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Un ermellino a Cernopol.

L'anello d'oro.
Titolo originale: Ein Hermelin in Tschernopol.
Traduzione di Gilberto Forti.
INTRODUZIONE DI CLAUDIO MAGRIS.
Dello stesso autore nella Collezione Biblioteca: Storie di Maghrebinia
- La morte di mio fratello Abele.
Copyright 1989 by Edizioni Studio Tesi srl. Via Cairoli, 1-33170
Pordenone.
ISBN 88-7692-178-8.
II edizione luglio 1989 Edizioni Studio Tesi.
Un intreccio di vicende, volti, nomi, personaggi, narrati da un protagonista che
ricorda la propria infanzia in una citt del tutto singolare. Sperduta nel vecchi
o Sud-est dell'Europa, dal nome vagamente orientaleggiante, Cernopol lo scenario
mitico sul quale le figure degli eroi dell'infanzia si stagliano con un rilievo
ambiguo e nello stesso tempo incancellabile (von Rezzori). La sottile vena umoris
tica dell'autore, lo sguardo penetrante sulla realt, l'incantato stupore della na
rrazione, portano le vicende stesse sul piano del simbolico dove, al di l di ogni
confine di spazio e di tempo, si viene a contatto con il segreto stesso delle c
ose.
Sono ammantati di un fascino fiabesco i protagonisti di quell'enigma che , per i
bambini, la realt degli adulti. Ed ecco allora, circondato da un'aura di pacata
ma intangibile autorit, il prefetto Tarangolian, saggio conoscitore degli intrigh
i della societ e del cuore umano. Ed ecco Pasckano, tragico truffatore dalla feri
nit quasi leggendaria; e poi le donne, portatrici dei misteri pi profondi. E ancor
a imbroglioni luciferini e cavalieri, nobili dame, fanciulle purissime e streghe
temibili: sono gli abitanti di Cernopol, immaginario crocevia di mille popoli e
tradizioni al tramonto dell'impero austroungarico. Filo conduttore delle tante
vicende la devozione dei bambini per un eroe puro e senza macchia, il maggiore T
ildy che, per difendere l'onore della sua affascinante e malatissima moglie, sfi
da a duello tutta l'alta gerarchia dell'esercito in cui serve. E se il maggiore,
con la sua granitica seriet e l'inettitudine nell'arte della finzione e del comp
romesso, diventa lo zimbello ideale per lo scaltro popolo di Cernopol, per i bam
bini il destino di questo cavaliere dalla triste figura il malinconico simbolo d
ell'uscita dall'infanzia e della fragilit di un mondo ambiguo e tutt'altro che pe
rfetto, ma ricco di poesia e umanit. Un mondo vitale, perch, come scrive Claudio M
agris nell'introduzione: Cernopol... sopravvive accettando tutte le contraddizion
i che la compongono e afferrandosi all'hic et nunc di un presente ignaro di pass
ato, noncurante di futuro e redento solo dal riso rivolto a ogni cosa e anche al
la propria propensione a ridere di tutto.
Lo spirito barocco di Cernopol... l'essenza dell'Austria absburgica, immagine fe
dele del mondo moderno quale mondo dell'inautentico e dell'artificio.
Copertina: Ufficio Grafico Edizioni Studio Tesi Vasilij Kandiskij, Coppia a cav
allo, 1905 Monaco, Stdtische Galerie
Gregor von Rezzori nato nel 1914 a Cernowitz in Bucovina, allora provincia orien
tale dell'impero austro-ungarico. Dopo il 1919 diventa cittadino romeno. Studia
a Vienna. Nel 1938 a Berlino. Finita la guerra lavora per la radio, che trasmett
e in anteprima le sue Maghrebinische Geschichten (1953) (Storie di Maghrebinia,
Edizioni Studio Tesi, 1987). Ha inizio proprio in questi anni la sua pi intensa e

vivace attivit di romanziere; nel 1954 esce Edipus siegt bei Stalingrad) (Edipo
vince a Stalingrado, Mondadori, 1964), una satira sulla placida incosciente aris
tocrazia berlinese negli anni del nazismo.
La vena satirica di Rezzori raggiunge il suo tono pi polemico nei quattro volumi
Idiotenfher durch die Deutsche Gesellschaft (1962-65) (Guida per gli idioti attra
verso la societ tedesca). Da non dimenticare la sua incursione nel mondo del cine
ma in occasione del film di Louis Malle Viva Maria!, che ispira un pungente quad
erno di appunti, Die Toten auf ihre Platze (1966) (I morti al loro posto, Mondad
ori, 1966). Oltte a Der Tot meines bruden Abel (1976) (La morte di mio fratello
Abele, Edizioni Studio Tesi, 1988), Rezzori ha pubblicato: 1001 Jahr Mgrebinien (
1967) (1001 anni di Maghrebinia), Neue Maghrebinien Geschichten (1972) (Nuove st
orie di Maghrebinia), In gehobenen Kreisen (1978) (Nelle alte sfere), Vergangenh
eit (1978) (Afferrare il violino.
La signora Passato), Shenytime (1978) (Il tempo dello sherry), (1979) (Memorie d
i un antisemita, Longanesi, 1980).
Avvertenza.
I personaggi e gli avvenimenti di questo libro sono frutto della fantasia
dell'autore, come il personaggio del narratore. Anche la citt di Cernopol
non potrebbe essere pi irreale.
Introduzione di Claudio Magris.
La foglia del signor Tarangolian.
L'idea che si potesse scambiare Tildy per un tedesco ci pareva cos assurda che per
molto tempo ci inquiet come un inquietante rompicapo...
finimmo col considerare ogni tedesco, e tutto ci che sapeva di tedesco, con un in
teresse quasi morboso che a prima vista non era privo di un'ostilit preconcetta..
. Tildy, il donchisciottesco eroe dell'Ermellino a Cernopol, l'impossibile e astr
atto eroe della purezza nel mondo dell'impuro per eccellenza, si definisce per n
egazione: nell'infido crogiolo plurinazionale di Cernopol la sua nazionalit incer
ta e sfuggente, il prodotto di una sottrazione come l'austriaco di cui parlava M
usil, che era un austro-ungherese meno l'ungherese.
Erede della scomparsa monarchia austroungarica, Tildy, di cui si pu dire soltanto
che non un tedesco, incarna quell'immateriale dimensione dietro le nazioni nell
a quale l'impero cercava o proiettava una propria identit e una propria giustific
azione storica. Ma ogni nazionalit, a Cernopol, appare straniera agli occhi del s
oggetto, che narra la storia in prima persona singolare o plurale senza riconosc
ersi in alcuna componente di quel composito mosaico etnico. Nell'immaginaria pro
vincia di Teskovina, dolente e vana iperbole delle contraddizioni mitteleuropee,
manca a ognuno - e in primo luogo al plurale majestatis narrativo - una possibi
lit d'identificazione. Tildy pu avere il passaporto ideale dell'ecumene absburgica
, anche se scaduto e perci ridicolo nella sua eroica inutilit; il plurale majestat
is non pu esibire alcun documento d'identit n alcuna ragione della propria esistenz
a; un puro flatus vocis, un mormorio impersonale, lo spirito del racconto che si
disperde dicendo tutta la nostalgia per la vita vera che si dileguata e tutta l
a frivola vanit di questa nostalgia. Nato nel 1914, troppo tardi per poter vivere
la realt dell'impero e troppo presto per poterlo ignorare, l'apolide e cosmopoli
ta Gregor von Rezzori si trovato nella condizione dell'epigono, la cui arte corr
e talora il rischio di sbriciolarsi nella variazione manieristica ma sa spesso i
nnalzarsi a intensi momenti di vera poesia - di una struggente e ironica poesia
della conoscenza, che dice la condizione epigonale di tutto il nostro mondo. Il p
oliglotta homme tout faire di cui parla il romanzo La morte di mio fratello Abele
(1976) diviene un Apatride, il mitico eroe di una stirpe che - almeno nella sugge
stione fonica dell'espressione francese - avvolta in un alone tragico e autodist
ruttivo. A Cernopol la babele dei linguaggi e la confusione dei valori, il reali
smo dei dettagli e l'irrealt dell'insieme, la passione dell'estremo e quella del

disincanto si elidono in uno stallo permanente; l'equilibrio di


Cernopol si basa sulla statica grandiosa d'absburgica memoria, ossia sull'arte d
i prolungare indefinitamente i conflitti per evitare ch'essi si risolvano nell'a
utodistruzione; Cernopol allude peraltro anche a quella sospensione e a quella p
rovvisoriet cristallizzata nelle quali ancor oggi vive, o non vive, la civilt occi
dentale. Nella deformazione satirica di Rezzori l'impero, inteso quale patria un
iversalistica dei valori e della trascendenza culturale, diviene - nelle Storie
maghrebiniche - l'immaginario e truffaldino paese di Maghrebinia, un variopinto
ed esotizzante bazar dell'universale in svendita, nel quale l'arte absburgica di
smussare i contrasti diventa l'arte di arrangiarsi. Cernopol - dice il suo pref
etto, il signor Tarangolian - sopravvive accettando tutte le contraddizioni che
la compongono e afferrandosi all'hic et nunc di un presente ignaro di passato, n
oncurante di futuro e redento solo dal riso rivolto a ogni cosa e anche alla pro
pria propensione a ridere di tutto.
Lo spirito barocco di Cernopol unisce la fede assoluta nella necessit di determina
te forme e cio di un ordine qualsiasi, con la necessit altrettanto assoluta di rid
erci sopra. Questo barocco, che argina con un'incredula simmetria l'indolente mal
inconia asiatica dalla quale si lascia volentieri corrodere, l'essenza dell'Aust
ria absburgica, immagine fedele del mondo moderno quale mondo dell'inautentico e
dell'artificio. I contrasti che minavano o meglio costituivano l'impero avevano
favorito una lucida coscienza della doppiezza insita nell'esistenza contemporan
ea, le cui antinomie non possono pi risolversi in una sintesi organica o comporsi
nell'universale del pensiero. L'Austria, di cui Musil diceva ch'essa era il pri
mo paese cui Dio aveva tolto il credito e l'illusione di avere una missione da s
volgere, diviene lo scenario dell'esilio della verit e della mancanza di un fonda
mento. L'essenziale, notava Musil, si rifugia nell'astratto; la letteratura aust
riaca sovente contrassegnata dalla coscienza che il falso, ovvero la manipolazio
ne dei ruoli e delle qualit prive di un centro unificatore, costituisce l'unica r
ealt. Sul volto del signor Tarangolian, - la pi grande figura poetica di Rezzori , l'autentico e il falso si alternano e si scambiano in un gioco spassoso e inqu
ietante, che impedisce di distinguerli e trasforma il prefetto, il quale scende
dalla carrozza aiutato dal gendarme, in uno stereotipo, nell'immagine standard d
ell'uomo ricco e potente che si appoggia al suo miserabile servitore. Poeta dell
'esistenza moderna priva di un fondamento e basata sul vuoto, Rezzori rievoca co
n scettica passione l'Austria, intesa quale paesaggio dell'artificio e montaggio
di citazioni, come nella splendida equazione fra i tramonti estivi nella Teskov
ina e l'ordine demaniale dell'impero, che ricalca la descrizione musiliana della
Cacania nell'Uomo senza qualit.
La parodia protegge la nostalgia, autentica solo se si rende conto della fatale
inautenticit della vita e della ineluttabile banalit delle cose. Come l'Austria, il
mondo intero un anacronismo, un malinteso e l'unica professione dell'individuo sr
adicato pu essere quella di contemporaneo, comparsa in un dramma con l'epilogo ign
oto. Una mezza dozzina di registri, venti milioni di suggeritori. Cos si dice nell
o splendido romanzo Edipo vince a Stalingrado, che al pari delle altre opere di
Rezzori una saga del nobile epigono che in noi, che conosce a memoria e piange in
silenzio tutta la storia fin dalle origini. La vita viene guardata da lontano, c
ome la carrozza del signor Tarangolian che i bambini - cio il soggetto in prima p
ersona plurale dell'Ermellino - osservano oltre il vetro ghiacciato della finest
ra.
Anche La morte di mio fratello Abele un'odissea dell'io diviso che si frantuma e
si dissemina nell'esperienza, lasciando irrecuperabili brandelli di se stesso n
ei luoghi e nei momenti della sua storia; la sua identit risulta inafferrabile ed
evanescente, sempre pi destinata a disperdersi nei frammenti che la vita, nella
sua corsa, si lascia alle spalle. Il friabile io di Rezzori vive l'esistenza com
e una progressiva mutilazione; la vita vera, l'integra e colorita vita ch'egli v
orrebbe inseguire e ritrovare, si dissolta nei tanti volti inautentici ch'egli h
a assunto e che sono ormai il suo vero volto, volto sempre pi sottile che perde a
una a una, come strati di pelle, le maschere della sua fuga.
Fra l'io e la vita s' aperto uno iato, per cui quella non pi la sua vita: quando

il precario io narrante dell'Ermellino, dopo una malattia la cui guarigione segn


a la fine della sua infanzia, sente i parenti che gli decantano le gioie della v
ita, queste gli sembrano le mercanzie dell'emporio Dobrowolski magnificate dai t
itolari della ditta. Elegiaco e beffardo poeta della scissione, Rezzori sa che l
a metafisica risiede per i moderni nel tangibile, che il centro dimora alla supe
rficie o alla periferia e che non c' mistero se non l'apparire delle cose compiut
e in se stesse, del quotidiano che non rimanda ad alcun significato superiore ma
si rinserra nell'intoccabile enigma della sua apparenza. Il protagonista dell'A
bele cerca di ricomporre la propria identit nella scrittura, ma anche quest'ultim
a una disseminazione centrifuga. Come un personaggio del romanzo che ha perso un
braccio e vive col suo braccio amputato che gli manca ma pur sempre il suo brac
cio mancante, l'io costituito da due met che non combaciano o forse consiste in q
uella fessura che lo divide; egli pu darsi un'unit solo scrivendo il romanzo di se
stesso e divenendo una mera finzione letteraria, la quale esiste unicamente nel
l'astrazione della pagina che a sua volta si dilata in una scrittura torrenziale
dettata dall'ansia, in una proliferazione tumorale di parole.
Poeta di questa dissociazione e di questa caduta nell'informe, Rezzori ne talor
a anche vittima. La coscienza della fatuit quale destino lo induce talora a perde
rsi a sua volta in quella fatuit, a diventare egli stesso uno di quei personaggi
mondani ch'egli sa cos bene rappresentare. A un mondo in cui tutto beffa, insegna
il signor Tarangolian, bisogna opporre la propria esistenza ridotta a beffa, ma
se gli occhi insondabili e malinconici del prefetto dicono tutto lo struggimento
che si cela nella sua ambigua lievit, Rezzori non sempre all'altezza di quell'obl
iqua malinconia. Il bar Charley, l'olimpo degli snob berlinesi che egli ritrae m
irabilmente nell'Eco, anche un mondo nel quale egli rischia di immedesimarsi, in
dossando e deponendo anch'egli diverse personalit, come fossero dei vestiti che l
a moda detta al viveur. C' in Rezzori qualcosa del fascino intenso ma cedevole e
compromissorio della Venezia di cui egli parla in un suo racconto, una connivenz
a con l'effimero e col garbato snobismo che insinua nella sua poesia un tono bri
llante da conversazione salottiera. In Rezzori il commosso e doloroso poeta dell
'Ermellino e dell'Expo coabita non solo con l'eccessivo ma sempre nobile scritto
re dell'Abele ma anche col causeur troppo spiritoso di pagine futili e disinvolt
e (dalle Storie maghrebiniche alla Guida agli idioti della societ tedesca, dal ga
lante diario cinematografico / morti al loro posto! alle novelle In cerchie elev
ate).
La moda, perfezione artistica e filosofica del contingente, coinvolge anche la
natura: la fallace dissipazione dell'autunno profonde una fastosa eleganza sulla
tristezza del mondo e del destino, i tramonti trascolorano come foulard, l'ines
orabile azzurro del cielo berlinese nell'irreale estate del 1938 o il gelido spl
endore della luce di marzo nella Vienna che festeggia l'Anschluss sono le masche
re di una caducit che investe tutto il reale.
Lo svariare delle apparenze cela una tersa epifania del vuoto: l'aria immobile
blocca le figure come ballerini in una danza, la tambureggiante caduta delle cas
tagne annuncia il commiato da un'indicibile promessa di felicit. Rezzori il poeta
di un'astratta sfera intermedia della realt, di uno spazio vuoto che pure quello d
ella vita, di una vita ridotta a irrealt e vanamente nostalgica della pienezza pe
rduta. Il cuore o la coscienza sono come le pareti di una clessidra, nei cui rif
lessi si riverbera il bagliore del mondo, vario e lontano. Quel vuoto anche la p
alpitante e potenziale vaghezza dell'infanzia, di cui Rezzori delicatissimo poet
a; Un ermellino a Cernopol la storia o meglio la precisa e turbata enciclopedia
dell'infanzia, la ricognizione dei volti, dei nomi, delle figure e degli eventi
con i quali la magia infantile d un'immagine ai propri indicibili e indefinibili
struggimenti.
La realt esterna una concavit indefinita, nella quale si avverte confusamente l'i
ncombere inconfutabile del destino: quando il barone Traugott e la donzella bion
da, nell'Expo, escono nella notte berlinese, questa si spalanca come un vuoto ne
l quale il festone dei giorni pendeva come carta variopinta e sgualcita. Il mondo
uscito dalle connessioni e la vita si ritratta in una cavit indeterminata. Da que
l vuoto pieno di tensione e di estraniazione nasce la scrittura, come esperiment
a il barone Traugott quando si accinge a scrivere un articolo di moda cercando d

i estrarre dai fogli bianchi e dalla sua vacuit interiore, con un movimento tenta
colare dei suoi organi sensori che si aprono e si chiudono su se stessi, il suon
o gradevole delle prime frasi determinanti. La scrittura indaga e circuisce quel
vuoto senza remissione, non gi per irrigidirlo nella fissit dei nomi bens per lasc
iarlo fluttuare nell'incanto delle possibilit. Austriaco sino in fondo, Rezzori cer
ca di eludere il bivio della scelta, di non mutilare la potenzialit del possibile
per imboccare una strada definita che conduce, come la storia ha insegnato alla
vecchia Austria, alla fine. Le grandi strade della Teskovina che si perdono nel
le pianure illimitate sono la vera patria del nomade, per il quale lo scampo ris
iede nell'asintotico. Accostarsi il pi possibile alle curve iperboliche eternament
e ostili della tesi e dell'antitesi, senza mai identificarsi con una delle due;
spostare l'evidenza all'infinito...
E' in questa rarefatta situazione che si esprime anche la segreta angoscia del t
empo storico, cos come la sinistra pregnanza del nazismo emerge, nell'Expo, senza
venire quasi mai nominata esplicitamente, ma attraverso l'aura, i colori delle
stagioni. E' la trasparenza spietata del cielo, che splende sulle domeniche inter
minabili e irredente di Berlino, che dice tutta l'astrazione e l'irrealt nelle qua
li il nazismo ha alienato la vita; il nazismo quell'impenetrabile attesa che cop
re il reale come una campana di vetro, la luce d'acquario che avvolge gli uomini
, l'oscuro istinto di morte che pulsa nello sfavillio nella notte metropolitana,
nel fluire del traffico, nello scorrere stesso del tempo, nelle note di un'insi
pida eppur maliziosa canzonetta che passano insistenti nell'aria: Fior di sambuc
o, fiore di rosa, quando vedo la mia sposa... L'Edipo la stupenda saga, forse is
pirata ai Sonnambuli e agli Incolpevoli di Broch, della smarrita e passiva innoc
enza con la quale una generazione si macchiata di colpa durante il nazismo.
L'innocenza dell'Ermellino a Cernopol si situa un passo pi indietro, l'innocenza
dolorosa e stupita dell'infanzia. Non c', nel libro, una vicenda vera e propria:
la storia grottesca di Tildy e delle sue impossibili sfide a duello solo un pre
testo per tenere insieme il catalogo delle immagini d'infanzia. Cernopol offre a
lla fantasia infantile le figure intorno alle quali essa raggruppa le proprie em
ozioni e le proprie nostalgie: i personaggi favolosi e bizzarri delle varie nazi
onalit, i dialoghi insinuanti ed equivoci, la topografia stessa della citt sono le
tessere di questo caleidoscopio. L'attenzione infantile penetra il mondo, sezio
nandolo rigorosamente e insieme trasfigurandolo nella magia: ogni oggetto viene
scomposto e depositato nella fantasia, viene assunto nella profondit interiore ac
quistando un altro stato di aggregazione pronto a precipitare in una fuga di ass
ociazioni. Lo sguardo del narratore una prospettiva analitica e incantata, che i
ncessantemente compone e disfa ogni oggetto; il signor Tarangolian, prima di par
tire, lascia che i suoi occhi errino sulle cose e sui volti per assorbirne la vi
sione, per collocare quei punti in un sistema geometrico di cui la sua memoria p
ossa servirsi come di un simbolo stenografico, finch tutta la realt della stanza s
embra confluire e condensarsi nella punta infuocata del sigaro. Rezzori un encic
lopedista del frammentario; la sua ricognizione della realt parte induttivamente
dai dettagli minimi e disgregati per mirare, vanamente, al disegno totale perdut
o. Come i grandi scrittori austriaci dell'anima e dell'esattezza, anch'egli tent
a una classificazione del mondo ma le categorie del suo cogitare si rivolgono ai
particolari fuggitivi e irrelati, ai dati sensibili ed effimeri. L'universale d
el pensiero s' infranto e la fantasia analitica tenta di universalizzare, per un
attimo, le apparenze pi fuggevoli: la caduta delle castagne, il ricamo astratto d
ei voli degli uccelli nell'aria, l'enigmatico sguardo di una donna miope, la gra
nde
arte dell'inverno nelle citt, il numero delle relazioni prematrimoniali decenteme
nte ammissibili per una ragazza di buona reputazione, il trascolorare delle stag
ioni, quel mutare dell'espressione in un volto che preannuncia per un attimo il
futuro di quel volto e di quell'uomo. Un cortocircuito fulmineo collega le cose
ultime e il dernier cri della moda; Rezzori coglie genialmente quel passaggio da
ll'universale del pensiero alla fatuit giornaliera in virt del quale la nietzschea
na volont di potenza si traduce nell'ambizione di conquistare un posticino nell'am

mirazione e nella conversazione delle signore impegnate nella quotidiana passegg


iata di Cernopol.
Rezzori mira alla poesia dell'astratto, a ricondurre il multicolore gioco del mo
ndo all'ordito delle sue strutture essenziali e profonde. In quella geometria pa
lpitano la nostalgia di felicit e l'agnizione della morte. La pi alta verit di Rezz
ori l'apostrofe che il signor Tarangolian rivolge a una foglia d'acero appassita
e trasformata in un'incantevole filigrana di nervature e venature finissime: qu
ella foglia la paradossale idea e verit di se stessa, la suprema bellezza, l'esse
nza dell'arte, ma quell'arte il risultato della distruzione. Ah esclama il prefett
o, ah, vi dico, imparate ad amare la distruzione! Quella foglia, osserva il signor
Tarangolian, ha ottenuto la pi alta giustizia che possa toccare a una foglia. Ha
ottenuto la forma e con essa la morte. Dal procedimento asintotico nasce la for
ma, stile del vuoto. La forma, in questo senso, anche l'Austria: Vienna, si dice
nell'Abele, una conchiglia morta nella cui cavit echeggia un vano mormorio. Un e
rmellino a Cernopol una bellissima parabola del dissidio fra vita e forma o megl
io fra due modi della forma, tra Cernopol e Tildy. Cernopol la forma che si pren
de gioco di se stessa, il riso che si rivolge anche all'eccesso di equivalenze e
relativit, che irride l'illusione dell'ordine ma anche la presunzione del caos,
l'assolutismo della verit e quello del relativismo assoluto.
Il malinconico savoir faire del signor Tarangolian un amore che afferma, che vuo
le lasciare le cose cos come sono nel loro precario equilibrio: Io non ho mai volu
to mutare nulla di Cernopol dice il signor Tarangolian, echeggiando il medico sve
viano, il quale analogamente si vanta d'aver lasciato le cose cos come le aveva t
rovate. Tildy invece vuol ristabilire l'ordine intorno a s, ma ogni ordine assomigl
ia e conduce alla morte, cos come le uniformi colonne dei soldati nel grande capi
tolo sull'esercito tedesco - si sbandano durante la battaglia per poi ricomporsi
nella perfetta simmetria delle croci allineate nei cimiteri. Tildy si batte per
l'ordine della verit e della purezza. Anzich suddividere capziosamente le cose, e
gli le affronta contrapponendosi a esse, contrapponendo la giustizia all'umorism
o e cio alla moderna conoscenza e accettazione dell'ambiguit. La sua fisionomia im
personale e inespressiva quella dell'ultimo cavaliere nel mondo della corruzione
, ma anche la paziente fermezza con la quale egli s'avventura fra le associazioni
sconnesse una maschera che cela l'inconsistenza dell'io. Ogni suo passo lo porta
alla morte, cos come ogni storia un filo che si srotola nel nulla. La persona, c
ome dice l'etimologia risalente al teatro antico, una maschera; Tildy precipita
quando oltre e dietro la maschera di Mititika Pjowarciuk, la prostituta rutena,
intravede il nulla. Tildy s'innamora di Mititika, e l'amore lo sottrae al partic
olare, - al suo saldo decalogo di valori e di forme - per volgerlo all'universal
e e cio alla morte. L'amore permette l'agnizione definitiva, che spalanca un vuot
o dietro la maschera di Mititika e dietro i volti possibili che quella maschera
lascia balenare. Tildy si getta in quell'abisso, che gli si apre oltre gli incan
tevoli e smarriti occhi miopi della ragazza, per trovare il nucleo profondo e na
scosto del suo io, la verit dell'essere.
Ma l'essere stesso una maschera, un nulla senza fondo. Se non si vuole soffrire
in prigionia, pensa Tildy, bisogna amare la propria prigione, le forme che ci te
ngono prigionieri. Ma troppo tardi; l'eroe della forma si abbandona all'universa
le, all'amore, all'informe e si annienta, perde la propria faccia. Il tram che lo
schiaccia, riducendolo a poltiglia, suggella quest'irrisione che la vita infligg
e alla sua passione, la sublime banalit della morte che corona il suo tentativo di i
nserire un viso nella cornice della maschera. Per tutti gli eroi di Rezzori - per
Tildy come, nel medesimo romanzo, per il professor Ljubanarov - la conoscenza s
uprema l'epifania di una pienezza indicibile, irriconducibile all'ordine e alla
forma, paurosamente identica alla rivelazione del nulla. Dopo quest'epifania non
sono possibili alcuna dignit n alcun valore; resta solo il coraggio col quale Til
dy non distoglie lo sguardo da Mititika che si prostituisce. Un ermellino a Cern
opol non dice se la ricerca di Tildy non sia a sua volta una vanit, se al fondo d
ell'essere esista quel volto dell'io cercato con oscura disperazione o se esso s
ia un'illusione. Con garbata ironia, il narratore dissolve da parte sua il suo s
tesso io narrante, che non esiste aldil delle immagini di Cernopol nelle quali es
so di volta in volta si riconosce e si specchia. Il fascino di Rezzori anche il

sorriso col quale l'impotenza dilagante e catastrofica del mitteleuropeo glissa el


egantemente su se stessa. Al convegno di Alpbach del 1977 Rezzori, in occasione
di una tavola rotonda, sedeva accanto a tre valenti, timidi e aggressivi scritto
ri d'avanguardia del gruppo di Graz. I tre, autentici e impudichi nella loro pro
vocatoria e sofferta sincerit, lievemente sgarbati e simpaticamente canzonatori,
fragili e sprezzanti come adolescenti, parlavano di arte e di infelicit, ostentav
ano il dramma del loro lavoro e parodiavano beffardamente l'istituzione cultural
e che in quel momento li celebrava. Rezzori sedeva in disparte, accettava
sorridendo d'essere trascurato dal pubblico a favore dei tre giovani poeti speri
mentali. Alla loro adolescenza irrisolta e autentica egli opponeva l'incredula s
aggezza di chi prende poco sul serio il mondo e anzitutto se stesso, la risolta
malinconia di chi vive nell'inautentico e sa talvolta esprimerlo. Affabile, nonc
urante e distaccato, Rezzori diceva qualche frase convenzionalmente cortese che
non riguardava mai la sua persona e la sua opera, dissimulava la propria intelli
genza poetica anzich ostentarla. Se si fosse trovato a un tavolo da gioco o a una
festa, anzich a una tavola rotonda, probabilmente avrebbe sbancato a poker gli a
ltri tre, verosimilmente ottimi padri di famiglia dietro i sofferti furori verba
li, o avrebbe corteggiato da maestro le loro amiche. Intanto il pubblico rivolge
va ai tre negatori della letteratura tradizionale le domande sull'ispirazione, s
ulla poesia, sulla creazione artistica. L'aureola del poeta aleggiava, nella sal
a, intorno agli interpreti della contestazione; le muse baciavano l'istantanea,
ingenua e proterva proposta della poesia che, bruciandosi nell'attimo, crede di
mutare la realt, non il cinico e rassegnato struggimento del narratore che, anche
se la sua parola giunge a durare un po' di pi, non ritiene che ci salvi il mondo.
I tre rappresentavano l'aspra arroganza della purezza, Rezzori la saggezza pers
uasa che ogni cosa, nella vita, si concluda e si risolva - come disse egli stess
o in un'altra occasione - nel mero passare del tempo. Non ti chiedo di approvare
tutto questo dice nell'Ermellino Madame Aritonovic alla piccola Tanja, ti chiedo s
oltanto di capire...
Claudio Magris, 1979.
CAPITOLO 1.
L'ermellino muore appena il suo candido vello s'imbratta.
(Didimo d'Antiochia, Physiologus)
Vi sono realt estranee e superiori a questa nostra realt che, essendo l'unica a no
i nota, ci appare l'unica esistente.
Un uomo esce barcollando dallo squallore di una grotta in cui si sono spenti gl
i ultimi alterchi, e si avventura nel grigiore incerto dell'alba.
La temeraria insicurezza dei movimenti - parodia tragica dello spettacolo di un
clown - rivela subito l'ubriacone abituale. Il suo viso il campo disseminato di
crateri di un satellite perduto. Dentro il suo cervello sovreccitato e rintrona
to rigurgitano risate d'osteria, dispute filologiche, orgoglio, umiliazione, cit
azioni, oscenit, odio, solitudine, fede, purezza, disperazione. Non sa pi trovare
la strada di casa. Brancola dunque fino al prossimo crocicchio, sul quale corron
o, come serpenti baluginanti, le rotaie del tram. Qui, tenendo il capo eretto co
me un cieco, tasta il terreno col bastone, trova l'incavo di una rotaia e da ess
o si lascia guidare come da una ringhiera. La punta del bastone, come la prua di
una nave, solleva foglie putride e rifiuti, pietrisco, melma e sterco; le scarp
e sguazzano nelle pozzanghere, urtano le pietre gibbose del selciato, inciampano
nelle traversine, affondano nella ghiaia, aprono una scia nella polvere. La neb
bia gli sbatte sul viso una coltre di ovatta umida, il vento gli tira le ciocche
di capelli che cadono sulla fronte di sotto l'ala del cappello; la rugiada gli
si posa sulle labbra dando loro un sapore salato, si raccoglie nelle due pieghe
intorno alla bocca formando piccole gocce che danno il solletico: la spugna dell
e guance grassa e non riesce ad assorbirle. L'uomo borbotta qualcosa, di tanto i

n tanto parla ad alta voce tra s, attacca una canzone, la interrompe, ride, ammut
olisce, riprende a borbottare.
Gli occhi sono spalancati e fissi, come quelli dei ciechi; senza battito di palp
ebre, come quelli degli dei. Cos attraversa la citt, da un capo all'altro. La citt
sperduta nel vecchio Sud-est europeo e si chiama Cernopol. L'uomo non sa nulla d
ella realt di Cernopol. Non si accorge che la citt si risveglia; non si avvede che
la luce dei lampioni, perlacea e livida, si spegne sopra di lui con uno sfrigol
io sonoro e che nelle case a destra e a sinistra spuntano improvvisamente i rett
angoli delle finestre illuminate, piccoli rettangoli immersi in un bagno d'olio
- qui, l, laggi. Non vede i carri delle panetterie ebraiche che escono traballando
dai vicoli scuri, carri di emigranti, o forse carri funebri.
Non sente l'aroma greve e caldo del pane fresco; non ode il cigolio dei carretti
dei contadini che in pazienti colonne fluiscono verso il mercato, non il calpes
tio degli zoccoli dei loro cavallucci macilenti che hanno lasciato la lontana pi
anura percorrendo grandi strade malinconiche. Non sa nulla delle risate degli ul
timi nottambuli che gli passano accanto, nulla dello stupido richiamo del polizi
otto che non lo conosce, nulla delle umbratili figure che si sciolgono dalle ner
e cavit degli androni e vagano lungo le strade, verso mete sconosciute; nulla del
cielo sulfureo che sale sopra gli alberi del giardino pubblico, simile al cielo
del giorno del giudizio; nulla dello stridore assordante del primo tram che esc
e dalla rimessa, affronta la prima curva e tra poco gli verr incontro. Nessuno fa
mai altro che andare incontro alla propria morte. Cos egli non ode nemmeno, in l
ontananza, il richiamo nostalgico e lamentoso dei treni che lasciano la citt di C
ernopol per gettarsi solitari nella campagna perduta, verso un'altra realt solita
ria e a s stante, un'altra realt perduta e rimpianta. Perch ciascuno perdutamente l
egato alla propria solitudine, gli uomini come le citt.
CAPITOLO 2.
Contributo alla fenomenologia della citt di Cernopol
Se lei mi chiedesse di sp

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