Stando a quanto racconta Angelo Poliziano, Cosimo de Medici era solito affermare: Ogni pintore dipinge di s1. Ecco, tra i molti modi possibili per farlo, scelgo di leggere Praga magica come un autoritratto del suo autore, magari alla maniera dellArcimboldo, di cui si dichiarava scolaro ed aiutante. In fondo mi sento autorizzato a farlo dallo stesso Ripellino, che ne Il trucco e lanima, affermava: ogni rievocazione trapassa in un racconto, ogni discorso sugli altri un diario truccato2. La Cecoslovacchia, lo ricord anche Italo Calvino, fu la fonte prima delle sue gioie e delle sue pene: Ripellino si identific straordinariamente con i sortilegi, le luci malate, le cattedrali, i fantasmi del mondo boemo. Praga assunse per lui una dimensione ad un tempo letteraria ed esistenziale, divenne il funerario scrigno barocco in cui racchiudere le sue radici precarie. La lontananza forzata cui fu costretto dalla fine degli anni 60, limpossibilit del farvi ritorno contribuirono a generare il suo capolavoro in prosa, dal titolo enigmatico, seducente, evocativo. Come il barone Detlev von Liliencron, allinizio del libro Ripellino certo di aver gi vissuto, in una vita precedente, nella capitale boema, ed inanella una fantasmagoria di possibili, suggestive metempsicosi: si traveste, si camuffa, si insinua nelle viuzze, diviene girovago frequentatore di bettole, alchimista, fattucchiere, ciarlatano. Qualcuno ha scritto che Praga magica una lunghissima, tormentata e quasi maniacale dichiarazione damore3: come un amante, Ripellino vorrebbe aver conosciuto, vissuto, amato la sua citt anche nel passato pi remoto: una cosa sola sicura, che da secoli io cammino per la citt vltavina, mi mescolo
A. POLIZIANO, Detti piacevoli, Roma, Istituto dellEnciclopedia Italiana, 1983, p. 67. A. M. RIPELLINO, Il trucco e lanima, Torino, Einaudi, 1965, p. 137. 3 M. LUNETTA, Ripellino, ovvero la scrittura come poligrafia totalizzante, in AA.VV. A.M. Ripellino, poeta slavista, Atti del Convegno di Studi (Acireale 9-12 dicembre 1981), a cura di M. Grasso, in Lunarionuovo, V, 21-22, 1983.
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alla moltitudine, arranco, gironzolo, annuso tanfo di birra, di fumo di treni, di melma fluviale. Lo scrittore a tal punto coinvolto nella sua rverie, da divenirne un personaggio: e perci come potrei scrivere con distaccata e sussiegosa dottrina, in bellordine, un esauriente trattato, soffocando la mia irrequietezza, il mio argento vivo col rigor mortis dei metodi e la lana caprina delle pedanti disamine?4, e poco prima questo mio dittamondo praghese un libro sconnesso, sbandato, a frastagli, scritto nellinsicurezza e nei mali, con disperaggine e con pentimenti continui, con linfinito rimorso di non conoscere tutto, di non stringere tutto, perch una citt, anche se assunta a scenario di una flanerie innamorata, una dannata, sfuggente, complicatissima cosa5. Ripellino trasfigura dunque Praga in una reinvenzione poetica (ora che ne sono lontano, forse per sempre, mi chiedo se Praga esista davvero o se piuttosto non sia una contrada immaginaria come la Polonia di Re Ubu); nel suo crocevia ritrova anche le origini siciliane, nei profumi, nei colori, nel turgore dolciastro della decomposizione e dello sfacelo, nello splendore moribondo di un barocco che si fonde con quello delle chiese gotiche boeme: perch sebbene io sia imbrattato dalle fuliggini del Mitteleuropa, nutrito di mille umori stranieri e come arrivato sin qui con un carrozzone dipinto di calderai, tuttavia nella barocca e ferale Sicilia affondano le mie radici6. In Praga magica lautore ci offre indicazioni preziose per comprendere la sua personale ripresa del barocco: latletismo delle metafore, lottica e la ridondanza teatrale, labuso di paradossi, di iperboli, di agghindamenti, di emblemi, le accumulazioni asindetiche, lestasi, il senso dello sfacelo, il continuo assillo del nulla7. Tali elementi, che avvicinano secondo lo scrittore siciliano i maggiori poeti boemi alla statuaria barocca praghese, contraddistinguono notoriamente anche tutta la sua produzione letteraria. Le tre anime simbiotiche di Praga, tedesca, ceca, ed ebraica, rappresentate emblematicamente da Franz Kafka, rispecchiano i tria corda di Ripellino, praga era pi bella della mia prediletta citt di Palermo, asser Liliencron con un accostamento che mi ingombra lanima di duplice malinconia. Nel poema Svetlem Oden, carrellata sulla citt vltavina, Seifert prorompe: Praga era pi bella di Roma. In queste frasi mi sembra iscritto il vacillante triangolo della mia vita8. Ripellino si sofferma a lungo soprattutto nel ghetto ebraico di Praga: la fede nei miracoli, lironia beffarda verso se stessi e verso gli oppressori, i virtuosismi intellettuali che eludono la rovina, la malinconia che pervade tutto uniscono le culture ceca ed ebraica alla sua sensibilit siciliana.
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Ivi, p. 23. Ivi, p. 22. A.M. RIPELLINO, Di me, delle mie sinfoniette, in Poesie, 1952-1978, cit., p. 249. ID., Praga maica, cit., p. 242. Ivi, p. 324.
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Avvinto da un inguaribile horror vacui, egli tenta di ricordare e raccontare ogni cosa; coinvolge il lettore in un dialogo complice, lo mette in guardia contro il fascino intossicante dei dedali praghesi, lo invita ad assistere alla rappresentazione postuma di splendori da preservare da una rovina imminente. Chi legge chiamato a farsi pellegrino di questo visionario itinerarium mentis in inferos, le cui stazioni sono le bettole, i vicoli, i laboratori arcani degli alchimisti, le chiese gotiche, le sinagoghe del ghetto, il Castello, la corte di Rodolfo II. E non raro che in questa allucinazione letteraria si animino fantocci, doccioni, armadi, cappelli, e che vivano una propria esistenza sonnambulica. Chi conosce Ripellino, sa quale importanza rivestano per lui gli oggetti pi umili della quotidianit, in particolare i cappelli, cui nelle liriche talvolta affida fragili speranze di salvezza e redenzione. Chiunque apra lo scrigno di Praga magica e accetti di addentrarsi nel suo labirinto onirico, vi si immerge con tutti i sensi: lo investono raffiche di zolfo e di odori provenenti dal ghetto, grida di mercanti, campane, storte e alambicchi, in una fantasmagoria visionaria di luoghi, oggetti e personaggi, non importa se reali o immaginari. Su tutto dominano il Castello e la Rocca Hradcany, raggiunta la quale, aveva promesso lo scrittore Jiri Karasek, si avverte di non essere mai stati pi vicini alla morte. Se il lettore prova a distanziare lo sguardo dal ritratto di donna, languido e affascinante, che Ripellino va dipingendo, si accorge di come i luoghi di Praga disegnino i lineamenti del suo autore. Sulla tela della citt boema lautore proietta se stesso, simbolizza la propria esistenza, la amplifica in allegoria, e la narrazione sfuma in confessione autobiografica. Con la sua pena irredimibile, con leterno eludere la morte, con la strenua resistenza ad unoppressione secolare, Praga gli si presenta come rispecchiamento ideale: la denuncia delloppressione di chi si sente altro, diverso, debole; sul piano storico e politico laltro volto dellimpero asburgico, lanti-Vienna, il rifiuto dei valori monarchici, la sconfessione dellidillio da operetta della capitale austriaca, parallelo simbolico del vuoto benessere contemporaneo. Anche quando rievoca i maggiori scrittori boemi, Ripellino dissemina le tracce di un proprio ritratto, ed instaura con loro un singolare processo di identificazione. Si riconosce nel poeta Karel Hynek Macha per il male di vivere, lenigma delloltretomba, leterno nulla, il pessimismo senza rimedio, il pianto per la freschezza che muore, lamarezza del disinganno9; a Jaroslav Hasek lo accomunano le fitte di insicurezza, di crepuscolare sgomento; a Jiri Orten lossessione del nulla, leterno errore, il senso della vanit, la coscienza della colpevolezza.
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Con Orten, Ripellino condivide anche lamore per gli animali e gli oggetti umili, la consapevolezza di non poter cambiare nulla, i presagi di morte, lo scrivere fino allestremo, quanto pi presso alla fine tanto pi chiaro splendendo10. E soprattutto li accomunano le ragioni della scrittura: Poesia come caparbiet, argine che respinge ancora la morte [] ricerca dellessenza delluomo nellimpenetrabile nulla che lo avviluppa, ma insieme barlume di speranza, anche quando ormai la candela brucia da entrambi i lati11. Sono cardini che innervano anche la poetica ripelliniana, espressione della solitudine esistenziale dellautore, del suo viversi da emarginato nel panorama letterario italiano, costretto nella gabbia riduttiva della propria attivit accademica, con lansia struggente di non essere dimenticato. Nella storia di Praga c un marchio antico ed indelebile, un dolore mai estinto: la tragedia della Montagna Bianca del 1620. Da quella disfatta, la Citt sulla Moldava conobbe lemarginazione, la decadenza, loppressione straniera. Con la partecipazione di chi sembra aver vissuto quei giorni, Ripellino ricorda il saccheggio a cui fu sottoposto il Castello: Dopo la battaglia della Montagna Bianca, il Duca Massimiliano di Baviera, nel lasciar Praga il 17 novembre 1620, si port dietro, in compenso dellaiuto prestato a Ferdinando II, non meno di mille e cinquecento carri con ori e preziosi trafugati al Castello12. Il Castello, simbolo e orgoglio del popolo boemo, fu poi svilito nel 1780, sotto Giuseppe II, a caserma dartiglieria; le opere darte furono messe allasta, a condizione che appena acquistate fossero immediatamente portate via. Il loro posto fu occupato da depositi di munizioni, e Ripellino, con precisione quasi maniacale, elenca tutto ci che fu portato via, perch la memoria non svanisca per sempre. In Praga magica il presente ed il passato confluiscono sempre luno nellaltro, anzi, lincantesimo della Montagna Bianca, scrive Ripellino, ha fermato la citt vltavina nel tempo []. Tutti i luoghi di Praga [] sono impregnati di passato. Si erge dinanzi a voi da ogni parte13. La maledizione della Montagna Bianca appare come un revenant anche nella repressione della Primavera di Praga del 1968, senza la quale, forse Praga magica non sarebbe mai stato scritto.
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Ripellino crea continuamente ostinati legami tra passato e presente, luno immagine e specchio dellaltro: ancora oggi pesanti stivali calpestano Praga, ne strozzano linventiva, il respiro, lintelligenza14. Con la stessa partecipazione indignata, ferita, offesa, traumatizzata, Ripellino denuncia i soprusi che in ogni tempo hanno determinato la condizione della Citt che Andr Breton defin Capitale dEuropa: ma io contro tutti i Mydlri (i boia) che hanno infuriato e che infuriano ancora su Praga, non mi stancher mai di gridare: in ignem aeternum, in ignem aeternum15. Nel luglio del 1968 Ripellino era infatti a Praga, testimone della repressione della Primavera e del crollo del governo di Dubcek; anche dopo linvasione della citt da parte dei carri del Patto di Varsavia, per mesi le sue commosse, furenti ed indignate cronache giornalistiche per LEspresso, La Stampa, Lavanti, Il giornale, hanno continuato a difendere strenuamente loriginalit, lautonomia e la dignit della cultura ceca. Un libretto ormai introvabile, uscito nel 1988 per i caratteri della Scheiwiller, I fatti di Praga, raccoglie alcuni dei pi significativi articoli e reportage dello scrittore siciliano di quel periodo. Il dramma di Praga divenne anche uno dei motivi ricorrenti della produzione poetica di Ripellino, dalla raccolta Notizie dal diluvio, del 1969. Da quella silloge il male di vivere, la sfiducia nella capacit salvifica della poesia e lo scetticismo verso il futuro uscirono da una dimensione privata per assumere proporzioni collettive: come illudersi ancora nella poesia, quando alcuni governi / mandano ancora in prigione per divergenza ideologica? / Quando esistono campi di pena e segrete e tortura / e luomo schiacciato dai soccorrimenti fraterni, / dalle moine di una premurosa censura?16. E ancora: se un dittatore, un barsabucco, un facanappa / con la sua banda sbilenca di referendari e buffoni / calpesta la libert, che ne sar di K.?17. Praga magica inizia e vive nel nome di Franz Kafka e Jaroslav Hasek, gli scrittori che meglio di altri espressero la sua condanna senza rimedio, e perci il suo malessere, il suo malumore, i ripieghi della sua astuzia, la sua finzione, la sua ironia carceraria. K. reincarnazione novecentesca, insieme allo Sveik di Hasek, del mito del Pellegrino, eroe precipuo della dimensione magica di Praga18.
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Ivi, p. 6. Ivi, p. 194. A.M. RIPELLINO, in Notizie dal Diluvio, in Poesie, 1952-1978, cit., p. 88. Ivi, p. 88. A.M. RIPELLINO, Praga magica, cit., p. 49.
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Il capostipite di questa figura il viandante del romanzo allegorico Labirinto del mondo e paradiso del cuore, dello scrittore Jan Amos Komensky, unopera, ricorda non a caso Ripellino, scritta nel 1623, dopo la disfatta della Montagna Bianca19. Nella rievocazione ripelliniana, a lui fa seguito il Pellegrino Zoppo, protagonista dellomonimo romanzo del 1936 di Josef Capek: a lui lo scrittore siciliano si sente legato per la capacit di vivere nonostante linfermit fisica, per lostinata gioia di esistere, per il suo proclamarsi, quantunque sui margini, zoppo e fuori dal gioco senza dubbio felice20. Il Pellegrino qualcuno che si aggira in un mondo labirintico, in cui si sovrappongono e confondono gli interni e gli esterni, al punto tale che il suo eterno vagare pu apparire ossimorica immobilit; ha scoperto lipocrisia degli uomini e lassurdit della vita, e rifiuta di conformarvisi. Pertanto colpevole, e condannato a soffrire; consapevole della vanit di qualunque impresa umana, e allo stesso tempo sa di non poter cambiare le sorti del mondo. Resta sui margini, quindi, lacerato da un profondo senso di estraneit e di alterit, alla ricerca di un rifugio interiore: chi conosce le raccolte poetiche di Ripellino, coglier le analogie con Scardanelli e gli altri, spauriti, attoniti alter ego dellautore, che sconvolti dalla violenza delluomo e della natura, anelano alla fine ad affetti domestici, privati. A differenza per del Pellegrino di Komensky, Scardanelli non pu trovare pace e significato allesistenza, neppure nel rapporto con Dio, perch quando lo va a trovare scopre che anche Lui ormai invecchiato, goffo, malato di diabete, stanco, anche Lui impotente a mutare le sorti dellumanit. In altre occasioni Dio il crudele artefice, il responsabile ultimo della sofferenza umana: Dio esige limpossibile/ Dio ci obbliga a morire21: con lui Scardanelli non ha decisamente un buon rapporto, si sente troppo una creatura reietta, punita per colpe, lo sappiamo, sconosciute e non commesse. Scardanelli avvicina il mito del Pellegrino ad unaltra creatura praghese, ad un altro travestimento per il destino dello scrittore: il clown, il pagliaccio. Nella rivisitazione ripelliniana, il clown lincarnazione della sconfitta, dello scacco inevitabile alla fine del proprio numero. La variazione estrema su questo tema lidentificazione del clown con il Cristo, il salvatore sacrificato. Da Baudelaire in poi, questo motivo piuttosto ricorrente nella letteratura europea del Novecento: Jean Starobinski ricorda ad esempio che per il poeta francese Max Jacobb la buffoneria fu contemporaneamente smorfia di umiliazione e variante parodistica dellimitazione di Cristo22.
Ivi, p. 49. Ivi, p. 55. 21 Per le raffigurazioni di Dio come crudele persecutore si veda A. M. RIPELLINO, Notizie dal diluvio, Torino, Einaudi, 1969, pp. 45; 53. Per la visita di Scardanelli in Paradiso si veda Notizie dal diluvio, cit., p. 79. 22 J. STAROBINSKI, Ritratto dellartista da saltimbanco, Torino, Bollati Boringhieri, 1998, p. 128.
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Nel cinema, poi, il connubio tra il Clown ed il salvatore sacrificato vive in numerose incarnazioni, dai fratelli Marx a Charlie Caplin, che tentano di restituire ordine ad un mondo malato, subendo sempre le conseguenze del proprio coraggio ingenuo e confusionario. A Praga, il clown, il fool scelto da Ripellino come emblema dellessenza stessa del popolo ceco il soldato Svejk, dello scrittore Jaroslav Hasek: fingendosi sciocco e attraverso una obbedienza parodistica e totale ai superiori, Svejk smaschera linsensata follia della guerra dietro la retorica della propaganda, e ne esce indenne. Ad unire inoltre il romanzo che lo vede protagonista (Le vicissitudini del bravo soldato Svejk durante la prima guerra mondiale, 1921) a Praga magica, il carattere di feroce, sarcastico requiem, per il declino dellimpero austriaco. Ripellino identifica la propria sorte e la condizione del poeta con quelle del pellegrino e del clown: nel Congedo alla Fortezza dAlvernia, riconosce di concepire la vita come il grottesco calvario di un clown, e scrive: il poeta sar sempre [] un fool, rifiutato dallIndifferenza e sommerso da quellEterno Buon Senso che oggi chiamano Civilt dei Consumi, un fuori sesto, un X a disagio, che si sente colpevole di tutto, senza aver colpa di nulla23. Il senso di colpa, basso continuo persistente, unaltra caratteristica ricorrente nelle figure dellepopea praghese, un ulteriore punto di contatto tra i miti della Citt dOro, la storia privata dello scrittore siciliano e la sua concezione del destino del poeta. In Kafka ed Hasek il tema della colpa legato ad un sistema giudiziario che inchioda gli uomini con leggi, cavilli, procedure. Un tribunale disumano spinge gli imputati ad inventare colpe mai commesse, fino a che essi stessi se ne convincano, e a confessarle per abbreviare lagonia della tortura. Limpotenza delluomo di fronte a questa morsa entra anche nelle liriche dello scrittore siciliano: come illudersi nella poesia, quando alcuni governi / immergono gli innocenti in vasche di sterco e di urina / e con cachinni da iena, con frigide smorfie da volpe / dnno agli oppressi giusquiamo e scopolamina, / perch inventino le proprie colpe?24, ed ancora: il pensiero, essi dicono, un vizio che annebbia i cervelli: e perci liste di rprobi, cngoli, trappole, ktorghe, carceri25. In Praga magica si avverte uneco di questi versi: (Citt in cui) basta un bagliore di pensiero ribelle negli occhi, per essere scaraventati in sozze e spaventevoli carceri, in immonde catorbie, con pane ed acqua di tribolazione26.
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A.M. RIPELLINO, Congedo a La Fortezza dAlvernia, in Poesie, 1952-1978, cit., p. 59. ID., da Notizie dal diluvio, in Poesie, 1952-1978, cit., p. 88. Ibid. A.M. RIPELLINO, Praga Magica, cit., p. 234.
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difficile ancor oggi individuare nel panorama italiano unesperienza letteraria affine a quella di Ripellino: Gesualdo Bufalino in unintervista afferm esplicitamente di sentirsi vicino a lui, e sono affiorati talvolta i nomi di Aldo Palazzeschi, di Lucio Piccolo, di Guido Ceronetti. Borges affermava che ogni scrittore inventa i propri predecessori e in Praga magica Ripellino dichiara la propria vicinanza al poetismo, lavanguardia boema degli anni Venti per cui larte una sola, cio la poesia, creazione sovrana: come affermava il fondatore Karel Teig, per poesia intendiamo naturalmente unopera costruita intenzionalmente con qualsiasi materiale e inoltre qualsiasi espressione armonica delluomo27. I poetisti proclamavano la fusione delle forme estetiche; nella loro arte confluivano suggestioni provenenti dal cinema, dalla musica, dal teatro, dalla pittura e Ripellino erede consapevole di quella tradizione:
Mi piacerebbe per, nonostante io di nessuno possa dirmi fratello nellarte, mi piacerebbe riuscire a rendere, in certe pagine, il sassofono di Charlie Parker, le scardanelliche estraneazioni di Holderlin, la poesia saltimbanca di Chaplin, o dei Marx Brothers o di Buster Keaton, le affusolate candele di Beardsley, che possano illuminarsi con uno scherzo di Mahler 28.
Nelle liriche di Ripellino entrano luniverso di cartapesta dei poetisti praghesi, il loro esotismo, i bisticci verbali, le giocolerie clownesche: sono laltro volto dello spirito ceco, opposto e complementare alla lugubre tetraggine kafkiana, sono lironia disperata sullorlo della rovina. Come ha ricordato opportunamente anche Sergio Corduas, i poetisti teorizzavano un progetto complessivo, di rifondazione dellarte e della societ, in unottica di liberazione ed emancipazione delluomo. Ripellino condivide con loro soprattutto la fiducia nel potere salvifico della poesia, ed il tentativo di liberarla da una dimensione esclusivamente estetica, per farla divenire vita, per farla agire sullesistenza degli uomini. Fare poesia per Ripellino, lo ricordava in una prosa del 1975, vuol dire difendere la sempre insidiata libert delluomo29. La dimensione civile dellimpegno letterario, lontana da qualunque omologazione di partito, costante nella sua produzione, ed egli sceglie per s il ruolo di profeta inascoltato, condannato a morire per aver svelato gli scomodi orrori del mondo.
K. TEIG, Arte e ideologia, Torino, Einaudi, 1982, citato da S. Corduas, in Atti, cit., p. 58. A.M. RIPELLINO, nellintervista Angelo Maria Ripellino e la magia della scrittura, a cura di C. Bologna, in La Fiera Letteraria, 15, V, 1975. 29 A.M. RIPELLINO, Di me, delle mie sinfoniette, in Poesie, 1952-1978, cit., p. 251.
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Muoia Geremia perch ha profetato, scrive in Notizie dal Diluvio, ma certo: / sparita la stirpe degli Aridi, un giorno / parecchi avranno sete di bianca fantasia. / Per loro io lavoro, per di qui a cento anni30. Con i poetisti Ripellino condivise il tema della primavera come garanzia, illusione, che Praga sarebbe durata nel tempo, nonostante gli stermini, le repressioni, le esecuzioni capitali.Ma il trionfo del clown effimero, soltanto un eludere il Nulla. Nelle ultime raccolte di Ripellino cresce la sfiducia nella funzione taumaturgica dei versi, e lesercizio della scrittura diviene un fragile amuleto personale cui affidarsi per sopravvivere. Anche in Praga magica, si avverte una rovina incombente, una prossima invasione di salamandre, o magari di robot, moderni golem senzanima: lo scrittore siciliano tenta di stipare tutto nel suo eruditissimo armadio letterario, di consegnare alleternit ogni luogo, ogni leggenda, di sottrarre alloblio ogni bettola, ogni vicolo, con lansia di non riuscire a finire di chi, come Tulk, il Vagabondo di Capek, sente di avere ancora tanto da dire. La malinconia inestirpabile da cui intossicata Praga, che Guido Ceronetti candid ad essere la capitale dellinfelicit, si acuisce nelle ultime pagine, quando cresce il rimpianto dellautore che deve congedarsi dalla sua citt e dalla sua re-invenzione letteraria. Praga diviene citt-sarcofago, che racchiude figure e splendori che sfilano sulla scena forse per lultima volta, prima che su loro cali definitivamente il sipario. Non un caso che il capolavoro di Ripellino si concluda ricordando lultima serata del teatro Za Branou (Alla porta), prima che fosse chiuso per sempre dalla censura sovietica. LArrivederci addio, con cui il pubblico salut la conclusione del Gabbiano di Anton Cecov, lo stesso con cui Ripellino si congeda, consapevole di non potervi pi tornare, dalla citt in cui sperava di poter trascorrere il suo Lebensabend, la sua vecchiaia. Praga magica quindi alter-ego e autoritratto dellautore. Egli vi si riconosce e si identifica nelle radici in diverse culture, nella condanna scritta nella storia, nel pessimismo e nel senso di colpa dei pellegrini, nella libert di pensiero calpestata da chi detiene il potere, nella percezione di una esistenza minacciata da altri, nella disperata allegria dei pagliacci e dei poetisti, nel tenere a bada la rovina incombente con i travestimenti e gli splendori del barocco. Ripellino fu per lultima volta a Praga nellaprile del 1969, per una serata al Caff Viola, organizzata in suo onore e dedicata alla poesia. Sperava di farvi ritorno; non stato cos, almeno in questa transitoria esperienza terrena. Praga oggi una delle pi belle citt dEuropa, ed una delle mete
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turistiche pi ambite; in questi giorni ha vissuto le elezioni che hanno visto la vittoria del centrosinistra, e sotto la guida del Presidente Vaclav Havel si avvia probabilmente a confluire nellUnione Europea. Forse ha perso parte della sua nebbia notturna, della sua malsana intossicante. Credo per che Ripellino, come limmortale conte di Saint Germain delle storie dellalchimia, continui ad esservi presente, con la sua opera insostituibile di difesa e diffusione della cultura ceca, altrimenti destinata a rimanere sconosciuta per molto tempo, almeno in Italia. Rimangono il suo patto eterno con la letteratura, il suo rifiuto di ogni asservimento ed omologazione ideologica e culturale, il suo testamento esistenziale di coerenza e di profonda umanit: bisogna compiersi fino in fondo, essere, prima che vengano a prenderti31. Il convegno del premio Grinzane Cavour tenutosi il 12 ed il 13 novembre del 1998 a Praga stato un riconoscimento del suo ruolo fondamentale di mediatore partecipe di culture. Ripellino era ben consapevole di questa sua funzione: nellintroduzione al saggio del 1968 Letteratura come itinerario nel meraviglioso, scriveva: sin dallinizio delle mie interpretazioni mi proposi di considerare le cose russe e slave dal contesto della nostra cultura, e coi termini del nostro linguaggio critico32. Italo Calvino ricordava come lingegno italiano si sia spesso realizzato a contatto con altre lingue ed altre culture: anche a chi scrive piace credere che il re di Sicilia e il re di Boemia del Racconto dinverno di Shakespeare, evocati sulla soglia di Praga magica, si siano alla fine uniti nella reincarnazione novecentesca di Angelo Maria Ripellino.
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ID., Praga magica, cit., p. 68. ID., Letteratura come itinerario nel meraviglioso, Torino, Einaudi, 1968, p. 6.
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