa si p ic cola, da assomigliarsi nella grandezza e forma ad un cece, e tal nome appuuto esserle dato : per essa era vera testa d* uomo eoo occhi e vo lto , e con sopra i capelli, e intera la bocca, e dalla bocca metteva tanta voce, quando potesse essere quella di mille uomioi. Questo di quella prodigiosa testa di cece rife risce autore , ed altre iouumerabili cose con iscrittura e fede degna dell* empio DamaseloSallustio, cinico, non teqne io filosofa la strada battuta dagli altri ; ma quella che poteva salvarlo dai rimproveri e dalle derisioni ; e ferma fu as sicurare maraviglia alla laboriosa virt Rare volte usava ifcratiche, o sandali comuni. Non fu veduto mai n lungo tempo iofermo di corpo, o dasimo rattristato; ma, come Stuol dirsi, sosteneva a testa alta ogni fatica , ed ogoi lodevole applicazione, e tali altre cose degne dell* uomo Geserico, re de Cartaginesi, udito che i Romani, insidiosamente, e contro il giuramento dato, uc ciso aveano Marcellino che guerreggiato avea eoa

STORICI a Sto GRAVI VROFAlfl. 027 e ssi contro di lu if ne fu grandemente lieto; e pieno di speranza di rimaner vittorioso , disse parofu convenienti pi ad un imperatore romano cbe ad un monarca cartaginese; e furono queste: i /fu marti con la sinistra haonosi tagliata la mane de stra. Marcellino era governatore e capitano gene rale della Dalm azia, ed era gentile. Sallustio osservando gli occhi delle persone ehe incontrava, frequentemente predisse individualmente una morte violenta ; e neppur egli intanto sapea dire la ragione che lo inducesse a cos predire, quantun que interrogatone accusasse il vedere negli occhi loro u na certa oscuriti, certe tenebre, ed un o n sie quale si osserva nelle pupille di chi fu lutto Al cbe Fautore aggiunge che un certo di nome Uranio, cittadino di Apamea in Siria , e signoie di Cesarea di Palestina , dagli occhi similmente avea conosciuti parecchi prestigiatori esecrandi; e che un certo Nomo* concittadino suo, dal guardo avea c onosciuti ignoti omicidi. Isidoro, e lo stesso Asclepiade* dicooo che tragittando il mare Egeo* aveano veduto nel Nilo una capigliatura di gran dezza e forma mirabile. E fermatisi ambedue presso il N ilo a mangiare, stando cou essi pe nostro filosofo veune alla volta furo dal Nilo quella capigliatura, alta, come pareva , cinque cubiti. E narra di questa maniera altri mostri* Dice pure cbe vicino ad Eliopoli, citt della Siria scepiade sal sul monte Libano, e vide molte betu lle , delle quali assai prodigiose cose spaccio, degne dellemp ia sua bocca, le quali asserisce di poi vedute da s m edesimo e da Isidoro, questa esecrauda rasza visse vita felice e pia filosofica ed investi

3)8 classi pmma , gatrice d elle cose divine 1 ed accesero sugli altari il fuoco santo! Il pardo ha sempre sete * lavv oltoj o non mal ; e perci assai di rado si vede bere. L* ippopotamo una bestia ingiusta \ e perci cella scrittura gieroglifca significa la crudelt. Esso ammazza il padre, e viola la madre. Al contrario il suco, che cos chia masi uoa specie di coccodrillo, giusto, noo re cando offesa a verun animale. Il gatto distingue dodici tempi 1 ogni notte ed ogoi giorno orioa a ctascheduo'ora, e sempre a modo di uno stru mento cbe ooti le ore ; anzi lautore aggiunge che numera col proprio parto i giorni della luna; che nel primo parto fa sette figli , sei nel secoodo, cinque nel terzo, quattro nel quarto, tre nel quinto, due nel se sto, uoo nel settimo; e tanti s o d o i figli del gatto, quaoti sono i giorni della luca. Il cebo una specie di simia j e sparge il suo seme circa il tempo fu cui succede la congiuozione del sole e della luca. L* aoimnlc detto orice steroutando mostra il nascere di Soti . . . * . . Onde i loro priocipali non si perdesser o in contese funeste alla citt, annunciava una certa Secreta visione * ed era questa; Appariva sulla m uraglia un deoso lume, il quale poi trasforma vasi in una faccia divina e soprannaturale, non dolcementet ven usta , ma severa oell* aspetto ; bellissima per a vedersi, e nella stessa sua severit aveote no non so che di grad e vole* Gli Alessandrini ne* m i* steri degli Dei fu tennero ia luogo di Osiride e di Adooe* Era nella datura del filosofo Eraisco qnalche cesa cbe toglieva le im monde z za della ge~ strattone. Di che prova c he se udiva al c una

STORICI X Bl OCRAVI PROFANI

donna alludere in qualunque maniera ne* enei d i scorsi a qualche cosa d* impuro, subitamente gli veniva dolor di tes ta. Di questa m aniera, mentre visse , sempre ebbe seco una certa divinit $ e quand o fu morto, essendo Asclepiade , secondo che porta il costume,per coosegnareal sacerdote, insieme con le altre cose, le vesti di Osiride, onde ne rima nesse coperto il cadavere, tosto dalle Sindoni ap parve un lume, e coti esso da per tutto si videro arcane sembianze, e all* intorno di queste certe fi gure divine. fu sacro e mistico anche il prim suo apparire al mondo, dicendosi che usci del* 1* utero materno col dito iudice sulle labbra, con forme gli Egizj raccont ano essere accaduto di O ro , e prima d'Oro del Sole. E come poi il dito indice era attaccato alle labbra, couveune distaccamelo con un taglio ; e sempre ne port lieve cicatrice ; segoe cospicuo a tutti della inenarrabile sua na scita* Dicesi che Proclo confessasse che Erisco era pi dotto di fui ; perciocch ci ch egli sape a, sapealo anche Eraisco ; ma Proclo nou sapeva ci che Eraisco sapeva. Dice che Antemio, imperatore romane, era geo* tilej e che d*accordo con Severo^ il quale adorava gl* idoli, e chegli avea destinato concole, occulta mente pensava al co me ristabilire l esecrabile culto degl* Idoli. Che quel Leontio% il quale egli efusse, insieme coll*imperatore Zenone, era stato della sfessa empia volont, seggeritore di tal cosa Pampreplo. qui poi riferisce le ciarle di questo Pamprepio$ fu infedelt sua verso gli amic i , e la morte sua violenta, nel modo stesso che anche altri raccon* tano. Costui fu egiziano di n atio n e, e di prolefune grammatico

a3o classe , Non p r o pend o a raccontar cosa che non si sa se sia vera, e che pu suscitare inimicizie. Adun~ due ometteado *izio% voglio ritornare ad Eraisco eubeo, la c ui funga capigliatura discende gi delle spalle. I Feuicj e i Sirj chiamano Satur no E I , B e l , e Boiate. Egli, ed Asclepiodoro , stato suo maestro, erano discesi a nuot are nel Meandro. Questo fume trattili ambedue in mezzo a* suoi vortici , li som* merse : a tanto che Asclepiodoro nel frattempo alzatosi alcun poco per poter vedere il sole, disse: Moriamo, e alcun* altra parola interrotta proffer. Immantinente pet, senza che alcuno aperto ajuto si vedesse, trovaronsi sulla riva del fume giacere mezzo morti. Poscia ricuperarono le forze * e furono salvi. Tanto vero che Asclepiodoro avea in s una di v ina virt. I Carj chiamarono quel paese te Aule, cio le tibie di Apollo . Adunque A scie piodoro al cader del sole ritorn alla casa d'Aufu presso la citt di Venere \ e tosto vide nascere la litoa piena; quantunque essa non fosse nel segu o, in cui viene ad essere diametralmente opposta al sole Ma de e dirsi che necessit , (a quale tutte anse fa sparire, facesse pur anco sparire una tale imfftagioe. Egli era alessandrino di nazine* e in quanto a beni di fortu n a, er a nato da genitori oscuri, ma per probi e pi ir Q ui l'autore passa a parlare di Jacopo% edico, m il quale d'appresso era alessandrino di stirpe, ma da lungi era damasceno , figliuolo di medico cbe Spesi avea quarant anni nella pra tic a , e girato avea quasi tutto il mondo esercitando arte ; e per altrettanti a oni avea Della stessa professione

STORICI a BIOGRAFI FROFAWT.

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istruito il figliuolo, Di q uesto Jacopo adunque egli, come pure altri, dice meraviglie: tra le altre cole, che udendo una donua starnutare pi volte per dette tutti i denti e per questo accidente solo tutto quello che p u riguardare la donua, forma , e colore del corpo, e g randezza, e affezioni e oosturai delPanima meglio a donna convenienti, annu ozi. Il padre di Jacopo , segue poi a d i r e , dopo avere mollo vagato pel mondo venne a B i sanzio, ed ivi trov m edici, che nulla di perfetto sapevano nell arte loro , n cosa alcuna per espe rienza propria conoscevano! soltanto riportandosi alla dottrina degli a ltri, pieni di ciarle e senta fatti. Ma il padre e il figliuolo erano due empj. Costoro contro le malattie usavano molte purgazfuni e bagui. Nelle cose chirurgiche non erano m olto portati a dar mano 1 ferro e al fuoco ; ma le pessime ulceri guarivano con la dieta j e riget tavano i salassi. (Ja cop o) Risanando i r ic c h i, li esortava ad ajutare gli ammalati poveri ; e da quelli c he guariva non voleva mercede, contento del fru mento datogli dal pubblico. L'autore dice d 'a v e r veduto io Atene la statua di Jacopo ed essergli p aruta quella di uu uomo d ingegao,severo e grave. Questo celebre Jacopo curando io A tene Proclo gli ordin di astenersi dai cavoli, e di fare mo llo uso d* altri erbaggi. Egli noo volle man giare malva , imitando in ci Pitagora* A scle piodoro non fu uomo di grande ingegno , come parve a molti* ma fu acutissimo in eccitar dobbjc non assai pronto fu intendere, e da s stesso dis simifu, pur fu cose divine, fu oscure, e fu chiave e gli eaimj scusi di Platon e intendeva* Ma p*t

s5a enses m i t i , era di gran funga inferiore ad altri nelle pi alte cognitioni delle dottrine orfica e c aldaica, ecce denti la comune intelligenza de'filosofi. Nelle cose fsiche era dottissimo sopra tutti del suo secolo t e similmente nelle cose matematiche t d'onde, oltre le altre cose, consegu gloria grande d* ingegn o . Nella filosofa morale , che tratta della virt, cer cava sempre di trovare qualche cosa di nuovo, e di applicarne le cognizioni alle cose inferiori e visibili ; nulla, dir co s, togliendo dagl* insegna* menti autichi, ma tutto traendo dalla natura del mondo. Egli era nato per la musica ; con tutto ci non valse a richiam are il perduto genere euarmo* nicot e quantunque sopprimesse gli altri due generi di canto, il cromatico e il d iaton ico, non per trov l'armonia, sebbene, com'egli medesimo disse, mutasse , e trasponesse uon meno di ventidue note. La ragione, perch nou trovasse ParmOnia , d cui si parla , fu eh* egli non rend sensibile quella mini ma modulazione delle misure armoni* d ie che chiamasi diesis, cio il primo suono che s'ode n e 'c a n ti, e che insieme corruppe anche l'altro genere enarmonico. j sciepiod o ro , avendo imparata da Jacopo la medicina, ne segu le pedate, e iu molle cose an cora fu super) imperciocch egli richiam iu uso l'elleboro bianco, nou adoperato nemmeno da Ja copo , e con esso fu sfugolare maniera guari m a lattie insanabili. Egli de* medici nuovi uon approv cbe Jacopoi e degli antichi, dopo lppoer*te9 ebbe fu p regio Sorano ci li ce , Afe leote. Per questo ar riv a rendere sua moglie Damiano donna pud i * otscim, e , ci che p i raro , magnanima, nelle

STOftfCl z BfOOBMT V ftO P iN I.

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faccende domestiche di mente virile e caste, e nulla cercante vo lutt nella coosuetud ine della vita In Jerap oli, citt della F r ig ia , era un tempie dedicato ad Apollo* sotto il cui pavimento trova* vasi una caver na , dalla quale usciva un vapor s i mortale , che fno gli uccelli che volassero al di aopra vi perdevano la vita. Ma quelli eh* erano iniziati ai sacrifzj di quel santuario potevano , senza ripor tare alcun danno , entrare e rimane re in quella spelonca. autore riferisce eh* egli e il filosofo Dor o , spinti d a .p u ra curiosit, v*erano entrati aoch'essi, e nerano usciti illesi. Aggiunge poi fu scrittore c h e , dormendo in Jerapoli , vide in sogno A li) e che la Madre degli Dei gli coro* mise la festa detta degl* Ilarj , indicante la nostra conservatone dall inferno, Adunque, ritornato alla citt di Venere* raccontai,la v isione ad Jsclep io doro , il quale si mostr stupefatto del miracolo; e per la cosa sognata, una uon sognata mi rifer, e eoi r acc o nto di uo maggior fatto, corrispose al mio , eh' era di fatto minore. Disse cbe , essendo a o cor giovane, era venuto in quel paese, e che si era esposto a far saggio di quel vapore. C he a due e tre doppj ponendosi la vlte al oaso , pe r non respirare quell* aria corrotta e noci va , e di quella giovandosi buona e san a, che nella veste avea portala da fuori, era entrato nella spelonca ove da ogni parte z a m p i l l a v a n o acque calde e seguendo sempre 1* imp raticata voragfue, giunse sino al termine della discesa Verso i l profonda fu strada era rotta , ed attora face va impedimento fu q uantit .delle acque. Ma un furore fatidico fu in ta te , e g iunse scendendo a li# nltimo termine# J scls*

934 c l a m i prima , piodoro adunque, eoo la sapienza sua usc sano e salvo di l ; e poi pens potersi al vapor mortale mescerne altro composto d varie specie , trasc u rando fu ragioni de* filosofi e de sacerdo t i , come le dicerie de Mitj e de Frigi Col nondi meno , contro le dichiarazioni de filosofi, ardi sodare Pa+ tritio U na certa donna disse : Io sono rustica e villana. Ma sorgendo dal so n n o , e posatasi sopra uno sgabello, si trov civifu e gentile, n soltanto parlando di coeo serie, ma anche abbandonandosi a ciarle p u e rili, a guisa d' uomo piacevolissimi cbe vuol essere ntifu a queiii c o i quali conversa. Trovandosi pertanto in grave pericofu, invoc Dio, pregando che togliesse via le cateratte delle ac que che ancora rimanesse ro. Condusse seco fu moglie, vicina al p arto , e mentre era ancora gi* cente sulla sponda , gli avvenne di vedere allimprovviso D ic e , egregia fanc iulla e svelta, vestita di una tunica senza mauiche, di color giallo e con fermagli di porpora. Avea la testa cinta di una benda, seoz'altro ornamento, ed era del volto alcun po co severa e con la fronte contratta. Nulla a fui . . . 4 sclepwdoroi discepolo di Proclo* lesse io mezzo a profonde tenebre senza lume, e conobbe fu per sone cbe ivi erano. Egli disse che trovandosi una volta in Caria , avea veduta la testa d ttu drago* caduto nel campo di Pitea$ cario, e da Pikea me desimo recato, della g ra n d m a della pi gr o ssa testa di un taro. Oltre ci 1 autore riferisce che * tdidtpiodoro vid e, e mostr agli aitanti anche un drago vivo alzato in a ria , Il quale dice concetto dal tento e dalfu condensate sub reodut knmo-

STOftlCt S BIOGRAFI .

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bile e steso iu forma di una grande scure, e che, essendosi viemmaggiormente fu oubi condensate , quella orribil fiera disparve Dipoi dice : M ar ino, successore di Proclo , na eque in Napoli di Palestina, presso il monte chia mato Argarizo. Indi, bestemmiando. Tempio scrit tore aggiunge t Nel qual monte un tempio consacrato al sommo Giove%ed ivi pure fu diviniz zato bram o , il primo degli antichi G iu d e i, sic come disse fu stesso Marino. Il quale , essendosi da principio fatto Samaritano , di poi ripudi quella setta, stimando cbe degenerato avesse dai sacrifzj d'Abramo * ed abbracci il gentilesimo. A forza poi di studio indefesso, egli giunse ad o scurare col suo nome la gloria de' pi antichi valentuomini. Isidoro, che fu trov ammalato, non voUe interro* garfu , temendo di recargli turbamento. Dai detti per e dagli scritti di lui, i quali non souo molti, era facile comprendere che Marino non era un fecondo e beo coltivato campo di N oem ati, c o-* pioso della messe, che d la contemplazione delle cose uatutali Proclo , vedendo questo flusso del corpo, te mette pel giovane. Questi adunque mor; e fatto allora beato, l*anima sua, o l immagfue dell'anima di l u i , apertamente si fece vedere a m e , eh' era seduto su quello sgabclfu j e d uopo credere al discorso che la visione del principale tra i ffusofi conferma , e che conferma la riputazione recente delfaltro, che il secoodo dopo di fui, e il con* ferma pure il terzo predicante , che quegli ch e scrisse queste cose per puro amore di si splen dida verit. P r o c h , in quella speranza che di s

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CLASSE T R IM A ,

avea fatto concepire, non pot n dispreztare fu dignit di P la ton e , n impugnare il giudizio di Jamblico e di Plutarco , n pretendere di sapere oltre il consiglio comunemente utile $ ma quanto cresceva fu grandezza nell'impegn o del dire* tanto meno Isidoro permettevasi di persuadere che il peso fosse maggiore delle sue forze. Proclo poi mostravasi sollecito della veramente aurea catena di P latone , per non lasciare a noi la citt di Atene ; ed era sollecito anche di Marino a ca gione della malattia che lo travagliava. Preso adunque da vero amore della filosofa , rotto ogni terreno vincolo, e concepito odio di tutti i beni e disprezzo delle ricchezze , venne in Atene. Tale dicesi che fosse anche il filosofo Zenodoto> il solo degno d* essere chiamato la delizia di Proclo , di eui eziaodio concep somma speranza, n verso di lui conducevasi con superbia , n punto avverso , n altero nel parlare , quantunque avesse nobilt acquistata coll* imperio , e costumi generosi, ma nifesto fondo di stu d fu , e gran diligenza nella scelta delle parole. Teogene non solamente su perava gli a lt r i, raccolti a consultare sopra grave argomento * ma era anehe uno de* filosofi* A i tempi di Platone non furou vi, come alcuni pen sano , ricchezze ereditarie'. Platone fu povero , e non ebbe che un orticello neirAccadem ia, da cui traeva tre nummi. Al contrario, sotto Proclo il provento delle ricchezze fu di mille num m i, ed anche di pi, perch molti morendo lasc iavano fu sostanse alla sua scuola. Ma oramai siamo giunti al termine del discorso ebe lasciammo. sclepiodoro fu pregiatissimo per

Tos ici a bioczafi raorsKi. ogni pi splendida qualit che possa ornare fu vita. Niuno trov che dire sul roatrimonfu che contrasse ; ma i soli flosof poterono giungere afu f apice della perfezione. Asclepiodoro , uomo d i sveltissimo i ngegno , fu genaro del grande scle* piodoro, avendone sposata la fgliuola, e fu pieno di gran diligenza. Era una fontana, da cui sgor* gava acqua sacra e potabile, e , come sul far dei poeti disse l'a u t o r e , fu bocca di lui e tutto P a spetto era il domicilio delle G razie \ impercioccb se accadeva cbe per alcuna cosa s'avesse bisogno di lui , tutti come amici a lui come amico ricor* sero. Isidoro molta affezione avea per ipasfu, non solo come marito per la moglfu, ma come fi* losofo a lei , studiosissima di geometria Serenano fu d'animo fermo, pronto ad eseguire quaoto avesse pensato in sua mente, e coll opera preveniva la stessa sua risoiuzoue. Da ci avvenne c h i sovente s' incepp , non essendo cosa facifu crescere ed avanzare adeguatamente, come avanz Teodoro Asnto sotto Porfirio , i quali entrambi sul bel principio si ridussero alle sole cose neces sarie al corpo, e tutta fu vita castamente condue* sero. Pamprepio iu brevissimo tempo si vide d i venuto eloquentissimo e dottissimo, applicatosi ai prim i rudimenti della dottrina che la grammatica e fu poetica insegnano. Pamprepio fu egsia o o di nazione, e ito in Atene, dopo avere nel suo paese imparate fu poetica , gii Ateniesi lo fecero gran malico , e fu posero alla testa di una scuola di ragazti. Zenone era di naturale timido, e veggendo come lU o era caro a 'g iu d ic i, e salito io molto credito, stava fu grande sospetto di fui * e , noa

a38 c lasse * , fidandosene, viveva inquietissimo Quindi tent ogni m odo, e mise in opera tutti i raggiri possi bili per far allontanare lUo. Ma Pietro , che si gnoreggiava il paese, uomo cattivo e senza pudore, a cui per avventura apparteneva esaminare fu opinioni , forse fu ritenuto dalle sempre lente ri sposte di Pamprepio^ e queste fecero che la lotta andasse pi iti lungo. Egli , trovandosi in gitto , disse ad Isidoro non essere puuto favorevole ad Ilio , e teoerlo per macchinatore di tradimenti e per uomo cbe aspirava all9imperio rom ano. . Ritorniamo di nuovo ad Isidoro . Isidoro oon era superbo, n di colloquio diffcile, n pertanto ignor il contegno stoico { ed ora mostra vasi ilare e d umor lieto, com 'era bello di persoua e d'alto animo. Aggiu ogevasi ch'egli era alieno affatto dal curare la morte . . . Malvagio uomo, e di vita in fame, coutro Atanasio , che seguiva pi forte sen tenza . . Queste cose coufusero con fu piccole mas serizie di Giuliano. Isidoro prese una cassetta ed altre piccole masserizie, e le mise in ordine come se avesse a farle portare al m ercato, nel mentre che erasi raccolta la turba per la partenza . . . Comaud anche a* ser v i che preparasser le streggbie, e cacci in carcere di nuovo i filo sofi , poi* ch per la seconda volta erano convinti. Giuliano ricevette tacendo e sopport molte piaghe fatiegli sulla schiena co' timpani $ imperciocch fu flagel lato molto, n disse parola; e vedendo le suppel lettili preparate per la navigazioner Perch, disse, fai ques to ? I custodi de* porti ti prenderanuo. Parti adunque uon molto dopo , e stavasi in casa mia. Ando du o que in Atene per recare a Proclo

STORICI

b io g r a f i

FROFHI.

fu cose sepolcrali , insieme con incenso* La mali* sia estrema ed incurabile merita prooto supplizio* quella che alcun poco si tempera degoa d i perdono. Ai moltissimi cbe commettono colpe mezzane, la giustizia differisce i rimedi de* m a li, sia che abbiano sussidio dalla virt , se per av ventura scampino i c o lpi del ferro e del fuoco \ sia che, attesi la gravit del misfatto , si rendaoo indegni d* un rimedio pronto $ sia che afd alcuni , prima cbe le furo colpe vengano punite, si faccia grazia a riguardo de* buoni. Il fasto che i filosofi mettono nell* am m onire, pu esasperare anche uomo barbaro, sebbene i filosofi dicano doversi tollerare e oon pacato animo sostenere checch avvenga. S'imbatt io una donna sauta, io cui era in maravrglioso modo una particella dell* aura divina* imperciocch e s s a , mettendo acqua pura in uu nappo di vetro , vedeva in quell acqua fu apparenze delle cose future , e prediceva, per mezzo di visioni , quello che doveva succedere* Di ci facemmo prova anche noi. Anatoho , avendo spo gliato de* suoi beni Giovanni , dopo averlo fatto flagellare, subitamente mor. Io andai per neces sit a trovare Emesione, Non avrei di buon attimo sopportata fu sua stoltezza, ma fu la legazione che mi obblig ad audare da fui* L'acqua stigia d'A rabia, che scorre sotterranea, va a scaricarsi a Bostra, che fu fatta citt da Se~ vero , imperatore, essendo stata in addietro luogo di presidio, e cinta di mura dai re arabi, in grazia dei vicini Dionisj. Avendo udito tante volte decantata io % dato alla citt il nome dall'estro di un bue, prese alletto per essa, a cagione dell'origine favo*

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classe

PftIMA ,

fusa che corre intorno a quella vagante fanciulla Qui poi conobbe essere il Dio Teandrite , in vi* rile aspetto, e agli animi ispiratore di casta vita. L acqua ligia, di cui si fatta menzioue, dicesi essere in un lu ogo ov* un campo, il quale, dalla parte di levante si stende fno a D ia , citt de serta. Poi improvvisamente sapre uoa spaccatura, cbe mostra uo* immensa voragine, in cui veggonsi da o gni parte peudere sassi e alquante piante sil vestri ed orride, tra que9sassi sorgenti e oltene branti tutto il luogo. La discesa , a chi dalla si nistra parte v* entra, angusta e scabra , e lunga quindici stadj; ma conviene che non solamente gli uomini, ma fu donue ancora , facciano quel tratto eoa grande celerit. Nella seguente valle, che poi si trova, sono orti e campagne parecchie. La parte superiore, e strettissima, ha un bacino, ove da ogni verso scorre lacqua stigia , la quale , cadendo da sito altissimo, si sparge per Taria, e di poi corre di nuovo al basso. Questo spettacolo, quantunque o pera della natur a , pieno di religione e tre mendo , non essendovi alcuno che vedendolo non s empia di un sacro timore. Alcuni de*doni cbe gettansi in quell* acqua, ancorch per s leggieri , vengono portati al fondo , se il D i i propitio a chi li offre, ma diversamente soprannuotano , an corch per s pesantissimi, e sono in maravigliosa maniera rigettati fuori. Gli abitanti di que9 luoghi, ammaestrati d all esperienza , hanno orrore a g iu rare per quel campo e per quell*acqua $ e se av viene c he alcuno ardisca fare un tal giuramento, entro l*anno m u o re, gontiandoglisi per idrope i l co rp o , o v*ba alcuno che sfugga tal pena

STORlCt S SIOGRASI PROPANI*

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Narrasi cbe Bacco dom col vino Licurgo e gli altri Arabi suoi seguaci , avendo asperso di quel liquore Pese re ito nemico, e da ci prese occasfune di chiamare Damasco la citt. Alcuni traggono il nome di essa da un gigante chiamalo Asco , ivi domato da Giove $ altri di quel nome add ucono altre ragioni. L autore ebbe Porigine sua da quella citt. Volgere, merc lo studio della rettorica, ogui cura a ben favellare , e dall anima allontanare il pensiero delle cose sante e divine, considerazione fu questa, dice lautore, che m i fece abbandonare gli esercizj oratorj; e cos souo scorsi gi nove anni, e vivemmo poi insieme tutte le notti e tutti i giorni per otto mesi. Avea veduto , prosegue a dire, Betulo mosso in aria , ora coperto dalle ve sti , ora portato dalle mani di un medico. Il me dico cbe portava Betulo eia Eusebio , il quale an che disse essergli uua volta improvvisamente venuto un impeto subitaneo di partirsi dalla citt di Emesa quasi di mezzanotte, e di recarsi lontano a quel monte , iu cui con antica magnificenza fu fabbri cato un tempio di Pallade; e con somma velocit essersi tratto alla cima di quel monte , ed ivi come stanco del viaggio essersi posto a sedere, ed aver veduto uu globo di fuoco rapid amente ca duto, che nel suo seno avea un mostruoso leone, e quel leone essersi tosto dissipato. Egli poi, estinto il fuoco era corso al globo ? e quello avea preso come fosse stato Betulo, e domaudato di che Dio fo s se , avere udito in risposta essere di Genneo Genneo gli Eliopolitani venerano, sotto la forma d i un leone, nel tempio di Giove* In quella stessa Botte diceva avere camminato di comfuuo per F ozio. FoL L %S

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CLSSZ PftlM A,

dugen todiecl stadj Eusebio non era padrone dei moti di Betulo come altri di altri * ma pregava e supplicava, e quello dava luogo agli oracoli. Q ue ste e molte altre simili vanit racconta c ostui , degne invero delle pietre b etu lle , e descrive an che la forma di quello. Bello, dice, era quel glob o , bianchiccio di c o lo re , di un palmo di diametro ; ma ora appariva maggiore, ora minore, e qualche volta purpureo * e ci mostr lettere eh9erano in cise nella pietra del cofure che dicono tingabarino, e le attacc sul muro; onde, pregato, usci T o rcolo mettendo fu voce come da una can oa, ed Eusebio la interpret. Altre mirabili cose questo van eggiente scrittore narra di Betulo. Io avea pen sato che l'orac olo di Betulo fosse divino* ma Isi doro disse che piuttosto era uo demonio, ed un demonio moverlo noo uuo de*molto cattivi t n degli affatto immateriali , n degli affatto puri. Altro de* Betuli soprastare ad un altro, come , al dir suo, a Dio t a Saturno, a G io v e , al S o le , e simili. Mass imino , die* egli , era gentile di religione , ed avea s terribile fu sguardo , che da fui rivol gevano gli occhi tutti quelli che fu vedevano. Di che egli consapevole, per fu pi guardava a terra pittosto che alle persone che incontrava. Vedeva poi molte cose che gli altri non vedevano, e po teva mandare addosso alle persone i demo oj cat tivi, e cacciare altroude quelli che vi avesse man dati. Avendo egli commesso un empio fatto , da que* di Bisanzio fu decapitato N sapeva coodursi da filosofo, se alcuno del popolo loffendesse, ed ignorava ogni aliare c ivile ed importante Tard

STOftlCf % BIOGXUn PBOPAVt. *43 assai pi che comportasse la speranza di a f f e t tare il suo viaggio iu Caria o in A t e n e . V e n g o alle preci che indirisz Dio ; e mentre Cillenio tardava e differiva fu faccende, Iiidoro nulla fece, risparmiando fu pi preziosa cosa che , come dice il Saggio, abbiasi l uomo , cio il tempo Vedendo me illuminato da luce d iv in a , io c h e commoziooe di animo credi cbe cadesse ? Dive nuto forsennato, presa una scure, si taglia t mem bri virili. Io riferii il fatto ad Isidoro , il quafu sapientemente sempre, e con sacri ragionamenti vlti alla Diviniti , confortossi qualora senti vasi messo in cimento dalle violenze del corpo. Q ue sto esempio di propria volont, ed io il cito per gratitudine, poco retribuendo pel mollo. Navi gavamo a Samo s avea tutto eofato il corpo , in cominciando dai piedi foo all* anguioaglia e alle pudende. Mi assoppii nella nave , ndl dormendo ho polluzione, e parmi contaminarsene la benda , la veste sacra, la stola, laspetto del v o lto , la fa scia. Io Atene non udimmo mai disprezzarsi fu filosofa, come la vedemmo vituperarsi da i?gia. Costui non di poco superava in vrt il padre e molti altri. Ma le cose flosofche curava meno. Sarebbesi creduto di tale pensamento perch se dotto dal patrimonio. Eppure fu uomo pio quanto altri mai. Epizio avea pi ingegno, ma era rozzo ne co stu m i, rozzo e semplice quaoto possa dirsi. E ra anche s cagionevole di corpo, che poco gli mancava 8 morire. Questi di mala voglia ud tost o la difesa, come nulla pago dello specioso consiglio che gli si dava. Cos e a lungo ra gionando M anno, persuase ad Isidoro che avesse

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C t S S * P I I MA ,

riguardo alla risoluzione che prendevasi code oc cuparne il pesto , e fu creato successore di lui nell'insegnare la dottrina platonica * il che v e ra mente era pi di nome che di sostanza Che se cosa pi divina, come t u , E g ia , pensi , diceva a lui Isidoro , I' esercitare le funzioni del sacerdo zio , io pure s o d o di questo pensiero medesimo* Ma innanzi a tutto d* uopo cbe gli uomini ab* biano a divenire Dei. fi perci Piatome stesso disse non potere agH uomini miglio r cosa toccare della filosofa. Ma ora si Ha a stare in campo nellet dell ultima vecchiezza , non armati di rasojo. Ignorava egli d intraprendere la correzione di cose incurabili ed iniquissime, e non cur nes sun costrutto. Al giungere della primavera , es sendo morto Marino , Isidoro volle abbandonare Atene , avvertendo Siriano ed Egia essere neces sario rimettere la filosofa in v ig o re , la quale declinava. ( Essendosi omessi varj ben ornati passi ne cessario unirli agli Estratti.) . . . Severo , patrizio romano, essendo in A les sandria , raccontava molte c o s e , e fra le altre questa, cio daver veduta una pietra, nella quale erano fune cangianti in varj modi figura, secondo fu posizione del so le, ora crescendo ed ora dimi nuendo. In quella pietra era anche il sole , onde tali pietre chiamatisi Sinodite. E disse aver veduta anche una pietra so lare, non quale molti di noi vedemmo , tramandante da s ragg i dorati * ma avente in mezzo un disco in forma di sole , e rappresentante un globo di fuoco, da cui venivano fuori de* raggi sino alla circonferenza $ e quella

STORICI s BIOGRAFI FROFAHI

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pietra era globosa ed intera. Aggiunse aver v e duta fu lunare non macera d* acqua , che di poi presenta una piccola luna , e perci chiamasi ac qualunare, e per naturale indole volgeutesi secondo i moti della luna. Mirabile quest* opera della natura, ma d'essa racconta usi assai cose oscure e nulla affatto intelligibili . . . T re essendo le specie d 'a n im a , tre soco anche gli ordini della politica, ed ognuno ha fu sua par ticolare; ma uua principale fu form a, da cui ogni ordine prende nome* e la prima forma ebbe la ragione per guida, siccome fu la vita e l*umana societ sotto Saturno , che dicesi et dell* oro , o stirpe d uomini prossima agli D e i, come portano fu favole de* poeti. L* altra et quella che , da iracondia infiammata, proruppe in guerre e io bat taglie; e, per dir tutto io breve , boll di ardente brama di principato e di gloria, siccome udimmo appunto essere stata quella di cui abbiamo s fre queti racconti nelle storie. La terza e t , che dall* appetito si lascia condurre, piena di lusso e di deltzfu, corrotta, abbandonata con basso e femmi nile animo alla ignavia, da sorte incerta qua e l balzata, avara, vile, servile quella appunto che fu presente vita degli uomini distingue. Propen deva ad una pellegrinazione noo vana e deliziosa, n curiosa ricercatrice delle grandi fabbriche dagli uomini erette e delle grandi e belle citt ; ma se in alcun luogo sentiva essere qualche mirabil cosa od augusta, fosse questa o esposta a tutti, od oc culta, egli volea vederla co* suoi proprj occhi. * Disse 1 anima assorta oelle preghiere sacre starsi entro Poetane delk OTtfuit, primieramente fu s

246 class* ratkfA, raccolta oltre il co rp o , indi sciolta dalle eoe a b t tudini, e dalle razionali nozioni piegata alle c ose ingenerate nell intelletto, ed in terzo luogo ispi rata divinamente e vlta ad una insolita serenit noo propria degli uomini, ma conveniente a Dio L u i, JsUbrot lodava e predicava: pi d'ogni altro argomento a persuadere estimando egli e comodo e concludente quello essere che dalla storia si trae, e massimamente dalla moderna, anzich dall'antica. Essi vollero Istdoro compagno anche nelle discipline egiziane e neiriuvestigazione delle arcane verit sacre; ed egli nelle quistioni , che sovente occorsero, portava tutta la luce delfu sapie nza an tica N V intelligenza sua desumeva dalla memo ria di quauto avesse appreso ne* libri o nelle di scipline altrui , ma dall* interna forza del suo spirito, avendo avuto so da principio uo certo abito saldo e fecondissimo di comprendere la v e riti , abito che manca al comune degli uomini, io capaci di sostenerne la divina origine. O b b li gato ad applicarsi alla buona istruzione de* figli , Dello spiegare fu parco assai di parole , e tante ne usava solamente quante fossero bastanti a spie gare i sensi dell'animo; e faceva cosi, noo perch la natura e leserciaio a fui mancassero, ma per ch sommo studio avea posto io acquistare per spicuit coi pi semplici mezzi. Cos lasciava agli altri Teleganza e la pompa d e 'n o m i, attenendosi alla sostanza delle cose; pi parofu usava de* sensi della mente n usava pi seosi di quelli che fu natura delle cos e richiedeva ; tutto inteso a far palese la giustizia con la quale si ven era Di o . f u doro compiacetesi sommamente d* ater veduto

STOBI ci a BIOGRAFI PROPANI*

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Proclo 9 parendogli d* aver veduto U venerando e grave aspetto della filosofa medesima ; e Proclo stesso avea ammirato il volto d'Itidoro co me cosa divina , e c ome l* espressione sicura della filosofa fu essolui vivente. Sallustio non si applic pi al bisbiglio forense , ma beosi allarte oratoria. Egli avea imparate a m e moria tutte leO raziouidi Demostene, che sono pub blicate, ed era per s stesso abbastanza eloquente^ non imitatore de1 moderni sofisti, ma emulo ardi* mentoso degli spleudidi scrittori antichi, e com pose orazioni noo di molto inferiori alle orazioni di quelli. Dicesi che a piedi scalzi girasse tutto il mondo. Prende la p arola pe* templi : essa si pone anche per significare fu statue, e similmente per significare il pavimento del tempio. Ebbe so gni a migli aja , per dir tutto in breve ; ed una volta ebbe anche una visione suiratto di conside rare un uomo con certa intensa contemplazione, che colPordinario modo di parlare noo pu espri roersi.. . . U n voto il trasse da* portentosi spettri al senso delle cose umane e familiari. Serv al tempo proprio pel matrimonfut e , dato bando ai mister) afrodisiaci, visse con la moglie senza cer c arne figli. Ilari* , filosofo, amatore delle cose di V enere * non c erc per maestro Proclo . Disse essere per suaso che avrebbe avuta pi funga v ita , aveudo una moglie svelta, e questa disse non piacerle cbe cos paresse ad alcuno. Ha e g l i , malamente sof frendo ci che nel corpo il fugava , e riportand o alfu moglie per quanto all* nomo permesso, fu difugfuoe della morte, fu facilit di fui commend,

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CLASSE PB1M4,

e eoo essa fu lieto. Dio , consolandolo nella spe ranza del matrimonio, gli diede il segno della prole futura , e finalmente vide fu moglie incinta L e tenebre non impedivano ad Aselepiodoro d i leggere. Narr anche altre cose u d ite , ed una visione veramente meravigliosa. Una voce (ed incerto di chi fosse ) ordin che la nave si fer masse . . . Egli visse casto sino alla morte ; n al* euno v* ha , anche tra* nemici, che di alcuna cosa il riprendesse. Marino fu di ingegno non troppo svelto; n pot adattarsi all* eccellente esposizione delle dot trine di Parmenide * suo precettore, dalle sopran naturali a n n i abbassando la contemplazione sua ad idee pratiche, mosso per fu pi dalle nozioni di Fermo e di Galeno , o dagl incorrotti concetti della mente de* beati uomini. Pratic fu giustizia e i costumi convenienti ai filosofo, noo gli adula* lorj e i sordidi. A cagione di una sedizione in sorta in At en e , da quella citt ritirossi in E pi dauro, avendo subodorato cbe si tramavano insidie alla sua vita. Marino e Proclo non di una mano sola, ma con ambe abbraccia rono Isidoro . E Proc i , vedendo lindefessa alacrit del Pan imo di fui, e lardore insaziabile d imparare, fu lieto d infon dere nel di lui intelletto ogni sacra e filosofica dottrina. Se non che arrestossi, temendo rip ren sione, querela e sdeguo per parte d*entrambi: con che concit un certo incredrbifu m oto, noo sicu ramente prodotto dalla natura* Fuvvi una donna attica che moltu arti di persuadere cooosceva, se condo che egli le avea insegnato , largamente c omunicaedole fu sua dottrina. Tale fu di corpo e di

storici s btgrat? m o rsirt aninto, cbe quelli c o i quali opportunamente parlata, della severit e costanza de* suoi costami e delle sue parole stupivansi. Era grazioso con le persone graziose. la vece di rimanersi felicemente tranquillo in mezzo a IP ozio filosofico , si applic alle cose dello stato, ed esercit i magistrati. Era di natu rale perseverante, ed insuperbile in tutto quello a che avesse applicato l'animo. A m ata quanto al tri mai la gloria \ non risparmfuva rimproveri e fatti, e quanto pu esprimere la forza delPanimo# Gareggi sempre con chi era al di sopra di fui. Volle essere stimato solo, mentre manca vagli quella gentilezza* con la quale si mostra riverenza a chi superiore. Parecchie perso ne per astenetaus dai condannarlo, ricordando i costumi antichi. Pamprepio fu opportuno strumento di quella necessit che I* onest respinge. Ma nel processo del tempo disse quaato alta circostanza oc correva. Damatelo ; annove rando co l oro > quali stolta mente oppugnarono la santa e indcslrottibfu reti* gione nostra , a suo malgrado, siccome apparisce, e costretto dalfu forza della r a r it , scri v e quanto segue : < Tent Giuliano , im peratore, ma bob r and oltre quattro atm. Pens U stessa cosa di poi Lucio* generai comandante del la ntilizfu d Bi sanzio sotto Teodosio , che en t r in palazzo per uccidere l Imperatore \ e tre vnke cerc di trar fnori del fodero fu spada* ma si parti epa tenta to* perciocch tide di repente una donna d* inusitata grandezza e tersibifu, che abbracci atta schiena Teodosio . Mir al medesimo oggetto Zenone, grande capitano d* O rien te, e fu impedito da tfulcnta tu arte , aveada perdala fu t k a per fu rottura di

ft5o CtASSZ P U M A , una cosc ia, cagiooata dalla caduta di cavalfu. Indi al nostro tempo Severiano , concittadioo nostro , con pareecbj altri, fu sul punto d'essere fatto mo rire per fu perfdia de* suoi complici, e forse d'al tri, e per quella di Armorico , figliuolo di Asparo , cbe scoperse fu congiura a Zenone, Oltre questi anche M a n o ed Ilio furono di quel pensamento: M orso mori di malati. La testa 1Ilio fu gettata nell* esercito nemico e il corpo precipitato da una rupe, n Ammonio , amante di turpe lucra, e tutto dedito a guadagnare io qualunque maniera, scese a patti con chi era allora venuto per esplorare quale opi nione fosse per prevalere. Avea grande suppellet tile di libri d*ogni futta, e cercava d'aver figli per fu repubblica* Diede da p rim a , d ice Pautore , un saggio eoo parole* indossando il pallio della retto* rica. Onde v* era il pallio oratorio , siccome v*era tl filosofico G li uomini per natura attribuiscono virt aUa vita o sfusa, ed io giudico al contrario , imperciocch per chi vve in mezzo alla repub blica la virt sta negli officj e nei dfucorsi c iv ili, queste esercita l animo alfu fortezza , e coll* e sperienza meglio si conosce e confermasi quanto sano ed intero, e quanto nella vita degli uomini si asconde d i fiuto e ad ulterim i e cos quanto di bene e di milit comprendesi neUe cose pubbli* che, qusato di confidenza e di fortesca. Laonde quelli che privatamente oompongouo o r a tio n i, e vanno filosofando ottimamente e gravemente in torno alfu giustizia e alfu temperanza, ove siano tratti agli alla ri mal riescono . . , Agapio , uomo grave insieme e manieroso,

a5t chiam sopra di s gli sguardi de* Bisanti iti* pre ferendo la lingua antica alla volgare. Fu un og g e tto di maraviglia a tutti gli eloquenti uontioi di Afussandria, essendo coltissimo io tutte fu arti* Egli vofuva esaminare e giudicare i grammatici i retori* e, per dir tutto in breve , egli sembrava ia sapienza un tetragono ; e fu era di fatto. Gesio consegui. grande ooore ooo solamenta perch valeva nell* arte medica , inseg nandola ed operando, ma ancora perch era eruditissimo in ogni altra facolt, istruendosi nella dialetti c a Isidoro , avendo sposata Domna , nebbe uo fi gliuolo, a cui diede il nome di Proclo . Domna mor il quinto giorno dach avea partorito ; e liber il filosofo da una cattiva bestia, e il marit o da un amaro conjugio. L *Esculapio di Berito non n greco, n e g i siano , ma funicio & imperciocch a Saduco nac quero fig li, cbe vengono chiamati i Diosc u ri C am * b i r i , 1 ottavo de* quali Esmuno , interpretato Esculapio . Questi , bellissimo di persona , e gio vane, che faceva maraviglia a chiunque il vedeva, fu amato , siccome raccontasi * da Jstron oe , Dea fenicia, madre degli Dei. Siccome era solito a cacciare ne* boschi, avendo veduta la Dea tender gli aguato ed inseguirlo mentre fuggiva, ed essere prossima a mettergli le mani addosso, si U gli eoo una scure fu pudende D che doleste essa con mirabile invocazione avendo al giovane restituito il vita! c alore, lo trasfer tra gli Dei. I Fe nicj lo chiamano Esmuno , pel c alor della vita \ altri vogliono che Esmuno equivalga ad ottavo* L*ottavo figlio di Saduco accese gran luce in
s t o r ic i s b io g r a fi fr o f a w i*

aa e l u s a prim a , m e n o a dense tenebre. I Marniaoi accolsero questa orazione dal giovane, e sommamente Tarn mirarono. Mentre nou era ancor tolta la difficolt dell'argo mento, dalla forza della orazione io rimasi tratto a segno da richiamarmi da essa alle cose che d ovean seguire ; e , cos richiedendo la circostanza , imitar q uelli che Proclo scelti avea a successori E dir cos* nuova a udirsi: compariva a* presenti gradito per una generosa e solida gravit , fatto gni sforzo per riuscir utile al comune degli udi tori, talora alcun ch dimettendo di quella g ravit con fu Intramezzare cose giocose} talora industrio samente pungendo chi mancava, sicch col riso si velasse il rim provero! egregio per ogni rispetto, sicch fu antiche e favofuse cose paressero vere \ ed io era prestato ad occultamente convenirne. Teosebio , che da certo oscuro uomo ricevuto avea un anello detto della castit, Io diede a sua moglie, dicendole : Un giorno ti diedi Panello con jugale per procreare figli : oggi ti do quello della tempefoaza, il quale ti ajuter in custodire casta mente fu c asa. Essa di buon animo Faccett; e per tutto il susseguente tempo visse col marito in ca stit Con questo soccorso soleva egli attestare non nella moglie sola, ma eziandio in s medesimo la grandezza dell* animo suo. Imperciocch dichiar e gli medesimo come essendo giovane avea avuta a sostenere lotta co* nemici che il traevano a g e nerare, tanto esterni, quanto interni; e dolendosi di tutti i enei, massimamente dolevasi del tatto , dicend o questo essere tutto terrestre , ribelle , e traeate l'anima al fonte perenne della generazione.

sto ric i

M vooM i n o rim .

25$

DIODORO

SICULO

LIBRI XL D Z M .1 STORI Z.

q uaranta libri delle Storie di Diodoro Siculo g contengono quasi tutta la storia del mondo. Esso pi copioso di Cefalione% almeno dove riferisce le medesime cose; ed pi splendido di Bsichio . 11 suo stile chiaro, n mai affettato^ ed tale ap punto qual si conviene alta storia. N poi atticizza egli troppo,n troppo usa o vocaboli o modi anti quati; nemmeno d'altronde si abbassa nel tuono \ ma tiene una forma di dire mezzana, la quale diletta, evitando l'orazione figurata, e tali altre affettazioni. Se oon che si estende favoleggiando a modo dei poe t i, ove parla degli Dei e degli eroi. Prende egli il principio delfu storia dai tempi favolosi de' Greci e dei Barbari ; e prosegue sino al cominci amento della guerra che i Romani e b bero coi G alli, quando G. Giulio Cesare , a cui per le grandi imprese fatte i Romani diedero il titolo di Z>jVo, soggiog molte e bellicosissime na zion i delle Gallie. Egli impieg tr e n ta n n i, siccome confessa, in iscrivere questa storia, avendo intanto visitati molti paesi per bene info rmarsi delle cose t ed iaoontr e super molti pericoli Fu Siculo j e trasse l'o ri g ine dalla citt di A g ir io , e per la lunga pratica ch'ebbe coi Romani, ue impar la lingua, e d ili gentemente raccolse quanto da essi era stato o pe rato eoo avversa e con prospera fortuna. Ne'primi set libri fa meoziooe di quaoto accadde

CLSetl FBfMi , prima della Guerra trojana, e riferisce fu c ose fu* volose. Nei susseguenti undici troverai cbe descrive fu cose avvenute da per tutto dalla presa di Troja in poi fino alfu morte di Alessandro magno. Ne gli altri ventitr leggerai tutto quello che indi succedette fino alla guerra intrapresa dai Romani contro i G a lli, sotto fu condotta di Giulio Cesare* il quale debell fu pi parte delle Valorosissime loro gen ti, ed estese I* imperio romano fino nelfu Britannia con la quale spedizione fu storfu d i D io doro siculo finisce.

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DIODORO SICULO
BSTBATTI ( l ) .

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Ho letto varj libri della Biblioteca di Diodoro il X X X IV , il X L , il X X X I, il X X X II, il X X X V I, il X X X V II, il X X X V IU , dei quali estrassi fu se guenti cose.

D al libro X X X IL
Molti, e differenti tra lo r o , lasciarono memoria che parecchi, i quali all apparenza pare ano donne, passarono ad avere sesso e natura d uomo - pro seguendo Diodoro a parlare de*fatti di Alessandro, re della Celesiria e di Antiochia , questa porten tosa cosa aggiugae Essendo Alessandro , dopo essere stato vinto in battaglia, fuggito con c i (t) Nel riportare questi Estratti * abbiamo seguito l1 ordine delle edizioni greche.

STozict a n o r u n. a 55 quecento uomini nella citt d4 Aba al re D io cle , presso cui avea depositato suo figliuolo Antioco ancor ragazzo, ecco que* capitani di Elimde% i quali ti erano uniti ad Alessandro che ai particofuri furo interessi pensando, di soppiatto mandarooo a profferirsi di ammaztarfu proditoriamente* E alle domande che a conto di questo essi face vano, aderendo Demetrio noo sofu essi tr adiron o il loro r e , ma sivvero fu uccisero, n O r non da tacersi il prodigio cbe precedette le morte di Alessandro , quantunque per avventura, attesa fu Stia novit paja eccedere ogni credenza. Pochi giorni prima, consultando quel re presso la Cilicia l4oracolo che col dicevasi il tempio d Apollo Sarpedonio , narrasi avere il nome risposto che avesse da guardarsi dal luogo che prodotto avea nn Dio di doppia forma. Parve adora quel detto ambiguo ed oscu ro} ma dopo fu morte del re quell4 oracolo incominci ad essere ottimamente in teso j ed ecco come : Abitava in A b a , citt di Arabia, certo Diofant, macedone , il quale spo sata avendo una donna araba, ebbe da essa un fi glinolo, chiamato Diofanto anch'egli, ed una figlia, che fu detta Eraide Quel figliuolo manc di vita prima di giungere all4et giovanile ; ma fu figlia divenuta nubile egli fu diede inr isposa ad un cert o Samiade* il quale passato uo anno con la moglie, di poi and fuor di paese. Eraide intanto cadde am m alata di una malattia nuova affatto ed iocredibile. Imperciocch fu venne al basso del ventre un grosso tumore che ogni giorno andava ere* scendo, e senti vasi sotto quella patte farsi alcuna cosa dura Chiamati i medici essi dissero che

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CLASSS PRIMA,

presso il collo dell* utero eravi un* ulcera , e prescrissero de* medicamenti, coi quali il tumore dovea sopprimersi. Ma al settimo giorno si ruppe fu pelle esterna j e no cal gi ci che costituisce fu virilit: al qual fatto non fu presente n me dico, u altra persona estera, ma la madre sola e due ancelle. Colpite queste da tale novit, presta rono ogni cura ad Eraidet ma occultarono quanto era accaduto; e liberata essa intanto dalla malattia* prese il suo vestito da donna, e si mise alle usate faccende domestiche come prima. Per alle donne che capevano la cosa, veone sospetto ch esse fosse e rmafrodita, e quindi che avesse alcun che di vi rile, ed accoppiandosi all* uomo, lo avesse latto in modo contrario alla natura. Mentre cos il fatto era secreto, ritornato Samiade* d o mand, comera natu rale, cosa fosse della moglie, la quale per vergogna non si lasciava vedere a lui. Di che Samiade assai malcontento, maggiormente insistette , e chiese di convivere con lei. E come il padre di essa metteva 10 ci difficolt, avendo rossore di dichiarare fu cosa, nacque tra essi gran lite, avendo Samiade citato 11 suocero a restituirgli la moglie. Per lo che I*ac cidente fece che si svolgesse quel portentoso caso come succede nelle commedie, dandogli laspetto di reit. Ito dunque al tribunale ogouno disse quaoto credette opportuno per la sua causa * e fu chiamata a comparire anche la persona della quale si disputava. Il primo dubbio che venne ai g i d ic i, fu se maggior podest competa al marito sulla m oglie, o sulla figliuola al padre t e p o i ch in fae opinarono che fu moglie debba s e guire il marito* Eraide manifest fu cosa quaTera

sto rici a biografi f r o fani 257 * arditamente sciogliendo la veste che fino allora avea portata, io tuono di querimonia domand, se v i fosse chi pretendesse obblig ar uomo a coabitare con uomo. Rimasero stupefatti tutti dichiarandosi colp iti da s meraviglioso fatto. Eraide allora * sbandita ogni vergogna, gittate vie le vesti di donoa dicesi che prendesse q uelle che souo pro p rie de* maschi. E i medici, fatta anchessi fu de* b ita ispezione, dissero che nella stessa parte s* ascondeva il sesso femminile e virile, e che una pel licola che copriva i testicoli, erasi in certa nnova maniera aperta, ed avea lasciato adito alla discesa di quanto costituisce il sesso del maschio. Perci furono obbligati a medicare quella specie d piaga eb'erasi fatta, onde rimauesse chiusa, e le naturali forme rimanessero libere. Eraide poscia, preso si nome di Diofante , eatr nelle schiere eque s tr i, ed essendosi trovato col re alla battaglia, con lui ancora si ricover in Aba. Cos il senso delloracolo non compreso prim a, allora si fece chiaro, poich il re and in Aba , ove appunto era nata quella cre atura biforme. Intanto Samiade9 vinto dallamore e dalla intimit, io cui era dianzi vissuto con Dio fa n te , e punto pure di verg ogna p er un matrimonio tanto alieno dalla natura, lasciati a lui per te stamento tutti i suoi b e iti, si lev di vita. Onde puoi vedere in che modo una donna prende franchezza ed ardimento virile, e come un uomo rendesi pi debole di una donna. Prodigio simile trentanni dopo accadde in Epidauro* Era ia quella citt una lanci ulla, siccome allora credevasi, priva di genitori, e chiamata Callo . Avea essa l'apertura, dalla natura data alfu fummine, senza Fozio , Voi. L 7

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classe

p r im a ,

foro, e presso al pettigoo oe sino dalla nascita avea a modo di fs tola u o organo per cui git tava fuori l'acqua. G iunta essa alla et nubile fu data per isposa ad uo contadino, col quale per uo bienuio v i sse, per cosi che non si trov capace di acco glier l'uomo, siccome proprio delle femmine; e fu costretta a soff rire che il marito le si accostasse fuor de' modi segnati dalla natura. Non and poi guari che circa il pettigoooe le nacque una intu mescenza che le cagiooava dolori acerbissimi ; e chiamati molti medici, uessuno d'essi seppe dare speraoza di curarla. Ma uo farmacista vi fu che si proffer di guarirla,; esso altro non fece clie una incisione al tumore che appariva, per la quale vennero a preseutarsi le p udeode virili, salvo che la verga nou avea foro. Ebbero maraviglia del fatto tutti; ma rimaneva a rimediare al difetto osservalo* Ora il valentuomo un* altra iocisiooe fece alfu som mit del gl aode spingendola per lungo fix> alPuretta; ed adattandovi uoa canouccia d'argeuto, per quell a via fece uscire le orioe. Io quauto poi al foro che a modo di fstola era al pettigoooe egli lo esulcer, indi il cicatrizz. Ed avendo cos felicemeute operato, e restituita la sanit alta per sona ammalala, doppia mercede addimaod della cura; perciocch disse d'avere a vuta a guarire una doooa iuferm a, ed in vece preseutare bello e sauo u o giovane. Callo abbaodou il telajo , e le altre faccende da donua, e presi gli abiti d uomo, fa indi in poi chia mata Catione. Alcuni hauno detto c h e prima di que sto suo tra mutamento io maschio fosse stata sacerdotessa di Cerere, e che per aver veduto ci che gli uomini uon debboo v e d e r e ,

STORIC I

* BIOGRAFI PROFANI.

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avesse e vuto un processo di profanata religione. Narrano in simil modo casi di questa specie essere nati in Napoli e in altri luoghi t non che il sesso di maschio e femmina per opera di natura passasse alla figura dell* una, e de lPai tra form a, cosa impossibile; ma iu quanto per far maraviglia, e sor* preoder gli uomini, la natura talora d uno falsa apparenza alle membra del corpo. Perci siffatti avvenimenti abbiamo noi giudicati degai d s s e re scritti, e tramandati alla posterit, non per certo Tezzo di volutt, ma per utilit. Imperciocch molti, tenendo tali cose per mostri di pessimo augurio, Iasciansi sorprendere da superstizione, e questo non accade solamente a uomini privati, ma eziandio a nazioni e a citt. Prova di che quanto avvenne ai Romani sul principio della gu e rra marsica ; ch essendosi riferito al senato che un certo Italico presso Roma avea sposato uu ermafrodito simile a quelli che abbiamo mentovati, preso da s u perstizione* e persuaso dagli aruspici etruschi , queirermafrodito fece abbruciar vivo ; e colui che lo avea sposato perch il teneva come partecipe di un se sso degeneratolo mostro (il che non era; era bens ignoranza della imperfezione) contro ogni ragione mand iu esili o. E simil pena di fuoco dicesi non molto dopo essere stata proferita dagli Ateniesi per un tal caso, non essendosi capita la vera natura della cosa. Alcuni raccontano che le jene sono maschi e femmine ad un tempo, e che o gni anno scambiano alternativamenre le funz ioni ne* loro congiungimenti : ma ci non vero. Vero bens che quautunque l'uno e Palli o sesso abbia fu Costituzio o e saua, naturale, semplice e distinta,

s6 o classe FXlMi , accade alcune volte che si presentino a chi o s serva con certe false appareuze. Imperciocch fu femmine hanno nella natura alcuna cosa che si ras* somiglia alle parti maschili, e qualche cosa i maschi a guisa del sesso delle femmine. Lo stesso av viene in tutti gli altri animali, mentre nascono in fatti molti portenti di diverse maniere, i qu a li per n allevarsi, n giunger possono al perfetto furo incremento. E queste cose siano dette per correggere la superstizione. Coti Diodoro verso il fine dei libro X X X U delie Storie. Per assaissimi altri scrissero di Prodigj (i)*
Dal libro X X X l K

Il re Antioco faceva l'assedio di Ge rosoli ma \ e i Giudei per un certo tempo resistevano. Ma avendo essi consumata tutta la vettovaglia, furono obbli gati a spedire legati per trattare di pace. I mini stri e cortigiani di quel re per la pi parte insi-> stevano perch tirasse innanzi in ogni maniera l'as sedio, ed estermiuasse fu nazione giudaica , espo nendo come essa era tra tutte le altre la sola che abborrisse d'unirsi con fu altre, e che r iguardasse tutti gli uomini come nemici; aggiungevano inol tre che gli antenati de'G iudei erano stati discac ciati da tutto 1 Egitto come einpj ed invisi agli * D e i; imperciocch, esseudo i loro corpi infetti d i (i) In una Nota a questo passo di Diodoro riport ato nel Voi. V II della Biblioteca di questo Storico, della edizione Sonzogno, veggonsi riferiti altri casi del tra* mutamento di sesso.

sto rici z biografi propani. 961 scabbia e di lebbra, erano stati espulsi dai confini per purgare il paese da s oefanda ratta, e cos sbaoditi aveano occupati i luoghi vicini a G erosolim a, e ridotti io corpo di oaziooe aveano poi pr o pagato di padre in figlio Podio loro verso gli uomini. Perci s'aveano fatte leggi nemiche delJ*umano consorzio, di non avere mai mensa co m une con altra nazione , n di mai augurar bene ad alcuna. P i ; ricordavano al re che i suoi mag giori sempre avevano de testati i G iu d ei; imper ciocch Antioco, detto l'illustre, soggiogati i G iu dei, entr o*el tempio di Dio,stato sempre iuaccesaibile ad ognuno fuorch al sacerdote, a cui solo ci perm e tteva la legge : nel quale trovata avendo una statua di pietra rappresentante un uomo di lunghissima barba ca vaicaute un asino, giudic che fosse la statua di M o s , fondatore di Gerosolima, ed istitutore della nazione, il quale con legge or din i nefandi costumi, spiranti Podio pel genere umano. Quel re adunque detestando una tanta necessiti contro tutti i popoli, procur che s empie leggi si abbonissero. Perci alla immagine del fondatore, e all'altare a c ieio scoperto del Nume, immol uoa grossa tro ja , e del sangue d'essa co sperse l'uoa e l'altro ; e delle carni della mede sima ordin che s imbr attassero i sacri libri, i quali contengono le leggi piene d odio contro i fore stieri. Egli inoltre estinse la lampada , da essi chiamata eterna, e che perpetuamente arde nel tempio} e finalmente forz il pontefice e gli altri Giudei a cibarsi di quelle carni. Allegate queste cose, erano coloro tutti con sommo impegno intesi a lare chegli estermi nasse quella r a n a , od almeno

classe prima. ,

che ne abrogasse le leggi, e la costringesse a matare il teoore di vivere, e le istituzioni. Ma il re ch'era d'alto animo, e d* indole placido, riscosso eh* ebbe il tributo che gli si dovea , diroccate fu muraFdi G er osolima , e tolti ostaggi, perdon a quella n aziooe ogoi fallo. Cos Diodoro men tisce intorno alle is tituzioni , e leggi mo saiche , e circa il fondatore di Gerosolima, e circa l*uscita degli Ebrei dall* Egitto. E perseverando odi* ag gra vare i Giudei con menzogne, onde non pa rere di contraddirsi, introduce a parlar altri, a cui aggiunge amicizia di Antioco . De* Giudei scrive eziandio net libro X L della Biblioteca quaot o segue:

Dal libro X L circa la met*


Essendosi ooi accinti a scrivere la guerra contro i G i udei, pensa mmo essere del debito nostro prima di tutto esporre compeudiosamente l origine di loro naziooe, e fu loro leggi Nota essendo in Egitto ima certa malattia pestilenziale , la maggior parte degli abitanti di sse che la cagione di tanto male c ertissima mente era loffesa del Nume. E come un miscuglio di molti forestieri abitava nel p ae se , sventi nei ministerj delle cose sacre, e ne* sacrifz j, riti singolari e strani, era accaduto che Pfeotico culto degli Dei sofferta avea presso d essi d iminuzione. Quindi gl'indigeni si tr assero a so~ spellare che se non discacciassero quella ciurmaglia di forestieri, essi non sarehbonsi pi liberati dai mali che li affliggevano. Adunque furono solleciti 4i sbandire q uanti erano nel paese daltre nazio n i

STORICI BIOGRAFI PROFANI.

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Ott a parte di questi nobilissima, e sopra le altre per bravura prestante, sotto la condotta di egregi capitani and, secondo che dicesi, iu Grecia e in altri luoghi, spintavi da varie vicende i ed erano CTa que capitani Danno, e Cadmo, fatti di cbia* riesimo nome. Un altra parte , e la maggiore , fu cacciata nella terra, oggi chiamata Giudea , non molto lontana dall E gitto, ma a que tempi deserta affatt o . Di questa colonia fu capo un certo Mo$% cosi chiamato, e uomo eccellentissimo per sapienza e fortezza Costui , occupato quel paese, vi fond molte citt, e fra le altre quella che oggi chia rissima, Gerosolima: e vi edific un tempio , i n lomma venerazione presso lro; poi insegn con che riti e cerimonie doveasi onorare il Nume ; ed in oltre ordin con leggi tutto lo stato della repub blica. Iu dodici trib egli divise la moltitudine, perch riteneva un tal numero perfettissimo conte quello che corrisponde ai mesi costituenti l intero nono. Ma non fabbric egli veruna immagine* o st atua degli Dei, giudicando non potersi Dio espri mere sotto umana /orma ; e Dio solo essere cole tto cielo che da ogni parte abbraccia e circonda la terra, ed ha in poter suo tutte le cose. Cos poi istitu i riti de sacrifzj, e i costumi della vita cbe volle i suoi differenti da quelli di tutti gfi altri popo li; perciocch per quella relegazione cbe fu sua gente soffr , le oidin un certo genere di vivete inumano , ed inospitale affatto* e a governarla, poich l ebb e ridotta in corpo di nazione, scelse tiomiui valentissimi, e li cre sacerdoti. L incom benza loro di essere continuamente applicati alfu fuozjoni di culto e ai sacrifzjt e diede pur loro

*64 e t asse p u m i , d essere i giudici di tutti i litigi, ed alla fede loro commise di custodire le leggi e le istituzioni Perci dicono che i Giudei ooo ebbero mai re ; ma tutta la cura e lautorit di governare la mol titudine essere sempre stata affidata a quello tra i sacerdoti , che per prudeoza e virt fosse pi riputato degli altri. Hanoo essi poi questo come nuozio ed interprete dei comaodi di Dio ; lui nelle concioni pubbliche, e negli altri congressi procla marne gli ordioi. dicesi a questo riguardo essere educati i Giudei a tal modo che al comparire del pootefce immautinente prostrati a terra , mentre rivela loro gli oracoli di D i o , profondamente lo adorano. Io testa delle loro leggi scritto : M ose uditore di D o , dice queste cose 1 legista toro 1 molta peoetrazione, e prudenza iusigoe pose iu^ torno alle cose della guerra ; e i giovaoi mirabil mente istru ond'essere tolleraoti , valorosi e co stanti nel soffrire ogni specie di miseria. Fece pure v arie imprese contro le nazioni circonvicine, e molti tratti di paese eoo la guerra acquist, la sciati da possedere per eredit a suoi : cos per cbe ai privati distribu porzioni eguali ; ma fu assego maggiori ai sacerdoti, onde ne traessero pi abhoudaoti proveuti, e cos potessero senza distraziooe alcuua assiduamente atteodere alle cose di culto. N potevano i privati veodere. la porzione del patrimooio toccata loro, affoch nel suo po polo non fossero quelli cbe, fatti pi ricchi per l'acquisto delle eredit altrui, sopraffacessero i po veri , e riducessero la moltitudioe alla miseria* Fece pure che si educassero beoe i figliuoli, e come eoo poca spesa t fanciulli appunto si man-

STORICI z BIOGRAFI PROFANI.

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tengono * la naziooe de G i udei sempre ebbe mol titudine d uomini, Iu quanto concerne ai matri m o n i e a* funerali, differenzi pure dassai con fu leggi i suoi dagli altri. Sotto gl imperj che nella susseguente et sorsero oella quarta dominazione de* P ersian i, e in quella de* Macedoni cbe la do minazione de* Persiani rovesciarono, essendosi i Giudei frammisti con le nazioni forestiere , molte cose delle fuggi avite mutarono (l). Di questa maniera, intorno ai costumi ed alle leggi demaggiori, e intorno alla loro discesa dall Egitto e intorno a Mos9 uomo sac rato, per pi rispetti , Diodoro mentisce; e moltissime cose noa tocca* Nelle in colpazioni che avanza contro la verit, declina, ri ferendo ad altri fu narrazione di ci che dice. Tali cose avea scritte EcaUo di Mileto

D al Vro X L V lll.
Ci che , secondo alcuni, cagion fu morte del* c\o Tessersi posto a dormire Timperadore Gioviano % in una casa imbiancata di recente, nella quale si era acceso il fuoco, onde espellerne fu umidit, dicendosi appunto, eli* egli rimanesse morto pei vapori della calce i Diodoro narra per questo mezzo medesimo assai tempo prima aversi procacciala volontaria mente fu morte Caluto* Ec c o comegli si esprime: uCirtna e M ario , congregati i principali capi tani, esamin arono insieme come potessero venire

(t) Merita d'esser letta la Noia che a questo patao di D io d o ro trovati alla peg* del Voi. VII della Biblioteca di Diodoro, edizione Sonsogno.

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p z im a

a pace tra furo ; e io fine fu convenuto di togliere di mezzo i pi distinti de*nemici, i quali avessero potuto muovere preteusione al supremo comando Alla quale risoluzione inclinarono onde, cosi facendo, sicuramente, e ad arbitrio furo governare insieme con gli amici la cosa pubblica. Quindi, non avoto alcun riguardo alla fede e ai patti giurati iuoanzi a titolo di riconcili azione, fecero da per tutto ese guire il macello di quelli c he aveano proscritti Accade allora che Q. Lutavo Catulo, il quale altea splendidamente trionfato de* Cim b ri, ed era carissimo a* suoi concittadini, da un tribuno della plebe fu chiamato innanzi al popolo in giudizio c apitale. reggendosi egli in sommo pericolo di essere calunnialo* and da Mario pregandolo che diesse soccorrerlo. Mario gli era stato dianzi amico, poi per qualche sospetto gli si era alienato. Secca fu la risposta; Bisogna m orire, gli disse. Per lo che Calalo % perduta ogni speranza di sal vezz a, e cercando di morire senza ignominia, scelse tm modo di fnir la vita singolare affatto, ed inuaitalo; imperocch si chiuse in una casa di fresco incrostata con la calce , ed ivi fatto avendo col foco e col fumo maggiore lo svaporamento della umidit dalla calce proveniente, perduta fu respi razione mori soffocato. *

Dal libro X X X L
Mentre queste cose accadevaoo, giunsero a Roma fugati de* Rodj per giustificare la furo citt sui de litti appostile. Imperciocch pareva che durante fu guerra con P erseo , i Rodj avessero favorito quel

STOBI Ci K BIOGRAFI PROPANT. 9t>7 r e, e tradito l'amicizia de'Romani. Ma non essendo p otuti riuscire io ci per cui eran venuti, trova* vaosi grandemente abbattuti d'animo, e con molte fugrime ivano raccomandaodosi ai principali per eooaggi della dominaote. Finalmente Antonio* uno dei tribuni della plebe, gl'introdusse in senato; e prim o a parare di ci per coi erano spediti, fu Filofrone , poi Astimede. I quali dopo che ebbero det to quanto a pregare e a supplicare occorreva, e c antato, come suol dirsi, la canzone del C ig a o , appena ricevettero una risposta, per la quale, seb bene in sostanza venissero liberati da paara per le apposte accuse, dovettero udirsi dire acerbe e contumeliose parole. Perci deesi osservare ( t ) , cb e presso i Romani uomini chiarissimi contendono tra loro in gloria, e rettamente amministraoo pel popolo i pi importanti affari; laddove presso gli altri nelle cose pubbliche l'invidia mette l'uno in contro all'altro; e i Romani tra furo scambievol m ente si lodano. Ond che mentre questi gareg giano per accrescere il ben pubblico, operano bel* tissime cose ; e gli altri, mentre cercano gloria per male v ie , nno incagliando le imprese d e ll'a ltro , recano danno alla patria*

Perseo, ultimo re de' Macedoni, cbe spesso avea tenuta amicizia co* Romani, e spesso ancora con (i) da dire ehe il testo qui sia mancante, poich in buona logica dalle sole cose premesse uon viene oitervazioue morale che s'aggiunge.

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H L IM i ,

grande esercito avea (atto ad essi la guerra, final* mente fu sconftto da Emilio , e condotto in trio n fo* Per quel re, quantunque fosse precipitato in tan te sventure, cb le disfatte sofferte da lui pareano favole di cose non mai accadute, non voleva in tendere di finir la vita. E bisogna sapere che prim a cbe il senato deliberasse sulla sorte di quel r e , uno de* pretori urbani fu cacci in prigione in Albano insieme co*suoi figliuoli. quella prigione uoa caverna profondamente scavata sotto t e r r a , della graodezza di un cenacolo capace di dieci Ietti, e qua oto mai si possa immaginare piena di calgine e di fetore, per fu moltitudine degli u o mini che ivi tengonsi , condannati gi per delitti capitali; ed a quel tempo molti di tal fatta ivi cbiudevansi. Ed accadeva che pel tanto numero in s angusto luogo serrato, i c o rpi furo paressero di bestie; e confo ndendosi insieme e gli alimenti, ed ogni altra cosa cbe pur ove souo uomini, s acuto fetore ne uscisse che faceasi intollerabile a chiunque vi si avvicinasse. Per sette interi giorni Perseo stette iu s miserabile condizione, e videsi ridotto ad implorare soccorso da infelicissimi ai quali era dato beo misurato cibo! cosa cbe alta mente li commosse, e per la commiserazione di s grande calamit, di cui aocb*essi erano a parte, lagrimando gli diedero umanamente di furo por zione , e di pi gli offrirono u oa spada , con cui trapassarsi, ed una corda per istrangolarsi , fatto arbitro della scelta. Se non cbe agli sventurati niuna cosa pi dolce cbe il tirare inanzi fu vita pi che possaoo , quantunque soffrano mor tali angosce. Avrebb*egli per in mezzo a tante

stobici % biografi PBorAKu 269 angustie finito di vivere* se M * Emilio * principe del senato, riguardando alla dignit di Perseo, e alla equit conveniente alla sua patria, con certo senso di sdegno non avesse rimostrato a* senatori che se nou avessero avuto timore degli uomini , d o vessero averlo almeno di Nemesi* vendicatrice d i coloro che baldanzosamente abusano del potere L aoode passato Perseo in meno dur o carcere, mentre egli andava pascendosi di nuove speranze fin la vita in modo nou dissimile dalle antecedenti scio gure. Imperciocch dopo due anni di vane lusinghe, toccatogli custodi barbari che gl* impedi rono il couforto del sonno, dov morirei.
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I re di Cappadocia riferiscono l'origine di furo stirpe sfuo dal tempo di Ciro, re de* Persiani ; ed affermasi provenire eglino da uno di que* Persiani che uccisero il Mago. Della cognazione loro poi tratta da Ciro danno la serie in questa maniera : Dicono che fu sorella di Cambise, padre di Ci ro, Atosia; che da essa e da Fornace* re di Cappa* docia * nacque Gallo ; da que sto Smerdi, e da Smerdi Artamna che fu padre di Anafa , per for tezza ed ardimento distintissimo, ed uno de*sette uomini persiani. Di. tale maniera adunque rife ri scono i gradi di cognazione a Ciro e ad Anafa , a cui dicono che a cagione dalla fortezza sua fu conceduto il principato di Cappadocia* senza che pagasse tributo a* Persiani. Morto lui ebbe il regno u n suo figliuolo dello stesso nome; e dopo che questi usc di v it a , aveodo lasciati due figliuoli,

CLASSE PB2MA , Datama ed Arimnep, quegli ebbe il regno, e fu nomo lodatissimo e per la guerra e per le altre parti dell* imperio. Fini morto sul campo io una batta glia avuta co* Persiaui, nella quale avea valor o sa* mente combattuto. A fui succedette il fgliuofu riamne , da cui nacquero riarate ed Oloferne. Ariarate regn cinquant* anni , e mor senza aver fatto cosa degna d'essere ricordata : dopo il quafu ebbe il principato il maggiore de* suoi figliuoli , di nome Ariarate anchegli, di cui dicesi, che vi* vamente amando suo fratello, di onori e di dignit splendidissimainente il decor. Si confeder poi co* Persiani nella guerra che questi presero a fare agli Egizj* e dopo essere stato da Oco, re di P e r. sia, amplssimamente onorato a c agione della sua fortezza, ritorn io patria da quella impresa, o cess di vivere lasciando due figliuoli dopo di Ariarate ed A risa * Suo fratello poi, il quale regn fiuchegli in Cappadocia, essendo senza prole, adott A riarate , il maggiore de* figliuoli del fratello, e nipote suo. Circa quel tempo Alessandro il Ma cedone distrusse con la guerra la potenza persiana, e di poi mor ; e Perdicca , che preso avea il go verno supremo mand in Cappadocia , capitano generale Eumene 3 il quale debellato Ariarate , ed uccisolo in battaglia, la Cappadocia e i paesi con finatiti co* Macedoni sottomise. Ariarate , figliuolo dellaulecedente re, non avendo per allora speranza di regnare, pass cou pochi de* suoi in Armenia. N guari and che, morti Eumene e Perdicca , e distrutti Antigono e Seleuco , con esercito avuto da Ardoato, re degli Arm eni, uccise Aminia f ca pitano de Maecdoni , e cacci i Macedoni dal paesct
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s t OBI CI B BIOOBiFI 10.

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di tale maniera ricuperaodo il re gno gentilizi o Aveva egli tre figliuoli, il pi attempato dequali, riamne di nome , assunse il regoo. Egli si fece p arente di Antioco , chiamato Dio%avendo ottenuta, per isposa di riarate suo figliuolo maggiore, Stra tonica* nata da Antioco ; e perch amava assai quel figliuolo , gli pose sul capo il diadema, e il mise a parte seco lui di tutti gli onori, e di tutto il potere di re. Morto poi questo riamne* A ria rate regn solo) e venuto a morire lasci il reguo al figliuolo suo* riarate ^anchegli , il quale era ancora in tenerissima et. Men costui in inoglfu Antiochide* figliuola di ntioco detto il grande , donna eccellente i n sugacita$ la quale non avendo p r o le , al marito che uulla seppe dell ingaono* suppose due figliuoli , Ariarate ed Oloferne. Ma qualche tempo dopo , fatta feconda , fuori dogai speranza partor due figliuole, ed un figlinolo, che ebbe nome Mitridate. Poscia manifestato al ma rito quanto riguardava i due supposti 6gliuoli , fuce in modo che il maggiore dessi fosse spedilo con discreto treno a Roma ; e il secondo fece ma oda re n$la Jonia ; e questo artifizio us perch non avessero a muovere contrasti pel regno al Vero erede Dicono che questi, nominato anch'egli riarate, fatto uomo, e bene istruito nelle discw piine greche, e pieno dogni bella virt, s'acquist gran concetto. Il padre, veggendosi dal figliuofu mirabilmente am ato , desiderava ardentemente di dargli uo peguo di sua corrisp ondenza affettuosa; e fu reciproca loro benevolenza giunse al seguo che, il genitore volle cedere tutta Painmiuistrazioue del regno al figliuolo* e il figliuolo sostenne es-

% CLASSE PUMA, sere impossibile che tanto beoeficio si sccetfasse da lui mentre il suo genitore era ancora vivo. Bens succedette al padre nel regoo poich questi fu morto * e in queU'alto posto diportossi in ma* niera perfettamente conforme alfu virt che avea dimostrate innanzi, e molto attese agli studj filo sofici * cosicch la Cappadocia , dianzi ignota ai Greci, present agli eruditi un grato ed onorato sog giorno. Egli rinnov coi Romapi l'allea ora che in addietro su ssiste v a .* L'autore aggiunge parecchie altre particolarit intorno ai re di Cappadocia si so a Ciro .

De* funerali di L. Emilio che debell Perseo , Diodorof che per questa ragione li chiama spleudtdi, riferisce quanto segue: u Sogliono Romani a que* morti che per no bilt , e pe* gloriosi fatti de* maggi ori furono in eccellenza, fare i ritratti perfettamente simili e di fattezze e di corporatura , e rappre&entarli quali erano viventi $ e l'oggetto di questo costume* si tanto per conservare la serie, de* personaggi, quanto per accrescere I* eccitamento ad incitare le virt di ognuno. Similmente ognuno de* parenti vuole presso di s statue cbe que* personaggi rappre sentino con gli ornamenti adattati alla dignit d*essi, perch da quelli ciascheduno intenda gli onori e le illustri cariche che quelli della sua famiglia ebbero nella repubblica, n

STOBI CI E BIOGRAFI PROFa KI.

questo libro Dlodoro nomina gl* Iberj e i L usi tani j ed aggitinge come Memacio, pr e tore urbano, fu spedito con esercito a far la guerra nella Iberia, e come i Lusitani assaltandolo, lo presero al improvvista, e l'oppressero, fatta una strage as sai grande delle sue genti. Di poi saputasi tanta vittoria deg* Iberj, gli Aruaci, credendosi pi va lorosi degl Iberj, disprezzarono i nem ici; e spe cialmente per questo motivo, a chmor di popolo, mossero guerra a* Romani.

D al libro X X X IL
Quantunque le mura di Cartagine fossero alte p i di quaranta tubiti, e pi di ventdue grosse, fu macchine de* Romani , e il valore di questi prevalsero, a modo che essi presero la citt, e la demolirono*

M assinissa >che regn in Afriea, e fu alleato dei Romani, visse in pieno vigore d forse novaut'a:mi$ e morendo lasci dieci fghuoli che affd alla tu tela de*Romaoi. Eira egli di complessione robusta, e da ragazzo assuefatto alla fortezta e alle fatiche. C ome avea presa una pos'ioue iu essa rimane vasi immoto tutta la giornata: sedendo, non alza* vasi sino a notte. C oti se prendeva di baoti mat tino a fare alcun eserczio, vi consumava il giorno
r o tio , v o i*
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CLASSS, PIUMA ,

intero; ed uoa volta montato a cavallo, ancorch vi durasse di e notte, non si stancava mai. di sua buona salute e robustezza fu massima prova che quasi di novaot anni ebbe uu figliuolo, il quafu visse quattro aoni ; e non per ci era ben com plesso. Fu egli mollo studioso di agricoltura, e vi si applic tanto, che lascio a ciascuno desuoi fi gliuoli uoa campagna di dieci mla jugeri, fornita in oltre d ogni cosa necessaria. Egli govern eg re* giamente il suo regoo per sessanl* anni#

JSicomede , dopo avere sbaragliato in battaglia Prusia , suo genitore, essendosi questi rifuggito nel tempio di G io v e , ivi lo ammazz, e si pose in po ssesso del regno di Bitinia cou questo assassinio scelleratissimo.

Lusitani sul principio della guerra, noo avendo capitano da stare al paragone con quelli de* R o mani, facilmente veni vano battuti. Ma quando eb bero trovato Viriato, diedero ai Romani non ppchi travagli. ra Viriato di que'Lusitani cbe soggior navano sulla costa delTOceano, e dalla sua fan ciullezza era stato pastore, ed assuefatto a vivere tra i monti. La natura gli aveva data anche una particolare complessione, imperocch in robustezza, in velocit, in agilit superava tutti quanti gl*Iberj. Erasi poi avvezzato a poco cibo, e a moho eser cizio ; e dormiva s oltanto quanto U necessit Tesi-

S TORICI S BI OGRAFI P f t O F i K f .

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g e v a ; e portando sempre in dosso armatura di fe r r o , e battendosi con le b e lv e , e coi ladroni, presso la moh idioe si fece grati nome. Creato fi nalmente capitano supremo, chiam a s tosto una schiera di corsari, e nella guerra ottenendo gran diosi successi, ebbe l'amministrazione generale, non tanto per le altre virt sue, quaoto perch fu stim ato possedere tutte le arti degne del capitano* Era giusto nella distribuziooe delle spoglie nemiche, e premiava a proporzione del loro merito quelli che s erano distioti per valore Poi salito iu mag gior fortuna, noo pi ladrone si dichiar, ma siv* vero principe. Guerreggi coi Romani, e io molte battaglie riusc vincitore: di modo che debell Vitellio , comandante de* Romani, insieme col suo esercito* e aveodolo preso, lo trucid. Molte altre prodezze fece in guerra felicemente, fu taoto che venoe maodato contra di lui Fabio . Da quel tempo incomioci a declinare. Ma raccolte le forze, avendo sosteouta contro Fabio la guerra con graode animo, l ' obblig a capitolare in maniera indeg na del nome romaoo. Per Scipione, a cui fu dato il comando supremo dev esercito romaoo oootro di lui, quella capitolazi o ne ruppe; ed avendolo poi pi di uoa volt? vinto, postolo in tali estreme au<* gustie, che incotniocieva ad inclinare alla pace , corrottine i domesti c i, e tesegli insidie, giunse ad ammazzarlo Il quale Scipione aveodo trovato modo di atterrire Tautamo, successore di V iriato, e le soldatesche che colui avea seco, si trasse a quei patti chegli v o le v a , e furo conced campagne e citt da abitarvi.

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CLASS E p rim a ,

Dal hbro X X X IV .
Essendo fu cose de* Sculi per settant* anni dopo fu min* di Cartagine andate prosperamente , in fine venne presso di loro a scoppiare la guerra de* Servi nella maniera ch e siamo per dire D a ch i Siculi ebbero amplificate le furo facolt, saliti a grande ricchezza si misero a comprare una enorme quantit d servi; e questi usavaoo, fattili uscire a turbe dai luoghi in cui prima li chiudevano, bollare a fuoco con certe marche. Servivansi poi d essi, se erano giovani, per pastori; gli altri adop e ravano a qualunque altro oso* Ma con durezza e rigore li trattavano tutti* n cura alcuna prendevano del loro vitto e del furo ve stito * cos che la maggior parte di que* miseri andavasi le cose necessarie procacciando col ladro neggiare : e tutto perci era pieno di assassinj , noo altrimenti che se un esercito d corsari e depredatori fosse qua e l sparso per le campa gne. I governatori de' paesi andavano in vero cer cando di reprimerli * ma siccome non ardivano punirli come occorreva a cagione de' ricchi e p o tenti padroni, che aveano sui loro servi podest assoluta; coti avveniva eh* essi erano costretti a chiudere gli occhi s opra tanti saccheggiamenti e tanti delitti. Tanto pi poi che la maggior parte di que* padroni erano cavalieri romani, e giudici dei delitti che apponevan si ai governatori delle province: sicch tenevano questi in altissima sog gezione. Essendo adunque in s miserabile stato i servii e sottoposti spessissimo ignominiosainente,

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e senza ragione ad essere con grande barbai ie battuti, vennero in risolusione di non soffrir oltre s iniquo trattamento. Per fu che, fatto conciliabofu insieme, come prima ebbero comodit, vennero a parlare del modo di scuotere il giogo della servit, finch poi giunsero ad effettuare il furo disegno* Era tra furo un certo Sirio, servo di Jnt^ene Annco* nato nella citt di Apamea, uomo pratico de Parie magica, e de gPincatensimi, it quale dava ad iutendere d'avere rivelazioni e visioni dagli Dei, e fu virt di conoscere in soguo fu cose fo tu ie , e l'ordine nel tempo stesso di predirle : con che molti animava a credergli. Poi procedendo oltre uou si content di trarre i suoi oracoli dai sogui, ma fnse di ve dere in pieno veglia gli Dei e di udire da essi quaoto dovesse succedere. quantunque molte delle cose che diceva uoo fos&eio che ciauce* l'accidente pur fece che alcuue predizioni sue si avverassero! oud* che mentre delle non verif* cate nessuno teneva conto, per fu verifcate veniva applaudito e cresceva coti di estimazione. T io \ costui in ultimo questo attifzio, che metteva fiamme di fuoco dalla bocca preodeudo aria di furente; e come se fosse invasato dallo spirito di Febo, va ticinava le cose avvenire. Dicesi che in ci ado perasse una n o ce, o tale a lu a cosa vota per di dentro, iu c ui chiudeva alcuna m ateria infiamma bile. Ora costui prima che seguisse fu rivolta , vantavasi che gli fosse apparsa la Dea Siria, e gli avesse predetto che avrebbe regnato: la qual cosa andava dicendo non solo agli altri servi, ina ezian dio al proprio padrone. come questi suoi detti facevano ridei e, Antigene di queste ciarfu prendendo

cla ssi mima , sp asso, Euno , che cosi chiam avasi quel S ir io * conduceva seco ai conviti, e mosso discorso del futuro regno di f u i , molte domande gli andaya faceudo, come, per cagiooe d esem pio, avrebbe trattato o guuno di quelli cherau presenti E non perdeodosi punto danimo colui , seguitand o a par lar fraacameute del sua reg oo, rispondeva che sa~ besi comportato verso i suoi padroni con clemenza^ e da una in altra cosa passando, merc fu molte stravaganze che andava dicendo , tutti i convitati faceva ridere i ed alcuni di loro giungevano anzi a dargli grossa porzione di quanto era sulla tavola, aggiungendo che quando fosse divenulo re, volesse ricordarsi della b uona grazia avuta. Ma il fatto che fu stravaganti sue ciarle faalmeute mutaronsi in verit ; ed egli giunse ad avere la potenza di re, e quelli che in que* conviti P aveano trattato b en ign am ele, pot guiderdonare. Il priucipio della rivolta fu come segue. Era vi uu certo Damo/ilo d Enna, uomo per le grandi sue ricchezze di alto anim o, ina d indole superba. Costui trattava i suoi servi in si crudel modo che nou saprebbesi dir di pi; ed avea uaa moglie di nome M egallide, fu quale faceva a gara col marito nel trovare con ogni inumanit i pi squisiti supplizj, Oud* che per tanta sevizie inferociti i miseri che n* era no il bersaglio, concertarono tra loro d*alzarsi e di trucidare i padroni. Vanno essi dunque da Euno9 e il domandano, se permttano gli Dei quanto essi hanno disegno di fare. Costui mettendosi del loro partito risponde coi soliti suoi prestigi che il
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permettano ; e fa loro animo onde alla prima oc casione opportuna effettuino quanto hanuo stabilito*

ST0B1CI x BI OGRAFI PROFARI 2-0 Immantinente adunque raccolgono una partita di quattrocento servi, e, colta buona occasione, bene armati irrompono nella citt d*Enna, avendo Euno alla testa spirante fiamme dalla bocca con quei soliti suoi prestigi^ ed entrati nelle c ase vi fanno orribil macello, cosicch non perdonavano neppure ai bambini lattanti , ma strappati dalla poppa li schiacciavano sul pavimento. Alle matrone poi, veg genti gli stessi mariti, quanti insulti, quanta libidinosa violenza facessero, nou pu con fu parole spiegarsele a que9 primi si era presto aggiunta una moltitudine di servi stanziati nelle citt ^ i quali dopo avere erudelmente trucidati i loro padroni, andarono a trucidare anche quelli degli altri. Intanto Ettno avendo saputo che Damofih e sua moglie erano in un orto vicino alla citt, mand alcuni de*suoi, i quali li traessero in citt con le mani legate dietro fu schiena, e per istrada d ogni contumelia venissero oppressi : con che per alla figliuola sTovesse ogni riguardo perciocch essa s*era sem p re dimostrata umana e compassionevole verso i servi, e, come dichiararono , piena di volont di ajutarli. Il qual loro contegno eia uoa evidentissima prova che quanto facevano uon proveniva da i ndole crudele , ma da vendetta de* b arbari trattamenti avuti. Que*messi adunque condotti Darnofilo e Megalide in c itt , li esposero nel teatro , ove la moltitudine de* rivoltosi era concorsa ; e come Dantofilo cou accorto ritrovato andava cercando di salvarsi, e il parlar suo movea gi molti * Ermia e Zettsi, pieni d* odio contro di lui, dettogli con tumeliose p aro le, non aspettando che il popolo pronunciasse sentenza, use il trap ass c on la spada,

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CLASSE HUMA*

e JVtro gli tagli la testa. Poi Euno fu gridato re^ non gi per eccellenza di fortezza, e d scienza in comandare, ma soltauto per la bravura sua negl'in cantesimi, e per essere stato autore della ribellione, e per avere un nome di buon augurio a sperarlo benevolo verso i sudditi. Messo egli adunque alla testa de4 ri voltosi , ch i amatili a concione fece che gli Eanesi rimasti vivi fossero trucidati, salvi so l tanto quelli che sapessero fabbricare armi ; e que* sti obblig al lavoro. Diede poi Mega li de in bal la delle serve, oude ad arbitri furo ne prendessero vendetta: le quali dopo averla iu varie guise tor mentata la cacciarono gi di un precipizio ; e Antigene e Pitone , suoi padroui , di sua propria mano ammazz Quiudi postosi il diadema in testa, e vestitosi di tutti gli ornamenti re a li, dichiar regina sua moglie, la quale era Siria anchessa e sua concittadina; e scelse a consiglieri quelli che t;ooobbe essere pi prudenti, fra i quali era un ceri uomo Acheo di nome e di oazione, eccellente tanto in ben pensare , quanto in operare pronta mente. In capo a tre giorni Eu&o ebbe mille set tecento uomini armati come meglio pot, ed altri pure ue raccoLe aventi mannaje e scuri, o from b o le , o grossi bastoni appuntati., e eoi fuoco in duriti, o spiedi da cucina ; e con tanta ciurmaglia si pose ad infestare rubando tutta il paese. Di poi* tom e una infinita moltitudine d altri servi gli s i un, ebbe il coraggio di affrontarsi in campo aperto coi comandanti e con gli eserciti romani; e nelle b attaglie, poich prevaleva il numero, spessoottenne vittoria, avendo egli seco pi di dieci mila uomini* In frattanto un ceito Cleone, di Cilicia, incomioci

z Bioosiri psonin, a8t un altra rivolta di servis per fu che s eoucepi speranza che, divsi i rivoltosi in partiti diffe renti, venissero in .guerra fra furo, e tutti a vicenda ammazzandosi sollevassero la Sicilia da tanto tu multo. Ma contro ci cbe speravasi and fu cosa, perciocch i due partiti si congiunsero insieme; e Cleone al primo comando d9 Eano se gli sotto mise come a r e , prendendo da lui gli ordioi per operare co* suoi cinque mila uomini che avea seco; e non erano allora pi che trenta giorni dach fu riblHone era suc c eduta. N guari and che venuti a ) fatto d armi con L Jpseo , il quale giunto di R om a avea raccolti in Sicilia tre mila settecento soldati, ebbero vittoria, essendo allora in numero di venti mi la* In breve tempo poi crebbero fino a dugento mila : i quali, quantunque spesse volte venissero coi Romani a battaglia, per fu pi oe us c ivana con gloria, e rarissimamente rimanevano rotti. laonde sparsasi la fama di queste cose , an ch e in R om a, ove ceuto cinquanta mila congiu* rar o oo insieme scoppi la rivolta de9 servi* Nelt'Attica parimente se ne alz pi di un migli ajo, e cos in Deio, e in altri luoghi. Ma quelli ehe sulla faccia de9luoghi governavano, e pei pronti rinforzi ch*ebbero e pei crudeli supplzi che usarooo, presto li tolsero di mezzo , e ridussero a meglio pensare quanti per avventura non mossi fno allora avessero avuto disegno d insorgere. Ma in Sicilia i l male cresceva ognora p i , poich s9 andavano prendeedo fu citt coi furo abitanti ; e molti eser citi dai ribellati venivano sconftti ; fntanto che A u silio , comandante de9Romani, ricuper Tauro menio, avendo con l9 assedio ridotti quelli che vi
storici

a8a c la sse prim a , eran dentro a tale carestia che per la crud a fame non ebbero ribresso di divorare le carni de*proprj figli, e fino quelle delle mogli, giunti in ultimo alla orribile necessit di divorarsi 1 uo l'altro In * quell assedio fu preso Am ano , fratello di Cleone 9 mentre fuggivasi dalla citt ; ed in fine avendo un certo Serapione, si rio, consegnat a tradimento fu rocca , tatti quelli che in ewa si erano rifuggiti, vennero in potere del comandante romaoo, il quale fattili prima tormentare li condann ad essere precipitati. Quiodi andato ad Enea i in simil modo l assedi, e tanto strinse i rivoltati che lev furo ogni speiaoza di scampo. Quindi avendo ucciso Cleone, supremo capitan, il quale uscito di citt con eroico valore avea combattuto, e fattone ve dere agli assediati il cadavere, trovato acche ivi un traditore, ebbe quella citt, che per la natura del sito, e per la qualit delle fortificazioni in di versa maniera non sarebbesi mai potuta prender e Euno prese seco seicento guardie siccome egli era uomo poltrone, e fuggi a certi scoscesi luoghi 4 ma quelli eh erano con lui, veggendo la mala serte che loro soprastava, poich erano inseguiti da Rupilio^ si scannarono un laltro; e colui , pre stigiatore e re dopo avere per paura cercato r i fugio io certe caverne, fu tratto di l con quattro altri, ed erano il cuoco, il panettiere, quello che nel bagno il fregava, e per quarto quello che mentre mangiava gli faceva il buffooe; e cacciato in carcere mor corroso da* pidocchi io Morgantina ; tal fue avendo avuto degno' della sua teme rit. Rupilio poscia con isceho drappello di soldati scorrendo tutta fu Sicili 1 pi presto che si epe*

siooKArt pkofki . a 83 rasse, fu liber d a o g o i ladra canaglia. Euno, re dei rivoltosi, erasi dato il nome di Antioco ; e chiamava Sirj tutti quelli che con ejsolui erano insorti.
storici s

Dal libro X X X F L
Nel tempo in cui Mario debell Bocco e Gi gurta, re dAfricii entrambi, ed innumerevoli m igliaja d'Africani uccise; e poscia condusse prigiotiero Giugurta, da togli in mano da Bocco onde inope trare dai Romani perdono della guerra ad essi mossa; e meotre trovava mi i Romani assai spaventati per fu grandi stragi recale d ai Cimbri che dilaniavano con atroce guerra la Gallia , giu nsero dalla Sicilia alcuni riferendo che molte migliaja di servi eran|i rivoltati. A siffatta nuova tutta la repubblica dei Romani trovossi io grandi angustie, perciocch avendo gi perduto nella Gallia , combattendo i Cim bri, sessanta mila uomini elettissimi, non avea modo di levare per nuova spedizione gente idonea Saggiungeva di pi che anche prima del tumulto suscitatosi in Sicilia per la ribellione de* servi, Italia pnre erano scoppiate parecchie rivolte, quautunque n di lunga durata esse fossero state, n g r a n d i, ma per tali che parea per esse volersi dal Nume predire fu grandezza di quella che do veva succedere in Sicilia. La prima era stata presso Nocera, ove trenta servi si acconciarono insieme | ma presto questi furono gastigati. La seconda fu fu Capua quando ribellaronsi in numero di dugnto; e presto aocb essi vennero esterntinati. La terza accadde io modo marav'glioso. Un certo Ttio

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CLASSI PRIMA ,

M in utio, detto anche Vezio > cavaliere romano, figliuolo di padre ricchissimo, s* fuuamor di un* altrui serva, bellissima donzella, ed avutala alle sue voglie, s gli crebbe la passione per fui che ne andava matto. Onde trovato duro il padrone d fui a concedergliela, finalmente si accord di pagargli sette talenti attici; e si fiss Pepoca-del pagamento. Faceva per esso lui sicurt il suo patrimonio.Jtfa ve nuto il giorno dello sborso, egli no4 si trov pronto, e chiese uua diiasione di trenta d. Avvenne per che passato anche questo term ine, gli noo si trovasse iu istato di pagare; e in tanto crescendo sempre pi l'amor suo per fu donna, appiglossi a Strano misfatto i e fu d levar di mezzo chi solle* citava il pagamento, e di mettersi in aria di po tente monarca A tale effetto comper ciuquecento armature da pagare a un dato tempo , e fattagli credenza fu trasport in certa campagna : indi ec citati ad insorgere i seoi servi in numero di quat trocento, preso diadema e p orp ora, ed ogni.al t ro distintivo di regio potere , e con Pajuto de* servi chiamatosi re, per prima cosa fece tagliar la testa, dopo averli fatti ben bene battere con fu verghe* quelli che domandavano il presto della donzella $ indi eoa que* suoi armati si mise ad ievadere fu vicine ville ; e chi preste pouevasi d ii suo partito armava, d ii vi si mostrava avverso metteva a morte* Ed avendo in breve tempo messi io sterne pi di settecento uomini, li distribu in centurie ; e fatto un cttmpo, dava asifu a quanti servi disertavano dai furo padroni Ond' che notificata al senato qusta ribelifune con prudente consiglio accorse ad estinguerla; e cos felit aleute avvenne Fra i ca

STORICI I

BIOGRAFI FROFAVl,

a 85

pitani ch era no allora io Roma il carico di dare fu debita pena ai fuggitivi venne commesso a L . Lucullo t il quale nello slesso giorno in cui avea fictta la leva di seicento soldati, scese a Capua , ove lev pure quattromila fanti e quattrocento uomini a c avallo. Minuzia, saputa c h e b b e la spe dizione di Lucullo, occup un certo colle beu mu nito , avendo in tutto -tre mila e cinquecento uo m in i) e nel primo fatto d'armi i fuggitivi, perch c ombattevano da queir altura, rimasero vincenti. Ma poi avendo Lucttlb sollecitato A pollonio , co mandante supremo delle forze di M i iiz/o, congre gali, e con la giurata promessa d'impunit, a tra dir e i compagni , costui fattosi ligio a* Romani * arrest M im m o , il quale" per timore d'essere mandato al supplizio si ammass da s stesso ; e subitamente con esso lui morirono i compagni della r ibellione eccettuato il traditore Apollonio . F u questa Como il preludio di quella che avvenne ia S ic ilia , la quale ecco co me principi. Nella spedizione di Mario contro i Cimbri il senato diede facolt a quel capitano di chiamare gli afuti dalle nazioni d'oltremare i ed egli mand a tal fine legati a Nicomede* re di Bttiaia, il quale rispose che la pi parte de* Bitinj era stata dai pubblic ani trasportala sch iava, e trovarsi sparsi qua e l nelle province Per fu che il senato de cret che nessun uomo ingenuo di nazione alleata del popolo romano dovesse iu provincia essere ri** dodo a conditione servile, e che fosse cura dei pretori e dei proconsoli che que* tali venissero liberati. In forza d che Licinio Nervo , allora p retore in Sicilia, io ubbidienza a quel decret o ,

a86 classs prima, portato il caso ai trib unali, fece liberare moltis sime persone ? cosicch in pochissimi giorni se n ebbero pi di ottocento dichiarate libere. Da ci venne che quanti erano nellisola io coudizione di servi, si mettessero in isperanza di ottenere la lib erti. La quale cosa veduta da uomini di spe ciale credito, essi presentaronsi al pretore, consi gliandolo a desistere dall impresa ; ed o foss egli allettato da danaro, o volesse procacciarsi favore , sospese Pesame ulteriore de tribunali, e chiunque di poi presentavasi per ricuperare la lib ert, ob bligava eoo rimproveri a ritornarsi al padrone. I servi adunque , congiurati tra loro , dopo essersi da Siracusa rifuggiti al bosco de Palici, si. misero a ragionare insieme sili modo di ribellarsi 4 ed essendosi dilatata s ardita idea per molti luoghi, i primi a porsi in libert furono trenta servi di due ricchissimi fratelli del paese degli A ocilj, fat tosi capo un certo Oario. La prima cosa che co storo fecero, fu quella di trucidare di notte i loro padroni mentre questi dormivano Poi , andati nelle vicine ville, predicarono agli abitanti schiavi fu libert , e in quella stessa notte se ne unirono loro pi di centoventi. Occuparono poi un luogo di sua Datura forte* e pi forte ancora industrio samente da essi ridotto, a ci ajutati da altri ot tanta cbe si erano aggiunti, ben armati. Licinio Nerva, pretore della provincia, fu sollecito ad ac* correre e ad assaltarli , ma nel combatterli ogni sforzo riusc vano. Per fu che, veduto il sito ineSpugnabile, ricorse al tradimento; nel cbe pot servirsi di certo Gajo Titimio , chiamato per so prannome il Oadco a t ui promise 1* impunit ,

STORICI a BIOGRAFI PROFAH1.

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trovandosi costui condannato da due anni capital mente * ma sfuggito alla pena , e postosi a ladro* neggiare nel paese con uccidere ed ogni occasione uomini liberi, e sempre avendo avuto riguardo di non molestare alcun servo, o di essergli grave. Costui adunque, con uo drappello di servi a lui fidi* recossi al castello ov era il Gadeo , come se inten desse di f are , insieme con que* rifuggili, guerra a Romani*, e ne fu accolto eoo lieto aoimo e ben trattato, e di pi fu fatto comandante, perciocch slimavasi valoroso. Ma costui consego il castello ai Romani. Una parte de ribelli mor nel com battere 9 una parte si precipit dalla rupe , prefe rendo un tal fine a quello ch e, venendo presi , potevano aspettarsi. cosi rimase , estinta quella prima ribellione di servi. Ma ritornati alle loro stazioni i soldati che il pretore avea condotti a quell'impresa, alcuoi an darono a riferire cbe circa oliatila servi, suscitalo tumulto, aveano scannato P. Clonio, uomo d eb or dine equestre, e che ornai erano in grosso nu mero. E intanto quel pretore, sedotto dai consigli ^egli altri, avendo anche con piena formalit dato coogedo alla massima parte della soldatesca, pro crastinando , venne a dar tempo ai ribelli di me glio fortificarsi, lutine, tolti i soldati che avea presenti, s incaminiu verso furo; ma-accadde che, passato il fume Alba , se li lasci alle spalle, poich, essi erausi stanziati sul moote Capriano, e giunse ad raclea. Il che fu cagione che quei disertori spargessero voce che il pretore oon avea avuto coraggio di assalirli, con ci animando essi altri servi ad unirsi a loro., Ed in fulli fu cos; e

aS8 c u m p B m i, ne* primi sette giorni pi di ottoceoto furono col ben armati, disposti tutti io ogni maniera a ve nire a battaglia spiegata. Delle quali cose avver tito Licinio , e fatto certo che que* disertori ogni giorno pi crescevano, mand contro loro M * Ti tim o , datogli il grado di capitano , ed aggiuntigli seicenfo uomini del presidio di Enna. T ilin io , venuto a battaglia , perch i disertori e per la moltitudiue delta gente, e per la difficolt de* luo ghi aveano gran vantaggi o , si diede alla fuga in sieme co* suoi, de quali molti rimasero morti , e gli a ltri, per andar salvi fuggendo , gettarono le armi. Le qaali in gran copia cosi inaspettatamente acquistate, maggior coraggio infusero oe* 11belli, ed anche con ^> aulino sollevossi nella massima parte de* servi l ardore di unirsi ad essi. come ogui giorno un gran numero disertava , in breve crebbero tanto, che nessuno l* avrebbe creduto giammai ^ a modo che in pchi giorni trovarousi e ssere pi di seimila. Nel qual tempo consigliatisi insieme sul come comportarsi , prima di tutto si crearono un re * che fu ua certo Salmo , tenuto per valente nell arte degli aruspici , e si bravo suonatore di tibia negli spettacoli e nelle pompe delle donne , che le faceva andar matte. Otteuuto costui il regno declin dalle citt, come fo m enta* trici d* inerzia e di delizie ; e diviso in ire squa dre Pese rei to suo, ed altrettanti capitani messi ad ogni squadia, ordin che scorressero il p a e s e , e di poi tutti si traessero insieme nello stesso tempo ad un determinato luogo. Da quel saccheggiamento acquistata avendo grande quantit, come d*altri animali, cos ancora di cavalli, in poco tempo

s t o ic i t n o n s i, 389 fttisero insieme pi di duemila cavalieri, e non meno di veutiinila uomini a piedi, gente tutta cbe avea pratica delle cose di guerra. OkkT che, forti di quella maniera, improvvisamente portaronsi con grande impeto addosso a Morgantina, citt ben munita, e con ripetuti assalti la travagliarono. Ore il pretore , volendo accorrere io ajuto di quella c itt , marciando d notte verso essa con circa diecim ila uomini raccolti dalfu S icilia e dall'Italia, giunse addosso ai rib e lli, occ upati nell*espugna zione della c itt; e violentemente entrato nel furo campo , da pochi custodito, e pieno d i g ran mi mero di donne schiave e di bottino d* ogni specie , con facilit se ne fece padrone , e dopo averlo spogliato, and verso Morgantina* Ma i d i sertori, di repente voltisi indietro, e perch erano in luogo alto, e perch assalirono il nemico con molto impeto, ebbero tost propizia la sorte dett armi, e fu truppe de'Rom aai si diedero alla fuga. Allora il re ordin che.non si ammazsasse bes^ suno di quelli che gettavano gi fu armi ; onde fu maggior parte , abbandonando fu armi provvide alla propria salvezza. eoa tele stratagemma Salvio , vinti i nem ici, ricoper il suo campo, odi ottenuta una vit toria nobilissima, ebbe assai groo bottino. DeglItalici e de* Siculi non morir0 0 0 nel combattimento che circa seiceoto persone ; cesa che fu dovuta alla dementa dell9 ordine dato dm Salvi0 , e si fecero quattromila prigiooi. Dopo- tal fatto cos fdice, Salvio, concorrendo a fui sempre pi geate , ebbe l'esercito duplicato, e pot met tersi liberamente in aperta campagna. PefCf ri pigli lassedio di Morgantina, e mand baodQ che Fozio, FpL X. 19

ago < A $E *L S 9 avrebbe data.fu {jb^rU agli schiavi che ia essa trovavaasi* Ma qome, * furo padroni. aveano offurtQ lo steaso patio, se fedelnieiue si fossero uniti qiq iu sostenere assedio, quelli, coutaudo miglior partito questo , con tpnio coraggio co m batterono , cbe fu d* uopo, a *W*va abbaodonare impresa, Siccome poi il pretore- dichiar poscia che consi derava nulla la promessa, fatta, ci fu. cagione che i pi andassero ad wwrsi ai ribelli. Allora il contagio-delia diserzione si estese *ei 'territor) degli Bpettftfti e d e '^ ilib e i, e vipini, ove la turba de* servi, ^ u u e a sqllevarti anch* essa setto la ondoM& di ^ temone , uomo di gran for tezza, e di.nazfuup. Costui, essendo fattor generale di due fiochissimi fratelli, e molta periaia. avendo deJt'smralogi^ , primjerameute trasse a quelli ai qp4i sflprastava, e furopo circa du c a t o , poi suchet i v i c i u i c o s i c c h in cinque giurai ebbe intorno a $ pi di mille persone. I talie quali essetida stato proclamato re , postosi io capo .il diadema, pens di tenere una condotta d ifferente da. qwdja deg li altii. Costui non accett latti iodiffureutemenie i diserto ri , t rascese i seli valorosissimi $,gli ^hri obblig a starsi u^i primieri fura ofoj a diUgeqleroenje , piasci^up alt suo poeto , escreue/'f g} pieghi d ie aveauo f: min c he vaniva a pQ$a<#jaF?i furg^ couia di vet tovaglia. Fingeva) py>i, iche, gii) |Je prima gli I}ei,f per mefe/.0: degli astri, .gli avessero anuuuz^ato di dovete acqui&a* <1 *ig4P & fu Sf^iifu, Laonde v o le y a e b e s i avesse rUpetfu, al p?e$$ jt agli animati, a l l e pi'qd^yui di es^uv cproe cosa propn*. F iu U o ^ ^ e , tv^sti fusione 4*W P . pi

z. BIOGRAFI f f t O FANI. mila uomfui ebbe l'ardimento di assediare. Liti beo , etili) inespugnabile \ se noo che , riuAQtndo vani i Sfuoi sforzi , abbaudon quell impresa, di* ceudg cos comandargli gli Dei, e che se si fosse perseverato io quel tentativo sarebbe potuta a<jr cadere, una certa grqude calamit. diedesii il ftafcO ehe , mentre accmgevasi a levare il camp o> entraron o nel. porto. 4I1. Liliheo alcune navi c be perieveoo ia seccprso degli assediati, parecchie scelte oooni di M b u f, sotto la condotta di certe Gomone , il quale, avendo "di notte assaliate a! l'improvviso le truppe di Alenione> stanti Lust'otn oegli steccati dell*assedio, molti uo mini ammazz e molti fe ti, indi si ritir iu citt. Il qual fallo i disertori mise in. altissima maraviglili *non do* b iia u d e c he. il loro re uoa avesse veramente fu preicieza delle ey\e, secondo .che le rilevava dalla contemplatione degli asiri* L# Sicilia era cadtitfe d W a io un estrema.con* fUsione, e io una <ve^ iliade di disgrazie Ch non. gli schiavi .soli , ma gran numero d'uom ini U bri, afflitti da|la miseria , traevansi a commet tere ogn.ii gemere di rapine e di delitti., equafum* < fuucpnU'assei.o libero o schiavo ,. ond& non qt> aver, leetiniopioideile scJle*ateae furo, sense ritegtto trucidav ano. Reroi quanti abitavano tfelfu citili appena potevano-fui c onto delle cose situate , entro* le mu*a> queifut eh' erano fuori d eese guafdavauo c ome, fatte sbottino di violenza* n pi tutelale daUe leggi. Cos molti altri misfatti da molti commettevansi audacemente contro ogni equit ed umanit. Intanto quel S<ilv:o conquistai ter d Morgautiua* aveudo pieno, delle incursioni
STORICI

*9 *

CUSSI

P R IM I,

sue lutto il paese fino al^ territorio Leontino, ivi radun un esercito di sceltissima genie, che sona** ma va non meno di treutami*a uomini* e, fallo sa* grifzio agli eioi Italici, per dimostrarsi loro grato della conceduta vittoria, ai medesimi consacr una st ola di porpora; e dai ribelli, poich si era d i chiaralo re, veniva chiamalo col nome di Trifone * Fatto poi peosievo di occupare Triocala e di porre ivi la sua resid^za, mand ad Atenione , e come re lui capitano generale eh fum* onde tutti allora sospettarono che Atenione volesse sostenersi nella dignit principale, cosicch, uala tra gli noi e gli altri ribelli fierissima discordia , facilmente poi avesse a vedersi estinta la guerra. Ma la fortuna, quasi a bella posta* volesse accrescere fu truppe de* fuggitivi, fece che i loro principi si accordas sero insieme. E infatti videsi Trifone rapidamente giungere coll* esercito a T riocala, dove si rec pure Atenione con tremila de4suoi, ponendosi sotto gli ordiui di cofui* come an Capitano sotto quelli del monarca , mentre * le altre sue schiere avea ma ndate a scorrere le campagne, saccheggiandole, e a suscitare da per lutto i servi alla ribellione. Per altro Trifone , sospettando la possibilit cbe Atenione gli voltasse fu armi contro, non tard molto a farlo imprigionare. Il castello poi di Trio* cala, altronde gi forte, fortific di p i , e vi fece magnifiche fbbriche, chiamato di quel nome, se condo che voce, per contenere io s tre , o sieno bellezze. La prima l'abbondanza di fon tane dacque di una dolcezza squisita^ la seconda di aver campagne intorno coperte di vigne e di o li veti, e sommamente atte a dare, mediante la col-

STOZICI t BIOGRAFI .

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tura , ogni maltiera di frutti ; la terza di essere lungo fortissimo quanto mai possa d ir s i, poich siassi sopra una gran rupe dalla natura fatta ine* spngnabi le. Intorno a questa adunque Trifone edific fu e tili.t di un circuito di otti* stad| , e la cinse di una profundissima fossa; ed ivi piaot fu sua residenza, essendo il luogo pieno di tuttf i comodi della vita. V*inoafz pure un palazzo reale^ e vi coslrusse un fro capace di gran moltitudine di gente. Poi un numero sufficiente di pe rsone pi distinte per prudenza trascelse, e fu costitu suoi consiglieri , dell*opera loro servendosi nell*ammi nistrar la giustizia) e quando egli era io quest'of ficio vestiva fu toga pretesta e la tunica del lato clava Cos fucevasi precedete dai littori armati di verghe e scuri, e tutte fu cose che costituiscono e reudono splendida la maest reale , diligente* mente volle osservate. . Il senato romano finalmente scelse L. Licinio Lucullo per comandante supremo coutro i diser* tori , dandogli u o esercito di quattordicimila uo* mini tra Romani ed Italici a cui si aggiunsero di Bitiu) t di Tessali e di A c arnani ottocento , a seicento di Lucani, ai ^quali comandava Cleptio , uomo distintissimo per scienza militare e per va lo re , ed altri seicento infine nuovamente coscritti^ cosicch in tutti erano diciassettemila. Con questo esercito aduuque Lucullo occup la Sicilia* Trifone* essendosi gi Atenione discolpalo, ado perava quest* uomo a consigliere sopra la guerra che doveasi fare co* Romani. Suo iutendimento 1 era d i starsi ferme in Triocala , e di 1 ribattere il oemico. Per fu contrario, pensava Menione non

2p4

classe

p iu m

* ,

doverli essi lasciar chiudere ivi. per assedio, ma piuttosto combattere iti aperta ca mpagna. que sta seiMenza, come migliore, fu adottate* onde si and a porre gli accampamene presso S e intea, con non meno cU quarantamila uomini. Gli accampa* menti de* Romani non erano discosti ebe di dodici stadj. Da prima adunque gH scorridori d'ambi <gli eserciti si abbaruffavano io si* me continnamente , poi si venne f o rmale battagl , ella qua eicco arie fu cose aud*auo bilanciandoci e morivano mo lti dalP una parte e d all* altra , Jtenione , eoo ana schiera di dugento uomini a cavallo de'pi scelti, intorno a s fece de' nemici grati mnceJlo y ma essendo rimasto ferit o io eotrambe le ginoecltia, noa pot combattere oltre, per fu che i sub, ab battuti d 'a n im o , si diedero alla fuga. Egli poi si mise tra' mot li, come se fosse verameaie e.,noto r e quando fu venuta la notte. al.vessi fuggendo. Ebbero duoque i Romani un' illu^re vi ttoria , avendo obbligato a lla fuga a *cbe Trifone, insieme colTesenctio suo* ed uccisi molti de'fuggiaschi* si trov non meno di ventimila essere rimasti sul campo- GU altri col favor delle tenebre si ripa* ramno a. Triocala , qu antunque se il comandante romaoo avesse voluto inseguirli, avrebbe potato ester mina rii affatto. In lui frangente scoraggiati, fu tra loro propo* sto di ritornare ai loro padroni*, e di porsi alla discrezione loro; per prevalse Popioiene di quelli i quali sti mavano doversi combattere sino all' ul timo fiato , n abbandonare la propria salute all'aibrtrio de' nemici. 11 comaodao te romano giunse cono giorue sotto Tnocala per assediare f u

q5 piazza^ dVbnde , dtfpo moiii furti d armi , in ietti ore gli ut, ora glt ah^i perdettero* geo ifc, egli fu. fine patti scornato. Con ei il coraggio crebb^ner rib elli, non avendo Lucttlio (aff contro loro nulla di ci che por far doveva, fosse desidia ia> fesse effetto di doni avuti- Per la qua! cosa poi gli fu imposta la multa pr risarcimento \ e O. Servio+ suo sticce*ss*re neli*impresa , nulla pnr fece nem* meno egli che fo sse degno di memoria; onde, come Lucullo processato, fu mandato in esilio. Morto in quel tempo Trifone , gli era nel rpgno succedalo Ale afone, i* quale ora e spugnando eftta.. ora sacchegfando il paese , senza paura d SvrvUio che non resisteva, mise insieme ricchissimo bttieo -Ftnit lanno , fu per la quinta volta creato con* sle G. 'diario insignite con dquitto ; d essendo stato questi Spedito ^contro i rib elli, col vafursno, dopo una grande battaglia, li vinse*; e v enate * mirra-rsi petto a petto con fu stesse .re dei diser* tori A tnione , combatt da eroe e lo uccise , ri portandone' egli n'wa ferita nella testa cbe gli la sci il segno; Poscia si pose ad inseguire K avanzi de* servi, ridotti a diecimila, i quali, ben ch andassero a ripararsi in luoghi furti , iafn per la costanza sua , ch nella intralasci onde conquiderli, caddero nelle stfu tnaon era r i masto un migliajo ancora, condotto db Smro$ ed jfq mi io da prima pensava di soggiogarli con fu armi s siccome per si erano' arrenduti per merzo di legati-, sai momnto rimise loro la petau Se ebn cbe poi, condotti Roma , li destin a coia* battere con le fiere. 1 quali seconde che viene r i cordato , volle ro finire la vita in iofeslissiesa ma

S TO:CI E Btocntrt **04.

ftg6 CUISI FUMA, niera ; imperciocch non si mossero essi puma eoetro fu fie re , ina dispostisi presso gli altari, a reciprochi c olpi d'arma s ammazzarono tra furo* e come Satiro ammazz l'ultimo d*essi cbe rima neva vivo, c on eroico animo volt il ferro contro a stesjio, e dopo tutti gli altri coti vafurosaraeote mor. Tale tragico fine ebbe la guerra servifu, ehe in Si c ilia era durata quasi quattro anni

. Capit a Roma vn certo chiamato Bat$ace9 sacerdote della graa Madre degli Dei, da Pessinunte c illi della Frigia. Costui dichiarando desserv ve nuto per ordine della D ea, presentossi ai magi strati ed al senato, dicendo: Il tempio delfu.Dea contaminato ; ed necessario che a nome di Roma se ne faccia pubblica espiazione. Portava egli indosso abiti ed oroamenti mutilati a Hallo, e dalla moda de* Romani alieni, imperciocch avea in test uoa corona d oro di straordinaria gran dezza , e una stola sparsa come di fiori stessuti di fili d* o ro , fu quafu ricordava la dignit reale Ed esseodosi messo a ragionare al popolo dai rostri, 0 gli animi del volgo ripieni avendo di sensi re ligiosi, fu onorato di ospizio pubblico , e trattato fuutameote. Ma A . Pompeo uoo de9 tribuni della p fube, voleva d ie dimettesse quella corooa ; e da uo altro tribuno condotto sui rostri, men t re ve niva domandato di render copto della espiazione che predicava , non rispondeva che cose pie ue di superstizione. Accadde adunque cbe dalla fazione di Pompeo ne fu cacciato non senza vilipendio *

n o v a t Mo m n o rtv i 397 laonde trattesi al suo ospizio non si faceva veder pi. Andava per diceodo, che noa egli solo* ma la Dea stessa iufameinenle era stata con que* fu* dibrj ed iniqui modi vilipfs In qul frattempo , ecco che atti improvviso Pompeo vien colto da lebbre ardente* ed oppresso da angina perde la. voce^ il terzo giorno muore- Fu opioioue del volgo ch'egli veuisse pii vaio di vita per certa pro vvidenza d ivin a, atteso che avea tauio offeso e quel sacer dote e quella Dea- N di ci meraviglia, perch i Romani sono dediti alle superstizioni quanto mai possa dirsi. Laonde di poi a Sottace fu conceduta di portare abito reale e gli ornamenti sacri cbe am biva, e fu onorato con doui splendidissimi t s quando gli parve di partire da Roma , fu accom p agnato fuori da moltitudine d*uomiui e di donne.

Usano i soldati romani , se io una battaglia data ai nemici credano che di quelli sieuo rimasti, morti pi di mille cinquecento uomini, gridare il c omandante del loro esercito imperadore ^ titolo che equivale a quello di o r e , usato dai

Greci ~
Dai libri X X X V ll% //, c seguenti*
Dice Diodoro che la guerra chiamata Marsica al su o tempo fu la maggiore di tutte le antece*denti , e dagli autori della ribellione essere stata denominata cos. Tutti gl'Itaffui si unirono a far questa guerra ai Romaui*

CLA'Wfc *TtTM , A La prima cagione delia medesima d !cesf essere siala qoesia I Rimani,* flrbfu*ndortftfo fi modesto , f rugale e temperato moda di vivere , ri qonle a t anta grandezza li aVea InrraUaffi, si etano dati per dutam ele ad ogni eccesso In^so e di protervia. E questa corruttela avea ftrffo che iiascewero gare e disco rdie tra la plebe e il senato E come poi qnes? sollecitava gl* ftalici a prestargli ajoto, pro mise loro fu rico mpensa che l avre bbe d-chfurati partecipi delta citi ad ina za : co sa d essi vagheg giata da tempo . e fino aHnra in vano desiderata. E per vie pi animarti . svea il semito Aggiunto c he fia*e concessione avrebbe fatra confermare per fugge. Ma no fu poi questa promesse furo m an tenuta ; e per ci da essr scoppi P incendio delta guerra co* Romani E;*ano consoli di Roma L. M a r ci Filippo e G. Giulio $ e correva l olimpiade settantesima seconda dopo la centesima ; e varie stragi dogni miniera, e prese di citt da una parte e dal l altra de belfigfcfrtti seguirono in quella guerra, inclinando ora da un cauto, ora dall'altro come a beffa posta la vitror ia, n mostrandoti mai costante per un partite. Tardi per, dopo Pesterminio di una moltitudine infiliti^, i Romani con grande difficolt rimasti vittoriosi si videro assi curato l impero E^ano contro furo in armi i San niti, gli Ascolani, i I;trctfni. i Picentini, i Nolani, e fu altre citt) e genti, tra le quali era Corfinio, citt comune a tu tti, e di tanta eccellenza che dianzi gl*I talici Taveano fatta il foro belvedere, chia mandola Colofone . poich oltre le altre dose che Costituiscono grande una citt, e ne assicurano fu potenza, vaveano costruito un foro amplissimo, e

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n o n (Mirra; H uft immenso* d e p o tiio d ogni vosa afrprfrietie%ie aliti g o er ra,> e ranr Tesero di danaro* ^ v eti V a^la . V* avea* aco*a stnbfu lt o no senato 'di dNnqoecemo oggetti / d cui s i traeono q Nelli <*he fris e r degfti de'-Somnii magi* stra ti della p a t r i a , e* d*>v*s*e*'of>eo:>rgimre tnlfu com nne saW e?^ t^rciA e^a* quelli- *t <fitali uva. raccomantiafa la delfu gwe*r*s e fiie r sen tori eea affiliata fu s^mm^ potffuafe sopri* hstti. Ora <fu qusti fu smetta la legie ch ogni a*mo si ci eassero dae consoli, e dodici coma udititi deii'eee^eito. E raw i H c t ' coes o li Q .i*om ptf0 S Ione di eazfune mrso^ uo mo principale tra i iuoij e 1 ahro et gannite, diume .> M otuo, primo anchegli nel suo paese per gloria ed imprese. Avendo cj^ divisa Volta l* liaUa iu ae * due partii ae<:fie**ono ci*tsch<;du'ta ad un console* A Pompedio* titedero il paese ^diti coti cfutiirCercoli ( i) fno^al mane A driatico, *e i .tratti volgenti e alloccaso e al settentnoue, gli .destinarono sei* capitani. li rimanente d Italia vfer*o. mezzod e* levante diedero'a M e tufo , assegnati pure e* fui. altrettanti capitani* In questo modo saviamebte* dispose fu cose, e, per dir tutta, ordinato t fura imperio cme q o d U de R o mani, cn micuso im pegn o attesero indi aHa guerra ; e fu citt di Cor* finio dichiararono comune a tutti gli Italici* In quanto poi alla guerra, essi la fusero con tafupotso ed ingegno che per la massima' parte furono su* ( 0 Nessuno fnora ha potato inddvihar Ove fussrro, o quili quieti che qui diconti Vrcofr, forse pfr errdre di copta.

5oo .u s a m w , periori ai nemici , fin lauto che G/ieo Pompeo , (atto console, e supreme capitano di essa, e Siila, fugato di Catone eh* era altro console, sconftt i parecchie volte gl* Italici li strinsero a modo che tolsero loro tutte fu forze. Per fu guerra pur durava a ncora: se non che mandato C. Ctcinio , comandante generale nella Japigia, quei ch fu so stenevano furono parecchie volte, sconftti* Per fu ohe da tanti danni oppressi, e ridottisi a p o c h i, abbandonarono fu loro citt comune, Corfinio, poi ch i Marsi e le genti vicine eraosi gi acconciale coi Romanice di consenso comune trasferitisi a sog giornare in Esernia, citt de* Sanuiti , si crearono cioqu* pretori, ad uno de*quali pri ocipalmento, che fu Popedio Siiope , per la virt e gloria acquistatasi nel condurre la guerra, affidarono il ornando supremo. Questi adunque d accordo coi pretri mise insieme un grande esercita che, com presi i veterani, fu di trenta mila nomini; oltre qeesti, chiam a libert gli schiavi, e come Top portonit chiedeva li arm , e ne compose un corpo non mioore di venti mila. Ebbe poi anche mille uomini a cavallot e cou tali forze venuto a battaglia coi Romani comandati da Mamerco, po ch i ammass di questi, e desuoi perdette pi di miifu seicento4 Nello stesso tempo anche Metello nella Puglia espugn Venosa, citt di chiaro nome, nella quale e ra grosso presidio, e fece pi di tre mila piigio-. nieri. E gi fu cose de*Romaui ivano sempre pi guadagnando contro i nem ici, quando gl* Italici, spediti legati a Mitridate, re di Ponto, allora sa lilo iu gran nome pel grosso esercito che avea, e

ITOSI ci x BlOO ZAPf rSOFAJft. Sot per Tampissima provvigione dogni cola opportune alfu guerra, fu fuvitareoo ad invadere l'Italia per opprimere i Rom ani; poich di tale maniera ap punto avrebbegli potuto rovesciare la loro fortuna. Mitridate rispose ch e cosi avrebbe fatto subito che gli fosse riuscito di sottomettere l Asia, ch era ci a cui egli in quel tempo era inteso. Ond* cbe gl1Italici caduti di speranza e di forze, trovaronsi in grande afflizione. Rimanevano peranche pochi Stonit i t Sabelli riti ratisi in Nola; ed oltre questi Lamponio e Ciepzio che comandavano agli avanzi de i Lucani* Laonde sopita quasi affatto fu guerra marsica, le sedizioni intestine di Roms, nate prima, di nuovo scoppiarono, poich molti fra i nobili ambivano a gara il comando contro Mitridate, allettati a ci dai grandi guadagni che ne spera vano. Imperciocch C. Giulio, e C. Mario, chera stato sei volte consolerei contendevano a vicenda, e la plebe e r i divisa fra le due parti. Ma fermentavano intanto semi d* altre discor die. Siiiat console, partitosi di Roma, pertossi alle truppe congregate presso Nola, e messo grande spavento in molti de vicini popoli, li obblig ad arrendere s stessi e le citt. Egli avendo piasse il carico della spedizione in Asia contro Mi* fridate i e Roma essendo piena di tuontitl 0 di stragi, M . A pomo e Tiberio Ciepzio, unitetofelftt a Pompedio, pretori del rimanenti Italici che alt fura ' stavano nel paese d* B r o tj, misero lSssedi ad Asia ( t ) , citt forte: ma essi 1ri stettero sotto (O L<*ggi forse THsia eoi Vssetiingto, poich Asta citt non fu u si, che si sappia, in Italia.

Soa CbASSZ PZ1MA , fungo tempo, n poterono pigliarla. Laiotarot.vi per una parie deUesercita, e colf altrq a n d a rlo ad assaltar Reggio* sperando che se pqt ersero iia/po**esar$ene, trasportate facilmente fu loro Iruppe di l fu Sicilia, avrebbero ridotta fu loro, domimo quell* isola, fra quante sooo sodo il sole beatissima. Ma il preloie di Reggio , G. Urbano , fuupsi coraggi osa me ole innanzi con grauefu esercito , e ccm ogni treno di guerra , ia Uata ^prqasione, pese g l'ita lic i,, che venne a liberate dal pericolo la su . Pq scoppi ia discordia ira Siila e Mstrya. A l tri , al|ri allaUro aderivano;,! pi nella g uerra pe rd eite ro Ja vita ; e quelli qhe rimasero 1 sr ag. ( giupspro a Siila ; e casi la guerra in a rc a , fu filale fu ream ente grartdistiw# , ipstp insieme cmu la

interne sedizione futilmente sibila affuit?


* . * * *

Fu veramente ci vii sediione fierissima sul finire ornai dulia guerra marsfua, capi delia quale erano 1 ^/fu. e G M ario , H'Xor giovaue , e figljuplo di > fa Maxio staio sette voke console. In quella se dizione perirono molte migfhija d*uona\uti ; e fnaloreute la vittoria fu di SiLot il quale fattosi d itta t ila s'intitol F d ic e i n taota arroganza il trudi, petciocche d#pa a>er vinte taute juesre mori placidaxneiitc j laddove M arku quantunque con gene roso animo combattuta avesse da par suo oo otrp Siila, snnufuofu fine dovette ripararsi in Preneste eoo dieci mila e seicento uoiniui , ove chiuso per fuiigo <euipo sostenne in veto l'assedio, ma ia u l ulilo, abbandonato da tuUi, u v ergendo pi strada

STO111ci z BIO GRAFI FZOFAKI. 33 afuuna di salvassi, onde togliersi a taoti, mali che i) pressavano, si, vide c o ie tto ad fuiplotare ]a mano soccort e.vole di uno d e 'pi fedeli suoi servi che il togliere di vita. A grande stento quegli acconsent al tristo officio , e di uu colpo solo di spada da tanti affanni liber il suo padrone: iudi s stesso uccise. Allora fu quella guerra civile. Gli avanzit.poi della fusione di Mario coml Uterooo anoma per- quale Uet teyipo coti $diat sjpch ter minai ono distrutti come gli altri* Ma tolti di mezzo questi, tra Pompeo* ( a cui la grandezza delle imprese fatte pei Romani, parte sotto la condotta di Siila* parte per disposizio.e pr pii a , fece acquistare il nome di Graude ) e G. Ce# ar e, tanta discordia nacque cfie i Romani ira w o t& i di nuovo costretti a stringere le anni contro s stessi v e ad 'volg ersi in crudeli stragi e carni Beine, poich , toccata, iusigut; rotta, perdette quante forze avea , e mori truci dato presso Alessandria, il potete amplissimo dej consoli <-gii ridotto, ip ultimo a stretti ter^niui , tutte pfwfr nella* clprpfiiazi^>ue del spio C & af e ^ e cosi ebbe, allora f}ue la sedition^. Ma trucidato essp nuove civile guerra > mosse contro /'uio e i Cmstio ugcistKi di Cesare, guerra ohe fecero con giunti insieme i tre consoli Lepido , Antonio ed Ottaviano. E poich vinti Cassio e Bruto , e tolti di vita, per la forza eoa e ui si combatt , quella guerra fu finita, un* altra uon molto dopo ue so pravvenne,, scoppiando aperta per la gftta di pri meggiare, eli e Augusto e Antonio aveano in furo secreto couceputa. Finameoi l* itnpei io rest ad Auguste f dopo *&i&i scarso fissai sangue dai uoa

c lasse rzittA parte e dall altra ; e il supremo potete conserv egli per tuita la sua vita, avendo gi il magistrato consolare perduto il suo grado1 e il principato , suo (i).
.

3o4

NB. Ci che segue non testo di Bodoro. Dice che la dignit e%\'tltustri sostiene il te rzo ordine dopo i Patrizj.

Prima della mooarcbia di Augusto i Romani chiamavano i loro magistrati coi seguenti noraii Patrizj diceva osi quelli che costituivano il Conti* $ io e il Senato t Tribuni della plebe quelli cbe presiedevano al popolo; Censori e Consoli, quelli che aveano podest supcriore a tutti. (Il Dittatore IVvea anche maggiore, non essendo obbligato e render conto a nessuno di ci che avesse fatta ) Poi v* erano i Capitani, i T rib u n i, gl* Imperatori militari, i Proconsoli ed altri simili. I distintivi del Proconsole sono le dodici sc uri, la toga prete* st a. Anche il Dittatore avea le scuri e le altre insegne (a).

(0 Avm lasi che qui Fozio ha messo del suo, poich Diodoro non condusse le sue storie se Boa fino alla olimpiade 180. (a) Tutto questo, come ogoun Tede, fu riatto.

s t o r i ci e B io o ftz r i y b o f a n i

3o 5

DIONE CASSIO
. LXXX Bl STOBIE.

Quest o scrittore incomincia gli ottanta libri delle C . s oe storie dall'arrivo di Enea in It alia, e dalla fondazione d Alha e di Roma prosegue sino al1* uccisione di Antonino , sopraunominato Bliogvkaio , che pe* suoi vizj fu detto ancora Tiberino e * Sardanapalo e Pseudantonino ed Assirio, e parla ancora del regno di Alessandro , il q^ale, ucciso Antonino con cui a vea reg nato , fatto ne collega , scamp dalla morte preparatagli col mettersi siti trono solo. Lo scrittore riferisce come Alessandro, essendo egli stato fatto console per la seconda volta, seco fui esercit questo magistrato, e come F imperadore medesimo fece le spese che avrebbe il suo collega dovuto sostenere, volendolo con ci singolar mente onorare. Dione fu fatto governatore di Pergamo e di Smirne datrimperadoreil/acrfuo) po scia fu comandante darmi nell*Africa, e in appresso govern la Psnooisia. Fu allora che venne crea lo con sole per la seconda volta, siccome si detto: indi si ritrasse a casa ammalato di podagra per menarvi il resto di sua vita , conforme stando io Bitinia predetto gli avea, al dir suo, qu el Genio i Noo macchiato di stragi, non di sangue Tinto ; ed immune da tumulto . . . .

Dione ebbe per patria Nicea , cittji di Bitinta che da uua parte bagnata da una palude detta scania. Il suo dire grandioso e gonfio, riferendo Fozio Voi. L 20

c la ss e

M IM A ,

i sensi di grandi fetti. Pieno poi il suo stile di costruzioni antiche, e di parole corrispondenti alla grandezza delle co se. I suoi periodi sono tramez zati da pareutesi, ed usa iperboli opportunamente; e s industriosamente il numero e 1* intermissione adopera, che conservando sempre nel discorso chia rezza, di ci chi correntemente legge non si avvede Nelle narrazioni e nelle concioni emula singoiar* mente Tucididey se non che egli pi perspicuo. Iti tutte quasi le cose Tucidide gli serve di norma.

DIONIGI DI LICRNASSO
LIBRI XX S I STOB1B.

An ch egli principia dall*arrivo di Enea io Ita lia, dopo la ruina di Troja , e segue poi a narrare a mano a mano la fondazione *li Roma, fa uascita di Romolo e di Remo, e tutti i fatti fuo alla guerra de* Romani con Pirro , re degli Epiro ti, guerra che pur descrive auchessa, e termina H anno terzo del l'olimpiade CX XVIII : dal qual punto riferisce ave re incominciata la storia sua Poiibio di Megalopoli. * Fiori Dionigi sotto 1 imper io d 'Augusto i e re cossi in Italia terminata la guerra intestina, acce sasi tra Augusto e ^Antonio e si accinse a scrivere dopo che era stato di piede fermo in Roma, sic come egli medesimo d ic e , imparatavi, essendo greco , con rqolta cura la lingua latina, ed inve stigate le antichit romaue, ed ogni cosa accumulata necessaria al suo lavoro. Lo stile e la dicitura sua sono quali si addic ono ad un novatore; e vivamente p rocede per una

STORICI a biografi PR0 FK1. 3oJ via non volgare. La minuta spiegazione delle cose, e il senso che vi pone , danno a* suoi scritti uoa cert aria di semplicit, e fanno che il discorso suo non riesca aspro v u fugrato. Rare volte usa digressioni * con che scema il fastidio che la storia potrebbe rec are j ed anzi di quaodo in quando ri* stora chi fugge, e sei tiene attaccato. Per dir tutto ia breve, temperando eleganza con la narrazione e con la digressione delle cose particolari rende lene una dicitura che altrimente sarebbe caduta in asprezza.

D I O N I G I D A L I C A R N A S S O
SlBOPSI DZLLZ ST O RIE, LIBRI V.

questo il compe&dio dei venti libri delle storie C indicate di sopra. In questi cinque lib ri, quanto apparisce vincere s medesimo iu eleg anza , altrettaato il crederai spoglio d' ogni gioconda ma niera. Il che per rende l'opera pi utile , nulla diceado fuorch quanto necessario. Lo asso mi gliera facilmente ad uu re che fa ragione $ e con temperato e conciso tuo no* e con fu composizione e dicitura stessa della voce, ne rappresenta l'ira* magiae a modo cbe a chi lo ascolta il parlar suo giunge alquanto duro. Il qual genere di scrivere # mentre pu c onvenire ad un compendio , niente poi convieue ad ona perfetta ed i ntera storia

3o8

C L$S PIUMA ,

EUNAPI O
LIBRI XiV VI

CRONI CHE DOPO DEXIPPO,

C.

Principia da! regoo di Clandio Cesare , in cui te rmina la storia di Dexippo , e finisce ai tempi di Onorio ed Arcadio , figli di Teodosio, cosicch si arresta quando Arsacio , morto Giovanni G ri sosiomo , occup la sede vescovile, e la moglie dell* imperadore Arcadio, essendo gravida, abort, e fini di vivere. Questo Eunapiof sardio no di stirpe, essendo nato in Sardi, citt della Lidia, fu empio non poco, se guendo la religione deGentili. Quindi , che a larga mano punge ed accusa quanti per singolare piet fecero onore all* imperio, e massimamente Costan tino il grande: all opposto alza alle stelle gli empj, e fra gli altri particolarmente Giuliano apostata, dimo doch pare chegli scrivesse questopera per tessere le lodi di fui. Bello il soo stile, se si eccettuino le espressioni gallinaceo, piuttosto cervino , e pik porcino, /accia d% avvoltojo% corvo, da tcimioHo% da lagrima fum osa f e cose altre simili. Per fu cbe con questi, e siffatti vocaboli egli viene a cor rompere una maniera di dire generosa , e ladul tera* Usa ancora oltre misura tropi, cosa che fu legge della stotia nou permette; ma toglie per fu pi ogai molestia la forza del d ire, e l urbanit che adopera. CoFordine poi che mette nella com posizione, e con la perspicuit, e con bei periodi serve ottimamente all* indole e propriet della storia t e solo pu oppostisi che alfu volte prende

Stonici B BlOCKAn MOFANI. 5 <) il tuono pi di chi parla da giudice, che di chi fu fu storic o . Nelle costruzioni introduce non poche novit ; ma non sem a g a r b o , n obbliga il suo leggitore a ritorn a re indiet r o.

Due tomi , comprendenti la medesima storia , scrisse , il primo , e il secondo . Nel primo con molte bestemmie attacca fu sincera dottrina della nostra fede cristiana; e magnifiche lodi al^* oppo sto d allerror detestabile de'Gentili, insieme mor dendo molti fatti di pii imperadori. Nel secoodo tomo, che intitola ancbe n uova e d iz io n e , tempera alcun poco quella enorme massa di contumelie, con tanta petulanza innanzi accumulala contro la cristiana piet ; e il rimanente corpo di storia dj pei prosieg uo, pur non esigua parte riteneado di quell* rabbia furibonda , di cui avea emp iuta ij tomo primo. Quest differenza ci si fece manife sta, essendoci caduti sotto gli occhi i libri dell'una e del IVI tra edizione, separati gli uni dagli altri. Nella nuova edizione ci tocc di vedere molti passi pel fatto compendio oscuramente tronchi, quantunque 1* autore abbia avuta grande cura di serbare perspicuit ; e, qualunque ne sia la ca gione nella nu?va edizione il contesto oon riesce esatto*, come fu natura di an compendio richie derebbe; anzi vi si vede c orrotto il senso di quanto fui si fugge, ci basti.

class*

m v t ,

ESICfflO ILLUSTRE MILESIO


TOBIA OMWIOE1 U S M V 1 M | L I 181 T I *

X IMPULSI DI GIUSTINO SENlOSg.

, fo

L# opera storica di E sichio IVusire , milesio di patria, e figliuolo di Esichio e di Sofia, una specie di storia di tutto il mondo, come il titolo efesio dimostra. Incomincia da Belo, re degli Assii j, e ter mina alla morte di Anastasio, imperatore dei Romani gH conciso ed eloquente , nsando orazione fiorita, ben significante, e per ogoi rispetto lavorat a eoo diligenza, e specialmente eoo propriet di pa role. E mentre pieno di senso nella sua dicitura, si esprime anche con enfasi, cosicch diletta chi fu ascolta , mettendosi innanzi agli occhi fu cose che espone, con taota chiarezza, co me se non fa cesse uso di nessuua figura. Promette pi di stu diarsi d'essere veritiero. Quest1 opera divisa io sei parti. Nel primo Hbro si narrano le cose precedenti alla guerra trojana. Il secondo espone ci che segui dalla presa di Troja sino alla fondazione di Roma. Il terzo c ontiene le cose accadute sotto i re di Roma, fino all1 epoca in cui, creati i consoli, cess il regoo, verso la LX V III olimpiade. Contiene il qaarto quanto avvenne dalla creazione del consolato, cio dalla LXVIII olimpiade sino l anno C L X X X II, quando P imperio venne nelle mani del solo Giulio Cesare , e non Pebbero pi i consoli. Nel quinto si narrano fu cose seguite dall' imperio di Giulio Cesare fino ai tempo , io cui la gloria e fu viit

sto ric i t

b i o g r a f i r * o r ah i .

ii

della citt Biss atine furono condotte al suo colmo ; il c h e fn sul principio della C C L X V U olimpade. Il esto principia dal punto in cui Costantinopoli, p er sua buona fortuna, ebbe ad imperatore Co~ stentinoi e va fno alla morte di Anastasio , che l'autore d ice , n io so come , avere n clemeuza e in benignit superati molti | e fu cui morie cadde nella undecima indtzfune, essendo egli consofu solo. Il perfudo di tempi che questa storia abbraccia, di CIO CX C anni V* un' altra opera del medesimo Esichio che c ontiene fu imprese dell' imperatore Giustino, rac contando visi come, morto nastas'ot Giustino gli venisse sostituito e come a questo succedesse Giustiniano , e varie cose accadute per alquanti anni sotto di lu. Esichio fu distratto dall* oltre scriver* per la morte di suo figlio Giovanni, che tanto il colp da non scottisi pi capace di stu diosa occupazione

ERODIANO
LTBftl Vili
DI

STOftfl.

Erodiatio incomincia dalla morte di Marco, itn- C. 99 perador romano T i); e quindi narra come Comodo* figlinolo di Marco* avuto l'imperio paterno dege^ nen dai costumi del padre per opera de' corti giani adulatori, e come in fine rimase morto per le trame di Marcia , sua concubina, e di Leto ed /Sfotto . L'im perio ebbe posefu Pertinace vecchfu di et, e di eccellenti costum i cbe i soldati, uon
( 1) tts rc s u re b o A n to n in o , f i lo s o f o .

c la sse

soffrendole la modestia, uccisero nella curia stessa Giuliano, che da* soldati avea compro con danari l*impeno, non molto dopo fu perdette, scannato de loro ftano* Negro , di carattere, per quanto appariva, mite vivente ancora Giuliano , fu alzato all* imperio Severo^ uomo di mente, accostumato alla vita mi litare, ed altronde astuto,prese le redini del governo, vintolo in battaglia, il lev di mezzo; e di poi Uitti gli ostacoli opposiiglisi li super parte v itto* rioso sul campo, parie con arte politica. Ma poi si rendette troppo grave a* suoi sudditi, e mori mentre muovea guerra ai Britanni. Antonino* suo figliuolo maggiore, fatta pace eoa questi, ritorn* ed assunse a collega dell'* imperio, sebbene di mala voglia, suo fratello Geta che poco dopo uccise in grembo di Giulia* furo madre comune. Antonino , che in crudelt , e in ogni turpitudine cercava di superar tutti, da M acrino , il quale temeva d*es serne fatto morire, prevenuto, fu per insidie ucciso. Estinto lui, regn Macrino, uomo d* inoltrata et, infingardo, e di niuna continenza ; ma per Iene danimo e mite. Accadde intanto che Mesa , sorella di G iulia , trovavasi avere due fglie, Soemi e Mammea , la maggiore delle quali aVea un figlinolo, * di nome BasUano , e 1 altra uno detto Celestino ; 1* uno e Patro d'essi , come dicevasi, generato di furtiva unione con AntoninoL esercito, colta o c casi one , proclam negli sleecati imperadore B a stiano, dandogli il soprannome di Antonimo % Afa e crino sbaragliato in battaglia, e fuggente dai confini della Fenicia e della Siria, si ricover in Calcedonia, deliberato di pattare di l a Roma %se non

s toric

T O casF t p r o f a n i .

3 i3

c b e recatisi a Calcedonio alcuni partigfuni di i s tonino, col a bella posta spediti, lo prevennero , e tagliatagli la testa, la portarono seco ritornando d* ottd* eraao partiti. Antonino , finch bad aHa madre, re gn con sufficiente modestia ; ed avendo adottato Alessino per figlio, lo cre Cesare, dan~ dogli il nome di Alessandro, Ma esseodosi poi abbandonato agli adulatori, non vi fu genere di tur pi l o dine e d* intempernaza ch e 1 omettesse. Di pi, avendo preso ad insidiare Alessandro, mentre da uu drappello di soldati impedito d* attentare alla vita del medesimo, meditava di punirli, da essi f regn trucidato. Alessandro^ figliuolo di Mammea% quattordici anni con giustizia e clemenza , per quanto era da lui , u sparse il saogtte di afu cono j ma, sua madre Mammea, siccome Erodiamo riferisce, per lavidit e sordidezza sua, tanto irrit i soldati che questi sollevatisi, ed eletto fu impe r i dor Massimo t lei e il figlio trucidarono. Dopo Alessandro regn per circa tre anni M ae tmno da feroce tiranno: era costui nomo su perbo e di crudeli costumi. Per lo che i soldati dfAfrca,sediziosameote insorti, crearono a suo mal grado imperadore Gordiano * uomo ottuagenario , e in addietro proconsolare, il quale da Massimino stessoera Stato fatto prefetto d1Afric a, e a lui ueco* slumi era simile. Roma volentieri approv quella elezione ; e lev lutti gM onori a Massimino : fu poi dichiarato Cesare Gordiano, figliuolo di Gor~ diano imperadore. Ma preparandosi Massimino alla guerra, Gordiano . che insieme col figlio avea eo~ cupato Cartagfue, diperando di poter resistere, si appicc , e il figlio venuto con Mattimin a bai-

S l4

CLA SSS

ra iM i,

taglia, rimase ucciso. I Romani per la morte d'entrambi questi addolorati, e temendo radiato M as simimoi proclamarono i mperadorij Balbino e Mas simo. Contro i quali essendosi alzata una nuova sollevazione militare, con essi regn anche un Gor diano, nipote dal canto di uua figliuola di Gardimmo maggiore, e ragazzo di pochi anni. Essendo poi Massimo andate contro Massimino^ questi da* suoi stessi soldati fu ucciso, e ne fu recata la testa a M assim o, e indi a Roma. N and guari che per nuovo t umulto de* soldati Balbino e Massimo, tratti fuori del palazzo, eoo mille strapassi e tor menti, veunero entrambi ammazzati ; e dato im perio al solo Gordiano* il quale allora avea tredici aitai, qui finisce il libro ottavo. La dicitura di questo scritto re chiara e di poi aoche piacevole: usa parole temperate, attiche oltre misura, cosicch la nativa grazia della lingua comune vien quasi a violarsi; ora*per non tanto basse che mostrino negletta ogui arte. Niuoa gon fiezza poi per superfluit vi si scorge ; n cosa alcuna necessaria vi omessa; e, per dir tutto in breve, in ogni bella virt storica Erodiano cede a pochi

ERODOTO DI ALICRNSSO
1.11*1 IX n i
s t o s iz .

C.60

Sono intitolati ciascheduna col pome di una Musa. Lo scrivere di Erodoto un modello di dialetto fonico siccome di dialetto attico un mtdtlfu fu scrivere di Tutidide. Erodalo fu uso di

s to rici b BioG&tn riorAN t . 3i5 favole e di frequenti digressioni, con fu quali sparge dolcetta i o cbi fu le g g e , qua n tunque al* tronde sia v ero , che trattando di questo modo la storia, si alloatana dal carattere proprio della me desim a, e talora riesce oscuro ; ch la verit ricusa d* essere offuscata da favole; a a chi scrive permesso di deviare pi del giusto dal suo pro

posto JSrodoto fucomincia la storia dall*imperio di Cito* che regn pel primo sui Persiani, ri furenda da chi nato tosse, come fosse educato , e come regnasse; e giunge fino all' imperio di Serse, e alfu sua spedizio ne contro gli Ateniesi, e alla fuga cbe dev prendere. Fu Serse il quarto re dopo Giro, essendone stato Cambise il secondo* e terso Dario ; poich il mago Smerdi , cbe vi fu frap posto, noa viene annoverato tra i re, essendo stata tiranno, come colui, al quale il regno per niun modo c ompeteva e lo aveva usurpato con astuttia e frode* Successore di Dario, e figliuolo d lui fu $er$st in cui la storia di Brodaio ba tesmne ; nou toccandone il fine per fu ragione, come fra gli altri attesta Pio* doro Siculo, che Erodoto fior in que* medissimi tempi. Narrasi che Taeidide% ragazzo ancora, tro vandoti eou suo padre presente alla lettura che Eirodato faceva delhi sua storia, si mettesse a pian gere; e cbe Erodoto dioesse di lui : Oh! turo9 di che ardente genio d'imparare egU mai ?*** Ho tao figiiuolo!

3 6

CLASSE

M IM A ,

G IOSEFFO FLAVIO
o zittia euzaftA owbAica, i m i vii

C. 47

Nell* ultimo di questi libri narra Teccldio di G e* ru salemme e di Masada ; e prima fu sterminio di Giotapata, io cui egli medesimo fu preso: poi fu distruzione di Gi scala, e la deso Iasione delle altre fortezze de*Giudei. Schietto il suo discorse* e congiunge alla gravit delle cose la purit ed ame nit della espressione. Nette concioni pieno di furza, e di grazia in persuadere; e quando l op portunit lo consente, sa volgere oraziane oche in parte contraria. Onde con destrezza, e copio samente usa entimemi nell uno e nellaltro senno, e sentenze convenienti, quanto alcun altro % ed valentissimo in muovere gli affetti, in eccitarli, e in temperarli, secondo che- abbisogna. R icorda egli cbe m olti segai e prodigi pre cedettero l eeoidio di Gerusalemme i l , che una vacca condotta al sacrifcio partor un agnello t I I , che si vide una loce rispondere nel tempio % III, cbe di poi si ud noa voce cbe disse: uselamo di quii IV , cbe le porte del tempio, fu quali ne potevano muversi nemmeno da venti uomini, si sptffuncsrotro da loro posta ; V , cbe si vide di sera n esercito fu aria armato j V I , he un uomo chiamato Ges di Anania , non altro fece per sei aon i, e tre mesi che gridare di tratto in tratto come fuori di s : guai, guai a Gerusalemme, e bastonato per questo, mai non disse altro. Quel1* uomo, trovandosi all*eccidio della citt, e sempre

a- sioeszri psorsin. 317 dicendo la stessa cosa rimase u cciso da <14 oolpo di pietra scagliato dai nemici. Queste cose prima che Gerusalemme fosse presa furono vedute: la citt poi fu rovesc iata dalla guerra intestina, e dai nemici; imperciocch divisi i Giudei iu due faziooi, degli celanti, cio, e dei sicarj, si ammazzavano scambievolmente ; e cos il corpo'della Repubblica venne acerbamente e crur del mente lacerato dagli uai e dagli altri* Si ag giunse aucora la fame a modo cbe ad altri delitti gli uomini vennero tratti; e una donna giunse a -mangiare l ' istesso suo fglinolino. Sopravvenite inoltre la peste ; e tutte queste cose abbastanza dimostrarono Pira divina, e la predizione e miaaccia che ne avea fatto il Signore cbe cfu quella citt sarebbe distrutta dai fondamenti.
stobici

CIOSEFFO FLA.VIO
DZtiiZ ANTICHIT GlUDlCHB. La parte di quest* opera cbe riguarda Erode , descrive la restaurazione del tempio ; e come egli occup la signoria sui Giudei; e come fu sua stirpe acquist il dominio * e questo poi venne in , potere degli ostinati, avendo i sommi pontefici invso il principato; ed altii particolari. Queste cose tratta egli sul fine del libro X V delle AntichitEgli uarra che nell'aono diciottesimo del regno di Erode fu compiuto il tempio di Gerusalemme che il re .aloffitf*e edifc, e che essendo stato rovesciato, i G iudei, riu*uando dalla cattivit di Babilonia con
.a 3 6

5l8

CLASSX f i l i n i

lajoto di Dario* re de* Persiani* fu riedificarono in quarantasei anni. Erode, levando gli antichi fonda menti , e piantandone degli altri di rimpetto a quelli , fu fece del doppio maggiore del primo. Imperciocch il tempio riedificato dopo il ritorno da Babifunia super di alcune misure Peietto da falomonet e il fabbricato da Brode fu fungo cento cubiti, ed alto pi di venti, e queslaliezsa crebbe anche di pi quando sui medesimi fondamenti, al tempo di Nerone , i Giudei pensarono di farvi unaggiunta. Gio$effo riferisce che Erode lo riedi fic in un anno e meszo, e in otto anni fece co* atrnire le abitazioni e gli accessori uniti. Le pietre, con fu quali fu fabbricato, erano bian che e salde, era ognuna funga venticinque cubili, alta otto, e larga dodici- Iu quellopera risalt gran demente la diligenza di Erode. Fece egli prima trasportare tutto il materiale necessario, avendo carri atti a portate mille pietre, e dieci mila operai, e mille sacerdoti che davano mauo ai la vori. Con questi intraprese ad edificare e a tagliare i legnami, a tutti sommiuistrando le sacre vesti, ed ogni attrezzo opportuno f e c omp il tutto pi presto di quello cbe si sperasse; e presso il po polo con ci acquistossi molto favore. Finito cosi il tempio, sacrifico trecento vacche; e quanti ani* mali sacrificassero gli altri Giudei, non cosa da potersi dire. Questo Erode fu figliuolo di Antipistro, idumeo, e di una donna araba chiamata Cipri ; e nel tempo che Erode regnava nacque Cristo dalla Vergine per salvare 1 nman genere. Contro lui imperversando Erode pecc facendo trucidare tanti fanciulli t per fu quale strage venne a superare

storici m f totArt o r* * !. 519 tolti i pi crudeli tiranni. Soa moglie Marimtte* la quale nacque di Alessandra^ figlia del pon tefice Ircan o , in hellczsa si riput superiore tutte quante fu donne; ed ebbe da essa doe figli, Aristobolo ed Alessandro, che in bellezza, in parlare gratioso, e in ispeditezza di mano venivano da tutti predicati come persone veramente reali. Contro essi per fu calunnie di Antipatro infier; e prima uccise la moglie, poscia que due figli $ e finalmente Antipatrof che gli era nato da nn antecedente matrimonio. Preso da crudel sn * lattia , consistente in una es&lcetazfune degl inte stini , non poteva respirare se nou stando dritto della persona; e intanto i piedi erano gonfj per u na flemma umida: gravi dolori colici fu tormen tavano, e ie pudeude putrefatte erano piene di vermi, con altre malignit simili. Il quinto giorno, da che avea fatto uccidere Antipatro, ftti di vivere, dopo settantanni di e li, e trentasei di regoo. Avea egli regnato illegittimamente, e pel solo favore di A n toniot capitano romaoo, da lui corrotto con danaro, contro ogni sua speranza inalzato al trono, e con fermatovi poi dal senato diRoma a raccomandazione d Augusto, Il padre di lu i, che fu primo tra i forestieri ad avere imperio sui Giudei , idumeo di naziooe, siccome si detto, era di Ascafuoe , figliuolo di un Antipa , ed Antipa chiamossi ancbegli, e poscia Antipatro. Questi, abbondante di danaro, d indole facinorosa, e portato alla sedi z ione, contrasse inimicitia con ircano , pontefice dei G iud ei, perch si era dato al partito di Ari* stobolo fratello d Ircano. Onde spesso eccitando tumulti spioge ircano a cercare con ogoi metto

3*o classz t u m , di ottenere il regno, che per cessione di lui avea avuto suo fratello Aristobolo^ stato poi ammazzato. Questa discordia dei fratelli et stata fatale, ad essi, ai loro parenti, e alla nazione de* Giudei ; e Cu cagione cbe il regno passasse nelle mani di fore stieri. In quella discordia Antipatro molto si ado* per in favore d*Ircano contro Aristobolo. Final mente Aristobolo fu fatto prigioniere insieme coi suoi figliuoli; indi avendo potuto scappare ritorn in Giudea, ove di bel nuovo assediato dai Romani eoe suo figlio Jntigonof e con esso preso, carico di catene fu mandato a Ro ma , essendo stato per tre anni e sei mesi re e pontefice, illustre e ma gnati imo principe. Ad Ircano fu conferito il pon tificato', ma non il regoo i il popolo vivea con fu proprie le g g i, e Ircano non era che uu luogote nente del regno. Antipatro iutauto era giunto ad una grande potenza j guerreggiando come ausiliare insie me coi capitani romani contro fu nazioni ri blli ; e per la sua forza , ingiustamente , e con assenso d*Ircano ebbe il regno de* Giud e i. Giulio Cesarea liberato Aristobolo dalla carcere , stabili di mandarlo ia Siria contro Pompeo ; ma i Pam peani fu prevennero, e fu fecero morir di veleno; e Scipione sull9 accusa che Pompeo fece ad A les sandro, figlio di Aristobolo >sulle cose seguite iu* nanzi, fece decapitare quel giovaue. Giulio Cesare dopo la vittoria cbe riport sopra Pompeo^ costitu Antipatro prefetto della Giudea ; e questi ito oel paese diede a suo figlio Faselo il cotnando di Gerusalemme, e de'luoghi vicini. Poi dichiar principe di Galilea Eroder giovanetto al* fura di quindic i anni, a cui s tenera et non to-

STeaicv % svooxArt n o m i . 5* i glieva di mostrare grandezza d'aaimo e v i rt virile. Cos fece Antipatro , rispettato dal popofu eoo meno cbe se fosse stato re non manc inai tt di fede, n di affezione verso iremmo sommo pontefice. E fio) la carriera della sua vita con taplendere e con grande ri nomanza , proditoria mente avvelenato dal coppiere Maiea* stato cor* rotto eoo danaro. Era costui uo giudeo assai pe rito ue* venefici , il quale caduto io sospetto avea sapnto dileguare tutti i dubbj con giuramento e c o n dimostrazioni d i amicizia. Per, macchinando simile colpo contro Erode, od almeno nati di ci sospetti gagliardi fini stilettato , aveodo Erode volato vendicare l'assassinamento commesso contro il padre. Antigono intanto, figliuofu di Aristobolo, avendo corrotto Fabeo con danaro , e Tolomeo * figlio *Imeneo , dandogli fu ispesa noa sorella, e va rj fari, pent a recarsi in Giudea * ma gli si oppose Eroder fu vinse in battaglia, e lo discacci dalla Giudea : e dai Gerosolimitaai, e dalfu stesso Ircano dopo qoella vittoria fsi beo accolto ^ iodi Antonio , capitano romano, aocieeato da danari, confer ad Erode e a Fascio , fratello di fui fu tetrarchie de* G iudei, di tali disposizioni oon prea dendoti Ircano alcuna pena. Era tutto fu uoa estrema confusione, fuvandosi il grido contro fu corruzione di Anhomto, e contro Ircano medesimo ohe tenevasi per fautore di Erode, In fatti Erode avea gi sposala Maria*ne, figlia deUa figlia dir cano. O r ecco quanto di poi accadde. Bra motto Tolomeo di coi dianzi si parl ; e Lisana $up fglfu, ebbe il comande in lungo s u o , Pacoro % figlio del re da* Parti , e il satrapo Basa far mane ?t Folio. V o i i .

3oa

CLASSE PftIMA,

occuparono la Siria Litania, daccordo col satrapo, fece amicizia con Antigono , figlio di Aristobolo ; e Antigono promise ai Parti di dar loro mille ta lenti e cinquecento donne, se, ucciso Ircano e gli Erodiani, dessero a lui il regno paterno. Pacoro e Batafarmane condussero verso la Giudea Antigono^ ed incominciata la guerra, molti fatti d'arm i se guirono con danno dell* una e dell* altra parte, e con assai riputazione acquistatasi da Srode. Ma questi e Fuselo furouo con astuzia presi dai Parti Fatelo, per ischivare la morte che dai Parti s aspettava, si spezz la testa contro una pietra , e fni di vivere di quella maniera: era nelle mani de Parti anche ircano \ ed occupando.costoro G e rusalemme, Erode, per la sua presenza d* animo , per la pronta .risoluzione , e il forte menar delle mani pot scappare insieme con la sua fam iglia; ma intento essi rapirono tutti i danari degli abi tanti della citt , rispettando per quelli che a ppartenevano ad Ircano, i quali sommavano ad ot tanta talenti. Dopo di che stabilirono Antigono sul trorib paterno. Questi per, perch ircano noa po tesse pi esercitare il sacerdozio (poich presso i G iu dei era ci vietato a chi avesse alcun difetto di corpo) gli tagli le orecchie; indi fece che i Parti lo trasportassero seco loro. Noa istava Erode ozioso ; e da prima and a M alico , re degli Arabi , spe rando dave re ajutq da fu i, come stato amico d i sito padre: poi deluso nella sua speranza si p ort a Brindisi^ ov era Antonio , e eoa esso lui andato a Roma, col si mise a deplorare le sue disgrazie, e fu morte del fratello. Avea egli fu sua mente pensato d 'i ngegnarsi con ogoi m eno a far dare il

STORICI z HOGRAri PBOFAKT. 3*5 regno el fratello di sua mog lie, figliuolo della figlia d* Ircano , posc iacb diffidava di poterlo avere per s , essendo forestiere. Ma Augusto ed Antonio daccordo creano fui rede*Giudei^ e mossa guerraad Antigono , dopo molle battaglie, e molte stragi, questi cadde prigio niere e Sosio fu il capitano romano che diede fine a quella guerra. Allora essi maggiormente confermarono Erode nel regno ; e Antonio preso in suo potere Anttgono% fu riserb pel suo trionfo ; ma poi veduto che giovandosi dell9 odio che i Giudei aveano contro Erodef egli meditava altre novit , fu fece decapitare fu A n tiochia In quanto ad Ircano , aveud saputo che Erode era stato fatto re, implor Tajuto del monarca de* Parti, Frante; e uel tempo stesso essendo sulle istanze di Erpde medesimo mandato nella patria, in cominci a sperare di poter da lui conseguire molte cose. Ma Erode , dopo mille dimostrazioni di be nevolenza e di onore, rimproverandogli d'aver usata corruzione , e per essa tentato gli Arabi di tra dirlo, fu fece morire, avendo Ircano allora otfantunanni, ed essendosi sempre condotto con molta* e f u m e n z a , e con ineffabile moderazione. Cre po scia sommo pontefice ad istanza di Alessandro, e di Mariannet l una madre, laltra sorella, il gio vanetto Aristobolo che av ea soli diciassette anni 9 e di poi fu fece anuegare in uno stagno in Gerico. M s Erodo era qoale gi si detto. Erode morendo costitu, col permesso di C e sare , suo successore nel regno Archelao , suo fi- 1 gl io. Cesare per diede ad Archelao la met del regno, e disse che gli avrebbe accordato il titolo di re quando avesse saputo chegli governava con

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rftiuA,

dementa e con giustizia; I* altra met divise tra Filippo ed Antipatro * che fece tetrarcbi, figliuoli anch* essi di Erode* Ma Archelao , ad imitazione del padre, govern violentemente G iu d ei; onde ad istanza del popolo oppresso da tirannide , Ce sare nel decimo auno gli lev il regno, e fu con fin in Vienna , citt della Gallia. Cos la Giudea cadde nello stato di prefettura. Erode , tetrarca della Galilea e della Perea, fi gliuolo di Erode il grande , am , come scrive Gioseffo i Erodiade , moglie di suo fratello, ed a nchessa originaria da Erode il grande, perch nata dal figlio di' lui Aristobolo , eh1 egli fece morire* Era fratello di lei Agrippa ; ed Erode fa separ dal marito, e la spos. Questo Brode quello cbe uccise il gran Giovanni precursore, affinch, come dic e Gioseffot non eccitasse il popolo a sedizione, poich per I* eccellenza delle sue virt tutti se guivano la voce di quell uomo. Sotto quell *Erode pat anche il Salvatore. Agrippa , nipote del primo E rode , figlio di qac*Aristobolo che fu uccso , e fratello di E ro diade %dopo mille casi avvenutigli e mille muta zioni di stato , liberato dalla prigionia in cbe lo avea lasciato morendo Tiberio , per la grazia di Gajo Cesare fu fatto re della tetrarchia di Filippo^ fratello del primo Erode * e gli si aggiunse anche la tetrarchia di L\s*nio$ e consegnila avendo tafu fortuna, navig io Giudea eoa infioita maraviglia di tutti. Ma con fu maraviglia velenoso rancore a e ebbe * spinta da invidia Erodiade4 n diede pace al marito foch noo !*ebbe obbligalo ad andare a Roma e tentare d avere aucheglf parte in quel

STOfttCl

Z B T O G Iin

PBOFAKT.

3o5

regno. Partirono entrambi , e dietro ad essi and Agrippa* che li raggiunse al momento che mette* vano alla vela Quindi accusando egli Erode presso Gajo Cesare d* essere sempre stato infesto ai R o mani , amico di Sejano , vivente Tiberio , ed ora inteso con Artabano, re de4 Parti, ottenne che, ift vece del regno cbe cercava, perdesse la tetrarchia di cui era in possesso, e fosse confinato in Lione. Erodiade segu volontaria il marito nell esiglio, e la tetrarchia loro fu data ad grippa . Questo Agrippa * a differenza del figlio , ebbe il soprau* nome di Grande; e Gioseffb dice che govern con dolcezza i G iud ei; e per fare ai medesimi cosa grata fece levar di vita Jacopo , fratello di Gin* vanni, e volle trattare nella stessa maniera Pietro f capo degli apostoli ; ma ci non gli venne fatto. Questi mentre, vestito di un abito tessuto d ar gento, parlando al popolo, ue acclse le acclama* atoni con empia adulazione fattegli, anzich ri* provarle, n* ebbe immediato castigo , poich f u sorpreso da gravissimi dolori di ventre, e dopo cinque giorni mor nella sna et di quarantaquat tro anni e sette di regno , quattro de* quali re* gn tenendo Gajo V imperio di Roma , nei primi t re avendo avuta la tetrarchia di Pilippo , e quella di Erode nel quarto; e nei tre ultimi sotto Ciaum dio* ne* quali qusto imperatore gli concedette fu Giudea, fu Samaria e Cesarea. Cosi fini grippa , conia particolarit cbe cinque giorni prima un gufo and a volargli sulla sua testa , il quale nccello Gioseffb dice che gli avea anche presagito il re g no Morendo egli lasci quattro figliuoli, uno ma* schio, cbe fu grippa , di diciassette anni , e tre

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femmine, cio Berenice Marianne e DrusiUa la prima delle queli di sedici anoi spos Erode fra tello del padre^ Marianne avea dieci anui e Dru silla sette , fu quali gli abitanti di Sebaste per sola loro tracotanza violentemente rapirono , e , m esse in lupanari , esposero ad ogni ge oere di nefandissima contumelia Se ne risent Claudio ma oon fece cosa che potesse veodicare taota ingiuria. Agrippa, figliuolo ' grippa (il Graode), morto il padre navig a Roma. Claudio avea deliberato di coocedergli il reguo paterno ; ma ritenutone dal coosiglio di alcuni , che gli fecero sentire non conveoir ci per la troppa giovioezza di lui , mand pretore io Giudea Fado e cre grippa re della Calcide tenuta innanzi da Erode. Quattro anni dopo gli diede aoche la tetrarchia di Filippo e fu B atanea, e vi aggiunse pure la T raconiiide , eh*era stata di Lisania ; ma oel dargli questa gli tolse la Calcide. Agrippa diede sua sorella Dru silla io moglie ad lito* re di Emesea, essendosi questi fatto circoncidere. L* avea promessa1 prima ad Epifane di Antioco , il quale erasi dichiarato pronto a circoncidersi; ma avendo cambiato pen siero , gli sponsali sudarono vani. Drusilla poi sciolse il matrimonio eoo Azizo , e si spos a fe lic e , prefetto della Giudea, giovandosi della sua singolare bellezza. Marianne poi fu data sposa ad Archelaoi figliuolo di Elcia* a cui il padre, mentre era vivo , avea gi promessa. Da questo matri monio nacque Berenice. Morto Claudio , Nerone , che gli succedette , diede ad grippa Tiberiade 4 Galilea, e Turichej indi vi aggiunse Giuliade,

STORICI BTOG1A?! PROFANI.

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citt della Perea* e dieci borghi alPintoroo. Que sti .quelVAgrippa innanzi al quale S. Paolo pe ror quando ebbe a presentarsi al presidente Festo* Dopo Fado pretore della Giudea , fu maodato Cumano* il quale , chiamato a Roma per accusa intentategli, ebbe successore Felice. Dipoi fu man dato Albino * e in fine Floro ; nel secondo anno del cui govevno, pe* mali che costui faceva, ebbe. p rincipio la guerra contro i Romani , e fu nel* F an no dodicesimo dell*empio Nerone. Anano* figliuolo di nano* ottenuto il pontifi cato , di cui rimase spogliato Gioseffo* fu uomo audace e temerario oltre misura. Era costui delfu setta de*Saducei, crudele ne* giudizj e d* indole arrogantissima. Questo Jnano , morto Festo nella Giudea, e noo giuntovi ancora Albino* fece lapi dare come viola tori della legge Jacopo , fratello del Signore , con parecchi altri : cosa che sdegn molti Giudei miti d'animo, e lo stesso re grippa* e gl* indusse a cacciarlo dopo tre mesi dach avea conseguita quella dignit , sostituendo a fui Ges Damneo. Morto ronne * fratello di Mos * i suoi figli a lui succedettero oel sacerdozio, e in appresso quelli di sua stirpe. Era stabilito che nessuno giugnesse al sacerdozio. il quale non fosse del sangue di ronne. Per fu che da Aronne a F a naso* che fu fatto pontefice dai sediziosi al tempo della guerra , corsaro usi ottaotatr sommi sacer doti. Dall* uscita del deserto , ove fu fabbricato il tabernacolo , sino al tempio fatto da Salomone * contaosi tredici stati pontefici, e tutti durante il corso fuie*o della furo vita. Fu la loro domina*

CLASS8 YR1M* , zione primieramente aristocratica, cio degli otti mati. Indi ristretta ad un s olo ( i giudici ) , e fu terzo luogo ai re. Sicch dall* uscita dell* Egitto fino all* edifieasione del tempio gerosoliroiiaoo corsero seiceutododici anni* Dopo questi tredici pontefici, e dopo F edifcazfune del tempio di Salomone, fuo a quaudo Sabuc codonotorre 9 incendiato il tempio, condusse schiavi i Giudei fu Babilonia, essendo pontefice m en, dieiotto furono quelli cbe tennero il pontificato j e ci abbraccia lo spazio di trecentosessautasei anni, sei mesi e dieci giorui. Dopo la acbiavit , durata set tau l a nni , Ciro , re di Prsia , permise che i Giudei schiavi ritornassero al furo paese Uno di essi fu fatto pontefice, ed ebbe quindici successori fino ad Antioco , figlio dell* Eupatore , governandosi il popolo da s ; e questo periodo fu di quttroceuloquattordici anni. Quell*Antioco e Lisim , suo generale , levarono dal poutifcato Orna, di sopranuomo iJ/e/ufuo^faceudolo uccidere fu Berea., e , contro gl* istituti della nazione , gli sostituirono Jacino, discendente bens da Aronne% ma eoo per per linea retta. Onde poi accadde c b e i s s n i s , cugiuo di Oni*\ andato in Egitto ed avepdo ottenuto il favore di Tolomeo Ftlometore e di CkopatrA , moglie di quel r e , persuase, loro c b e , fabbricato in Eliopoli un tempio a Dio , si mile a quello di Gerusalemme, d'ess? fu creasserd pontefice. Jacino mori dopo tre anni di poutif cato e per sette anni nessuno a fui succedette* Avendo poi i posteri di Asanwneo acquistato il governo del popolo e guerreggiando cpi Mace doni, crearono pontefice Giovanni* c he mor dopo

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avere tenuta per sette anni la dignit, toltagli insterne eoo la vita da Trifone A liti succedette Simone, suo fratello^ e dopo questo, proditoriamente assassinato in un convito, fu pontefice suo figlio, di nome Ircano , il quale morendo lasci il regoo a G iud a, che nomioaVssi anche Aristobolo. Dopo Aristobolo , cbe avea avuto sacerdozio e regno, poich era stato il primo a dichiararsi re , e fu fu un anno, ebbe l*una e l altra dignit suo fratello Alessandro, e per ventisette anni le tenne entrambe. Po>cia mor dando ad Alessandra , sua moglie , la facolt di conferire il pontificato a chi volesse ; ed essa lo confer ad Ircano , suo figlio maggiore, ritenendo per s il regno , che ammi nistr nove anni, e poi mor. Per altrettanti anni tenne il pontificato Ircano. Dopo la morte delfu madre, Aristobolo , secondogenito , fece guerra al fratello, gli lev il poutifcato, e di questa dignit e del regno s'impossess. Se uon che tre anni ed altrettanti mesi dopo, venuto Pompeo% con le armi e presa fu citt, fui , insieme co* figli , mand pri gione a Roma ; e fatto pontfice Ircano , gli per mise il reggimento del popolo , ma non volle che portasse corona. Questi adunque , oltre i primi nove anni dur nelle sue funzioni per altri ven~ tiqu attro anni. Facendogli guerra Basa/armane e Pacoro* signori Parti lo fecero prigioniere, e co st ituirono re Antigono , figliuola di Aristobolo* Avea egli regnato tre aaui e tre m esi, quando Sosio ed Erode lo sc onfssero; ed Antonio* poich 1 ebbe ne lle mani, fu fece uccidere iu Antiochia* * Essendo poi stato Erodo fatto re dai Romaui, egli noo fece pi i pontefici deila razza i Asarnoneo*

33o

c la s s i

ma eler alla dgnt uomini o scuri, e origfuarj soltanto da sacerdoti , se h eccettua il sole A r i stobolo%nipote, da parte di figlia, *Ircano ^ preso dai Parti, la cui sorella visse con Marianne, Ma come Erode temeva che il popolo inclinasse a quel giovane, a cagione della nobilt sua e dei pregi di che andava adorno, egli fu fece annegare in Gerico. Simile condotta intorno, al destinare i pontefici tenne Archelao , figlio di B rode , e cos pure fecero i Romani, che s impadronirono del paese. Quindi che dai tempi di Erode fino -al giorno in cui il tempio e la citt rimasero incen diati, furonvi ventotto pontefici, occupando lo spa zio di centosette anni; alcuni de quali animini* strarouo sotto 1 imperio di Erode e di Archelao Dopo di che il reggimento dello stato pass agli ottimati, e i sommi sacerdoti n'ebbero l'esecuzione.

GIUSEPPE FLAVIO
XlBJU U -DB1LZ ANTICHIT* GIUDICHE.

.76

Leggemmo i venti libri deH Antichit de* Giu i* dei di Flavio Giuseppe. EgPincomincia dalla crea zione del mondo, giusta ci che trovasi fu M os . Con questo ch, sebbene lo siegua in gran parte, di tratto iu tratto per se ne discosta, e cammina poi sino alla guerra giudaica co* Romani. I mpe r ava allora a* Giudei grippa, figliuolo di grippa il grande , il quale cacci dal pontificato Gtsk , figliuolo di Gamaliele% e vi surrog Mattia , figlio di Teofilo. Di tale violenza il primo esempio da cbe gli Ebrji ebbe ro s alto sacerdozfu, fa dato

s t oric i

b i o c s a f ! F B o r A it n

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dal re Antioco e da Lisia* capitano di qoel prin cipe, avendo questi tolto di posto ed ucciso Onia9 detto Menelao # e privato della successione alla paterna dignit il figlio, datane la sede pontificale a Jacimo) uomo bens della stirpe *Aronne , ma per d'altra famiglia. Il che fu gran violazione della legge, poich questa ordinava fuo dai tempi di ronne* che chi ottenuto avesse il pontificato , il conservasse per tutta la vita , e che il figlio succedesse al padre ove questo fosse morto. Ja cimo mor dopo essere stato in dignit tre anni, e pei sette anni successivi la sede rimase vacaute. Onde poi essendosi alzata la stirpe degli Assamo* nei al governo della nazione, sotto Mattia e i suoi figli ; ed avendo questi sostenuta guerra contro i Macedoni, essi crearono pontefice Gionata. Di cotesta stirpe fa anche Giuda chiamato Aristobolo , i l qqate fu il primo a porsi in testa il diadema. Stato costui re e sacerdote fu un medesimo tempo, visse con la doppia dignit un anno, e lasci sue cessor suo , s nel regno come nel pontificato , il fratello, di nome Alessandro , che per veutisette anni-govern. Da esso fui regno e sacerdozio coutinu negli Assamonei fino ad Ircano , che Pom peot generale de* Romani, spogli del ieguo, per mette ndogli per di ritenre la suprema dignit sacerdotale. I n essa Ircano dur irentatr anni f se non cbe sotto Farnabazo e Pacoro , capitani de* P arti, fu preso, e da quelli fu sostituito re Antigono , figliuolo di Aristobolo. Questo Anti gono* dopo tre-anni e tre mesi di reguo , fa d e bellato da Sosio , generale romano , e da Erode prim o , quegli che fu figliuolo d Antipulro , sa-

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p r im a ,

c e rdot e ascalonita , e di Cpride araba. Quell\ 4* tigono poi , condotto in Antiochia , per ordine di Antonio fu messo a moile. Di tale maniera fini la razza degli Ascamonei , ed Erode ebbe dai Romani il regno giudaico. Or conferendo costui il pontificalo a chicchessia , diede a'suoi succes sori I* esempio di fare la cosa stessa, Adunque quanto scrittore, come dicetftmo di so pra, in questi venti libri, partendo dalla creazione del mondo , lira innanzi la sua narrazione sino al delia guerra ultima de* Giudei co* R o mani ; nel qual tempo nella Giudea regn, per autorit de* Romani, grippa figliuolo d*A grippa* e della Siria e Giudea fu governatore Gesto Fioro* succeduto ad Albino . Il governo di costui fu si violento e si crudo, che, nou potendolo la nazione de* Giudei tollerare , incominci a mettersi in tu* m ulto, pensando essere meao male il perire fu massa e libera , che I* andare estinguendosi lenta mente e fu servit. Nel secondo anno del gover ne di Floro e decimo delFimperio di Nerone* fuc o* minci la guerra; e qui ha fine la storia di Gio* stffo , del cui stile mi ricordo avere gi parlato* Fu Giudeo di rezza e sacerdote, e da sacerdoti per lunga serie di antenati suo padre traeva Pari gine sua. Sua madre pur discendeva dalla reale casa degli Ascamonei , che fupgo tempo avea go duto e del sommo pontificato e del regno. Di tal madre e di Mattia nacque Goseffo Panno primo di Gajo* imperador romano ; e da ragazzo ancora si diede allo studio della filosofia, e giunto al se* dicesimo anno delPetli sua, si accost alle sette dei G iu d ei, fu quali erano t r e , e con gran diligenza

exotici z 10Giuri raorAift. 333 cerc di conoscerne l'indole, fu massime e i fin i, onde p o i, pratico di tutte* abbracciar quella che gl paresse migliore. Quelle tre sette erano de* Fa risei, de* S aducei e degli Essenj. E poich I ebbe assai 'beDe studiate tutte, ritirossi in solitudine, e per tre anni stette io compagnia_ uo uomo che di dia nzi dato erasi a vita solitaria ed austera; imper ciocch portava un vestito fatto di foglie d'alberi, snangiava eibe spontaneamente nate in terra, e per conservarsi pura e continente usava spesso, si di giorno cbe di notte , lavarsi con acqua fredda. Q oseffo , giunto ai diciannove anni , ritorn fu citt , e si diede principalmente alfa setta d$* F a risei, la quale viene paragonata a quella cbe I t a i Gentili detta stoica. A trentanni dai Gerosolimitani fn mandato am. m uistratere fu Galilea, paese ove fu cose giudai che aveano incominciato a barbarsi , e molti tu multi erano sorti. E posto alla testa de* Galilei ben condusse i pubblici affari, ed ebbe anche a scampare dalle iosidfu frequenti e varie che gli tendevano gli emuli; e per la moderai ione serbata co* nemici, non di rado ottenne d trarli a s. Cosi poi avendo dovuto suo malgrado far la guerra ai Romani , valorosamente si sostenne in Jorapata. Ma in fine cadde vivo in potere di Vespasiano , cbe comandava Peserei lo de* Romani. Per l*ebbe verso di s umano e benignissimo e allora, e anche pi quando quel valentuomo fa fatto im peradore di Roma. N d lu s olamente ged la grazia, ma quella pure de* due figliuoli del mede sim o , Tito e Domiziano , succeduti uno dopo l altro al padre ueifimperio, a modo cbe e fu fatto

534 LASSE PMMA , cittadino romano . e fu provveduto di assai ric chzze. Egli fin di scrivere la sua storia nellanno cinquanteaimosesto dellet sus, e tredicesimo del* P imperio di Dotiiano.
G IU S T O T IB E R IE N S E
CAONACA db AE etUDZK.

33

Questopera ha per titolo Cronaca de re giudei che furono incoronati. L autore nacque in Tiberiade, citt della Galilea, e da essa trasse il nome* Incomincia fa storia da M osi , e la conduce fino ella morte di grippa , settimo della famiglia di Erode , ed ultimo de re giudei. Ehb'egli il regoo sotto Claudio , imperadore; gli si accrebbe sotto Nerone e pi sotto Vespasiano. grippa mor il ler^o anno del regno di Trajano , ep oca in cui finisce anche questa storia. Lo stile di Giusto essai conciso , e tralascia la maggior parte delle cose necessarie a riferirsiAll uso poi degli fibrei, essendo della furo ra iza , egli non fa mensione alcuna della venuta del CttV ito . n delle cose che al Cristo accaddero, o de* miracoli cb? egli fece. Fu suo padre un Ebreo di nome Pistor il quale, stando a ci cbe oe dis se Giostffoi fu iniquissimo uomo, avidissimo di da naro e pie oo di' libidine. Avendo msno negli af fari pubblici, si trov in contrasto eoo G io stffo , a cui dcesi che tramasse anchc molle volte insi die; e Giosejjo , sebbene lo avesse spesso in pote r suo come nemico, pure lo lanci sempre gir salvo limitatosi a gastigarlo con parole.

STOBtCt z BIOGRAFI PROFANI.

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Voolsi che la storia cbe scrisse per la msggior parte fosse da lui ideata a capricoio. In essa spe cialmente tratt di quanto riguarda la guerra dei Roma&i contro i Giudei, e la mina di Gero solima.

MEMNONE
SYOfttZ DZ*YlftAHNl DI IRACLKA, CITTA* DEL . Dal V ' al X V I libro Memnone riferisce fu cese C .aa4 accadute futorno ad Eraclea, citt del Ponto , ch questo - il soggetto dell opera ; i ndi quanto . ri guarda i tiranni di quella citt, le loro imprese e i furo costumi , e la vita inoltre e la storte, ed ogni fatto concernente anche altre persone. Ecco un transunto delle cose pi notabili t Ciearco fu il primo a farsi signore in E ra clea : uomo istrutto nelle filosfiche discipline, poich fu uno dei discepoli di Platone , e per quattro anni frequent fu scuola d* fppocrate; ma co* suoi concittadini si mostr crudele e sangui nario * e a tanta petulanza s alz >che chiamosst fgifuol di Giove. N contento poi del colorito che la natura gli avea dato, con varj artifuj s'im bel lettava , onde splendido e rubicondo apparire in faccia a quanti il riguardassero. Usava inoltre (Am biar vestimenta , quali grazioso e lieto , quali il difnosirassero tremeudo. N di pravo genio era egli soltanto in queste cose , ma fu era eziandio p er ingratitudine verso chi gli avea fatto del bene, e per viofunza verso tutti, ad ogni nefanda azione a udacissimo. Industrioso poi per n aturale talento apparve ne* modi di & r inerire cbfuaque volesse

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toglier di mezzo , fosse questi de* suoi popolaoi , fusse degli stranieri. Tuttavolta si procacci una bi blioteca, con che ebbe laude sopra quanti per ti rannide furono famosi. Le stragi , fu crudelt , le iugiurie da fui in tanto numero commesse gli eccitarono contro frequenti cangi me che fece c a der va nei e n0D fu che a gran maraviglia che fi nalmente avesse a succumbe re ad una o rdita da Chiotte, suo fratello uterino , uomo magnanimo, e a si stretto viucofu di sangue a fui congiunto, il quale erasi concertato con Leone ed Bu$enone% ed altri molti. Fu egli si gravemente ferite, ohe mor tra dolori acerbissim i. Il fatto segui in questa ma niera. Celebrava egli iasieme col .popolo uo sa* criffeio solenne v e parola ai congiurati opportuna l' occasione di assaltarlo, uno d'essi, tolta d i mano a Chione fu spada* con quella gli trapass i fian chi; sicch crescendo ad ora ad ora vie pi i do lori , e sopraffatto dal terrore di spettri , checa uo le immagini de* tanti crudelmente da fui mandati a morte, il giorno dopo fini di vivere, aeUet di cinquantotto anni, e dopo dodici da che occupata avea la signoria del suo paese. Regnava allora fu Persia Artaeerse , indi succedette Oco i e ad en trambi Ciearco sped inviati. Coloro poi ch'ebbero mao nella sua morte quasi tutti perirono , parte sotto i colpi de suoi satelliti nell atto stesso del assaltamelo trucidati , parte alcun tempo dopo fu mezzo a supplizj. m Sti/o, fratei germano del tiraalto, excuratore di Ttmoieo e Dionigi, figliuoli di fu i, prese il governo d Eraclea; e non Ciearco * ofu, ma tutti mai ijuanii i urauoi, super fu crudelt <Q uoa

STORICI X BIO ORAFI PROFANI.

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fece vendetta solamente di quelli che cospirato aveano couiro suo fratello , ma spietatamente iocrudeli contro i figlia oli anche di coloro che niuoa parte aveano avuto in q u e l, fatto. Niun seme di dottrina filosfica e di belle arti era in costui, ma genio solo di sevizie; n volout alcuna ebbe mai di apprendere cosa degna d'uomo, e d*app rende ria pare cbe la natura gli avesse perfino negala fu capaciti Per lo che pu dirsi cbe fosse pessimo iu tutte cose , ancorch fosse dal tempo s rotto, da sentire saziet finalmente del sangue e delle stragi de* cittadini. Dee dirsi per che in fatto di amor fraterno and innanzi a tutti $ imperciocch per conservare intatte la signoria ai figliuoli di Ciearco , tuttoch convivesse ed amasse una mo glie sola che avea a lui carissima, non volle aver figli da le i, e con ogni arte s*astenea dal generar prole , quasi ci per pena'imponendosi ; e questo fece onde non lasciare al mondo chi la signori? furo insidiasse. Quindi , giunto a vecchiezza , il governo dello stato rinunci a Timoteo , eh* era il maggiore de* figliuoli del fratello; n molto dopo fu preso da malattia irrimediabile , quella di uq cancro tra Tingufue e lo scroto, ch e, internandosi Helle vis cere, tutte andava consumandogli le carni, tramandando marcia fetentissima, a segno che n servi, n i medici potevano sostenerne la puzza. I continui acerbissimi dolori tutto il corpo tor mentavano , sicch tra la veglia e le convulsioni sempre pi crescendo il male,e vivo struggendosi, il tolse di vita. Di questa maniera egli, non meoo che Ciearco , diede argomento agli altri di consb* dei are, pagarsi finalmeate aspre fio da colore d w, Fozio% Voi. 4. 22

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contro le divine ed umane leggi, crudelmente trat tano i loro concittadini. Imperciocch narrasi che spesso in mezzo agli orrendi dolori pregasse di morir presto^ n mori se non quando il male con lestrema violenza sua acerbi ssima l'ebbe consunto. Cos scont ai fati il debito che avea, vissuto sessantacinque anni , e dopo sette di regno. In que l tetnpo era in I sparta- re Agesilao. Timoteo aduuque, prese le redini del governo, le tenue con moderazione , e gli diede forma popolare quanto mai pot, onde non pi tiranno ma benefattore e conservatore dello stato , per fu sue belle azio n i, fu chiamato. Egli delle proprie facolt pag gli altrui debiti i a chi mancava di danaro ne prest senza usura, onde poter traffi care* egli, liber di prigione non solamente gl incocenti, ma anche i rei j e fu giudice zelante e severo, ma nel tempo stesso anche umano e be* nigno. Iti quanto poi a fede, nessuno pot fare di lui il minimo sospetto laonde eoo Dionigi, suo fratello, non solamente ogni attenzione ed amore volezza pratic, ma immantinente lo mise a parte del reggimento e lo destin suo successore. Nelle cose di guerra poi fu svelto quanto a valente uomo conviene , ch ebb'egli spirito grande e generoso, robustezza di corpo e coraggio , e a sciogliere o comporre le differenze, per fu quali poteano nascer guerre, prestossi sempre da uomo amante deirequit e buono d'animo; e perci uoa fu trovato mai diffcile. A queste qualit egli univa colpo d'occhio sicuro per conoscer le cose, pronta gagliardia per eseguirle^ e meotre d 'iodofu e di costume era clemente 9 misericordioso e be*

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10 tutte le altre cose della vita era umanissimo e cortesissimo. Per lo che finch visse, a* nemici si rend formidabile, a modo che lutti quelli coi quali coutraeva inimicizia ue aveano paura ; e dolce e mitissimo s i conserv sempre verso i suoi cittadini. Quindi avvenne cbe, cessando di vivere, lasci grau desiderio di s, e pari al desiderio fu 11 lutto de* superstiti. Sup fratello Dionigi gli fece t o nluoti funerali, vedutosi offrire al rogo iu liba zione l'umor copioso dalle sue palpebre lagrimato, ed alzar gemiti uscenti dall* imo di sue viscere. Celebr anche, in ouore di lui , giuochi equestri e gim nici, e limelic i , e scenici , alcuui inamanti- nenie, altri di poi, i quali furono magnificissimi. Queste cose descrivonsi nei libri IX e X delfu storia di Memnone. D onigi, prese le rediui delfu stato , non inutil* mente si adoper per accrescerlo, prevalendosi dell'occasione che, avendo Alessandro vinti i Per siani al Granico, erasi aperto adito a chiunque di estendere i suoi dominj, poich ogni ostacolo era sino allora provenuto dalla potenza persiane^ io quel tempo appunto declinante. Ma iu appresso ebbe a provare diverse vicendb di fortuna, massimamente per gl* intrighi degli esuli di Eraclea , i quali aveano spediti deputati ad Alessandro , gi padrone dellAsia , onde ollenere il ritorno loro alla patria, e il governo della medesima, per lo che manc poco che non per desse la signoria. E l' avrebbe di fatto perduta, se merc la prudenza ed avvedutezza sua, merc gli offuj de* suoi concittadini, e il procacciatosi favore

34 CttA-'Se PRIMA , di Cleopatra^ nou fosse giunto ad evitare la guerra, che minacciosamente gli era stata intimata. Ma dopo che gli pervenne la nuova cbe Alessandro , ritornato in Babilonia , avea cessato di vivere , fosse ci per morte violenta , o per naturale ma latita, Dionigi consacr una statua alla Letizia. al primo udire tate nuova tanto fu in lui 1* esu berante gaudio v che una repentina rivoluzione in fui si open>* essendo stato presso ad essere clto da una vertigine e ad andar fuori di senno. Sub entrato nel reggimento delle cose Perdicca . gli esuli di Eraclea ripigliarono gl* intrighi fatti sotto Alessandro* e Dionigi gli stessi mezzi di pnma us; e quantunque cam minasse, per cos dire, so pra il taglio di un rasojov pure gli riusc di scam pare da tutti i pericoli intentatigli. La morte poi susseguita di Perdicca mise ftte alle speranze degli esuli* e gli affari di Dionigi volsero a staio pi felice. A ci contribu assai un secondo ma trimonio che contrasse con Amastri , figliuola di Ossatra 9 fratello di Dario , che Alessandro avea spogliato dell* im perio, e che ne avea sposata la figlia SUUira j onde coleste due doone erano cu gine* e teneramente si amavano con una benevo lenza la quale messe avea radici nel loro cuore dalla prima educazione e dalla convivenza. Alee sandro 9 oel mentre che avea presa Statira in moglie avea data Amastri in isposa a Cratero , uno de*suoi cortigiani pi caro. Cratero poi volse Taoimo a P ila 9 figliuola di Antipatro , e fu con tento che Dionigi prendesse la donna da lui ab bandonala. Fu queslo matrimonio dunque che fu inualz a maggiore fortuna, tanto per le ic chezze

STObici z Biografi &. 3<t c be con le nuove nozze gli si accrebbero, quanto per l* impegno e per la inagnifcenza con cui us sco il principe; e pervenne al segno, di poter comperare tutta la suppellettile di Dionigi, tiranno della Sicilia , quando questi perdette il regno. N per queste cose soltanto la potenza sua s'aument, ma pel buon uso che faceva di tutte queste com binazio ni, e pel favore de* suoi cittadiui; cosicch pot estendere l'im perio sopra molti che prima non erano stati a lui soggetti. Ebbe quindi occa sione di prestare ajuto ad Antigono, mentre , g ii signor potente dell'Asia , and all9 impresa di C U pr, e di trovare presso lui Tolomeo, nipote del medesimo, a cui era stata data la satrapia dellEIlesppnto ; e pot farselo genero , dandogli in mar trimonio una figliuola avuta da moglie antece dente. Elevato cos a grande g lo ria, sdegn di dirsi pi oltre tiranno o signore, e prese titolo di re ; e ornai libero da paura e da cura , datosi a vivere giornalmente fra le delizie* tanto crebbe in pinguedine di corpo, che pass i termini ordinar) della natura ; onde poi nacque che trascur fu c ose del governo, e tanto rimaoeva oppressoda son nolenza, che a stento poteasi destare c ol soccorso di aghi sottilissimi, quantunque funghi,che gli sinfgevano nella pelle, rimedio solo che avea per trarlo dal sopore in cui era caduto. Due fgli maschi ebbe da Amastri, cio Ciearco e Ossaira, ed uoa fem mina , chiamata col nome della madre Avvicina tosi poi alla m orte, diede alla moglie tutto il reggimento del regno e la tutela de' fgli , i quali erano ancora in tenera et , aggiuntevi alcune al tre persone. Visse cioquaotacfuque a n s i, e tenne

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CLASSE PIUMA,

lo stato pel corso di trenta , diportatosi eo o tale dolcezza che acquist il titolo di benigno , e la sci ne* cittadini desiderio di s e lutto. Non ostante poi la sua mancanza , le cose della citt rimane vano in buona fortuna , preudendo cura e de* fi gliuoli di Dionigi , e de* c ittadiui Antigono , al quale, mentre dovette badare ad altre cose suc cesse Lisimaco nella cura degli Eracliesi e di quei ragazzi, avendo presa Amastri in moglie, che sul principio am assai-, se non che imbrogliatisi, po scia gli affari suoi, dovette lasciar lei iu Eraclea, e volgersi per necessit ad altre parti. Nou is tette per molto tempo a chiamarla presso di s a Sardi, dove con pari amore la tratt. Essendosi poscia invaghito di Arsinoe , figliuola di Tolomeo FUadelfo , diede a lei occasioue di separarsene* sicch ritorn essa ad Eraclea, e fond una citt, chiamata dal nome di lei Amastri , e la popol di coloni. Ciearco allora pervenuto alla et virile, govern Eraclea, e in molte guerre ch'ebbe per varie ra gioni a sostenere, fece molte belle imprese: e come fu del seguito di Lisimaco, che guerreggiava coutro i Geli, con fui cadde prigioniero de* nem'ci: libe ratosi Lisimaco, per la prudeuza di questo, anche Clearca di poi fu lasciato libero. Per Ciearco e suo fratello, successori nel regno del padre, molto a questi furono inferiori nella dolcezza e benefi cenza coi sudditi loro. Anzi un esecrando delitto commisero; e fu che la loro madre, la quale niua grande torto avea verso loro, essendoti esposta ad un viaggio marittimo, la fecero affogare uelloode. Lisimaco , che allora governava la Macedonia , sebbene per ia p assione concepita per Arsiaoo

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b io g rafi v ro fa n i.

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avesse da s ailotauafa Amastri, pur sentendo an cora per questa la scintilla del primo fuoco, noo pot tollerare un s detestabil delitto. Per tenen dosi io petto beo secreto quaoto meditava di fare per trarne vendetta, a Ciearco dimostrava l'antica affezione : e cosi seguit a fare focb, capitato io Eraclea, senta dar ombra di sospetto a nessuno, mostrando ancora 1 usata benevolenza di padre , que parricida lev di vita , prima Ciearco , poi Ossatra , dando loro la giusta pena della morte della madre. Presa poi sotto la sua protezione la citt, e fatto suo bottioo le ricchezze che, regoando ivi tutti i mentovati tiranni, vi aveano accumulate, e libera restituendo ai cittadini la repubblica, come da tanto tempo desideravano, ritorn al suo regno. Ritornato adunque in Macedonia si mise a ce~ fubrare Amastri, e ad ammirarne ! costumi , e il reggimento, e a dire come lo avesse tratto al colmo della grandezza, della potenza e della maest j n d'altro ornai parlava che di Eraclea, si per che a parte della laude venis sero anche Tio ed Am a st ri, cbe quella celebrata donna avea fondata ed onorata del nome suo. come queste cose sempre avea sulle labbra, veone ad eccitare in Arsinoe il desiderio d'avere il domfuio di quelle tanto decan tate citt, e dietro a tale desiderio, a dai le la tenta zione di chiedergliele iu dono. Ma cosi avendo essa fatto, da principio fnse che troppo grande fosse il dono chiesto,e fo poi col concederglielo dopo alcun tempo, aveado Arsinoe eoo ogni genere d'artifzj cercato di circuir Lisimaco, e la vecchiezza fatto lui arrendevole. Diveuuta dunque Arsnoe padrona di Eraclea, mand col Eraclito cim eo , n o mo a fui

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CLASSE Pf cl M* ,

attaccato, ma rotto assai ; e io consigliare e in ese* guire le risoluzioni diligeotis simo, insieme ed acre. Ito egli governatore in quella citt, con troppo ri gore si mise ad amministrare gli A ffari , e molti cittadini querel come rei di delitti, n meoo fu ro d o quelli che maod al supplizio; cosicch a p pena quecittadini aveapo vedeta rinascere la loro felicit che ebbero di ouovo a perder Ih. Iotanto Lisimaco per fraude di Arsinoe fece dare nascostamente il veleoo ad Amatorie* suo figliuolo maggiore , natogli dalla prima moglie; e poich avea potuto vomitarlo, Io coudami a morire con uoa seoteuza impudentissima; perciocch fu fece "trucidare in carcere, falsamente apponendogli che avesse insidiata la vita al padre. Fu caroeiice di tnano propria per quel supplizio il fratello di A rSinoe , quel Tolomeo soprannominato il Ceraunos vogliam dire il fulmine , cosi chiamato per an titesi a cagione de*suoi sfrenati costumi , e delfu sua dapoccaggine Lisimaco intanto per la morte del figlio veaoe io odio a*suoi sudditi; e Seleuco% iuformato di queste cose, e quanto fosse facile spo gliarlo del regno, dach le citt disertarono dalla sua ubbidienza, gli venne addosso con un eserci to , e gli diede battaglia, netta quale mentre Lisimaco pur combtteva valorosamente, traftto da uu dardo, ebbe a perder la vita Fu un uomo di raclea che cos fu trafsse; e chiamavasi Malacone c he mili tava sotto Seleuco. Morto Lisimaco^ il regoo cadde in dominio di Seleuco , come aggiunta alla parie cbe dianzi gli era toccata. qui finisce il libro X II delta storia di Mem* nne. Segue poi quanto o el XIII egli racconta.

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G li Eraelipsi udita la morte di Lisimaco, e sa put o cbe un furo concittadino fatto avea quel colpo, presero coraggio , e si credettero forti abbastanza per ricuperare la l iberti che per eettantaciiique anni loro era stata toha da tiranni domestici, e, dopo questi, da Lisimaco. Per lo che presentatisi ad EracVto cercarono di persuaderlo a dar luo go, proferendogli uon tanto di lasciarlo andar via sano e salvo, ma fornito di splendido viatico sempre che ottenessero la furo pristina l i be iXk Ma costui tanto fu fungi dal persuadersi della loro proposta, che acceso dira alcuni di loro fece immantinente strascinare al supplizio. Per riusc agii Eracliesi di accordarsi cogli uifziali del presidio, conve nendo che avrebbero avuto egnale diritto anch'esst nella repubblica, ed avrebbero riscossi gli stipeudj, de* quali f ossero rimasti defraudati: dei quale ac cordo effetto fu che Eraclito fu meiso prigione Il che fatto, e sciolti da paura, smantellarono dai fondamenti la rocca, e mandata a Seleuco ima de putazione, proclamarono intanto priucipe e cura tore della citt Teocrito. Ma ZipeU t picool re di Bitiuia , nemico degli Eracliesi, prima a cagione di Lisimaco , poscia di Seleuco , poich avea animosit conti l uno e l'altro, eoo scorrerie sulle furo campagne cam mei te va a loro dauuo ogni genere di mali. L'eser cito suo a* saccheggiamenti uni anche uccisioni ; ma questo furono forse minori di quelle cb esso soffr. Io quel mentre Seleuco ma oda va procurator suo tut certo Jtfrodisio , nella citt della Frigia adjacente al Po nto}-il quale, fatto ci che avea da lare,

clas s e fb u a, nel suo ritorno ampiamente lodava altre citt; ma gli Eracliesi querelava presso Seleuco , come gente i medesimo poco be o affetta i dal ctie venne cbe sdegnato, di mal umore vide i deputati a lui spe diti, e sgridandoli li spavent c on le mioaece, Fu per tra essi uuo, Camaleonte di nome, il quale im pavido abbord il re dicendos Ercole , carrone Seleuco* (Carrone in dialetto doric o significa colui che pi forte). La qual parola il re non Jiveudo capita, fermo siando nell ira sua, volt ai deputati fu spalle. Trovaronsi dunque quei deputati uelfu situazione molesta u di potere partirsene, n di poter rimanere Il che essendo pervenuto a notizia degli Eracltesi, eglino postisi iu a rm i, e raccolte truppe ausiliari, mandarono ambasciadori a Mitri date, re del Ponto, ai Bisanti ni ed ai Calcedonesi, domandando ajuto. Intanto quelli che degli antichi esuli eraoo rimasti, a persuasiooe di uno di essi, chiamato Ninfidio , deliberarono di ritornare ' ad Eraclea; lusingati cbe tale impresa non avrebbe in contrata difficolt. solo cbe si astenessero dal do* mandare la restituzione di quanto i loro maggiori aveano perduto. E cosi fecero t e ben riusc la cosa; ch furono accolti voleutieri, e comune fu la le tizia n furo manc buon tratto, n manc quanto a discreto sostentamento della vita era ne cessario. E in questa maniera ricuperarono gli an tichi diritti di nobilt e di partee ipazione nel go verno della loro patria. Seeuco intanto, insuperbitosi della impresa si ben t l usCitagli contro Lisim aco , pens a passare in Macedonia, trattovi dall'a mor della patria, da cai erasi partito cod AUesandro , quando questi avea

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STe*!C! t BIOGRAFI PBOFAKl 347 p o rt ala la guerra .in Asia ; e risoluto a finire ivi i suoi giorni, giacch era ve cch io , affid l'Asia a suo figliuolo Antigono. Tolomeo il Cerauno poi , ridotto il regno di Lisimaco sotto il dominio d! Seleuco, anch egli vivea in dipendenza di lui ; non per come prigioniere e negletto, ma come uomo di schiatta regia, tenuto in o n o r e , e provveduto b e n e , anzi da Seleuco lusingato con promesse ma gnifiche, a tanto che, morto che fosse il suo geni t o re 1 sarebbe stato posto in possesso del regno d* Egitto. Ma tutti questi beuefcj uon fecero buono costui chera malvagio di natura. C h il benefattore suo anzi con insidie trucid; e montato sopra un cavallo velocissimo fugg a L isim ach ia; e cintosi il diadema reale con grossa schiera di'satellilipass a ll'e s e r c ito ; il qual esercito stretto da necessit lo accolse, e fu salut r e , sebbene poc'anzi fosse g i legato con giuramento a Seleuco. Antigono , figliuolo di Demetrio , udito questo latto, mosse verso la Macedonia, volendo con truppe a p i e d i , e cou forze navali prevenire Tolomeo. Ma Tolomeo avendo pronte le navi di Lisimaco , si accinse ad incontrarlo. T ra fu altre navi ch'egli avea, eransi fatte v e n fre da Eraclea molte a s e i, e a cinque ordini di remi, e quelle che chiamansi j 4frate, ed una ad otto o r d in i, famosa pel nome di Lione che si era dato , e meravigliosa per la sua grandezza e maguificenza ; imperciocch in essa erauo cento uomini capi de'rem atori, ciascheduno de* quali presiedeva alla sua centuria; cosicch per Ogni parte eontavaftv.isi ottocento persone, e in tutto mille seicento, e quelli che fuori de* banchi com bttevano , erano mille dogento: due poi erano i

548 classe raiMA, piloti- Attaccatasi la battaglia \ Tolomeo rimase Vincitore; e Tarmata di Antigono si diede alla fuga. Le navi che pi in valore si distinsero, fu* rouo quelle di Eraclea , e sopra tutte riport fu palma quella a otto ordini di remi d?t!a il Idono. Sbaraglialo, come si detto, Antigono, and in Beozia j e Tolomeo, passato ia Macedonia, teoe vasi ivi io possesso del regno. I v i, oode ta malvagit sua si rendesse pi ma nifesta agli uomini, sposata, secondo il costume degli Egizj, sua sorella Arsinoe, i figliuoli chessa avuti avea da Lisimaco trucid i n tard poi a cacciare ignomiitiosameole del regno lei medesima. E men tre pel corso di due anni si era caricato d'ogn genere di delitti cootrb le leggi divine ed umane, accadde che grossa partita di Galli dalla faine co stretta ad abbandonare il proprio paese, iovase la Mitcedonia , coi quali veouto a battaglia , egli fu preso vivo, poich rimasto ferito l ' elefante che il portava, venue gillato a terra , e i nemici lo fe cero a brani. Degno fine di sua crudelt. Morto costui, Antigono di Demetrio s* impossess del regoo.di Macedonia. Nel frattempo Antioco, figliuolo di Seleuco* dopo avere con molte guerre ricuperato, ma non tntto, il regoo di suo padre , sped uu esercito al di l del monte Tauro sotto il comando di Patroclo , che per suo fuogoteoie scelse Ermogene% aspendio di stirpe. Or questi, tra le molte citt che aveasi proposto di travagliare, mirava ad Eraelea | se non cbe gli abitatori di -essa poterono per mezzo di furo deputati placarlo, sicch si discosto dai furo confini, e fatto trattato con essi, attraversando ia

tiocRSn fzofaku 549 Frigia si volt verso la Bittoia. Col per insidie che i Bitinj gli tesero, per insie me col suo eser cito , non senza per aver date prove di uomo valoroso. Per questo motivo andando Antioco contro i Bitinj, il re di questi, eh'era Nicotnede, con inviati cerc dogli Eracliesi soccorso ^ e l ebbe, prome t tendo loro rica mb i o , ove si trovassero in eguale necessit. In quella occasi01 e gli Eradieti con molte spese trassero a s C iero, T io e il paese di Tiuida. Ma non furono egualmente felici , quan t unque e forze adoperassero, e s pendessero danaro, > 1 ottenere A mastri che con le altr e citt era stata dianzi furo tolta . e la ragione si fu che nVra al lora io possesso Eumene , il q u a le , piuttosto che venderla agli Eracliesi, pazzamente coi rucciato con essi, volle darla ad Ariobarzane , figliuolo di M i
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tridate.
Circa quel t empo gli Eracliesi ebbero guerra c on Ziffete, bit io io, che regnava nella Tracia detta Tiniaca. In quella guerra una grossa parte di Era cliesi, valorosame nte com battendo, rimase morta $ onde Zipete pot ottenere grande vittoria. Ma poi fu obbligato a fu g g ire , essendo sopraggiunti agli Eracliesi i soccorsi de* furo alleati t per lo che p o terono prendere ed abbruciare i cadaveri de loro soldati in quella battaglia disastrosa p eriti; recan done poi le ossa nella furo citt, come a benemeriti della patria fecero ai medesimi funerali maguitici Era allora nata grande guerra tra Antioco di Seleuco, e Antigono di Demetrio ; e da a mbe fu parti taceva nsi apparecchi di truppe. Ad Antigono pres tava socc orso Nicaatede, re diB ilfuia^ ad ^ A

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fioco parecchi altri. Ma nel mentre che Antioco non avea ancora assaltato Antigono^ si volt con* tro Nicomedei e questi, cercati ajuti altronde, li domand anche agii Eracliesi, quali gli spedirono tredici triremi. Postosi poi eoo la sua armata contro a quella di ttLoco, stettero in faccia Puna delTal tra alcun tempo; ma in vece di venire a bat taglia, ailoQtauaronei entrambe.. Dopo cbe i Galli spintisi fino a Bisanzio diedero il sacco alla maggior parte del paese , i Btsantini sbaragliati mandarono qua e l a chiedere soccorso agli alleali, ed ognuno di questi ne diedero a pro porzione delle loto forze. Gli Eracliesi ooo manda* roso cbe mille monete d*oro; soia cosa ad essi chiesta. Non molto dopo, mentre i Galli pi volte aveano tentato di passare in Asia, e sempre aveano dovuto desistere per l opposizione loro fatta dai Bisantini, Nicomede venoe ad accordar furo il passo, mediante un trattato , le cui condizioni erano fu seguenti t Che i Barbari sarebbero stati sempre antici ed alleati di Nicomede, e de* suoi posteri ; che senza il potere e la volont di Nicomede , a bessuno che pur ne li sollicitasse con ambasciate, darebbero soccorso di guerra ; ma sarebbero amil degli am ici, e oemici de* nemici di quel re; che sarebbero stati del partito de'Bisantini, se il caso lo esigesse ; che terrebbero alleapza con gli abitanti di Tio* di Eraclea, di Calcedonia, e di Ciero, e con alcuni altri, i quali avessero altre genti sotto la loro giurisdizione. Con questi patti Nicomede lasci libero il passo ai Galli nett'Asia I principi di questi, rinomati per potenza, forooo diciassette, tra i quali, sommamente si distinsero.

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Leonario e Lutario. Questa trasmigrazione de Galli io Asia, che da principio fu creduta fatale agli abitanti, divent loro vantaggiosa, perch mentre i re cercavano di distruggere fu stato popolare delle citt, i Galli resistendo a tali attentati maggiormente fu consolidarono. Cos Nicomede con lajtito de Galli, e con quello della gente che trasse da Eraclea, mosso contro i Bitioj, il paese di questi invase, e gli abitanti ne. debell. I Galli si spartirono le prede fattes i, quali dopo essersi per ogni parte allargati saccheggiando, finamente diedero di volta, e delle terre soggiogate si riserbaroo un tratto che oggi chiamasi Galizia, divisa-in tre porzioni, gli abitanti delfu .quali presero i nomi di Tr&gneif di Tolistobogj e di Tettosagi.l Trogoei fondarono A ne ira, i Tolistobogj Tabia > e i Tettosagi Pessi nunte* Nicomedem salito ad alto grado di potenza, fab bric io. faccia ad Asiaco una citt che fu chia mata eoi nome di lui. Assaco era stata colonia dei Megaresi sul principio della XVII olirne ade. Avea essa poj avuto il nome per ordine delloracolo da certo Astaco* uomo- generoso e di gran mente* della stirpe di quelli che. anticamente in Tebe dicevaiisi Sparti o Terrigeni. Questa citt', molto invidiata dai confinanti, e con frequenti guerre travagliata , fattasi forte per molti coloni ateniesi in essa andati a stabilirsi, ai liber dalle vessazioni e crebbe io gloria e in potenza, regnando allora in Bitfuia Didalfo> Morto questo, rego Boi ir, vissuto sino alla et di setftanlacfuque anni. A lui succedette Baso* suo figliuolo, il quale sbaragli in battaglia Cotanto^ uno de4 generali di Alessandro 9 ed assai

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valoroso $ e con ci fece che Macedoni eon met tessero piede in Bitinta. Baso vsse settaut'un aooi, e ne regn cinquanta. bbe poi figlio e successore ZipUe* celebre in guerra, il quale uno def luooUuenti di Lisimaco uccse , un altro cacci assai lontano dai conftti f e Lisimaco medesimo respinse. Poscia, fatto superiore ad dntioco di Seleuco, che pur regnava sull'Asia e sui Maeedom, fond presso il monte Lipero una citt, a cui diede il proprio nome. Questi visse settantasei anni f e ne regn quaranta sette , lasciando dopo di s quattro fgli * il maggiore de9quali gli fu successore nel regno ; e fu Nicomede, noo fratello, ma carnefice de'suoi fratelli. Costui per rassod vie pi il-re*no d Ritinta , massimamente coll9avere ajotati i Galat a trasferire la furo sede in Asia , e colP avere fondata la citt di Nicomedia, della quafu abbiamo
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Alcun tempo dopo i narrati fatti i Bisaatioi presero a far guerra contro i Calasfun , colonia degli Erac>#*ti, e contro gl istriani: e ci fu a cagione di Tom i, emporio vicino ai Calaziaoi che ivi intendevano fare monopolfu di merci. Gli uni e gli altri mandarono deputati ad Eraclea, cercando ognuna delle parti che gH Eracliesi fu prestassero ajuto Gli Eracliesi non vollero prestarsi alfu sol lecitazioni d nessuno ; bens spedirooo a Bteaotini, e a C alili ani ambasciadori, perch ai venisse ad noa transazione amichevole i cosa per che noi ebbe effetto. I Caiaziani 'dopo aver sofferti molti rovesci dovettero venire appetti,} n ebbero com penso di quanto aveano perduto. Nou pass poi malto tempo <he Nicornede* re

s T o a tc i.z a to c M v t * a o r* v i.

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li Bitinta, vedendosi vicino a morte, dappoich Zeifu, natogli da un primo matrimonio, erasi r i fuggito presso al re d*Armenia, cacciato dalla cesa paterna per fu trame delfu madrigna Etatela , cui fgli erano ancora io tenera et, questi nomin eredi ; e ne istitu curatori Tolomeo , Antigono, il popolo di Bisanzio, e quelli di Eraclea, e di Ciao. JEetfu, con buon nerbo di truppa, acu davano co raggio i Galati Tolisiobogj, entr nel regno paterno. I Bitinj volendo conservare ai papilla il domioio, maritarono la madre di questi a uu fratelfu di Nicomede i ed avuto dai curatori un esercito si opposero a Zexla. Molte battaglie seguirono fra ambe fu parti, e molte forze si consumarono t in fine si venne alla pace. Siccome poi in quella guerra molto aveano operato gli Eracliesi, i Galati ne invasero fu stato, trattandoli da nemici ; e pe-r oetrarooo sino al fume Callete * e fatto grosso bottino ritornarono alfu loro sedi. lo una guerra che Antioco volle fare circa quel tempo ai Bisantfua, gli Eracliesi mandarono in ajuto a questi ultimi quaranta triremi ; e ci fece cbe fu guerra si risolv in pure minacce. Poco dopo mor Ariobarzanem lasciando dopo di s un figliuolo di nome Mitridate, chVbbe discordia coi Galati ) e questi sprezzandone la fresca et , ne travagliavano il regno. Per fu che veggendone gli Eracliesi fu angustie, si posero ad aiutarlo , mandando frumento ad Amiso, onde uon mancasse alfu truppe di quel re fu vettovaglia necessaria. Per questa ragione i Galati fecero una nuota spedizione stile contro gli Erachesi, e ue saccheggiaiooo le m e fio tanto cheiusono da ambasciadori di EraFozioi V o i /. ?3

C^SSZ MIMA dea mitigati. Era capodellambasciata Ninfi* scrit tore di storie, il qaale ottenne che i Galati par* tissero dai confini del paese, avendo dato alPeaer* cito seiceoto monete d*oro e dugento a parte ai capitani Tolomeo* re d'Egitto, giunto al colmo di pr spera fortuna, avendo stabilito di gratificare eoa doni magnifici diverse citt , mand in regalo ad Eraclea cinquecento artabe di frumento, grossa m i sura cos chiamata dai Persiani. In oltre fece nella rocca d* Eraclea fabbricare a proprie spese uo tempio di marmo proconnesio ad Ercole L autore poi, giunto qui, tocca l'imperio de*Romani, dicendo brevemente di cbe stirpe nati, come ni stabilissero in que* luoghi d* Italia, e quauto fosse accaduto prima dells fondazione delfu furo citt; che priocipi avessero avuti, che guerre eoa altri fatte, cosa, stabilito il regno, fosse avvenuto ( e come in fne la regia podest si fosse trasmutala nell* imperio consolare. E proseguendo racconta la rotta che i Romani ebbero dai Galli * e come, pfesn la citt, sarebbe stata presa anche la rocca, se noo fosse accorso a liberarla Cammino; e come ad Alessandro che passava io Asia, e cbe per futtere avea loro intimato che o vincessero, se si sen tivano capaci di ottenere l*imperio, o cedessero a chi di furo era pi potente , aveano mandata una corona del valore di non pochi talenti, e come guer raggiato aveano contro i Ta rem fui e contro Pirro epirota, che i Tarentiui ajutava j e come or vinti, or vincitori, finalmente aveano domati i nemici, e cacciato Pirro d'Italia. Poi parla di ci ch*ebbero a fare coi Cartaginesi e con Annibale ; cosa contro
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e ro s ic i t> s i e c z i n r s o r aiti.

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gl* Ispani ed altri, e Scipione, con prospera guerra fecero ; come questi, dagl* Ispani proclamato re , rifiut un tafu onore', come Annibaie debellato ebbe a fuggire. Quindi viene il passaggio del mare Jo~ nio, e la guerra con Perseo* erede di Filippo uel regno di Macedonia , debellato per avere da gio vane temerario rotto il trattato che eoi Romani s u o padre avea fatto, e condotto poi> in trionfo da Pao/o Emilio. Finalmente dice di Antioco* re della Siria della Comagena e della Giudea, ro to fu due bat taglie , e cacciato d* Europa. Cos toccate le cose de* Romani, l*autore ritorna al filo della sua- storia. Gli Eracliesi, veduti i generali de* Romani pas sali in Asia, mandarono atnbasciadori, stati ricvuti cortesemente, e riportarono lettere piene di uma nit, scritte da Paolo Emilio con le quali prometlevasi furo che il senato satehbe stato ad essi amico, n furo sarebbe mai all* uopo ihaocato fu prudenta e la cura de'Romani. Poscia mandarono ambasciata anche a Cornelio Scipione cbe conqui st ai Romani l Afric , per confermar 1 amicizia * dianzi dichiarata. Cercarono ancora con nuovi a*nbasciadori di rimettere in grazia de* Romani n tioco ; e quel re esortarono a cessare la guerra cbe coi medesimi faceva. Cornelio Scipione, rescrivendo agli Eracliesi us la formola: Scipione* imperadore proconsole de Romani* al senato e al popolo de* Eracliesi salute. Nella qual lettera assicurava rata e (erma la benevolenza verso di essi, gi-di chiarata e sciolta fu guerra con Antioco. Ne*senei medesimi di uc<o , scrisse eziandio. P. Cornelio Scipione* fratello di lui, e comandante della rinata. Poco dopo Antioaj rfunov fu guerra contro i

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c ia s s z

raiNA,

Romani , e violo io una battaglia data eoo tutte fu sue forze, depose le armi, ed accett le condU ziooi della pace accordategli , per le quali egli veniva escluso da tutta l'Asia Minore, ed era spo glialo degli elefanti , e delParmata navale , a lui lasciate soltaeto la Siria, la Comagena e la Giudea. Eraclea fu egualmente ben trattata dai generali romani succeduti ai gi nominati , fino a che si venne tra i Romani e gli Eracliesi a stabilire che sarebbevi tra ambe le parti ooo solamente amici zia, ma alleanza, contro chi, e a favor di chi oc* correste i e questo trattato fu io doppio inciso in due tavole di bronzo, una rimasta presso R o mani, e deposta oel tempio di Giove Capitolino, laltra mandata io Eraclea, e messa nel Sacrario di Giove. Dopo avere Memnone tutte queste cose esposte sei libri XIII e XIV della sua storia, incomin ciando il X V riferisce quello che segue. Prusia , re di Ritinia, dic'egli, uomo di sommo ingegno, s pronto, e per molte imprese fatto celebre, fra le altre cose, s* impadron con le armi di Ciero, citt del dominio degli Eracliesi, chiamandola dal sao nome Prosiade. Prese egli pure T i o , soggetta egualmente-.alla furo giurisdizione, onde per tal modo venne a serrare Eraclea da ogni baoda col mare. Ed era anche sul punto d'impadronirsi di Eraclea medesima, se non fosse accaduto che mentre qbel re voleva scalarne le mura, uo colpo di pie Ira uscito da alcuno de propugnaceli non gli avesse speszata una coscia. Questo accidente obblig Pra~ sia a desistere dall'assalto} ed anzi cosi ferito, fu da suoi Bitini trasportato fu taesao a cocenti dofuri

SIOOatFS M OPAKl. 357 al suo paese ; h passarono molti anni cbe, zoppo di nome e. di fatto, fn di vivere* Nou erano ancora i Romani passati fu Asia, quando i Galati abitatori del Ponto*. bramosi d tentare il mare, cercarono di occupar prima Eraelea, credendo l'impresa non difficile, poich motto era diminuita in poteoza , ed avea gi a poco a poco incominciato a cadere m disprezzo. Scesero dunque a guerreggiarla con tutte le furo truppe. Non si dimentic essa de* suoi alleati } ma per quanto pot nel momento, si rafforz Andato quindi S'assedio alquanto in lungo, i Galati cominciarono e sentire carestia di vettovaglia t essendo' proprfu d'essi correre alle imprese di guerra per impeto d 'i r a , e non provveder prima quanto a ben condurle necessario. Adunque essendo una gran parte di furo partita dagli accampamenti per cercare il bisogno, i cittadini uscirono fuori, pre sero gli accampamenti, ed uccisero gran numero di nemici ; e fecero agevolmente prigionieri quelli cbe eraoo dispersi per la campagna. Ci produsse che appena una terza parte dell'esercito furo ritornasse al paese. Dal qual fatto gli Eracliesi coocepirona Speranza di risalire alla pristina fortuna e celebrit. Amici, come si veduto essere stati gli Eracliesi {fui Romani, nr^entre questi facevano guerra sulfu coste d'Afrtca, ne'confini di Cadice i primi man darono furo in ajuto due quadriremi coperte, e finita prosperamente quella guerra,l'undecimo anno quelle navi ritornarono al paese, premiati eccelleutemente i valorosi uomini che in esse aveano servito. Ma intanto sorse l'aspra, guerra'di Mitridate ontro i Romani. Pretesto a questa fu fu Cappadocia;
STO*CI X

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classs

ra n a ,

essendosene fatto padrone quel re dopo aver messe fu mani addosso fraudolenteihente ad Ariato% fi gliuolo di una sua sorella, giacch diami gli avea giurata pace, e trucidato egli medesimo. Fino da ragazzo Mitridate si era veduto inclinato aHe stragi# Divenuto re di tredici anni* non tard molto a cacciare in prigione sua madre cbe dal defunto marito era stata lasciata consorte del regno col figlio; e tanto Mitridate la tenne chiusa, che per questo* e pel dispetto della sofferta violenza1quella donna mori, Egli ammazz anche un fratello cbe avea. Messosi poi a far guerra, soggiog i re dei paesi 'giaceoti intorno si fume Fasi , penetrando sino al di 11 del Caucaso; ed esteso il regno, e sen tendosi potentissimo, naturalmente salz a pensieri superbi. I Romani intanto guardandolo con occhio sospetto a far prova di fui decretarono, chegli avesse da rimettere ai re degli Sciti t loro domtnj paterni; il che esegu egli mostrandosi uom mo derato; ma frattanto fece una lega coi Parti, coi Medi , con Tigrane , re dArmenia, e coi re degli S citi, e con glIberi $ e molti altri motivi diede di guerra, spezialmente questo, che avendo i Romani fatto re di Bitinta Nicomede % figlio di Nocomede e di Nita, a quello egli oppose uu altro Nicomede detto il Frugale. Per a malgrado suo prevalse fu creatura de Romani. 1 Passato alcun tempo dpo questi fatti, e fu cose romane essendo fu gran disordine per fu guerre civili tra Siila e M ario, Mitridate ordiu ad Ar* cheao, generale del suo esercito, che con quaranta mila fanti, e dieci mila cavalli assaltasse i Bitiuj* i quali, venutisi al fatto darmi, furono battuti, e

S t O f t t C X I T O M A H PftOFAlfT. l

3 5g

Nicomede dovette mettersi io fuga con pochi dei suoi Di che giunta nuova a Mitridate, avendo a sua disposizione fu truppe ausiFftri, lev il campo che teneva in Amasia, e marci per la Pafagonia eoo centocinquanta mila uomini. Mario %che non avea seco, oltre pochi Romaui, se non se le troppe di Nicomede, le quali al solo nome di Mitridate si sparpagliavano, dovette cedere a Menofanet altro capitano di Mitridate* sicch perdalo tutto l'eser cito spar de'quei luoghi. Allora Mitridate inva dendo fu Bitinta oebbe la citt, e il paese senza venire a battaglia ; e delle altre citt delAsta una porzione ebbe por forza, e uoa porzioue volonta riamente si arrese. Sicch improvvisamente si fece no gran cambiamento di cose; ed a*Romaui ri masero attaccati i soli Rodiotti. Mitridate qufudi mosse furo la guerra per terra e per mare ; seb bene sia da dire che tanto era il valore e la fortuoa de*Rodiotti che maoc poco che datasi uoa battaglia nasale il re medesimo oon cadesse nelfu nani de* nemici. Avendo poi Mitridate saputo che i cittadini romaoi dispersi per le citt dellAsia cercavano di guastargli i suoi disegoi, scrisse a quelle citt onde iu uuo stesso giorno mettessero a morte quanti Romani eraoo presso di esse e le piu di queste ubbidendo, fecero tanta strage che in un giorno solo pi di ottantamila persone rima sero trucidate. Quando poi si videro Eretria, Calcide, e tutta PEubea datesi a Mitridate che a lui eraoo pas sate anche altre citt, e i Lacedemoni n*erano stati t f u t i, i Romani mandarono Siila con buon eser cito contro quel re. All* arrito di Siila parte di

3So c tissz pai v a , quella citt si diede a lui spontaneamente , parto fu ridotta a forza : sbaragli egli e mise in fuga fu truppe del Ponto, prese Ateoe, e lavrebbe de molita, se non gli fosse giunto un ordine del se* nato io contrario. Dopo molti combattimenti, nei quali le truppe del Ponto fecero mirabili p ro v e , me otre erano ritornate vittoriose vennero prese da mancanza di vettovaglia a cagione che s'abu sava dellabbondanza, e non sapevansi (are eoa buon ordine le distribuzioni ; e sarebbonsi le genti di Mitridate ridotte a pessimo partito , se presa Amfpoli, e perci avendo a divozione la Macedo ni a, Tassile oon avesse somministrato quanto oc-, correva. Questi , ed Archelao, unite insieme fu truppe che comandavano, ebbero sotto le loro ban diere pi di sessanta mila uomiui; e sernno pian* tali nella Focide per far froote a Siila. Questi iotanto, preso seco Ortensio, che condotto avea d Italia sei mila uomini, si accamp fu modo da fusciare tra s e i nemici un ampio intervallo ; e e come poi i soldati di Archelao si disperdevano senza alcun ordine per cercar vettovaglie , Siila colse la buona occasione, assalt gli accampamenti, e i pi valorosi prese ed uveite ; indi fatti accendere de fuochi per ingaunar quelli che senza sospetto della invasione ritornavano , sopra essi ancora piomb; e cosi riport una piena vittoria. M i Iridate intanto accusando i Chii davere pre stato ajuto ai Rodiotti, mand contro quelli Dorilao9 il quale, sebbene cou molta fatica, pur giunse a prenderne la citt, e ne distribu le campagao alle genti del Ponto, gl indigeni facendo imbarcare e gettare qua e l sulle coste dell* Eusino. In quella

sto c ttn taorsin, 36t occatione gli Eracliesi chera d o amici de'Chii, nel passar che fecero quelle navi piene di Chii* fu as salirono, e come non trovarono resistenza, fu con dussero alla loro citt ( e somministrarono larga mente ai Chii quanto loro occorreva in quella cir costanza v indi poi ben forniti di provvigioni H rimandarono alla loro patria. Circa quel tempo il senato romano diede il ca~ rito della guerra mitridatica a Valerio Flaoco s a Fimbria, ordinando furo di ajutar segll sostenesse fu parti del senato * e . diversamente d* fueominciare la campagoa col combattere lui* Siila da principio trovava io molte angustie, per* ciocch avea contro e gran carestia di provvigioni, e fu fortuoa delle armi. Ma saputosi opprofttare di ogoi favorevole circostanza, per fu terre de Bfuat* tini {pass in Bitinta, e di l spiatosi a Nfuea, pot ivi accamparsi Fiacco* mentre di malattia* solIViva che lesercito si mostrasse pi affezionate a Fimbria , essendo questi nel comando pi di* screto ed umano ; e perci avendo mosso querefu tanto contro Fimbria stesso, quaoto contra i pi distinti tra gli uftkiali, da due di questi, sdegnati del procedere di fu i, fu trucidato* Del qual Catto il senato molto si risenti contro Fimbria* sebbe ue credette di dovere dissimulare, e procurargli ansi il consolato* Intanto aveodo Fimbria intero co* mando dellesercito le citt trasse a s, quali d buona voglia, quali per forza, se noo che il figliuolo di Mitridate* unito a Tastile* a Diafa*le ed a Mnandrot capitani vafuntissfuii, congrqpso eser cito and ad assaltare Fimbria^ e da prima fu forse de* Barbari prevalsero. Per fu cbe Fimbria volendo
s t o r ic i s

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con qualche stratagemma risarcirsi dei danni avuti, dacb i nemici per numero di soldati erano a fui superiori, si approfitt dell* occasione, e fu questa* Erano i due eserciti separati da un fiume; ed noa grossa pioggia sopravvenne sul far dell9aurora. Fimbria adunque fa all improvviso passar quel fiume da9suoi soldati* ed assalta nelle tende i n* miei tanto assorti nel sonno che uoo sentirono fu gente venuta furo addosso \ sicch fu strage che d*esst fu (atta riusc oltre misura ; e pochi furone i capitani e cavalieri che poterono scampar delfu morte; tra i quali fu M itridate, figliuolo del r e , il quale pot salvarti, e andare a Pergamo, ov'era suo padre, accompagnatovi da un corpo di cavalleria. A tanta rotta delle forz* del re, assaissimo citt si diedero a* Romani. Intanto come Mario era ritornato a Roma, Siila temendo che gli eccitasse contro il popofu delfu dominante, fiera essendo tra essi due rfuimicizia, mand inviati a Mitridate ; suggerendogli che facesse pace coi Romani. Abbracci il consiglfu quel re volentieri; e Siila recossi a congresso prontamente; ed essendo venuti V un l* altro ad incontrarsi, Dardano diede ad essi ospizio per trattare. Ivi fatti allontanare ministri e cortigiani, conciti user di questa mauiera t che Mitridate la* sciasse lAsia ai Romani; che a'Bitiuj e Cappadoci fossero dati re di loro nazione; avess egli sicuro il regoo di tutto H Ponto. Che pei iu particolare desse a Siila ottanta triremi, e trenti la talenti, onde rhornnrefa Roma , come avea pensiero. Alle citt che aveano seguite le parti di Miiridate%i Romani di ci noo facessero colpa. Ma questa condizioue

STOHTci z BiooRin rzopiin.

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non fu poi eseguila , perciocch i Romani molte di esse trattarono acerbamente. Siila dopo quella pace onorevolmente ritorn a Roma; e Mario fu costretto ad uscirne* Mitridate and nel suo regno ; e costrinse a ritornare sotto la sua dominazione molte genti che per avversa fortuna da lui sof ferta, se n'erano sottratte. Era stato nel frattempo dato il carico dell* guerra a Marena , a cui Mitridate rappresent il trattato concluso con SiUat facendo sentire come dovea tenersi buono. Ma non rimase Marena etpacatalo di ci) specialmente perch gl' inviali di Mitridate erano G reci, e filoso!) di professione, i quali anzich sostenerne fu parti, presso il gene rate romano fu incolparono. Adunque egli mosse l'esercito; e conferm riobarxane nel regno di Cappadocia; e alle frontiere del regoo di M itri date, per assicurarsene 1* ingresso, fond la citt di Nicea. Cos stando fu cose e Murena e Mitridate spedirono gente ad Eraclea, sollecitando uno contro l altro soccorsi. Gli abitanti di Eraclea ve'? dendo da una parte la potenza de' Romani formi debile, e dall'altra temendo la vicinanza di Attiridate, risposero agPinviati, in tanta procella di guerra * molto avere essi a fare per difendere i proprj lari; taoto essere impotenti a prestare ajuto agli altri* Non pochi per consigliaron Marena ad assaltare Sfuope; cos dalla reggia del nemico in cominciaodo la guerra, perciocch se gli avvenisse di conquistare quella citt, facilmente avrebbe au* che le altre. Ma il re Miiridate l avea fortificata e presidiata bene; ed incominciate poi fu ostilit* da prima le forse* sue prevalsero ; poscia si bifuu-

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CLASSZ M IM A ,

ciarono; e cosi la foga di combattere scem. P er fu quale cosa egli si ritrasse nel paese intern verso il Fasi e il Caucaso; Murena ricondusse fu sue truppe nell'Asia ; e Ognuno di loro bad a governare i propr) paesi. Non molto dopo Siila mori ; e il senato mand Aurelio Cotta in Bitinia e . Lucutlo nell'Asia , , con ordine ad entrambi di tirare innanzi fu guerra contro Mitridate. Questo re avendo pronto un nuovo numerosissimo esercito* e quattrocento tri remi, e quantit di legni mioori d ogni fatta* mand Diofanie Mitero con molte truppe iu Cappadocia, ingiungendogli dt presidiarne fu piazze ; e se a cullo entrasse nel Ponto-, d*andargli incontro, e d* impedirgli il passo. Egli poi con cento cinquanta mila uomini a piedi, e dodici mila a cavallo ; se guiti da centoventi carri falcati, e da ogni genere di macchine da guerra, a marce sforzate attraver sando la Timoni!ide, fu Cappadocia e la Galizia , il nono giorno giunse in Bitinia. Nel frattempo Lucullo avea - ordinato a Cotta di rimanersi con latta Tannata nel porto di Calcedonio. Anche larmata di Mitridate era in moto. Que sta, passando presso Eraclea, non fu dagli abitanti della citt ricevuta; ma per essi accordarono a qoapti v* erano sopra di provvedersi sul mercato dogni cesa occorrente. Cosi aperto l'adito, conforme il costume, alfu compere e alle vendite, Archeimo che comandava quell armata, fece arrestare Sileno e Satira, due oobili di Era elea v n li lasci in libert se non dopo chebbe indotti gli Eradiesl ad ajutarfu io qUelfu guerra contro i Romani eoo cinque triremi* Per questo fatto meditatotela Aicfwla oonfurberie,

rio n in . 365 il popolo di Eraclea incontr l'inimicizia de*Ro manti Laonde come in altre citt i Romani mettevano impo ste e gabelle, la stessa cosa fecero anche in Eracfua per quella ragione ; ed essendo entrati iu citt gli appaltatori esigendo daoaro, in grave affanno cad dero gli abitanti, prevedendo quello essere pria* ci pio di servit. Per la qual cosa * portando il caso cbe mandassero iuviati a Roma, supplicanda il senato che li liberasse da tanta calamit, in vece essi fusciaroosi Sedurre da certo arditissimo uomo, e vennero al latto dammazzare i pubblicani eoa tanta secretezza, che a nessuuo venne io mente che fossero morti. Segui poi uu combattimento navale presso CaU cedonia tra i Romani e i Pontici nel tempo ia cu i'gli eserciti del r e , e de*Romani erano alfu prese io terra. Cotta comandava i Romaui, Mitri date gli altri. I Basterui misero fu truppe degli Italiani iu fuga, e ne fecero amplissima strage. P i eguale maniera and il combattimento navale * cosicch uel medesimo giorno io terra e in mare si vide Torrendo spettacolo di cadaveri d e v omant che ingombravano tutto, ottomila essendo rimasti morti nella battaglia navale, e quattromila e cin quecento letti prigioneri; e delTesercito terrestre cinquemila e trecento. Di Baster uoa morirono che trenta uouiiui, e settecento dellaltra moltitu dine. Per questa grande vittoria di Mi iridate gli animi di tutti caddero in sommo abbattimento 9 se neo che Lucullo, udita quella ruina , mentre tra* cavasi accampato sul fume Sangario, i suoi iocor raggi con assai acconcia parlata. I t o pot con grande animo Mttridaie V f r t o C i
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sio o r a f i

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zico , nellatto d ie voleva spingere su queHa citt fu truppe, gli venne alle spalle Lueullo, che, avett* dolo assaltato, riport sopra i Pontici una memo rabil vittoria, pi di diecimila uomini esseodo ri masti morti sul campo e tredicimila fatti prigionieri Intanto i soldati di Fimbria ; caduti in sospetto cbe i capitani dell* esercito fossero per fidarsi pi dessi a csgiooe di quanto fatto aveano a Fiacco, tacitamente mandarono a Mitridate i promettendo* gli di passare alla parte di lu i; il quale, cono scendo quanto ci poteva essergli utile, venuta notte commise ad Archelao che fermasse i patti , e conducesse seco quelli che volevano aggiubgersi al suo partito. Ma que*soldati, appena Archelao fu giuntola loro, il legaroao, ed uccisero tutta fu sua scorta. A questo infortunio si uni it) danno dellsercito reale la fame, per la quale molta gente mor. Nulla ostante per tante disgrazie, Mitridate per alfura non si lev dallassedio di Cizico; seb bene poi sema averta espugnata , e dopo avere sofferte e cagionate molte perdite , non tardasse molto a partirne. Allora mise alla testa dett'eser* cito Brmeo e Mario , i quali guidavano ognuno trentamila uomini, ed egli deliber di ritornarsi per la via del mare. Ma non f u . senza disgrazie nemmeno in questa occasione ; perciocch affoU landosi t Soldati per entrar nelle navi , atteso il disordine e la moltitudine, alcune navi pl troppo carico si affondarono con quanti v eraoo entrati , altre rovesciaronsi. Il che veduto dai Ciziceni , questi assaltarono gli steccati de* Pomici, trucida rono gli ammalati lasciati i v i , e portarono via quaoto per avventura poteva esservi rimasto. L u

st orici x u o c iu n n o rim . 367 dnifu , inseguendo l* esercito , lo raggiunse all im provviso al fume Esippo, e ne fece gran macelle M iiridate, raccolte come pot nuove forze nel Ponto, assedi Perinto , e uon avendo potuto im padronirsi di quella piazza, pass fu Bitinta. Poscia venuto Barba con nuove truppe d'Italia, e T riario, generale de* Romani, fu da essi fatto 1 *assedio di A p a m e a , i cui abitauti per qualche terttpo avendo con le loro forze resistito, finalmente aprirono loro le porte. L* esercito romano pigli pure la ciu di Prusa , giacente presso il monte Olimpo dell*As a. D l l esercito si rec a Prusiade, situata sul m are, anticamente detta C iero; luogo a cui fama che approdassero gli Argo nauti, e dove dicesi che si smarrisse / fu , e che molte avventore incontrasse E rcole, mosso a cer care quel giovanetto per que' contorni. Tosto che i Romani si appressarono a quella citt , furono dagli abitaoti ben accolti , cacciatone il presidio pontico. Poscia si voltarono verso Nicea, che avea guarnigione messavi da Mitridate , fu quale , ve duto che gli animi de* cittadini inclinavano verso i Rom ani, di notte ne parti, andando a raggiun. gere Mitridate in Nicomedia. Niuua fatica ad unque cost quell* acquisto ai Romani. Questa citt trae il suo nome da certa JVaide , ninfa , e fu chiamata Nicea, e venne fondata da alcuoi Nceni, i quali erano stati nell* esercito d Alessandro, e c h e , dopo la morie di lui , ritornando in patria, fermaronsi ivi , e le diedero popolo e forma dj citt. Quella Naide Nicea di cesi nata da Sangario* dominante del luogo, e da Cibele , la quale, pre* ferendo fu virginit alla convivenza con uomo

eiASSa mima , isse nelfu montagne e si ooeup delfu eaecfugion Bacco s* innamor di l e i , ma essa il rigettava* Laonde, veduto in nessun* altra maniera poter averla alle sue voglie, ebbe ricorso alPinganno ; e rfuganno fu che emp di vino fu fonte, alla quale, stanca del caccfuce, Nicea era solita ad abbeve rarsi ; ed essa ,<che noo si accorse delta frode , bevuto chehbe , grave del capo e caduta in pro fundo sonno , fu , nou volendo , fa cifu preda al proeace amatore; cosicch da essa eacque poi il ftgiiro ed altri figli. Gli uomini che furooo i fon datori e popolatori della citt di cui partiamo, erano prima vicini alla Focide ma perch di poi ribellaronsi, i Foce si li cacciarono dal p aese, e ne demolirono te abitazioni. Noi abbiamo riferito come Nicea avesse quel nome e da chi fosse foudata , e come veuisse in potere de* Romani Mitridate intanto rima ne vasi in Nicomedia. Cotta, volendo riparare i passati danni, da Calcedonia , eve avea toccata la rammemorata scooftta, mosse fu sue truppe verso Nicomedia , piantandone gli accampamenti alla distanza di centocinquanta stadj, e guardandosi dall* impegnare uua battaglia. Col a marce sforzate recossi di suo proprio moto TVtario t e M tridate si chiuse in citt. Entrambi gli eserciti romani prepararonsi ad espugnarla. Ma il re, informatp di due battaglie navali, seguite una verso Teoedo , 1 altra oel mar Egeo, e viute da * Luca/fu , n trovandosi in forze per far fronte ai Romatti, mosse la sua armata verso il fume, ove, sorpreso da fiera tempesta , perdette alquante tri remi. Nondimeno con molte altre recossi nel fume Ipio, dove, mentre fermossi, cos obbligato a fure

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STOBIcr z BlOGRtfl PROPINI. 36 $ dalla tempesta, avendo, udito essere al governo di Eraclea Lamneot a lui da molto tempo congiunto in amicizia , con molte promesse il dimaud che volesse ajatarlo onde venisse accolto nella citt. A tale effetto avea anche mandato danaro. Lamaeo fece quanto il re ch ied eva, ed ecco come. Appa reccbi egli un lauto banchetto fuori della citt agli abitanti della medesima, durante il quale dichiar che le porte non rimarrebbero chiuse, e il popolo beo beue avvinazz. Coutemporiinesmente era stato d'intelligenza cen Mitridate che io qnel medesimo giorno il re avesse da sopraggioogere. E cos avvenne ; e Mitridate si fece padrone della e it t , senza cbe dell*arrivo suo si subodorasse. Il giorno dopo il re convoc a parlameuto la plebe, fu esort con belle parole a serbargli fede , e ne consegn il presidio con quattromila uomini a Connacorige. Il pretest o p res o da fui fu che avrebbe difesi i cittadiui e conservata la citt, se i Romani C o n tro gli* u d e altra avessero fatto alcun tentativo. Quindi', distribuito danaro tra*cit tadini , e specialmente tra m agistrati, parti alla volta di,Sinope. Lucullo , Colta e Triario , uniti insieme gl i eserciti presso Nicomedia , pensarono di fare una * irruzione nel Ponto. Ma saputa 1 occupazione di E raclea, n iuformati ancora del tradim ento, e Credendo che il fatto fosse avvenuto per generale consenso della citt , fu idea di Lucullo eh* gli marciasse contro il re e il regno col grosso del1* esercito, passando pei paesi mditerranei e per la Cappadocia ; che Cotta andasse ad espugnare E raclea, e che TYinrfu, p reso il comando dell'ar* FoiiOf Voi, L 34

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CLASSE P f t I U i ,

mata, nel ritorno che far doveano le savi di M i iridate spedite in Creta ed io Ispagoa , le inter * cettasse vers 1 Ellesponto e la Propontide. Delle quali cose informato il re , si diede a nuovi *apparecchi di guerra , sollecitando i re degli Sciti , il Parto e Tigrane* armeno suo genero. Gli altri si rifiutarono; ma Tigrane, quantunque per fungo tempo tardasse, eccitato continuamente, non senta sua noja, dalla moglie, figliuola di Mitridate^ pro mise infue di ajutarlo, Iatanto Mitridate mand diversi de* suoi generali contro Lucullo ; e dopo molte b attaglie date con vicendevole fortuna , ora prospera ed ora avversa, per lo pi i Romani ebbero vantaggio , a Mitridate incominci a mancar attimo. Messi iusieme per quarantamila nomini a piedi e ottomila a cavallo , li assegn a Viofante e a Tassile , i quali, unitisi ai generali mandati prima , da principio fecero la piccola guerra con marcie contromarche e attacchi di po sti , e cose simili , esplorando di tale maniera gli eserciti le loro forze. Poscia si venne a due for tissimi incontri tra la cavalleria d* entrambe fu parti, D e l l ' u n o de* quali fu/o no vincitori i Romani e nell*altro i Pontici. E mentre seguivano queste cose , mand in Cappadocia una partita per tras portar provvigioni ; co$a che, saputa da Dio/ante e da Tassile t indusse questi a spedire quattromila fanti e duemila cavalli , onde * postisi a mezza S t r a d a in aguato, togliessero i convogli che sareb bero coudotti al campo de* Romani. Ma quando le due partite v e n n e r o ad azzuffarsi , i Romani , rinforzati da Lucullo con altre truppe rimasero superio ri, e i 9*rbari dovettero darsi alla fuga.

STOBI C I, B IO G B irr .

3yi

Dietro ai quali sempre pi i Romani spingendoti, giunsero agli accampamenti di Diofante e di Tassile, ove , fattasi la battaglia maggiore , poco tempo i Poutici resistettero; e poich pei primi dal campo si allontanarono i capitaui , esito del contatti* mento non rimase pi iocerto ; e que* capitani medesimi furono quelli cbe andarono ad annun ziare a Miiridate la strage de* suo* In quell* in contro peri uo gran numero di Barbari. In questa maniera volgendo la fortuna di Mitridate in peggio, ed ammazzale le sue mogli, egli dai monti Cabiri, ov'erasi tenuto per alcun tempo na scosto, $i diede alla fuga nella quale sarebbe anch stato preso dai Galli che lo inseguivano , te lo avessero conosciuto di persona e se non si fosse dato il caso che s* imbattessero iti uoa sua mula carica di preziose robe, e d'oro e d'argento, per ciocch perdettero il tempo in far quel bottino. Egli si ripar in Armenia. Lucullo mand contro Mitridate Pompeo , ed egli con tutto l'esercito s'incammin ai monti Ca biri ; e circondata la citt , avendo i Barbari do mandalo di trattare, si accord eoo essi* cd ebbe in poter suo la piazza Di l volt verso Amiso; e perch gli abitanti non lo ascoltarono, si port ad assediare Eupatoria, per pi facilmente pren der la quale fece vista di andar molto trascurato neU*espugoazione , ad oggetto che , fidali nell'ap parenza , i nemici stessero poco attenti, ed egli potesse poi sorprenderli all* improvvisa Cos av venne di fatto, e eoo tale stratagemma la citt fu presa ; imperciocch mentre fu sentinelle e fu s guardie a tutl' altro pensavano , fatto mettere fu

CtASSZ r i!M i , scale alle m u r a , vi fece entrare i suoi soldati. Presa cbe fu Eupatoria, egli la demol. Poco dopo fa , per iscalata , presa anche Amiso ; ed entrativi i Romani den tro, da prima si fuce gran macello de* cittadini, ma poi Lucullo sospese ogni violenza, e la citt e il paese restitu a quelli eh 9 erano ri masti 9 usando verso .di essi maggiore clemenza che verso altri M itridate , giunto da suo g en ero , non pot o t tenere un abboccamento con lu i; ma per ebbe una guardia e tutti gli offcj deH'ospitalit. E come Lmcullo avea spedito a Tigrane Appio Clodio , dom andandogli per mezzo di lui M itridate , quel re noi consegn , dicendo , troppo temere egli il rimprovero che fatto gli avrebbero tutti gli u o mini se dato avesse nelle mani de 9 nemici il pa dre di sua moglie. Sapere egli in vero essere tridate un uomo cattivo , ma dover rispettare i vincoli della parentela. Rispose anche in lettera in tali sensi a Lucullo ; la quale lettera irrit quel R o m a n o , perch Tigrane non gli diede il titolo d'imperatore ; il che fece perch anche Lucullo , scrivendo a l u i , avea omesso di chiamarlo re dei re. E qui finisce il libro X V della storia di Memnone. Ecco poi ci che segue. Cotta marci verso Eraclea, ma prima condusse l'esercito a Prusiade. Questa c it t , dal fume ch e le scorre presso , era stata chiamata Ciero ; m a avendola tolta agli Eracliesi il re di B itin ia , l a chiam dal suo nome. Cotta di l scese al Pont o , ed oltrepassata la spiaggia marittima, and a p o r r e il campo presso le mura piantate sull*altura. F i d avanti gli Eraclie si nella fortezza del l u o g o ,

s to ric i i

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ra o riK T .

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rispondevano vigorosamente, col presidio cbe ave* vano, airimpelo di Cotta, sicch molti Romani vi perdevano la vita. Pativano per anche gli Era cliesi. Durando essi nella difesa, Cotta richiam i suoi dall* assalta, e tratto pi discosto il campo, intese solamente, e con gran diligenza , ad impe dire agli assediati le oase necessarie. Per fu che nata in citt gran carestia , mandarono deputati alle coloofu per comprar vettovaglia, e i furo de* putati furoao benignamente accolti. Triario intanto * iu breve tempo messa in or dine Parmata, a partitosi da Nicomedia, assalt fu triremi pontiche, che di sopra dicemmo essere state mandate a Creta e in Ispegna ; ed avendo eeouto che fu altre aveano dato di volta, molte di esse essendo anche perite o per tempesta di mare, o in combattimenti incontrati coltene quelle cbe trov presso Teoed o , venne con esse al fatte dVrmi. Settanta triremi erano le sue, fu pontiche erano poco meno di ottanta. Da principio queste sostennero Piropeto de' neiniei, ma poi presero fu fuga; onde, sparpagliate, diedero piena vittoria ai Romani : e cos fu perduta tutta Parmata di M itridate con esso fui uscita verso l'Asia. Cotta poi , cbe stava sotto Eraclea , non avea ancora mosso tvtto P esercito per espugnarla, ma adoperava alcune partite di Romani, alla testa dei quali faceva camminar* de* Bitfui E mentre molti r imanevano feriti, con opere e con macchine an dava ispirando animo una testuggine sfugofur# mente cbe fece fare , pi d*ogni a ltra , mise epa* veuto negli assediati. Con questa adunque tutte fu forze de* soldati impieg, applicandola ad uua

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classe

n iM i;

torre che dava speranza di vederla precipitata a terra. Ma battuta e ribattuta con tutto l* impeto, nou solamente, contro l'aspettazione, rimase salda, ma P ariete stesso , eoo isfasciamento di tutta la macchina, si spezz. Presero gran coraggio da questo fatto gli Eracliesi , e in gran turbamento cadde Cotta, incominciando a temere che la citt non potesse cadere. Avendo messa a nuova prova quella macchina, il giorno appresso, senta miglior costrutto, la fece abbruciare , e agli artefici che l*aveao costrutta fece tagliar la testa. Quindi la sciato presso le mura uu presidio , col rimanente esercito and a mettere fu stanze in uu campo detto il Liceo, luogo ove era larga copia di vitto; e devastato tutto il paese intorno ad Eraclea, ne mise gli abitanti in grandi angustie. Questo fu motivo peich la citt mandasse inviati agli Sciti abitanti nel Chersonaeso , ai Teodosiani e ai D i nasti, de'contorni del Bosforo, per avere aiuto ; osa che non riusc senza effetto. Ma nel meotte 9 che al di fuori Eraclea era travagliata dai nemioi, gravi angustie soffriva nell' interno ; perciocch i soldati cbe la presidiavano nou erano contenti di ci di che il popolo viveva , e a forza di basto nate volevano obbligare i cittadini a dar loro quello che non avevano. E pi importuno de9sol dati era il loro comandante Connacori%e% il quafu non.solo non proibivate violenze de*suoi, ma le permetteva loro apertamente. Dopo poi che Cotta ebbe devastate le campagne, di nuovo assalt la citt; ma vedalo che i soldati vi si prestavano debolmente, desistette dai suoi tentativi, e mand a chiamare Triario , onde prontamente venisse

S t o r i c i z b t oc i i f i r a o r i f f i .

3 ;5

eoa fu triremi, per intercettare agli assediati ogui comunicazione dalla parte del mare.

Tr tatto per tanto tohe seco quante navi ave a * e venti di Rodi, cbe insieme facevano quaranta* tr, pass uel Ponto; e dell*arrivar suo concerta tosi con Cotta, accadde che nello stesso giorno Cotta conducesse esercito sotto le mura delfu c itt , e Triario te stendesse dirimpetto, dalla parte del mare, l'armata. Pel reoentioo apparir di quelle navi turbenonsi gli Eracliesi e treota delle furo, ma non abbastanza armate, mandarono fuori, e tutti del resto intesero alla difesa delle mura. Alle furo navi y inoltratesi iu alto mare contro i nemici, i primi muovere furono i Rodiotti, per perizia e fortezza pi degli altri popoli riputati ; e nel subito urto tra le due parti tre navi dei Rodiotti e cinque degli Eracliesi andarono a fundo; poi, sopravvenuti con fu loro i Romani, dopo re ciprochi danni ruppero gli Eracliesi, e li obbliga* rono a fuggite verso fu citt eoo la perdita di quattordici navi , entrando essi intanto vincitori con la furo armata nel porto maggiore. Coita dalla parte di terra noo pot ancora far nulla e dal l'assalto cbe teatalo avea richiam il suo esrcito; osa fu navi di Triario , ogni giorno ascendo d tl p o rta , impedivamo chiunque cercasse di portar -provvisioni di avvicinarsi alla* citt. Gran earestfu adunque ebbe a soffrirsi iv i, a segno che una misura di frumento, dette ctitnice* valeva fno ad ottanta attici. Alle altre 'sciagure poi s* aggiunse anche la peste, fusse per mutasfune dell'aria, fosse per fu cattive cose di che i popolani erano co* stretti a cibarsi; e per tante diverse calamit f u

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diversi modi gran numero d'uomini andava iw h rendo, tra i quali fu tanche Lamico* il quale per coesumossi con pi acerbi dofuri e pi luoghi cbe gli altri. La peste avea attaccato in ti^ olac mode i soldati del presidia, cosicch di tremifu eh* erano dianzi mille morirono Con notorige, disanimato da tante calamit, pens di eonsegnare la citt ai Romani eoo le mina degli Eracliesi, procurando la propria salvezza. E a questo disegno suo prestava mano un certo Eracliese, emulatore de* consigli di Lamaco$ e per fu morte di quello succedutogli nel pesto. Chiama* vasi eeslui Demofili. Connacori^e non fdavati di Cotta, eh malvagio e sleale il conosceva, e per* ci si rivolse a TVfuro* e ne Tu mezzano Derno* f ili; sicch poi fermati i patti, per l adempimento de* quali entrambi speravano d esser beati , die* dero mano al tradimento. Delle trame loro intanto usci voce tra la moltitudine ; onde si radun la concione, e si chiam il comandante del presidio a cui Brittagora, uomo di pcincipafu credito tra i cittadini * apertamente espose la situazione . delfu citt , e domandoli? scegli approvasse die per fu saluto comune s*aprisse trattata con Triario* Di queste oase parlato avendo Brittagora in tuono lamentevole , quai veniva ospitalo dalle presenti miserie , ed aggfunte preci caldissime , Cannaco* rige altamente rispose non essere da cercar pace, bens doversi star, furti odfu confdensa di miglior fortuna e nella conservazione della libert ceaanne, sapendo egli da lettere avute che il re era stato ottimamente accplto da Ti&raoe, suo genero , n tardato avrebbe quel monarca ad accorrere in

STORICI Z M O G A ln F R O riH f.

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soccorso della citt. Falso era il dir di costui e e oo grandi parole amplificava l e t o t a Onde tratti in inganno gU Eracliesi per la ragfune cbe srm~ pre si crede a ci che si desidera, alfu astute bu gie di fui come u verit , prestarono fude. Ma qando Conrtacorige li vide cos quietati nella seguente notte egli con tutti i soldati suoi u sc , ed imbarcossi sulle avi romane ; cos per patto accordato con Triark* eh* egli andasse salvo con fu sua truppa, portando seco quanto avessero. Dal canto suo DemofiU, aperte le porte , fece entrar dentro Triamo e lesercito de* Romeni, aleoni dei quali , mentre i pi erano affollati alfu porta , ai iottdussero travalicando le mura. Allora ceoob* bero gli Eracliesi dessere stati traditi, e parte di essi si arrend a nemici, parte si lasci trucidare. Tutto poi vfun messo a ruba , e crudelmente si trattano i cittadini, irritati i Romani dalla memo* ria di quanto sofferto aveano nel combattimento navale e nel lungo assedio; perci n meno quelli lureno risparmiati ebe si efano tratti a* piedi de gli altari, ma ivi ne1 sacrar] tutti spietatamente, quantunque supplichevoli, immolavansi. Per fu ebe molti pel terrore d* inevitabti morte, aitati gi delfu mura, si dispersero per tutto il paese, e al cuni si videro costretti a rifuggirsi presso Cattai Da questi informato della presa della citt, della strage della gente e del saccheggiamento d egei c o sa , acceso d 'ir a , vol alla citt. N egli solo, ma tatto l'esercito fu dolente, non solo di vedersi spogliato. della gloria per quanto di splendido aveano fatto , ma eziandio di rimanere defraudati fui premio. E sarebbero venuti aHe mani co* furo

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C LASSE HUMA ,

stessi compatrioti, se Triario, veduto il mal umore suscitato f con belle parole noo avesse placato Coita e non avesse altamente promesso di met tere in comune tutto il bottino. Cos fu impedita una guerra tra loroi Tosto che poi Coita ud che Connacotige avea oceupate Tio ed Amastri, iodilatameute spedi Triario a cacciare colui da que* luoghi ; ed egli* fraU tanto, ricevuti quelli che si erano spontaneamente dati, e i prigiouieri, tutte le cose prese a gover nare con la pi crudele sevizie ; e nel cercare in ogni luogo quanto potea trovarsi di cose preziose, niun riguardo ebbe alle sacre ; imperciocch lev fu statue e le pitture, che belle e mohe erano da per tutto e con esse l'rcole che era nel fro e Pomato suo, disposto a piramide, che per la spesa, per la grandezza e pel lavoro non oedeva a nes suna opera delle pi celebrate. Eravi la clava fatte a martello , e doro purissimo ; eravi la pelle del leooe, di che il Nume veniva coperto; eravi fu faretra, d* oro anch* essa , con dentro Paroo e fu frecce. Molte altre belle e mirabili cose lev dai templi e dalle citt, e tutto fece trasportar sulle Davi , e io ultimo ordin ai soldati cbe alla citt attaocassero fuoco , e P abbruci in molte parti* Cosi fu presa e soggiogata Eraclea dopo che avea sostenuto uu assedio di due aooi* Triario intaato recatosi alle gi dette citt , quelle a certi patti prese, data sicurt daudare ove volesse a Conna* corigei che avea creduto con Poccupazione di quelle poter nascondere il tradimento usato ad Eraclea. Cotfa$ fnita Pimpresa, siccome si narrato , Pe sete ito consegn a Lucullo* e mand le truppe

STOBtCt S B fO C B lri PRO r i ITT.

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degli alleati ai rispettivi furo paesi, salendo egli poi sulla flotta. Una parte delle navi, eh' erano delle spoglie della citt sopraccaricate, non lungi dal lido affond , una parte da contrario vento e da procelle spinta in secche, fu s agitata e scossa, cbe assai soffrirono le cose trasportate. Ltonippoy che, insieme con Cito cari, da Mitri date avea avuto il comando e la difesa di Sinope, circa quel tmpo, veggendo disperate fu cose, mand a Lucullo per dargli quella citt. Ma CUoce ri, unitamente a Seleuco, commissario ivi messe dal re, e di eguale autorit con que* dne, subodo rato il maneggio di Leonippo, chiam la concione, ed entrambi querelarono colui. Ma il popolo, che teneva per uomo buono Leonippo , non prest fede allaccusa; per lo che la fazione di Cleocari > temendo il troppo favore io che presso la plebe era colui di notte improvvisamente I' assalt e Puccise. Di mal animo soffr il popolo quel fatto e Cleocari co* suoi, credendo di salvarsi dalla pena dovuta al commesso atteotato, impossessatosi del comando, cominci a governar da tiranno. In tanto Censorino , comandante delP armata de' Ro mani, con quindici triremi recando vettovaglie dal Bosforo al campo de suoi , approd a Sioope i donde uscito Seleuco con triremi sinopest, attacc Pannata romana, la vinse, e le navi da trasporto, cadute in poter suo, divennero preda di lui e d Cleocari Insuperbitisi costoro dei favori ottenuti dalla fortuna, pi tirannicamente ancora trattavano fu citt, mandandone a morte gli oppidani seoza processo, e la crudelt loro esteodendo a molte altre cose* Ma non tard a nascere fra furo f u

classi ratti* discordia, volendo Cleocari continuare fu guerra , e Sehuco intendendo di fare mano bassa su tutti i Sinopesi, e di dare poi la citt ai Romani, pat~ tu itane un* ampia rimunerazione. Ma non avendo essi potuto accordare, messo sulle navi quanto possedevano, passarono a Macaria figliuolo di M i iridate^ che alfura stanziava nella Colcbide. Erasi Luculio accostato a Sinope, e mentre fu stringeva con forte assedfu , Macari gli mand una deputazione* chiedendogli amicizia ed alleanza: Benignamente ricevette Lucullo quella deputazione, e rispose che avrebbe aderito alla proposta, pur ch ai Sinopesi Macari non mandasse vettovagliai e questi non solo accett il patto, ma di pi fece audere a Lucullo fu provvigioni ch'era no destinate a MUridate. Veduta tal cosa quei della fazione d Cleocari 9 perdettero ogni speranza di sostenersi, ed imbarcale tutte le ricchezze che poterono, data ni soldati permijeidne di saccheggiar la citili, di notte navigarono tatti nell interno del Ponto , ri parandosi solla costa abitata dai Saneg} e dai Lazj. Nel partire e#si aveano attaccato fuoco al rima nente della flotta, dal cui incendio conoscendo LuctUlo cosa fosse accaduto, fece scalare fu mura dai soldati, i quali sulle prime fecero grande strage de* miseri abitanti. Ma sentita piet d* essi Lucullo, ordin che si cassasse. In questa maniera Sioope cadde in potere de* Romani. Resisteva per anche Amasia, ma non tard guari a darsi essa stessa atta loro fede. M i iridate, fermatoti uo anno ed otto mesi nelle parti d'Armenia, non pot mai ottenere di vedere suo genero^ ma finalmente, pregato e ripregato di

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STORICI Z BfOOBAFl F I O PANI.

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permettergli un abboccamento , Tigrane gli and con molta pompa incontro, e lo accolse con reale magrtificeoza. Per passarono tre giorni prima che venisse a parlamento con lui. Indi con lautissimi banchetti avendogli dimostrata la sua benevolenza, il rimand nel Ponto, provveduto di diecimila uo* mini a cavallo. Intanto Luculio entra in Cappadocia 1 e preva lendosi dell'amicizia di Ariobarzane, re del paese, improvvisamente con un corpo di cavalleria passa 1' ufrate , e va ad assaltare la citt in cui avea saputo che Ti^rane teneva le sue concubine, e fu pi preziose e care sue cose. Poi lascia truppe che assedino Tigranocerta , ed altre che lo stesso facciano delle citt pi cospicue. Cosi da molte parti assaliate l'Armenia, Tigrane manda a ri chiamare M itridate, e spedisce uo esercito per difendere la citt nella quale erano le sue donne* Q uesto esercito , avendo potuto con una grandine di saette impedire ai Romani di uscire dai loro steccati, pot mandar fuori della piaiza, di notte tempo, le donoe e il tesoro; quando poi fu giorno, i R omani e i Traci, venuti al fatto d'armi con gli Armeoi , fecero di questi ampissima strage , n furouo meno de* morti quelli che presero vivit ma le persone e le robe mandate innanzi a T i grane rimasero salve. Questi per salvare Tigranocerta , e cacciarne lungi i nemici^ s'invi a quella volta con ottanta* mila uomini^ e vedendo la meschinit dell'accam pamento romauo, superbamente disse che se quelli erano ambasciadori erano venuti in troppi, ma in pochi se nemici. Dette fu quali cose si accamp.

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CLASS* TZlMA ,

Ma Lucullo compose con singolare iogegno il suo esercito , e eoo accoocio discorso messa fdaosa ne* soldati , il destro corno degli Armeni imme diatamente fug, poi trattosi .contro il corpo vi cino , tutti voltarono le spalle Graode fu dunque il disordine, e a proporzione del numero graude la strage. Tigrane, dato il diadema e le altre iosegne reali a suo figlio , and a ripararsi a certo castello; Lucullo, dato d volta, ritorn sotto T igraoocerta , e strinse f assedio eoo maggior forza. Allora i legati di Mitridate , i quali eraoo nella citt, vedendo le cose disperate, si diedero a Lu cullo , assicuratisi la vita. Mitridate poi, ritornato a Tigrane, gli fece coraggio, e fu adorn d* insegoe reali noo meno splendide delle usate. ludi lo consigli a mettere iosieme uo esercito , aveudo anch'egli un numero non disprezzabile di soldati, giacch con la vittoria sarebbe si rifatto dei daoni della guerra. Ma T igrane fece arbitro d tutto Mitridate , poich co* nasceva quanto valore e quanta prudenza avesse, e quaoto fosse esperto nella guerra coi Romani., Intanto , mandati ambasciadori a Frodate , re dei Parti, domaoda che voglia permettergli di usare della Mesopotamia , delTdiabeue e delle cos chiamate Grandi Valli; e come giunsero a Fradate anche ambasciadori di Lucullo , quel re fnse coi Homaoi d'essere furo amico ed alleato , e finse la stessa cosa con PArmeno. Intanto ritoroato Cotta a Roma , fu dal senato con opor ricevuto , ed iosignito del soprannome di Pontico per aver presa Eraclea. Ma saputosi poi come egli si era condotto , veuoe in odfu a

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tutti , e le grandi ricchezze portate seco gli crea rono invidi?. A distruggere questa , la maggior parte delle spoglie nemiche mise, nel pubblico erario; ma,presso i Romani ci uon g io v , co munemente credendosi che nell* erario non avesse deposto che la minima parte. Fu anche fatto de-, creto che i prigionieri di .Eraclea s mettessero io libert.Uno di quella citt infelice, di nome Tra* simede, prese ancora ad accusar Cotta iu pubblica concione , e a ricordare V affezione del suo paese Verso i Romani, dicendo che se diversamente era paruto, la colpa essere stata non de* cittadini, ma de' magistrati, e tutto effetto di fraude e di vio lenza nemica. Poi mise innanzi il luttuoso spetta colo dell incendio deplorabile e il guasto orrendo avvenutone , e come Cotta fece sua preda le statue distrutte, come rovesci, i templ i , come mille altre nefande cose commise; e a parte a parte an nover la quantit pressoch infttila d'oro e d'ar gento, e ogni alira ricchezza della citt che volse in proprio lucro. E queste cose accompagn eoo sia g ulti e con pianto, ed accrebbe la commiserazione Taspetto di una moltitudine d'uomini, di matrone, di ragazzi, tutti vestiti a luito , c tutti con acute grida di dolore chiamando misericordia , ed al zando palme d'oliva che tenevano nelle mani; sic* ch i Romani e i maggiorenti tra loro rimasero tocchi. E fattosi in mezzo Coita, poich ebbe detto nella sua lingua alcune cose, alzatoglis contro Carbone: Noi, disse, o Cotta, ti commettemmo di prendere quella citt, non di rovesciarla. E dopo lui altri ancora fecero un simile rimprovero a Cotta. Da molti si pens che meritasse esigi io :

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CLASSE PRIMA ,

nondimeno si us moderazione, e gli si tolse so! tanto il laticlavio. A gli Eracliesi poi fu restituito paese , porto e mare , con la promessa dichiara zione ehe nessuno d'essi fosse io servit. Fatte queste cose, Trasimede rimand alfu pa tria la moltitudine , ed egli con Brittagora e con Propiloi figliuolo di Brittagora, fermatosi in R oma alcun tempo , gli affari deLsno paese procur * e passati alcuni uni in tali faccende , con tre navi cariche ritornato in Eraclea , cerc con ogni ma niera di richiamarla, per dir cosi, a nuova vita. Ma con tutti i suoi sforzi , appena pot m ettere insieme ottomila uomini da lavoro , che tanti fu rono di numero. Brittagora poi, crescendo gi la citt , fece sperare al popolo antica libert ; e passati non pochi anni , mentre Piirtperio romano cadde in potere del solo C. Giulio Cesare , and a lui insieme con altri deputati de pi nobili , e tra questi era anche Propilo. Ove , fattosi a lui conoscere , ed ammesso anche nella sua intimit , ebbe s la promessa, ma a primo tratto la liberta che cercava non pot conseguire , poich Cesare non fermossi in Roma, chiamato altrove da gravi affari. Noo ristette per Brittagora dal proposto , accompagnando continuamente Cesare da per tutto, e sempre standogli innanzi agli occhi insieme con Propilo ; tanto che quell* imperadore non oscura mente dimostr approvare la domanda di fui. Pas sati dodici anni nella familiarit de*Romani , nel punto in cui Cesare avea stabilito di ritornare a Roma, Brittagora, consuuto dalla vecchiaja e dalle fatiche, cess di vivere , e lasci la patria sua in,, gran pianto. E qui finisce il XVI libro delle sto

rie di Memnone $ che abbia mo compendiato*

STORICI c BIOGKAri PROFARI 385 Scrillor prudente apparisc'egli in questa storia, e d ad essa uo bel carattere di sveltezza. Pone diligenza in essere chiaro* usa digressioni, singo larmente obbligatovi dalla necessit e dalla con venienza de* fatti stranieri , troppo counessi col suo argomeuto. N peT fa ci frequeutemente , ma quando se ne sente stimolato ; e sempre ri* torna al proposito. Adopera poi parole usitate , e non fu muta che assai di rado. Nulla ho da dire degli otto libri che vengono dopo i sedici gi indicati , perciocch uoa mi ancora avveouto di vederli. N IC E F O R O PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI tP lT O M I
s t o r ic a .

Prende incominciamento dalla morte di Maurizio^ C. 66 e procede sino al matrimonio di Leone e % Irene. Il suo stile non ha superfluit, n oscurit; e con somma diligenza ha usate parole scelte, e compo sizione di discorso n troppo sciolta , n troppo stretta ma quale potrebbe adoperare qualunque retore od oratore veramente perfetto. Schiva ~egli le nuove espressiooi ; u omette quello che l'anti chit e l* uso hanno approvato. Gli coucilia favore fu giocouda maniera da essofui tenuta nel dire; e, per comprendere tutto io breve, egli oscura tutti quelli che prima di fui scrissero storie, salvo che per essere troppo breve sembra non avere tutta la venust che potrebbe in esso desiderarsi. FoziOy Voi. L a5

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CL4S9Z FBIMS,

MALCO SOFISTA
LIBAI

vii ni

STj DBIS JISiTIN.

Incomincia dal tempo in coi Leone%imperatore Tanno diciassettesimo del suo regno mori. Narra per* ci l inaugurazione di Zenone, e come questi visse poi cacciato dal trono , e ritornato in condizione di privato j eos pure come deponesse la porpora Basilisco lui sostituito , e quindi il ritorno al trono di Zenone , e la strage di Basilisco, la cui moglie, e i fgli, per una iniqua legge furono in sieme trucidati. Simifu sorte ebbe Armato che avea ricondotto Zenone, quando questi fu da Onulfo ucciso. Riferisce pi|r$ le sedizione di Tendineo 9 fgliuolo di Triario $ e amicizia di Teuderico, figliuolo di Malamijco*i e la guerra collaltro Teu derict e la battaglia contro Zenone, e la ribellione di Marciami* e prima di questa fu futidie contro Zenone della suocera Benna* e l'esilio perpetuo di Marciano % siccome fu prime insidie della stessa Berma tramate contro Illo i e come T^nderi^p figliuolo di M alam iro, fraudoleulemeqte occup Epidamno. Raccontate queste cose tocca eziandio quelle de Romani ; e termina il settimo libro eoo la. morfu di Nepote che della imperiale dignit spogli GliceriOt ed invase il. trotto lui da impe ratore facendo far eherico, e in appresso costi* tuendo, vescovo., dal qpafu poscia insidiosamente fu .rufuate Questi, setto libri sii storie indicano parecchi altri precedenti essere stati da, esso M alto scritti; e il prfuc^io del primo di questi ietto di-

t SIOOZAr i p r o f a n i . 357 mostra fu medesima cosa ; cerne pur si vede nel settimo ebe se avesse avuta pi lunga Vita avrebbe scritto s ocors di pi. Fu questo M&lco di Filadetfa, e valentissimo quanto ognun altro nello serivere fu storfu, poich poro, niente ridondante non confuso, usando parole e frasi sommamente fiorite e significanti , tendenti a eerta grandezza e pompa * n lascia di .adoperare voci e frasi nuove ; e quando egli salza con certa veemenza , fa che quelle abbiano alcun che di sonero e di grandioso. Laonde parmi espri mere tutto pianto richiede la giusta norma del sermone storico. Applicatosi alki professione di sofista giunse all'apice deila rettorie; e debbtfnnoverarsi, in quanto al culto religioso, tra i Cristiani*

STORI C I

NONNOSO
STOHIA DELLZ IiZ O iZ lO N f.

Questopera comprende qunto concerne fu am - C. bnscerie , di eui Nonnoso fu incaricato verso gli Etiopi, gli Omeri ti, e i Saraceni, nazine allora potentissima, ed altre verso altri popoli orientali. Fu a quel tempo imperadore de Romani Gi stimano* e principe de Saraceni era Katso, nipote, di r e x u , il quale tenuto avea dianzi quel prin c ipato, e a cui era stato spedito come ambascia* dote l avolo di N&rtnoso dall imperadore Ano* statio, ed avea concbiuso uu trattato di paCe. Lo stesso padre di Nonnoso , bramo di nome, era stato mandato in ambasceria a que* medesimi Sa raceni sotto il principato di Alamundaro, regnando

c t u s z prima , l imperadore Giustino ,. per ottenere la libert, come fece, di. due generali romani, caduti prigio nieri di guerra, Timostrato e Giovanni. Kaiso, a cui fu spedito ambasciadore Nonnoso% reggeva due popoli, tra i Saraceni chiarissimi, i Chiodini e i Maadeni. Anche il padre di Nonnoso era stato inviato a quel Kaiso da Giustiniano m e desimo, prima di lu i; ed avea conchiuso, un trat tato, pel quale Kaiso dato avea in ostaggio un suo figliuolo chiamato Marna, stato condotto ali Im peradore io Costantiuopoli, La spedizione poi di Nonnoso avea 'avuto due oggetti : uno de quali era di condurre a Giustiniano, se ci fosse possibile, Kaiso medesimo; e l altra di recarsi presso il re degli Auxumiti, che chiamavasi Elesbaa% eoa com missione inoltre di recarsi presso gli Ornanti. Auxuma era citt assai vasta, e quasi capitale di tutta l Etiopia, volta pi al mezzogiorno e al le vante di quello che Io sia limperio romaoo* Nonnoso scampato alle insidie di molte genti barbare, e ai pericoli delle belve feroci, come a tutti gli altri disagi che pur ebbe a soffrire, condusse a termine i suoi viaggi, e ritorn salvo alla patria. Narra egli dunque qualmente, essendo stato una seconda volta bramo a Kaiso , questi por tossi a Costantinopoli , diviso avendo il suo governo tra Ambro c leiidop suoi due fratelli, e che egli ebbe dall imperadore il govern della Palestina , dove seco lui si port una moltitudine d uomini suoi sudditi. Ecco poi alcune particolarit da Nonnoso esposte* Dice che quelli che presentemente chiamansi Sandali, gli antichi li chiamarono Ai bili.

388

38 Dice che per la pi parte i Saraceni, tanto quelli che abitano nel Fenicooe, quanto quelli che soggiornauo oltre il Fenicoue , e i monti chiamati Taureai, hanno per sacro un certo luogo, dedicato ad alcun J)io, ove due volte alPanno concorrono. Uno di que* concorsi dura un mese intero ^ e ci accade circa la met di primavera quando il sole nel segno del Tauro * laltro dura due mesi ; e ci accade dopo il solstzio estivo Questi concorsi sono .mirabilmente pacifici, nou tanto per parte dei Saraceni medesimi, quauto anche rispetto ai fore.atieri, i quali capitino col ; e giungono que* po polani a dire che ffuo le bestie feroci e seco me* desime , e con gli stessi uomini vivono iu quei tempi tranquillamente Nonnoso narra altre cose meravigliose, e molto simili alle favole. Lungi da Auxuma per un capunino di quindici giornate Adulioj e Nonne so racconta che passaudo egli iusieme co* suoi pel paese dello Aue, il quafu a met strada tra quelle due citt, vide un graude spcttacolo.i e fu una tale quantit di elefanti che si credettero da quasi cinque mila. Quegli elefanti pascolavano iu uua vastissima pianura n era fa cile ad alcuno degl* indigeni avvicinarsi ai mede simi, n cacciarli da quel pascolo. Parla egli aucora del clima tra Aue e Auxuma, ch estate e iu verno sono ivi rispetiivamente al. coutrario. Perciocch fino ad A u e s quando il sofu ue* segni del Caacro, del Leoue e della Vergiue, l*estate come da noi', e la stagione somma mente secca; ma da Aue ad Auxuma ed oltre verso fu rimanente Etiopia, iu que* medesimi mesi corre inveruo gagliardissimo \ e non tutto il giorno, ma
STORICI z BlOOBri .

590 c l a s s z m i m a , et a B i o e a A r t z o p a n i . solamente fucomfuciando dal mezzod, tempo in cui costantemente comincia un grande a nuvola mento che rende Paria oscurissima, e che dirompe posc ia in grosse piogge, per le quali tatto il paese viene inondato. Itt quel tempo appunto scorrendo il Nilo ampiamente per 1* Egitto, ne allaga hi terra coin un mare. Quando poi il sole si trova in Capri corno, in Aquario e ne* Pesci , gli Aduliti sino ad Aue hanno uo profiuvfu di pioggia} mentre da Aue ad Auxuma , e alla rimanente Etiopia allora si fu estate, e la terra matura i suoi frutti. Navigando Nonnoto da Farsa, fino all*ultima delle sole che a tale direzione si trovano, ebbe a veder cosa che fa maraviglia anche al solo udirla $* incontr egli in cert*unS, di forma e figura sivvero umana, ma che erano di statura piccolis simi , neri di pelfu, e tutti pelosi della persona. Simili agli uomini erano fu doune , e i ragazzetti anche pi piccoli. Tutti andavano nudi ^ e sola mente gli adulti coprivansi con qualche poca cosa le pudeode. Nessuno per d*essi avea alcun che di selvatico, o di feroce : aveano voce umana 9 tale per che quei del paese noo ne intendevano pa rola, e molto meno poi Nonnoso e i suoi com pagni. Ostriche di mare, e pesci gittati nell*isola dal flutto , erano il furo alimento. Nessun segno d'ardimento videsi in loro, i quali anzi al compa rire de* nostri, furono presi da timore , come po tremmo essere noi al vedere una grossa fiera

me* o z i yolumz n u to.

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DI CI CHE SI C O N T I E X E
NEL VOLUMS PRIMO.

Lettore .................................. pag. Notizie concer*ettt* fu Biblioteca di Fozio e fui medesimo . . . . . . . . . Prejatioae ................................... . n
L cortese

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19

CLASSE PRIMA
STORICI z IIOG B ill P R O * A NI .

A s t u c h i d i , Storia ........................................ -r- Buratti delie Storie di questo scrittore AMtitvtff o , Sopra Alessandro il gronde . Anonimo, Estratti della vita di PUegora . w A # n a io ALesSADZiNo, Storia romana , li*

21 a3 79 ivi

bri X X lV .................................................... 8 8 Anzi avo , Storie parti che, hi Uniche ed altre 93 * Delle Impreso di Alessandro il grande * libri V II . . . . . .......................... * 95 Delle cose accadute dopo Alessandro* li 98 bri X ....................... .................................. Le biiiniche , libri V ili . u t 11S Candibo, Libri III di s t o r i * ....................... C i r *Laoifz, Le Mute* 0 sia Epitome sierica* ........................... * 117 libri i l

3gl
C oitone , Racconti

INDICE.

pag. 1 19 A p o l l o d o r o G r a m m a t i c o , Biblioteca . ivi C t e s i a G r i d i o , Delle cose de* Persiani , //. . . . i5 j n X X III . . . * i8 5 Z)e#e cose de/P India . . . Dsssippo, Libri IVdelle cose succedute dopo Alessandro, Epitome storica fino al?impe > rio di Claudio, e delle cose scitiche . aoa D a m i s c i o D a m a s c e .n o . Vita < Isidoro filosofo n ao 4 T Estraiti dalla pila (V Isidoro filosofo . a 08 D i o d o r o S i c u l o L i rl X L de/fu storie a 5 3 s54 E$tf*otti . . D i o n e C a s s k p , Libri L X X X di storie . . n 3o5 D i o n i g i d i A l i c a b n a s s o , Libri X X di storie n 3o6 Sinopsi delle storie , libri V . . . . n 3oj Eu n a pio. Libri X IV di croniche dopo Dexippo n 3o8 Esicaio I l l u s t r e M ilesio , Storia omnigena e romana, libri VI%e Imprese di Giustino sentore . w 3 to Erodi ano, Libri V iI I di storie . . . 3 u E ro d o to di A licarn asso , Libri IX di storie 3*4 G io s e ffo F la v io , Delia g u e rra giudaica, Ziri f 7 i ..................... ..... 9 3t6 Dette antichit g iu d a ic h e ....................... n 3 1 7 Ai ri de//e antichit giudaiche. . 33o G iu sto T ib s r i e r s , C ronaca d e 'r e giudei 1 334 Mzmkokz , Storie de* tiranni di Eraclea, ci/t dei Ponto . ............................... ..... . 335 NictroRO, p a tria rc a di C o stan tin o p o li, Epi tome storica . . . ' ............................. 385 M a lc o S o f is ta , Libri V II di storia bisanUna n 386 N o n n o s o , Storia delle legazioni . . . . 387

IW

SCELT A

DI

OPERE

<K&Ett3 E LATINE
TRADOTTE

IN LINGUA IT ALIANA

p o /. 4 6

B I B L I OT E CA DI F OZ I O
V OLUMB SECONDO

DI F O Z I O
PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI
TRADOTTA XX ITALIANO

DAL CAVALIERE

GIUSEPPE COMPAGNONI
E RIDOTTA A PI CO O O USO MD DEG STUDIOSI

rOLVME SECONDO

M I L A N O PER G IO V A N N I S IL V E S T R I
M.DCCC. XXXV1.

DI FOZIO
SEGUITO BELLA CLASSE PRIMA
STORICI E BIOGRAFI PROFANI

0 L I M P I 0 D 0 R 0
L IM I XXII n i .T O B I*

Q o i s t o autore prende incomiociamento dal settimo consolato di Onorio imperadore romano, e dal secondo di Teodosio, e conduce la sua sto eia fno al tempo in cui fu dichiarato imperadore romano Valentiniano, figliuolo di Placidia e di Costante. Oiimpiodoro nacque in Tebe d'Egitto, e fu poeta di professione, siccome dichiara ei medesimo : egli era stato allevato uella religione deGeutili. Chiara la sua dicitura * ma b a s s a e sciolta, ed affogata io u n a massa di p a r o l e e di a s i V o lg a r i. Cosicch lorazione su indegna delia s t o r i a . Di che per avventura consapevole egli medesimo, dichiara, non lutendere di presentare una storia, ma unicamente di dar materiali, o commentar] per la storia t ranto ache a lui paruto inforca* e privo dngni bl-

Fotio, VoU IL

* classz m a i , lesta il carattere delta sua dizione! di futto niuna bella idea qui splende, se non voglia dirsi che qua e l apparisce uua certa semplicit; seb bene n questa pure oousiege, mentre troppo vile il genere del suo parlare, tutto plebeo, e pieno leppo d idiotismi. Quantunque poi chiami egli questopera Selva, la divide pel in libri, e cerca di adornarla ct.ii prefazioni. Egli dedica questa Storia a Teodosio Minore, figliuolo di Arcadio, e nipote di Onorio e di Placidia. Narra egli adunque coin Stilicone pervenne a grande potenza, poich Teodosio il Grande il diede per tutore a* suoi figli Arcadio ed O/tono, ed ebbe per moglie Serena, fidanzatagli da Teodosio me* deiimo : indi data sua figlia Termanzi a iu isposa ad Onorio % ebbe questo imperadore per genero Molte guerre pe*Romani felicemente fece contro vnrie genti, finch poi fu ucciso per crudele opera di Olimpio che Slilicone stesso avea fatto familiare dell imperadore. V.'eue poi ad Alarico% re de Goti, che Stiicone avea diansi chiamato perch stesse alla difesa dell Illirico, provincia da Teodosio assegnata nella divisione,dellunpeiio ad Onorio; e racconta come, sia per la mone data a Stihcone, sia per non es s e r g li attenuto quanto gli era stato promesso, egli assedi .e prese Roma, e port via da quella citt uua incredibile quaiititi di danaro^ e Placidia slessa, sorella di O/torto, che stava alfuia iu Roma, condusse seco prigionie*a , e come prima di pren* dare quella citt, proclamato avea imperadore un illustre uomo. Aitalo di tome, che allora era.pre cagioni gi at* fetto t cose tutte avveduto per
.fu

SToztct a ztoGzsrf vzorsitt. 3 eeunate, e perch Saro, goto anch'esso, ma capi tano di poca gente, poteva avere sotto di s dugento, o al pi trecento uominij del resto, uomo geneioso, e valente guerriero , fattosi alleato dei Romani, si era dichiarato nemico acerrimo di Ala* rico, e questi avea rinunciato per sempre allami cizia di lui. Soggiunge poi in quellassedio di Roma gli abitanti essere stati ridotti a mangiarsi 1 uo laltro ; Alarico, vivente ancora Stilicone* aver toc cato di stipendio quaranta mila monete d oroDopo la morte di Slicone, essere Serena, moglie di lui, perita soffocata, per credersi ch'essa fosse stata cagione dellandata df Alarico a Roma : uc ciso Stilicone , essere stato ammazzato Euckerio , figlio di lui, e nato da Serena. Riferisce finalmente che il nome di buccellati a tempi di Onorio fu dato a soldati non solo romani, ma anche ad al cuni Goti; e nella stessa guisa quello d federati fu dato ad Una moltitudine d'uomini di niun conto, e di diversa origine : che queU'O//m/70 che ruin i Sti!icone , fatto Maestro degli oifcj, poi perdette quella dignit ; e che ristabilito in potenza, ne fu di nuovo privato ^ e finalmente fu ammazzato a forza di bastone da Costanzo che avea presa per moglie Placiclia. prima della morte essendogli state tagliate fu orecchie. Coti tal empio, uon essere andato impunito. Segue poi a dire i principali tra i Goti, che erano con Rodo^niso, essere stati detti Ottimati i ed erano circa dodici mila $ i quali tutti essendo stati debellati, Stilicene avea poi fatta lega con Rodogniso. Morto di malattia Alarico, gli ft^ dato a succes sore Adaufo$ fratello della moglie del medesimo.

c la ss *

Olimptodoto dice che il pan secco chiamava Bneceliato ; e per questo esxere venuto soldati il soprannome di Baccellurj. Esseodo stato inalzato alPimperio tirannicamente Costantino, questi mand inviati ad Onorio , scu sandosi che coltro sua volont , e dai soldati co stretto , avesse accettato imperio ; domandando perci compatimento, e dessere accettato collega, L* imperadore lo ricevette collega, a cagione delle srugustie iu cui si trovava. Questo Costantino era stato proclamato nella Btita^nia, e tumultuariamente trattato all* imperio. Prima del settimo consolato d Onorio , queiresercito , alzatosi in seditione avea creato imperatore uu certo Marco ; poi uc ciso dai medesimi, gli era stato'sostituito Grasfuno; il quale dopo qatiro mesi, veouto loro a tedio, fu da essi ammazzato. Allora salutarono Coetaniino col nome di Augusto. Costui, dato il co* mando delle truppe a Giustino e a Neovigasto, lasciando la Britannia, pass il mare co*suoi , e T enne a Bologna, citt marittima cos chiamata, e posta aui confini della Gallia. Ivi fermatosi, e ag giunti alPesercito Galli ed Aquitani, di tutta fu Gallia s* insigoor fino alle Alpi , che separano t Gallia dall* Italia. Ebbe dtie fgli, Costante e Gi* itatio , il primo dichiar Cesare, e il secondo no min Nobilissimo. Attalo, tenendo l imperio contro Onorio, si acCamp presso Ravenna y ed Onorio mand a Itti come imperadore ad imperadore Giowano% prefetto e patrizio , e valente capitaoo d'ambe le militie*, e Potam, o questore, e Giulia# o%primicerio de*notai. Questi significarono ad Aitalo qualmente erano

erosici z si oc ra ri rzoriirn 5 i nviati da Onorio, onde trattare con fui della col leganza deir imperio. Acconsente egli per con cedergli, come innocente de*mali, di abitare ua*isola9 o qualunque altro luogo che a lui meglio piaccia Lieto Gioviano risponde che Aitato avea gi spo gliato Onorio di una porzione del regno ; di che Attalo riprendendo GfuWano, fu avverte non es sere permesso dire che sia spogliato uo impera dore, il quale spontaneamente rinuncia. Giobiano* stato replicataroente inviato senza concludere uuHa, final meni e sf ferm presso Aitalo t e fu da lui nominato patrizio. In Ravenna intanto vien fatto preposto alla sacra camera Eusebio il quale poco dopo per violenza di AUovichio , e per decreto pubblico, sotto gli occhi stessi dell* imperadore fu ammazzato. Alcun tempo appresso, non secondando Onorio i voleri di Alarico, e massimamente per istigazione di Gioviano che avea traditi gl* inviati di Onorio, viene cacciato gi del trono, e rimane privato presso Alarico medesimo. Non molto dopo regn di nuovo e di nuovo fu obbligato dabdi* care. Poscia ito a Ravenna, tagliategli le dita della mano dritta venne proscritto. Anche AUovichio per avere fatto ammazzare Eusebio preposto, per ordine dell* imperadore, e io presenza del mede 1 simo viene ucciso. 1 tiranno Costantino, udita la morte di AUovichio, mosse verso Ravenna, onde collegarsi con Onorio* soprappreso da paura, ritorna indietro. Olimpiodoro dice che Reggio e ra la metropoli de* Bruzj, e racconta come Alarico volendo passare in Sicilia , ivi fu ritenuto Uua statua inaugurata dic*egli,che ivi era, vietava il passaggio Era, coma

C U S S I PfttMA,

fieoe favoleggiato , stata iiiaugqrata dagli A n tichi , tanto perch tenesse lontaiti i fuochi del l'Etna, quauto perch impedisse il tragitto ai Bar bari t perci avea all'uno de* piedi un fuoco per petuo, e all'altro acqua perenne. Quindi essendo stata rotta la Sicilia ebbe a soffrire e il fuoco delFEtha, e invasione de* Barbari ; fu eisa poi ro vesciata da Esculapio , procuratore in Sicilia dei beni di Costanzo e di Plncidia. Vinti e messi in fuga il tiranno Costantino , e Costante , suo figlio, it quale prima ^ra stato d i chiarato Cesare, e poi creato imperadore Gcromio, cbe era il capitano di quella guerra, fatta pace coi Barbari proclam Cesare suo figliuolo Massimo che era ascritto iti domestici Quindi inseguendo Costante, Io fece morire, e intanto inseguiva anche Cosian tino. In questo mentre Costalino ed Uf/ila man dati da Onorio contio Costantino 9 essendo giunti presso Arli. ove questi trova vasi col figliuolo G i liano9 mettono l'assedio a questa citt. Costantino rifuggitosi in una chiesa , viene ordinato sacer dote, datagli sicurt della vita; e cos furono aperte agli assedianti le porte ; e si spedi Costantino con Giuliano ad Onoriot il cfuale non volle perdonar loro a cagione della morte che data aveano a* suoi pa renti : onde contro la fede del giuramento h fece vendere a trenta miglia da Ravenna. Geronzio quindi, airavvicinarsi Ulfila e Costantino prese fu fuga, e venne a perire per insidie de* suoi stessi, atteso che avea assai maltrattato il proprio eser cito. Il suo fine fu questo, che essi misero fuoco alle case in cui egli stava. Molto valorosamecte si difuodeva egli coutro gli assalitori, sebbene non

storici z raorAVt. avesse in ajuto che un servo solo , di nazione lano. Quando vide dispertito il suo caso , uct:isa qnell'alaoo , e la moglie propria, cos domandando essi ; quindi uccise s medesimo Andatane la uuova a suo figlio Massimo* questi and a ripararsi tra i Barbati - Giovino presso Mogontiaco, citt della seconda Germania, usurp impero per opera di Goare, alano, e di Ganzi ario che signoreggiava i Borgo gnoni , a cui Aitalo fece che si unisse A d alfo t questi si mosse a quella volta con le sue truppe. Ma Giovino malcontento dell'arrivo di Ad%\ufo%di ci De fece querela in termini misteriosi ad Attalo. Era per unirsi a Giovino aoclie Saro : il che ve duto da AdaulfO) questi con dieci mila uomini and contro Sar, che oon ne avea seco che diciotto o venti. Fece costui mirabile difesa , egli , e i suoi eopreudosi con gli scudi; che a grande stento pot essere preso vivo: dopo di che veune ucciso Saro avea disertato da Ottorio poich seppe essere stato toho di vita Beileride , suo domestico, e 1 impe * radore non avere tenuto conto del misfatto; u' punito chi lo avea ammazzato. Parla eziandio di Donato, e degli Unni, e della bravura de4 re di cotesti popoli in saettare. Dice d'essere stato inviato egli medesimo e Donato agli Uniti; e descrive tragicamente quanto err,e quauto arrischi navigando per quella spedizione. Aggiunge come Donato fu raggirato con giuramento, indi contro Ih fede scannatoi e come Curatone, prin cipale tra i re di quella nazione , irritato per la strage di quell*uomo commessa, si plac poi ia vista dei doni dell imperadore.

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rsiM A ,

Queste souo le cose contenuto nella prima de cade dellopera di Olimpiodoro. Ecco poi da chi laltra incomincia. Giovino, creando imperadore Sebastiano , suo fratello, incorre nell'odio di Adaulfo% il quale per messi fa sapere ad Onorio che gli manterr le teste degli usurpatoti', e gli ptomene pace. Ritornati que messi ed assicurato Adaufo dal giuramento, egli mand all* imperadore la testa di Sebastiano; e poco dopo maud al medesimo in pel sona Gi'ovino che , assediato, avea dovuto arrendersi ad Adaulfo. Giunto alla Corte il prefetto Dardano fu uccise distia mano; e le teste dell'uno e dellaltro furouo esposte in cima a pali fuori di Ravenna, eomerast diausi fatto delle teste di Costantino e di Giuliano; e di quelle pure di Massimino e di Zfugettio che aveano voluto usurpare l imperio sotto Teodosio il Grande. Fu poi domandato ad Aaulfo che restituisse all* imperadore Onorio fu sorella Placidta chegli riteneva come prigioniera io Roma; e quella domanda era sollecitata spe zialmente da Costanzo che poi lebbe per moglie. Ma perch le promesse fatte ad Adaul/o, e quella, tra le altre, di provvedere l anuooa, non gli si erano mantenute, non restitu la principessa ; ed anzi mostr disposizione a mettersi in guerra. Adaulfo adunque, chiedendoglisi Placidia, dal canto suo chiese il frumento promesso. Per in fine , sebbene quelli che provvisto lo aveano, non se ne trovassero forniti , dissero che quando Placidia fosse stata mandala, lavrebbero trovato ; e come questa per furo parte era una dichiarazione arti ficiosa, di simil giro si serv anchegli. Fra tonto

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BIOCCA FI rBOFHt.

pass a Marsiglia * e cerc d* impadronirseae per sorpresa t ma nella mischia che occorse, ferito da Bonifacio, uomo nobilissimo, a stendo pot salvar fu vita fuggendo, e si ritir alle sue tende , eoo grande allegrezza di quella citt che di lodi, d'o nori, e dogni dimostrazione di gratitudine colm Bonifacio. Lo stesso Adattifot mirando alle nozze di Piaridia* mosse querele gravissime a Cosiamo che la desiderava, a segno da far concludere, che se uo,a ottenessegli quelle nozze, si potesse dire chegli avea giusta ragione di ritenerla. Costanzo, il quale era stato in addietro desi gnato console, ottieoe jfualmente dessere -creato tale in Ravenna* e con esso lui fu console in Co stantinopoli Costante. Loro sufficiente per soste nere le spese del cousolato trovossi ne beni di EracVano , stato ucciso per affettare l imperio , sebbene io sostanza IadIo non riuscisse , quanto si era sperato j ch uon inootava a due mila deoari e ij beai stabili ascendevano al valore di due mila libbre. Con tutto ci Onorio regal tutto a Costanzo alla prima domanda che fece. Era Costanzo qual vedevasi in pubblico, di volto malinconico e tetro \ con occhi spalancati, con alta fu testa ma poi inclinandola *ino al collo del ca* vallo, su cui era salito * e volgeva obbliquamento qua e l lo sguardo a modo cbe pareva a tutti , come con frase antica si dice, fgura degna diinpero. Per nelle uoe, e negli altri simposj era si. giocondo e civile che molte volte a tavola gareg giava scherzando coi mimi. Pec cura e consiglio di Candidiamo 9 si stabili-

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e t A.1S* Piti M i ,

scono le nozze di Adaulfo e di Piacidia; e Pepeea desse venne fssala in uu giorno del mese di gennajo, in Narbona, citt della G.llia, e in casa di certo Ingemo* nom principale di quella citt. Que sti, sedendo Placidi a nel luogo pi degno, entro latrio, all uso romano, e vestila aila reale, si as sise accanto n lei , e cosi daufo , vestito della clamide e d'ogni altro ammanto romano. Tra gli altri doni d nozze, fece Adaufo anche quello di cinquaota bellissimi ragazti tutti vestiti di seta , portante ognuno dessi con ciascheduna mano due graodi deschi, uno pieno doro , laltro pieno di pietre preziose, o , per dir meglio di prezzo inestimabile * cose che dal sacco di Roma i Goti aveano portato via. Poi cantarousi versi epitala mici , intuonandoli Adaulfo, seguito indi da Ra* etacioj e da Febadi0f e fu dato fine alla festa nu % ziale con giuochi, e con allegrezza de Barbari e de Romani che erano intervenuti. Dopo che Roma fu tata presa, ritornando gi essa al pristino suo alato, Aibino, prefetto delta citt, scrisse non bastare gli as^gnameuti fatti al popolo per la moltitudine cresciuta4 in prova di che al legava che in un solo giorno aranti giunti quat tordici mila cittadini. Adaulfo, avendo da Placfdia avuto no figlio, a ui diede il nome di Teodosio* pareva prendere pi amore allo stato romano i ma gli sforzi di lai, e della moglie p!acidia%per istabilire una ri* conciliazione e ia pace, furono vani, resistendo sempreC o stanto e quelli ehe a fui erano fiaccati. Si diede poi il caso che il figlio nato mor ; e fu da smbi suoi genitori molto pianto: i quali ne

etoGiuri propali . vi f ecero chiudere ilcadav ere in una cassa d'argento, e Io seppellirono in un tempio di Barcellona. In appresso fu ucciso Adaulfo stesso, mentre S t a v a osservando nella stalla, c o m ' e r a accostumato d i fare, i suoi cavalli; e ci fa per mano di un Goto sup domestico, di nome Debbio \ trovata op portuna quella occasione per soddisfare ad un odi suo antico. L'odio eia nato da q o e & t o , che Adaulfo avea ucciso un primo padrone di questo Dobbio, che era re di uno parte del paese goto; poi preso avea Dobbio tra i fa migliati: sicch per uno strano pensamento colui a vendetta del primo suo pa drone avea violeutemeute ammazzato il secoudo. Adaul/o sul punto di morire ingiunse a suo fra tello di mandare Placidi ad Onorio* e gli racco mand di fare quanto mai fosse possibile per ricon ciliare insieme, i Goti e i R om an i, e perch vi* vesser entrambe le nazioni in mutua amicizia ed alleauza. Ma Stagirico , fratello di Saro, che suc cedette nel prin c ipato', per intrigo e violenza, anz i* c h per pare ntela, o per legge, i figli di Adaulfo, che questi a v e a avuti d a uua prima moglie, strapp dalle mani del vescovo Sigesaro, e li uccise* e ia contumelia di Adaulfo la stessa iegiu a PI acidia obblig a camminare a piedi dinanzi al suo cs* v allo con gli altri prigionieri per tutta la strada ebe dalla citt sino Ila duodecima pietra. Ma costui dopo un regno di sette giorni fu ammazzato ; ed ebbe il ponto supremo Vallia. Olimpio doro riferisce d 'a v e r udito da Valerio , personaggio chiarissimo, parlare delle statue d'ar gento inaugur ate per tener lontani i Barbari. Im-percio ech, dicegli, a' tempi dell' imperadore Cq ~
storici z

CLASSE PUMA ,

stanzo* essendo quel Vaiertot prefetto nella T r a c , furono date indicazioni di un tesoro nascosto : e Valerio ito al luogo accennato iti lese dagli abitanti chesso era addetto alla religione, e che le statae ivi deposte con gli antichi solenni riti erano state eonsecrate Di ci avendo egli informato 1 impe * radore, n'ebbe in riscontro l* ordine di levare di l quauto vi era. Si scav dunque la terra, si t ro varono tre statue d'argento massiccio, in positura barbarica, e eoa ambe le braccia a guisa di ma* nico, le cui vesti eraoo variegate, ben capelluto iu testa , e rivolte a settentrione, che il paese de* Barbari. Tolte cbe furono di l , uon passa rono ih e pochi giorni, e si vide una invasione di Goti in tutta la Tracia * e poco dopo accaddero incursioni d* Unni e di Sarmati nell* Illirico, e nella l'racia medesima , tra l quali province era appunto il sito dellanzidetta consecrazione, e le tre statue parevano propriamente inaugurate contro tutte leggenti barbate. Passa poi Olimpiodoro a parlare della sua na vigazione, e dei disastri da lui sofferti* e dice es sere approdato ad Atene; e per mezzo suo essere stato messo sulla cattedra de sofisti Leonzio, quan tunque questi noi volesse* e intorno al pallio dei sofisti dice a nessuuo, e molto meno a forestiere essere stato permesso diportarlo in Atene, se non nel caso che gli fosse stato conceduto per suifra~ gio desofsti medesimi, e dalle leggi con certi riti confermata una tale dignit. Que* riti p o i, ecco quali erano. Primierameute i novizi che si pre sentassero, grandi, o piccoli, si conducevano al bagno* e tra questi anche quelli, i quali per fu et fossero

STOBICl 106 VftOFAKl. l3 capaci d assumere il pallio ; i quali gli scolastici, che li guidavano, mettevano in mezxo; e facevano loro intorno uu grao bagordo, alcuni andando in nanzi, e impedendo ad essi d* innoltrarsi, gli altri all opposto incalzandoti. Quelli che impedivano di andare innanzi, gridavano: et , sta\ non lavarti. Per in mezzo al contrasto pareano vincere quelli, i quali in onore del candidato, agli altri resistendo, lo spingevano avanti. Finalmente dopo alcun tempo, e do po lungo garrir di parole, secondo Puso, colui che conducevasi veniva introdotto iu una camera calda, ed ivi si lavava Rivestitosi poscia, riceveva Pouore del pallio , e cou esso sulle spalle usciva del bagno, e cou gran pompa accompagoato pi o cedeva e davasi splendido trattamento ai prin c ipali delle scuole, chiamati Acromiti. 1 Vandali chiamano i Goti Trali, per la ragiooe cbe questi uoa volta trovandosi presso a morir di fam e, comprarono dai Vaudali una trula di fru mento per una mooeta doro, e la trula era una misura che non giungev a a cootenere la terza parto di un sestario. Mentre i Vandali devastavano f u s Spagne , i Romaui che si erano chiusi entro le cittfe murate, vennero a tale miseria di vettovaglia, d i e si videro ridotti a mangiarsi l uu laltro Ivi nna donna , madre di quattro figliuoli , ti divor tutti, ad ognuno adducendo per pretesto di volere alimentare e salvare gli altri ; finch fatta la stessti cosa di tutti, dal popolo venne lapidata. Eupiuzio Magisiriano fu mandato a Vallia, si gnore de G o ti, per fare seco lui alleanza , e per ricevere Placidia. Accett egli il trattato, ed avuta nua provvigione di frumento di seicento mila tsi-

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CI*ASS Z FRI HA,

sure, consegn Placidia, la quale veone condotta 1 fratello Onorio. Essendosi iu Ateue incominciato a cercare com e si pofesseio legare i libri, F;itaiio9 compagno di Ollmp odoro* uomo uelle lettere beo istrutto, in s e gn qual fosse ia colla nt*eessaria ; e i cittadini di Atene per ouoratlo gl* inalzaro no uoa statua. CHimpiodoro i acconta molte ed incredibili cose intorno all* Oasi. Parla primierauieute della tem peratura di essa, e dice che ivi nou solo nessuuo soffre del morbo sacro, ina che se veugouvi p er sone da altro paese, le quali ue soffrano , ne rimangono liberati : effetto questo della beuiguit di quel climn. Parla quiudi della copiosa areqa clie ivi , e de" pozzi che, scavati a dugeuto e trecento cubiti sotto terra , e talora anche a cinquecento, tale quantit dacqua b uttali fuori, che quelli , i quali in comune fecero lopera , ne traggono ad ioaftuunento delle terre lavorate. Ivi gli alberi portano sempre frutta; e il fi umento che vi nasce, riesce il migliore d ogni altro, e pi bi anco della stessa ueve. Talora ivi ogoi anno si semiua lorzo due volte; e il miglio perpetuamente tre volte* Gli abitanti sogliono irrigare le loro campagoe lestate O g u i tre giorni, e l inverilo ogni sei : da ci nascere la tanta fertilit dc rerreoi : il cielo poi ivi uon presenta mai nubi. A queste cose ag giunge quanto riguarda gli orologi che vi si fab bricano. Dice poi che aulicamente lOasi fu uu isofu distaccata dal continente ; e da Erodolo chiamarsi isola de* beati \ e da Etodoto che scrisse la storia d i Orfeo e di Museo, si chiama Feaci. Che prima fossa isola congetturarsi da questo , che testacei

s t o r i c i z G i u r i r itOFlK I .

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marini, e crostac ei attaccati alle pietre trovausi ia quel monte che dalla Ttbalde si stende alIOasi % ed anche dal vedersi ivi copiosa perpetuam e le uscire l'arena. Egli riferisce tre essere le Oasi<, due grandi,* una esterna , interna laltra , giacenti dirimpetto entramb e , e distanti per lo spazio di cento miglia: la terza piccola , ed separata dalle altre due per assai lungo intervallo. Aggiunge inoltre in prova dello stato insulare di queste Oasi* il vedersi spessissimo col dagli uccelli recenti dei pesci, o de* resti de* medesimi: o ude congetturasi non essere di l il mare mo lto lootauo. Dice an cor a che Omero trasse I*origiue sua dalla Tebaide, paese vicino alIOasi, Onorio Augusto e Costanzo, creati consoli, il primo per la undecima volta , il secondo per la seconda volta, stabilirono le nozze d Placidi a. Ala essa le abborri va sommamente ; e questo fece che Costanzo and in gran collera contro le per sone della casa di lei. Iti line per nel medesimo giorno, in cui piese possesso del consolato, l1 im pera do re Onorio, a malgrado di lei la diede sposa a Costante), e celebratoti*! le uozze spleudidameotei Da quel matrimonio nacque uua figlia, chiamata Onoria; indi un figlio chebbe il nome di Palen* tiniono% il quale, vivente ancora OoWo, fu detto nobilissimo, a ci avendo Piacidia spiuto il fratello Morto poi Ortorio , e soppressa usurpazione di Giovanni, Valentrnano fu proclamato Au$tisio. Costanzo intanto fu fatto collega di Onorio neU imperio; in tale dignit inalzato sivvero da.lui, ma cootro cuore. Anche Placida fu detta Augusta* s dal fratello che dal marito Recata fu n u o v a

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CLSSSZ FftlM4 ,

della elezione iu imperadore di Cattarne a 7W * dosiot figliuolo del fratello di Onorio9 il quale re gnava nell* oriente * non Papprov. Costanzo in tento cadde ammalalo pel riocrcscimeuto d avere accettata la diguit imperiale, poich nou poteva pi, com'era solito , andare e venire liberame nte ovuuque volesse, n pi avea la 1 bert di divertirsi io giuochi e spettacoli , come prima ; tali cose uon essendo permesse ad ua imperadore. Pei ci nel settimo mese del suo imperio, confor me a oc he quello che uu sogno avea indicato , esseudogli paruto di udire: il sesto amloy ed incomin cia il settimo, egli mor per uria pleurlide ; rimaneu do estinta eoa esso lui l ira contro P occidente e la spedtzooe miuac.ciaU , poich Teodosio nou avea approvate l'elevazione di lui all imperio. Es* seitdo poi morto Vailin che regnava sui Goti* eb be per successore Teuderico. 11 nostro scrittore dice laute cose avere sofferto navigando per mare che pareagli scampato per miracolo Nella uarrazioae de' quali casi occorsigli rammenta certe cose prodigiose di uh stella eoa tanto peso buttatasi sull'albero della n a v e , che gi credevano tutti i naviganti dovere essere som mersi. Urania quella meteora viene chiamata dai marinai Riferisce anche di un psiltaco (pappagallo), col quale essendo egli vissuto ventanoi , attesta quasi oiuna umana fttioae avere quell uccello man cato mai d imitare. Esso saltava, cantava, chiamava ognuno per nomet ed esprimeva altre cose simili. Racconta parimente che trovandosi a Tebe, e a Siene, luoghi visitati da lui per desiderio dacqui star coguizfuni, dalla fama di l^i eccitati i priu-

STOftICI s KOGBAVI FftOFAKI.

ctpi, * di que Barbari che abitano Talliti, e c h e t i chiamato Blemmj, aveano bramato un abboccamento eoe esso lui. Mi presero essi adun que, dicVgli , onde vedessi anche i furo paesi, e mi condussero neUe regioni di Talm i, distonte il cammino di cinque giornate daittiei popolani, e alfu tt. che chiamasi Prim a. Uua volta questa prima ,cki-della Tehaide,era prossima alle terre de* Ber beri;* e per questo i Romani con vocabolo .futno J'aveano detta Prima , come ai chiama aucbe di presente, quantunque.gi da fungo tempo i.B ar.bari se V abbiado-presa insieme eoo quattro altre che sene .Fenieioue, Chit j, Tapi p Smaragdo. Nel paese di quest* uh ima Qlimpiodoro scrive d*aver rit rovatele cave,da cim ima volta i re d'Egitto, trae.vano , tanta quantit di smeraldi. Lo invitavano i ivati de* Barbari a vedere que lle ma non era .ei permesso senza fu liceuza del re. Narra p ure mirabili cope di Libani&> Costui, Da tivo d ell*Atia, sotto, gl'impe^adori Onorio e Costanze capit a Ravenna , e il nostro scrittore dice che fu. sommo avversatore e stregone Vautavasi per ci di potete senta omini trinati far meraviglia eoutro i Ba< barji Ha avendo m esso a prova fu sue promesse.9 e giunto fu (ina delle strepitose sue cose alle orecchie .di Piaci dia ^ fu fatto morire , minacciando quel)* principessa di far divorzio con Costanzo* al fur a auo, marito, se tolto uajr avesse del < mondo :? stregate e infedele. Costanzo fu illirico di nazionale di Paneso* citt della Cadia. Passato foo dal tempi di Teodosi il Grande per molti gradi .militari, era, finalmente stato inalba tot siccome dicemmo, all'imperio* Molte fo zio t VoL IL a

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CltASSC PUM A ,

lodi merit; e quella spetialmeoto ebe uon fa avido doro prima che sposasse Piaddia . Quando per l'ebbe sposata, ue diveat avidissimo. Per fu che, morto che fu, acc orsero a Ravenna da ogni parte persone da lui ingiustamente ' spogliate dei lo ro beni, e che li domaudavaoo. Ma fu bonariet di Onorio^ e la troppo influenza' che sopra di Ini Piaeidia esercitava, rendettero inutili le querelai e perci fu forza e la potenza della giustizia. L affezione di Onorio per la sorella fu tonta, dopo la morte di Cosiamo , che vedutene fu smor fie, e il frequente baciarla snlla bocca ch'egli usava, fece in molti nascere il sospetto di uoa turpe in trinsichezza. Ma lauto amore si convert poi ia odio, ad istigazioue specialmente di Spadusa e di Etpidia, uudrice di Piacid ia , persona a cui essa dava assai c onfidenza $ e v aggiungeva l opera sua Leonteot gran maes tro della casa di fui. fi fu coee giunsero al seguo cbe frequenti sedizioni vidersi scoppiare iu Ravenna, e tumulti, e risse con ispar gimento di saogue; perciocch a Piaeidia era an cora affezionata la turba de* Barbari a riflesso dei matrimonj d lei con Adaulfo e eoo Costanno. Di modo che in fine, prevalendo il fratello, per cotesto inimicizie, e per lodio succedu to al primo smore Piaidia co suoi figliuoli venne confinata a Co* staotitiopoli. Il solo Bonifacio rimase fedele a lei, mandandole danaro, come poteva, dallAfrica cbe governava, e cercando di comprovarle il suo oe eqtiio in ogni altra maniera. Egli inoltre us ogni opera, e si espose a molti pericoli per fare che ricuperasse la sua potenza.

Onorio preso da idtopisia, prima del r f daf ovto

siooaari r i o r a h i. 19 mor; e furono spedite Isuere per t u tto occidente apportatrici della morte dell* imperadore. Mentre quelle futtere giravano qua e li, un certo Giovanni si proclam imperadore, e per la inauguratione sua, come cosa predetta da un oracolo, si spacci il detto; Cede, e non iti \ e il popolo travolgendofu gridava : Sta* 0 non cade. Bonifacio era uomo .di uo caratteri eroico , il q uale soventi volte avea valorosamente combattuto con geoti (>arbare, ora cen poche truppe^ ora eoo molte, e qualche volta esiaodio a petto a petto in duello 1 ed era gfunto a discacciare dall'Africa molte e diverse nazioni de* Barbari. Era poi osser vatore zelantissimo della gustisia, astinente e dis* pressatore del daosro. Di lui raccontasi questo futto* Un certo .abitator d< campagoa si accorse cbe sua moglie, danna assai bella, avea una t resca amorosa cpn un Barbaro di que* militari ch'eiano confederati deli* im perio, e preg Bonifacio a pre stargli ajuto. onde togliere quella infamia dalla sua famiglia. Banifaeio , futtosi iodicare e fu distanza del luogo, e il nome del silo ove l'adulterio com mette vasi, licenzi l*uemo, ordinandogli di ritor nare il di seguente. Di notte poi, senta dir parola ad afuuno, fatto il cammino di sellaota stad), sorpreso con la donna il Barbaro, a costui tagli la testa, e nella ootte stessa ritorn alla sua residenza. Essendo poi veouto il marito nel gfurno prefsso gli, Bonifacio gli present la tosto del Barbaro , domaodaudogli se la conoscesse. Fu colai colpito da quello spettacolo quasi ad uscire de* seosi t e riconosciuto di ehi versmente era fu testa, quante mai pot, rendette g?ase delfu giustiafu fsUagh, e lieto ritorn a casa sua.
STOa i ct a

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CLAMI pai M , A

Nelle grandi case di Roma , secondo che Oft'ivrfiodoro riferisce , ognuno nel suo recinto avea quauto pu avere una mediocre eiM ; ippodromo, fari, templi, fontane, bfcgni d iversi. Quiodi esclama: citt una casa sala; e una sof citt comprende mille citt mitiori. Afa i bagni pubblici pi furono di un'a mpiezza smisurata; tra i quali quelli che si chiamano Terrne'Antoniane, per pi cmodo di chi and ava a lavarsi, ebbero fittile seicento sedili di * marmo ben liscio. Le Diochmane t> ebbero quasi pi del doppio. Le m ina di Roma nel tempo in cui i Goti fu prima volta v atidarno, secndo la m isura p re sane dall*'Ingegnere 4 mnonet girava no i t f intorno ventnna miglia. Moke famiglie di Roma aveano d*anaua rendita ci rca quaranta mila centinaia d'oro, senza ctoni a re frumento, vino, ed nitri generi, i quali, se si fos sero venduti , sarebbero saliti ad equi valere lfu lerza parte dell'oro accennato. Ah re dieci, o quin dici centioaja aveano anc he nel censo. - P r o b o fi gliuolo d Aitilo *nella pretura esercitata al tempo dell usurpatore Giovanni, avea speso dodici eent inaja dV>ro. Simmaco , oratore, senatore di censo mediocre, n'avea date tenti centina/a a Simmaco suo figliuolo netfu pretura tenuta da questo prime ebe R o ma fosse presa. Massimo^ uno de* pi ric chi e beati uomini, in simile congiuntura di' suo figliuolo, ne avea spesi quaranta. I pretori celebra vano per sette giorni solenni giuochi. Il nostro scrittore dee che UUsse non vag in torno alla Sicilia, ma alTestveme costo d'Italia, e ebe discese- all* inferuo tragittato avendo l'Oceano ;

stoil ' c i z a to a a m w o f a h i . ai e in quel mare in dive rsi modi err. Egli cerca di comprovare tale sfa, ofpfuiens con molti argo menti i e noi abbiamo letto parecchi autori che dicono la medesima osa. Teodosio spedi da Costantinopoli Piaeidia coi figlinoli contro rusttrpatore Giovanni.Essa a v e a . il t itofu di Augusta, e VmUmtiniano qu*ifu di Nobi lissimo* e fu pure spedito un esercito, e d ambedue le miliaie fu fatto comandante Ardaburio unita mente ad Aspare* suo figliuolo, e a Candidano, ag* giunto per terzo. Pervenuto l'esercito a Tessaloni c a Elione* maestro degli offici,.sudalo co l da Teo dosio* mise isdosso in quella citt a Valentiniano, che non avea pi di cinque anni, la vette di C e sare. Essendo poi gi u &ti io Italia, Ardaburio cadde io maoo de* soldati dell* usurpatore i ed essendo stato condotto a lui, fece con etto amicizia ; e in tanto suo fglio Asparo e Piaeidia , disperando delle cose eraoo in gran letto* Ma dissip quel lutto | e diede furo coraggio Candidiano , avendo prese molte citt, e fatto assai belle imprese le quali * gli diedero chfuro nome. Ucciso pei 1 usurpatore Giovanni* Piaeidia insieme col fgliuolo Cesare and a Ravenna. Elione* maestro degli offcj, e pa triz io , invase R o m f i ed accorsi col tutti,, vesti Valentiniano* il quale allora avea sette anni, degli abiti d'imperadore. E q ui fu storia di Olimpiodoro finisce

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C LA SSI n v M A |

P M F I L A
ST O i i i m i s t i , t tiai vur.

Questa donna, che visse tredici anni in matri monio , di boon\rt*e ai diede alfu studio, ed ogni giorno ed ogni o r a , fuggendo Pozio , and scri vendo tanto ci cbe udiva da suo marito, con cui visse io grsnde concordia, e che iva apprendendo dalla cooversszione di parecchie persone che fre quentavano fa sua casa, chiare di nome e di dot trina , quanto ci che le accadeva di osservare leggendo. Tutte queste cose, ed altre che le p ar vero degne d memoria, essa rifer in questo Commentario, non ordinate secondo gli argomenti e i tem pi, ma gettate gi conforme le si presenlavs oo ; il cbe ella fece non gi perch le fosse diffcile classificar fu materie, ma perch credette cbe maggior piacere dovesse recare la mistura e fu variet di laute cose diverse. Ed iu vero utile questo lib ro, cbe abbraccia gni genere di dot* trioa ; imperciocch iu esso troverai noo poche cose storiche necessarie a sapersi, e dette con s s sai maestria^ e molte di rettoWca, di filosofa e di poetica, bene scelte e ben considerate Fu questa Pamfila egixiaoa di ossione, e fiori nel tempo in cui regnava in Roma Nerone. La sua dicitura, per quanto pu argomentarsi dal proemio e da quello che scrive di proprio , e quando esprime U suo sentimento , quale si addice a donna , vale a dire semplice, e con parole alle sue idee ben adattate. Quando poi raccoglie i detti

s sioosAri vaorsin a3 memorabili degK antichi , orazione sua i varia , e prende forme diverse, come sooo diverse le cose cbe riferiset.
sto bici

FILOSTRATO TIM O
t in i aroLLoxio t u h io , l iz z i viti.

Fdostrmto ba in quest* opera fatto uso di uno C . 44


st ile aperto, graafuso, conciso, pieno di dolcezza| e cerca lande tanto dalle forme del parlare antico, quanto delfu eleganze moderne Racconta essere Apottono andato agl* Indiani , cbe chiama anche Bracmami, per apprendere quanto di divina sapienza possedevano * che and , anche a* sapienti di Etio p ia, cbe chiama Gimni % per fu *ragione che andavano sempre n o d i, n mettevansi mai alcun ab ito, qualunque fosse la stagiooe e Tinclemensa dell9aria. Dice per cbe i sapienti indiani erano pi eccellenti di questi, sia perch , essendo pi vicini al sole , pi acuta e pura sveano la mente, sia perch erano pi vecchi. Ninna cosa poi di quelle che favolosamente ven gono narrate di lui riferisce egli essere state fatto da J p o lto * io ; e solamente lo loda per la vita da lu i condotta filosofica e temperata, col tenor della quale ti mostr pitagorico s ue* costumi come oelfu dottrine. Scrive oscura essere stata la morte di lu i, che fu varie maniere da molti viene riferita ; ed egli medesimo ha messo studio in parlare di questo fatto , perciocch avvisa aver detto pi volte poMomo che il .sapieote d eve, nelle cose cbe fu fu >ita , sottrarsi a tu tti, ma cbe se non

*4 e is m t i n t i , pu lento * almeno deve morire- occulto. Infatti in nessun luogo si mostra il sepoloro dritti* Aggiunge di ricchezze essere Apollonio stato sprezeatoee sommo, tanto cbe le proprie sue possessioni ab bandon spontaneamente a su o fra tolto e ad altre persone, e da niun potente ricevette mai daoaro , quantunque molti assai glie ne volessero dare per benemerenza. Avere assai prima annunziata la fame di Efeso , e v enuta, averne liberala quella citt. Veduto per accidente un leone , aver detto ch lanima di Amati* re d'Egitto , era passata in quella fiera, in pena delle scelleratezze commesse. Aver presa 1 Empusa sotto fgura di una mere * trice cbe finge vasi innamorata di Homippo. In Roma a v ere richiamata in vita una denteila che il giorno prima era paruta morta. Aversi sciolti da s. medesimo i ceppi, mentre era tonato io pri gione Avere perorato presso Domiziano, impera*, d o r, per s e per Nerva , che poi succedette a Domiziano ; indi essere sparito dal fro e i to a Demetrio e a Damide in un istante , quantunque fossero lontani il cammino di alquanto giornateTali cose va dicendo di lui Filostrato ; e non. di meno egli nega che Apollonio abbiasi a tenere per uo ciurmatore, atteso che varie cose fstto da lui, litri si siauo pur vantati d'aver fatici ma so stiene essere state in A poiionio opera della filo sofia e della puri t delfu vita, ch, lungi dall'esser egli dato all* arte magica, fu dai maghi e dai ve nefici odiato. Intorno agl' Indiani Filostrato spaccia uoa q uan tit d i . cose assurde pienamente, e indegne d' es sere riferito. Pone presso gtIodfuni botti p iene di

S TORICI E BIOCIUFI P10FAK1.

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piogge e di; vnti ^ da cui* io ne^zo a siccit , il paese ottie oe acqua, che poi, fnita di cadere, la-, scia iT paese di nuovo asciutto.s e tutto questo procede dal vatiato uscire da quelle botti e le piogge e i venti. Altre cose a queste simili, stolto e prodigiosamente bizzirre, s*iuventa ; e cos , con suma gli otto suoi libri io uu vano ammasso di spropositi'
V i t a d
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APOLLONIO da p t lo s t s a t o

T 1A N o (i).

s c r itta

Ho letto fu vita di Apollo aio , scritta d a. i^fu-C* strato* Le, mura , d i t e g li , di B abilouia compren dono un circuit o di quattr.oceutoOanta stadj, che s alzano tre mezzi jugeri,^ sono larghe poco meno di un jugero. L* Eufrate taglia per mezzo Babilo n i a , ed.avvi un ponte interno ed occulto, pel quale, senza, essere veduti, si passa dall'un canto all? altro della reggia , che giace sopra ambe fu sponde , e cbe ne lega insieme le due parti. fuma che questa sia opera di Medea , la quale ivi una volto regn. Ed ecco com'essa fece. Unito che ebbe sulle sponde del fume le pietre , i metalli, il bitume, e le altre cose atte a formare un solido impasto per mezzo dell'acqua, deriv in certo pa ludi la corrente delfium ei e diseccato cbe n'ebbe il* letto, vi scav uua fossa, per la quale si potesse attraversare da una ripa all* altra , e comunicare (1) questo un s e c o n d o articolo scritto da Fczio , il quale forse s avvide aver detto poco ne U antece v dente.

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classz

fum a

dall'una alPaltra parte della reggia* A9 lati di quella alz le pareti, e ne selci il suofu interposto quindi fece il vlte, cbe corrispondeva al Ietto dei fume. CoH' acqua tutte le adoperate materie in durarono , e se ne feee un masso. Poscia rimise P Eufrate nell* antico Ietto. La reggia coperta di fulgido metallo. I talami , i p o rtici, gli apparta menti sooo ornati tu tti, parte di velami d 'o r o , parte d'oro figurato in velami. Dice che poUonio entr in un portico * la cui vlta fabbricata a forma di cupola imitava I* aspetto del cielo , ed era coperta di saffro, pietra che sommamente r i ferisce color ceruleo delfaria. Ivi erano le im magini degli Dei venerati nel paese , cbe scolpite come sono, per l'oro di cbe son fatte o coperte , splendono mirabilmente. quello il luogo iu cu i il re usa render ragione. Dalla soffitta pendevano quattro uccelletti che volgarmente vengono detti motaciUe, rappreseotanti Nemesi, ed avvisaoti il re di non credersi al di sopra dell' uomo. Questi dicono avere i magi ordinato che fossero ivi po sti , e i popolani li chiamano lingue , degli Dei. Apollonio e i suoi compagni, us cendo del regno de* Persiani all'iooltrarsi verso il Caucaso, senti rono uscir dalla terra un odor soavissimo. Noi facciamo quel monte come principio del Tanro che scorre per l'Armeoia e fu Cilicia sino alfu Pamfilia, e a Mite, la quale finendo a Micafu nel mare, presso cui abitano i C a r j, viene riputato il fue del Cnucaso, e non , come altri tengooo , il principio. la ragooe si cbe 1 altezza di M i ' cafu non molto grande, laddove le sommit del Caucaso diconsi alte a segno che il iole tra esse

STOZICI a ?BOFAW t. 7 pere scisso. Il Tauro poi dall* altra parte abbrac cia presso la Meotide e fu sponda sinistra del P o n to , per la lunghezza di veotimila stadj , tutta fu Sciza confinante con l'india e tanto spazio di terra occupa col suo giro il Caucaso. Che p o i. dalfu parte nostra il cosi chiamalo Tauro si stenda sopra l'Armenia v cosa per lungo lempe non cre duta, lo comprovano le pantere, fu quali veggiamo prendersi in que* luoghi della Pamflia cbe pro duc o no aromi ; imperciocch quelle fiere amano gli aromi , e traile da lungi dall'odpre , attraver sando fu montagne dell'Armeia, portaosi ove-nno fu lagrime di storace, quaolunque volto i venti , soffiando da quella parte , recano lungi l'odore di quella gomma stillante dagli alberi. Udii anche essere siala presa in Pamflia una pantera avente al colfu un cerchio d* o r o , su cui erano incise fu p arole : Il re A n ace al Dio Niseo. Imperciocch a que* tempi regnava io Armeoia un re di nome A n a c e , il quale, come sembra, coosacr a Bacco quella belva di singolare grandezza sopra le altre; e Bacco dicesi Niseo da Nisa , che in Iodia non solamente dagl'indiani, ma da tutte le nazioni che guardano l'oriente. Quella belva cbe accennai fu per alcun tempo educala da un uomo, e si la sciava tocc are ed accarezzare. Ma al sopr aggi un gere della primavera , presa , pel caldo temperamento, dal desiderio del maschio, and a ritirarsi pe' m onti, portaodo al collo I* ornamento s o prad detto. Era in Calti stata presa al bosco del Tauro,, ov'era ila tratta dall'odore degli aromi. Il Cau * caso poi, toccata la Media e l ' ladia , con 1 altro braccio scende al Mar-rosso.

e t asse f iic 9 O r ritorn ando ad Apollonio e a*suoi, passando U Caucaso dicesi che s*incontrassero io uomin alti quattro cubili 9 di color nerastro 9 ed altri ne vedessero di cinque cubiti, quando giu osero al di l del fume ludo. Passati oltre il monte, ebbero 10 spettacolo di uomini che si facevano portare da elefanti \ e questi erano qnelK cbe abifaoo tra 11 monte Caucaso e il fume Cofeoe , uomini af f atto incolti, cavalcatori di elefanti, altri de* quali cavalcavano anche cam elli, di cui gl* Indiani si servono per cq riere, e con questi si fa in an giorno il cammioo di mille stdj, senza che mai si fermino. Apollonio tragitt co* suoi il fume lodo, largo, ov navigabile, quasi quaranta stadj* Esso nasce dal Caucaso, fno dal suo principio p i grande degli altri fiumi dellAsia, indi procedendo molti fiumi navigabili . mette fuori. Andando essi innanzi oltre il fium e, ebbero dal satrapo noa Scorta che li guid a Tassila, overa la reggia del re deglIodiani. Quelli che abitano dietro il fiume lodo, copronsi con vesti di lino, che copiosissimo nasce nelfu campagne , ed hanno scarp e fatte di papiro; i pi nobili usano bisso , e il bisso nasce da un albero che nella sua parte inferiore si mile al pioppo ed ha le foglie come quelle del salice. Quando Apollonio vide il bisso,, ne fu lieto, poich non era molto dissimile nel colore al fosco vestito eh* egli portava. Tassila non per gran dezza differente molto dallantica Nito , ed fab bricata all*uso greco. Essa era la reggia di P oro , quando regnava. Le fonti del fume Ifaside, a cu i Filostrato dice che si avvicin Apollonio, varcato ridralte ed oltrepassate varie genti scaturiscono

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sto rici a mogia r i taorAirr. ag dalla piana terra, e quel fume sino dal suo prin cipio navigabile, irta procedendo alcun poco non ammette pi barche, e ci a cagione di acuto pietre e di scogli, di cui il suo letto pieuo. In furghezza: eguaglia 1 (stro , cbe ia Europa tieosi * pel maggior fiume. Nelle sue rive vedonsi alberi sim ili a quelli cbe nascono presso lisiro dai quali alberi distilla un unguento, di cui grindiani nelle loro nozze haono costume di ungersi. Dicesi pai ebe in questo solo fiume travinai i pesci chiamati tao *, cio pavoni, e si d i furo un tal nome per avere creste cerulee, squame di varj colori e fu coda dorata in qualunque parte votgeotesi. In qu^l fume avvi accora una bestia simile al verme bianco, di cui quando si prende si fa uu olio che serve ad accendere il fuoco e che noo pu te nersi che deatro vaso di vet ro. Q uesto pe^ce si pgHa solamente pel re , il quale di quell* olio si serve per dislroggere le mura delle citt nemic he . Im perciocch tosto che il detto olio tocchi i pr pugoacoli delle mura , si accende un fuoco pi potente di qualunque cosa possa mai dagli uomini im m aginarsi per es tinguerlo. Narrasi ancora che in .certi luoghi palustri si pigliano asi ni selvatichi, aventi neHa fronte un corno, con cui generosa mente combalto oo come tori. Con que corni gli ludiani fanno de nappi, e tengono che in qoel d in coi uno beve entro i m edesim i, non soffre di nessun male , u seota dolore se anche fosse fe rito , e che esce salvo dal fuoco, che nulla pati* sce da veleno , o da cosa qualunque datagli per nuocergli. Perci que* nappi essere de* re, e al ce solo esse re permesso di cacciare tali belve*

raiMA , Di l passarono a quella parte del Caucaso cbe volge verso il Mar-rosso. Iti abbondanza di aromi di specie diversa. Le cime del monte pro ducono cinnamomo, il quale si assomiglia a sar menti nuovi : della boot sua poi ne fa prova fu capra, poich se taluno presenta* a quell*animale il cinnamofpo , essa lasciasi accarezzare come u n cag nolino e segue chi 1* avea cos accarezzata , e quaoto pi pu gli purga le narici. Che e il pa store vuol rimuoverle, se ne querela come farebbe se le si togliesse il mangiare. Nella pi scoscesa parte del monte nascono altissimi alberi, dai quali stilla incenso e molte altre specie di arom i, tra le quali sooo gli alberi del pepe , il qual pepe viene coltivato da una certa specie di scimmie , come se esse fossero agricoltori. Di cesi quell* al bero del pepe simile al detto dai Greci casta , lauto nelle altre parti, quanto ne*grappoli dei frutti. nasce nelle rupi e ue* luoghi scoscesi , come si disse , dove l'uo mo non pu ginogere, e dove abita solameute quella popolazione delle a c cennate scimmie % che ivi tengono le caverne del monte e tutti i buchi del medesimo. Molto Conto gl* Iudiani fanno di quelle scimmie, poich sotto come le vendemmiai rici del p ep e; oud* cbe con fu armi e coi cani l e guardaoo dai le o o i, massi* ma meni e che il leone ha I*o*o quando si seute ammalato , di gettarsi addosso alle medesime per medicarsi, essendo la carne di esse un ottimo ri medio per le malattie de* leoni. Cosi quaudo in vecchia ne cerca pasto, non potendo allora cor rere dietro i cervi e i cinghiali, e la fo rza che gli rimane adopera contro le scimmie cco intan to

c la ssi

s B ie e tm r a o r AHi. 3i altre notizie sul pepe Andando grimiiani a quegli alberi cbe nascono al. basso del monte e distac candone i frutti, fanno vicino ai medesimi alfcuoe piccole aje, nelle quali ammucchiano il pepe, gettaodolo col come cosa di niun conto. Allora le scimmie, che stanno nascoste in luoghi alti ed aperti, venuta fu notte, pongonsi ad imitare gPIodiani, e distaccando dagli alberi i grappoli, si cac ciano su quelle aje ; onde poi gl* Indiani fanno buona raccolta senza fatica. Superato che i viaggiatori ebbero il monte, v i dero la sottoposta pianura tutta frastag liata da fosse piene d acqua. Alcune di quelle fosse erano dritte, altre obblique, e traevano lacqua dal Gange; e fu loro detto cbe alcune servivano a dinotare i conftti, altre ad iuaffare le terre, ove ne avessero bisogno. Quelle torre, fra tutte le altre cbe si lavorano in India, sooo fu pi ubertose; e ric chissima perci l'eredit di tutti. Esse stendonti in lunghezza dietro il corso del Gange per uno spazio di quindici gioroate di cammino , e si al largano dal mare al monto delle scimmie per di* ciotto gioroate*. tutto poi ferma uoa pianura sola Il suolo uero di colore* abbondante dogni pro duzione , e dicesi cbe le spighe s alzino come le canne, e che fu fave sieno tre volte pi grosse di quelle dell Egitto. Ivi si ha anche sesamo e mi glio di ootabile grossezza. Sono iu que luoghi anche noci ; le viti per sooo assai piccole , ap punto quali nascono prsso i Meonj e i L id j, ina per il vioo che se ue fa ha fama d essere per gusto e per odore giocondissimo. Raccoofa Filo strato esse rvi uo al tro albero somigliantissimo al
s to b ic i

classz r m m , lauro, che fa un follicolo" della gitaadezza di uoa melagrana, nel qirai follicolo v* un poinodi color Ceruleo, somigliante a quello di giaciuto ,' e s oavis simo sopra quanti ne nascano su Ha terra, . Scen -t* dendo poi dei monte trovarono fu caocia de* dra* gbi, c h tutto il paese dell'india abbotidit di draghi matavigliosi per la moltitudi ue e la grandezza, e ne sono piene le paludi , piene l e moaiague , n trovasi un'alzata di terra che oon ue abbia. I pa lustri souo pigri e tardi, -lunghi da trenta cobiti., stentano ad alzare la teila , simili ai draghi fem mina , con la schietta oerastra e meno ,squamosa degli altri: I campestri sono iu tatto superiori ai palustri , ch hanno maggiore lunghezza . e . sooo veloci pi di qualunque rapidissimo, 'torrente , - a modo che uon v* chi possa fuggire da essi . Hanno questi una cresta mediocremente prominente nei giovani, ina grande ed assai alta negli avanzati in et, ed fatta a segfe ed infuocata . Questi alzano fieramente le giubbe e la' testa', la loro scaglia splende come se fosse d'argento, e le pu p ille do gli occhi loro scin t illano al pari di una pietra ar roventata nel fuoco. Vuoisi che abbiano una grande virt per guarire malattie pericolosissime. I cac ciatori trovano i draghi campestri morti , il che succede quando si souo azzuffati eoo qualche ele fante, ch l*una e l*a!tra bestia vi p erd e.la.v i t a ., e chi li trova ne guadagna gli occhi, la pelle e i denti. Sono nelle membra eguali ai cinghiali grandi, ma pi sottili di corpo, e iu qua lunque parte ver satili s hanno il rostro fortissimo , come * i grossi pesci. 1 draghi montani hanno fu squame di col o r fulvo, eccedono ia lunghezza i- campestri, hanno

STOBICJ Z BIOGRAFI FBOFAlfl.

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barba arricciata, di color d*oro, e le sopracciglia maggiori , sotto le quali stanno gli occhi di un gtsardo torvo e fierissimo, ed ogni volta che muo Tonsi serpeggiando sibilano con la forza di uu istroment o di metallo. Rosse sooo le loro creste e scintillanti come fuoco. Anchessi pigliano gli ele fanti. Per far preda di questi draghi tremendi, ecco qual arte gl Iudiani usano. Stendono dtuanzi alle caverne uo pallio coccigeo, su cui sono tessute in oro alcune lettere ; le parole che ne sono compo ste banoo tale incanto da addormentar quelle fiere. Ne aggiungono griudiani parecchie altre di arcana sapienza in virt delle quali esse vengono tratte a metter fuori del nascondiglio la testa? e come sono prese dall* incanto ed assonnate, gl* Indiani tagliano loro con uoa scure il collo , e spezzatane la testa, ne levano alcune pietruzze che ivi sono. Imperciocch dicesi essere nella te&ta di que* dra ghi montani certe pietruzze , belle di forma e di aspetto, e splendeuti a v arj colori , e di tale mirabil v irt , qual ebbe , secondo che si racconta, 1*audio di Gige: Non dee per omettersi che a l c une volte accade che il drago, nou incantato bene* tira a s nella caverna, insieme cou la scure e col pallio, l*Indiaoo, e lo divora, con tal furore scoteodosi che tutto il monte ne trema. Cotesti draghi montani abitano presso il Mar*rosso. Quanto durino a vivere, cosa diffcile da dirsi, ed incredi bile se si dice. Si osservato che ascoltano il s u o q o della zampogaa del pastore quando richiama dal pascolo le sue cerve biauche; giacch usan gl'in diani allevare questi animali e mungerli, teneudooe il futto per uu nutrimento migliore di tutti gli altri.

Fozio, Fot. IL

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CLASSE PRIMA ,

Da que* Inogbi che si sono descritti i viaggiatori tiraodo innanzi il loro cammino per quattro giorni attravers o di una b ella e beo coltivata couIrada , giunsero ad una citt abitata dai sapienti detti Bracmani , e con essi conversarono assai tempo * e le cose che ne videro , e ne udiroao nessuno ch*abbia bu o n senno creder. Da quel paese viea riputato che per messo degli Egizj sia venuto a Pitta gora Pempio dogma della trasmigrazione delle auime. Si lasciano crescere lunghi i cape gli, come una volta facevano i Lacedemoni e i Turj * si fasciano con una benda bianca, e camminano scalzi. Il loro abito avea la forma di nn sopraumerale, ed era fatto di certa lauuggine bianca che nasce spontaneamente io que* luoghi , come quella che nasce in Pamflia; ed essi soli la raccolgono dalla terra. Portano poi un anello ed un bastone. Quel l anello ha una pietra detta Pantarba , della gran-, dezza dell' unghia del dito pollice, la quale si geu'era nelle viscere della terra alla profoudit di quattro jugeri ^ ed ha tanta virt che si gonfia , e fa cbe si apra la terra, ov'essa si genera; n poi alcuno pu trarla fuori, se noo che sia iniziato ue*suoi arcani. Essa pietra di notte mette un chiarore come quello del gi o rno, essendo essa come un fuoco raggiante, e gittando da ogni parto scio t i Ite meravigliosissime ; e la luce che in essa splende lo spirito di una potenza occul ta. Di che si d per prova cbe se si prendono ciottoli, e alcuno li getti qua e l per varie direzioni nel mare, mandando poscia gi nell'acqua cotesta pietra, essa unisce insieme tutti que*ciottoli,eg!i ammucchia a modo che pajono uno sciame dapi. Aggiunge it

STOBI CI z BI OGRAFI PROFANI-

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favoleggiatore Filoslrato che Jarba disse ad A poi* Ionio tutte queste cose* e gli mostr quella pietra, e tutte le virt della medesima. Dice poi die i Pigmei viventi sotto terra abitano luoghi posti sul fume Gange * e quanto d essi detto , egli accerta. To non credo che n presso gl indiani, n in afunn'al tra p arie della terra vi vano gli Sciapodi, che sono quelli i qu ali si fanno ombra co piedi, n i macrocefali , n tali altri m ostri, decantati dalle storie di Sctface ( i) . L oro che dicesi venire scavato dai Grifoni, non consiste che in certi minutissimi granelli che sono dentro pna pietra , i quali il Grif one rompe col rostro. Cotesti uccel li trovansi nell ndia grandi c forti al pari de leoni, ed essendo forniti d ali g e ttanti sopra i leoni, gli elef an ti, e i draghi, e rimangono ad essi tutti superiori. Non volano molto , ma solo quanto usauo gli .ocelli pic coli 9 ' poich non hanno penne ma una rossa cartilag* gine sulle ale che si attacca alla costa. La sola tig re , per quanto gl Indiani dicono, pe gtifooi insuperabile, perch nel fuggife essa rapida quauto il vento. Parla anche del la fenice; e di essa racconta quello che raccontano gli aliti Quattro mesi dice essere stato ApMonio presso gl indiani: di poi tenendo alla destra il Gange, e - l fa ti alla sinistra, discese al mare, fatto il cam mino di. dieci giornate dal Motti e sacro, in cui si era fermato. Nel discendere cosi videro molte al tre cose : una razza di scimmie differentissima da
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S citare fu u n g e o g r a f o

d t i l a C a ria , d i i

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parie

riferendone, 1# opere.

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CLASS? PRIMA,

quelle che vedale aveano presso gli alberi del pepe. Queste erano nere; pelose, e simili agli uo mini piccoli. Finalmente i viaggiatori giuusero aft Mar-rosso : il quale non rosso veramente, ma anzi assai cerule o, detto rosso soltanto dal re ISrifra, il qual nome equivale a rosso. Nella loro naviga zione ebbero ad ammirare la foce dell* Ifasi che si getta in mare eoo uo precipizio terribile; per ciocch scorre esso attraverso di scogli e di rupi e per luoghi si angusti che da per tutto l'acqua obbligata a rimbalzare, in cento opposti punti ad ogn* istante rotta ; cosicch non avendo poi che tina bocca sola per uscire nel m are, vi si ag glomera furiosissima ; e con tale impeto cade, cbe guai a chi naviga troppo vicino a que* luoghi ! Dicesi che videro anche le foci del fume Indo, ov* una citt chiamata Palala, adjacente al fume; ed ivi fa uo giorno la flotta dfAlessandro e Nearco che fu guidava. Quanto poi iutoroo al Mar-rosso s narra da Ot'iagora , cio che ivi noa si vide l Orsa, n i naviganti possono segnare il mezzo* giorno, quantunque altre stelle ivi apparenti fac ciano ancb'esse lordinal o loro corso, lo stesso v i dere anchessi. Parlarono pure della piccola isola c hiamata Biblo , ove diconti essere conchiglie, e murici ed ostriche di sing olare grandezza ; e fu ostriche le quali vi si trovano attaccate alle piette, sono dieci volte maggiori di quelle che reggotisi in Grecia. Ivi anche si piglia in ut gu scio bianco la perla, che dicesr st are nelle ostri che in luogo di cuore. Narrasi che toccarono an* e b e V Eupegade, paese dt'gli Oriti , presso i quali sono pi etre di bronzo, are a di brai&, e pezxi

STORICI z BtOC KAri PROFANI.

di bronco trasportati dalle acque de fiumi* e n* quella terra stimata d*oro pel valore che si d al bronzo. Dicono avere anche parlato agl* Ittiofagi * abitanti una citt chiamala Si obera , ove si faouo gli abiti con le membraue de grossi pesci, ed ove fu carne medesima de* bestiami ha sapore di pesce per la ragione che si pascono di pesce anch*essi, quantunque ci non coofacciasi alla l$ro natura. Gl* Indiani poi, detti Carmani* sono una razza di itomioi mansuetissimi* i quali abitano uu mare tanto d pesce abbondante che non hatiuo bisogno di farne provvisione a parte n di salarne* poten done prendere ad ogni momento quanto vogliono. Dicesi pure che approdarono a Valara , emporio abbondantissimo di mirti e di pal me e v* hanoo alcuni allori, ed orti moltissimi copiosi di tutte cose. A quel paese sta dirimpetto uo* isola sacra che si chiama Se lira In quella parte che riguarda il grosso mare, Pacqua immensameoie profunda; e produce ostriche di guscio bianco* e piene di grassume* senza veruna perla. Quando gl* Indiani veggono .il mar tranquillo, vi buttano sopra delPolio, ndi nuotando sommergono sotto Pacqua per pigliare quelle ostriche* valenti io ci come quelli che vanno a pigliare le spugne. Hanoo essi uoa specie di mattone di ferro, e uo vaso d*alaba$tro pieoo d* ungueale i e giunti presso alle ostriche di quel l * unguento si servono come d*e$ca per attirarle; ed esse sedotto s'aprono e *\nebbriano di quel liquore. Allora co u. uno stile il pescatore le fora, e mandano fuori un sugo ch*egli con quel mattone va raccogliendo en tro molto varie cavit nel medesimo praticate ap* posta: il qual sugo .di poi s*indura a modo di

38 classe prima , perla naturale \ essendo esso sangue bianco ia1 mar-rosso. Ogni akra parte di quel mare selva* fica e fiera. Sooo ivi anche tarm e tante di ba lene t per lo che le navi per difendersene usano avere a prora e a poppa delle campanelle* al suono delle quali, impaurile quelle bestie, si allontanano dalle cavi. - Di poi entrati nelle foci dell* Eufrate dicono di l aver navigato a Babilonia. Nel IV libro Fiiostralo noo fa che accumulare favole e menzogne per lodare A poi Ionio. Nel V parla de*promontorj d Eur o pa ed Africa* conte nenti un seno di sessanta stadj, cou cbe congittn* gono Ocean o ai mari esterni. Il promontorio d*Africa chiamato Abita , ha leoni abitanti ne ciglioni de* monti. La parte interna di quella mon* lagna appartiene ai Getuli e ai Tingi, nationi fe roci , e ai Libj i e i nav iganti per TOceano la Yfggouo protrarsi per novanta stadj sino alle bocche del fiume Salece* quanto poi di l vada oltre, nou facile congetturarlo, perch dopo quel fume l*Africa deserta4 n pi al di l (rovaosi um ini. > promontorio d* Europa, detto Calpe* alla destra 1 ^egn una navigazione di seicento sudj* e termina alfantr ca Cade. Io medesimo vidi le giravolte del1 Oceano presso i Celti , quali aoche per fama si coiiofeetfoo* e spesso pensando alta cagione* per cui si vasto pelago affluisce e refluisce, credo che la indovinasse Apollonia in quella lettera che scrisse agl' Indi ani, ove dice che POceaoo spinto da venti sub^equei per molte aperture, si diffonde patte neMooghi inferiori, e parte uelle esterue plagile delfa terra t iodi i ritira al cessare del vento, qtiasi a modo di anelito. A questa opini o ne d

SToiuci a ztOGtsri prof ani. 3g forte quanto si vede accadere agli ammalati in Cade. Imperciocch quando l'acqua crescente inonda il paese, i moribondi non sono abbandonati dal* l anima^ n questo succederebbe se lo spirito stesso non si volgesse allora alla terra. E quanto *i vede apparire intorno alla luna cbe cresce, si fa piena, e cala, io vidi avvenire rispetto allO ceano, il quale, con essa cafu e cresce; e la notte al giorno; e poi il giorno alla notte succede, presso i Celti a poco a poco mancando o la luce , o le tenebre , come accade pure presso, di noi. Ne* contorni di Cade poi dicesi cadere innanti agli occhi in gran nu mero colonne come fulgori. di ce ti inoltre che presso ai coufoi dell1Affrica stanno le isole dei. Beati, volte verso la parte del promootorip che inabitabile. Cade situala dal lato d* Europa. I suoi abitanti sono nei loro sacrifzj superstiziosi poich hanno dedicato uu altare alla Vecchtaj a, e sono i soli fra gli uomini che nelle furo feste danne laudi alla Merto* Sono anche presso loro altari consecrati alA rto e alla Povert, egualmente che ai due Ercoli, l'egizio, e il tebaoo^ e questo per ch dicono l* uno essere penetrato stuo alfu con** finante Etisie con Gerione9ed avere a costui por*, tati via i buoi; l altro sapientissimo aver fatto il giro di tutta la terra. D i , pi dicesi che gli abi tanti di Cade sieno G reci, ed istrutti alla nostra maniera. Dicesi ancora che ivi si' trovino alberi , che non veggonsi in nessuualtra parte della terra, i quali -chiamansi Gerioni , ed essere soltanto d u e , nati presso il sepolcro eretto a Gerione , parteci panti della natura di due specie diverse di pino 9 e stillanti sangue, co me vfun riferito che il pioppo

io CLASSE M Jk , tM diade stilli oro. L*isola, in cui situato il tempfu, in grandezza eguale al tempio medesimo , non vedendovisi parte alcuna del suolo petrosa , ma tutto coperto di puli t issimo peristilio. In quel tempio si venerano ambedue gli rcoli N sooo rappresentati con simulacri. L* Egizio vi ha due altari di bronco : uno solo ve n* ha il Teba oo. Veg* gon vi poi sculture in marmo che raffigurano 1 Idra, i cavalli di Diomede, e le dodici fatiche di Ercole; e nel tempio stesso d *Ercole v* laurea oliva di Pigmalionet degna, come vuoisi, d'ammirazione per la giusta somiglianza che l*arlefalto ramo ha al naturale , e pi ammirabile nelle frutto, di cui carico , fu quali sono di smeraldo. V i si mostra aucora l elsa d oro di Teucrft Telamonio. Come poi questi, e perch questi giuguesse all Oceaoo, gli abitanti confess ano di noo saperlo. Bens dicono che fu colonne che sono nel tempio furono fatte d*oro e dargento, fusi insieme, e ridotti di un sol Colore. Esse sono quadrangolari come le iocudfui ; e ue* loro capitelli sooo iscrizioni con caratteri n egiziani, n indiani , n cogniti in alcun modo a nessuno. Apollonio vede ndo che di tal cosa i sa cerdoti non dicevano nulla i Non permette a me , diss*egli, Ercole egizio che taccia quauto ne so Questo colonne sono il vincolo della terra e del* I*oceano; e vi fece su quella iscrizione Ercoio stesso i o casa delle Parche ; e la fece perch inai non venissero a contrasto gli elementi, n mai s i rompesse la colleganza in che sono. Navigarono ancora que'viaggiatori pel fume Reti, il quale iu singolarissimo modo fa chiara fu natura del fl usso e riflusso dell* Oceano. Imperciocch

STOBIC! Z BltfGSArt t t O T k V U

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quando il mar cresce Tacqui) di quel fume va verso fu sue fonti, respinta dal mare da on certo spi* rito. La regione da quel fume Dominata Bel ics ottima; e doviziosissima, e beo fornita di citt e di pascoli. Quel fume scorre presso tutte quelfu c itt , e le campagne iodustrfusameute coltivate producono di tutte cose in Abbondanza* Il clima del paese come quelfu che suol esser dell Attica all* autunno ne* giorni dei inisterj. Tutte fu cose che i poeti dicono dell'Etna, F ik>sfrat raccoota essere state come tante favole ri gettate da Apoliamo , di questa maniera ragionando egli: La favola che rigettiamo,* non simile agli apologhi di Esopo , ma appartiene alle finzioni di chi sa dare ad intendere cose false , come sone i poeti, i quali dicouo che certo Ttfeo od Encelado fu fugato, e posto Sotto quel monte, al cui peso mortale resistendo, con grandi aneliti vomito quel fuoco. Io poi credo essere stati al mondo i Giganti, e io molti luoghi esistendosi i furo sepolcri, se ne mostrano i corpi. Ma non credo poi cbe quei g iganti combattessero cogli Dei ; bens penso che ne violassero i templi e gli altari. In quaoto *poi che assaltassero il cielo, e noo volessero che ivi gli Dei abitassero, reputo il dirlo pazzia, e maggiore pazzia il crederlo. N vorrete voi pur credere ci cle si crede comuoissimamente, cio che Vulcano esercita nell* Etoa il mestiero da fabbro $ poich molti altri monti sono al mondo che gettao fuoco, senza che alcuno dica ivi essere i Giganti, o Fui* C a n o Dellardere adunque che fanno certi mosti , ecco quale dicesi che ne sia la cagione. La terra mista a bitume e a solfo furmenta, ma per anc he

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non arde. Ma se avvenga che abbia caverne, e in esse entri alcun sofGo di vento , allora si accende ed alza le fiamme a modo che , crescendo esse , .versanti sulle cam p ag n e non di versamente da quell o c be faccia l'acqua Calurtado dai monti; ed alcune v olle quell' allagatacelo di fqoco scorre sino al mare, e vi fa impeto al pari .di un fume. L* Etiopia occup a il corno occidentale di tutta la terra, come P India occupa quello cbe guarda rotien te. EiS congiunta alP Egitto dietro a M e roe, e stendendosi verso la parto deserta della Libia va a terminare al mare che i poeti chiamano Oceano, con qu esto *solo e medesimo nome s ignifi cando U tlto tl mare che circonda la terra. Altri* b u s cano poi alP Egitto il fume Nilo , il quale preadendo priitcipio dalle Catadupe, PEgitto, ch tutto irriga, viene ad unire alia Etiopia. L'Etiopia tjou dat paiagouarsi all1 Indi a nella grandezza, n da. paragonarvi alcun'altra parto nota agli uo mini. Nsedotto lEgitto aggiungiamo alfu Etiopia, il che - crediamo appuuio fare il Nilo, non per anco que' < ue paesi -saranno grandi quanto P India. NeU A P una' e u e tiV tr a conti a da ^er i due fiumi* I*Lido e il Nil o , sono tra essi simili. Eutraudo in fatti iu tempo d estate, quando appunto la terra n' ha bi sogno. essi la bagna uo e la coprono di limo^ en trambi soli tra i fiumi contengono coccodrilli ed ippopotami. La somiglianza poi delle terre v iene aitostata in ambi i paesi dagli aromi ivi nasceoti j e cos dai leoni e dagli elefanti, obbligati nelPu na contrada e neiPahra a servir. Ciascheduna, d'esse ha ancora altre fiere che non si trovano altrove) ed ha u&ntioi negri, che ni un altro luogo del con*

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tinente ha( e insieme cui Negri ha ciascbeduua anche Pigmei. Quantunque poi i Grifoni degl* In* d i a i ii , e le formiche degli Etiopi tiene differenti di figura, cip 'ion ostante hanno le iuclinazioni medesime -, perc iocch si dice che iti entrambi f* luoghi cotesti animali cijstudi&couo l oro, ed amano fu terra d ie lo produce. Essendo A poiionio pervenuto sul confine d e l Egitto e della Etiopia,, ( il luogo chiamati Sicami u o } trov oro greggio, lino avorio, e diverse radiche, e unguento , e varie specfu di arom i ; e tutte queste cose esposte sulla strada in tanti mucchj senza che lcuno le ^custodisca. la ragione di tal cosa questa- Gli Etiopi traspoitaho fu metei del loro paese i e g li Egifcj preadendo questo, quelle vi portano .del paese pr o prio di> valore eguale; cosi barattando fu uue cou le a l t r e , ed> ognuno provvedendosi di quelfu che nou ba* QueHt che sono pi vicini al contine* le ut* sono ancora n egri affatto 4 ma avendo Utili una medesima tinta,1 rim angono diversi dagli aliti. Costoro sono nevi m eno degli Etopi, e alcun poco pi degli.gizi.>* Riferisce f do tirale poi che A poliamo giunse. sU* reggia di Memftonet Aveano: i viaggiatori per .guida uo giovatto egizia oo di oomie Tmasio^ e dice chei Apollonio fu malairf*f*to accolto , mentre recavasi ai Gimuosofsti degli Etiopi, .niuu di quegli oneri, avendo ricevuto che gli fecere i Brahmani dell'India* ed e cco il percih Un certe Eufrate, filosofo; essendo nemico di Apollonio* ne avea denigrata cou calunniasi rapporti la fama presso i G wiNioao-* fsti. Del resto egli drtsste ch e Bracmatu de'H'lndi erano assai pi sapienti de'G unuosofsti d Etiopia ;

C LA SSI F U M A ,

^fe questi vivevano nudi a cielo sc opert o , s apr una montagna dalla natura assai ben formata, poco fungi dal Ni fui e eh t Apollonio giunse ad essi na vigando parte per m are, e parte sul Nilo. Poco fermatosi coi Gtmnosofsti, e disputando co* s o ni compagni and ai monti a man sinistra del N ilo ; ed ecco fu cose degne di memoria che in quelfu parti videro. Le Catadupe sooo montagne di terra, simili allo Tmolo di Lidia \ e da esse montagne scendendo il Nilo, della terra cbe di fu seco trae ingrassa lEgitto. Il rumore strepi loto cbe fa Tacque al cader di quel mbnte cosa orrenda, n Torecchio pu tollerarlo ; onde molti cbe saccostarono e que* luoghi, perdettero udito. Andando ApoiIonio icoaozi coVuoi compagni videro alcttne c o llineile coperte dalbeti, fu cui foglie, e la corteccia* e le gomme, cbe da questa tramaadatto, dagli Etiopi vengono te.oute in conto di frutto. Vider o anche per la via fuoni, pantere, ed altre belve sim ili* nessunadelle quali tent alcuna cose coolro d'essu ma come al vede r uomini fossero prese da stupore t iravano dritto il loro cammino. Videro parimente cervi, capriuoli, e -stru zzi, ed asini selvatici in gran numero, ed altri animali di.diverse sp ecie, tra i quali furooo buoi silvestri, ed ircebuQ. A l cune di queste belve nascono <kl cervo e dal Ti reo, altre dal mescersi altri eoi mali different i ; e se condo questi, prendono particolare denomi sezione Trovarono anche essa e membra divorate e met di cotesti aoimali, avvene ndo che i leoni uoe volta cibatisi di preda calda, disdegnano poscia quanto d'esse loro avaozato, sperando, io credo, di po terne aver delfu nuove Ivi ebiteno gli Etiopi detti

ST0K1C1 z SIOGSSFI HtOFAlfT. $5 No triadi, i quali baono fu furo citt piantate sopra carri. Vicioi ad essi stanno i cacciatori di elefanti* cbe ne vendono a brani le carni \ e sono per ci stati detti elefaotnfighi. I Nasameo i , gli Antropo* fegU Pigmei e gli Sci ap o d i, >000 tutti genera zioni di Etiopia, e stendonsi fino alfOceano etiopico* n lo passano se oon a loro malgrado, strascina t ivi dalla lorza di qualche procelta. Mentre anda vano que* viaggiai ori ragionando ira loro intorno Ile fiere veduto* ed ammiravano la natura che nudre tante e s diverse spcie di animali, nn ru more venne a colpirli, simile al tuono quando noo iscoppia ancora, ma sta serrate rombando in seno alle nubi. Allora Timasio disse : vicina fu cata ratta cb a chi va su si p resenta per la prima , ed 1* ultima per chi va gi i esse sono quattro. Andati * iaoanii per circa dieci stadi videro il fiume venir gi del monte, niente pi grande di quel che sia il Marsia, o il Meandro l dove si uni scono insieme. Tirarono ancora innanzi; e uoo videro p i nessuna fiera Imperciocch essendo esse per naturale paurose , pi volentieri stanno presso acque quiete cbe dove queste fanno grande stre pito. Dopo altri quindici stadj udirono fu strepito di altra cataratta, pi intollerabile a udirsi di quello della prima ; ed era di quella maggiore del doppior La quale osservando Damide che precipitavesi da luogo pi alto cbe l'altra, e i compagni, ed egli medesimo riferisce esserne rimasti tanto etordili cbe pregarono Apollonio a non sodare pi avanti. Ma egli, fermo uel suo proposto, presi seco noe cbe chiama vasi Nilo, e Timasio si avvi cin atta tersa cataratta j indi ritornato ai compa-

Ctissz Misti , gni annunzio loro col essere la maggiore eleva zione del Nilo, d quasi o tte stadj ; la riva oppo sta ai monti avere il fianco di un m asse maravi gli o so, e l'acqua c adere diaIla sommit ia uoa vane* sassosa , e di ] tumultuosa e spumante alzarsi taoto, come se volesse risalire alto parte , d' onde proceder. Gli accidenti poi die indi so rgono , sono molti, e p i v a r j di quelli c be veggonst nelle altre cateratte ; e il fragore dilla caduta de* monti erudissimo; e tutto il complessa di quello spetta tolo rende incornprentibile la nascita di quel-fiume, li cammino alle sue fonti ptitae uon solo aspro all* ultimo segno,, e d r fii c ilistimo a farti, ma pur anche a concepii si. molto cojenerransi dei demooi che stanno a quelle fonti < e Pindaro cant di quello che siede col a temperarne il corso. Passa in fine lo storico a riferire come Domi nano imperadore, avea vietato th si castrasse alcuno, e che si piantassero v i t i , ed anzi le gi piantate si strappassero^ ed a proposito avere Apoi Ionio d ello; questo vole r forse d ire, che io non ho bisogno n di tali parli, n di vino. Ignor cosi qnelf uomo ammirabile risparmiare egli gli uo mini, e castrare la terra. Nel VII ed V ili libro Filo strato riferisce il li bero parlare di Apollonio intorno a tiranni, e se gnatamente into rno a Oomiz'ano ; e come fosse accusato, e spontaneamente si presentasse per es sere giudicato; indi, in che maniera feste tenuto in carcere,e dal giudizio uscisse liberato, scilto e difeso. Tali cose racconta ; e prova noti essere egli stato mago, ma quanto ogni altro mai avere ahfeoraiuata furtissitfiaineuto fu magia 4 quantunque

1$

STOSICI z BIOGSAM H t07 lff.

4?

molti prodigi narri di essa. Dice ancora essere stata la morte di lui oscura, e ia vita celebre; e del vi* vere e del morire, come c redeva convenire, aversi egli dato se mpre gran pensiero, solito a dire: staiti occulto vivendo ; e se noo altro: muori occulto ; ed aggiunge alle virt svere atteso continuamente, ed in ispecial modo avere imitato Pitta joraFitostrato lia usato nella sua narrazione ame nit, e variet , e parole conveuienti alle cose , e ostruzione adattata, quale nessuno scrivendo ado* p e r ; poich veggiamo taluni dire piuttosto sgar batamente che con giusti modi. Al contrario di die 'Filostrato, uomo dottissimo, mai non si Hoglie dalla buoua strada; tentando novit sua propria nella Costruzione; e ci che assai di rado gli antichi 'dissero, egli dice liberissimamente fino al sover chio, dimostrando cosi potersi ci fare lecitame nte, dappoich non pel capricci o era egli condotto, ma sivvero'per dar grazia e d olcezza al suo discorso. d in fatti la sua dicitura concilia l'attenz ione^ ed ba una certa veu oet.

Cose estratte dala medesima vita che si son omesse, ma che sono eccellenti pr la belletta delle parole e per la composizione (i).
( i ) Fozio p o n e q u i Fitostrato, il in e r i t o

u n a I n n g a s e r i e d i p a ssi t o l t i d a

d e 1 q n a l i n e n p u c o n o s c e r s i che n e l l a l i n g u a o r i g i n a l e , f u li lascio si p r r q u e s t a rs * g t o n e , $i p e r c h li t r o v o t r o p p o t r o n f i l i , e t a l o r a p o c o c o n f o r m i al t e s t o : il c h e oii r o i ir a v ig tto noa e s s e r e frtato n o t a t o n d a g l i e d i t o r i ) n d a g l 1 i n t e r p r e t i

d i F o z i o . Q u e s t o l u n g o a r t i c o l o d i s e d o t t o ioni? b a

cusis r im i,
FLEGONTE TRALLIANO
aCCOLTA ni coss OLIMPICHE s cron i c i e. Questo scrittore fu liberto di Adriano augusto; e dedic l'opera ad uo certo Alcibiade , che era nuo della guardia di quell*imperadore. Incomincis dalla pri ma olimpiade a motivo che i fatti anteeedeuti, come acche quasi tutti gli altri afTertnaoo, nen hanno fa qui avuto alcun diligente e verace s c rittore , e quelli che pur cercarono gloria scr i vendone, non fecero che dir cose tra esse troppo diverse e contraddittorie. Trae adu oque Flegonte i l priucipio, siccome ho detto, dalla prima olim piade ; e vico disceudendo sino ai tempi di Adriano Io ho letto si oo alla C L X X Y II olimpiade, in cui fu vincitore Ecalonno, milesio nel corso e ricorso: sei corso armato tre volte yi ose Ipside siciouio* nel dolico, Gajo, romano \ e Arilo ni mia, eoo, Isi doro f alessandrino, nei peotaflo^ nella lotta Aproto\ nel periodo Atiana , figliuolo 'Ippocrate atramiteo* nel pugillato, Sfodra, siciooio^oel pa ocrazio Sossigene, asiano. Tra i ragazzi vi use nello stadio Apollofane ciparssio, D ella lotta Solerico di Elea, nel pugillato Calasso, di Elea auch'egli ; come nei sicuramente sofferto o dal tempo , o dai copisti. For tunatamente abbiamo l'opera di Filo strato $ e ognuno pu a suo agio vedervi U bellezza di cui abbooda, coine dallarticolo antecedente ognuno pu vedere di qual grado fosse rispetto a certi paesi , U scienza in geografia e ia istoria naturale , si di FMostralo cqjue di Fot io medesimo.

STORICI s BTOQftitt M o r s u i . 49 pancrazk), e pel corso armato Ecatonno , m ilesio. Questi fu coronato tre volle nel medesimo giorno, <io per io stadio corso e pel ricorso; e pel corse armato, Aristohco* che fu vincitore di quadriga; e d* uu cavallo solo Agemone* eleo. Ellanic , eleo, fu fu di biga e di quadriga cogli ecuei : di biga si* mi le lo fu Ciezia eleo , e di solo eculeo Callippo peleo Lucullo ia quel tempo assediava Amiso ; il quale, fasciato sotto quella citt Murena con due legioni, cou tre altre si port cooiro i Cabiri, e sveru nel furo paese. Il medesimo diede ordina ad Adriano di combattere con Mitridate, e vi ose la giornata, in Roma fu tremuoto; moke altre disgrazie interven nero ; e molti altri fatti io questa olimpiade accad de roj imperciocch uel terzo anno di essa si ce usi. rouo in Roma sovecentodiecipoila abitatiti, Essendo morto Sinalruce re de Parti, succ edette a lui Frante, soprao oomiuato Dio-, e morto FedtP ep i cureo ne prese il posto Patrone. Parimente iu quellanno nacque Virgilio Marone il giorno delfu Idi di ottobre. Nell'auno quarto poi della stessa olimpiade Tigrane e Mitridate, messi insieme qua ranta mila fanti e trenta inia cavalli, ed ordinato l'esercito all uso de Romani , combattendo con Lucullo rimasero vinti;ess e ndo rimasti morti delfu truppe di Tigrane c inque mila uomini e io mag gior numero esseodo caduti prigioofun , oltre fu ciurmaglia attaccata ai servigi dell esercito* Catulo dedic in Roma il Campidoglio ; e Metello man dato alia guerra di Creta con treula legioni, eo o * questo quell isola : nella quale venuto* alfu mani c*n Laoslenes ri masto v i ttorioso fu proclamato mF o iio , Voi, JL

.s s s yhima , persdore, costretti i Cretesi a serrarsi entro l e mura delle furo citt. ienodoro, pirata traendo chiavi g li abitaoti di Deio, distrusse fustatue degli D e i; ma un certo Gajo Triario, restaurando le rui oe delfu citt cinse di muro Deio. Fino a questa olimpiade leggemmo cinque libri dellautor e Il suo' stile non affatto basso, ma non couserva nemmeno il carattere attico. Altronde troppo dispiace Paecuratezza e la diligenza di lui in contare fu olimpiadi, in riferire i nomi di tutti quelli che ebbero parte nelle gare de giuochi, in allegare i fatti avvenuti, e io riportare gli oracoli ; cosicch con tale massa di minute cose annoj*4 chi legge, mentre intanto tutte le altre cose rimangono iu questopera coperte, n si lasciano apparire. Oltre ci eensa garbo affatto riesce il ctfscorso \ e pu dirsi cbe l'autore non bada che ftd andare incul cando senta discrezione i responsi d'ogui specie

5o

degli Dei.
PLUTARCO
ZSTRSTTO D E * r * R A l. L Z L t.

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Leggemmo diversi libri dei Paralleli d Pfatarco , i c ui scelti Contpendj c ontengono g rande utilit per chi ma imparare.

Dalla vi(a di Dione. Timeo, cogliendo Pottasione opportuna di rim proverare i riguardi e la fede di- Fdisto verso i tiran ti, fu colma fino allecoeHO di contumelie'

8T0BIC I t BIOGRAFI PROFANI.

Si

F otrebbesi perdonare a d ii inveisce contro uno cbe in vita l'ofTese, non ave ndo nel tempo avul modo di sfogare T ira sua; ma d ii venne scri vendo la storia d op o , e noo fu offeso, ed anzi pot approfittare di alcuna cosa lasciata , dal comun giudizio degli uomini dovette essere distolto dal rimproverare con obbrobrj e con iscurIit dis grazie che per ingiuria della fortuna ogni uomo dabbene pu incontrare. N Eforo mostra miglior seuno, il quale lodando F ilin o , quantu nque astu tissimo uomo, cerc i cattivi costumi, e le mate azioni coprirne ed iscusarlo con considerazioni in apparenza oneste. Ch a malgrado d'ogni suo sforzo noo pot purgarlo dai delitti appostigli ^ e si fece vedere cortigiano de*tiranui, e grande ammiratore del loro lusso, della loro potenza, e delle ricchezz e e nozze loro. Miglior consiglio si nA lodare t fatti d Filietot n rinfacciargli fu vtceude1 sofferte. Dal Bruto.
Mentre altri a Cesare s univano, a h n d An tonio, e gli eserciti stavano per mettersi io ordine> e ognuno correva ove sperava miglior partito, Bruto veggendo fu cose affatto disperate risolv d'uscite d 'Ita lia , e attravers la Lucania a piedi siilo al mare Eleo. Di l ritornando Porcia a Roma,' volendo essa occultare P immenso dolore che fu rcava fu separazione del marito, quella donna, al t r n d e generosa e forte , fu vinta da una'pittura che fu cadde sotto gli ocbi. Rappresentava quelhl pittura Andromaca, che ricevendo dall b raccia di1 Ettore il figliuolino restituitole, teneva fu guardo-

5a

cla ssi n u m i,

fso oel marito. A Porcia quella pittura feOe sen tire la disgrazia del proprio caso, tutti oe sollev gli affetti, e le desi amarissimo pianto, rinnova tosi io lei ogni volta che sulla medesima fermava gli occhi.

Dal Paolo Emilio.


In cui tra fu varie passioni, e gl* ioterni c attivi affetti , P avarizia tenne il primo luogo. E Pi tarco parla cos *di Perseo, re de' Macedoni.

Dalla vita di Demostene,


Uditi tutti gli ambasciadori ateniesi veouti a lui, Filippo rispose con molta precisione a DemoSiene, ma non us seco lui l'onoranza e la cortesia cbe usata avea agli altri, migliore accoglimento fatto avendo ad Eschitte ed a Filocrale. Per lo che lo dando quelli Filippo come facondissimo e bellis simo uomo, ed ottimo bevitore, lasciatosi sopraffar dall invidia si mise a porre in ridcolo cotali el ogjt dicendo in quelle cose nul la essere di che lodare degoamente un r e , perciocch fu prima qualit appartiene al retore, la seconda alla donna , e la terza conviene alla spugna. Mortagli fu figlia, Demostene avendo avuta la nuota allora per auche secreta che Fdtppo avea cessato di v iv e re , per alzare gli animi degli Ateniesi a buona speranza snir&Yvenire and tulio lieto in volto iu senato, dicendo 9vere fatto un segno, c be annunziava grande felicit al popolo. Poco dopo giunsero quelli che s$cavauo l ttuujuozio delle motto di Filippo , E

55 Demostene vestito splendidamente, e cou corona iu t esta apparve in pubblico, essendo allora il settimo giorno dach sua figlia era morta. Il qual fatto riferisce Bschine traeodolo a vituperio* di lui, come uomo se oza cuore pel proprio sangue. Di niolle animo e degenere era egli, se credeva indizio di man suetudine e di amore de'suoi i pianti e le strida, ed imput a vizio il sostenere siffatti casi senza senso di dolore, e mollemente. Non affermo io invero cosa decorosa negli Ateniesi metter corone, e far an c he sacrtfzj per la morte di un re che usata avea tanta clemenza ai vinti. Aggiungo ancora essere c osa odiosa, e indegna d' u omini ingenui, che dopo aver colmo di onori , e rimeritato con la cittadi nanza quel re, mentre era vivo, esultassero poi alla nuova che non vivesse p i , e a lui morto insul tassero. In quanto a Demostene, eh' egli lasciasse aHe donne 11 piangere sopra le disgrazie domesti che, occupandosi egli iotanto di ci che credeva dell* interesse delfu repubblica, io di ci il lodo ; e dico procedere questo da animo forte e vera-r mente civile , il cui officio badare sempre a quelfu che appartiene alla repubblica ; a questo posporre fu domestiche cose, conservar sempre fu propria dignit, molto meglio di quello che sulle cene *faceano gl istrioni rappresentando o r e , o tiranno, i quali veggiamo non ridere* o piangere come pi loro piace, ma come vuole la ragione deirargomento a cui servono. E se coutro ogni dovere abbandonare chi sia colpito da infortunio, * lasciare che si consumi nel suo dolore privo di ogni consolazione^ ch aozi dobbiamo la sua tri stezza alleviare con dolci parole, e chiamarlo alla
STORICI z

B10G1 UFT .

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CLASSZ M IM A ,

speranza di migliori eventi, oou diversamente che facciasi cou uomo ammalato d'occhi che dagli o g getti troppo splendenti, e che la sua vista offen dono , volgiamo a mirare verdi, e soavi co furi ; qual fa migliore maniera di consolate la patrie afflitta, quanto il temperare le disgrazie domesti che con le pubbliche , e le avversit proprie co prire con quaoto di prospero pu alla patria stessa accadere ? V in to , dice Plutarco , dai regali di Arpalo , e preso Demoslene, come se gli si fosse posta affianchi una guardia, si mise nel suo partito t e chiamata fu moltitudine che dove giudicare degli affari di Arpalo , poich prima chesso empiute avesse d'oro all oratore le maui questi erasi opposto a chi voleva salvarlo, e dargli ricettoi copertosi ben bene il collo con laqa, e con fazzoletti, si present alfu concioue; e chiamato a parlare, fece segno d'aver perduta la voce. Onde i pi spiritosi motteggiatori della citt dissero che l'oratore fu notte antece* dente era stato {preso non da angina , ma da ar* gentaugina. Dopo che Demostene pei regali avuti da Arpalo fu cacciato iu esiglio , i giovimi che andavano a trovarlo e spesso conversavano con esso fui* li dissuadeva dall* impacciarsi nelle cose pubbliche * dicendo cbe se da principio gli fossero state pro poste due strade uoa della tribuna,e della con cione, e Paltra della .morte immediata , ed avesse preveduti i mali soprastanti a chi fi d ai p u b blici affari , i terrori , le invidie, fu calunnie, fu opposizioui, egli sarebbe entrato iu quella che a dirittura avesse condotto alla morte.

t o s ic i aK H U A n s v z o r s jn .

Dal Cicerone*
certo cbe Pazione giov non poco a Cicerone per persuadere, ed egli ridendosi degli oratori ebe fanno grau rumore, diceva che per debolezza ri correvano al chiasso, come gl zoppi ricorrono ai cavalli Pare eo*a propria dell oratore Sopprimere i nemici con acerbissimi obbrobrj, o pungere gli avvers ai) con motteggiarne offendendo egli il pros* sim o a spalle altrui eccitaodo il riso , si concit contro l odio di molti. Per cotale sua mordacit si fece assai nemici ; e Clodio cosi altri d ci prese occasione di cospirare contro di fui. La pi pic cola noseta di rame ptesso i Romani il qua drante. Viene raccontato, dice Plutarco , che Cesare avendo ne*primi giorni contrastato per salvar Cicerone, il terzo giorno acconsent che il sud amico fosse proscritto. Ma si fece nn cambio, cbe Cesare fusciasse mettere tra i proscritti Cicerone, Lepido* suo fratello Paolo* e Antonio vi lasciasse mettere suo * zio L. Cesare* Cosi 1 ira e fa rabbia rovesciato in essi aveano ogni ornano sentimento) ed ausi dimost rarono non essere al mondo bestia pi fe roce dell* uomo quando ba i mezzi di eseguire quaoto nella perturbazione delle pessiooi deliber.

Dal Pacione, Focione fu nomo severo e d* umor tetro. Se* deodo io tribunale per fare il registro di quelli cbe cmpor doveano 1*esercito, al vedere da lontaoo Aristogitone sicofante, cbe Delle concioni avea

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c la ssi m im a,

eccitato il popolo alla guerra , e camminava" eoo u o bastone ed una coscia fasciata, grid al can celliere : Registra Aristogitone, ancorch zoppo e da nulla. E far in vero maraviglia come un uomo severo e duro abbia pot uto ottenere il som e di buouo. Ha credo che , quantunque sia diffc ile , pure accader possa c h e , come succede del vino , anche un uomo possa essere dolce ed austero ; come al contrario veggiamo alcuni che * mentre pajono soavi , riescono acerbissimi a chi ha che fare con essi, e nuocono non poco. Narrasi '/peride che una volta parl al popolo di questa ma niera; B adate, o Ateniesi, non solo se io sia acerbo, ma se per avventura uon sfu tale perch offeso Focione nou fece male a nessun cittadino per ini m icizia , n anzi pens mai che alcuno gli fosse nemico. Bens mostrossi aspro e fiero con chi re sisteva a* suoi coosigli diretti al bene della patria. Nelle cose della vita privata fu compagnevole, be nigno e mite con tutti, cosicch prest ajuto nelle 'loro bisogne anche a quelli che aveano mostrato sai cuore verso di fui, e li difese vedendoli espo rti ad uu giudizio che poteva decidere della furo vita. Dicesi che lo stesse Antipatro , principale tra i Macedoni, e che fu cose di questi governava, disse io qualche occasione aver egli ia Atene due amici , Focione e Demade, ad uno de quali uoo ave* mai potuto persuadere di ricevere , all* altro di dovere usa volta essere sazfu d avere avuto.

rro n ci i f o s t i n n o n n . a

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V a l Catone. Catne mettendoti pr imparare, fu lardo a e tcose ma capile noa volta le riteneva' *a pire m em ora tenacemente. Cos appunto veggiamo che ehi ha svelto ingegno, presto metto in sua meato le cose; ma chi ve le mette con laica, fu ritiene essai pi, perch fu ha, direm cosi* impresse sella -sua testa eoa u o o stampo rovente
- f u , ,

Dai? Alessandro.
D ice che Alessandro fu bianco, e ebe alla bianehetza un il rosso, specialmente nel petto e snUa faccia ; che esalava un odor soavissimo e dalla bocca e da tutta la persona; cosicch, come molti attestarono , fu ue tonache erano piene di fra* gran za. Di ci forse la cagione era il tempera mento caldo ed igneo del suo corpo; imperciocch^ * se crediamo a Teofra&to , 1 odor buoeo nasce qnando il calore co ucuoce gli umori ; e per que* sto le parli secche e torride della terra generano Molti ed ottimi aromi, appunto perch il sole alza Tumore che come maceria di putredine trasuda dalla superfcie de* corpi. Onde poi per questa ragione Alessandro fu bevitore .ed iracondo Avendo Filippo ricusato di comprare il Bucefalo, propostogli da Filonico di Tessaglia per tredici tafunti, per ;fu ragione c he non soffriva d essere caval c ato da nessuno, e non ascoltava fu voce di nesauno di quelli eh rano con quel re , Alessan-* d re , di d delent?, preg il padre di acquistarlo}

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ed egli, mentre quel cavallo era da tutti giudicato feroce ed iudomabifu, preso pel freoo lo volt in faccia al sole, con che pot osservare come altrimente dalla proprfu ombra agitela e tremule quel l'animale Imbavali. Posc ia palpatolo a poco a poco e dolcemente accarezzatolo, tosto che fu vide in* focato, pian piano toltasi di dosso la clamide , vi salt sopra, vi si adagi con sicurezza e violente mente fu scosse. Alcuoi di quelli cherano presenti fu guardavano con [Mura cbe gli succedesse quaU che disgrazia, altri si posero a battere lieti le mani, e tutti rimasero del pari stupefatti. Quando poi festoso, volto indietro il cavallo, torn in in zio alle universali acclamazioni, dicesi ebe F i lippo piangesse di gioja , e quando Alessandro fa disceso, presolo con ambe le nfuui per la tosto lo baciasse , e gli dicesse: Figliuol m fu, Cercati un regno degno di t e , poich la Aiaeedooia non pu contenerti. Dice anc he Come Alessandro sti mava migliore opera di re il vinc e re s medes imo che nemici, e come i> alcuna deile fglinofu di Dario, quantunque bellissime, o altra donne qua lunque prima delle nozze tocc salvo Sartina . che fu v edova. Avendo uua peoora partorito no agnello che avea nel capo la ligure e il oofur di una tiara, e dall'un* parto e dall*altra i testi coli, abbontinando un tale prodigio 7 fattoti pur gare dai Babilonesi ebe a tafu effetto alea m n d u t seco , disse agli am to , non per s , ma per tesai essersi di tal fatto turbalo, onde quando fosso morto il fato ooa facesse cedere l'imperio in u h m d >qaalehe nomo igoobifu ed ito bel fu Ma da qae* sto pensier tristo fu sollev no pi lieto accadente.

stonici a Biomun rsorsar* ^ I mperciocch accadde cbe facendo Prosiamo, so printendente de* mob ili re g j, un lu ogo presso il fiu m e.0 *0 onde piantare fu tonda, scopt una, sorgente di un liquore ^pngue, da cui, falla levare fu parte ,eh*era alfu superficie, ne scatur un olio puro e luceste >,per nulla differente dallolio vero n per Pudo re, n pel sapore , o per cbaretza e g rassezza ; dovendosi anche avvertire che in. quel paese oon v'ha olivi . Ma ha unTacqua assai morbida , cosicch chi vi s lava si trova come unto d certo grassume fu pelle. Alessandro molto f u lieto d quel prodgio* t - Filippo ebbe n al tro figlio, d nome Arideo> generato da ima *gno* bile prostituta detta FiUn$i, e non era affatto sago d mente ; il cbe procedeva da miti* affusione d corpo. Quella mala affeaiooe p^r nen veniva da vizio di natura, poich .dicevi ,cbe da .fanciullo fosse d bella e sve lta, ma da certo , beveraggio propinatogli da Olimpia ,* ti c cfc p$r sso rimase tocco e*cbe nel senno.

Dalla vita di Cesar e.


Raccontano che prima che Cesare giugnesse ad Arim ino, citt grande nella Celtica , la quale con improvviso assalto egli occup, d notte ebbe un bruttissimo sogno, parendogli di giacersi oscetaipeale c on fu prpprfu madre

Dalla vita di Eumene.


Le prosperit alzano .l'animo anche a coloro ebe Sono di scarso e basso ingegno sicch' si les^ouo

CLASS* PKTWl, per grsh li, ed alzan le creste se avvie ne che v e g gansi -collocati in eccets grado. Ha fa vera m a gnanimit e *costanza risnlta nel sostenere e c o r reggere i casi delta fortuna avversa : di che d ied e bell* esempio Eumene; perciocch si vide in e sso lai una nobilt d animo ed una svelt ezza d in ge gno superio ri di gran lunga a tutte fu avversit che incontr. Per lo che sentendo ch*essi ( i suoi avversar]) vicendevolmente si disprezzavano e che temevano di fui , ed erano deliberati di ucciderfu ove furo se ne presentasse l'occasione, fngendo di aver bisogno di dattaro prese ad imprestito molti talenti da que* medesimi che s ommamente 1* odia vano , onde credessero* a l u i , e per fa paura di perdere quan to furo doveva desistessero dal tra mare contro la sua vita. Con che venne a costi tuire I* altrui danaro guardia di sua persona ; e mentre gli altri redimevano la vita sua col danaro a, Ini dato, egli solo colPaverlo ricevuto si fece sicuro. Filopolemo , cio amante della milzia . colui che preferisce P utilit alla sicurezza ; Pole mico, cio militare, colui che possiede sieureizs eoi mezzo delfu guerra

0e

Dalla pila di Sertorio


Trovandosi Sertorio in Ispagaa, gli si present mn certo nocchiero che di fresco era ritornato dalle isole Atlantidi. Sono e sse due , separate da un piccolo stretto, distanti dall*Africa diecimila stadj, e diconsi le isole Fortunate de* beati. Sono bagnate da piccole e rare piogge, venti dolci e rogiadosi vi soffiano $ e ei fa che la terra noa

s t o r ic i

BioGttAri e n o r m i *

(5*.

solo sia fenile per arature, e piantagioni che vi si- pratichino , ma spontaneamente nascouo e fu copia e squisite le cose che bastano per alimeli* tare il popolo , il quale vive ozioso e da niuna facceuda iuquietato. L aria io quelle isole inno cu a , e piccolissimo io esse il variare de lle slag ioiti^ imperciocch le boree e i venti di levaute che verso quelle parti sooo tratti dalla tori, scorrendo una grande vastit di spazio a c agione della di stanza, cadono cola penza forza, perdendola per vfu prima darrivare. I venti di poneuto e gli zeffri, che soffiano aliimorno dall'alto, mandano ( M in a r e p io cole e rare piogge, e rinfrescano per lo pi eoa nn poco d'umido l aria, quando serena, e pl ac idameote tengono saoi gli abitatori. Perci anche presso i Barbari si radicata opinione che in quelle isole siano que campi elisi e quell'abita zione de' beati, che Omero descrisse. Udite tali cose iSertorio fu preso da gran desid erio dire ad abitare quelle isole , c , lasciala la tiranoide e le gu erra, vivere col in tranquillit, e in pace Ma turb e fece svaoire un late desiderio larrivo dei Cilici e la cura di nuove guerre. stato dello che Strlorio nou inclinava punto n a volutt, n a p aura, Era nelle cose avverse danimo imperterrito, e nelle felici moderalissim?. Nessuno al suo tempo fu ca pitano che come Iti pi schivasse di venire ad spetta battaglia. Fitistimo era poi iu tutte fu in* d ustrie militati j cose iu occupare luoghi di loro pittura forti * in pasnr fiumi , e in tulle le altre eose per fua quali vudti celeril , astuzia e simu lazione. Fu pure liberdissiteo in dar pretoj, e moderato iu dare gtsti^ti* E ? osUeml di

6)

C t k S i t PIUMA,

ina vita (per ci che riguarda gl! ordini dati r i spetto agli ostaggi) apparisce, anzich mansueto, crudele, dee dirsi a ci essere stato tratto da ne cessit. Come poi parm che la violenza delfu mata fortuna noo possa mutare io contrario fu vera virtfi dalla retta ragione stabilita, cos penso non essere cosa assorda il crdere che consigli, altronde retti , e buoni naturali, ove seno so praffatti da gravi calamit , possano con la fortnna Cambiarsi. questo quello cbe parmi sacceduto allora a Sertorio, mentre la buona fortuna fu abban donava; ch, inasprito dalle avverse combinazioni, fccese con troppa atrocit a vendicarsi de*mali che soffriva.

Dalla vita di Demetrio. Demetrio fu di statura meno alto d suo padre, quantunque pe r fosse grande; ed ebbe persona e faccia co4 bella , che nessuno pot n scolpirlo , n dipingerlo qual era. Alla venust ed eleganza univa gravit , e spirava terrore dal volto ed in sieme certa eroica e regai maest, mista a giova nile svelte ita. Egualme nte tale fra l ' indofu sua , che sapeva atterrire gli uomini , e conciliarsi fu loro affezione. F o singolarissimo H ritrovai# d Stratocle* au tore di coleste lusinghe fne, t da vero Serto. Co stui pubblic una legge, per /a quale dichiar che se per pubblica commissione fossero spediti in viati ad Jntigono , o a Demetrio, non si d ovet tero chiamare u legati, n ambaseiadort, ma bens 1 teori, tale a dire consulto^, che > titolo di eo*

storici x siOGsar t ?kofvi. 63 loro cbe per istituto de* maggiori , nelle sofuooe adunanza de* Greci in Pitia o in O lim pia, ese guivano i sacrifzj decretati dalle citt, Costoro con siffatte adulazioni corruppero Demetrio , cbe altronde era uomo d assai buon senso. G li A ten iesi, assediati da Filippo * avendo fermati i corrieri che portavano lettere, fu lessero tutte * eccettuata quella che mandata Ohmpia, la quafu, sigillata com'era, mandarono a Filippo N al* con9 azione pi coovieoe ad un re quanto il f u giustizia. Imperciocch Marte , come dice Timo* ieo , tiranno ; e Pindaro chiama fu legge il re di tutti i re. Fino a Demetrio, figliuolo di An+ iigoito, cbe fu,chiamato Poliorcete , nessuno avea m ai vedute oavi di t|ufadici o di sedfu ordini di remi. Di poi ne fece una Tolomeo FUopatore di quaranta ordini 4 funga dngentoHeola cu b iti, ed alta, dal foodo atta cima della poppa, quarantotto* Essa portava quattromila remiganti, avea quattro*, cento nocchieri, e da circa tremila soldati distribuiti sulla corperta e svi tavolato. Ma una tal nave serv pi a pomposo spettacolo, che ad utile uso , per ch con difBeolt e con pericolo poteva muoversi, e poco differiva dagli difzj piantati io terra.

Dalla vita di Antonio. Antonio ignor molte cose, nou tanto per fu sua inerzia, quanto {ter h semplicit eoo cui era tratto a credere facilmente a4 suoi. Era di fatto d indqfu semplice, e si accorgeva tardi delfu cose. Quando* poi si accorgeva d'aver fatto m ale, fortemente set ue pentiva , e confessava il suo fatyo i* prete**

tnussm mimi , di qwetti ebe avea offeso. Era largo e a e* supplizi e ne prtfmj, ma pi negligente nella misura di gcatifcire he in quella di punire. Ne* motteggi e oe* frizzi mordac i , io >cui eccedeva * ques to v* era di temperamento,ohe soffriva ch'altri facessero al trettanto con lui ^ e mostrava piacere che si ri desse di l u i , come di rider egli degli altri ; e questa fu massima sventura di l u i , perch nen pensava ohe io adulassero , parlando con lui sul serio* quelli che eoo lai scherzavano liberamente. Cosi facilntetvto ingannatasi lodaodolo, doti iui e ndendo esservi persone che mischiano all* adula se n e la libert come un condimento acidetlo, onde tra i bicchieri alla proterva loto loquacit togliere qeauto potrebbe avere di fusidfuso e saziev o le 4 fu fne de? coati conseguendo ne che, secondando e oedepdo quante volto occo rra discorso di grave argomento, mostrano itoa di proc acciarsi favore,, ws xti riconoscerei infurio ri fu prudente.

Dolio, vita di Pirro*


Ebbe Pirro veramente aspetto di se , ma pi terribile che veneranda. JSbo avea molti deuti* ma cella parte superiore della bocca ebbe uu*ossatura intera e continuat, ae gest a, ad fttofvalli di piccoli solchi, come questi distinguessero i denti. C re dala d'arem La urt di gestire il male d i milza, e un moia odo un galfu bianca , e fatto stendere stipino fu teua l'ammalato, agli coi piede ne pre sto Aie legger mente le viscere. Non fuvti po i 4 pavero* n upfuo uomo a e u i , pregatone, Pirro Mt psestaiet questo jnedicimu Che uftxi pre ndeva

STOZlCt S HOGZAFl PROFANI. 65 e d im m olava Pirro medesimo quel gallo , ed era c i onoiatezza gratissima ad essi e a lui. Si a g g iu n ge che anche il pollice del suo piede avea una divina v i r t , e cbe dopo essere stato il suo cadavere1 abbruciato , quel dito si trov intano ancora , uou avendolo il fuoco per niuu aiodo offeso.

Dalla vita di Mario.


D ella temperanza e toller anza di Mario b an c o s i molte prove , ed una questa , che avend o grandi varici a ll 'una e at allra g a mba, e mal sol* frendo quella deformit, chiamato il medico, seazs farsi legare , gli present la gamba , e eoo ferm o T olto sostenn e i gravissimi dolori de* tagli , seoza fare alcun moto e senza gettare uo gemito. s* seudo poi il medico per operare sull'altra gam ba, fu ritir, dicendo non meritare un tale rim e d io il costo di tanto tormento. M ario , ritornato dall A frica con l'e s e r c ito , prese possesso del consoIsto e trionf, dando ai Romani l'incredibile spet t acolo di Giugurla iu catene, meotre nessuno mai avea sperato che, vivente quel re , potesse rip o r tarsi vittoria d i lui, ch e, valentissimo ad accom o darsi ad ogni caso di fortuna , a grande astuzia univa singolare ferocia. Dicesi che nel trioufo p o r tasse tremila e sette pesi d* oro , di argento nod monetato cinquemila settecentosettanta, e di m one tato dugentottantasettemiln denari. So g lionsi ch ia m a re muli mariani i soldati laboriosi,*e che taciti e pronti eseguiscono i comandi avuti ; e ci p er c h Mario era instancabile, e i suoi soldati, pren-

Fozio , VoU Ih

66

CLASSZ PIUMA ,

dendo a cuore le cose di fui come proprie, nelfu instancabilit sua Io imitava oo. Aveudo Mario debellati centomila Teutoni , dicesi che delle loro ossa i Marsigliesi avessero alzate siepi intorno alle loro vig oe, e che pe r le piogge iovernali consantisi i loro cadaveri, tanto la terra se ne fosse in grassata che poi avesse prod otto abbondantissimo frutto j ed essersi in quell* occasione confermato quanto avea detto Archeloco , che di tale maniera i campi diventano grassi. E succede appuoto cbe dopo grandi battaglie sopravvengono grosse piogge, sia che alcun Dio co pure e celesti acque in feuda di mondare la terra , sia c h e , mettendo i cadaveri e il furo .grassume un* umida e pesante esalazione, 1* aria-s* addensi e cagiooi le piogge, altronde per leggierissime cause soggetto a cam biamenti Sono degni di ammirazione i servi di Cornuto; imperciocch mentre nella guerra c i vile molti veuivano condannati a morte senza ra gione , e s* eraoo gi commesse stragi in gran numero , aveudo essi nascosto il furo padrooe , presero dalla messa de* moni un cadavere, e mes sogli un anello fu d ito , lo mostrarono ai satelliti di Mario come fosse quello di Cornuto ; indi , fatto uo funerale qual qouveo iva alla diguit di lui, lo seppellirono, e nessuno s*accQrse delta pia frandev ed iu tal modo, per opera de* suoi servi , occultamente Cornuta pot salvarsi uella Gallia*

Dalla vita di Arato . Arata , venuto a fiera battaglia ou Asistippo e i soldati di lui , ed ucciso il tiranno da uo certo

STORICI E BIOGRAFI Fiorici. 67 C retose di nome Vagisco, coti la strage d ' oltre niillecinquento uomini dalla parte di questi ,e sei;za averne perduto nemmeno uoo solo dalla parte sua, non pot per n prendere Argo , u liberarla K la ragione si fu perch gide ed Aristomaeo mi nore col regio esercito e raoo entrati in quella citt, e ue aveano occupato il governo. Egli con fut gran parte de* motteggi che cont ro lui sca gliavano gli adulatori de* tiranni, i quali in grazia de* toro signori solevano andar dicendo che al ca pitano degli Achei nel momento di dar battaglia scioglieva*! il ventre* e che al primo suonar delle trombe venivagli una vertigine al capo ed un grave sopore Perci tosto che avesse messo l*esei cito in ordine di battaglia e consegnata la tes sera , essere stato solito a interrogare i suoi cen turioni, domandando a che servisse ornai la sua presenza, gettata gi la carta ^ e cos ritirandosi assai lontano i aspettare poi Tesilo del comba tti mento. Questo ha fatto che anche nelle scuole i filosofi disputino se sia propriet de*timidi il pai* pi lamnto del cuore , il cambiamento di colore e lo scioglimento del. corpo nell* imminenza del pe ricolo , oppure' effetto d ' alcuna intemperie nel corpo, o frigidit. Essere Arato sempre stato creduto un buon capitano , e nondimeno sempre essergli accadute le auzidette cose. Perch poi e ravi un* antica legge , la quale proibiva che nessuno fosse seppellito dentro ia citt , e la su persiiz/one la sosteneva, mandarono a Delfo, oude consultate la Pizia , la quale permise che a quella legge si derogasse. Allora tutti gli aliti Achei e i Scionj molto ue furono lie t i^ e voltalo in festa il lutt o ,

63

CLASSZ P U M A ,

eoo le .ghirlande fu testa e vestiti di abiti ban-chi , subitamente ne trasportarono in citt il ca davere eoo canti e danze; e scelto un sito che fosse cospicuo a tutti , io quello lo seppellirono , come fondatore e salvatore della citt. Il qual sito an che al presente dicesi PArateo. Mor di veleno propina togli per fraude di Taurione , che abus della familiarit concedutagli $ e colui al misfatto fu incoraggiato da Filippo , tiranno del Peloponneso, il quale lo assicur che sarebbe stato impunito.

DalV rtaserse.
La madre di rtaserse fu Parisati , donna di niente svelta, e valente a gettar dadi. La paura uo gagliardissimo stimolo ad un tiranno per ve nire alle stragi. NB. Patio non fece alcun est ratto dal l'Agide di Plutarco.

Dal Cleomene. Antigono, re di Macedonie, chiamato dagli Achei in ajuto contro Cleomene , vinse questo in battaglia , e lo pose in fuga. Quindi essendosi itnpadrouito di Sparta, umanamente ne tratt gli abi tant i , e n conculc, n dispregi fu dignit di quella repubblica, ma restitu agli Spartani fu leggi ed ogni pubblica cosa; e il terzo giorno ri torn in Macedonia, aveudo udito cbe vi ardeva fu guerra, e cbe i Barbari la devastavano. gi er a egli attaccato da malattia cbe grandemente

STOHICl S

VftOr AKl.

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volgevasi in tisi, e cagiooavagli un continuo flusso di materia dalla testa. Non per ebbe allora a suc cumbere; ch ebb e forza di combattere pel suo regno, onde, riportata una grande vittoria e fatta strage de*Barbari grandissima , pote r morire con gloria. Filareo scrive che a forza di gridar molto in mezzo al trambusto della battaglia, se gli ruppe qualche viscera: cosa nou molto iuverisimile. Nei discorsi che si fecero si diceva che dopo la battaglia per l'allegrezza esclamava: O la bella gior nata} e intanto sputava mollo sangue, e sopravve nutagli un acuta febbre, mori. Essendosi Cleomenem dopo la rotta avuta da Antigono, rifuggito in Egitto, da priucipio fu dal re accolto molto onorevol mente; ma poco dopo senza alcuo giusto motivo, e per gPiniqui sospetti e la malevolenza degli accusatori, cessando nel re l'affetto, questi diede or dine che fosse imprigionato, con pensiere di farlo morire. Se uou che Cleomene, con sedici suoi compagni saltato fuori di casa cou la spada alla piano corse per le strade, e chiam il popolo alla liberili. Lodarono, maravigliati, l'ardimento e il coraggio di Cleomene i cittadini , ma nessuno si pose a seguirlo, troppa paura avendosi del re. Eglino intanto si misero a trucidare quanti incontravauo, e tra questi furoavi due loro inimici di chtaratissimi; e dopo avere uccisa una moltitudine di persone accorse contro, finalmente furono am mazzati anch*essi, ed appesi in croce. Pochi giorni dopo, quelli che custodivano il corpo di Cleomene, tuttavia rimanente su l patibolo , videro un drago di giusta grandezza che si era attortigliato intorno alla sua lesta e ne avea coprta la faccia , sicch

^o classe pftiafi, niun uccello carnivoro potesse appressatisi. C i mise un supers fizioso timore nell'animo del re , parendogli cbe si fosse ammazzato un nomo caro agli D e i, e di una natura pi nobile dell* umana. gli Alessandrini , accorrendo nu merosissimi a quel luogo, dissero Cleomene uu eroe e figlio de gli Dei. Il che durarono a fare sin tantoch i pi dotti dileguarono Terrore , dicendo che dal putre fatto cadavere del bue nascano api, da quello del cavallo le vespe, da quello dell asino gli scarafaggi, e che in quello dell* uomo , per la marcia che coufluisce intorno alla midolla e si condensa, nascono serpenti; e per questo gli antichi sapienti tra tutti gli animai/, specialmente il drago coose* crarouo agli eroi.

Dalla Pila di T. Flamminino.


Celebrandosi i giuochi dell* Istmo * mentre uoa immensa moltitudine d uomini sedeva nello stadio per vedere i certami ginnici, tanto pi che vto di guerra la Grecia allora trovavasi , e , sperando libert , tranquillamente celebrava una festo so lenne, videsi un banditore avanzarsi nel mzzo, e fattosi silenzio da ogni pai t e , pronunzi queste parole : Il Senato romano e Tito Quinzio * impe* radore console , vinto Filippo e i Macedoni, or dina che sema guarnigioni, e liberi ed immani, vivano sotto le proprie loro leggi i Corintj, i L o crj , i Focesi , gli Eubei , gli A c h e i , i F tio ti , i Magneti, i Tessali, i Perrebj. Da prima n tutti, n perfettamente udirono la voce del banditore, e tumultuosa e confusa era oello stadio ia commo*

STOSICI

f. BIOGRAFI

PR O FANI

zione di chi ammirava, di chi interrogava e di chi domandava che si ripetesse Tedillo. Come poi, fatto silenzio , di bel nuovo e con voce pi alta ebbe il banditore gridalo, sicch tutti poterono aver capito , tanto fu il cl amore che per P alle grezza salz, che impossibile dirlo , e quel cla more si ud sino al mare. Tutti quelli che erano iu teatro si alzarono , n pi alcuno badava allo spettacolo de*giuochi, tutti intesi a saltare addosso, stender le braccia f a parlate al salvatore e pro tettore. della Grecia. E in quell* occasione vera mente si vide ci che suol dirsi di un immenso e smisurato clamore; im per ciocch caddero gi nello stadio i corvi che allora trovavansi volare nelTarie soprastante. La cagione di quel fatto si fu squarciamento dell* aria , imperciocch quando una gran voce *alza , rottane Paria, essa non so stiene pi chi per essa vola , e fa. che gli uccelli cad an o , come se fossero nel vto ; se non sia piuttosto che da una specie di colpo delTaria tra ftti gli uccelli, come da una freccia, restino per cossi , e precipitino gi. 'Si pu anche dire che avvenga allora uell* aria una specie di vortice, o di procella, a somiglianz di qaello cbe succede nel mare * cio cbe per la forza del clamore im , mantinente si agglomeri, e di poi con grande im pet o si sciolga. Del rimanente, Qninuoy se presto, facendo cessre i giuochi ^ non si fosse sottratto all impeto e al concorso del popolo, v* a credere cbe non avesse potuto ir salvo, troppa essendo la moltitudine che da ogni parte correva ad affollar* segli intorno. Plutarco, come egli medesimo dice in questa vita di Quinzio e in a lire, fioriva ai tempi di Trajano*

c tA ssz n m i ,

PRA SSAGORA ATENIESE


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62

In questi due libri Prassagora narra come Co stanzo, padre di Costantino, regn nella Britannia e nella Spagna ( Massimino in Roma e nel rima nente d*Italia, e nella Sicili a * l altro Massimino nella Grecia, nella Macedonia, nellAsia Minore e nella Tracia; e Diocletiano , maggiore d et fra tutti, nella Bitinia , nell'Arabia , neU'Africa, e io tutto il paese d* Egitto, bagnato dal Nilo. Il padre mand Costantino a Diocleziano io Nicomedia, onde s'istruisse nell arte del governare. Epa ivi quel Massimino che regnava sullAsia Minore, il quale insidiando alla vita del giovanetto, fu trasse ad affrontarsi c on un fiero leone. Egli uccise quella belva, ed accortosi delle insidie tesegli, si rifuggi presso il padre, a c u i, essendo morto, succedette nell imperio. Prese fu redini del governo si assoggett i Galli e i Germani, nazioni confinanti e barbarej e ve duto poi come governava tirannicamente Massen zio, il quale dopo Massimino regnava in R om p, volt le armi contro di lui , intendendo di vendi* carne i sudditi. Rimasto vincitore in battaglia, mise in fuga quel tiranno , il quale io fue cadde nella fossa cbe preparata avea per gli altri: la cui testa troncata dal busto, i Romani portarono sulla cima di uoa picca per la citt, e si diedero di buona vglia insieme con lutti gli abitaoti del re gno al vittorioso Costantino.

STOIICI z BlOGBiri PftOFANt* 73 Udito po i che aocbe Licinio , a cui era toccato la parto dell* imperio stala prima di quel M assimino cbe avea lese insidie col leone * Costantino, e ch'era gi morto, i suoi sudditi trattava con cru delt oumana, non soffrendo che tanta violenza ed ingiustizia si usasse ai cittadini, mosse le armi contr o di lui, onde alla tirannide far succedere un governo legittimo. Per lo che vedendo Licinio p repararsi la spedizione contro di s , preso da paura, cuopri la sua crudelt* e prese le sembianze di principe umano, eoo giuramento ancora si obblig ad essere iu appresso clemeute co1 suoi audditi, e a mantenere fedelmente quanto con atto * positivo avea promesso. Per questa ragioue 1 im peradore allora sospese l impresa. Ma, non potendo la malvagit quietarsi, si fece reo di violato giu ramento, e dogoi genere di nequizia* sicch Co start tino dopo averlo sbaragliato io varie e grandi battaglie, fu assedi iu Nicomedia. Ci fu iudusse a recarsi supplichevole Costantino , e a perdere imperio che v e n n e nelle mani di Costantino il Grande i e questi rimase padrone di tutto, avendo avuta per diritto di eredit la parte tenuta dal padre, il regno romaoo dopo la caduta di M asti mino ( Mo,s$e*zio)i e ia Grecia , la Macedonia e l Asia Minote, spogliatone Licinio. Aggiuose poi l'altra parte che tenuta avea Diocleziano ; e ci per diritto di guerra, avendola tolta a Massimino, il quale a Diocletiano era succeduto. Rimasto aduuque vincitore, ed unita in s la domina zio ne di tutto fu stato , fece sua residenza Bi~ saozio , chiainaodo quella citt col suo nome. Prassagora, quantunque gentile di setto, dice che

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CLiSSB P * l M i ,

Costantino fu pieno di virt e di onest e cbe in ogni genere di felicit oscur quanti imperado ri lo aveano preceduto. Con che hanno termine i suoi due libri delle storie. Avea' ventidue anni Prassagorn, come egli me desimo d ic e , quando scrisse quest* opera. Avea scritto iooanzi due libri intorno ai re di Atene vendo diciannove anni, e io et di trentuno com pose in sei libri fu Storia delle imprese di A lts tandro il grande. II suo stile chiaro e grade vole, ma uo poco troppo languido. Anch'egli poi usa dialeno jonico (i)

PROCOPIO RETORE
L lB ftl Vili DELLE STOBlB.

C. 63

Io quest* opera Procopio narra fu guerre che , regnaudo Giustiniano imperadore, i Romani fe cero coi Persiani, coi Vandali e coi G o t i, spe cialmente sotto la condotto di Belisario , con cui questo retore visse lungamente e molto familiar mente : sicch scrisse quauto avea veduto con gli occhi proptj. Ecco ci che contiensi nel libro I : Arcado , imperadore de' Romani, morendo, lasci per te stamento -Isdigerda , re di Persia, per t utore di Teodosio , suo figliuolo. Accettato quel testamento, Isdigerda con assai liberalit prese cara di quel <i> Ogni lettore si accorger come questo articolo qualunque ne tia la cagione , pie no d inesattezze storiche.

STORICI z RlOGfUFl PROFANI. r agazzo, e gli conserv intatti gli stati. Morto Isdi$erda9 Vararane9 suo successore, mosse guerra ai Romani; ma avendo Teodosio mandato ambasciador in Persia Anatoio. governatore dellOrieole, Vararane ^ acconciatosi con un trattato, ritorn alla sua capitale. Alcun tempo dopo Peroze , re di Persia , succeduto ad Jsdigerda II , figliuolo di Vararane , fece guerra a quegli Unni che chia matisi Eftaliti e Candidi, i quali, per essere bian chi di colore e belli delia persona, sono differeblissimi d agli altri Unni. N questi vivono vagabondi come i Numidi , ma hanno civile societ , mante nuta tra loro con leggi , ed hanno* re proprj , ai qunli ubbidiscono. Confinano coi Persiani dalla p arte di Borea; e fu per questione di confini cbe Peroze and loro contro con l'esercito. Ma l'astu zia degli Efaliti lo trasse in cattivi luoghi, sicch ebbe da ventre a patti ignominiosi se volle ritor nare al suo paese ; imperciocch dovette adorare come suo signore il re di quella gente, e giurare di non muoverle mai guerra. Ed avendo in ap* presso rotto il suo giuramento fatta contro gli Eftaliti una nuova spedizione, peri con tutto l ' e sercito , essendosi imbattuto inavvedutamente in fosse e in pozzi, fatti apposta dai nemici, ne*quali precipit sciaguratamente con tutti i suoi , dopo aver regnato veutiquattio anni. Con lui si per dette una famosissima gemma ch egli era uso portare uel Pore cchio destro. Dopo Perone regn Cabade , il minore de* suoi figliuoli. Fattosi costui reo delle leggi, da* Persiani medesimi fu posto in una prigione, detta il Lete9 dalla quale liberato per astuzia della moglie, and

yo

CLASSE PRIMA ,

a rifuggirsi presso gli Eftaliti ; dai quali avuto aveudo uo potente esercito, con esso aod io Per sia , e ne ricuper il trooo senza veoire a batta glia ; pe rciocch B iase , fratello s u o , che regnava io luogo di lu, fu abbandonato dalle sue truppe, onde , caduto prigioniero , fu accecato eoo olio bollente, ch cosi i Persiani usaoo fare. Procopio racconta in oltre quanto accadde tra Pacuriof re di Persia, ed Arsacem re degli Armeni; e riferisce il consiglio dai maghi dato a Pacurio contro Arsace ; se per le cose eh* ei dice non sieno favolose. Quel Cabade , pagar dovendo', secondo gli ac cordi fatti, uoa grossissima somma agli Eftaliti , domand un imprestito alPiroperadore Anastasio ; e non avendolo avuto * per questa sola cagione improvvisamente entr nellArmenia e ne devast uua gran parte , e mise l'assedio ad Amida* Nel l'alto poi che, disperando d prendere quella citt, ne partiva , un certo turpe spettacolo di ineretricelle fu cagione che rinnovasse Passe dio; cosicch stringendolo quanto Pira e il furore poteaoo sug gerirgli, finalmente espugn la citt, e ne mise in ischiavit tutti gli abitatiti. Di poi per la mag gior parte rimand liberi gratuitamente , i quali da Anastasio ancora furono trattati con ogni ge nere d benevolenza. Fin da quando Anastasio avea saputo posto assedio ad Amida , egli avea inaudato contro i Persiaui un esercito, facendone comandanti A reo * hindo, governatore dellOrieute, e genero di quel Olibrio che poco prima avea regnato in Occideute; Celere, graude uCGziale di cortei Patritio ,

z Bioc BAFi frigio , ed Ipazio , cugino germano ; ai quali fu rono aggiunti e quel Giustino che regn dopo Anastasio , ed altri parecchi valentissimi capitani. I Romani non aveano mai messo in campo contro i Persiani esercito s grosso. Ma essendosi posto indugio a marciare , la citt era stata presa ; n poi assaltarono tutti insieme Cabad, ma ciasche duno parzialmeute sicch furono vergognosamente vinti, e con grandissima perdita d uomini ritorna rono indietro. Nondimeno, riaccouciatisi, andarono poi ad assediare Amida, e , standovi sotto per molto tempo . obbligarono i Persiani che v* erano dentro, e mancanti di provvigione, a segnare una tregua di sette anni, la quale si fece per opera di Celere dalla parte de* Romani, e di Aspeide da quella ile' Persiani. Il Tauro , monte de* Cilicj , primieramente si stende pei Cappadoci e gli Armeni, e per la terra cbe chiamasi de* Persarmeni; indi si prolunga per gli Albani e gli Iberi, e per altre molte nazioni , fu quali in qne* luoghi abitano a divozione dei Persiani. Oltrepassato il confine degl*lberi, trovasi un sentiere strettissimo , lungo da circa sessanta stadj , che va a finire in certo luogo scosceso ed affatto impraticabile , dove nessun passaggio si scopre, fuori che una porta che par quasi fabbri c ata a mano, e che pure non se non opera della natura- Gli antichi la dissero Caspia. Al di l di quella porta presentansi campagne attissime al corso de* cavalli, piene di belle pasture e di sor genti d'ac que abbondantissime, ed ivi abitauo quasi tutte le generazioni Unne , estendendosi poi sino alla Palude Meotide. Queste se per quella porta

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Caspia vogliono recarsi sulle terre de Romani , o de Persiani , lo fanno velocemente correndo coi loro cavalli i perciocch ooa hanno altro intoppo che dei sessanta stadj di quell* aspro sentiere di cui si detto per avere a giungere ai confini degl'Iberi, ch quando hanoo voluto uscire per altra parte , hanno dovuto farlo a grande stento. A les sandro , figliuolo di Filippo , veduto quel luogo, fece edificare una porta a guisa di fortezza , e vi mise buon presidio. O r a , regnando Anastasio , Ambazute, unno di nazione, ed amico de' Romani e di quelt*iinperadorev trovandosi padrone di quel luogo , lo consegn ad Anastasio. Gradi questi il dono , ma non ne tenne conto come doveva. Ca bade , morto \\\e\VAmbazute , cacciati di l per forza i fgli di lui * occup quelle porte. Anastasio^ stipulata ta tregua surriferita, a mal grado de' Persiani , edific nel paese detto Dacas ed Aochu uoa citt chiamata dal suo nome j ed un altra pure in Armenia, vicinissima al confine della Persarmenia , detta prima Teodosiopoli per ch Teodosio , imperadore, avea ad uu ignobile villaggio ch'era ivi dato il nome di citt. Mono Anastasio , quantunque molti vi fossero per chiarezza di nascita degui dell* imperio , a preferenza loro fu proclamato Giustino, a cui Ca bade , per assicurare il regno a Co^sroe, il pi giovane de * s uoi fgli , come desiderava , scrisse , chiedendo che volesse adottare egli medesimo Co sroe , come pure che la stessa cosa facesse G i stiniano , figlio di uua sorella dell* imperadore , e che spera vasi successore allo zio. Ma a ci si op pose il consiglio del tesoriere Proclo , e pei ci

STORICI a BlOGKiTf PZOFAICU

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Giustino non adott il principe persiano. La ra gione poi per la quale Proclo opin contro, fu questo , cbe in virt delle leggi i figliuoli sono successori ne* beni de* padri e furo eredi. Nel ue* goziato che allora ebbe lu ogo, tanto rispetto a -Cosroe > quaoto rispetto alla conservazione della pace, furono adoperati per ministri per la parte de* Persiani S en e* cbe dianzi avea salvato Ca hadet e Meodoi e per fu parte de*Romani Ruffino e Jpazo { ma nacquero tali intrighi, che Beod* calunni presso i Persiani Serse , e procur che fosse messo a morte , e Ruffino accus presso 1* imperadore Ip a o 9 il quale perdette le cariche di cui era investito. Quello spazio di paese eh e sta tra il. Bosforo e Cherson, ed lungo il cammino d! venti giornate, viene abitato digli Unni , i quali in addietro vi* ve vano cou fu proprie leggi, e di recente si erano dati a divozione di Giustino di* modo che Cher son era il cenffue deli* impero romano. Unirons* alla dominazione di Giustino anche gl* Iberi , in sieme col loro principe Gurgogene%trovandosi mal trattati dai Persiani. Per questa ragione si accese guerra Ira i Persiani e i Romani Giustiino , vivente ancora, fece suo eolfugu uetJimperio Giustiniano, il quale, morto fu aio , ri mase solo sul tro no. Beli sor io e /la erano soldati pretoriani nel tempo che Giustinimno avea il co mando delfu truppe ; e Giustino fece Belisario prefetto dei soldati di Dura , asseguaodogli per consigliere Procopio , scr ittore d i questa storia. Quando poi regn solo Giustiniano , questi cre Belisario governatore dell* Oriente c gli ordiu

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ratftu ,

che movesse fu armi conti o i Persiani. Cabade diede il comando del suo esercito a Peroze^ per siano di nazione, ed insignito alla corte delfu di gnit di Merano. Essendo accampati i due eserciti presso Dara , Perete fece intendere a Belisario qualmente egli s*avea fatto preparare un bagno fu quella citt, e perci volere lavarvisi il giorno se guente. Era questa rintimatione delfu ba ttaglia, e i Romani vi si prepararnno eoo coraggio* Stando adunque a fronte i due eserciti, uo certo Andrea% bisantiiio , prefetto in Costantinopoli della scuola degli esercizj ginnastici, e domestico d BuZaM tri buno de9soldati insieme con 'Belisario* e solito ad assistere Bnza quando andava al bagno, esseodosi dai due eserciti fatta sfida per un combattimento fra due sole persone, una da una parte e altra dall*altra, sconosciuto a tutti , due volte combat tendo rimase vincitore ; e cos per allora fini la giornata. Ma poi azzuffatisi di nuovo gli eserciti, i Romani restarono di lunga inaoo superiori con grande uccisione de* Persiani, i quali non vollero pi venire a battaglia spiegata , e soltanto segui rono poscia scorrerie da entrambe le parti. Cabade mand uo altro esercito , composto d Persarme ni , di Sa un iti e di Saberi , nelPArmenia soggetta ai Romani. A questo esercito .comandava Mermeroe. Ma ed egli e i suoi, quantunque su periori di numero, furono disfatti t ed obbligati a fuggirsi io Persia, da Doroteo , governatore d Ar menia , e da Sita , che avea il supremo comando militare di tutto I* esercito romano che era in quelle partii In quella occasione i Romani, tra gli altri paesi di dominio persiano, presero il Faran-

STORICI S BIOOa*tl PZOFAIfl.

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g6, dalle cui miniere i Persiani traevano 1 oro '


che pagavano al re. gli Zani, anticamente delti Sauoi, popoli liberi , e cbe , a guisa de i ladroni , saccheggiavano i luoghi vicioi , domati da Sita , vennero sotto il dominio nostro, si fecero cristiani, ed ai Romani ubbidiscono, e veggonsi ne mede-' fimi steccati guerreggiare insieme cou essi. Cabade, perduto avendo Puno e l altro esercito, trovavasi esitaule. Ma Alamttndaro , re de* Sara ceni persiani , uomo fiero in guerra e valorosis simo, ruppe molto le forze romane per cinquauta auui, Costui sugger a Cabade d'andare ad inva dere Antiochia, spoglia d presidio, e di occuparne il paese vicino. Belisario , informato di tale dise gno, fu presto ad accorrere, tolte truppe dagPIsauri, e facendo muovere Areta , re de* Saraceni delle parti romane , che avea un bell'esercito composto de* suoi. Allora Alamundaro , e con lui zarete , intimoriti, ritornarono al loro paese. Belisario an dava loro dietro , noti tanto per venire con essi al fatto d'armi, quanto per metter loro paura. Se non che provocato, prima temperatamente, poscia con pubblici vituper;-, a suo malgrado dovette ve nire alle mani, La battaglia rimase lungamente i ndecisa , eoa mortalit dall' un lato e dall'altro;, ma poi, messe iu fuga le truppe di Areta e deg l'Isauri dai Persiani, che combatterono con sommo valore, fu vittoria rimase a questi, a modo che se Belisario boa saltava gi'di cavallo e non si fosse posto fu persona ad ajutare i suoi, sarebbero stati uccisi tutti fino all'ultimo. Pet AZarete, gene rale de'Persiani, essendo ritornato a Cabade9 non trasie frutto dalla vittoria, poich avea perduta Fazio, VoL U . 6

8a

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gran gente, sebbeae maggior numero de* dentici fosse rimasto morto. ci fece che rimanesse tra capitani di nessuna fama. Giustiniano , imperadore, chiam Belisario a Costantinopoli per farlo marciare contro i Vandali, lasciando alla custodia delP Orinte Sita . In quei tempi i Persiani mostravano di volere accostarsi ai Romani, ed essendo morto Cabade, Cosroe avea p rese fu redini del regno. Furono adunque inviati a lui Ruffino , Alessandro , Tommaso ed Ermo gene, ai quali Cosroe disse .di voler fure pace per petua , cio centenaria, o sia di centodieci anni Ma per partirono senza avere concluso nulla , e solamente alcun tempo dopo quella pace perpetua venne stipulata, correndo l* anno sesto del regno di Giustiniano. Per quella pace i Romani resti tuirono a* Persiani i danari, il Farangio e la rocca di Bolo ; i Romani ebbero io compenso fu citt poste a* confini dei Lazj , ed ebbero D agaro , uomo in guerra valentissimo, e per esso lui un altro cospicuo soggetto Di poi alPuoo e all* altro monarca furono dai furo sudditi tramate insidie. 1 Persiani, odiando Cosroe ,come principe d*indole turbolenta ed iotemperante, deliberarono di mettere in trono Cabade , figlio di Zarna * fratello i, Cosroe. Il che port Cosroe a far morire,Zarna e tutti gli altri fratelli, e i complici della congiura* Cos le cose furono acquietate. Cabade per, fi* gliuolo di Zama, per la prudenza di CanarangjiQ% signore delPAdergio, schiv la morte; e questo fu causa che poi Canarangio fu da Cosroe fatto uc cidere. Io quauto a Giustiniano % la plebe romana, tumultuando e rib ellandosi in tempo de* giuochi

STORICI a BIOGRAFI PRO TAXI.

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c ircensi,' proclam imperadore, beucli ripugnante, Spazio , cugino del defunto imperadore Anastasio . Giustiniano* per mezzo di Belisario e di Mundor suoi capitani, uccise Jpazio , e tolse di mezzo molti complici di quella cospirazione, a tanto che per quel fatto perdettero la vita trentamila citta dini. Giov alPimperadore lopera di Boraide e di G iusto , figliuolo di un fratello di Giustiniano. In questo stesso libro Procopio parla di T ri tornano , nativo di Pamflia , stato tesoriere * e delPava rizia sua e della sua lusinghevolissima elo quenza, Parla pure di Giovanni Cappadoce , pre fetto del pretorio, e de molti suoi vizj % e dice come Antonina, moglie d i Belisario , scaltramente circonvenne quel Giovanni per mezzo di sua fi glia Eufemia, e pot propalare le insidie che quegli tendeva alPimperadore; e come finalmente, essendo stato per infame trama ucciso Eusebio , vescovo di Cizico, tenuto per complice di quelPempia scelle ratezza , messo a tormenti, fu senza misericordia proscritto. Libro H delle Cose persiane. F itige , re dei Goti prima per mezto di certi inviati liguri, po scia per quello di B asato , conoscendo come Co sroe vedeva con dispettosa invidia che i Romani dominassero in Africa , e gi inclinato a rompere la pace, vie maggiormente fu infiamm in questo pensiero. E poscia che io quel tempo gli Armeni si erano ribellati a* Romani , e morto Sita , capi tano di questi, si eraoo dati a Persiani , Cosroe da questo prese animo a rompere quella pace che si era detta perpetua, e a far nuova guerra* Di ci informato Giustiniano, mand Anastasio a Cosroe*

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CtrASSS fRlMi ,

esortandolo a noo rompere la pace. Iiifrattaoto Vitige , caduto prigioniero di Belisario , da questi fu mandato a Costaotioopoli. Ci oon ostante Co sroe fece una irruzione sui confini de'Rom aoi, prese la citt dei Suri e ne condusse schiavi gli abitanti. Per avendo Candido , vescovo di Sergiop oli, promesso di pagare, per undicimila di que gli schiavi , dugento pezzi d' oro , li lasci andar liberi t e come poi quel vescovo nou manteneva la promessa, vi fu obbligato per forza. Cosroe di poi assedi Jerapoli^ e come il vescovo di Berrea, che chiamavasi Magno , gli promise duemila lib bre d argento, lev quell assedio , e promise di pi di ritirarsi dai domiaj orientali de'Romani se gli si dessero mille libbre d'oro. Intanto BuZa, g overnatore d* Oriente , diffidando delle proprie forze, oon volendo venire alle mani con Cosroe , andava girando qua e la. Ci diede occasioue a Cosroe di avvicinare l esercito a Berrea, doman dando a quella citt quanto gli parve} ed avutene duemila libbre d* argento, ne volle ancora altret* tante* la quale somma uou pagandogli gli abitanti, la citt strinse e gagliardamente assalt. Ma an dato da lui Magno, vescovo della medesima , alle preghiere d'esso Cosroe permise che gli abitauti fossero salvi , e che insieme .co* furo figliuoli an dassero liberamente dovunque volessero. Molti dei soldati i qoali erano ivi di presidio , spontanea mente passarono al servizio del re , poich l ' iru pe rad oi e non li pagava. Cosroe aud anche ad dosso ad Abtrochia* e come gli abitanti di quella citt ricusarono di pagare una somma ch'egli do ni su da va furo , vi pose 1 assedio. mentre c o n

sroaici % tioozn rito?**!. 8 forza iocalzava , Teotsto e Muaize , losieroe e oi soldati eh* essi aveano seco loro condotti dai L ib an o , e che doveano difendere la citt, nascoatameole usciii oe t presero la fuga ; onde quel re senza fatica costrinse Antiochia ad arrendersi , e ue ridusse in ischiavit i cittadini (i). Furono a lu io vieti Giovanni, figlio di Ruffino, e Giuliano , segretario^ e dopo molti dibattimenti per veoire ai patti , fu conveoulo che i Romani pagassero a Cosroe immediatamente cinquemifu pezzi d oro , e a titolo di tributo annuo cinqoe* ceoto, e ci iu perpetuo, prometteodo egli che in appresso data nou avrebbe alcuoa molestia e fu rono intanto dall* imperadore maodati altri plenlpoteoziarj a cou ferma re il trattato. Ad onta per^ di questi accordi, Cosroe* andato ad Apamea, ove aedea vescovo Tommaso , gli fece sborsare uoa grossa somma di danaro, e, partendone, lev d alle c hiese tutti i vasi sacri e le cose preziose. Nella quale occasioue uo miracolo accadde rispetto al legno della veueranda e vivifica croce. Si narra che in Apainea intervenne anche ai giuochi eque, stri* Di fu pass a Calcide, e tratti dagli abitanti di quella citt dugeuto pezzi d*oro, aod innanzi *enza assediare quella citt. Portossi fu appresso ad Edessa, e ne trasse altrettanta somma : alcuoi segni divini ivi 1* atterrirono a modo, che npn pens a porvi l*assedio. ( Edessa quella citt in cui fu A bgaro% il quale anticamente ebbe a fare eoo Cristo. Qaesi\dbgaro , ito ad Augusto , allora

(t) Procopio diee che Cosro* salvando soltanto le chiese.

incendi Antiochia

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CUSSB PfttM ,

imperadore de4 Romani, ne incoutr tale amicizia, he d o d ritorn al suo paese che in forza della sua molta-insistenza. ) Cosi adunque Cosroe part di' dessa. In quel tempo Giastiniano scrisse a* suoi in viati essere disposto a dare esecuzione al trattato di pace. Ci noo ostante Cosroe volle danaro an che dagli abitanti di Costanza, e recatosi a Dara l ' assedi* se non che, trovata forte opposizione dalla parte di Martino , che la presidiava, diffi dando di riuscire n'abbandon l'assedio, ed ava* tene mille libbre d* argento , si ritir in Persia. Avea edificata in Assiria, lungi da Ctosifonte uua sola giornata di cammino, una nuova citt chia mata Antiochia di Cosroe, ed ivi fece abitare tutti gli Antiocheni che tolti avea dalla loro patria ; e tanta benevolnza e grazia us verso di essi , che non li volle soggetti ad altro principe fuori che a lui solo. Li rallegr ancora con ippodromi e con a lt ri oggetti di divertimeuto e di piacere. Belisario , richiamato dallItalia , nella vegnente primavera fu mandato coutro Cosroe e i Persiani; il qnale , fermatosi nella Mesopotamia , trovando l'esercito poco meno che senza armi, e con grande paura al solo nominare i Persiani, con sommo studio lo arm e lo anim. Cosroe , chiamato dai Lazj, i quali col loro principe sperano dati ai Per* siaui , non potendo soffrire le dissolutezze e la rapacit di Giovanni, che governava il paese, and addosso a Pietra, citt della Colchide, si tuata sul Ponto Eusino. Assediandola, finch Gi* vanni fu vivo, nou pot averla $ ma ucciso quel capitano da uoa freccia che gli tfapajs fu gola ,

storici z biografi pRorAirr. 57 se ne impadron. Lasci per altro andar liberi gli abitanti da ogoi d ann o, imperciocch a tali patti essi si arrendettero \ e mise le mani sopra i beni de l solo Giovanni, cbe erano molti, ed accumulati da esso lui a forza di mo oopolj. Belisario intanto, avendo inutilmente tentato di avere Nisibe , por tatosi ad assediare la citt de9 S isau ri, l'ebbe per capitolazione , e mand a Costantinopoli prigio nieri Riescamene e varj personaggi persiani di gran vaglia. E come e ra ^ ta to spedito con un e se r cito Areta neUAssiria, questi depred quel paese, ove i compagni di fui aveodo messo insieme gran d a n a ro , ricusarono di ritornare a Belisario. Bell sario poi, preso da malattia l'esercito, e non an~ cora informato delle cose operate da Areta , agg ia n to sic h e Recitando e Teottilo accingevansi a partire per difendere la F enicia, allora devastata da Alaniandaro , abbandon la Persia , e voltassi e Costantinopoli, ove Giustiniano , augusto , lo chiamava ( 1).

(1) fo zio , come qui si vede, non ha lasciato 1 estratto che di due libri delle Storie di Procopiot tras curando , qualunque ne sa stata la cagiooe , gli altri due , ne1 quali si tratta delta Guerra vandalica , e i quattro riguardanti le Co e de* Goti. Cosi ni un cenno ha fatto del libro unico , in coi tratt degli Edifizj d i Giustiniano, e molto meno della Storia segreta.

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CLASSI MIMA ,

TEOFILATTO SIMOCATTA
Limai

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Questo TeofilaUo , ex prefetto e segretario , fu egiziano di nazione. Il suo stile ba qualche cosa di veousto, se oon che, troppo usando Voci figu rate e seosi allegorici a saziet, cade in certa freddezza e in inezie giovaoili. Nondimeno quel suo meno opportuno interporre tanto sentenze, di mostra una diligenza studiosa tanto , cbe va oltre il bisogno, Nel rimanente essendo storic o buono, noo merita per le acceonate cose riprensione. Egli comincia dal regno di Maurizio* e tira innanzi sino al tempo in cui fu creato imperadore Poca. Ecco ei che narra nel libro I. Maurizio fu dichiarato imperadore da Tiberio , cbe allora re gnava ; e in quel tempo occupava la sede della chiesa di Costantinopoli Giovanni. Tiberio diede a Maurizio alcune istruzioni; il cbe fece per opera di Giovanni, tesoriere, a cui commise di parlare io sua vece a Maurizio medesimo ed al popolo* Tiberio diede anche a Maurizio sua figliuola io isposa e il giorno dopo queste cose cess di vi* vere* Vicino a morte ebbe una visiooe, e ud una voce che disse : O Tiberio / Dio trino f a saperd che sotto il tuo regno (t) non verranno i tiran*

(i) Noi siamo tentati a credere guasto il testo, poi ch ognuno intende che se questa vistone accadde quando Titrio era c i m o morte, essa veniva tardi per avere un senso discreto

A torici a stoeasn rzorsw. Sg miei tempi delia empiet. Con che allude vasi alla orribile tragedia che dato avrebbe il crudele scelfuratissimo Foca . Maurizio fece tregua con gli Avari, i quali aveano fu incominciato lassedio di Sirmio, e ci a patto ebe ogni anno pagato avrebbe ai Barbari* tanto in danaro quaoto iu vestiti, la somma di ottantamila libbre d* oro * la qual tregua , dopo un bienuio, per la insaziabile cupidigia di que* Barbari, fu rotta, volendo eglino che quella somma s accre scesse d* altre ventimila libbre. Di quella rottura* fu conseguenza la presa fatta da essi della citt di Singedone, di Augusta e di Viminaico, e l*as* aedio di Anchialo. Furono al Cagano degli Avari mandati ambasciadori de* Romani Ei pidio e Co* memiolo , i quali vennero mal accolti per avere Comenziolo parlato con assai franchezza a quel Barbaro. Sul fine di queilanuo medesimo fu man-* dato di nuovo Elpidio al Cagano , e promise fu ventimila libbre doro pretese. latonto per termi nare il negozio diresse a Costantinopoli uo certo Targetio , ambasciadore degli Avari. Ma avendo questi messe a ruba le campagne de* Romani , o fattovi grossissimo bottino , quel Targtzio veone deportato nell* isola di Calcide , condannatovi per sei mesi. Comenziolo di poi, creato capitano oon* tro gli Avari, fece furo la guerra valorosamente e con buon esito. La pace per fu dal Cagano tur* baia di nuovo. L* autore parla di un luogo chia mato Boscolobra , e di molte citt de* Romani espugnate dai Barbari. Jtarra poscia la battaglia tra i Persiani e i Ro mam , avvenuta presso il fiume Nimfo ; fu nozze

90 e tis ie MIMA , d Maurizio e di Co$iantinat fgliuola di Tiberio; Tinceodio succduto nel fro sul principio de l re gno di M aurizio; la morte dell'avvelenatore Pao* lino* e un miracolo accaduto nel catino della mar tire Gliceria, e coi^e Giovanni, patriarca, avendo Cesare pronunziata contro quel Paolino una sen tenza troppo mite, dichiar che quel prestigiatore doveva essere abbruciato, citando in prova fu pa role dell'Apostolo. Paolino per e suo figlio, reo della medesima empiet, furono decapitati. Ag giunge ci che riguarda il presidio d'Afumona e di Acba, e una nuova battaglia seguita tra i R o mani e i Persiani, e la sconftta del figlio di G io vanni , rimasto oppresso dall* impeto de* Barbari* Parla di poi di un tremuoto accaduto aoch* esso sul principio del regno di Maurizio e del conso* lato di questo imperadore ; e narra come F ilp * pico fatto genero dell* imperadore per averoe sposata la figlia G o rd ia , fu destinato generafu delPimperio in Oriente, e fece assai belle imprese. Narra egualmente come l'esercito de'Romani uscisse della Media , travagliato da . mancanza d* acqua 4 come il generale de' Romani permise al suo eser cito il salcheggiamento dell'Arzaoina; come quello de' Persiani fece devastare da9 suoi le campagne di Martropoli; e riferita fu condotta valorosa del* l'esercito romano, termina il libro I con due am bascerie de' Persiani. Nel II libro tratta del monte Izala , e degl'in sulti petulanti di Cardariga9 generale de'Per* siani ; della battaglia seguita tra Filippico e i Romani con Cardariga e i Persiani , succeduta ad Arzamone , riferendo che Filippico gir per

STORICI e BTOeRtri ROPAHlP esercito suo portando una certa immagine non manufatta, e segnal atissima vittoria i Romani eb bero i quell'immagine poi- non manufatta fu man* data a Simeone % vescovo d*Amida. I Romani de* predarono il paese de* Barbari e fugarono Cardariga, che and a Dara, i coi abitanti lo cacciarono dalla loro citt , esseodo gi smunto di forze. Poseia narra fu spedizione de' Romani nell*Ariani na , e l'unione a Filippico e ai Romani di Morata e di Griovio, principi di quel paese. Cardariga avea raccolte truppe sue particolari per assaltare insi diosamente i Romani| ed Eraclio , padre di quel* VEraclio che poi fu imperadore , mandato da lippico a scoprire l'inimico, li salv mirabilmente Segue ci che riguarda il fatto di Zaberta , per siano, e l'abbandono che i Romani fecero dellassedio di Clomaro; e fu fuga vergognosa e terribile * di Filippico e la dispersione di tutto 1 esercito romano, e la malattia sopraggiunta a Filippico* fu nuova chiamata all'esercito di quell /Trac/fu che si nominalo di sopra ; e come infine qnell/?r<xc/i*0, preso il comando delle truppe, andasse nella Bfe-= dia meridionale, e sul cominciare di primavera i Romani invadessero le campagne persiane. Que* sto libro abbraccia ancora fu spedizione di Comenziolo contro gli Avari. Trov gli all esercito luogoteoenti Mastimo e Casto , e molte belle im prese contro i nemici furono fatte ; ma poi Casto" cadde vivo in mano degli Avari ; e fu stesso av~ veone ad Anumuto* tribuno deUfufantoria de Ro mani v e gli Avari fecero un' invasione nella T ra eia. Stette intanto Comemiolo a deliberare se avesse ad andare iocontro agli Avari o no; e fat-r

LASSS M IMA 9

tosi consiglio su tale argomento , fuvvi opiniose fu contrario. Nel frattempo un grande clamore si ud nel campo degli Avari : qui racc ontasi come ci imped assalto che Comemiolo era per dare al Cagano ( e come poi essendo stato preso dagli Avari un soldato de* Romani, di nom Buza%men-> tr* era a caccia , da* suoi medesimi fu quei fran gente abbandonato con dispresso, s acconc i coi Barbari, e fu il primo ad insegnar furo fu costru zione delle macchine con le quali si prendono le citt II Cagano assedi Berea , ma non fu pot prendere. Lo stesso gli avvenne assediando Dio* elea. Intanto M aurizio fu in Costantinopoli insul tato dalla plebe pel mal esito della guerra coi Barbari, e per fu stato cattivo in cbe era 1* Eu ropa. Il ebe fece eh* egli nominasse generale G io * vanni* Mistacona di soprannome, datogli per luo gotenente Drotione, Giovanni salv Adrianopol , assediata dagli Avari, venuto con essi a battaglia. Questo libro aggiunge ancora come Eraclio volle prendere a forza una certa rcca de* Persian i, e come per 1* incredibile valore di un soldato detto Sapere, i Romani occuparono il castello di Beinde ed in fne come Filippico rimase nella reale citt, di Costoniioopoli. Libro III. In luogo di Filippico , fu fatto gene rale dell' esercito d* Oriente Prisco ; di che tocco da invidia Filippico , scrisse ad Eraclio , onde di minuisse all*esercito fu vettovaglia. Prisco , giunto al campo, salut l'esercito non fermato sui piedi, eome portava l u so antico, ma nelfatto cbe smon tava da cavallo. Per fu che 1 esercito , Unto per vedersi diminuito fu rationi) quanto pel dispr e zzo

St o b i c i

biografi

profani

g3

ehe d* esso Prisco avea mostrato , si mise in tu m ulto. Volle egli placare i soldati, esponendo furo quella oon manufatta immagine (i) di cui si parlato di sopra, ma essi la ricevettero a sassate* onde Prisco corse a rifuggirsi in Costantina. L e sercito si scelse a generale Germano , quantunque questi ripugnasse. Mentre accadevano queste vio lenze e questi tumulti, i Romani ebbero dai Per siani molti danni* ond 1* imperadore lev la di gnit a Prisco, e in luogo di fui incudo di nuovo al comando Filippico: ina non cess per questo il t umulto. I Persiani aveano posto I* assedio a Co stantina , ed accorso in ajuto di essa Germano , rimase salva. Si venne poi a battaglia tra Romani Persiani presso Martiropoli, ed io quella gior nata i pri mi riportarono una splendidissima vitto ria , essendo rimasto morto con tremila de* suoi M a n n a , geuerale de* Persiani , e di questi rima stine mille prigionieri. Riconciliatosi, per opera di Aristobolo Tese rei t o col generale , spicc mi rabilmente il valore de* soldati prigionieri al forte dei Giligerdi , e Gregorio, vescovo di Antiochia, in qualit di legato, restitu Filippico all'esercito. Per tradimento di Sitta , Martiropoli presa dai Persiani, Filippico vien tolto dal comando dell*esercito , e vi dall* imperadore sostituito Corneotiolo. In quel tempo i Geti, o' S lavi, saccheggia( i) Lisceremo la cura agli eruditi di dire cosa fosse questa immagine non manufatta. Avviseiemo soltanto i nostri lettori che qui le viene dato P ag gettivo ili mlifrefa , vocabolo b a r b a r o , forse inin t elligibile egual

mente. *

C LASSE FUMA |

vano i luoghi vicini alla Tracia*' Roma volgeva le armi contro i Longobardi* PAfrica debell i Mau rus j, e si fece gran battaglia, sotto il comando di Comeneiolo* a Si serbano, presso Nisibe, tra i Per siani .e i Romani, rimasti vittoriosi questi, facendo Eraclio grandi prodezze. Iu quella battaglia moti Fraate , generale de* Persiani, e grossa preda fu fatta nel campo di questi. Baramo* viuti i Turchi, grandi ricchezze som ministr al re O r m i le , e sguainata la spada mi nacci di morte Suania. I Romani poi , guidati da uno che avea uome Romano , veuuto a gior nata con Baramo* essendo superiori di forze* eb bero una grande vittoria ( ed Ormisda , pe r la rotto delle sue geuii irritato, fece l'obbrobrio a Bar amo di mandargli una veste da donna* e quel apitono, per vendicarsi deliiusuilo, scrisse al re t d d Ormisda* figliuola di Cosroe. In questa guerra gli Armeoi, a persuasione di Sabagio , uccisero il loro governatore Giovanni e si disponevano ad unirsi ai Persiani. Nel frattempo Comemiolo , giuuto a lf esercito , ne sed il tumulto, e mand a C o stantinopoli S a b a tio , il quale, condannato alle fiere , per la clemenza dell* imperatore fu liberato dalla morte. Ormisda manda coutro Bararno Sa ramene , il anale , viuto io battaglia , da Baramo fu esposto tid essere fatto in peszi dagli elefanti. Di poi apertamente aud contro Ormisda. Pri ma della sua ribellione era egli veuuto in tanto onore fu Persia , che riguardavasi come il secondo per sonaggio dopo il re, ed avea iu coite le funzioni che presso i Romaui ha il curopalata. In questo libro si fa di passaggio uo compeudio delie c ose

storici s sioeasrt ?? g$ zoticamente seguite, e brevemente si riferisc ono fatti accaduti sotto Giustino e T iberio* Augusti Si espone pure la crudelt di Ormisda , re di P ersia, e si premette fu serie dei monarchi persiani. . Il IV libro espone la guerra intestina suscita tasi in Persia, e fu vittorie e tutti i felici successi Avvenuti sotto fu tirannide di Bar amo. Cos pure rammazzamento di Feretano* e fu riuscite di ite despra ; e come da Bindoe , spogliato del regno Ormisda* domand , dalla prigione in cui era, di perorare la sua eausa, e come avendola perorata, parl anche Bindoe. Sotto i suoi ocehi Ormisda si vide scannato il figliuolo* segata viva fu regina, ed egli acciecato e poscia fatto morire a colpi di ' bastone per ordine di Cosroe , fgliuofu su o , che i Persi aoi aveano costituito furo re. Potenza del tiranno Baramo* e foga di Cosroe* re de* Persiani; suo arrivo a Circsio, e suoi messi spediti a M aurizio* imperatore. Come Baramo cerca d es sere proclamato re , e non r iu s c e n d o g lis i pro clama re da s stesso. Come l* imperadore fa condurre Cosroe a Jerapoli, e gli d corte degna di re* Delle cose seguite tra Cosroe e Baramo prima che si facesse alleanza coi Romani, e come avendo Barano spedita ambasceria a Maurizio , quella fosse rigettata , e Cosroe al contrario otte nesse quanto desiderava. Dell* ambasceria di D o miziano, vescovo di Meleti na, e d Gregorio p a triarca di Aotiochia , mandati da Maurizio a Cosroe* Della morto di Baramo, tentata per fraude di Romeoda e di Zoanamba * e della strage fatta di costoro come consapevoli di quell* assassiuio.

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Della fuga di Bifido* dalla Petsia , per essere sialo compagno di quelli che aveano ucciso Ba ramo. Di Martiropoli da Cosroe restituita ai Romaoi, e di Sitta abbrucialo. Solenne oraziooe recitala da Domiziano* vescovo d Militine, alloccasiooe della restituzioue di Martiropoli. Il V libro contiene , Cosroe , re di Persia , ca* duto io perplessit ed ammalato , vener il bealo martire Sergio solito ad essere onorato auche dalle nazioni barbare per essere liberate da* mali; e come quel re facesse dono a quel saato di una croce doro tempestata di giofe. Poi parla dell*as sassinio di Radespra , commesso da Rosa per consiglio di Uscane ; e daltre cose avvenute se condo i desderj di Cosroe ; e del danaro a fui imprestato dalPimperatore M aurizio , e del chiro grafo da Cosroe rilasciato in dichiarazione d'averlo ricevuto. Ambasceria spedito da Cosroe perch fosse tolto a Comenxiolo il comando dell* esercito/ Narse sostituito a fui. Guerra contro il tiranno Baramo t dai Romani intrapresa come alleati di Cosroe Regali a Cosroe mandati da IHmpe rado rei e spedizione all1 imperadore di Doiba , per parte di Cosroe , onde a Maurizio recare le chiavi dt Dara. Orazione di Dornizianof vescovo di Militine, per esortare i Romani a fare, insieme con Cosroe* la guerra a Baramo ; e quanto di prospero sue cesse a Cosroe prima della battaglia de* Romani c oi Persiani; e come quel r e , per mezzo di Birn dee , ricuperasse i tesori e la reggia stessa per siana. L uuione deile truppe romane si d*Armenia come dell'Otiente. Battaglia con Baramo, memo* rabile vittoria de Romani. Nella qu*de battaglia ,

STORICI E SlOCRAri PftOFUU.

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seguita sotto la coudotla di Narse , furono presi anche de* Turchi, i quali portavano sulla fronte il seguo della croce, che s'aveano essi medesimi im presso , come dicevauo , per allontanare dii s la peste onde in addietro erano stati minacciati. Delle cose operate in Persia da Goiinduca%e della vita monastica da lui uieoata con molta austei it. Del ristabilimento di Cosroe uella sua prima residenza, e dei doni mandati da fui al martire Sergio. Messi di Cosroe inviati allo stesso santo per ottener prole da Jere , eh* era donna cristiana $ e come, avuta la gratia , nuovi doni magnifici mand al tempio del santo martire. Cosroe i complici della tirannide, e Bindoe medesimo, che avea impugnate fu armi coutro il r e , li fece morire. Del presagimento di Cosroe che i Romani * oppressi da ti rannide avessero a tumultuare. Ambasceria di' Probo , prefetto calcedonese, e dell'immagine delfu Vergine genitrice di Dio , e delle cose avvenuto uelTainh asceria acceuuata. Andata dell* imperatore ad Anchialo, citt d'Europa, del portento presen* tatoglisi in uua troja e come ritornato alla capi* tale ed entrato nel palazzo, trovasse ivi giunta un'ambasceria persiana , capo della quale era Za* lambano Nel libro V I contengonsi le segueuti cose t Come parteodo dalla capitale f imperatore , sorse una fera tempesto di mare ; e stando in Eraclea in tervenne un parto mostruoso di un bambino nato senza mani e senza occhi, ma con sopracciglia e cou le palpebre, e con una coda di pesce ai tac cata al femore* e come quel mostro fosse ammaz zato. Di que* tre Slavi ; portanti cetere , i quali /*oxio , VoU IL

classe

prim a

dicevansi dalle parti dell Oceano spediti al C a gano , e che dall imperatore Maurizio furono ve duti. Legazione de Franchi a Cesare, per la quale olTerivan& a militare per lui : era composta di i Bosso e di Betta , spediti da Teodorico; le loro offerte fuiono rigettate. Di un gregge di cervi * e come uno dessi, colpito da uu dardo, si ripar io uua selva, e come inseguendolo un alabardiere ed un Gepido , questi laltro proditoriamente am mazz per levargli gli ornamenti d oro , e dopo lungo tempo il reo di quell assassinio , preso , fu condannato alle fiamme. Spedizione degli Avari c o n t r o i Romani , ed assedio da quelli posto alla citt di Singidone. Come fu eletto generale di quella guerra Prisco , e messo alla testa di tutte le truppe d Europa, C ome il Cagano , recatosi a Drizipera , assedi il tempio del beato martire Alessandro; e come as sedi i Romani deulro la itt di Tzurulo , e Maurizio con astuzia , ingannando il Barbaro , fu fece partire di l Ambasceria dagli Avari man data ai Romani; i danni che dall'esercito romano trasse Ardagaslo , e quanto si oper sotto Tati mero. Fortezza di Alessandro , tribuno de*soldati, valorose imprese de" Romani; rotta degli Slavi, ed impeto di questi dal canto loro fatto contro i Ro mani. Mostri D a t i nella regia citt, di bambini, uno cou due teste, P altro con quattro gambe. Come fu tolto il comando a Prisco per aver ri mandala al Cagano uua parte del bottiuo fatto *opra gli Slavi; e come alla guerra dEuropa fosse iu luogo di Prisco soitimito Pietro . Di Teodoro% maudalo da Prisco ambasciatore al Cagano , e

sto rici

z b io g rafi

provaitt.

99

della dottrina di quell uomo e destrezza nel ma neggio degli affari. Nel libro VII si tratta della confusione nata nelPesercito de Romani , e delle cose valorosa ment e da e.*ti fatte c ontro gli Slavi, o Geli, giac ch que* popoli anticamente furono chiamati con questo secondo nome. Delle cose accadute in certo ignobile borgo della Tracia a Pietro e agli abi tanti del medesimo , e come rimase ucciso Pira gasto v prefetto degli Slavi Dei valore de soldati ro mani, quantunque travagliati d* gfande penuria d* acqua. Pietro viene sconftto io battaglia dagli Slavi; e Prisco Ita di bel nuovo il. comando della guerra. Morte di Giovanni detto il D ipunalore , patriarca di Costantinopoli. Dellimprestito di da* naro preso da Maurizio , imperatore, e del chiro grafo di ricevuta | e quanto quel pio imperadore apprezzasse le grossolane vesti di quel1 prelato. Della spedizione de Manrus) contro Cartogitte , e c ome pel valore di Gennadio la guerra in quelle parti fosse estiota. Di una cometa vedutasi per parecchi giorni. Di una guerra intestina e civile Sorta tra i Turchi. Qui lautore d conto del loro governo, e narra come il Cagano de T urchi, uc ciso il principe degli Eftaliti , si assoggett tutta quella nazione ; come facesse orrihile strage di trecentomila tra Agareni e Colchi; come ammaz zasse Turoi che erasi levato contro di lui, e scri ve s se all imperatore M aurizio , informandolo di quella sua vittoria. Il medesime mise sotto il suo giogo anche gli Avari. Parla pure delle genti che abitano Tauga, e di Nticri, uve gli Avari vinti si dispersero. Cosi atrche dei Fari e dei Cuni una

100

CLASSZ MUMA ,

grao parte de* quali fino dai tempi di Giustiniano hanoo sede in Europa, e si Dominarono Avari. Dice che il paese de Turchi nou soggetto d a tremuoto, n a peste. Parla del moote detto Au* reo, e della citt di Tauga. Parla dei bombici , cbe dalla loro*sostauza medesima si faooo le ve sti di seta, e come gran copia di seta si produce presso la citt di Cubda; e cosa si soglia fare per agglomerare insieme que' vermi. Parla degl lodiani, che sono bianchi di corpo. Coutiasto del Cagaoo con Prisco intorno al coudurre in iscbiavit i Singidooesi; e contraria opinione d Prisco e come questi salvasse quella citt. Imprese dei Barbari in Dalmazia, e che citt distrussero. Come Gundoe , da Prisco spedito contro i Barbari in Dalmazia, si comportasse valorosamente. Nel diciannovesimo anno del regno di Maurizio^ un monaco predisse a quel principe e a fgli di lui la morte ? e il fece correndo dal fro al vesti bolo .del palazzo con una spada in mano, e gri dando dover succedere tal fatto. Anche un certo Erodi&no annunzi allimperadore la fame che poi sorse negli accampamenti; di modo che il Cagano, mosso da umanit , accord all esercito affamato cinque giorni di tregua, onde a Romani , senza paura de Barbari , potessero giugnere le vettova glie di cui abbisognavano. Si riferisce eziandio come Prisco mand regali al Cagano, e questi si ri t ir ne*vicini luoghi della Mesia. Nella Mesia il Cagano venne a giornata eoo Comenziolo , e per fu perfdia di questo generale, l esercito de Ro mani fu dai Barbari sconftto ; e fuggitosi sbara gliato a Drizipera , gli abitanti di quella c itt fu

STORICI e RrOGfUFt PROFANI. fo t respnsero, trattandolo da disertore; onde si trasse ai cosi detti Muri lunghi* I Barbari, inseguendolo, prendono Drizipera , ed incendiato il tempio di S . Alessandro m artire, toltoue dalla cassa in cui n'era riposto il 'corpo, ne fecero ignominioso stra pazzo. N ebbero per pena coodegna ; perciocch morirooo sette figliuoli del Cagano in uoo stesso gfuroo, presi da pestileozi*l morbo aglinguini. In mezzo a questo trambusto , Comenziolo fermasi dentro Costantinopoli , e i Barbari si avvicinano ai Muri Lunghi; d ode tanto terrore iovase gli abitanti di Costantinopoli che vennero iti pensiero di abbandonare lEuropa. L impera dor si fece al lora sollecito di maudare al Cagano unambasceria, di cui incaric Arma tona, dandogli splendidissimi regali e veotimila libbre doro, con che comprare la pace, dicendo con aoimo coolristato : Dio gi* dichi Ira il Cagano e Maurizio , e tra i Romani e i Barbari Passa quiodi P autore a parlare di mostri veduti nel Nilo, della crescita ed alluviooe di quel fume , e delle varie differenti opinioni s opra tal cosa. Nel che couviene con Agatarchide Gndio, dicendo che ogni anuo ue* luoghi di Etio pia dal solstizio destate sioo atlequioozio dautunno cadono grosse e continue pfugge; e perci non senza cagiooe il Nilo nell'ioveroo magro d'acqua, perch non ha allora che quella che gli somministra le sue naturali sorgenti, e nell*estate s* ingrossa eoa quelle che cadooo dal cielo. E qui finisce il libro VII. ' Nel Libro V ili ecco ci che contiensi. Cosroe dalle incursioni de Saraceni soggetti a Romani tentato di rompere la tregua sussistente , e dalla legazione di Giorgio tenuto fermo ne* primi

cl a s s i prima,

patti. Ma Giorgio incorre nella disgrazia dell iroperadore per avere Cosroe dei lo che conservava fu pace a riguardo di Giorgio , e non dell* impe ratore Maurizio. Narrasi poi come Comenz:o io , mentr'era querelalo come reo di tradimento, si beue si acconci co* soldati , che dall ' imperatore f a di nuovo messo al comando dell'esercito. Segue uua battaglia tra i Romani e gli Avari , sotto la condotta di Prisco e di Comemioto; ma per qual che dissidio insorto , Comenzolo s* astenne dal prendere parte nel combattimento , e Prisco solo lo diresse. Valore de*Romaui e rotto degli Avari, che lasciano sul campo quattromila de* furo. Bat taglia seconda, 'nella quale gli Avari perdono novernila uomini. Terza battaglia , che agli Avari ne costa quindicimila. Quarto battaglia eoo vitto rie splendidissima de* Romani , essendo rimasti morti trentamila tra Avari e Gepidi. Quinta bat taglia eoa nuo va .vittoria de*Romani. Io questo fucoutro , ira m orti e presi * gli Avari perdettero tre mila uomini, altri Barbari ne perdettero sei mila e dogenlo, ed ottomila gli Schiavooi. Il Ca gano di poi , ingannando Mauri z ia , riebbe gli Avari rimasti vivi Si parla della desolazione di spirito in cui era caduto Cornernzioo, e come per la sua temerit le truppe de* Romani, eh*egli fa ceva marciare verso Filippo^oli , mori rouo di freddo i e come Pietro un* altra volta dall'i mpera tore fu creato generale comandante per tutta l'Eu ropa. Si descrivono le nozze di Teodosio , fgli nolo di M aurizio con la figlia di Germano. Si parla della carestia sopraggiunta in quel tempo nella capitale j del tumulto del popolo, nato mentre

z BIOGRAFI PROFF I io3 Maurizio stava in chiesa pregando; della mansue tudine e dolcezza di lu* del congedo dato ai sol dati, e del richiamo de* medesimi nel giorno stesso. L* imperatore manda Pietro , onde ad ogni costo tenga le truppe di Tracia sulla opposta riva dell* Istro. Pietro da uoa voce divina chiamato. Nuovo tumulto nasce negli accampamenti de* R e maci ^ $' alza una fazione contro Maurizio , it da una pazza moltitudine viene eletto imperatore Poca. Pietro cerca di salvarsi con la fuga, e l*imperato re viene avvisato della sedizione. La plebe da prima , eccitata da Sergio e Cosma , tribuni , incomiocia a cercar novit , e per contenerla nou trovansi che millecioqueceDto Prasini e trecento Veneti ; perci Maurizio cercd di quietare i ple bei con donativi. Nello stesso tempo manda in viati ai soldati tumultuan ti , e quegl*inviali sono respinti indietro. Egli presidia la capitale. Intanto viene una deputazione dell* esercito a Teodosio , figliuolo di Maurizio , cou la domanda d'avere per imperatore lui e Germano, suo suocero. Informato di ci Maurizio , sospetta che Germano medili di usurpare il trono. Teodosio avvisa Germano delie minacce dell* imperatore , e Germano corre a r i fuggirei nel tempio della Madonna. Sooo maudali a Germano , per farlo risolvere ad uscire di l , Ciro e Stefano , eunuco , ajo de' fgli de 1'impera 1 tore, ma senza costrutto. Maurizio fa frustare Teodosio per aver riferite al suocero le minacce in che contro di lui avea prorotto. Germano dal tempio della Madonna passa* quello di santa So fia ; nuove esortazooi perch u*esca * ma uol fa , persuadendolo io contrario uo certo Andrea , ilo
storici

C tASSE PRIMA,

col a fare orazione. Nuovi tumulti in C o se n tino

poli, ed incendio del palazzo u rbano di Costantino, patrizio , volgarmente Lardi. Agitazione e fuga di Maurizio % impeditagli da improvvisa tempesta. Spedizione del figlio Teodosio a Cosroe, e ritorno di lui da Nicea in virt di un anello dato da Maurizio al fi gliuolo per tessera Concorso degli abitanti di Costaotfuopoli all* usurpatore , fra i quali fu Ebdomite. Inutile tentativo di Germano per farsi proclamare imperatore, avendo i Prasini ricusato di aderirvi , sotto pretesto eh*egli fosse della fazione dei Veneti. Viene gridato imperatore Foca nel tempio di S. Giovanni , che in Set timo , essendo patriarca della regia citt Ciriaco : ingresso di Foca nel palazzo. Leonzia , sua mo glie, viene salutata Augusta. Grau lite de* tribuni della plebe a cagione depposti. Cacciata di Cosma9 tribuno della plebe della fazione veneta, fatta da Alessandro * ed avvertimento che Maurizio noo era aucora morto, onde l*osurpatore corre ad uc cidere 1* imperatore. 1 figli di questo vengono messi , sotto i suoi occhi , nel porto d*Eutrapa. Grandezza d* animo dell* imperatore v egli rende grazie a D io , ed ucciso da Lilio . Qui viene ri ferito il testamento di lui, trovatosi sotto il regno ^di Eraclio . Poi narrasi come i corpi de* principi reali furono gettati iu mare ; e segue un elogio funebre di Maurizio , e il castigo sopraggiuoto ai soldati romaui per la criminosa loro condotta coa tro quell* imperatore, uon essendo , poco tempo dopo , rimasto vivo in tanta moltitudine oessuno de* compiici della morie di lui e delia usurpa zione imperciocch u na parte ne per di peste,

E BIOGRAFI PROFANI. 5 una parte per fuoco caduto dal cielo , e gli altri tutti di ferro , di modo che quando Eraclio , ve* nuto al trono, fu per far guerra c o n Rasate, per siano , facendo la rassegna , appena trov due di quelli che aveano presa parte in que* fatti. Allora poi i Romani incominciarono a rimanere superiori ai Persiani, quando da questi in addietro erano sempre stati vinti. Morte deU'usurpatore per mezzo di Alessandro data a Teodosio , figliuolo di M au rizio , a Pietro , a Comenzioto ed a Costantino Lardi. Falsa voce uscita che Teodosio non fosse stato ucciso. Come in Alessandria le statue mos sesi dai loro luoghi, a certo Calligrafo * cos chia mato, mentre ritornava da cena, annunziassero quanto era accaduto in Costantinopoli. Come si dicesse che Maurizio avea rimessa a* suoi sudditi la terza parte de* tributi , e dati ai Bisantini in dono trenta taleuti per ristaurare gli acquedotti. Gli onori e i premj da fui dati agli studiosi delle buone discipline. I miracoli avvenuti nel liquefatto sangue della martire Eufemia ; e come Maurizio , avendo voluto farne la prova, mentre prima non credeva il fatto, vide confermato il miracolo. Come l usurpatore Foca chiuse in una casa privata Co stuma , moglie dell* imperatore Maurizio , unita mente alfu sue figlie. Foca manda un* ambasceria a Cosroe, re di Persia, ma inutilmente; e la tre gua fu rotta , dicendo Cosroe di volere giusta m ente vendicare Maurizio . Perci Litio , che era stato spedito col, ritorn indietro senza avere ottenuto 1 intento. Missioue di Alessandro , com * plice delle novit di Foca , caduto sospetto di avere salvato T eod osio , figliuolo dell* imperaSTORICI

classe FRI MS,

dor Maurizio che pure avea ammazzato. E qui ha fue tutto la storia di Teofilatto Si mocatta.

TEOFANE DI BISANZIO
STORIE l i b r i X.

.64

primo di questi dieci libri c omincia da quella guerra di Persia che si ridest al r ompersi il trattato che fatto aveano Giustino , imperatore* e il re Cosroe. Questa rottura fu fatta da Cosroe medesimo e da Giustinosuccessore a Giustiniano % nel secondo anno del suo regno. Da quel punto principiando, procede sino al decimo anno di quell a guerra. In questo primo libro ricorda ancora co ro egli avea scritto eziandio delle cose avvenute sotto Giustiniano^ e manifestamente indica come hri libri avea aggiunti a quoti dieci Ora in questo i ;ferisce il perch quellautocedeote trattato fosse rotto; il che avvenne per la domanda per tntzio di Comemiolo fatta da Giustino, a Cosroe di avere Suania, mentre Cos*oet dopo averne latta positiva promessa, di poi uon (a mantenne. R ife risce inoltre un tremuoto accaduto iu tutta la Me sopotamia che fu principio delle ca lamit iu ap presso sopraggiunte. Alla parte d*oriente presso il Tanai vivono i Tnrchi anticamente detti Masageti e dai Persiani nella loro lingua Kermichioni. Costoro iu quel tempo mandarono legati loro a Giustino con regeli, domandando che uoo desse ricetto agli Avari. Giustino accett volentieri i regali ; e rimand al

sto ric i

a ra o F A iru

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furo paese quegl'inviati colmi d*ogni maniera di benevolenza e di umanit Essendo poi venuti gli Avari, chiedendo di potere abitar la Pannonia, ed aver pace da* Romani , pel trattato che s* era fatto co*Tur chi ebbero la negativa. Un certo Persiano (j) , regnando Giustiniano , rifer in CostautiuopoU lorigine de* bachi da seta, fino allora ignota ai Romani Quel Persiano ve nendo ,dal pae*e de'Seri u'aves portata la semenza chiusa etilro un bastone; e giunta* la primavera pose quella semenza sopra foglie di gelso, d*oude sbucati i bachi, fucomiuciarooo a ondarsi di quelle foglie,, e cresciuti iufue si misero mirabilmente a lavorare. Ed aveudo imperatore .O tustino fatto vedere agl* inviati turchi e c ome que* bachi ua~ scovano, e come tessevano i loro bozzoli, esjsi graudemente ue stupirono. Possedevano essi allora gli etnp orj e i poni cbe diauti erano iu dominio dei Persiaui* imperciocch Efimlano^ re degli Eftaliti, da cui tutta quella geuerazione trasse il nome, avendo vinto in g uerra Peroze* e i Persiani, ob blig questi a ritirarsi da* que' luoghi, ed egli &e n e impadt*ou. Poco dopo avvenne aucora , che i Turchi sbaragliaudo gli Eftaliti , li cacciarouo da qu e lle coutiade Giustino mand Zemarco ambasciator suo ai Turchi, il quale e pubblicamele li convitto, e da
( i ) Se ci vfro , cade adunque U benemerenza praticata fin qui de due Monaci che recarono a Co stantinopoli le u< va de* bachi da seta, come 4 detto e ri letto in tanti *libri. Non ai era duoque mai letto Xtofane clif pur era contemporaneo !

ro8 classe pai ma , essi fu con ogni gene re di buonaccoglienza trat tato; e ritorn contentissimo a Costantinopoli. Fa questa la ragione, per la quale Cosroe and contro gli Etiopi, amici de*Romani, anticamente chiamati Macrobj, ed ora detti Omenti; e per opera di Merane%suo capitano , ebbe vivo io poter suo il re di que* popoli Sanata ree p e distrutta la loro citt, ne soggiog gli abitanti. Gli Armeni, mal contenti di Sunna , massimamente per rispetto alte cose di piet e di religione^ cospirando insieme con Vardano , il cui fratello Manuele Surina avea ucciso, fui e un certo Fardo ammazzarono, e ribellandosi ai Persiani passarono a* Romani abbandonando la citt che abitavano, chiamata Dobio, e trasferitone*! nel paese romano: E questa fu la cagione principalissima di rottura tra Persiani e Romani. Ribellaronsi immediata mente dopo gl* Iberi, sotto la condotta di Gor* gone passarono ai Romani anchessi. La loro m e tropoli era T i tlis. Marciano , cugino di Giustino , imperatore, gi fatto comandatile delPOrieute, nelPanno ottavo del regno di Giustino fu mandato contro Cosroe, lu tanto Giovanni, capitano degli Armeni, e Mera ne% detto anche Baraomane% capitano de* Persiani, an davano raccogliendo 1 esercito. Agli Armeni si * unirono compagni nella guerra i Colchi, gli Abasgi, e Saro e, re degli Alani ; e si unirono a M e rane i Sablri, i Dagani e i Dilmaini. Marciano 9 venuto a giornata presso Nisibi , mise in fuga Merane\ e in quella battaglia uccise mille e du geoto nemici, e ne prese vivi settanta, non avendo perduto de* Romani che sette soli. Poscia mise

a BIOGRAFI froahk 109 l'assedio a Ni sibi. Cosroe f informato del fatto, con quaranta mila uomini a cavallo, e pi di cento mila fonti corse iu ajuto di quella c itt, e ad af frontarsi co Romani. Nel frattempo Marciano viene accusato presso Giustino di ambire V imperio \ e Giustino dando mente alla calunnia gli leva il c omando deiresercito, sostituendogli Teodoro , fi glio di Giustiniano detto Tziron Cos t urbate le cose i Romani abbandonarono lassedio di Nisibi, e Cosroe espugn Dara.
storici

TEOPOMPO
STOaia, LI BRI Lim

Questi sono i libri storici ebe rimangono di C. Tcopompo. Anche alcuni degli antichi hanno af fermato essere andati perduti il V I, il VII e IX, il X X e il XXX. Ci che io posso dire, si cbe non mi mai avvenuto di vederli* Menomane* antico anch'egli ed autore da non dispregiar s i, dove parla di Teopompo , dice che per anche il XII, ma noi fu abbiamo letto iusieme cogli altri In questo libro XII raccoutansi fu imprese di PacorU re degli Egiziani , come si confeder coi popoli di Barca, e come sosteune vagora, ciprio, contro i Persiani: in che modo inaspettatamente Evagor* ottenesse il regno di Cipro, fatto prigio niero Jndim one , citico , cbe prima vi dominava ; con che arte i Greci , seguendo gammennone , occupassero quell* isola, cacciandone Cinnira coi suoi, i cui posteri che rimangono, sono gli Ama tu*} : come il re ai risolvesse a far guerra ad Evm

t IO

C tASSE PMM1,

go r a, dato il comando detlVsercito ad ntofradate, satrapo della Ldia, e fatto suo ammiraglio Ecatum fiioj e parlando finalmente della pace data ai Greci,e del pi gagliardo suo impegno iu ispiogere fu opera zioni ostili contro Euagora, e della battaglia navate occorsa presso Cipro. Vi si dice pure, come gli Ateniesi cercarono di tener ferma 1 alleanza che ' aveano col re*, e come i Lacedemoni, insuperbiti del buon esito delle cose loro, roppero i patti stipulati! come Teribazo facesse la guerra, e tendesse insidie ad Evagova* e questi lo accusasse presso it re , e transigesse con Oronte t come poi, occupato ch'ebbe Nectenbi il regno degli Egiziani, Evapora mandasse ambasciadori a Lacedemoni ; ed in che modo ter minasse la guerra di Cipro. Vi si nana ancora di Nicocreonte che avea tese insidie, riferendosi in che maniera fosse stato improvvisamente prese, e fosse scappatoie come con la figlia di lui, vergine ancora e abbandonata, si fossero giaciuti seoza sapere dell* altro, ad Eragora e Pritagoru^ padre e figlio, stato fu tale oosa mezzano ad entrambi Trae deo* eunuco, ed eleo di nazi ooe; e come co tei la doooa fosse la ruioa di tutti e due , fu stesso Trasideo avendo procurata la loro morte. Iti questo libro si narra iuoltre per qual ragione Acoris egiziano, lacesse lega coi Pisidj, e si parla del loro paese , e degli Aspendj Si parla pere de'Med tei di Coo, e di. Guido, cerne sieno Asc fupiadi, e come primi vi si u nissero da Sitoo i po ster i di Podalirio* Del vate Mopso ancora, e delfu sue fglie; Rode, Mah ode e Pamflia^ si ragiona ; dalle quali prese ro nome Mopsuestia , e in Licia Rodia, e fu Pamflia, paese; e come incominciatoti

storici

biografi

frofani.

it i

questo paese ad abitare da'Greci, vi si accendesse una guerra tra loro ; e come io Licj guerreggias sero coi Telmissj sotto la condotta di Pertcfe , furo re; o desistessero dal combattere iufuo a tanto c he, ridotti a serrarsi entro le mura, noo li ebbero costretti a d omandare la pace Queste sono fu cose riferite in quel libro XII che Menofane non vide. Questo Teopompo fu di Chio, figliuolo di Damostrate. Dicesi che col padre abbandonasse la patria , essendo questi convinto di favorire i La cedemoni. Si vuole ch'egli p o i, morto il padre , spatriasse , essendosi per lui interposto Alessan dro, re de* Macedoniv il qnale scrisse , per i mpe trargli il ritorno, una lettera a que'di Chio ; e Teo pompo allora avea quarantacinque a noi. Di poi, morto Alessandro , Teopompo and errando lungi d a Chio; ed essendosi portato in Egitto, noo so lamente dal re Tolomeo nou fu accolto ; ma poco inauc che fosse per ordine di lui me**o a morte, avendogli apposta troppa, curiosit d'inf o rmarsi d elle cose; e non fu salvo che iu grazia deli o fBcj che dagli amici forouo fatti iu favor suo Egli medesimo nomina i letterati uomini suoi coutotii* porauei, Isocrate , ateniese, Teodette di Faselo e alterate, eritreo! i quali dice avere seco luh nella e loquenza tenuto il primato io Grecia: che Isocrate stretto di modi, come pure Teodette scrissero ora zioni per guadagnarsi da vivere* ed aprirono scuola per istruzione della giovent i egli p oi, e Nati crate , avendo di che bastautemente sostenersi , contiliuameute si esercitavano nella filosofa, e nella eloquenza. N dee dirsi che inco nsiderata-

112

cl a s s e

pum a ,

meo te parlasse di tale maoiera di s, essendo certo cbe egli scrisse oraziooi di genere dimostrativo noo meoo importaoti di veotimiia versi; ed anzi pi di qui odici miriadi di versi, in cui possooo leggersi narrate da fui le imprese de* Greci e dei Barbari. Aggiunge oon essere stato io Grecia alcun luogo di qualche cooto, e nessuna citt, dov*eg!i noo si fosse recato , e dove noo avesse lasciato perorando mooumento di sua facoodia. Tali cose riferendo di s, quelli che un secolo prima erano stati celebri nell*arte del dire, posp one di luoga maoo agli oratori della et sua; e che non pos sono quelli preteodere nemmeno il secondo posto, fu afferma egli, e il dice manifesto confroo landosi gli scritti degli uni e degli altri, e le oraziooi trasmesse ai posteri ; avverteudo come immensamente era al sao tempo cresciuta la facolt del dire. Ma io non intendo bene quali sieoo quelli ch'egli comiua del secolo aotecedente ; oon credeodo mai cb*egli ardisca intaccare Erodoto e Tucidide, a* quali uo mini egli nella facoodia di grao funga inferiore. Se non forse voleva alludere ad Ellanicot e a FiUstoi istorici, o a Gorgia , e a Lisia%e agli altri pi vicioi alla et sua ; quaotunque nemmeno que sti sieno tanto poveri nell* arte del dire. Checch sia di c i, cosi Teopompo giudica* Dicooo ch egli insieme con Eforo fu discepolo d /iocMto, come vico aoche dichiarato ne* suoi iibri. si osserva di fatto negli scritti di T eo pompo i* imitazione delle forme teocratiche, quan tunque uella diligeoza gli stia di dietro. Vogliono poi cbe il precettore desse ad entrambi gli ar gomenti delfu furo narrazioni , ad Eforo per le

STOJtlCl rBOTAW l. tl3 c ose del tempo antico, e a Teopompo per quelfu cbe a* Greci erano occorse dopo Tucidide* aven dole proposte ed indicate secondo la capacit ri spettiva dell'uno e dell'altro. Perci si osserva che i proemj delle storie e oe* sentimenti e nelle altre cose sooo somigliantissimi , avendo la loro storia lo stesso andamento, quasi uscito dalle car ceri delfu stodio medesimo , e c orrendo tino alla meta. Teopompo riempie* i suoi libri storici di moltissime digressioni; e perci il re Fiippe che guerreggi coi Romani, tolto via tutte quelle di gressioni, e raccolte insieme le cose cbe del pa dre di Alessandro Teopompo avea scritte, io se* dici libri soli le ordin, nulla aggiungendovi del proprio. Duri , samfu, nel libro primo delle storie, cosi scrive di fui : Eforo e Teopompo sono assai in feriori ai precedenti. Mancano di grazia nell'imi tare , e di venust nel dire ; e fannosi soltanto Solleciti di scrivere. Quautuuque in vero sia da dire che Duri stesso nelle cose medesime, uelle quali redarguisce que9 due scrittori , sta loro in dietro per luogo intervallo. Ma oon ho ohe ap porre alla osservazione di Duri * s'egli ha voluto far sentire l*arroganie censura di Teopompo che agli antichi scrittori noo voleva accordare che il secondo posto. Solameute dico che u l'uno, n Paltro fessi potessi giustamente riprendere di tale m aniera, deodare , smirleano , parlando , come io peoso di tutti gflsocratiei, fermo nel paragone con Demostene a noo dare ad essi ultimo luogo, si esprime iu questi termiuit: Le orazioni di DemoSiene pajono assaifs mo sint .i al corpo de'soldati ; F o n o , VoL IL 8

114 CLASSZ PRIMA , quelle d'Isocrate al corpo degli atleti. poi m i* ni festo che tra discepoli d"Isocrate, Teopompo nel dire oon inferiore a veruno.

Ma noi abbiamo fin qui bastantemente esposto quanto concerneva alla patria di Teopompo , alla sua educazione, al precettore, agli eguali, ai libri, alla vita civile, alla forma della orazioni, e al. suo istituto, e ai tempi fu che fior, e alfu cose che gli accaddero.

TOLOMEO EFESTIONE
L i s a i v i i DI STORIA NUOVA IK ARGOMENTI n i VARIA ZBUDIZIONE.

Giover sicuramente quest'opera a tutti quelli ehe impiegano il furo tempo nella lettura di sto* rie dogni genere, poich io essa trovansi raccolte insieme cose, per conoscere le quali converrebbe altrimente consultare una moltitudine di libri , io eui trovansi sparse. Cootiene essa per assai pro digj ed assai favole; e quello che pi assurdo si , che l'autore cerca di spiegare le cagioni di molte favole, come se queste fossero fatti veri. Perci riesce raccoglitore alquanto frivolo , e nel tempo stesso alcun poco arrogante : u poi il suo discorso civile quanto converrebbe. Egli dedica quest opera a certa Tertula da fui non solo chia mata sua signora, ma predicala anche ampiamente tome letteratissima d o n n a , e pieoa di varia dot trina ; e intanto riprende alcuni di quelli che prima di lui traltarouo l'argomento da esso gre*

STORICI

B BIOGRAFI

PftOFAHI.

1 l5

scelto, come se malamente vi si sieno comportati. Egli vero per che le cose da lei narrale , e quelle spezialmente che noo sono n improbabili, n indegne di credenza, per la pi parte sommicistrano una scienza e v aria, e non disaggradevole. Adunque nel libro I racconta la morte di SoJ b c e , premettendovi quella di Protesilao . Scrive quindi di Ercole , e come uel cinquantesimo anno della sua vita finisse abbruciandosi per la ragione che non poteva pi teudere il suo arco. Parta di Creso salvato meutre pure egli era sl rogo * della morte di Achille e di quella di Laidem meretrice, rimasta soffocata da un osso di oliva Le quali cose partitamente esposte da lu, dice egli po i nou essere state dagli altri per l addietro fedelmente riferito. Raccoota del re Alessandro che mentre stava contemplando in feso un quadro rappre sentante Palamede ucciso a tradimento , grande mente si turb, ricordandosi che simil fine era toccato ad Aristonico , suo compagno, nel giuoco della palla : s mansueto d'animo era Alessandro e taoto affettuoso verso i suoi amici 1 Riporta in appresso un verso di EuJbrio ne nel Giacinto verso rimasto iguorafo
D*Adon le piaghe sol Cocito tapi:

il che significa, dicegli, che uu certo Cocito, sialo d iscepolo di Chironet nella medicina, cur Adone stato ferito dal cignale. Riferisce pure che la per sona , la quale presso Erodoto nel libro I delle storie vi en detto ucciso da Adrasto , tagliuolo di Gor dioi, i chiamava Agatone* che fu tolto di vita mentre contendeva per uua coturnice. P o i aggiunge Cadmo

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C t i S S Z PRIMA ,

ed Armonia essere siati trasmutati in leooi ; Ti resia avere cambiata figura sette "Volte; rendendo ragione del perch io Creta fosse detto la fglia di Forbante\ Eri man lo ^figli uolo di Apollo , essere stato acciecato per avere veduta Venere lavarsi dopo chera giaciuta con Adone ^ di che sdegnato Apollo, datagli forma di cignale, era pof avvenuto che codenti ammazzasse Adone . Quiudi spiega il perch il poeta facesse fu colombe ministre del cibo degli Dei * e dice cosa il re Alessandro , e perci anche Arstiile%su questo argomeuto pen. sasseto; e qui parla di Omero medesimo e delfu eolo mbe. Poscia narra che il poeto Epicarmo traeva l'origine sua da Achille , figliuolo di Peleo $ che Patroclo da Omero viene chiamato cavaliere per eccellenza, come quegli che avea appresa larte di guidare il carro da Nettuno che di quel gio? vane fu amator grande; che Ulisse fu da prfucip io detto outtn per avere orecchie grandi ; ina poich per grossa pioggia sopravvenuta sua madre che n era incinta, non pot portarlo pi oltre pell utero , e lo partor sulla strada , da ci fu chiamato Odissea ( Ulisse ). Un Arcade di nome Peritano stupr Elena che viveva iu Arcadia eoo Paride^ del quale adulterio Paride fece a colui pagare la pena , tagliandogli i geoitali ; e quindi nac que che gli Arcadi chiamarooo peritarli gli uo mini cos mozzi. Aristonico tarentino scrive che Achille mentre vivea presso Licomede confuso con le ragazze della corte, era chiamato Cercisera; ed Issa e Pirra-A&peto e Prometeo. Batria , min dio, dice che tutti quanti i figliuoli di I9iobe furono ammazzati da Apollo ; l'autore poi asserisce che

svoltic i x Iiogbah fiofmi. t iy il padre diede ad Olisse uo ammonitore, o vogliam dire un ajo; e questo fu Musco di Cefalonia ; che uno simile seguiva Achille , Penice di nome , e uomo prudente , nato in Celidonia ; e Patroclo avea cella stessa qual ita Eudoro. A n ti patron acantio, riferisce che Darete, il quale scrisse V Iliade prima di Omero , fu ammonitore di E t tore* e che lo consigli a uon uccidere il compa gno d*Achille. Medesimamente aggiunge che P ro tesdao ebbe Dardano, tessalo di nazione 9 ed An tiloco ebbe per ammonitore insieme e scudiere Calcone , datogli da Nestore, suo padre. * Questa sono le cose trattate nel libro primo. Nel libro II tratta di E rcole , e dice come fu c on l'elleboro guarito dalla pazzia per opera di uo Auticireo, il primo che trov questo rimedio molto usato in Aoticira, citt della Focide; quan tunque altri d'altra maniera raccontiuo la sua guarigiooe. Narra inoltre ch'Ercole fu molto amato du Nestore ; e poi che nou Filottele, ina Morsimo di Trachiuia fu q dello che attacc fuoco al rogo di Ercole. Aggiunge che Eccole avendogli il leooe o emeo strappato un dito, nehbe solamente nove 4 e che sussisteva il sepolcro di quel dito strappa togli. Altri per dicono che Ercole perdesse quel dito per la puntura fattagli da un pesce detto pa stinaca. Sul sepolcro poi di quel dito vedovasi in Lacedemone stare uo leone di marmo f simbolo delfu forza *Ercole ; d onde venne l* uso di met tere statue di leooi auche sui sepolcri di altri.* V per chi altriineote spiega quest* uso. Aggiunge dal rogo d'Ercole essere uscita una grande quan tit di locuste che devastarono a modo di peste

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b im a,

il paese ; e narra come quel flagello foisse. Racconto esiaodio come Venere, a cagione di A done , suo bello, e bello di Ercole. paler a N a so , Ceotauro, fu insidie eh1Ercole gli tramava ; come Nireo , ti 1 meo , bello di rcole , combatt iosieme con fui eootro il leone elicooio : alcuni per fanno quel Ifireo , figliuolo 'Ercoie. Passa dipoi a dire quali sieno presso il poeta quelle grazie , con le quali egli compooe i capegli di Eaforbo . Afferma che Ercole al nascer suo fu chiamato Ntlo ; ma dopo ch*ebbe salvata Giunone, uccidendo i giganti Anonimo e Peripnoo cbe le aveano messe fu mani addosso, mut nome, appunto per la valorosa im presa fatta per quella Dea. Aude , altro bello di Erco'e . aveodo aonuoziato a Teseo ci che ri guardava il rogo di lui, fu da Teseo ammazzato. Aristonico, tarutioo, dice che la met della testa dell* Idra era d*oro. Alessandro , miodio, riferisce ohe uu drago, generato dalla terra, combatt in sieme eoo Ercole coutro il Ifune nemeo : il qual drago, outrito da Ercofet e coodotto a Tebe* ri mase nella sua tenda; ed quel medesimo , il quale avendo divorato i pulctui di una passera fu convertito in una pietra. Ercole fabbric fu nave Argo iu Ossa, moote della Tessaglia; e le diede il uome d'Argo da Argo figliuolo di Giasone ch'egli amava fortemente ; e fu per que sto chVgli uavig con Giasone nel paese degli Sciti. Giunone, combattendo con Gerione. ebbe da Ercole una ferita nella destra mammella, con ei cbe indi segu. Conio , ibero di nascila, ed uoo de*belli d'rcole, fu il primo che fabbric Pelino; e per ci quella sorta d*armi ebbe da

sto rici

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frofa ui.

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principio nome da lui. Quel sepolcro che in Creta si dice di G iove , di quell* Olimpio cret en s e , che rap Giove a Saturno , e lo educ, e gli insegn fu religioue. Si dice poi che Giove quel suo balio ed ammonitore fulmin per avere sospettato che i giganti volessero invadergli il re goo; e che poscia pentitosi del fatto, e non po tendo in altra. maniera mitigare il dolore che nebbe, diede il suo nome al sepolcro dell ucciso. Di chi sia questo detto usato da Alessandro , Filippo : figliuolo di *
Piglia, Proteo, e bevi questo vino Or che d'umana carne sei satolla.

similmente di Proteo : qual canzone Alessandro fosse solito usare : e d chi essa fosse. Contro chi quel l epicedio scrivesse lo stesso Alessandro , tigliuolo di Filippo. Questi sooo i capi del libro secondo. Nel libro III autore intorno ad Ilio , figliuolo 3 2?rco/e, racconta chegli ebbe no picciol corno alla siuistra banda della testa, il qual corno, avendo EpopeOf siciooio, ucciso in un combattimento Ilio, prese, lo riemp dell'acqua della palude Stigia, ed occup il regno del paese vicino. Dell'acqua stigia io Arcadia aggiunge narrarsi, come aveudo Nel* tuno tentata Cerere nel tempo ch*essa piaugeva afflittissima il ratto della figlia, di sdegno si tra sform io cavalla. Condottasi poi al foute, e veggendosi in quella figura, n ebbe orrore , e fece negra quellac qua. Parla di Ecale%e dice a quanti fu quel nome comune. Dice che non Filippo fu i r padre di Alessandro y ma bens un certo A r-

IS O

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PR IM A ,

cade. Dracone di nome y e c he da ci nacque fu favola del Dragone. Dice del cane di Tolomeo% il quale combatt pel suo padrone, e come dopo morto aperto si trov avere il cuore tutto peloso. Era qtiel cane delfu raxza de*mo lossi, e veniva chiamato Briareo . Parla d Polidamantc. Poi cosa voglia dire il poeta ;
Come di Pandareo la schiatta, ecc.

con quel che segue. Del Palladio, furtivamente portato via da due , * Diomede , cio ed Ulisse . Della canna che diceva : Mida ha le orec chie dell*a$ino. Degli ugelli acestalj cercati Della pietra g'gonia presso presso Stesicoro. rOceaoo; e come si muova pel solo asfodelo, niuna altra forza poteudo sopra di essa. Di Ropalo , figliuolo d ' rco le , esponendo che nello stesso giorno gli fece i funerali come ad eroe, e gli sacrific come Dio. Che mfiarao ebbe il suo nome per questo, che ambi i genitori di sua ma die aveano pregato che fosse conceduto alla loro figliuola di partorire senza fatica. Di chi fosse Piano che i Tebani cantavano in onore di Ercole* e in esso dicevasi ad Ercole : figlio di Giove c di Giunone ! Ed ivi parla di quelli che composero gl* inni soliti cantarsi in ogni particolare citt. Narra come Ftlostefano* vate e poeta, fino dal d della sua nascita mai non us vestimeuto alcuno t e come Mairi, tebano, scrittore d inni, per tutta la sua vita noo mangi che bacche di mirto. E poi narra che Eupompo, samio, il quate (cosa ia veto incredibile) nodriva uu fiero mostro, cio uu dragone, ebbe uu figliuolo chiamato Dracon*,

sioosiri m o f a h i . ia i di tafu acutissima vista che vedeva comodamente gli oggetti alla distaoza di venti stadj. Ed aggiunge che tolto al servigio di Serse con la paga di mille taleoti, seppe a quel re, sedente sotto un pfutano d oro, a mano a mano riferire la battaglia navale tra i Barbari e i Greci; e il gran valore di A r temisia. Narra che Ple$irroo9 tessalo, scrittore d inni, fu amato da Erodoto f il quale lo istitu erede dei suoi beni 4 ed aggiunge chegli fece lesordio del primo libro delle storie di Erodoto dAlicaroasfO; essendo il vero principio delle storie di Erodoto questo : / pik dotti tra* Persiani ditono che gli autori delle discordie furono i F enicj. Segue poi che Politelon cireneo* mai non rise ; e perci es sergli stato dato il soprannome di Agelosio* Nel c ulto degli Dei tutti aver superato chi dice An~ tigono, efesio, chi Lucio , ermionio, di cui fa men zione anche Teofrasto nelle sue lettere. Ad Achille ed a Deidamia nacquero due figli, Neot~ toierno ed Oneiro i ed Oneiro fu ucciso nella Focide dalPimprudente Oreste in occasione che questi venne con fui a contesa su l luogo ove avea piantate le tende. Passa quindi a parlare di alcuni casi storici. Dice nata al sepolcro di Amico fu rodo dafn e , fu quale, chiunque oe gusti, gl* infonde passione pel pugillato. Per questo Antodoro che avea mangiato di quel lauro , tredici volte avea riportata corona : per alla quattordicesima volta era stato vinto da DiocorQ di Ter* ; e 1 istesso * Amico dicesi essere stato superato Della lotta da uno dei Dioscuri. Cneso essre nato nel giorno della festa di Ventre* nel qual giorno i Lidj per onorate fu Dea le raettevauo intorno eoa gran
s t o bici a

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CLASSE PitiMA ,

pompa (alle le furo cose preziose, Che al pa dre di Temistocle fu annuoziala la nascita di quel figlio mentre slava sacrificando un loro, e che avendo bevuto del sangue di qoella vittima, mori. Che Dario , figliuolo 'staspe , dalla madre esposto, veone attaccato alle poppe di una cavalla da Spargapiza , pastore di cavalli; e di poi dal nitrito di un cavallo fu fatto re. Che un servo del poeta Jbico , chiamato Ercole fu abbruciato vivo per avere cospirato insieme con de* ladri contro il suo padrone. Che Oreste nacque nel giorno festiv di quella Cerere che chiamasi Erinni. Che Filippo aucora fanciullo, alla sera tentava di colpire fcon frecce quelle strisce di luce che eofue stelle vedeva talora cader1 verso (erra ; e diesi cbe da ci il vate Diognato presagisse che quel giovanetto avrebbe dominato sopra molti. Chiama vasi Astro colui che eoo una freccia gli eav uo occhio. Che Marsia, sonatore di t ibia# il quale mor scorticato, nacque nel d della festa d*Apollo , io cui venivano a quel nu me consacrate le pelli di tutti gli animali che gli si sacrificavano. Di Tizio* il quale tese insidie ad Alessandro . * La madre di Claudio imperatore, essendo gravida di lui, maogi de* funghi, presa di gran voglia di essi ; e Claudio mor ma ug and fanghi stati av velenati. - Di Centauro%figliuolo di Lamia^ conte colto in adulterio fosse ucciso, chi dice da 'Peritoo* eunuco, chi da Teseo* ; Tali sono i varj casi ed eventi cbe io queste storie si riferiscono) coi quali finalmente si d termine al libro terzo. Ecco ci che narrasi nel libro IV. Che E len a fti la prima a trovare il modo di giti*care alfu

STORICI X BIOGRAFI PROFANI.

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sorto con fu dita; e che giuncando cos vinse ad Alessandro ; e che fu fglia di Venere. Che da Elena e d a Achille con altri nacque un figliuolo nelle isole de* beati , al quale per la fertilit del paese misero nome Euforione. Dell'amore di fui preso poscia Giove) e non potendolo avere, fu saett nell* isola di M elo, mentre fuggiva da lu i , e tra smut in rane le ninfe che Io avevano seppellito. Dice poi che hIcuo narrano come Efena cacciando, sul monte virginale, fu rapita da Paride , e presa dalla bellezza di lui ; lo segu come se fosse un Dio* Parla l*au!ore io appresso del cinto ricamato cbe avuto da Venerei 'Giunone diede ad Elenaf a cui l'ancella d stia nasse furtivamente lo rub, e che Venere lev a costei. Cosa intenda dire Omero parlando di Elena t
Tutte con le parole degli Argivi Imit le consorti.

Egli dice poi che Elena fu figliuola del Sole e di Leda y'ed essere stala chiamata LeonAia\ essere stata rapita per la collera di Venere presa contro Menelao, che avendo per le nozze eoo quella pro messa un*ecatombe, noa avea poi adempiuto il voto. Parla dell'erba eleoea che nasce io Rodi, e che da Elena prese il nome, essendosi trovato che nasceva presso la quercia a cut Elena si stran gol, eiba che ha la propriet che chi ne mangia vieue assolutamente eccitato alle risse. Fu Mene tao da prima amato da E len a , oude poi egli la spos; e qui lautore aggiunge narrare alcuni che ita Elena eoa Menelao a Tauride nella Scizia per cercare Oreste , fa eoa fu sposo ivi immolata a

134 CLASSE rkIMA, Diana da Ifigenia: altri per volere che d*i Teli,

fu quale avea presa la fgura di vitello marino , fosse stata levata mentre i Greci eoo le navi ri tornavano alle case furo. Dice poi raccostarsi che ad Elena fosse dato per uome proprio quello di Eco. onde potesse egregiamente imitare fu voce degli altri ; e che venisse chiamata Elena dall* es sere stato partorita da Leda in una palude. Cosi in Lacedemone trovasi un luogo detto Sandalio d^l sandalo scappato fuori di un piede ad Elena$ mentre fuggiva da Alessandro che le correva die-* troj avere Alessandro avuto da lei una figlia; ed essere nato contrasto sul nOme da drle, volendo gli che si chiamasse Alessandra v ed essa che si nominasse Elena 9 ma avere Elena vinto il puuto, essendo rimasta superiore ad Alessandro nel giuoco dei dadi. Aggiungono poi che Ecuba , preso Ilio , uccise quella figliuola. Dai tempi di Troja io poi, autore dice molte donne presero il nome di Elena s come furono, una figlia di Egisto e di C/itennestra, ammaz i ala da Oreste ; una figlia di Epl damniot ministra degli amori di Venere con Adone , e Sotto fu figura di Venere venerata dagli Epidamnii, come quella che accordava ricchezze a chi le desi derava; e. la figlia di Faustolo che allev Remo e Romolo i come pure ebbe nome Elena una che ogai giorno mangiava tre capretti; e similmeute la so rella di Dtfiearco, telesioo ; ed altre diciotto dooue, fra le quali da porsi quell Elena pi antica di Omero, la quale scrisse la guerra di Troja , e f figlia di Museo, ateniese: riputandosi che da essa Omero *prendesse lv argomeuto del suo poema, e possedesse uu agnello di due lingue, Ebbe un tal

s to b ic i z BtoosAr i pzorAvr.

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nome m anche la figlia di TWro di Etolia, la quale, provocando Achille a battersi seco in duello fui feri quasi mortalmente nella tosta, ma ne fu uccisa.' Mettesi uel uumero delle Blene anche la figlia di uu Tm one%egizio, valentissima iu pittura, fu quale col pennello rappresent la battaglia issica, succeduta al suo tempo ; e il quadro, ch'essa fece, fu da Vespasiano imperatore collocato nel tempio della Pace. Archelao, ciprio dice eh* ebbe nome Elena 1 amica del poeta Stesicoro , figlia di Micito % la * quale , quantunque da fui unicamente amata , fu abbaodoo, e pass a Bupalo ; onde Stesicoro adi rato, in disprezzo di lei scrisse un componimento intitolato s Fu Elena che volle andarsene. E qui l'autore dice essere falso il racconto che si fa di Stesicoro acciecato. Passa quindi a parlare del-* l'erba detta moli da Omero cbe vuoisi nata nel l'isola di Circe dal sangue di uu gigante ivi ucciso, e che produce un fior bianco ; narrando come Circe chiam in ajuto del combattimento il Sole che ammazz il gigante * e che a quell'erba fu dato l'accennato nome , il quale significa il combatti mento. Racconta inoltre che Dtontsio fu il bello di Chirone, e che da questo quegl'impar i mangiari, i beri, e i sactifzj. Poscia parla del Taraxippo dei Mirtilli, padre e figl io in Olimpia. Poscia che il solo Neottoiemo Maciote ud da e to % uno dei fratelli, l'oracolo di Femonoe\ e di quell' A eto lire Erodoto nel primo libro delle storie : Quan tunque me ne sia noto il nome, io per noi ri corder. Del doppio nome presso Omero, uno usato dagli Dei, l'altro dagli uomini; e di Xanto, s o lo tra i fiumi , figliuolo di Giove. Cos di altri

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CLASSI MIMA,

*ebbero nome doppio. Qufud essere ancora nella Trreoa la torre d A li , cos chiamata dal nome di A li avvelenatrce di quel paese, la quale essendo serva di C irce , scapp dalle case delfu padrona ; e ad essa essere capitato Ulisse per ucan tesimi trasmutato in cavallo, ed essere stato nutrito da lei finch per vecchiezza mor i soggiungendo lautore che da questa storia si scioglie il nodo di quelle parole d Omero che leggons nel li bro V delPOi'ma al v. i 33- E qui ba foe il libro quarto. Le cose contenute nel libro V sono le seguenti: Giasone, e oon Polluce , combatt con Amico ^ e di ci fa prova il paese detto cuspide jasonia ; e la fontana che scorre appresso,-chiamata Elena . Con ci viene anche ad intendersi ^epigramma di Crinagoraf ove dice : / cavalli di Proclo hanno la verde Psalacanta . Il che ignor Callimaco essendo un detto del eomco bulo nella commedia sopra Bacco , trat tando della paroda d quel verso, imperciocch fu psalacanta unerba dell Egitto, la quale legata addosso ai cavalli, d loro la vittoria nel corso. Lau tore aggiunge che alcuni dicono Psalacanta essere stata una ninfa nell isola Icaria, la quale innamo rata di Bacco mollo fu ajut per ottenere Arianna^ a patto che poi s giacesse anche eoa essa. Ma avendo poscia Bacco ricusato d ci fate, la ninfa tram insidie ad Arianna ; e Bacco sdegnatone tra smut quelfu ninfa io unerba. Se non che di poi peattoue, per onorarla, d quella p:anta fece uua

STORI CI B BIOGRAFI PROFANI

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cor ona ad Arianna* la quale era stata trasportala tra le stelle. Alcuni fanno quellerba simile all'artemisia ; altri la fatino simile al meliloto. Atenodoro di Eretria, dice l'autore, riferisce nel ottavo suo libro delle Cose Memorabili che Teli e Medea vennero io Tessaglia a contesa sulla bellezza ; e che chiamato ad arbitro Idomeneo , costui diede la vittoria a Teii. Che Medea sde~ goata dicesse allora: I Cretesi essere sempre men* daci ; ed avergli imprecato che mai non dicesse il vero; e nemmeno, come non fu avea detto nel sentenziare in quella contesa. Quiudi scrive essere accaduto che i Cretesi fossero riputati mendaci 4 e introduce a narrare la cosa medesima Antioco nel libro II delle Favole Civili. - Ilo , siccome narrano, padre di Laomedonte usava fregiare l'elmo con crini di cavallo, come usarono fare anche M e* nalippo , e Id e o , fgli di Priamo . I cavalli di Achille , chiamati Xanto e Balio , da prima furono giganti ; e tra giganti furono i soli cbe coatro i loro fratelli combattessero per gli Bei. Es sendo Ulisse naufragalo presso Mila di Sicilia, lo scudo % Achille and a porsi presso il sepolcro di Ajaco\ ma il giorno dopo venne colpito da un fulmine. L'autore dice che Ercole noo port la pelle del leone nemeo , ma quella di uoo dei giganti chiamato Leone 9 ucciso da Ercole per averlo sfidato a battersi seco fui ; ed aggiunge poi che quel drago, il quale custodiva i pomi d'oro , ebbe a fratello il leoae nemeo. Ito presso Omero fu di Beozia* * La moglie di Candaule , di cui Erodoto tace.il nome, fu detta Nissiaz ed avea doppia pupilla , ed actitissioto viata, per*

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ch portava indosso la pietra del drago: e per ci pot' veder Grige anche attraverso dell* uscio , quando colui stava a contemplarla. Alcuni per vogliono che si chiamasse T u do altri Clizia. Aba dice cbe si chiamava Abro. Erodoto poi ne tacque il nome, perch aveodo P!esirroo%suo bello, una mica chiamata N issia , di Alicarnasso, n riusci togli di goderne, essendone rigettato, fu la vita impiccandosi. Per ci avere Erodoto abborrito di ripetere uo nome divenuto odioso. I Centauri fuggendo da Ercole per fa Tirseuia , e ingannati dal dolce caoto delle Sirene, perirono di fame. Aldero , uno de*belli di Ercole % era fratello di Patroclo. Epipola% caristia, figlia di Traditone , fngendo dVsser uomo, milit insieme coi Greci ( ma scoperta da Palamede fu dai Greci lapidata. Nel tempo 9 io cui Alessandro rapi va Eterna, M e nelao sacrificava una ecatombe a Giove , in Gortina, citt di Creta . 'Palamede ebbe il comaodo sopra i Greci fu vece di Agamennone \ e ci fu per fu seguente ragione. Agamennone giuoto in Aulide uccise uua capra selvatica, sacra a Diana \ e per quel fatto impediti i Greci di navigare, Calcante anounzi potersi placare la Dea ed espiare il fatto, se Agamennone sacrificasse a Nettuno sua figlia Ifigenia. Or ricusando Agamennone di far ci, i Gre c i se ne sdegnarono; e gli tolsero il comando, cteando re Palamede. Lautore aggiunge che Pilot tete mor morsicato da un serpente ; e Paride fu ammazzato da Menelao che Io fer con Tasta nel femore. Dicono cbe morto Demetrio Scepsio , gli si trov sotto la testa il libro di TV/li | com'ebbe sul suo cappezzale Titanico di Calcide il poema

STOBlCI

Z BIOGRAFI VROFAKI.

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delle Sirene di Alcmatte , Efialo le ibrisfodiche di Eupolim ed Alessandro , re de'Mac edoni, l'E^nide di Cratino. Cosi faceva sempre del poema di Esiodo s ulle Opere e i Giorni, Seleuco , figliuolo di Nicatore. Cercida poi , legislatore degli Arc adi , ordin clie si ponesse nel suo s epolcro il pri mo e secondo libro della Iliade^ e Pompeo il grande non intraprendeva mai una spedizione che innanzi nou leggesse il primo libro di quel medesimo poema, essendo emulo ed imitatore di Agamen none, come Cicerone, Porator romano. stava leg gendo la Medea di Euripide nella lettiga , iu cui facevasi portare, quando fu decollato. L autore se gue ancora dicendo che Diogneto , cretese, vinci tore nel pugillato, non solamente oon ebbe fu co rona, ina dagli Eieesi fu cacciato, perch lemulo, da lui vinto ed ucciso, portava il nome d' rcole. Per i Cretesi veoeraoo quel D'ognero come un eroe. Viene poi lautore a ricordare un verso di Omero concerneote a Menelao ch'era per es* sere ferito ^ verso che il Pizio, oracolo per paro dia, applic mutando il no me di Menelao in quello di Menedemo. Impercio cch alfu tavola dell im peradore Augusto si disput qual verso fosse quello che parodiando us loracolo, e chi l'uomo h cui lo applic. Dicesi che Menedemo , eleese , figl io di Buneay insegnasse ad Ercole iLtnodo cou cui purgare ja stalla d'Augea ; e per questo devi il fume* Augea combatt coti Ercole , ed ucciso, veooe sepolto uel Le preo, vicino ad un aibeio stillante pece; e per cagiooe di tal fatto Ercole venne a duello cou Teseo \ ed essendo entrambi eguali di forze, dagli spettatori fu gridato essere F o zio t Voi. IL 9

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prim a,

Teseo un secondo rcole. Dicesi similmente che noa certa Fantasia di Memf, figliuola di 7Vicorion prima di Omero scrisse la guerra trojaua, e te avventure di Uts$e\ e depo se lopera sua in Memf i e che Omero andato col , gli riusci di farsi imprestale quellopera da Fanite%custode dei sacri archivj i e ne segu poi l ordine ne* suoi poemi. - Di Adone riferisce quanto alcuni dis sero , essere egli stato androgino , e con Venere ttver fMio da uomo, e da donna con Atwlo Si milmente che volendo Ercole vincitore ne giuo* chi olimpici rimunerare il fume Alfeo, dal nome di lui diede nome alla lettera A lf a , e la pose prima di tutte le altre. Questo scrittore atte altre sue favole aggiunge anche questa, che M os% legislatore degli Ebrei, fa chiamato Alfa* per la ragione che era tutto coperto di vitiligine , detta da i Greci alpho. Dice che Galerio Crasso, tribuno de* so ldati sotto Tiberio i mperatore , fu chiamato Beta per 1 uso eh era * s oldo fare di un'eiba chiamata Beta dai Romani. cos Orpilli , prostituta di Cizico, chiamavasi Gamma i e fu chiamato Delta queW Antenore , il quale scrisse la storia de Cretesi, per essere stato uomo buono ed amante della sua citt , poich vuoisi cbe presso i Cretesi Delta significhi b'tono . Cosi A poiionio insigne astronomo a tempi del Filopatore , fu detto Epsilon dalla figura di tal lettera che votgesi eoa la luna, intorno alla qaale egli erasi con molto studio applicato. Cos ancora Satiro , familiare di A tista rco , fu chia mato Zeta a cagione dello studio fatto da lui per investigare le cagioni delfu cose. cosi pure

S T O R IC I

B IO G R A F I P R O F A N I.

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s racconta che Esopo fu dal suo padrone tdmone, chiamal o Tela per essere d* indole servile ed astutos in greca lingua tetes s ignificando servit siccome si racconta che la madre di Cupselo fa da Apollo pitio chiamata Sarnbda per avere le ga mbe storte. In fne Dernocide riferisce che Pitagora , il quale descrisse tutti i numeri, ebbe il nome suo dalla tei za lettera. queste sono le cose conteuute ne] libro quiuto. Ecco quelle che compreode il libro VI. Che Achille fu ucciso da Ptnie$ilea\ e per le pre* ghiere di sua madre Teti richiamato in vita, uc cisa Pcntesilea , ritorn alOfCo. Che-dicendo Lieo fronte ue\ suo poema V Alessandra s
Qual la sterU Lacinia centaaricida ,

volle col nnme di centauricida significare le Si rene Che Eleno , figliuolo di Priamo, ben innato di Apo'lo ; ebbe in dono uu arco davotio, eoo cui fei Achille in una mano^ e che Priamo and a supplicare Achille per avere le ossa di E tore , accompagnato da Ecuba e da'suoi figli. Cbe Teli i sei fgli avuti da Peleo avea fatto morire so pra uu fuoco nascosto e che dando mano ad Achille con la intenzione medesima, Peleo , che se ne avvide, glie lo strapp di mano, mentre nou era stato abbruciato che in un tallone, e lo colloc presso Chirone, il quale disseppellito il co po del gigante Damiso , il pi veloce di tutti i giganti che giaceva iu Paleney e toltone il tallone, questo adatt al piede di Achille , e con empiastri vel ferm. Accadde poi che quel tallone se gli distac casse mentre Apollo gli c o rreva dietro * onde j Cr

CLASS E ? K I U ,

ci stramazzato a terra fu ucciso. Dicesi ancora che .Achille da Omero fu chiamato podarce , per ch Teli* fn da quando fu nato , gli aggiu nse fu ali d 'J rce i e podarce viene a significate quel ch^ ha le ali d'arce ai piedi. Quest* Arce era fglfu di Taurnante* e sorella d*Jr(We; ed entrambe eb bero le ali. Nella guerra degli Dei co* Titani Arce disertando dagli Dei si mise dal partito de* Titani; onde poi venne che finita la guerra con la vitto ria degli Dei, Giove la cacci nel Tartaro, toltele le ali. Essendo poi ito alle nozze di Peleo e di T eli , offri a questa in dono quelfu ali, come d i cono cbe Vulcano don a Peleo una spada ; V e nere un nappo doro su cui era scolpito Cupido, Nettuno i due cavalli , Xanto e Balio , Giunone un manto, Minerva le tibie, Nereo in una scatoletta il sale, chiamato divino, avente incredibile virt per dare appetito, e procurare la buona digestione. Onde cou ci rendest chiaro il passo d*Omero :
Di sacro sale asperse.

Poscia parla di Achille generato dalla Terra, e di tutti quelli cbe dopo i tempi trojani sotto il nome di Achille furouo illustri. Questo A ch ille , figliuolo delta T erra, accolse celia sua spelonca Giunone che fuggiva dagli abbracciamenti di Giove, e la persuase a ritornare a lui ; e segu allora fu prima congiunzione di Giunone e di Giove,. Laonde Giove promise ad Achille di fare che fossero illustri tuiti quelli che portassero il nome di lui. Per questo fu illustre VAchille figliuolo di Teti. Anche il pre cettore di Chirone si chiam Achillei onde da Cki~ ione fu dato u a tal nome al fig lio di Peleo* Si

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aggiunge che il primo che io Atene introdusse l'ostracismo, si chiam Achile, figliuolo di Lisone. Dicesi inoltre che da Giove e da Lamia nacque un A ch ile , di bell a fgura, che contendendo in bellezza, per giudizio del Dio Pane , rest vinci* tore. Per tal fatto sdegnata Venere fece che Pane s ' innamorasse di Eco, e cos fu difform che poi nessuno pot vederne la fgura, brutta ed amabile insieme. Parimente fu chiamato Achille il figliuolo di un certo G&lato che fino dal nascer suo fu canuto. Furonvi ancora altri Achilli illustri, fino al u umero di cinquantaquattro ; due de quall petulanti al pari dei can i} ed ammirati pure per opere nefande. Pri&mo, dice l'autore, divenuto il bello di Giove , da questo Dio ebbe in dono una vite d'oro ch'egli poscia regal ad Euripilo , figliuolo di Telefo per averlo soccorso in guerra . Esopo ucciso in Delfo, ricuper fu vita; e di poi milit coi Greci alle Termopili. Filottete fu nelPisola di Lenno medicato da Pilio, figliuolo di Vulcano, ed in contraccambio fu da fui ammaestrato neU Parte di tirar Parco. Si dice che il fume Sca+ mandro ebbe un figliuolo di nme M e lo , bello di fgura, pel quale vennero a contesa tra loro Giunone, Pallade e Venere , delfu quale egli era sacerdote: cbe Paride, fettone giudice, decise per Venere i e che da quelfu storia nacque poi la fa vola del pomo conteso Ipermene nel suo rac conto di Chio riferisco cbe Omero ebbe un servo di nome Scindapso, il quale fu multato dai Chii da una somma di mille dramme per non avere ab bruciato il cadavere del suo padrone. Quegli per che invent l ' istromento lirico detto scio

>34 c la sse rmiM , A dapso, fu Eretrio* figliuolo di Fecile9 sonatore di tibia. Qui termioa il libro sesto. Nel libro VII tratta delle seguenti cose. Teo doro di Samotracia racconta che quando Giove fu osto, rise per sette giorni continui ^ e che da ci riputassi perfetto il numero settenario. Achille per essere stato salvato dal fuoco, quando sua madre lo abbruciava , ebbe da principio il nome di Pirissoo, come appunto salvato dal fuoco. Perch poi gli si era abbruciato un labbro , il padie fu chiam AchileLe Sirene, quando intesero che Telemaco era figliuolo di O lisse , lo O mmazsaro iT . Ulisse uella Tirreuia gareg gi nel suono delta tih*a e rimase vincitore. Cant poi il poema di Demodoco sulla ruioa di Troja. Schto , etolo , uno de* belli d* Ercole , es sendo stato aperto , si trov avere il cuore tutto coperto d peli. Egli era staio ucciso da Ercole% qua odo eotrato in furore ammaxz anche i suoi fgli $ e si aggiunge eh* egli in vita sua pianse soltanto per quel giovane. Mercurio innamorato di Polluce , uno dei gemelli, gli don un cavallo lessa lo, Quando Apollo fece i giuochi funebri per Pitone, vennero gareggiando Ira loro Mercurio e Penerei e rimasta vincitrice Venere ebbe per premio una cetra, ch*essa poi regal p Paridei della quale fece menzione Omero in que* versi s N a te giov la eetra9 con ci che segue. L*antore cerca cosa significhi ci che in B ac ehilde riferisce detto da Sileno* e a chi fosse indirizzate quel carme. Lo scoglio di Leucade, secondo ch'egli dice, fu cosi chiamato da Ltuco * uno de* compagni di Ulisse9 il quale era di Z a

STORICI z SlOCKAFl PROPANI. *55 cinto, e fu, come racconta Omero, ammazzato da Antifo . Si aggiunge che questo Leuco dedic il tempio col ad A poV o , leucade i cbe quelli cbe si gettauo gi di quel sasso, si liberano dall* anore; ed ecco la ragione che se ue adduce. U c ciso cbe fu Adone , narrasi cbe Venere si pose in cammino, e lo andasse cercando ^ e che trova tone il cadavere in Argi, citt di Cipro, nel tempio di ApoUo E ritreo, fu trasport, seco avendo a lungo favellato cou Apollo dell'amore di Adone. Giunta poi con quel cadaveie alfu scoglio di L e u cade, ordin d'esserue precipitata gi j e che per quel salto in fatti essa fu liberata dal caldo amo roso ond* era presa. Ed avendo essa domandato ad Apollo come ci fosse, dicesi quel Dio averle risposto cbe essendo vate avea saputo che anche Giove ostinatamente innamorato di Giunone era ito b quello scoglio* e che intrattenendosi col, avea sentito mitigarsi Tardor violeuto che fu striugeva; e che molti e molti, s uomini che donne, ardenti d'amore, gittaudosi gi da quello scoglio, n crauo ri masti liberi. Cos accadde anche ad Artemisia , figlia di Ligdami, , la quale milit coi Persi ani * imperciocch innamorata di Dardanos abideuo, avendola costui disprezzata, essa l ovaiolo dormire, gli cav gli occhi. Ma per lo sdegno che di tal fatto ebbero gli Dei cresceudo ognor pi Tamore, cos consigliata dalToracolo and a Leucade, si gitt gi di quel sasso, e rimastane morta, fit ivi seppellita. Cos pure accadde ad Ippomedonte epidamnio, il quale erasi innamorato d uo giovanetto di quel paese * e che rigettato da fui che ad altri si dava, fu uccise Ito adunque anchegli a Leucade, fece

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CLASSE PETMt ,

t salto, e peri. Meglio per avvenne a Nicostrato* comico, innamorato di Tettigedea mirrinea, il quale precipitatosi dall'altura di Leucade risan. R ac contasi poi che Maceta di Butroto fu sopranno minato Lemopetra per questo, che quattro v o lte precipitatosi da quello scoglio, quattro volte guar i dell amore che fu tormentava. Altri ancora diconsi avere avuta simile ventura. Ma Balogora Farag oriie, perduta amante di Diodoro, aulete , prec ipi tatati di l , vecchia com 'era, per. Perl pure ia questa maniera Rodope amissena, che volle fare quel salto, innamorata di due gemelli delle guar die del re Antioco, i quali aveano nome, uno Ciro, l'altro Anti/onte. Anche a Carino, scrittore di giambi, che furentemente amava un certo eunuco Erotat coppiere eWBupatore* credendo alla favola di quello scoglio, ebbe tristo fine, perch, precipi tatosi di 1*, si ruppe una coscia ; e mentre pel do lore era presso a morte, fece questi versi :

Il mar subbissiti fallace , iniqua Pietra di Leu cade ! Ahi l ahi ! Catino , Poeta giambico* con tue lusinghe, Con le tue favole troppo tradisti. Tale fin abbiasi, se per Erota Un d sia tenero anche Eupatore.
Non fu cosi di Nereo di Catania, innamoratosi d r Atenaide, che precipitatosi di l fu liberato dalla passione che il molestava; il quale and a cadere entro la rete di un pescatore, e ne fu estratto con una cassetta piena d'oro, a conto della quale vnoe poi con quel ,pescatore io contesa. Ma apparsogli in sogno A p o llo , gravemente fu minacci se liti*

STOBlCI Z BtO G M Ft ftOKANl.

gasse ; avvisandolo che dovea essere grato se era scioltQ da 11'amore che fu tormentava ; e non aspi rare all oro altrui. Passa poi fautore a dire che Pana un pesce' di mare, grande come una balena , e nella fgura non dissimile da un pane. In questo pesce trovarsi una pietra chiamata asserite, la quale esposta al sole di ceti che s* infiammi, e che valga per fltro; e perci una averne posseduta Elena , su cui era scolpila la fgura del pesce Pana ; e della quale anche servivasi per suggello---- Questi sono i capi' del libro settimo delfu Nuova Storia di Tolomeo Efestione.

ZOSIMO

CONTE

Ltsax vi ni SToaiz.

Fu conte ed avvocato del F isco ; e com*er a C*9& seguace delPempia religione dei Pagani, in parec chi luoghi spesso latra contro gli uomini pii. D altronde breve, chiaro e puro nella sua dicitura; n senza grazia di stile. Incominciando la sua storia, direi quasi, da Augusto, e parlando di tutti gl* imperatori sino a Diocleziano, poco pi dessi fa che una semplice nomenclatura, e 1* indicazione dell* ordine con cui si succedettero. Pi largo parlando di quelli che vennero dopo Diocleziano ; e quaoto ad essi appartiene da lui trattato nei cinque libri susseguenti il primo, in cui appunto parla di quanti precedettero Diocleziano. 1 sesto 1 termina coi tem pi, in cui Alarico assedi la se* cooda volto Roma3 e se ne ritir ridotti gli abi*

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CLtSSZ PRIMA,

tanti di quella citt al Tal luna miseria, e dato lo r o ad imperadore Aitalo che poscia lev di tro no, co m e uomo il quale gli parve mal goveroare lo S tat o che gli avea dato; e lo mand ad Onorio *u g u sto. il quale allora risedeva in Raven na, onde ^ e goziasse uo trattato, di cui si era gi fatta fpe.rtura. Asaro , (o Savo) . goto anch'egli, che avea mali umori verso A la rico, unitosi eoo treceolo nomini, ai quali comandava, al partito $*Onoriot a questo imperatore prometteva lega nella: guerra, e imped ad Alqrioo, di mandare ad effetto i dise gni che meditava. Con ci Zosimo d fine al sesto libro dalle Sue storie. Dir poi qualcheduno ch'egli non iscrisse una storia sua propria, ma che compil quella di Eu* napiOf ia ci solamente differente, si per ia bre* vit che tiene, s per noo ingiuriare, come fa lal tro, Stilicone* Ma uel ri mane te si cou forma ad Eunapio uel dir male de*pii imperatori. Io peoso poi che anche Zosimo, al pari d 'Eunapio* facesse due edizioni delfu sua opera, bench pur non m*abba veduta la prima ; e fu eougetturo dal ve* dere questa intitolata editione nuova. Ma Zosimo piano, e pi breve di Eunapio , siccome disti e di rado assai usa modi figurati.

CLASSE SECONDA
romanzieri

ACHILLE TAZIO
usai vm D iu s avven tu re ai a 01 CLiToroN Tt
lzu cippz

- questa opera drammatica, esponente certi C- 87 amori intempestivi. Achille Tazio mostrasi scrit tore eccellente s nella dicitura co me nella compo aizioue . pieno esseodo di perspicuit , e bene usando all* uopo j traslati. Coti souo ben piantati e chiari i suoi periodi, e sommamente dilettevoli, cou c e rta consonanza lusingando fu orecchie. Ma oscenissime e troppo impure.sono fu cose che ri ferisce , dalle pi serie traeudo tali sen si 9 che obbliga chi volesse leggerlo ad abbandonarlo con abbomioio. Eccettuati poi i nomi delfu persone e quella sua detestabile oscenit, uelt apparato e nei racconti molto si assomiglia al dramma di E iio doro (1).

(1) Veggasi questo pi avanti.

CtASSZ SECOKSA ,

ANTONIO DIOGENE
DCLIK cosa
INCBEDIBIU ItlBBI

tPZLt'lSOL* TULZ ,

X X IV

Quest* opera scrtta drammaticamente , e fu dizione n* cos chiara , cosi pura , che non v* a desiderare perspicuit. Diletto assaissimo poi rec a col giro che d alle sue narrazioni; e quando a raccontar favole , ed apre funanzi al Ieggitor suo una selva di ragguagli incredibili, lo fa con tal garbo e rende cos verisimili fu cose che dice, che nulla pi. Egli introduce a parlare un certo Dima , come la storia richiedeva, insieme con suo figlio D & mocare. Profughi entrambi dal loro paese , iti pel Ponto , al Mar-Caspio e Ircano , di II andarono ai monti chiamati Rifei. Aveano prima vedute le bocche del T a o a i, e stretti dai grandi rigori del freddo, voltisi alloceano scitico, e di l oUorientale giunsero alle parti del sol levaste ; sicch , fatto uua specie di circolo, girarono intorno al mare esterno per lungo tempo e con varj divagamenti. In questi trovarono compagni Carmane, Menisco ed Attili, e finalmente si trassero allusola T u ie , come luogo di riposo. In quell*isola Dima * fece pratfua con certa Dercillide , donna di razta tiriotta e d* illustre famiglia , la quale stava col con un suo fratello di nome Manma . Con versando dunque Dinia con essolei , ud le loro ro manzesche vicende e i mali che loro avea csgin-

lO M I K Z I Z f tl.

l4 l

nati uo certo Paastio, ( i) sacerdote egiziano. Per le devastazioni che fu sua patria avea sofferte, costui erasi rifuggito a Tiro , ed avea trovato ospitale asilo presso i genitori di Mantinia e Der cillide . Da principio costui erasi dimostrato grato a tutti del beoe che oe riceveva, ina poi avea fi nito con far la rovina di tutto fu famiglia. Dercillide racconta c ome col fratello, dopo quel disa stro, fosse condotta a Rodi , e di l per errore trasportata in Creta , poi al paese dei Tirreni , e di nuovo ritornato indietro, andasse ai popoli detti C im m eri, presso i qu ali le accadde di vedere F fuferoo , e d* imparare a coooscere molte cose cbe sooo presso i medesimi, sotto il magistero di Mirto , sua antica accompagnatrice , la quale era gi morta tempo iuuaozi, e morta istruiva la sua padrona. Queste cose incorxtiueia Dirtia a oarrare ad un Certo Cimba , arcade di nazione , che gli Arcadi aveano maadato ambasciadore a Tiro , invitando esso Dinia a recarsi alla patria, cbe era appunto lArcadi a. Ma poich et decrepita gl* impediva ornai il viaggio , qui si fnge che racconti .tanto fu cose che negli errori suoi avea vedute egli me desimo, quanto q uelle che udito avea vedute da altri, e specialmente fu raccontategli da Dercillide io T u ie ; e specialmente come ritornata essa dal l inferno, e 3se adosi gi separata dal fratello , fosse (O In progresso di questo articolo Fozio non fu nomina pi Paastio* ma Paapi; di che non saprebbe* indovinare la ragione, lo continuer a nominarlo Paaaio , bastando che siati notata la variazione.

l4?

C LASSE StCOKDA,

cou CerHo ed streo pervenuta al sepolcro delfu Sirena; e quanto essa da streo avea ioteso intorno a Pitagora e Mnc$arco\ e quaoto avea streo udito da Ftiotidei e quanto concerneva uno spettro ed una visione affatto favolosa che riguardava i suoi fratelli. A queste cose aggiungeti ci che DercitItde , ritornando a suoi errori, raccont ancora, come in Ibetia capit in una citt i di cui abitanti di ootte vedevano, e di giorno erano ciechi, e le cose che ivi streo , forza di suonare la tibia , fece ai nemici di quella citt , sicch poi dagli abitanti della medesima furono beoignameote con gedati ; come passarono a*Celti , gente immaoe e stolida, da cui con Pajuto di cavalli scamparono ; e qui nuove maraviglie accennava . prodotte dal cambiar di colore che i loro cavalli facevano. D l penetrarono nel paese degli Aquilani , presso i quali assaissimi onori ottennero DerciUide e Ctrit/o, e pi ancora streo, il quale eoo ingraodire ed impiccolire i suoi occhi, mostrava le varie fasi della luna; e che inoltre giunse a far cessale i contrasti nati fra due re del paese, contendenti tra loro del priocipato , i quali in conformit di tati fasi della luna succedevano a vicenda oel co mando, E per siffatte cose streo si rendette caro e ben accetto a quel popolo. Dima racconta piire che Dercillide vide e sof fri moke altre cose , e singolarmente che giunse presso gli Art abri (i), ove faono guerra fu donne, e gli uomini badano alfu faccende domestiche e si ii) Questi erano abitanti presso H Capo ora chia mato di Finititrra.

tOMKZ l l M .

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occupano delle cose donnesche. E parimente dice quanto presso gli Asturi a lei e a Cerato accadde, e quanto iu sua specialit accadde ad streo ; e come contro ogni speranza scampati essendo Ce ri/fu e Dercilide dai molti pericoli dei quali presso gli Asturi furono minacciati , Ceri Ho per non iscamp dalla pena che per un*<antica sua malva g it avea meritata; perciocch* sebbene inaspetta tamente fosse rimasto salvo dai mali che allora gli sovrastavano , fini poi scarnificai . DerclUide riferisce ancora ci eh* essa vide scorrendo per l'Italia e fu Sicilia; come in Elice, citt de lia Si cilia , fu presa e condotta innanzi a Senisidemo , cbe allor* comaudava ai Leoatiai , ove s*iocouti di bel nuovo ia quello scelleratissimo Paastio * vivente presso Sentsiderno; ed inaspettatamente, a conforto de* suoi g u a i, trov Mantinia , suo fra tello, il quale, balzato dalla fortuna da uoo in altro luogo , ebbe a raccontare alla sorella mille v a r i e ed H c r e d i b i l i cose d*uomini e d altri v i venti , e del sole , dtdla luna , e delle piante , e d sole vedute * con che prest copiosa materia di , favole, che Dina di poi ordinatamente vien uairando all* arcade Cimba. Aggiuoge poscia come Mantinia e Dercitide, tolta a Paastio la bisaccia co* suoi libri e eoa una cassettina di erbe, dalla citt de* Leontini passarono a Reggio , e di l a Metopooto , ove raggiunti da streo , seppero da lui come Paastio gl inseguiva; per lo che essi andarono con streo nella T ra c ia , e poscia recandoti egli presso i Massfigeti al suo compagno Zamolxi, gli sodarono dietro. E qui detto quello che streo i u quel

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CLASSE S ECONDA ,

viaggio v id e , e come s* iocootr io 2jtimolxi, fin d* allora venerato presso i Geli cqme un Dio ; e quello che Dercillide e Maniini a vollero che streo domandasse per essi ; e come ebbero dall* oracolo essere destioato dal cielo eh*essi aodassero nel l isola di Tuie, e dovere poi io fue ritoruare alfu patria , ma prim$ avere a passare per molte tribolaziooi , e specialmente pagare la pena della a furo empiet verso i genitori, quantunque li aves sero abbandooati contro furo voglia ; e la pena dovea consistere in vivere e morire alteroativameute, cio vivrebbero la notte, e nel giorno sa rebbero morti. Dinia riferisce come, avuto questo vaticinio, partirono di l , lasciato aveudo streo con Zamolxi in somma venerazione presso i Geli; ed espone quauto , cammin facendo verso Borea , di maraviglioso e videro ed udirooo. Queste cose, che Dlnia avea io tese da Dercillide in Tuie, egli segue ora a raccontare a Cimba. Ma Paastio , inseguendo Dercillide * giunse in Tuie auch e g li, e eoo 1 arte sua magica fece che alternativamente morissero, meutre poi sull* im brunir della sera toroavano iu vita ; il che ope rava egli col solo sputare ad essi in faccia pub blicamente. Ma un eerto Tuscanos nativo di Tuie, amoroso di Dercillide, vedendola per le male arti di Pausilo soggetta a s grave incomodo, tanto dolore ue concep, c h e , assaltando improvvisa mente colui, ammazz a colpi di spada. Questo u il fue de mali di que9 Tiriotti. Ma Tuscano , vedendo Dercillide giacersi come morta, si am mass di propria maoou Tutte queste ed altre cose simili, come la furo

XOMAHZlZRt*

l4 5

Sepoltura e il loro ritorno dalla tomba , gli amori di Mantinia f e quauto per questi accadde loro, e molto altre particolarit della stessa specie , che Dinia avea udite neU'isola di Tuie da Dercillide, vieo qui raccontando a Cimba ; e qui finisce il veotesimoterzo libro delPopeia di Antonio Diogene* intitolata Delle cose incredibili di Tuie, della quale isola quasi niente , o poco si parla. Nel ventosimoquarto libro s'induce A iuti a rac contare le avventure sue, che Dinia poi aggiunge riferendole a Cimba. Ivi narrasi come Azuli co nobbe la natura de* prestigi , de*quali Paastio si serviva a danno di Dercillide e di Mantinia , fa* cendo che di notte si vedessero v i v i, e morti di giorno ; e come ne li liber , imparandone il se- greto dal libro che era nella bisaccia di colui , portatagli via da Mantinia e da Dercillide. N in quel libro trov egli soltanto il secreto di questo, ma il modo aneora di liberare i furo genitori , che Paastio teneva io tramorti mento. Nel quale stato, per violeuto comando di Paastio, come cosa di loro grave danuo , eglino medesimi i furo due figliuoli li aveano gettati da lungo tempo. Di poi s* aggiunge che que*due giovani rifornaronsl alfu patria per richiamare a vita e sanit i loro genitori. Frattanto Dinia, ius ieme con Carmane e M i niseo, divisosi da essi. A z u li, and oltre T u ie ; e qui si pene a raccontare a Cimba le incredibili' cose cbe io questi suoi nuovi errori egli vide , dicendo di avere osservato quelle cose che gli studiosi degli astri sogliono insegnare. Cio potere alcuni abi tare sotto il polo artico, e trovarsi ivi la notte di Fozio, Voi. l i . jo

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c la sse seconda ,

uo mese , ed altra ora pi breve ed ora pi lunga, fno a comprenderne sei , e durare anche un anno. Non la notte sola poi tanto prolungarsi* ma il giorno p u r e , il quale col corrisponde proporzionatamente alle notti. Queste ed altre si mili cose annunzia , ed avervi trovali uomini e cose parecchie che nessun mortale n vide mai , n ud, n fgurossi mai in sua mente. Ma quello che sopra lutto superiore ad ogui credenza , si ch e, andati verso Borea , ed avvicinatisi alfu funa^ la videro essere una purissima terra, ed ivi poterono scorgere cose che solamente pu scor gere chi s< strana favola immagina. N qui fini sce , ch racconta ancora da Carmane fu Sibilla avere imparata l'arte del vaticinare * ed ognuno poi aver veduto i voli e le preci sue , e tulli i suoi desiderj traili a compimento, sicch, sve gliatosi dal sonno, Dinia dice essersi trovalo nel tempio d'rcole in Tiro , e ricongiunto a DercilUde e a Mantinia, che ivi erano anchessi; e come tanto altre belle cose, anche questa intervenne, che i genitori di que due giovani furono felice mente richiamali da quel letargo, o piuttosto da quella morte in cui erano assorti , e nel rima nente vissero vita per ogni verso beala. Tulle queste favole Dinia narr a Cimba , e messe fuori alcune tavolette di cipresso, volle che le scrivesse E rasinide, ateniese , compagno di Cimba , e sapulo iu lettore. Fece poi loro cono scere Dercillide , la quale era quella cbe sommittislr le tavolette accennale, ed iocaric Cimba fare della storia sua due esemplari, uno de*quali riterrebbesi egli medesimo que\YErasinide^ e Tal-

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tro Dercillide riporrebbe* chiuso io una cassetta, sei sepolcro di lui ('Dinia J quando fosse morto. Or questo Antonio Diogene, il quale induce Dinia a raccontare a Cimba tante favole prodi giose , dice a jFaustino scrivere le Cose incredi bili che erano oltre Tuie , e le dedica a sua so sella Isidora , donna dilettatesi di lettere. Si professa egli poi poeta delfu commedia antica^ ed aggiunge che quantunque abbia fnte tutte questo cose false ed incredibili, di esse per tiene testi moni antichissimi , dagli scritti de* quali egli fu ha con assai fatica raccolte e compilate. Perci in ciascheduno di questi suoi libri nomioa gli autori che dianzi le 'aveano messe in iscritto^ onde veggasi che anche le cose iocredibili hanoo il furo autorevole appoggio. La lettera a sua sorella Isidora sta in principio delPopera, nella quale, meotre por dedica t'opera alla medesima, introduce uu certo Seiagro a seri* vere a sua moglie, di nome Fila, figliuola di Antipatro ; e fa che raccooti come nel tempo che Alessandro. re de* Macedoni , prese Tiro e quella citt fu data alle fiamme , un soldato preseotossi ad Alessandro , diceodogli aver egli a partecipar gli cosa straoa e non immagioabile, eTquesta de goa veramente d* esser veduta , e trovarsi fuori della citt. Laonde Alessandro, presi seco Efestione e Parmentone, segueodo il soldato, si trasse a certi sepolcri di pietra sotterrauei , sopra uuo dei quali era Piscriziooe : l i s i l l a v i s s e x x x i AWKij so pra un altro era: m s u s o k e f i g l i o ni m n t i x i a v i s s e s i t k x l x v i t .poi l x x i j sopra un altro leggevasi ;
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il sesto : n i N i A r c a d e v i s s e a n n i c a X X V Mentre tutti erano maravigliali di queste iscrizioni , fuor che della prima, che nulla avea di singolare ed era chiarissima , s' imbatte rono a vedere nella parete uoa cassetta di cipresso, avente per iscrizione! Forestiere* qualunque tu sia % a p r i* ed apprendi di che stupire. Fu duuque dai c ompagni di Alessandro aperta la cassetta , e vi si trovarono fu tavolette di cipresso che , come manifesto, Dercillide* secondo gli ordini di Dinia* v'avea riposte. Cos l'autore introduce Beiagro a scrivere alla moglie nel tempo che le trasmetteva uoa copia''di quelle tavolette. quindi poi sapre ladito a riportarne il tenore , che appunto quauto accennammo essersi da Dinia raccontato a Cimba. * Tale si adunque, ed iu tal modo c omposta la finzione di cotesto Antonio Diogene* pare cbe egli sia stalo il primo di quelli che diletlaronsi di siffatto genere di scritture, come sono Luciano* Lucio , Jamblico , Achille Tazio % Eliodoro e Damaselo ; perciocch facile com prendere cbe delle Narrazioni vere di Luciano* e delle Trasformazioni di Lucio, quest'opera di cui abbiamo parlato il fonte primo e la naturale radice. Anzi vedesi apertamente che quanto fu scritto di Simonide e Rodane * di Leuctppe e C/ilo fo n te , di Cariclea e Teagene* e de'furo fnti fatti , errori, amori , rapimenti e pericoli * tutti sono ideati sull*esempio di Dercillide * di Ceritlo, di T i use ano , di Dinia,
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In che tempo poi questo atttor favofuso , Antonio Diogene , vivesse, non posso accertatamente affermarlo. Congetturo per che non foriss* egli molto tempo dopo Alessandro il Grande. Egli fa menzione di certo Antifone, pi aulico di lui , il quale dice avere scritto cose delfu stesso genere. Da questi per e da altri racconti simili pu trarsi, per due rispetti , oon mediocre vantaggio. Primieramente quindi s* impara cbe chi commise alcuna ingiusta azione , sebbene assai spesso veggasi sfuggirne il castigo , infue per meritamente fu incontra. In secondo luogo si vede che quan* tuoque molti innocenti sieno talora prossimi a roina , pure spessissimo oltre ogoi speranza ri mangano salvi (i). <i) Fozio prudentemente trae da questi romanzi una conclusione morate. Ma io avrei detiderato che fosse penetrato pi addentro ne* secreti che possono nascondersi sotto il velo di questi favoleggiamenti anti chi. Non vi potrebbero essere tradizioni antichissime di veriU che col tempo si smarrirono perch da chi non ne intendeva la sostanza mascherato eoa aggiunte assurde e capricciose? Non vi potrebbero essere sottili ironie di opinioni sostenute dai tanti ciarlatani che I Greci da noi creduti a si buon mercato illuminati e sapienti) chiamarono s spesso filosofi Molte cose po trebbero esservi sulle quali infingardamente noi pas siamo come colui che sulla terra che calca non vede che ciottoli e cattiva erba , intanto che a due palmi sotto s asconde un tesoro. poi curiosa cosa veder Fozio darsi tanta pena nell estratto di questo libro, quando il veggiamo andare ristrettissimo sopra molti di grave argomento.

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classi

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ELIODORO
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Questa aoch* essa uo'opera drammatica, scritta col fraseggiamento che coovieoe a tale materia. Molta semplicit vi s'incontra, e molta giocondit, senza affettasione Verona. la uarrzfune con giunta con affetti destati dalle cose in parto p re senti , in parte sperate o non isperate, facendosi spessissimo saltar fuori in mezzo alle calamit la salvezza cootro ogni aspettazione. Anche le parole che vi si adoperano , sono significanti e pure, fu quali, se di tratto iu tratto declinano a seoso fi gurato, non perci sooo esse meno chiare, n meno evidentemente presentano le idee propostesi dalFautore. Auche i periodi souo proporzionati alla materia esposta, veggendovisi e brevi e strin gati. Io fine la cpmposizione, siccome tutte le al tre cose, ben adattata alle uarrazione, uella quale si riferisce l'amor di un uomo e di una donna; ma tale cbe vi si vede desiderio di castit, e cura di custodirla. Diedero all'autore l'argomento di questo dramma Teagene e Caricea% casti e pudici amorosi, i quali vagarono balzati qua e l ; e pi volte caduti schiavi sempre serbaronsi la fede conjugale. D'essi adunque si racconta quanto patirono, e quanto ope rarono. Eccone il compendio. Ad.una festa degli Ateniesi, nella *quale Cari idea era la sacerdotessa , Teagene si metto uella gara del corso Al vedersi i due giovani vice-

r o m an zier i.

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devolmente s innamorarono ; e Cariclea, cos punta nel cuore, non a suo malgrado viene rapila dalla casa di Caricle, riputato suo padre. Teagene quegli che cou Pajuto di Catasiride l ha rapito. Navigarono a Zi acinto ed ivi approdarono. Il ca pitano della oave s* innamora di Cariclea e Ce; las iride fa una fnta promessa di matrimonio. Viene Cariclea accolta ospitalmente si lido da un pescatore, il quale d avviso che uti certo Tra chinio, capo di ladroni, medila di rapirla. Qttidi Calasi ride e Cariclea preodooo fu fuga 3 il Trachi nio gl* insegue , preda la oave, su cui eraoof s'in namora di .Cariclea, e questa fnge di volerlo spo sare. Querele di Teagene che si dichiara fratello, e di Cala siride che si fa credere padre 1 entrambi i . * quali ottengono 1 intento. Alzasi intanto grave tempesta di mare; schivano il naufragio, e appro dano a certa spiaggia di Egitto. Il Trachinio per ritorna al pensiero delfu nozze. Calasiride , fnto padre, gli promette l'assenso, e fu inganna al m o. mento cb*era gi pronto il convito nuziale Vieti fuori un altro amoroso, di nome -Peloride f a cui d eccitamento Calasiride $ e gran contrasto nasce tra questo Peloride e il Trachinio sopra Cariclea. Quindi si viene alle titani, e succede una graude strage fra que* ladroni, aizzala da Cariclea mede sima. Ma essa fa gran pianto sopra Teagene > ri masto ferito. I nostri amanti s* imbattono *n altri ladroui che colpiti dall* aspetto =di Cariclea la ra piscono insieme con Teagenet e li conducono'a Ttami. Costui era il capo de* ladroni Bucoli^ che cosi chiamavaust coloro che dominavano nel* risola. Anche costui s* innamora di Cariclea, a

sfcontx,

Teagene si dice fratello di lei. Si assalta i B tipoli, succede un zuffa , e si fa strage di coloro* Ffiggono Tiam i, Ermuli , Cnemone e Teagene. Cariclea futaoto condotta in una caverna per sua sicurezta, alla bocca della quale giacendo morta Tisbe* Teagene cbe la crede Cariclea preso da immenso dolore da cui poscia il trae la voce di Cariclea che dal fondo della caverna fu chiamava. Pensieri fatti sulla morte di Tisbe* e gran pianto per essi di Ermuti. Andata di Cnemone e di Er~ muti } e fatti di Cariclea e di Teagene. Cnemone separatosi da Ermuii va incontro a Calasiride ; e si raccontano a vicenda le loro avveoture. Cnemone parla molto di Tisbe, e delfu madrigna Dernenete* deU'esiglio a voti dati coi cocci , e daltre cose funeste; Calasiride parla di Cariclea di Cariclea, e di Teagene \ e piangono insieme sulle loro dis grazie. Cnemone iofne d la lieta nuova che 7Vagene e Cariclea sono vivi, e che anchegli stato eoo essi nelle mani di Tiami. Nausicle poi in casa del quale Calasiride alloggiava, presente Cariclea sotto il nome di Tisbe : cosa che mette io .p e r turbazione Cnemone che sapeva Tisbe essere gi morta. Ma poscia vedendo Cariclea si d allalle grezza. Ricerche di Teagene, nozse di Cnemone e di Nausiclea\ e viaggio di Calasiride con Ca~ ricleas e come ritrovino Teagene. Incontro di una vecchia, la quale piangeva il figlio morto in guerra, e oe consultava il cadavero con magie e super stizioni, presenti Calasiride e Cariclea. La vecchia eoo terribili riti interroga di nuovo il cadavere per sapere se uo altro suo figliuolo fosse v iv o ; e il norto grida male alfu madre per fu vfulenaa, e

ro m anzieri.

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P arti illecite che usava ; e le predice che l'altro figliuolo sar ucciso aoch e g li, ma prima morr essa medesima per avere fatta ingiuria al morto. Morte consecutiva della vecchia, avvenuta per un troncone d'asta. Tiami e Teagene con la banda rimasta de* la droni andava a Menf, citt d'Egitto, per riven dicare il sacerdotio che occupato ne avea Petotiri, fratello minore di Tiami. Gran tumulto si eccita per questo nella citt; rsace che ivi era, ordina che si soprasseda da ogni guerreggiamento, e che i due fratelli decidano in duello tra loro, e sia il sacerdozio di chi rimarr vittorioso, i due fratelli si battono, con mala voglia di Petosiri, come poco pratico del Panneggia re, quando all'opposto Tiami n'era peritissimo. Costui adunque obbliga Petositi a voltare le spalle, e a sottrarsi dal combattimento gittate vie fu armi- Tiami oon di meno fu insegue, e fanno pi volte correndo il giro all'intorno delfu citt. Teagene va dietro a Tiami9 di cui, vedutolo, s* iooamora Arsace, moglie di Oroondate. Soprag* giungono Calasiride e Cariclea \ e Calasiride ve* duto cbe eraoo per amazzarsi i suoi figli, tali es sendo Tiam i e Petosiris corre, grida, e a stento pu impedire la strage, poich que*giovani appena conoscevano il lor genitore. Cariclea ivi s'imbatte in Teagene \ i due fratelli depoogono fu armi; il padre conferisce a Tiami il sacerdozio, e poscia muore. Ecco intanto che rsace insidia Teagene e Cariclea. Essa ha a* suoi servigi iu tutto prontissima Cihele, sua sorella ; questa chiama entrambi ia casa *rsace t amor furioso di fui per Teagene

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CLASSt SE COITO A ,

macchinazioni inique che usa , e lusinghe, e se duzioni d'ogni genere. Aggiunge il maligno pen siero di dare a Cariclea un nappo avvelenato ; Cariclea si salva; e Ctbele si ammazza. Tormenti e miserie di Teagene e di Cariclea per quel lamore di rsace. Cariclea viene coudannata ad essere abbruciata ; ma Pantarbe eoa l'ajuto di una pietra estingue il fuoco. Cos pel momento C ari riclea scamp dal supplizio. Furibonda Arsace macchina fu morte di Cariclea nel di susseguente Oroondate, marito di Arsace, manda l'eunuco Bagoa, onde prendere seco di notte que* due giova netti. Cos era stato comandato dopo che il figlio di Cibelet deluso dalla speranza di sposare Cari elea i avea significato al suo padrone quanto A r sace era* disposta a fare. Una irruzione* improvvisa di Etiopi succede intanto, i quali rapiscono Teagene e Carichat e qui narrasi come entrambi furono condotti ad Idaspe* re degli Etiopi, e come Teagene fu de stinato per vittima al Do S o le , e Carielea alfu Luna. Giuochi e sacrifzj si fanno, alle quali cose intervengono e Sisimitro* capo de'Gimnosofsti con la turba d e 'su o i, e Pesina , moglie del re. Ca* riclea domanda di potersi difendere alla presenza del re Idaspe. La causa si tratta in fatti, e per sentenza di Sisirnitro, corroborata da testimoni che rimanevano , vieti dichiarato che Cariclea figlia d'Idaspe e di Pesina Noo per questo per Idaspe rimane persuaso, e si dispone a sacrificare i due giovani alle fuggi e ai costumi del pnese. Ma vi si oppone il popolo. Di questo maniera Cariclea mandata via libera, e tutti godono di

BOMATfZlERI,

l5 S

questa sua avventura. Se oou che in altro guai cade, perch si vuole s a c r i f i c a t o Teagene che gi bello e legato si conduce vittima all ara. Molte preci si fanno, e da molti al r e , ma egli fermo i non voler liberare Teagene, e lasciarlo ir salvo. Cariclea per trovar piet fa a sua madre i l racconto di tutte te avventure occorse a s e a Teagene : Teagene intanto abbatte un fiero toro* eoo esso gagliardamente combattendo , il che d gran piacere al popolo. Di pi venuto a prova con uu Etiope che pareva uo gigante, vince que* sto i e la vittoria gli merita gli applausi del po polo. Ma ad onta di tali sue bravure, inghirlan dato vien condotto allara , onde cadervi a* piedi Vittima. Caride intanto da Ateoe capitato col, e trovandosi spettatore di quanto si esposto, si fa innanzi al re, e chiede che gli sia data la fanciulla, da lui creduta sua figlia. Promette il re di dar* gliela, se la trovasse. Ma Cride oon la trovava t ben mise egli le mani addosso a Teagene, gri dando questi essere colui quegli che gli avea ra pita la figlia in Atene. Finisce la cosa col dichia rarsi salvo Teagene, e sentenziando Sisimtlro che d'allor* io poi nessun uomo fosse sacrificato ; il che mise io grande allegrezza tutti; e che Tea gene e Cariclea^ dopo taote avventore sofferto, e tanti pericoli incontrati si sposassero. Quindi avendo essfe dalla madre, Teagene dal suocero ot tenuti gli ouori del sacerdozio, e celebrati i sacri riti, festosamente si uniscono io conjugal nodo. Eliodoro che scrisse questa storia , fu figli uolo di un Teodosio, fenicio di uazione , e di patria am>deuoj e dicesi che in appresso fosse fatto vescovo.

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questa ua'acione fnta , rappresentante amori* Ma quantunque fautore sia pi onesto di A chille TVzsio, viene scoprendo i secreti de* furti assai pi sfacciatamente di quelfu che faccia Eliodoro fe nicio. Tutti e tre questi scrittori si prefssero ar gomenti* d'amore. Eliodoro per si comporta con pi gravit e decenza: minor decenza usa questo (t) Chi fosse questo Jamblico sembra poterai argo mentare da una memoria che lo Scotto trov in anti chi codici greci, riportata per anonima. Difesi adun que in essa che questo Jamblico nacque di genitori sirj, e indigeni di razza. Che fu educato nella lingua e ne*costumi di quel paese, finch un Babilonese, che prese poi cura di , Io istru nella lingua e ne1 co stumi d Babilonia, e gP insegn , e fu fece esercitare nella rettorcs, supponendosi che Popera delta qnale qui si fa menzione, fosse una de1 lavori fu quegli eserciij. Quel Babilonese cadde schiavo nel tempo della spedizione di Trajano a quelle parti , e fu venduto ad un Siro assai colto, il quale era stato nella sua pa* tri a uno de1 secretar) regi. Jamblico poi, cbe sapea gi la lngua siriaca e la babilonese, impar anche la grecai ed ebbe non mediocre nome tra i retori. Da e fu Scotto conchiude che questo Jamblico deve essere di verso da quello che fu discepolo di Porfirio, e fami liare dell1 imperadore Giuliano, il quale fu sro an chegli , autore fra le altre cose di una Vita di Pitagora.

SOMAVZlEAt. Jamblico, e queir^c/t///e poi che io otto libri narr gli amori di Leucippe e CUtofonte , noo che scrittore osceno e loverecoudo ; la cui dicitura scorrente e ttiolle ; e quaoto io essa pu trovarsi di plausibile, uoo d fermezza e vigore al discorso, ma tutta rivolta a certo titillamento , dir cos, a lascivia. Jamblico , io quaoto spetta alla eccel lenza delle parole e della composizioue > e alPordine de* racconti, meritava d* avere impiegato il suo ingegno e Parte sua retorica ooo in questi ar gomenti di leggerezta e di finzione, ma beus ia cose pi serieSinonide e Rodane sono adunque i personaggi del dramma. Ambedue belli di persona , e come per matrimooo congiunti, cos ancora innamorati *uo l'altro. Garmo , re di Babilonia , perduta fu moglie, e preso d'amore per Sinonide , disegnava di farla sua sposa ; e come Sinonde vi si ricu sava , essa veo legato con una catena d*oro, e Rodane dovea essere appeso ad una croce, dato essendone Pordine a Dama, e a S a ca , eunuchi del re. Ma per I* ingegno di Sinonide liberato, egli scampa dalla croce , essa dalle nozze. Saca e Dama per questa fuga hanno tagliate le oreccliie e il naso ; e spediti ad inseguire i fugiaschi, essi si divisero in due brigate; e raanc poco che Rodane oon fosse preso da Dama in uft certo prato, ov* erasi rifuggito. Un pescatore avea indicati certi pastori che potevano averne traccia, i quali messi a* tormenti inftte furono costretti ad indicare quel prato, in cui Rodane aveva tro vato detPoro, additatogli da una iscrizione di una colonna, presso cui slava .uu teoae

i5 3

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seconda ,

Sinonide avea iucominciato ivi ad am^re la fi* gura di uo irco; e questa fu la cagione per fu quale Rodane part di quel prato. Dama intento avendo ivi trovata la corona di Sinonide, la rec io conforto a Garmo. I due amanti scappati di l a* imbatterono in una vecchia che abitava entro no tugurio; ed ivi trovata uaa caverna che an dava sotterra per trenta stadj, e il cui ingresso era coperto di densi cespugli, vi si nascosero. Dama sopraggiunto cerc de* profughi : la vecchia neg d*averti veduti ; ma vedendosi minacciata dalla spada di Dama perdette animo* Vengono dunque presi i cavalli che servito aveano a Rodane ed a Sinonide ; una schiera di armati circond il luogo ove questi erao nascosti Essendo per avventura caduto sulla parte supe riore della caverna ad uno di quelli che giravano intorno, lo scudo di metallo che portava, si senti rimbombarne l'eco al di dentro; indizio che col fosse gente nascosta ; onde presto si scav d* in torno per giungere al vto,* e Dama si mise a chiamare da ogni parte, tanto che quelli ch erano dentro udirono, e ritiraronsi pi a deutro, finch giuusero alleai tra apertura che la caverna avea. Intanto i soldati che scavarono il terreno, fu rono soprappresi da uno sciame immenso di api che si gittarono loro addosso, mentre il melo scorreva fin dove erano i fuggiaschi. Quelle api, e quel mele, per essersi di questo fatto pasto i ser penti, erano infetti : onde di coloro che scavando la fossa dalle api rimasero punti , parte furono mal conci , parte anche morirono. Rodane e fu compagua stretti dalla fame, aveano aneli*essi gu-

lJ)g

stato qualche poco di quel mele avvelenato ; onda poich l'ebbero in corpo , seutironsi dolori di morte. Le truppe che stavano scavando presso fu caverna, non potendo resistere alla furia delle api rabbiose dovettero voltar le spalle; ma per con tinuarono ad inseguir Rodane ; e come videro stesi a terra que* che cercavano, passarono oltre ripu tandoli cadaveri. In quella caverna Sinonide s*avea tagliati i capegli, per trar acqua con essi: i quali trovati da Dama, furono da fui inandati a Garrno per segno che presto i fuggiaschi sarebbero rag giunti. Quella gente armata adutique* veduti sulla strada giacere come morti Rodane e Sinonide, si accost ad essi, e secondo 1* uso del paese alcuni gettarono loro sopra vestimenti onde coprirli, altri o carni , o pane , secondo che veniva loro, alle mani; e poi se o*aud. Ma noo per anco que'due per quel mele il d innanzi gustato potevano sve~ gliarsi , u il fecero che in grazia delfu strepito che venoero facendo accorsi in torme i corvi al lodore di quelle carni. Allora essi presero una strada ^diversa da quella che presa aveano i soldati, cer cando di non essere couosciuli per quelli che ve nivano cercati ; e trovati di poi due asinelli, impu tarono sopra e ssi, caricandoli iuoltre delle cose che seco aveano; ed erano quelli che i soldati aveano lasciati loro credendoli morti. Di l si trassero ad uu alloggiamento, da cni passarono ad uu altro, ove intanto accadde che essendo seguita la morte violenta di un giovane, accusati essi dal fi atollo di quelfu come r e i, furono imprigionati. Era stato il maggiore de* fratelli che avea fatto mo rire di yeleno il minore , e data poi la colpa a

i6o clami sscoira* , que* forestieri ; ma essendosi dopo ammazzato d i propria mano , venne a liberarli da ogni imputo* sione. Rodanet senza saperlo, di l port seco del veleoo. Iodi poi capitarono in casa di uo ladrone cbe assassinava i viandanti, e poi ue mangiava fu carni. Furouo col mandati da Dama soldati , i quali dopo aver preso quel ladroae, misero il fuoco alla casa di colui; dal qual fuoco con gran fatica poterono scappare i due giovani, spingendo a forza i due asiuelli attraverso della gente morta e delle iantine. Veduti pertanto di notte dai sol dati che aveano dato fuoco alla casa, e interrogati dell*esser furo, dissero essere ombre di quelli cbe il ladrone avea scaooati; di che que* soldati r i masero persuasi veduto il pallor macilento de loro volti, e udita la fevol voce; cose che li riempi rono anche di terrore. Scappando di l, si avven nero oel convoglio di gente cbe portava una fan ciulla al sepolcro, e meschiaronsi a quella turba. Ma intanto un vecchio mago cbe trovavasi vicino, viet che quella fanciulla si seppellisse, dicendo che aoco* respirava ed era viv a, come il latto il comprov. Egli vaticin anche a Rodane, pre dicendogli che sarebbe uo giorno re. S lasci dunque vdto il sepolcro della fanciulla, abban donato ivi quaoto di vestimenti erasi recato da abbruciare, e cib i, e bevande, delle quali coso lautamente ebbero modo di trattarsi Rodane, e fu compagna; i quali toltisi aucora di que vestimeuli, pensarono di passar ivi fu notte e dormirvi. Ma que* soldati che aveano messo il fuoco alfu casa del ladrone, veuuto gfuruo, ed accortisi d'esseie stati ingannati, sudarono dietro a Rodane e a

t6 t Sinonide, reputandoli compagni del ladrone. Laonde iti a quel sepolcro per gl* indi*) che n*ebbero, poich li videro ivi giacenti, e non muoversi , essendo sepolti nel sonno e nel vino , credettero di veder de* cadaveri ; n li toccarono, esitando d'accostarvisi. Patti di l Rodane* e pass il fume della cui acqoa dolce e lirapida usava il re di Babilonia ; e mentre ivi veod i vestiti di Sisonide* fu preso come avesse rubato a un sepolcro, e venne condotto a Soreco, figlio di Soreco pub blicano , soprannominato il Giusto il quale v e dendo la giovane di singolare bellezza , pens di mandarla al re Garmo* Per Io che Rodane e Si* nonidc diedero mano al veleno de* fratelli che R o dane s*era a c c o lto d*aver seco; entrambi risoluti di morire, piuttosto che veder Garmo. Intanto noa ancella riferisce a Soreco il pensiere di Rodano e di Sinonide} e Soreco occultamente caccia via quel mortifero farmaco ed empie in v e c e il nappo di uua bevanda sonnifera, presa la quale entrambi furono messi sopra un carro, ond*essere condotti al re Cainmiu facendo Rodane svegliato chiama e sveglia Sinonide \ ed ella a un tratto si d un colpo di spada nel petto. Soreco incomi ocia a in terrogarli de*fatti lo ro ; e giurato il secreto ud quanto si riguardava ; e li lasci lib eri, ed ansi mostr loro in un* isola vicina il tempio di V nere , ove Sinonide poteva essere guarito dalla ferita fattasi# L autore qui fa una digressione narrando di quel tempio, e di quell* isola formata dalle acque dell*Eufrate e del T ig r i; e come ivi il sacerdote di Venere avea avuti tre fgli , Eufrate, Tigri e
BOMKZlEftl.

to f-o , Voi. U.

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c l a s se secon d a ,

Mesopotamia i questa essere stata bruttissima, e da Venere trasmutato io s bella doooa che era nato lite fra tre suoi amanti , i quali aveano ri* messo il giudicare chi di loro dovesse averla, ad nn certo Boroco, o Bortchio , il pi sapiente dei giudici del suo tempo. Aggiunge che questi tre dissero lutti le loro ragioni Uno avea avuto da Mesopotamia il nappo, con cui essa era solito b ere: ad uoo avea tolta di testa la ghirlanda, e se l*avea posta in sua testa; al terzo avea dato un bacio. quantuoque poi quest* ultimo riportato avesse il giudizio favorevole, il contrasto dur ancora, a taoto cbe venuti alfu mani si ammazza rono Parlando poi del tempio, laulore racconta essere stato necessario che fu matrone, fu quali andavano c o l , esponessero, pubblicamente cosa fognando nei dormire ivi elle avessero veduto : prendendo quindi occasione di parlare di Farnaco, di Farsiride* e di T an aid e, d*onde viene anche il fume Tanai ; e narrando come i misterj di V e nere presso gli abitatori de* contorni del Tanai , sono quelli di questa Tanaide e di Farsiride ; e come nella detto isola fu estinto Tigri soffocato da un bottone di rose, essendosi posto sotto vasi di rose , le cui foglie non si erano per anco svi luppate. La madre di lu i, dopo vatj incantesimi usati, erasi poi persuasa che Ttgri fosse divenuto un semideo. Ed a proposito Jamblico qui annovera diverse specie di magia * e dice esservi il mago delle lo uste, quello de* leoni, quello de*sorci, e la magia de*sorci riputarsi la prima di tutte; e similmente sserri il mago della grandine , il mago de aer*

r o m a n z ie r i.

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peuti e quello de'morti, e il ventriloquo, che, secoodo ch*ei dice, vieo chiamalo Euriclea dai Greci, e Saccura dai Babilonesi. Questo scrittore si fa babilonese, e'dice d*avere imparato la maga del paese suo, e d*avervi ag giunte le discipline de*Grecia dessere fiorito si tempi di Soemo%figlio di Achemenide, e nipote di Arsace: il quale essendo re oriondo da re, con tutto ci era stato creato senatore d Roma ed anche consoiot e indi un*altra volta re delPArmenia maggiore. Afferma perci essere stato al tempo che regnava io Roma 1 imperadore Af . Aurelio * Antonino \ e dice che quando questi mand Vero% imperatore aucb'esso, ed insieme f rateilo e genero, a far la guerra a Vologeso, re de* Parti, egli pre disse e cbe sarebbe succeduta quella guerra , e quando si sarebbe venuto a giornata : aggiungendo poscia che Vologeso sconfitto fugg oltre 1 Eufrate * e il Tigri, e che il paese de* Parti divenne di do minazione de* Romani. Tigri ed Eufrate , fgli aoli di quel sacerdote , erano similissimi tra loro; e Rodane nelle fattezze li raffigurava entrambi* Passato Rodane con Sino* nide nell* isola, tosto cbe la madre dell*estioto Tigri lo vide, grid che suo figliuolo era risuscitato, ed ordin alla figlia che gli andasse dietro. Rodane dissimul il fatto, ridendosi della semplicit degl'iso lani. Intanto Dama avea saputo quanto era seguito a Rodane) e cesa avea fatto rispetto a lui Soreco'9 e il delatore di queste cose era stato uu medico,a cui Soreco avea raccomandata la cura di Sinonide. Fu adunque fatto imprigionare Soreco e mandato al re. Mei tempo stesso Gama spedi con sua lettera

i 64 SECOHDi , quel delatore al sacerdote di Feneret ordioaodogli che avesse ad ni restare Sinonide. II medico per passare il fume, onde approdare all* isola Sacra, si attacc* siccome l'uso, al camello, e pose la lettera che recava* allorecchio destro del giumento. Ma fu onde del fume sommersero colui, e il ca mello approd all* isola, dove Rodane, tolta dall'orecchia del medesimo la lettera, apprese il peri colo nuovo, da cui era minacciato ; e quindi en trambi si diedero alla fuga. Nel cammino che presero, vennero ad incontrarti con Soreco, il quale era condotto al re*, e presero lutti alloggio oel medesimo luogo t ivi Rodane la notte, corrompendo con promessa di danaro le genti che pot, giunse a far uccidere le guardie di Soreco : il che seguito, egli, Sinonide e Soreco fuggirono^ trovando Soreco buona ricompensa alla beneficenza dianzi da lui usata Dama nel frattempo mette le mani addosso al sacerdote di Venere * e gii domanda conto di Sinonide. La conclusione del processo fu fu condanna di quel vecchio , a cui fu imposto che di sacerdote diveuisse carnefice. Quindi mentre Eufrate si mise ad insegnargli cosa il carnefice deve saper fare egli padre e sacerdote , prende cc* fr a te per Rodane , a cagione della grande simi* glianza $ e lo chiama per tale. Allora Eufrate si d alla fuga insieme con la sorella - Mesopotamia. Accade poi che Eufrate vien condotto dinanzi a Saca* e interrogato intorno a Sinonide, giacch anche da Saca ritenevasi per Rodane, e si esami nava da lui come tale. Per lo che costui mand a dire a Garrno qualmente iodane era stato preso; e presto sarebbe presa anche Sinonide A ci oltre

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la somiglianza contribuito avea E n fia ti , rispon dendo, come se fosse stato Rodane veramente che Sinonide , meotr* egli veniva preso , era fug gita; il che diceva, obbligato a chiamare Sinonide sua sorella Mesopotamia. In questo mentre Rodane , Sinonide e Soreco , volti in fuga, andarono a ricettarsi nel tugurio di nn villano , il quale avea una figlia assai bella che di recente era rimasta vedova , e che aveva tagliati i capegli pel lutto del morto marito. A fui diedero essi da vendere un pezzo della ca* tena doro che Rodane e Sinonide aveano recata seco fn da quando erano stati prigione per ordine del re. Ma quando la figlia del villano si present all*orefce per venderne quel pezzo, l'orefice veduta fu bella fgura delta giovane, quel pezzo di catena ch*ei conobbe per quella chei medesimo avea fatta, e i capelli tosati, sospett subito che la giovane fosse fu stessa Sinonide4 onde mand ad informare Dama\ e presi alcuni seco si pose ad osservare nascostamente ovessa partendo si recasse. Ma questa del disegno di colui sospettando, and iu casa deserta, ove era seguito quanto narravasi di certa donzella chia mata Trofima e di un servo amoroso ed omicida ( e degli aurei ornamenti di donna ; e gli atroci fatti di quel servo, che si diede poi la morte da s stesso; e come la figliuola del contadino, tutta aspersa di sangue, e percossa da paura fugg, spa ventata, e poserei in fuga anche le guardie. Di l poi trattasi a casa raccont al padre Poccorso* cosi che Rodane prese la fuga. Avea intanto Porelice scritto anche al re Garmo davere scoperta Sinonide $ e io prova g li. avea mandato il pezzo

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di catena da lui comprata , gli altri contrassegni aggiugoeodo, pe'quali avea creduto di vedere nella figlia del villano Sinonide. Rodane nel partire da quel tugurio avea voluto dare uo bacio 8 quelfu villanella. Di cbe Sinonide prese ira veementis sima , prima sospettando della cosa a qualche in dizio; poi confermatasi in crederla certa, tergendo dalle labbra di fui il sangue cbe nel baciare fu giovane gli era rimasto attaccato. Volle perci furibonda ammazzarla ; e torn indietro verso di fui. Soreco che non avea potuto calmare la rabbia, fu and dietro. Arrivarono intanto in casa di un assai ricco uomo, ed assai scostumato cbe chiamavasi Setaboy il quale innamoratosi di Sinonide* Ten deva sollecitando^ ed essa fngendo di corrispondervi, di notte, e ai primi amplessi, essendo ebbrio, lo ammazz con un pugnale, indi fattasi aprire fu casa, lasciando ivi Soreco ignaro di tutto, si pose in via verso la figliuola del villano. Ma accortosi Soreco della sua partenza, le and dietro, e condusse seco alcuni servi di Setabo, pagati da lui perch lo abitassero nel salvar che voleva la vita a quella giovane. Avendo adunque raggiunta Si* nonidei & pose sopra una carretta, dianzi dispo~ sta, e ritorn indietro con essa. Ma uel mentre cbe cos davano tutti di volta, gli altri servi d i Setabot i quali si erano accorti della uccisione d i l u i , corsero furibondi, e presa Sinonide9 e b e a legata, fu condussero a Garmoi come rea d'assas sinio e degna di morte. Garrno cbe dalle lettere di Saca avea inteso essere gi preso Rodane, e da quelle delPorefce essere scoperto Sinonide preso da indicibih allegrezza, era andato a s a c r i-

BOM tXZUftl.

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fi care agli Dei , e preparavasi alle nozze tanto bramate. Avea di pi per mezzo di banditore pubblicato uo editto, con cui ordinava ebe tutti i carcerati fossero messi in libert* Iu virt adunque di questo editto, Sinonide, che dai servi di Selabo veniva legata, fu disciolta , e mandata libera D pi Garmo ordin che Dama fosse ucciso, e fu consegnato a quelfu stesso che di sacerdote egli medesimo avea voluto fare carnefice. Era Garmo fortemente sdegnato che Rodane com egli credeva, e Sinonide, fossero stati arrestati da tuttaltr che da lu. A Dama poi succedette nelle cariche cbe avea , Monaso , suo fratello. Qui l autore passa a dire di Berenice, figlia del re dEgitto, e del grande e neoaarrabile amor suo, e come Mesopotamia guguesse a parlare e dfu ventare familiare di lei. Quindi, presa da Suca M esopotamia, insieme con suo fratello Eufrate., vien condotta a Garm o, il quale, per fu lettera dell orefice fatto certo che Sinonide era fu g g ita , diede ordine che quegli fosse ammazzato, e che tutti soldati spediti a custodirla e a condurla a lu fossero sepolti vivi insieme con fu furo mogli e figli. lutooto il cane di Rodane , a cui era po sto il nome d*Ircano , trovalo fu quell abbominevol luogo il corpo della infelice giovane e quelfu elei disperato suo amante, sicario e s e rv o , questo da prima si divor, ndi a poco a poco si mise a rodere fu viscere della gfuvane quando il padre stesso di Sinonide capit a quel sito Riconosciuto eh* ebbe questi il cane di Rodane , e le reliqufu della giovane veggeodo, ammazz quel caue in vendetta d Sinotudc, poi s* impicc , data pritoa

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CLASSE *COHOA ,

sepoltura ai resti della giovane, e col sangue de! cane scrittovi: Qui giace fu bella Sinonide. C api tarono ivi per avventura Soreco e Rodane, e ve duto sol sepolcro ucciso il cane , e il padre di Sinonide pender da un laccio, e letta infine l epi grafe, Rodane da prima si fer, e col suo sangue aggiunse al l iscrizione: e il bel Rodane ; e Soreco mise la testa nel laccio. Stava Rodane per darsi P ultimo colpo , quand* ecco la figlia del villano correre gridando : No, non cosi, o Rodane,* non Sinonide che giace qui. senza porre indugio taglia il laccio di Soreco e leva la spada di mano a Rodane. Quindi narrando i casi della giovane infelice e dell* oro scavato, a prendere il quale essa era venuta, a stento ancora trova fede presso entrambi. Intanto Sinonide9 sciolta dalle catene, corse alla essa del villano tuttavia agitata dal furore della vendetta e nou trovandola, ne dimand conto al padre. Egli le addit per che verso era andata , e d ella si mise dietro i passi di lei col ferro alla mano. E quando poi la raggiunse, e la vide sola sedente , e Rodane a lei prosteso, mentr' essa fu rinfrescava la ferita del petto * essendo andato Soreco a chiamare un medico , presa vie pi da furor geloso , scagliossi sulla giovane ; e fu gran cosa che Rodane , richiamate le sue forze , pel sangue cbe spargeva gi indebolite , potesse lei sviare e levarle il ferro di mano. Allora sempre pi i nviperita, ballando fuori della casa, e forsennata correndo v ia , queste sole parole gli disse t Oggi a tuo dispetto sar sposa di Garmo. Ritornato Soreco e udito il fatto, eousol Rodane, e cura-

BOKfftirzizfci. i6 g tane la ferita, rimandarono eoa danaro la giovane doona a suo padre. Io questo meutre Eufrate veniva condotto a Garmo come se fosse Rodane , e Afesppotamia in vece di S'nonide. E gli, veduto che Mesopotamia non era la vera Sinonide , la consegn a Zobara perch le tagliasse la testa sol fiume Eufrate, onde , di ss egli , nessun* altra ad esempio d fui prendesse il nome di Sinonule. Zobara per, con cepito amore di lei, la salv, e a Berenice, che , morto il padre, era fatta regina d'Egitto , da coi egli era stato in addietro condotto via, la men ; e Berenice la fece sposa di lai. Per la qual cosa Berenice e Garmo si minacciarono vicendevolmente di guerra. Eufrate fu mandato a suo padre come a carnefice, da cui riconosciuto fu salvo; e cosi pot fare gli offcj di genitore , n contaminarsi del sangue di alcun uomo. T i p o i, uscito di carcere > come se fosse stato la figlia del carnefice , fu li bero. Ivi ancora parlasi della coocubioa del car nefice, e delle leggi e de* costumi di fui , e come fu figlia del villano, dopo che Sinonide, fatta sposa del re di Siria, trov modo di saziare T ira sua, fu rapita per forza , e condannata a giacersi col carnefice. Entrata uel luogo de*carnefici, si giac* que con Eufrate, il quale, fingendosi lei, per ess da quel luogo esce * ed ella a vicende fa offzio di littore io vece di Eufrate. Cos sederono le cose. Soreco fu condannato ad essere appeso in croce, e venne scelto per luogo del supplizio il prato in coi Rodane e Sinonide da prima s'eraoo fermati ; nel qual sito io addietro Rodane avea trovato il

CLASSE SECOITDA,

tesoro , che ora anche indicava a Soreco mentre era condotto al patibofu. Accadde che allora st trovasse ivi accampato lesercito degli Alani, preso a9 suoi stipendi da Garmo , e non pagnto; per fu cbe era sdegnato col re, e movea intenzioni ostili Quell* esercito , cacciati per forza coloro che con* dacevano Soreco lo salv ; ed e g li , ritrovato il tito in cui gli si era indicato il tesoro ; e eoa ceri* arte ed astuzia fatto trar fuori quanto v era di prezioso * diede a intendere a quegli Alani di essere stato e di questa e daltre cose istruito da gli Dei. A poco a poco con fu sue buone maniere s e temper in tal guisa fu nativa fierezza, che fu fecero loro re, e eoa essi fece guerra a Garmo e ne vinse f esercito. Ma queste cose avvennero al quanto pi tardi. Nel tempo in cui Soreco veniva condotto a l patibolo, Garitta, esultante di gioja, inghirlandato e danzante, faceva appendere Rodano alla croce , gi prima destinatagli. Se non che nel mentre che pi impazzava di tripudio ballando intorno a quella croce al suono di una turba di donne, in mezzo alle q uali solazzavasi, gli si ricapitarono fu lettere di Saca 9 nelle quali gli veniva data fu nuova cbe Sinonide si era fatta sposa col re di Siria prin cipe ancora giovane. Di quelfu neova Rodane* appeso alla croce, for temente si esilar, e Garmo io vece era per am mazzarsi. Pur si ristette; e subitamente fece fuv&r dalla croce Rodane9 che avrebbe voluto piuttosto morirvi; lo lasci libero , ed anzi lo decor dia aegne militari, e fu cre suo generale nella guerra che stava per muovere al re di S ir ia , couside-

KOMAWZIEEI

rando che , come rivale , Rodane P avrebbe con~' dotta cou tutto impegno. Con questi lusinghieri modi, ma falso in cuore, Garmo fu tratt, poich di nascosto scrisse a capitani subalterni , che re* stando 1*esercito suo vittorioso, prendessero viva Sinonide ed uccidessero Rodane. Questi vinse fu guerra, ricuper la sua Sinonide* e regn sui B a b ilonesi ; cosa presagitagli anche coi lieti auspicj di uoa rondinella sugli occhi stessi di Garmo ; i mperciocch accadde che mentre quel re fu man* dava alfu commessagli spedizione, unaquila e uno sparviero inseguivano quella rondinella , e quan tunque essa scappasse dagli artigli dell9 aquila, fu per rapita dalfu sparviere Questo il fne dei X V ! libri*

LUCIO PATRENSE
m e t a m o r f o s i.

Si sono fette le Varie narrazioni delle tras/or- C. iap inazioni d Lucio patrense. Chiara o la dizione pura, di dilettevole dolcezza, aliena da ogni inno vaziooe ne* modi del d ir e , e comprende racconti si straordiaarj, cbe con tutta ragione puoi dirfu un secondo Luciano. per certo i due primi li* bri sono cos scritti da Lucio, che pajono tolti dat libro di Luciano intitolato II Lucio , o L'Asino ; se non fa per avventura che dai libri desso Lu cio quel suo non abbia tolto Luciano* Anzi si pu congetturare , giacch finora non ho potuto conoscere quale dei due scrittori abbia preceduto 1altro) tutta lapparenza sia che piuttosto Luciano

* cl a s s e s e c o n d a , r o m a n z ie r i . sia quegli che ha copiato P altro , in quanto L a dano , t r o v a to avendo i libri di Ludo pi copio samente s c r t t i , ne abbia risecate le cose non parutegli adattate al suo scop o, e con fu stesse parole e frasi abbia poi le altre cose acconciato alla sua narrazione, e cos furtivamente compilato il libro intitolato II Ludo , o L'sina. Sono poi i libri di eotramb pieni di favolose finzioni e di nefande turpitudini, con questa sola differenza cbe Luciano, come gli altri suoi s c r i t t i , cos p u r que sto fa servire al d ile g g io d el Colto superstizioso degli Dei de* G en tili, e Lucio p r e n d e le cose s u l serio , e d per fatti certi le trasformazioni , sia degli uomini in altri uomini, sia dt animali p r iv i di ragione in uomini , e di uomini iu animali^ e le inezie delle antiche favole, ed ogni stolta cosa simile ha insieme unito e messe in iscrittura.

C L ASSE TERZA
STORICI E BIOGRAFI ECCLESIASTICI

N O N I M 0
POLIZIA DesS. PADRI MZTROrANK ED ALESSANDRO,
II? Coi TRATTASI nZLLA VITA DS COSTANTINO IMPERADORE.

il libro intitolato : Politia de* SS. Padri C. a56 nostri Metrofane ed Alessandro , in cui anche la Fila di Costantino imperadore serve di non mi nore utilit. Nell* anuo XIX del regno di Diocleziano di Cristo il 3o5, una grave persecuzioue di nuovo ti alz contro i Cristiani; nel qual tempo Costantino, figliuolo di Cosiamo, uoo dei paggi di corto, non si era per anco da essa partito. Non so poi d'onde fu scrittore abbia tratto ci che dice, che Costantino fu dal padre istruito ne* miste j de9 Cristiani, e da fui proclamato Cesare; .e co1 propri occhi avere veduto il medesimo Costantino tra i paggi servire iu Palestina sotto Diocleziano, mentre que sti facea la guerra agli g2j Fu cagione della guerra una sedizione, che venne seguita da ribel lione. L'autore riferisce che Costantino si rifugg presso suo padre, aveudo scoperto che Massimiano gP insidiava la vita, e che dal padre moribondo fu dichiarato successore all' imperio. dicesi che io quelfu occasione il pio Costanzo pronunciasse
I
jessi

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classk t er zi

qaeste parole: Ora la morte m* grata pilt d ella pila, poich Vimperio tuo, o figliuolo m io, sar i l W mio sepolcro. C5 to e tv pi felice riposo* la scianco in ferra un imperadore che potr a scia gare le lagrime de* Cristiani, ed arrestare le in ique SU'agi che Massimiano non cessa di macchinari contro i medesimi* Durava la persecuzione da tre anni , quando Cosiamo cangi \\ caduco regno c on l*eterno; e dichiarando imperadore il figliuolo, fu lasci predicatore di piet e difensore dei Cristiani. Morto di malattia Severo* regn Licinio* marito di una sorella di Costantino, e Massimiano tenne la rimanente parte dell* Oriento. Alla parte occidentale del medesimo comand M assenzio, fi* gliuolo del fratello di Massimiano. Costantino , pio imperadore , avendo oditi gli otnicid), le crudelt, gli stupri delfu vergini, i ratti delle mogli altrui e le violenze di cui quel malvagio Massenzio diletta vasi, e come per mezzo di legati il senato lui avea proclamato vindicee protettore di Roma , si rivolse con lettere ad esortare quel ti* ranno ad astenersi da quelle inique azioni. Ma n on giovando fu parole, ricorse a misure dt guerra^ e nel primo incontro delle armi poco manc che n on snccumbesse. Ma essendogli apparsa in cielo noa forma di croce, figurata con materia priva di luce, insieme con lettere, nelle quali dicendosi: la questo segno vincerai, gli veniva promessa fu vit toria , io nuova battaglia , d* essa e del tiranno vincitore , divent padrone delI*imperio. Prima di venire a giornata ava fatto mettere nel suo sten dardo quella forma di croce, ed ornata di gemme

storici a BIOORAr i rcclrsiastici# 1^3 e d 'o ro , data l* avea da portare a chi cavalcava innanzi. Massenzio adunque dovette succumbere , cadendo in que* lacci che tesi avea per prendere Costantino ; imperciocch vicino al Ponte M ilvio , nou lungi da Roma , un altro ponte avea fatto costruire con (ale artifizio, che quando Costantino avesse voluto forzarlo, dovea ruioare. Ma accadde che volti in fuga quelli ch'erano venuti da Roma, e nata nell* esercito di Massenzio grande trepida zione, lo. stesso autor delPinganno, rottosi il falso ponte , insieme co* suoi precipit nel fume e ri mase estinto Perito Massenzio , la parte d impe* rfu ch'egli avea fu di Costantino, e i sudditi non solamente poterono respirare dai mali che pareano irrim ediabili , ma lieti celebrarono quel giorno come la festa pi solenne. Licinio poi, il qual era Gentile di religione, inaspr contro i pii, da prima occultamente per paura del cognato, e di poi apertamente e con le anni} ch per lo pi quando il male inveterato e di dentro nudrito, noo pu starsi sempre nascosto, e finisce poi con fu scop* piare al di fuori. Per lo che quell* infame perse cuzione centro i Cristiani mosse il pio imperadore a giusto odio verso empio parente , e dall* odio n acque la guerra. Molte e varie battaglie segui rono e per terra e per mare, nelle quali U cinio ebbe il disotto; ina fidato nella benignit dell* ini* peradore si arrese ; e il fatto dimostr che non avea pensato male} perciocch, quantunque avesse meritato gran castigo, fu dimesso libero, assegna tegli per soggiorno Tessalonica , dove vivere in tetta sicurezza. Ma L icin io , corrispondendo alfu mattiti con fu armi, e pazza s ente volendo ritorp

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cl*ssz T c iz i s e d iz io n e , cagione di fu q u a le veodetta gli fu perdere

tiare alle s t r s g i , suscit una p er giusta la vita.

Muore il santo martire Pietro , e nella dignit di Alessaudria a quel santo nomo fu successore A ch ilia, e ad chiUa Alessandro. Liberata fu Chiesa dalle persecuzioni , ed illustrata dalla co stanza de* martiri , la letizia della Chiesa fu con tristata da A n o , che pu dirsi essere stato un mal turbine ed uua tempesta procellosa del mondo; imperciocch costui prese a legare alle creature il Figliuolo di Dio , e a volere iu certo modo met tere oell* ordine delle creature quel Dio delle cui mani ogni creatura opera. come poi Alessan dro , vescovo di Alessandria , n con te ammoni* zioni , u eoo le esortazioni pot guadagnarne 1* animo, poich il seme della divina parola era stato oppresso dalla forza e quantit delle zizza nie * con la spada della Chiesa fu divelse. E allora accadde che E usebio, noo contento della sede di Berito, e a quella aspirando di Ni comedia, insuperbitosi per avere ottonata questa , prese a farsi difensore di Ario e de* s* l asci di costui , tra il cui numero erano, io addietro stati fatti vescovi, Secondo e Teona%e tra i diaconi e i sacerdoti Ario % capo della eresia, ed Achila e un* altro Ario , e alcuoi altri delfu medesima di gnit e societ, io uumerodi nove; e tutti questi da uo concilio di circa cento padri, tutti vescovi, unitisi dall*Egitto e dall*Africa, furono scomuni cati. Udite di as&ai mal animo queste co se, Co* stantiiio sped iu Alessandria O lio , di nome e d i fatto uom santo, il quale ere vescovo di Cordova

lyy nella Spagna, e gli diede lettere, per l'arcivescovo Alessandro e per A rio, fonie della eresia, al primo insinuando che procedesse con Ario umanamente ed al secondo c h e , deposto ogni rancore, si, ac cordasse con la Chiesa * e fu esortava inoltre ad , astenersi cogli altri dalle dispute e dai contrasti , giacch a molti fu cagione di molti mali. Ma uon avendo 1* eretico rio abbandonato il <uo errore n per la presenza e dottrina dell* illustre sio , n per le ammonizioni dell* imperadore, questi convoc in Nicea, citt della Bitinia , un concilio di vescovi f in cui sedendo que* prelati , ed egli stando in piedi in mezzo a furo , non ad altra condizione dichiar di condursi a sedere, se non quando cos annuisse tutta quella congrega. Dife se ro l eretica empiet di Ario Eusebio di Nico media , Teo*omo di Nicea , Mari di Calcedonia ; e la causa della piet Alessandro , prete di C ostontiuopoli , il quale faceva le veci dell'arcive scovo f perch S. Metrofane , giunto a decrepita et, per cagionevolezza non intervenne; ed a quel prete costantinopolitano si unirono Atanasio , ar cidiacono della chiesa di Alessandria , e l'a rciv e scovo di questa Alessandro. Intervennero anche al coocilio alcuni non ancora iuiziati agli ordini sacri, e nemmeno al battesimo , ma celebri nel l'arte di ragionare , i quali certi vecch i, non con graude apparato di frasi , n con pompa di ri* cercata eloquenza , ma con semplicit di parole e e on la ispirazione della divina grazia, dall' errore e dal gentilesimo, ed anche^dalla eresia di A rio , per la quale mostravansi ardentissimi , trassero all'ovile di Cristo. Eia a questo coocilio anche il F o iio | FoU //. sa
s t o r ic i s b i o g r a f i zcclksiASTICI.

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venerabile S. Pajhuzio , egizio di nazione e co n fessore della fede, a cui Massimiano , inimico d i Cristo f eav l*occhio destro e tagli i nervi del gomito del braccio sinistro , e poi fu mand oi lavori delle miniere. Uomo era questi facitore d i molte Opere soprannaturali e di miracoli, il quale il piissimo imperadore con molta riverenza ouor, n potea saziarsi di baciare il luogo dell* occhio destro che gli era stato cavato. Eravi pur anche il veoerabile Spiridtone9 del quale, tra mille cose jche potremmo riferire, noi accenneremo qualche duna. Pascol un tempo le sue pecore, quantunque fosse investito delfu dignit di vescovo. I ladroni assalirono il suo gregge , e costoro trovaroosi le gati da vincoli non apparenti ed invisibili; ed ac* cogliendoli cos legati, come con le preghiere a Do li avea legati, per ristesso modo ancora li disciolse \ oltre ci diede loro un ariete in mer cede del notturno patimento sofferto. Ebbe in casa una figlia vergine, la quale dopo aver ricevuto un deposito d'oro da ceri* uno, mor. Questi che infrattanto era gito in lontano paese, ritornato, do mand il suo o ro, e si mise a cercare se potesse indovinare il luogo ove la donzella io avesse ri* posto. Lo cerc pure per tutta la casa Spiridione, e noi trovarono. Onde- questi and al sepolcro della figlia, e disse: Figtia mia , Irene ( cos essa chiama vasi ) , ovf il deposito? Ed essa risposo dal sepolcro , ed indic il luogo ed ingegn come ritrovarlo, il che avendo Spindtone fallo facil mente , lo restitu. Ma tali cose narraudo, noi fucciam vedere il leone dall unghie. Pertanto questi trecento e p i , cosi r adunati ,

l'Q A rio e i suoi seguaci coudauoano di empiet , e dichiarano ad uoa voce cousustanxiale al Padre il Figliuolo. Diciassette di iiumero fuiouo quelli che rimasero attaccati aU'opluioue di rio9 ma uscito uu decreto dell imperadoie che li condauuava all* esi gilo, rimasero beusi nella loro empiet, ma simu lando di abbaudonare V errore e di accedere alta sana dottrina, sebbene ci non facessero con tiu* cerit , ma per pura ed astuta finzione ; e il capo d essi fo Eusebio. Quindi tutte te chiese tespira rono , liberate dai tumulti e dalle faziooi dianzi insorte ( ed Osto vescovo di Cordova, co* suoi colleghi , recando seco quanto erasi fatto uel con cilio 5 port la pace agli Occidentali - Atanasio, , ardente di zelo , fece Io stesso cogli Hgizj e cogli Africaui ; ed Alessandro , quaotuuque vecchio , poich era settuagenario, rec, comera prescritto, I* annunzio della comunione e della pace dello chiese ai Traci ed agl lliitj, aveudo seco compa gno di viaggio il beatissimo Paeo% il quale allora esercitava 1* officio di lettore e sottoscrittore della chiesa Costantinopolitana , e che al tempo del conci/io avendo dodici anni, visse cou Alessandro. fila di ci si paller iu appresso. Per ora diressi che prima si present al santissimo M ttrofane, ricreandolo con la sua presenza e col l i e t o an nunzio ma nou ricreandolo per la prossima par tenza da fui * che per coi pi fausti voti lo li cenzi per la missione della quale era incaricato. Andati poi Alessandro ed egli in Tracia , io Ma cedonia, iu Tessaglia, per tutta lAcaja, per 1 lade e per le terre del continente non ti accula rono le isofu * e navtgaudo svelseio dalle radici

STORICI s B10G14F1 tCCLESlASTICl.

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classe t e r z a ,

tutta la zizzania , seminando ovunque il buon seme della dottrina evangelica e dei decreti del concilio* Finito entro un triennio e sei mesi il concilio , poich era incominciato il di 15 d aprile , e ter minato scorsi tre anni , e compiuti nello stesso mese d 'ap rile, con di pi protratto sino al suc cessivo settembre , secoudo che , descrivendone il dotto Alessandro gli a tti, not ; finito , d icesi, il concilio, l imperadore stando io mezzo si SS. Pa dri, domand che gli si facesse una grazia, e beu volentieri eglino glieP accordarono. La grazia do mandata era che tutti andassero seco lui a C o stantinopoli, in cui avrebbero veduto larcivescovo, che l ' imperadore chiamava suo padre ^ e deside rava ancora che eoo la loro presenza e con fu loro orazioni alla citt, ch'egli avea fondata , des sero il nuovo nome del suo fondatore. Andati i vescovi a visitare il chiarissimo Metvofane, c be fu in giorno di domenica, e trovandovi^ presente l imperadore, tra fu altre cose disse: Io ti v e g g o , venerabilissimo padre , e per la vecchiezza e per la infermit ridotto agli estremi tuoi giorhi ; e chieggo che ci si crei e si nomini dopo di te u n pastore del gregge. Metrofaney con lieto sembiante vlto all*imperadore s Io accooseuto nel Signore, diss egli , poich ora lo Spirito Santo per bocca tua , fgliuol mio , ha parlato. Dio , standomi assai pensieroso di questa cosa, sette giorni sono, mendic che fra dieci morrommi , e che mi suc ceder nella dignit Alessandro meritevole in vero di tale elezioue e del suggerimento delfu Spirito Santo* Egli poi avr suo successore, come

a biografi e c c l e s ia s t ic i * i8i figlio, Paolo, lettore. Guardando quindi ad less andr, vescovo di Alessandria : E tu , disse, fratello, avrai un successore egregio; e presa la inano ad Atanasio, arcidiacono: Eccoti, soggiunse, il valoroso soldato di Cristo. Questi ti seguir; e non solo col mio fratello Alessandro ha combat tuto contro leresia di Ario, ma con esso sosterr ancora molti contrasti , e subir molti guai ; n sar ci soltanto per una seconda volta , ma do vr contendere auche la terza , insieme col valo roso Paolo. Cos disse , e come col suo spirito c reasse gli altri , venne coi vescovi al tempio , e dopo la lezione delTEvangelio parlando al popolo, dichiar il sacerdote Alessandro per successor suo nella sede arcivescovile, e il popolo ad una voce, insieme con Timperadore, per alquante ore grid: Egli n* degno. Indi depose umerale suo sulta mensa dellaltare, ordinando che fosse serbato pel suo successore , e predisse che sarebbe arrivato con molto dopo, cio il giorno settimo dach egli fosse morto. Tutto accadde come avea predetto ed ordinato. Egli mor nell* et di centodiciassette anoi, il giorno 4 di giugno. Costanza, sorella del pio imperadore Costantino, fu quale era stata moglie dell* empio Licinio , es sepdo per morire , disse al fratello : Ti domando una grazia che sar l'ultima , richiama dall'esiglio A rio , falsamente accusato, il quale gi daccordo col concilio. L'impegno di Costanza proveniva da questo , che un certo sacerdote ariano , il quale erasi insinuato da prima presso gli eunuchi di quella principessa , per opera de'quali avea tro vato accesso a lei , con blande parole e con adustorici

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C I.ASSE T C B Z A ,

Uzioni 1 avea persuasa che per sola invidia A rio * era staio scacciato , e che del resto sosteneva fu retta dottrina della Chiesa. Cos riferendo essa al imperadore lo commosse a taoto , che immanti nente scrisse affinch Ario fosse richiamato. Essa poi mise alle coste del fretellp un sacerdote, il quale , essendo, non meno adulatore che eretico, con sottile ingegno e con lusinghiere parole, pre sto giunse s trattare liberamento collimperadore ; e tanto seppe dire di A rio , che gli dimostr c o lui avere retti sentimenti. Onde 1 imperadore gli * risposet Se Arto conviene col concilio, io fu ve dr volentieri, ed onoratolo grandemente lo resti~ tuir alta chiesa di Alessandria. In conseguenza di che fu fece con lettere richiamare. Ario venne a Costantinopoli insieme coll'esecrando Eusebio* e henig-iamente entrambi furono dall* imperadore accolti ; e domandato furo di che sentimento fos-* sero si ud rispondere uon altro sentimento avere essi cbe quello propalato dai trecentodiciotto S S . Padri. E di pi que* miserabili alla falsa loro di* esarazione aggiunsero il giuramento L* impera dore impose loro di dargli io iscritto la profes sione di fede; ed essi prontamente scrissero le loro bugie, attestando cosi con fu scritto da essi e dai loro seguaci credersi quello che la lingua negava. Mut adunque 1 imperadore il primo d e * creto, giacch aveano confessata la pia verit; ed immantinente Ario e quelli eh* erano con esso lui onorevolmeote mand in Alessandria. Ma a rc i vescovo di quella citt, Alessandro* d'accordo con Atanasio t non ammise alla sua comuuioue l 'a p o , stata; ed Ario scopr di bel nuovo la sua eresia ,

STOGICI BOGRAFI t CCL ESUSTICI.

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e tarb l ' E g i t t o ; sicch l'imperadore lo chiam a s, i n t e r r o g a n d o l o se rimanesse fermo nella di* chiarazione che in suo cospetto avea fatta, ed A rio francamente disse di s, e lo giur. Ma que ste erano per parte di costui tutte finzioni e scene da teatro ; dicendosi che avendo occultamente scritto un libro pieno de* suoi empj errori, e por tandolo nascosto sotto l'ascella, su quello, ponen dosi la mano al petto intendeva giurare , mentre pur proferiva la carta della pia dottrina che * dianzi avea sottoscritto. Poco tempo dopo 1 impe radore cangi questa vita caduca nella immortale regnato avendo trentun anni, e vivutiue sessaotacinque. Trovandosi egli vicino alta morte avea conse gnato ad un sacerdote eretico il suo testamento, incaricandolo di darlo a suo figlio Costantino, che con quello dichiarava successore della fortuna pa terna e dell'imperio. Ma quel sacerdote noo ser bando fede n a D io , n agli uomini, occulta mente consegn quel testamento a Costanzo che si fece tutto insieme traditore del padre, delta te stamentaria volont del medesimo, e della eredit dal figlio preferito. ra gran maneggiatore di quella iniquit Tempio vescovo Eusebio* con alcuni suoi compagni, empj del pari, c uon degni di essere chiamati uomini. Ora quel sacerdote dando a Coslam o it testamento affidatogli , in premio delia sua iufedelt? verso gli uomini, dimand il sacri fizio della vera fe d e , e a*suoi aggiuogendo gli otficj del suo complice , vescovo di Nicomedia , Eusebio* ottenne che la causa di A rio si trattasse iu Costantinopoli, e con iu Alessandria credendo

1 84 c l a sse tz x z a , ehe pi facilmente potesse viocersi nella capitale dell* imperio, ove non era Atanasio, ed onde l'au torit dell* imperadore sarebbe stata pi efficac e , intrigando fortemeute per trai*re Alessandro, pa triarca di Costantinopoli, a patti nocivi alla pura dottrina. E come non venivano a Capo dell* intento loro per quella v ia , produssero Pordirie dell im peradore pel quale veniva detto che o ricevesse Ario nella sua comunione, o rinunciasse alla sua sede; e non adattandosi a nessuna di queste con dizioni sapesse che sarebbe mandato in esiglio. Persuasero poi a Cosiamo c h e , chiamato a s Alessandro, se non si acconciasse alle proposte, fu minacciasse eziandio di ridurlo a stato servile, poich tenevasi che non per zelo della piet, ma per la memoria dei disgusti avuti, e per odio alfu persona 'A rio t riputerebbesi ostinato nella resi stenza. Il patriarca fidando nella virt di Cristo, nella innocente sua vita , e nella sua coscieoza , rispose all*imperadore che il tempo farebbe v e dere la verit. N io , soggiunse , posso ammet tere alla comunione de* venerandi mister] u n uomo convinto di tante empiet , e giudicato gi da tanti vescovi. A cui Costanzo rispose ; Bada adunque, o vescovo, che non sii poi obbligato ad ammetterlo a tuo mal grado; giacch un concilio di vescovi va ad essere convocato. Il patriarca allora s*alz ed usci, recandosi alla chiesa di Dio, ove con gemiti e lagrime invocare Dio, pregando * a oon permettere che con 1 ingresso di Ario il suo gregge venisse guastato. In questa orazione pass prostrato innanzi all'altare tutta la notte. Eusebio intanto, fervido settario della empiet, re-

STORICI t BIOGRAFI z cc l e s t a s t t c t .

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catosi eoo una turba di eretici ad A n o , fu stra scin al concilio, onde a dispello di Alessandro gli venisse restituito la dignit del sacerdozio in giustamente levatagli. Gran tumulto nacque per questi moti ed una specie di sedizione per tutta la citt, gli uni stando in favore di rio%gli altri non sofferenti che la verit rimanesse tradito. Piena era la chiesa di tante persone radunato ^ e procedeva,coi suoi seguaoi Ario% il quale sceso da cavallo entr nelle pubbliche latrine, eh*erano presso il Fro di Costantino ; e mentre scaricava l'alvo, con gli escrementi gli uscirono gl'intestini, e con questi miseramente esal P anima. come non vedeasi ricomparire, e s' ignorava 1* acca duto , dcesi che andasse verso lui Eusebio , e il querelasse di tanto ritardo , riprendendolo del torto che faceva a' suoi amici, e a basso e servile animo attribuendo quello starsi restio. pi s'and in ccllera non ndendosi che rispondesse, di quelfu che la tardanza a ricomparire avesse offeso. Laonde entrato a fui Eusebio gli disse che s'alzasse di buon animos aspettarsi tutto il concilio per assolverlo. Ma egli taceva ancora , e sar il suo silenzio eterno. Finalmeute adunque quel disgra ziato Eusebio vide ch'egli era morto; e cos il coocilio si disciolse ; e quelli che stavano per condannare Alessandro attesitio, non pi pensando alt'empio scrutinio, a cui erano preparati, e ve dendo il caporione degli eretici sprofondato vivo alP inferno, furono presi da gran dolore. Ma non dur molto la vergogna, di cbe per quel divino fatto eraoo rimasti co nfusi f cb poco dopo coqvocarooo uu nuovo coociliabolo , cercando di ri*

iS6 classi terza ferire la vendetta di Dio contro Ario ad un fatto comune nella condizione degli uomini. V e r o per che se guardi al tempo, io cui egli tentava d* in vadere la chiesa di Dio , crederai essere r i masto estinto noo per morte naturale m a per gastigo espresso di Dio Coloro per giunsero a persuadere a Costanzo che Ario avea pagato alla natura il debito tributo, e non subita la pena della divina vendetta. Cosi q u e l miserabile' per fu pre ghiere di Alessandro vergognosamente fn * ed al contrario Alessandro poc o dopo piamente e santameute consegui il domicilio celeste per quelfu di quaggi. Avea tenuto l'episcopato ventitr anni, e navea d'et novaototto. La stona , da cui abbiamo tratte q>ieste cose noo assolutamele n ben composta, n ornata di elocuzione e di seoleuze; ma nemmeno poi essa affatto bassa e negletta. Se. poi contiene cose contrarie a quanto altri narrano, il notarlo e giudicarne officio daltri, oon di chi si propone uo semplice transunto e compeudio.

ANONIMO
MARTIRIO DI SETTK R*G\ZZt. Lessi il martirio di setto ragazzi , i cui nomi sooo Massimiliano , Jamblico, Mari imo , Dionigi Esacustudiano , Antonino e Giovanni , del quale ecco il sunto. Questi, patrizj di nascita, e cjg u iti di seguire e di estendere fu religione c iisiiana , condotti dinanzi a Dccio , che col disprezzo d i Dio governava da tiraono imperio romano ,

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STO Ut c i

BIOGRAFI

ECCLESUSTJCT,

cbiarameuto confessarono il colto che tenevano.' come perch imperadore villeggiava altrove, tro varono sicuro scampo, andarono a rifuggirsi in una spelonca di uoa montagna prossima ad Efeso, ed uno di essi, che dicesi essere stato Jamblico, avea cura di servirli nelle cose necessarie aUa vita. Poco dopo, udita la loro fuga, e saputo il luogo, io cui si erano riparati, e come viveano, Pimperadore ia furia , ordiu che si turasse V ingresso di quella spelonca, onde morissero di fame. Trecentosettao tadue anni dopo governando P imperio Teodosio, ed esseodo vescovo di Efeso Maro, per nuovo, ed iuusitato spettacolo comparvero que martiri egregi, ricuperata aveudo la v ita , a*quali accorrendo e Pimperadore, e quel vescovo (e Pimperadore che trovavasi assai lootooo di l , volle essere te^ti monio anch egli di quel meraviglioso fatto ) e con essi molte altre persooe , tutti Tollero meritaroe le preci e la benedizione. L imperadoie e il ve* scovo si assisero eoo essi, e venuti a ragiooemeoto vollero udire quaoto a que martiri era accaduto, e si certificarono di tutto. Io cospetto poi dell'im** peradore , e di quanti erano presenti , nella epe* lonca stessa, iu cui erano stati chiusi, tutti sette insieme passarono agli eterni riposi, onde a tutti si facesse manifesta la loro morte, e l antecedenfe loro vita, stata prima incognita. Fu nel trentesimo ottavo anno del regno di Teodosio cbe Dio volle mostrare al mondo questo graude miracolo j ed in quel tempo era un tale prodigio necessario. Era vescovo degli Egei, e cosi nou fosse stato 1 un certo Teodoro, il quale, uoo so perch, as sorto nel fango della iucredulitj vomit proposi*

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classe

tersa

zini mal sonanti, negando la risurrezione de m orti, ed-attirando molti de* suoi seguaci in quell errore Per questo miracolo divolgandosi in tutta la terra un chiaro attestato delta risurrezione , si coloro che tutti i gentili che rimanevano, parte am m u tolirono confusi e vergognati, parte I* indussero a concepire certa e ferma speranza della risurrezione . Come poi la spelonca di que* sette si aprisse , ecco. dofio, a cui apparteneva la montagna nella quale quella spelonca era scavata , ordin "a* suoi servi di erigervi una stalla; e lopera fu fatta in due giorni, e fabbricato un casolare, trasportando a questo effetto le pietre che tenevano chiusa la spelonca. Cos venue questa ad essere aperta. martiri cbe ivi giacevano , ritornati per ioaudito giudizio di Dio, in vita, mandano furi Jamblico che in addietro era stato solito a provvedere, e a recar loro i cibi necessarj. Jamblico , entrato io Efeso, viene arrestato a cagione delle monete che per le compre occorrenti profferiva, come persona cbe trovato avesse un tesoro; e cosi giunse a no tizia di tutti il miracolo, e fu riguardato per cosa degna di ammirazione.

ANONIMO
X STftA TTI D ALLA VITA Ol GZEOORlO

PONTEFICE.

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Leggemmo gli estratti dalla vita di Gregorio, uomo a Dio carissimo , e come piamente governando la chiesa ronnma scrisse i quattro libri dei Dialoghi, assai utili alla condotta della vita.

STORICI

X B I OORAFI

X O C L t S l A S T IC I.

ig g

Questo sacto Gregoria, patrizio romano ,- ebbe S ilv ia per madre. Visse nella solitudine di S. A n d r e a apostolo , detta il Clivo di Scauro , poscia nella via delia santit aod innanzi a tutti gli al tr i, assai cose faceodo, necessarie ad uom pio, ed applicandosi congiuotameute al lavoro delle maui, e allo scrivere; ornandosi d'ogtii v irt , e distin g u endosi uel soccorrere a'poveri: uel c h e , come fu sua misericordia e clemenza in molti, modi ri fulse $ spezialissimo documento ne prese a cono scere umanit sua, e Panimo limosi ni e re il fatto seguente * Gli si present una volta cert' uom o, doman dandogli carit, al che diceva ino?so per nau fragio patito. Egli prontamente gli diede sei mo nete doro. Poco appresso ritorn colui, dicendo non essere bastami quelle monete avute, conside rata la grandezza della sua disgrasia, e chiese di pi. Gregorio eoo eguale carit di prima gli diede altrettanto. Ma ritorn quegli anche la terza volta, e disse , e domand come dianzi, u Gregorio Io respinse * ma ordin che il cassiere di cui si era servito, desse altrettanto. come fu cassa dou v'era pi danaro, cercando diligentemente come a quel povero uomo potesse soccorrere, trovato una sco della dargento, con cui sua madre era solita a mandargli una minestra di legumi e che non l'era stata ritornata, quella fece dare al chieditore di ulterior soccorso. cosi allora and la cosa. Poscia per divin giudizio dal voto de* sacri pre lati elevato al trono pontificale, volle secondo l uso de* patriarchi avere mensa seco fui dodici poveri, ed ordin al suo limosfuier e che ti radunasse. 11

IQO

CLASSE TtftZA,

quale avendo eseguito lordine, quando tutti dodici furono seduti a tavola, visto avendone il pontefice uno di pi assiso eoo que dodici, e sentitosi di ci rimproverare di oon essersi, attenuto esatta mente all'ordine avuto, neg d'avere ecceduto* ed enumerando i commensali oon ne vide che dodici. Ma aveudo & Gregorio veduto quel tredicesimo , ed osservato che non solo era dissimile nelt*aspotto agli a ltri, ma che di tratto io tratto compariva dissimile da s stesso, cap non essere del nu mero degi altri ; e tolte che furono fu mense lo chiam a parte, e l'obblig severamente a m a nifestare chi fosse. Allora colui disse essere quel medesimo che in addietro tre volte nella stessa giornata gli area dimandato limosina , e tre volte Tavea ollenula , senza che il benefico uomo di lauta importunit si fosse tenuto oifeso. Il qual tuo misericoidioso tratto fu si caro a Dio, disse, che da quel giorno in poi, essendo tu, per dispo* sizione divina, assunto alfa somma polesta, di cbe sei investito, io ti sar perpetuo custode della vita, e ti assister dirigendoti nelle tue azioni. 6 gli dichiar per questo accennato officio chiamarsi angelo di Dio. Ci udito il pontefice, gittatosi in gioocchione ador Dio, e lo ringrazi. Quell'an gelo poi spar; ed invisibilmente custodi il beuefico uomo. Questo mirabile Gregorio scrisse io latino molti Utilissimi l i b r i , e con omelie spieg al popolo gli evangetj; e compose inoltre le vite di q u e l l i c h e in Italia erano illustri, cou salutari racconti comf onendole io q u a t t r o d i alo g h i , e per cento sessaat anni della utilit d i q u e s t 'o p e r a n o u hanno par-

STORICI S BIOGRAFI IC C t S S l ASTICI

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lecip a to que* soli che ignoravano la lingua latina. P o s c ia Zaccaria, che col tempo venne a succedere a questo sant* uomo , voltando in lingua greca q u e llopera fece che ne fosse tratto profitto anche f uori d* Italia, e potesse leggersi per lutto il mondo. N restrinse il suo zelo in tradurre cosi que* soli dialoghi, ma tradusse pur anche altri scritti de gn i d'essere letti.

ANONIMO
MARTIRIO DI S. TIMO T EO.

Si sono letti gli scritti iutorno al martirio del-C. l'apostolo Timoteo. L a stori riferisce che Timoteo fu il primo ve scovo di Efe$o , e che fu ucciso a colpi di clava per avere proibito agli Efesini le esecrande e san guinarie solennit e gli spettacoli de* Gentili, uoo de quali spettacoli fu detto Catagogio , e fu per avere voluto abrogate questo che ebbe looor del martirio. Governava allora il romaoo imperio Domiziano. Avendo S. Timoteo per questo motivo, siccome dicemmo, finito di vivere, ed essendo a Domiziano nell imperio succeduto Nerva9 S. Giovanni libe rato dallesilio veone ad Efeso, di dove Domiziano lo avea relegato. Imperciocch S. Giovanni nel tempo che il crudel Nerone infieriva contro i cri stiani, avea posto suo domicilio in Efeso, capita tovi dopo un naufragio sofferto sulla costa, sulla quale era stalo dalle stesse onde gittato accora spiratile. Io quel tempo avendogli alcune persone

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C LASSE T S S ZA,

recati libri, i quali iu varie lingue contenevano fu salutare Passione del Signore, e i miracoli e fu dottrina del medesimo, egli li mise in buoa ordine, e li divise, e si aggiunse per quarto ai tre evan gelisti. Impercioech, come dissi, per sentenza di Nerva richiamato dalPesiglio, presiedette alla chiesa di feso, e ne resse la diocesi immediatamente da s insieme con sette vescovi , e coatiuu io quel ministero, insegnando la piet, sino al regno di Trajano. Queste e tali altre cose coatieue questo martirio di S. Timoteo, scritto iu umile stile. L'apostolo Timoteo era stato creato ed instal lato vescovo della sede primaria degli Efesini dal gran Paolo. Usasi presso gli Efesini uu'ebhomi nevole ed esecranda solennit detta Catagogia, la quale celebra vasi nella seguente maniera s Yestoosi di maschere indecenti, e per non es sere conosciuti si coprono il volto , e portano iu giro molti idoli, facendo gran baccano con certi loro canti, e a foggia di ladroni assaltando uomiui e donne oneste, e neMuoghi pubblici ammazzando fu persone, e di queste illegittime scelleratezze gloriandosi come di azioni legittime.

ANONIMO
MASTI*IO DBL GRAK MARTIRE DEMETRIO-

C. a55

Lessi il Martirio di quel grao martire Demeifio* scritto della stessa maniera. Questo martire di Cristo Demetrio, predicante e dottore di piet, imitava le pellegrinazioni e le imprese degli apo. stoli, e col lume della sua dottrina, ri li atta dalle

STORICI Z BIOGRAFI S C C tS S U S T IC t.

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tenebre la citt dei Tessaloncensi, la condusse a Cristo, fatto splendidissimo con uo tenore d vita corrispondeute a ci che insegnava. Regnava allora Massimiano, inimico di D o , e soggiornava in Tessalonica. Andava quel tiranno alfu spettacolo de* gladiatori, e gli empj ministri di fui condus sero legato il martire alfu stadio che era ivi viciqo, come uomo cristiano e di vita e di dottrina. Affrettando adunque Massimiano allo spettacolo , ordin che l*uomo santo fosse custodito entro ima volta presso fu stadio, a cui trovavasi vicino il bagno. Uno de*gladiatori, mollissimo apprezzato dal tiranno, passava pel pi valente combattitore di tutti, ed avea nome Lieo; e quello che dovea venire a prova con costui in quel d , era plebeo di condizione e giovane di et ; e il nome Suo era Nestore. Il tiranno , quantunque sanguiuario con tutti, peosava di risparmiare quel giovane appunto in grazia della et ; e gli promise di dargti la somma di danaro, per avidit della quale credeva ch*egli avesse tolto di venire combattendo al pa ragone con un tanto antagonista , qual era Lieo * Lo fece dunque ammonire che desisi ese da quel mortale combattimento. Ma Nestore rispose sou riguardare egli il danaro , ma bens la gloria che. acquistata avrebbe che avesse ucciso Lieo . ci detto , immuntinente discese sullarena, ed uccise 1* uomo ch a giudizio di tutti era il primo in forza e destrezza. Ma non consegui nulla di quanto a* vincitori era proposto. Per fu che preso da in tollerabile dolore, e da ira, alzossi furioso contro il tiranno, il quale acceso d bile levatosi dal Seggio and a ritirarsi alla sua abitazione. E poich Fozio% V o i IL i3

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te b z a ,

fuvvi gente che gli parl di certi discorsi del mar tire Demetrio, ebbro di furore e di empiet, p ensaodo nel tempo stesso che lfucoutro di fui quando andava allo stadio , fosse stato d* infausto augu rio, mand ordine che fosse ucciso a colpi d'asta uel luogo fu cui era chiuso. Le persooe pie di notte nascostamente, ove non ebbero a temere degli empj, scavata uoa fossa ne'ruderi su'quali era stato ucciso, ne seppellirono il corpo.Per fu cbe fu sai vo da iugiurie ; e ne spar poi ogni ombra per la fama sorta de9miracoli, e delle guarigioni ope rate. In appresso, divenuto prefetto dell*Illirto un certo Leonzio , espiando il luogo, in cui riposa vano le reliquie del S. Martire, ed ampliandolo, ivi edific un tempio, fatto luogo di propiziazione, e di rifugio non solo per gli abitanti di Tes s alonica, ma eziaodio per tutti i popoli confinanti* A N O N I M O
VITA SI PAOLO VESCOVO COSTANTIHOPOL1TARO CONFESSO*.

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Lessi il libro intitolato Vita e combattimento del santo padre Paolo, vescovo di Costatitioopoli e confessore. Ed eccone parimente' un estratto. Costanzo regnava nell* Oriente delP imperio ro mano intrusovi pel tradimeoto di uo sacerdote emetico , e sul consenso degli euouchi. Gli Ariani n u o v a m e n t e perseguitano i pii ; ed Atanasio accolto nell* Occidente, e il divioo Alessandro vicino a morte nessuno ei nomina a succedergli nella

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B B io g ra fi

z c c ls s ia s tic i.

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chiesa di Costantinopoli. Per di due soggetti tra gli altri parl al popolo, mosso dal suo zelo contro l'eresia ; onde, volendo, scegliesse o il dotto e pio Paolo * ch'egli stesso avea ordioato sacer dote, o se volessero preferire persona di bello esteriore, Macedonio% ordinato io addietro diacono e gi vecchio. Cosi dtto poco tempo dopo muore, avendo tenuto lepiscopato ventitr anni e vissu tine novaototto. Nacque grau contrasto nella scelta tra questi due. Gli Ariani inclinavano a Macedonio\ ma i fedeli preferivano Paolo. Viuse il par tito dei pii; e Paolo fu ordinato vescovo nella chiesa di S. Irene, la quale in progresso di tempo, per distinguerla da uo'altra nuova , si chiam la vecchia. Noo molto dopo venuto da Antiochia a Costantinopoli Pimperadore Costanzo and io col lera contro Paolo, per uon essere stato eletto per sno suffragio; e convocato uo Concilio di Ariani costriose Paola ad abdicare, e crea vescovo di Co stantinopoli Eusebio, cbe per la terza volta cam biava sede, ora abbaudonaodo quella di Nicomedia Fatte le quali empiet ritorna ad Aotiochia. Eusebio intaoto si mise a muovere ogoi pietra perch si levasse dal simbolo la parola Consustan ziale Cadeva allora la dedicazione del tempio di Antiochia, fabbricala edal pio Costantino ; e Co stanzo volle che si consecrasse s e col pretesto di questa solennit radun novanta vescovi. Non v'in tervenne per n Massimo , vescovo di Gerusa lemme, e piissimo uomo ; n Giulio, romano pon tefice, n in persona , n per legati. Si raduna il coocilio preseute Costanzo. Gli usebiaoi vogliono cbe per prima c osa si deponga Atanasio. Da prfu*

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CLASSE ,

cipio lo accusano d'avere operato contro il canone da essi allora pubblicato, dicendo, che ritornato dairesiglio da s avea assunto l episcopato, e noo per giudizio di tutti* In secondo luogo, che nel1* ingresso suo, essendosi fatto tumulto, molte persooe* erano perite. In terzo luogo, per le cose de cretate in Tiro. Per lo che condannando quel v a loroso atleta, posero nella sua sede Gregorio, uomo di furo setta. Ci tentarono essi, e tentarono anche di cambiare la fede, non per dicendo parola al cuna contro ci che nel concilio di Nicea erasi trattato, ma con improba e fraudolosa iateoziooe spargendo i semi onde si togliesse il Consustan ziale. Quel concilio dAntiochia, per questi ed altri simili attentati commessi, e alcune disposizioni emanate, si scioglie. Eusebio mand legati al ro mano pontefice Giulio, cercando cb?egli confermasse quanto era stato deciso coutro Atanasio t ma gli and fallito il colpo. lutatilo l'arcivescovo Paolo andato a Roma, trov in quella citt alcuni vescovi, insieme con jftana~ sio per intrigo di Eusebio espulsi. Giulio udito quanto erasi fatto con que* vescovi, e conoscendo tutto essere fondato sopra calunnie, coofermaodoli eon sue lettere ne* loro diritti, ti rimand in Oriente, ad ognuno d'essi restituendo la sua sede, e giu stamente accusando quelli che li aveano condannati. Tptti adunque riacquistano le loro chiese; e si d spaccio alle lettere secondo che erano dirette. Nel frattempo muore Eusebio, e Paolo viene restituito al suo posto} ma in vece di fui gli Ariani creano vescovo Macedonio* il quale bestemmiava il Figlio come minore del Padre, coodaunava il Consustan*

SYOftTCf Z BIOGRAFI

S C C L l SiASTIC I

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afufu e rigettava fu divinit delfu Spirito Santo fi radunatisi di nuovo io Antiochia , volendo dal canto furo recriminare il pontefice Giulio, ad Aia nasio entrato gi nella sua sede, Tempio Grego rio , da essi contro ogni diritto ordinato, mandano immediatamente ad Alessandria, che il prefetto di quella citt fece scortare da sette mila soldati. Alanasio veduta quelfu prepotenza, di nuovo u* yig verso Roma* Gli Alessandrini mal soffrendo u oa tauta ingiuria attaccarono fuoco al tempio del B* Dionigi, mala cosa , invero ! perch non v* regione di punire chi non ha colpa, ancorch certi nomini impazziscano. Costanzo che soggiornava iu Antiochia, udito che Paolo9 sostenitore della ve rit, era restituito alla sua sede, ordina ad Ermogene, da fui maudato comandante nella Tracia, cbe discacci il sant*uomo dalla sua chiesa: recatosi Ermogene a Costantinopoli tent di eseguire Tem pia commissione* Ma trov opposizione nel popolo, il quafu a tanto giunse che e ue incendi il pafuzzo, e fui uccise strascinandolo pei piedi fungo fu strade* Informato del fatto Cosiamo , recossi alla capitale, e il santo Paolo ne discacci. Di pi fu citt pun, togliendole met del frumento gra t uito che il clemente Costantino le avea assegnato. C onsisteva il dono in ottocento mila pani al giorno. Si adir aoche contro Macedonio, uoo solamente p erch era stato ordinato .senza sua saputa, ma perch molte uccisioni eraoo stato commesse, delle quali egli riguardavasi come aulor sedizioso. Tuttavolta lasciandolo nella chiesa, nella quale era Stato ordioato, ritorn ad Antiochia. U divino Paolo and di bel nuovo a Roma, ed

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ivi accordatosi con Atanasio , rifer al romaoo pontefice quanto avea patito, ed ottenute lettere di fui e dell* imperadore Costante sollecitamente ritorn, e con grande allegrezza delia citt fu re stituito alla sua sede. Io uuovo sdeguo mout Co stanzo, e lo esigii per sempre, e Filippo, prefetto, esegu il decreto; e colloc nella chiesa Macedo nio , impugnatore dello Spirito Santo. Paolo per fu mandato in es'glio occultamente, poich il caso di Ermogene avea insegnato a Filippo come eoo* venisse operare con prudenza. Perci cominci dall* invitare onorevolmente il vescovo di Dio Paolo al bagno che chiamasi d Zeassippo, supponendo avere a parlargli di cose importanti pel bene pub* blico, e consultarlo sopia affari segreti. Poi fu mand al palazzo imperiale \ iodi a Tessalouica , patria sua e de'suoi maggiori, n gli viet mai di ritornare alfu parti dell'Oriente, n di recarsi alfu * vicine citt. Allora 1 empio Macedonio, ajutato dalla forza armata, e condotto con lo stesso pre fetto, invade la chiesa di Dio; e nel trambusto fu quelfu occasione nato, molta uccisione segu* es sendosi contato di morte tre mila cinquanta per sone ; e cos con la strage de* cattolici viene egli installato. Nello stesso tempo Costanzo avea edificato 1 1 gr an tempio detto Sofia di Dio \ e poco dopo il diviuo Paolo per la terza volta and in Italia, e fattosi compagno Atanasio, ambedue si presenta rono a Costante, imperadore d'Occdente, narran dogli quante traverse a veano sofferte. Costante data attenzione alle cose udite , scrive al fratello che gli mandi tre vescovi d'Oriente i q u a li. g li

sto rici a bi oorafi ecclzsi astici* igg dessero conto di ci che aveano avuto Pardire d i commettere cootro dtanasio e Paolo. Quattro Co slam o oe mand* e furono Narcitio, ci lice, T eo doro > trace, Mari* calcedonio, e M ara (o Marco)* siro. Costoro non ebbero Panimo di abboccarsi c on Atanasio e con Paolo , ed occultando la fede che in Aotiochia aveano professata, e componen done una dichiarazioue, la quale noa potesse aper t amente rip ro vare, ma per non confessando il Consustanziale, la presentarono alPiraperadore, n altro fatto, n di altro inquietati , partironsi. Pas sati t re anni da queste cose i vescovi d'O rieote adunaronsi, e decretarono un*altra formula di fede, trasmetteudola agl* Italiani. Erano procuratori del coocilio allora JSudosio, vescovo di Germania , 'Martirio, e M acedonio di Mopsuestia. Quella for mula era la medesima che fu prima , se non che si estendeva assai pi , e vi si erano in fine ag giunte alcune cose assurde. I l concilio de* padri , che si tenne in Roma, non accett quella formula, dicendo bastargli il simbolo di fede decretato in Nicea. Per queste cose cresciuti essendo i tumulti, e nulla definito, viene convocato un concilio ge nerale per decreto de* due im peratori Panno un decimo delfu morte di Costantino, Questo coocilio fu intimato iu Sardi , e vi concorsero dalPOccidente pi di trecento vescovi, e soli set tantasei d alPO rientenon avendo volutogli Orientali trovarsi con gli Occidentali per la ragione, che erano a questi uniti Paolo ed Atanasio. 9 difensori delfu verit* Laonde i pi non rigettando gli Atanasiaoi, n gli avversi volendo deporre 1 astio contro i * sostenitori della fede, si disgiunsero; e gli Orien-

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CLASSE TEKZ4 ,

tali tatti traeodosi a Filippi, citta della Macedonia, pubblicamente congregat osi di n uove , ed ivi apertamente detestarono il Consustanziale ; e i S ar di censi quelli condannano, e deponeodo gli accu* satori di Atanasio come calunniatori, stabiliscono la fede coofermata nel concilio niceno, e sot to po ugouo fu contraria al Panatema Le quMi cose all' imperadore Costante riferite , egli con lettere le comunica al fratello Costanzo, e lo ammonisce a trattare amichevolmente Paolo ed Atanasio, e a nou impedire che ricuperino fu furo sedi ; aggiun* geudo che quando alla giusta proposta nou ceda, verrebb'egli medesimo, e a malgrado di lui ren derebbe giustizia a chi contro il debito era stato offeso. Cosiamo temendo le minacce del fratello, proib al divino Paolo di risedere neP proprio suo vescovado; e Pi 11usi re commilitone di lui Atanasioj eoa molte lettere chiam a s , fu accolse assai cortosemeute, e fu restitu alla propria dignit. Di questa inaoera fu sedalo il grati tumulto, e ral legrossi fu chiesa di avere ricuperati i suoi pii

campioni
Ma essendo succeduto che Magnemio usurp il dominio, ed uccise Costante, imperadore di O cci dente t fu procella delPariana empiet turb di nuovo tutte fu chiese , e di ouovo Atanasio fuggi, e la sede sua venne occupata da Gregorio; e Paola fu rilegato a Cuccuso , luogo d'Armenia , e quel propugnatore della piet, assalito di notte da uomini empj , strozzato, fu fatto martire. Nella chiesa di Costantinopoli fu costituito patriarca Macedonio t aocbe da altre chiese discacciatisi i pastoris i lupi invadono Povile ; il furore di Macedonio tenta di

st o r ic i

b io g r a fi

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oscurare le crudelt dagli Etnici commesse cntro i Cristani ^ e lO rien te io te ro viene avvolto in grave calamit , e* massimamente Costantinopoli. Avvenne per foo che fu mandato in esigi io anche Agelo%vescovo de* Novaziani ; e questa era incre dibile sciagura , perch non solo questa violenza estendevasi a* vescovi, ma si diffuse aoche a donne, e a ragazzi *ed a chiunque non ammettesse la eorouuiooe di Macedonio. Diremo empiet non pi udita: le poppe delle donne chiudevansi entro i coperchi di piccole ceste, e compnmevansi finch rimanessero stiappaie; altre troncavansi col ferro, altre abbruciavaosi con uova infocate, i cui fram menti* avvilupparonsi entro fasce. Cos a questi empj venne in pensiero ci che il pudore umano non permise a* Gentili d* inventare contro la na tura. Macedonio estese la sua crudelt fno io Pafagooia, avendo udito dire trovarsi col molti ed Ortodossi, e Novaziani} e quattro coorti di gente armata mise in ordine, onde contro quelli moves* sero, e cou la forza li costringesse ad abbracciare fu sua empiet. Ma i Mantinei unitisi insieme, e per zelo della piet dando mano a falci, a scuri, e a quanto potesse servire di armi, si opposero a quelle coorti, e venuti a combattimento, molti in* vero de Pafagoni rimasero morti, ma quasi tutti ebbero lo stesso fine que* soldati. Cotanta strage , e l impudenza, con cui le altre iniquit accennale furono concesse , con tutta ragione fenderono odioso Macedonio non solo a quelli che da lui erano s mal trattati , ma pur anche alle persone della sua stessa setta. N poi per coleste sole cose, ma ancora perch , minacciando ruiua il tempio,

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CLASSI T Z B tA ,

io cu! giaceva il corpo del piissimo imperador Costantino, prese di proprio arbitrio quelle spo glie fu trasfer nel tempio d i'S . Acacio . E come quella translaziooe con piacque a tutti, ed a molti pareva empia cosa il disotterrare i cadaveri dei morti, e quello massimamente di uo imperatore si illustre per piet, ne segui grande strage. Dei molti e si gravi mali da Macedonio commessi piccola peoa per ebbe a patire, nou altro essen dogli toccato che di perdere fu dignit. Prevalse Pariana empiet finch Costanzo regn* e maggiorme nte a tempi delPentpio Valente , fino a tanto che la vendetta divina fu pun. La fede ortodossa salz da taote agitazioni sofferte, quando per giu sto divisameoto di Graziamo che avea P imperio in Occidente, alla imperiale dignit in Oriente fu inalzato Teodosio, spagnoolo. Per la piet di l ui fu esterminata lempiet ariana che per quarantanni avea vessata la chiesa e i'u il debito ouore re 9 stituito alla fede ortodossa. Il pio i mperadore adun que convoc un concilio per comporre i Macedoutafti cogli Ortodossi} e perch tutti confessassero fu Consu stanziati t. Al qual foe raduu i capi degli Ere tici* t degli Ortodossi concorsero da Alessaadria Timoteo ; da Gerusalemme Cirillo ; NeUzto da da Antiochia ; Gregorio ffuziaazeno , da Tessalo* nica chtllio ; da Nissia, Gregorio e moltissimi ai* tri, il cui numero giunse a centocioquanta. Della turba eretica erano caporioni JElensio, ciziceno * Marciano , lampsaceoo , Eveo, efesio, ed alcuni altri che in tutto furono trentasei. L imperatore, e con esso lui gli Ortodossi esortavano gli eretici onde, abbandonata quella fazione, si unissero in*

STORICI % B lO G IU n ECCLESUSTlCl.

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sieme tutti, ed ammettessero il Consustanziale* come anche diaozi, senza esortazione altrui , mandato aveodo legati a Liberio aveano promesso di confes sare, che usando insieme la parola omousion (consu stanziale), spontaneamente erano venuti ad a mmet tere la comunione cogli Ortodossi. Ma gli eretici ni un conto facendo della giusta rimostranza e della buona ammonizione, non abbandonarono la loro empiet. Perci vennero discacciati dal concilio e dalla citt ; e il concilio cre vescovo Nettario, nomo di sangue senatorio, e d dolci maniere, per fu quali massimamente era in buon concetto. Il concilio poi cooferm la fede proclamata iu Nicea. L'Imp e radore approv tutto , ed ebbe cura che si trasportassero con graode riverenza fu reliquie di S. Paolo ; ed i vescovi quanti erano insieme con Nettario uscendo di Calcedotiia andarono per luogo cammino ad incontrarle . e con ampia pr* cessione e con canti , portaadole attraverso della capitale, le collocarono nella chiesa di S, Irene VJntica%ch e , di piccola ch essa era , Cosiamo , imperadore, ave*per ogni verso fatta grande, ed alta quale Paolo in addietro avea presieduto* Ivi tutta la notte si consum in canti ; e nella seguente mattina tutta fu citt con eguale onore e gloria, presenti tutti i vescovi, il clero e Pimperadore medesimo, vennero quelle sacre spoglie tumulate s e lla chiesa che oggi chiamasi dal nome di lui. La vita da cui cavammo queste notizie, nella elocuzione e uelP affetto alcun poco migliore del* l'antecedente*

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CLASSZ T U ,

ANONIMO
SSTftfcTTl DALLA VITA DI ATANASIO.

Lessi il libro futitolato Vita e combattimento dei nostro Santo Padre%vescovo di Alessandria , il grande A tana$io> scritta oello stesso modo delle gi indicate* Correva fu festa di S. Pietro, vescovo e mar tire, tutta la citt di Alessandria era in tripudio, ed AUssandro , successore di quel santo dopo fu celebraziooe de* santi misterj, sedeva a mensa coi principali del suo clero. Cos stando vide dalPalto luogo ov* era alcuni fanciulli sul lido divertirsi ira loro innocentemente, e nel divertimento inci tare la celebratione de sacri e venerandi mister)) non per farne soggetto di scherzo, ma per genio di rappresentare quaoto potevano aver veduto; ardimento, giusto dirlo, che nou doveano p er mettersi. In quella rappreseutaziooe furo Atanasio veniva da fuociulli creato vescovo; e gli altri fi gu rarono chi i catecumeni e i battezzatati , chi i sacerdoti e i diaconi. Finito cbe ebbero quelfu furo cerimonie, Alessandro li chiam a s , ud che non per ischerzo delle cose sacre aveano essi fatto cos, ma come da ci , che poi avvenne, t u capirai, per un certo divino istinto, e con la sem* plicit d'animo fn d* allora in essi volgente al bene. Quindi quelli che erano di quella manier a stati battezzati , Alessandro uuse col segnacolo di Cristo ; e consegnato Atanasio a suoi genitori , ordin furo che fu facessero studiare, e quand o

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b io g ra fi c c L ssu sT rc r.

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fosse adulto lo consegnassero a fu i, o piuttosto alla chiesa , come un altro Samuele da essi of ferto a Dio. Fecero eglino quanto l'arcivescovo avea loro imposto; e venuto il tempo debito gli consegnarono il figliuolo. Lo accolse e g li, e lo fece suo convittore, partecipe d'ogui suo pensiero, ed ajutante suo in ogni opera di piet La rabbia ariana, la quale avea invaso il mondo, fn da princi pio avea avuto molte contese col divino Alessandro t e di poi altre Atanasio ne chiam sopra di s a cagione della piet sua. Perciocch egli scopr che Ario dopo la condanua e la scomunica subita , si fnse ortodosso * onde cou queste larve vie pi confermare la sua eresia ; e quando dai pio impe radore Costantino (sapendo sovente gii astuti e fallaci uomini ingannare anche i prudenti ) fu mandato ad Alessandro , vescovo di Alessandria, egli non volle accoglierlo. Morto poi il sant'uomo, Alessandro, fu Atanasio ordinato a successore di fui > e poco dopo incominciarono i suoi contrasti, in fui solo le lingue degli eretici tendendo, e vi brando le loro calunnie ; ed Eusebio, vescovo di Nicomedia, spezialmente, e i seguaci di questo gli macchinarono contro insidie di pi maniere, pren dendo a soldo anche certi uomini di Melegio * e inducendo costoro ad accusarlo di parecchie cose# Primieramente dissero che gli Egizj per l'avari zia di Atanasio dovevano somministrare alla chiesa Alessaodrina vesti di lino. In secondo luogo che tramava insidie all* imperadore, avendo sommini strato danaro a certo Fdomeno che affettava l im perio. In terzo luogo oppongono il fatto d* Ischira, della mensa rovesciata, e del sacro calice spezzato)

*o6 cussi n u i , quello di Mareole, del prete Macario , assalitore come ladrone* e le diffuse per tutto il mondo false novelle circa queste cose. I seguaci di B u sebio ioformaoo Pimperadore di queste e simili cose, e per eccitarlo maggiormente contro Atana~ sio, accusano questo di aver ricusato di accogliere un uomo che ubbidiva agli ordini dell* impera dor, e che rettamente sentiva nella fede. In quel tempo quasi tutti i vescovi concorrevano a Gerusalemme per celebrare 1 Euceoie* e il pio * imperadore Costantino ordin cbe si radunasse di nuovo uo concilio per esaminare quauto dicevaai del sant* uomo Atanasio , e per ridurre Ario alfu fede. Aggiungendo che se l'invidia avesse separato Ario 'dalla chiesa, i vescovi cercassero di riconci liare fu parti t e che se Ario si fosse prevaluto di /rode, dovesse recarsi ad Alessaodria, ed ivi isti tuirsi processo accurato , e giudicarsi di lui. O r din per tanto che diverteodo il cammino, prima i vescovi congregati in Tiro dovessero esaminare le imputazioni dato ad Atanasio, e per connessione discorrere aoche di ci che si poteva fare contro Ario. Era quello Panno trentesimo del regoo d i Costantino. I vescovi adunati io Tiro furono ses santa , andativi dalle diverse citt ; e presi e dette Dionigi , uomo coosolare , e con esso lui il prefetto di quella spiaggia, ed uo certo ma gistrato. V* inte rv enne pure Atanasio \ e il prete Macarto vi. fu coodotto , incatenato e custodito da una squadra di soldati. Primierameote adunque gli accusatori parlarono delle vesti di lino; m a tale calunnia, che non fu nuova in Tiro, ma era stata dianzi in Nicomedia udita dall* imperadore ,

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A p i, e Macario , prete dAlessandria, capitati col per accidente, facilmente sventarono. Da ci 1* imperatore ebbe 'occasione di fare per lettere alti rimproveri agli accusatori: indi ordin cbe Atanasio si recasse a lui. Quelle lettere indiriz zate al concilio congregato in Tiro, quando furono udite dagli Eusebiani fecero costoro dleoti, quaoto prima le loro cabale aveano contristato Atanasio, essendo essi rimasti molto mortificati pei rimpro veri dell* imperadore e per la riproposta calunnia delle vesti di lino, udita gi in addietro dall*im peradore. Avendo questa calunnia avuto poco esito, si veone al fatto $ Ischira e di Macario * Il grande Atanasio con eccezione legittima, escluse i seguaci di Eusebio come nemici suoi manifesti. Egli v e le va che a*incominciasse a dimostrare, se fosse veramente sacerdote quej* Ischira , contro cui , mentre celebrava i sacri misteri, fingevano che To rnano fosse insorto, e gli avesse usata voleuza per ordine di Atanasio , avesse rovesciata la sacra mensa, spezzato il calice , ed abbruciati i sacri libri. E que* due punti egli oppose alla legge comuoe. I Giudici ricusarono di pronunciare, con cbe si diede tempo a confermar fu calunoie ; e perci quauto con buope ragioni era stato detto, non ebbe effetto. Nel sostenere il fatto d* Ischira e di acario, T a r d i mento loro era intollerabile ; e fu scarsit delle prove dimostrava che Taria loro di sicurezza altro non era che una frode e un ma lefcio di empiet, e d* invidia. Con la poca dila zione poi, e col dolo c oprendo Ja vergogna della r ipulsa , mandarono contro Mareote uomini della stessa fazione, fngendo doversi esaminare fu cose

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CLASSE TCRZA *

sul luogo n cui erano avvenuto. quando A ta nasio vide mandati quelli che avea ricusato d'avere per giudici, cio Teogonio, Mari, Teodoro, Ma* cedonio9 Ursacio grid, e dichiar a tutti l in giustizia essere inaoifestissiina j tenersi in carcere il prete Macario , d quale era stato il primo ad accusare ; e laccusatore Ischira aggiungersi a* gi* dici illegittimi. veggendo che dai padri non si avea nel concilio verun riguardo per lui, part di nascosto ed and all* imperadore contese ne fosse chiamato. Co loro poi , i quali eraoo stati mandati contro Mareo te * badando ad una parte sola, sic come il mendacio e l'invidia loro suggeriva, com posto un libello daccusa, ritornarono al concilio , il quale gi avea prima condannato Atanasio sul fondameuto d essersi allontanato* Ritornati adunque confermarono, con laggiunta di molte calunnie, quella condauna; e in tutta fretta da Tiro anda rono a Gerusalemme per celebrare la festa delfu consacrazioue della chiesa con quelle maui conta minate; dove gli usebiaui ebbero Ario in luogo di prefetto. Ma i fedeli, diversamente opinando , abborrirono i fatti seguiti , e domandarono che Ario dovesse rendere conto in Alessandria delle cose, delle quali veniva accusato ; e quando f u giunto col, fu messo in prigione.. Mentre tali cose seguivano, furono ricapitate lettere dellimperadore , per le quali veniva ord* nato che Atanasio andasse a fui, e cos pure gli Ariani quanto prima comparissero fu Costantino* poli. Queste lettere misero il concilip ia mestizia, per fu che molti vescovi andarono alle loro sedi , ed Eusebio e Teogonio deliberarono di rimaner

S T O R IC I E

B I OG R A F I

E C C L E S IA S T ICI .

seoe ivi , pensando che il tempo avrebbe fatta svanire la mestizia oud'eraoo presi. Frattanto Afa* naso presso Pimperadore, che allora era iti Psamazia , sobborgo di Nicomedia, si purg del de litto appostogli, che avesse, cio, mandato danaro a Fibmenot e di l onorevolmeote fu mandato ad Alessandria con lettere imperiali che la sua io Do cenza attestarono. Era col anche Dario%mandato dai Gerosolimitani; e FEgillo fu di nuovo terbato. Di che aveudo Atanasio informato 'Pimperadore, questi ordin che Ario fosse richiamato. Eusebio ed Ario, trovatisi insieme sulla strada di Cesarea, ordirono nuove calunnie contro il saot* uomo. Giunti poi gli Eusebiaui ben tardi e di male umore a Costantinopoli, dicevano nou essersi presi io esame gli altri delitti apposti ad Atanasio* ma in quanto riguardava ad ischira , la cosa essersi esaminata, ed essersi apertamente conosc iuti tutti attentati di Atanasio. Slmil mente dicevano avere egli proibita la provvisione del fru mento solito ad essere da Alessandria mandalo a Costan tinopoli , e per questo essersi poi occultamento -eoo fu fuga sottratto, Di queste cose persuaso Pimperadore, e vlto a sdegno,' co udanti a A tana Sio alPesiglio, ed oidina che vada a Treviri nella Gallia. Per tal fatto tutto di tumulti e di sedi zione non comune empiutosi P Egitto, e P eresia infettando le chiese a guisa di pesto , Costantino venne a morte iu un sobborgo di Nicomedia, dopo aver regnato trntuu anni, e nella et d'anni sessantacinque. Egli fusci il suo testamento a certo prete ariano , commettendogli di portarlo a Costante , suo figli uolo. Per questo testamento quel F ozio, Voi# IL ti

i lo CMSSR TERZI, principe era fatto erede dell* imperio s d* O cci dente conte di Oriente. Ma quel maligno uom o, domandato da molti se Pimperadore avesse fatto testamento, fu neg, in ci acconciatosi cogli eu nuchi nella fraude. Poco dopo and Costanzo a quel prete, il quale nascostamente il testamento consegn, di una sola grazia pregandolo, cio che volesse tenere la dotti ina di Ario. Gli Eusebia ni', p er nrfezzo di quel prete, trovarono accesso presso Costanzo e presso il capo degli eunuchi , che chiamavasi Eusebio , e cos presso gli altri , ed ltre ci coovertirono alla eresia ariana la stessa imperatrice, e gli affari di Ario presero nuovo vigore. Io quel tempo Massimo reggeva la ch':esa di Gerusalemme, e quella di Costantinopoli Atessan dro , ed Atanasio era iu cogito. Venuto A rio a Costantinopoli , si mise a fare di tutto per cor rompere la Chiesa di Dio \ se non che infine ne ebbe la mercede che meritava. Perciocch per le orazioui di sant'essand/ , ' vescovo costantino politano , ritiratosi per bisogno in una delle la trine della citt reale, improvvisamente ebbero ad uscirgli ad un tratto dal corpo le viscere. E gli Ariani, che poco prima si erauo tenuti quieti, di poi tutto turbarono, credendo d'avere trovata oc casione opportuna nell' esigilo di Atanasio , che allora credettero dover durare. Ma la provvidenza di Dio mand vuoto le loro speranze, perch Co* stante, imperadore di Occidente, richiamatolo eoa sue lettere dalPestglio* fu restimi alla sua sede di Alessandria, somministrandogli quanto occorreva al viaggio, e tutti gli Ortodossi molto volentieri

STORICI S BIOORAFI I C C L E S U STICT.

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accolsero il loro pastore. Gli Eretici per mossero dal cauto loro sedizioui e tumulti , d'onde i se gnaci di Eusebio presero motivo di calunniarlo presso l'impeiadore; e per quelle calunnie Costunto and in toota colieta, che di bel uuovo fu con dann all' esiglio. Col oro , tagliala avendo ad un morto la mano, ne formarouo uu soggetto di ca lunnia, dicendo che Atanasio l'avea fatta tagliare ad un certo Arsenio , cou la quale poi volea fare uu venefcio. Ma il decreto dell* esiglio non era ancora pubblicalo', e per ordine di Costanzo tenevasi di uuovo il concilio di Tiro* Sped adun que Costanzo il domestico rcheleao , della fa zione medesima, iusieme col preside della Fenicia, onde insieme con gli Eusebiani intervenissero a quella congrega , ed esaminassero fu querele fatte contro Atanasio. Molto si stette in Tiro , e alla dilazione artificiosa presero per pretesto che si aspettassero gli accusatori da Alessandria , poich dicevasi che iti furo presenza era stato commesso quel delitto. Ma per divina disposizione ecco 'cosa accadde. Eia q^eWArsenio lettore della chiesa Ales sandrina, il quale dovendo essere castigato per qualche fallo commesso , liberato del beato Atanasio , erasi poi salvato con fu fuga. E come, esseudo esule, non conij-ariva, quegli empj da ci trassero l'audacia della calunnia. Ma tocco nel cuore Arsenio , e uou potendo soffrire che chi fu avea anzi liberato dal meritato castigo fosse vit tima di s p atente caluuuia, avendo le dilationi di Tiro dato tempo cbe quella si spargesse da per tutto, egli seti vol a Tiro, deliberato piutt sto di morire, se fusse necessario, cbe tradire nella

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causa d i . Atanasio la Chiesa. Si presenta egli adunque' fu secreto ad Atanasio . il quale fu con sigli a noa farsi vedere da alcuno prima della se ntenza che si doveva proauaziare, tanto per ti* more de*nemici , capaci di tentar tutto iu .suo danao , quanto perch nou avessero a ricorrere ad altre dilazioni oode lasciar cadere P accusa. Convocatosi dunque il concilio, la prima accusa che intentarono ad Atanasio fu di adulterio, fatta venire una donna impudica , fu quale sfacciatameote, e corrotta eoa d anaro, gridava essere stata da Atanasio in tempo di notte eoa violenza stu prata. Era con Atanasio il prete Timoteo, e come per divioa ispirazione presero il saggio consiglio pel quale la calunnia degli accusatori subitamente cadde vuota ; imperciocch essendo venuti al co spetto della donna , Atanasio stavasi tacito , pre gando tra s Dio, e Timoteo* che quella sfacciata donna , cosi istigata , L u i , fui , questo Atanasio , dicendo essere *il suo corruttore; Timoteo* giacch di fui colei parlava, come se fosse stato Atanasio* fu disse : Dimmi adunque , o donna , sono io ve nuto a trovarti, o m'hai tu accettato in casa tua, oppure ti violai io di ootte? E colei, com 'era volgare prostituta, cou volto sfacciato e guardando fsso a Timoteo t Tu , rispose, tu sei quello che mi violasti di notte; e cosi con gran rumore volta ai giud ici giurando i Costui* mostrando col dito Timoteo e traendolo, costui , diceva, e non al tri che mi corruppe. Conosciuta 1* ebbriet di quella vile carogoa, e giudici e satelliti ridevano, ed ammiravano la prudenza di sauto Atanasio , il q uale, serbandosi tacito, l'accusa ritorceva contro

STOBI CI & BIOGRAFI

ECC L ESIAST I C I .

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gli avversar], mostrando quanto fosse sfacciata lordita calunoia. Ma non perci si rendettero mi gliori, ch oon si attenuer a quanto 1 equit ri chiedevi! e la giustizia. D altra parte gli acc usa tori , i quali dovevano andar lieti di sfuggire fu pena della calunnia, si volsero a parlare della de stra di Arsenio , e di quel delitto , e de9 prestigi pe quali dicevano che Atanasio fu avea commesso rinnovarono la querela. Allora Atanasio conferma voce e con animo intrepido domand; Chi di voi conosce Arsenio , o sa che sua sia questa mano ? rispondendo molti degli accusatori eh9 essi co noscevano ottimamente Arsenio , Atanasio sog giunse: Giacch con tanta sicurezza hanno confes sato di conoscere Arsenio , egli qui e cbe entri* Ed essendo Arsenio entrato, domanda di bel nuovo se conoscessero la persona introdotta, e se questa fosse Arsenio. N p otendo essi negare che noi fosse, egli fu trasse pi innanzi nel giudizio , ed avendolo iovitato a stendere prima la mano de* stra e di poi la sinistra, grid : Ecco Arsenio , o cittadini! ed ecco la mano di un uomo, o giudici mar&vtgliosi ! Dicano dunque gli avversar] di chi sia questa mano , e doude P abbiano tratta, giac ch a che fue abbiano ci fatto nessuno pi pu dubitarne, eh'essi taglia rooo fu mano ad un uomo per uccidere noi. E cosi ancora distrusse fu furo fraudi. Ma ciechi e muti i giudici, sia per com piacere a Costanzo , sia per favorire gli Eretici i ei quali erano attaccati, lasciando di pronunziare, cercavano di nascondere la calunnia sventata. Non pi gli avversai] ricorsero alla calunnia , ma svergoguataineote a fu i, sortito gi vincitore r

14 CLASSE TEMA intentarono ona querela domicidio, e gli uni coO le parole , gli altri lo investivano con battimenti di mani, altri fu minacciavano che l imperadore fu avrebbe fatto morire. Onde Archelao, veggendo che quegli empj potevano metterlo in pezzi, uscito appena di casa, quantunque non temesse del con cilio, pure, mosso da naturai verecondia , fu lev al pericolo soprastantegli per parte de satelliti della fazione, e lo persuade a sottrarsi con la fuga , e glie ne somministra i mezzi. I suoi av~ versar), radunatisi di nuovo in concilio , altri ne fandi e falsi delitti gli appongono , perch sia messo in prigione. Le quali menzogne, esposte in un libello, essi mandano a Costanzo^ e fu spargono per quasi tutto il inondo. Ogni luogo fu dunque un asilo per santo Atanasio dach facevansi grandi ricerche di fui ; cosicch erasi fatto capi* tale delitto per chiunque sapesse ove si trovasse e trascurasse di notificarlo, e dallaltra parto premj proponevansi per chi lo conducesse vivo , o ne portasse la testa. Il che saputosi da lui , forte di una pazienza che direbhesi di chi abbia il cuore di diamante, per sei anui interi si stette oascosto in una fossa priva d' acqua. Il giorno poi antece deste a quello in cui dovea essere scoperto il luogo del suo rifugio , per una specie di rivela zione diviua si trasse ad un altro, e venne in Occidente, ove regnava Costante sulla porzione dell imperio toccata a lui, e fu quella di suo frat e lfu Costantino , stato questi ucciso dall esercito per essersi creduto che volesse usurpar tutto. Ivi adunque Atanasio recatosi a Roma rappresent al pontefice Giulio quanto avea patito per parte
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degli Ariani; in cospetto di Costante imperadore , e come a sovversione delia fede ortodossa erasi convocato un concilio in Autiochia ed a lui dato, contro tutte le leggi uu successore di nome Gior gio-, e in luogo di questo Gregorio. Eusebio p o i, fatto quauto abbiamo esposto , inand una lega* tione al venerando pontefice romano Giulio , cer cando che anch'egli condannasse Atanasio. Giulio per , avute fu lettere di Eusebio , tanto fu luugi dal condannare Atanasio che anzi trov doversi assolvere , e con sue lettere dichiaiandoti contro le ingiurie fatte ad Atanasio , Io mand iu Ales sandria, e. ne* suoi diritti , come se mai non ne fosse stato escluso, fu restitu, non poco rimproveraudo quelli che ingiustamente lo aveano tur bato. Gli Ariani, che ogni gioruo piti corrompe vano Costarno, procurarono che cou forza annata fosse maudato ad Alessandria quel Gregorio che essi vi aveauo ordinato ; della quale forze armata era capitauo Siriano , e quel corpo si componeva di cinquemila uomini. S. ianano fugg da quel l'esercito e dai soldati eh* erano deliberati di u c ciderlo , e nuovame nte and a Roma; e 1 empio * Gregorio occup la chiesa d'Alessandria. Di che sdegnati gli abitanti di quella citt , incendiarono per dispetto il tempio di S. Dioaii. S. Paolo , vescovo di Costantinopoli, stava in Roma, esule insieme con Atanasio, e fu compagno a fui nella palma. Costante poi scrisse al fratello Cosiamo pressandolo il poutefice Giulio , perch que* prelati fossero reintegrati nelle loro sed i; e come ci uon si ottenne, Atanasio e Puofo do mandarono che da uo coucilfu ecumeuico fosse

at (5 Ct i SSE TERZA ,9 determinato quauto riguardava la fede ortodossa e le loro persone , giacch fu vioUztooe de* loro diritti si risolveva anche in discapito della fede. Si raduna dunque di nuovo, per consenso dei due mperadori, il concilio di Sardica, undfui anni, dalla morte di Costantmo%furo padre. Pi di tre cento vescovi vi concorsero dall*Occideute, e dalrOrieote settantasei soli, tra i quali annoveraVasi come fosse vescovo I*Ischira , di cui si parlato. Fattasi dunque la congrega in Sardica, gli Orien tali ricosavano di unirsi insieme con gli Occiden tali , a meno che non fossero dal concilio espulsi Paolo e Atanasio. Md a questa domanda non consentirono n Protogene * vescovo di Sardica , n Osio cordovese , n gli altri vescovi , non in tendendo che gli uomini i quali essi eraoo chia* mati a giudicare s* avessero a condannare e scac ciare senza udire le loro ragioni. Separatisi duoque dagli Occidentali quelli dell*Oriente, questi andarooo a congregarsi io Filippi %e non pi eoo al cuna riserva ; ma apertamente ed audacemente condaonaodo il Consustanziale , stabilirono l*ine~ guagliaoza tra il Figliuolo e il Padre, e da per tutto diffusero l'empia eresia. Quelli poi che erano in Sardica, primieramente condanoarooo il sinodo privato di Filippi; iodi gli accusatori di $. A la nasio, come rei di calunoia, privarono d ogni furo dignit, e per la terza volta fu coufermato il de creto ai ce no , la ioeguaglianza condaonaodo nella Trinit; e tale sentenza sparsero anchesti da per tutto cou enccliche. Le qualf risoluzioni prese in Sardica, tosto che furono notificate alPfmperadore di Occideote, questi immantinente le comunie al
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STORI C S STOGI AFI BCCtVSUSTT Cr. I

fra (elio , e in parte fu ammoniva ed in parto an che gl* imponeva a far restituire fu furo sedi a Paolo , ad Atanasio e agli altri vescovi che li avano seguiti. come Atanasio continuava ad essere perseguitato dalle insidie degli Ariaoi , ed erasi di nuovo tratto a Roma , Costante replic lettere al fratello , dicendo che se di buon animo fu avesse voluto accogliere e collocare nella sua sede, fu avrebbe prontamente fatto parti re diver samente che se ne sarebbe fatto vindice. Cosiamo* messo io paura, chiama co n sue lettere Atanasio non una volt a sola , ma ripetutamente due o tra volte, e spedisce aoche persone che fu lusingas sero e fu conducessero. Costante. adunque non esit a licenziare il grande Atanasio , facendolo accompagnare da buoaa scorta di armati, e il pontefice Giuliq fu mun di molte lettere Costanzo fu accolse e fu restitu alla sua chiesa , alle cor tesi parole per aggiungendo qualche rimprovero* Imperciocch, diss'egli, a mio spregio tu ten fug gisti quando io era disposto ad abbracciarti cou fu migliore bao ua grazia. Voglimi dunque sapere buoo grado in una sola cosa. Volentieri t o impe radore , mi prester a quanto dimanderai, con tutte fu forze mie. Costanzo a fui Concedi agli Ariani una delle chiese che sono in Alessan* dria. Ed i*gli : Far ci cbe comandi, o imperadorev ma tu devi dal canto tuo coocedeie che ne sia data agli Ortodossi una io Costantioopoli , giacch ivi ue maocaao. *Prontamente Costanzo disse di s , ignorando di recare con ci d ofuie agli Aitarti, la cui dottrina egli seguiva. gli per tanto aramiraudo Sa prudenza e destrezza di Ata~

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nasio y fattogli grande onore, fu conged, scrivendo anche alPaugustale Nesiorio, onde tra le altre cose fu trattasse e fu facesse accompagnare con so m ma onorificenza , ed avesse per nulla tutto quelfu che ei medesimo imperadore, e gli Ariani c o ntro lui stabilissero , e di pi ordin che anche il clero di fui godesse della dignit e libert di ainmint~ strare,le cose sacre. Essendo Atanasio* cammin facendo, arrivato a Gerusalemme , comunic a Massimo vescovo e confessore, gli atti del coocilio di Sardica, e come Coi tanto gli si era dimostrato benevolo. Massimo poi raduna un sinodo di vescovi , che decreta al beato Atanasio la episcopale comuuiooe e dignit, e scrive agli Alessandrini e a tutti i vescovi del l'Egitto e della Libia quauto intorno ad Atanasio efesi decretato e fatto. Andato poi Atanasio in Alessandria, convoc nell* Egitto uu conclio di vescovi, i quali di pieno accordo accolsero ci ebe in Sardica e in Gerusalemme era stato fatto. Ma neU*alza!a che fece Megacuzio per usurpare il trono, e nella morte di Costante da quella tem pesta morto , gli Ariani trovaron modo di conci tare un* altra volta Costanzo contro Atanasio ,* e perci ecco empj decreti, ecco nuova fuga di fui, ecco nuovo inseguimento per discoprire ove - si fosse riparato. E Giorgio, invasore della chiesa di Alessandria, ed A cacio e Palrofilo* setta rj di Ario* discacciarono da Gerusalemme S. Massimo , e a fui sostituirono Cirillo i Giorgio poi fece fanti mali fu Alessandria, che quanto gli Ei etici fecero con. tra i Cristiani diresti cose cbe pur aveano qual che colore di umanit. Si pens ad inveutare

STORICI Z BIOGRAFI ECCLE SIASTICI.

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nuove pene ; buttavansi al fuoco uude fu vergini, e la morie sola molli liber dalla vila e dalla pena. In Egitto erano sbandali Ireuladue ira ve scovi e sacerdoti. Quando Costanzo si vide pa drone dell* imperio occidentale , diauzi tenuto da suo fratello , tent d' indurre i vescovi di quella parte di mondo a condannare Atanasio , e ad adottare la dottrina ariana. A tale oggetto convoc un concilio ; e-in Milano, citt d* Italia , molti Eusebio % Ro trasse ne* suoi disegni. Ma Dionigi, J dano , Paolino, Lucifero non vollero acconsentire nell'errore, n concorrere a condannare Atanasio* riputando che, perito lu i, andava a perire la pia dottrina ; e furouo rilegali in Arimino. Atanasio , trovandosi di nuovo iu evidente pericolo di c*der vitti ma degli Ariani , i qiiali n desistevano di cercarlo da per tutto, e vie pi accanili non la sciavano dubbio che uon fossero per trattarlo pi c rudelmente di prima , senza che nessuno se oe avvisasse, si rifugg presso una certa donzella, ivi, fuotano da ogni cospetto, nascondendosi. Era que sta giovanelta e bellissima, cosicch a nessuno sarebbe mai venuto iu pensiero che alcun uomo , od un vescovo potesse stanziare presso di lei, che avea venti anni. A fui custode di sua verginit, ed istitutore , Atanasio le rappresenta come gli Ariani armali per ucciderlo Io vanno cercando in tulli i luoghi fuori della capitale, e per ispiraziope di Dio, che vuole salvarlo, essere ricorso a Jei. Fu lieta la donzella in dargli ricetto, e presso di lei si stette nascosto per sei anni, fulanio che fu morte di Costanzo fu liber dalla persecuzione. Per tutto quel tempo ella eoo zelo e religione

fise classe t e b z s , tutto gli sommioistr quanto occorreva alla vite % o piccoli , n graodi , n am ici, n nemici sep pero mai oulla di lui. Iotauto Cosiamo deliber di cacciare dalle furo sedi que* vescovi ohe in Italia non volevano adottare la dottrina degli Ariani, e surrogarne altri. E allora-aod esule an*? che Liberio, che dopo Giulio tenne il pontificato, e io vece naa fu creato Felice, il quale ben presto, per. disposizione di Dio, divenne cieco, ed io appresso mor di pestilenza. Simile trattamento ebbe a sof frire M elevoi vescovo di Antiochia, nel cui posto fu dagli Eretici mes&o Eutoio , e a vescovo d i Costantinopoli misero Eudosio , empj uomini en trambi , e degoissimi dell'eresia per fu peccami nosa loro vita. Nel tempo medesimo Costanzo crea Cesar e Giuliano, e fu spedisce nelle Gallie ; e contempo raneamente celebr la ddicaziooe della chiesa da fui edificata e detta di Sofia. Nel primo sedersi* sul trono patriarcale di Costaiitinopoli , Eudosio prouuozi quell' audace e svergognata formula s Padre empio, Figliuolo pio; e a quel detto susci tatosi gran tumulto, voleodo sopire il male co u un ritoedio peggiore: Non vi turbino, disse, que ste mie parole? perciocch esse altro noo signifi cano se non che il Padre oon venera, n ador a alcuno, e il Figlio venera e adora il Padre. A l dire cos di quell* empio Eudosio , si quiet beasi il tumulto, ma oe segu mi ridere generale di quanti l* aveano udito, e molti rideodo ancora uscirono di chiesa. Giuliano poi staudo oella Gallia, avendo riportate molto vittorie sui Barbari , incoronato , fu dai soldati creato Augusto. Di che giunta l a

STOfttC! E BlOOBAFt ECCZZSlSTICf. M I nuova a Costante * questi si fece battezzare da Ifusoio, nemico di Dio * e si acciuse a far guerra al principe che sera alzato contro di lu i; ma nel mentre che trovavasi in una piccola citt C i* lcia, detta Mopsacreue, per Paifanoo che gli dava fu guerra che dovea intraprendere 9 colpito da apoplessia, sp ir, venticinque anni dopo cbe suo padre era m orto, avendone vissuto quarantacinque G'orgio entr in pensiero di fare un oratorio d i uo tempio abbandonato in Alessandria , nel quale gli Etn ici una vlta sacrificivano a M itra uomini, donne e fanciulli, osservandone le viscere, e da quelle pretendendo di rilevare le sorti umane* Nel purificare adunque quel tempio trovaronsi le teste di molle persone uccise ; per fu che i C ristiani di queste facendo spettacolo e come per pompa mostrandole, aggravando calunnie a calun nie, al popolo le presentavano per ludibri. D i cbe punti i Pagani-greci, di tale tra si accesero, che, correudo a quanto poteva loro servire di armi , diedero furiosamente addosso ai Cristiani ; e gli uni con le spade, gli altri con le pietre, gli a ltri con clave v gli altri con ogni altra sorta d* istrum eoti uccisero , e alcuui altri ancora crocifssero* In quauto a Giorgio , strappatolo di chiesa e le* gaio sopra un cam ello, e messo fu b ra n i, fini? rooo coll* abbruciarlo insieme con quell* animale. Giuliano , impossessatosi del Pi mperi o , ed essendo ancora G en tile, prese ad annullare tutte le cose fatte da Costanro , e tutti gli esiglati richiam* A tale nuova Atanasio usc dalla casa delfu don zella , in cui erasi tenuto celato, e si trov la notte nella chiesa , e dagli A lessandrini, ch e so*

*11 CL&SSS TEJIZ4 , leooizxavano una festa , fu con molta allegrezza ricevuto, come morto risuscitato. Gli Ariani ch'erauo nella citt, in vece di Gior gio , crearono fu io vescovo Lucio. Ma Giuliano , che teneva il culto degl' Idoli , faceva pubblica mente sacrifcj io Costantinopoli alla Fortuna. Nel qual tempo Mari , vescovo di Calcedonia, fattosi condurre per mano, poich per la vecchiezza avea perduta la vista , molti rimproveri ed aspri fece all* imperadore apostata. E quegli dal canto suo ricainbiollo con ingiurie , dicendogli cieco e mal vagio , u poterlo guarire il Dio G alileo. A cui Mari rispose: Rendo* grazie a Dio cbe mi rend cieco perch non vedessi l* impura e tenebrosa tua faccia. Ed allora Gtopiniano e Valentiniano, i quali regnarono dopo di fui , scioltesi le loro fasce le gittarouo ai piedi del tirauuo , dicendo : Prenditi queste fasce e tienti i tuoi ouori ; eccoti pur anco le nostre vite , se vuoi punirne . L* im peradore adunque deliber co* suoi consiglieri di cacciare Atanasio , peusaodo che noa avrebbesi potuto rimvere dalla furo piet i Cristiani se quel vescovo non si facesse andar luogi da Ales sandria. Onde uscirono di bel nuovo accusatori, c di bel nuovo ecco capitano e soldati , e di b e l uuovo si va in traccia di fui, e di bei nuovo egli fugge, imbarcatosi sopra una nave di nascosto , e ritirandosi nella Tebaide. Segui vaio alla schiena 1* offiziale ; di che essendosi egli accorto , per di vina ispirazione fece dar di volta al piloto , ed and incontro a chi lo inseguiva; e quelli i qu al i erano con esso fui , piangeudo , fu dissuadevano dal ci fare , onde s stesso e i compagni non

.ST O R IC I

E BIOGRAFI C C L C S l A S T IC I.

325

esporre a manifesto pericolo. Confidate, disse, e non abbiate timore , ch Dio combatte eoo noi j sicch U nave veleggi verso Alessandria. I per secutori tosto accorsero , domandando se avessero veduto Atanasio fuggire; e que'della nave rispo sero averlo veduto, e non essere mollo lontano, di modo che se si aTrettassero potrebbero rag giungerlo, Oode noo si fecero altre ricerche. La nave intanto presto approd ad Alessaudria % e statosi per poco tempo* ancora Atanasio nascosto, accaduta la morte di Giuliano per divina opera , egli con libertr pot predicare la parola di Dio ed annunziare la fede di salute. Mor Giuliano in Persia , alenai dicendo averlo uccido un disertore persiano, altri alcuno de1 S u o i stessi soldati. Ma pi probabile , e cos credettero i pi , da Dio essere stato tolto di mezzo (t). Giuliano non re(i ) Certamente Dio quagli che dispone della vita e drlla morte degli uomini. s notabile i! modesto racconto che della morte di Giuliano fi Eutropio^ che militava n- Ila sp^lizione di quell1 imperadore contro i IVrtaiii , rhe sar grato ai lettori udirlo , tanto pi rhr il Compendio della Storia fomaaa di questo scrit tore non alta inano di tutti* Dice rgli nel lib. X , cap. 1 6 : Alquante citt e castella de1 Persiani ebbe a patti, o eoo la forza- Poi , saccheggiala PAssi ria t t enne per qualche tempo piantati gli alloggiamenti '*a Ctesifonte , d'onde ritornando vincitore , menti e con poco riguardo si mescolava coi combattenti , rimase trafitto da mano nemica, addi 36 di giugno delPanno l n 5. * Aurelio Pittore dice che, tratto negli eguali da un disertore, trovossi per ogni parte incalzato dai Parti i onde } armatosi sol dello scudo * scostossi dagli

c t s s z ' te & , za gn che venti me s i, e visse trentun anni. Morto fu i, per c onsenso di tutto V esercito sali al trono Giovinianot di coi poco fa noi facemmo memoriaj na noo regn che otto mesi , e mor in Bitinia. A lui suceed Valentiniano, propugnatore delfu piet , e si fece collega nell' imperio suo fratello Valente \ ed avesse pur voluto Do che ci oon fosse accaduto! Ma Valentiniano, trattenutosi sol tanto* trenta giorni io Costantinopoli, assegn Oriente a Valente , ed egli s ritenne 1 Oc c i * dente^ e quando egli fu in Occidente, suo fratello, dal medesimo utero uscito, ma a fui infedele, mosse una guerra implacabile alla Chiesa orto dossa. Incominci dal mandare in esiglio Melilo * che Giuliano avea richiamato e restituito alla pro pria sede, e con* Melilo mand in esiglio molli altri vescovi e i principali del clero, lodi turb lutto Egitto, e. riemp Alessandria di tumulti e di persecuzione maggiore di quante per fu in nanzi lessero state. Per fu che temendo Atanasio che si facesse sedizione contro di fui, and a ce larsi per quattro interi mesi nel patrio suo mo numento. Xatiano9 allora incaricato, come prefutto d e ll'E g itto , delle stragi commesse, e di motto aTea afflitti gli abitanti del paese, fa per divfua alloggi sment ch avr piantiti, e mentre enza troppo guardarti intendeva a schierare le truppe per un conbattlmeuto, rimase ferito da imo de1 nemici che era fu fuga, e la notte seguente, per la soverchia effusione ili sangue, mor. Cosa simile racconta dmmiano Mar<tUino , che si trov presente aneh* egli , se noa che tace che il funtore fusse nn fuggiasco.

z BIOGRAFI Z C C *tSl ASTlCU SlS vendetta* assai presto castigato ^ perciocch, spo gliato insieme della dignit e <Pogui avere, fu ri dotto a cercare la limosina , e divenuto cieco 9 tfotto il peso di tanta igoominia fo di vivere. A tanti mali per ogni parte estesi si aggiunse un t rem noto universale , che rovesci motte citt, e dieci nella sola isola di Creta. Venne ancora die tro Cale flagllo uoa inondazione, che si giunse a navigare ne' luoghi che dianzi erano fabbricati Per contrario da altri luoghi le acque si ritira rono , a modo che chi navigava ebbe a trovarsi i n secco Ma non per questo Valente si corresse* perch poi, per Passenza di 5 . Atanasio, tutte il popofu di Alessandria era dolente, e diceva tu multuariamente.che non solo alle navi da trasporto, tna ezi andio agli edifzj pubblici avrebbe messo fuoco se non avesse a rivedere Atanasio , infar inato Valente di questo, scrisse che Atanasio an dasse pure con tutta sicurezza al governo della S u a chiesa. come, essendo Pimperadore in viag gio per Antiochia , venne a morte quelP empio Eudosio , il quale pel corso di diciannove anni a v e a fatta una guerra implacabile ai p i i , ed egli fermossi io Nicomedia $ gli Ariani al morto sosti tuirono Demofilo, e gli Ortodossi elessero un certo Bvagrto , gi ordinato dal B. Eustazio, il quale dianzi prima di Melezio avea presieduto alla chiesa d'Alessandria, discacciato dagli Ariani, indi richiamato dalPesiglio dal pio Joviano , cbe allora #tava in Costantinopoli. Valente , informato di futto,, di buon animo approv quanto gli Ariani aveano futto e i sostenitori della pia dottrina 9 c i o Eustazio , eh' era stato 1 ordinatore di JSV*! Foziot Voi. IL *5
STORICI

c la s se te r z a ,

grio , a mano armato fece condurre ia esiglio a Bizi , citt di Tracia , e P ordinato Evugrio ad altro l uogo Fatte q ueste cose, Tempio Falente si port ad Antiochia, ove slmilmente infier contro i p i i , iuventaodo ed eseguendo p rocedi menti molto peggiori di questi } perciocch fece morire i Cristiani in diversi modi , e molli fece gettare nel fume Oronte. Tutto cosi essendo fu iscompigtio in quella spiaggia, dopo molte futte e fatiche , al Signor comuoe , che avea amato, e per amor del quale tauje tribulationi di lieto animo avea patito , atleta Atanasio pass per riceverne la meritata corona stato nel sacerdo zio quarant anni , o piuttosto in travaglio per la fude ortodossa. Il libro da cui traemmo le allegate cose sente piuttosto, di negligenza cbe di diligenza } massi* marncote poi in molti capi narra cose nuove, noa riferite da altri ( t ).

(i) Noi crediamo bene avvertire quelli che non eod o c o d o troppo U storia ecclesiastica letempi ne'quali vissero Atanasio^ Paolo e gli altri santi vescovi, che som ii oggetto de* riferiti Estratti di Fozio , qualmente la buona critica ha gi rettificati parecchi fatti qui ac cennati j lasciando da parte che i leggitori troveranno facilmente' cme seppi ire col lro buon critrio alta esagerazione' greci , fu tafcte parti da t medeaiflMt troppo matoftettaatesi*

STORICI B SIOCRAFI i c c l z s i a s t i c i .

237

N I M

T IT Z z* SANTI cbe fio riro n o al tb u fo zpu. g r a n e A n t o n i o .

questo un compendio, siccome apparisce, dal^* gran Limonano , come vien detto, sia Prato Spirituale , in cui si narrano le azioni del grande Antonio e de* suoi contemporanei , sia di quelli che forirouo dopo loro; nella maniera che q oello che s*intitola, Nuovo Orticello % descrive le vite e gli esercizj religiosi de* pi recenti siuo al tempo di Eraclio. Questo libro, diviso in ventidue argo menti, con varj racconti, espone Putilit dognuno dessi; e il modo di trarnela. Il Cap. I contiene un* ammonizione onde giun gere alla perfezione, secondo che fecero varj santi uomini. Il II dimostra il frutto della vita tran quilla e solitaria. Il III tratta della continenza ; fu quale dice doversi esercitare non solamente net vitto, ma eziandio iu tutti gli altri moti deiranima. 11 IV come ognuno debba premunirsi contro i combattimenti della fornicazione. Il V della po vert , e come convenga evitare I* avarizia. Il VI della pazienza e della fortezza. Il VII non doversi far nulla con ostentazione. L*Y I 1 noo doversi I giodicare nessuno. Il IX della discrezione Il X doversi essere sempre sobrio, o sia circospetto. L*XI doversi pregare assiduamente c con atten zione. Il XII doversi esercitare con ilarit l'ospi talit e la misericotdta. Il XIII iusegna l*ubb>-

33 $ CLASSE , dieoza. II XIV parla della umili. Il X V della tol leranza de'mali. Il XVI della dilezione. Il XVII di quelli ch'ebbero visioni. Il XVIII de* vecchi ebe fecero miracoli. II X IX della vita di yarj saati padri a Dio grati. II XX Savj detti di ale ooi invecchiati nella vita monastica. II XX I con tiene i colloqu) vecchi fra loro intorno alle p ro prie considerazioni. II XXII ed ultimo contiene le sentenze di Esichio , prete gerosolimitano, con fu quali termina questo libro , utilissimo quanto ogoi altro a tutti quelli che la furo vita confor mano al desiderio di procacciarsi eredit del Cielo. L*a ut ore usa la chiarezza che avea promessa, e nel rimanente si comporta nella maniera pi atta a farsi intendere da quelli che non badano alle parole, ma sivvero pongono ogni furo studio e sforzo io operare.

GIOVANNI MOSCO
PATO, o S U HUOVO OSTICZLLO.

,00

Questo contiene trecento quattro racconti ; ed anch'esso un libro che principalmente guida alla monastica, e tratta a\in di presso fu stesse cose ita ehe il Prato Spirituale di cui si parlato di so pra ; se uon che raccoglie i detti e i fatti di quegli nomini che vennero dopo i mentovati in quello ; cio che dall* epoca nel detto Prato fiorirono, e pi si distinsero io virt sino all* imperio di Eraclio . L autore chiam il suo libro Prato ; ed alcuni fu ebiamano Nuovo Orticello. Fu quest'autore u u

sto r ici

b io g r a fi

e c c l e sia st ic i.

339

eerto Giovanni f soprannominato M osco, il quale da prima diede uo addio al mondo nel monaste* rio del beato Teodosio ) poi visse con que* mo naci che stavano nel deserto presso il Giordano v imitatori del grao Sabba. Per questo ito alle spiagge di Aotioehia, o alla citt dAl e ssandro, e al deserto prossimo, e iodi fino alPOasi, raccolse i fatti egregj di mlti e grandi uomini f parte da lui medesimo osservati, parte uditi da quelli e ch'er a00 io que4 luoghi. Altre cose ricerc, e co nobbe Delle isole, a cui approd navigando verso Ro ma, delle quali arricch questo suo libro che de dic a Sofronio, o Sofrona, suo discepolo, e glielo offre oel momento che sentivasi gi vicino a cam biare la presente vita in altra migliore. Quest*opera scritta eoo dicitura pi umile, e pi rozza delPaltra. Troverai poi non io tutti gli esemplari sussistere il numero medesimo de* rac c onti , in alcuni estendendosi questi sino a trecentoquarantadue ; il che vuoisi derivato , o dalTessersi fatta uoa divisione di cose cbe dianzi erano unite , o daiPavervi qualcheduno aggiunto Cose che Pautore non avea scritte. Egli per certo cbe ogni beo disposta persona, amante di Dio, ne trarr frutto; e noo dorrassi della troppa prolis sit di questo scritto.

CLASSE TZtZA ,

FILONE
s u

GIUDEO

MODO n i VfVERS BEGLI 1 5 S E K J

a DEI T Z lP Z O T U

ioa

Fu rono questi uomini che presso Giudei viveaao vita filosofica, o contemplando, o operan o. I secondi furono gli Essenj, e i Terapeuti i primi. E questi uon solamente edificarono monasteri , ma diedero anche la norma di vivere a quelli cbe al presente vivono solitari

FILONE GIUDEO
QUO

tMTBRATOBZ a WLkCCO K lfltSI.

io 5

Sooo due opuscoli distinti; e in entrambi, pi che nelle altre sue opere, Filone mostra maggior furza di dire, e venust. Pecca per noo di rado n$l trasmutare le idee, e nel descrivere fu cose alieoe dalla setto giudaica. Fiori al tempo dell*imperatore Ga/o9 a cui dice d'essere andato in deputazioue per fu sua uasioue, regnando nella Giudea grippa . Girano varj altri opuscoli di fui, in cui con* tengoosi quistioni per fu pi. intorno ai costu m i , e spiegazioni dell aulico Testamento, nelle quali travolse frequentemente la lettera stessa a senso allegorico. Ed io credo che dal fatto di lui sia drivato uella chiesa tutto il senso allegorico cbe si d alfu sacra Scrittura. Narrasi che Filone , ini-

cl e s u s t i d u 251 sialo anche oe*mister) cristiani, da essi infioe con qualche dolore e sdegno disertasse. Che dianzi ito a Roma, regnante Claudio, si era imbattuto fu 8. Pietro principe degli apostoli , ed avea con versato con lui famgliarmente ; e da ci essere poi accaduto ch'egli facsse menzione, ed elogio dei discepoli del S. Marcof evangelista, discepolo di S. Pietro. Imperciocch, dicesi, egli ' narr ai Giudei come quelli veveauo vita flosofca , ehis mando m ona ster j le furo abitazfuni, ed aperta*-# mente esponendo la loro vita, consistete essa nella meditazione, nel digiuno e nella preghiera, intanto che niuna ricchezza possedevano. Filone traeva l'origine sua da sacerdoti ; ebbe Alessandria per patria; e presso i Greci sal in tanta celebrit di eloquenza, cbe per proverbio si disse comunemente : o Platone fiionUza, o Ftlotte

s to ric i z b io g ra fi r c

piatofiizza.

EUSEBIO DI PAMFILO
LI141 x 01 STORIA ZpCLZSi ASTIO*. Egli comincia dalla nascita di Cristo* nostro vero C. Pio, e proseguendola accuratamente pei tempi dei tiranni la conduce sino al regno di CostentinQ. il grande trattando cpn singolare diligenza fu cose Sotto di fui seguite nella chiesa, e quelle che dal medesimo furono ordinate e decretate.

CLM SI T M U ,

EUSEBIO DI PAMFILO
usti
137
v DELLA VITA DI COSTAITTlirO IL GRAND .

Leggessi i quattro libVi encomiastici delfu vita di Costantino il grande* imperadore,* scritti da Eusebio di Pamfiio. Essi contengono intorno a questo personaggio non solo quanto riguarda il suo tenore di vivere, incominciando dalla prima et di lui , ma eziandio tntto ci ch'egli fece di appartenente alla storia ecclesiastica , sino al foe di sua vita , che giunse all* anno sessantesimo quarto. Anche in quest*op^ra lautore simile a s me desimo per ci che c o n c e r n e la dicitura, se uon ohe va dando alla orazione alcun che di splendido, e le voci che usa tendono a certo genere fiorito s poca giocondit e grazia per adopera, conforme pratica negli altri suoi, scritti. Notisi ancora cbe va iu questi quattro libri nfere odo molti passi tolti dai dieci suoi libri delia Storia ecclesiastica. Narra egli dunque cbe Costantino fu battezzato iti Nicomedia; e ohe differ sfuo a quel punto, avendo sempre desiderato di farsi battezzare nel fiume Giordano. Non nomina per altro chi Io battezz/ Similmente nulla affatto parla della eresa di Arto u dice se Costantino mai la seguisse, n se (abjurasse; n-se b uona, o cattiva fosso L'opinione di Ario . E tien silenzio di queste cose iutanto -che necessit pur v*era di .parlarne, poich tra le cose fatte da Costantino fu appunto il grande conclio, che allora si convoc, e che quel con ci

*53 lio esigeva una storia esattissima di quanto si fece in esso. Parla egli per della discordia nata fra Ario ed Alessandro col nome di discordia chia mando eg li, e velando 1*eresia , dicendo esserne stato il piissimo imperadore dolentissimo ed avere procurato tanto con una sua lettera, quanto per mesto di Os'o, vescovo di Cordova, di far cessare la con tesa * e riconciliare insieme i dissidenti. Il che non avendo ottenuto, radun poi da tutte le parti il concilio ( d i Nicea) e ristabil la pace. Queste cose per Fautore non le scrive n diligentemente n chiaramente. Oode sembra che per vergogna non abbia voluto pubblicare n il torto di Ario n il decreto contro di essi emanato dal concilioi onde non mettere ia luce o i compagni dell er rore di Ario* o la giusta veodetta presa contro gli espulsi, n molto pi quelfu che ogni occhio vide presa da Dio sopra ^rio medesimo (i). Nulla adunque rammemorando di questi fatti, uon tocca se non leggermente e di solo passaggio la storia di quel concilio , e di ci cbesso fece. O ode av viene, che doveudo parlare del divioo Euitatio (a), non fu nomina nemmeno * tanto poi fungi che narri le trame audacissime contro fui ordite, s di fatto eseguite. Per fu che riferendole unica mente alle discordie e a t tumulti iu generale .a quel tempo accaduti la traoquillil poi acconta
S to rici % b io o ra *i s c c l b s i s t i c i .

(1) Qui allude Fozio alla violenta morte di drio ; qnale fu supposta come miracolosa', e che oggi i pi dotti nella storia rigaardano non' rettamente com provata. (a) Questi fu vescovo dntiechia.

a34

classe

tessa

di qife've scovi, i quali dietro gli eccitamenti det imperadore adunatisi in Antiochia, ristabilirono fu pace. Similmente ove prende a raccontare quanto perversamente fu operato contro quel grande atleta Jtanasb) dice hensi che Alessandria fu di nuovo piena di sedizioni e di rumori ) ma tutto poi essere stato quietato dalli presenza de*ve scovi che sull'au torit deirimperadore-appoggiavanii, senza dire io* tonto n chi eccitasse la sedizione, n quale es sa si fosse, n in che maniera altri sedassero i contra sti: E si osserva che questi ogni volta che se gli presenta proposito di parlare delle differenti opi nioni de* vscovi sopra articoli di fede , o daltre dissensioni insorte, cou lo stesso avvedimento, tiene nella sua narrazione la medesima riserva.

FILOSTORGIO
UBA! X tl W STO *! A z o o l e s i a s t i c a .

11

Filostorgio fu* ariano. Egli riferisce quasi tutto al contrario le cose narrate da tutti, gli storici ec^ felesiastci; loda al cielo quaoti eraoo i ofetti d'a* nanismo, e copre d* ingiurie gli Ortodossi. Cos l'opera sua pu dirsi nou tanto uua storia, quanto tm panegirico degli eretici, unito ad una mera e nuda vituperazione' d e cattolic i. Grazioso lo stile di costui, e pieoo di frasi poetiche, dispiacevoli* n ingrate; e i suoi tropi, come certe sue parole significative , hanno assai buon garbo e dilettano. Nulladimeoo alcune olte ue usa di s inconsiderate e sforzate che il suo di scorso riesce fredd ed inopportuno. Adorna

STOftlCl z BfOGlUFl ZCCtESlASTlCI. ^35 poi Torezione sua in tonto maoiere che d quasi in eccesso, a modo che chi legge, senza avvedersene cade in certo oscurit , la quale non sempre gli reca piacere. Molte volte per sentenzioso senza essere grave. Fdostorgio d incominci emento alla sua storia con la prime mosse di rio verso l'eresia, e tira innanzi fino al richiamo di Aezio* uomo di somma empiet. Ed noto che cotesto ezio. superando nella empiet quegli stesti che pur sostenevano la -stessa eresia, come a malgrado suo Vatesso Filo storpio confessa, fu tolto della saa sede, e poscia richiamatovi dall* imperadore Gtuiinnate da questo umanissimamente accolto e traitelo* Questa sua storia, che in un volume solo contiene sei lib ri , coadotta sino al presente tempo. Filostorgio scrittor mendaces non risparmia -favole, ed altamente fuda A ttio ed Eunomto% mas simamente a c agione della loro dottrina, parlando dessi come i soli che, per avventura, abbiano ripurgati i dogmi che col progresso de* tempi erano restati contaminati t in cbe mirabilmente si dimo stra bugiardo. Cos ancora loda per prodigi fa tti, e per tenore di vivere, Eusebio vescovo di Nico media eh*egli chiama Grande * e Teofilo indiano e parecchi altri. All'opposto riprende come iutolfura oda fu severit di Aeacios vescovo di Cesarea di Palestina, e come inespugnabile la furberia di lu i s e oa le quali a rti egli diee ohe quel vescovo giunse a prevalere sopra tu tti, non tanto del suo partilo, quantunque vicendevolm e nte si odiassero, quanto del partilo contrario abbiamo letto della sua opera

6 C LA M I TESSA, Poco tempo dopo si sono trovati in altro volarne f rimanenti sei libri, cosicch pare che tutta l*opera ne contenga dodici. Ed notabile che le lettere con le quali ognuno di cotesti libri comincia, se si uniscono insieme, vengono a formare il umo tdi Filostorgio, Io questa egli si condusse fino ai tempi di Teodosio il minore, e finisce quando, Teodosio lasci fu scettro dellimperio morto Onorio % romano a Paientimano il minore, figlio di Piaeidia e di Costantino, e engino suo. Quantunque poi FUostorgio fosse furibondo con* Ir gli Ortodossi , osservasi non avere egli avoto ardimento dattaccare Gregorio soprannominato il Teologo , di cui a controcuore esalta la dot trina. Ma egli ha cercato di calunniare il grarn Basilio , il cui nome per co9 suoi stessi sforzi venuto a rendere pi illustre, essendo stato co stretto dalla stessa evideoza delle cose a confes sarne la forza e venust d'azione ne' Panegirici Per da dire, come vigliacco, egli non teme di chiamarlo teme rario poich, mal pratico, come egli dice, della eloquenza disputatrice, ebbe ardimento di combattere con iscritti Eunonico.
lX

GIOVANNI PRETE
&1BM v Z1 P C. 4i
stom a e c c le sia st ic a

Questi incominci la sua storia dal regno di Teodosio il minore, e dalla eresia di Neslorio* o cacciata di costui dalla sede che occupava e fu prosegui fino a Zenone, e alla depositione di Pie* trof eretico, il quale con male arti avea occupato

sto rici s iio c iu ri zcclzsu sticu la sede di Antiochia Chiaro e fiorito fu stile di questo scrittore \ e discute diligentemente quanto riferisce intorno al terzo concilio cbe fu celebrato fu Efeso, e .il couciliabofu ivi pur tenuto, dopo chiamato l'assemblea de* pirati e de* ladroni t il quale conciliabolo nondimeno questo prete Gio* vanni tiene per divino , come tiene per tale e Dioscoro> che ne fu presidente, e i seguaci di co stui Narra similmente quanto riguarda il concilio calcedonese , ma nou senza ingiuria e calunnie. Il perch luogo ad argomentare che di questa opera autore quel Giovanni p rete , egeate, il quale come eretico scrisse contro il concilio caleedonese. Questa storia divisa in diec i libri , come l* autore dichiara $ ma non mi avveouto di leggerne che cinque, quali contengono, conforme ho gi accennato, gli avvenimenti seguiti dalla eresia di Nestorio fno alfu deposiaion di Pietro eretic o.

BASILIO DI CILICIA
usai IU OZLLA STOftIA ZCCLlSlastica . Questi prende i neom ine lamento dalla morte di C, fa Simplicio % vescovo della eitt di Rom a, il quale scrisse ad cacio di Costantinopoli , perch non avesse a tener comunione con Pietro detto A/ongo, il quale allora corrompeva Alessandria. Questo Pietro pubblicamente , e io chiesa condannava > 1 santo concilio tenuto in Calcedonia. cacio da principio s*alz anch'egli contro colui ; ma poscia non csseodosene distaccato, presso molti cadde in

a38

classe

rzazA,

riputazione di eretico * e dai Romani fu tolto d e l la sua sede: affare trattatosi poi di nuovo sotto il regoo di Zenone, Preode adunque Basilio principia dall* ac c en nata epoca , e viene sino alla morte dell* impera dore Anastasio che, siccome egli scrive, regn ven tisette anni e tre mesi, ed ebbe a successore, se condo che Basilio medesimo referisce, Giustino il Trace \ del qual Gtusttno termina 1 opera, appena * tocca Pelezioae 4 e tutto questo contieusi nel primo libro. Accenna poi d*averoe scritti altri due, il primo, e vii terzo, in quello narrando gli avvenimenti se guiti dal regno di Marciano fino al regno di Ze none\ donde diede princ ipio al secondo, nel terzo ponendo il fine del secondo cominciando dai tempi di Giustino, In quanto allo siile di questo scrittore, esso uon lo ha molto accurato; e di quando io quando lo ha disugualissimo. Usa egli poi recare le lettere vicen devolmente speditesi dai vescovi ; il che fu, comegli dice, per dare maggior fede a quanto narrai ma uo tale metodo ba latto immensamente crescere il volume; e in tanta massa di parole trovasi ap pena alcun che della storia che intendeva presen tare. Oltre ci per le tante cose che frammischia, tolta ftlla narrazione fu debita chiarezza

STORI CI Z BtOOZAFt ECCLESl ASTICI

LUCIO CARINO
FEftKPDl DEGLI APOSTOLI.

Abhrs ocia gli atti di Pietro, Giovanni, Andrea, C. Tommaso e Paolo. Disuguale e varia n* la dizione i J ed usa costruzione e voci talora non ubjetto , ma per lo pi forensi e comunissime. Egli poi loutaoo assai da quello stile naturale, eguale e spontaneo, che veggiamo negli evangelisti e negli apostoli. In quanto poi alla cose che dice, molte ne ha di stolte, molte di contraddittorie. Asserisce altro es sere il Do de1 Giudei che tiene per cattivo, e di cui dice SimoneM ago, essere stato ministro; altro essere Cristo che fa buono. E confondendo e cor rompendo tutto , lo ' chiama ti padre che figlio. Dice poi non essersi gi- fatto uomo , ma sola mente essere comparso tale; e sotto diverse forme essersi sovente fatto vedere a* discepoli, vale' a dire ora come giovane, ora come vecchio, ed ora c ome fanciullo; ed anche alcune volto d'alta statura, alcune altre di bassa, e in fue aoche s graode da toccare il cielo con la testa. Aggiunge intorno alla croce chiacchiere e sciocchezze molte; n vuole egli che Cristo fosse alla medesima ap peso, ma altra persona in vece sua; e che poi di fu si burlasse di quelli che creduto aveano di aver crocifsso lui. Carino rigetta anche i inatrimonj legittimi, e reputa ogni generazione cattiva, e pro cedente da cattivo principio; e fu quanto ai demonj tic spiega la formazione io diverso modo da quello che si tiene. Covi de* morti uomini* buoi e giumenti

> 4o

etasse

ts iz a ,

immagina capricciosamente risurrezioni assurde e puerili. Negli atti de! S* Giovanni riprova fuso delfu I mmagini con gl4 Iconoclausti. lo somma tutto quanto questo libro contiene iaezie senza nu mero, e mal pensate cose, maligoamente supposto 0 false ; anzi stolte affatto, e tra loro contrarie i e dir infine empie e detestabili al segno cbe chi lo dicesse fonte ed autore di ogni etesia uoo an drebbe per uulfu lontano dalla verit.

C R I S IP P Q
PRETE DI GERUSALEMME. sToaiz ni
i
o a m a liz lz z

or

h ic o o zm o .

In questa storia -detto che Gamaltele, maestro nella legge di Paolo , credette, e fu battezzalo, che Nicodemo* prima amico notturno di Cristo, fu d i vent anche apertamente di giorno, ed ebbe fu corona del martirio. L autore fu dice anche cugino di Gumaliele Aggiunge poi Puno e Peltro essere stati battezzati da Giovanni e da Pietro %insieme ad Abibo* figliuolo di Gamaliele. E narra come avendo 1 Giudei saputo che Nicodemo si era futto battez zare* lo percossero a modo che dopo pochi giorni ebbe a morire. Cos leggevasi in un Codice che questa storia attribuiva a Crisippo , prete di G e rusalemme, 1 quale in un panegirico 4 i Teodoro* 1 nartire, di passaggio parl di certo Luciano* prete anch'egli delfu medesima chiesa, nel tempo cbe 'era vescovo Giovanni, Dicasi che qitosto Luciano in uoa certa noti*

s t o r ic i

B io c H tri

ic a tsu sT ic i.

non per sognando, impar fu cose meotovate ; e glie le rivel tutte Gamaliee medesimo, fattovisi presente s cio essere vero che Gamaliee dai so praddetti apostoli fu battezzato con suo figlio Abiba, e fu riposto nella stessa arca. Parimeote che Ste fano* protomartire, fu seppellito in una teca dalla parte di levante ; e a* suoi piedi fu messo in ua* alita cassa Ni codemo. Disse poi e da chi, e sotto chi soffr martirio, e che Parca vicina conteneva il corpo di lu i , e di suo figliuolo. Gamaliee or din a Luciano cbe noa lasciasse per t rascura* tozza guastare al sole, e alle piogge quelle reli quie. Del resto essersi ivi udito tremuoto; e molte specie di malattie essersi cullate per opera massimameate della teca del Protomartire. S O C R A T E
LIBRI V U D STORIA ECCLESIASTICA.

Attacca la sua narrazione a quella di Eusebio, principiaodo per dal regno di Costantino; e fu termina giungeudo ai tempi di Teodosio il minore Socrate frequent le scuole di Ammonio e di Elladio%ambedue grammatici dAIessiindria; e fin da fanci u^o ebbe i rudimenti di letteratura da maestri etnici, fuorusciti del loro paese per avere avuta parte in una sedizioue, e rifuggitisi io Costantinopoli. Questopera contiene i fatti acca duti nel corso di ceuto quarantanni che ha com presi io vu libii. Il suo stile oon molto splen dido; n uomo grao futto accurato nelle mate r ie dogmatiche. Fotio, F o l IL 16

cl a s s e

te rz a ,

EVAGRIO SCOLASTICO
LIBRI V II 0 1 STORIA Z C C L Z S lA S T IC f,

Egli era nativo di Epifania, citt della Cefusiria, ed er o stato goveroatore di proviocia. Ioco mincia la sua storia dove finiscono quelle di Socrate e di Teadoreto, e fu conduce s i no al dodicesimo a o d o del regoo di Maurizio , impe radore. Non dispiace il suo stile, quantunque di tratto in tratto pecchi in certo modo di ridon* danza. Quello che ha di particolare si ch egli pi accurato di tutti gli altri storici riguardo alfu verit dei fatti t all opera sua egli ha aggiunto alcuni esemplari di ritratti.

ERMIA SOZOMENO
LIBRI IX 01 STORtA ECCLESIASTICA.

Fu di Sa lamina ; e dedic Peper a Teodosio il minore Egli la incomincia dal consolato di Crispo% e di suo padre Costantino*e la conduce sino al r e gno di Teodosio il minore Sozomeno era stato professore di diritto in Costantinopoli. A paragone di Socrate ha migliore stile; e i n certi racconti differisce da fui*

STOBlC l X BlOORATl SCCtSSUSTICW

tif

TEODORETO
fclBB! V n i STORI*
e c c l e s ia s t ic i.

Questo scrittore in paragone di tutti i nominati fin qui quegli che h a stile pi appropriato alla storia. Egli fu ha chiaro e grandioso, e senza ri dondanza veruna. Se non che per giusto dire, che qualche volta asa traslati tanto arditi, che si direbbero centro il buon senso. Ha poi di particofure , cbe pi diffusamente degli altri espone le cose relative al secondo coocilfu, mentre gli altri ne parlano come per accidente, e ~quasi* a furo malgrado. Vero per che nemmeno egli dice partitamente tutto. Teodoreto incora io ci fu sua storia dalla eresia di A rio , e fu prosegu anch egli sino ai tempi di Teodosio il minore , terminandola alla morte di D i odoro , quando in Costantinopoli era patri arca Stsinnio.

G I U L I O AFRICANO
s to ri a so a lts s o f z r s.

Q uesta Storia compresa -in quattordici libri t lautore conciso i ma per non omette cosa ne cessaria a sapersi Incomincia dallit creazione del mondo, come labb iamo da Mos 9 e viene sino alPapparire di Cristo, fi revomente anche comme mora la oose avvenute dal tempo di .Cristo sino a quelfu dell* imperadore Macrino ) dicendo egli

244

c la sse

T ia x A ,

medesimo d'avere allora termaata eotesta soa Cronaca, abbracciente fu spazio di cinque mila settecento ventitr anni. L' opera compresa in c ioque volumi. Giulio Africano scrisse anche ad Origene in torno alfu storia di Susanna , rendendo ragiooe del perch essa non leggasi ne' libri degli E b r e i, e dimostrando con la cilaziooe di alcuni passi com^ vi sieno espressioni affatto eoo tra rie alle frasi pro prie dello stile ebraico. Origene fu confut Giulio Africano scrisse anche ad Aristide per dimostrare noo sussistere la differenza che appa risce circa fu genealogia del Salvatore ne' due evangelj di Matteo e di Luca*

FILIPPO SIDETA
LlBBl X XlT DI STOftU CBlSTlANA.

Egli incomincia : In principio Dio cre il cielo la terra ; e prosieguo con la storia di Mos9 alcune c ose d'essa toccando brevemente , altre trattando con ampiezza, e diffondendosi in molte parole. Il prim o libro compreso in ventiquattro volumi, e cos pure gli altri ventitr libri che sono quelli i quali finora ho veduti. Quest'autore s perde in un profluvio di chiacchiere seoza urbanit e senza grazia, onde ristucca e nausea ; e certamente poi ha pi d ostentazione che d utilit. Vedesi inoltre una quantit d cose inserite in quest'opera, fu quali nuli' bau che fare con la storia, di modo che si direbbe, anzich storia, una farraggine di materie affatto estranea j tanto fuor di proposito

STORICI X BIOGRAFI ZCCLKSl ASTICI.

3{5

accumula cose! Fu il Sideta emulo di ?io e di Proclo, vescovi di C ostantinopoli) e nello scri vere questa Storia soveute pizzica Sisinnio a motivo, per quaoto dicesi, che meotre quegli concorreva con essolui, e poteva superarlo io fatto di eloquenza, Shinnio gli fu preferito nella sede ps tri areale.

SERGIO CONFESSORE . s T O RI A
Princ ipia dalle imprese dell imperadore Mtchee,C.ty riassumendo gli empj fatti del Copronimo. Ordina tamente poi prosegue a narrare fno 1 auoo ot tavo di Michele, quaoto questi fece all* i mperio e nella chiesa, tutti accuratamente espooendo i fatti militari di lui, e i sentimenti ch'egli ebbe intorno Ue cose diviue. La sua dicitura chiarissima, e libera da or* s a menti affettati, o si riguardi il signific ato delfu parole , o si consideri la compos iziooe, e tutta la disposiziooe delle c ose discorse. A tal ch pare chegli abbia parlato all improvviso, veggendosi l'orazione sua piena di naturale venust senza in dizio di soverchia eura iu cercare forme studiate Con che dee dirsi che ha tenuto la vera maniera che conviene alla storia ecclesiaatica

*46

CLASSE T Z IZ A ,

G E L A S I O
VESCOVO DI CESAREA DI PALESTINA
LIBAI III DI ST OBlA e c c l e s i a s t i c a .

C. 88

In questi tre libri si aoouoziano in forma storica fu cose seguite nel coocilio niceno. L autore rife risce cb e v* intervennero Osio , vescovo di Cor* dova , e i sacerdoti Bilone e Vincenzo , come le gati di Silvestro* papa romano* Eustazio % patriarca dfAntiochia, io persona, e4 Alessandro, prete , in qualit di legato di Metrofane costantinopolitano, che per la sua decrepitezza, avendo egli oltrepas sali i cento anni dell* et sua , non pot interve nirvi* Vi fu pure Alessandro , patriarca di Alssandria , insieme con Atanasio , che a lui poscia succedette nel vescovado; ed oltre questi M aca rio* vescovo di Gerusalemme, con una moltitudine di vescovi e di sacerdoti. Dice quel concilio essere stato convocato 1* aono decimosesto del regno di Costantino i e le sue sessioni essere durato Qno all* anno ventes imoprimo e la. met del ventesimosecondo del regno medesimo, cosicch i padri vi stettero sei auui. Riferisce esserne stato cacciato ria e ful m i nato di scomunica ; ma poi avere cercato di ot tenere d* essere di nuovo accettato , mediante i replicati tentativi di Eusebio, vescovo di Nicome dia, e di Eutocio, ariano, ordinato prete, il quale Costanza , sorella dell* imperadore , avea racco mandato al fratello. Ma non ostaute che questi

CTOftlCt X 100**71 ec clesiastici, tanto s odoperassero per Ario , la vendetta di vna non permise che quel nemico uomo insultasse fu sua Chiesa entro il tempio e nel pi secreto sa crario della medesima; poich volle ansi che ca rico della fulminata sentenza , termioasse la vita olla latrina , in quello stesso giorno in cui egli e i seguaci suoi aveano stabilito di profanare col ritorno di fui e la chiesa e i santi ntisterj. La morte di lui accadde poi in luogo pubblico, dap p oich quelfu latrine in cui fn fu vita , erano p rossime al fro. Scrive l'autore cbe Costantino il Grande fu assai lieto cbe Dio, giudice integer rimo, os sciolta avesse ogni controversia , e che scrisse lettene a varie persone , propagando con esse fu giusta vendetta caduta sopra Ario , ser vendo esse come d'iscrizione lapidaria. Di tafu maniera il racconto di colesto scrittore si con forma a quauto dissero e il grande Atanasio , e Teodoreto , e molti altri ; perciocch ad alcuni p arve di dire che si obbrobrioso ffue di Ario succedesse non ai tempi di Costantino il grande ma quaodo regnava Costanzo, suo figliuolo. Que sto ci che contenevsi in quel libro. In u n a U tr o esemplare, che pur d i c e v a le medesime cose , trovai posto al Kbro il titolo di Gelasio , vescovo di Cesarea di Palestina. La dizione poi presenta uno stile umile e basso pi di quelfu che a|fu materia decentemente convenga. Ma chi sia que* sto Gelasio non potei saperlo di certo. Di tre Gelasf fio qui , vescovi di Cesarea di Palestina , che non possono distinguersi tra loro , o almeno di du e, leggemmo i lib ri, uno de* quali intito lato; Contro gli Anomei ( eretici ), e gli altri due

94$

C LAISZ TERZA,

contengono fatti ecclesiastici, di uuo de* quali ab biamo noi ora di passaggio fatta menzioue, il cui titolo ove noi fu trovammo scritto, quello che dianzi riportammo , cio : Libri H I di Storia ec clesiastica di Gelasio , vescovo di Cesarea di Pa testina. Questo incomincia t Ci che nel santo , grande ed universale Concilio di vescovi, congre gato da tutte, per cos dire le province delVorbe romano, e dalla stessa Persia , ecc. Termina poi alla morte di Costantino il grande, quando, rice vuto il divino lavacro di remissiooe de* peccati, purgossi delfu macchie che nella vita avea dovuto, secoudo la comune sorte de* mortali , contrarre* Assicura egli poi che quel priocipe ebbe il bat tesimo da uo sacerdote ortodosso e secondo i sa cri riti , e non g i , come biconi scrssero , da alcun eretico; aggiungendo che iotanto Costantino avea procrastinato per tanto tempo a Carsi bat tezzare, poich era suo desiderio compiere questa cerimonia nelle acque del Giordano. Questo autore auuunzia d'essere vissuto sotto Basilisco , il quale , cacciato Zenone , occup il t rono-imperiale } e d* aver letto gli atti del conci lio, scritti in membrana antiche, mentre trovavas* ancora nella casa paterua * e cos da quelle me , morie e da altri scritti raccogliendo quanto oc correva , poscia avere composta la sua storia. R i corda inoltre e loda alcuoi detti di certo Gelasio9 eh* egli chiama anche Ruffino. Egli si d per na tivo d Cizico, ed accenna avere avuto per padre euo de* preti di qnella citt. Cos parla lo scrit tore di questo libro, e queste cose rammemora il libro stesso

STOBIC t X BIGRAFI S CCLSSUSTICT.

Proemio di Gelasio , vescovo di Cesarea di Pale stina * in aggiunta alla Storia ecclesiastica di Eusebio di Pamfilo.
Il secondo libro ( delle Cose ecclesiastiche ) di Qt eui parlammo di sopra, ha il seguente titolo^ Proemio del vescovo di Cesarea di Palestina so pro le cose che si aggiungono qlla Storia ecele siastica di Eusebio di Pamfilo; ed inconiocia coti: Tutti quelli the si rivolsero a scrivere , adendo stabilito di tramandare ai posteri le storte dell cose succedute , ecc. Egli dice d'avere avuto per zio Cirillo, vescovo di Gerusalemme, il quale lo anim a scriver queste cose. Altrove poi trova*! che Cirillo* insieme con questo Gelasio, tradusse in greco la storia di Ruffino romano, e non gi ne scrisse egli uoa sua propria. Certo cbe, ritenuto questo Gelasio per contemporaneo a Cirillo di Gerusalemme, egli fu di et maggiore di fui , e la maniera di diro ebbe differente * comech entrambi sieno in ci inferiori d'assai al Gelasio che scrisse contro gli Aoomei. Il quale s*intitol anch'egli vescovo della chiesa medesima in Palestina , e che e nella d u zione, e nella variet della dottrina , e nelle logi che argomentazioni , de lle quali cose per pare , qualunque ne fosse fu ragione, che nou facesse il miglior oso che poteva, gli altri due si lasci di luoga mano indietro. Se poi alcuno d*essi seri* tesse medesimamente queste cose , ed opportunamente fu raccogliesse, e ve ne aggiuogesse altre, questo quelfu cbe io con bo aocora potuto sapere.

s5o

CLASSE T E S S A ,

GELASIO DI CESAREA S i PALESTINA


MBftO CONTRO GLI ANOME1.

Lo scrivere d fui uon per nulla ridondante ma grave e veemente, e pieno di voci attiche , e assai diligentemente fortifi cato con assiomi e con raziocfuj \ sicch per ogni verso riesce illustre. Tutlavolta cade bassamente in troppe puerilit, e fa la fgura di un ragazzo che allora allora in* parato avesse le summole della logica) oltre di che abusa anche delle voci che adopera. Di che egli si scusa , ma stato sarebbe meglio a non impe* gnarsi a scrivere ci di che sentiva dovere scu sarsi di poi * Io stesso ordine che in questo suo libro tiene, non va esente da giusto rimprovero . Unito a questo libretto erano anche varj argo menti di Diodoro Tarsense intorno allo Spirito Santo , ne* quali si* fa vedere fn d* allora infetto degli errori di Nes torio,

GIORGIO VESCOVO ALESSANDRINO


OSMiA VITA B* CRISOSTOMO.

C .96

Quest opera intitolata: imprese del B . Griso Storno. Chi poi sia questo Giorgio , io non so dirlo. Certo che la dicitura sua ' semplice , e il suo stile cade molto basso , n usa diligenza afuaoa in costruire i nomi e le parole ; cosa che pur noo isfugge ai meno letterati. Egli ha composta questa Vita togliendo quaoto per l'argomento

STOIICI SIOOliFt ZCCtZSUSTlCT

a5 f

uno ha trovato in Palladio vescovo, che in formo di dialogo egregiamente scrisse le cose del Cri sostomo > e io Socrate e in altri e he del Criso stomo parlarono. Adunque il gran Giovanni nacque presso A ot iochia da nobili genitori , Secondo ed Antusa* Milesio* Armeno, il quale allora governava fu chiesa antiochena istmi nella salutare dottrina que* due, che prima seguivano il culto de* Gentili e li rendette atti a ricevere il lavacro del batte sim o, beo istruito per innanzi e battezzato il loro figliuolo. .Giovanni^ mandato a scuola, fio da ragazzo mostravasi sommamente modesto ed umile* onde non laseiavasi ammollire, siccome uso dei giov anetti pieni di ricchezze e di b o ria, n permetteva-cbe questi gli facessero corte t s soste neva neppure di farsi portare da cavallo Indi in Antiochia attese egli studj della grammatica o dtUa .rettorie* sotto Libante* e sotto Andragatio a q uelli delfu filosofa'. Motto il geoitore , mise ogni cura io confortare co* suoi discorsi fu madre ;.ed astenendosi da tutti i divertimenti e da tutti p iaceri , nel solo stadio delfu buone disciplino mise il suo animo. Laonde recatosi ad Alene per vi e pi perfezio nare riogegao, cosi aod innanzi in breve tempo a tutti gli altri, che ntemio , il quale allora era ivi' sacerdote di Minerva* nebbe invidia essendo fino allora riputalo primo tra i sapienti. Qufudi avvenne che il governatore stesso di Alene, chiamaio Demostene , questo sapiente Giovanni con pollo odore .chiamava a s , a cui per altro egli andava eoo molta modestia ed umilt. Ivi venuto

et issa TsizA, a discorso con jintemio* Giovanni gli rest s o p e riore noa solo in dottriaa ed in intellrgeoza , ma eziandio in piet ; e allora fece egli il suo prim e miracolo, poich coovfuto Antemio dal divioo parlare e dal pregare di Giovanni t ne parti per andare dal vescovo di quella citt a farsi b a tte i a u r e con tutta la sua famiglia* Il governatore poi, ehe gi era battezzato, ud voleutieri il cate c hi smo di Giovanni, istruendosene , e v* accorse an che una moltitudine d'uomini pagani. Per lo che renne in pensiero alfu stesso vescovo della citt di ordinare Giovanni, e di lasciarlo vescovo io vece sua. Di ci Giovanni informato, nascostamente, e presto navig verso la sua patria , ove ment re i suoi concittadini aveano deliberato di affidargli la cattedra di diritto, egli prefer d r vivere solitario, oon avendo allora pi che diciotto anni ; e tra I molti suoi coodiscepoli persuase a Teodoro^ che poi fu vescovo di Mopsuestia e a Massimo, cbe lo fu di Seleucia, di abbracciare ona vita privatae semplice, abbandonata ogni vita mercenaria e pub* blica. Assaissimo poi convers con Basitio il grande, e non con l'altro di tal nome, come afuuni affer mano. Fu da Mciesio ordinato allora dracooo \ e fu cui amicizia Giovanni prefer a quella di tutti gli altri. Questi poi, avendo dato un addio al mondo prima di Giovanni, chiam l'amico al medesimo genere di vita, da cui fi no allora l'avea tenuto lontano la cura della madre. Trovandosi in quel tempo per avventore ivi Zenone venuto da Geru Salemme, fu costitu lettore dalla chiesa Antiochensi e poco dopo fu madre di lai mor Ci seguilo

35s

STORICI

B10 GBAF1 ECCLESIASTI CI r

353

avendo distribuite fu sue facolt ai poveri, abban donata fu citt and a ritirarsi in un monastero, Ch'era fuori d'essa* e diveuip io specchio di tutti i religiosi Uo certo Esichio, mouaco di Siria, presago delfu cose future, vede due uomini vestiti di abiti can didissimi, uno de* quali dava a Giovanni uo libro cbe avea in mano, e l'altro le chiavi. Questi di ceva d'essere l'apostolo . Pietro^ l'altro Qiovanni il teologo. Queste cose Esichio narrava ai monaci, dicendo loro per che si guardassero d al fama saper nulla a Giovanni^ onde (aggiungeva egli) per fu somma sua umilt oon abbandoni il monasterio* Ed allora narrasi vie pi essere stato questi io* fervorato ne* religiosi eseretzj ed avere scritti di? scorsi asctici. Ma ivi oper a ocbe miracoli. Eravi un cittadino preso da tanto dolore in una parte della testa che gli era venuto fuori rocchio de stro ; ed ito a Giovanni , subitamente riebbe fu sanit. Di pi* un certo Archelao , potente per riccbesse, e per autorit, essendo stato preso dalfu lebbra in faccia, avuto ordine d lavarsi iti un bacino, da cui i frati beveano l'acqua fresca, ri mase libero da quella malattia * onde poi distri buite fu sue facolt, ritornato in quel monastero abbandon il mondo $ e cos fecero, olire lui, molti altri. Uo certo Eacleo , avendo per malignit del demonfu perduto uo occhio, and a vivere c o r o naci ; e dal santo uomo tosato , ricuper l'occhio p erduto* Anche una donna da sette auni ammalata di flusso di sangue, riebbe fu sanit Raccontano ancora cbe un leone, il quale sbranava molti pas teggi eri , ad un seguo di croce di Giovanni itainaat menti c rep

554

CIASSS T E M I ,

Accorrendo a fui numerosissima turba, Giovanni dopo essere stato per quattro soni in quel mona stero, ne part; e per due anoi stette nascosto ia una spelooca, quasi sempre senza dormire, e noo mai per tatto que! tempo giaciutosi io terra. Essendogli poi pel freddo ammortite le parti del corpo cbe toccano il ventre e le reni,' per tale malattia fu costretto a ritornare in eittfe , o v e or dinato diacono da Melezio, per cinque anni serv nelle funzioni a quel grado aonesse. Io quel tratto di tempo scrisse i suoi libri tre a Slagirio, l altro Della dignit del sacerdozio^ e laltro DeWincom prendibile. Morto poi Mtletio in Costantinopoli, il beato Giovanni ritorn al suo monastero cui FUsviano, successore di Melezio nella sede antiochena, per divina visione avvertito , avendolo richiamato dal monastero io citt l'ordin prete. La qu alevisione imponeva e che Giovanni fosse ordinato , e che si ordinasse Flaviano. E non poi da dubi tare che quella colomba, la quale volando and a posarsi sul capo dell'ordinando, oon dimostrasse chiaramente che di questa divina grazia non dovesse egli essere ripieno. Per dodici anni adunque eser cit le funzioni del presbiterato in Antiochia. Era egli per l'ardente amore di probit foo dalla sua adolescenza severo ed aspro, e pi alla iracondia cbe alla verecondia concedeva. Scrisse in quella citt varie altre ope re ; e ad Istanza del vescovo dal pulpito predic al popolo all improvviso. In quel tratto il figliuolo di una donua c h ia mata Euclia , preso da febbre cbe i medici aveano disperato di guari re fu sanata da Giovanni eoo acqua, che, prima col segno dalla crooe benedetta,

STOBIc f E BIOGRAFI

z c c l r s u s t ic i.

a55

g li avea data oode se ne aspergesse. Unaltra donna d e lla setto de Marcioniti, il cui marito nella citt e ra magistrato, trovavasi gravemeute ammalata di dissenteria; e disperat asi della sua vita. Essendo stata da lui guarito , insieme col marito , e con tutta la soa famiglia, e con molti altri Marcioniti, abjurata leresia, si trasse alla fede Ortodossa. Essendo in appresso. morto Nettario , patriarca d i Costantinopoli, viene da Antiochia chiamato col il crisostomo contro fu volont degli An'ticheoi che non volevano perder e il bene che possedevano. Ma prevalse il comando di Cesare; e Teofilo , vescovo di Alessandria, dovette ordi narlo Contro sua voglia, poich d altronde avea da temere di vedersi querelato, se non avesse annuito. Accadde per che mentre veniva ordinato , per opera sua uno ossesso da demonj ue fu libero. Intanto il grande Grisostomo si applic tosto a levai* di mezzo l uso che allora prevaleva cbe chi professava celibato tenesse in casa a luogo e fuoco, persoue di sesso diverso. Cosi con lun* ghi sermoni inve contro gli uomini ingiusti# ghiottoni e libidinos i. Daltronde de poveri era egli si compassionevole, che dai pi fu chiamato il Limosiniere. Dir tutto in breve: egli insegnava ogni virt, e ritraeva da ogni vizio. Mand ancora in Fenicia de monaci, onde togliessero dalla ido latria i popolani che coli vivevano attaccati al l'antico culto delle genti ; e per mezzo di que moca ci, armati delle leggi dell* Imperatore, rovesci i templi degl*idoli , di quelle distruzioni avendo fatte fu spese alcune pie donne. Similmente re stitu al grembo delfu chiesa ortodossa uoa turba

*56

c la sse

terza,

di soldati Setti, infetta d ariauismo, a ci adoperati sacerdoti che sapevaoo la lingua di quella naziooe. Io oltre sped altri sull* Istro , i quali traessero alla veriti della fede cristiana gli Sciti nomadi che coli abitavano; e nello stesso tempo estirp pienamente nelle parti orientali l'eresia di A fa r c iorte che col ripullulava. D'altra parte accrebbe gl* inni notturni de* salmi. Sofuva poi preoder cibo da so lo , tanto perch astencvasi dal vino a cagione di troppo calore alfu testa, di cbe pativa t se uon se iu estate soltanto ue beveva concio di rose; quauto perch esseodo debole di stomaco, di modo che nulla mangiava di quanto gli si preparava, appetendo cose differenti ; e per ch in fine frequentemente distratto dagli affari passava la giornata senza cibi. Al clero riusciva troppo rigoroso ed aspro ; e S erap ione * suo dia* cono, il reudette molto odioso ; sebbene molti an che per altri motivi discacci dalla chiesa. Quel S erapi one attacc anche S er enan o , vescovo dei Gabali s e in quel prelato eccit contro Giovanni un rancore che conserv in cuore finch visse. Ma Giovanni era grandemente amato dal popolo per le frequenti prediche ch egli faceva nel tempio; ed egli dal canto suo grandemente amava Pepistole di S. Paolo , fu quali egli spieg ; e Proclo per tre notti continue vide l'apostolo Paolo che a Giovanni suggeriva la spiegasiooe delle epi stole sue. Giovanni disgust anche l Augtista a cagione di Teuderico patrizio ; ed ecco quale ne fu il motivo. Preode va Eudosio iniquameute da quel patrizio uoa grossa somma di danaro; ed egli eoo graude
A

STORICI E BlOfcBAFI ECCLESIASTICI.

20J

impegno e fatica ne lo liber : poi Teuderico la massima parte intanto delle sue facolla distribu ai poveri delle chiese, come un dono gratuito of ferto a Dio. Per questo essa prese odio al patriarca. Accadde ancora che avendo Eutropio procurato che si facesse una legge , la quale abolisse im munit dellasilo de* luoghi sacri, poco dopo avesse a cogliere il frutto di quella legge * imperciocch essendosi prostrato innanzi allaltare, Giovanni lo investi con un sermone si pieno di rimproveri che ve nne a c oncitarsi Podio di assaissiine persone , parendo che con troppa inumanit trattasse quel l'uomo caduto in estrema sventura. Egli lev an che le chiese agli Ariani; ed invocato il braccio dell'imperatore li discacci da Costantinopoli. E come poi essi aveansi procacciato favore presso la moltitudine col canto a due cori di antifone da e ssi composte , egli fatte altre antifone simili li super | nel che tanto giov l'Augusta che a renderne pi solenne il canto poteronsi adoperare croci d'argento. Del rimauente origine delle au-* tifone risale fno a quel divino uomo di Gioseffo , cbe in tale cosa imit gli angeli cautanti le laudi di Dio* Gain a , ariano , aveudo gran potere alla Corte , domaodava all'imperatore una chiesa in Costantinopoli pe* suoi Ariani; ma Giovanni trovatovisi presente, declam con estrema libert coa tro tale domanda * e si oppose perch non fosse esaudita. Meutre poi , ribellatosi all' imperatore Gaina , ivi raccogliendo truppe, Giovanni, senz a p aur a alc una, contro le persuasioni di tutti, as s u nse d'andare ambasciatore a quel barbaro, e ne compresse fu ribellione* F o lio , Voi* IL 17

258

classe t

*r z a ,

Eusebio, vescovo di Valenl inianopoli dopo C e/* biano , diede in iscritto uu'accusa ad Antonino , vescovo di Efeso, compresa in sette capi. Lo q u e relava di tre sacrilegi i poi, che un ragazzo o m i
cida, non solo noe avesse ripreso, ma lo tenesse iu casa * e cbe tutti i beni che ad utilit delfu chiesa avea lasciati Basilina, madre di Giuliano , egli avesse venduti, e tenutone per s quauto avea ricava to. Diceva iu oltre, che avendo in addietro per titolo di piet abbandonata la m oglie, eoa questa familiarmente fosse ritornato a vivere , e oe avesse avuta' prole. Iu fue , che ordinasse per danaro. In questo settimo delitto che tene vasi pel pi gr ave , si fece processo, fila nel mentre che il giudizio andava in lungo, dicendosi che ma lignamente, e a bella posta a ci adoperavasi l'ac cusatore medesimo, Antonino mor. Laonde il graa Giovanni and in Efeso * e sei di quelli che per danaro erano stati ordinati , ed aveano confessato il tatto , lev delle loro sedi: altrettanti pel de litto medesimo in quella parte d'Asia cacci dal vescovado* e in luogo di Antonino ini se Eraclide9 suo diacono s onde nacque una seditione. Cos ia luogo degli espulsi cre vescovi per piet e virt di gran lunga migliori* quali tutti per, quando egli fu tnaudato io esilio, vennero privati del ve scovado* e vi ritornarono quelli che n'erano siati per giudizio tolti via. Un certo Severiano, vescovo de* Gabali, inteso che fosse andato a Costan tino poli Antioco 9 e molto avesse guadagnato merc l'abilit sua nella eloquenza, and anch'egli col} ed a questo Giovanni .nel partire per feso rac comand che mentre stava lontano fucesse le sue

sto rici i biografi KcctESiASTim a5g veci uella chiesa predicando; e di questa maniera quel Severiano si fece ooto all* imperatore, e a tutti. Si era iniquamente tassata la vedova di certo offic iale d'armata, detta Callitropa\ e Paolaccio , augustale in Alessandria, tormentava quella misera douoa, volendo ad ogni modo che pagasse la somma di cinquecento oumtni. Ricorse essa alfu imperatrice, la quale impose a Paolaccio noa multa di cento libbre d'oro, sulle quali per a quella doooa infe li ce non toccarono che treutasei nummi. ssa si volt al grau Giovanni, come al comun porto di. tutti i battuti dalla huriasca; ed egli immediata mente intim giuridicamente a Paolaccio che avesse da pagare alla vedova i eioqueceo to nummi estor tile. Quindi Eudosia prese male umore contro Giovanni, procurando che Paolaccio venisse assolto dal paganieulo domandato. Ma ci non segu 9 ch giusta essendo 1 istanza, Paolaccio fu obbligato a * restituire il mal tolto alla vedova. Nel quale incootro segu anche uu miracolo \ imperciocch mentre 1 imperatrice voleva prepotentemente far * levare di carcere Paolaccio a malgrado di Giovanni , apparve no angelo armato d'asta, il quale spaventato avendo i satelliti mandati da Eudosia , fece che non eseguissero i comandameoti di lei . Per queste e simili cose, cacio di Rerrea, Tea filo* Antioco e Scveriano , spalleggiati e preceduti da Eudosia , iocoiniuciarono a macchinare oeri e m aligui disegni* aggiuntisi tosto ad essi altri molti, a cui egli erasi renduto molesto co'suoi rimproveri. Teofilo accus Pietro , arciprete di Alessandria, d*aver data l'eucaristia *ad uoa donna manichea*

a6o

cla sse

terza ,

Egli in sua difesa allegava che quella donna si era convertito; e doverl a fatto partecipe de4m ister} solamente per comando di lui medesimo : di cb e citava testimonio il prete Isidoro, deputato a r i cevere i forestieri. Era Isidoro quegli cbe per la sua virt Teofilo avea in addietro mandato a Du moso * e che a Flaviano avea recato da Roma amicizia ed alleanza, mentre per venti anni fu due chiese erano state disunite. Or questo Isidoro te stific quello che Pietro affermava. Il perch Teo filo%pieoo d* ira , immediatamente cacci dalla chie sa Pietro %e contro tsidoro, venerando uomo, mise fuori un falso processo pieno di calunniose impudicizie, avendo con danaro comperato u n ra gazzo che ne fosse laccusatore. Fu la catnnnia scoperta; e ci mise in maggior furore Teofilo \ il quale ebbe ancora altri motivi di cos andare in escandescenza ^ imperciocch Isidoro avea ri ce* * vuti da Teodora , e, secondo 1 intenzione di lei distribuiti ai poveri mille nummi, senza averne fatta parola a lui. Isidoro adunque per sottrarsi a tanta iracondia si ritir sul monte di Nitria, ed ivi eerc pace nella solita sua cella, essendo allora pre sidenti a'monasierj dell Egitto Dioscoro% Ammonio, Eutimio ed Eusebio, frittelit germani, dalla corporatura loro soprannominati i Lunghi. In quel tempo ardeva la lotta con gli eretici Antropomorfti ; e come alcuni monaci ignoranti e selvatici eccitavano per lEgitto tumulti , da questi assediato Teofilo , per paura, siccome sembra , volendosi liberare da essi , gl* imbrogli dicendo; ho vedute le facce vostre come la faccia di Dio. Ma avendogli inol tre domandato che fosse condannato di anatema

ST OR IC I Z

BI OGRAFI

EC C LE SIASTIC I.

26

anche Origene, che avea detto Dio non avere u maua forma, rispose che cos avrebbe fatto, e di questa maniera evit d'essere ucciso. Fresa egli dunque questa occasione contro i fratelli Lunghi* i quali da gran tempo ricusavano di convivere cou essolui, poich sostenevano , coin' di ragione, non doversi attribuire a Dio umana forma, egli li calunni presso i monaci d 'E g itto , e quella ignoratile masnato concit contro di loro, non meno che contro Isidoro. Pertanto dopo avere sofferto molte ingi ur ie , e superate molle iusidie , dopo aver veduto gituto il fuoco sopra te loro celie , cercando di sal varsi con la fuga vennero a Costantinopoli. Ivi il beniguissitno Giovanni accolse bens con tutta Pumauit que* fratelli ; ina per riguai do a Teofilo nou li ammise alla comunione ; e gli scrisse invitan d olo alla concordia* Egli uon diede ascolto* I fra telli Lunghi intanto cou prodotti libelli accusarono Teofilo. Teofilo eccit dal canto suo alcuni mo naci ad accusar essi ; e come questi nou polerouo provar uulla contro i Lunghi* furono mesti in pri gione, e gravemente flagellati, cosicch poi iu parte morirono oelle carceri, e iu parte furono depor tati nell' isola di Proconeso. Giovanni avvis Teo filo delle accuse cbe gli veuivauo date, e questi pieno di bile rispose : lo credo che tu non ignori i canoni del concilio niceno, e come per essi viene

proibito al vescovo di farsi giudice del pellegrino di cose appartenenti all'altrui diocesi. Che se lo ignori, imparalo ; ed astienti dai libelli che riguar dano le accuse contro di me. Ma egli che allora scrisse cosi, di poi arbitrossi di cendaonare cou

262 CLASS* TSJUA, suo giudizio questo stesso Giovanni che ad altra diocesi apparteneva. Non cessando iofrattanto > monaci dall'accusa re Teofilo , imperato re ordin che Teofilo si presentasse per essere giudicato. Ma l'animosit contro Giovanni and crescend o a segoo che quaodo Teofilo fu giunto, in vece d*es~ sere giudicato sulle querele inteutategli, fu costituito, giudice di Giovanni medesimo. Avea la moglie di Teognoslo, se natore proscritto, e morto in esilio, un lenimento lasciatole dal m a rito e che Eudossia Volle per forza. Essa ricorse al protettore delle vedove, il quale molto peror; ma con cattivo successo, cosicch si tir addosso anche per questo Podio delPAugusta. Per lo che diede ordine che nella festa della Esaltazione della Croce, la quale cade nel gioroo quattordicesimo di settembre, venendo alia chiesa la iuiqua impera trice, le si chiudessero in faccia le porte del tem p io. Pordine del prelato veune eseguito ; ed Eudossia, colma di vergogna e di rabbia, ritornossi al palazzo. D allora in poi cominci a peusare come avrebbesi potuto far balzare dalla sua sede il santo uomo, maodarlo in esiglio, e fargli altri mali che lo sdegno le suggeriva da d ire intanto che quando essa an d av a alia chiesa e ne vide chiu dersi le p o rte , uno del suo corteggio , volendo adoperare la spada contro quelli che le chiudevano, nell* istante si senti assiderare la mano, ch'egli poi gittatosi ai piedi del santo uomo ricuper sana. Anche il grande Epifanio che Teofilo astuta mente ingannandolo , avea coucitato contro Giovanni , venendo a Costaotioopoli con alcuni suoi fatti turb Pordiue ecclesiastico. Imperciocch ave a

s t o r i c i e b i og r a f i e c c l e s i a s t i c i .

263

contro i canoni ordinato un diacono nel Settimo, che cos chiamavasi il sito del tempio di S. Gio vanni, indi senza permissione del Grisostomo avea celebrati i divini mister} ed avea domandato che egli condannasse gli scritti di Origene. Riferisce poi lautore nostro cosa che si legge a nche nella Vita di Epifanio, non avere egli acconsentito, come alcuni supposero , alla cacciata del Grisoslomo , quantunque dalla imperatrice fosse a ci fortemente tentato. E ricorda pure i v aticinj viceudevohnente dettisi, cio, che n 1 uno u i*altro avrebbe pi veduto il suo trono. Avvenne ancora, prima che Giovanni fosse con* da nnato* che avendo egli saputo come Eudossia era contro lui sdegnata, egli facesse una lunga predica .contro le cattive donue. Nou manc il popolo di trovar lallusione alla imperatrice { e giunto a Costantinopoli Teofilo , pi vigore pre sero le macchinazioni gi ordite contro il grande atleta Giovanni. Quindi noo essendo mai questi i ntervenuto al Sinodo che vi si convoc , pure Teofilo insieme co* suoi profer contro di lui sen tenza , reclamante egli indarno, e pubblicamente dichiarando essere pronto e a comparirvi iu per* sona , e a rispondere alle accuse, purch ne fos sero allontanati i suoi dichiarati nemici. Avea Gio vanni seco ancora quaranta vescovi pronti a com battere per lui contro Teofilo%i quali, caldi nel l'impegno, egli con le lagrime agli occhi e con fu p reghiere cercava calmare, esortandoli a non la cerare le chiese eoo la discordia. Cacciato della sua sede, fu rilegato in Jerooe sul Bosforo \ ma come veone per mano di Dio uo gran tremuoto,

?64

classe

TEBXA ,.

ricondotto a Costantinopoli , e a suo mal grado restituito alla sua sede. Imperciocch ricu sava di riassumere le cure pastorali prima che Tini, quo giudizio contro lui pronuncialo non fosse ri proposto ed esamioato. Ma non molto d o po accesa di uuovo furore Eudossia, vedutasi anche pi li beramente di prima attaccala, a cagione di una statua innalzatale vicino al tempio, onde eccita* vasi grande strepito nel tempio medesimo, diede a nuove calunnie contro il santo u o mo. Quantunque per oltre ogni sua speranza ci riu scisse a seco da delle proprie passioni, pur 7VofiiOs temendo Podio dei ciitadini, s'asteuue dall iutervenire al uuovo concilio. N era senza fonda mento il suo timore, poich erano gi cominciati ahi sussurri contro di lui , tanfo perch cacciato Giovanni avea comunicata coi fratelli Lunghi, per mezzo de* quali avea dianzi supposto gli si ten dessero insidie, quanto perch nou cessava di leg gere gli scritti d'"Origene, di che avea fatta q uerela a Giovanni. Si asteuae adunque dalP intervenire al Sinodo: ma intanto mand altri in sua V e c e , facendo decretare non doversi Giovanni ascoltare, perciocch il Sinodo antiocheno jion ave a lasciato lu ogo a difendersi a chi dopo l'espulsione avesse fatte funzioni di sacerdotio. Contro il quale statuto i fautori di Giovanni non mancarono di dire *es sere esso .stato opera di un' assemblea di Ariani, e fatto espressamente ad oppressione di Alano* sio i e perci dai padri del concilio di Sardica es sere stato dichiarato per nullo; e quel con* cilio avere in opposto accordato ad Atanasio di dfeudersi, e permesse a lui e a Marcello le fuo* zioni del sacerdozio*

sto ric i

b io g ra fi

E C c t i Z s n s T i c t.

65

Fu dunque proibito al Crisostomo di celebrare, anzi di andare iu chiesa. Era prossima allora la festa del Natale * e rimase sino alla festa di Pen tecoste, e cinque altri giorni dopo, astenendosi da ogni funzione ecclesiastica Indi totalmente discac ciato dalla chiesa e dalla capitale , fn mandalo iu esiglio a Cucuso. Nel qual tempo, attaccatosi fuoco al pulpito del tempio, molle cose che v' erano intorno rimasero pteda delle fiamme. A ci s'ag giunse che la pi parte de* nemici di Giovanni ebber a dare un funesto esempi o, molti essendo morti di sozze malattie, molli essendo periti da strage mandala da Dio. Deportalo egli duoque a Cu c uso , siccome questo scrittore narra, ivi ed istru predicando, e molti vescovi e sacerdoti, e diaconi ordin, e parecc hi miracoli fece ancora io quelTestglio, s vivente che morto. Cess di vivere noo mollo dopo avendogli an n unziato in sogno il suo fue Basilisco , vescovo de' Coma oi e martire; e fu sepolto uella tomba di quel martire stesso. Teofilo poi, e i seguaci suoi condannarono E ra d i da , vescovo di Efeso assente , e Serapione eoo molti strappazzi cacciarono dalla sede di Eraclea > nella quale il gran Giovanni lo aveva ordinato vescovo dopo il primo suo esiglio 9 in posto di Eraclida mettendo un eunuco del tribuno Vittore, uomo svergognatissimo. Cos rimossero dalle loro sedi altri venti vescovi, e molli preti e diaconi , e dalle chiese parecchi laici , quanti seppero de voti a Giovanni, ed inoltre alcuue pie matrone, tia fu quali furono di celebre nome Olimpia, Pen* tadia9 Proda e Silvana

266

c la s se

te r z a , sto ric i, sc c .

Intanto Innocenzo , vescovo di Rom a, molto si adoper iu favore del beato Giovanni, sebbene inu tilmente. g!i mand a tale oggetto suoi Apocrtsiarj che furono rispediti contumeliosameute Scrisse anche lettere , n queste giovarono punto - e a 9 grande stento Arsacio pot rimettere ne* dttici il nome di Giovanni. Finalmente molto tempo dopo Proclo ne trasport in Costantinopoli il corpo Fin qui GiorgioQuesto scrittore sembra aver narrate alcune cose eccedenti la fede'delta storia. Ma chi impedisce al futtore di scegliere le cose utili, e di tralasciare le altre?

CLASSE QUARTA
ME D I CI E F I LOSOFI

AE Z I O

A M ID E N

LIBRI XVI 01 UN* OPZRA MEDICA.

T JL/ a u t o r e raccolse tutta quest opera non solo da C. aai quegli scrittori, dai quali trasse Oribasio i suoi libri, o a Giuliano imperadore, o ad Eustazio ed Eanapio indirizzati, ma eziandio dai libri tera p eutici di Galeno , e da Archigene e da Rufo , non meno che da Dioscoride, da Erodoto, da So rano , Filagno , Filomene , Possidonio, ed altri , che rinomanza e gloria acquistarono nell* arte di medicare. Egli principia dalle facolt de* medica* menti semplici e de* cib* , brevemente tali cose , tolte da Gaeno% ricoidando; e finisce nel libro X V I, daudo precetti sulle malattie delle donne. La quale materia trattando, agli altri capi di dottrina ag giunge quanto concerne il lavare la faccia e in ben governare tutte le altre parti del corpo , e suggerisce il modo di preparare 1* unguento di l ambrusca, ed alcune altre cose simili. Cos, come dicemmo , principia e termina tutta quest* opera* Venendo poi ai particolari , il libro I tratta bre vemente delle qualit degli alimenti e de* medi* cementi. Il l i dichiara le qualit e P uso delle cose metalliche ed animali, P utilit di queste

CLASS

QUARTA ,

cose, o intere, o io parte con egual brevit e*poaeodot per io maniera che questa parte di tutta fu trattazione intorno ai medicamenti semplici pu stimarsi non lieve. Il libro I li tratta degli eser cizi dogni fatta, e di quanto pu ai medesimi dar luogo. Q uindi, dopo aver ragionato delle evacua zioni e delle occulte traspirazioni degli umori, parta dellaprire la vena, indicandone non tanto i modi opportuni , ma eziaudio la grandezza , le forme, il tempo a proposito, e fu misura del san gue da estraersi. Poi parla del taglio dell arteria , del medicamento per fermare il sangue di essa , della cucurbita , della scarifcazioue e della scelta delle mignatte. Delfu qualit ed uso del vitto. Delle medicine purgative , e del vario modo di prepa rare i vini purganti^ del vino dolce purgante, del condito, del fatto collassenzio, del rosato, del mele rosato, dellaceto dolce , e del garo purgatile. Del m ele, del vino dolce, dell ossigeno, e dei brod o ammolliente * del latte , e delle olive purganti. Intorno a tutte le quali cose d precetti. Inoltr e parla degli aceti, e di varj purgativi, e delle pastiglie e biscotti della stessa virt. Descrive pure gli aloetici purganti , e simili prepara zioni composte con sale , e quelle cinque cele brate per sacre. Parla iuoltre di ci che giova in ajuto di quelli ai quali il medicamento p urga tivo non fece effetto , o ne fece uno soverchio. Poscia del vomitivo, e a chi debba darsi j che forza questo abbia , e chi sia atto a rice verlo. Delfu esplorazione dellelleboro , e come conveoga disporre chi lo ha da bere. Del vario uso e del apprestare lelleboro, e della cur a di chi 1* abbia

m e d ic i

f ilo so f i.

300

p reso. Continua a teoer discorso degli epitemi


purgatiti , e delle parti che in noi si purgaoo , come gli occhi, le orecchie, ed altre. Del profumo allo stesso effetto appartenente , e di quelli che e vacuano gl'intestini tenui e ceite parti del fegato, e rose simili, DelParia , de* venti , e delle signifi c ationi delle stelle. Delle acque e de* bagni tanto c on arte preparati, quanto maturali Della lavanda fredda, delP applicazione d 'o lio , dell* asperger la faccia , della perfusione, delle bagnature a mezza v i t a , della umetazioue , e del fomento secco Dei vatj generi di cataplasmi. Del depilatorio, dell'impegolametito, del sinapismo , dei rubefacienti, e in chi sia da far uso dei metosincritici, o sia degli ajuti che chiamano gli umori dalPalto. Tutte que ste cose conteogousi nel libro III. II libro IV contiene quanto occorre per con servare la sanit. Ed incominciando dalla educa* zione de* fanciulli, espo ne tanto fu malattie a cai vanno soggetti, quauto i rimedj. Tratta del modo .-di nudrirsi io tutte l*et e condizioni. Poi della diminuzione delle carn i, e della corroborazione delle persone gracili ; della stanchezza dopo gli esercizi delle differenze delta medesima; di quella che procede dalPuso della venere, e di quella di cut s' ignorb 1 cagione , e che si dice spontanea. Detta eura che deesi avere per digerire; del come provvedere nel caso della pelle indurita ; dellaria infuocata , e della frizione opportuna. Della cru dit, della crapula, e della eguaglianza della tem peratura Indica qual sia Cottimo temperameoto , e i caratteri del calido, e degli altri s semplici che composti^ o del solo intero corpo, ma ezfun-

270 CLSSK 'Qusar* dio delle singole parti, eoine del capo, del cervello* del ventre , del cuore , del fegato e dei testicoli5 ed espone i rimedj pei diversi casi , se fa che tali parti decliuiuo dal loro buono sialo di sanit, Nel libro V A et io disputa intorno alle malattie, e prima di tutto iutorno alle febbri, delle quali indica i segni , le prenozioni , le denotazioni e fu cure cou molta diligenza , e quanto appartiene a questa parte dellarte medica^ cio quale si debba giudicare il principio della malattia, che accenna di tre maniere^ quale sia Peccesso della medesima, quale la remittenza; e cosi il vigore e U declina zione, con laggiunto di malattia di qualche parte, o di tutto il corpo. Parimente quali sieno uelliufermo i segui della sanit o della morte , e quali di questi o pi presto, o pi tardi , o a mezz o stadio si giudichino riferirsi alla sanit o alfu morte Dei segui de polsi , e della denotazione delle oriue , e cosa queste cose dimostrino. Delfu qualit degli escrementi, e della prenozione e de* notazione del vomito. Dell uscire sangue dal uaso, e delfu purgazione dele donne. Delle note criti* che de sudori, e degli ascessi, e dell indizi o dello sputo. Aggiunge inoltre che il medico ben istrutto deve couoscre se la malattia sia bene sciolta o no, noo ostatili le apparenze che pur sia sciolta j e sapere il giorno e l ora in cui lamma lalo sta per maucar di vita. Quindi tratta delfu malattie popolari e comuni , e pestifere e delfu persoue le quali per varie cagioni veugouo prese da sincope, e dei deliquj, che per diverse cagiooi anch* essi sopravvengono. Della doglia alla testa , della veglia, dell indebolimento della vista di che

m ed ici

e filo so fi.

271

soffro no i febbricitanti , e del curar quelli che nelle febbri sono soggetti a perder sangue pel naso, e del provv edere a* febbricitanti. Della ve scica , della difficolt di orinare, dei dolori ai lombi , delle ulceri all* osso sacro , de* testicoli , delP ano. Delle pustole sparse per tutto il corpo , o nate iu Alcuna parte del medesimo + e de* tre mori e delle convulsioni. Fin almente sigai fica a chi nelle febbri massimamente sieoo utili le be vande dolcificate ; ed ivi termina il libro V. Nel VI tratta di tutte le malattie della testa e del cervello, e de rimedj per le medetirne occor renti. Tratta di chi sia stato morso da ciane rab bioso, appreso da apoplessia, o da paralisia. Dello disciogiimeuto de sopraccigli e delle palpe b re, e delfu lingua, e degli orgaui della voce e della gola * in quanto restino affetti da morbo , e della cura che conviene. Della convulsione caoiua , e della cura della vescica inerte, della verga e delP intestino retto. Delta medicina delle cosce , o di altro qualunque membro, e del tetaoo , o sia di- stensione. Delle varie doglie di lesta da diverse cagioni procedenti, e delfu cefalea ed emicrania Descrive te cure delle tigne , de* capelli cascanti e de* peli de* sopraccigli ^ uel tempo stesso ag giungendo quali cose tiogano i capelli, gl* increspiuo, li estirpino, giovino ai cascatiti, li attenuioo^ e quanto riguarda la manteca usata per levaro ogni sorta di peli. Parla delle scabbie, del morbo pedicolare, dfUe c roste , delle pustole che seuza* cagione cognita ve ngooo alla testa t ed iosegua come tutte questo cose , ed altre simili si medi chino. Fa fu stesso rispetto Ile varie malattie

nyi

c la sse

q u ab ta ,

cbe per diverse cagioni attaccano le orecchie e tratta del caso in cui da esse esca s angue, come pure di quanto pu riguardare le parotidi. D i poi passa a dire delle affezioni a cui il naso sog getto, e degli stfrnutatorj , e con che rimedj pos sano sedarsi gli sternutame uti soverchi. dopo essere nel libro VI disceso fino alle affezioai morbose delle orecchie e del naso, e ad ditatene le cure opportune, nel libro VII passa a parlare degli occhi, incominciando dal descriverne la Datura ; e poscia tratta di tutte quante le ma lattie a cui essi vanno soggetti , od abbiano la cagione loro nell'interno, o la ricoooscano da cose esterne. D inoltre precetti pel taglio delfu arte rie , e dello scitismo , e della escoriazione della fronte col mezzo di scnlpello , e delta scelta' delle vene ; al quale proposito parla delle unzioni , dei cataplasmi , e delle varie specie di collirj c on cui gli occhi si curano. Nel libro V II! d princpio con riferire alcune delle cose che adornano i sopraccigli, ed acceona cosa sia Pechimosi al disotto dell occhio, e in che maniera si faccia e si curi. Poi spiega come dal sole e dal vento la faccia non rimanga abbruciata* e con quai mezzi possa conservarsi senza r u g h e , fuVMfusi il color atro , o in altro modo restituirle un color bello e lucente, ed inoltre rendere di grato odore la pelle del corpo Quindi tratta di lotte quelle malattie che attaccano la faccia , la bocca e le tonsille , o procedano esse da cagioni interne, o vengano da esterne. E perci viene a dire de! tanti incomodi dei deoti , e del come curarli; e de mali della lingua, di quello d el gur-

m ed ici

b f i l o sofi.

3^5

gulione, e di tutti gli altri che sono compresi sotto il nome di mali di bocca , tra i quali s intendono essere la cinanche e la sinanche (1), malattie cbe attaccano le fauci; e vi si aggiungono anche i tu mori delle tonsille. Insegna ivi ancora come pos sano rifocillarsi gli strozzati, i quali non sieno m orti; indi parla delle affezioni delle arterie, e de convenienti rimedj. Trattando in appre sso del catarro e della tosse, descrive i farmachi cbe possooo alleviare il dolor della tosse, insieme coi fo m e nti e gh epitemi opportuni. Poi delle varie malattie ragiona provenienti da difficolt di re spiro, e delle palpitazioni di cuore e de polmoni, e de4 mali di petto , chiudendo questo libro con precetti sulla pleuritide, tanto se sussiste di futto* quanto se se ne ha sospetto, l uno e l altro caso distinguendo e spiegando, e i ri medj additando che possono prestar visi. Incomincia poi il IX libro dai mali cardiaci ; e p rocede trattando dei tuibainenti che latrabile ap porta allo stomaco, e di quegli sconcerti che i ofe*> stano la bocca di tal viscere. Prescrive cataplasmi ed altri rimedj a cbi tormentato da varj mali di sto maco. Ivi tratta anche di quelli cbe soffrono convellU rnento di stomaco a modo degli epilettici; e parla delfu inappetenza, della fame canioa, della crudit di siomaco, e ne addita Ja cura. Poscia passa a dire del come ajutare cbi soffre a cagione di crapula , e chi ba stitichezza di corpo. Tratta del meteo rism o e del volvolo 9 o sia della ostruzione del l'intestino tenue , e de* dolori colici ; e parimente

( i) Entrambe specie d'angina.

JTouo,

IL

18

c la s se

q ua b t a ,

del flusso del ventre, e del laffezione detta celiaca della colliquazione, de* lombrichi t tanto rotondi, quanto p a u i, e di quelli che cbiamansi asca ridi , come pure delfu passioni degl* intestini. D inoltre rimedj per quelli che inghiottirono oro, o rame, o tale altra cosa; d pure i rimedj pe^dissenterici, introdotti o per d sopra, o per di sotto* ed annovera le pastiglie, i supposti, gli'unguenti, e gli epitemi, fino a che viene a terminare il libro parlando delfu lienteria. Della debolezza del fegato, e di tutte le malat t ie dell* epa tratta incominciando il libro X , e di ogni sussidio cbe la medicina pu prestare in tali casi. Poi procede a dire delle affezioni della milza, e come curarne le diverse cagionevolezze, cio fu enfiagioni, le infammazioni , gli scirri, i tumori fuor di natura , e le durezze. Di poi tratta dell it terizia, o sia morbo arquato, e della mala abitu dine del corpo, e dell idrope o sa acqua tra fu pelle ; ed acceona oode queste malattie nascano e come si possano curare. Nel libro XI tratta del diabete, o sa profluvio delle orine , e della debolezza delle reni che pro ducono orina sanguigna. Quindi parla dei calcoli dei re o i, della vescica calcolosa, e della infiam mazione durzza e suppurazione dei reni. poi della disuria , della stranguria e della iscuria. Inoltre del rilassamento della vescica di quelli c he sognano di orinare 9 della vescica infiammata, e della uscita di saogue della medesima , come pure de* g ru m i, tubercoli ed ulceri in essa esi stenti , e delta flussione e scabbia di ess a. Dalle quali cose passa a trattore delfu satinati, de l prfu*

ME DI CI E FILOSOFI.

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pismo, del flusso seminale, e della polluzione Sofferta io sogno. Spiega per quanto pu fu ca gioni di tutte queste malattie , e oe addita i pres ervativi e le cure. Io foe del libro prescrive gli esercizj e le cure per qu elli che non possooo usare la veoere. Nel libro XII tratto della ischiade , della poda gra e dell artritide, o sia morbo articolare ; delle quali malattie tutte espooe le cagioni si geuerali come particolari, iosieme coi varj modi di curare taoto esse, quaoto altre che sogliono unirsi alle medesime, presetiveodo per tutte queste evacua zioni, unz ioni, unguenti, ed altri mezzi e purganti convenienti , e antidoti , ed assai altre cose cre dute utili. Nel libro X I I I , trattaudo del morso d* animali infesti, ed esponendo fu affezioni e le malattie che fpossooo venirne, per tutti i casi propone i rimedj^ -e cos fa parlaodo delle fiere che slanciano veleno, n o u meno che dell'erbe e delle piaote che sono velenose , e nuocooo a chi ue fa uso. N omette ci che riguarda i fuoghi, il saogue di toro e il latte aggrumatosi nel veotre; delle quali cose parla m luogo. E parla pure, e spiega quauto conceroe metalli nocivi all* uomo , se s introducono oel ventre. Similmente tratta dellacqua fredda , o del vino fu cui bevanda nuoca; poi degli strozzati , o soffocati nell acqua, o precipitati da alto luogo. Quindi volge il discorso ai preservativi e ai pre sagi degli animali, specialmente domestici; e quindi parla della teriaca di Andromaco, fatta con le vipere, rispetto alla quale dice e come si compone , e quale ne sia l uso, e come se oe debba servire,

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cla sse

QUA ,

descrivendo i modi di esplorarla , fu misura ia che s* abbia a somministrare , e a quali malattie specialmente convenga. Tratta parimente delle al tre teriache , e dell* antidoto mitridatico , e sua preparazione ed uso, e de*casi in cui g io v i; a cui aggiunge anche altre specie di antidoti* Q uindi passa a dire de due generi di cifo; e poi scende a ragionare della elefantiasi, delle eruzioni pruri ginose, delle pustole psidraci, delle bolle nate dal sudore, delle eruzioni ulcerose delle gambe, e delle cicatrici lasciate dalle ulcere, che fanno brutto il corpo; de* due generi di vitiligine, o sia alfo ; e della leuce (t) , ed infine della lebbra , riferendo Porigioe e la cura di tutte queste malattie* Nel libro X IV diligentemente ragiona di Tarj morbi vergognosi , e dei buboni nelle pudende, delle rime e loro iufiammazioui , delle ulceri de pascenti, dei carboncbj e delle ulceri occupanti il meato delle orine, dello scroto scabbioso e p ruri ginoso, della infiammazione di esso e de* testicoli, e delle specie diverse di ernia. Poi viene al modo di comporre gli empiastri, e al come preparare le cose che entrano nella loro composizione. E qufudi si spre campo a trattare de* nervi feriti , o coo( 1) Il seguente passo Hi Celso spiega le diverse m a lattie indicate con questi nomi. La vitiligine ( mac chie sparse sulla pelle ) quantunque non importante peticolo} i per brucia cosa Ve nyha di tre specie : Alfo, sono macchie bianche t aspvette } non continue, ma sparse come tante gocce d'acqua; Melas , macchi* nericce come P ambra; Leuce , come Valfo , ma pi biancastre f ed hanno pi fondo e coprotisi d i ptli

bianchi.

M inic i t filo so fi. tusi, e delle gaodule all* inguine , e della infiam mazione in generale. Poi vieue a parlare delle posteme e delle ulceri interne , ognuna di questo cose spiegando, e ad ognuna suggerendo i rimedj proprj. Oltre ci propone i rimedj contro i vermi cbe nascono nelle ulcere, e per le ulcere e putre dini , e pel sangue colante dalle ulcere stesse. Scrive di pi dei seni delle fistole , della can crena , dello sfacelo , de* tumori cancerosi , d$i carbonch}, delPerisipola , dell'erpete, della epini* tid e, del tenninto e di altre pustole, il come na scano e come si curino esponendo. Aggiunge an cora la medicatura per gli scottati dal fuoco , o dall* acqua bollente , pei frustati, per gli abrasi , per quelli cbe hanno escoriazioni , e pei casi di carne pesta o rotta, di convulsione, o contorsione, 0 di tassazioni nelle giunture , e di buganze. Smilmente parla delle escrescenze nelle dita e dei panerecci, delle unghie peste, di quelle che hanno sangue di sotto , delfu scabre e leprose t ed inse g na con che rimedio possa ottenersi che alle ca dute altre in luogo di esse sottentrino. Parla ancora degli aoelli, cbe qualche volta accade cbe ai fissino entro fu dita ; e parla de* c a lli, e delle rim e, o crepature de* piedi, e delfu varici. dopo vereogni utile prescrizione accennata per medi care tutte queste cose secondo fu leggi mediche term ina il libro trattando dei furuncoli delle brac c ia e delle cosce. Nel libro X V si occupa dei tumori vaganti, dell* enfiagioni , de* tumori d u ri, degli ateromati , delfu strume , dei broococeli , m eliceridi, ganglj, aneurism a, fa v i, e dell'idrocefalo. D i tutte questo

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classi

quarta

cose espone l origine , fu cagioui, fu chirurgia , e fu altre c u r e , unitamente alfa preparazione di molti empiastri di vario genere. Nel libro X V I ed ultimo principia dal descri vere la positione, fu grandezza e fu forma d e b u ter, e il tempo in cui la femmina suole purgarsi e seminare. Poscia parla del tempo del concepimento e degl* indizj della fecondit ed anche se abbia altre volte concepito, e delle altre affezioni delle donne iacinto. Tratta della cura e sollecitudine da aversi per e sse, tanto se abbiado maggiore dispo sizione a partorire, quanto se assai poca o niuna; del parto diffcile, de* parti contro natura ; de l lo estrarre il bambino a brani, e della mancanza del secondo involucro. Dice ancora per quali cagiooi l uomo e la donna sieno sterili; e per tutte que* ste cose d rimedj per concepire, come p o zio n i, empiastri, cataplasmi o fomenti* Quindi passa, eoo fu scienza conveniente a q u est'a rte, a trattare di tntte fu malattie a eui fu mammelle sono sogget te, e fu costituzioni delle medesime; e l origine, e fu chirurgia , e le cure aggiunge. Poi discorre delle varie cagioni per fu quali nelle donne la purga zione mensile si arresti; e parla di questa q uando soverchia, e del flusso parte rosso e parte bianco; poi dello strozzamento dell utero e del fiosso #eminel, con suggerire assai buoni metodi di cura Prosieguo poi a trattare di varie altre affezioni dell utero, come posteme, tumori, m ole, idropi, ulceri , ed altre siffatte ; ove, parlando dell* utero ostrutto, non perforato , e simili , aggiunge anche fu medicature opportune. Similmente parla del taglio della uiofa , della coda , deir ernia varicosa ,

m u d ici

f il o so f i.

279

dei tumori, e sim ili, prescrivendone gli acconci rimedj. A queste cose aggiunge le macchie della faccia e delle altre parti del corpo, e la compost* sione de* rimedj atti a levarle. cos Jezio ter* mina tutta quauta opera sua di medicina. Il lavoro di quest* uomo , per qnaoto io potei discernere, in tutto supera pienamente i compendj di Oribasio , o parlisi di quello che indirizz ad Eu$tao%o si dica di quello che dedic ad Eu* napio. N li supera solamente in quanto adduce le cagioni e reca le dinotazioni, le prenozioni e le definizioni d* ogni cosa ; ma in quanto pi copiosamente assai riferisce le cure opportune E dir di pi che noo solo supera, a quel ch e si vede, que* trattati 9 e tutto ci che Oribasio con molta accuratezza compendi da Galeno * ma egli eoa magg io re perspicuit propose fu sue dottrise , e tratta di assai pi malattie. Ma loper di jiezio , confr ontata con la raccolta di Oribasiot contenente settanta libri * forse verr giudicata inferiore , sta perch Aezio ha omesso di trattare ddl'an atomia che Oribasio spieg, sia perch Ha inoltre omessa la considerazione sull* uso delle p a rti, considera t o n e per pi propria del filosofo che del medico pratico. forse per fu stesse ragioni potr dirsi cbe meno vinca quel compendio raccolto dagli scritti di Galeno. Ma dir, osservando quanta sia al presente la negligenza degli uomini, e fu mag giore furo inclinasione a lutt*aliro che a ci che riguarda la cura degl'infermi, che quest* opera d i A et io sopra gli altri scritti degna d* essere te* s o la per guida da quelli singolarmente c^e noo vogliono occuj^rsi odio scrutinio della mediefua,

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C LASSE QUARTA ,

pi astrusa, n col sussidio della fisiologia cercare fu cognizione e verit , ma limitarsi alla sola me dicatura de* corpi , e non mancare in nulla di quanto appartiene alla pratica. Ed io tengo p e r fermo cbe qnelli i quali vorranno dimostrare c be con fu cure si vincono le malattie, non avranno che da attenersi a questo libro , e da studiarlo con vero proposito e costantemente. Al quale a v vertimento chi si prester, trover per p ropria esperienza che lo studfu fattone gli procaccer buon frutto.

GALENO
D IL L E SETTE O r '
m

BDICI.

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Discorre delfu Sette che nellarte medica co n trastarono tra esse T re principalmente egli dice essere: una chiamata Logica* che chiama anche Dogmatica e naogistica; la seconda Empirica, e fu chiama eziandio Osservatrice e Memoriale ; fu terza Metdica. Queste sette differiscono tra esse, oltre che in altre cose, nel modo della invenzione. Il medico dogmatico costituisce arte sua io quanto a forza de* suoi raziocinj trova i metodi i curare. L empirico costituisce la sua arte non col raziociuio, irta con gli esperimeoti e con la osser vazione. Il metodico si distingue da que* due io quanto procede e col raziocinio e con gli esperi menti quantunque non abbastanza diligentemente faccia uso dell* una cosa e dell'altra. Quepo libro diviso io tre parti. Nella prima descrivesi vivamente la setta empirie0 e dogmatica,

MSDICI E

f il o s o f i.

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e si dimostra quale sta la natura dentrambe*Nella seconda pnrte si mettono a fronte quelle due setto tra loro contendenti e cootraslautisi il primato Nella terza parte si inette inuaazi fu setta meto~ dica t gareggiante con le altre due , ove ognuna adduce le sue ragioni, e cerca di vincere le. rivali. qui finisce il libro. chiara cosa che tra gli altri scritti riguardanti l'arte medica quest opera vuoisi preferire a tutti ; convellend o troppo di discernere quale setta in confronto delle altre sia l ottima, onde seguire quella* Pare ci non ostante non debbasi riguar dare propriamente per unopera medica, ma benti che formi nna specie di proemio, e ehe piuttosto appartenga alla filosofa. pur cosa chiara che per quanto concerne la dizione e la composizione dellopera, essa pura e venusto. E Galeno di fatto assai studioso di queste qualit, non ostante cbe uella maggior parto de* suoi scritti usi co suoi intempestivi discorsi , con le sue digressioni, e con periodi lunghissimi, imbrogliare fu cose, non senza tedio di chi legge, e mettere oscurit ne* suoi detti , e rompere fu serie de*suoi discorsi; cosicch con si lunghi diva gamenti stanca il lettore, e lo rende meno allento a ci che pur vuole che sappia Di questi vizj esente quest* opera delie Sette.

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classi

qua s t a

ORIBASIO MEDICO
ortas. C. 316 Lessi quattro volumi, ue quali Oriatio ha com presa la materia medica da lui composti; e altri sette pubblicati da lui in forma a un di presso simile.

Compendio di Gcdenot da Oribasio medico, w * diriexato aWimperatore Giuliano.


Nel pri mo volume Oribasio compendia quaoto oel suo primo volume Galeno, medico, avea scritto; e fu dedica a G iuliano cos sul principio decendogli: Impostomi da te, divo Giuliano imperatore il carico di Restringere io mi oor mole gli utilis* simi libri cbe intorno alle cose di medicina scrisse Galeno, uomo amntiraodo, beo volentieri io mi prestai al voler tuo; imperciocch a coloro cbe vor* ranno applicarsi a questarte com'egli dice, e man*> cane forse di naturale talento, n in opportuna et ci si accingono, e sovente aacora sono spogli forse dei primi rudimenti, onde que* diff usi volumi noo saprebbero intendere, basteranno te cose qui com pilate, poich non troppo lungo tempo avranno a consumare per erudirsi, e fu materie fu trove ranno presentate in modo da facilmente com prenderle; brevit e perspicuit essendosi qui insieme unite a loro proftto. Quelli poi cbe dianzi appHcaronsi alle scenze cbe preparano ingegno allo studio della medicina, n per mediocrit d io*

M a n ic i x f i l o s o f i .

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gegno, n per l*et hanno ostacolo ad istruirsi pi perfettamente n precetti dell'arte, troveranno anch'egliuo convenir loro questo compendio; mas* simamente che vedranno fu esso suggerito loro breve mente quanto fa necessario , ove necessit prema in casi di cura, n Cos parlando nella prefazione Or ibasio promette di raccogliere nella sua opera quelle sole eose che a Galeno stesso nell* accennato intendimento sa rebbero piaciute, e allarte medica, e trattazione dlia medesima fossero pi opportune. Compie egli poi l'opera in libri . . . .

Libri LX X di cose di Medicina raccolte dal medesimo Oribasio.


L*altra opera a Giuliano anch'essa dedicata* C .a compresa iu settanta libri, non minore ponte della prima,, e piuttosto maggiore per la sua utilit. La prefazione alla medesima come siegue s I l compendio che in addietro, divo Giuliano Cesare, mi ordinasti di fare, mentre ci trovavamo nella G allia occidentale, da me stato, come tu v o le v i, ridotto a termine, ed composto delle sole cose che Galeno scrisse. Ma lod ata quella mia fatica uualtra me oe imponesti, volendo che in un volume solo io comprendessi quanto i pi va lenti medici, bene istudate le loro opere, avessero opportunamente suggerito, e tendesse allo stesso fine della medicina# Or questo incarico ancora mi assunsi per quanto fu mie forze valevano, e con volonte roso ani mo mi accinsi all'impresa. Nella esecuzione della q u ale, avendo stimato superflua cosa , e di

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cla ss i

qcabta,

oiun conto, ripetere tutto quelfu che scritto aveano o gli ottimi m edici, o quelli che uoo tanto dili
gentemente aveano trattata la materia, venni in pensiero di raccogliere soltanto ci che ci lascia rono i migliori nulla insieme omettendo di ci cbe avesse detto Galeno. Il che taoto pi g i ato, quaoto che a tutti quelli che fu medesime cose Irattarooo per ottimo metodo, per discernimeoto, e distinzione, egli.va innanzi a tutti, fattosi se guace continuo de* principi e delle sentenze d* Ip poetate Di questa maniera poi ho ordinato il mio lavoro. Primieramente raccoglier ci cbe appar tiene alla parte materiale; poi ci che stato detto intorno alla natura e costruzione dell* uomo; quindi tratter del conservare la sanit e ristorare i corpi; ed aggiunger in appresso quanto coucerne la dia gnosi , e la prognosi ; e quanto vuoisi circa la malattie, e i sintomi delle medesime. Finalmente esporr le cose cbe valgono per correggere quauto sia preternaturale, n . Questa adunque la prefazione della seconda opera di Oribasio , la quale opera, come delfu precedente , incomincia dall'argomento che espone la propriet degli alimenti. Tutte le accennate cose ha comprese in settanta libri; ed quest* opera, come posteriore di tempo, prima per la utilit, IV essa contiene solamente quelfu che Galeno avea scritto, ma quelfu pure che* omesso da Galeno, altri proposero da imparare. Ed a me pare questo In* voro utilissimo sopra tutti gli altri libri, fin qui composti per fu studio e la pratica de!l*arte me dica, al certo sopra moltissimi; e ci singolarmente per questo , che non solo lutto.espone, con chia-

gj rezza, e Dulia omette ; ma inoltre, parlando delfu cose qui raccolte , la pi parte d'esse indica con di versi vocaboli; il che fa che se alcuna cosa sia indicata con qnalche oscurit, tosto venga dichia rata eoo comoda spiegazione. Oode io esorto quelli, i quali si applichino allo studio della medicina, ad osare assiduameute, e di pieno proposito, di que ai opera.
MEDICI E FILOSOFI. a

Libri IX del compendio di Oribazio, ad Eustazio suo figliuolo


Una terz opera dal medesimo fu scritta, sic- C. c ome egli medesimo attesta nel proemio $ ed uu compendio della seconda, intitolata a suo fi gliuolo Eustazio , e distribuita in nove libri nei quali propongonsi que* medicamenti delle inalata tie che possono prepararsi facilmente , ed essere alla mano* pei in questa sua raccolta omise affatto ogni cosa riguardante fu chirurgia. Quest'opera esercitando la memoria di quelli che souo gi abituati nell* esercizio e nello studio dell a medicina, non sar loro di piccola utilit , n di minore comodit. E a quelli, i quali sperino di potere tosto pervertire cou questo compendio alla cognitione di quest*arte, direi che iu breve tempo sar loro di oon poco vantaggio } se uoa che per maacare di metodo, e per niente decidere potrebbero taluni, aveudo poca esperienza nell'arte e troppo solleciti di assumere cure, da quest'opera essere tratti a fortemente pregiudicare non che a persone ammalate , talvolta anche alle sane. Del rimanente questi nove libri sono il ristretto dei settanta gi accennali

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classe

Q u i ut a ,

Nel primo libro tratta delle cautele da aversi negli esercizi del corpo, degli esercizi medesimi , de1le evacuazioni s in geoerale che in particolare, e tanto di quelle che con lo studio si s o d o tro vato, quanto delle altre che la natura opera. Di poi tratta dell4 aria, e de'bagoi s naturali cbe artifziali; e de1 stidori e de* cataplasmi ^ dell olio puro, e della bagnatura dell'olio diluito eoo acqua. Finalmente parla delle cose che corrodendo, od almeno disciogliendo la cute, formano quella cura di funghe malattie, dai metodisti chiamato Meta smcritica. Ne} libro parla della virt de4 medicamenti semplici , e della loro scelta ; poi dellapparecchio degli unguenti e degli empiastri. I odi de pesi degli empiastri larghi ; della cottura delle m edi cine che entrano negli empiastri. Nel III libro continua a parlare delle composi tioni delle ntedciue d ogni specie. Il libro IV tratta della propriet degli alimenti, del furo apparecchio ? del vino dolce e di tutte te specie di bevande utili agli a mmalati. Del bere futte e delfu acque. Nel libro V si discorre degli accidenti a cui sono esposte fu donne incinte, e della scelta delle nutricis della educazione de fanciulli, e degli a c cidenti che possono ad essi sopravvenire. Poi della lassezza proveniente s dalPesercizio fatto, s da causa non apparente alTesteruo, come dalla cost* p azione della cute. Qui trovasi auche il vitto dei Vecchi e vi si ragiona delfu cose cbe sopravve nie nti all esteriore producono deformit; e del modo di espellerle e di curarle. La custodia dei

m o so ri. aey de nti, la difficolt di udire, fu caligine degli occhi, sooo pure argomenti qui trattati cou fu regole e coi mezzi di rimediarvi. vi si tratta aocora del curare le conseguenze-del mangiar troppo, e vi s* iodica il vitto proprio di chi mena vita operosa. V i si parla delle cose che corrompooo gli allineati, e vi si prescrive il vitto convenieote a chi fu viaggio, e a chi oaviga. In fne si ragiona e della esteouaziooe della carne e della nutrizione: dopo di che vi s* insegna quanto occorre per coooscere il temperamento, e per curarlo, quando sconciato. Nel libro VI sooo raccolte quelle cose, le quali sooo"i segnali opportuoi per rettamente e sicura mente giudicare de* morbi. Parimeote vi si tratta della cura e prognosi delle febbri e de sintomi , con 1* aggiunta de* varj generi di febbre , e dei rimedj. Poi si parla della faine, dei deliquj, della sincope, del dolore e del singhiozzo* della ppetito canino, e della inappetenza, e della cura di fame immensa. Inoltre della nausea, del vomito, delfu veglia, del torpore, della colliquazione, della sete e della medicatura dell* osso sacro esulcerato. Nel libro VII si parla delle ulcere d*ogni fatta, tanto semplici, quanto le cos dette cave, e di quelfu che hanno bisogno di essere cicatrizzate , e delle altre abbondanti di carne; al quale proposito si accenna il rimedio per le ustioni. Parimente si parla degli esantemi* del prurito, delle pustole chiamate flittene e delle ulceri rotte e maligne. Si descrivono le core de* carbonchj e de* cancri. Si ragiona delle membra stravolte, lussate, o in frante , nel quale proposito s* insegna come, si le* vipo frecce , canoe, spine, o legni infssi entro fu
M E D ICI a

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cla ssi

q u ab ta ,

earoi. Poscia passa a dire delle redivive ulceri negli articoli ; e delle eruziooi del sangue ; dei nervi feriti, delle articoazioai lussato ; della in* fammazione , e deHaffeziooe procedente da flus sione ; della caocfe oa e dello sfacello, delle po steme, od ascessi e delle fntole : della risipola e dellerpete. Degli scirri, degli edemi, del termioto, della epioilide. De* legamenti tagliati, del tim o, de* por ri fichi e de* foruncoli. Delie verruche, inirmicj, e simili. Si espongono i medicamenti pei gang'j, pei formicolamenti , per le fessure, e pe r le pudeode ulcerato. Inoltre si parla del leuce, delalfo, della lebbra* della scabbia, della impetigine, e delle enfiagioni * e come la teriaca fatta con le vpere sia di graode ajuto agli elefantiaci. Nel libro V i l i Oribasio tratta delfu perdita della memoria, dei tormentati da soverchia veglia , o da grave sonnoleoza ; poi dice cosa sia lefialte, il morbo comiziale, la vertigine, l'apoplessia, laIrab ile, I* insania , l amor veemente e la licaotropia ; e d i rimedj per tutte queste cose. Tratta in ap presso delfu malattie del cervello, e del morso del caoe rabbioso; della paralisi, o soluzione de* nervi e della rigidit che ooo pu riscaldarsi i della con vulsione, della distensione e delle doglie d tesia. Di pi delle scottature de'ragazzi, del cattivo odore del naso, delle lividure sotto gli occhi, degli ecbimosi io vetorati , e delle labbra fesse. Ed anche della efelide, de* ni sulla faccia , delle macchie oere negli occhi , delle storture de* piedi e delle protuberanze ulcerose sul mento: del cattivo odore alto fu brac c i a , de varj dolori degli occhi ^ del morbo pedicolare, della ostrtuioae delle carici, e deg li strozza t i

M in ici

h l o s o f i.

agg

Il IX ed ultimo libro comprende le varie ma* lattie del torace e delle viscere , scendeudo sino alle pudende. Ragiona anche delle malattie delfu donne; e prescrive rimedj contro fu podagra, l'artrilide e la sciatica. queste sono le cose conte nute nella terza opera medica di Oribatio,

Libri IV di Oribazio ed Eunapio.

La quarta opera di Oribazio aucora un com -C pendio dell'arte, diviso io quattro libri, a comporre la quale dice essere stato eccitato da Eunapio, cbe nomina come uomo eloquentissimo. L'oggetto pro postosi quello d'insegnare come facilmente pre parare i rimedj, cosa chegli compie io tre maniere. Incomincia dal notare in generale ed in parti colare le virt dei semplici, e luso di ciaschedu oo d essi. Indi prescrive fu cura di ogni malattia. In terzo luogo espone, oltre la cognizione della parte affetta, il modo di medicarla. Aggiunge poi quanto concerne la conservatione della sanit. dovea dirsi ch'egli premette questo argomento agli ac cennati; e come fa la natura, principia dalla edu cazione del fanciullo da dire intanto cbe quest'opera ad Eunapio, a un di presso la medesima iu sostanza cbe l'altra indirizzala a suo figliuolo. In nessuna poi si occupa di chirurgia e nel resto sooo tolte conformi, salvo che io alcune cose ose osservasi lordioe medesimo , o simile. Y e n h a, dove una parte meglio trattata cbe l'altra: come*nella pi porte delle malattie delle localit* e io quanto alla cogniziooe de'medicameoti semplici, l'opera diretta Fozio, Fot. IL !Q

390

c la sse q u a rta ,

ad Eunapio prevale. Ed al contrario in quella ad Eustasio v* ha qualche cosa di meglio che nell'al tra. Per per l'utia e l'altra dobbiamo essere grati all'autore, poich per quauto fu da fui, egli scrisse l'una e l'altra , noti a incomodo di alcuno , ma piuttosto a vantaggio. Per ci che riguarda il carattere della dicitura, pare dubbia, e superflua cosa il daroe alcun giu dizio, dappoich cotesti suoi volumi sono composti di cose tolte da varj libri d ogni mano e d ogui carattere; e il medico uoa iscrive per render ra gione agli esperti delta eleganza e perizia del suo discorto, ma bens di quanto intorno agli oggetti dell^rte medica per avveutuia abbia o ripetuto, o dimostrato di meno retto lo vidi uu'altropera dell'autore medesimo, in al trettanti libri divisa, e intitolata .* Delle cosefacili a prepararsi. L'avea indirizzata ad un certo Eugen/o, ch*egli chiamava eloquente. Aggiuntesi che sarebbe utile a chi' sta in campagna , e ai viao* danti, e dovunque non si potesse aver medico. Ma quantunque e pel titolo, e per la speziale dedi cazione alcun poco differisca, le cose che in quel l'opera espone, manifestamente appajono le stesse che sono scritte uella indirizzata ad Eunapio. Laonde io sono venuto a pensare cbe quelfu non sia stata fatta da Oribasio ; ma che o per errore di chi trascrisse il libro ad Eunapio si sia mutato il titolo, poneudo Belle cose fa cili a prepararsi%ovvero cbe mettesse ad Eugenio in vece che ad Eunapio; iu fine che qualcheduno speculando sulla dedica zione inventasse il bel giuoco di sostituire ad Eu* napio ad Eugenio , e al titolo originafu quelfu Delle cose fa cili a prepararsi

MADlCl a

fil o s o f i.

TEONE ARCHIATRO
V VOMO.

Lessi il libro medico di Teone archiatro a l e s - C . saudriuo, intitolato VUomo, e dedicato a Teoitisto. Egl* incomincia dalla testa dell* uomo, e va sino ai piedi, a tutte le parti accumulate del corpo umano prescrivente rimedj. Non ispiega per la natura della malattia, se non se per avveutura in poche, o eo o precisione bastante parla delle cose pr postesi. Descritti poi i rim edj di quelle malattie che sogliono intaccare i piedi, e le articolazioni, tratta de* medicamenti purganti semplici, e cerca di darne certe ragioni, per quanto pare a me n buone , n vere, perch la natura manifesta fu facolt purgativa de farmachi. Poi tratto della com* posizione di ogni genere di medicamenti, i quali possano sufficientemente servire alle malattie ac cennate, e alle altre affezioni del corpo umano * e prescrive i rimedj alle singole parti morbose che avea omesse. Presenta inoltre ai medici empiastri, rimedj contro la lassezza, collirj, e diversi a otidoti da diversi medici prescritti. Coo che termina lo pera, la quale pu essere air incirca olile quaoto il compendio di Oribasio.

C LASSE QUARTA,

ALESSANDRO ( ) i
raccolta

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cose

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LIBRI V i B E L L A GEOMETRIA

DELL* UNIVERSO

S I F&OTAGORA.

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Narra molte cose prodigiosissime ed iocredibili; ma insieme loda altri non senza fama, i quali prima di lui narrarooo le c o s e medesime Egli scrive de gli animali, delle piante , di alcuni paesi , fiumi e fonti, delle erbe , e d'altre cose smili La sua dicitura chiara ; e sebbene tratti la materia com pendiosamente, pure diletta. Nello stesso volume contenevansi anche i V i libri di Protagora, intitolati della Geometria del universo mondo. Cinque di questi abbracciano, quantunque non diligeute, n accurata, come poi dopo la rend, la descrizione della situazione del* l'Asia, deIIAfrica e dell' Europa. II libro sesto corrisponde a un di presso alla Raccolta di Ales sandro, poich descrive le. strane cose che raccootansi io tutto il mondo : la maggior parte tolto dagli antichi scrittori, assaissime dice essere stato da lui medesimo vedute, le quali noo meno delle prime souo contrarie alla opiuione di tutti. Anche di Protagora la dizione chiara, fu narrazione breve, massimamente poi parlando di questo sesto libro.

r(O Questo A l e s s a n d r o fu Milesio di patria ; pir * latto di fui Ateneo e Svida-

m ed ici

r iL o f o ri.

A N O N I M O
LIBRI VI DE BEPUBBLlCA.

Tengo no dall'autore introdotti a parlare sul pro* C. 37 postosi argomento il patrizio M enay e il referen dario Tommaso. Questopera contiene sei libri, nei quali si espone uo nuovo genere di reggimento politico diverso da quanto immaginarono e propo s ero gli antichi * e non senza ragione vi si cen 1 sura la Repubblica di Platone. 1 politico reggi mento che quegl'interlocutori propongono un complesso delle tre note specie, cio del re, degli ottimati, e de'popolani, sosteueodo questa loro idea quaoto di puro e giusto presenta io partico lare sul m otivo, ch'essa viene a comprendere ciascheduna di essej e per ci questa sar la for ma ottima di governo. D A M A S C I

LIBRI lY DELL* COSX KCBIDIBIM.

Si sono letti i quattro libri.di Damascio^ il p r i m o C. i 3o de' quali intitolato Capi 55a di finzioni incredi bili i il secondo Capi 5a di narravo ni incredibili intorno ai demonj ; il terzo Capi 63 di narrazioni incredbili intorno alle anime dopo morte apparse, e il quarto Capi io 5 della natura anck'essi in credibili. In tutti questi libri troverai moltissime cose che non possono n essere per nessun conto, o credersi : portenti mal composti e falsi, degni veramente di Darnascio , uomo empio ed ateftta

394

CLASSE QUARTA ,

il quale, mentre la luce dell evangelio illustrava l universo mondo, volle starsi immerso nelle fitte tenebre della idolatria. Breve e compeodioso in questi suoi libri il suo dire, non per disadorno, e molto meno trascurato in chiarezza, siccome io siffatte narrazioni suole vedersi.

ENESIDEMO
LIBRI V i l i INTORNO AI PIRRONISTI.

Lo scopo di quest'opera di provare noo po tersi comprendere nulla di certo, sia per fu via de sensi, sia per quella dell intelletto. Perci n i Pirronisti, u gii altri sapere la verit nelle cose, io cui essa s nascoude. Quindi i filosofi delfu al tre Sette non solo ignorare assai cose, ma in ut il* mente tormentarsi, e consumarsi con fu tante peue che dannosi per co ooscere la verit ; ed anzi igno rare positivamente di non (vere compreso nulla d quelle cose che pare credttno di avere compreso. Al coutrario chi siegue la filosofa di Pirrone , felice per ogni altra cosa, principalmente fu in questa che sa di uqu avere com p resi di certo cosa veruua i ed ansi mette tutto il suo studio in ben guardarsi di affermare o di negare checch gli pare di conoscere. Coti abbiamo detto qual sia lassuuto dellopera. Egli la intitol a certo suo collega accademico, di nome Tuberone , romano di nascita, e di stirpe illustre che sostenuti aveva magistrati c iv ili, non volgari. Nel primo libro riferendo egli fu differenza tra

MEDICI s

f il o s o f i.

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i Pirronisti e gli Accademici '. ecco che a for di l abbro io sostanza vien dicendo; Che gli Acca demici stabiliscono dogmi, e pongono come certe ed indubitate alcune cose ed alcone altre senza esitazione escludono. Che i Pirronisti si ten gono dubbiosi, e liberi e sciolti da ogni dogma; tanto che nessuoo di furo ha detto mai che possa, o nou possa comprendersi cosa alcun*; e cos pure c he fu cose siano pi tali che tali, o che sieno tali in una circostanza, e tali in un altra, e che ia oltre circostanze sieno oon tali , o che per uno sieno cosi per un altro non cos, o veramente non essere di alcuna maofura. Pi: le cose comune mente non essere di tal sorte che alcuno possa conoscerle, o non possa almeno conoscerne qu al c heduna ^ e uon potere darsi che uno giunga a conoscere, anzi che a ci non giunga ; o che possa giungervi ora, e non in altro tempo. in fine che n il vero, n il falso, n il probabile, o quelfu che , n quelfu che non , potersi asseverare per tale, e dire ci piuttosto vero che falso; o piuttosto probabile cbe improbabile, o , piuttosto cbe oon , o fu tale iu addietro; e di poi fu al tra cosa; od tale per uoo, e non tale per un altro. Cosi i Pirronisti non defniscouo niente di oiente i e nemmeno defoiscouo di uon defluire * e dicono essere soliti a parlare di questo modo per ch oon hanno criterio bastante per poter dichia rare i sensi delta mente. Al contrario quelli che appai teugouo all'accademia , e massimamente alla nuova, talora couvengone nelle opinioni con gii S to ici, e se vogliam dire la verit, essudo essi medesimi S to ici, pur sembra che eoo gli Stoici

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CLAS E QTT&ftTA ,

contrastino. In appresso poi stabiliscono fermai mente alcune massime. Essi tengooo darsi vir t e pazzia; pongono per principi il beoe e il male *e parimente definiscono di certo il vero e il falso, il probabile e 1* improbabile, ci che e ci cbe non , e non poche altre cose ,* dicendo soltanto dubitare deit comprensiva della immaginazione. Dal cbe , dice autore, si vede che i Pirrooisti, mentre si ristanno dal definire, non si espongono a riprensione; e che gli Accademici sono obbligati al pari degli altri filosofi a render ragiooe di ci che definiscono. V* aoche d pi. I Pirronisti, d u bitando di qualnque cosa cbe loro -si presenti', tengonsi sempre fermi nello stesso sistema ; n mai trovansi seco stessi in contraddizione, non accor gendosi per nessuna maniera dt contraddirsi ; men tre intanto non pu negarsi che siavi uaa mani festa contraddizione in affermare una cosa, e poi in rigettarla seoza pur dubitaroe; e cosi in dire che comunemeute alcune cose sono comprensibili, e nello stesso te mpo che noo lo sono. Altrimente come potrebbe essere che chi conosce tal cosa essere vera tale altra falsa, dubiti ancora ^ e eoa certezza l'una non adotti, e l'altra nou rigetti? im perciocch se s* ignori che questo un bene, TalIr un male, o questo vero, l'altro falso, ed una cosa essere, e laltra non essere; uopo confes sare, ciascheduna di queste cose non potersi com prendere ; e se evidentemente o per via de'seosi, o per quella dell* intelletto alcuna di queste cose si conosce , doversi dire che ogouna di esse comprensibile. Questa ed altre cose simili, svolgendo sul pria-

MEDI C I

FILOSOFI.

eipio dell'opera la differente dotlrioa de* Pirroni sti e degli Accademici. Enesidemoy egeo, tratta io questo primo libro tutto in generale lordine, e il complesso delle opinioui de Pirrooisti compendio* samento dichiarando. Nel secondo libro, incominciando a trattare par ticolarmente le singole cose che io geuerale avea toccate, disputo intorno alle cose vere, e alle ca gioni delle medesime, e alle affezioni, e al m oto, e alla generazione e corruztoue, e de* loro cootrarj, ponendo innanzi agli occhi di chi legge con ra gionamenti da lui creduti forti che tutte le accen nate cose sono dubbie ed incompreosibili. Nel terzo libro paria del moto e del senso, e deHe loro propriet, con molta diligenza investi gando quanto pu a tali cose contraddire, sforzan dosi di provare nou potersi n conoscere , n comprendere. Nel quarto libro, egli nOn vuole nemmeno che sussistano segni delle cose oscure, le quali noi di ciamo essere manifesto ; ed ingannarsi per una certa vanit di quelli cbe le tengouo per tali. E qui muove, come suo uso, varie questioni in torno alla universa natura, intorno al moudo, in torno agli Dei, sostenendo uessuna di queste cose potersi conoscere. Nel quinto libro a chi tiene le anzidette cose per certe propone argoineoti di dubitare delle cagioni, dicendo niuna cosa essere cagione d elf allr a * ed , i ngannarsi quelli che tentano di addurre cagioni, annoverando i modi, coi quali stndiansi di allegare cagiooi quelli che sonosi precipitati io tale errore. Nel libro sesto, parlando de'beni *e dei mali, e di

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CLASSE Q C A ftT i,

quaoto da appettirsi, e da fuggire , con simil metodo ne disputa ; e per quaoto sta io essolui tali cose esclude anch esse dalla cognizione e comprensiooe nostra. Nel settimo libro discorre contro fu virt, rife rendo fu varie opiniooi intorno alle medesime (or matesi dai flosof, ingannatisi io quanto si diedero ad intendere d essere giunti a praticarle e ben conoscerle. Nell*ottavo disputa contro il fine de* buoni, di cendo questo non essere n la beatitudine , n la volutt, n la prudenza, n altra qualunque cosa cbe siasi irnmagioata dai seguaci delle varie sette deflosof : sostenendo oon essere per nessun modo alcun fine, quantunque da tutti si decanti. A siffatte dispuiasioni tendooo i libri di Enesi demo%i quali a Piatone e ad altri parecchi stati al mondo prima di noi bastantemente dimostrarono che la sua opera pieoa di stoltezze e di ciarle t n giovaoo a confermare alcun dogma \ cosa chia rissima del p ari, per lo meno considerando come ba preso di estirpare contemplazioni dogmatiche inerenti all* intelletto nostro. Per quelli per cbe si esercitano nella dialettica, questo libio pu noa essete inutile , purch per la meote di tali per sone, non ancora beo ferma ne* buoni priocipj dai ragionamenti dellautore non si lasci sorpreodere, e la chiarezza del giudizio in essi noo si corrompa.

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f il o s o f i.

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DIODORO VESCOVO DI TARSO


contro il fato.

Si letta l opera di Diodoro , vescovo di C. Tarso, contro il Fato%divisa in o tto .lib ri, e in ciuquanlatr capitoli. Ne' quali libri cotesto pio scrittore veramente nulla affatto declin a quella setta cbe con Nestorio empiamente pens del F i gliuolo di Dio* ma be os negli argomenti, quan tunque con sufficiente criterio e con destrezza pro ceda f lodatori del fato impugnando, pure da dire cbe non abbastanza'chiaramente, n accura tamente abbastanza, rentre intende combattere i dogmi degli avversar), quelli investe, lasciandosi guidare piuttosto dalle apparenze^ onde avviene cbe sovente mostra di combattere piuttosto altri ebe quelli contro i quali si mosso. Sebbene nessuno sensato arbitro deve riprenderlo per es sersi in qualche parto di quest'opera meno felicemente condotto , considerando cbe da quanto ha preso a fare gli si debbe onore e grazia, poich non senza lode in molte altre parti cerca di di* struggere Terrore riguardante il fato. Prova di ci che dico , si che nel ciuquantesimoprimo capi* tolo , nel tempo che l'opinione sul fato rovescia , ribatte ancora il sentimento di Bardisane, che quella opinione dimezz, e la lasci fino ad ora per inet infetta. Imperciocch quantunque con servando all'auima fu libert delF arbitrio l fac cia esento dal fitto, e da qulla che dicesi in flu e nza natalizia, tutte per fu cose cbe riguar-

3o o classe quarta , dano il co rp o , e il corpo stesso pone sotto il governo del fato, come dire le ricchezze, la po vert, la malattia, la vita, la morte, e quaoto non disc endente dalla volont e podest nostra t le quali cose tutte dice essere soggetto al fato. Diodoro perci, da studioso uomo v e pieno d'amore del sapere, chiaramente e fortemente ribatte Sor* disane dimostrando come stando alle sue parole una parte, v e r o , sostiene di quello errore, ma fu sostanza lo adotta tutto intero, poich assaissime affezioni del corpo sogliono accadere e compiersi, o per operazione e cooperazione dell'tfnima^ o ve ramente ancora per consenso della natura. Adunque nel primo libro, dopo aver detto varie cose intorno al fato ed investigato onde tanta audacia l errore, rispetto al medesimo, abbia presa, sorge con tro quella opinione che asserisce questo universo noo avere avuto nascimento, da tale opinione argomentondo egli, che sa derivato Terrore intorno al fato; e termina questo libro i n modo che continua la confu tazione anche nel susseguente. Perci dopo le accen nate cose, nel capitolo decimo dimostrando che tanto il mondo, quanto l'uomo in esso dimorante hanoo avuto n a s c i m e n t o , di questa maniera prende egli a ragionare : Gli uomini, dicegli presi ad uno per uno, sono soggetti alla corruzione e alla generazione. da ci si fa manifesto che anche la natura si riduce ad una simile dissoluzione, n dura se non se in forza delle sole vicendevoli successioni. Ora ci che non ha nascimento, non pu avere la sua iocorruttibilit dal succedere cbe fu Ona sua parte a mano a mano in luogo dell'altra; e soltanto tale per

MEDICI B FILOSOFI.

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s medesima e fu forza della sua sostanza. Che poi anche il mondo abbia avuto uascimeuto, vieu chiaro da questo che hanfo nascimento le cose ehe sono in esso, cio il fuoco, lacqua*, la terra e laria; imperciocch queste cose ogni giorno in particolare e si corrompono e si generano. di fatto che la terra sia corruttibile sc orgesi da questo cbe tanto P uomo, quanto gli altri animali corromponsi, e si couvertouo in terra. Dacb poi in essa corrompousi, resta provato che da essa le cose corrotte ebbero in principio il loro uascimeuto. Aggiungasi che anche presentemente la maggior parte degli animali dalla terra mutata e corrotta si generano, e fauuosi. ci che si converte , ancorch la corruzione sua fosse per avventura manifesta , come potrebbesi dire che non abbia nascimento; poich ogni c ambiamento d ci clic di sua natura dianzi sussisteva, dee aversi per massima cagione del oascimeato del medesimo. se la natura dell* uomo fosse senza nascimeuto, C o m e fu genesi, o il fato, potrebbe disporre della medesima? Perciocch ci che senza.nascimeuto, per sussistere non ha bisogno dell'opera d'altri. Se poi forzato dalla evidenza delle cose alcuno forse venga a confessare avere bens avuto nasci* mento le cose terrestri, acquatiche ed aeree, ma per quella genesi, per la quale si compiono, col suo corso produce una certa corruzione cootruua ed esente da nascimeuto, e cbe tutte le accenuate cose perpetuamente e seuza principio essa opera; questi dalla sua propria asserzione viene ribattuto. Cli oon per verun modo possibile che le me desime cose sieno nate e uoa sieuo sempiterne,

PASTE QUARTA,

e tuttovolta sieno sottoposto ad uoa disposizione sempiterna. Pu uoo disporre, e conservare fu co se che sussistono, ma quelle che non esistono, p ri mieramente le fa, indi le governa e le dispone ; e non dispone e governa prima le cose che non esi stono e di poi le crea. Che poi abbiano nascimento, o principio anche gli elemeuti, lautore fu prova da questo, cbe essi reciprocamente ogoi giorno , siccome veggiaino , hanno bisogno di soccorsi, mentre ci cbe non ha nascimento, immu'abile, n ha bisogno di alcuno. Ed intanto gli elementi hanno un mutuo bisogno non solo per conservarsi essi medesimi, ma ancora per conservare gli animali che in essi vivono. Cos che tutto il inondo abbia nascimento apparisce dal vedere che ni facciamo come esso im com plesso composto del cielo, della terra* e delle cose che sono in mezzo alla terra e al ctelo. E di fatto se, come locchio, o il capo nel rimanente corpo, cosi il cielo tra le parti del mondo la pi de gna, dobbiam dire, che come il capo e l'occhio, quantunque degnissimi sopra le altre membra, sono soggetti col rimanente corpo ai medesimi commo vimenti $ cos pure il cielo , che soggetto agli istessi moti con la terra, eoo lacqua, con Paria, e con tutte le corruttibili cose che sono in esso non isfugge dalla corruzione comune. Come si dir adunque che quelle cose che dipendono dalla disposizione della genesi, non abbiano nascimento^ o come le cose le quali per esistere non hanno bisogno dell opera altrni, incominciassero ad aver bisogno dell altrui disposizione, ed invero anche non buona? E che vantaggio trarranno da questa disposizione,

MEDICI

E FILOSOFI*

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se gi dianzi mancavano di nascimeuto ? Ogni cambiamento di ci che uno ha nascimeuto, . corruzione; peidit a d u na cosa esistente, la quale mancava di principio. come parimente supporre discendenti dalla disposizione della genesi le cose noo aventi nasc imento, nou per dare ad esse una na tura di tale specie, ma soltanto pei* conservarla ad esse? Se poi alcuno dicesse cbe il cangiamento di quelle cose manca di principio, o nascimento, di rebbe ancora cosa che nou pa assolutamente es sere. Imperciocch un tale c angiamento una certa affezione, la quale ha principio^ e niuuo direbbe mai che uo cangiamento sia senza princpio. Aozi, per dir brevemente, il cangiamento sapientissimo e degli elementi,e degli animali e corpi ch eiu essi si fa, e fu varia differenza della figura, de*colori, e delle altre qualit, oon solo non permette che noi pensiamo o non mancare mondo di nascimeoto ,* ed esistere 1 di sua natura, e senza provvidenza veruna; ma c* induce a chiaramente sapere, ed a credere fer mamente che Dio a tutte queste cose d Tessere, e Tesser bene. Ma forse si dir che tutte le cose haono principio bens ^ ma non averlo fu natura, o la posizione delle stelle. Ma che genesi quella che si suppone prima che alcuna cosa sia fatta? chi avrebbe creati gli elementi ? Nessuno, e da s stessi ? Ma quello che nob ha nascimeoto, o principio, non pu da s subir cangiamento. Ch a tutti grato essendo quello cbe , secondo la propria natura, molto pi debbe esserlo a quella natura cbe non ha pi incipio , n nascimento. N v* alcuna cosa, di tofu natura, fu quale* ove non

3o4

classe

quasta,

voglia, possa da alcun a l t r o r patir cangiamento, poich quello che pi forte , da uiuuo di forza minore pu essere forzato { e cedo noo v* pi forte natura, di quella che non ricooosce prin cipio e nascimento. E poi co me le cose che io nessuna maoiera esistono, possono essere falle senza artefice? e come levaodo a Dio questa forza, le cose possouo appropriarla a s stesse, a modo da prodursi da s quando prima ooo sussistevano ? E se potevano produrre s stesse, perch non eb bero la facolt di disporsi da s 'medesime , ma ebbero bisogno della c u ra. d*altri? molto pi diffcile Tessere da prima fatto che, dopo essere stato fatto, rimanersi. E come adunque ebbero da s ci che era pi diffcile , e non ebbero poi il meno diffcile se noo ricevendolo da uu altro? Come poi la genesi dispone della terra, del Paria e delta altre cose ch'essa nou fece? Dell* autore officio auche la disposiziooe, non solo perch egli cono sce la natura di tutte le cose da essolui fatte, ma perch principalmente egli conosce in che maniera possono conservarsi, e come inclinare a confon* dersi ed a corrompersi. Che se v* ha chi ardisca attribuire al fato auche la creazione degli elemeoti, bramo che questo tale ci dica quale sia l'astro che al suo ingresso uel circolo zodiacale facesse la terrai quale facesse Paria, o il fuoco, o lacqua. Ma nessuno di costoro dir mai taoto , ancorch voglian pur dire ogni geuere di fantasie. Oltre ci, se ci che la geuesi fa, noi fa uua volta sof, ma assai sovente dopo alcun periodo di tempo ripete, ci mostrino essi pi volte essere state fatte molle terre intere, molte intere acqu e, moki m*

M a n ic i a

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fe r m ari, oude costituire eziandio mondi infiniti. M a come ci oon possibile, non nemmeno pos sibile che fu genesi abbia anche uoa volta sola prodotto uno degli elementi. se passando di va nit in vanit dicessero che gli elementi furon o sivvero fatti da D io, ma per disporsi da quella genesi, la quale al pari di Dio non conosce nasci mento, con ci dimostrerebbero molto pi chiara mente la loro pazzia. Come mai Dio lopera da esso creato sottoporrebbe alla genesi, che non os serva alcun ordine? Forse perch manchi egli delfu sapienza necessaria a provvedere a quanto b a creato? Chi tollererebbe una tale bestemmia? Come immaginare una stoltezza siffatta? Dio aver p otenza di creare, non avere poi tanto di provvi denza, quanto quella genesi disordinata appropria a s medesima l Ma infinita la serie delle as surdit che da tal concetto consieguono. Ora se come per fu sua bont Dio fece fu creature, cosi anche vi provvede, superflua e stolta cosa questo immaginarsi fato, o genesi. dcesi ancora : come pu il cielo essere senza nascimento, dach esso parte del moodo cosi fatto che da esso per ogni verso n* cinto? Ma ci che non ha nascimento, n pu cingere altri u pu ad altri servire di luogo, ma di sua natura libero tanto da questa quanto da altre affezioni. Anzi dalla stessa ipotesi c be si pone, abbastanza apparisce che u il cielo, n le stelle mancano di nasci mento, o principio che vogliam dire Alcune di queste stelle si vo gliono benefiche, altre si fanno malefiche, e a quale desse una, a quale un*altra cosa s attribuisce* nelle quali, mentre stanno, alcune diventano pi Fouof rou IL do

3o6 classe quaeta , malefiche, od almeno si fanno m alefiche di boni gue che erano; ed altre all'opposto, di malefiche ohe erano, volgonsi ad essere benefiche, o p i be nefiche si Fauno di quello cbe fossero dianzi. Come dunque pu mai concepirsi che sieno immuni da ogni perturbazione , o semplici * o composte, o senza nascimento, ed altre quasi infinite ose di questa mauiera? Cosi termina il secondo libro di questv opera, e que*dieci cap ito li, i quali dal decimo si stendono sino al vigesimo. Nel terso libro ai cap. a t , aa, a 3 e assume a riprendere coloro, i quali pongono il cielo ro tondo; ma non adopera argomenti che a ci val gano. Ed egli ricusa di dare al cielo una tale forma, credendo che da quella ictdurrebbesi il fato, quando non d alcuna prova di ci. Imperciocch accor dato che il cielo sia rotondo non oe consiegue necessit dammettere il fato. Nel cap. a 5 e a6 contengonsi alcune pie ragioni, le quali non hanno molta forza per far rigettare I* ipotesi della quale si tratta. Nel 37 riferendo intorno al cielo e alle stelfu fu opinioni che fautore dice essere degli astrolog n le preseota con bastante esattecca, n gli argo menti che alle medesime oppone hanno la forca conveniente alfu scopo che si propone, o per fu meno mancano di certa verisimiglianca. Dicasi fu stesso rispetto a quanto contro le medesime opi nioni accumula nel cap. ad, se non che non taoto discostasi dalla verisimiglianca. Nel susseguente cap. poi riferis ce come gli astrologhi dividono tutta la terra in dodici parti eguali , corrispondenti 8 lPegual numero de* segni celesti, ed attribuiscono fu singole frazioni della

MZDici s r iLOSoru doj terra insieme coi loro abitatiti cosi defoitivainente o ciascun segno che ogni particolar segno dello zodiaco soprast alla rispettiva frazione della terra, e come nebbia a quella stabilita porzione della terra fa ombrello. Ma poich per sentenza de' me desimi il cielo perpetuamente si muove, e muo* vonsi con esso girando que*dodici segni, dicVgli cbe noo pu essere che perpetuameote que* segni alieno sopra alla medesima frazione della terra , ma che ogni segno trapasser secondo il procedi mento del cielo, tutto le frazioni della terra, mentre ora al levante, ora all'occaso del sole ed ora al mez zod insieme col moto celeste esso vieoe aggirato, n rimarr mai fsso in alcuna frazione. Ond* che ogni particolar segno avr a reggere oon meno la frazione della terra assegoatagli che Rassegnata ad un altro. Aggiungasi: se, secondo la loro opinione, la terra sta rispetto al cielo come il puuto centrale, e se ciascun segno delfu zodiaco tanto per latitudine , quanto per longitudine di molte parti maggiore della terra, come pu essere che ciascuna di quelle dodici fraziooi delfu terra corrisponda con esatta parit a ciascun segno, e si coestenda al medesimo, e perci abbia con esso quella giusta affinit che suppongono? E molto pi poi che tutta fu terra non abitabile , anzi per la massima parte , pel troppo calore, pel troppo fieddo, noo pu dare stanza agli nom ini, e fu parti abitabili sino da principio s o d o dalle altre tutte disgiunte. Che se dicono non per ragione del sito i segoi influire sulle singole frazioni della terra , n per ragione delfu materiale grandezza, poich la terra noo preseoto tanta ampiesza, n per ragione della u-

CLASS* QUARTA , tura le singole parli de*segni godere delle singole parti della terra ; vanamente giusta le figure dei segni distribuiscono anche i luoghi della terra : tome quando attribuiscono alle branche o alle for bici del Cancro certe eminenti p a rti,'ed estese oltre la mole del tutto ; cd alfe corna, e alle zampe del Tauro certi altri luog h i che pi ne avvicioaoo la naturale figura. Pi; se ciascun segno zodiacale per ragione di satura presiede alfe singole frazioni della terra per modo che ue offenda, e ne*vizj le p arti, o con tremuoti, o con guerre, o con devastazioui di vul cani, o con isterilito, quante volte alcun astro ma ligno comparisca, ed al contrario sommamente gravi allagricoltura, con le fabbricazioni, con la ubert, alzandosi sopra d'esse una qualche stella benigna, come avviene che trovinsi luogbi , i quali o per soverchio freddo, o per calore soverchio perpe tuamente rimangonsi deserti ; n alcun astro b e nefico mai le port contro tal solitudine migliore temperatura \ n altro assai malefico ascendente ai luoghi abitabili li ridusse a deserto? Impercioc ch quantunque pur sia che alcune volte in questi luoghi si sieno vedute alluvioni, o grandini, o tempesta di fulmini, sempre per in esso ritor nato il buon ordine, e la naturale uberta ; ed al contrario ai luoghi deserti mai oon giov alcuo astro benigno. veggiamo altronde, sia oelfu so litudini , sia in tutt altro luogo uno stabile anda mento posto da Dio nell'ordine della natura* in virt del quale mai non viene pioggia ove questa naturalmente non suol venire, n giammai man cano nevi, ove sempre dominarono luoghi ed acati

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MEDICI E FILOSOFI. 3 oQ freddi. Che se questo immutabil ordine di cose nella Datura de* luoghi si prende per indizio, e per prova che ogni seguo zodiacale presiede alle singole parti della terra, i cangiamenti poi di ferti lit io isterilit, e i tremuoti, abbastanza dimostrano fu debolezza della loro tesi; perciocch quantun que soventi volte la temperatura de* luoghi felici sia sparita, mai per nou si cangiata l'asprezza inevitabile delle solitudini. Queste sono fu cose $be nell'accennata maniera si tratta n e l 3o cap. con qualche conseguenza e probabilit. In quauto alfu altre, io parte n* parlato ne* capi precedenti , e io parte veggonsi esposte soltanto per una esteriore apparenza. Nel 3 t cap. rovesciando I* opinione degli astro loghi, cerca perch essi chiamino case delle stelle erranti i segui dello zodiac o. egli perch sono, fissi nel cielo? Se ci , tutti quanti gli astri, cbe similmente rimaogono fssi, saranno del pari fu furo casa. No* ma perch non ognuna delfu s telle erranti gode di altra errante. perc h diioque anche i pianeti nou chiam atisi case de* segni dello zodiaco ? Come non sono case a vicenda i pianeti benefci, e prosperi,e i malefici; anzi quei segni dello zodiaco che hanno seco stessi una certa, direm co s, familiarit? Se poi vuoisi ci dire perch i segni compongoosi di molte stelle, quando i pianeti sono di un solo genere, anche iu questo caso gli astrologhi saranno obbligati a costituire casa de9pianeti ogni composizione di stelle fsse; giac ch chiunque ben voglia osservare trover molte composizioni di altre stelle fsse. Se poi si vorr dir e che fuori de segni dello zodiaco, niunaltra delle

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classz q taits

stelle opera insieme co* pianeti effetti fatali , ri spondo , perch i pianeti non sono case de* segni celesti, siccome operano con insieme essi Se per avventura non voglia dirsi cosi, perch i pianeti pos sono rendere fu operazioni de*segni celesti o nulla od efficaci Ma allora perch altri non sono anch essi case di altri, giacch, r.ome gli astrologhi asseriscono, possono renderne a vicenda gli effetti* od efficaci, o nulli? E parimente come mai cbe i soli segni zodiacali cooperano co*pianeti? e che fu rimanente, moltitudine delle stelle fisse affatto superflua, inutile? E come asseriscono essi c he pianeti possouo essere benigni, o nocivi? forse a cagione del loro moto? Adunqtie niuuo de* dodici segni dello zodiaco sar prospero od avverso; e fu stesso sar d'ogui altra stella non errante Se si dice che la cosa succede perch i pianeti corrono per que*segui, molto pi avranno questa podest di far bene, o male fu zo n e , o i luoghi dell'aria, per cui i pianeti corrono. Imperciocch colesti luoghi toccaoo il cielo depianeti, per essere, come gli astrologhi dicono, molto inferiori Final mente a che fu luna pu diminuirsi ed accrescersi ; e come i progressi di tutti gli altri pianeti condu cono stati fssi, e ritorni, lasciano poi che il sole e la luua sieno liberi da questo errore retrogrado? E se Saturno, che apparisce piccolo ma , come dicono, maggiore degli altri pianeti, per la ragiooe che muovesi con pi alto, giro ; perch maggior delfu luna apparisce il sole che pur corre pel quarto circolo al di sopra di essa? manifesto cbe dovea comparirne minore. Sono dunque false , e insussistenti le cose che leggonsi negli scritti degli

m ed ici

e filo so fi.

3i i

astrofug. Cos l'autore termina il cap. 3 i. Nel sus seguente poi nulla adduce , atto a confutare gli avversar) cou qualche apparenza di vero; e quanto ne9suoi ragionamenti comparisce pio , altrettanto lo trovi languido per ci cbe appartiene a ribat tere Terrore. Nel cap. 33 trattasi di quanto ap partiene alla efficacia dalla forma. E fu cose che pone in mezzo per rigettare la rotondit del cielo banco comuni fu difficolt contro quelli cbe di* cono che il cielo emisferico, e concavo a guisa d una volta, o alconaltra simile forma gli attri b uiscono. Ed ivi finisce il terzo libro. Nel quarto libro, ai cap. 34 35 e 36 , tratta a un di presso fu seguenti cose. Prende egli a com battere la genesi, o il fa to , dalla diversit che trovasi tante tra la parte abitabile della terra e la inabitabile, quanto tra i climi considerati tra furo. Qoale, domanda egli, quel moto degli astri, pel quale accade che noa parte delfu terra pel troppo f reddo, e Faltra per l intollerabil calore non pos sono in nessaa modo abitarsi? e similmente parte v e d* ha che, o dileguandosi pel calore, o da con tinue nevi percossa e dall* asprezza del freddo t ribolata, non pu abitarsi che difficilmente ? E come mai anche in queste quella genesi perpetua, fu qoale in altri climi produce tanti cangiamenti, non cangia la costituzione dell*aria? Egli dun que certo ebe non il corso de* pianeti, o la com pos i zione de* segni celesti producono queste va riet , ma cbe fu produce unicamente la uatara del sole , secondo I* fu ter vai lo e fu situazione dei luoghi. Diciamo ancora, perch mentre da per t atto altrove fu terra vieoe ir rigata da p iogge, il

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classi

QTTiHTA ,

solo Egitto viene fecoodato dal Nilo , quando ia certa stagione dell anno, crescendo dacque, le versa su quel paese? E perch l'interiore cootrada della T ebad e, che dicono O asi, u da fume , n da rugiada viene irrigata, ma soltanto da fontane, fu cui acque oon ispootanee , ma eoa graode fatica degli abitanti sono tratte per caoali al bisogoo ? Il qual fatto anche mirabile per questo, che i luoghi vicioi ai mouti hanno di queste fontane, le quali mandano interi fiumi d acqua n o n . meno limpida che dolce , quando le larghissime pianare pi looteoe da que* monti o noo hanno oino* ac qua, o ne hanno p oca, e torbida e salmastra, o di sorgente, ma di fosse , e noo suffcieote nella state al bisogno della sete. Che se tutto gover nato dalla geoesi, come succede che il piaoeta domioaote , eotrato fu alcun segoo umido e a s familiare, non empie tutto il paese di acqua , ma ne abbondi l, e qua ne manchi nel tempo me desimo , e cbe la terra si vizj a s breve inter vallo di luoghi ? quantunque tu vegga in questi medesimi luoghi avvenire in altro tempo il con trario. Se per avventura non debba dirsi che il popolo coli abitante abbia , commessi dicono, una certa genesi particolare, o che in vicinanza, per certa singolare maniera, alzandosi un segno, que sto travolga que* comuni effetti della geuesi, e la f on a universale della genesi diventi vana, ed una genesi tutta particolare coucorra* Le genesi aduoque delle parti singole della terra muovono l'aria* n il segoo umido , congiunto pure col soo affino pianeta, potr produrre Teifutto suo proprio, re sistendovi un fato particolare. Perch inoltre io

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3 i3

certi' luoghi l* acqua potabile pi rara , in altri abbonda, e ia altri gli e b itooti hanno acque calde spootaneamente sorgenti ? Perch in Sicilia , nella Gallia, nella Lici a e in altri popolati paesi sooo monti assai grandi , che mandano perenne fuoco a tanto che di notte si rende visibile a genti lon* taoissime , n pel freddo dimiouisce , n si estin gue per piogge n porta nocumento veruno alia vegetazione, mentre i popoli a que mooti adjaceoti nulla hanno di simile, n possono dimostrare qual cosa rechi tanta differenza daria, di campi, di mooti ? 'Se tal fatto opera dei dodici segnidello zodiaco e de* sette pianeti , perch dunque questi noo operano le medesime cose da per tutto? Tu trovi poveri e ricchi , imperanti e soggetti, ammalati e sani, ed altre cose simili da per tutto) e perch da per tutto ancora non abbiamo anche e le piogge, e fu siccit, e fu altre cose di sopra accennate? il metallo delloro, dell'argento , del rame, delfu stagno, del piombo, e tanti altri, da qoale genesi trovansi prodotti? Confessiamo adun que piamente che queste e tante altre variet in** numerabili, principalmente per rispetto di noi sono date da Dio $ e che dal fato sieno creati gli artefici, onde delle cose di questo mondo possano valersi n il diremo n o i, n fu dir, cbtuoque abbia boon senso. Oltre queste cose, se ogqi clima rimane ( c iascheduno. fornito sino dalla creazione del rnoodo di mille cose differenti) noo guasto dai cangiamenti della genesi, se tante cose fino dalla eteroit restarotto immobili, se mai non cessarono e il fiosso e riflusso del maro., e i fonti fu estinti di fuoco , e fu, differenti razze di animali io ogni

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OLAISB QOSBTA ,

d in a * e altre ienumerabili ed immutabili altera* z iooi di cose, meotre tante la stessa genesi ne cangi ; come negare cbe senza la medesima a l cuna cosa possa rimanere, o governarsi? Da co storo volentieri cercherei cbi per avventura desso priocipio al moto ravvivante nelle e r b e , nelle piante e negli animali che sussistono. Perciocch dee dimostrarsi Tor nella quale dalla terra for ma vasi la genitura di ciascheduna di queste cose* e perch altra essere quella della palma altra quella del fco , e cosi quella cbe propria del cane, e similmente quella cbe propria del cara mello j n essere la medesima quella del cavallo , della colomba o degli uomini; e coti discorrendo* Se possono dire perch non ora la geoesi formi dalla terra fu predette cose, ce fu additino. Per ciocch non v h a da esser nulfu che solamente uoa volta s i (accia pel giro delfu geoesi, ma fu stessa cosa ba da farsi soveute. P i , perch da principio ooo sarebbero state le cose cbe s o d o state prodotte , se dalla terra oon fossero state formate, e di pei ni una d* esse pu germogliare dalle terra, ma devo conservarsi per mezzo di vi cendevole successione ? O come , oon avendo la geoesi per fu cose che sono proprie e somma mente necessarie, la furia di formarle tutte dalla terra potr poi conservarle , perfezionarle , di struggerle^ Inoltre da U'acco rat a cogoi sione dell'ora essi riferiscono quanto deve accadere a ciascuna cosa cbe si genera; voglio dire alTuomo, al bue, alPuceello, alla nave, alla citt, e ad ogai altra cosa di cui dicono avere precoaoissone; ma per quale'ragione poi $ oon conoscendo i tempi della geoitura della

wcotct a m o s o r i. 5 5 terra, del m are, del Paria , promettono essi di di* chiara re le effusioni, i movimenti e i cangiamenti di queste cose ? E come prestar fede a costoro ? come non isdegnarsi delfu furo arroganza, giacch ad oota di taoto loro vantarsi, mai non potranno mostrarci le geniture proprie di ciasehedona cosa in particolare ? Certo che tante sono le diffe renze delle geniture , quanti sono i generi delfu cose che si producono. Or come fu medesima genesi produce il cane e il leone, e cos Puomo e il cavallo nelPisfaote stesso, quando queste cose sono tanto tra s differenti ? Come tanto variet di colori, di ligure, di qualit, se la genesi, che secondo il detto loro, fa queste cose, non si suppone varia? E di fatto non essendo una sola 1 a* sione, od affezione di tutte le cose, n di tutti i majali la grandezza, fu velocit, fu robustezza, fu voce , sar forza dire non uno solo essere il mo mento della genitura , ma bens tanti quanto sa ranno le differenze delle cose che dalla genitura s fanno , e noo solamente riguardando agli ani* mali terrestri, ai volatili e agli acquatici, ma pur anche alle piante, all* e rb e , e a tutto ci, in una parola, che in terra ha nascimento. Domando poi come potranno essi mettere insieme tanto ed im mensa moltitudine di momenti di tempo. No , noi potranno , se anche suppongono P anno composto di dieci miglia} di giorni. E la mendace furo opinione tanto pi rimarr rovesciata ove si con* sideri il s frequente partorire degli animali , sic come de* cani, de* majali, delle galline , e princi palmente di quelli che mettooo io luce ad un tempo assaissim feti. Ch i majali, i pesci, i cani

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CLASSZ QTXABTA ,

durano tafura de* giorni interi partorendo, e i pe sci, secondo che credo anche pi giorni, poich quella moltitudine duova ch'essi mettono fuori si converte ordinatamente in tante miriadi di pesc i. E mentre cos avviene de* pesci, in que'medesimi giorni certo che in tutto il mondo si generano volatili e terrestri e acquatici in tutto il mare e oe1 fiumi e negli stsgni. Un altra osservazione pure da farsit all*inco minciare una ben temperata primavera, ogni erba fiorisce e partorisce, ed ogni specie di alberi fa 10 stesso , e molte generazioni, sia d uccelli, sia d animali, sia di pesci, di qualunque maniera con cepiscono. Ed iufoiti sono i generi di piante che nel medesimo tempo portano semi perfetti; infiniti gli alberi che portano fu furo frutta; e non gi in uo solo momento , ma in molti giorni , giacch oella stessa piaota qui vedi fiori e frutta che cre scono , e frutta che maturano. Lo stesso procedi* mento si vede in tutti gli animali; e intanto tutto queste cose non possono avere fu stesso momento di. genitura. Aggiungasi che alcune specie portano 11 feto un anno intero , alcune dieci mesi , altre quaranta giorni , ed altre presentono altre dif fe renze. Or quale astro, e in quale segno entrando, determina ad ogni specie il tempo di sua portata? E d onde avviene cbe mentre nella particolare specie degli animali non eguale la durata delfu vi ta, per eguale il tempo della portata? Dicano essi adunque gli astrologi che queste cose ancora procedono dalla genesi, onde vie maggiormente ci ridiamo di loro. Che se preferiscono di tacersi, e pe rch poi oeg&tfu che alcuna cosa facciasi seoza

MZOICl E FILOSOFI.

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geoesi ? E oon voglio qui recare in mezzo fu dif ferenze de* feti, alcuni de* quali sono simili ai loro genitori, siccome gli uomini, i cavalli, * leoni ( altri noo simili , come le orse , le vespe , le a p i, ed ogni animale uscente da uova. Una parte pur v 'h a che vien generata senza eongiuogimenti, u o' altra che essenzialmente li esige. chi pu annoverare le differenze innumerevoli cbe tro vassi in tanta moltitudine, e non dico soltanto d! animali, ma di piante, di erbe, e d'altre cose'si* mi li ? Delle quali tutte pur giusto chiedere agli autori del fato le rispettive cause , poich, se condo che essi sostengono, tutte dipendono dalla genesi s nel riguardo della esistenza e del modo d*essa, si nel fatto delfu loro portata, e di quaoto concerne il patire, loperare e il morire. Dovremo noi pr avventura dire che fi si studiato discorso loro intorno alla ge nesi comprende solamente % miseri uomini, affinch la pi bella ed onorevole qoalit che noi abbiamo, cio la libert deUarbitrio , rimangasi ignorata e noa abbiaosi a reo* dere grazie a Dio pei benefzi eM0 *u' com partiti al genere umano ? Ma , dir pur aoche , come avviene che la genesi operi quelle intem pestive aggiunte , quali sono quando nascono feti di quattro teste , o mani, o gambe di pi che fu natura esige? Come a' rettili noa concede fu gambe per camminare , non gli occhi alle talpe, ooo al t re cose a cui pure abbisognano? Di' ancora che a chi d cotali i ntempestive aggiunte nou per mette durar nella vita , poich le cose di forma prodigiosa sogliono avere vita breve, e per quelfu aggiunte sue distrugge io esse tutta fu furo oaiura

Si 8 ctAsss quarta , intanto cbe poi a quelle a cui tolse o > p ied i, o fu mani, o gli occhi permette di vivere , per seoza alcun compenso di tale mutilaziooe C b i queste cose attribuisce al fato, oltre fare assurdo il fato fa assurdo s medesimo. Se poi fu ri* guarda come uo peccato della natura, toglie ogni occasione di accusare il Nume ; imperciocch avendo stabilito cbe la natura procedesse con certe sue leggi, le' diede ancora di operare giusta fu condizione de* mortali con certa loro utilit. Laonde serbando essa i modi suoi proprj, niuna cosa produce a tale intendimento opposta. Che se p o i, cadendo in eccesso o in difetto , in paura o in affezioni veementi, viene a fare alcun che di contrario alle leggi avute, forca che anche nelle cose che si generico manchi della esattezza sin cera che dovrebbe serbare. Finalmente anche da domandare perch al cuni animali oon nutrooo i loro fe ti, siccome reggiamo negli avvoltoj, oe* corvi, e in quasi tutti i pesci } e perch alcuni altri prestano alimento ai genitori nella vecchiaja di questi. Similmente come che alcuni nudroo 1* altrui feto messo furo sotto, e i pi oon fanno cos fila chi pu annoverare fu differenze di tutte fu cose? Que ste cose conteogonsi nel libro quarto. Nel quioto molte cose discorre, e , prima di tutte, fu seguenti iotoroo al fato. Dice adunque l autore : Se ci che i padri ge nerano opera della genesi, diviene manifesto che dalla genesi de padri stabilita quella dei figli, ed anche l ora della medesima. Se ci noo fia, oasce di conseguenza che fu genesi de*geni

M inet s mosorr.

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tori oon influisce su quelli cbe tengono generati; ed perci vano ogni ulteriore ragioaameoto sol fato. Imperciocch se dalla genesi de* genitori procede il seminare il portare , il venir perfetto o imperfetto il feto, chiara cosa cbe anche lora di questo procede dall'ora medesima di quelli. se cos non dell'ora di questo, noo nemmeno cos deir ora di quelli. fu ragione si che so le geoesi dipendono fu one dalle altre, e il mo mento del nascere deriva dal feto di quelli cbe generano, potranno facilmente i sostenitori di que sta opinione trovare una qualche genesi dell'uomo, e da questa indicare la genesi tanto de' padri, quanto degli a v i , ed anzi de' maggiori, e d 'essi tutti fu affezioni s dell* anima che del corpo , o le azioni e fu figure, i colori e fu stature. N questo solamente , ma potranno da quella genesi sola , e di una sola persona predire cbi debbasi generare; e perci tutta per ordine la cognaaooe futura cou fu sue azioni e tutte fu sopraddette cose, a modo che niuno rimanga ignorato n dei passati, n de' venturi. Ma essi medesimi i so stenitori del fato riderannosi di questo tema. Ma badami pure. ssi dicouo t La geoesi de' fgli rende infelici i genitori, ancorch dalla geoest propria sia loro attribuita la felicit. Alcuna volta eziaodio la genesi de'padri tolta ed vinta da quella de'fgli , ogoi volta cio che questa uo fatale effetto di quella ; ed alcuna volta fu genesi de'padri rende infelici i figliuoli, e i fratelli dei fratelli, e oel medesimo modo quelli de* conjugi r quantunque una abbia uo'altra genesi e sia oata daltronde. ci che pi deplorabile fu geoesi

CLASSI QUARTA ,

sforza i generanti ad odiare i fgli io vece di amarli ; essa rende ioimici i figli ai genitori , i fratelli a vicenda tra loro, e medesimamente i coojugi , e li provoca ad uccide rsi P u 1* altro ; cosicch arma fu natura contro s medesima, e turba tutta la cognazione. Ed un tale si duole che il fglo sa ammalato, o gli sia morta fu moglie, ignaro intanto che la genesi di ciascuno di que sti oecessariamente oper e lamore e gPinfortunj. qual uomo savio sosterr un tale pensie ro? S i milmente insegnano che per fu genesi de* padroni sooo prodigiosamente infelici i servi; che cosi ac cade delle gregge di capre, degli armeoti di buoi, delle mandre d'altri animali, per la genesi dei furo possessori; che cosi accade per la genesi del Re di eserciti interi. In siffatta maniera genesi innume rabili, in forza della sola genesi di un uomo onico, volgonsi a migliori, o a peggiori fortune; e que ste , felici- od infelici che sieno, per la genesi d oaa persona sola comprendono una variet infi nita di et, di anni, di mesi, di giorni , di ore , di padri, di madri, di cognati; e talora eziandio il geoere di morte, o per ferro, o per naufragio , o per qualche altro simile accideute. Ci non ostante per io trovo la geoesi de* servi e de* sol dati , come essi dicono, superante i padroni e i re. Imperciocch i servi, con fu furo fallacie e adulazioni, o qualunque altro artifizio, assalgono i loro padroni , ed la loro genesi che contro i padroni li arma. Che se i uostri sostenitori del fato dicessero che la geoesi del padre di fami glia d ai servi questo potere di nuocergli , ac crescerebbero la difficolt. Ch noo solamente lo

M Z p lCl z

FILOSOFI.

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genesi de padrni forzato avrebbe i soggetti a non essere inferiori, ma di pi a vincere quello stesso di cui la genesi. E cosi coloro i quali pel loro fato oon avrebbero mai osato tanto, dalla stessa genesi del re sarebbero siati tratti muo vere coutro di lui ; imperciocch noti pu essere che le geoesi di tanti soldati cospirino atta morte del sovrano. Cos la genesi di uua citt comanda sulla moltitudine degli abitanti \ ch quando que sto cade, viene a toglier di mezzo variet infittite di et , distinte da moltissime genesi , e con una sola e medesima ruina fu rovescia. Nella stessa maniera anche Paria corrotta e il diluvio sovente distrugge tutta una popolazione * ch tonte genesi non possono avere un solo genere di morte. Che se c i , che pure impossibile, si ammetta, io dir che la genesi dell' aria , o della citt viene sopraffalla dalla g e nesi della nioltitudiue * ed al , lora bisogna concedere una delle due seguenti cose , cio , o cbe la genesi di molti viene rea* duta vana dtf una sola , o che questa , spogliata della efficac ia propria, viene strascinata da quella di molti. E fu stesso pu dire ognuno ragionando degli alberi, delle piatile, delleeibe, e di tutti gli animali. Per lo che se fu uoe genesi vengono rove sciate da altre, cosicch quelle de* figliuoli distrug gano la genesi de'genitori, e quella dei genitori di strugga 1* genesi de* figliuoli, e siutilmeuto quelfu de' eoejugi tra loro, come la genesi delle case quelle de'furo abitanti, o al contrario quelle degli abitanti fu genesi delle ca se , dovremo conchiudere che la geoesi da s stessa e da per tutto si distrugge e si scioglie. Coti l'autore ragiona nel cap.

Foiio 9 Voi. IL

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qu akta ,

Nel csp. seguente poi soggiunge i Aocbe noi confessiamo che quanto in terra , iu aria e io mare soggetto alle varie azioo i ed affezioni o naturali, o libere; ma che una fatale necessit sia la cagione di tutte coleste cose , noi abborriatno di dirlo, e il neghiamo*, incominciando il discorso dalle cose inanimate e discendendo a quelle che bsnno conoscenza , ed infine all'uomo , dotato di ragione. La calamita trae a s il ferro; e non so lamente lo trae a s, ma gli d anche la virt di trarlo a s anchesso e questo secondo comunica quella virt ad uo terzo, e cosi di mano io mano. Il dittamo un* erba tantp inimica degli animali velenosi , che accolta anche col solo odorato, to glie ogni forza di nuocere. Fra tutte le erbe P aglaofoti sola splende di notte, a segno che al chiaror suo pu leggersi, e che fugge se alcuno tenta strapiparla, perch, sebbene abbia ftte le radici , pure contro natnra pas*a da un luogo all* altro , quando le altre cose che sono attaccale per le radici non hanoo questa sorte di moto. Il cama leonte un animale che cambia in molti colori il corpo, ed apparisce quali souo i corpi sui quali posa, o legno, o pietra, o tutt altro, al colore di essi conformandosi. 1 / uccello seleuci s inimico delle locuste , che ammazza tutte quelle che pas sano sotto 1 ombra sua. Ad altri uccelli pi che * il giorno acconcia la notte per la vista. Ad al cuni utile alimento ci che per altri morti fero , e il bere non convfune a tutti gli animali. Tra* quadrupedi ve nha alcuni che noo hanno fu facolt di orinare, e tutti i volatili sono di questa condizione. Ma c he importo dire ad una ad oca

MEDICI z FILOSOFI. 5^3 le infinite differenze che scorgonsi negli animali r ispetto al cibo e alla bevanda, e nella fgura, uel c a u t o , nel silenzio , nello stanzi ar e , nelPemgrafe e nel ritornare e cos nelTossequio, nella libert, reit temperanza, nella libidine, nella f atica , nell o z i o , nell* audacia , nella tim id ezza, e in altre qualit innumerevoli! Ora per qual moto del corpo fatale produsse ognuna di queste specie ? E qual , iti mezzo ^ tanta universit, la ragione per cui n il lepre ai d is c e , n il leone paventa , n cia scun altro animale si toglie dalle propriet della specie sua, e in esse ogni razza ferma immuta* hilm ento, e F uomo solo poi varia con tanti can g iamenti? Se per forza della sua genesi ogni ge nere da per tutto si conserva nel costume proprio della sua natura , come mai che cos l'u o m o n on fa? In esso tu vedi e timidezz a ed audacia , i ra e mansuetudine, i mprobit e p r o b i t , .e tante altre cose contrarie Tona alPaltra. E cos essendo dov dunque il decantato corso della genesi ? dove la fotza de* sette pianeti e dei d odici segni dello zodiaco? E cosa quella che agli uomini d tanta variet di affezioni e d* inclinazioni , e noo la d agli altri animali ? Imperciocch P asino da p er tutto porta la soma, il pardo rapace, e tutti gli altri cosi P ordine conservano di loro specie, Retta medesima maniera la natura, che uebruti secondo la rispettiva loro spcie , vince la genesi e le stelle levantisi alP intorno di quella , e tutta quella funga seiie di cose. Infatti dov egli Marte? di quale bru to arm egli la destra con fu spada o copti con furica il p e tto , o difese eoo el mo la testa t o d* altri io gegui fu cosce e i piedi ? N

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classe

quarta

egli arm il lupo contro il lupo ft n fece dis cen dere tra furo a battaglia i leoni. Ma chi pu ram mentare ci che ni uno pu annoverare ? Se nulla succede fuori dei termini delfu geoesi, come mai n astro alcuoo, n stella errante, uoo altra levaotesi io alcuu luogo all' intorno, non segoo al cuoo zodiacale comunica ai bruti quanto comu nic agli uomini? Voglio dire uoo l'arte d'iutessere, non quella di lavorare metallo, o legname; n diede loro maestri tia e ssi, che altri poi ne eru dissero uella loro specie ? Se alcuno dice che noi ammaestriamo gli animali, pochi fatti p ri mie ra roente addurre in questo proposito, e trover poi assai diffcile il dimostrare perch noo imparino ogni cosa. Indi dovr vedere che noo mai per via diolelligeoza, come si fa eoo l uomo, ma sistruiscosso con artifz io , o col timore , come si fa col cane, con la scimia , col cavallo. A fona di ba stonate questi aitimeli badano a quanto loro s'in segna t e se lo imparano , non fanoo questo io considerazione dell1 utile che possono recare al padrone, ma bens per evitare le botte. Il pappa gallo imita fu voce umana per certo suo estro quando per mezzo di ano specchio appostogli no o bada a chi esso imita , usandosi di parlare nascostamente di dietro ad uno specchio loro ap posto , col dir le parole le q uali vuoisi eh' egli apprenda, O ode poi il pappagallo, credendo di ve derne uo altto, cerca di ripetere le parole udite, senza intendere ci cbe vien detto ancoicb tutte articofutamente le ripeta. Ed il pappagallo solo che cos fa, n s'insegna simile cosa, od altra n all* aquila, n ad alcun altro animale. Ma come

ME DICI

E ritO SO FT.

poi non contro fu legge della genesi anche questo , che mentre essa produce tutti gli altri animali spogli di ragione , alcuni per di qnesti Tengano dagli uomini istruiti, e superi i termini della genesi quegli che mai non viene sciolto dalle leggi della medesima? Se poi si dir che le api sistntiscono vicendevolmente, sosterr ancora nna tesi falsa * imperciocch I ape dalla natura , trae, e non gi dallarte, il modo delloperar suo. Se non che anche da ci cresc e la difficolt. E perch gli altri animali, ciascuno nella sua spe cie, n danno* n ricevono istruzione? Perciocch chi insegn a* corvi ed avvoltoj a volare, che oon sogliono nemmeno essere. uudriti piccini dai loro genitori ? Perch la genesi , che suol costituire i re e i principi, li neg ai bruti? ch n l asioo re degli asini, u il lupo re dei lupi ; n tra questi uno povero e l altro ricco , n tra essi vha alcuna di quelle co se a cui luman genere soggetto. Dove aduoque troviamo e quelfu stelfu che levanti insieme, e quelle genesi che sooo ad essi proprie, e quella moltitudine di congiunzioni o di iuflussi s decantata! Forse che tutta la furo forza si sfoga sui miseri uomiat? Ma egli pur vero intanto che sopra tutti quanti gli altri animali 1 uomo p otentissimo , superando i pi forti per I intelli genza} e, quantunque confinato a camminare sulla terra , facendosi padrone tanto de* volant i per Fa* ria, quanto dei nuotanti uel mare, a tutti supe riore per sottigliezza e per accorgimento. Laonde come mai diremo che la geuesi ha imperio sopra di lui, che impera sopra tutti gli altri, e che non p u imperare a quelli clie pur sooo soggetti al-

3 %6 c la s se q u a r ta , imperio degli- nomini ? Ma per quaoto apparisce da un cattivo, demnne cotesta macchinazione stata inventala contro gli uomini , onde , persuasi che il vivere piamente e ope rar giustamente sia effetto di necessit , reudonsi alieni da Dio ; e dalla stessa causa pur nascendo il contrario, non abbiano ritegno a commettere qualunque peccato. Diciain dunque noo sussistere alcuna genesi , ma contro fu verit fngerei dai nemici dell* verit , come dai oeinici di essa vien dimostrato. N il diligente investigatore delle cose trover cbe Tessere gli animali privi di ragione sia la causa per la quale essi non appreodono quaoto gli uomini sogliono apprendere , come uon essere la ragione quella che faccia atto 1* uomo ad ap prendere le pressoch infinite serie delle disci pline. Costoro dicono: Quanti e quanti mai la ge nesi rende sordi, muti, stolti, inerti, incapaci di tutto ? a che giov la ragione a chi nacque cieco, sordo, o di simile maltiera magagnato? E a quali auimali nou sooo tali uomiiti inferiori nel rispetto sia di cercarsi il vitto, sia di apprendere fu cose necessarie alla vita? D'altra parte, che danno ebbe Tape, il regnatelo, la formica, non avendo avuto il dono della ragione, quando intanto esse fanno tutto quello che alla loro natura convieue ? Che danno ebbero gli altri animali rispetto al fare quaoto ai loro bisogni d'uopo, essendo privi di regione? Forse per essere privi di ragioue rc'gai e le cicale fttrooo impediti dal muovere le loro ale caotaodo ? E quelli poi che la geoesi pu pro durre atti di loro natura a cantare*come nou pot essa renderli anche eloquenti? E perch cos parli

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de*bruii? E o o i, ooi medesimi conosciamo cosa veruoa, se non l'appreodiaino prima * Ma i bruti esseodo privi di ragione noo possono appreoder nulla di quanto alla ragione appartiene. Sia cosi. Ma perch duoque, se tutti souo privi di ragione, non apprendono ahneoo quelle cose che agli altri bruti appartengono , e le gr quello che sauno i cigoi , e gli asiui ci che sanno i caoi, e le api quaoto saooo i regnateli; e cosi dicasi del resto? Certameote il bruto perch privo di ragione, incapace delle istituzioni degli uomini; ma tale si per la differenza di oatura, posta in essi dal Crea* tore. E quale l'astro che, occupato il segno zo-i diacale, prefisse quel fatai punto oala li* io alle fiere, ai giumenti ad ogni altro animale della terra , o del mare? E ood che oon succede anche .oggi simil cosa ? Perc h quella geoesi, che prescrive la morte, non fa aoche che uno di dieci anni sia vecchio, od alineuo uon si vegga coprire di lanu gine il volto? E se a ciascheduuo di noi toglie ta vita ai sessanlacioque anni, e talora auche molto prima di questo termine, perch mai nop lo pro duce a cioque, o a dieci volte di pi ? Ma cbe parlo di cioque volte di pi? domander piuttosto a tre, o auche a due volte di pi. Coti avendo lautoie detto, passa a descrivere il climaterisino, questa descriziooe diligentemente illustraudo coi oomi e con le figure asirologiche. Poi soggiuuge : Se dal corso delle stelle, e dalle loro figure tutti gli animali vengouo governati , perch uiun astro inai, e niuoa fgura, o levata di viciua stella fece o. padre il mulo , o madre la mula , quando pur questi coogiungoosi talora ad animali fecoodi ? La

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q u a it

natora certamente oe toglie la forza* e da per t atto la vince, nella protrazione del tempo, nel con giungimento de corpi* nella varfut della portata , nella stabilit delle et, in tutte iosomma le cose lotte, fu quali secondo la natura accadono, ed alle quali essa oon pu cangiar nulla. Perch uessun cavallo od asino fogge la frusta degli uomini , quando tutti gli altri animali non ne sofTrono i colpi? E se v* ha qualche esempio di questo, che per raro non ancora fu difficolt rimane sci olta Imperciocch domaoderassi, perch tutti gli altri animali non ne soffrono in maggior numero. Par lando poi di quelli che vengono battuti, essi sono liberi fncb sono nella prima et; e poi quaodo abbiano incominciato a portar pesi, iocomiuciano anche ad essere battuti. Al contrario l uomo vien battuto spezialmente nella pue^zia , e non mai posia, o ben di rado soffre ci giunto che sia alfu et virile. Dicasi ancora, perch ai castori , ai majali, a galli, a*gallinacci, agli uomini, accavalli e ad alcuni altri tagliansi i genitali, e il ferro fa che di fecondi sieno sterili, quando io ci lotti gli altri animali per necessit degli astri noo solo non rimangono offesi , ma quelle parti si portano sicuramente in ispettocolo? Finalmente perch sotto il corso della medesima posizione di stelle, se si tagliano le piante,queste mettono di nuovo i loro rami, e se si tagUa lerba all*intorno, essa cresce di nuovo, e diventa anzi pi alta; laddove negli animali,se si taglia alcun membro come un occhio* il uaso, un dito, il fato per niun modo ajuta a restituirlo quautunque si dica essere stato esso che dato avea quello cbe

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poscia tolse? Noo propriet della natura, ma un certo- moto degli astri, e la loro costituzione, quelfu che distribu parte alle bestie e parte agli uotniot ci che hanno. Ma di* : cbi prescrisse che i ma ja li, i gallinacci, le capre, i bu oi ed altri simili dovessero morire di fe rro, quando tante altre spe cie di animali uon periscono di tal genere di morte? Anticamente quando era uso d sacrificare aglidoli, una moltitudine innumerabile danimali sovente ve niva scannata nella stessa ora. Cessato questuso, non di tale maniera si ammazzano colesti animali i e uon pertanto rimane la stessa costituzione delle stelle, e, com* essi direbbero, esse tengono costan temente il corso medesimo. Cosi fu condizione mut di cotosti animali quella supposta medesima forzaj la quale per s fungo tempo aulicamente era stata invariabile. Che se per avventura alcune altre cose in questo modo souo state cangiate, dach n in tutte, n in moltissime ci avvenuto, l'equabile corso degli astri, e la decantata immu tabile necessit , sono fatti uu giusto oggetto di ludibrio cos finisce il libro quinto al c ap. 43 Al libro sesto, e cap, 44- Fautore sogginge quanto siegue ? Se il corso della genesi produsse dalla terra uomo, e gli altri animali , come mai che ora n l uomo, ngliaoimali delle varie specie si pro ducono pi salvo che per mezzo di congiungi menti? se pur ve n* ha alcuni che si producono come prima, quai sarebbero i vermi, e simili in setti, e perch poi nou succede lo stesso ancora di tutte fu altre specie che da prima furouo geuerate

35o classe qukta , dalla terra? E se il corso delle stelle da principio form dalla terra gli uomini, perch oon li form tali ancora che fossero istrutti delle arti; non so lamente assai lungo tempo dopo e Parte fabbrile e quella dell*intessere, e la storica, e la geometrica, e la retorica , e le innumerabili altre dovettero oscire dall ingegno dell uomo? Se poi si favoleg giasse che una volta gli uomini fossero dalla terra scienziati come allora s o d o essi dunque nati dotti, meotre ora si fanno tali appena con grandi fatiche, ed esercizio? Dove and egli dunque ora quellan tico corso, per cui dal loro oascimento gli uomini erano sapienti; o donde proceduto lordin pre sente , cbe esige fatica e lungo esercizio perch rimangono addottrioati quelli che gi fu erano di furo natura? Cosa faceva quel Marte s crudele quando gli uomini non si armavano per uccidersi luo Tatuo? Dove era quel corso degli astri, per cui dopo molti secoli furono ispirati re e priucipi ad abi t ar villaggi e borghi, quando nemmeno per om bra ebbero gli uomini la ntiuima idea di citt e d*imperio? Perch gli uomini una volta erano trovatori di arti, ed oggi, contenti di quanto inven tarono , non cercano di procedere pi inoanzi ? Certamente manifesta cosa da Dio essere stato data agli uomini la forza d intendere, indi dopo inventate a forza di tempo e di fatica, e spezial mente col celeste ajuio, le cose uttli a conservar la vita, essi arresfaronsi, u essersi messi in futica d* in ventarne di tiuove, poich lopera era vana. Similmeute come avviene che tutta una parte della popolazione deija stessa provincia si lascia crescere

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la capigliatura, e laltra parto se la taglia C?me 10 una nazione i fgli si congiungooo alle madri 9 e parecchi detestano un tale costume? Per altre inuumerabili differenze di leggi, di usanze, di vita le genti si distinguono ; n intanto alcun corso di stella forza gli uomini a tagliarsi la chioma, o a lasciarla crescere, ed altri a fare altre cose, nelle quali dalle loro leggi non sono istruiti. E queste cose si contengono in quel capitolo. Nel susseguente dicet Se quegli amatori del fato credono di dover ricorrere alle levate delle stelfu viciue, le quali essendo diverse dai segai e dai . pianeti , non hanno affinit con gli eventi fatali della geoesi, n tra esse si accordano, ma secondo fu differenze de climi somminisireno ciascheduna per s gli eventi proptj, vorrei che ci dicessero ove sia quella iucoucitssa fermezza e costanza delfu genesi. Da quanto eglino riferiscono, bastantemente apparisce che ognuna di esse con le proprie forze distrugge gli effetti di quella , quantunque non 'tutte spaziino sulla stessa regioue della terra ^come a dire la porzione de' Persiani e degl Iberi , o de Lazj e de* Romani ; o di qualsivoglia altra. Come aduuque uua nazione si regge con norme di vivere, con fuggi, e cou costumi s opposti alle norme, alle leggi, ai costumi dellaltra naziooe ? E poi , come tante nazioni abitanti ciascheduna 11 suo territorio, irruppero entro i confini dei Romani? Irt terzo luogo, una volta il popolo ebreo pass in Egitto , n perci abbaudon le patrie leggi : dall Egitto di poi partendosi, abit la Pa* tostine e lArabia, avendone con la guerra discac ciati prima gli idolatri * n per ci abbandon

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ancora le l egge mosaica ; n ci fece alfureb fu condono schiavo in Babilonia ; e nemmeno dopo, quando venne disperso per lotto fu terra- Non vi fu levato di stelle poste fuor dello zodiaco, n la stessa geoesi cbe potesse fargli abbandonare il precetto delta circoncisione e del sabato. Anzi noi stessi Cristiani da quattrocento anni nati, ben presto occupammo a un tratto il mondo intero; abbandonando i riti ciascuno della gente a cui apparteneva e cedendo all* impulso di vivere netla piet, per ci fare non mutammo patria, ma in quella restammo, nella quale e noi, e i maggiori nostri eravamo gi stabiliti ; e per ci lasciando gli antichi influssi di quelfu stelle svergognati della vaoa loro forza. Una dottrina proclamata da uomini idioti manifestamente quegl* influssi rove sci, ai quali l*imbelle genesi di tale maniera ce deva. Una volta il soggetto mondo obbed agii Assirj ; poi imper Babilonia ; ne presero poscia il posto i Medi ; dopo questi i Persiani, fuch il dominio pass ai Macedoni. Ci noo di meno ogni nazione conservava i suoi costumi, ed era gover nata dai proprj re * d almeno riconosceva per signore quello cbe sopra tutti imperava. Ora, come una sola la religione, cosi uno solo tiene il re gio i mperio; ed a trecento e pi nazioni presiede fu sola legittima Maest dell* imperio romaoo f come una sola anche la religiooe. E intanto nessuuo io questo tempo dalla genesi costretto a venerare gl* idoli, o a congiungersi con le madri, od a . fare .alcuna di quelle cose, per le quali quelfu tante nazioni potenti non solo erano Ira loro dis cordi , ma distinguevansi eziandio dalle nazioni

m e d ic i

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ad esse contrarie. Ci spieghino aduuque come il fato induca caogiameoto di religione e di dottrina $ e uoo abbia poi forza alcuoa di cangiare tutte fu altre cose. Imperciocch nou si vede che alcuni mai o cou la persuasione, o con la violenza abbia potuto indurre altri a tanto da fargli desiderare ignominia, povert, malattia, servit, ingiurie, od alcuno degl'infiniti mali che affliggono. Ma come da per tutto si veduta fu natura pi potente degli effetti fatati , cos chiaro apparisce che la ragione fortificata dalla dignit della libert propria, nelle cose che volontariamente opera, apertamente viuce tutte coleste ciarle. * Oltre c i , se Toperare pienamente od empia mente procede dalla genesi , vorrei che ci spie gassero qoale genesi renda uomo, stoico , quale 10 renda epicureo, peripatetico, platonico. Quale fu guidi a sacrificare a Bacco, o a Cerere* al Sole, o alla Luna. Quale quella che fa all*Egizio ado rare il bue , il cane , il gatto ; quale quella che strascina I* uomo alla setta de* Maoichei, o a quella de* Valentini. Che se uon sanno dirlo, li avverto di non ispingersi oltre. In ooi adunque posto, e non gi nella operazione della genesi, il vene rare il nome io questa, o in quelfu maniera. E se cos, cos ancora il venerarlo semplicemente, e 11 non venerarlo uieote affatto\ imperciocch tutto procede dai padri. Come poi non si riguarder per cosa assurdissima Tessere fatto improbo per iorza della geuesi, ed alla medesima, a titolo dim probi t, essere i o odio? e cos Tessere fatto buono e dgno dammirazione^ e similmeote essere adulto,od omicida ? D alla stessa geuesi forzato violentemente

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QUARTI ,

a far male, e per essa ad esserne punito? Costi tuire legislatori, punire scellerati, e nondimeno altri spingere a loro malgrado a penare, o a fare checch nella vita veggonsi ftfr gli uomiui. Le quali cose se sono in poter nostro, di esse ancora giusto che sopportiamo la colpa. Se poi fu genesi quella che ha il sommo potere, o dessa da accusarsi, .o quegli certamente che la cTe. Per queste considerazioni si dimostra che non so* lamento il fato in nessuu modo sussiste , ma in oltre che esso uu* empia ed obbrobriosa idea, Cosi termina il libro sesto, e il 4 ^* capiioio. Nel libro settimo scioglie una questioue solita a proporsi dagli astrologhi. Costoro dicono (cosi l'autore) onde vengono i mali, se nou se dal fato? Ai quali ecco.come risponde: Se noi ci creamo scambievolmente i mali, e bramato di sapere onde provengano, mentre avete dinanzi agli occhi quelli che li fanno, inutilmente ne cercato altra cagione. Se parlate de9 mali cbe noi soffriamo a malgrado nostro , lo scioglimento di questa questione auch'esso e vi. dente. Turbammo col turbine duoa improbit di ogni geuere la vita: facciamo quello che Dio odia e detesta. Perci patiamo quello che non vo gliamo, afliucb iu appresso uon cadiamo in vizio, meoo che non si dica che soggetti cos a peccare dovremmo godere felicit, onde vie pi ignorar Dio, e pi speditameote commettere il male. Ma se Dio per mezzo del fato ci sforza a fare il male, com poi ci purtiscea guisa di peccatori? Altra cosa poi, siccome chiaro, permettere cbe ognuno si serva del suo libero arbitrio , e scelga ci che vuole ;

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altra fu spingere a commettere il male. E come poi, die* egli, a voi che ignorate la profondit del governo divino, viene in testa di volgervi a quel sogno delfu geoesi? e andar dicendo non essere opere nostre quelle che veggiamo farsi da noi stessi? e quelle che gli astri uoo possouo in uiun modo fare , bugiardamente fngere che da quelli si facciano? Perch voi strisciandovi per terra non saliste alialfezza degiudizj del Creatore, per que sto cercate di riferire alle stelle, al sole, alla luna fu cagioni delle cose che da noi si fuuno Atizr io stesso (dice lautore) mentre scrivo queste cose, secondo vo i, sono dalla genesi costretto a scri vere la coofutaziooe della medesima, affinch pi acremente essa medesima sorga nemica contro di s, meglio di alcun altro nemico estraneo che si alzi ad impugnarla. Ma a che giova imparare quelle cose che dalla geoesi si aspettano? Imperciocch se a chi le conosce dato di evitare quauto il fato destin, il predire inutile: ch vnta la ger.esi della facolt che io ooi; e molto pi che quelli, ai quali il fato noo iguolo, potranno scioglierne la serie, mentre conoscendo pi degli altri quanto fu dalla genesi ordinato * nou soffi irauoo che loro avvenga alcuna delle disgrazie, di che essa li miuaccia. Ma, ripigliano essi, neppur fuori della serie della genesi che quelli che tali cose conoscono, ne fieno lberi.[Duuque la geoesi si divide in contrarie parti ? una usa della predizione, I V tra se oe fa giuoco. V egli cosa pi ridicola da dirsi? Se non che per una parte vha molta in g iustizia ed ineguaglianza. E perch non ispir a tutti d imparare quanto fosse per accader loro ,

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c la ssi

q uarta,

onde tatti ne scampassero? Che se mai a cbi tali cose conosca non dato di scamparne, a che giova una inutile cognizione, e prima del tempo angu stiarsi, prima del colpo riportar fu ferita, e prima di morire provar dolore pi grave cbe nella stessa morte? Tutti poi sanno che quelli* i quali sosten tano il fato, tolgono di mezzo le lodi de* probi, e le corooe loro dovute, ed al contrario annun ziano agl'improbi una pena ed uua correzione in giusta. Iinpeiciocch se necessit quella, per la quale I* uomo indotto a fare ci che fa, n per fu virt mercede, n luogo a pena ; il che oon pu non confondere affatto, e tutta travolgere la vita nostrale rendere impudentissimi coloro che con tali sensi parlano contro Dio : quasi noo bastosse a* miseri uomini il forzarli a pestare, a dire, a fare il male, che oltre c i , ove meriterebbero compassione, veri ebbero oppressi da odio e da gastigo. Che se alcun dice uon appartenere a ooi il sapere perch Dio abbia stabilita uoa tale ge nesi , nel mentre che costui fnge, cos parlando, modestia, fa onta alfu piet, e con tale moderato discorso si costituisce empio maggiormente. In fatti se veramente buona L genesi che a noi com a parisce cattiva , e ci per s medesima assoluta mente , oon errer fu gi , se la giudico cattiva non essendo tale; bens errer piuttosto quegli che per mezzo nella genesi m* induce a cosi giu dicarla. Imperciocch se mio Terrore , alieni dalla genesi saranuo i miei giuduj dal discorso, e dalla operazione seguili ; e la geoesi rimarr inu tile. Noo fa qui dunque moderazione* e ctrcospe* aioue rudeute aver supposta malvagia la ge-

MEDICI E FILOSOFI.

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nesi , e a Dio P attribuire il pensiero da* mali * come nemmeno Palfermare ch'egli spinge al male, e che punisce poi quell! che per la ordinata ge* nesi al male spnge di tale maniera. Dire sif fatte cose non da uomo che parla con modestia, ina da chi, sotto Pappareuza d* umilt, induce ia gravissimo errore. Al contrario chi esercita la piet niuna iogiuria fa a Dio con ci , con die pensa di venerarlo, n toglie di mezzo la bont di lui attrihueudogli il potere di far male } per ciocch la divina potenza n ora sa fare ingiusti zia, n potr farla giammai. Non punisce essa di poi colui che rend omicida; n vieta il cadere in peccato s che poi costrnga a non ubbidire, al precetto, e castighi il negligente. Tali cose noo cadono in Do , n entrano in alcuna mente pia. Noi seguendo nell* intelletto nostro le idee alta na* tura delle cose consentanee, confessiamo Dio comprendere perfeitamenfe tutte le cose che ac cadono uel moudo; ma non presumiamo .gi di comprenderle anche noi, che anzi siamo certi di non poterle mai comprendere. Bens del rimanente conosciamo tale essere la vera potenza di Do che n mai viene superata da' mali, ed usa boot pel bene delle cose da essa create. Altra conside zone voche tu faccia. Sogliono nelle cacce i tori eccitarsi con istimoli, ed aizzarsi a combattere ; e i toro padroni sentono dolore, se veggauo che quelle bestie vadano alquanto lente ad infierire* AI contrario quel corso degli astri rimunera con la morte quegli che a* suoi fatali decreti abbia ce duto. Noi castighiamo i nostri servi scostumati, e premiamo gli ubbidienti Ma la genesi, di cui parFoiioy Voi. IL 22

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quarta

liamo, fu quale sforza a pensare ed a fare coteste cose, ordina prepotentemente il mal fare, e sot topone a* tormenti chi cosi fu Questa medesima genesi talora rende noi giusti verso i sudditi uoitti, meotre intanto nou si vergogna di trattare noi iogiustissimamente. Ora il sostenere siffatte propo sizioni non egli il colmo della demenza Que ste cose lautore discorre nel cap. 5 dellopera sua Nel cap, 6 dichiara che coloro, i quali si sono lasciati impazzire da questa dottrina genetliaca, alla geoesi assoggettano lo stesso D io, artefice di tutte fu cose. Ragionano, dicegli, cos. Siccome il vivere giusto proviene dalla genesi* cosi dalla me desima proviene che chi prega sia esaudito, e che sia ripieno della presenza di Dio , e fatto degno delle apparizioni divine. Adunque* secondo ee ardiscono asserite, dichiarano che Dio il mini stro della genesi, e ebe per quelli soli egli be nefico, a* quali il corso di questa benignamente abbia conceduto un tal benefcio. Di cbe quale cosa pu mai essere pi empia? Di tale maniera ragionando, tolti da Dio i beni massimi, verranno a concludere ch egli domina puramente sulla sola malzia. Intanto il tempo ci espresse che moltissi mi uomini ch'era no buoni, diventarono cattivi, cosicch cangiando i probi in improbi, egli acqui st di nuovo podest sopra quelli cbe erano sottratti alla sua potenza. Tanto cosi della genesi statuendo, tutto si confonde e si contuiba, e da si stessa prima di tutto si abbatte* e girando ro vesciasi* Nel cap, susseguente, che il 4? lautore an-

MEtPicr

f il o s o f i.

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nunzia che alcuni de flosof greci, prendendo le addotte cose in considerazione, si trassero a dete stare cotesto chimera della genesi , e a farseae giuoco, quautunque pure ponessero anchessi tondo il cielo, n dtversamente pensassero intorno alla composizione de* segoi zodiacali, e al moto delfu stelle erranti. Cbe modo adunque di pensare fa questo che mentre si conviene nelle accennate ose , non si ammette poi lapplicazione che ai Genetliaci piace? Pensano invero que' filosofi che il corso degli astri ha foiz di prenunciare quanto accede stilla terra, in mare, nel Paria, e negli altri elementi; ma non gi quella di forzare e di ope rare. Parlano essi intorno al prenuuciare fu cose future come parlasi dell'arte del divinare, del aruspicare, e simili, cosicch le cose oon acca dono perch si prenunciano , ma sivvero pronun ciatisi perch accadono; ch gli aatri non gover nano con la forza queste cose inferiori, ma sola mente denunciano quanto di poi ha da succedere. Per da dire, che quantunque cotesti flosof , cosi pensando, rigettino da s quella enorme em piet degli astrologi, non hanno per afferrata la perfetta verit. Cosi termina il libro settimo. Nell ottavo libro, che incomincia col cap. 48 Fautore dice due essere i cieli creati, uno al di .sopra di quello che ci si presenta visibile, e Peltro quello cbe uoi v e g g i amo. Di questi due cieli uno tieo luogo quasi di tetto, l'altro similmente serve come <li tetto alla terra; e a quello pi alio fa le veci di u o lo , e di foudamento. Una la terras le cose celesti sono soggette a podest maggiori, come alfu visibili superiori quelfu ohe sooo souo il cielo>

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CLASSE QtTAftTA,

Dice iooltre noo essere il cielo rotondo, ma bens a foggia di padiglioue e di volta. Iu appoggio della quale opinione allega passi dalla Scrittura; e nou solo rispetto allaonunziata fgura, ma eziandio ri spetto al tramonto, e al nascer del sole. Da aa* cbe ragione del calare dei giorni e delle notti; e va con molta diligenza investigando altre cose simili, le quali, secondo me, nou sono punto ne cessarie, qu&otunque abbiano uoa certa connessione coi sacri oracoli Per lo che delfu cose ch'egli ri ferisce, giudicheremo questo scrittore uom pioj ma non dirai che con accurato raziocinio istessamente faccia uso de* passi delle sante Scritture. Passando quindi al cap. 49 espone fu leggi, e fu ammonizioni delle sante Scritture, e il gran mi stero di nostra redenzione, dai divini libri traeado argomenti in confutazione deil'astrologia. venendo al cap. 5o con eguale diligenza im pugna ancora quellerrore, tra fu altre cose tiferendo quanto sieguet se per avventura, dic'egi, si vede succedere ci che da costoro fu predetto, ci oon succede gi perch fu predetto ; giacch anche a ooi molte cose succcdooo le quali ave vamo pensate; e sospesi nella aspettativa di alcun affare,o incominciato, o da incominciare, di poi re g giamo avere esso avuto il principio, o il fine, quale avevamo sperato ; u per questo pretendiamo di essere profeti, ma conosciamo l'evento dall acci dente e dalla congettura. Vero cbe se ci v e nisse predetta uoa cosa aliena dalla vita umana , ed iosolita, avremmo ragione di ammirare p red i zione siffatto, ancorch nou pi volto, ma uoa sola pur ci avvenisse* Ma come costoro veggonsi p re

MEDICI 1 FILOSOFI

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dire fu cose che per lo pi sogliono succedere, che maraviglia se le congetturano rettamente? Noo facile cbe erri chi parla di tante cose. Beo sa rebbe meraviglia se sempre errassero. E se costoro hanno lajuto dei demoni , come certamente lo hanno, e i demoni confermano la loro predizione^ non pi me ne maravigler , se rettamente con getturino) al contrario mi maravigler somma mente, se congettureranno male. I demoni, ben versati negli scrtti dagli astrologi, fanoosi ad ajutarli eoa ogni premura , oode infondendo negli animi de* troppo creduli quellerrare intorno al fato, vengono a persuader loro il disprezzo verso Dio. Predicono que* libri ricchezze , povert, e quante altre cose sogliono occorrere nella vita , per le quali i demoni possono senza difficolt pre stare lopera loro. Ed anche noi, volendo, possiamo contribuire in molle cose agli altri o persuadendo, o ingannando, o violentando. La turba poi dei de moni tiene in sua podest i peccatori;e come fannos a quelli dipendenti,!! agita e li conduce ovessa vuole. E sua volont questa, che noi la vita nostra con formiamo secondo le falUce degli astrologi, onde osservando accordarsi gli erranti alle predizioni di costoro e non badando ai veri autori degli eventi, e non solo rimaniamo ingannati dal corso degli astri, ma di pi precipitiamo nellabisso della empiet, niun rispetto avendo alla piet ed alla giustizia. E ci appunto perch gli uomini noa s'accorgano della macchinazione contro dessi tra mata, v bisogno dell opera dei demoni, tolti a sussidio il peccato e lempiet, per cui mezzo mseri vengano distolti e dal conoscere le inique

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qua u t a,

macchi nati ooi, e dall* intendere la profondit dei giudiz) divini. E come preteoderebbesi che Dio fu insidie dei demoni, i mister] della sua provvi dente manifefttasse a chi metto il suo studio io disprezzarne i precetti ? Perciocch, facendo quelfu che sappiamo essere iuiquo , e non seguitaodo quaoto coooscouo esser lodevole, con che ragione possiamo sperare di conoscere ci che igooto? Se farai ci che appreodesti, e se ti reoderai de gno con la virt di capire pi di quello che dianzi conoscessi, allora avrai a maravigliarti se noo po trai apprendete le cose pi perfette. Ma foo a lauto cbe sei pieno di perturbazioni,e sprezzi Dio, come mai giungerai o ad apprendere i misteri della sua provvideoza, o l impeto dei demoni coutro di te? E come noo viuceraouo i demoni eoo somma facilit coloro che non hanoo per protettore e difensore Dio, traeudoli appunto alle cose ne* li bri degli astrologi predette, oude, radicato nelle loro teste lerrore riguardante il fato, sempre pi si allontanino da Dio? Ma se con quello stu d io , con che ci volgiamo al male, ci volgessimo alfu onest, noo igooreremmo quaoto siamo cari a Dio, n quante forze ci abbiamo contro il demooe. Im perciocch quantunque Dio sia da per tutto, egli per si accosta pi da vicino a quelli che eoo le opere fu amano. E dove Dio, quali iusidie pos sono ivi starsi celate, o quale insidiatore pu tro* varnesi ? Le quali cose dall*autore esposte, e for tificatosi di nuovo contro Tempia dottrina del iato con la parola di Dio, esorto gli uomini a liberarsi di quellerrore. E ci cbe si dice essere stato fatto da Dio il-sole insieme Con la luna e le stelle, per

MEDICI Z FILOSOFI.

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segni, e tempi ed aoui vuole che significhi quaoto accadde sotto Ges, figlinolo di Nave, sotto il re Ezechia, e nella passione di Cristo. Trattate queste cose uel cap. 5o passa al 5 t, io c ui redarguisce gli eretici nati da Bardisane , in questo che professando di ammettere i profeti, coufessano bens che fu anime sono libere dalla genesi, e io pienissima podest di s medesime $ ma per al governo d'essa genesi assoggettano il corpo; affermaodo per virt del fato succedere la icchezza, la povert, le malattie, la sanit, la vita, Sa morte e quaoto dal poter nostro indipendente. Ma se, secoodo Isaia, gli astrologi, osservatori del cielo , igoorauo le cose future j s e , cooforme a q uaoto dice Geremia, tutto questo studio altro non xhe una vaoit pretta, come possooo dire di rice vere i profeti uomioi che assoggettano il corpo alla servit del fato? Dio a'Giudei n minaocia, n ioibgge che peue corporali, e similmente non of fre, e nou d loro che corporali beoeficjj e non* dimeoo Isaia ha pronunciato che gli astrologi noo hanno cognizione di queste cose. Come pu essere adunque che si creda ai profeti, e uel lo stesso tempo si conceda al fato ogni podest de* mali e de'beni corpor a l i e che coloro, i quali si atten gono alla dottrina del fato, predicano le cose fu* ture, a meno che non fniscauo col dire per somma insauia che il fato distribuisce i beni ai buooi, ai cattivi i mali, e che lo stesso supremo nume serve al fato. Ma poi come nou fieno soggette alla genesi le anime, quando lo stesso D io, creatore* di tutte fu costf, iosieme con quest*opera, e serve-agli ef fetti fatali? Se poi fu cose una volta operate dagli

344 classe quarta, angeli e da* profeti, dalla genesi oon sorto fatte, eome nemmeno quelle ehe Ges C risto, Signor nostro apparso in carne oper mentre san ionamerabile moltitudine di corpi umani, come vor ranno persistere in affermare che il corpo viene governato dalla genesi ? Imperciocch o renderanno falso ci che Dio minaccia in castigo agli scostu mati, e che benignamente promette agli ubbidienti, o per certo, se il primo vero, il secondo nou pu aversi che per una favola. Aggiungiamo, come pu essere cbe essendo i corpi soggetti alta genesi, nou fu sieno anche le anime. Se dalla genesi procede l'invenzione di un tesoro, o l edificazione di uoa cosa , o lacquistare , o il procedere alcuna delle tante cose corporali, anzi difemo la pena degli adul teri , e de fornicari , per certo necessario cbe lanima sia spinta alla invenzione del tesoro, per loggetto di quel tesoro, e ad imparare larchitet tura, per loggetto della casa, o larte del tessitore, o del sartore per loggetto delia veste. Diremo ancora che sar necessario cbe laoima sia vinto dallamore della donna, se il corpo che ha da sof frire la pena del proprio delitto ^ e cosicch sia incitata ad uccisione in grazia della genesi che de cret sentenza di morte: e dicasi cos delle altre cose; essendo manifesto che steoterassi a trovare alcun fatto corporale , se lanima non ubbidisce e non ajuti. dunque necessario che i seguaci di Bardisane o sottomettano le anime alla genesi, o se non ardiscono tanto, che anche il corpo sottrag gano all imperio della medesima. Cos foisce il cap. 2. Nel susseguente combatte lultima empiet di

M E D IC I

F IL O S O F I.

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coloro i quali ardiscono sottoporre alla genesi lo stesso S'gni** nostro Ges Cristo, toltane occasione dalla stella mostrata ai magi. E questa pazza opi nione combatte bene e sapientemente, con molti argomenti pungendoli, come altrove, spezialmente poi dove dimostra che la stella veduta non fu una delle molte del cielo , ma una certa pi divina virt figurata in astro, la quale annunzi la nati vit del Signore di tutte le cose. Riferisce poi che i Magi aveano appreso dai Caldei che sarebbcsi una volta veduta certa stella, annunziatrice dell'esser nato in carne il comune Salvatore. Che questo vaticinio ad essi, studiosissimi di quellarte, avea dichiarato quel Balaamo, il quale a suo mal grado in luogo d* imprecazione pregando beue ad Israele, uuito avea alla sua benedizione la nascita del venturo r e , e la stella presngitrice di questo fatto. Mentre poi il Signore si rend visibile, nato appena, si manifest principalmente ai Persiani a preferenza delle altre nazioni affinch a quanti la desiderassero, o inegi, o incantatori per mezzo suo fosse data e grazia e redenzione. Trattate queste, e tali altre cose, finalmente nel l'ultimo cap. fa un riassunto di tutto v e termiua col cap. 53 il suo ottavo libro. L'autore puro e chiaro nel suo discorso, con quegli entimemi, ed epicberemi che nelP estratto di quest'opera in parte gi indicammo.

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q u a it a

DIONIGI

EGEGl

I DITT1ACI .

. i 85

Questo libro dei Dittiaci comprende cento ca pitoli. Eccoue gli argomenti i i. Da ambedue i genitori si emette il seme e si genera l'aoinutle. 2. Non da ambedue ci si fa. 3 . Da tutto il corpo si fa 1 escrezioue del seme. * 4. Non da tutto il corpo , ma dai testcoli. 5 . La concozione si fa per mezzo del calore. 6. La concozione nou si fa per mezzo del calore, y. La concozione si fa per messo dell* attrito degli alitneuii. 8. Non si fa. 9 La coocosioue si fa per proprio spirito (calore). 10. Si nega. i t . La eoocozoue si fa eoo la putrefaziooe. 12. Si nega s 3. La concozione sussiste per propriet del ca lore. t4 Non farsi la coocozioue per propriet dei sughi. i 5. Che il calore naturale appartieue ad una qualit. 16. Che quel calote nou appartiene ad uoa qualit 17. Farsi fu digestione de*cibi per mezzo del calore. 18. Si nega 19. Farsi fu d ige stione per questo che il calore trae a s. 20. Il calore non allraere. 21. Farsi la digestione m e diante fu spirito. 22. Si oega. 23. Farsi la d ige stione per opera delle arterie 24* Si nega. 25 . L a digestione si fa per un difetto che nella vacuit. 26. Noo farai fu digestione per un difetto in certo , u qualunque. 27. Nascere le macchie oegli o cch i per essere privo d'alimento il meato visuale. 28. Si nega. 29. Farsi le dette macchie per cadere c h e fa il sangue nel meato visuale 3o. Si nega

M IM C I

FILOSOFI.

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3 f. Farsi le dette macchie per la deasita e per fu esalazione degli nmori. 3a . Si nega. 33. Farsi
fu freuitide per la dUtensiooe della meo.inge e per fu corruzione del sangue. 34* Si nega farsi per tali cagioni fu freni ti de. 35. Accadere (a freni lide j e r la soverchia abbondanza di calore. 36. Si nega. 3^ Accadere la freuitide per iutiera magione. 38 Si nega. 3*j II letargo si genera per infanw inazione. 4* Si cga* 4 1 H morbo letargico na 1 sce da distensione e corruzione. 42. 1 morbo le targico accade noo per fu moltitudine, ma per fu qualit delle cose che si esalalo. 43 L'appetito di mangiare e di bere si diffonde per tutto il c orpo. 44* Non io tutto il corpo questo appe tito, ma nello stomaco. 45* L'appetito di mangiare e bere sta nella immagi nazione. 46 La sete nasce dal bisogno di umori. 47* ^fu e la sete per di fetto di umori. 48. Due operazioni succedooo nello Stomaco. 49 Si nega. 5o. L'esteriore pellicola del cervello, che nella cavit, il principio de*nervi. 5 1. Si nega. 5n. I farmachi diffondendosi pel corpo purgano. 53. Noo quando si diffowloao , ma pel semplice loro entrarvi purgano. 54 Doversi far oso di farmachi purgativi. 55 Si nega. 56. Do versi aprire la vena. 67. Non doversi 58 Noo utilmente darsi vino a chi ha la febbre. 59 Darsi loro vino assai acconciameoie. 60. Dovere i feb bricitanti far uso del bagno. 61. Si nega. 63. Do versi far oso del clistere negli accrescimenti delfu malattie 63 Si nega. 64. Doversi ne* principi far uso delle uosioni. 65. Si nega. 66. Non doversi la testa curare con cataplasmi , ma soltanto usare, di cose odorose. 67. Doversi usare cataplasmi.

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CLASSE QUASTA ,

Giovare le cose che provocano il vomito. 69. Non doversi usare 70* Che il cuore noo emette sangue. 71. Lo emette. 72. Cbe il cuore non emette spirito , ma sono le arterie che lo attraggono. y 3. Che il cuore emette lo spirito , n esso attraersi dalle arterie. 74* Che il cnore si muove per s medesimo. j 5 - Si negai 76. Che le arterie per natura contengono il sangue, 77. Che fu arterie so oo il ricettacolo del sangue. 78. Che tutti i vasi, quando appariscono e si gonfiano , sono semplici. 79. Che i ricettacoli sono involucri intessuti. 80 Che il senso e il moto si fanno per mezzo dei nervi. 81. Si nega. 82. Che il cuore principio delle vene. 83. Si nega. 84 Che il fegato prin cipio delle vene. 85. Si nega. 86. Che il priocipio delle vene il ventricolo. 87. .Si nega. 88. Che di tutti i ricettacoli sono origine le meoiogi. 89 Si nega. 90: Che il polmone l'origine' delle ar terie. 91. Si nega. 92. Che quell* arteria la quale presso la spina dorsale l'origine delle arterfu. 9 ?. Si nega 94* Che il cuore il priocipio delle arterie. 95. Si nega. 96. Che il cuore oon il princpio de4nervi , ma bens quell a inembranella che avvolge il cervello. 97. Che quella membracella non il principio de* oervi. 98. Che nou nel cuore, ma nella testa risiede la virt della iotelligenza. 99. al contrario. 100. Che la forza della intelligenza risiede nel veutricofu del cer vello. Tutte queste cose disput nel suo libro dei Diltiaci Viotfigi. N tale suo lavoro senza frutto per chi si esercita nella dialettica, o vuole inten dere certe opinioni proprie della speculatione me-

68.

MEDICI

E FILOSOFI.

34Q

dica. Mostra poi di giudicare di queste opinioni , ma per noo giudica egli in tutto e per tutto santamente ed incorrottamente.

DIONIGI

EGEO
(l).

I DITTI AGI

Questo libercolo era composto di cento C*pic.'2 n cinquanta de* qu ali contenevano per ognuno una proposizione affermativa, ed altrettanti ne conte nevano fu corrispondente impugnazioue. La el o cuzione non mollo ornata, ma per non manca di certa veuust. Massimameute poi ehe il libro non fatto per alcuna ostentazione, ma piuttosto dal suo autore diretto ad istituire una disputa ; e si vede che perci ebbe cura di contenersi in un genere di dir e semplice , e ne* limiti di uua serie di cose tra loro affini. Esso poi questo li br o utile a quelli che si esercitano nella dialettica. Ecco gli argomenti compresi nel medesimo (i) Bisogni dire che Fozio abbia scritto questo sp ronilo Enratto , non ricordandosi <* avere scritto il 1 primo. Ma come poi che, avendo messa in ordine la sua Biblioteca per mandarla a suo fratello, ti ha i itenoti entrambi? Noi riproduciamo il secondo non tanto per rispetto all* autore , quanto perch si vegga come in mezzo ad alcune variazioni i l giudizio delP opera r i m a n e prr esso lui sempre il medesimo, e che in questo secondo articolo v* qualche considerazione di pi. Nel rimanente le variazioni nella estensione tra un articolo e V altro possono chiamare gli studiosi a qualche utile consideratione

35o classe q u a r t a , i . Da entrambi i genitori emettersi il seme e generarsi gli auimali. * d al contrario non da entrambi, 2, Da tutto il corpo separarsi il seme* _ Al contiaro dai test icoli 5 . Farsi la conco* zione dal calore Al contrario noo farsi cos. 4 Farsi fu concozione per I* attrito. Per I* at trito uon farti. 5 . La coocoziooe si fa per la pu trefazione. No. 6 . Farsi la concozione per pro priet delfu spirito. Non essere cosi. 7. La concozione si fu per fu propriet d e sug hi. Non vero. 8. La concozioue si fa per propriet del caloi e. Nemmeno. 9. La digestione si fa per opera del calore. Non vero. 10. La di stribuzione de* cibi si fa per attiazione del calore 0 s. E no. i l . La digestione si fa per Io spi rito. Nou cos. 12. La digestoue si fa per 1 applicazione delle arterie. Falso. i 3. La di * gestione si fa per 1* assetila eoo vacuit. E fu di gestione suole farsi per incerto e per qualunque siasi assenza s4 Le macchie degli occhi proveu gouo dalla maucanza d' alimento nel meato vi suale. E nou cos. i> Le macchie degli oc . chi provengono dall* empiersi di saugue il meato visuale, r E uon cos. 16 II glaucoma pro viene dalla densit ed esalazione degli umori. E oon cos. 17. Che la frenetide succede per fu distensione della meninge, e la coiruzione del sangue. E nou cos. 18. La frenetide nasce dall* eccesso del calore. E noo cosi. 19. Che la frenetide nasce da iufammazione. E noo cos. 20. Che il letargo nasce da infiammazione. non cos. 21. Che il letargo procede da di stensione e conuzioue. E noo cos. 22. Che

MEDICI S FILOS F .

OI

351

Tappetilo di mangiare e bere si diffonde per tutto il corpo. E non ist che uello stomaco. 23. Che l'appetito di mangiare e bere sta nella immagina z ione. E non cos, 24. Che la sete nasce da scarsezza d'umori. non cos. 25. Che uello stomaco veggoosi due foize efficaci. E non cos. 26 La pellicola inferiore del cervello posta nella cavit il principio de* nervi. No, ma l ' e sterna. 27 I farmachi d iffusi per tutto il corpo purgano. Non vero, ma purgano pel solo loro ingiesso. 28. Non doversi far uso di medica menti purgativi. Anzi doversene far uso. 29. Doversi a* febbricitanti concedere il vino. No , essendo pernicioso. 3o I bagni sono utili ai feb bricitanti. Anzi sono nocivi. 3 t . Negli accre scimenti delle malattie si dee far uso de* clisteri, Non se ne dee far uso. 32. Non debbonsi usare unzioni sui principio delle malattie. Queste anzi sono utilissime. 33 La testa dee curarsi coi cataplasmi. No , ma soltanto con cose odo rose. 34 Nulla giova il provocare il vomito. Anzi ci utile. 35. Che il cuore emette il san gue. al rovescio. 36. Che il cuore no emette il respiro, ma piuttosto sono le arterie che lo attraggono. si dimostra il contrario. 37. Il cuore si muove da s. Anzi nou si muove da s. 38. Che il sangue per natura sta nelle arte.rie. Le arterie non sono ricettacolo del saugue. 39 Che tutti i vasi sono semplici. Sono aozi complicati, e pieni d*involucri. 4 H senso e il moto dell* animale procede dai nervi. E nou vero. 4* H cuore principio delle vene. Non lo . 42. Il fegato principio-delfu vene.

35u

C L ISS* Q U IE T I ,

Neppur questo vero. ^5* Le vene nascooo dal ventricolo Non ne nascouo. 44- Le nieoiogi, o vogliam dire la tunica del cervello, sono il principio de* vasi* E ci non vero. 45. Che il respiro P origine delle arterie. E non P. 46 Priocipio delle arterie Parteria situata presso fu pina dorsale. Ci nou vero. 47 U cuore il principio delle arterie. Nemmeno questo vero 48 Non il cuore principio de nervi , ms la pellicola che circonda il cervello. N anche questo vero. 49* Nel cuore nou ist la forza di ioteodere , ma bens nella testo. - Si prova il contrario. 5o. La forza d' intendere sta uel ven tricolo posto in mezzo al cervello. No. Ed ecco come questo libro di Dionigi Egeo procede.

GIUSEPPE, o CAJO PRETE


IPZLL* OPflVlRSO.

C.48

H libro di Cajo prete intitolato anche; Delia causa dell'universo* e in altri codici; Della natura dell*untvkrso. Iu due parti diviso questo lib ro , uelle quali P autore dimostra che Platone io contraddizione seco medesimo. Riprende si in esso ancora Alcinoo , come quegli che con assurdii e fallacia ha scritto delPanfuza, della maleria e della risurretione, opponendogli intanto le sue opinioni, meotre sostiene che fu naziooe de* Giudei di gran luoga pi antica di quella de Greci. Peosa egli adunque che Puomo sia com posto di fu oco, di terra, d acqua, e di pi di uno spirito, ebe chiama anima, Del quale spirito parl a-inqu c *

MEDICI B FILOSOFI

353

eti termini: Preudendo la parte principale di esso ( l'uomo ), lo form insieme col corpo, e gli apr la via per tutte le membra. conformato questo s pirito al corpo, e tutto invadendolo, fu insignito della forma medesima nella quale questo corpo si vede. Ha per la natura pi fredda per quelle tre cose con le quali il corpo costrutto. Cos l'autore non troppo in vero consentaneo alla dot trina degli Ebrei per ci che riguarda la natura dell uomo, n troppo, neirannunziarsi, consentaneo alla dignitosa maniera usata dagli altri scrittori. Ragiona pur anche compendiosamente della gene razione del mondo. di Cristo , vero Dio , parla esattamente* quando e gli attribuisce l'appellazione di Cristo e descrive la inenarrabile generazione dal Padre; nel che non ha cosa che gli meriti ri p rensione. Il che forse ha dato motivo a taluno di dubitare se questo opuscolo sia veramente di Giuseppe sebbene non si discosti nel modo di dire dagli altri scritti di lui. Trovai per notato non essere di Giuseppe que sto lih r o , ma di certo Cajo prete, vivente in Roma, che si dice autore dei Laberintof e di cui anche un Dialogo contro certo Proclo , difen sore della eresia de* Montaoisti. E come il lihro fu lasciato seuza titolo , quindi venuto che al * cuni 1 hanno attribuito a Giuseppe, altri a Gi stino martire, altri ad Ireneo , conforme succe duto del Laberinto , che alcuni attribuiscono ad

Origene*
Vuoisi ebe questo C e/o, prete della Chiesa ro mana, vivesse sotto i pontefici Vittore e Zefirino, che ordinato ves co v o , scrivesse anche uo altro Folio , Voi. I l * a3

354

classe

quarta

libro particolare cootra 1* eresia di Artemone , ed unaccurata disput atione cootra Proclo9 fautore di Montano , io cui annovera tredici sole Epistole del B. Paolo9 noo essendo allora tra fu canoniche ricevuta quella che diretta agli Ebrei.

G IO VAN N I F 1 0 P 0 N 0 L
CONTEO L OPEBA Di JAMBLICO DE* S IMULACRI.

Lo scopo che Jamblico s ave a proposto nell o pera sua, era di dimostrare che gl'idoli, metteudo egli anche questi tra- i simulacri, sono divini e pieni della presenza del Nume* e ci asserisce non tanto di quelli che, con certa occulta arte, fabbri cati da mano d ' uomo , per essere appunto i oco gnito 1 artefice , dicevaosi caduti dal cielo \ ch questi , secondo l u i , e sooo di natura celeste* o dal cielo sooo caduti in terra, con che hanno me ritato d essere detti celesti ; ma tali pure soste* neva essere anche quelli che fatti fossero da a r tefici valenti nell arte di fondere , o di scolpire, o sim ili, tolta anche l'eccezione quando ue fosse stata pagata l'opera. Scrisse dunque Jamblico cbe tutte le opere di coloro eccedevano fu natura , e che erano superiori a quaoto gli uomini ne peosassero. Nel quale suo proposito procedeva , in parte oarraodo cose incredibili tolte dalle favofu , in parte riferendo i fatti ad oscure cagioni , e in parte andando contro a quanto gli occhi stessi testificano, non mostrando n esitanza , u timor in iscrivere cose siffatto. Avea egli poi divisa tutta

M ED I I X FILOSOFI.

355

l opera io due parti, chiamandola Qoa fu Mag g/ore, e l altra la Minore. L una e l altra adunque il Filopono im pugna, usando del consueto suo modo di dire, e la com posizione adattando alla solita sua forma. Cosi non si distacca mai dallo stile puro e lucido, ma per non isplende per attica eleganza e frase. Egli frequentemente ci presenta, nel confutare le ra gioni di Jamblico , genero se riprensioni , e con esse argomenti penetranti. Per di (ratto in tratto le confutazioni sue sono superficiali e dirette ai soli n o m i, e fuori della quistione anche quando questa pone alle stell il redargui tore, Cou che costui fa palese la sua debolezza. G I O V A N N IS T O B E O
LIBRI I V DELLE EGLOGHE , DEGLI AFOFTEGM1 ,

E DE* PB.ECETT1 DELLA V IT A .

Questi quattro libri comprendonsi io due vo-C* lumi. L autore li dedica a suo figliuolo Sestimio , in grazia del quale dice d* avere fatta raccolta di ci che contengono. Sfior cosi, com egli mede simo dice, flosof, poeti, oratori, e quanti in ogni paese per belle opere si rendettero chiari, partito aVendo tutto io egloghe, io apoftegmi, e iu pre cetti di ben vivere, volendo eoo la massa di que s te co se allettare l iogeguo del figliuolo , su cut avea qualche d u b b io , e condurlo &1 amore del meglio.

Il primo libro tutto di cose fisiche * il se*

CLASSS QUARTA , condo in alcuna sua parto da priocipio riguardi il favellare, e nel rimanente etico. Il terzo e il quarto , poche eccezioni falle , contengono cose etiche e politiche. II primo libro pertanto comprende sessanta ca pitoli , ne* quali 1* autore compil fu sentenze e i celebri detti degli antichi. ccone l'indicazione; Dopo avere parlalo di D io, e dello essere esso Tartefc di tulle le c o se , e con la sua provvi* denza governare I* universo , nel secondo capitolo tratta di quelli che la provvidenza levan di mezzo, e le divine disposizioni che nel reggimento gene rale della medesima consieguono. 3. Indi vieoe a dire delta giustizia da Dio stabilita per estimare le opere degli uomini, e puuirne i peccali. 4 Delfu divioa necessit, per la quale necessariamente suc cedono lutto le cose che Dio vuole. 5 . Del fato, e dellordine fisso con coi succedono. 6. Delfu for tuna, o sia del caso. 7. Ove aggiunge la forlunt inconsideratamente andare qua e l. 8. Della na< tura e delle parli del tempo, e di quante cose sia cagione. 9. Della Venere celeste e delPAmor di vino. 10. De principj, degli elementi, e dell uni verso. 11. Quiod delfu materia. 13 Della idea i 3. Delle cause. i 4 De corpi, della loro se zio n e , e del minimo. i 5 , Delle figure. 16. De' colori 17. Della mistura e del temperamento. r 8. Del vto, del luogo , e dello spazio. 19. Del moto 2o. Della nascila, e della morte. 21. Del mondo, e se sia ninnalo , e reggersi eoa provvidenza, e dove abbia il principato , e d nde si nudra. 22. Dell ordine del mondo, e se I* universo sia uno solo 23. Della natura e divisione del cielo. 24 Delfu

356

MSD CI X FILOSOFI. 55j nat ura, figura, del moto e significato "delle stelle. 25. Della natura , grandezza , fgura , rivoluzioni , eclissi, segai e moto del sole. 26. Della natura , grandezza , fgura e splendore, e dell* eclissi , in tervallo e segni della luna. 27. Della via lattea. 28. Delle comete, delle stelle yoUnti , e simili. 29. De* tuoui , de*lampi, de* fulm ini, de* turbini ignei , e dei vortici. 3o. Dell* iride, della corona , del parelio e delle verghe. 3 i. Delfu nubi , della n ebbia, delfu pioggia , della rugiada, delfu neve, della brina e della grandine. 3a. De* venti. 33. Della terra se sia una e finita. 34 Di quanta grandezza sia la terra , e della sua situazione. 35. Della f g ura della terra. 36 . Se la terra sia fssa ed im* m ota, oppure sia mobile. 37. Del tremuoto. 38. Del mare , e come succeda il suo flusso e riflusso. 39. Delle acque. 4 Dell* uuiverso. 4 1 Delfu na< tu ra , e delle cause da essa nate. 4? Della gene razione degli animali , ed altre cose. 43 Quanti sieno i generi degli animali , e se tatti sieno dot tati di ragione e di senso. 44* Del sonno e delfu morte. 45 Delle stirpi. 46 Del nudrimento degli animali, e dellappetito di mangiare. 47 Della na tura dell uomo, 48. Dell* intelletto. 49 Dell*anima. 60. De* sensi , e degli oggetti de* sensi, e se le sensazioni siano vere. 5 i. Quanti sieuo i s e p s i,e di cbe natura sia ciascuno d*essi , e di che effi cacia. 52. Della vista, e delle specie visibili. 53 Dell*udito. 54 DelPodorato. 55. Del gusto. 56. Del tatto. 57. Della voce , se sia priva di corpo , e cosa sia principale in essa. 58. Della immagina zione , e della facolt di giudicare. 59. Della opi nione* 60. Della respirazione* e sue affezioni.

558

CLASSE QUARTA,

questi sono i capitoli del primo libro, e fu accennate cose contengono, tutte appartenenti alla natura , eccettuate poche io principio , che pi convenientemente alcuno potrebbe riferire alla metafsica. In questi capitoli adunque l autore, come dicemmo , present da leggere le sentenze degli antichi, o consenzienti, o ripugnanti. In que sto libro per, prima di procedere ai capitoli in dicati, Stobeo disputa di due punti, il primo dei quali 1*elogio della filosofa, toltine gli argo menti da diversi scrittori ; il secondo riguarda le sette filosfiche , ove parimente allega le opinioni degli antichi intorno alla geometria, alla musica e all* aritmetica. Il secondo libro contiene quarantasei capitoli
Nel i . parla degl* interpreti delle cose s a c re , dicendo come la vera natura delle cose spirituali non pu dai mortali comprendersi. 2. Quindi dell arte di ragiouare. 3 . Della f acolt di ben dire. 4>Della orazione, e delle lettere. 5 . D ellarte poetica. 6. Del carattere, o sia della forma delPorazione. 7 . Della filosofia morale 8. Delle cose che sono in poter nostro, 9. Nessuno spontaneamente esser cattivo. 10. Qual debba essere il filosofo* 11. Doversi es sere pio verso Dio. 12. Il Nume ajutare chi pio e giusto. i 3 . Del v aticinio. i 4< Doversi fare g ran conto del conversar coi sap ien ti, e fuggire gl iioprobi , e declinare dagl imperiti. i 5 . D i ci che soltanto pare, e di ci che veramente. 16 L uomo aversi a giudicare non dalle p a ro le , ma dai suoi costumi. 17. Che quelli i quali insidiano gli altri imprudentemente fanno male a s medesimi. 18 Della gloria del nome. 19. Della fama 20. Ottima

c u i et a

fil o s o f i.

359

Cosa essere fu modestia. 21. Coo difficolti acqui


starsi I virt, ed al contrario eoo facilita il vizio. 22. Noo doversi far conto del giudizio degli stolti. 23. Essere da sbandire dallauimo fu finzione , od ipocrisa, fu qua|e ooo nuoce solamente a quelli contro i quali si pratica, ma nuoce agli stessi finti ed ipocriti. 24* Doversi evitare la curiosit perch d occasione d invidia e di calunnia* 25. ssere ottima cosa pentirsi di che si peccato. 26. Non essere cosa buona il rimproverar gli al tri. 27. Doversi considerare che possiamo com mettere noi medesimi quegli errori stessi. 28. Delfu necessit della vita. 29. Doversi operare opport un ameote. 3o. Della volout, e non doversi incon sideratamente differire. 3 i. Spesso sommamente giovare Paffggersi nelle avversit, e massime agli imprudenti. 32. Della educazione , e della istitu zione. 33. Che I* amicizia ottimo fra tutti i beni. 34. Che fu somiglianza de* costumi concilia I* amicizia. 35. Non doversi trascurare gli amici Nou nelle loro avversit e ue* loro perieoli. 36. doversi coadjuvare gli amici iu ci che d'ingiusto intraprendono. 3j . Degli amici fedeli ed infedeli. 38. Doversi l nomo riconciliar presto cou gli amici, tollerare i loro difetti , e di menticare i loro falli* 59. Nelle avversit sperimentarsi gli amici fedeli. 4o. Precetti intorno all* amicizia. 4 t* Delle inimi cizie , e come I* uomo debba condursi co* nemici. 42. In che modo possa trarsi vantaggio dagl* ini mici. 43. Della cura di ben meritare dagli altri. 44* 11 benefizio che si fa a proposito il mag giore di tutti. 45* Del rimunerare i b enefkj. 46 Non doversi benignamente operare coi perversi,

classe qubta , n da essi accettar beoefzj. In fine della gratitu dine. questi sono i captoli compresi nel se condo libro. II terzo libro contie oe quarantadue capitoli, i . Della virt. 3. Del vizio. 3 Della prudenza. 4. Della imprudenza. 5. Della temperanza. 6. Della intemperanza. 7. Della fortezza. 8. Della timidit. 9 Della giustizia. 10. Della bramosia d 'a v e r e , e della ingiustizia f i . Della verit. 13. Della bugia. l 3 . Della libert di parlare. i 4 Dell* adulazione. i . Della prodigalit. 16. Delfu parsimonia , o sia tenacit. 17. Della continenza. 18. Della inconti nenza. 19 Della pazienza , o sia tolleranza dei mali. so. Della iracondia, s i . Del conoscere s atesso. 33. Del fasto. 33. Del cieco amore di s stesso. 34. Della coscienza. 35. Della memoria a6. Della dimenticanza. 37. Del giuramento. 38 Dello spergiuro. 39 Dell'amore alla fatica 3o. De lfu i gnavia 3 i. Del pudore. 3s . Della sfacciataggine. 33. Del silenz io. 34* Del parlare a proposito. 35 Del parlar breve. 36 Della garrulit. 37. Delfu benignit. 38. Dell* invidia. 39. Della patria. o. D el paese forestiero. 4 *- Dei secreti. 4 3 Delfu calunnia. Del quarto libro ecco quali sono i capitoli ;
X. De ila repubblica. 3. Delle leggi e consuetu dini. 3. Della plebe. 4* De* potenti nello stato

36o

Del principato , e quale debba essere il prin cipe e il magistrato 6. Ottimo essere imperio di un solo. 7. Precetti per governare un regno. 8. Biasimo della tirannia. 9. Della guerra. 10. Del* l'audacia. 11. Della giovent, ia. De comandanti nella guerra , e di quanto pu essere prescritto

5.

m e d ic i

f il o s o f i.

36 i

nell* uso della milizia. i 3. Della pace* i ( . Dell* agricohura. j 5 . Della tranquillit. x6. Della navi gazione, e del naufragio* 17. Delie arti. 1 8. Dei padroni , e de servi. 19. Della Venere volgare, che d origine alla umana generazione, so. Del l'amore de* piaceri del corpo., a i . Della bellezza, aa. Delle nozze v ed altre cose di questo capitofu. a 3. Precetti del matrimooio. a. De* figliuoli, ed altre cose relative. a 5 . Che i figliuoli debbouo onorare > loro genitori, e se convenga che loro nbbidiscaoo in tutte le cose. a6. Come i genitori debbano co odursi verso i loro figliuoli, e come tra gli uni e gli altri sussiste uoa intimit natu rale. ay. Onestissimo essere !* amor fraterno e fu cordialit verso i cognati , essendo essi dalla uatura strettissimamente congiunti. 28. Del modo di conservare e difendere la propria roba. 29. Della nobilt (uobili essere qu e lli che vivono secondo le prescrizioni della virt , bench sieno nati da genitori di cattivi costumi), ed altre cose di que sto argomento. 3o. Della ignobilit. 3 i. Delle ric chezze, e daltre cose di questo geuere. 3a. Della inopia 33. Paragone delle ricchezze e della p o vert. 34 Che la vita b reve, e piena di cur.e. 35. Della tristezza, e della molestia die produce* 36 Delle malattie, e de* rimedj. 3?. Della sanit, e sua conservazione. 38. De* m edici, e della me dicina. 39. Della felicit. 4 Della infelicit. 4 T Che la prosperit de* mortali instabile, fyi. Di quelli che sono felici senza meritarlo. 43 Di quelli che senza meritarlo sooo infelici. 44* Che debbonsi con costanza soffrire le vicende cbe arm a n o agli uomini , fu cui vita deve essere rego-

56

olasss

qukt

lato dalla virt. 45. Che debboosi lasciar palesi fu prospe re cose, ed al contrario le avverse teoer celate ( e delle cose buone godere reitameoie ). 46 Della sperante, 47* De* casi non isperali. 48 Noo doversi rallegrare delle altrui disgrazie!49-Che gl* iofelici hanno bisogno di chi si co odolga dei furo mali. 5o. Della veccbiaja, ed altre cose alla edesima riguardanti. 5 t. Delfu m orte, ed essa non potersi evitare. 52. Della vita. 53. Si parago naso insieme la vita e la morie. 54 Del lutto. 55. Della sepoltura. 56. Considerazioni consolato rie. 57. Noo doversi usar coni omelia verso i morti. 58. Presto svanire dopo la morte la memoria di noli issimi. Questi sono i cinquantotto capitoli del quarto libro, e dugento otto sono io tutto quelli che com pongono l'opera, ei quali, siccome dicemmo, Sto* beo unisce sentente, testificazioni e spiegazioni tolte da egfughe, ed apofegmi e precetti iotorao alla vita (1). Or vengo ad accennare i filosofi dai quali Stobeo raccolse quaoto oell* opera sua espone. Essi sooo a un di presso i seguenti : Albino^ Amelio, Anacarsi, Anassagora , Anas aereo, Anassimandro, Anassimenei Antipatro istico, Aniistenet Apelle* Apollodoro , Apollonio , A p ol (1) N i numeri vanno beoe, n Pposizione delle materie, quale qui fatta da Fozio , corrisponde al 5 testo che abbiamo dell'opera di <toeo. Inutile ri cercar le ragioni di queste inesattezze ; e ci che di importaote quest' opera eootieoe, possono gli studiosi trovarlo agevolmeoto consultando P opera stessa*

m e d ic i

f il o s o f i.

363

lofane, Arcesilao* Archeneto , rchedemo ecateo, Archelao* Archimede , Archita , Ariano * Aristagora * Aristandro , Aristarco , Aristippo , Aristo frroto , Aristone, Aristonimo , Aristotile , Aristos seno, Arpocrazione%Asclepiade fratello di Aristeo, Attico , /teron/ce, Bero$o1 Biante* Bione* Boeto\ Brotin o, Callicratide* Callimaco, Carneade, Cebete, Co ronea, Chilone, Chione* Crisippo , Cleante , Cleo/, Cli nea, Clitomuco, Corisco , Crantore , Cr<zia Critolao * Critone , Damarmene, Damippo * Demetrio, ( Democrito ), Demonace , Didimo , Diocle Diodoro , Diogene j ( Dione ) , ZKoi/mo Dio Befania , Ecpolo gioteo, Empedocle , Epan* dride , E pie armo* Epitetto , Epinoro gargezio t Z?picuro ateniese, Epidico , Epigene, Eraiistrato , Eratostene , Eriso , Eraclide Z?rac/ito , Ermete , Erofilo , Eschine socratico , Eu elide , Jtt<fu**o , /, Eufrate, Eurifamo , Euristrato , Eusebio , Favorino , Ferecide, Filolao* Filosseto , /*/, Gfuatone , iooe , lunco , ippalo , Ippia , Ippodamo , //?ponoy Ipseo , Jerace , Jerocle , Jeronimo, Jamblico ^ Lcofane* Leucippo, Longino* Lucio* L ieo , Lift* cone* L is i , precettore di Epaminonda, Afassimo , Afesso, Melone , Menecino* Mene demot Meropo * MeirocXe%Metrodoro Moderalo Mnesarco Musonio , Naucrato, Naumachio , Nicolao , Nicostrato , N itlo , Numerico * Ocello , Oliato , Onerose ,

364

CLASSE QttBTA

Panacea , Panetto , Parmenide Pempelo , riandro* Pernione, Pittaco, Platone* Plotino* P i for co, Polemone, Polibio , Porfirio, Poro , P o ssi don io , Protogore , Pirrone , Pitagora , P i te a , Pitia de ,
fu/ * /tegi no , 4 Sereno, Severo , Scitino , Socrate , f o t o n e , Soji<ufu , lozione , Speusippo , {/ro , Stilpone , Strabone, Senocrate* Senofane * Talete , Tauro* Teletey Teagene, Teage , 7 * 6 miio, Teobulo* Teocrito , Teodoro , Teofrasio , Timeo , Timagora , Timone, Trasiilo , Zaleuco , Zenone* Zoroastro. Aggiungonsi quelli della setta de9 Cinici * Antipene , Crai* , Diogene , Egefianasse , Afe nandro* Mommo* Onesicrito* Politelo , Santippo,

Teomnesto.
Questi dunque sodo i flosof cbe Stobeo segui Or veugooo i poeti, e sooo : Acheo , Agatone, Alceo, Alcidamante , Alessan dro* Alessit Amfide , Anacreonte , Anassandride , Anassille* Andronico* Antirnaco, Antifane , Apol lodoro , Apollonide , Aralo co , A ra ta , Archiloco Archippo , Aristeo , Aristarco , Aristocrate , ^ ristofane, Aristofane , AsHdarnante , Atenodoro , A ssinico , Bacchiude, Baione , Bione , B<olo , Callimaco, Callinico, Carcino* Cercida , Cheremone, Care te* Cherilo , Cleante , Clebineto , Cteoli/o, Clinia* Clizia Clitomaco, Cran/ore, Cretino, Demetrio* Diceogene D itti, Diodoro , Dionigi* Diffilo , Eliodoro, Enioco* Epicarmo, Eratostene, Erodet

MEDICI E filo so fi. 365 Ermoloco , Eschilo , Esiodo , ve no , Euforione , Eufrone , Eupoli , Euripide , Eutidomo , Fanocle , Ferecrate , Fileo , Fileta , Filemone , Fltppide * Filippo , Filisco , Filonide , Filosseno , F i/ ili, Focilide , Fenieide , Frinico , Giulio , ipponace , Ippotoone * Ippoioo , Ippobolimeo , //Meo , Zone , lofonte , Isidoro 9 Laonte , Leonide , Licimnio , Lino , Licofrone , Melinone, Menandro, Menippo, Mene/ilo, Metrodoro, Mimnermo, Moscio ne. Mosco, Mirone , Naumachio , Neofrone , Neottoiemo , Nicolao , Nicomaco , Nicostrato , Olimpiade, Omero , Orfeo , Parnasi, Parmenide, Patrocle , Pausania , A i r o , Pisandro , Poliide , Pompeo , Posidippo,

/tiano , Sa/jfo, Serapione , Scerio , Simonide, Similo , 5oiSo/m/r o, Sofoclea Sosi crate, Solfane , fatfe, Stagino, Stesicoro , Stenide , Susarone, Ve nereo , Senofane , Telessilla, Terelefo , Teocrito , Teognide , 7>s p , Timocle , Tirnostrato , Tirteo , Zenone , Zenodoro , Zopiro Questi sodo i poeti citati da Stobeo O r veggaosi i retori, gli storici, e i re e i capitani , da lui egualmeote alla opportunit citati. Essi sodo i seguenti : Agatone, Antifonte, Archelao, Aristide, Aristo eie, Cajo , Callis tene , CriSaimo , Chtofonte, Come* liano , Ctesia , Demade, Demarato , Demostene ,

Stiano 9 Efforo E&esiadc 2?oeJ0 * Erodoto

366

g l is s i Qv&ari,

Filostrato , , Gorgia , Iperide , Jseo f Isocrate , Lisia , Nicia , Ombrino, o sia Obrino , Poiieno , ( Pradico ) Protagora , Sostrato, Senofonte , Teodoro9 Teopompo, Teseo , Timagora , si7/o , Trofimo , Tucidide $ Zopiro. I s e g u e u t i s o d o re e capit an i , c i o : 4 gaio eie, Agesilao , Agi de , Agrippnoo , * andrp Anassilao, Antigono, rchidarno Carete, Caria o Cabria7 Carillo, Clitarco, Dario , Dionigi ^ Epaminonda , Eudamidante , Poi aride, Filippo , /'octoee , Jpparco , Ificrate Larnaco , Leonida , Licurgo , Mal fio , Pericle , Pirro ? Scipione , Scibluro , Semiramide , TVmiiior/e, Timoteo 9 Tolomeo.

TVa-

/ej,

Coti,

Sieguono i nomi de*medici, flosof, ed altri da {oeo citati ancora s Alcmeone medico, Antigenida, Antillo medico, A pelle, A rimnestot Aristide il giusto, Aristofane , jBraiJon*.,

Catone, Cefisidoro% Cleostrato, Clitornaco , Dicearco 9 Doeie medico , Dione , Dionigi , Erasistrato medi co , Eratostene, \Errnarcoy jSr-

MEDICI FILOSOFI* 36 7 mippo Espo , Eubolo , Eufranta , Eurifone me dico , Eurissimaco , Eusiteo , Galeno medico , Glamone , . Ippocrate medico ,

Licimnio Metroce , Metrodoro , M ilio n e , Nicostrato , Prausione , Seriffio, Simonide, Sostrato, Sozione* Speusippo ^ Teocrito f Teopompo , Tim aride , Tinone. utile quest'opera di G/otO/im Stobeo tanto a
quelli che gli scrini lessero di tanti autori, poi ch cosi se oe rinnova in essi la memoria, quanto principalmente a quelli che non li lessero, poich alla medesima diligentemente applicandosi9 in breve tempo molto belle e varie cose compendiosamente possono con loro proftto imparare. Agli uni poi e agli altri 1 opera di Stobeo riuscir utilissima in quanto con poca fatica, e poca spesa di tempo troveranno materia ne' diversi casi delta medesima da potere, volendo, pi ampiamente trattore a loro talento, certo esseo do cbe chiunque voglia o ra gionare o scrivere trover iv i quauto mai possa desidera re.

JEROCLE
DELLA PaoyVlDKJiZ*. Lessi il libro di Jerocle intorno alla Provvi- C a5 i denta . Perch, dice e g li, vengo io a metterti in nanzi queste cose, quando alcuni Platonici oon teogooo giusta opinione di Dio creatore? Pensa-

368

classe

quaata,

rooo essi oon potere D io, per propria virt e sapienza fino dalla eternit operante, sostenere il mondo i e soltanto poter creare prevalendosi della cooperazione della materia ingenerata, e di natura da lui noo dipendente. Perciocch io essa mate ria sooo tutte le prime poteuze , e quelle Dio in certo modo delioea, e solamente comp o ne, traendole dalla materia medesima. Il che supponendosi, porrebbesi uo fatto da dirsi piuttosto di una su perflua diligenza di D io, anzich di sua bont. perch mai le cose ch egli non cre tenterebbe di ordinare* quando nella fugeuita loro natura sta risolutamente la buona ordinazione ? se a cosa iugeoita e per s sussistente saggiunge alcun ch, si operer oltre la natura ; e ci che oltre fu na tura si fa, si vizia. Ond* che oon pu chiamarsi buona cosa che la detta materia si adorni, perch ci farebbesi non solo nel tem po, ma eziandio senza ingenita cagione \ e noi riferiamo il senso di questa qualit dicendo ingenito Dio. Ma oltre ci non sarebbe Dio medesimo buono, incomin* ciaodo la creazione da una specie di maleficio , tentando oltre la natura di operare sopra una sostanza ingenita, eguale a lui , e non permettendo che Ona sorella di sua spontanea volont a s unita, rimanesse nell*ordioe suo ingenito, non p o tendosi una cosa egualmente ingeoita contenere da un*altra; il che si applica ottimamente al caso, o sia che dalla eternit , o sia che incominciasse Dio nel tempo a cos potere; e piuttosto discosterebhesi dalla verit, se per mancanza di una ope razione della materia , e di alcuu tempo avesse preso ad ornarla , n permessole di rimanersi n e l

M s a ic i a suo

f il o s o * !.

36q

stato. Imperciocch se meglio fosse stato noo aver fatto, perch incominci egli a fare? Se poi era meglio aver fatto , perch fno dalla eternit non fece ? E se a lui era indiffere nte il ci fare sino dalia eternit (quando per avventura noiosi voglia dire che per sua natura pu fare e distrug gere ad una ad una le cose , ma non farne di eteroe) , perch l'improbit della maleria , di cui si serve, costaatemeute rigetta l'ordine impostole, e superfluo, decimando, per dir cosi , verso l'in genito suo disordine, a seguo che nelle s u e ^ r t i , in un tempo o nelTaltro , la bellezza ,o la. defor mit prevaT gono t o , per meglio dire , prevale ia deformit , poich la materia ornata oltre natura a chi ben ragiona apparisce deforme. Le dottrine di Platone e di Aristotile saccor d ano insieme. Molti Platonici ed Aristotelici io addietro spin sero i loro precettori a contendere insieme; ; pre ferendo ciascuno i supi. peusamenti * e a tanto di audacia e di contrasto giunsero , che depravarono EV scritti de* loro maestri, onde s'avesse maggiore l materia a lottare. E dur quella briga in mezzo a lle dispute filosofiche sino al tempo del divino Ammonio. Fu questi il primo c b e , preso da una specie di entusiasmi per fu verit delj^ filosofa., e di disprezzo per le opinioni di molli che la fi* losofa grandemente disonoravano, si fece a bea conoscere entrambe quelle Sette , e le trasse a concordia, offerendo la filosofa libera da ogni contesa a tutti i suoi uditori, c maitiinameole ni dottissimi suoi eguali , Plotino ed Origene, e ai lorp successori. F oo9 Voi. l i .

3?o c la sse q u a rta Dice adunque il nostro autore e b e , s e condo Pimione , le sole a nime degli uomini trasmigrano nel corpo , e non in ogni corpo { ma bens dai soli uomini ne* soli uomini , n mai s* immagin passaggio dai bruti oegli uomini 9 o dagl i uomini ne* bruti. Pens Piatone che Dio sostiene tutto il mondo visibile ed invisibile, oon prodotto da materia cbe prima esistesse, e bastare a lu i , per soste nere il mondo, la sua volont. Formarsi poi dalla natura corporea, congiunta con fu incorporea, perfettissimo il moodo, doppio Insieme ed u n o , io cui sono cose e somme e ftiezzane ed infime Le prime egli chiama celesti e D e i; fu m ezzaoe, dotate di ragiooe, chiama aeree, demoni b u o n i, interpreti e nunzj delle cose utili agli uomini; le infime, io fine, terresti, e di ragione dotate, e sono le anime degli uomini, o sia gli uomio immor tali. Le cose superiori domina do sempre sulle in feriori , e sopra tutte quante domina Dio, furo architetto e padre ; e il paterno sue imperio la provvidenza, la quale ad ogni genere distribuisce quello che a ciascheduno conviene. Di ce poi fu giustizia , che vien dietro alla provvidenza, chia marsi fato; sotto il qual nome non intendersi fu temeraria necessit de* Genetliaci, u la violenza degli Stoici , n quella da Alessandro Afrodiseo , creduta condizione comune alla natura de* corpi, n astro, per incanti e sacrifci sulla nativit infiueute, come alcuni opinano; ma sivvero quefP antica legge di provvidenza / operazione altis sima de) giudizio divino , condotta con l ordine e serie di quaoto fu cagiooi libere si propen*

MEDICI a FILOSOFI. 3? ! g o n o , e direttiva delle ose nostre e de* nostri consigli. Cercando poi cbe sia proavidenta ed ordine d ic e : Comunemente la provvidenza e l ordine da D io creatore si esteode sopr a tutti i geoeri delle eose immortali, massimamente alle prime e somme, e di poi o quelfu cbe da lui baouo fu nascita , indi a quelle che da lui sodo state fatte , e che godono della partecipasiooe de* beni intelligibili. E come tre sono i generi oel mondo dotati di ragio ne , il sommo e p r im o , comunicante , senza alcun cambiamento, con l'immagine divioa, ba un ordine ed una composizione affatto d iv io a , quale dicemmo propria de* celesti. U secondo genere , ammet tendo consegue o temente 1*ordine d i v i n o , si fu partecipe delfu similitudine al C reatore non S5* incommutabilmente , n iodivisibilmeate , ma bens senza errore e vizio reggesi con le, leggi paterne, come dicemmo convenire alle cose aeree Il terzo g e n e r e , che 1 ultimo , noo solamente * dalla celeste dignit si d isco sta, ma viene anche di tratto in tratto viziato dagli aerei. C h tafu de* celesti la propriet di sempre intendere a Dio, ed approssimandosi a l u i , conoscerlo | degli aerei quella di sempre sottostare ai medesimi \ e le ani me degli uomini non sempre hanno quella in telligenza , ma io certo modo fu dimezzano , non possedendo per furo calura la intelligenze pi eois sima de* celesti , n per quello cbe P or dio furo ootnporta, tutta la cognizione degli a e r e i , gi acch fu anim e n prootamente , n perpetuamente c o noscono , ma quando toccano 1* eccellenza del c o noscere, i mitano l'ordine degli aerei $ e aedtodo

class*

quautA

dietro ai medesimo, fannosi partecipi della visioni delle co se intelligibili. Il terzo genere intellettuale poi* oro intelligente ed* ora no, mai noo sarebbe lotelligeote secondo la ragione della div i sione per# fella accnnata, perch ci che per uatura non intelligente, noo pu essere partecipe della veriti e della v irt; onde un tal gnere si rigetta. E eoioe di fa fio l'immagine di Dio intelligibile man citerebbe di ragione e d* intelletto ? Ogoi di lai immagine intelligente e razionale suole coooscere t medesima e il fattor suo. conveniente cosa, dice l'autore, che le nostre umane azioni sottostiano a chi ha per sua sorte fu regione di mezzo , come a oostri custodi ed ispettori. Ogni loro operazione sopra di noi chia masi fato, dirigente le cose nostre con le leggi della giustizia. E se , prosiegue egli, i custodi delfu vita sooo fssati in virt della loro condi zione , viene anche ad essere manifesto che ope reranno per tutto il tempo della vita a ciasche duno asSegnta, non potendo darsi die chi ha vita fu conservi per un tempo indefinito. Oode ne cessario che si defeisca il tempo , acci si cou* servi fu vita fatale , e che insiememente si deter mini cl tetano il modo della morte, come parte ultima delia vita, secondo il merito distrib uita * perciocch, defttila la nascita, necessit vuole c be are definito anche il fine. 11 principio delfu nascita definisce il della partenza dalla vita * il qual fato fu ditiftn volont e la legge della giustizia di'Dio. Oode il fato dei passaggio di qui altcovo porter anche le dfotzioue della morte, e dee darsi defluito o otoe e quali verremo atta vita M

Mitptc f a f i lo s ofi. 3y3 olla morte. Che se queste* cose nou fossero desti nale, ne verrebbe cbe ogni vita fosse senza fo e , n partecipe di sorto migliore. Ch dove fa chi abbia cura del giudizio divino e della distribu zione secondo i meriti, n inconsideratamente, n accidentalmente cosa alcuna accadr a ooi nel corpo e nelle cose esterne* e noo terremo queste per inordinate , e non diremo che i consigli e i giudlzj, e gl impeti deiranima sieno opere di mi gliore necessit; n quella accuseremo , e non noi medesimi della virt e della malizia, uon essendo g iusto attribuire alla necessit del fato quanto abl*anima , o al c o rp o , o alle esterne cose avviene Ala non va bene pensare che tutte le; cose reg? gansi per temerarj e fortuiti casi , . quando una mente tieoe il priocipato sopra tutto , e quando v ba un Dio cagione di tutto. Necessar iamente adunque lasciato in noi il libero arbitrio , e ponsi cbe le giuste retribuzioni alle azioni Jibei$ sieno nelle mani degli aerei , ordinati da Dio g iudici e a curatori nostri. E ponendo in noi tre oasi, cio che tutto facciasi per necessit, o nulla f acciasi , o si faccia e oon si faccia alternativamente^ o facciasi come conviene, iu tutte le supr posizioni y' assurdit, e in tutte togliesi la prov* videnza. Imperciocch i meliti preveduti portano seco di coosegueoza la provvidenza ; e perci il fato e il giudizio previdente ed ordinante, secondo fu giustizia e la legge umana , ha hisogno di utt principio libero e volontario. Onde dee dirsi ch di tutta fu provvidenza parte il fato, con giudi ziaria legge adattato -alle anime degli uomini. Dal canto suo 1* operazione delle anime degli uomini

3 7

CLssz Qirt n ,

azione libera, e quanto dicesi essere in podest nostra, esso divfune pei divini giudizi un soggelto alfu ragione consentaoeo di una distribuzione ine guale* Laddove ci die fortuito e com u ne alle generazioni de* mortali e de* broli, noo procedendo esso nelle singole cose ord Datamente e secondo i meriti preveduti, poich dal fuoco estinto si forma a ria , dall* aria condensata si fa 1* acqua n da questi c ibi si fu il corpo d* uo cavallo, o di uo caoe, e da altri aleuu*altra cosa. Ma tutto da tutto casualmente pu prodursi, attesa fu comune ma teria, atta a ricevere in s tutte le forme , parte cipando delPordine e della necessit divina, sicch le singole cose nel loro speziai genere si conservino, e eoo certa successione procedano alfu eter nit, sussistendone fu cagioui. Adunque ne* singoli animali e nelle pianto, e nelle altre cose uranimate niente v*ha di definito e di ordinato, come mercede de* meriti, poich ni una rimunerazione a tali cose dovuta per Taotecedeute vita, n haona ad aspettarsi pena per quello cbe ora fuono Ch in esse nulla si aggiunse dai luoghi aerei che co stit uisca un fundamento a dire cbe per giudizio divino sreno tratte a ritornare , come ne* siogoli uomini succede, che partecipi di ragion fu loro anime, e di l procedendo immortali, somma cura e sollecitudine, cosi essendo fatti, debbono avere, oode non darsi al male, a cui sono inclinati. Perci soffrono, vero, e soffrendo si rassegnano^ e di bel nuovo liberamente vogliono e soffrono per conseguire il merito del libero arbitrio. L aonde ai bruti conviene lo stato fortuito e privo del d i vino giudizio, ma nelle nostre azioni anche quello

M ta ic f

% filo so fi*

3j 5

cbe* sembra fortuito non tale , regolato esseodo dal fato preveduto. Di modo cbe pare io vero che in noi, come ne* bruti , la furlana domini ; ma il giudizio di uo preside defin quanto a noi accade ne* beni del corpo e negli esterni. Imperciocch col rimettersi, o rendersi , e eoo fu varie muta zioni delle cose che ci accadono, fu vofunt Ubera si conduce a moderato stalo , pi presto se con fermezza costante soffra fu avversit che per le medesime cose ci toccano, e per pi lungo te mpo, se fu tolleri sdegnosamente e pazzamente. Nel qual caso paga il fio della perfdia j e noa per tanto forza che sopporti quanto soffre. Viene quindi Jerocle a dimostrare cbe laoimn ha liberi i suoi movimenti, ed a parlare delfu p rovvidenza. Perci, dic*eg!i, che l*anima in qualunque delfu libere sue azioni noa va esente da peccato, ed degna di essere costantemente retta da pi alla podest, e a misura de* suoi meriti incontra pena, purgazione e suppluo. La libera elezione dipende da essa v e le cose che succedono iu virt di asioni libere, poich il giudizio della provvidenza com pensa gli affetti dell*auima secondo i mriti, sono defioile. Di questa inauiera si dice cbe noi sce gliamo, e che in conformit ci tocca fu condizione della vita. Ora il definito compenso secondo i no stri meriti dimostra la provvidenza divina. Ab biamo dunque dal principio sino al fine liberi i moti dell*auima, altri p i , altri meno; e noi non conserviamo sempre eairo noi stessi egualmente q uelfu libert ; n io conseguenza otteniamo poi tutti fu eg uale mercede* quello cbe ci conduce

576

classe q u a rti ,

quat e di nuovo ne ritrae che una sorta di nesso e il concorso della volont dell*uomo, e dei giu dizio divioo, quello il fato. D*onde avvfutie che operando in forza della libert del nostro arbitrio le cose che vogliamo, per un certo giudizio di Dio, f requentemente soffriamo ci che non vo gliamo. Perci contenendoti sotto un generale de creto le cose che fuDoo parte della vita umana* e tempo, e il modo de lla morte unitamente al de 1 creto del fato , rimangono ordinati. Ed a sa pere soggiunge Pautore, che Panima , nemmeno quando s'alza ad eminente pensiero si spoglia della debolezza delPintelltitto, n quando cade ia estrema malizia perde ancora la facolt di ben pensare, e pentirsi. Tale si la sua uatura che si acconcia io parte alla felicit divina , ed in parte ai casi umanr; ed alternativamente P una e l'altra facolt esercita y ad entrambe, giusta la provvidenza di Dio, essendo essa atta. Di tale maniera vien essa dalla propria uatura coadotta. Effetto poi delfu libert delParbitrio suo si che pi a lungo si'stia nelle cose somme che nelle infime. Ed per questo che dicesi altre terminare il foro corso nel periodo di dieci mila anni y ed altre in quello di tre mila, la virt cancellando l'errore, e il gagliardo amore del bene abbreviando la lunghezza deU Passedio terreno.

Dal libro II.


. z 5i Qui Jerocle cerca quali cose dicansi operare d* s medesime.
Dicoasi operare da s medesime fu c o s e ,
fu

MEDICI S YTtOSOF!.

quali rimangonsi senza mutazione alcuna nella furo essenza, ed operazione, e che senza mutazione di s muovonsi a sostenere ci che vien generato, per questo solo che sono queHo che sono, e pr* ducono cose da s diverse. Doftd che n aervonsi di materia, n incominciano da alcuo tempo, n in alcuu tempo finiscono, n poi ci che fuetto non sussiste fuori della operazione deH* agente. Perciocch tutte queste accompagnano , secondo lac cidente, chi opera, come succede in chi edifica, o fa altra cosa similePlatone nel Fedro dice che nessuuo de* poeti fo'ora n lod, n avrebbe lodato degnameate il luogo celeste. Egli non paria del vero luogo che capace decorpi ; ma per luogo vuole che s iotenda, lessenza o tale altra cosa, quale s la celeste, e quella che eoo intelletto ei percepisce, siccome noi siamo soliti dire parlando degli scritti di al cuni; nella maniera stessa in cui parliamo chia mando luogo il capo e la forma delfu cose. Lo slesso Platone nel Yxhvo delle Leggi mostrando fu differenza rispetto a noi della provvidenza divina, dice Dio governare tutte fu cose, e la for tuna, e loccasione governare tutte le cose umane. Donde apparisce eh* egli assego la provvidenza di Dio, pura, e a s stesso simile, alle cose prive -di affezione, e sempre perfette, e perci nou esposte mai ad errore; ed a quelle cbe alcuoa volta cadono io istoltezza, dotate di ragione, e soggette ad em piersi di malizia, assegn uoa provvidenza congiunta alla occasione ed alla fortona* Della provvideeza pura opera propria la precedente largizione dei beni, la cooservazione di quelli cbe per natura vi

3^8

CLASSE QTUUTi ,

si aggiongooo. Della provvidenza composta, c h e si giova della occasione e della fortuna, opera la corrosione delle cose che oltre fu natura sono com poste, non meno che il gastigo degli errori. Im perciocch* siccome dalle predette cose si racco glie, il giudizio divino non cosi io modo assoluto getta iu calamit certi uomini, ed altri rende fe lici, ma' ci fa secondo l'antecedente merito di ciascheduno. Ed avvieoe oel proposito nostro ci che veggiamo succedere io medicina, che Parte che cura gl'infermi. Imperciocch siccome nel gi* disio cbe delPammalato, e della malattia si fu da chi vi p resiede, tutti i convenienti rimedj si pre scrivono; oos essendo il merito di quelli che sono giudicati, diverso n diversi, e per la libert del l'arbtrio mutandosi, vieae a comporre fu fortuna alla provvidenza divina. L'ordine conveniente ai sngoli, e quello della espiazione reca seco l'occa sione; e la fortuna e l'occasione alla divina prov videnza congiunte, costituiscono il fato generale, tfaendo la fortuna dalla volont umaoa, e dal giu dizio divino l'occasione. Siccome appunto del l'arte il defioire come la cura debba farsi; ma dell' uomo proprio l'essere cos disposto da avere bisogno o del taglio, o della ustione, o d'altro tor mentoso geuere di cura. Di questo modo su e gi Platone va filosofando intorno alla natura umana, e intorno al fato, sotto uoa certa provvidensa che regge fu cose nostro. Discende quindi Jerocle ad accennare fu differ e s s a ira il filosofo e amatore della f i le sofia ; e dire * Platone ponendo differeosa tra il filosofo e l*a-

ms atei E FffcOSOfI*

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malore delfu filosofa, e spiegando come entrambi si dicano tra essi pari eelloaore, dichiara quegli essere filosofo che, consecrato alla sola coatempfu zione, df tutte le altre cose si astiene, o alle pure virt si dedica , onde divenire perfet to, siccome espone nel Teeteto. Questo , secondo Platone, il filosofo io senso assoluto. Amatore poi della flsofa, die* egli, colui, il quale amando con fu filo sofa i suoi figliuoli , nella considerazione della onesta, e della divinit esercitato, e fattosi abito de'beni spirituali, gli officj della sita civile adempie, e si applica alla educazioue defigliuoli 1 cose chegli insegna ne' libri della Repubblica. Ove dice i filosofi essere 1 principali delle citt, onde in fine liberarle dai mali, o le repubbliche potere essere floride, a meno che neo sieoo costituite da quelli che fac ciano uso dell*esemplare divino; ed ivi espooe qual sia 1* importare di tale costituzione, o descri zione v cio chessi la citt presa ad oggetto dei loro peosieri, e i costumi degli uomioi primierameato riferiscano come in chiarissime pitture } iodi presentino la forma delfu repubblica. Il che fattoi spesso e per ogni rispetto riguardino a ci che per natura giu sto ed onesto, e cose simili. Di pi che a quella badino, insita, come dice O/nero, negli uomini, similitudine e forma di D io; et cbe certe cose rigettino , e certe altre afferrioo fu quali a cagione de* costumi rendano sommamente cari a Dio i mortali. Tale adunque il pittore delle repubbliche, amatore con filosofia f cio que* gli che nella repubblica vive insieme con fu ape* dilazione che ba per figliuoli i sensi, e 10 cui ci cbe dooesto ne* medesimi splende, e dessi pi

3& o

a t i s m .o s A m

antica e maggiore, coae pedagogo de* sensi, fu meato. Perci egli afferma colui perfettamente fIosofure,'Vale a dire senta fatica, e senza presiigj superato dalla meteria, essere colui che con la sola mente vivendo moderatamente coruiensi nella tra scuratila dette cose umane. Perch il senso con giunto alla mente affascina la ragione, e cerca pie garla a modo da potere stimar bene suo proprio ci che alla' materia congiunto. Quegli poi cbe i sensi governa con la mente, Platone chiama amante de* figlinoli con la filosofa, al quale la mente, dedita alla contemplazione, serve di custo dia e di salda difesa , oode nelHoperare uon ri manga deviato dai senti: dalla qual mente le im* magioi ama ritrarre e io pubblico e in privato, dirigendo i costumi degli uomoi onde, per qoanto egli pu renderli amanti di Dio che quanto dire pii. cos ci che come pittore vide nella immagine attenendosi alP esemplare divino, cerc Scolpire anche negli altri, per nulla, in quanto alla yneote, inferiore questi atPahro filosofo, mentre nel rispetto della umanit appare superiore; come al tronde quegli a questo ne* comodi privali va in nanzi. tale la differenza che passa tra furo. I l filosofo nel suo perfetto, poco meno cura fu cose umaae. L amatore operando a pr de* cognati ed affini, rendeti a*medesimi benefico* Nou di meno, poich entrambi hanno egualmente acqui stata la filosofa, reputanti nello stesso egual gradodi perfusione, nello stesso teiOpo salvati come con fu ali, e fatti degni dello stesso vofu*

MEDICI

Z FILOSOFI,

38*

Dal libro, IH cafp. X.


Qbi Jerocle dimoer come le leggi* le ragioni^ le virt, e cose simili inducano la provvidenza* Non sono vane, dicegli * le lggi che daooosi agli uomiui^ n'senza pr loro conceduta la vo* Ionia; n riesce supeifloo il far voti, se le umane cose reggo*nsi dalla provvidenza, poich atte lbere azioni degli uomini fa giustizia e la legge attribui s c od o mercede. Nemmeno, se queste cose sono necessarie, oneste ed ut Hi, perci togtiesi la frza del fato provvidente1 perciocch il fato cou. gli , esterni mali corregge quanto fu podest nostra. Cotoste cose per s s lesse vicendevotmen'.e ti* raffer mano, anzich scambievolmente distruggersi. Sussi stendo la provvidenza, si rende necessario che assai ci giovino e te leggile le ragioni, e i Voti; ed al contrario tolta di mezzo non solamente non giovetebbercij'tna non potrebbero salvare.la repubblica e rim a rio Lesseie in podest nostra coliate cose,' ci fa che vi sa provvideoza, e vicende voi Mente fu provvideuza fa che le dette cose sieno in nostra podest. Perciocch la volont nostra corrobora il fato, e il fato conferma il nostro libero arbitrio. Che se noi aggiungeremo a Dio quanto v* ha di poro e di mediato, si aodo alle leggi, praticando voti e eseguendo la prudenza, e tenendo iu tutto buona t oura-delle cose, godremo di inastimi vaa* toggitt Airoppeste soffriremo dolo#i a , tali cose pteiisi, l quali- per ci secheranno medicina, con. U* esperienza . istruiti del nostro^, dover* A f f ^ h i ptH^ fceoe niale, eoe fu purgazione yeuisuto a

38a

classe quarti ,

liberarci della cattiva volont, assaissimo conferi scono la legge, il voto, il consiglio, e tali altre cose, le quali ci rendono pii, e consenzienti a Dio. Ricerca poi Jerocle quale sia Iu libert del no stro arbitrio. Il libero uostro arbitrio, dic e g li, non tale che possa trasferire con le sue libere azioni tutte le cose che sooo t e che faonosi. In questa maniera fabhricherebbesi ad ogni uomo particolare un nuovo mondo, e farebbe si altro ap parato di vita, dappoich non tutti desiderano fu stesse cose, avvenendo in tale supposto che a te nore de* singoli affetti di ciascheduno (poich p o trebbero cojtitaire ci che essenza) tutte fu cose sarebbero* per le subitanee rivoluzioni delle umaue volont, cambiate. Laonde cou ragione la libera podest dell*uomo* facilmente mobile tutto giorno, impotente affatto a fare o a trasferire qualunque cosa, ove da altra parte non sia ajutata L umana volont adunque, dice lautore, non trasferir le cose create, poich fu legge divia a fu conserva n del le cose ohe fauuosi alcuna essa conferir per fabbricare il mondo,

Perch le cose umane non derivino dal voto , o desiderio.


La libera volont oon ha imperio se non sopra s stessa, e per rendere con fu affezini a stessa migliore o peggiore, giudicando soltanto fu cose esterne, e tenendo conto de* fatti. Onde viene che a tenore delle virt, o de*vizj acquistati nelle soe azioni si dirig a bene o maU?, e questo soltanto la libert dimostra essere in facolt nostra, cio di applicarci, come ei parr, ad n u corpo vicinai e allo

m e d ic i

r iL O S O n .

3 $5

cose esterne, fu quali noo souo punto libere. Im* perciocch,se l'arbitrio, di cui parliamo, trascendesse l'essenza iu cui posto,e volesse trovarsi* diremo cos, lo regione aliena, diversa dalla sua, come , per esempio, sarebbe un corpo, o uo possedimento, seicento cose avrebbe in opposto, noa ottenendo quauto desiderasse, ed avrebbe bisogno d iofaiti ajuti per readere il suo voto-compiuto. Ma eoa dipeade da noi che uon ci ccadano cose avverse, o cbe troviaaao cose cbe ci ajutinos ma ci di* pende da alcun altro, e dipende da un ordine luogo tempo prima stabilito, e che dee avere il suo an damento* compiere il quale dicesi opera del fato poi il fato un certo divino giudizio intorno alle cose cbe oon sooo in podest nostra a giusta mer cede delle cose che sono ia nostra podest. N si toglie fu liberta dellv arbitrio, se dipende da Dio il distribuire le cose esterne come egli vuole, il dare a d ognuno i premj a misura de meriti Sommamente poi della nostra libert, io ordine alla virt od al vuio, il fato provvidente ha bisogoo; altrimente oon sarebbe giusta quella ineguale di stribuzione delle cose, se noo fu desse occasfune il nostro arbitrio. Piatome in ultimo del Timeo ragionando delle affliz ioni cful corpo, e del modo di curar le, proi bisce di usare inconsideratamente di quelle pur gazioni che Parte medica adopera * -perch con viene aspettare che i morbi maturino naturalmente, onde oon violnti tagli piuttosto noo saccrescano. E cosi procedendo con uoa certa serie^ ai singoli morbi .dimostra essere dalla natara prescritto tur .qualche tempo, argomentando dalla sfuaifu OOMspO-

584 c la sse q u jit , sitiooe degli animali i cui congiungimenti , e il corso del vivere, ordinatamente succedono, in ogni specie siagolare. Per esempfu il cavallo avr lunghissimamente vissuto,giu ngeudo a trentanni, il bue tanti, e cosi parlaodo degli altri aoi mali ; cosicch il bue oe avr vissuti dieci, se fera , o qualche altra esterna calamit sopraggiunta noo fu avr fatto morire prima. La natura ha prefnito il tempo a tutti, n pu quello oltrepassarsi. Per tutti noo possono arrivare a quel termioe impediti al di fuori da qualche caso violento il quale caso dU ceramo, rispetto a noi ordinare fu provvidenza di D io, ne* bruti avvenire fortuitamente. Impercio c ch la ragione della morte attribuita secondo i meriti di ciascheduno non da misurarsi nel modo di quella de* bruti e delfu piante, poich n fu piante n i bruti nascono come nascono gli uo mini. Gli uomini vengono g e nerati pei meriti dei furo autori sotto il giudizio di Dio, e ricevono fu vita, nel complesso della qoale conteogonsi nazione, d u i , genitori, d natalizio, il corpo, Teducaziooe, i beni di fortuua per jnautenere fu vita, il geoere di morte, il tempo alfu medesima destinato , e il custode e ministro di tutte queste cose , che il genio. Nulla di tutto questo appartiene ai brutis perciocch le cose cbe accadono a chi dotato di ragfune (io quaoto appuuto dotato di questa) sooo aliene aCfaito dai bruti. Non giusto adunqoe cbe s'abbia la stessa considerazfune degli auimali psivi di ragione, e di 'quelli che ne sono dotati. Quelli tanto han no d^lla provvidenza , quaoto oc corre a ,c onservarne fu specie, la quale eterna ad fusamfufu K so noi non . isperimeatasti mo fu

V & tP lC !

S F IL O S O F I.

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provvidenza ciascheduno io particolare, a seguo c he nulla siavi che da essa non si regga, eoa ap parirebbe verso di noi aversi la debita sollecitu dine. Dobbiamo aduuque noi, che siamo stati fatti da Dio in certo e definito numero, secondo che siamo nati avere ciascheduno in particolare la no* s tra provvidenza. Ch non form Dio uu* anima sola da cui le singole traessero una porzione, o in eui vicendevolmente si risolvessero, ma circo scrisse ne* suoi termini ciascheduna. perci ogni si ogola anima ha la sua provvidenza , e il giudi zio, e la peua, e lespiazioue, e la gita all'Orco* e fu vita conveniente ai termini stabiliti, e la morte non fortuita , e dopo morte la discesa ai luoghi inferi insieme col genio che la tocc Ma ne'brtiti, e nelle piaute. tanto perch dipeudono dalla vo lont umana, quanto perch a vicenda s divorano spinti da necessit, ed in fne pe* varj e fortuiti casi, succede, che senzordiue e termine, prima del tempo prescritto dalla natura, si estinguano a modo che niuna pena sia per essi stabilita, n ab biano a reuder ragione delle cose che in vita fu* cero, o soffrirono. Negli uomini fu fuggi delia provvidenza, i giudizj degli Dei, le condizioni della vita, e le pene della mata vita antecedente, olite tutte le altre cose, d*fuiscono il tempo, e il ge nere detta mortej onde quanto fu liberamente ope rato , o paja fortuitamente accaduto, cougiungasi col fato di ciascheduno, ed abbiasi luogo alla pena de* meriti, attesoch ailantecedeute vita corrispon dono le seguenti t e le cose che sono io podest nostra, da quelle che io nostra podest noo souo, traggono la necessit Coo cbe avviene ebe fu Fozio, FoL IL a5

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CLSS* Q U A B T A ,

umane volont siano rette dalle leggi del futo che Dio creatore prescrisse (i).

(i) Chi nen ha molta pratica della filosofa epica* lati va de* G reci giustamente si dorr di non trovare fu Jerocle, che pur fu acutissimo ingegno , la preci sione che sola rende comunicabili facilmente i concetti delli mente pi astratti e sottili. Dir taluno che preci* ptia causa di questo fu il tuono, con cui incominci Platone ad annunciare i riboboli de1 mal connessi suoi delirj, primieraraeute non avendo bene penetrato nei sistemi della flnsofii orientale , da cut trasse le idee generali del sao, seppure n'ebbe uno, e io ardirei ad* durre un'altra causa , specialmente considerando che non Jerocle solo che manca della precisione, di cui si parla , ma cbe lo stesso difetto pur si vede mfle opere di Jamblico , di Am m onio , di Proclo > d Por firio e di cento altri che in qualunque maniera filo sofarono > o teologizzarono dietro a Platone . Questo causa sta nella lingua greca medesima, la quale, eccel lentissima per ogni genere di eloquenza, poco fu sem pre atta ad annunziare i dettati di una severa analisi. Forse Aristotile, cento volte pi filosofo di P ia to n e Pavea tratta a questo metodo, poich tanto ne sentiva egli il bisogno. Ma Aristotile fu presto abbandonato, non essendo stato compreso dagl immaginosi Greci il sublime principio di verit, che niente n e l f intel letto che prima non sia stato n e1sensi. L ignoranza, o ^abbandono di questa verit, produsse i delirj plato nici ; e chi parla in delino n manca di verbosit, n pu cercare sceltezza nelle parole, non avendone nella idee. Si rendettero adunque i Platonici poco, o nulla intelligibili; e qusto fu il maggior capitale che li atzb a gran nome presso la moltitudine ignorante. Essa dal principio del mondo fn qui ha sempre fatto eco, ha

MtDtc i

r i Lo s o r i .

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S. MET0D10
DEL LlBfcBO ABB1TRIO.

Lessi alcun tratto del libro di questo scrittore C. sul libero arbitrio* ove cerca d onde provenga uo i mali, e chi ne fa l'autore. Non n autor Dio ^ n egli si diletta de mali; che anz i egli abbomina chi fa il male. Se nou che dice alcuno ; Per que* sto io pensai che insieme con Dio qualche cosa esi sta che chia masi la materia, da cui egli fece tutte fu cose, e dalla quale panni che i inali procediino. Ed essendo 1a materia informe , e seuza figura veruna, ed inoltre andando essa errando senza al cuna direzione, nou permise che essa fosse a caso portata intorno, ina iucorniuci a darle ordiue, e volle dalle pessime cose segregare le ottime. Con ci mise Dio insieme quanto era atto ad essere creato; e tutto quello che, dir cosi, era feccioso, come non acconcio alla creazione, lasci uel primo suo stato. Da questo parmi che sieuo provenuti i mali. Cos autore disputa contro chi era di diversa opiuione. applaudito, ed ha giurato di comprendere ci che era meno comprensbile. Dall altra parte & maraviglia che Fozio, il dotto Fozio^ che non poteva certamente approvare i ragiona menti di JerocU, riferendoli non abbia fatto sui me desimi nessuna osservazione. Forse egli hft creduto che nel tempo suo la dialettica di quel filosofo, e i vaneg giamenti de1 Platonici fossero luori di modo. Tra noi probabilmente oon potrebbero trovare ammiratori che presso i Kantiiti.

CLASSE Q?AtTi , Che se noo possbile che sussstano insieme due cose increato, credo che tu pure ci non ignori; imperciocch coleste due cose od erano tra s unito od erauo separate. Se si dice che eraoo unite, duoque una sola sar fu increata, poich <iascuna parte di tse sar simile all'altra; e le parti tra s eguali sono uua sola cosa increata, e non gi pi cose increate, non dividendo ooi in molte cose create Puomo composto di molte parti. Se poi si dice cbe quelle due cose increate sono divise e separate, necessario che fra eotrambe sia alcuna cosa di mezzo cbe dimostri la loro separazione. Ma se questa sia identica eoo uoa delle duey sar unita a quella una ; e di ouovo sar necessario cercare o la coogiunzioae, o la separazione di quelPuna dallaltra, o dell* uba con Paltra poi im possibile vedere uttiooe se una cosa sia ideotica con Paltray e nellaltra confusa ; altrimenti si uni rebbe aoche ci che da principio si coovenne es sere rispetto ad altro identico. Se poi la ragione addita cbe Puua cosa dall'altra fu separata, si cer cher ancora per mezzo di cbe cosa fu sepa rata; e si far cos iofao a tanto cbe ci si pre senta una seria d* ifnite cose increate. Che se alcuno verr con uua tersa opinione, dicendo cbe o Dio fu separato dalla materia, u come in par te , o sia cou Palira delle parti unito; ma Dio essere nella materia come io luogo , e la materia cos pure iu Dio, deve osservare che se diremo fu ma teria essere il luogo di D o, necessariamente sar dalla materia circoscritto, perch incluso io luogo* ed insieme con la materia sar portato sotorno senza direzione; poich mosso senza direzione ci,
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MEDICI t FILOSOFI.

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in che si trova necessariamente si muove iosieme quello cbe in esso sta. Poi,: Dio occupava tutta la materia, o oe occupava solamente una parte ? Se una parte solamente, dunque egli era minore di essa, poich da una parte sola di essa egli era circoscritto. Se la occupava tutta quanta, come fu c re egli ? Imperciocch necessario che diciamo che Dio in certa maniera fu ristretto in s stesso, onde con tale ristringimento creare quelfu parte dalla quale si ritrasse, oppure che insieme con la materia cre il luogo in cui raccogliersi, non aven done prima. Se poi alcuno asserisce che la ma teria fu in D io , si dovr cercare se Dio da s stesso fu diviso dal luogo; e come succede degli animali cbe sono nellaria , essendosi cosi diviso , si facesse luogo a quelle cose cbe in esso fannosi, o come avviene in terra allacqua. Se come uellaria , allora dovremmo dire Dio diviso. Se come l'acqua iu terra, essendo la materia informe e in digesta, e contenendo in s i mali, sarebbe neces sario dire che Dio fosse lautore delle cose in formi e cattive. bada bene che per non essere obbligato, supponendo la materia, a non affe rmare Dio artefice de* mali, verresti a farlo de* mali ri cettacolo. Auzi argomenteresti appunto cos. Tu dici adunque che insieme con Dio fu la materia i nforme, con la quale egli c re il mondo. Cos iofatti a me pare. Ora, se fu materia era informe, cio senza qualit , il mondo noo fu da Dio for mato. Ma uel mondo sono qualit : Dio fu dunque il fabbricatore del mondo. Cos . Come poi a te sembra impossibile che dal niente facciasi cosa, rispoodi alla domanda : Pare a te cbe le qualit

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classe

quarta

del mondo sieoo fatte da qualit non soggette a chi le ha fatte? Pare. credi che esse sieno qualche cosa diversa dalla sostanza? Si, diversa. Adunque se Dio fabbric le qualit da qualit non soggette , e che non sono fatte dalle so stanze, non essendo le sostanze qualit, sar ne cessario dire, quelle essere state da Dio c reate dai ' niente. Inutile poi Sarebbe 1 insegnare che niente stato da Dio fatto dal niente. ci si dimostra cosi. A och^ presso di noi veggiatno alcune cose dagli uomini farsi dal niente, come possiamo pren dere l esempio dagli archilei ti, giacch questi non fabbri cano le citt dalle citt, n dai templi i tem pli. Che se per essere a q uesti soggette le sostanze, iu pensi che da loro fannosi coleste citt e cote sti templi da cose esistenti, t inganni nel Ino ra gionamento. Ch non la sostanza che fabbrica la citt, o i templi; bens l arte che versa in torno alla sostanza, o malerfa che vogliam dirla, la quale uon da alcuna soggetta arte che sia nella sostanza, viene prodotta * ma procede da quelfu c be in quelle cose nou . Ma parmi che tu venga contro alle cose dette cou questa considerazione che dall artefice^ si fa nella sostanza per mezzo dell*arte una qualche cosa. A ci rispondo. Nem meno nell uomo da alcuna soggetta arte si fu l'arte, perciocch uon pu la sostanza da s crear Parte; consistendo Parte in quegli accidenti, i quali hanno lessere loro quando alcuna cosa si fa nella so stanza. la ragione si che l'uomo sar uomo anche senza larchitettura; e non sar mai archi tetto, se prima non sar luomo Onde per neces sit convien dire che negli uomini le arti si creano da cosa non esistente

M E D IC I

Z F IL O S O F I.

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E se poi dimostriamo cosi succedere negli uo m in i, come non sar giusto dire che noo sola mente si fanno da Dio le qualit da cose non esi stenti, ma pur anche le sostanze? Perciocch men tre si conosce possibile che qualche cosa si face ia dal niente, si dimostra che anche le sostanze pos sono 'farsi dal niente. poi anche druopo discorrere de* mali. Credi tu che i mali sieno sostaoze, oppure qualit di so stanze? Qualit. La materia era essa senza qualit ed informe? Era tale, perch tutte queste cose sono composte con la sostanza di quelle cose che alla sostanza accadono; ch n l'omicidio sostanza 9 n sostanza alcuno degli altri mali ; ma preudon nome dalla operazione. Ed in fatti la morto chc ad altri si d luomo, bens dando la morte si nomina omicida l uomo che noo quella morto data; n, per dir tutto io breve, sostauza degli altri mali; ma pu dirsi male faceudo alcuna male. Fa un ragionamento simile , se concepisci nell*atiimo alcunaltra cosa che sia all uomo cagione di mali, com quel male che consiste in sommini strare, o iu suggerire agli uomiui che facciano il male; cb cotesto somministratore, o suggeritore cattivo egli medesimo per ci che fa il male ; e dicesi cattivo perch autore di cose: cattive. Vedi poi che ci che uno fa, nou la persona che lo fa, ma la operazione di lei; e da questa ope ratione essa si guadagna il nome di mala, o cat tiva. Imperciocch se dicessimo che la persoOa fu stessa cosa da lei fatta , poich fa omicidio , adulterio, e cose sim ili, quella persona sarebbe adulterio, omicidio, e tale altra cosa* Se poi k

Zg*

c la sse

q u au ta,

persona queste c ose medesime, essa avr Tessere soo quando tali cose fsnnosi, e quando non fati nosi aoch'essa cesser d'essere. Ma queste cose fanoosi dagli uomioi ; gli uomini adunqne ne sa ranno gli autori, e saranno fu cause per cui sieno, non sieno. Intantov se per quelle cose che ognnno fa, callivor e fu cose che fa hanno un princi pio, anchegli adunque incominci ad esser cattivo, ed incominciarono ad essere anche gli stessi mali* Il che se vero, dunque niuno fu cattivo sino abeterno; n i mali sono eterni od ingeniti. Oode, a mico mio, parmi che pi opportunamente contro altra persona tu abbi intrapresa la presente di sputa, poich di lei, d'onde quella persona sembra avere tratti i fondamenti del discorso, tu mi sem bri trarre assai bene le tue conclusioni. Giusto fa il tuo ragionamento. Se la materia fu informe, o sia senza qualit, e delfu qualit Dio lau tore, essendo le qualit mali, Do sar facitore de* mali. Ma pare a me falso che fu materia sia informe, o vogliam dire senza qualit , poich di nessuna sostanza puoi dire cb'essa in questo senso sia informe: anzi da che si chiama informe, se ne dichiara la qualit; e si descrive quale fu ma* leria sia; il che uua specie di qualit, oude, se ti aggrada , prendi la disputa da pi alto punto. A me pare che materia abbia qualit fno abetemo. Cos , o amico; ed asserisco che i mali provengono dsl medesimo fonie. Ma se la ma* tori a fno abetowo fu ornata dalle sue qualit, di .che sar stato creatore Dio? giacch se diremo c reate fu sostanze , affermiamo cbe queste esiste vano gi prima. Se diremo creato fu qualit af-

Mixnci 1 F 'L O t O t t . 393 fermiamo pure che esistevano ancbVsse. Dunque parmi inutile dire Dio artefice della sostanza e delle qualit. Ma rispondi: In che senso d*ci tu Dio crea tore! perch egli annient le sostanze , che una volta esistettero? o perch conserv bens le so stanze, ma ne cangi le qualit? A me uon pare che siasi fatto alcun cangiamento delle sostanze , ma soltanto delle qualit, rispetto alle quali dU ciamo appuuto Dio essere creatore E siccome* se alcuo dice che uoa casa fatta di pietre, delfu quali non suole dirsi cbe le pietre rimangano in sostanza, ma le pietre dicottsi casa, perciocch dalla composizione delle qualit dico essere fatta fu casa; nella stessa maniera dico che Dio, ri manendo la sostauza , fece certo cangiamoto di qualit \ io coosiderazione di che affermo questo mondo essere stato fatto da Dio. Ora pare a te anche i mali sieno qualit delle sostanze? Parmi. Ora queste qualit furono esse nella materia abeterno, oppure ebbero un principio desistere? Credo cbe queste qualit furono abeterno con fu materia Noa pensi adunque che Dio abbia can giato in alcun modo queste qualit? Penso che fu abbia cangiate. In meglio? Cosi parmi. Dunque se le qualit della materia si mettooo nel numero de*mal i , e Dio fu qualit della materia cangi in qualche cosa di meglio, necessariameute dovremo cercare donde i mali provengano. Imperciocch a tolte quelle qualit, esseodo cattive, sono state cangiate Sn meglio; od alcune eraoo cattive, ed altre no. E le cattive uon furono caogiate in me glio, e fu altre, comerano comode, a cagione d i

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CL A S S * QUARTA ,

ornato furono cangiate da Dio. Cos, per quelfu che o giudico , fu qualit furono abeterno costi tuite. Ma come dunque dici tu che le cattive qua lit furono da princ'ipio Usciate tali ? Poterono esse venir tolte da Dio? Volle Dio toglierle, e uon pot? Se dici che poit e non volle, tu io fai autore di questi mali, perch potendo fare che nou vi fos sero mali, permise intanto che rimanessero quali erano. E poich perfezionato avendo uoa parie della materia , un'altra parte trascur * potendola cangiare iu meglio, a me ci pare cagioue di mali, aveodo lasciato sussistere uua parte cattiva della materia. Duuque Dio oper in esizio di uua parte, sopra l'altra opetaudo. E panni anzi che questa parte sia stata iogiustameme trattata, a riguardo di quella che segrego dai malli imperciocch prima che veoisse segregata, non era io essa alcun seuso di mah; ed ora fu singole sue patti ue hanno il seuso. Prendine esempio dall* uomo. Prima d'es sere ani male, egli etioo seute i mali. Ma quando Stato da Dio fatto uomo, immantinente ha ricevuto il senso dei male sovrastante. Cos questo che dici come benefcio dato da Dio alla materia , vedesi piuttosto fatto a suo dauno. Se poi diciche i mali non si poteroQ togliere da Dio, questa impossibilit conduce ad argomentale o ch'egli di natura de* bole, o che per timore da pi forte di lui fu vinto. Or vedi quale di queste due cose vagli tu attri buire a Dio onnipotente e buono. Ma intorno alla materia rispondi ancora. La materia essa cosa semplice, o composta ? Se semplice ed uniforme , come il mondo utia cosa composta , ed fatto di sostanze diverse? N pu dirs i questo com-

MZDlCl

% F I L OSOFI.

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plesso di cose essere fatto di materia, poich cose C o m p o s t e non possooo uscire, n sussistere da cosa Univoca ed dforme * ogni coinposiziooe compren . dendo la mistura di cost* semplici. Se poi dici che la materia . uo composto, certo d i e dovette fu marsi di cose semplici, e queste cose semplici erano prima separate , e per la mescolanza delle medesime ebbe a nascere il composto cbe fu fa materia. Ed erano q u e l l e cose semplici , e sussi stevano prima che s ussistesse la materia ; cio prima che le semplici si combinassero* e si compooessero iosieme. Se poi fuvvi un tempo, io cui fu materia non era ; e oon vi fu mai tempo, in cui noo fosse coita ingenita, non diresti aduuque ingenita la materia abeterno. E da ci verr che molte cose saranoo ingeoite; perch se Dio iogenito , se ingeoite erano le cose semplici, delle quali la materia composta, non sarauno pi due e sole le cose iugeoite. Lascio qui di domaodare c >sa fossero quelle cose semplici , se materia, o forma. Dal che verranno molto ed assurde cose. Pare a te che delle cose che etistooo oon v'abbia alcun che di cootra rio a s medesimo. Pare. Ma a l fuoco contraria l'acqua; alla luce s o d o c on trarie le tenebre; il freddo coutrario al calilo; larido contrario all" umido? Cosi pure a m e Dunque se oiuua delle cose che esistono, con traria a s stessa; e queste si ripugoano a vicenda; non sarauno duoque uoa materia sola composta. Altra domanda. Pare a te che le parti di queste materie nuocansi reciprocamente? Parmi. parte della materia il fuoco; un'altra parte n* l'acqua, e cos del resto? L*accordo. Ebbeue ! noo ti
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cl a s s e

q u z ta *

che l*acqua nuoca al fuoco e che fu luce sia l oti* Irsria alle tenebre, e cose simili ? Pare. dunque se fu parti della materia oon s nuocono recipro camente , e queste intanto scambievolmente distrnggoosi* non saranno tra esse veramente parti di una medesima cosa. se non saranno tali, noa saranno nemmeno parti di un* unica materia ; anzi non saraono nemmeno materia , perch nessuna cosa contraria e nociva a s medesima. Ma sus sistendo queste opposte cose, si fa chiaro che non sono materia- E intorno alla materia basti fin qui. Ora deesi venire alla ricerca de* mali , e ad esaminare i inali degli uomini. I mali degli uomini sooo essi specie di mali, o parti? Se specie, fuori di queste specie, non saravvi altro male, conside rato in s stesso, poich i generi delle cose si cer cano , e sussistono nelle specie. Se poi susssto questo genere* esso sar un male generato, poich geoerate souo le specie, come Poraicidio, l adulte rio, e simili. Se poi vuoi che queste specie sieoo parti di alcun male, e queste sono generate, sar d uopo che anche tutto il genere sia generato, perciocch quando le parti di una cosa sono g e nerate , necessariamente generata anche tutta quella cosa* il tutto essendo composto delle parti. Ma non sar il tutto, se non vi sono parti; e vi saranno alcune parti ancorch non vi sia il tutto* non v* ha poi di cosa esistente una parte che sia generata, ed uua parte che sia ingenita. Se questo discorro giusto, una volta vi fu il male, qu&ndo il tutto nou era intero , cio prima che Dio creasse la materia; e il tutto intero fu, quando * da Dio fu creato 1 uomo, perch l*uomo Fautore

MEDICI B FILOSOFI

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delle parti del male. Quindi perch il t utto intero del male si desse, ne sar autore chi cre ruonto, cio Dios questa una empiet. Se poi noo dirsi essere male n l uno, n l'altro, ma affermerai essere il male opera di alcuno, al lora verrai a porre che il male generato, perch l'opera d alcuno ha un principio dall'esistere. Fuori di questi termini, tu oon puoi assegnare alcun altro male. d in fatti quale altr'opera cat tiva poi tu iodicare oltre quella degli uomini ? Imperciocch cbe quegli che opera nou sia secondo fu ragione della sostanza, vale a dite cou malizia, ma secondo fu stessa operazione del male, questa .fetodio dice niente cosa gi dimostrata. E qui per natura essere male, ma per uso essere, e p rocedere il male. Ed aggiuoge: Dico l'uomo es sere stato fatto col libero arbitrio, e non eoo al cun male gi preesistente, pel qual libero arbitrio avesse il potere di scegltere se volesse ; e la sola cagione era di ubbidire e non ubbidire a Dio. E questo era allora in arbitrio suo ; e creato ebbe precetto da Dio t e da ci prende principio il male, perch non ubbidisce al divino precetto; e questo era il solo male, cio fu disubbidienza cbe ivi incominci ad esistere.

NICOMCO GERASENO
usai I I . DZOLI ASITMZTICI TaOLOOICl.

Lessi due lib ri di Ricomaco Geraseno deir A rii- C. mitica applicata alte cose divine; tito lo ohe pu ia ?ero eccitare g rande amm irazione, ed amor

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CLASSE QUARTA,

veementei intanto che Popera assai da quel titolo lontaua , per non dire eh* essa non presenta se non se vani ragionamenti, e fu prova di tempo peiduto. E non parla gi egli qui de* nu meri discorrendo dulia unit sino alla decina, cosa che fece uella sua Aritmetica, a cui premise una Isagoge delle cose che contengonsi di loro natura nei numeri, e lo studio delle quali riesce utile; ma viene mettendo inori i vaneggiamenti di un tristo ingegno, e di tale ingegno che tenta di acconciare conteoziosameute le cose ai proprj pe nsamenti, anzi ch dirigerli alla uatura delle medesime. E mentre delle cose che sussistono, preode egli a riferire fu oatura alla essenza de* numeri, e ad includerla in essa, or detraendo, aggiungendo, mutando, e divi* deodo le deite cose, ora quelle medesime, e i pre diletti numeri, fatti suoi Dei, aggirando, sia in una sola parte, sia per tuiti i versi; dovendo natur^U meute rendere pi ragioui di tale proposto , noa fa nulla di tutto ci. Parlo soltanto di questo, che volendo riguardare i numeri come tnti Dei, e Dee , e ad essi attribuendo tal carattere, se ondo la propria natura, e la positiva quantit de* mede simi, questa poi non lascia intera metiendo i numeri nella serie degli Dei, ma, come si accenn di sopra, dividendoli, accrescendoli, od anche dissipandoli affatto, pure per lo pi li adora come Dei, di struggendo iutauto quella quantit che da prima sussisteva , onde cou essa sorga alcua Dio, e di quella nuovamente spogliandolo. N poi questa sua. uoa teologia ineffabile e coperta^ ma pare es sere una pi sapiente parte, e pi degua dessere seguita ed avuta io pregio, perciocch d uopo

t F IL O S O F I* 3gg che chi vuol entrare in ti mirabile scienza , e profoodameute penetrarne gli arcani, sia prima di tutto beoe inizialo netta geometria e sapere eccelleolemeote l'arte del calcolo, e non avere uua semplice tintura solamente dell* astronomia, ed inoltre conoscere egregiamente la musica, ed es sere ne' muticeli strumenti peritissimo. Impercioc ch per formare da' numeri gli D ei, e porli per autori e cagioni di ogoi essenza delle cose sus sistenti, da tutte le singole facolt nominate trae alquanti teoremi pei* tale fattura di Dei. L'igno rare i quali teoremi tanto ap porrebbe! a siffatta mistagogia, che invano mostreiebbe sommo desi derio d'apprendere chiunque antecedentemente non possedesse le sopraddette discipline. Onde appari sce la necessit di consumare intorno alle mede sime tutta la vita prima di poter venire a questi teologici e prodigiosi trovati riguardanti i numeri: con che io fne ti si possa concedere di delirare. Tate adunque in sostanza, o piuttosto parlando del solo titolo, la teologia di Nicomaco Geraseno Della unit adunque, lasciando da pat te noo po* che altre illusioni ch'egli mesce a quauto di vero, e alte naturali propriet della medesima appar tiene, dice questo* che essa la mente ; indi che come la dono per l'uom o, e Dio , e io certo modo la materia. Ch'essa rimescola tutte le cose, e poi che ricettacolo di tutte, e di tutte capace; il caos, la confusione, la contemperazione, l'oscu rit, le tenebre, Piatole inoltre ha dietro il Tar taro, aozi la stige medesima, e Torrore , e la tmpermistione : pi il baratro sotterraneo, Lete, uh* ri gida Tergine $ e Atlante. Aggiunge ch'essa
M E D IC I

ioo CLASSE QUARTA , l Asse, e il Sole, i Piralj, Morfooe, e fu rocca di Giovei e la ragioue seminale $ ed anche Apollo , profeto e fatidico. La ragiooe poi di questi nomi in pane tratto de meste instabile e supersti ziosa, in parte da una iasmagfuazioae infantile. Del rimanente l'unit di quests maniera da Nicommco, e da9suoi precettori vieue riferita agli Dei, e di venta contumelioea. l a diade, o sia il numero binarfu per essi Paudacia, e la materia, e causa delfu cose dissi mili , ed interstizio tra Puntone e fu moltitudine. Con la composizinne e permistiooe questo numero solo forma l eguaglianza. Ma esso eguale, ed ine guale, difetto, ed abhoudaoza * ed es*o solo informe, e indefinito, e privo di termine. Solo priocipio di parit; e noo per p ari, n con parit pari, n pari con disparit, n eoo parit dispari. Bens assaistime di queste cose sooo affi ai alla .naturale propriet del binario. Quello poi che coocerue ai prodigiosi trovati di questa scuola , a uo di presso come siegue* Il binario funte d'ogtii concento ed Erato tra le muse, e parimente l'armonia. tolleranza, ed radice, quautnoque diremo coti non in atto io oli re po dest; e piede delPIda abbeodaufe di fonti, e vetta del medesimo) ed Fano. Di p i , questa razza fuvoleggiatrice leofugicamente afferma che in virt del numero biuario Giove giusto. Cbe la gi* iti zia diada, ed istde, e la natura, e /tea, e Is madre di Giove e la footana delle distribuzioni. Per costoro come Rea tanto la frigia, quaoto la li dia. ed Di fidimene* e Demeira ed Eleusina* P iatta , l'Appetenza, DiiU*n*t Aeria , Asteria 9 Disamo e

M z a ic i x

f il o s o f i.

4*

Vesta. Io oltre essa anche Venerea Dione, Michea e Citerea. Di pi P ignoranza, l imprudenza, il falso, il mescolamento, la contesa, la discordia, ialine il fato e la morte. Cosi teologicamente d i sputando parlauo del numero binario. Il ternario il primo tra tutti i numeri ad es*> sere iu atto dispari , e il primo ancora che sia perfetto, e mezzaoit, e proporzione, e quello che fa procedere ad atto la forla e lo stendimento della unit. Cosi la prima e propria congiun zione di tutte le unit. Quindi applicano questo numero alla fisiologia. Poich essa ca usa di cosa in tte maniere separsbile, e definisce la iti fi iu I de*numeri; ed ionoltre simile, medesimo, e di esattissima proporzione, e determinato Ma queste cose non sono ancora cosi stolide , alle quali per niu o conto si rassomigliauo le seguenti. Il ternario una specie di mnte, ed la causa della sapienza e della intelligenza; ed la cogniz fune, parte sommamente propria del oumero. Esso ancora podest e composizione di tutta la mu sica; e massimamente poi della geometria. Di pi questo numero ha e coutiene tutta quaoto Is forza delle cose apparteoenti allastronomia, o vogtiain dire alla natura ed alla scienza delle cose celesti, e la spinge alla produzione della sostanza. A nche tutte fu virt dipendono de questo numero. Quindi ri ferisce ci cbe appsrtiene alle favole. Triade per questi Saturnia, e Latona, e il corno di A malica. Dicono pure clTessa Ofionia e Teli e Armoni*. Cos anche Ecate ed Srrnna e Cariba; e del coro delfu muse Ponniat poi Plutone, e i'Orsa Losia, e d Slteef e quella cbe non s immerge nel mare# Fozic, V o i IL ai

4 o*

cl a s s i Q e A m

Damatamene, Oioscoria* Meti* Trigemina, Tri foaa preside del mare, T riio genia, Achelo a , Abita tore* Truncipeda, Cttrtiida, Crateida* Armonia* Sim* benia * Gamo* Gor+onia, Forcia, Trifamo e Li dio. Cos parlano del numero ternario; e lo eoo* vertooo in tanto furo Deita. Miracoloso egualmente per essi il nu mero qnaternario, e un Dio nuovo, e moltipliee, o, per dir meglio, nn OgniWf'o Imperciocch lo ri* guardano pel fonte de* naturali effetti, e il chia vaio della natura. Esso quello che da alfu di sciplina la costituzione e consistenza sua pr* pria; ed anzi la stessa natura e variet. Egli pue YBrcole* e Pimpeto, e la robustezza somma, e la virile, polenta; n ha alcuna cosa femminile. Egli Mercurio e Vulcano % Bacco*-Sorita* Majadeoi o Majade* poich figlinolo di Maja* cio del numero binario. Egli anche Eriunio^ Soco* Dio scoro. Bassareo e Bimatre (profu del binario) metteudo in tripudio con forma femminile e vi rile Operando virilmente. Armonita od Armonia* e tra le muse Urania. Di questa maniera cian ciando filosofano costoro del numero quaterna* rio ove da Nicomaco si d ftte al primo libro teologicamente espouendo ci cbe agli accennati numeri appartiene. Nel seconda libro fin dai principio si tratta del numero quinario. Questo il primo cbe present un*ottima met, e sommamente natumfu, disgi uogendu dall una e dall'altra estremit il numero naturale, aveudo unit per principio, e col d e nario ^come fine, congi ungendosi, polente insie me a ompreitdere tutte le cose cbe oeiW natura del

U 4 D 1CT Z FI LO SOI 1.

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mondo appajono. Imperciocch il moodo stabi lito per mezzo delfu unit, come con salde r a dici, e per mezzo del numero deoario perfetto, e messo alla luce. Ma questo non succede se nou se alla estrema parte del numero densrio ; e gli elementi del mondo si costituiscono, e si mettono in luce per mezzo del numero quinario. Perch a quei quattro agginuge l'etere, quantunque mai, non ammetterebbe esso quest'addizione, se si stesse fermo ne*pregi del quaternario, p di molti simili. Ma non ancor tempo di prendere in consideratione le eleganze, o tesi che ne conseguono. II quinario, o penta , quiete dalle risse, alterazione, ed a nche splendore , e giustizia, r la estremit mi* sima della facolt di vivere. pure Nemesi, Bubastia; Giurisdizione; Venere e Camelia, Androginia, C/tereo, Zonea* preside de* circoli ; Semidea, rocca di Giove ; Didi mea , asse stabile. Questa predicano eziandio, eoo subbiimi parole, per divina, e fu dicono Pallade, Credente, condut trice; A creo te, equilibre, ss Iva da giogo; Oriate* e tra le muse Melpomene, rispondente con bella voce. Mezzo de' mezzi, e colmo de* fecondi. Cos egli del numero quinario. 11 senario detto da fui forma della forma, ren dendo di ci ragione , e il solo tra numeri adat tato allanima, e articolazione deiruoiverso, donante il coraggio, e solito ad ispirare il desiderio della vita. Per questo dallautore teologicamente vien detto anche Armonia e Natura universa, e pi prpriamente Venere stessa, tanto coojugata, quanto Miziale, e Androginia , poscia jugale, e lusinga; e paca ed amicizia, sanit, amore e verit. Vogliono

4o 4 class quabta, inoltre cbe sta tra fu Parche Lachesi, e pr incipio e mezxo di tutto, e saettatrice da lontano, e Trivia, Dicron*ai Persea, Triforme, Amfitrite, Anchidica e tra fu muse Talia , e Panacea. Cos uoo per essi che il numero senario non sia futto con molto studio e Dio, e Dea. Siamo al oumero settenario , la cui materiale costruzione dimostra mirabilmente essere degno di culto. Anch*esso contiene met della u n it, e e del denario. Ed Fortuna, Occasione, Minerva, Marte, Aereote, A getta, Atritone e Catta, nata da forte padre Trtogenia. avente occhi cesj ; Alaicomenea, Pantemchia, Ergano, otteouta eoo molte preci, integrit della natura, stirpe d Amaltea , Egide, Osiri, sonno, voce, tuono, e tra fu muse Cfto. E se vuoisi anche Giudizio e Adrastea, e molto aitile inezie simili. Cos deesi adorare qnel settenario, con grande e lungo travaglio, celebrato eon laudi da essi qual Dio grande e moltiplica. L otta vrio, sebbene tanta laude non abbfu ot tenuta c he non arriva nemmeno all'ottava parte, per essendo da essi tenuto anchegli per D io , non decaduto dalla sua sede Infatti jo adorano come somma Armonia, come madre Caduceo, c ome Rea facitrice di donne, e Cibete, e C bebene , o Diridimene, e custode della citt , e come amore, amic iria, prudenza, intelligenza; ed Orea, Temi e Legge, come nato prima de*mesi scorsi; e tra fu muse Euterpe. 11 novenario numero da meno tanto nella divinit, quanto nella lunga descrizfune, del settenario, assai posto in alto. Per ha iu fatto della divinit uo grado almeno prossimo insieme colToltonario, poi c h da

M CO I CI

F I L OS O F I.

e ssi viene circondato come loceano; e s celebra fcome crcolo che termina fu vista, detto dai Greci Of ozzoole. Lo fanno anche Prometeo , Concordia , Persea e Sole ; e riposo delle risse, e similitudine ; e Vulcano e Giunone, sorella e moglie d Giove ; o Poperante da lontano, e Peana, Nisseida, Agiea , Enialio, A gelia, Trito genia. Concordia, Persuaditrice, Curetide9 Proserpina ed Ipperione: finalmente Tersicore tra le muse. Finalmente il numero deoario per essi l uni verso , e I Dio sommo, il Do degli Dei per fu ragione che dieci sono le dita delle mani e de* piedi, cbe dieci souo cosi detti dai logici, predcameot e dieci le parti della orazione. Ed a fae cbe pe> furo la decade importi tutte le cose* aggiungono la locuzione alle altre parti della orazione, e il supplemento. N occorre dire chessi qui abbrac ciano le cose solide, piane, pari, dispari , e pari mente le dispari, le perfette, le prime, fu semplici, le eguali, le disuguali , le stesse dieci abitudini , le sferiche, fu circolari, le spettanti alle geniture, e alle imitazioni, e quelle che a queste consentono Traggono il discorso a tanto che per essi fu de* cade equivale a mondo , a cielo, a fato, ad evo, a potente, a fede, a necessit, ad Atlante t a Dio indefesso, a Fane, a Sole, ad Urama , a Ricordanza; a Memnosine. E penso che tutti i gi predetti nomi d Dei avrebbero attribuito alla decade; so non li avessero agli altri numeri innaozi appro priati, e noo avessero avuta peoa a dire le stesse cose di ciaseheduno dessi. Imperciocch il numero denario tanto Sopraddio cbe gli si accorda tutta la forza della divinit cbe sta nei numeri ; e per-

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CLASSi QUAtTA ,

ci Nicomaco volle diiTondersi nella descrizione del medesimo, quantunque molto pi in vero siasi diffuso trattando della Monade e del Settenario. Intanto per , riguardo alla Monade accade cbe rispetto sgli altri numeri tioa poche cose ivi di. sputa, e si estende io prefazione. Dove osservo pure die pi volentieri si attacca al discorso in torno alla decade , mentre dell' uno e dell altro numero ragiooa. Il che fa egnalineute rispetto al numero quinario, di cui quasi egualmeote a lungo tratta, come del settenario. d eccoti, fratello carissimo, esposta per sommi capi quella celebre , e s diffcile da trovarsi nei numeri , Teologia di Nicomaeo , la quale vera mente , pe suoi sensi inaccessibili e duri da ca pirsi , il tuo perspicace ingegno, e la diligenza tua non possono rimuovere fuori della condicione umana. Sai tu pure che pareccbj a noi non ignoti niente ineoo diligentemente del fgliuolo di Brmia per quello cbe io credo, trattano le materie geo* metriche aritmetiche, e le altre discipline mate* maliche. N ignori la somma destrezza di Jmmo ni io queste arti; sicch ad esti non pu essere ascoso alcuno di que* teoremi che Hicomaco unL alfu studio de* numeri* Ma onde venne che essi eclissarousi? Dal tempo, per quamo penso, e dal l'evidente latto die, nemmeno fu utili cose rispar* miaosi, mentre tutte le inutili fucilmenle si rovesciaio , tal uso valido ed iuvitta forza nacque , per cui anche. lo studio di Nicomaco ebbe fu buona sorte d' essere creduto perito iusieme e oa molte cose utili. Quantunque oggi pure, rifilato e mozzo com*, uoo poca gloria, procaccia, siccome ed ora vedi, e so che di poi pi chiaramente vedrai

M S DICl K FILOSOFI.

<7

SOZIONE
d i ' f iu m i , d z fo w t i

d i' l a c b i

NICOLAO DAMASCENO
s tc c o iT * ai
c o s t u m i

tircaco i b i l i ;

ACESTORIDA
U S S I IV a i MITOLOGIA POLITICA* L e s s i q u anto

Sozione

scrisse

sp arsam eo te . rife- . di

r ir e i d i stran o in i orno a* fluirti, fu n ti e la g h i. Q u e

Protagora , 0 a lla Raccolta d i Alessandro, se o o n c b e Sotione ram m em o ra so ltan to in to rn o a i fu n ti e la g h i c ose


sto suo lib ro co rrisp o n d e a l sesto in c r e d ib ili, e g li a lt r i d ue scriv o n o d i a ltre cose. N e l m odo poi d i d isco sta m olto d alfu fu ro d ic itu ra . In questo stosso vo lu m e s i lesse il lib ro ' d i Afea ssai ss im e non si a n n u n cia rs i

colao bili.

, in tito la to ad

q u a le co n t teosi u n a

Brode* Raccolta

re di

de* G iu d e i,

nel

costumi imcrodl*
stesse in o di C o n o n e. da

E g li d i tra tto fu tra tto cad e n e lle ra cco lte

p in a te co se cb e fu ro n o

A lessandro ,

to lto e sia n d io m olto d alfu

N arrazioni

P e r io a lcu n e s to rie , d iv e rs a n a rraz io n e o rd end o* n e d issen te. E g li g u id a i l suo d isco rso q u asi som n an am en te, n m ai m anca d i p e rs p ic u it , ed a sa n e llo stosso tem p o , p i c b e i p re d e tti, in v e rs io n e

g ravit . co n

P a rim e n te la

rife ris c e

a lcu n e

co se, sooo

q u a li

fu ro , n o v it

tu rb in o ,

p e r

4oS cla ssi qvinrk assentile da molti; e molle cose incognite adduce, fu quali per manifestamente non ripugnano all* verit. In sostanza , per fu pi rammemora i co stumi delle nazioni proprj a ciascheduna di esse; quantunque furia pur dire che in mezzo*a tali cose ne troverai di quelle cbe mostrano di oon essere degne di fede. Questo Damasceno , come io credo, quel Nieolao che fior ai tempi di A h gusto , e che^ ne fu familiare ; e dal nome suo , quell* imperadore chiamava Nicolai certe focacce ebe a lui era solilo mandare per onorificenza , avendolo fallo suo eguale con fu familiarit. Il medesimo lasci , in un grosso volume, la Storia A ssiri* , scritta con quanto pot, leggendo, rac cogliere e sapere. Nel volume medesimo leggemmo ancora i quat tro libri delfu Favole politiche di Acesiorida. Pre cbe questo scrittore uel titolo del suo libio abbia usato maggiore avvedutola* che molti altri ; im p erciocch dove gli altri negli scritti furo parte, essendo pi moderali, nou indicarono nulla mento quauto' esponevauo, parte vollero far passare per vere cose cbe non potevano essere tali, egli quelle cose medesime, per amore di verit, chiam aper tamente favole, e ne compose la storia, o mito logia , come a lui piaciuto di chiamarla. Tro verai adunque in esso lui molle cose cbe Conone raccolse , che Apollodoro compil nella sua Bi blioteca, che Alessandro adun , Nicolao dedic, e Protagora espose. Ma Acestorida ne trasmise m noi assaissime altre , cbe essi preterirono ; quan tunque poi nella pi psrle cbe questi' e gli altri raccontano avrai a vederne diffe rente fu s toria
,

$ 09 Q uesto scrittore adunque rifer ne* suoi libri mol lissime cose^ confermate ds storie sicure, ed alcuoe fu quali evidentomeute per fu pi si possono dimostrare ; di modo cbe il vocabolo di favole sembra aggiunto non tanto per calunoiare i suoi scritti, quanto per iudtcarne la grazia e piacevo* fusza. Secondo il mio giudizio, egli merita di es sere riguardato per uo giusto estimatore delfu c ose, in quanto, stando per aggiungere molte cose false ad altre giustameute Vere, cou uo titofu ambiguo volle evitare il rimprovero. Per ci poi che riguarda fu stile , questo in lui simile alfu alile degli scrittori precedentemente nomiuali.

Mietei s vitosori.

TEOFRASTO
rasM M zK Y o
ih t o m t o a g l i a k im a l i

cas

c a n g i a* c o l o b i

Lessi nel libro di Teofrasto quanto concerne c . agli animali cbe cangiano colore. Quelli che can giano colore, e fannosi simili alte piaote* ai luo ghi , alte pietre su coi slannosi , sono il polipo , il camaleonte, e la fiera detta tarandro , la quale dicesi nascere nel paese degli Sciti, o de* SarmatK Il camaleonte si caugia in tutti i colori , eccello cbe uel bianco e nel rosso, ed ha questo di pr* prio, che noo solameote preode i colori delle cose sulle quali egli sta, ma da s medesimo ancora caagia cofure se avviene che taluno fu tocchi, l tarandro della graodezza del bue, simile al cervo nella figura, se oan che pi largo, e, composto quasi come di due c e rv i, ha unghia divisa o il corno rsmoso, come sooo le ooroa de* cervi ed

(is O lissi QU4HT, tutto peloso Uoa cute distesa gli copre le ossa , e dalla cute sorgooo i peli. Grossa come un dito quella sua cute, e durissima, della quale i mi litari si coprono il torace. Di rado questo animale ai vede t il cangiameuto suo meraviglioso , e quasi incredibile. Altri auimslt soffrono cangiamento nella* p elle, mutandosi l'umore interno , o sanguigno , sicch manifesta la simpatia , o voglia m dire il con senso della natura. Il cangiamento poi de* peli , quando sieno atidi e pendeuti, n solendo mutarsi frequentemente, affatto maraviglioso ed incredU bile , massime che succede in varie maniere. In quaoto al polipo , pare cbe cangi colore con 1* anelito, essendo per uatura flatuoso; il che avviene per la grandezza del polmone , eoo cui respira, poich quel polmone si estende per quasi tatto il corpo si osserva di fatto cbe s alzs manifesta mente e si gonfia.

Della lassezza de'nervi.


Dice che la lassesza de* nervi oasce da frigi dit , come tutti credono: Altri per la derivano dal fiato essendo essa uoa malattia polmonare; ed altri dalla mancanza e privazione del fiato, poich questo quello cbe produce il calore e il moto, Ch dove oon moto, v'ba frigidit del sangue, o , per dir breve , d* umore. Perci pasce la tor pedine ne* piedi , o nelle parti superiori , quando calore e moto ue siano tolti ; succedendo alfura noa compressione del fiato ed una privazione di noto , il sangue .si arresta o*si raffredda.

Msatct a rtLosori.

Dello svenimento.
Lo svenimento una privazione di calore, o di frigidit al polmone; e questo nasce aucora dalfu Messo calore. Impei ciocch un fuoco maggiore to* glie il t ninote, conforme p rova l'esperienza; men tre pel caldo soffocante , qualunque sia , e massi mamente condensato, quando ci opprima, sveniamo, e patiamo deliquio. Si estngue poi non ricevendo in noi frigidit* Forse la soffocazione impedisce il respiro, onde si soffoca, od simile al soffocato colui che nou pu respirare. Di che prova il deliquio che viene ue* bagni e nelle fomentazioni Essendo manifesto che que*deliquj procedono dal calore, ed a cagione del calore , mentre il calore esterno esti ngue interno; perciocch lo sveni metito succede per tnaucamento delle cose nelle quali il ealor nasce , coro* il sangue , o sempli cemente P umor naturale , oella maniera che nel flusso del sangue veggiamo occorrere svenimenti alle docne incinte. Ma vengono deliquj anche a cagione di futiche. E grande fu svanimento, perch meno li qoef, ed impedisce la respirazione, e chi ude Pa dito al rinfreseamento. Perci per Io pi quelli ebe si lavano non no patiscono, e ne patiscono pi frequentemente S quiescenti avviene che sia calido 1* umore pro dotto dalla liquefazi one di chi si lava, e frigido quello di cbi lavossi. E cadendo P umor frigido ue* luoghi principali, genera il deliquia, se prima la remissione del respiro s ol disciolga Perci si

CtSSSB QOitTS,

prescrive che neVdeliqnj il respiro si contenga, perch cos s* impedisce al calore di uscire , e , rimesso, fu tieu dentro . Ajuta gli sveouti chi li asperge d* acqua , cb essa chiude i pori e condensa i meati , forzando dentro il calore che vorrebbe uscire. L allegrezza e la tristezza generano a neh* esse # deliquio, contrib uendo entrambe a far nascere 1 copia di umori, P allegrezza liquefacendo e dila tando, fu tristezza respingendo. quando Tumore giunge alla sede del polmone, noi patiamo sve ni mento*

Della vertigine . Veogono le vertigini quando sale alla testa un alito estraneo, od uu umor ridondante, procedenti uno e I* altro o da qualche cibo preso , o dal vin o , o da qualche altro sugo. Veogono aocora quando si .gira in tondo la tosto. E questo per c h , essendo il luogo intorno al cervello umido , se v*entra qualche cosa estranea, che nel suo passag gio fa forza maggiore di quella che convieue , ed agita in giro per fu vene il primo umore* E come Pagitozione procede a modo di turbine, e l umore non molto denso, ina in un moto continuo, or *u , or g i , reca fu vertigioe o sovente abbaile la persona. Perch le uova crude non ti possano f a r girare.
Le uova crude non si possono far girare, parte perch veogooo abbattute da uo umore ineguale

Minici z riLOSori. 4>3 e non delfu stesso peso , parte perch non hanno una base che faccia centro , tutta la materia es sendo nell* interno uoa e continua* Per questa considerazione si rende ragione perch que9 che giransi in cerchio soffrano vertigine ; e pi se il cerchio in cui si agitano sia piccolo , e cos poro quanto^ pi celeremente giransi , e pi se girano con altri, che soli. Egualmente si rende fu ragiono perch soffrasi vertigine pi quando si corre a sinistra, che quando si corre a destra. Di tutto queste , e di simili cose si detta la causa. Im perciocch se viene veitigine quando uno gira fu testa in un dato senso, si fa chiaro che ove un altro la giri nella stessa maniera , prestissimo, e assai prima degli altri soffrir quell* incomodo Perci ue soffrono pi quelli che corrono cbe quelli che camminano , e pi quelli che cammi nano velocemente cbe quelli che vanno con len tezza , perch bisogna notare che chi corre s* in clina al centro. Quelli poi che corrono alla sinistra soffrono pi di quelli che corrono alla destra, perch i primi vengono a formare un angolo pi ac uto verso il cerchio. E come le pi gravi coso stanno alfu destra, pi spingonsi con la forza all* parte interiore, a cagione della debolezza delfu sinistre; e se si soffre pi correndo insieme con molti cbe soli, ci nasce per questo che l'aspetto verso la circonferenza del cerchio accedente t citi corre , non essendo continuo , produce alcun mo vimento-e perturbazione nel cervello. E perci soffrono vertigine maggiormente perch il cerveUo viene mosso in doppia maniera, cio in parte per l 'agitazione in giro, e in parto per l'aspetto riferito

{t( et A C QffAKTA , ss verso il cervello. Come poi pel movtmeofo degli occhi molti sovente soffraoo vertigine, si spiega eoo molte ragioni. I naviganti ne soffrono pi presto, e pi fortemente quando gnardano ai flutti; e veggendo le agitazioni e i cavalloni dell* onde tosto trovansi in tenebre. Ne soffrono pure quelli ohe guardano a luoghi profondi assai, e scoscesi , perch allota gli occhi muovonti e si agitano nello stendersi troppo fungi , e gli occhi mossi ed agi tati turbano e muovouo le interne parti ; ci non succede poi a cbi gearda in alto, perch oon guardano lontano , essendone dalla luce impediti. Viene vertigine quando intensamente si contiuoa a guardare una cosa. Nasce dubbio perch alcuoe volte succeda lo stesso tanto ad occhio girato in cerchio, quanto ad occhio quiescente. La causa di quel moto in eerebio si detta. E perch cotesto incomodo sopravvenga nel caso di guardare una cosa eoo intensione e continuamente, contieosi in questo, che la stazione e la quiete agitano le cose cbe nel moto erano salde. Mentre adunque gli occhi stannosi fermi, stanno ferme altres le altre cose nel cervello. Ma le cose che stannovi si di vidono, e se ne separano le pi gravi, appesantlscotto, e fanno la vertigine. Il corso in giro se para le gravi dalle leggiere. Aoche la Iassetza tfugli occlit fa vertigine, perch con tale lassezza s separano dalle cose leggieri fu gravi , e quelle apingonsi li1 ins , queste airittgi ; quando ehet come si disse, le une e fu altre debbono farsi unire insieme. Anche 1 abbondanza e l* indigenza * producono le vertigini t l1 indigenza crea conson atone, e ^abbondanza produce superfluit; sicch

MftlPlC! B FILO S OFI.

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i pori rimangono pieni. Questa sale % t poi di scende , e divde i giri: quindi nasce vertigine# L ubbriachezza e il venefcio, e cose simili pro ducono vertigini, perch 1* umore, cadendo d'ai* tionde , crea turbamenti. Patiscono vertigine pi quelli che stanno in piedi, cbe quelli cbe seggonot e questo perch Tumore de* quiescenti stassi pi fermo nella testa, laddove quando si muovouo quell* umore si dis sipa, e cadendo in una parie, produce la vertigine.

Della Lassezza
A cbi discende da luogo declive fu cosce si stancano grandemente, e si stancano fu gambe a chi ascende. Nella salita la fatica sta in alzare il peso del corpo , perch si dee portare il peso ed alzarlo. La fatica occorrente nel discendere sta in sostenere il corpo che cade , e in portarlo cootra natura. dunque anche grande la pena cbe d il peso che cade. Come poi le gambe s'affaticano pi d* altro membro ne) discendere , cos fanno nel* !*ascendere le cosce 4 e perch le cose gravi ten dono all* ingi , si rende pi diffcile il salire be il discendere. Riesce pi molesto al braccio fu scagliare pl vto una pietra , od alcuna altra cosa grave, perch maggiormente si convelle, non rimanendo appoggiato a cosa veruoa, come di chi avvento cosa che maneggia. Le strade piatte defatigano pi delfu ineguali , perch il troppe moto crea lassezza * ed troppo il moto cbe contiene ed uniforme. Laddove f u

jt6 classi Q o a n , strade ineguali, per fu mutazioni, recano riposo Nelle piane la simiglianza della figura rende eo o* tiouo il moto. Gli stanchi con pi peoa contengono il seme , perch per la consunzione i corpi si fanno caltdi ed umidi. E la forza seminalo sto a uu di presso io no che di simile. Quelli c h e giaciono supini hanno in ci fu ca gone della rilassatezza d e l f u forze , e quelfu si tuazione cou f e r i s c e a l l a notturna perdita del seme I C o r p i umidi sono pi f a t i c b e v o l i d e i corpi duri, p e r c h pi d e b o l i , quantunque p e r altro rispetto i corpi duri sieno pi svelti.

Degli animali che veggonsi in grande abbondanza.


Non , rispetto a tutti gli animali che veggonai io grande abbondanza, la cagione istessa. Alcuni di essi Tengono generati io uo momeoto, come delle mosc h e , fu quali veggonsi negli eserciti od ovunque grande concorrente d uomini , e ero scono anche sciolto quella concorrenza , o partito 1* esercito , perch il letarpe ed altre putredini n Canno nascere; altri esistono per lo innanzi, ma appajono dopo fu piogge , come succede delle lumachelle e delle piccole ranocchie, ch non vero , come opinaoo alcuni , che tali animali ca* dodo con la pioggia , ma si rendono allora cospi cui, perch Piacque penetra ne' forami o nascon digli, in cui prima giacevano. V* altra specfu di rane oltre quelle che stanoo ne* laghi e nelle pa ludi , e la furo moltitudine , come quella di altri animali, procede dal furo stato prospero.

Menici e ritoso ri. 17 Piottosto, dopo fuiti i glandi adunaineiiti duomiui e di eserciti* ch focb durano , nascono fu mosche. Meotie quegli aduuameoti e quegli eser citi sussistono a cagioue degli usi e de* movimenti cotidiani, le generazioni di q u e g l i animali cor rompousi pel c o n t i n u o fatti e disfarsi detto cose.t co me iu altre lazze d*fuseli' coti s uccede *p que sti insieme con le poich cose che rigettanti. Quando poi gli accanipaineuti militali si levano e gli adunameuti si sciolgono futtasi quiete nei luoghi , tosto veggonsi quelle tonte mosche geue~ rarsi, niuuo essendo che vi ponga ostacelo; e cos durano a propagarsi, e presto e copiotissitnameuto, fnch negli terquilinj l umore manchi. I biucbi e fu cavallette fauno fu stesso ovunque sooo, ed ab bondano perch occupano luoghi alla loro uatura appropriati , e le loro uova eoo si corrompono. questo succede perch il paese non coltivato; e quando le campagoe si lavorauo, essi estin guenti. Da luoghi deserti ed iucolti trasportatisi ad abitati e colti % e durano ivi lungo tempo , sia pei ch il luogo o ve stauno cinto d'alte monta gne, che non possono superare, sia perch trovano loro propitio il paese, vale a dire qpaudo questo sia molle , umido e rugiadoso. Le cavallette sono moleste , e pi molesti i .bruchi e tra questi quelli massimameute che chiamausi ha rutti. Na scono questi vicendevofuiente da s. V' ha per chi peusa, ma senza averne certezza, che nascano da furo stessi alcutii. i quali sono di colore simili a quelli d ?l paese. intanto maoifesto cbe quel < colore proeede dal nutrimento , uon dalla genera zione. La corruzione di questi insetti diversa? F o lio , rol. IL *7

4 l8

classZ

QnSKTS f

Negli ooi naturale e pestilente , poich sotto fu cauicola dal .calore agitato nasce, nella loro testa un vermicello, che li fa morire; la mina degli al tri viene dal moto e dal volo , perch i bruchi , alzati io aria dal vento , vengono trasportati nel mare , ove periscono. Periscono ancora per l* in verno e pel^freddo, iusieme con le loro uova; e periscono per la diligenza degli uomini , i quali , scavando fosse ne cacciano ivi quanti possono ammassare, e coprendoli con la terra ti fanno morire. I serpenti nascono per due maniere ; o per cielo piovoso , o dallo spargimento di sangue cbe succede nelle battaglie , dal qu ale nascono ancora altri animali velenosi. Per questo dicesi che. una volta in Tess aglia sort grande abbondanza di serpenti. I sorci crescono in assai numero ne* campi , e pi negli asciutti che negli umidi , essendo loro l'acqua nemica. Questa una razza d animali as sai feconda, e dall'acqua h$nno certa m ina, e s sendo ad essi dannosa tanto al di fuori , quanto nell* interno delle loro caverne. Anche le donnofu silvestri li uccidono, e li uccide inoltre un occulto morbo pestileuziale, da cui spesso sono attaccate; e questo morbo cousiste in nascere loro in tosta on verme , c h e , veduto dagli osservatori, li fa presagire la morte di questi animali. * Si dice che i sorci l'odano il ferro e 1 oro ; e p erci gli artefici in oro, aprendoli, traggono l*oro dalle viscere de* medesimi. Si narra che io Egitto i sorci nascono con due piedi, e grandi. Hanno i piedi davanti, ma con essi non camminano , e se ne servono solamente come di mani* Quando poi fuggono saltano*

M to ici

f il o s o f i.

Degli animali che si dicono invidiosi.


Ls tarantola, come dicesi , invidiando la milit degli uomini , inghiotte la propria pelle, che si trae di dosso , essendo questo un rimedio per 1*epilessia. Il cervo seppellisce il s d o corno destro, c h e utilissimo contro il veleno del rospo, e molti altri* La cavalla divora una caruncula, che i polle drotti hanno sulla fronte, il cui umore utile ad alcune cose. La foca, al momento d'essere presa, vomito un certo coagulo, che buono anche pr 1* epi lessia . Il riccio terrestre sporca e corrompe fu pelfu con 1* orina. La lince seppellisce la sua orina , cbe uo ri medio -per i f oruncoli , ed altre cose. Per altro chiaro che gli animali non faono tali cose per invidia, ma cbe gli uomini, di furo, opinione, hanno attribuito loro un tale vixio. d onde i bruti hanno essi tratta cotanto scieosa, quando appena con molta fatica gli nomini pos sono procacciarsela? Forse noo che la paura che guida la foca , in quel vturbamento oode presa, a vomitare quel coagulo. La tarantola in ghiottisce, a suggerimento della natura , la pelfu , come fanno i cani , i majali, e quasi tutti i qua** drupedi. Essi mangiano anche fu membrane cbe avvolgooo i loro feti. Il riccfu sparge 1* orina o per paura , o per alcun altro nainrale afletto, tien per corromper la peUe< Molte sltre cose firn*

4?o classe quanta* itosi dai bruti , delfu quali noi non possiamo dar fu ragione t com* , per esempio, della gallina, la quale, fatto l'uovo, gli mette intorno delle paglie. Perch i cani % quando orinano alzao la gamba ? Perch la capra, quando mangia l'eringe, sta ritta, e fa che site no ritto anche le altre? Si giudichi poi nella manier a medesima quanto detto della lineo e del tiervo*

De* Sudori.
11 sudore salso, perch trapela estraneo dalla carne aderente, e spoglia d leggerezza e di dol cetta. U n lai? esemplante, se intorno alla ve s c ic a , orina , nella carne si chia ma sudore. Il udore.esc# per m^ssp del moto o della futica , o per virt del calore e dell* aria. Essendo esso salso* per molte e y*rie ragiopi preode acrimonia o acerbit, o buono o eaitjvo odore. I giovani pi diffcilmente sudano cbe gli uo mini maturi, e iqa$simameato i ragazzi, q uantun que questi sieoo di natura caldi ed uotid* s cosa da cui nasce il sudore. Sedano dunque diffcil mente ragazzi, perch le loro cute densissima, e come hiusa. Quindi il calore eccedente coneuoee i loro umoH mtiilre c i escono , e quaut o in essi d* ecre*iento si smaltisce per altro i d'onde vi^ue che per fu pi alito ue* ragazai fucile. 1 ve cchi. ham>o la cute raia n*a secca*. Uopo poi ebr al sudore sou osi fu matotia uin<d* ape c ialmetne perch ci pew cut facUtoeitte a lita pa$s* i e che oMiie ppudMce- uu* seciesiotu* snfticfuoto , o perch questo si opeta cotuuiua-

MEDICI Z FILOSOFI-

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mente, n interviene molto umore* Per questo appunto quelli il cui ventre umido , e il cui escremento si porta alla vescica, ooo sudaoo.graa fatto , mettendo fuori ogni umore per quella via* Quelli che oon digeriscono i cibi e non dor* Atono , sudano essai 9 perch la digestione distri buisce .1* umore , e il soano fu digerire. Quelli cbe fanno esercizio, ed hatino buona salute , sudano pi che quelli i quali ou &uno n fatica. Quelli che mangiano cibo cotto, e quelli cbe fu mangiano crudo, sttdaoo mollo* il che pare essere assurdo , e noa per tale* Quelli che si eserci tano, avendo i loro corpi svolti, e i pori eserci tati, ed essendo assuefatti a sudare, molto sudano eochessi. Gli altri poi bsnno chiusi i pori perch poo si eset citano. Quelli che mangiaoo cibi crudi, per la moltitudine degli umori, sudano assaissimo. Quelli che li maogiauo cotti, per la concozione di altro sugo , sudano facilmente. Quelli che noo lavorano sudano maggiormeote quando s o d o in riposo; e fanno ci non emettendo, n contenendo il respiro, ma rimettendolo, e c i perch fu vene di que* che lavorano , gonfie dal* laria, fuuno chiudere i pori. Laonde Tumore esce maggiormeote pei pori pi dilatati. Ritenendosi all* opposto il respiro, le vene si empiono , e si impedisce 1* uscita al sudore. Dopo avere affaticato, od essere corso, quelli Ohe seggono allombra sudano pi c he quelli ohe stanno fermi al sole. E ci nasce perch il sofu disecca e condensa i meati. Chi metto i piedi nell*acqua non Suda,. perch

Q AITA, U 1* sequa impedisce la liquefaziooe ; e il sudore naa liquefazione delfu cose, fu quali maggiormente aderiscono alla carne quando viene espresso per mezzo del calore. Perch 1 eserctzfu continuo diseccs al pari del ole } perci chi in quel caso soda meno. Si suda prima e massimamente alla fronte, percb sotto il cervello v ci che umido. La te* sta anch essa suda grandemente , perch essa sottile, come i capelli dimostrano , e perch nella teste ridonda la ritenzione dell* aria. Quelli che hanno ansiet d animo sudano nei piedi, e oon nella faccia, perch la tristezza oon importa diminuzione di calore, ma beos incre mento, come fa 1! ira ; e perci si fanno rossi in faccis quelli cbe da questa passione sono presi , perch assai si riscaldano ; e un calore sopraemi** nenie dissecca. L altro per contrario si liquefa nei piedi , perch in lui il calore non tanto da di seccare. Ma per maggiore di quello che fosse prima, ed internato. Si eccitano i sudori pi nel sonno che oella veglia , perch gli umori e i calori per la futto de* contrari s00 maggiori $ e da entrambi essi il sodore si geuera*
*

class z

Del Mele
Il mele nasce in tre modi, o dai fiori, e da al tre cose in cui dolcezza \ o dall aria , quando l umore , liquefatto dal sole e coocotto , cade , il che specialmente succede al tempo della messe} o dalle canoe* Il mele cade dallaria io terra e s ulle

M Cl a f ilo s o fi. EDT

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piante cbe incontra, e trovasi particolarmente sulle fugito di quercia e di tiglio, perch queste hanno densit e sono umide. Per questo bisogna cbe non sieno aride affatto , perch assorbirebbero il mele , n che sieno affatto umide , perch lo la scerebbero scorrere. Le foglie della quercia sono umide e dense , e il tiglio ha dolcezza sua pr* pria. L ape poi ha una specie di familiarit con fu quercia.
VJNDANIO N T O L I O D I B E R I T O Li BAI XII ni COLLfiTTANZl COKCGRKZKTl LA DISCIPLINA AGRAMA. Quest* opera fu da lui tratta dagli Scritti d i C .63 Democrito . del VAfricano , e del Tarentino , non m eno'cbe da quelli di Apueo , e Ftorenzio , e di Valentem e di Leone Pamjila ,* ina tingolarmente poi dai Paradossi di Dio/ante. L opera com presa in dodici libri* ed utile , come la stessa nostra esperienza in molte cose ci dim ostr, ri spetto al coltivare la terra e ai lavori rurali , ed stata forse pi utile ad altri che dellagricoltura si occuparono. Tutta volia essa contiene alcune cose simili ai prodigj, ed eccedenti fum ana fede, piena essendo di greche favole, che un pio a g ri coltore deve preterire , fac endo intanto buon uso delle altre. Tutti gli altri cbe scrissero di mate rie agrarie, per quanto io ho potuto vedere, dis* sero airiocirca le medesime cose, n molto diffe riscono gli uni dagli altri; e rispetto a quelfu n elle quali non sono d'accordo,^ gli esper i menti di Leone debbonsi preferire a tutto.

classi

q u a

LUCIANO
f t P S S B

VARIE.

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Leggonsi di Luciano due Ragionamenti per Falaride , e varj Dialoghi di morti e di amanti e cosi pure altri opuscoli di diverse materie ; in quasi tutti i quali scritti comicamente deride le cose de*Geotili. Sicch in tuono pedestre, e usaudo prosa , viene pungeudo P errore e la stoltezza di essi nel figurerei gli D e i, e le intemperanze libi dinose in questi supposte; le stravagauti opioiooi e le finzioni dv'poeti loro* fu cattiva iuflueuza di queste cose nel reggimeuto civile; Pincostante corso, e i casi della vita ; e de* flosof i costumi pieni di vanit, perch non fondati che sopra fa vole e sopra fahe opinioui. In una parola, egli fu commedia di tutto. Si vede che costui fu uoo di quelli i quali non asseriscono alcuua c osa di certo, perciocch mentre ribatte le altrui opinioni e fu mette io ridicolo, tace poi il proprio scotimento; se per avventura 000 voglia dirsi avere egli te* nuto per massims 000 potersi sopra alcuoa cosa proounziar nulla di certo. In quanto alfu siile suo, esso per ogni verso ottimo. Usa una dicitura sigoifcante e propria, e quel geoere di anouoziarsi che si ricerca- onde riesca efficacissimo. Oltre ci , quanto possa mai desiderarsi , studioso di precisione, di puril, di perspicuit, e di adattata grandezza. Cos bene poi compone fu cose che il fuggitore crede non di avere sottocchio de ragionamenti, ma piuttosto

MFD'C

f :losoft.

4^5

un qualch e diletievol carme , che , senza canto , dolcemente vcllic^ le orecchie. Iti una parola , dico che l orazione sua leggiadrissima a lanlo , elie quasi pare superiore all'oggetto dello scherzo che si avea proposto Del rimanente, che Luciano f osse uno di coloro che mai nulla affermano di cerio fu dimostrano alcuni versi premessi al li* bro ; e sono questi : io Luciano, molto pratico Dell1 cose antiche e sciocche, Cos scrissi. Sono sciocche , Ma pur fur credute vere. C 6 vuol dir che presso gl i uomini Non v cosa da tenore Che eirura e certa eia, Se s aperto ad ognuno 6a Che quel eh' uno t anto ammira Muove gli altri a riso o ad ira.

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CHE S I C O N T I E N E

N B L VO LU M E SECONDO.

S E G U IT O D E LLA C L A S S E PR IM A

SToaici z
O lim p io d o ro

bio gra fi

Fiorisi.

, Libri X X II di storie , p a g . v PAMriLS, Storie miste , libri P i l i . . . 33 Fi l o s t r a t o TiRiOt^ito di Apollonio Ttaneot libri f^UI . . * n s 3 Vita di Apollonio Tianeo . . 9 3 5

Raccolta di cose olim piche e croniche . . . . m 48 P l u t a r c o , Estratto de* Paralleli . < 5o P r a s s a g o r a A t e n i e s e , Z?e< fatti dt Costantino il g rande , libri 1 1 ....................................... ..... 71 P a o c o p i o R e t o r i , Ltbri F U I delle storie 74 T e o f i l a t t o S i m o c a t t a , Ltbri F U I di storie 88 TzorAtrs ni Buakzio , Storie, ltbri X . 106 T e o p o m p o , Storie , libri L U I . . . * > 109 T o l o m e o E f e s t i o n e , Libri VII di storta nuovo in argomenti di varia erudizione . 1 f 4 Z o s i m o C o x r s , Libri F i di storie 1S7

Fl i c o n t e

T r a llia n o ,

ivoiez.

CLASSE

SECONDA

aoM i i r z i i i i . A c h i l l i Tazio, Libri F U I delle avventure di Leucippe e di CUtifonte . . . . pag. Antonio Di ogene, Delle cose incredibili d el Pisola T uie , libri X X I F Eliodozo, Delle cose etiopiche , libri X * Jamblico, Libri X F J delle avventure di ito* dune e di Sinonide * * . . Lucio Patzznsz Metamorfosi . .

i 3p i 4o s 5o 5 171

CLASSE TERZA
stozic

a 106*Ari zc Cl z I u s t ic i .

Anonimo , Polizia de' SS. Padri Metrefane ed Alessandro , in cui trattasi della vita di Costantino imperadore < . Anonimo, Martirio di sette r a g a tti . . . Anonimo, Estratti dalla vita di Gregorio ro mano pontefice . - . . * < . Anonimo , Martirio di 8 . Timoteo . * Anonimo, Martirio del gran martire Demetrio n Anonimo, Fila di Paolo , vescovo costantino politano e confessore Anonimo, Estratti dalla vita di A tanasio . * Anonimo , Fite de santi che fiorirono al tempo del grande A n to n io .......................

1^3 I5
188 191 19 194 204 337

indici. G iovanni M osco , Prato , o sia N u o v o or ticelo . . ................................ pag. 338 F ilo n e G iudeo . Del modo di vivere degli > Qssenj e dei T e r a p e u ti .............................* 23 Gajo imperatore e Fiacco ripresi . ivi E u sebio di P a n filo , Libri X di storia eccle siastica ............................................................ n aS i Libri IV della vita di Costantino il grande n aJa Filostobgio , Libri X U di storia ecclesia -

4?8

etica
G io v a n n i

* * * . w P re te , Libri V di storia ecclesia

stica . * . . w B asilio di C ilic ia , Libri I I I della storia ec clesiastica ............................ . . L ucio C asino , Periodi degli A p o sto li . *> 339 C b isippo p r e t e di G eru sa lem m e , Storie di Gamaliee e di N ic o d e m o .......................340 S o c r a t e , Libri V i i di storia ecclesiastica * 34 1 > E v a g r i o S c o l a s t i c o , Ltbri V ii di storia ecclesiastica ....................................... ..... *4* E r n ia S ozomeno , Libri I X di storia eccle . . . . . . r * . . . IVI siastica T*odore , Libri V di storia ecclesiastica 143 G iu lio A ffrican o , Storie ed altre opere . n ivi Filippo Si iu ta , IJbri X X I V di storia cri stiano * . . % . * . * fi44 . . * . 345 Sergio Confessore , Storia
G e la sio , vescovo di Cesarea di P a le s tin a , Libri III di storia ecclesiastica . . 346 Libro contro gli Anornei . . * s 5o Giorgio , vescovo Alessandrino , Della vita

del B . Grisostoma ..................................... ivi

IN DI CI

4^9

C L A S S E

Q O

A R T A

MEDICI

E FILOSOFI.

A szio

A m id E lio ,

Libri X V I di un'opera

m e d ic a ..........................................................................p a g . 2 6 7 G a l e r o , Delle Sette de*medici . . . . 280 O r b a s i o , m e d i c o , O p e r e ..................................... a8vi TfcONE AECHIATRO , L ' u O m O .............................. K A l e s s a n d r o , Raccolta di cose mirabili^ e li* bri V I della geometria dell'universo mondo di P r o t a g o r a ........................................................... ........ 2 9 2 A n o n i m o L b r i V I delia repubblica n ag3 D m a s c i o , Libri I V delle cose incredibili n ivi E n l s i d a m o , Libri V i l i intorno ai Pirro n i s t i .................................................................. a g 4 D i o d o r o , v t s c o v o d i T a r s o , Contro il fato ** 2 9 9 D i o n i g i E g e o , I D iU ia c i ..................................... 3 4 6 n 349 / D i t t i a c i ................................................... * G i u s e p p e , o C a j o p r e t e , Dell* universo . 35 ? G i o v a n n i F i l o p p n o , Contro Vopera di Jam blico de' sim ulacri ........................................................... 354 G i o v a n n i S t ob e o , Libri IP delle egloghe, degli apoftegmi * e de' precetti della pita 355 J e r o c l e ; , Della P r o v v i d e n z a .............................3 6 7 S . M e t o d i o , Del libero arbitrio . . . . 387 fli 1c o m a c o G e r a s e n o , Libri H I degli Aritrne 397 C teologici ...................................................... n n 4 *>7 S o z i o n e , De'fiumi de'fonti , de' laghi . fiic n L A O D a m a s c e n o fiacco Ua di costumi ma edibili , . . . . . . . . . ivi

y$e

la n io s .

^cssToatoA , Libri I V di mitologia poli tica . # ..................................... pag. 4<>7 TzorzASTO, Frammento intorno agli animali che cang i a c o l o r e ................................ n 4 0 9

Libri X ll di collcttane!, concernenti la disciplina agra * . . (1 ria * Lo ci Ano 1 Opere v a r i e ............................... 4^4
T ik d a h io A k a t o lio di ,

B I B L I O T E C A sclta di Opere Greche t Latine tradotte in lingua italiana. i : Opere tra d o tte da B. Dar a m a t i eolie e! giunte e supplimenti d e l S ro tier, t r adott i 4 da R a f Pastore. Quattro voi. h a i. lir. ia oe 5 Virgilio. L1 Eneide tradotta da Annibai Caro, colla Vita e Ritratto . ..................... n * So 6 Celso. Della Medicina, L ibri otto, volgarizza mento di G. A. Del Chiappa . . 4 7 Sallustio. Congiura Catilinaria e Guerra G in. gurtina, Libri due volgarizzati da Fr. B ar 2 61 tolomeo d& S. Concordia. . . , 81 Lantpredi. Diritto Pubblico Universale o sia . 1 Diritto di Natura e delle Genti, volgarizzato 1 dal dottor Defendente S a c c h i, I I . elisione 1 1 f riveduta e corretta ani testo; 4 u 9 30 ia Cornelio N ipote. Le Vite degli Eccellenti Co mandanti, recate in lingua ital. da Pier Dont. Sore si t col testo a fronte; e fitr. . . . n a 3o La sola traduzione italiana . * ?4 l3 Demo sten e. Le Aringhe por eccitare gli Ateniesi contra Filippo Re di Macedonia, volgar. ed ili. dal P. t. y . Barcovich; col/fr'ir. . . a 3o Ciceron e T . Orazioni scelte, recate in lingua italiana a riscontro del testo, e cor redate di note da G. A . Cantora . . 3 09 15 Ce sare. Com m entar], recati in italiano da' Cami7/o {/goni, colPaggiunta di un indice generale delle materie; e R itratto . n 4 6 16 Floro L. Anneo. Delle Gesta de 1Romani. Trad. da Celestino Ma stacco, 11. edizione . . a 61 17 (Cicerone M . T. I tre Libri dell 1 Oratore re < cali in lingua italiana a riscontro del testo 18 { da G. A. Cantova t due volumi . 6 5 i y Ovidio. Le Metamorfosi recate in altrettanti e ] versi italiani da Giuseppe Solari col testo 3 0 ( a fronte, due volum i, I I . td iz. ,. . n 5 65 La sola traduzione italiana 3 a5 a i Kempis* Della Imitazione di Cristo) L ibriq u atir trad otti dalPAh. Ant. Cesari . . . n 1 39 Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri . . n 1 5 a3 Cicerone- I Frammenti desei libri della Re pubblica volg. dal princ. Odescalchi . 1 a{ Cicerone Le Tusculane tradotte in lingua ita liana , con alcuni Oposcoli del traduttore <av G. F. G. Napio ne ^ 3

a5 Lonzirtn. Di i Sublime Demetrio Palereo. ...................... /ir. Della Locuzione . Lp .sudditi* Operp separatamente. * i 3o 6 Aristotile. La ftettorica fatta in lingna toscana ila! co inni. A nnibai C a r o ......................
a^ ------*'o it i* a v o l g . d a l

3 60

Ca<lelvetro .

3 a

00 00

44 Pttrarca.

^8 Omero. Iliade. tradotta in prosa da -tleitandm V e r r iy con annotazioni e ft*. . . . . 9 29 Omero. Odisela tradotta da ippoliio /'in 1 demonte. Prima ediz. m it. a f*ui si aggiunge J la tavola delle rop notabili e dpi nomi pr 3of prj in essa contenuti, %vol. col HUr. . . Si Saffo, Avventure; ed prostralo, Vita di Alpasasdro V e r r i ...................................... n 3a Ch at io. Opere tradotte da Stefano Pallavi' cini e d ti P. Litoti An* t'agnini . . n 33 P etrarca. Opere filosofiche, prima tradu zione dal latino; col fitrutto . . . . $4 Cicerone, 3 / T. I tre Libri degli OfB } o Doveri della Vita, volgarizzati dal cav.ilier 7 ommaso Gai g a llo , m a r c h e di Castellen11 ni inai edizione milanese . . . . 35 Ovidio. Le Lettere scritt** d ii Ponto a 4 suoi e amici t tradotte ed illustrate con note da 56 f Giuseppe Ant. Gallerone. Due voi. . . n 37 La Chioma di Berenice, poema di Callimaco tradotto da Catullo, volgarizzato ed illustrato da Foscolo, con laggiunta delle Vite di Bere nice e di Tolomeo Evergete di Visconti, e delle Lettere filologiche sul Cavallo alato dAr sinoe di\\lontiT col litr. J tl Foscolo . . 38 ) Terenzio. Le sei Commedie volgarizzate da Antonio Cesari. Due volumi . . . . 4o \ OviUiQ, Fasti con la costruzione del testo; x ) volgari/.gati dalGaljrrone. D v*vol. . . n % Rie or ili di Marco Aurelio Antonino impera to re, tradotti VJal co:*te Michele M ilano, con la Vita del medesimo Imperatore . . a 43 Cicerone. Della Natura drgit Uvl- Ltbri tre voIgAiw.zali da Tene* G u aiu li iaWe*zi. Della VerrhieKza, delPAm iciv.ia, ed il Sogno di Scipiune dello steseo, volgari/zeli nel buou colo ilt'Ilt liugu 1il iliaia ; a* *oo,ul,c la Milonuna tradotta 'dal P. Cesari . .
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