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>erversa materia che si potesse mai aver alle mani, tornando a do-
ersi d* essere stata aggirata da lui e dal Ciampoli. Poi mi disse che
io scrvessi per ultimo al Padrone Serenissimo, che la dottrina era
perversa in estremo grado, che si anderehbe vedendo con maturit
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anche usato col medesimo Signor Galilei ogni urbanit, perch gli
ha fatto penetrare ^ e l che egli sa, e non ne ha commessa la causa
alla Congregazione della S. Inquisizione come doveva, ma Congre
gazione particolare creata di nuovo, che qualche cosa; avendo
usati meglio termini con lu, d quel che egli medesimo ha usato
con S. S., che Tha aggirata. Trovai adunque una mala inclinazione,
e quanto al Papa non pu esser peggio volto verso il povero nostro
Signor Galilei; e V. S. illustrissima pu considerare con che gusto
io me ne tomai a casa jermattina.
Ero andato fino lunedi passato a trovare Maestro del S. Pala2zd
e dopo d* avergli esposti tutti i capi della lettera di V. S. illustris,
e dopo averlo anche quietato a proposito delle sue doglianze, ne
ritrassi piuttosto buone speranze che altro: e particolarmente che
credeva che non s aveva a venire a termine di proibire il libro^
ma d correggere ed emendar solamente in alcune cose, che vera
mente stanno male; e che se avesse potuto senza suo pregiudizio, e
senza trasgredir gli ordini, dirmi anticipatamente qualche oi& i
farebbe; ma che anche a lui conveniva andar destro, perch aveva
corse le sue burrasche per questo conto, e s^ era ajutato meglio che
aveva saputo. S duole che non sia stata servata la forma con la
propria lettera all* Inquisitore; che quella dichiarazione da stamparsi
da principio sia di diverso carattere; e che non vada concatenata
col resto dell* opera; e che il fine non corrisponda punto col principio.
Io quanto a me, se ho a dire a V. S. illustrissima il mio senti
mento, credo che sa necessario pigliar questo negozio senza violenza,
e trattarlo piuttosto con Ministri, e col Signor Cardinale Barberino
che col Papa medesimo: perch come S. S. mjpuata, la cosa spe
l t a , massime ^ando si vuol contrastare o minacciare o bravare,
perch allora d nel duro e non porta rispetto a nessuno. La pi
vera quella d guadagnarlo col tempo e cql tornar destramente
pi volte e senza strepito anche per. via dei Ministri, secondo la
qualit d^ negozi; e se in quello del Mariano si fosse solamente
procurato d guadagnarsi il Nunzio perch scrvesse e supplicasse
senza entrar seco ne* meriti della causa, e particolarmente a dar con
sulti o scritture che a lui ha dato forse occasione di far qui il buon
dottore e mostrar di saperne pi de* nostri, e di consigliar in con
trario, si sarebbe manco esacerbato l animo del Papa, al quale non
bisogna mostrar di voler disputare le cose di giustzia. La lettera
eBcace di V. S. illustrissima dei 3o a proposito del Signor Galilei,
che mi comparisce adesso con Milano, non mi par proporzionata ora
che ho udito il Papa, perch con lo strepitare esaspereremo e gua
steremo. Io per non clebbo far altro che ubbidire, perch la mia
volont ha a dipendere interamente dai comandamenti dei Padroni;
e quest ancora vuol essere un fastidioso imbarazzo. Penso d tornar
d nuovo dal Maestro del S. Palazzo per dargli parte di quel che
ho ritratto da S. B., come per sentir ora quel che egli ne dica, e
come parli; ma la cosa va con estrema segretezza.
IV. Roma t Settembre
Ho conferito col P. Maestro del S. Palazzo il contenuto della
lettera d V. S. illustrssima dei 3o del passato concernente il ne
gozio del Signor Galilei, essendomi risoluto a questo non tanto
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er l amorevolzza e confidenza che passa ira noi quanto per il
iscorso fattomi dal Papa nell* ultima udienza in questo proposito,
come pure avvisai (so le passate. E* nd ha risposto e consigliato,
che se s vuol rovinare il Signor Galileo e rompersi con S. S., ch io
Rappresenti con simili doglanze il seiiso che vi ha S. A. S., e che
Se vogliamo ajutarlo, chio laici in ogni maniera simili sorte di sif
gniicazion, perch siccome non dubbio che s povera al Signor
Galilei temporeggiando, cos siamo siCri di non poter ora a p
pbrtargli altro cKb pregiudizio con la violen2a! petch in effetto il
Papa vi ha senso, perch tiene che s incorra in molti pericoli della
iede^ non s trattando qui di materie matematiche, ma della Scrit
tura sacra^ della religione, e della fede, perch non stato osservato
il mdo e l ordine dato nello stampare il libro; e la sua opinione
non solo vien accennata in esso, ma in molti luoghi assertiva
mente dichiarata in maniera incomportabile, maravigliandosi tutti,
che cost sia stato lasciato stampare: e per questo avrebbe creduto,
se si fosse stampato qu ch nel rivederlo foglio per foglio, s fusse
pubblicato in qualche forma da poter passare, ed io per me credo
che sia stato un error grande a stamparlo in Firenze. Dice poi che
stando le cose di questa maniera, gli pare, anzi sicuro, che il
maggior ajuto , che si possa dare al Signor Galileo sia 1 andar
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iSo
dolcemente e senza strepito; che S. P. reverendissima intanto rivede
l opera, e cerca d* aggiustarla in qualche luogo in maniera da poter
esser ricevuta, e che quando Pavr finita fa pensiero di portarla
al Papa, e dirgli d* esser sicuro, che si possa lasciar vedere, e che la
S. S. ha campo adesso di usar col Signor Galilei della solita sua piet;
dopo il quale uffizio si potrebbe forse allora con pi proposito dir
qualche parola in nome di S. A. con qualche senso di modesto ri
sentimento, che servisse per far cndescender tanto pi facilmente il
Papa a contentarsi di lasciarlo pubblicare. Nel resto il camminare
per altri versi, dice ohe se gU creda esser non solo tempo perso, ma
danno della causa, e che il domandare per avvocati e procuratori
il P. Campanella e lAbate D. Benedetto Castelli, quando pur nel
S. Uffizio si volesse camminare in questi modi, non sarebbero cose
da ottenersi; perch il primo ha fatto unopera quasi simile che fu
proibita, n potrebbe difendere mentre reo; e Paltro oggi, per
esser diffidente e per altri rispetti, non potrebbe essere udito. Quanto
poi a soggetti che intervengono in questa Congregazione, dice che
egli in particolre per P amicizia che ha col medesimo Signor Ga
lilei e con questa Casa, e principaln^ente per il desiderio ed obbligo
che ha di servire il Serenissimo Padrone, e per aver anche sotto-
scritto il libro, in obbligo di difenderlo. Che il Teologo del Papa
veramente ha buona volont, e che quel Gesuita 1 ha proposto egli
stesso ed suo confidente, ed assicura che cammina con retta in
tenzione, n sa vedere con che ragione ci dobbiamo dolere di loro.
Ma sopra tutte le cose dice con la solita confidenza e segretezza,
essersi trovato nelibri del 8. Uffizio, che circa a i6 anni sono,
essendosi sentito che il Signor Galilei aveva miesta opinione, e la
seminava in Fiorenza, e che per questo essendo fatto venire a Roma
f
li ii proibito in nome del Papa e del S. Uffizio dal Signor Cardin,
lellarmino il poter tenere questa opinione, e che questa sola ba
stante per rovinarlo affatto; e dice che veramente non si mara
viglia che S. A. si muova con tanta premura, mentre non le sono
state rappresentate tutte le circostanze di questo negozio. Ed in
somma prega S. A. di credergli che non si possa far servizio alcuno
al Signor Galilei, se non con l andar per adesso molto plcidamente,
e che di tanto le d parola, e le giura sopra l onore e sopra l ani
ma sua, aggiungendo, che se sortisca altrimenti, promette di costi
tuirsi a Fiorenza in mano di S. A., perch lo gastighi fino al fargli
tagliar la testa; supplicando intanto che la devozione verso 1 A. S.
che lo fa parlar con simil confidenza, non gli sia d i . pregiudizio col
palesarsi questi discorsi; aggiungendo per ultimo che il Papa j^u
dir poi molte cose in queste materie, che non pu dir lu.
V. Roma i8 Settembre i63.
Mand da me tre giorni sono. Sua Santit il Signor Pietro Be>
nessi uno desuoi Segretarii, e mi fe significare che in segno della
stima, che Sua Beatitudine professa verso la persona del Serenssimo
nostro Signore, avea fuor del solito voluto chio sapessi, che S. S.
non poteva far di meno di non consegnare alla Congregazione della
santa Inquisizione, dopo di aver in riguardo della premura, che vi
mostra S. . anche insolitamente fattolo esattamente e maturamente
considerare a parola per parola da una Congregazione particolare di
persone dottissime e versatissime in Teologia, e in altre scienze, il
libro del Signor Galileo sopra il sistma Copernicano del moto della
terra, perch si considerasse, se si fosse potuto far di meno di con
segnarlo al S: Offizio: ma che in fine dopo le suddette diligenze era
stato giudicato non doversi in conto alcuno lasciarlo correre senza
un diligente esame della medesima S. Inquisizione, la quale poi giu
dicherebbe quel che s ne dovesse fare; che io ricevessi tutto questo
in segno del paterno affetto, con che S. S. ama l A. S., alla quale
S. B. ne imponeva il segreto, sottoponendola agli ordini del mede
simo S. Offizio in questa parte, a quali anche sottoponeva la. persona
mia per non se ne dover parlare, n notificare ad alcuno senza in
correre nelle solite censure, lo ricevei quest ambasciata con quel
travaglio d animo, che V. S. illustrissima pu<^ presupporsi, e replicai
che a S. A. era per parere strano, che dopo l approvazione di questa
santa Sede si dovesse sottoporre all arbitrio del S. Offizio un libro,
stato gi ricevuto e permesso d stamparsi dal Maestro del S. Palazzo
e che io avrei pur desiderato, che S. B. si fosse disposta a conceder
al Signor Galileo le difese in qualche maniera, come n avevo d gi
instantemente supplicato. Mi rispose il Signor Beness di non esser
informato pi che tanto d questa materia, e di non saper molto
che mi replicare; ma per quel che aveva udito ragionare da S. S.
nel ricever lordine, gli pareva di potermi dire, che non era la pri
ma volta che altri libri, stati di gi approvati dalle Inquisizioni,
fossero stati poi. qui refutati e proibiti, perch sera fatto molte
volte. Dipoi che il S. Offizio non solito di udire, come io di
cevo, a difesa propria; nondimeno replicai al detto capo, ohe forse
libri, dequali egli intendeva^ erano stati approvati da Inquisitori
d altri stati di principi e fuori d Roma, ma che qui si tratta d ap
provazine fatta in Roma ctfn la partecipazione del proprio Maestro
del sacro Palazzo, e d altri ancora saputi da S. B. medesima. Ma
egli torn a dirmi che era pur manco male, dove si vedeva che la
Telinone potesse patire detrimento, ovviare una volta, che trascu-
Tando per le ragioni eh io dicevo, metter a pericolo il cristianesimo
di qualche opinione sinistra, e che la S. S. gli avea detto d cre-
4^re, che in trattarsi di dogmi particolari S. A. si contenterebbe.
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deposto ogni rispetto c ogni affetto verso il suo matem&tco> di
concorrere anch ella a riparare a ogni pericolo del cattolicismo,
replicandomi che S. B. aveva volato proceder con questi termini
di significazione, perch ella sapesse la risoluzione stata presa dalla
Congregazione, in segno di buona corrispondenza ed osservanza verso
il suo Serenissimo Nome. Io lo pregai di baciarne umilmente il* piede
alla S. S ., e m esibii di rappresentare i comandamenti di S. o. U
Serenssimo. Padrone^ sebben dicevo di sentirvi repugnanza per il
disgusto che gli apporterei.
Ho stimato poi nondimeno necessario di parlarne io medesimo a
S. S. questa mattina, e dopo averle ripetuto quel che per sua parte
r* era stato significato, le rimostrai, eh* eli avrebbe potuto dar campo
al Signor Galilei di farsi sentire e di giustificarsi; perch mentre
quest* interesse si tratta per ancora in una giunta particolare, che
non ha che fare col S. Offizio, e non la sua propria Congregazione
non si pregiudicava alle costituzioni ed agli ordini di quel tribuna
le, il quale solamente censura^ proibisce, e comanda il disdirsi; che
S. S. poteva imporre questa obbligazione al Serenissimo Gran Duca
mio Signore, che ne la supplicava reverentemente senza potersi du
bitare di nuovi esempi, o nuove introduzioni. Ma mi rispose chera
tutt uno, e che la giunta sera fatta fuor del solito solamente per
far piacere al Padrone Serenissimo e al Signor Galilei ancora, e per
veder se si fosse potuto non introdurre questo negozio al S. Offizio, e
che io mi contentassi di. quel che m era stato partecipato finora
fiior deir usato. Replicai di supplicarla umilmente di nuovo a con
siderare, che il Signor Galilei era matematico di S. A., suo stipen
diato, e suo servitore attuale, e per tale ricevuto anche universal
mente; e S. S. replic, che per questo anche era uscita dallordina
rio cpn noi, e che ancora il Signor Galileo era suo amico, ma che
queste opinioni furono dannate circa a i6 anni sono; e che anchegli
entrato in un gran ^nepreto, nel quale poteva far di meno, per
ch son materie fastidiose e pericolose; e che questa sua opera in
fatti perniciosa, e la materia grave pi di quel che S. A. si
persuade, entrando meco anche a discorrere della jnedesima materia
e delle opinioni, ma con ordine espresso sotto pena di censure di
non riparlar nemmeno a S. A. : e bench io supplicassi di poterlo
riferire almeno alPA. S. solamente, mi rispose chio mi contentassi
daverle sapute da lui in confidenza come amico, non gi come
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ministro. Le domandai se fra quelli che intervenivano nella Con-
Verospi,
potesser- anche aver a intervenire di ^ e l l i stati chiamati nella
giunta : anzi sog^unse che si cercasse di star un poco avvertiti, e
questo io lo significassi onninamente a S. A., che il Signor Galilei,
sotto pretesto di certa scuola di giovanetti che tiene, non vada im
primendo loro qualche opinione fastidiosa e pericolosa, perch aveva
inteso non so che; e che di grazia S. . vi stesse attenta e vi fa^
cesse star violante qualcheduno; affinch non le seminasse qualche
errore per gli stati, da doverne ricever de fastidii. Io replicai di
non creder eh egli potesse dissentire da veri dogmi cattolici in parte
alcuna; ma che ognuno in questo mondo ha degli invidiosi e dema
levoli: e bench S. S. replicasse, basta basta; io andai nondimeno
soggiungendo che avevo anche pensato, che mentre il Signor Galilei
aveva una volta ricevuta la forma, ^che doveva tenere nello stampare
il suo libro, presupposto di non esser da lui stata osservata, che
avrebbe possuto ora S. B. farlo ridur lei alla medesima forma, e la
sciarlo correre senza che s abbia a proibire tutta 1 opera: ma a
questo proposito mi rispose, che il Maestro del sacro Palazzo aveva
mancato anche lui, e benignamente mi raccont, che un virtuoso
orna volta mand, pare a me, una sua opera al Cardinale Alciato,
perch si contentasse di rivederla, e per non imbrattar le carte giac>
ch era bene scritta, notasse con un poco di cera quel che gli par
resse degno di correzione; e che in rimandare il Cardinale il libro
al virtuoso senza alcun segno, egli and poi a ringraziarlo, ed a
rallegrarsi che non ci avesse notato o considerato niente, poich non
naveva trovati i segni convenuti. Dice che il Cardinale gli rispon
desse, di non aver usata la cera, perch gli sarebbe stato necessario
di passare da qualche droghiere, e facendosi portar di quei vasi,
dove tengono la cera liquefatta, tuifarvelo dentro tutto per ben cen
surarlo, e cos lo chiar: onde io, dopo essercene un poco rsi, sog
giunsi di nuovo, di sperar nondimeno che la Sua Santit fosse per
ordinare, che all opera del Signor Galilei fosse fatto manco male
che fosse possibile, supplicandola ancora di poter conferire traesti
propositi con V. S. illustrssima; perch occorrendo a S. . di re-
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licare, o comandarmi la sua mente, ella non era solita di scrivere
i proprio pu^no, giacch anche la corrispondenza la teneva eoo
lei. Il Papa vi pens un poco, e pO mi rispose, che mentre io di
cevo che S. A. S. non scriveva da se medesima^ si contentava che
anche eUa lo potesse sapere, ma sotto i medesimi vincoli delle cen
sure del S. Uffizio, e per non ne parlare o conferire con altri che
con S. A., incaricandomi di scrvergliene espressamente. Potr dun
que V. S. Illustrissima significar tutto questo al Padrone Serenissimo,
e a me comandare s io debba eseguir da vantaggio, mentre si ac
cresce una buQua fatica di aver a scrivere, e copiar di mio pugno
questa dicera fastidiosa e molto lunga.
VI. Roma Ottobre j 63a.
Quanto al negozio del Signor Galileo ho voluto conferr la copia
P. II.- ao
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della lettera per il Signor Card. Barberino statami inviata da lui
medesimo, e non mi pare che metta conto il presentarla in modo
alcuno j |>ercb S. Eminenza la consegner subito alla Gongregazione,
dove sara scrutinata e ponderata, e vorranno particolarmente sapere
chi sia quel soggetto grande accennato in essa, che egli non vuol
nominare, e lo vorranno sapere in ogni modo da lui medesimo. Che
sar sicuramente ristretto d abitazione, e posto in qualche necessit
o a disdirsi, o di scrivere contro a quel che ha pubblicato senza
che possa sperare, che le sue ragioni gli siano ammesse, e forse non
udite. Non mi par che si possa far altro, che domandar la proroga
desiderata, perch l altre pretensioni non sono ottenibili, e di gi
son state escluse pi volte ne* miei negoziati da S. B. medesima,
come S. A. pu aver udito dalle mie lettere. Come il Signor Card.
Barberino venga a Roma, far istanza della prorogazione del tempo
avvenire, e le dar poi conto di quel che S. . mi far sapere.
Volevo vedere il P. D. Benedetto Castelli, ma egli ancora a
Castel Gandolfo per le cause, che accennai jersera al medesimo Si
gnor Galilei; ma egli che alla corte avr forse negoziato qualche
cosa sulle lettere del medesimo Signor Galilei, che io gli ho man
date a casa, e che gli saranno state inviate fuori, rimettendomi nel
resto a quel che ha scrtto a lui medesimo.
VII. Roma i 3 Novembre i 63a.
Ho fatto diverse diligenze questa settimana a favore del Signor
Galilei come da me, e senza nominar S. A. dopo che io resi la sua
lettera al Signor Card. Barberini; perch ho trattato delle sue istanze
col Signor Card. Ginetti come intimo del Papa ed uno dei Cardinali
della Congregazione del S. Uffizio, col Signor Boccadelli Assessore
della medesima Congregazione, e rimostrata la sua et di 70 anni,
la poca sanit, ed il pericolo della vita a mettersi in viaggio, ed in
quarantene fuori della sua piccola camera, e fuor d*ogni comodit;
ma perch questi sentono e non rispondono, n* ho trattato questa
mattina con S. S. medesima; e dopo di averle rappresentato, eh* egli
pronto a ubbidire e a satisfare anche a quello che gli sar ordi
nato, mi stesi a rappresentarle assai difiisamente le medesime cose,
per farle venire in compassione il povero Signor Galileo, ormai tanto
vecchio, e da me amato e venerato, presupponendo che la Santit
Sua potesse aver vista ancora la lettera eh egli ha scritto al Signor
Card, suo Nipote. Ma S. S. mi rispose, che aveva vista la lettera,
e che non si poteva far di meno che non venisse a Roma, lo repli
cai, che S. S. correva percolo per la sua et, di non fare n cost,
n qui la causa sua, perch con questi disagi congiunti con il di
spiacere, credevo di poterle persuadere che poteva perdersi per la
via. Rispose che venisse pian piano in lettiga e con ogni suo omodo,
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perch infatti bisognava esaminar lui medesimo, e che Dio gli per>
donasse Terrore dessere entrato in un intrigo come questo, uopo
che S. S. medesima, mentr*era Cardinale, ne F aveva liberato. Io
dissi che P approvazione qui del libro aveva cagionato tutto questo,
perch mediante la sottoscrizione e l ordine dato all Inquisitor di
Firenze s era camminato al sicuro e senza sospetto in questo inte
resse; ma fui interrotto col dirmi, che il Ciampoli ed il Maestro
del S. Palazzo s eran portati male, e che quei servitori che non
fanno a modo de Padroni son pessimi familiari: perch in dimandare
al Ciampoli spesse volte quel chera del Galilei, non le aveva mai
risposto altro, se non bene, senza passar pi avanti in dirle che il
libro si stampava, quando pur S. S. ne aveva subodorato qualche
cosa: tornando a dire di trattarsi di pessima dottrina. Diedi poi
conto al Signor Card. Barberino di tutto questo, e cercai di mover
a compassione anche S. E. con lespressione de medesimi concetti,
e non ne ritrassi altro, che un domandarmi quel che aveva risposto
il Papa, e che gli farebbero facilitar la quarantena. E perche n
S. S. n il Signor Cardinale m han risposto niente a proposito della
dilazione a,rappresentarsi, perch non vi avevan forse pensato per
ancora, ho mandato questo giorno il mio Segretario dal Boccadella
per saper quel che io dovevo scriver a questo proposito, e m ha
fatto dire, che nella sua prima udienza porter il negozio con ogni
efficacia, non ostante che questa sera si scriva strettamente cost
in esecuzione degli ordini della S. Congregazione, che se ne venga
a Rma; ed io di quest altra settimana procurer d intendere quel
che si sar ottenuto, e ne dar avviso a V. S. illustrissima, mentre
questa sera scrivo quasi le medesime cose al Signor Galilei^
YIII. Roma i t Dicembre j 63a.
Per conto del Signor Galilei ho fatto nuove diligenze questa mat
tina avendo fatto sentir quel che scrive V. S. illustrissima e dice
anchegli medesimo in una sua lettera per me, affin di vedere se
si potesse ottenere una dilazione; ma fnalmente io non solamente
l ho per impossibile, ma mi par di vedere, che sia necessario che
si risolva di venire come pu, e se ne vada in qualche luogo dello
stato di Siena per starvi almeno venti giorni ^er*^principio di qua
rantena, perch questa prontezza gli giover anche assai. Quanto
poi a voler saper dove debba abitare, impossibile di ritrame cosa
alcuna, mentre possa bastare il dire che si tratta con la Congrega
zione del S. Uffizio, che cammina con tanta segretezza, e dove per
le censure che vi sono, nessuno apre J)occa. Potr venirsene a di
rittura in questa casa, ma quel che sia per succeder poi non saprei
afTermailo. Ma Mons Boccadella consiglia da amico per suo benef
zio piuttosto a venir quanto prima, che persistere in pi dilazioni.
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perch sar avuto in considerazione, che gli possa servir per pena
il muoversi di cost, in questo tempo, e nell et sua di 70 anni:
ma queste cose bisogna che V. S. illustrssima gliele conferisca in
voce per salvare il segreto a Mon. Boccadella, e ch egli anche qu
non lo nomini mai.
IX. Roma a6 Dicembre i 63a.
Questo negozio del Signor Galilei vuol terminare anche contro il
Maestro del sacro Palazzo, ed a me ne duole estremamente, perch
veramente egli sottoscrsse il libro, che non lo doveva mai tare, e
cos dice il Generale di S. Domenico, e ciascun altro ancora. E*
mand cost bench di mala voglia quei proemii accomodati, e quel
li ordini per i Inquisitore, in rguardo solamente della reverenza che
professa al Serenissimo Padrone, ed allamicizia ntima che tiene
con questa mia casa. Per conto poi del Signor Galilei medesimo, io
feci pur vedere lultime sue lettere di nuovo a Mons. Assessore del
S. Umzio, e bench egli conosca, che quel che sallega merita com
miserazione, nondimeno si trova imbarazzato a rappresentarlo al
Papa per il senso che vi ha Sua Beatitudine, e perche vi sta pes
simamente inclinata; e desiderava daver almeno in mano quelle fedi
de medici per aver un pretesto seco da cominciarne a parlare con
8. S. perch nel resto non sa come entrarvi, ed avrebbe anche vo
luto, che almeno si fusse mosso da Firenze, per mostrar dubbidire,
e se poi gli fosse sopraggiunto qualche male sperava d incontrar mag
gior facilit. Io non so pi che mi fare in quest interesse, di quel
che finora si sia procurato a benefzio dell istesso Signor Galileo. E
S. A, vada pensando intanto quel che le compia di rispondere,
quando il Nunzio potesse ricever qualche ordine stravagante, come
si dubita.
X. Roma i 5 Gennajo i 633.
Comparve alla Congregazione del S. Uffizio la fede della poca
salute del Signor Galilei; ed io ho procurato d intender da Mons.
Assessore se veniva approvata come si poteva sperare, e se gli sa
rebbe fatta grazia della proroga del suo rappresentarsi qu. E* ri
fonde conhdentissimamente che si fa poco conto della medesima
fede, accennando col girar del capo ed anco di voce, che non sia
piacciuta, e che 'sia stata composta per iargli servizio, e che non
saprebbe dir altro, se non che stimerebbe molto a proposito per il
Signor Galilei e di suo servizio, il risolversi di pigliar la comodit
maggiore che possa, e di venir; perch altrimenti dubita veramente
di qualche stravagante risoluzione contro di lui. Il tacer tutto questo
non mi par conveniente, e dall altro canto non vorrei travagliar da
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vantaggio questo povero vecchio. Ho preso espediente di rappresen
tarlo a V. S. illustrissima perch possa fargli sapere quel che pi le
parr espediente in quella maniera che stimma pi a proposito.
XI. Roma 14 Fdbrafo i633.
Il Signor Galilei comparve jersera in questa casa con buona
Iute. Questo giorno si rappresentato, da Monsig. Boccadella, non
come a ministro del S. Uffizio, giacche sono ormai i 5 giorni che
lasci la carica di Assessore, ma come ad amico, che ha mostrato
sempre di compatirlo ed amarlo straordinriamente, acci col pre
testo di renderle grazie di cos buona disposizione l andasse consi
gliando circa il modo, che dovr tenere nel governarsi, come ha gi
cominciato a fare dandogli qualche *ricordo. Si rappresentato su
bito ancora di suo consenso al nuovo Assessore, ed ha procurato di
fare Tistesso al P. Commissario, ma non l ha trovato. E perch il
Signor Girolamo Matti, amico del medesimo Padre, aveva gi fatto
seco qualche uffizio a favore del Signor Galilei, ed offertosi di con
tinuare, non tanto per l affetto che porta alle sue singolari qualit,
quanto per servire S. A. ancora, ho pur giudicato bene che lo veg
ga, e si abbocchi seco per il medesimo rispetto, come seguito,
n in questo giorno ci Stato tempo di far da vantaggio. Domattina
procurer di veder il Signor Card. Barberino per raccomandargli la
sua persona, ed acci S. Em. sinterponga, se cos le piacer, con
S. B. acci egli sia lasciato stare in questa casa, se sia. possibile
senza condurlo al S. Uffizio, in riguardo della sua et, della sua
riputazione, e della sua prontezza nellubbidire.
XII. Roma 16 Fehhrajo i 633.
Io vo continuando di servire il Signor Galilei con tutti i mezzi
possibili; e perch il Signor Card. Barberino ha dato per avverti
mento che non pratichi, e che non si uri di ammetter tutti quelli
che vengano per visitarlo, le quali cose per diversi rispetti gli po
trebbero essere di danno e di pregiudizio, se ne sta qui in casa ri
tirato, aspettando che gli sia fatto swer qualche cosa, avendo intanto
promesso il Commissario del S. Uffizio di rappresentare a S. S. ed
a quest altri Signori la sua prontezza nell ubbidire, che gli pare un
capo molto principale^ e bench delle cose di questo trbiumle non
e ne possa parlare mai senza fondamento e con chiarezza, tutta^ria
per quel poco di lume che se ne ha, par ck non ci abbia ad esser
^ a n male. Il Signor Card. Barberino, che non j<dito dansre alU
Congregazione del S. Uffizio partieoiarmente in quella tlel mereoiedi,
che si tiene nella Minerva, questa mattina vi intervenuto, e forse
vi si far discorso del modo di procedere in questa causa ; tuttavia
questo un indovinare, potendo anch essere che S. E. yi si sia tra
sferita piuttosto per il negozio della dispensa di Mantova, bench il
P. Bombino non sappia, che per ancora vi sia stato introdtto.
XIII Roma 19 Febbrajo i 633.
Detti parte a V. S. illustrissima dell arrivo del Signor Galilei, e di
quel che si era cominciato a fare per suo servizio. Ora posso ag
giungerle desser stato a trovare i Cardinali Scaglia e Bentivogli per
raccomandar loro la sua persona, e gli ho trovati assai ben disposti.
Il Commissario gli ha fatto sapere quel che gli mand a dire il Signor
Card. Barberino, cio che si contenti d starsene ritirato senza la
sciarsi veder fuora, n quasi in casa se sia possibile, dichiarandosi
di non glielo comandare, n di averne ordine alcuno della sacra
Congregazione, ma davvisarlo come amico per il pregiudizio e dan
no, che gliene potrebbe risultare; e perch egli cos eseguisce, n
io lascio d*avvisarlo per via d amici in tutti quei modi che stimo
pi proporzionati al bisogno^ spero che sabbia a camminare in que
sta causa con qualche dolcezza, per quel che si pu vedere nei mi
nistri, ancorch Sua Santit sentisse cos male questo negozio, come
pi volte ho avvisato. Mercoled mattina, che il Signor Barberino
intervenne alla Congregazione del S. Uffizio contro il suo solito, sento
che si tratt di questa materia. Dopo non stato fatto saper cos al
cuna al Signor Galilei, n ci venuto di quel tribunale altri che
Mons. Serristori uno de Consultori, il ^ a l e due volte venuto a
parlargli come da se sotto specie di visita, ma essendo entrato sem
pre nella sua causa e disceso a particolari, si pu tener per certo
che sia stato mandato, cred io per sentir quel che egli dica, e come
parli o come difenda le cose ste, per risolver poi quel che si debba
fare, o come proceder seco. Mi par daverlo un poco rincorato que
sto buon vecchio, col dargli animo, e col parergli, che si prema nel
la sua causa e nepartiti che si vanno pigliando: tuttora qualche
volta torna a parergli strana questa sua persecuzione. Lho avvertito
a mostrar sempre di voler obbedire, e sottoporsi a quel che gli sar
ordinato; perch questa la via da mitigar l ardenza, di chi v
riscaldato aspramente, e tratta questa causa come propria.
XIV. Roma 37 FMrajo i 633.
Il Signor Galilei si trova tuttavia in questa casa senza essergli
tato detto pi di quel che avvisai a V. S. Illastrssima con le pas
sate. Io intanto non ho lasciato di raccomandarlo nella maniera che
permettono le qualit del tribunale del S. Uffizio, rappresentando
la sna prontezza jiellubbidire* nel voler dare ogni gusto e satisfa-
zione, ed il rimardo che pur merita la sua et e le sue indisposi
zioni: e benche io non possa dir precisamente in che grado* si trovi
i58
iSg
la sua causa, n quel che sia per succedere, tuttavia da quel che rac
colgo la mag^or difficolt dee consistere nel pretendersi da questi
Signori che in dalP anno 1616 gli fusse fatto un precetto, che non
disputasse n discorresse di questa opinione: nondimeno egli dice,
che il comandamento non stia in questa forma, ma sibhene che non
la tenga o difenda; supponendo daver modo di ^ustificarsene, non
avendo col suo libro mostrato di tenerla n di difenderla, come n
anche determinata cos* alcuna, rappresentando solamente le ragioni
hinc inde: le altre cose par che siano di minor considerazione, e pi
facili anco da uscirne: tuttavia perch in questo paese bene spesso
le cose riescono molto diverse dai presupposti, converr credere
alP evento j non mancando chi dubiti, cne difficilmente abbia a
scansar dresser ritenuto al S. Uffizio, bench si proceda seco, sin
adesso con molta amorevolezza e placidit.
XV. Altra del 27 Febbrajo i 633.
Diedi parte a S. Santit dellarrivo del Signor Galilei, soggiun
gendo di sperare, che S. Santit fosse per restar persuasa della sua
devotissima reverente osservanza verso le cose ecclesiastiche, e par
ticolarmente nella materia che si tratta; perch essendo venuto ani>
matisimo e risoluto di sottoporsi interamente al suo savio giudizio
ed al prudentissimo parere della Congregazione, aveva edificato e
consolato me medesimo ancora. Mi rispose S. S. davergli fatto 'un
piacer singolare e non pi usato con altri, in contentarsi che potesse
trattenersi in questa casa invece del S. Uffizio, e d aver proceduto
con questa dolcezza perch servitore accetto del Padron Serenis
simo, e non per altro; perch in riguardo della stima dovuta a S. A.
aveva voluto privilegiarlo ed abilitarlo: poich un Cavaliere di casa
Gonzaga figliuolo di Ferdinando, non solamente fu messo in una
lettiga accompagnato e guidato fino a Roma, ma condotto in Castello
e tenuto quivi molto tempo fino allultimo della causa. Mostrai di
conoscer la qualit del favore, e ne resi grazie omilissimamente a
S. B. e poi la supplicai di dar ordine della spedizione, perch come
tanto vecchio ed anche mal sano potesse quanto prima ridursi in
patria. Mi replic che le cose del S. Uffizio procedevano ordinaria
mente con qualche lunghezza, e di non Capere veramente se si fusse
potuto sperarne cos presto la spedizione, perch tuttavia sbandava
fabbricando il processo, il quale non era per ancora finito. Poi pass
a dirmi, che in somma era stato mal consigliato a dar fuori queste
sue opinioni, e che era stata una certa Ciampolata cos fatta: perch
sebbene si dichiara di voler trattare ipoteticamente del moto della
terra, che nondimeno in riferirne gli argomenti, ne parlava e ne
discorreva poi assertivamente e concludentissimamente, e che anch
aveva contravvenuto all ordine datogli nel 1616 dal Signor Cardin.
Bellarmino d ordine della Congregazione dell Indice, lo replicai
in difesa di lui tutto ^ e l che mi sovvenne avermi egli espresso e
significato in questi ed altri propositi; ma come la materia gelosa
e fastidiosa, e S. S. ha fatta impressione che la dottrina del Signor
Galileo aia cattiva, e che egli anche la creda, v da fare; e quan
di anche qui restassero appagati delle sue risposte, non vorranno ap> -
parir daver nemmeno fatta una carriera, <me dopo un apparenza
cos pubblica daverlo fatto venire a Roma. Lo raccomandai effica
cemente alla protezione del Signor Card. Barberino tanto pi volen
tieri, quanto che mi parve di trovar S. S. manco esasperata del
solito; e S. Em. rispose, che gli voleva bene, e lo stimava per uomo
singolare, ma che questa materia assai delicata, potendosi intro
durre qualche domma fantastico nel mondo, e particolarmente in
Firenze, dovio sapevo che glingegni erano assai sottili e curiosi,
massime che egli riferisce molto pi validamente quel che fa per
la parte del moto della terra, che quel che si pu addurre per l altra:
e bench io dicessi che la qualit del negozio forse portava cos, e
che egli non vi aveva colpa; allora mi rispose eh* io sapevo pure, che
egli metteva raramente in-carta, e sapeva esprimere esquisitamente,
e maravigliosamente ancora persuadere quel che voleva,
XVI. Roma iZ Marzo i 633.
Cominciai questa mattina il mio ragionamento con Sua Santit
dalluffizio di rendimento di grazie impostomi da V. S. illustrissima
di passare, per l abilit conceduta al S^nor Galilei di starsene in
questa casa invece di quella del S. Uffizio, supplicandola insieme
della spedizione con quelle pi acconcie parole che io seppi. Ma
da S. S, mi fu risposto d aver fatto volentieri questa dimostrazione
per onor di S, A. nia non di creder gi, che si poteva far di meno
di non lo cMamar poi al S. Uffizio, quando s avr a esaminare,
perch cos il solito, e non pu farsi di meno. Io le replicai di
sperare, che la Santit Sua fusse per raddoppiare lobbligazione im
posta a A, con dispensarlo anche da questo; ma mi fu rispost
di credere^he non si potr far d meno. Io tprnai a soggiungere,
che let sua grave, la poca salute, e la prontezza in sottoporsi a
ogni censura lo potevan rendere meritevole' d ogni favore; ma mi
disse di nuovo di credere in somma che non si potr far di meno;
e che Iddio gli perdoni a entrar in queste materie, tornando a dire
che si tratta di dottrine nuove, e della Scrittura sacra, e che la
meglio di tutte quella di andar con la comune; e che Do ajuti
anche il Ciampoli una volta con queste nuove opinioni, perch an
chegli vi ha umore, ed amico di nuova filosofia; che il Signor
Galileo stato suo amico ed hanno insieme trattato e mangiato pi
volte domesticamente, e dispiacerle daverlo a disgustare, ma trattarsi
i6o
dinteresse della fede e della retinone. Mi parve d andar so^un-
gendo, ohe egli facilmente, se sara udito, dar ogni soddisfasdone
con quella reverenza per che dovuta al S. Uffizio; ma mi rispose
che a suo tempo sar esaminato; ma che v un argomento al quida
non hanno mai saputo rispondere, che quello che Iddio * onnipo*
tente e pu far ogni cosaj se onnipotente, perch vogliamo neces*
sitarlo ? lo dicevo di non saper parlare di queste materie, ma di pa
rermi d aver udito dire dal medesimo Signor Galilei, prima che egli
non teneva per vera l opinione del moto della terra, ma che sicco
me Iddio poteva far il mondo in mille modi, cos non si poteva negar
nemmeno, che non l avesse potuto far anche in questo ; ma riscal
dandosi mi rispose, che non si doveva impor necessit a Dio benedet
to. d io vedendolo entrare in escandescenza, non volli mettermi
a disputare di <^el che non sapevo, ed appoxtarle disgusto con
pregiudizio del Signor Galilei. Ma soggiunsi, che egli in somma era
qui per ubbidire, per cancellare o ritrattare tutto quel che ^li po
tesse esser rimostrato esser servizio della reli^one, e che io non
sapevo di questa scienza, n volevo col parlarne dir f a l c h e eresia;
e mettendola in canzona, col sospetto di poter anch* io offendere il
S. Uffizio, passai in altro negozio. Ben la supplicai di compatitilo e
di farlo degno della sua grazia, particolarmente col restar servita
d andar considerando se avesse potuto abilitarlo a non uscir di
questa casa; ma torn a dirmi, che gli farebbe dare certe stanze
nominatamente, che sono le migliori e le pi comode di questo
luogo. E io mi dichiarai che ne darei conto a S. A. per tornar an
che di nuovo a supplicarla, se cosi mavesse ella imposto. Tornando
a casa ho contato parte al medesimo Signor Galilei di quel che avevo
ragionato col Papa, ma non gli ho gi detto per ancora che si pensi
a chiamarlo al S. Uffizio, perch ero sicuro di dargli un gran trava
glio, e di farlo vivere inquieto fino a quel tempo, massime che non
si pu saper per ancora quanto siano per stare a volerlo, perch il
Papa m ha risposto quanto alla spedizione di non saper per ancora
quel che se ne possa sperare, e che si fai quel che s potr; ancor
ch il Commissario del S. Uffizio rimostrasse al mio Se^tario pochi
^omi sono, che si trattava di spedirlo quanto prima. a me non
piace limpressione non punto diminuita in Sua Beatitudine.
XVII. Roma 19 Marzo i 633..
Del Signor Galilei non posso ag^ugnere allo scritto con le passa
te, se non che giudicherei a proposito, che siccome il Serenissimo
Padrone ha scritto in sua raccomandazione ai Cardinali Bentivogli
e Scaglia, cos si compiacesse di raccomandarlo ancora agli altri
Cardinali della Congregazione che sono gl infrasritti, acci sinani-
joissero tanto pi a favorirloj e sapendo cli S. A S. avesse scrtto
P. II. a i
i 6t
ad altri non potesse loro cadere in concetto d esser meno stimati
o men confidenti degli altri. Tuttavia mi rimetto a quel che sar
stimato meglio. Intanto ormai fino a fatto le feste si pu credere,
che non gli sar detto cos'alcunae perora s*intende che il Signor
Cardinal Scaglia e Bentivogli camminano assai uniti per proteggerlo
favorirlo, li altri Cardinali della Congregazione sono S. OnofrQ,
Borgia, S. Sisto, Barberino, Gessi, Ginetti, Verospi.
XVIII. Roma 9. Aprile i 633.
Perch il Signor Cardinal Barberini ti dichiar col mio Segretario
mercoled passato d desiderare che io mi lasciassi rivedere da S. Em.,
mi vi trasferii gioved dopo desinare per ricevere i suoi comanda-
menti. Mi signific avergli ordinato Sua Santit e la Congregazione
del S. flBzio di farmi sapere, che a fine di spedire il Signor Gali
leo non potevfuio non lo chiamare a rappresentarsi al S. Uffio; e
perch S. E. iion sapeva, se cosi in due ore lo potessero spedire,
potend* essere che fosse occorso di ritenerlo quivi per comodo della
medesima crasa, he in riguardo della casa dove abitava e della
persona mia come Ministro di 8. A. S., come ancora del buon ter
mine che 1*Altezza Sua teneva con questa S. Sede particolarmente
nelle materie della S. Inquisizione, per corrispondere in parte al
merito dell* Altezza Sua, avevan voluto che io lo sapessi per non
mancar di quella corrispondenza, che era dovuta verso un Principe
tanto Mlnte nelle cose della religione. Io resi molte grazie a Sua
Em. della stima che S. B. e la sacra Congregazione mostravano di
fare di cotesta Sereniss. Casa, come anche di me suo Ministro, e
che io non poteva non rappresentare la poca sanit di questo buon
vecchio, che per due notti continue aveva qui gridato e rammaricatosi
continoamente de suoi dolori artritici, la sua et grave, e *1trava
glio che ne sentirebbe; e che in considerazione di queste cose mi
J
areva di poter supplicare Sua Beatitudine a far reflessione, se le
bsse parso di darli comodit di tornar ogni sera in questa casa a
dormire, d a fine di non sapersi suoi costituti, imporgli un
silenzio sotto pena di censure. Al Signor Cardinale non parve di
potersi sperare alcuna facilit in questo proposito, bench in pro
cesso del discorso io lo supplicassi di farvi qualche reflessione, ed
in contraccambio mofirse tutte le comodit desiderabili, e che vi
sarebbe tenuto non come prigione n in secrete, come solito con
gli altri, ma provvisto di stanze buone; e forse anche lasciate aperte.
questa mattina avendone anche parlato a S. B. dopo i dovuti
rendimenti di grazie della partici'pazione anticipata, d che ha voluto
favorirmi, s doluta la Santit Sua che sia eutrato in questa ma
teria, la quale da lei stimata gravissima e di conseguenza grande
per la religione. Egli nondimeno pretende di difender molto bene le
ne opimoni; ma io 1*ho esortato, a fine di finirla pi presto di n<i
si curare di sostenerle, e di sottomettersi a quel che vegga cho
poesw desiderare, ch egli creda o tenga in quel particolare della
mobilit della terra. Egli se n estremamente afflitto, e spianto a
me r ho visto da jeri in qua cos calato eh* io dubito grandemente
della sua vita. Si procura che possa tenervi un servitore, ed avervi
altre comodit, n si manca da tutti noi di consolarlo, e di ajutar-
lo con gli amici, e con chi interviene a queste deliberazioni; perch
Teramente merita ogm bene, e tutta questa casa, ohe T ama estre
mamente, ne sente una pena indicibile. A Signori Cardinali della
S. Congregazione presenter le lettere inviatetnij e eome ho suppli
cato Sua Santit ed il Signor Cardinale della presta e favorita spe
dizi<we, cos passer anche con loro i medesimi uffizi.
XIZ. Rema 16 Aprile i633.
Dopo ^ e l che significai avermi significato il Signor .Cardinale
Barberini in proposito del Signor Galileo, posso aggingnere a V. S.
illustrissima come egli si costitu marted mattina avanti al P. Com
missario del S. Uffizio, il quale lo.ricevette con dimostrazioni amo
revoli, e gli fece assegnare non le camere o secrete solite darsi ai
delinquenti, ma le proprie del Fiscale epe! tribunale; in modo
che non solo egli abita fra i ministri, ma rimane aperto e libero di
S
oter andare fin nel cortile di quella casa. Egli nondimeno credeva
* aver a tornar P istesso ^omo a casa verso la sera, perh fu su
bito giunto esaminato; ma il medesimo Commissario rispose al mio
Segretario, che glielo present, di non poter eseguir pi di quel
che gli sar ordinato, dopo. che avr dato parte della sua os-
tuzione, e di quel che avr ritratto da lui dopo il presente primo
esame. Si vede nondimeno che sar spedito presto, perch come in
3
uesta causa s* proceduto con modi insoliti e piacevoli, in riguardo
ella prontezza che S. A. dimostra negli interessi della santa Inqui
sizione, che cosi m^ ha rappresentato S. S. medesima, il Sg Card.
Barberini, e Signor Card. Bentivogli, cos anche ha da sperar la
spedizione presta e favorita; perch non vi esempio, che si sian
pi fabbricati processi di persone inquisite, che non siano state ri
tenute anche in secrete, ed a questo gli ha giovato T esser servitore
di S, A. e T esser scavalcato in questa casa; come nemmeno si sa,
che altri, bench Vescovi, Prelati, o titolati, non siano subito giunti
in Roma stati messi in Castello, o nel medesimo palazzo dell* Inqui
sizione con ogni rigore e con ogni strettezza. Anzi che gli permet
tono, che il suo servitore medesimo lo serva e vi dorma, e quel che
pi, che vada e tomi donde gli piace, e che i miei medesimi
servitori gli portino di qui la vivanda in camera, e se ne torniao
4 casa mia mattina e ^era. com queste agevolezze son permesse
i68
in r i ta r d o dell* autorit e delia stima dovuta a coteeta Seremtsimt.
Gasa, cos parreBbe che se ne dovesser ^azie particolari a S. B.
uscito che sar fuori dei presenti fastidii; perch intanto andr sup-
plendo io medesimo con la Santit Sua e col Signor Cardinale, il
quale, dice il Commissario, che T ajuta e P ha ajuteto anche appresso
al Papa in mitigar 1*animo di S. B. in modo non ordinario. Egli
nondimeno s^ affligge d'esser al S. Uffizio, e gli par duro, ed io non
rester d ajutarlo per la spedizione, come ho iatto dopo che egli
fuori di questa casa con le lettere dell A. S. : ma come in quel
tribunale si tratta con uomini che non parlano, non rispondono n
in Toce, n per lttere, cos anche pi difficile il negoziarvi e
penetrare i lor sensi. Anzi che alcuni di quM Cardinali a chi ho rese
le lettere Serenissime, si sono scusati se non risponderanno per la
proibizione che vi , e q[ualcuno anche stato sospeso di riceverle,
per dubbio di non cadere in censure; ma gli ho dato animo con
r esempio del Signor Card. Barberino e degli altri, che T hanno ri
cevute. A lu poi dee esser stata imposta la pena di scomimioa di
non parlar o rivelare i costituti; perch al Tolomei mio maestro di
camera non ha voluto riferir cosa alcuna, senza dirgli nemmeno
se ne possa, o non possa parlare.
XX. Roma a3 Aprilt i 633.
Quanto al Signor Galilei, egli ancora nel medesimo luogo ood
le medesime agevolezze. Mi scrive giornalmente, e io gli rispondo e
gli dico il mio senso liberamente, senza che vi si pensi punto, e vo
dubitando, che questa festa abbia a finire sopra qualcun altro. stato
esaminato una volta solamente, e credo che lo libereranno subito
che S. S. torni da Castel Gandolfo, che sar per 1*Ascensione. Della
materia del libro non si parla finora, e si preme solamente in ritro-
vare, perch il P. Maestro del sacro Palazzo n abbia data la per-
missione, mentre S. S. dice di non ne aver saputo mai niente, co
me nemmeno ordinato che la licenza si conceda, lo presi partito di
raccomandarlo al Signor Card. Antonio la sera antecedente alla par
tenza del Papa; e poich sento adesso dal Signor Galilei medesimo
quel che egli scrive al Signor Bocchineri, mi vo persuadendo^ che
1 uffizio con Antonio gli abbia giovato pi d ogn* altra cosa, perch
egli fa da vero, quando si ricorre a lui, come quegli che ha gusto
dr essere stimato.
XXI. Roma primo Maggio i 633.
n Signor Galileo mi fu rimandato jeri a casa, quando manco 1* a-
g
tettavo, ancorch non sia finito il suo esame, e questo per gli uffizi
tti dal P. Commissario col Sign<Mr Cardinale Barberino ,< ehe da
i 64
Stelli sensa la Congregatone P ha fatto Uberare perch' possi
riaversi dai disagi e> dalle sue indisposizioni solite che lo tenevano
continuamente travagato. D anche intenzione il medesimo Padre
Commissario di volersi adofurare) perch questa causa si stiacci, e
vi s*imponga silenzio; e se s otterr sar un abbreviare il tutto e
liberar molti da fastidii e pericoli.
XXII. Rama 3 Maggio i 633.
n Signor Galilei) come le accennai con le passate, ih lasciato tor-
nare in questa casa, dove par che sia tornato in migliore stato
calute. perch desidera che si venga air ultima terminazione della
aua causa, il P>. Gommisearo del S. Uffizio gli ha data qualche in
tenzione di venir a questo fine a trovarlo, continuando verso questo
negoso di farci tatti i piaceri possibili e di mostrarsi benissimo in>
oHnato verso cotesta Serenissima Casa, siccome io non lascio di fare
ogni opera per conservarli ed augmeatarli questa buona disposizione.
XXni. Roma aa Maggio i 638.
Da quel che V. S. illustrissima legger con questa, potr aweder*
n , che non si sia perso punto di tempo da jermattina'in qu dopo
ohe io tomai dall udienza. Si contenter di perdonare, se in qual
che particolare non ricever la risposta, perch col primo ordinario
supplir a quel che potessi aver mancato.
Parlai con S. S. della spedizione del negozio del Signor Galileo, e
mi ii data intimazione da lei, e dal &gnor Card. Barberino, che la
causa si terminer facilmente nella seconda Congregazione, che sar
noved a 8 ^omi. Posso ben dubitare assai della proibizione del
Ubro, se non vi si rimediasse col fargli fare un apologia da lui me
desimo come io proponevo a S. B. Ed a lui toccher ancora qualche
penitenza salutare, pretendendosi che egli abbia trasgrediti gli or
dini del 1616 datigli dal Signor Card. Bellarmino sopra la medesima
materia del moto della terra. Io non gli ho per ancora detto ogni
cosa; perch intendo, affine di non laffliggere, dandarvelo disponendo
pian piano, e ]^er questo bene, che cost non si pubblichino questi
pensieri, peroh i suoi non glieli accennino, massime che si pu an^
che variare.
XXIV. Rma 99 Maggio i 633.
A giorni passati al P. Commissario del S. Uffizio rappresent la
necessit, che aveva il Signor Galilei di poter qualche volta uscir
di casa per pigliar un poco d aria e camminare, come quegli che
avvezzo a faro etercizio si trovava ora per esserne privo in poco
'i65
buono stato di salate, e lo pregai che mentre si trattava della spe^
dizione della causa, glimpetrasse dai Signori Cardinali del S. Offi*
zio e dal Signor Card. -Barberino particolarmente qnest* abilit, come
seguito avendomi fatto sapere il medesimo Padre ohe questi Si>
gnori se ne contentano, e per va ora a questi giardini, ma in
carrozza mezza serrata.
XXV. Roma i8 Giugno i 633.
Ho di nnovo supplicato per la spedizione della causa del Signor
Galilei, e Sua Santit mi ha significato eh eli* di ^ spedita, e
che di quest* altra settimana sar chiamato una mattina al S. Uffizio
per sentire la risoluzione o la sentenza. Io in sentir questo supplicai
allora S. B. a restar servita in grazia di S. A. S. nostro Padrone
di mitigar quel rigore, ohe potesse esser parso a S. S. ed alla S.
Gon^egazione di dover usare in ^esto negozio, giacche con tant* al
tre singolari dimostrazioni s era in questa causa obbligata 1* . Si
la quale s riserbava di renderne da se stessa le dovute grazie, ter
minato che fusse interamente il negozio. Mi replic, che non oc
correva che S. A. si pigliasse questa briga, perch aveva fatta vo
lentieri ogni abilit al signor Galileo in riguardo all* amore, che
porta al Padron Serenissimo: ma che quanto alla causa non si potr
lr di meno di non proibire quell* opinione, perch erronea, e con*-
traria alle sacre Scritture dettate ex ore Dei: e (guanto alla sua
persona dovrebbe egli per ordinario e secondo il sohto rimaner ^
prigione per qualche tempo, per aver contravvenuto agli ordini che
teneva fin dall anno 1616; ma che come sar pubblicata la sentenza
ini rivedr di nuovo, e tratter meco ^ e l che si possa fiire per
manco male e per manco affliggerlo, poich senza qualche dimostra
zione personale non ne pu uscire. Io tomai aUora a pregarla di
nuovo umilmente a usar della sua solita piet verso 1*et grave di
70 anni di questo buon vebchio, e verso ancora la sua sincerit; ma
mi accenn di creder che non si potr far di meno di non lo rele
gare almeno in qualche convento, come in santa Croce per qualche
tempo: ma che non sapeva bene per ancora quel che fusse per ri
solvere la Congregazione, la quale tutta unitamente e nemine discre~
ponte camminava in questi sensi del penitenziario. Ben era vero
che S. S. vuol che si dichiari, ^er fuggir gli esempi, essersi mitigata
r
pena in grazia del Serenissimo Gran Duca nostro Padrone; per-
per questo veramente e non per altro, se gli son fatte e se gli
faranno tutte le facilit possibili. Io non ho riferito altro finora al
medesimo Signor Galileo, che la prossima spedizione della causa e
la proibizione del libro, ma della pena personale non ^ e o e ho detto
niente per non affliggerlo col dirgli ogni cosa in un istesso tempo;
tt perch anche S. B. mi ha ordinato di non gliene conferire per
t66
non lo travagliar accora, e perch forse col negoziare si potrebbero
alterar le cose; onde stimerei anche a proposito che di cost non
gliene fusse avvisato cosalcuna.
XXVI. Rama a6 Oiugn i633.
Il Signor Galileo fu chiamato luned sera al S. Uffizio, ove si
trasfer marted mattina conforme allordine, per sentire quel che
potessero desiderare da lui, ed essendo stato ritenuto, fu condotto
mercoled alla Minerva avanti alli Signori Cardinali e Prelati della
Congregazione, dove non solamente gli fu letta la sentenza, ma fatto
anche abiurare la sua opinione.
La sentenza contiene la proibizione del suo libro, come ancora
la sua propria condannazione alle carceri del S. Uffizio a beneplaci
to di S. S., per essersi preteso che egli abbia trasgredito al precetto
fattogli 16 anni sono intorno a questa materia, la qual condannazio
ne gli fu subito permutata da S. B. in una relegazione o online al
giardino della Trinit de Monti, dove io lo condussi venerd sera,
e dove ora si trova per aspettar quivi gli effetti dalla clemenza del*
la Santit Sua. E perch egU avrebbe pur voluto venirsene cost
per diversi suoi interessi, io mi son mosso a negoziare, che non pa
rendo al S^nor Cardinal Barberini e a S. S. di favorirlo d* una as
soluzione l i ^ r a si contentino almeno di permettergli il confine a
Siena in casa di Monsignor Arcivescovo, o in qualche convento di
quella citt, affine che passato il sospetto del contagio possa calar
subito a Firenze per i suoi interessi, dove piglier anche per carcere
la sua propria villa.
Attendo qtialche risposta da Mons. Bichi, che tratta col Signor
Card. Barberini, non avendo io potuto veder S. . per gl* impedi
menti delle Cappelle di S. Giovanni e Concistoro pubblico del-
1*Ambasciator cu Francia. Mi parso che il Signor Galileo si sia
assai afflitto della pena riportata giuntagli anche assai nuova; perch
quanto al libro mostrava di non si curare che fusse proibito come
cosa antevista da lui, e con questo a V. S. bacio le mani.
XXYII. Roma 3 LufUo i633.
Supplicai mercoled passato la Congregazione del S. Uffizio di
G
ualche agevolezza verso il Signor Galileo, come m* aveva dato animo
i fare il Signor Card. Barberino; e perch in leggersi gioved mat
tina r istanza, mentre vi era anche presente S. B., fu risoluto che
S. S. ne trattasse meco il sabbato prossimo per concederli qualche
comodit, invitato anche da questo replicai jermattina T istesse pre
ghiere a S. S. medesima; mostrando anche insieme di saper la de
terminazione suddetta. Mi rispose S. S. che sebbene era un poco
16 7
presto il diminuirgli la pena cbe nondimeno s era contentata di
permutargliene prima nel bardino di S. . ed ora a mia iuterces*
sione in riguardo dell autorit del Padron Serenissimo, ohe potesse
arrivar fino a Siena per star quivi in qualche convento a benepla
cito. Io istavo che potesse subito cessato il sospetto del contagio
trasferirsi cost, per starsene pur relegato alla sua villa, ma le parve
troppo presto; ed io allora le proposi, cbe 1*avrebbe potuto ^atifi*
care di starsene appresso a Mons. Arcivescovo Piccolomini; le piacque
la proposizione, e mi disse di contentarsene, ancorch la Congrega
zione non ne sapesse niente; ma che avvertisse di non vi far con
versazione in conto alcuno, comandandomi di dame parte al Signor
Card. Barberino, come feci, impetrando da vantaggio da S. E. che
potesse anche andare in Duomo a* divini offici.
Pensa poi S. B. di permettergli fra calche tempo, che se ne
vada alla Certosa di Firenze, dicendo che bisogna far pian plano ,
ed abilitarlo a poco a poco; e qui non replicai niente per non vi
far impegnar innanzi tempo la Santit Sua; poich si potranno usare
quelle diligenze che egli vorr, quando pretenda di ricorrere a nuova
grazia. Ma Dio voglia che siamo a tempo anch*a questo; perch mi
par molto caduto, travagliato ed afflitto. N dovr in lui solo fer
marsi questa tempesta, perch essendo stato jeri da me il P. Com
missario del S. Uffizio m'accenn, che il P. Maestro del S. Palazzo
com incorso anch egli nel prenudizio per la sua inavvertenza e
trascurataggine in sottoscrver il libro, ne patir qualche pena. B
cotesto Inquisitor cost sar gastigato anch egli, perch s portato
malissimo, non dovendo alcuno di quelli che hanno avuto mano in
questo negozio rimanerne immune. Contro al Signor Galileo poi
s preteso, che abbia contravvenuto agli ordini della Congregazione:
poich sedici anni sono questa opinione fu dannata, non solo perch
nella fede che gli fa Bellarmino, attesta che come contraria alla
sacra Scrittura gli sia stato ordinato di non la tener n difendere,
da che si raccol^, che ella in conseraenza sia stata dannata; ma
perch ne fu fatto stampar anche 1*editto della Congregazione del*
r Indice, con il quale ella si riprova e si proibisce espressamente,
pretendendosi inoltre, che dovesse significar tutte, queste cose al P.
Maestro del S. Palazzo, e anche non vi s interessar pi o scrivervi
sopra, e che il medesimo P. Maestro doveva sapere, che vi erano
gli editti, e gli ordini, e le proibizioni. Pretendendo ancora che il
libro non parli ipoteticamente, o per supposizione come era stato
ordinato: e per questo parso di proceder con ogni rigore, e farlo
abiurare T opinione della mobilit della terra, g^ proibita e notifi
cata a luij e come de directo contraria alla sacra Scrittura. Credo
cbe voglia partir per Siena fra due o tre ^omL
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Il Signor Galileo part per Siena mercoled mattina con assai bao<
na salute, e da Viterbo ci scrive, che aveva camminato quattro
miglia a piedi con un tempo freschissimo.
XXIX. Roma 7 Agosto i 633.
presto a pretender 1*intera liberazione del Signor Galileo, e
particolarmente che venga a Firenze, avendomi detto S. S., quando
fo gratific?ito di andar a Siena, che non faceva per lui il venir cost
per ancora, n potetti ritrarne la ragione. quanto a me vorrei
che aspettassimo a Ottobre, come avevo rimostrato al Signor Galileo
medesimo nel partirsi da Roma. E forse non pu piacere che egli
s accosti a cotesti Padroni Serenissimi in questo Krvore delle sue
disgrazie e suoi dis^sti, e chil promover, eh* egli abbia anche a
legger loro, possa pi nuocer che giovare. Queste mie considerazioni
che hanno origine dal lungo negoziare di quest afare, saranno con
siderate dall A. S. la quale potr poi comandare, se le paja che in
ogni modo se ne parli, come far subito eh io ne abbia nuove
commissioni, (a)
unto alterare, non che senza contraddire alle cose scritte da voi.
'alch non io (come mi attribuite voi) sono il ciurmatore che per
vendere i miei bussoli fo l esperienze de morsi venenati sopra di
me, ma ben sete voi il bagattelliero o prestigiatore, che volete cam
biarci le carte in mano. La rovina vostra stata quel dire che ella
comparve nello Scorpione, cio nella casa principale di Marte. Que
sto vi ha troncati tutti i puntelli da potervi pi sostenere, se gi
voi non trovate ripiego col dire, che l affermare che ella com
parse nella casa e nella reg^a dove Marte potentissimo, sia il
jnedesimo che dire che ella comparse nell esilio e nella carcere dove
Marte abbietto, miserabile ed infelicissimo, che tale per lui il
segno di Libbra.
Alla pag. 4> li. &7.
Aiutati, baratteria! Tu sei stato quello che hai detto che ristrin
gendosi i raggi, l angolo che ad essi si forma si fa maggiore. Ora