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OPERE
PEANO
SCELTE
a cu ra
d e ll U N IO N E
M A T E M A T IC A
IT A L IA N A
N A Z IO N A L E
BELLE
VOLUME
R IC E R C H E
EDIZIONI
CREMONESE
ROMA
1957
G i n S E V V E P E A X O;
1 8.5 K - 1 9 a *2
Sono
riservati
Unione
tutti
Matematica
diritti
alla
Italian a
Gubbio
- Soc.
Tipografica
ODEHISI,,
19 5 7
PREFAZIONE
VI
n. lavori
24
- 5
16
7
28
Al prim o volume sar allegato, dopo una breve introduzione, il citato indice
cronologico dei lavori di Peano ; un elenco degli scritti (italian i o stranieri)
comm emorativi di Peano o comunque re la tiv i alle sue opere ; ino ltre il ritra tto .
U introduzione sar, scritta dal prof. Cassina a cui la commissione affida
anche la cura delledizione delle opere di Giuseppe Peano, secondo il piano a p
provato, autorizzandolo ad in tro d u rv i se lo creder opportuno eventuali
lievi modifiche.
II Cassina rediger in oltre le note redazionali a tte ad illu strare molto bre
vem ente i singoli lavori o groppi di lavori. T ali note saranno sempre accompa
gn ate dalla firma o d alla sigla dellautore.
L a commissione lieta di aver concluso i suoi lavori ed augura che la
pubblicazione delle opere di Giuseppe Peano, di cui si fe incom inciato a parlare
fin dal 1933, sia presto un fa tto compiuto.
Milano, 13 gennaio 1957.
G. S a n s o n e .- A. T e r r a c i n i - U. C assin a
Vi X
IN TR O D U Z IO N E
GIUSEPPE PEAN
INTRODUZIONE
1
lavori d filologia e di interlinguistica possono essere divisi in
due categorie : quelli dedicati allo studio della derivazione che lo
hanno portato alla creazione della cosidetta algebra della gramma
tica e quelli di natura strettam ente filologica ed interlinguistica
che lo hanno portato al latino sine-flexione (divenuto poi l interlin
gua), allo studio scientifico comparato dei vari progetti di lingua au
siliari internazionale, ed alla redazione del vocabolario comune alle
lingue di Europa, che, nella edizione definitiva (1915), costituisce un
volume di pagg. X X X II-3 2 0 , degno per la ricchezza delle notizie
raccolte e vagliate di dare da solo fama al suo autore.
Ma non questo il posto per parlare dellopera filologica ed
interlinguistica di T e a n o , essendo lo scopo di queste Opere scelte
quello di raccogliere e di mettere a disposizione degli studiosi i la
vori pi significativi d ellopera matematica (in senso lato) di G. T e a n o .
Tuttavia, il Comitato per la scelta delle opere da pubblicare, ha
creduto doveroso di inserire in questi volumi anche alcuni scritti
dedicati al latino sine-flexione, allinterlingua ed allalgebra della
grammatica, perch il lettore di queste Opere scelte possa avere
u n idea anche di questi studi di P e a n o , che del resto hanno unim
portanza notevole per la chiara comprensione di molti suoi scritti
matematici posteriori al 1903.
Non nemmeno possibile nei lim iti di questa breve introdu
zione entrare nei particolari dei lavori di matematica e di filo
sofia di P e a n o , Mi limiter perci a ricordare alcuni dei suoi risul
tati pi. notevoli incominciando dai lavori di analisi matematica.
Dimostrazione della integrabilit delle equazioni differenziali
ordinarie e dei sistem i di equazioni differenziali ordinarie con la sola
condizione della continuit, ; integrazione per serie dei sistemi di
equazioni differenziali lineari (col cos detto metodo delle approssi
mazioni successive) ; la curva continua che riempie un quadrato ; i
teoremi sulle derivate, sui wronskiani, sugli jacobiani, sulla serie
di T a y l o r , sulle funzioni interpolari, sulla commutabilit delle deri
vate parziali, sui massimi e minimi delle funzioni di pi variabili,
sul nuovo concetto di lim ite da lui introdotto, sulla teoria dei com
plessi di ordine n e sulle sostituzioni lineari su di essi con lesten
sione a queste ultime dei concetti di modulo, di esponenziale, di
esponenziale generalizzato e di limite.
I
teoremi sui resti nelle formule di quadratura, ed in particolare
il teorema generale sul resto inteso come un particolare operatore
lineare per le funzioni reali di variabile reale.
GIUSEPPE PEAN
in t r o d u z io n e
5.
GIUSEPPE PEANO
INTRODUZIONE
GIUSEPPE PEANO
Peano in fa tti nel mezzo secolo e p i in cui rim ase alla ribalta
scientifica m ut p i volte i suoi interessi di studioso, talvolta ad
d irittu ra in modo radicale. A ssa i notevoli sono ad esempio f r a l'altro
i suoi apporti filolo gici e glottologici, con la stam pa del Yocabulario
commune ad liuguas de Europa e con la sua molteplice opera in terlin
guistica. E si pu in fin e osservare che molte delle sue cose di m inor
conto hanno p u re un loro stile inconfondibile, in quanto egli non rite
neva di abbassarsi occupandosi di questioni lievi od apparentemente
irrilevanti, applicandosi ad esse con la stessa seriet e lo stesso im
pegno con cui si dedicava a quelle p i gravi, lasciando ovunque lim
p ro n ta del suo spirito acutamente logico e del suo ingegno lucido ed
originale. Anche siffatta a ttivit secondaria che va dai calcoli n u
m erici a talune questioni pratiche assicurative, dai passatem pi e giochi
aritm etici ai problem i sul calendario, da certe questioni didattiche con
tingenti a quelle su llesecuzione tipografica delle fo rm u le matematiche
ha dato i suoi fr u t ti, d i cui non per a, tu tti nota lorigine : cosi,
p e r lim itarsi ad un solo esempio, a Peano che risale limpiego si
stematico orm ai molto diffuso specie oltre A tlantico della nu
merazione decimale p e r rin v ii a fo rm u le e teoremi .
U g o C a s s in a
Milano, aprile 1957.
BIBLIO G R A FIA
(S u lla Tita e s u lle opere di G. Peano)
10
GIUSEPPE PEANO
C. B o tto , Una gloria scientifica dIta lia : il matematico Giuseppe Peano, tipogr. N.
Menzio, Cnnoo, 1934, pagg. 24, estratto dallannuario lei E. Istitu to Tec
nico (li Cuneo 1933-34.
A. P ado a , Ce que la logique dott Peano, A ctual, sci. indnstr., 395 (1936), pp. 31-37.
U. C a ssin a , Parallelo fr a la logica teoretica di Hilbert e quella di Peano, Period.
m at., (4), 17 (1937), pp. 129-138.
, L area di una superficie curva nel carteggio inedito di Genocchi con Schwarz
ed Hermite, R endiconti Ist, Lombardo, 83 (1950), pp. 311-328.
I n memoria di Giuseppe Peano, sta d i d i Beppo Levi, Guido Ascoli, Beniamino Segro, Francesco Barone, Ludovico Geymonat, Tommaso Boggio, Ugo Cas
sia, E tto re Camicoio, raccolti da Alessandro T erracini, Cuneo, presso il
Liceo scientifico, 1955, pagg. 116.
^
Contiene, oltre alla prefazione d i A. T e r r a c i n i , i seguenti sc ritti :
Beppo L e v i , L opera matematica di Giuseppe Peano, pp. 9-21.
G. A sc Ol i , I motivi fondamentali dellopera di Giuseppe Peano, pp. 23-30.
B. S e g h e , Peano e il Bourbalcismo, pp. 31-39.
F. B a r o n e , Unapertura filosofica della logica simbolioa peaniana, pp. 41-50.
L. G e y m o n a t , I fondamenti dellaritmetica secondo Peano e le obiezioni filosofiche
di B. Russell, 51-63.
T. B o g g io , I l calcolo geometrico di Peano, p p . 65-69.
1881
1. Costruzione dei connessi (1,2) e (2,2). (A tti) Acc. (delle scienze di) Torino, 1881,
10 aprile, v. 16, pp. 497-503.
2. Un teorema sulle form e multiple. Acc. Torino, 1881, 27 nov., v. 17, pp. 73-79.
3. Formazioni invariantive delle corrispondenze. Giorn. di niatem. di B attaglini,
1881, y. 20, pp. 79-100.
12
1882
1883
GIUSEPPE PEANO
4. Sui siatemi di forme binarie di egual grado, e sistema completo di quante si vogliano
cubiche. Acc. Torino, 1882, 16 apr., v. 17, pp. 580-586.
5. Sullintegrabilit delle funzioni. Acc. Torino, 1883, 1 apr., v. 18, pp. 439-446.
6. iSulle funzioni interpolar. Acc. Torino, 1883, 20 maggio, v. 18, pp. 573-580.
1884
7. Teoremi sulle derivate. (E stratti di due lettelo di Peano), (Errore in una dimostr,
di C. J ordan e polemica con Ph. G ilber t ), Nouv. Ann. m ath., (3) 1884,
gennaio, pp. 45-47 ; maggio, pp. 252-256.
I, 8. A n g e l o G e n o c c h i, Calcolo differenziale e principii di calcolo integrale, pubbli
cato con aggiunte da G. P ea.n o . Torino, Bocca, 1884, pagg. xxxn-338.
I', 8'. A n g e l o G e n o c c h i, Differentialrechnung und Grundzige der Integralrechnung,
herausgegeben von G. P e a n o , versione di G. B o i i l m a n n e A. S c h k f p con
n n a prof, di A. M a y k r . Leipzig, Tenbner, 1899, pagg. Vin-400.
1886
9. Sullintegrabilit delle equazioni differenziali del primo ordine. Aco. Torino, 1886,
20 giugno, v. 21, pp. 677-685.
1887
10. Integrazione per serie delle equazioni differenziali lineari. Aco. Torino, 1887,
20 feb., v. 22, pp. 437-446.
II, 11. Applicazioni geometriche del calcolo infinitesimale. Torino, Bocca, 1887, pagg.
xn-336.
1888
12. Integration par sries des quations diffrentielles linaires. ~ M ath. Annalen, 1888,
aprile, v. 32, pp. 450-456.
13. Definizione geometrica delle funzioni ellittiche. Giorn. d i m at. di B a t t a g l in i ,
1888, v. 26, pp. 255-256.
13'. Defmipo geometrica das funcpoes ellipticas. T eixeira Jo m ., Coimbra, v. 9,
1889, pp. 24-25.
I l i, 14. Calcolo geometrico secondo lAusdehnungslehre di H. G r a ssm a n n , preceduto
dalle operazioni della logica deduttiva. Torino, Bocca, 1888, pagg. xn-170,
(F. 1888).
15. Teoremi su lassimi e minimi geometrici, e su normali a curve e superficie.
Rend. del Circolo di Palerm o, 1888, v. 2, pp. 189-192.
1889
16. Arithmelices principia, nova mcthodo exposita. Torino, Bocca, 1889, pagg
xvi-20, (F. 1889).
17. Sur les wronskiens. Mathesis, Gand, 1889, v. 9, pp. 75-76, 110-112.
18. I principii di geometria logicamente esposti. Torino, Bocca,. 1889, pagg. 40,
( F \ 1889).
19. Une nouvelle form e du reste dans la formule de Taylor. Mathesis, Gand, 1889,
v . 9, pp. 182-183.
20. Su duna proposizione riferentesi ai determinanti jacobiani. Giorn. m at. di B a t
t a g l in e 1889, v. 27, pp. 226-228.
21. A n g el o G e n o c c h i (Cenni necrologici). Annuario R. U niversit, Torino, 18891890, pp. 195-202.
22. Sur une formule dapproximation pour la rectification de Vellipse. Paris, Coniptes R. de lAc. des So., 1889, t. 109, pp. 960-61.
1890
23. Sulla definizione dellarea duna superficie. (Rond.) Acc. Lincei, 1890, 19 genn.,
(4), y. 6 pp. 54-57.
24. Sur une oourbe qui remplit toute une aire piane. Math. Annalen, 1890, v. 36,
pp. 157-160.
25. Les propo8tion8 du V livre d1Euclide rfuites en formules, Mathesis, Gand,
v.' 10, 1890, pp. 73-75.
In d i c e c r o n o l o g i c o d e l l e p u b b l i c a z i o n i s c i e n t i f i c h e
1890
13
26. Sur linterversion dea drivationa partitile*. Mathesie, Gand, v. 10, 1890, pp.
153-154.
27. Dmorwtration de lintgrabilit dea quationa diffrentiellea ordinaires. Math.
Ann-, 1890, v. 37, pp. 182-228, (F. 1890).
28. Valori approssimati per l'area di un elliaaoide. Acc. Lincei, 1890, 7 die., (4),
v. 6j, pp. 317-321.
29. Sopra alcune curve singolari. Acc, Torino, 1890, 28 die., v, 26, pp. 299-302.
1891
30. Gli elementi di calcolo geometrico. Torino, C andeletti, 1891, gennaio, pagg. 42.
30'. Die Grundziige des geometrischen Calculs, versione di A. S c h e p p . Leipzig,
Tenbner, 1892, pagg. 32.
31. Principii di logica matematica. R(ivista) d(i) M (atematica), V. 1, 1891, pp. 1-10,
(F. 1891).
31'. Principios de lgica matemtica. E1 progreso m atem atico, Zaragoza, v. 2, 1892,
pp. 20-24, 49-53.
32. Sommario dei libri V II , V i l i , I X AEuclide. R. d. M., v. 1, 1891, pp. 10-12.
33. Recensione : E. W . H y d e , The directional Calculue, baaed upon th methoda o f
H . G r a ssm a n n . R. d. M., v . 1, 1891, p p . 17-19.
43. S u una questione proposta, . R. d. M., v. 2, 1892, pp. 1-2 (31 die. 1891).
44. Sommario del libro X dEuclide. R. d. M., v. 2, 1892, pp. 7-11 (31 die. 1891).
45. Sur la djinition de la drive. Mathesis, G and (2), v. 2, 1892, pp, 12-14.
46. Oeaervazioni sul T raiti dAnalyse par H. L a u r e n t . R. d. M., v. 2,1892,
febb., pp. 31-34.
47. Esempi di funzioni sempre crescenti e discontinue in ogni intervallo. R. d. M.,
v. 2, 1892, febb., pp. 41-42.
48. Questione proposta (VI). R. d. M., v. 2, 1892, febb., p. 42.
49. Sur le thorme gniral relatif lexistence des intgrales des quat. diffretitielles
ordinaires. Nouv. Ann. m ath., (3), v. 11, feb. 1892, pp. 79-82.
50. Generalizzazione della form ula di Simpson. Acc. Torino, 1892, 27 marzo, v.
27, pp. 608-612.
51. Dimostrazione dellimpossibilit di segmenti infinitesimi costanti. R. d. M., v. 2,
1892, marzo, pp. 58-62.
14
1892
GIUSEPPE PEANO
52. Sulla definizione del limite d'uva funzione. R. d. M. v. 2, 1892, apr., pp. 77-79.
53. R ecensione : A l b in o N a g y , Lo stato attuale ed i progressi della logica. R. tl.
57. Relazione su una memoria del prof. V. M o l l a m e . Acc. Torino, 1892, v. 28,
p. 781.
1). Rivista di Matematica, V. 2. Torino, Bocca, 1892, pagg. lv-215.
1893
pp. 137-138.
IV, 60. Lezioni di Analisi infinitesimale.
iv-319, I I voi. pagg. IV-324.
60'. Die Komplexen Zahlen, Anhang V. Differcntialreclin. etc., V 8', pp. 371-395
(versione del cap. 6 del tr a tta to precedente).
61. Recensione : A. Z i w e t , A n elementari/ treatise on theoretical mechanics. R. d.
M., v. 3, 1893, die., pp. 184.
c. Rivista di matematica, v. 3. Torino, Bocca, 1893, pagg. iv-192.
1894
62. Sur les systmes linaires. Monatsh. fiir Math., v. 5, 1894, p. 136.
6 3 . Sulla parte V del Formulario Teoria dei gruppi di p u n ti . R. d. M., v. 4,
1894, m arzo , p p. 33-35.
64. Sui fondamenti della Geometra. R. d. M., v. 4, 1894, apr., pp. 51-90.
65. Un precursore della logica matematica. R. d. M., v. 4, 1894, agosto, p. 120.
66. Notations de Logique Mathmatique, (Introdnction an F orm ulaire de Math.).
T nrin, tip . Guadagnini, 1894, pagg. 52, gr. 8, (F. 1804, F 0).
67. Notions de logique mathmatique. Assoc. fran?. ponr lavanc. dea sciences ,
Congrs de Caen, 1894, 11 agosto, v. 23, pp. 222-226.
68. Sur la dfinition de la limite dune fovetion, Exercice de logique mathmatique.
Ani. Jo n rn . of M ath., 1894, v. 17, n. 1, pp. 37-68, (F ' 1894).
69. Recensione : H e r m a n n G r a ssm a nn s Gesammelte math. und phys. Werce. R.
d. M., v. 4, 1894, nov., pp. 167-169.
70. Estensione di alcuni teoremi di Cauchy sui limiti. Acc. Torino, 1894, 18 nov.,
v. 30, pp. 20-41.
d. Rivista di matematica, v. 4. Torino, Bocca, 1894, pagg. Iv-198.
|oqk
1895
15
78. Sulla definizione di integrale. Ann. d i m at., (2), 1895, v. 23, pp. 153-157.
78'. Uber die Dfinition des Integrale, A nhang IV. Differentialrechnung etc.,
1' 8', pp. 366-370.
79. Sopra lo spostamento del polo sulla terra. Aco. Torino, 1895, 5 mag., v, 30,
pp. 515-523. .
80. Sul moto del polo terrestre. Acc. Torino, 1895, 23 gingno, v. 30, pp. 845-852.
81. E stra tto di nna le tte ra (Su una proposizione di Holevar). Monatsh. f. Math.,
1895, v. 6, pp. 204.
82. Recensione : G. F r e g e , Grundgesetze der Arithmetik, begriffsschriftlich abgeleitet.
R. d. M., v. 5, 1895, luglio, pp. 122-128.
83. Elenco bibliografico sullJusdelmungslehre di H. Q rassmann . R. d. M., v. 5,
1895, die., pp. 179-182.
84. Sul moto dun sistema nel quale sussistono moti interni variabili. Acc. Lincei,
1895, (5), v. 4g, 1 die., pp. 280-282.
85. Trasformazioni lineari dei vettori di un piano. Acc. Torino, 1895, 1 die., v.
31, pp. 157-166.
86. Relazione sulla memoria del prof'. G iu d ic e intitolata Sullequazione di 5 grado.
Acc. Torino, 1895, v. 31, p. 199.
e. Rivista di matematica, v. 5n. Torino, Bocca, 1895, pagg. iv-195.
1896
87. Sul pendolo di lunghezza variabile. Rend. Circ. m at. Palerm o, 1896, v. 10,
(24 nov. 1895), pp. 36-37.
88. Introduciion au tome I I du Formulaire de mathmatiques. R. d . M., v. 6, 1896,
pp. 1-4, (F. 1896).
89. Sul moto del polo terrestre. Aco. Lincei, 1896, (5), v. 5 1 mar., pp. 163-168.
90. Saggio di calcolo geometrico. Acc. Torino, 1896, 21 gingno, v. 31, pp. 952-975.
90'. Zarys Rachunku geometrycznego, v ersio n e d i S. D ic k s t e in , W arszaw a, 1897,
p ag g . 28.
9 0 ''. EntioiM ung der Grundbegriffe des geometrischen Calcute, v ersio n e d i A. L a n n e k .
91. Studii di logica matematica. Acc. Torino, 1897, 4 apr., v. 32, pp. 565-583,
(F 0. 1897).
91'. ber mathematische Logik, Anhang I. D iflerentialrechn. etc., I ' 8', pp. 336-352.
92. Sul determinante wrnskiano. Acc. Lincei, 1897, (5), v. 64 (20 gingno), pp.
413-415.
V, 193. Formulaire de Mathmatiques, t. I I $ 1, Logique mathmatique. T nrin,
Bocca, 1897, (11 agosto), pagg. 64, (F. 1897, F. I I 1).
93'. Logica matematica. Congresso in t. dei niatem ., Zurigo, 1897, 9-11 agosto,
Leipzig, Tenbner, 1898, p. 299, (presentazione del lavoro precedente).
94. Generalit sulle equazioni differenziali ordinarie. Acc. Torino, 1897, 21 nov.
v. 33, pp. 9-18.
95. Relazione sulla memoria di M. P ie r i I principii di geometria di posizione com
posti in sistema logico deduttivo . Ace. Torino, 1897, 19 die., v. 33, pp. 148-150.
1898
98. Analisi della teoria dei vettori. Ace. Torino, 1898, 13 marzo, v. 33, pp. 513-531.
V II, 99. Formulaire de mathmatiques, t. II, <> 2. T nrin, Bocca, 9 ag. 1898, pagg.
. vm -60, (F. 1898, F. I I $ 2).
Gi u s e p p e p e a n o
16
1898
99'. Definitimeli der Arithmetik, Anhang II. Differentialrechn. etc., I ' 8', pp. 353-358.
(E stratto del precedente).
100. A cidi! ionx et corrections F2. R. d. M., v. 6, 1998, pp. 65-74, (in collabo
razione).
101. Sul $ 2 del Formulario t. I I : Aritmetica. R. d. M., v. 6, 1898, pp. 75-89.
102. Recensione: E. S c h rO d e r: ber Pasigraphie etc. R. d. M., v. 6, 1898, pp. 95-101.
103. La numerazione binaria applicata alla stenografia. Aee. Torino, 1898, 13 nov.,
v. 34, pp . 47-55.
1899
104. E stra tto di u n a lettera. Period. d i Matem., (2), 1899, v. 14, pp. 152-153
(su u n a rtico lo d i C. C ia m b e r l in i ),
105. Sui numeri irrazionali. R. d. M., v. 6, 20 maggio 1899, pp. 126-140.
V ili, 106. Formulaire de Mathmatiques, t. II, n. 3. T urn, Bocca, 1899, pagg. 200,
(F. 1899, F. I I $3) .
f. Eevue de Mathmatique, tome VI (R. d. M., v. 6). - - T nrin, Bocca, 1896-1899,
p a g g . 1V-188.
1900
1901
1902
1902
1903
124. Sul massimo della pensione a distribuirsi dalla Cassa etc. Torino, tip . Coo
perativa, 18 apr. 1903, pagg. 20.
*128. 2. I l latino quale lingua ausiliare internazionale. Acc. Torino, 1904, 3 genn.,
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129-127. Sur les prim ipes de la Gomtrie selon M. P ie k i. R ap p o rt prsent la
Socit pliys. m ath. de Kasan, 1904.
*130-3. Vocabulario de latino Internationale, comparato cum Anglo, Franco, Germano,
Ilispano, Italo, Busso, Graeco et Sanscrito. Torino, tip. Cooperativa, 1 sett.
1904, pagg. 40.
1905
1906
1908
1909
GIUSEPPE PEANO
18
1909
1910
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A VV ERTEN ZA
A N A L IS I MATEMATICA
In questo lavoro fe nsato per la prim a vo lta (ancora otto forma im plicita)
la nozione d i integrale secondo P e a n o .
Questo concetto stato introd otto esplicitam ente nel tra tta to n. 8 (Calcolo
differenziale etc., 1884, p. 298 od Annotaz. al N. 193), nel tra tta to n. 60 (Lezioni
di analisi injinit., 1893, voi. 1, p. 139) e nella n ota n. 78 (del 1895).
Alla fine del lavoro n. 5 (del 1883) trov asi anche la definizione di area
esterna, in te rn a e p rop ria di n n a figura piana.
G. P ea n o , nel tra tta to n. 11 (Applicazioni geometriche del calcolo infinit.,
1887, pp. 155-158), definisce in modo analogo i concetti di lunghezza di una figura
re ttilin e a e di volume di u n a figura solida.
L a lunghezza, cos definita, non differisce dalla misura di C. J o r d a n , il
quale per la introdusse solo nel 1893.
U. C.
1.
Sia y = f ( x ) una funzione di x data in un intervallo a b ; si
suppongono a e b quantit finite, ed i limiti superiore ed inferiore
dei valori di y in questo intervallo pure finiti, e li diremo A e B .
Si divida l intervallo a b in parti lii ht . . .h , tu tte del segno
di b a ; detto y, un valore qualunque assunto da y quando x
26
QIUSEPPE PEANO
Vi -f-
y% -|- -J- hn yn = 2 ht ys .
j /(* ) x
a
2. .
Siano p e e q, i lim iti superiore ed inferiore di y , , cio dei valori
assunti da y nell intervallo A,; pongasi
P 2 ha
Siccome A > p B > y , >
si ha che le quantit
Q 2 hg
A (b a) ,
P , u , Q,
B ( b a)
K pr ,
r 1
87l'
2 K 1 ; si im magini la divisione formata dalla sovrappo
ni1
sizione delle due precedenti, e sia lc1 lc . . . . lcm ; ogni intervallo
Tca sar contenuto in un Kp ed in un h'y , ed ogni intervallo l i , ed
ogni h eguale ad uno, 0 alla somma di pi. intervalli le ; onde
sostituendo :
Q' =
am
P =
2 Kpp,
a1
am
Q 2 Jca q'f ,
a1
27
P Q '.> 0 y
P >
Q ',
e. v. d.
h 3.
Se ,f(x ) integrabile, preso piccolo ad arbitrio e , si potr fis
sare uua quantit a tale cbe per ogni divisione di a b , per cui ogni
w sempre compreso fra
ed S e ; anche i valori
di P e Q corrispondenti a queste divisioni sono compresi fra /S-j-e
ed S e , perch u pu assumere valori tanto prossimi quanto si
vuole ad ogni valore di P e di Q ; e M ed N , quantit comprese
fra P e Q , saranno anche comprese fra S
e ed S e , ossia
sar M = N z= 8 , perch M , , S sono quantit costanti, ed e
tanto piccolo quanto si vuole ; quindi :
Se la funzione / (x) integrabile,
1 Le quantit M ed N sono eguali, ed il loro valore comune
eguale al valore d ell integrale';
2 Le quantit P e Q tendono verso S col diminuire degli
intervalli ;
3 La differenza fra due valori che possono assumere P e Q
corrispondenti alla stessa divisione, o a divisioni diverse di ab si
pu rendere tanto piccola quanto si vuole col prendere sufficientem ente piccoli gli intervalli delle due divisioni .
Se in quest ultima proposizione si suppongono P e Q corri
spondenti ad una stessa divisione, posto p , q, = d, (oscillazione
di y n ell intervallo li,) e D = 2 he d, sar
P Q = 2 h, (p , qs) = D ;
28
GIUSEPPE PEANO
onde :
Se / (x) integrabile, D ha per lim ite zero, col diminuire
indefinitamente degli intervalli li .
Le condizioni precedenti, necessarie per l integrabilit, non sono
fra loro indipendenti, come dimostra il seguente semplicissimo teorema.
4.
Teorema. La f u n z io n e /(x ) integrabile n ell intervallo a b ,
se M = N ; ed il loro valore comune $ il valore dellintegrale.
Suppongasi p. es. a < 6 ; facciasi una divisione qualunque di
a b , hl li2 . . . hn , tale per che ogni h sia < a , quantit a deter
minarsi ; e sia m = 2 h y.
Essendo S il lim ite inferiore dei valori di P , preso ad arbitrio
s , si potr fare una divisione h\ h i . . . h'n> di a b , per cui, posto
P 1 2 K p [ , sia P ' S < e . Si immagini la divisione di a b
proveniente dalla sovrapposizione delle precedenti ; e un intervallo
lca di questa sia compreso in hp ed in hy ; sar P ' = 2 K p 'y ,
a
(-4. P ) > i t .
, e <
allora
+
a ,
(2)
I l semplice criterio d in te g ra b ilit enunciato in questo teorem a trovasi
gi dim ostrato nei Fondamenti per la teorica delle funzioni di variabili reali, di
U. D ini ; m a esso d edotto come conseguenza di lu ngh i ragionam enti, che non
possono riten ersi come e le m en tari; invero V illu stre A. lo deduce d a q uest'altro
criterio / (x) integrabile se lim D 0 col decrescere di tu tte le /*, nel quale
sono inclusi concetti in u tili (come quello del lim ite); e nelle Lezioni di Analisi
infinitesimale, P isa 1877-78, il D in i si lim ita a dim ostrare quest'ultim o criterio ; e
ad esso si lim ita pure il P asc h Einleitung in die Differential und Tntegralrechnung,
L eipzig 1882, a pag. 95.
Dai criterii precedenti si deduce con tu tt a facilit quello enunciato dal
R iem ann tes. Math. Verke, L eipzig 1876, a pag. 226.
3o
Gi u s e p p e p e a n
che per ogni valore di x in esso sia f (x) / (c) < ; ed essendo
c il limite superiore delle a a i ai . . . esister una quantit di queste
serie , dove i finito, compresa n ell intervallo c , c ; onde
/ (>) / (c) < -4 - , e supposto x compreso n ell in terva lli a<,
, e
fi
? +
(s +
e) (A -
B)
31
32
GIUSEPPE PEANO
(6). S U L L E
FUNZIONI
INTERPOL ARI
(A tti della Reale Accad. delle Scienze di Torino, Voi. X V I I I , A . 1883, pp. 573-580)
<*)
^ /^( * * )
r 2 Xr 3)
) ----------------- / { X ' Xi
~
)
Jf (( r* , x
f {- X
l X:s),
-----------
...
dando ad x i valori
J _ r / ( t) dt _
2 jt i ) t x '
ed x 2 , si ricava l espressione
/(* ) dt
f(r
x ) - J - [ ____I l
3 ( l ^ , _ 2n i J (t x t)
i) (< *a)
ed in generale la funzione interpolare dordine n 1 diventa :
/
. x n) =
(i)
o
stesso
valore
x , la
funzione interpolare
34
GIUSEPPE PEANO
perch si ha la formula :
J
1 1
2n i
J (t x)n
0
e se si fanno solamente eguali- alcuni dei valori di sc x 2 . . . x n , la
funzione interpolare si pu esprimere mediante valori di / (x ) e di
sue derivate, perch basta decomporre la frazione
______ 1
(t X^) . . (t
Xn)
S i ha l identit :
| / (*) = / K ) + (*
* 2) + . . .
(
-!r (x x l) . . . { x x n^ 1) f ( X i X . . . X n ) - \ - R n
dove
(2)
f
Rn=
(x
asi). . . (a- *) /
ovvero
Rn = ^ ~
x) . . . ( X - Xn)
(xi x 2 ... x n x ) ,
{t _ Xi) f ^ _ Xn) (t _
(3).
c
Suppongasi ora che le quantit Xi
x 3 . . . crescano in numero
indefinitamente ; / () sar sviluppabile in serie colle funzioni interpolari ove R n abbia per limite zero col crescere indefinitamente di
n . Potremo esaminare alcuni casi in cui questo avviene.
1 Caso.
Suppongasi Xi x2 = x 3 = . . . = x 0 ; si ritrova la serie di
Taylor.
2 Caso.
Suppongasi
X\ = x 3 = x 6 . . . = a
e
x =
Xi = x 0 = . . . = &,
. . . + R 2a
(4),
36
S U L L E FUNZIONI IN TERPOLA RI
) + (* ) ( * 6) (1 + h x ) +
x) + . . .
7i>2n = ^
(a? o)n (x b)n f --------~ { ('td! -------------
2 n ty
' v
' J (t <t)n (t b)n (t x)
C
P er vedere quando B ha per lim ite zero, si immagini nel piano
rappresentativo della variabile x , la curva luogo dei punti tali che
il prodotto delle loro distanze da a e da b sia lina costante le2. Variando
2cz trovansi infinite curve (ovali di Cassini), e facendo crescere le1
da zero in su, ogni nuova curva contiene nel suo interno le pre
cedenti. Si immagini la pi grande delle curve del sistema, n el cui
interno / (x ) uniforme e continua ; / (a?) sviluppabile secondo la
serie indefinita (4) per tu tti i valori di x interni a questa curva.
Invero sia 7c2 il parametro di questa curva ; pongasi
7c2 = mod (x a) (x b)
sar k\ < 7c2 supposto x interno alla curva ; si consideri una terza
quantit lc\ tale che lt\ < 7c2 < le2 ; si facciano le integrazioni lungo
il contorno della curva di parametro k2 , che contiene x nel suo
interno, ed tale che nel suo interno, e sul suo contorno f (x)
uniforme e finita.
D etta A una quantit maggiore dei moduli di / ( t) , ove t per
corre il contorno della curva 1;\, h una quantit minore dei moduli
di t x , (il modulo d i i x non potendo mai essere nullo, perch
t trovasi sulla curva fc2 ed x nel suo interno), M a lunghezza di
questa curva, si ha :
,_
1 (k M A l
k.
e siccome - y - < 1 , col crescere indefinitamente di n, /i-2n ha per
2
GIUSEPPE PEAN
1,
= 1, onde ( # n ) ( x 6) =
Sia / () = 2 ; questa
funzione
discontinua per
= ! _
(* _ 1) + (** _
1f _
(x* -
1 )* + . . . ,
OC
1)- . . .
la quale convergente nell interno della stessa lem niscata ; essa poi
ancora convergente, ed ha |)er somma zero, per x = le , e sic
come le arbitrario, il valore le pu essere rappresentato da un
punto esterno alla lem niscata ; onde si deduce non essere vero che
la serie (4) sia divergente per ogni valore di x esterno alla pi. grande
curva del sistema non contenente nel suo interno punti di disconti
nuit o di diramazione. Ritorner su questo concetto.
4 Si pu formare una serie del tipo (4), convergente n ell in
terno della stessa lemniscata, e che valga -f- x quando la parte
reale di x positiva, e x quando la parte reale di x negativa.
Questa serie :
* = i + i-
_ 1) -
(x2 -
1)* +
(x2 -
1)* -
(** -
1)* +
. ..
SU L LE FUNZIONI IN T E R P O L A I^
37
3 Caso.
Generalizzando la discussione precedente, si deduce che, ponendo
xj
= fitg, . . . x n = an ,
#+1
f #h-}-2 ==
^*2+l ==
> ..............................................5
{p = y (x)
X2n
&n j
Vo + <P Vi + <P%W% +
dove
v i Wz sono polinomii interi di grado n 1 in a;; e la
serie convergente per tutti i valori di x compresi nell interno della
pi grande curva luogo dei panti per cui costante il prodotto
delle distanze dai punti ai a2 . . . an , nel cui interno / (#) sia u ni
forme e continua.
Potendo questa curva constare di pi parti staccate (n al mas
simo), la serie precedente pu rappresentare in campi distinti fun
zioni analitiche diverse.
ancora a notarsi che la serie precedente pu essere conver
gente per valori di x fuori della curva accennata ; potrebbesi dimo
strare che questo non pu avvenire al pi che per n 1 valori
di x j ma lascier in disparte questa dimostrazione.
GIUSEPPE PEANO
38
4 Caso.
Suppongasi che le quantit, x 1 x2 . . . x n . . . ammettano un sol
valore limite a , in modo cio che in ogni intorno di a cadano in
fluite quantit del sistem a proposto, e siano in numero finito quelle
non contenute in questo intorno. D ico che la serie ottenuta colle
funzioni interpolari convergente pei valori di x interni al massimo
cerchio di centro a , e nel cui interno / (*) continua e univoca ;
inoltre la stessa serie pure convergente pei valori di x , esterni al
cerchio, ma eguali a qualcuna delle quantit a?i x 2 # 3 . . .
Invero sia B il raggio di questo cerchio ; pongasi
q
mod (x a) ;
xn) (x
(x
x n^_p) J* ^__ _
0
/(< ) d t
- x n+P) (t x )
onde
I
(x x i)...(x x n)
{x x n 11/ (x x n-^-p) A
2n mod B n+P < mod - ------- - - -------- mod - ------- ^
^
2n r ,
{t # 1)... (t a?n)
(t
(t x n^.p) li
t x n+i
< g -+ f < 1
r e
e
11?
^
A x x 1) . . . { x x n) ( Q - \ - \ P A
mod E n+P < mod
[
J T r,
e facendo crescere indefinitamente p , si ottiene
Iim
0,
<
3. v. d.
39
f(x)
x(l
x)
x)2 x
(1
(1
a;)3
. . .
5 Caso.
Ogni funzione / (x) continua ed uniforme in tutto il piano
sviluppabile in serie colle funzioni interpolari corrispondenti ad ar
gom enti che non crescano indefinitamente.
Invero sia l i maggiore del modulo di x x x 2 . . . , e si prenda
per contorno, lungo cui si integra, un cerchio di raggio R ' > R ,
oc
*_oc
J?
( -
,) ^
e quindi
/ 2R \ n
2* m o d / ^ C ^ r ^ J
A . 2. l i ' ,
eano,
U. C.
plus grande et la
a -|- li .
srie de valeurs
; posons
et sa ]jmjte f
(ar_j).
Or r - l
quand on suppose ar_ ! fixe, et ar variable et s approehant indfniment de ar_ i ; mais on ne le peut pas affirmer quand varient en
41
S'n \
avec
/ ( 0) = 0;
sa drive
f (x) 2x sin ----- cos
CO
0 ,
li >
0 ;
posons
a
1
2nn
1
"2 (2 + l f ^
n3 , a4 , . . . quelconques.
On aura
az
al
mais
/ (i) = o , / (d2) = 0 , / ' (i) = 1 ;
donc
= 1>
et sa lim ite n est pas zro.
Presque la mme faute a t commise par M. Hoiiel (Cours de
Calcul infinitsim al, t. I, p. 145). J ajouterai enfinque lon dmontre
trs facilement la formule
/ (*o + h) f (x o) =
hf
(*o +
eh)
42
GIUSEPPE PEANO
ne pourra tendre, pour chaeune delles, vers une lim ite differente de
/ ' (,r). A moius donc que, pour tout mode de division de l intervalle
li en parties indiniment dcroissantes <5, la diffrence
<P (* ? ) f
(*)
n e reste suprieure une limite fixe pour un nombre fini ou indfiniment croissant de valeurs de x , quand tous les intervalles
tendent simultanment vers zro, la dmonstration pourra toujours
se faire de la mme manire.
Ce n est pas le cas, on le voit sans peine, pour la fonction
1
x
aussi le tborme contest lui est-il parfaitement applicable. En fai-
J_
_____ 1_
sant ai - et a.z = j
et faisant par consquent tendre
2 71 6 ***
(2 -|- 1) 71
simultanment
e t a2 vers zro, M. Peano introduit arbitrairement
une condition inutile. La dmonstration ne peut se faire p a r eette
voie, voil tout.
JVI. P e a n o croit quil est facile de dmontrer la formule
f { x + k) f ( x ) = h f (x - f Bh),
sans supposer la continuit de la drive. M. Jordan demande, non
sans malice, voir cette dmonstration, laquelle est impossible,
puisque le tborme est inexact.
(2) Ccst bien lik, en jugor p ar lee termes, la pense do M. Jordan.
43
1
I' 2a
\ 2a
On a videmment, h tant < a ,
f (n -f- h) f (a h) = \'2p (a h) j2 p (a A) = 0 ;
or il nexiste entre a h et a - \ - h aucune valeur de x pour laquelle / ' (x) se rduise zro.
Notons que le tliorme de M. Jordan reste vrai, au contraire,
dans ce cas-ci, car zro est compris entre les valeurs
1/
P
et _ l /
P
\ 2 ( a h)
\ 2 ( a h)
de f ' (x) qui correspondent a h et a - \- h. E t cependant
M. Peano pourrait ic renouveler son objection, puisque f (a -\- 6)
/ ( 5) n a pas polir limite / ' (a) lorsque & tend vers zro.
P h . Gil b e r t ,
Pvofosasur lUuiverait de Louvain
GIUSEPPE PEANO
44
Xq a ,
X\ , X2 , * ,
1,
3*11 = b ,
- f
(ar)
(r = 0 , 1
1)
r+ l r
45
f (3' | }i\ __ f
tl
0.
f ( f i ) - f ( a ) = ( b - a ) f ' ( x 1) ,
o x 1 est une valeur de x comprise entre a et b.
E n effet, en appliquant le tliorme prcdent la fonction
F () = / (*) - / (a) -
\ f (b)
/ ()],
pour laquelle
F (a ) = 0 , F (b ) 0 , F '( x ) = f (x)
46
GIUSEPPE PEANO
on aura
ou
/ ' (*i)
b a
C. Q. F. D.
Il
lavoro n. 8 p o rta il tito lo : A. G e n o c c h i , Calcolo differenziale e principii
di calcolo integrale, pnbblicato con aggiun te dal Dr. Giuseppe P ea n o (Torino,
F ra telli Bocca, 1884).
Ma tn tto il tra tta to opera di G. P e a n o , come ha ten n to a dichiarare
A. G e n o c c h i fin dal suo prim o apparire, e come risu lta ancor meglio da alcune
lettere e docum enti in ed iti d i A. G e n o c c h i . (Cr. in proposito : U. C a ssin a ,
L opera scientifica di Giuseppe Peano, Rend. Sem. m at. fis. Milano , 7 (1933),
pp. 323-389 ; U. C a s s in a , Alcune lettere e documenti inediti sul trattato di Calcolo
di Genoccld-Peano, Rend. Ist. Lomb. , 85 (1952), pp. 337-362).
Chi vuole avere n n idea dei ris u lta ti consegniti da G. Peano in questo t r a t
tato cfr., p er es., la prefazione di A. M a y e r alledizione tedesca c u rata da
G. B o h l m a n n e A. S c h e p p (lavoro n. 8' del 1899); gli articoli di A. P b in g s h e i m
(II A 1) e di A. V oss (II A 2) nella E ncyklop. der m athem . W issenscbaften
(Bd. 2, 1899-1916) e lo loro versioni francesi corate d a J . M olk ( Encyclop.
des sciences m athm . II, 1, 1909, I I 3, 1912) ; ed il citato studio di U. C as Si n a sullopera scientifica di G. P e a n O. Cfr. anche G. A sc o li , I motivi fonda
mentali dellopera di Giuseppe Peano, nel volume In m em oria di Giuseppe Peano ,
Cuneo 1955, pp. 23-30.
Qui, si ripo rtano le A nnotazioni che precedono il volume.
Sono sta te per omesse le annotazioni ai N. 15, 49, 63, 69, 79, 97, 145, 148
e 160, perch lim itandosi a contenere brevi indicazioni bibliografiche al testo
(non riportato), sono divenu te superflue.
U. C.
48
GIUSEPPE PEAN
Il
co n cetto d i n um ero incom m en su rab ile qui introd otto, di tu tti
il p i sem p lic e e natu rale, a n ch e il p i com une. V. per u n p i
am pio sv ilu p p o il D i n i , Fondam enti p er la teorica delle fu n zio n i di
varibili reali, P isa 1878, pag. 1-14.
Identico in sostanza il modo di ragionare del D e d e k i n d ,
StetgTceit und irrationale Zahlen, Braunschw eig 1872, e riportato dal
P a s o h , E in leitun g in die D fferentia l-u nd Integral-Reclm ung, Leipzig
1882. Questi autori considerano delle due categorie di numeri da noi
introdotte solamente la prima, cui si d il nome di Zahlenstreclce, e
sopra questo ente si definiscono le operazioni aritmetiche.
Per altri matematici considerano i numeri irrazionali come
lim iti di numeri razionali. Fra questi il Ca n t o r , Ueber die Ausdehm m g eines S a tz e s . . . Math. A n n ., Bd. V, pag. 123, dopo aver
parlato dei numeri razionali, soggiunge :
W enn icli von einer Zalilengrosse in weiterem Sinne rede, so
geschielit es zuniichst in dem Palle, dass eine durch ein Gesetz
gegebene unendliehe Reilie von rationalen Zahlen
(1)
i 2 . . . an . . .
An n o t a z i o n i a l t r a t t a t o d i c a l c o l o d e l 1884
49
N. 6. (p. V i l i )
La parola fu n zio n e eb b e il sign ificato co m u n em en te am m esso da
L e i b n i t z , A ota erudito-rum, 1G92. E s s a sta ta defin ita da G io .
B ernoulli :
*#
A ggiunger qui un altro modo di definire il limite, che in so
stanza non differisce dal precedente, ma che tuttavia pu avere dei
vantaggi. Parler solamente del lim ite quando la variabile cresca
indefinitamente.
D irem o che f (x) col crescere indefinitam ente di x diventa mag
giore dun numero a, se da un certo valore di x in p o i tu tti i valori
d i f (x) sono maggiori di a.
D irem o che f (x) col crescere indefinitam ente di x diventa m inore
di a, se da un certo valore di x in p o i tu tti i valori di f (x) sono
m inori di a.
so
Gi u s e p p e P e a n o
SI
numero positivo,
eano
N . 18. (p. X X I )
La dimostrazione di questo numero fu data da C a u o h y , A nalyse algbriqwe, Paris 1821, nota III.
La dimostrazione geometrica (pure data dal Ca u o h v , id., pag.
44), in cui si ritiene che la linea di equazione y = f ( x ) , che ha due
punti giacenti da parte opposta dellasse delle x , incontra questo asse
in qualche punto, non soddisfacente. Invero al sistem a di punti di
ascissa # , e di ordinata / (x) possiamo attribuire il nome di linea,
senza aver per il diritto di estendere a tale sistem a le propriet
delle linee che soglionsi considerare in geometria.
Per rendere pi manifesto il valore di questa obbiezione, si os
servi che una funzione f ( x ) pu essere continua per x = x Q quan
tunque essa non assuma che soli valori razionali nelle vicinanze del
valore x 0 ; quindi si potrebbe domandare se esista una funzione con
tinua in un intervallo (a , b) che assuma soli valori razionali. chiaro
che la rappresentazione geometrica non permette di rispondere a
questa domanda. Invece il teorema presente, ed il successivo dimo
strano che una tale funzione impossibile.
G i u s e p p e p e An o
1 \m
converge vers une certame lim ite le, la fraction :------ converger
x
en mme temps vers la infime lim ite , senza mettere la condizione
53
54
G IU S E P P E PEANO
9 { x + h ) ~ 9 (x) _
h
}
lesistenza
parec
cui si
esiste,
ANNOTAZIONI A L T R A T T A T O DI CA LCOLO D E L 1 8 8 4
55
essa quella trovata. Cfr. S e r r e t , Calcili, ecc., N. 25, 26, 46, ecc. ;
J ordan , A n a ly se , ecc., N. 13, 23 ;... S turm , Analyxe, N. 38 e se
guenti.
N. 44 45. (p. XIV-XV)
La dimostrazione qui data della formula fondamentale del Cal
colo a ttrib u ita ad Ossia n -Bonnet . Cfr. S e r r e t , Caletti, ecc.,
N. 14. Come esposta dal S e r r e t si presta a qualche obbiezione.
Le parole il faudra quelle (la funzione) commence croitre en
p renant des valeurs positives, ou dcroitre ... esprimono un con
cetto inesatto, perch pu una funzione per un valore speciale della
variabile essere n crescente, n decrescente, n costante, come av
viene p. es. per la funzione x sen per x = 0 .
x
(i)
<P'
(*i)
w'
(*i)
/(<*)
<p(a )
V()
/ (&)
<P(&)
V (b)
= <>
56
G I U S E P P E PEA NO
(n -\-ln -\-h m
2i
ANNOTAZIONI AL T R A T T A T O DI CALCOLO D E L 1 8 8 4
57
i.
J.
e gli altri term ini siano tali da formare da loro una serie conver
gente qualunque. Il prodotto n u n , se n un cubo = m 3 , varr
3_
comunque grandi.
Q uindi inesatta lasserzione del B e r t r a n d , Calcul d iff.,
pag. 239, che in u na serie convergente n un tend ncessairem ent
vers zro . Cfr. Id., id., pag. 232 ; N ovi, A n a lis i algebrica, pag. 102.
invece esatto il teorema :
I n una serie convergente a term ini positivi decrescenti con
tinuam ente lim n u n = 0 . In questi term ini enunciato p. e. dal
Catalan , op. cit., ma la dimostrazione che ne d incompleta,
perch dim ostra solamente che se lim nu diverso da zero, la
serie divergente, senza occuparsi del caso in cui questo limite
non esiste.
58
G IU S E P P E PEA NO
59
ANNOTAZIONI AL T R A T T A T O DI CALCOLO D E L 1 8 8 4
(X)
/(* )=
a x H
2
n-0 1 + bn X
bg
b3
bi
tipo
C2
\i
t-
(o)= , -
0 b0 , ~ f " (
ih ,
4 ---
60
G IU S E P P E PEA N O
#
**
La formula di Taylor si pu enunciare a questo modo:
Se esistono le derivate 1B, 2 ,... ?i* di f ( x ) per x = x 0 , si ha
/( * + li) = f ( x 0) + h f (x0) + ... +
+ (tS ) ! / ,*-,>W + S ^ , W + *1ove e u n a qu an tit che ha per limite zero, col tendere a zero di
h . F atto n = 1 , si h a la formula che serve per definizione della de
rivata (N. 43). N aturalm ente, se f ( x ) ha derivata na per x = x 0 , do
vr avere le derivate precedenti anche nelle vicinanze di a?0; m a so
p ra la derivata na non necessario supporre n lesistenza n la con
tin u it nelle vicinanze di questo valore. Questa formula si dimostra
assai facilm ente,. e b asta per le applicazioni alla teoria dei massimi e
minimi, e alla geometria. Questo modo di concepire la formula di
Taylor parmi presenti molta analogia con quelli degli antichi geo
metri, quando ancor non si considerava la convergenza delle serie.
Gli sviluppi in serie di e*, sen x e cos x furono dati per la prim a
volta da N e w to n .
N. 72. (p. XX)
stato dimostrato da L i o u v i l l e che il numero e non pu es
sere radice d alcuna equazione di secondo grado a coefficienti com
mensurabili, ed infine da H e r m i t e , S u r la fonction exponentielle,
P aris 1874, che esso non pu essere radice dalcuna equazione al
gebrica a coefficienti razionali.
N. 75. (p. XX)
La formula del binomio fu d ata da N e w to n nelle lettere a
L e ib n i tz del 13 giugno e 24 ottobre 1676. La discussione completa
della convergenza della serie, e della sua somma fu fatta da A ie l,
Oeuvres, pag. 219.
ANNOTAZIONI AL T R A T T A T O DI CALCOLO D EL 1 8 8 4
61
m a n n , Ueber
62
G IU S E P P E PEA NO
importanza nella teorica dei trascendenti Abeliani la rappresenta zione di dati valori con'funzioni razionali fratte. Egli vi consider
eziandio espressamente il caso particolare in cui tu tti o parecchi
dei valori x 0 , x i ,...
_i assegnati ad x divengono eguali fra loro
(ivi, pag. 148).
A nche il prof. B e l l a v it is si occup a pi riprese delle fun zioni interpolari. Veggasi la sua Memoria letta allistitu to Veneto
il 22 giugno 1S56, S u lla risoluzione num erica delle equazioni, 15,
e la ltra del 17 giugno 1860 : Appendice alle Memorie sulla riso luzione numerica delle equazioni, 30 ; inoltre il R iassunto litogra fico delle lezioni d i A lgebra date da lui nellU niversit di Padova
nel 1807-GS, 81 e 84 . G enooohi , In to rno alle fu n z io n i interpo la ri , A tti della E. Acc. delle Scienze di Torino, X III, 1878.
In questa stessa nota il prof. G enooohi esprime le funzioni in
terpolari, e quindi anche il resto d u na formula d interpolazione, con
integrali m ultipli ; ed in un a ltra nota Sopra una p ropriet delle f u n
zioni interpolari, A tti della R. Acc. d. Scienze di Torino, X V I, 18S1,
dim ostra la formula del X. 86, senza ricorrere ad integrali. Ma la
dimostrazione riportata nel testo dovuta a S chw a rz , A t t i dellAcc.
di Torino, Voi. X V II, 1882, bench il concetto gi si trovi nel B e r
trand , Cale, dijf., pag. 164. Se le variabili sono complesse, la fun
zione interpolare si pu m ettere sotto forma di integrale definito, preso
lungo un contorno, analoga a quella notissima d una derivata. Vedi
P eano , Sulle fu n z io n i interpolari, A tti della R. Acc. di Torino, Voi.
X V III, 1883, dove trovansi alcuni sviluppi in serie o ttenuti colle
funzioni iuterpolari.
A ltre propriet di queste funzioni sono enunciate agli esercizi
31-34 alla fine del capitolo. Le funzioni interpolari di x m coincidono
colle funzioni A leph di W ronski , ossia fu n z io n i omogenee complete.
V. T r u d i , Giornale di Matematiche, Voi. 2, pag. 153.
V. ancora F r o b e n iu s , Ueber Relalionen zwischen den Nahermigsbriichen von Potenzenreihen, Giornale di Creile, 90, pag. 1.
#
#*
U na formula pi generale di quella del N. 87 la seguente :
Se le n -j- 1 funzioni f 0 (x) f t (ce)... f n (x) hanno derivate tino allordine
n 1 pei valori di x appartenenti ad un intervallo entro cui tro-
63
/ o 1 -1 ' ( )
/o K )
/ . ( ' ,)
. . / ( * i)
f a (*-j)
/ i (**)
-/# (* ? )
/ o ('r )
/ i (*)
f n (arf)
F (<2) = 0 , . . . F ( t n) 0 ,
si pu pure scrivere
F ( t t) = 0 ,
e se si fanno tendere t x . . . t con legge arbitraria verso t , le equazioni precedenti diventano al limite
F (t) = 0 ,
F ' (t) = 0 , . . .
(t) = 0.
G IU S E P P E PEA N
64
dx
se
x < 0,
lim / (x , n) 1 ,
n ~ oo
e se
x = 0,
lim / (0 , n) = 0 ,
7100
f { x , 2)' / ( * , 1),
f ( x , 3) f ( x , 2)
An n o t a z i o n i
al
trattato
di
calcolo
del
1884
65
lira / (0 , y) 0
x 0
y 0
66
G I U S E P P E PEA NO
__
y2
f'x (*. y) = y x i + y2 +
v ) - xx x0 * +
-y*
Jf y {<xx , y)
/jj2
+
ilxr ^ ffi2
+ y2
,
,
fm { 0 , 0) = / ; ( 0 , 0) = 0 ,
/ " < 0 , 0) = 1 ,
xy
A n n o ta z io n i a l t r a t t a t o
di c a lc o lo
d e l 1884
61
----- j ,
f y { * , V) = ----
(** + jI2f
(*2 + y 2f
b -, si avr
>0 + f y (4 } *)] f
0 f $ t *)=
rebbe
6a
i . + i .
il che assurdo, essendo a e b qu an tit arbitrarie.
N. 110 e segg. (p. X X Y I)
Y. D in i , A n a lis i in f., I, pag. 153.
I teoremi a cni allude questa annotazione (pp. 149-164) sono quelli sullesi
stenza e d e r i v a b i l i t d e l l e funzioni implicito. Qnosta teoria venne rifa tta e sem
plificata da G. P e a n o nel suo tra tta to n. 60 (Lesioni di analisi infinti., 1893,
voi. 2, pp. 157-1G7). U. C.
N. 121. (p. X X Y I)
V. E u l e r o , Medianica, 1736, tomo II, 10C, 497, e Cale, diff.,
225. Si noti la dimostrazione dellinverso del teorema di Eulero.
L e r e l a z i o n i f r a le d e r i v a t e s u c c e s s i v e d e v o n s i a L a o r o i x , Cale,
diff., 292.
68
I U S E P P E PEA N
* *
A x i
A 2 x^
Ai x 2
A2 x 2
si annulla
facendo
A 2 x 2 , il che si pu supporre,
ndo p. es. A 1i x il = Al
At .v2,
x 2 , e A2 x i
= A2x
senza impedire la piccolezza delle A x ; ma il determ inante ^ 1^1 A 2/2
^ 2^1 ^ 2^2
non si annulla in generale per quei valori delle A x ; quindi il rap
porto dei due determ inanti assume, per valori comunque piccoli delle
A x , valori comunque grandi, ed anche il valore oo ; quindi non
tende verso alcun limite.
Si potrebbe dim ostrare che il teorema vero solo quando o le
funzioni date sono legate da una relazione lineare a coefficienti co
stanti, ed in questo caso il determ inante del num eratore identica
mente nullo, ovvero quando le y sono quozienti di funzioni lineari
delle x , il denominatore essendo lo stesso in tu tte le y . In questo
caso, servendoci del linguaggio della geometria a pi dimensioni, se
le x sono coordinate cartesiane d un punto in uno spazio, e le y
coordinate du n punto d un secondo spazio, fra i due spazii passa
un a corrispondenza omografica.
Sulla questione del determ inante jacobiano, G.
n. 20 (del 1889). U. C.
eano
69
ANNOTAZIONI AL T R A T T A T O Di CA LCOLO D EL 1 8 8 4
zero col tendere di a? a zero ; esse hanno derivate per tu tti i valori
di x , ma (V. N. 40, es. 9) il rapporto delle derivate non tende ad
alcun limite.
In questo esempio la prim a funzione ha derivata discontinua
per x = 0 . Ma facile il portarne u n altro in cui le derivate delle
due funzioni siano continue.
Si considerino perci le funzioni x f ( x ) , e x 2, ove f ( x ) una
funzione che ci riserveremo fissare. Il rapporto delle funzioni vale
f ( x ) , le loro derivate sono
2
x f ( x ) -\- x 2 f ' ( x ) ,
x,
x f'W
70
G I U S E P P E PEA NO
sen
~] Hoc
. Ed allora si ha che il rapporto delle due funzioni
x
0
date tende ad un limite, che esse hanno derivata determ inata e con
tinua per tu tti i valori di x , ma il rapporto delle derivate non tende
ad alcun limite.
oo
La regola pel caso della forma indeterm inata ----- dim ostrata
OO
in seguito dal S e r r e t incompletamente, perch am mette a priori
l esistenza del limite cercato. La stessa dimostrazione incompleta
data da S tu rm , Analyse, I, pag. 152, da H e r m it e , A n a lyse , pag. 200,
da S ohlomiloh , Com pendim i der lioheren A n a ly sis , Braunschweig
1881, pag. 143, e loscurit in questa questione resa ancora mag
giore dallo S t u r m , ivi, pag. 156 ; ove dice che avant d appliquer
les rgles il faudra bien s assurer que lexpression propose, ainsi
<p' (%)
ANNOTAZIONI AL T R A T T A T O Di CA LCOLO D EL 1 8 8 4
71
is a n o
s t a t a s p e c ia lm e n te a p p l ic a ta a llo s tu d io d e i m a s
s im i e m in im i d e lle f u n z io n i d i p ili v a r i a b il i,
72
G IU S E P P E PEANO
dy
dy
dx
(1%
dx2
s = 0 , ed
dy2
7
73
f ( x ) d x , si pu for-
75
(tX
loro.
D
im o s t r a z io n e .
76
GIUSEPPE PEANO
a \ a";
a",
;...
, d n) ;
ed altrettante funzioni
v%
y",
i(n>
2>/e.
Sia y i la funzione di x (formata da una successione di fun
zioni lineari), che nei successivi intervalli considerati coincide rispet
tivamente colle funzioni y ' y n * . . .
Posto
si conchiude
s u l l i n t e g r a b i l i t
delle
e q u a z io n i
ecc
ovvero alle
18
Gi u s e p p e
pean o
< / ( >Vi)
dy
dx
< / (x , y) ;
dy
una proposizione
U L L 'l N T E O R A B IL IT
79
dim ostrata, sar, per ogni valore di x nellintervallo (a;0, # i ) , Vi > <P(x )
perci F (a?), cio il limite inferiore dei valori di yi non sar minore
di < p (x ),F (x) ^ <p ( x ) , ovvero, sostituendo a q>(x) la sua espressione,
F (x) F (x0) + {x x a) (m e ),
clie si pu scrivere
X xQ
Sar
dx
CtX
/(* ,
F (xo) +
(m +
) ( * o)
e) (x x0) .
* ( .) - * ( o>
x x0
Le diseguaglianze trovate
m
V F ( x ) - F ( x 0)
e < ----------------- < m
x x0
furono dim ostrate per % > ar ; ma, a causa della loro simmetria in
G IU S E P P E PEA NO
80
^ < f ( x , y 2) ,
= / ( * , V ).
si ricava
ossia
__ y )
funzione e~Mx( Y l Y 2)
( l) C a u c h y d i m o s t r p e l p r i m o
X ch e s o d d is fa a d e q u a z io n e
=
ax
loro b f supposto per che f ( X , y )
l e s i s t e n z a d n n a e d u n a s o l a f n n z i o n o
f ( x , y)
e che per x =
di
a assum e n o d a to va-
la v o r i n . 10 e 12 d e v o n o
d u c e in essi le n n o v e
n o z io n i
di
anche
essere s e g n a la ti p e rc h
G.
Peano
in tro
m o d a lo , d i e s p o n e n z ia le e d i e s p o n e n
z ia le g o n o r a liz z a to d i u n a s o s titu z i n e li n e a r e s a i c o m p le s s i d i
o r d i n e n.
Q u e s t u l t i m o o p e r a t o r e u s a t o a n c h e n e l l a v o r o n . 9 4 ( d e l 1 8 9 7 ) .
U. C.
1.
Lobjet principal de cette Note est la dmonstration du thoruie suvant :
Soient donnes les quations diffrentielles linaires liomognes
- ^ r u X l + ... + r ln x n
d&n
= rni
i
|
+ ... + r nnx n
... y
..., x n = an
a'n
a'n ...
84
Giu s e p p e
peano
j lcXn}
Df. de la diffrence :
x y = x + ( 1) y .
Df. du nombre complexe 0 :
0 = [0 , 0 , ,
0].
(s) Une exposition moina somraaire de cotte thorie est contenne dans mon
Calcolo geometrico, secondo lAusdehnungsfehre di H . Grassmann, etc. Torino 1888.
(3) Dans cette formule, e t dans qnelquos-nnes de cellcs qui suivent, le signe
= entre denx propositions indiqne leur qnivalence ; la conjonction de plnsienrs
propositions est indique en crivant ces propositions lirne aprs l antre. Ainsi
cette formule signifie : nona dirons qne deux nombres complexes sont gaux en
tre eux, si les lments des deux nombres sont respectivem ent ganx .
85
i n [0, 0, ..., 0 ,1 ],
x i i 4 + x2 i 2 + ... + xn in .
3.
On appelle substitution des nombres complexes d ordre n une
opration par laquelle tout nombre complexe x = [xt ,... ar] correspond un autre complexe
[n *1 + + r m x n , . . . , r nl x L -}- ... + rnn x n\
dont les lments sont des fonctions linaires et homognes des lments d a complexe donn. Nous dsignerons une substitutioo par
la m atrice
r n ... r ln \
...............>= N
t n i ^ n n )
(pour to u t complexe x on a R x = S x ) .
(R + S )x = R x + S x .
S est une substitution q u on appelle somme de
R et S .
Df.
R S x = R (8 x ) .
R et S .
On dduit :
... 0 \
86
G IU S E P P E PEANO
frij] + M =
jn j)
[Sij] =
Ii
(^) ,
% = rij + sij
O li
fy =
n 1 y +
r<2 s 2;- +
... +
r in s )y- .
d . R 2= d R . R + R . d R ,
d R S = <ZR* S + R S ,
d R - 1 = R - 1 R R _ I , etc.
5. Pour simplifier les recherches su r les limites, nous introduirons les modules des complexes e t des substitutions.
Df.
On dduit :
mod. x ;> 0 .
87
on dduit
(a)
{X i y j X j y i) 2
afj y t + ... +
mod.
mod. y .
mod. (x + y)
mod. x + mod. y .
(t t
, e t intgrons de
<1
mod. J x d t
h
t0 t , > t0 ; on
t\
J(m o d . x ) d t .
h
Df.
, mod. (Rx)
mod. R = maximum de ------- ------ ,
mod. x
o x est u n complexe quelconque.
Ce maximum
est
/mod. ( R x )\8
,
I
I est
mod x
mod x
mod. (R x) 4- m od. (S x)
< m a x .---------------- ;-------------mod. x
mod. R mod. x + mod. S mod. x
< ; m a x .------------------------ -------------------------mod. x
= mod. R + mod. S ,
(*) Cfr. i l t r a t t a t o n . 8 (Calcolo differenziale eto., 1884), p. 186, te o r. 1.
U.C.
88
G I U S E P P E PEA NO
mod. (R + S)
On a :
/t* ci\
mod. (R S x)
mod. R mod. (S x)
mod. (R S) = m a x .------- ^-------; ^ m a x .------------- ;------------mod. x
mod. x
_
mod. R mod. S mod. x
,
, a
^ m a x .---------------- 1---------------- = mod. R . mod. ,
mod. x
do
(f)
>*21 +
. +
r ll r12
*nl ^ j
>*11 >*12 +
H >*ji1 Ynl j
rtf
>*22
4 " r n \ >n2 i
>2
A , ...
^ J
r ln
. . . .
>*nl V'nn
d X
n)
^ =
R x -
x = a + a ' + a" +
89
est convergente, et que sa somme x est line fonction de t (qui, videmment, a la valeur a pour t 10) satisfaisant lquation (1). En
effet puisque les r{j sont des fonctions continues de t dans l ' in ter
valle (p , q ) , mod. R sera ausai une fonction continue d e t , e t soit
m son maximum. E n supposant, pour simplifler, t > t0 , on a:
mod. a ' < ; J mod. (R a ) d t < , J mod. R mod. & d t < , m - mod. a (t 10),
mod. a" < ; J m o d . (R a') d t < ; J m od. R mod. a ' d t < .
< -i- m2 ' mod. a (t t0)z , etc.
li
= 1 + j R d t + f R j l l d t * + J u J k J r d t3 4 -...
Alors, E
= e ( . x 0 ,
On dduit :
hi
\*o.
90
GIUSEPPE PEANO
positif.
Kn posant E = E
j , ou dduit
l= R E ,
d ti
- l = ER.
d t0
1 + R t -f- Y \
"V
a.
dX
L quation diffrentielle -= = R x + p , o p est u n complexe
L Z
P &t
Il
signor H a l p h e n nel suo recente T ra it des fonctions elliptiques, etc., definisce geometricamente le funzioni ellittiche. Lo scopo
di questa breve N ota di dare u n a ltra definizione geometrica di
tali funzioni, a mio credere, pi semplice e pi conforme alle co
m uni definizioni delle funzioni circolari.
x2
y2
Sia lellisse di equazione 5- -4- -fs- = 1 rispetto agli assi ora
da
(1 )
U I ab J
(2)
= la b [
U=
92
GIUSEPPE PEANO
Vrt2 b2
Partendo p. e. dalla (2), supposto a > 0, e fatto e = -----------,
si lia:
(3)
Quindi, fatto u ~
10
si ricava :
(4)
x en u
(6)
y = b sn u ,
(7)
r=dn.
eano
Si une des fonctions, par exemple a?,, est identiquem eut nulle,
ces fonctions sont lies par la relation linaire x , - \ - 0 x 2 -j- ... -)-0.rn= 0.
Donc la conclusion de la proposition en question n est point modifie
si lon ajoute les mots : ou hien lune des fonctions est identiquement
nulle.
94
O I U S E P P E PEA NO
relation linaire. Ni lune ni lautre des deux fonctons n est identiquement nulle, car x est > 0 si t > 0, et y est > 0 si t < 0 .
Mais ces deux fonctions prsentent cette particularit que, pour
toutes les valeurs de t , l une ou lautre est nulle. P o ur faire disparaitre cette particularit, posons
X = t2 ,
Y t mod t .
/ ('r o + h) = / ( * o ) + h f ( x 0) + +
(1)
(xo) + T *
on a
(2,
_ /w w
(, + y - /-> w
Ili
o
ht = e k ,
o< e < .
7n
hn
nI
96
G IU S E P P E PE N
En effet, la fonction / ($), qui a, pour x = x 0 , des drives d ordre 1 , . . . n , a ncessairement, aux environs de x 0 les drives d ordre 1
1) ; dono on a, quand h e st suffisamment petit, pour
e lexpresson (2) ; on en dduit, par la dfinition de la drive,
lim e = 0 .
J avais nonc cette proposition, dans laquelle on ne suppose ni
la continuit, ni lexistence de la drive d or (Tre n aux environs de
x = x 0 , dans mon Calcolo differenziale, Torino 1884, pag. X IX , sans
la dmontrer. J ai cru devoir en donner la dmonstration, parce qn'on
lit dans le T ra it dA n alyse de M. L a u r e n t , P a ris 1885, pag. 126,
que cette fo rm u le suppone la continuit de f W (x ).
Il
sig. B e r t r a n d , nel suo Calcul diffrentiel pag. 63, enuncia
un a proposizione, che, pei determ inanti di terzo ordine vale:
Se %
Ui sono funzioni delle variabili %i x 2 x 3 , e si attri buiscono a queste tre sistemi di incrementi
( A i , h , h3)
( A i , M , 1^)
allora il rapporto del determ inante formato cogli increm enti delle
u al determ inante degli incrementi delle %, col tendere di questi
incrementi a zero, ha per limite il determ inante jacobiano delle u
rispetto alle x .
Giu s e p p e
Peano
il rapporto
<P
(M iifc)
( K K K 1)
sono q u an tit fisse, il cui determ inante non nullo, e si attri buiscono alle x gli incrementi
(hi t , h2 t , h3 t ) ,
(3)
Questa ed a ltre proposizioni per determ inare il lim ite -del rapporto delle
s ig .
U D'UNA P R O P O S IZ IO N E ECC.
99
CO =
/(.,
h% h3
l'l
i2
h'i
li3
K'
-- -
--------
n el t r a t t a t o
N. 60 (Lezioni di
U. C.
donne par M. Bussinesq dans les Comptes Rendus (T. CVIII, A. 1889,
p. 695) a dja t publie par moi dans mes Applications gomtriques du Calcul infinitesimal (Turin 1887, p. 233) sous la forme
( 1)
+ +
+- '
2 a + ...
oh
f$ = (a b f sin2 t cos2 t .
101
)
,
p2 = ab .
Nel maggio del 1882, G. P e a n o , h a esposto un esempio che dim ostrava come
l'ordinaria definizione d i area di nna superficie curva fosse errata.
Allo stesso risultato perveniva in modo indipendente e pressoch contempo
raneam ente H. A. S c h w a r z .
(Cfr. in proposito : U. C a s s i n a , L area di una superficie curva nel carteggio ine
dito di Genocchi con Schw arz ed Hermite, Rend. Ist. Lomb. , 83 (1950), pp. 311-328).
Nel tra tta to n. 11 (A pplicazioni geometriche del calcolo infinita, 1887, p. 164),
G. P e a n o h a dato una definizione di area di una superficie curva, analoga a
quella di lunghezza di un arco di curva (esposta nello stesso libro a pag. 161),
In questo lavoro n. 23 (del 1890) questa analogia messa in rilievo m ediante
le nozioni di calcolo geometrico in tro d o tte da G. P e a n o .
U. C.
103
Ora la prim a definizione non vale per le linee non piane. E ssa
si pub rendere applicabile in ogni caso omettendo le linee circo
scritte, cosi :
3)
Lunghezza d un arco curvilineo il limite superiore delle
lunghezze delle linee poligonali inscritte in esso (2).
Ma la seconda definizione, per le aree, non applicabile alle
superficie concavo-convesse, e pare difficile il renderla applicabile in
ogni caso.
I procedimenti, per determ inare la lunghezza dun arco e larea
d una superficie, seguiti dai vari matematici fino al principio del
corrente secolo, erano poco esatti (3). Solo nei tra tta ti di calcolo re
lativam ente recenti si suol definire la lunghezza d un arco e larea
d una superficie. Ora, se la prim a definizione non presenta difficolt,
la seconda lasci sempre a desiderare. La definizione data da Serret
e ripo rtata da ta n ti autori, nella quale si considera il limite verso
cui tende una superficie poliedrica inscritta, non vale ; poich una
tale superficie poliedrica pu tendere, dipendentem ente dal modo di
variare delle sue faccie, verso ogni limite maggiore di quella quan
tit che da tu tti si chiama area della superficie (4).
Il compianto H arnack, nella versione del tra ttato del Serret (5),
104
G I U S E P P E PEANO
105
chiaro che :
5) Se si proietta ortogonalmente la linea chiusa (non piana) 1
su d u n pia no variabile, il massimo dellarea lim itata dalla proiezione
di 1 vale la grandezza del bivettore 1; e questo massimo avviene quando
il piano su cui si proietta ha la giacitura di 1.
Se ora si intende per vettore dun arco di curva il vettore li
mitato dagli estremi dellarco, cio la sua corda considerata come
vettore, la definizione 3) si pu pure enunciare :
6) Lunghezza dun arco di curva il limite superiore della
somma delle grandezze dei vettori delle sue p a rti.
Analogamente se si intende per bivettore duna porzione di su
perficie il bivettore formato dal contorno di essa, si pu assumere
per detinizione :
7) A re a d una porzione di superficie i l lim ite superiore della
somma delle grandezze dei bivettori delle sue p a r ti (9).
F ra il vettore d un areo di curva, e il bivettore d una. porzione
di superficie passa un a analogia completa. Cos alla proposizione che,
sotto certe condizioni,
8) L a direzione del vettore du n arco infinitesim o di curva
quella della tangente ; e il rapporto f r a la sita grandezza e la lun
ghezza dellarco lunit,
corrisponde la proposizione che, sotto condizioni analoghe,
9) L a giacitura del bivettore duna porzione infinitesim a di su
perficie quella del piano tangente ; e il rapporto f r a la sua grandezza
e larea d i quella porzione lunit.
106
G I U S E P P E PEA NO
La proposizione :
10) I l p rim o termine nello sviluppo della differenza f r a un arco
a e la sua corda, secondo le potenze ascendenti d i 8 ,
ss
24 R a
ove E il raggio di curvatura,
ha per analoga :
11) I l p rim o termine nello sviluppo secondo le potenze di
q,
della differenza f r a larea dun ' cerchio geodetico tracciato sulla super
ficie, di raggio q , e la grandezza del suo bivettore,
|
8
1 V _ ^ g 4r
4
[ny-Ri)
(10)
Alesare de la courbure dea aurfacea suivaut lide commune, Acta Mathema
tica, tomo XIV, Stockholm.
Df
O -f- G(2r+l)unlm $
fc ($ -|- 1)/ft ,
et le triangle de sommets
'O -)- Qirunlm {
_j_ e (2i--l)u/m ^
^jn
108
G IU S E P P E PEA NO
E n variant r et s , ces triangles forment urie surface polydrique inserite dans le cilindre ayant pour axe ole, pour rayon 1 ,
et pour hauteur 1 . Si l on dveloppe la surface cylindrique, les sommets
................des triangles forment la figure ci-contre (j = 5 , = 4 ) .
................On obtient la infime figure en dveloppant la surface
................
polydrique car elle ausai est dveloppable.
On calcule facilement laire de la surface polydrique
= 2 m sin (n jm ) \| ( 1 -f- i n 2 sin [ji/(2m)]4 j
dont la limite pour m o o , n oo n est pas dtermine. Si
lon suppose n t n , on a pour limite 2 n , aire du cylindre. Si
n vi2, on a la limite 2jhJ (1 -j- ji4/4) . Si n tn3, la limite
est = oo .
Le calcul qui prcde est tir de ma leon lU niversit de
Turin 22 mai 1882, pag. 143 de la litbograpbie du cours 1881-82.
Yoir aussi:
Sulla definizione dellarea duna superficie, LinceiA. a.1890 d.19.
La mme remarque a t faite, peu prs en mme temps,
d une fa^on indpendante, par
H. A. S c h w a r z (Mathematische Abhandlungen, Berlin a. 1890
t.2 p.309).
D ans ma note cite on trouvera une Df analogue la dfinition
de A re et fonde sur la considration des bivecteurs. Xous en
choisissons ici une plus lmentaire.
Quelques auteurs projettent l aire considre S su r u n p ia n ;
dcomposent l aire projection en lments inflniment petits zi A ;
et dfinissent comme aire de S la limite de 2 A A /c o s y , o y est
langle form par le pian de projection avec le pian tan g en t la
surface en un point quelconque de A A ..
Ctte D f n est pas homogne, car elle contient explicitement
le pian de projection. Il faudrait dire: l aire est la valeur con
stante de la limite considre, quel que soit le pian de projection .
La dfinition donne ici avait t reconnue possible par
B o r c h a r d t , a. 1854 (JdM. t.19 p.369) W erke p.67 :
On s a i t . que le volume compris entre deux surfaces parallles se rdu it au produit de laire de lune des deux su r
faces par leur distance, lorsque cette dernire devient inflniment
petite. L inversion de ce rsu ltat montre que laire d une su r
face peut tre considre comme la limite vers laquelle converge
le rapport, dont le num rateur est le volume compris entre la
L e s e m P i o
di
Peano
per
d im o s t r a r e
ecc
109
L a curva stu d iata in questo lavoro 6 ora universalm ente n o ta come curva
di P e a n o (o continuo peauiano).
V. 0.
0,
ctg flj]
k 1=
1,
k 2= 0.
....
3T 0 , Cj Cg Cg ...,
Su r
une
courbe
qui
r e m p l it
tute
une
a ir e
plan e
ili
ci k ^ n 2 ,
<1 2 =
0, ,
03
___ i r cl + c2 + - + en - l j
fl>2n1---^
62
flt1 = k 6l+*,jc2 , . .. ,
___. Sl +
n --- K
62+
+&
On
2 2 2 .,
112
GIUSEPPE PEANO
o fl2 - 1 e* a 2 ne sont pas tous les deux gales 2. Cette suite peut
reprsenter to u t nombre de la classe a . Soit
X 0 f hi &2 &n1 &n-fl
on a :
7
|* 2 + - + c2 2
7
__7l
__ 1 *2 + - + 2 - 2 + 2 o
bn K
ttzn 1 j ^n+ 1 --- "n-j- 2
0 , % W-2
et
X -0 j &i... bni hn
.*.
On ---K
&2n1 )
j,
___? ,
___
___. 2+ - " + 2n - 2+ a 2 n
U.
H" rt2n2 + * 2 =
f* *' ~b a2n2
a2n h
d o
^+1 = &n-f-2 =
= &+l &/i+2 == = k 2
2n 2 .
~\~ a\ +
-f- tt2n2
on a
bn - k 8 2n1 j
&n+i &n+2 - = k 8 2 ,
b'n = k8 ft2n1 j
^n+i
&n+2 == = k 8 0 .
113
les fraetions
X = 0 , hi l 2 ... ,
Y = 0 , ct c%...,
Z 0 , <7, d 2 ...
o
bl a l ,
Cj k*1 2 ,
a3 ,
(7j =
a-in_ 2 ,
Cn K
__ v, 61 + - +
dn k
b2 k e*+<*i at , . . .
bn+cX+
+ en
3n1 i
flf-3n .
1 14
Gi u s e p p e
pean
1877). D ans ma Note on dmontre q u on peut tablir d un cot l uniformit e t la continnit, cest--dire, aux points d une ligne on peut
faire correspondre les points d une surface, de faon que limage de
la ligne soit lentire surface, et que le point sur la surface soit fonc
tion continue du point de la ligne. Mais cette correspondence n est
point univoquem ent rciproque, car aux points { x , y) du carr, si x
et y sont des /?, correspond bien une seule valeur de t , mais si x ,
ou y , ou toutes les deux sont des a , les valeurs correspondantes
de t sont en nombre de 2 ou de 4.
On a dm ontr quon p eu t enfermer un are de courbe piane
continue dans une aire arbitrairem ent petite :
1) Si lune des fonctions, p. ex., la x coincide avec la variable
indpendante t ; on a alors le tliorme su r lintgrabilit des fonc
tions continues.
2) Si les deux fonctions x et y sont variation limite ( J o r d a n ,
Cours d Analyse, I II , p. 500). Mais, comme dmontre lexemple prcdent, cela n est pas vrai si lon suppose seulem ent la continuit
des fonctions a; et y.
Ces x et y , fonctions continues de la variable t , m anquent toujours de drive.
3.
E xiste complexo de ordine n , vel puncto in spatio ad n dimensiones, functio continuo de variabile reale, vel de tempore, tale que
trajectoria de puncto mobile pie toto spatio. Id es, existe linea con
tinuo, que transi per omni puncto de plano, et existe linea, que
tran si per omni puncto de spatio, etc. Ce re su lta ta habe interesse
in studio de principio de G eom etria; nam non existe charactere
specifico, que distingue linea, ab superfcie.
Si nos voi que, dum variabile t varia de 0 ad 1 , puncto de
coordinatas x et y , functiones de t , describe toto quadrato (9 i 0 ) ,
nos evolve t in fractione decimale, vel analogo ad decimale, in
aliquo basi :
t = 0
23. . .
116
Giu s e p p e
pean
I
0
2
3
(a)
2 3
1 4
(b)
nnnn
8
7
(o)
(d)
(e)
In scripto Sur une courbe qui remplit tonte une are piane, MA,
a.l8!J0 t.36 p.157, me da expressione analytico de correspondentia
continuo in ter numero reale t , et numero complexo (x ; y ) .
Vide H i l b e r t a .1891 MA. t.38 p.459, C e s r o , D arbouxB.
a.1897 t.21 p.257, M o o r e AuiericanT, a.1900 p.72, L e b e s g u e ,
Legons sur lintgration, Paris a.1904 p.45.
fx ify xy
J e me propose dans cette note de rduire au minimum les con
ditions ncessaires la dm onstration du tliorme.
T h o r m e . Si fx y (x , y) existe aux environs de x x 0 , y y0 ,
et est continue pour x x0 et y y0 et si f y (x , y0) existe aux envi
rons de x x Q, alors f y'x (x0 , yQ) existe aussi, et lon a f yz (x0, y0)
= = fxy K
/ q)
118
GIUSEPPE PEANO
o a ', lune des valeurs de a , ne sera pas, en valeur absolue, suprieure e j autrem ent dit, mod a ' ^ e .
Intgrons (2) par rapport l i , de 0 h j nous trouverons la
formule bien connue :
/ ( o + h , y 0 + le) f ( x 0, 2/0 + lc) ~ f ( x o + h >Vo) + / ( * o >Sto) =
(3)
gp + *0 / K +
le
y0)
= A / ^ ( * o , 2/0) + A a " .
Passons la limite, pour 7c = 0 . P uisque f y {x , y0) existe, on a
Um f J K + h l * * ^ f o + . ^
= / ; (ao + , % ),
= f y {, 0 ,
Dono a" aura aussi une lim ite a'", en valeur absolue, gale ou
infrieure s . On a ainsi
(5)
ou
(6)
0,+ A lo)
,l / i (*o I yo) +
( ,, yfl) = / K , yo)-+
+ ^ - f i * o , V o ) = f ,, K ; yo).
Va)
(27). DMONSTRATION
DE IV INTGRABITJT DES QUATIONS
DIFFRENTIELLES ORD1NAIRES
(M athem atische A nnalen, Bd. X X X V H , A . 1890, pp. 182-228)
x i i >.*) i
120
G I U S E P P E PEANO
o les <Pj, . . . , <pn sont des fonctions continues aux environs de t = fi,
a>i =
, , . . , xn = . Dans cette Note on prouve que lon peut
dterminer un intervalle (b , b ') , et, dans cet intervalle, n fonctions
. . . x n de t , qui satisfont aux quations donnes, et qui, pour t = b,
prennent les valeurs at . . . a. (l)
Toute la dm onstration est rduite ici en formules de Logique,
analogues aux formules d A lgbre ; car, bien qu elle ne soit pas dif
ficile, son dveloppement complet avec le langage ordinaire serait
d une complication excessive.
D ans la premire partie on explique les notations introduites, et
lon dveloppe quelque thorie dont dans la suite on doit faire usage.
L a deuxime p artie contieni la dm onstration du thorme.
r e m i r e
p a r t ie .
a.
Explication des signes.
K (classe), ^ (et), ^ (ou) , (non), e (est), (est gal), Q (est contenti
ou on dduit), jy (rien ou absurde). (2)
1.
(1) L a dm onstration de 1*intgrali ilit des quations diifren ti elles, indpend ente de la thorie des imaginaires, laquelle esige des conditions restrictives
spciales, a t donne par C a u c h y , e t (incompltement) publie par M o i g n o
Legons de calcul diff. et de caloul inigral, 1844, Voi. 2, p. 385-454 e t 513-534. Elle
suppose lexistence e t la continnit des drives partielles des 9 ? par ra p p o rt anx
x . Elle a t ensaite donne p a r diverses autenrs, sous des conditions restrictives
quelque pen diffrentes, e t dont nous parlerons dans la suite.
(2) On d o it B o o l e Vtude des oprations e t relations de Logiqne, Ces
questions ont t ensuite tudies p a r plusieurs Auteura. Voir l'introssant ouvrage
E. S c h r o d e r , Vorlesungen ilber die Algebra der L ogik (Exacte L ogik)}
Leipzig, 1890 j
d o n t le prem ier volume v ient de parai tre.
J ai dj r d u it en formules les propositions de quelques thories, dans mes
Arithmetices principia, nova methodo exposita, T urin 1889 ;
P rincipii di Geometria, logicamente esposti, T n rin 1889 ;
Les propositions du cinquime livre d*Euclide, rduites en fo rm u les, (Mathesis, t. X) j
publications auxquelles je renvoie le L ecteur pour de plus ainples explications.
Le signe e est la lettre initiale de ta x i ; les signes Q e t a s<mt les initiales renverses des mots contieni et vrai,
121
3.
abc
4.
av b
5.
~ a
6.
x ea
7.
x jy
8.
a = )
9.
uQb
V
craindre.
c
7?
??
x est un a .
>7
x et y sont des a .
91
77
10.
11.
12.
abc
13.
a v
b u
14.
15.
a= b
16.
a Qb
,,
de la a on dduit b ou si a , alors b .
17.
77
a r\ b n c .
a qx b
19.
a Ox.y b
la b .
20 .
a x b
,,
pour toutes les valeurs de x , les propositions
a et b sont quivalentes .
21 .
122
G IU S E P P E PEANO
Lorsquune formule n est pas contenue dans une seule ligne, elle
se continue dans la suivante, un. peu droite.
Exemples.
1.
3 e Nombre premier .
2.
M ultiple de 0 q M ultiple de 2 .
3.
a , b e q . Q . ob = b a .
a,&eq.a*-j-&2= 0 : Q : a = 0 . 6 = 0.
6.
a , 6 q .((6 = 0 : Q : a . = 0 . vy.6 = 0 .
7.
( i , 6 , c e q . c - = 0 : [ ) : a c = 6c- = - a = 6 .
D ans les ex. 5, 6, 7 les : divisent les propositions en trois parties ; le hypothses e t thses sont complexes ; la thse de 7 est l
galit logique entre deux galits algbriques.
Quelquefois il convient de considrer la formule ternaire a q b
comme un compos binaire de a et o &? 011 de a 0 et b .
8.
a,6,x ,y eq .
= a b.
x -(- y = a . x y = b : = : 2x = a -(- 6 . 2y
lei le signe
dcompose la proposition en deux parties ; la
premire est forme de lhypothse et du signe de dduction. La
partie qui su it . \ est la tbse ; elle est dcompose par les : en trois
parties, les deux membres d une galit logique, et le signe d galit.
9.
123
tant a , b , c , a',
c' dea nombres, si, quel que soit le nombre
x , les deux trinmes ax 2 + . . . et a'x 2 + . . . sont gaux, alors . . . .
10.
a , &e q . 0 : : x q x2 + aa? +
= 0 : - = * A ' = .
4&;> 0.
12.
a , b , a ' , b' e q . Q
x 1 y e q . a x - \ - b y = 0 . 'a; + Vy =
= 0 . u . 3 / = 0.*. Xyy A : : = & ' a'& = 0 .
; a;
a e K . 0 a 0 a
3.
a e K. 0 : aa = a. a u a = a. (a) = a. a a = a* aA ~ A*
a^A a.
4.
a , b s K. 0 : ab = ha a v b = b v a. ab Q a. a ( j a
= (- )'-' (- b). - ( a wl ) ) = ( ) n (&).
5.
6.
a , b s K. Q
a , b , c e K. a q b. b q c :
a q b.
= : x e a.
( syllogisme ) ,
b. {a a b)
Qa. x e b.
124
G I U S E P P E PEA NO
b.
Signes Q , q , 0 , t ~ t l , q,t , m .
*
Nous poserous :
1.
2.
q =
3.
9 =
4.
5.
x = y. = :
7.
x zti y =
8.
9.
0 = (0 , 0 , . . . , 0).
10.
= y r x 2 = y2 , . . . , xn yn .
ih
f x 2 u t y2 , . . . >
z t j/m)-
m i = + Sx\ + x\ + . . . + x \ . ()
xequ
12.
x , y e qn . x y : q . y = x .
-0
.x = x .
(3)
l e i les nombres com plexes son t in trodu its seulem ent ponr simplifier les
formnles, car ila perm ottent d'crire nne lettre senio et u n e quation senle an
lieu de n lettres on de n quations. Dos proprits nonces quelqnes unes son t
vid en tes ; les autres sont dm ontres dans ma Note In tg ra tio n p a r sries des qua
tions diffrentielles linaires , Math. Ann. X X X II, p. 450.
(*) On ponrrait aussi dfinir par n ix , la plns grande des valeurs absolues
des lm ents de x ) alo,rs les proprits des m odnles son t presqu' videntes.
13.
x ,y ,z eqn . x y .y = z: q . x =
14.
x , y e q . Q . x + y e q.
15.
x ,y e q n .Q .x -{ -y y -\-x .
16.
* , y , s e q ^ 0 (* + f) + z = * + V + z) = * + V +
17.
x , y , z e q . x y : y . * + = y + a .
18.
x e qn . a e q : f) . ax e q u .
19.
x , y e q . a e q : o (# + il) = * + al!
20 .
21.
q , a ,
b e q:
Q .
(ab)x
ax -\-b.v
125
: o 6 (ax) (ba) x = b a x .
x
x = 0.x-{-0 = x . l x = x.
22.
a; e q . f) :
23.
x s qn. o :
24.
x , y e q . Q . m (x - f y) < ; m.T + my .
25.
26.
mO 0 .
* Q . ^ . m# = 0 .
lim x = a = . lim m (x a) = 0 .
Giu s e p p e
126
pea n
1).
La df. 3 de ce snonce:
a , he K . f s b/a . y e b : o . / y = * e (y = f x ) .
C. Si a , b e K , et / e b ja , si s est une K contenue dans a ,
alors, suivant M. D e d e k i n d (6), f s indique la classe des b qui sont
1/ de quelque s ; en sig'nes :
a , b , s e K . f e b/a . s o a : q , f s y e [x e s . y = f x : - = a ]
() I b . p . 6 .
127
a Q
qna?e|se>a.u.jr<a],
a , b s q . a <^b : q . (a
128
G I U S E P P E PEA N
C'.
Observiitioiis s u r le c.
1. D ans le prcdent nous avons introduit quelques notations,
et expliqu les cas particuliers, dont on fera usage dans cette Note.
Mais il n est pas inutile de donner quelques autres explications su r
cette im portante tliorie.
L ide de fonction (correspondance, opration) est prim itive; on
p e u t la considrer cornine appartenante la Logique. Gomme exemple pris du langage corri muri, posons h = liomme , p le pre
de ; on a p e li/li .
D ans l Analyse on a log e q/Q , sin e q/q ; mais on n a pas
tang q/q , ear ta n g ~ n est pas im e q .
A
2. P a r (b/a) continue nous entendons les b/a qui ont la pro
prit de la continuit. Cette proprit est dfinie seulem ent pour
les fonctions relles d une variable relle, et pour les complexes
d ordre m fonctions des complexes d ordre n . Le thorme de la
continuit uniforme s enonce :
x 0 , x l e q . f (q/j?0
continue, li e Q : Q
le e Q
x , x ' e x0~ x, .
et
y= f f y .
A insi p. ex. si x s Q , et y e q , on a :
V = log x . = . x = log y ;
lo g y = ev-,
log log * = a; ;
loglogi/ = i/.
129
ona
x = a -\-b ,
au lieu de
x ba,
J) = a x x ,
ona
x ax b ,
au lieu de
oc = .
a
aux puissances
car les
mme ligne. On peut imaune formule commence p ar
pag. X III).
bonus ),
x e ( x e p) = p
y est le pre de x =
Analoguement
x est un fils de y .
y = sin x = : x s sin y ,
au lieu de x = are sin y .
x e sin sin x
notre b ut,
Pinversion.
individu x
On aura
130
G I U S P P PEA N
131
132
Giu s e p p e
pean
x e Q . y e m x : = x a ,
ou
y e m 9 = .'. x e 9 . y m x : - = x a
affirmer que y est un m 9 signifle q u il existe un x , dans lin ter
valle 9 , tei que y soit identique la surface sphrique de rayon x .
Donc, par le convention du N. C, m 0 dsigne lensemble des surfaces spliriques dont le rayon n est pas suprieur lunit. Les
individus de m 9 sont m aintenant des surfaces spliriques, et m &
est ime KKq .
8.
Les notations du F . G e t 8 ne d o n n e n t. pas, dans cette
Note, lieu
des difficults, qui se pourraient prsenter dans d autres
cas. Car, lorsque on donne f s une signiflcation, il faut dabord
sassurer quelle n a pas djil re?u une signiflcation differente. Ensuite,
lorsque / fait correspondre une classe des individus, il est nces
saire de distinguer si lon entend par f s ce q u on a dfini au N. 8,
ce qui se prsente ordinairem ent, ou si lon entend la classe des
classes qui rsulte du N. 6, et qu on doit tudier dans quelques cas.
Pou r viter ces difficults, dsignons p. ex. par f s la classe
dfinie au N. 8 ; cest--dire posons
fs
b(x s s .
y efx
: -
= * a).
/ * = y e{x s s . y = f x : - = * \ ) .
133
. q l,a =
infrieure
0 mil1 (>6) =
Pe tit
'
a e K q . <x = A. - JP e ^1
+ Q) = A : 0
a Q -
134
G IU S E P P E PEANO
5 '.
a e K q . a - = \ . p e Q . a r> (p Q) = ^ : f) . 1, a e q.
6.
7.
a e K qn . x e a : 0 . 1 , m (a x) = 0.
. a n (x -f- 6 m h) - == a ) .
C a = qn n x e [li e Q .
.'. y e a . m (y x) < li : - = a ]
135
a e Kqn . Q Q Ca.
14.
a , ii e Kq . a q Zi : f). Ca q Cb.
| P 7 0 P13) .
j H p . * e Ca : q : 1, m (a x) ;> l t m [b x ) . lt m (a a;) - - 0 : 3
, x e 06) .
136
15.
G IU S E P P E PEANO
16.
a , b e K qn . Ca = a . 06 = 6 : 0 . C (ab) ab.
(Hp . P13 . P15 : o : ab q C (ab). C (6) q (Ca) (Cb) = ab : 0 . Tsj.
17.
18.
a ,b e Kq . o . C (a u J) = Ca <->Cb.
19.
a e E q n . x e qu : q . 14 m (a x) = I4 m (Ca x).
20.
21.
22.
(P 1 7 o P 1 8 ].
(P19 q P20}.
e.
Lim ites de classes variables.
Dfinition.
1.
2. f s (Kqu)/Q . x e q : h e Q . Qh . x e f h .-. q . x e f 0.
(Hp . . lj m ( f h x) = 0 . q . Ts).
3.
4. f e (Kqn)/Q . a e K qn . Jc e Q : h e 9 le. Qh . f h Q a
(P2 = P 3 ).
q
.fO 0 Ca.
0 ./0
(P5 0 P 67).
{ d P19 0 P7).
1 37
Thorme.
8. / fi (Kqn)/Q . q . 0 ( /0 ) = / 0 .
((1) H p . oc e Gf i ) . k e Q : o
9 m -^-Ic jn fO = A
0 m ^ r-k :
- h>a
.v . A' e Q : h
+ 0m\lcQ x
9 m le) - = \
- ~h< A
(3) H p . * e O/O . fce Q . (1). (2) : o :: A' e Q : h e 9 h ' . Oh - f h
O (* + 0m 7v) - = A
- =*' A
(4) H p . x e C f O . (3): q . x e f O .
(5) H p . (4) : o . C/O o / 0 .
(6) H p . (5). (1 P 1 3 . o * T 8.)
Thorme.
9. / e (Kqu)/Q
h , k e Q . h < k : Oh,k - f h 0 f h
p e Q: h e Q . o h
((1) 0 (2)).
he Q .e n f h = a : -
n f h ' = A : - =h< A - =
h' e Q . c'
(4) H p . w = K qn n c e [ h e Q . c n f h = A *
e K K qu :: c , c' e K q n . q C]C/
A] *(3) : 0
c w c ' e u . = : c e u . u . c'
e tt::0 m ^ e w .
(5) m e K K qu : c , c' fi K q D. q CiC*
cv c
e u . = : c e u . \j . c' e u
Punktmannichfaltigkeiten,
138
(6)
G IU S E P P E PEA NO
(7)
H p . (0) : O
x e m P
= A
= *A
- = x a-
Thormes.
10. / e (Kq)/Q
h , k e Q . h < le : O h.k-fh
/ 7 c .-.
li e Q . Oh . f h
- -= A h * Q V m f h e q : - = A :: 0 /<> - = A
{P9 o PIO).
11. f s (Kq)/Q . \ h , k s Q . h < l c : Oh,k . C f i Q f l c .: Q . / 0 = q n n x e
[li e Q . o h . x ef h).
{(1) H p . h s Q . li' e Q . li' < h : Q
le 0 li'. Ok . f l i 0 f h ' : P4 /. o ..
12.
a e Kq . a - = a . f e (KqJ/a.
. l'm f t e q
t s a . o, : f t - = A C /t = f t
t , t ' e a . 1f > t : q
Q f t :: o . x e ( t e a
, Oi . x e f t ) - = a .
[PIO n P I I o P12);
e'.
Obsevyations sur le e.
Dans le e on tudie les classes variables f h , qui dpendent
d une variable positive h et lon dfinit Ieur limite pour h = 0 .
P 1. Si / fait correspondre une classe de qn cliaque nombre
positif h , par /O , ou par limite de f h lorsque h tend vers 0 , on
entend lensemble des complexes x qui ont la proprit que la limite
139
140
G IU S E P P E PEA NO
1 41
142
G IU S E P P E PEANO
qui ont quelque point commun avec toutes les classes f h , par les
prop. (4) et (5), on dduit lexistence d un point x , dont le module
n est pas suprieur p , et tei que, quel que soit le nombre posi
tif le, lensemble des q dont la diffrence x a un module non
suprieur le, a toujours la proprit u .
(7) Cela signifle quil existe un point x , de module 9 p , tei que,
quel que soit le nombre positif le, on a que, quel que soit le nombre
positif h , il existe des f h dont la diffrence x a u n module non
suprieur le. [La (7) sobtient de la (C) en su b stitu an t dans le se
cond membre la lettre M sa dfinition].
(8) Donc il existe un point * , de module Bp , tei que, quel que
soit h , la limite infrieure des modules des dift'rences x des points
de f h est 0 , [il existe un point x commun toutes les C ( f h ) , quel
que soit le nombre positif li].
[Remarquons la transform ation par laquelle de (7) on passe son
quivalente (8). E n gnral, si h , le sont deux variables, et si p , q ,
r sont trois propositions, dont la premire p contient la seule lettre le,
la deuxime q la seule l i , et la troisime r toutes les deux h et le\
alors la proposition :
p Qfc. q Qh r quel que soit le, pourvu q u il satisfasse il la condition p , on dduit que quelle que soit la valeur de li satisfaisante
la q , on aura la vrit de r
peut aussi scrire
P 2 0 h,k r toutes les fois que h et le satisfont aux conditions p
et q , sera aussi satisfaite la r
et, par consquence, on peut encore lui donner la forme
qOh -P Ok r de la condition q on dduit que : de la condition p
on dduit la r .
Or une proposition partielle de (7) est :
&e Q Ok h Q O/i (* + 0 111 h) n f h - = A
Intervertissons les h et le, en snivant la rgie nonee. Ou obtient
h e Q . Qh : le e Q . Ofc (x +
m le) n f h = a
D e u x i m
p a r t ie .
Il 'la c tio n du th o r m e .
1. P o u r n avoir plus revenir su r les conditions de continnit
des fonctions (pl , q>2 , . . . , rpn de
on les supposera conti
nues pour toutes les valeurs des variables. Si elles sont seulement
continues pour les valeurs appartenant la varit V dfinie p ar
les conditions
b le < t < b
7c,
il suffit de poser
n t b
= tan g ,
,
n x x a
^ = tang_^__L ,...
C l iE
e&
Q -f * <1../&-& / / * : t e b ~ b q , . <
^ ~
= cp(t , ft )
Si o est un complexe d ordre n , et b un nombre rel, alors
on peut dterm iner b' et / , o b' est une quantit plus grande que
b , et / est un signe de fonction qui chaque nombre de lintervalle
de b b' fait correspondre un complexe [en dautres mots, / 1 est
u n complexe fonction de la variable relle t , dfinie pour toutes les
valeurs de lintervalle Zi-fc'j; la valeur de f t pour < =&> e s t a; et
dans to u t lintervalle b V cette fonction f t satisfait lquation
diffrentielle donne .
3.
On peut supposer les valeurs initiales b et a nulles, car il
suffit de poser t = b 4 * t ' , x a -)- x ' ; et alors, pour t b et x = a
on a t' = 0 , x ' 0 .
144
Gi u s e p p e
pean o
2)
<p (0 , 0) = 0 ,
3)
l'm cp (9 , m 0) < 1 .
Nous supposerons toujours ces conditions _satisfaites, bien que plusieurs propositions, comme on voit facilement, en soient indpendantes.
Nous voulons dm oatrer :
Thorme.
f e q/0 ./0 = 0 : t e 9 Qi
= <P(t , f t ) .-. - = / A
Rsum de la dm onstration.
La dmonstration du tliorme, rduite en formules de logique,
est contenue dans les 1 7. Bien que les dveloppements com
pleta soient assez longs, les principes de cette dm onstration sont
simples et naturels ; on peut affirmer q uon doit ncessairement retrouver les mmes propositions toutes les foia q u il sag it de traiter
compltement lintgrabilit des quations diffrentielles, sans d autres hypothses que celles de la continuit.
145
1.
2.
P I . Soient t0 , t i deux q , <0<
, x 0 un q , et p u n Q . Appelons l la limite suprieure des modules des valeurs de <p(t,x),
lorsque t varie dans lintervalle t0~ t t , et x dans la sphre de centro
4B
Giu s e p p e
pean o
*0 et de rayon p . Supposons tt t0
3.
P o u r tudier les autres proprits des B, on dmontre d abord
le lemme :
P I . Si dans un intervalle de t0 > t deux fonction relles
/ j t et f 2 t satisfont aux ingalits f i t < y (t,/j t ) , et f i t^> y> (t, / 2 1),
o y>( t , z) est une fonction relle des deux variables relles t et z ;
et si les / 4 1 et / 2 1 ont la mme valeur pour t t0 , on aura / , i, < ;
< / 2 <i<
On dduit des tliormes qui lim itent les classes B.
P7. On p eu t dterm iner une quantit positive h telle que, quel
que soit t dans lintervalle 0 , les modules des points de B (0,0, t, li)
soient tous moindres que t , et en consquence, P 8, moindres que
lunit .
PO. <<li et k tan t deux qtiantits positives, alors non seulement
B (*0 , t0 , t i , li) est contenue dans B (ar0 , <0 , t l , h
k ) , comme dit
1 PIO, mais les points limites de la premire classe sont aussi
contenus dans la seconde .
Les 13 contiennent les proprits des classes B, qui se
p rsen ten t dans la suite. On p e u t encore no ter que les classes B
sont intrieures ellex mmes et continues.
4.
14?
A lors on a :
P4. Si la fonction f t satisfait dans l intervalle de t0 tt
lquation diffrentielle donne, et si sa valeur pour t = tQ est x 0 ,
alors sa valeur pour t = t i est u n des nombres de la classe A (x0 ,
f0 , f , ) . Nous en dmontrerons la rciproque dans le 7.
P7. . Quel que soit t dans lintervalle 9 , la classe A (0, 0, t)
existe effectivement . Cest une consquence du thorme sur les
limites des classes, dm ontr au e P9.
PO. La classe A (x0 , t a ,t) est la classe commune toutes les
classes B ( x 0, t 0 , t , li), lorsque h prend toutes les valeurs positives .
P15. Quel que soit t dans lintervalle 9 , le module de tout
nombre de la classe A ( 0 , 0 ,<) est infrieur lu n it .
P19. ta n t x 0 un qn et t0 un q , si lon fise une quantit
positive le [arbitrairem ent petite], on peut dterminer- deux nombres
t' et t", lun infrieur, lau tre suprieur t0 , tels que, quel que soit
t dans lintervalle
mais diifrent de t9 , et quel que soit le
complexe x de la classe A (x0 , t0 , t ) , on ait toujours :
mod
(P
1 *0)
5*
La dmonstration, en gnral, du thorme, est donne au 7.
Mais dans ce et dans le suivant nous examinerons deux cas particuliers. Ici nous examinons le cas dans lequel la classe A (0, 0 , t) ,
laquelle, lorsque t est u n 9 , existe effectivement, se rduit u n
seul nombre.
P4. Si, quel que soit ( dans l intervalle 9 , A (0 , 0 , () est un
complexe dordre n , e t si lon pose f t = A (0 , 0 , t) ; alors f t est
une fonction complexe de la variable t , dfinie dans lintervalle 9 ,
qui sannule avec t , et qui dans le mme intervalle satisfait
lquation diffrentielle donne .
P5. E t elle est la seule qui satisfasse ces conditions .
P ou r reconnatre des cas, dans lesquels A (0 , 0 , t) est un qa ,
on a la
148
G I U S E P P E PEA N
m ( a ; ' x)
Ocj
tence de
quantits positives ci;-,
t , x et * dans la varit considre,
mod [r ( t , x [ , xli, . . . , x'n) (p i(t,x l ,
+ ci2 mod
X ) + . . . +
0.
Lorsque n = 1 , la question se simplifie. D ans ee cas on pourra it dm ontrer que A(0, 0, t) est un intervalle, cest--dire lensemble
des points compris entre les limites infrieure et suprieure de
A(0, 0, t), y compris ces limites. On dm ontr :
P 8. Si f t est la limite suprieure de A(0, 0, t), alors f t est une
quantit fonction de t, dfinie dans lintervalle 9, qui s annule avec
la variable, et qui dans le mme intervalle satisfait il lquation dif
ferenti elle donne .
P9. La limite infrieure de A(0, 0, t) a aussi les mines pro
prits .
(>) Cest la conditim i snppose par M. L i p a c h i t i ( B ullette de Darhoux, X,
p. 149; A n n a li d i M atematica, serie II, t. II, p. 2&8 ; DiJJ'er&ntial nnd Iniegralrechnuvg, p 500).
t8) V. V o l t e r r a , Sui p rin cipii di calcolo integrale, Giornale di matematiche, t. XIX,
D M O N S T R A T IO N D E L IN TG R A B ILJT D E S Q U A T IO N S E T C .
149
Mais lorsque ces limites ne coincident pas (le cas de la concidence a t tudi au 5), il y a une infinit dautres fonctions qui sa
tisfont aux mmes conditions, et dont lexistence rsulte du suivant.
, J ai donn le thorme, qui est lobjet du 6 dans ma Note
Sullintegrabilit delle equazioni differenziali di primo ordine (A tti Acc.
Torino, 1886, t. X XI), avec une dm onstration quelque peu differente.
7.
Pour dm ontrer le thorme en gnral, formons la fonction f t
dfinie p ar les conditions suivantes :
P9. Posons f 0 = 0 .
PIO. Posons f i gal un nombre arbitraire de la classe A(0, 0,1).
Alors, quel que soit t dans 9 , il y a une classe commune
A(0, 0, t) et A ( f l, 1, t) ( 4P18). Il p eu t arriver que cette classe
commune se rduise un seni individu ; appelons le ft ; alors, en
suivant les dm onstrations du 5, on p eu t prouver que ft satisfait
lquation diffrentielle donne ; e t elle est la seule solution qui
sannule pour t = 0, et qui pour t 1 prend la valeur f i, arbitrairem ent choisie dans la classe A(0, 0, 1). D ans ce cas la solution de
lquation diffrentielle est dfinie par sa valeur initiale, et par sa
valeur finale quon doit prendre en A(0, 0, 1).
Mais si cela n arrive pas, on peut diviser lintervalle 0 1 en
deux parties gales et prendre pour f
un individu arbitraire de
G IU S E P P E PEA NO
150
151
1.
S u r les classes B .
Dfinitions.
1.
t0 e q .
t0 Q . h e Q : Q . fi
, li)
= (qa/t0~ t t) n
/e
< Meo2.
tn e q .
e tQ
Q . h e Q . Xq e q^ Q B (Xq , q ,
, h) qn n x e
<0 q . h s Q . Xq e qn : q . B (&0 , t0 , t0 , h) = xg .
Consquences immdiates.
4.
5.
,,
,,
6.
t0 e q .
e t,0
7.
t0 ,
. h fk eQ .h
Q .
e ti
, <jj e q . q
:
le : q . /?(a ,
, h) q
/} ((0
, i , , k).
tz h s Q *f e fi fto >
i h) *f e fi
j t% , h)
o i h , h)-
8.
to e q . t i e t o Q . h e Q . f e 0 ( t o , t i k) : Q . / ^ e B ( fi0 , t0 , ^ , h).
9.
, tt , h) : q . x 0 e B (* j, t t , t0, h)
| P 4 0 P9) .
10.
t0, t t s q * l i , k 6 Q . h
11.
t0 q . <, e t0 + Q . t2 e , + Q . h e Q . x 0 e q . x 2 e B (x0 , ta , tz , h)
12*
tg fi q t^ fi tg -j'
.
le . x Qe qn : 0 . B (Cq,
ig e t, I- Q h c Q . j*q fi q n .
e B (*j, t j ,
B (a;0,
I 1*6 O P
c B (Xq ? ^0 j ^1 j
( P7 q P12 |.
152
13.
G I U S E P P E PEANO
t0 e q . tt e t0
Q. tz e t, -)- Q . h e Q . x0 e q . x i e B (x0 , t 0 ? ti , h)
fg e q .
s tg
Q . tg e
j P12 = P13 J.
-|Q . h e Q . x^ , x2 e qu B (xq ,
bq
. Xq e qn f t
. t" e t0
16.
Xq -j- It
CJ
2.
E xistence des classes l .
Thorme.
1.
-f- (t _ t0) 9 m J] - = a
Dmonstration.
(1)
H p . le', le" e Q
t , V e t0~
k'.k" A>
( Cest le thorme connu sona le nom de la continuit qnable,
gleichmassige Stetigkeit j.
(2)
H p . le e Q ,v t, t'e t0~ t i . m(< t') < le. x ,x 'e x Q-f- 0mp . m(x *')
< M
= x' + ( t - t') y (?, x') : o \ f t " e B (x', t', t", li) .ft"e x0
+ (<" t0) 9 m l.
15 3
{t *') l
d /i
d( -?>(,/*) < h.
H p . O : f s P ( t f , t " , h ) . f f = x'. 1 P 8 : Q . Ts |.
(4)
Hp(2). t* e
.B
(5)
) 0mi] - = A
((3) 0 (4)).
Hp(2) . t' e t0- , .*' e B(*0 , 0 , t', li) n [,i'0 + (f t0) 0m(]. t"e t~ t,
. (" < f - f le : o . B(*0 , o >4")
(6)
Hp(2). 2 = t e (t e t0-
. B(a;0,
t0 e z . ' . t ,e z . t ' , et ' t i . t ' ' < t ' - \ - l c : Q t' j " . t " Z
(7)
t0 e q .
+ Q . e K q . z q t0 . 0 e . le e Q
((5) Q (6)].
f e 2 . t e
Qt'.t" . t" : : o = *o *i
(Proposition vidente).
(8)
Hp(6) . o . * = t - 1, .
(9)
ao)
H p o Ts
Thormes.
2.
. (i
0mj>)- = A
3.
0nl>)
( P I O 1*2 )-.
h e Q . t e 9 : 0 . B (0 , 0 , i , k) n m0 - = A
)/ v-HiVo
4.
k e Q . t e 9 : Q . B (0 , 0 , t , h) A
x o VJ
( P3 Q P 4 j.
154
G I U S E P P E PEANO
3.
P ro p ri t s des classes B .
Lenimes.
{Dans les lemmes suivants, ip (t , z) dsigne une fonction relle
des deux variables relles t et z).
!
E *1
Q f i >f i e *lAo
f y t o = f i
t do
0 <: f i t
Q ). 0 t
f i t < - f t =t> A
(2)
(3)
Hp(2) . / , % = f 2 t2 : 0
: 0 : ^2 *0 H~ Q *2
/ i < <C / s *
*1 f i h
/? ^2
0 >A
(4)
(5)
fi t
= (8 A O *3 *o~
*3
< A <2
t2 \ t e t
Qt
*2 * e (^0 I- Q)
- = hA : !0 A
2.
-/i
e tf~ ti . t3
tg e q .
<
e t0
Ts.)
Q , f i , / 2 e <ljt0~ t i . /,< 0 f 2t0
t e t0<t . Ot f i t
tg e q . ti e t0 Q . / , , f 2 e q/t0~ t t . f i t0 = f 2 10
<V>( t ,/,<)
t e tg~ti . q , : / { t
D M O N S TR A TIO N D E L'IN TG RA B IL IT D E S Q U A T IO N S E T C .
155
Thormes,
.
t0 e q
t0 Q . h
,h
+ {t tQ) a + (t
*A> = *o
e Q . x0 , a e qa : t e t0~ t i
0 m
(H p ./i* == in[/f
x0
a)
.Y m
< ft : / e
j <p [ t , x0
{*0
~ fl) < h + *
{t
<0) a] ,/gi =
g (A +
ft). y ( M
m (/'* )
5.
t ) . f i t = h + lc> y>{t,
I>3 =: o ==
> 0 =: Q . Ts ).
ri
*'0
t0 e q . t i e tQ zh Q ft , h e Q . x 0 , a e q . p e Q . m (ti - 1- t0)
< -_ ^ h + k l' [9>Wo-*.,*o + Orni) ] < k . x, e B
(*o > <0 > <1 ,
{(1)
H p . s
i, : 0 :
l'm (<P [* #0 + (* W ft
+ 9 (*i
'C.
<0) x ( m a + ft + A)
7.
A) o x 0
( Po = P 6 ].
ft c Q : < e 0 . q ( . B (0 , 0 , t , ft) Q m0
- =a a
((1)
(2)
(3)
&Q1
1 P 6 : o . B (0,0, t j ft) Q m 9 t .
a,
8.
h e Q : t e 6 . Qt B (0 , 0 , t f ft) Q m0
- = Aa
( P7 0
156
G IU S E P P E PEA NO
Thorme.
9.
x0 e q n . t0 e q :
t'Q ) {i 1 h H- ft) . .
Dmonstration. (u )
(1)
4O- k
k ; et lo p ro d u it de tt 13 p a r ma -f* h + k n est
pas suprieur p ,
(3). Dans les miues notations de (1), si p .est u n nom bre positif, e t f3 une
q u an tit entre tQ et tt , qui a les proprits quon v ien t d iioncer, toute la sphre
de centro x i +
t{) a , e t de rayon
(<3
f3)
B ( ^ i , ti , ta , h + A:).
contenne
dans
ti
m [*3 xi -
*3
*i) ]
est un p o in t de la sphre, on a :
(2)
157
(t3
- ^ - + j y . O : t 3 e(t0 + Q ) n (tl
+ 0m p) a] < ^ - l c - ( t l -
<3) (ma
+ h + lc)< p.
(Vo
ni (x3 xt ) < (/t 1a) (m a -f h +
ft
un m odale infrienr .
[ x _x
l3 ~ ti
Cela signifie que Za fonction f est nne de celles qnon a appeles /?(/,, t$, h -f- le)
e t sa valeur a*3 pour t = t3 est effectiveinent nn p oint de B(x4 , f4 , 13 , A + ft)(4). M aintenaut [pnisque sc est nn point lim ite de B (x0
A)], on peut
dterininer un point ac[ de B(x0
A) d o n t la distance x t soit plus petite
que le nom bre positif -- ft (ft f3).
(5). x t f a f p f t3 a y a n t toujours la mme signification, si arj est un point qui
a les proprits qnon vient de dire, alors tonte la classe B(a:J, ^ , <3 , A) est con
tenne dans la sphre de centro x L -{- (t3 tt) a e t de rayon (/, i3) ^
dont on a parl dans (3).
E n eftet si dans la P 6 ,
<0
que toutes le bypothses sont satisfaites ; on dduit que B(xJ , tl , t3 , A) est con
tenue dans l sphre de centre xj -f- (3 t4) a , e t de rayon (tl f3)
~ ftj ;
(*4
est un
poiut de B (x0 , t 0 f t l t h ) t dont la distauee x i est plus p e tite qne ft (< 4 <3) ;
158
(3)
Gi u s e p p e
peano
<
0m f/t +
*1
A(*3
ct
t3
le
: 0 : : / t = , . / * , = a?3
. f t = xt +
f e f3-< , : o
m | f t <p(t. ,/t)}
tj
/ 3
Hp(3) . o
i A
(5)
V<0 *1
1
3 * *'i\ p c . 0 .
^
4) <[ Jc(ti
- f 011)
B ( .r l
fg) : q . B(a?i,
(* + -H
h)
0 .x[ + {h _ g ><
*0/
( + T :
0 (Sm
altire, p a r la ^ 1 P I I , il y a des points comimins anx deux classes B(ar0, t0, t3, li)
e t B (* i, t1 , 3 , li) ;
donc il y a anssi des points commnns aux denx classes I(x0 , <0 , t3) li) et
B(ajj , t l , i 3 , h + k), car, par la (6 ), la derniro classe de cette conpie contient la
denxime classe de la conpio prcdente ;
donc, il y a anssi des points commnns anx deux classe B (i0 , (, t3 , li -f- k)
e t B (* |, i j , t 3 , A + le), car, par la $ 1 PIO, la premire do cette couple contient la
premire de la conpie prcdente ;
et enfin, p a r la $ 1 P I 4, x t est nn p oint de B(x0 , t0 , / , , li 4- le).
(8 ). Dans la conclnsion de (7) n e n tre n t plns p , t3 , et. x ^1 ; mais comme dans
les (1), (2) e t (4) on a dmontr lenr existence, on a :
Des Ilyp. du Thor., si x t est un point lim ite de B(as0 , t 0 , t l , li), il est un
point de B(x , t0 , tt , h + k).
Ainsi est dmontr le thorme.
D M O N S T R A T IO N D E L/IN T G R A B IL IT D ES Q U ATION S E T C .
159
(6)
(7)
: B(#0
) ^3 ?
j ^ j ^3 ^ "t
, t 3 9 h + 1c).
~ A * 1 PIO : ^
4.
Sur les classes A.
J)finition8.
1.
2.
^)*
^o) =
Thormes.
3.
x0 e q n . t0 , t x e q . art e qn : h e Q . Qa *
fi B (jf0 , t0 ,
e A(;r0 , *0 , ,)
4.
#0
e q .
<F(t /*)
, A)
( e P2 o P 3 ).
e Q / e Qn/^o
/^o = x o ^ e
h 01
( Hp . o : 7t c Q . Oft */
5.
Xq e q . t0 ,
C.
+ 0 mJP)
. m(, g < X 1 c *0_* : 0 * A l,r fo > *) " = A ((1) H p . 1 FIO : o .* A , * Q * < fc : 0 *,* B(a?0 , 0 * j A) 0 BK
*o ? ^
(2)
1 60
GIUSEPPE PEAN
j(
7.
< 0 : O . A ( O , O , t) - = A .
8.
_ l(
9.
# . J ) P 6 = P 7 J .
1 ; ")p - p8-
A)].
(3 P 8 . e P I I : o . P 9 |.
10.
11.
P3 : : 0 Ts}.
(Hp . PIO : Q : : A e Q : Oh :
e B(0 , *0 ,
, A). #2 fi B(i1 t t i 9 t2 A)
P3 : : o . Ts).
14.
, A) . 1 PO : Qh : x Qe
0 -^-(*01 ^0 j
( r i 2 0 ri3 ).
__ * j <
< ( * - 4 - ) + 4 : Ts|
!G t I I M
1G.
3 P5 : 0 : *, B^*0 ,
l ) p u = pi5| - -
i3i>7 pi = i .
tQ . P 8 : q . Ts).
17.
161
y-P'
t0 , tt }
e B . t0
^(*0 >
tt
? *i) n A (x 2 1 ^2 i *i) = A
((1)
(2)
H p ( l) . h s Q . PIO : o : x2 B(x0
t h) : 0 . / e K q n/Q .
(3)
H p ( l ) . h , le e Q . h < h . 1 PIO : o / * 0 / *
(4)
(5)
H p . 3 P 8 : o
(6)
(7)
h ) . 1 P I I : 0 /* = A-
h e Q . l'mB(0 , 0 , tt , h)
1 : = h a .
x0 e qn <o e <1 ^ e Q : 0
t e t0 Q * t" e t0
tQ x e A (Xq , tg , t) : QitX . ni
::
{(1)
\x-X n
t -
Q , \ t e t'~ t". t
..
. < k
(2)
H p(l) . f = max (, , f0 -
= min (t2 , t0 +
+ . ,-) t
. t 8 t ' ~ t " . x e A(x0 , t 0 , t ) . l
*0);
,
p i 4 . Q >Tgi
xj
H p . (1) . (2) : Q . Ts j .
20.
tg ,
e q . f 8 qn/fg to t ,
tg 10
f t ^ 8 A ( f t , t 14) . .
d ft
Giu s e p p e
pe
An o
tt s
= <P{t ? /<)}
5.
Existence de lintgrale, lorsque A ( 0 , 0 , t ) se rduit
il un seul nombre complexe.
Lemme.
a , & q .
d /i
e Q . / e q /0 -< j : #* 0 - * , . o, < a
0 .-.Q - A
< -T-{ebtl !)
{Hp . gt = e~bt
= e~bt
I f t : fO =
:0
a b ftj < 0
d gt
dt
00 = 0 : t e 0<j . Qt
o
gti < 0 .% 0 . T s j .
Thormes.
p eQ
li'e Q : t e 0 . q . B(0, 0, t, ) q m0
h e Oli', tte 9
2 li
i > *2 B ( 0 ) h i }l) : : 0 m (*2 ~ *1) < (?<1 1)
{H p -f i 1 fu &/?(0 j
j h) / , 0 = / 20 = 0 .
t e 0 ,. Oi ~
-
V (t , m
= x i . f ti = x t : 3
m i f z t ^ t) ^ m (/^ t f { t )
+ m[/i< -
9, (f , / ^ J +
m [/ t
t e 0f,
Ts}.
p e Q . - . t e O . x , x e m0': Qe,*,*'.
t e e : : 0 . A(0 , 0 , t) e qn .
163
((1) H p . 4 P 7 : o , A ( 0 , 0 , * ) - = .
(2)
H p . 3 P8 : o
V e Q . B(0 , 0 , t , k') q m9 : -
(3)
2h
: h e 9h ' . Oh . x i , x t e B(0 , 0 , t , h ) . q a . m(;r2 x ^ <
2 9h!
{ePh 1) : o : m(a;2 arj ^ 1A- y (e** X) = 0 .
(4)
e 9 . Ot A(0 , 0 , t) e qn : f t = A(0 , 0 , t)
'teO-0
((1)
o .. / e qn/0 ./ 0 = 0.
, t) - == A
. / e qn : 0 : f i e A { f t i , t t , t ) . 4 P I I : o : f i t e A { f i , t , t).
(2)
5.
d ft
t s 9 . Ot A(0 . 0 , t) e q n : f e qn/0 . / 0 = 0 : t e 9 Ot *
fi)
= <p(* ,
(4 P4 . 0 . P6).
6.
In t g r a b ilit d a n s le cas d e n = X .
1.
t0 e q .
x[ e B (4 , t0 , tt , h) . x[ > x i : 0 :
e B(#o ?
((1)
e B (a?0 , t 0 , t i h ) . x i
i A)*
h e V fi
*f i z 9^2 = *i A
(2)
Hp . / , g e p (t0 , t, , A) . /* 0 = a?0 . f i i =
(1 ) 1 0
c t0-
. /f2 = gt% : * = ( ,
. flf0 =
.
= *i
164
(3)
Gi u s e p p e p e a n o
H p(2). #2 e 0 fj f% = 0 2 *1
^07
7i)
n B(^i ,
^.
'0
n
B(a?0 ,
, A) r\ B(a?o ,
, 7i)
- = A ! P *4 : 0 Ts.
H p . (2) . (3) : 0 T s.|.
2.
t0 e q .
A(#q f tQ f j). Xi
f0 e q . j e
** ^P3 : : 0 . Ts).
-J- Q . Xq , ocq e q Xq
Xq : (3 : 1 A (x0 , #q , t1)
( P 2 0 P 3 ).
4.
5.
((1)
(2)
(3)
H p . x'e A(0 , 0 , Q .
(4)
A(a74 ,
, t ) . P3 : 0 : x
. l'A(a?', t , t) ^ TA(x , i , O : 0 * i ^
x . c1 e A(#', t ? t ()
l'A (* < 4i).
t ,
H p . <4 >
t . P5 : 0 - f x = l'A (/f
(2)
(3)
Hp . =
. 4P2 : 0 . Ts.
0 . Ts.
165
. Ts).
<p(< ,/)
= <p(, ft)
0 : 4 0 Ot
(4 P4 . o . PIO).
7.
D m onstration de lintgrafoilit en gnral.
Notations pour les P 1 et 2.
1.
a e Kq3 .
2.
a e Kqn . a = A
e q . Ca = a : o . eoa e a.
(Hp . dP22 : o : x t e Ej
- C(a n E ^ )
e E 3(a n E ^ o E 2a?2) . a n E ^ n B 2x 9
n g Xg - = A :
> ^2 ^3
q (^1 ? ^2 ^ 3) a :
Ts)
166
G IU S E P P E PEA NO
Thormes.
3.
4*
Tj A(0, 0,
. w fA ^j , ti , f) n A(*g ,
i
, <)] e A(*j j
f j, fz) f
*2 *0
, <) rt A(g ,
j ).
2r
2r >
2r
1 1
2r
2r
Cnsquences immdiates.
5.
Z0 o Z, o Z2 [) . . . o Z 0 9,
6.
r e N . t e Zr : q . 2r t e N.
7.
8.
OZ = 0.
Dfinitions de la fonction f.
9.
fO = 0.
10.
11.
: D =
2 .
#8 = < + ^
13.
f qn/0 .
14.
t , t'e 9 .
167
_ . ( P 9 . PIO. P 3 : o . ( l ) ) .
(2)
(3)
(4)
r e N . f e qn/Z r : < ,
qn/Zr+1 .
o f e
*, = t + ~
. P7 : o s<i, h
(5)
(6)
A(ft , t , t').
, 0 . 4P12 : o Ts).
Hp(4) . t , t e Zr+1 - Zr .
> t :0
(Hp . #j = t -f-
A(tf , * , *')
: O : t < h ^ *i < *' *2)
e Zr . f<2 e A(ft , <, <2) . ffj e A(ft2 , t2 , <t) . ft' e A (ftt , <t , t)
: o . Ts).
(8)
(9)
(10)
r ST. 0
f q/Zr : < ,
f e qn/Z.
(12)
t ,t'eZ .
)
0
. It'e A { f t , t , t'))
f Qn
168
G I U S E P P E PEANO
(13)
^ 2 . O . f A ( 0 , 0 ? i).
((12) 0 (13)).
(14)
t e a . Ot G gt ^
gt
t0 e 0 - Z . o . oc e \t e Z n (t0 Q) . o* oc e A(ft , t , g ] - = A
(16)
t0 9 - Z .
. x i = ocz .
(Hp . t e Z n (/0 Q ). 4 P17 : q : m (ft x x) < t0 t . m(ft a?2)
< *o * ' 0 *
H p . q : t e Z r>(tQ Qj . Q
(17)
(18)
((a)
Hp . h e Q .
0 i + 0m y
0
g.
,g
((17) (18)
(20)
g . 4P5 : 0 . Ts).
(19)1.
f e q n/ ( 0 - Z) .
[(19) 0 (20)).
(21) f e q/e.
(22)
i ee - Z . f eZ :
(23)
: fi A(f<',
t) : q : ft' s A( , t , (').
169
Thorme.
15.
t e 6 . o ^
= <p(t , ft).
8.
O bservations.
On a ainsi prouv que, tan t donne lquation
2.
x = 0 = 1jA(0 , 0 , t),
170
G IU S E P P E PEA NO
o le premier facteur a pour limite 0, et le second est toujours compris entre 2 et 2. (*) Si donc on suppose le second xnembre nul avec
x et t, il Bera fonction continue des deux variables. Les solutions de
cette quation, qui sannulent avec t, sont
1.
2.
3.
4.
x =
= l'A (0 , 0 , t),
= 1jA(0 , 0 , t) ,
x = 0,
x = c jc1 + *4. e* * = <P + t4 o , o o est une constante positive.
lution unique qui a une valeur initiale donne, comme on a vii dans
le 5, n est pas ncessaire. Considrons en effet lquation
dx
' at = * ] >
o tp(x) est continue et jam ais nulle pour les valeurs de x dans
lintervalle a ~ b. Alors, si x 0 est une valeur dans cet intervalle, et
que l on pose
(*) Cfr. il tra tta to n. 8 (Calcolo differenziale etc., 1884, p. 174), ove G.
m ette in rilievo una propriet notevole della funzione z 2xy* / (x1 + y1).
P eano
U.C.
172
G IU S E P P E PEA NO
29 C o m p l e m e n t o
* 1.
su per N umeros
(pp. 409-415)
o o m p l 'e x o
Era
neN, O . Cw = Cxw
D ef
. x e Cn . re 1"n O . E r = x r
. ,v e ClsC . i o v . re 1
. u e ClsOw . Xu = u . re 1n o . XEru E rw
D ef
O . E r 3 E rv
N, . x e Cn .D. m# = mod
D ef
D ef
MaNj . ue ClsCra O .
Xu = Cw ^ as[reQ .3 r. g; w <-. (* -j- rra)]
Defp
Hyp-o O . a n / N 0
173
^ Vfin
(1)
(2)
Ergo limite infero de valores sumpto per l'fs, ubi s sume omni
valore numerico, fequa limite infero de valores sum pto per l'/s,
ubi s varia de m in post.
lf4
GIUSEPPE PEAN
m S0 . (2)
(2')
(3)
V f(m + s) e f m
(3')
: rN0 O , .
gr . l'm gr e Q . Xgr = gr .
g(r + 1 ) D gr o . x i e ( \ E //? |s %
Nunc, si nos voca h classe de secundo coordinatas de elementos de / r , que habe ut primo coordinata x i 9 h es novo successione
de classes de quantitates ; omni classe es non vacuo, limitato, clauso,
et continere in praecedentes. Ergo quantitate vocato x 2 es commune
ad omni hr.
lt5
Hyp-1 .=>. I n / K 0 = n / N0
21
.z>. H / ' N q ^ f n
^ / N o ^ %fn
(1 ) . D J f / N 0 D n / % . D . P
f 11
f 2 ...
(1)
+ 1) 3 / o . a n / N0
Dem.
p i .d . a n a / n 0
r S 0 . i (pag. 139) P -l .3 . f ( r + 1) 3 Xf{r + 1) 3 f r
(2) .3 . fi f( r + 1) |rN 0 3 fi Xf(r + 1) |rX 3 f l / K0 .
(i)
(2)
<3)
G IU S E P P E PENO
176
O.
H yp
-6 . 3 . L m / = n [ ^ U / (8 + N 0)| N0]
D ef
177
H yp
-6 .3 . a L m /
analogo ad p. 213 Prop, 2-4, pag. 231 Prop. 40-4, pag. 331 Prop. 68'3.
9
vew : uew .
H p(l) . xe n / N 0 . rsQ . 3 . xe h i . x +
ew
D g (derivata generale)
neN, . ue Clsq . f e Cn u . xe u n 6u . 3 .
Dg f x = L m [D (/; x, y) \y, u, x\
D ef
12
G iu s e p p e
178
peano
Hyp-0 O . D/a? = 7 D g / z
fx +
0*
Hyp-0 . ge Cn F u . D gx eq . 3 .
D g [(fx x gx) \x, u]x = f x x ~Dgx + gx x Dg/
Hyp-0 O . D g m o d / r 3 0 mod Dg f x
a, b e q . a = b . neNl . / On F a .
b .D .
( fb fa)/{b a) e Medio U D g f la ~ b
Theorema de valore medio (pag. 288 pr functione reale, pag. 312
pr functione complexo) sume forma :
Si / es complexo de ordine n , functione definito de variabile
ab a ad b, tu nc suo ratione increm entale, pr valores a et b , es
medio in ter classe de classes de derivata generale de / , in in ter
vallo dato.
30.
JEquationes differentiale.
(pp. 416-429)
* 1.
Theorema
D ynz = / (
180
G IU S E P P E PEANO
D em onstratione.
Xn vero, nos nosce positione gx = a de puncto mobile ; ergo es
noto suo velocitate Dgx = /{gx, x) ; vel es noto puncto successivo de
gx, vel puncto ad distantia infinitesimo. Noto novo puncto, es de
term inato suo velocitate, vel tertio puncto successivo ad secundo ;
et ita continua.
Isto demonstratione, vel explicatione, plus a u t minus diffuso,
occurre in libros de Analysi ab E u l e r , Institutiones calculi integralis,
a. 1768, t. 1 p. 493, usque ad L a c r o i x a. 1810 p. 2.
Sed in ilio tempore, vocabulo infinitesimo non es definito.
C a u c h y defini infinitesim o u t q u a n tita te variabile que verge
ad 0 j et isto definitione es secuto hodie in generale (et si aliquo
puncto mane obscuro, et existe alio interpretatione). Ergo C a u c h y
a. 1840, Exercices p. 327, evolve demonstratione precedente u t seque :
In teg ra per approximatione aequatione dato, e t tran si ad limite. A n a
lysi de demonstratione pone in evidentia plure propositione in te r
medio, non exposito in modo explicito ab auctores. Isto analysi, vel
demonstratione completo, es m ulto longo.
Nos indica per B solutione approximato de sequatione dato, vel
solutione cum errore minore de qu an titate positivo c ; et in P2-3
nos stude proprietates de B. Nos voca A limite de B, quando er
rore fc verge ad 0 ; et in Prop. 4-5 nos stude proprietates de A ;
P7 da expressione explicito de functione que satisfac sequatione dato.
Nam dem onstratione de propositione existentiale existe a li
quo a semper consta ex constructione, per symbolos de Analysi et
de Logica (vel per lingua commune), de aliquo elemento x in classe
, secundo regula pag. 12 Prop. 2*1.
* 2.
B
H y p P I .D:
*0
ye (x + tn,s) - ix . 7ceQ O .
B(a, xf y, c) = Cw r* ba
D ef
181
Def
* 3.
H yp P I . 3 :
ye x - f
fceQ . 3 . 3 !
x, y, le)
Si y es valore in intervallo ab * t ad x - ] - t, et le es quantitate positivo, tunc classe B(<i, x, y, le) non es vacuo, id es existe func
tione, dato in intervallo x~~y, que pr valore x de variabile sume
valore a, et que satisfac sequatione differentiale dato, cum errore
minore de le.
Dem.
IceQ . 3 . a (h', h")3 \h', h"e Q : y, ze tf-ftuij . m(y z)< h '. b,c e
m(& c) < h" 0 ,Zi4iC. m[/(c, z) f[b, y)\ < le]
.
(1 )
182
G IU S E P P E PEA NO
IceQ . {, l'e u t supra} . j>eNj . p ^ t / h ' .p > ltjh " . g i {Oft F (-(-ini,)
r. ga [gx = a :
qe 0 - ( p l) . x q =*-1-qt/p . ze Qtjp
. x q= x
*) + Jcmn
(2)
l ; ergo
183
li] < p . ye x
gui; .Z>.
D g gzZ>f{a,x)-\-hmn-\-'kain :
(1)
y . gx = a . gy b:
: ze x
:
(2)
. gz e a + p ra : (1) :3 .
(3)
V. C.
184
G IU S E P P E P EA N O
x'e x " y : ze x
x ' o z. w < 0
(4)
(5)
(6
A ) . (1) O .
Hp(l) . d e B ( a , a r , z , A) ^
^ = [d +
185
(6
(2)
+ (* - y) [fl, y) + (h + 2fc/3)nin]).
gz = d . gy = b :
(3)
*^*
Vi k-\-k)
(4)
H yp P I .13:
0 ye x + nijt . 3 . A(a, x, y) = fi [B(a, x , y, k) |ftQ]
Def
A(a> x 7x) = ia
[P*0 . P2*l .3 . P]
Hyp*0 . be A (a,
y) . 3 . ae A(6 , y, x)
4 H yp0 . ze x ~ y . ce A (a,
2)
[P2'2 3 P]
[29 P2*2 O . P]
186
G IU S E P P E PEANO
*5-1
H yp P4-0 . 3 . a A(a, x, y)
29 P2-3 . 3 . a
n B(,
y , ]c) |&Q -3 . p
keQ . D ef A . 3 . be B(, x, y, k)
(1)
(2)
Hp(2)
heQ
P3-3
O .
(3)
(3)
* 6.
' 1
D ef
187
x2 i ' e 2, *e 2m4 o- a
o . a w n y3(y x)
(1)
=? , .D.
x *w
meN0 . x, y e q O . Zm = x + (y x) ( 0 - 2 m)/2m
Def
Z = \ J ( Z m \m (N0)
D ef
* 7.
H yp P I . ye x -\- mt< . be A(a, x ,y ) . g = i (Cw F a f y ) gs
\g x = a . gy = b:
meN0 . ze Zm+ - Zm . z i = z {y ~ a;)/2m+ 1 . z2 = z + (y x)j2m+K
Z>. gz = co [A(gzu * z) ~ A(gzS) 8, z)] :
ze af^y Z .O . gz = i ( [A(pit, u, z) |u Z \ )
.D. ge Cn F x ~ y . Dg [f(gz, z)\z, x ^ y ]
188
G IU S E P P E PEA NO
P 4 '2 .P 4 l : =>. P
E t, si * et 2 ' es
classe A de gz ; nam
a u t aeA(b, y, x), quod
a u t bsB(b,y,y), quod
(fi)
]
extremos (coincidente a u t non), gz pertine ad
hoc significa a u t bsA(a, x , y), quod es hypothesi ;
resulta ex hypothesi per P4-2 ; a u t aeA(a, x , x),
resulta ex P4*l.
ze Z m+1 - Zm . z i= z ~ ( y x)j2m+1.
*)/2m+ 1 O .
] eQ .
1=[
P6-2 ,Z>. w[
]C#
189
. 3 . gz e Cn . gz e A(gzu z v z) , gz e A(gz2, zt , z)
(1)
(2)
ue Z m <-> 2~ y O . 0Z2 fi
2)
e
. (2). (3) .Z3. gz e A(gu, u, z)
(3)
(4)
z2,z2,z) .3 .
(5)
zsZ.Z). gz s Cn
[
(1)
(1 ) . (2 ) . 3 . P
(2)
U. C.
9 0
G I U S E P P E PA N
(1)
(r ) . ( l ) . ( 2 ) . 3 . P
(2)
,3 .
* 8.
1
H yp P I
. ye x +
(Cn F a O /) n g 9
[ P7 .3 . P J
D0 = Iftffz, *) K * + to ij)
[
PI
191
* 9.
H yp P I . l'm U Dgj f(a -j- rm n i x -|- tftu,) e Q . g, g'g Cn F [x -J- *<n,).
gx == g'x = a . Dg = \f{gz, z) \z, x + tni,].
W
(1)
o P X m(gu g'u) Q 0
G I U S E P P E PE A N O
9 2
A[
|m; x , u ]
.3 . m(gug'u)xefr(pu) g O . 3 . m(gug'u)= 0
. 3 . gu = g 'u
(2)
(2) 3 P
I n vero, si nos voca p limite supero de modulos de derivatasubstitutione de / , pr primo elemento, in toto campo supra consi
derato de duo elemento, limite supero que es finito, tunc mod(firg'u),
ubi varia it, es nullo pr u = x, et suo derivata generale es classe
de valores minore de p x m(gu g'u). Ergo isto functione satisfac
in-aequatione differentiale lineare, simile ad quattone differentiale
lineare, tractato in pag. 323Nos tracta in sequatione in modo analogo.
Multiplica per e/|(pu), resulta functione que habe derivata ge
nerale negativo a u t nullo ; ergo suo incremento es negativo au t nullo ;
sed pr u = x, functione es nullo ; ergo ilio, que non sume valores
negativo, es semper nullo ; id es, pr omni valore de u, es gv, g'u ;
quod significa g = g'.
*10.
Exemplo.
1 / e qF q . D / = [3 (/*)*(:2/3) |, q] . = .
/ = ( t 0 q) . u.
a q 03 [ / = (tO i a Q0) ^ [(x a f \x, a + Q 0]j .^.
a 4 a3 1 / = [()s |*> Q0] u (*0 + Q 0)|
a (a, b)3 (<?, 6 e q . a ^ b . / = [(*a)3 \x, aQ0] <->(iO i a~~b)
[ ( iS_ 6 )8
|x>l+Qo]]
193
/m[(d'(Z)logm(rf'<Z)loglog m(d'<Z)]
etc., ubi d,d',u varia in campos indicato in Prop. 9, habe limite su
pero finito.
13
194
G IU S E P P E PEA NO
Egli riconobbe che E" approssimato ora per difetto ed ora per
eccesso, ma non diede alcun criterio per riconoscere i limiti dellerrore.
Si pu dimostrare facilmente che anche E ' approssimato ora
per eccesso ed ora per difetto ; e che lerrore relativo commesso pren
dendo E ' ovvero E" invece di E pu diventare comunque grande.
Invero, facendo tendere c verso zero, si avr
quindi supponendo a sufficientemente prossimo a ft, e c sufficientemente piccolo, E ' ed E" sono minori di E. Se invece si fa crescere
a
o
b
a
, il trinomio - r - A--------h
6 1
E;
E*
e^
ii i rapporti ~ ed possono superare ogni limite dato.
quindi
iu
hi
hi
1USEP>E PEA N
Si avr
(2)
X 2 + Y 2 + Z2 = 1,
E = J ^ i2c2X 2 - f c W
+ 2&2Z2 dco ,
ove lintegrale esteso a tu tta la sfera (2), vale a dire le due inteTt
grazioni rispetto a 9 e xp si faranno fra 0 e , e si moltiplicher
il risultato per 8. Supponiamo a > &> c. Allora sar ho <. ca < ab ;
e sostituendo in (4) al posto di ca e ab la quantit minore bc, si avr
(5)
E >
bc.
E < 4 ti ab .
E > 2 ti ab .
E j = 4 ti ab ,
- E 4 < E < E , .
A = bc,
B cn,
C = ab.
(1^)
E2
2 ti (A + 0)
197
~2
. y f fA 2 senz0 + O2 cos20 sen0 d9 <
A + CJ
(14)
2
<
( j __a
e fatto | = le, cos9 = x, si avr :
C
|- A
1
X
(15)
ft*
(16) | ( l + l
k f + 4 kx2 dx
+ ft)2 4 fez2 dx
< |
9^2
c tongl .
Sviluppando in serie :
(17)
< 1 + T * + m
i ' - 3 ^ * , + 5 X 9 4 - ' -
Il primo membro, che vale 1 per fc=0 e per fc = l, ed per gli altri
valori di k minore dellunit, diventa minimo per u n certo valore
43
di le. Questo minimo maggiore di , il quale il minimo della
4o
i>SE
E siccome precisamente eguale al primo membro della (17)
-k2
quando 6 = a, si deduce ebe P a r e a d e l l e l l i s s o i d e d i r i v o
l u z i o n e s c h i a c c i a t o , di s e m i a s s i a e e , a > c, m a g
198
QIUSEPPE PEANO
g i o r e di
m a n e d i f f e r i s c e m e n o d i - d e l
2 n { a b - { - b 2),
suo valore,
Si riconosce parimenti che lultimo membro della (17), cresce
col crescere di k, e il suo massimo valore, per k =
(19)
1,
Tt
j onde
E 3 = 4,
a6
+ ; c + tc .
E > E3 .
V = Se X 2 + ca Y2 + ab Z 2
W = a2 (6 c)2 Y2 Z2 +
62
(o a )2 Z2X 2 - f c2 (a )2 X 2Y2
Si avr
(24)
tr = v + f r ^
(25)
(27)
Bj < f b
[2
{b
+ * ( - 6>si
(i) Comptes rendus des sances de lAcadmie des eoiences, 1889, p. 960.
199
-i- n
(a c f < R 3 <
n
o
a
lo c
(a c f .
E
I l rapporto , che si visto essere maggiore di 1 , diventa
8
E3 < E < - E 3.
(30)
E > 4*
(31)
E 4 = 4 all + al + b -\- - L [ ( a -
b f + (a -
c f + (b -
c)2]
E = i n
(34)
E 4 = 43!
4 ab -f- ac -f-
1 a 2 + 62 +
5
3
M = 4 - (a b f X 2Y2 + -~ (a c f X 2Z2 - f
(b c f Y ^ 2.
2
2
N M2
200
G IU S E P P E PEA N O
_
4
f y M2
j u + T-i-M
(37)
bo
OC
bc
202
G IU S E P P E PE A N O
per ascissa
x i sen
x
2x s e n --------cos
x
x
V'
e per ordinata 0. Facendo tendere x verso 0, lascissa x ------ r , non
tende ad alcun limite, ma ha per estremi oscillatorii oo e + oo.
Quindi il punto d incontro della tangente in P colla tangente in 0
non tende ad alcun limite ; ma preso ad arbitrio un punto A sullasse
delle x, in ogni arco di curva, arbitrariam ente piccolo, avente un
estremo in 0, ci saranno sempre dei pu nti in cui la tangente viene
a passare per A . I n questa curva, y \ col tendere di a: a zero, non
tende ad alcun limite, ma ha per estremi oscillatorii - 1 e + 1 ;
quindi la tangente in P non tende ad alcun limite col tendere di P
verso 0 .
Nellesempio precedente la curva incontrata dallasse delle x
in infiniti punti nelle vicinanze dellorigine. La curva
xQ
3x s e n --------cos
x
x
203
S i p o s s o n o d a r e d e lle c u r v e p e r c u i, col t e n d e r e
d i P' a P, l a t a n g e n t e t' a b b i a p e r l i m i t e t, e i l p u n t o
t t' t e n d a a d u n l i m i t e , s e n z a c h i l l i m i t e d i q u e s t o
p u n t o s i a P . Sia la curva di equazione
(
- 1
y = x> + z 2 (sen 3
-
- 1\
cos
.
fi
? i \
y = -3-* 3'
Il terzo term ine in y' tende a 0 ; la somma dei due primi term ini
si pu scrivere
cos
~
x* 2
, che tende ad
00
00,
. Q uindi la tan-
35 0
205
= 3
/
.
*
Allora la differenza
l i m ---------------------=
- ^ - ^ *
______ - = lim
l i m^
X
X*
= a2
*
e analogamente sia
/ ( * ) o
a.
do
~
2 iim -LU.---------o---f ( x ) an i-------------2
a. x a9 x 2 _
l..i m -----------------------------
x
xd
*
e cos via.
Con questo processo, data la funzione f{x), deduciamo una suc
cessione di qu an tit reali a0 , at , a2 , . . . , la quale pu continuare
indefinitamente (cosa che avviene nei casi pi comuni) ovvero arre
starsi quando uno di quei quozienti non ha pi un limite determi
nato e finito.
Noi converremo di scrivere :
f ( x ) = a0 + jff + azx z
anxn + ecc.
...
(1)
- ~ a-!*71- 1 _ . n . . . . W
x-0
f( x ) = ag
Xn
atx
...(3 )
\
. . . (4)
Giu s e p p e
206
peano
, / ( * ) a0 alX n-2*-2 _
l i m --------------------- "-1?
ossia la (2) h a per conseguenza tu tte quelle che da essa si deducono
leggendo al posto di n , uno qualunque dei numeri di esso minori.
Diamo ora alcuni teoremi sulle operazioni su questi sviluppi.
T e o r e m a I . Se
f ( x ) = .0
(atx -f- ... -j- anxn
ecc.,
e
(p[x) ba -)- btx
bnn + ecc.,
sar
f(x ) +
cp{x) =
(0 +
b0) - f (a, + 6 4) x +
... +
(a - f i n) x n +
ecc.
/(x)X < p(x)= a 0b0-\-(a 0b1-\-a ib0) x -{- ... -f(a 06-)-a1&n_ i-|- ... + a 6 0)ap"-f- ecc.
Dimostrazione analoga.
T e o r e m a I I I , Se
f{x) = a 0 + * + - +
+ ecc.,
e
yj(x) =
c0
cix +
-f- o"* +
e c c .,
Su l l a
form ula
Di Ta y l o r
b 0b j . . . b n
a0b0 Cqj
207
dalle equazioni :
o,
si avr .*
in (rrt\
/<*)
a i^ I"
h) = a0
H ecc*
sar a0 = lim/(a? -f- ft) 5 quindi se /(# ) continua pel valore consi*
A0
f ( x + h) = f(x) + h f ( x ) 4 - o 4 _
7,3 .
frH * i
+ o2 +
^ - j - y + ecc.
I aftn dft .
0
r
ft"+i
Ma lultimo termine si pu scrivere f} J hndk = ( n _^_i > ove ?
o
ad ft ; e poich a infini
'
208
G IU S E P P E PEA NO
ossia
/<- (X -|_ h) = /( - 1 ) (*) - f &/() (a;) -j- ecc..
integrando rispetto h, vale a dire applicando il teorema precedente,
si ha :
/( " 2) (x -f- l) = / < n- 2) (x) -j-
(x ) -\ f (n) (x)
A
ecc.,
attribuisca il
+ ecc.,
209
f"(x)
; poich
A
pu la funzione m ancare di derivata prim a nelle vicinanze del v a
lore considerato di x, e quindi non avere per quel valore di x de
rivata seconda.
P ertan to i teoremi I, I I e I I I che dnno i coefficienti dello svi
luppo duna somma, d un prodotto, dun quoziente di due funzioni,
m ediante i coefficienti di queste funzioni, supposta lesistenza delle
derivate, permettono di trovare, e per una via alquanto pi semplice
dellordinaria, le derivate successive d un prodotto e d un quoziente.
Q ueste regole per sono alquanto pi generali delle regole di deri
vazione, potendo ancora sussistere quando mancano le derivate.
Gli infinitesimi che compaiono nello sviluppo di
f ( x ) = o + a ix + a2x2 - f . . .
sono essi variabili o costanti ? La risposta a questa questione di
a ttu a lit dipende dal punto di vista da cui la consideriamo.
Possiamo considerare la quantit onx n, cio il valore che assume
la funzione anxn quando ad x si attribuisca un valore qualunque ; e
questo valore un numero variabile ed infinitesimo con x ; cos si
ha un infinitesimo variabile.
O ppure possiamo considerare la funzione indicata con anxn, os
sia loperazione per cui ad ogni numero si fa corrispondere la sua
potenza na moltiplicata per a; e questa funzione, o operazione, o
corrispondenza un ente costante, dati lesponente n e il coefficiente n.
Ora, date due funzioni f(x), g(x), definite in un intervallo da 0 ad un
numero positivo conveniamo di dire che nelle vicinanze di 0. la prima
maggiore della seconda, e di scrivere / > <7, se si pu determinare
u n intervallo da 0 ad un numero positivo in modo che per ogni va
lore di x interno ad esso si abbia f(x) > g(x) ; e chiamiamo, secondo
il solito, multiplo secondo il numero (reale) vi, di f ( x ) , la funzione
m f( x ) . Allora, posto f r(x) = x T, ne viene che f r(x) maggiore nelle
vicinanze di 0, di ogni multiplo di f T+i(x), ossia, qualunque sia m ,
si ha f r > m / r+i ; ossia / r+1 un ente costante, infinitesimo rispetto
ad f r, m entrech f r+\(x) un ente variabile, infinitesimo rispetto ad
f r (*).
14
U. C.
__ f (x)
lim
X X i z
'* '2
= / -w ,
' ' ''
211
<
O,
(1)
ISL f 0 x t et x 2 sont
x % x i
compris dans lintervalle considr, sont leur to ur compris entre
leur limite infrieure a et leur limite suprieure fi. Si h tend vers 0,
212
Giu s e p p e
pea n o
a? < 1 .
10 1 100 1 1000
Si ha per es. :
per
x= 0
x = 0,5
0 = 0 ,1 1 1 1 ..
x = 0,4342 . .
/ ( ) = 0,
f (a?) = 0,25,
f ( x ) = 0 ,0 1 0 1 0 1 0 1
f{x) = 0,16091604
214
G IU S E P P E PEA NO
0 , 0 a , 0 a 20 a 3
cio
e cos via,
Si vede da questi esempi e da altri gi pubblicati, che svilup
pando la variabile x in frazione decimale x = 0 ,
a 2 . . . e poi
colle cifre a , a 2 . . . formando un nuovo numero, si ottengono facil
mente delle funzioni presentanti date discontinuit, o anche funzioni
continue, m ancanti di derivata, ecc.
Le funzioni precedentem ente considerate sono integrabili; e si ha
<\ f ( x
f u '>
w ' )
- |-
/(*J
w) l < ^ \ u ' u \
B | v' v j + . . . + L | w w' | ,
2 16
GIUSEPPE PEANO
que j affirme est un peu lon g u e; la deuxime partie (la plus intressante dans lenseignement lmentaire) se prouve aisment.
E n effet, soient u , v , . . . et w', v' 9. . . deux systmes de fonc
tions de x , dfinies aux environs de x x 0 , satisfaisant aux qu a
tions diffrentielles, et se rd uisan t tous les deux u0 9 v0 , . . ,
pour x = xQ. On aura
du
U , V , . .., w ) ,
= / , ( ,
= f i (x , u ', v',
d o Fon dduit
....
(A
Or, quelle que soit la fonction u de x , on a
a IH
dw
da?
da?
(y)
= A I _ I+ B I ~ * I + ' - + L I
~ I
M
Soit la plus grande des quantits A , B , . . . , L j posons
X = \ u ' | + | u7 'u | . . .
M ; on a
(d)
P o u r tirer X
facteur intgrant)
dx
de cette ingalit, multiplions par
e-jr(*-*) ^
(le
_ JVfxj g 0 ,
d o
d (e-Ji/fx-*,) j ) g 0 ,
UvC
Bone
X , qui sannule pour x = a?0 , et dont la drive est
^ 0 , sera, pour toute valeur de x > a?0 , ngative ou nulle
e-jr(*-*0) x < 0 .
21 7
Mais
est positif, X est positif ou nul; donc X = 0 , et
chacune de ses parties . | u ' u | , \v ' v \ , . . . est aussi nulle, do
u' = u , v' = v , . . . .
If ( x ) d x
()
ba
2
ove
R
(b a)3
12
e quella di Simpson :
b
f ( x ) dx
( P)
ba
/()-+4/
+ R
ove
E =
(b a)5
4! 5! / IV(),
(fi) J f(x )d x -
1 b a
fi
(a + b
\ 2
1 b d
2~
S im p s o n
nelle A p
219
ove
^
f i v ly\
180.4! ?
'
1 b n\ f (a + b . 1 6 o\
fi
2 )J \ 2 ^ fi
2 )
che esige la formola (fi'). Questo spiega il maggior uso della formula
(fi) di Simpson sulla corrispondente (fi') di Gauss.
Le formule di Gauss costituiscono u na successione infinita, mentrech le formule dei trapezii e di Simpson erano finora isolate. Io
mi propongo di esporre qui una successione di infinite formule di
quadrature, di cui le due prime sono appunto la (a) e la (fi).
P e r semplicit supporremo i lim iti dellintegrale eguali a 1
e -f- 1, poich b asta fare il cambiamento
2
> a _ ,
2
+1
A r = [ ( * *<>)-(* X*~l) & *r-fi) . . ( * Sn) ^
J far #o) * far
l) far
1
220
G I U S E P P E PEANO
/ w = v () + - y n <p (x).
V (n), / ( * i ) =
V (* l), . / ( * ) =
V (*)
Quindi la funzione
intera, di grado w, di cui si conoscono
i valori per n -)- 1 valori della variabile, si pu esprimere colla
formola dinterpolazione di Lagrange :
(5)
{5)
w(x) -
r { X r - XQ) . . . {xr -
Xr~ x)
~ Xr+l) {X ~
Xr.- a ) ( * , - * H - l ) . {xr-
Xn) f ( x \
X nY^'
Balla (4) si ha :
+i
(6)
+i
+i
J f ( x ) dx = J tp{x) dx +
Y n <p{x) dx.
i .
-
-i
(7)
Jy> {x) dx = 2 A rf { x r) .
J n tp{x)dx = j
tp (a?)
(a?2 l)n dx =
d \ n'2
/ H \3
?I T n tp (x) dx
g e n e r a l iz z a z io n e
della
form ula
221
di s im p s o n
J f { x ) d x = X A rf { x r) + R ,
(9)
/( 2n) (u\
^
+1
(11)
R =
f ( 2nUu)
P ortando fuori del segno integrale il fattore
, cosa lecita,
\ii) !
poich il fattore rim anente ha u n segno costante nellintervallo di
integrazione, si ha :
+i
(12)
R = ^ 2 ) ! ~ ^
1
ove
3 . 52. 7 . 6 !
e il resto nullo per le funzioni di grado inferiore al 6.
G IU S E P P E PEA N
P er n = 4 si ha :
| / w
/( -
X) +
( " F
r ) +
i s ' <0> +
ove
R
_____= _
22.3 4.5 Z. 73
/ (8) ()
2778300"
Il
limite della funzione f x dipende dalla variabile indipendente
x , dalla classe di valori u che essa pu assumere, e dal valore,
finito od infinito, a , cui x , variando si avvicina.
B aster considerare il limite f ( x ) , per * = oo , potendosi il
limite di / (x ), per *==. , colla sostituzione x = a -j'
(V
, rid urre al
G IU S E P P E PEA NO
224
In segni essa :
u e K q . l 'u = oo , / e q / . y e q . Q :: y = limIiMi00/ * . =
h e Q . Qa :
a e q . / ( n (a + Q)) o (y h + Q) n (y -f- h Q ) . - = a A
225
h) = f ( t )
hn
h f ' ( t ) + .... +
Iti
+ R ,
227
(2)
o iti est une valeur moyenne entre celles de f {n+1) (t -j- 0 h ) , lorsque
la variable relle 0 varie entre 0 et 1. Elle correspond l expression de Lagrange ; mais on ne peut pas affirmer ici que m est une
des valeurs de /( " + ') (t + 0 A.), comme cela arrive si f ( t ) est une
fonction relle.
(3)
j( 1_
1) (t -(- 0 h) d 9 ,
0
comme pour les fonctions relles.
J e ne donne pas ici les dmonstrations de ces formules, et de
beaucoup d autres formes du reste, quon obtient en transform ant
celles crtes ; car cela est une application bien simple des thormes
de lAnalyse, gnraliss aux nombres complexes dordre quelconque.
229
230
G IU S E P P E PEA NO
231
trairem ent p e tit h en heQ , car les mots arbitrairem ent p e tit
sont nn plonasme. Analoguem ent pour a.
Ce qui prcde le signe q : : est lhypothse de la dfinition;
elle explique la signification des lettres u , f , e t y . Ce qui su it le
signe de dduction est lgalit qui constitue la dfinition. Son
premier membre, qui est en avant du signe = .. est lexpression
qu on dfinit ; le deuxime en indique la valeur.
On dit q uune lettre variable x est apparente dans une expression qui la contient, si cette expression en est indpendante. Ainsi
b
6
4
dans J f x d x , la le ttre x est apparente, car J f x Ax = J f z dz. L expresa
H ypoth. q .
282
G IU S E P P E PEA N O
H yp. q .
()
Hyp. q .
2 me membre 3 l 6r membre.
()
Cette transform ation de la (a) dans () (f) est tout--fait gnrale j si a , b , c sont des propositions, la aQ . b c est identique
a 6 [)c . acQb, comme dit la P 44 du 1 de la premire partie du
Form. Mais nous avons prfer de faire les transform ations une
la fois. Substituons aux abrviations l er membre 2me membre, leurs
valeurs. crivons, selons les notations adoptes, H p P l pour indiquer lhypothse de la proposition 1. La P I se transform e dans
lensemble des prop. 2 et 3 :
2.
3.
H p P l ..fteQ.aeq.QA
233
contient la lettre apparente x. On peut la liminer, cest--dire mettre cette condition dans une forme, o ne figure plus la lettre x.
cet effet, exprimons la relation x > a , par le signe e, sous la
forme ze a -)- Q ; lensemble xeu . x > a devient xeu . xe a
Q , ou
xeu . (a + Q) ; car une formule de Logique (Int. 16, P 2) d it que,
tan t a et 6 des classes, lensemble des propositions Tea. xeb est
identique la prop. xea ~ ^ b . A u lieu de mod ( f x y) < h , on
peut crire mod ( f x y) eh Q ; et la proposition (a) se transforme
d abord en :
(fi)
x e u ~ . ( a + Q,). mod ( f x y )e h Q , . ~ x a -
m o d ( / [ a ^ ( a + Q)] y) ^ (fc Q ) ~ ^ A
HpPl.o
234
G I U S E P P E PEA NO
valente
h < fx y < h
ou
y h < fx < y + h
et enfin
f x e (y h ) ~ (y + h),
cest--dire/ * appartient lintervalle de y h y -f- h. Alors la
proposition (a) devient
()
xeu ^ (a + Q ). f x e (y h ) ~ (y + h) . ~ = * A
)
cest--dire, en posant au lieu des lettres crites en bas les expressions suprieures ; la (d) se transforme en :
(e)
/ [w ^ (a - f Q)] ~ (y h) (y + h) ~ = a ,
et la dfinition 1 devient
6 . HpP1.0.-.2/lim/x.=:AeQ.<iEq.0A,./[M^(rt-f Q)]^(yh)
(y-\-li)~=A-
H p P l. heQ.aeq . / [ ^ (a-|-Q)|
(yh)
(y+fc)=A 0 V~ lim/*.
'
1
En conservant les lettres u, / , y la mme signiflcation, si h est un
nombre positif, et a une quantit quelconque, et sil n y a pas de
235
valeurs de la classe f [ u
(a -f- Q)] appartenant lintervalle de
y h k y
h, alors y nest pas une limite de fx .
Nous voulons maintenant liminer la lettre apparente h, qui
figure au second membre de lgalit dans la dfinition de la limite.
Ce second membre, sous la forme de la P5 est
()
o * : heQ Oh m<>d {f [ u
a*
.u
(h Q) ~ = a -
(a + Q)] y) ^
(h Q )~ = a :
Q)J y} = 0.
236
G I U S E P P E PEA N O
weKq . o . Cu = q
Def.
ueKq . o
xe Cu . = . aeq . Ij mod (tt x) = 0.
I
Posons ici f [ u (a -j- Q)] au lieu de w, et 1/ la place de x ; supprimons les propositions f [ u
(a -J- Q)] sKq, et yq, contenues dans
les hypothses, et lon a, en envertissant les deux membres :
(y)
Substituons ; la PO devient :
10.
(a
Q)].
237
Donc la classe quon a dfini est q /-v lim f x , les nombres finis
qui sont des limites de fx .
Maintenant nous allons dfinir les propositions o o e lim f x , et
oo lim f x :
12. H p P ll. Q::coe\imfx.=.'.a,meq.Qa,m:x e u .x > a .fx > n i.~ = x A. Def.
Ayant u et / la signification connue, nous dirons que loo e 8t une
valeur limite de fx , lorsque, quels que soient les nombres a et m, il
y a toujours une valeur de x, appartenant lensemble u, plus grande
que a, qui rend f x suprieure m.
Cette proposition se transforme comme la P I. La condition
xeu.x'>a.fx> m .~ x\ se transforme en xe u>~*(a-\-Q).fxe m -|-Q.~ = x\ ,
et en liminant la x, par l identit logique dj rencontre (Int. 29,
P5), en f [ u ^ (a -f- Q)] ^ (m -f- Q) ~ = a - Donc la P12 se transforme dans la P13, analogue la P5,
13. H p P ll. .ooelm/c. = : ,mq.Oa, m./[tt'~ '(a+ Q )]'-.(m -|-Q )~ = A .
Le second membre de cette galit, en exportant lhypothse eq,
devient
<rsq . Oo =
0 > / [
( + Q)1
(* + Q) ~ = A-
(m
Q) ~ = a>
238
G I U S E P P E PEA N
H p P ll. o
00
f x . = : aq . Q0 . 1'/ [
>(a + Q)] = 00
Loo est une valeur limite de fx , si, quel que soit le nombre a, la
limite suprieure des valeurs de la fonction, lorsque la variable prend
les valeurs suivantes a, est infime. On a ainsi limin la ni. Cette
proposition est lanalogue de la P9.
Nous voulons trouver la signiflcation de la proposition loo
n est pas une limite de fx . Le second membre de la P13 est une
dduction ; transportons la tbse dans le premier membre, en la niant,
en vertu de Fidenti t logique q . = . a ~ b =
(Form. I, 3, PS).
La prop. 13 devient :
H p P ll. O.\oo e lim/o\=:a,iq .f[ u ^ (a-f-Q)] < (m +Q) = A = , A
et, en niant les deux membres de lgalit (Form. I, 2, P5),
15. HpPll.o.\oo~lim/a;.==:a,mq./[w^(a-|-Q)]''-'(i4-Q)==A.~=<i, mA Loo n est pas une limite de la fonction, lorsquon peut dterminer
deux nombres a et m, tels que nulle valeur de f [ u /-* (a + Q)] ne
soit plus grande que ni.
Analoguement la P12, on pose par dfinition :
16. H p P ll. q::oo lim f x
.()..
19.
.Q .\oo~elim/a;.=:,weq./[M^v(a+Q)]^(wQ)=a -~ =,iA*
y = oo ,
: ye lim f x . . oo e lim f x
S u r l a d f i n i t i o n d e l a l i m i t e iy u N E f o n c t i o n . t c .
239
ar lidentit logique a = b . q : aea . = . beu , consquence imxndiate de la PIO du 4, partie I du Form. Multiplions (logiquement)
les membres des dductions P12 e t(a )j cest--dire appliquons la for
mule ao& . cQd : o acQbd (Form. 1, 1, P30) j on a :
(/3) H p P ll. y = o o . Q : : ye lim f x . = . oo e lim f x : : oo e lim f x . =
etc.
H p P ll . y = oo . q : : ye lim f x .
etc.
devient ye q .w , yei oo .w . yet oo. Or (Intr. 16, P3) xea .w . xeb est
identique xe a ^ b ) donc on a dfini yeMmfx lorsque yeqw toow too.
Maintenant il ne convient pas d tendre la signification de la propo
sition y e l i m f x d autres cas j et nous poserons, comme dfinition
du signe lim f x :
20.
H p P ll.
[3
Def.
240
21.
G I U S E P P E PEA N
H p P ll . o /<*'{/, )
= q ^ n e (<uq ./[M ^v(4-Q )]^(m +Q )=A . ~ =
)- Def.
Q)=A- ~ =aA-
Def.
241
Form, on voit que cette transformation est la P3 du 18, dans laquelle on a pris les ngatives des deux membres.
Or, ce qui dans la (/S) prcde le signe ~ m a , par la P22, est
identique w ie/, Donc la (/?) se transforme en
ir)
*//. - = a
A*'~ = A ,
H p P ll. O : oo ~ lim/a? . = . pf ~ = a
H p P ll. o : 00 ~ lim/ar . =
existe, et
~ = a
H p P ll. m'e/t'.
. Q . m/ !> mi .
m '[*',
= A ~ = A =
: actl ' / [ H ^ Q ) ] ^ ! - ' Q ) = A ~ =<*A*
Groupons diffremment les propositions du second membre de la (a),
ce qui est permis par les proprits commutative et associative de
la multiplication logique. E t ensuite appliquons la rgie de logique
(Int. 18, P7) qui transforme lensemble des propositions
ax ~ = x a ^ ~
A>
242
Giu s e p p e
pean o
et lon a :
(/S) m'ep'.
= A /[
(1 + Q)] ~ (w! Q) = A ~ =',!A)
dire que to' et mi appartiennent respectivement aux classe / / et
Hl est identique dire quils sont des nombres finis, et quon peut
dterminer deux nombres a' et j.tels que nulle valeur de /[ ''(a'-j-Q)]
ne soit plus grande que to', et nulle valeur de / [
(a1 -|- Q) ne
soit plus petite que mv
(y)
q ./
[tt
= A - / [ M'~'(ai + Q ) W wli1Q )=A - 0 ^ M^'(/+Q )'~'( i+Q)-~=*A Or, tant in' et mx des quantits, et a', , des quantits qui
veritent aux conditions dont on a parl prcdemment, on peut d
terminer un nombre x appartenant la classe w, plus grand que a'
et que a,. En effet, puisque l'tt = oo, il y a dans la classe u des
nombres suprieurs a' et at.
(<5)
on dduit
f x e to' Q0,
comme rsulte de la formule logique xeu .fuQ v . Q .fxev, (consqucnce
immdiate de Intr. 29, P3) et f x e to' Q0 est identique la tbse
f x < ; to'.. Analoguement
(e)
Hp(<5). o P
mi .
(v)
Ths(f) . o . to' ^ ml ,
Su r
la
d f in it io n
de
la
L IM IT E D UNE FO N C T IO N . E T C .
243
Hp^) . e
(a' + Q)
(a, + Q) . o
Hpfr) : x e u ^ ('-j- Q)
(i'
Q)
c. q. f. d.
lV ie(l ^M'
l'/^i-
H p P ll. oo ~ e lim f x .
. /lc' ~ = a -
244
GIUSEPPE PEANO
H p P ll. oo ~ e lim f x . o fa ~ = A
H p P l l . o : m'g / . m ^ f a .
mv
m ^ fa Om', toj .
eu.'misv.Om\
Ths(7 ) o ThsP25.
HpP25 0 Ths(y).
Les (e) et () sont les prmisses dun syllogisme, dont la consquence est
HpP25 o T1is P25.
Thorme. Si la limite infrieure des nombres y f est finie
(comme cela arrive dans les hypothses de la proposition prcdente),
elle est une valeur limite de la fonction f x :
26.
H p P ll. 1 ^ 'e q . Q .
lim fx .
l=
(a )
.= .\ ^ ( Z Q )=A : 2/ei+Q.Qy.it^(a/Q) ~ = A -
245
m'
>(l Q) = A,
.()
mefi' . me l Q . =mA-
m el Q . aq ./[ ^ (a + Q)1
(m + Q) a
= a ,m
m el Q . aeq . o,m /[
( + Q)] ~ (m + Q) ~ = A
(a + Q)] ~ (l h + Q) ~ = a
246
O IU S E P P E PEA NO
(a - f Q)] ~ (m -{- Q) = ^ ~ m A : 0
/ [ ^ ( a + Q)]0 Z+ A _ Q .
Ths(;u). 0 : aeq
(a + Q)] 0 i + A Q . ~ = a a
heQ . Qh : aq . / [ ^ (a + Q)] q l + h Q . ~ = a A .
247
c = max (a , 6 ). q .
(o
Q)] = / [ ^ (c + Q)]
(l + h Q ),
H p(e). 0 . / [u ~ (c + Q)] ~ (l - h) (I + h) ~ = A ,
dy
c + Q Q6 + Q ,
m^ (c + Q) o m
/[w
(6 + Q) >
/ [ ^ ( o + Q ) J ^ ( * ) (Z + & ) o / [ * ^ ( 6 + Q ) ] ^ ( i ) ~ ( t + A).
(l - f h) ~ = A
I 248
GIUSEPPE PEANO
ae(l f \ u
(a + Q)] O ^
^ Q &eQ c = max(a , b) . q .
/ [ ~ ( & + Q ) W i - A ) (l + * )~ = A -'
L Hp(^) contient les lettres et c qui ne figurent pas dans la thse.
On limin c en supprimant la proposition c = m ax(a, 6), car tant
a et & deux nombres, il y a toujours le plus grand. On limin a
par la,rgie connue (Int. 18, PIO), et Fon a:
(vO heQ : aeq . f \ u ^ {a + Q)] Q l + h Q . - = a a : beQ :. o . Thsfc).
Mais la deuxime partie de cette hypothse est contenue dans la
premire, comme dit la (tt) ; on peut donc la supprimer, par la
rgie a^b . = . a = ab ; on a :
(co)
I V j ( / , tt) =
lj [ _ ^ ( / , u ) ] .
'
= /*'( / w ),
( / , ) = li/*'(/ , )
249
l j ft' ( / , w)
e lim ^, Wt oo
lim*, Ut00
f x
lirD*,,oof x
(y)
H p P ll. o . q ^ l i m f x ~ = A w 0 0 e
f x w 00 e
fx
250
GIUSEPPE PEANO
et la ( a ^ c ) v ( i ^ c ) = ( f l v j ) ^ c (proprit distributive de la
multiplication, Form. I, 2, P22), transforme la (y) en :
(5)
H p P ll. Q . ( q w [ o o ^ ( oo)
lim f x ~ =
H p P ll. o lim/a? ~ = \ .
m de la classe
29.
(z h) (z + &) = A
Ths(|5). o . - e lim f x ,
251
On limine la lettre h, qui ne figure pas dans la Ths., en supprimant la proposition h z m, qui est sa dfinition. On limine a
par le procs bien connu (Int. 18, PIO),
(fi) H p P ll. m e q a e m + Q : a e q ,f[u ^ ( a + Q)] ^ (m -)- Q )= A ~ = o A : 0 *
z ~ e lim f x .
. ( 2
Q) ~ = a 0 *
On dduit que la 14/*' et 1 '^ , lorsquelles existent, sont respectivement le maximum et le minimum de la classe lim f x .
Il est intressant le cas o il y a une seule valeur limite de
la fonction. Appelons-la y. Pour indiquer que y est la seule valeur
limite de f x , sans introdurre des notations nouvelles, il sufft de
dire que la classe l i m f x est identique la classe forme de lindi
vidu y j or cette classe est indique par i y \ donc nous crirons
lim fx = t y .
252
G I U S E P P E P EA NO
coincident avec
HpP31. ly = lim /c . 9 . oo ~ e l i m / z .
Analoguement
(/S)
HpP31.
ly
= lim f x . 9 . oo ~ e lim f x .
de la P25 on a :
(<5)
HpP31. lim f x = t y . 9 .
= y . lV i = V
Rciproquement, de la P26 on a :
(x)
253
Hp(x). 0 P ' ~ A Mi ~ A
R i p ( x ) . d i z e y + Ql . z e \ i m f x . = zA
h p(*) * o iv Q) ~ iim /s = a
lim/#.
H p ( > ) . q . l i m f x = iy ^
lim /# ,
Hp(x). o lim /# Q ty *
Hp().o.(yolim/#.
Les propositions (t) et (x) ont la forme a&Qc . acQ&, qui est rductible
la forme aQ . b = c ; en faisant cette combinaison des (t) et (%) on
a la proposition dmontrer.
254
Giu s e p p e
pean
H p P ll. yeq . 9
lim/a; = t y .
= :: heQ . Qh aeq : xeu . x > a . q* . mod (f x y) < 7t : ~ = a A
Supposons
puisque y
nombre tu',
et puisque
un nombre
S u r l a d f i n i t i o n d e l a l i m i t e Du n e f o n c t i o n . e t c .
255
0 m ' Q0 , f \ u ^
(y + h) .
(y + A) ~ = A
Dans cette thse la lettre a est apparente j elle ne contient que les
lettres / , u , y , h ; r Hyp. contient encore les lettres a , a', a i , m', m i ,
que nous liminons. On limine a en suj>primant sa dfinition
a = max (a', ai). On limine a ' et a i , en supprimant les propositions
qui les contiennent, comme dit la (y) ; on limine m ' et m\ en
supprimant aussi les propositions qui contiennent ces lettres, com
me dit la (/?) \ et Pon a :
fo) HpP32. y=li/* =l>i.AQ.o:<wq./[(H-Q)]0 (yh) ~ i y + k)-~=aAExportons une partie de PHp. :
(0 ) HpP32. y = li/*' = l '^ i . 0 *'* fteQ . Oh aeq /[ ^ (a + Q)]
o ( y A)
(y + A ) . ~ = * a Eciproquement, si h est une quantit positive et a un nombre tei
que toutes les valeurs de f [ u ^ (a + Q)] appartiennent Pintervalle
de y h y + A, il ny a pas de valeur de f [ u ^ {a -f- Q)] sup
rieure y + h, ni infrieure y h :
(t) HpP32. A eQ .aeq./[M ^(a + Q)]o(y h) (y + A).Q./[tt'M* + Q)]
^ (y + a + Q) = a ./[ ^ ( + Q)] ^ (y h Q) = a
Mais si f [ a ^ (a + Q)] ^ (y + h + Q) = a > V + & esfc un nombre
de Pensemble fx' $ analoguement y h est un
:
Hp(i) . Q . y + h e f t ' . y h e /ii.
256
G I U S E P P E PEANO
(y + h ) .~ = aA - 0 - ^ W -
(/i)
H pw o - y V ' = *>i-
Les prop. (6 ) et (f) ont la forme u q c . acQb ; leur ensemble est donc
rductible la forme oq . 6 = c :
(n)
(a+Q)] 0 (V h) (y + A) ~ =* A-
257
fx
Collegato coi lavori ni 52 (del 1892), 68 (del 1894) e 161 (del 1913).
V. C.
259
J - /a ;
+ fx
stesso limite di f x .
Il prof. Cesro, nel suo pregevolissimo libro Corso di Analisi
Algebrica , pag. 101, gi estende questo teorema al caso in cui, non
avendo f x un limite unico, tuttavia la successione dei valori di f x
si pu scomporre in successioni parziali in ognuna delle quali f x
abbia un limite unico. Allora, se sono verificate altre condizioni per
cui rimandiamo allopera citata, anche la media aritmetica tende ad
un limite unico. Noi ci vogliamo occupare specialmente del caso in
cui la media aritmetica dei valori di f x non ha un limite unico.
Per brevit di linguaggio dicendo limite intenderemo limite
ottenuto facendo tendere la variabile x alloo attribuendole i soli va
lori interi e positivi , e scriveremo lim invece di lim^N;.*
Teorema I. Essendo f x una quantit reale, funzione della
successione dei numeri interi, cio essendo / l , / 2 , ... una successione
/ I
_ |_ / 2 - L
-j-/r
f i qfN . 0 . l'iim
^ l'iim fx .
260
G IU S E P P E PEA N O
qx
. fx < m : ~ = a A
Nelle ipotesi della (a), se a una quantit tale che per ogni
valore intero di x , maggiore di a , sia f x < m, chiamisi a' il pi
piccolo numero intero positivo maggiore di n. Anzitutto sar a' un
numero intero positivo .
(y)
261
Hp(/).
La tesi di questa
intero maggiore di ',
interi a' tali che.... ,
se x un individuo
Cio :
(j)
Ths(f) . 0 .. a'EN :
= min N r> (a + Q ). 0
'(. N :
qx
. f x < m : a' =
Hp(a) . Eq :
Hp(a) /. nq :
0 Ths (0).
262
G I U S E P P E PEA NO
Nelle ipotesi della (a), se esiste una quantit reale a tale che...,
allora esiste un intero a' tale che.... . Questa eliminazione di lettere
variabili esposta nellIntroduction au Formtilaire, 18, prop. 10. La
parola eliminazione ha qui lo stesso significato che in algebra. Cosi,
essendo f x e <px funzioni intere della variabile ac, la proposizione
arEq'. f x = 0 . cpx . = 0 . ~ x / \ .
Esiste un numero immaginario x che annulla le due funzioni
contiene la lettera apparente x, ed esprime una relazione fra le let
tere rimanenti / e <p. Eliminare la x vuol dire esprimere la stessa
proposizione stto altra forma, in cui non figuri pi la lettera x.
Ora la seconda parte della ipotesi di (x) la tesi di (a) ; perci
Hp(x) = Hp(a) Tlis(a) = Hp(a), in virt della propriet gi citata
che aQb.=.a=ab. In conseguenza la (x) si pu scrvere Hp(a)QThs(9),
o sviluppando, e scrivendo, la lettera a al posto di a' nella tesi
(A)
O . Ths (0).
m (x a)
263
Hp(o) . o
< m + h,
o sviluppando
(tt')
>
-------------- :
2 fx
'
, ,
x < m + h-
.
2 f a ma T
Chiamisi b il massimo dei due numeri a e -------=-------. La
h
prop. precedente si trasforma in :
(e)
Hp(a) . aEN :
m ax fa ,
2 fa
j . EN . x > b : o . Ths(7i).
2 fx
.
* < 9 -|- A.
K q . l'w
oo . / e
f x ^ m : o . l'iim f x < , m .
>
a.
0* *
264
G I U S E P P E PEANO
#E N . x > b . Q x .
< m -f h : 0
m +
?i-
li.
Hp(a)
EN : xN . * > a .
AEQ
qx
.fx < m : ~ = A
o . Ths (y ).
(xp')
<. m
h.
. l'Iim
<; m.
265
Esporto Hp Teor I ed ho :
(co)
E fx
Hp Teor I . O : m^(l m > l'iim f x . Qm. l'iim < ; m.
x
l'iim
fi. q f N . o lt lim
i> li lim /*
oc
2 fx
2 fx
= 1, li m ------ (per la formula
x
x
lim f x = lim f x , E V II 3 P 33)
. f) . 1, l i m
_2 fx
_2 fx
. 0 1( lim ------- = l ' lim ------ (per la formula
x
x
1, u = 1' u, F V 3 P 16)
_2 fx
. 0 . l ' li m ----------<, l ' lim f x (pel teorema I, in cui ad /
X
si sostituisca / )
. o l ' lim f x = 1' lim f x = lt lim f x (per le formule
gi viste).
Componendo queste deduzioni, si ha la prop. a dimostrarsi.
Diremo che un numero x Medio fra i numeri duna classe u
di numeri reali, compresi anche loo e il oo, e scriveremo x Med u,
26l>
G IU S E P P E PEANO
m K (q u t oo u j oo) . q
x Med u . =
Hp(C) . ?EK(q
Med
u . =
min u.
E fx
/ q f N . q . lim q Med lim f x .
x ____________________________
267
Infatti :
()
H p . p . l o g / 6 q f y Teor H I . p . lim 1 0 6 / 1 +
+ ~ + l0g^
Hp . 0 . log lim 1f i
X /2 X
... X
()
~l~ *)
fx
che la generalizzazione di F V II 4 P 2.
Il teor. III dice che i valori limiti di
f x sono
x
medii fra i valori limiti di fx . Vogliamo ora dimostrare che linsieme
fi
f 2 + ... 4 - f x
dei valori limiti di ----- ------------ '----- continuo, ossia sono valori
x
limiti di questa espressione tu tti i numeri compresi fra il limite su
G I U S E P P E PEA NO
268
/ q f N.i/EMed lim
oo
. y 6 lim
0 00 >
E lim f x .
2 fx
y hi
(i8)
< y
h . = xA:
2 fx
xN ..x > c . 0*
2 fx
<; y
Hp (ft .
n im
269
< y.
2 fx
x
2 fx
. o* . < y + h : = A .
X
2 fx
sotto la forma
.x >
2 fx
x
. ---- ;>
^ * = * A? e nel
secondo
2 fx
< y + A. =* A!
2 fx
h9 e se & un nu-
2 fx
x
(C)
2 fx
x
2 fx
x } l a ----- assume sempre dei valori minori di y h 9 non esclusa
x
leguaglianza .
Ci posto, sia%& una quantit positiva arbitrariamente grande
e sia af un numero qualunque. Sia b il massimo dei tre numeri
270
G I U S E P P E PEA N O
TU ___ V
a, a', e
Ali
S fe
giore di &, clie renda ----- < ; y h :
c
(it])
2 fx
< y -\- h . = x A :
y h . ~ =e A
Nelle ipotesi di (??), e se c un numero maggiore di 6 , che
2 fc
rende < ; y A, esistono, per la (e), numeri a? maggiori di c che
c
2 fx
x
rendono
(9)
y 4- h .
Hp (ij) . cEN . c > 6 .
tfEN .
2 foc
> C . >
<. H h . q :
A- il . ~
= a ;
]i
^ fuori dellinter
H p ( t) . o . ^
^ 11 + h .
< .y h.
27
- , sar 2 d h -j-
VTl _y
y > 2 =7-^ h -f- y = w ; inoltre < ? > ' ; onde
(*t)
e sviluppando
2 fx
Hp . 7tQ . aq : #EN . x > a . y h < < y -f- h . = x A :
(o)
a ', ^
. cEN . c > b .
O:
(e)
00
Hp . 0
W*Q Eq 0, :
(0 )
Hp . q .
00
membro vale
lim f x .
272
G IU S E P P E PEA NO
gl x / 1 + g2 x f 2 + ... + g x x f x
g l + g2 + ... + gx
ove x tenda all oo. Si La il seguente
Teor V i l i .
/ q f N . g E Q f N . Z T gx = . 0
lim ** X / 1 g+l +f g2
^ + ...+ + gx
+
^0 * l i /J* -
ET : ,rN . * > a ,
fx < m : ~ = A
Cos determinato a, e se ar un intero maggiore di a, saranno
/ ( + 1)>/(<* + 2 ),... f x tutti < m , onde g(a + 1) X f { a + 1) +
+<? (o+2) X / ( + 2 ) + . . . + g x x f x < [g{a + 1) + g(a-\-2) + . . . + gx] m ;
aggiungendo i primi termini della somma considerata, e dividendo
per Zgx, s avr :
(/?)
Hp(a) . N : #N . x > a .
qx
.fx
m : *EN . x > a : o .
21 gx x / * ^ Z l g x x f x , 2a+i </
--------- 1 z
>
Z i gx
Z^ gx
gx
e siccome
^
Z gx
Z i gx
Z lg x
Hp(/?) . o l'Iim 2
273
Hp .
><f x
2 gx
(rj)
sforma in :
Teor IX.
/ q f N . j r Q f l ir . ^<?a o = oD. 0 .
lim
2 gx
0 Med lim ;
gx
/E q f N . g (q f N) cres. lim gx oo . q .
!
f x o Medj ,
1 ) fx .
lim
lim / ( * +, ----gx
g ( x - \ - l ) gx
di quantit, e g l , g2 ,...
continuamente e indeffra i valori limiti di
di P V II 4 P4, P5.
media aritmetica ha pi
1 ; + 3 , 5 , + 7 ,...
274
G I U S E P P E PEANO
valori limiti :
fx
1 )* ( 2 %
lim
1) . 0 * l im
fx
= t ( 1 ) u
tc o v l{
co).
1,
1?
+ h
+!)
2 fx
; la media
, se x un quadrato
+ 1:
_
f x ( ijiuty* b q '
f a i l v t ( 1 ).
l i m ^ = ( - l ) H ( + 1 ).
00
275
yn) sar :
/ qn f N . g Q f N . 2 g
= od . q .
, l x / l + , 2 x /2 + z + gxx/x
4 - S-2 + ... + gx
Med
gx x l(/,) 15,1 o
Hp . yqn . q lim
gl x f i +
+ g* x f x
Iy
g l - f ... - f gx
2?6
IUSEPPE PEAN
, . w . . o . (n .
x ' ) i o
Hp .
o : /<! 0 (lim r^ ~ ^ ) | y
0 (Med lim fx ) \ y.
278
G IU S E P P E PEA NO
(y-{-h)
~ = aA
Sia u una classe di numeri, il cui limite superiore sia linfl nito. S ia/la.caratteristica duna funzione reale definita pei numeri
del gruppo u -, e sia y un numero finito. Allora dire che y il limite
verso cui tende la funzione f x , ove x , variando nella classe w ,
tenda allinfinito, significa dire che, comunque si prenda la quantit
positiva h , si pu sempre determinare un numero a , in guisa che
i valori assunti dalla funzione / x , ove la variabile assuma nella
SULLA D EF IN IZ IO N E DI IN TEG R A LE
279
280
G IU S E P P E PEA NO
= 2 (av+l
281
f b
dicesi f f x d x .
Cos il limite verso cui tende una funzione completamente
sostituito, nella definizione dellintegrale, dai limiti superiori e infe
riori di classi.
V. C,
U. C.
y t mod t ,
283
(c< x t), = 0 ],
284
G I U S E P P E PEA NO
U. C.
..............
=fn(t,
[w
286
Giu s e p p e
pean
dx
d t < f { t x)-
28?
r n X\ +
... -f- T \n %n
4 al +
1 ** j X n =
&n 1 &n
(/?)
288
G I U S E P P E PEA N
S = (q f q) r , r i [ x , y qft. q XjV.r (x - f y) = rx + ry :
x q. k q . q*,* . r (lev) = le (rx)].
Df.
3.
. q . (rs) x = r (sx).
Df.
Df.
Df.
289
6.
. 0 m0(i (r ) ^ md r X mod .
I
qn Sono anche detti punti nello spazio ad n dimensioni, e le
S, delle quali in Geometria si considera il solo prodotto, ne sono le
proiettivit. noto che ogni Sn ha n invarianti, dei gradi 1 ,2 , .. .n
negli elementi suoi. Ci basta, per queste ricerche, ricordare quello
di grado massimo, che detto il suo determinante, poich il
determinante della matrice che rappresenta la sostituzione, e che
indicando con [a;, . x2 ... a?] il prodotto progressivo degli n complessi
d ordine ,
x 2 ... xn, secondo Grassmann, e con i i , . . , i gli ele
menti di riferimento, viene espresso da :
7.
r Sn . o inv r = ([rii k
( l + / rdt
- (-
- (-
...j a ,
(^ ')
290
G IU S E P P E PEA N
Pongasi
E
[r, t0, t) =
-)- / rdt
-f-
J rdt J rdt
- j - ...
in v
r dt
= / < ,.) ,
(Il
mod (x[
x\) +
Ci2
cin
(2 )
291
p mod (x x') .
(3)
mod (x0 x i ) ,
(4)
292
G IU S E P P E P EA N
Ax lincremento di x, si avr
d(x + Ax)
dt
- . f ( t , x - \ ~Ax ) .
(5)
Sottraendo la {!')
= / ( f , x - f Ax) f ( t , x ) .
(C)
Hi
(7)
(8 )
Ax
Questa unequazione differenziale lineare in ~ , il coefficiente
dipende ancora da Ax. Quindi si avr
/J IY
/iqn
293
(9)
dx,
dxn
<9')
__
dt
*x
dxt
fa
""
dxn
2 95
296
G IU S E P P E PEANO
Per mio conto, contribuii agli studi della Commissione col qui
unito lavoro, che ora ha lonore di una seconda edizione, o meglio
ristampa invariata.
In esso mi proposi di arrivare a conseguenze, che debbono es
sere verificate, qualunque sia il tasso dinteresse futuro, comunque
avveDga la mortalit sociale, ed essenzialmente qualunque siasi la
legge dincremento della Societ ; problema questultimo aifatto nuo
vo. La conseguenza si fu, che in ogni caso, ogni gruppo di associati
contemporaneamente alla Cassa Mutua Cooperativa per le Pensioni
riceve sempre di pi di quello che, nelle stesse condizioni, riceve
rebbe da una comune Compagnia dAssicurazione.
La pubblicazione dei nostri risultati lasci dapprima qualche
dubbioso, causa il suo pregiudizio che la nostra Commissione fosse
composta di avvocati difensori, anzich di giudici col pi sereno
mandato. Ma questi dubbii ben prest svanirono, e lo Statuto della
Cassa ebbe lapprovazione di tu tta la serie delle Autorit superiori.
Torino, 3 novembre 1 9 0 5 .
G. PEANO.
Lammontare delle pensioni che pagher la Cassa, dipende dal
tasso di interesse, dalla mortalit, decadenze, e dalla legge dinscri
zione dei socii. Passer a studiare successivamente queste varie in
fluenze.
1. Interessi.
La Cassa riceve mensilmente da ogni socio L. 1, che impiega in
titoli del Debito Pubblico, producenti interesse.
Sia t il tempo, misurato in anni, contato a partire da unori
gine fissa, p. e. dallinizio della Societ, fino ad un istante qualunque.
Scrivo L t invece di lira pagata, o ricevuta, lanno t .
Un capitale sia messo a frutto, cio investito in Debito Pub
blico, o impiegato in unindustria, o dato a imprestito. Suppongo che
in ogni istante esso sia valutabile in lire correnti, cio in lire del
momento considerato. Sia Ct il suo valore in lire, al tempo t .
Dicesi tasso, o saggio, dinteresse continuo, cui impiegato il
capitale considerato, la derivata logaritmica di Ct ; dettolo r si
avr : (*)
r = O't / C t.
(1 )
(4) Uso i simboli algebrici sotto la form a a d o tta ta nel Formulaire de Math~
matiques, publi p a r G. Peano, Paris a. 1901, citato F o rm ai. .
297
(2)
I valori di una lira nei varii anni sono legati dalla relazione:
L( = erh L((+A).
(3)
+ r + r 2/ 2 ! + ...
r ' 3/ 3 -------
298
G IU S E P P E PEANO
1/2
299
*045
*043
043
*041
*040
*040.
*04
-05
*06
*07
*08
*09
*10 .
2*226
2*718
3*320
4*055
4*953
6*050
7*389.
X2p 21*86
26*71
32*62
39*84
48*66
59*44
72*60
88*67.
14*71
20*62
27*84
36*66
47*44
60*60
76*67,
368
412
464
524
593
673
767.
3 00
GIUSEPPE PEANO
\
Ci = rGt + qat ,
equazione differenziale lineare, che si integra come segue.
I socii pagano, lanno t , q St Lt , somma che ridotta in lire del
lanno 0 , colla formula (3) del 1 diventa :
(1)
A t ~ q S t ~rt.
B , = j A ( d< = s J s , e - rtd.
0
(2 )
C, = ert B( = qerl
J S, e -*
d t.
(3)
+ q J S(e+W
) d u.
C{0+t) =
(4 )
m =
S/Se .
301
0-02
0 03
0-04
0-05
0-06
0-07
0-67
0*55
0-45
0-37
0-30
0-25.
= 2 047
C 109
14 881
39 G79
57 780
44 613
23 873
0-073
0-056
0-075
0-105
0-145
21439.
1
0-10.
G IU S E P P E PAN
30
(*) Ecco la dim ostrazione -diretta di questa propriet, cos come esposta
nel lavoro n. 120 (del 1^02, p. 8), non compreso in queste Opere scelte.
Pi persone si associano in un dato momento versando una stessa somma,
e convenendo di avere eguale probabilit di v ita sociale. Dopo t anni sia c il
capitale sociale, il num ero dei soci, q la quota clie ad ognuno spetta. Sar :
q = o/s ,
e prendendo la d eriv ata logaritm ica :
D log q = D log o D log s .
Ma per definizione :
tasso di fru tto D log q ,
tasso di interesse = D log c ,
tasso di m ortalit = D log 8 ,
onde la proposizione c itata .
XJ. C,
De l l e
s t u d io
basi
s o c ia l i
della
cassa
m utua
ecc
3o
3 959
11 203
29 420
42 201 33 306
21 439
12 810
anni
3 mesi.
jx l,=
164 500
390 000 873 600 1735 000 1772 000 884 000 270 000 38 000
102
80
60
42
27
13
304
Giu s e p p e
pean
5
1-5
2-5
3-5
4-5
5-5
6-5
2 145
6 524
15 688
41 687
CO 197
43 999
23 197
u t
G-5
55
4-5
3-5
2.5
1-5
0-5
( t f j 2
i> x lt
45 100
15-1
98 400
10-1
168 570
6-1
254 370
3-1
186 620
1-1
58 400
01
2 300
somma 793 000
21-1
( <)s/6
46
28
15
7
2
0-5
0
|X
90
140
230
290
l,
000
000
000
000
120 000
20 000
0
890 000
306
E per tener conto del caso in cui, per avvenimenti politici, la Ren
dita italiana precipiti, si pu fissare che la Societ si riserva di resti
tuirgli il capitale in lire effettive o in lire nominali di Rendita italiana.
Dai calcoli fatti risulta che il tasso delle decadenze per man
cato pagamento fu finora pi grande dei tassi di interesse e di
mortalit con cui si deve sommare. E siccome questo tasso ha va
riato fra larghi limiti, e non si pu prevedere come varier in
futuro, ne risulta che l ammontare della pensione media, in cui fi
gura questo tasso, si pu solo grossolanamente fissare.
Per molte formule successive sono indipendenti dalla legge di
decadenza. Mi servir specialmente di queste, onde discutere i pos
sibili andamenti della Societ.
7. Mortalit.
Nei calcoli che soglionsi fare nelle assicurazioni sulla vita, si
ritiene che la probabilit di vivere dogni persona sia funzione della
sola sua et, e sia data da una tabella detta di mortalit, o di
sopravvivenza .
(3)
Da calcolo pi preciso del Comm. Maffiotti ris a lta 0-056. In qnesta lun
ga serie di calcoli num erici mi sono servito del regolo calc o la to lo , delle tavole
logaritm iche ; u tili assai le Rechentafeln di Crelle ; spinsi il calcolo allappros
simazione necessaria ma non troppa. Quando occorre determ inare ad es. il solo
ordine d i grandezza d ona q uantit, le operazioni sono fatte a memoria.
SOG
G IU S E P P E PEA N
oo
ove il segno oo sta per indicare il limite superiore della vita umana.
Il diritto di ricevere la pensione p dallet a -|- 9 in poi, data
da espressione analoga. Eguagliando questo dovere col diritto, si
ha lammontare della pensione lorda costante che spetta ad una
persona che cominciando dallet a , paghi la quota q , e cominci a
entrare in pensione 9 anni dopo il primo pagamento :
oo
q
a
oo
fvxe- dx / Jvxe~ d x .
a+0
| x , a + Nt] .
307
Da
Na
Capitale
Pensione
oo oo
Et
flf
PXq
a a-\-B
a+fl
/
V /D(+s> P X q
1310
1328
1360
1378
2-84
f. 10 0
2-86
34'08
34-32
882
897
34-5
34-6
414
415
20 m.
25-6
f. 25-9
466
468
478
481
3-23
3-21
38-76
38-52
329
331
. 33-2
34-3
404
412
40 m. 9-769
f. 9-673
144
145
149
150
5-07
5-00
60-8
60-0
120
120
39-1
38-1
470
457
60 m. 3-072
f. 3-158
27-86
28-23
29-39
29-81
26-7
29-6
320
355
28-28
28-80
102
1274
1356
80 m. 276
f. 256
970
1-108
1015
0 m.
100
8 88
113
10
15
20
25
30
35
40
Tensione netta :
22
22
23
24
20
29
33
38
47.
308
G IU S E P P E PEA NO
superiore
furono del 22 14
10
9
13
13
9
5
2
3
per cento.
La media aritmetica di queste et compresa fra 16 e 17 anni; ma
essa ci dice poco ; perch ad es. i tassi di mortalit corrispondenti alle
et 0, 20, 40 sono -21, 008, -11, e il secondo non medio fra gli altri.
Il capitale uniforme che potrebbe dare la Cassa a tutti gii in
scritti, tenendo conto della sola mortalit, la media aritmetica dei
capitali precedenti, con coefficienti eguali ai numeri degli inscritti.
Es so vale L. 420, come se la mortalit avesse il tasso costante 0-012.
La pensione uniforme che spetta agli inscritti nelle stesse ipo
tesi, lanaloga media delle pensioni. Essa vale L. 30 circa, come
se la mortalit avesse il tasso costante 0 -0 2 .
Che la mortalit dei socii mentre formano il capitale sia infe
riore alla mortalit quando godono la pensione, cosa evidente.
8 . Inconveniente delluniforme trattamento dei sodi
inscritti in diverse et , e suo rimedio.
La Cassa M. C. Italiana, nel distribuire le pensioni, non tien
conto dellet che avevano i socii allatto di inscrizione.
Questa ingiustizia meno visibile nel calcolo del capitale, ove
il rapporto varia fra limiti pi stretti, e trascurabili di fronte alle
altre condizioni di igiene, o professione, di cui non si tien conto, e
che pure influiscono fortemente sulla vitalit delle persone.
A questo inconveniente rimediano in gran parte i socii, inscri
vendosi in et giovane, cio in condizioni pi favorevoli.
Per sta il fatto che pure numerosi socii si sono inscritti in et
pi avanzata. Per ovviare a questa ingiustizia, e per facilitare linscri
zione a socii ili persone in tale et, e onde permettere ai socii attuali di
inscriversi ancora per nuove quote, si possono proporre dei rimedii.
Osservando che la pensione che, in ragione dellet, spetta ad
una persona inscritta in et di anni 40, 47, 50 rispettivamente
doppia, tripla, quadrupla di quella che spetta ad un inscritto in
et minore dei 10 anni, si potrebbe stabilire che:
309
15 20 25 30 35 40 44 48 51 54 58 61 65 69 73 79 83 90
passeranno in pensione dopo anni :
19 18 17
16
15
14 13 12
11
10
3 2.
310
G IU S E P P E PEANO
311
312
G IU S E P P E PEA NO
I
socii antichi, da una parte prendono linteresse del capitale
accumulato dai nuovi, e morendo, abbandonano a favore di questi
il capitale da essi accumulato. Questo scambio di capitale con in
teressi pu essere equo, o essere favorevole ad una o allaltra delle
due parti, a seconda dei casi.
Passer ad esaminare lentit di queste possibili differenze ;
poich non si pu, in nessun modo, in pratica stabilire lequit
assoluta.
(1)
rJ
9+t
A ~
du .
(2 )
(3)
(4)
ovvero
ea= {a -f- r ) j r .
Lequazione (4) si traduce in numeri calcolando r in funzione
di a , e poi invertendo. Essendo 9 = 2 0, per
r = 0'05 ,
si ha : a = 0 -,
0-045 ,
0-04 ,
0-036 ,
0-033 ,
0-030 ,
0-01 ,
0-02 ,
0-03 ,
0-04 ,
0-05.
Ricavato a si avr:
eocii effettivi :
S* S0 a+r>
(5 )
capitale incassato in L 0 :
Be = S 0 q (eot 1)/a
(6 )
313
1)ja,
C< = g S t ( l e_a()/a.
Cp+j) q&n$+t) (1ea0)/a
(7)
(8 )
(9)
314
G I U S E P P E PEA NO
10
20
socii
1 300
1 800
3 300
50
100
20 000
403 000.
vale
10
20
57
88
100
200
= S0 q ert (e 1)/a
315
-10
-20
-30
-40.
-06
-16
-26
-36
ricavo
i , = e K a 0 )=
3-32
24-5
181'2
1339.
(#) I calcoli om essi sono fondati snlle form ale del $ 2. Come pensione data
dalla Cassa, G. P eano , fissa la m inim a possibile, cio qnella che spetterebbe ai
soci dellanno t, se essi sopravvivessero t u t t i nellanno t + Q . E ssa vale :
p0=r C(e+o/st=
r q erB e-<+ r)t (ea-
U. C.
316
G IU S E P P E PEANO
Il
rapporto fra la pensione pagata dalla Cassa e la pensione
equa decrescer da
(p l)r/a =
1-5
30
150
24
130.
1-3
Supposto che il frutto del denaro impiegato nella Cassa sia del
10 /0 , la pensione equa vale L. 90 circa ( 1). La Cassa invece di
stribuir sempre pensioni, che cominciando da
L.
135
540
2 700
13 000
440
2160
12 0 0 0 .
120
70
35
23
17.
317
1) ;
0-38
0-18,
24
22.
lloma, a. 1898.
Colonn. G. B. B e r T IN I, Breve studio sulle Casse pensioni a divi
dendi incogniti. Torino, a. 1899.
G. M a z z o l a , Oli errori delle Casse anormali. Torino, a. 1900.
Questi lavori, lultimo specialmente, sono fatti con diligenza e
coscienza.
318
G IU S E P P E PE N
319
u , si lia :
C(u+J) = er< C + q Su er<[1e~<m+r)'j/(m + r)
C0 = X + q Su er(-) [1 e(7,l+r^e~v ]/(m -|- r).
Dopo i 20 anni si ha :
per t > 0 :
e fp = 1-6,
1 p -6 1 ,
p/(m -f
r) = 7*6 ,
p x er(9
= 1 2 -2 ,
jp -39 ,
pxq
= 146,
p x Su = 23 0 0 0 000.
Tale il capitale che sar accumulato dai socii attuali.
Sommando, si ha il capitale sociale nel 1913 :
e*,, = 35 500 000.
Sommando due o t r e ... numeri della tabella del $ 4, si ha che
sonvi socii
8 = 1354
5315 16 500 46 000 88 000 121 000 142 000 162 000
13-5
14-5
155
16*5
175
18*5
20.
320
G IU S E P P E PEA NO
I
primi dati si riferiscono al 30 giugno 1900 ; lultimo quello
dei socii al 1 marzo 1901, e per semplicit suppongo avvenute al
31 dicembre 1900 le 4000 ultime iscrizioni. Si avr :
em!= 1-65 1-72 1-79
1-86
l 93
2-01
e fatte le divisioni dei numeri s per questi :
ge-'f=820 3100 9 000 22 000 45 000 G0 000
2-10
2-22
08 000
98 000
35
27*50
1920.
1-68
1-72
24-50
24.
q S q /d i
66 000 000.
1896
L.
58
1895 guadagna L.
57
1894
L. 462
1893
L. 2090.
Gli inscritti nei successivi anni guadagnano rispetto allequo il
+ 350, + 8 0 , + 10, 10, 13, 1 1 , 6 , 0 %
Queste ultime cifre variano poco facendo altre ipotesi sulle de
cadenze.
Questo forte guadagno individuale degli uni rispetto alla lieve per
dita degli altri spiegata dal piccolo numero dei primi rispetto ai secondi.
Ci rispetto allequit assoluta. Badando invece a ci che si fa
nelle Societ di Assicurazione, ove il tasso dinteresse da adottarsi
vuol essere quello degli investimenti a lunga scadenza (7), se il
tasso dinteresse netto del 4 l/i , si fa il calcolo supponendo lin
teresse al 4. Quindi una lira dopo 20 anni invece del valore reale
2-411 la si calcola solo 2,191. La sostituzione del tasso continuo al
discontinuo porta le 2-411 a 2-459. Quindi solo nel modo di fare il
calcolo degli interessi le Societ fanno perdere agli assicurati circa
il 13 /0 (0-125). La prudenza consiglia inoltre di assumere la tavola
di mortalit pi favorevole all istituto ; la variazione di queste
tavole del 1 0% . Si pu quindi affermare che i socii della Cassa
Italiana, anche meno favoriti, nei varii andamenti studiati, ricevono
allincirca ci che potrebbe dare una Societ di Assicurazioni.
Se si abbassa il massimo della pensione da L. 2000, p. es., a
L. 1000, mantenendo intatte le altre condizioni, negli anni
1913
1914
1915
1916
1917
1918
1919
1920
la pensione individuale diventa di lire
1000
690, inalterate.
Se si porta il massimo a L. 200, le pensioni diventano :
200
200
200
160, inalterate.
(7) Ministero di Agricoltura, A n n u alit vitalizie, eco. Roma 1892, p. XIV.
21
322
G IU S E P P E PEA N
323
14-60
16
17-70
19-60
21-70
24
26*50.
324
Giu s e p p e
pea n
325
la parte m atem atica del lavoro a. 131 (del 1905), costituente lallegato D
del lavoro stesso.
Sono sta te omesse le tabelle num eriche.
TJ. C.
J 1 Formule.
Pongasi :
n = tempo, misurato in anni, a partire da unorigine fissa,
detta anno 0 .
L %= una lira pagata lanno x.
327
(1)
Lx i
p 2 [ S x Lx \ x ,0 - ( n - l ) ] .
Il
coefficiente di L n il valore prodotto alla fine di n anni,
dei premi annuali p dei soci Sx , pagati in principio di anno, posti
allinteresse composto al tasso annuo, unitario, discontinuo, r .
Se Sx il numero dei soci sopravviventi lanno x, il numero
dei morti dallanno x allanno x -\- 1 sar :
M% " 8X $5+1 -- d
(4)
' (5)
328
G IU S E P P E PEA NO
ove si fatto :
A {e , n) = 2- [(1 + r) Se+X | x , 0 - (n -
1)] / Se ;
(6 )
e paga in media :
q B ( e , n) L n ,
ove si fatto :
B ( e , n ) = Z [(x + 1) (1 + r) >Me+X | x , 0 - ( -
1 )] / 8t .
(7)
(8 )
X (S e - S e+n)/'n 5
M H x = (S e -
S e+n)/n .
(9)
(10)
r) n]l(nr) ; (12 )
329
e si ha :
H n = n + [n (n + l)/2 ]r + ... + C (n + 1, s)
...
(13)
Allora si ha :
A {e, n) S n K n{1 Se+n/S e)
(15)
B ( e , n ) = ( 1 + iT )(1 -
(16)
S ^ /S ,).
e= 0
10
20
30
40
50
60.
60
56
52
47
41
32
52
43.
70
67
62
58
Tav. I : colonna 1 : et x
2 : sopra'
sopravviventi Sx secondo le tavole della
statistica italiana, anno 1902
= ASX
330
GIUSEPPE PEANO
6 : somme bx =
| 2 , 5 quot (a?, 5),#*x] solo
per x diverso da un multiplo di 5, pi 4.
Tav. ^ : colonna 1 : et e
3 : H (0 , e + 5) = 2 (Nx \ x, 0 - e + 4)
4: 5ff(,5) = 5H.4
5 : B'(e, 5) = [(a?
1)
Ixi
4) 5
numeri sono dati dalla formola :
q u e s ti
B'(e, 5) = 5 S (e, 5) 6 ^ 3 ;
^ 6+1 +
-$ e + 2
<* +
e+ l +
^+2
h +3 =
3^+2 +
2 : D e= (1 + r ) - eS e
3 : De+ 2 0
4 : iT (e, 20) =
| x, 0 " 19) ; queste som
me si calcolano facilmente mediante gli
11(0, 6 + 5) della colonna 3 Tav. I& j
infatti si ha :
331
6 : 26 A /{e 20)
8 : 13J3'(e, 20)
= 0-035;
= 29-571^
ove :
A (e, n) = 2 [{1 + r p &+* |
B {e, n) = 2 [(* + 1 ) (1 + r )* 1
O - (n - 1)] / 8.
| x, 0 - (n - 1 )] / Se;
possiamo scrivere :
A (e, n) = (1 + ?+" 2 [(1 +
B(e, n) = (1 + ry+ * 2 [(x + 1 ) (1 +
+* I *,
( - 1)] / 8>
\ x, O- ( -
1)]/S. ;
C ~~ 1
-------- 2\< f fx \ x , a (b 1 )]
C 1
332
G IU S E P P E PEA N O
tervallo da a a b) si h a:
2 [(1 + )--* Se+I | x, 0 - (n 1)] =
[(1 + r)~ S e-
1)] =
1)]) ;
ossia ponendo :
B x = (1 + r)~* &
J T .= ( l + r) * - i J f
e quindi :
A (e, 20) 13 B (e, 20) = (1 + t+2
A'(e, 2 0 ) 13 B'(e, 20 ) / S e
ove si posto :
A'(e, n) = I>e De+n I I (e, n)
B'(c, n) = 2 [(x - f 1) N e+X | x, 0 - (n - 1)].
5,
10,
15,
20,
25,
30,
35,
40
333
834
G IU S E P P E PEA N
336
G IU S E P P E PEA N
G.
C a n t o r , in Mathematische Annalen , anno 1895, tomo
XLYI, pagina 484, et in Rivista di Matematica , anno 1895,
tomo V, pagina 135, publica theorema sequente :
Si x et y es numero cardinale, de x~>y et x < y , seque x y .
Relationes > et = inter numeros cardinale es definito per
definitiones nominale :
a, b e Cls . Q : Num a = Nnm &. = . a (6 F a) rcp
Df
*x 3 (Num a = Num x)
Df
(#) P er qnesta prim a p arte del lavoro si sono seguite le notazioni del lavoro
n. 133, leggerm ente diverse da quelle del lavoro n. 133'.
U. C.
22
G IU S E P P E PEA NO
338
gu,
g* w,
gs u, ... gnu , . . . .
Df
b" = a " ,
Ergo, demonstratione de
3.
B E R N ST E IN
Hp P I . Df 2 , Q . [ g , Z (-&)]
sume forma :
339
Fune, meo seniore P o i n c a r , in interessante articulo Les Mathmatiques et la Logique publicato in Eevue de Mtaphysique et
de Morale , Janvier, anno 1906, pag. 27-29, post reprodnetione de
demonstratione praecedente, nota que demonstratione contine idea
de numero, et symbolo N0 , objecto de Arithmetica, dum theorema
1 pertine ad Logica ; et propone problema, si nos pot elimina
signo N0 .
Es noto que omni symbolo x, que habe definitione nominale,
vel definitione de forma
x = expressione composito per signos praecedente
Df
340
GIUSEPPE PEN
v e Cls , g v f v , u q v . x e u . Q . x e v .
Nos exporta x e u :
8.
x e u . ) : v e Cls . g v
q v
.u
v .0 .x ev .
E t per Prop. 6 :
9.
xeu.Q .xeZu.
Nos opera per x 9 :
10.
u o Z tt.
x e Z i . v e Cls . g v Q v . u f i v . f i . x e v .
v, w e Cls g v Q i c . x e v . ^ y . g x e w .
De Prop. 11 et 12 seque :
13.
x e Z u , v e Cls . g v Q v . u f v . Q . g x e v .
xeZu.ry.gxeZu.
gZ u q Z u.
u ^gZ uQ Zu.
g Zi,
et que u
ZuQ u^gZu*
S U P E R TH EO R EM A DE CA NTOR-BERNSTEJN E T A D D IT 1 0 N E
341
De Prop. 16 et 18 resulta :
19.
Z a s u -'jZ n .
Z wo a .
De Prop. 20, et de noto identitate de logica, me conclude :
21.
a = Z (a&)
' a - Z (.b) .
a = a- b ^ g Z (a6) ^ b- g Z (a6).
Si nos moltiplica per &, id es, nos opera per /-v 6 , nos habe :
23.
b = g Z (-&)
- b-(|f Z (<z-&).
28.
342
G IU S E P P E PEA NO
30.
0 e a -b .
Me pone
32.
N 0 = Z (i 0)
os - = g x f
O sN 0
zero es numero.
De Prop. 14 seque :
II.
x e N 0 . o . * -f- e N 0 .
es numero .
s e Cls .O e s ia je s .Q ic .a ? -)- 8 * : O
[) s .
IV.
x, y e I V x -f- = y + . o . x = y .
343
E t de Prop. 31 :
V.
^No .Q .ir-f-- = 0
N O T A (')
Praesente articulo es scripto in Latino sine flexione , id es per solo them a
latino, sine gram m atica. Saflce vocabolario latino, pr omni difticnltate, Nos
evita, in generale, nsu de vocabolario, per adoptione de p a rte de vocabolario
latino, vivente in lingnas moderno.
P e r exemplo, me analyza primo periodo:
C., in M. A., anno 1895, tomo XLVI, pagina 484, e t in R. M., anno 1895,
tomo V, pagina 135, pnblica theorem a sequente.
V . C,
844
G IU S E P P E PEA N O
ADDI T IONE
(pp. 143-157)
H. P
345
1 + 1 -
1 + ....
que vale 1 , 0 , 1 / 2 , etc., secundo lege que nos adopta in consideratione de limite.
Definitione exacto de limite elimina antinomias citato.
Primo antinomia, hodie in discussione, es invento in theoria de
numeros transfinito, per :
C. B u r a l i -F o r ti (Palermo E ., a. 1897).
B e r n s t e i n , M A . t.60 p.187,
B o r e l ., M A. t.60 p.194,
B e r n s t e in ,
346
G IU S E P P E PEA NO
1. P
r in c ip io
de
Zerm elo.
(i)
rea
.Z>. p
(1 ).
( 2 ) .= > .
(2)
p
(*) Prinzip, dass os aueh fiir eine nnendliche Gosamthoit von Mengen imm er
Z aordnnngen gibt, bei denon jed e r Menge eines ihrer Elemento entspriclit.
Dieses logische P rinzip liisst sich zw ar n ich t a n f ein noch einfacheres znrickfihren, w ird aber in d e r m athem atiacher D eduktion liberali unbedenklich angewendet.
S U P E R TH EO R EM A D E CANTOR-BERNSTEIN E T A DDITIONE
347
(1 )
xea O - a b
(2 )
(3)
p es propositione independente de x et y.
(1)
(2 )
(2 ')
(3)
(4)
848
G IU S E P P E PEANO
Vai 3 hi.
Assumptione de duo elemento arbitrario x et y conduce ad ra
tiocinio cum 3 hypothesi (1) (2) (3), ed thesi (4).
In generale assumptione de n elemento arbitrario successivo
duce ad ratiocinio que consta de n -\- 2 propositiones.
Ergo nos non pot suppone n = oo, id es nos non pot construe ratiocinio cum propositiones in numero infinito.
In Formulario, vocabulo Syllogismo indica uno forma de ra
tiocinio bene definito :
a 13 b . b 3 c .13. a 3 c
Su pe r
349
2. T h eor em a
de
Cantor
350
G IU S E P P E PEAN
Def.
id es, si x = 0, 1, 2, 3, 4, 5, 0, 7, 8 , 9
anti x = 5, 6 , 7, 8 , 9, 0, 1, 2, 3, 4
Numero considerato sume forma :
2 '[1 0 _, anti Cfr nf n \n, N J.
In loco de anticifras de cifras de numeros dato, nos pot sume
alio lege. Sed non lice sume, pr omni valore de n, uno cifra arbi
trario ex cifras differente de Cfr_n / , sine introductione de postu
lato de Z e r m e l o .
3. A ntinom ia E io h a r d .
351
Auctore pone :
E = numeros decimale que pot es definito in lingua con
siderato ,
et construe super classe numerabile E numero que occurre in theo
rema de C a n t o r in precedente. Id es, si f n es numero de classe
E , de loco n, Auctore considera numero :
N = -SflO 71 anti Cfr_n/ra |, N J
(1 )
G I U S E P P E PEA N
352
(3)
4. L a
v r a ie
s o l u t io n
de
M.
o in c a r .
353
Def.
Si a es numero, et b es numero 2 : a, tunc b a indica ilio
numero x que satisfac conditione a
x = b .
M. Poincar, pag. 315, dice (quod es in Franco es vocabulo de
Auctore, quod es in Latino es relativo ad meo exemplo) :
Le df aut est encore le mme ; b a est inter t o u s les nu
meros ilio que satisfac conditione ; sous peine de cercle vicieux, cela
doit vouloir dire inter tous les numeros dans la dfinition desquels
nentre pas la notion de minus. Vela exclut numero b a, qui dpend de minus. L a dfinition de b a nest donc pas prdicative.
Definitione de radice non pot es dato que sub forma :
^ x (a
x b) -
354
G I U S E P P E PEA NO
Def.
Si a et b es numero naturale, tunc m(, b), lege (secundo Lebesgue, Lucas...) minimo multiplo commune ad a et b, indica minimo
ex multiplos de a et de b .
Dice Poincar : Vocabulo multiplos de a et de b non habe
sensu, nam constitue infinito actuale. Si definitione de m(, 6) de
pende de totos objectos a X ITf < b x N ,, ilio es circulo vitioso, si
inter istos objectos existe uno, m(a, 6 ), que non pot es definito sine
m(a,&) aut phrasi equivalente .
Me supra refer totos tres passu de Poincar ubi exprime suo
idea super definitiones. Sed objectione ad solutione de Poincar es
ita obvio, que me dubita de bene intellige Auctore, et me adde novo
exemplo.
In Analisi es noto que :
x e q .3 . e"1 = cos -}- i sin
(1 )
e = serie noto
(2 )
(3)
Su p e r
theorema
c a n t o r -b e r n s t e in
et
a d d it io n e
355
5. N oto
s o l u t io n e .
Me procede ad calculo de :
N = ilio numero decimale, que habe pr cifra decimale de ordine
generico n anticifra de cifra de ordine n de numero decimale
expresso per phrasi que habe ordine n inter phrasi, esprimente
numeros in lingua commune, ordinato secundo valore alphabetico,
ut es definito per R i c h a r d , post substitutione de E per suo de
fi niente.
Me seque, in orthographia, Latino.
Nos imagina successione de phrasi, vel de numeros naturale
scripto in systema alphabetico. Primos phrasi, que exprime decimales, es (me suppone) :
duo diviso sex 0-333...
uno diviso duo = 0*5
uno diviso sex 0-1666...
tunc N = 0-851...
Serie de phrasi cum 12 litera, ut praecedentes, in charactere
minuto, forma linea multo plus longo que distantia de Terra ad
Sole,
3B6
G I U S E P P E PEA NO
vel
x = x,
N e 0.
Definitione precedente es simile ad definitiones :
N (maximo numero primo)
(E u c l id e )
357
G IU S E P P E PEA NO
358
(144). S U G L I
ORDINI
DEGLI INFINITI
(Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Serie 5a, Voi. X IX , 1 Sem., A . 1910, pp. 778-781)
f i 9 QFN 0
fx
Imi
gx
x = oo
(3)
<
eQ
= 0.
360
G IU S E P P E P EA NO
Iog x
\x ,
361
o f x < gx ,
In simboli :
(1 )
a e q q fine (t a i N 0) = a
f , g e q FN0 o :
(2 )
(3 )
(4)
<
<
362
G I U S E P P E PEA NO
00
,... sono
364
G I U S E P P E PEA NO
Def.
365
Def.
Def.
Def.
36?
P ro b a b ilit
to ta le .
P ( c , a).
r o b a b il it
co m po sta .
Num (ab)
Num a
Num (abc)
Num (ab)
368
G I U S E P P E PEA NO
C o n c l u s io n e .
570
G IU S E P P E PEA NO
dy
d?y
dx3 = 3x2 ,
37
372
G IU S E P P E PE NO
*> -
= / ,
373
(*) Scriver ain, come abbreviazione del latino ainua, secondo luso costante
in Francia, Germania, Ingh ilterra, Russia, e fino nel Giappone ; poich le formale
m atem atiche hanno la stessa forma ovunque, eccetto in Italia, ove si moder
nizzato il latino ninne in aen. E quest'uso italiano anche contrario alletimologia ;
invero seiio italiano non h a il valore del latino-matematico ainua. noto che
Ptolemeo calcol le corde degli archi da 0 a 180; e tu tto ra ne possediamo la
tavola. Lastronomo arabo Al B attani, nell800 pieg la corda in due , e chiam
gib la m et della corda ; e questa parola araba vale francese p ii, italiano piega.
I m atem atici europei, nel 1500, tradussero larabo gib, nel latino ainua, che in
latino classico h a il valore di piega. Cos Virgilio nuda genu, nodoque sinus
collecta flnentes vuol dire che Venere si present a Enea, nuda il ginocchio, e
raccolta lo fluenti pieghe della veste.
374
G IU S E P P E PEANO
, 6 Eq q . (a -\-
bf
= a2 -f-
2 ab
-f- b2,
375
376
G I U S E P P E PEA NO
377
Cauchy, nel 1815 (Mm. pubblicate nel 1827) usa con regola
uniforme le parentesi attorno alla variabile ; e questuso va in se
guito diffondendosi.
Chi vuole che le formule matematiche dicano tutto, senza bi
sogno di addizioni verbali, non pu dare ad un segno due valori.
Lattribuire alle parentesi, oltre alla funzione di raggruppare pi
segni, ancora unaltra funzione, come il voler fare unaritmetica
decimale, in cui le cifre 6 e 9 siano rappresentate da uno stesso
segno.
La formula gi vista :
x 6 q 0 D sin x = cos x ,
ove si consideri leguaglianza
prop. 1-6), si pu scrivere:
81
D sin = cos.
Se, con Hamilton, indichiamo con exp la funzione esponen
ziale, cio poniamo exp x e1 , potremo scrivere :
D exp = exp.
Se con log intendo logaritmo dun numero positivo e
con / intendo reciproco, si avr :
D log = / .
Se / vale reciproco , ja vale reciproco di a , e b/a vale
il prodotto di b pel reciproco di a , che si indica abitualmente con
, notazione la cui esecuzione tipografica costa tre volte quella
(t
della b/a.
Se suppongo che x sia funzione reale di variabile reale,
x qFq, siamo anche tentati di scrivere :
D sin x = cos * X Dx
ove D sin x indica D (sin *), e non gi (D sin)#, il quale ultimo
vale solo cos x.
Se invece di D leggo d , ho le note formule sui differenziali,
come si trovano scritte da Leibniz.
E quindi siamo indotti a ritenere che le lettere x , y , z ,.. .
di cui Leibniz prendeva i differenziali, e Newton le flussioni, siano
delle funzioni, cio esattamente dei qFq.
Per formule del tipo dellultima scritta non si trovano nel
Formulario ; esse darebbero luogo ad equivoci. Invero nel calcolo
378
G I U S E P P E PEA NO
378
dy
du
di
dx
indica
880
G IU S E P P E PEA N O
clif
381
h t) -
S [ sin, 01
71
382
O IU S E P P E PEA NO
De r iv a t a
d if f e r e n z ia l e
383
384
G I U S E P P E PEA N O
% d2z
a dx 2
385
DERIVATA E D IFFERE N Z IA L E
25
S86
G IU S E P P E PEA NO
D 2 gx .
DERIVATA
d if fe r e n z ia l e
387
388
G I U S E P P E PEA N
Il
presente scritto uno studio critico comparativo di alcune
definizioni di limite, quali trovansi nei trattati ad uso delle scuole
secondarie e universitarie. Loccasione a questa raccolta di defini
zioni fu una discussione fra alcuni colleghi sulla convenienza, o
meno, di introdurre nelle scuole secondarie la derivata duna fun
zione. Questa innovazione gi fu fatta o tentata allestero ; in Ita
lia, i Programmi di Matematica, proposti per i licei moderni ,
pubblicati nel Bollettino della Mathesis , dicembre 1912, con pre
fazione del prof. G. Castelnuovo, della li. Universit di Roma, con
tengono appunto, per la II Classe : Concetto di limite. Tangente
ad una curva. Lunghezza dun arco e derivata duna funzione . E
per la III Classe : Cenno sullintegrale definito .
#
# #
Il
Formulario Mathematico , edizione del 1906-08, contiene
la seguente definizione del limite duna successione :
D e f in iz io n e I.
390
G I U S E P P E PEA N O
Uj , V/2 , . , iln , . .
a pour limite le nombre X, si, qnels que soient les nombres X' et X" satisfaisant aux conditions
X ' < X < X"
il y a un entier p tei que, pour n > p, on a
X ' < u n < X" .
Basta, al posto di u , X, X', X", p , n leggere x, a, a li, a
h,
n, per avere la definizione I.
Alcuni autori preferiscono cominciare dal caso particolare in cui
il limite zero :
m, m
SULLA D EFINIZION E DI L IM IT E
x qF Hj . 0
m
e f in iz io n e
391
II.
lim * = 0 . = : A e Q . O A . g [ N 1n
3
[n Nj .
e f in iz io n e
III.
392
G I U S E P P E PE A N O
ZZ+Q
lim /(z )
z -cc-0
per dire :
lim [/, u n ( x -\- Q), x]
393
#
Alcuni autori invece di dire comunque si prenda la quantit
positiva h dicono comunque piccola si prenda h , o essendo h
una quantit piccolissima, arbitrariamente piccola, ecc. . Questag
giunta non necessaria ; ed un pleonasmo. In modo simile si do
vrebbe dire per m sufficientemente grande e per n comunque
grande . Le due prime aggiunte si trovano in :
G r a s s i , Preparazione matematica allo studio della chimica fisica
1912, pag. 7 :
Tutte le volte cbe dato un numero e piccolo ad arbitrio si possa
trovare un valore di n abbastanza grande perch il termine ennesimo
della successione e tutti i seguenti siano in valore assoluto inferiore
ad e si dir che la successione ha per limite lo zero, oppure che il
termine generico nn di essa infinitesimo col tendere di n all oo .
probabile che qualche studioso, nel leggere queste definizioni,
si domander che cosa sia una quantit comunque piccola, o suffi
cientemente piccola, e potr arenarsi, prima di accorgersi che quegli
aggettivi sono pleonasmi. Io credo conveniente di sopprimere tutti i
pleonasmi. La matematica brilla per la sua semplicit.
*
##
Una variante alla definizione di limite si trova in alcuni autori :
A r z e l , Calcolo infinitesimale :
Se assegnato a piacere un numero positivo a , comunque pic
colo, si pu sempre trovare nella successione uno dei termini che
sia, esso e tutti i successivi, in valore assoluto inferiore a a si dir
che la successione tende al limite zero .
Qui si dice si pu trovare un termine, che coi successivi ,
invece di dire' s pu trovare un posto, un indice, tale che coi
successivi . Ora, dato lindice, determinato il termine ; ma non
viceversa ; poich se la corrispondenza fra posto e termine non
univoca, uno stesso termine pn occupare pi posti.
Ter esempio, ogni termine della serie :
394
G I U S E P P E PEA NO
*#
noto che si possono commutare due segni q successivi : se
per ogni ni si ha che per ogni n, si ha ecc. significa se per ogni
n si ha che per ogni tn, si ha ecc. . E si possono pure commutare
due a successivi se si pu fissare m, in modo che si pu fissare
n significa se si pu fissare n in modo che si pu fissare m .
Ma i segni Q'g[ non si possono commutare.
La proposizione :
395
si ha :
396
G I U S E P P E PEA NO
Ay
sement oorrespondant de la variable x, lorsque dans ce rapport exprim au moyen de x et de Ax, on remplace Ax, par zro .
Ay
Questa definizione notoriamente illusoria ;
, quando al po/ j OD
Ay
Su l l a
d e f in iz io n e
di
Li m i t e
391
S 98
Gi u s e p p e
pen o
1,
Lm
lim.
I
primi quattro operano su classi, gli ultimi, due su funzioni.
Lultimo, indicato col simbolo lim, e nella cui definizione occorrono
tre variabili apparenti, quello che necessario per la definizione
generale di derivata.
Ma in matematica elementare si studia la tangente ad una cir
conferenza, larea, larco, i volumi e le superficie dei solidi di rivoluaione ; e le definizioni e teoremi relativi si trovano gi in gran
parte in Euclide. Ivi, ci che occorre, non gi il limite duna fun
zione lim , ma bens la prima idea, rappresentata dal simbolo
r cio limite superiore duna classe.
x
Perci si pu studiare fin dove si arriva colla sola nozione di
limite superiore.
Richiamo anzitutto la definizione di massimo, idea simile al li
mite superiore ( Formul. , pag. 46) :
u Cls N , . Q
x = max u . = \ x i u : y i u . Q y . y ^ , x .
Su l l a
d e f in iz io n e
di
399
l im it e
. y ^ x],
: y q . y < a.
*)
4oo
G IU S E P P E P A N
401
2 ).
G IU S E P P E PEA NO
402
invece di
1 < 2 ,
f2 o 1^3
invece di
f2 < ^3 .
Il
simbolo 1 rappresenter tanto l unit quanto la classe delle
frazioni proprie, di cui 1 limite superiore.
La definizione Euclidea una definizione per astrazione, ed io
ritengo che cos si debbano definire i numeri reali :
u ClsE . x E . 0 . x < V i . = . a u n y 3 (* < y).
Se u una classe di razionali (positivi), ed un razionale,
diremo cbe x minore del limite superiore degli u, quando x mi
nore di qualche u . Sicch il segno 1' qui ha il valore di qual
che . Poi si definisce leguaglianza, con Euclide :
) ( , Cls E . 0 : l'M = l'o . = . R n 2 3 ( < Vn) = E /- z 3 (z < ; l'v),
e poi, con definizioni opportune, si introduce la somma, e le altre
operazioni.
Le definizioni per astrazione hanno la forma :
cp x <p y . = . p X:U
ove <p x un nuovo ente ; non si pone cp x espressione nota, ma
bens si definisce solo leguaglianza cp x cpy, come equivalente ad
una proposizione p x,v contenente le due variabili x ed y.
La pi celebre definizione per astrazione quella ora riportata
di Euclide. Le definizioni di direzione (0 punto allinfinito) duna
retta, 0 di potenza dun insieme, e tante altre, sono definizioni per
astrazione :
direzione di a = direzione di Zi . = . la retta a parallela
a b;
potenza dellinsieme a potenza di b . = . si possono porre
gli a e i b in corrispondenza univoca e reciproca.
403
li R . 0a a (* ; y) 3 [x a . y b . y x < li) .
Le due classi a e b diconsi contigue, quando ogni elemento
di x della a minore dogni elemento y della b ; e inoltre, fissato
ad arbitrio una quantit (razionale positiva) h, si pu determinare
un elemento x nella prima, e uno y nella seconda tali che y
E si deduce che, se a e b sono classi contigue, allora esiste,
nel campo dei numeri reali, il limite superiore degli a (o limite in
feriore dei b).
Sotto laspetto del rigore, non c luogo ad obbiezione. Ma si
pu osservare che lente, di cui si afferma lesistenza, dipende da
una sola delle due classi contigue ; quindi laltra si pu sopprimere.
E che non c la corrispondenza univoca fra numero reale e coppia
di classi contigue ; ci che pu essere dimenticato non solo da stu
denti, ma anche da professori, poich veggo stampato : il numero
irrazionale una coppia di classi contigue .
#
*#
La lunghezza dun arco di curva fu definita dal Serret come
il limite delle lunghezze delle poligonali inscritte in esso, quando
il numero dei lati cresca indefinitamente, e ogni lato tenda a zero .
Qui si parla del limite duna funzione, non di una variabile,
come sopra si detto, ma bens dei valori del parametro da cui
404
G IUSEPPE PEAN
SULLA D EF IN IZ IO N E DI LIM IT E
405
406
G I U S E P P E PEANO
407
408
G IU S E P P E PEA N O
409
In questo lavoro, il resto nelle formule di q uad ratura, figura come caso
particolare di un operatore lineare per le funzioni reali di variabile reale, a cui
si riferisce propriam ente il teorem a dim ostrato da G. P eano nel lavoro stesso.
Cfr. in proposito anche il lavoro n. 166 (del 1914).
Numerose applicazioni di questo teorem a vennero fa tte da G. P e a n o e dai
suoi scolari dal 1913 al 1924. (Cfr. in proposito : U. C assina, J 2)P r08^ m a z ^o n i
numeriche , in Enciclopedia delle matem. elem entari , voi. I l i , p a rte 2a, Hoepli,
Milano, 1950, pp. 1-192, n.* 112-114).
XJ. C.
ove
b
4 11
Il
resto in ogni formula di quadratura si pu sempre ridurre ad
integrale, mediante la regola seguente. Uso i simboli del Formulario
Mathematico da me pubblicato, edizione 5a, 1905-08 :
E e q F (qFq) lin . weNj :/ e (qFq) integ . g r a d / < n . q/ . E / = 0 :
f , D 'f e qFq : o E / = S E
'(z x )n
(n
1) !
1
sign (z x)\ z
2
D f x | x , q
J ( f f x ) D nf v d x ,
oo
412
G I U S E P P E PEA N O
= y ( l + sigu .r) ;
- 2tpx 1 = 1 2 cp ( x ) .
(z a;)-1
(n -
1) !
cp(z x ) \ z , q D nf x | x , q
ottengono
(2 aj)w1
^ __
(x z )n_1
altre
(n-l)\
c p { x ~ z ) \ z , q T>nf x | x , q
espressioni,
aggiungendo
alla funzione
-/
gx = lim
Re s t o
nelle
form ule
di
quadratura,
ecc
413
(z a:)1
cp(z x) | z , q
, - 1 )!
fa
(b a)n
-D n~]fa
( - 1 ) 1
\ z x )"~1
cp(z x) | z , q
(-!)!
414
G IU S E P P E P EAN
R /= J R ^ ^ 1 )1
q i>n/* a* =
tU
oo
J (Z(n S ) ! B^ xdx>
f z = polinomio ecc. +
; cp(z x) D f x d x .
R/ = R
r rpi'z ~ x) D ^
415
j ' / ( x , z) dx I , qj = J R [/(a?, z) \ z , q] dx
a
Rf = j R
D "/x d# .
(z x )n~ 1
cp (z x) | z , q intera di gra(n - 1 ) !
do n 1 in z, per tu tti i valori che si considerano nel calcolo ;
S e x < a, la funzione
j R | ... j D nf x d i =
0;
onde
OO
R/ = f K [^ " 1 * 1 ) !
T) I * ) l ] D "/x ilx y
oo
R/ = J f x d x - i - [ / ( - 1) + 4 /0 + / 1 ]
G I U S E P P E PEA NO
416
(z
Se 0 < * < 1 , posto per u n momento f z = -----------<p(z x), si
o
+1
R [...] = (1 *)4/24 y
x? (+ t ) 1)4/* d _
o
(1 a )3 ^ + y j D 4f ( x) da ,
u
clie si pu anche scrivere :
R /= -
/ (1 -
x? ( * +
t ) tI)4^
+ D4/ ( ~ *)1lljf
Ve
formula che pubblicai nel 1887, deducendola come sar detto appresso.
In questo caso, si ha nuova soltanto lespressione del resto sotto
forma di integrale.
Per avere resultati nuovi, la sig.na P . Quarra, calcol, e pre
sent alla JR. Accademia delle Scienze di Torino, in seduta del 30
marzo 1913 il resto, finora ignoto, in alcune formule di quadratura.
Ecco il primo :
Se d una funzione f x si conoscono 4 valori f x g, f x i , f x i , f x s , si
pu calcolare, con procedimenti algebrici, la funzione gx, intera, di
terzo grado, che per i 4 valori xQ, xl , xs , xa coincide con fx .
417
11
gx d x , che ha la forma
K f xo + A i f Xi + a 2/ * 2 + A a f x3 J
ove gli A sono indipendenti da / . B si ha un resto
j (x xQ) (x * t) (x x2) (x x3) (D 4/w )/4 ! da:.
La formula cos detta di Simpson si pu ottenere da questa,
facendo x0 = 1 , x t = x2 = 0 , x 3 = 1 ; il resto assumer la forma
+i
J f x d* = -jp ( / 0 + 3 /1 + 3 /2 + / 3 ) + Ef ,
0
/ = ^
J x ( x 1) (x 2) (x 3) da? =
0
27
418
G I U S E P P E PEA NO
(*) Ing. Gio. Giorgi, I I metodo simbolico vello studio delle correnti variabili.
Associaz. E lottr. Italiana, 11 ottobre 1903.
(166). R E S I D U O
DE
IN
FO R 1U LA S
Q U A D R A T U R A (*)
(M athesis, 46 Srie, tom e IV , pp. 5-10)
U. C.
(1)
OO
(*) Cet article est crit en latin sans flexion que la p lu p art dee lecteurs ilo
Mathesis com prendront sans peine. T out m ot est un thme la tin (le m ot latin
420
GIUSEPPE PEANO
ad x + d x , ubi
I Uz dz = 1.
oo
(pg =
TJz d z .
421
0
id es, residuo in formula de trapezio. Isto residuo es nullo pr
functiones / de gradu minore de 2 ; ergo :
1
+OQ
J f x d x ( / 0 -f- f l ) / 2 = J {gx) x
0
D af x d x .
oo
de
ad x , et
vale
z x,
si
1 , tunc J f z d z =
x < z <
= J ( z x ) d z = ( l x)*/2.
Et
f 0 = 0 ,
f 1 = 1 x.
Ergo
gx = (1 x f / 2 (1 x)j2 = x { l x)/2.
N o s deduce, quod pr omni functione / , subsiste form ula:
J f x dx (fO + f l) /2 = 0
-- j x (1 -
x) D */* d x ,
i
"f* dx -
/-
( / 0 + / l )/2 =
D *fx,
422
G I U S E P P E PEANO
#
* *
Non es necesse que formula de approximatione, de que nos
determina residuo, contine in modo esplicito uno integrale. Suffice
que es lineare in functione / .
P er exemplo :
tffO = / 2 2/1 + /0
es nullo, si / es de gradu minore de 2. Si nos applica regula prie
cedente, nos habe :
1
zl2/ 0
Jx
D 2/ e dx -[-
(2 x) D 2f x dx .
o
E t in modo simile :
1
A*f 0
J x 2 D3/* dx
D 3/ dx -j-
f (3 x f D3f x dx .
+ y
- D /o
fi _ f o
y D * /0 -
... -
D,l_1/ 0 ,
nos
(1 __^
-------- r- Dn f x dx y u t Lagrange publica in 1707.
(n l ) I
#
# #
j f x dx -
[ / ( - 1) + 4 /0 + / 1 ] =
-1
1
- j
(* + y ) [D4/ * + D 4/ ( x)\ dx .
423
s i o n e n o to :
+1
I
[ / ( - 1) +
f x dx
32
4 /0 + / 1 ] = ~ ^
D 4/ * .
*
# #
Primo formula de Gauss, dice que :
" [/ ( -
) + / (t t ).
(1 -
*)
(T ~ *)
1
(1 x)4
[D 4 f x + D 4/ ( *)] dx +
3 !
4 !
/
1
4 !
[D4/ c
D 4 / ( .*)] dx .
V3
Factore, que in integrale, m ultiplica D 4/ a ? + D 4 / { x), es
semper positivo in intervallo de integratione ; quod es evidente pr
secundo integrale, et quod exige breve calculo pr primo integrale.
Ergo nos pot scribe factore cum D 4 ex signo integrale ; residuo
sume forma
f e 14*
publicato ab prof. Mansion in 1887.
*
424
G IU S E P P E P EANO
Dfa
f x functione interpolante = {x x{) (x x2) ... (x x) -
tt !
ubi u es valore incognito, sed medio inter Xi xz ... xn x.
Si nos integra inter minimo et maximo de x j ... xn , nos habe :
integrale de / , minus integrale de functione interpolante (que es
formnla de quadratura), a:qual e ad
w
.
.
.
x a?i) [x x2) ... (x xn)
dx
f x dx -
J - ( / 0 + 3 /1 + 3 / 2 , + / 3 )
3
sub forma de integrale J (gx) (D* fx ) dx ; resulta que gx es de na
ti
tura differente in intervallos de 0 ad 1 , de 1 ad 2 , de 2 ad 3 ;
es semper, ' in omni intervallo, functione integro de gradu 4 ;
et semper n eg a tiv o ; ergo lice transporta D i f x ex integrale, et
resulta :
residuo =
A j)4f x .
125
CO
O A V A L IE R I-SIM P SO N
(A tti delift Keale A ccad. delle Scienze di Torino, V oi. L, A . 1914-15, pp. 481-486)
J f ( x ) da =
/( ) +
+ /(& )
e infine in .
T h . S im pson , Mathematical dissertations, London, 1743, p. 109.
invalso l uso di chiamare formula di S im p son la formula
precedente. Non volendo andare troppo contro luso, mi sia permesso
di unirvi il nome del primo autore.
RE S T O
427
= - i r l f D4^
(#) Per ragioni tipografiche, ho sostituito questa frase fra [J al titolo origi
nale russo rip o rtato dal Peauo,
U. C.
428
G IU S E P P E P EANO
D* f (a) + ...
_i_
^
n!
D / (a)
Trasporto / (a)
dal
&
secondo
nel
primo
membro ; invece
di
f ( x ) dx = ( b a ) /( a ) - f ^ 2 ^
D f (a) - f ...
a
b
,
ni
la quale una formula di quadratura, che si pu ottenere direttamente coll integrazione per parti ; ed appunto sotto questa forma
che essa fu enunciata da Job. Bernoulli nel 1694 (Vedi Formulario,
pag. 303 ; Taylor la diede nel 1715).
Senza ledere alla generalit, posso supporre che lim iti dellin
tegrale nella formula di Cavalieri-Simpson, siano l e
|- 1 ; sicch
vado cercando unespressione della differenza :
+
-hi
/ ( * ) d* /
-i- [ / ( - 1) + 4 / ( 0 ) + / ( 1 ) ] .
3
(3 )
J f(x) dx = / ( 0 )
- I D f (0 ) + i - D * / ( 0 )
0
1
+ ^
D / (0 ) + ^
f (i _
*)< d V () dx ;
429
J f ( x ) d* = / ( 0 ) _
- i D / ( 0 ) + - - D 2 / ( 0 )
i
- ^ D !/( ) + ~
(1 -
D 4/ ( - *) dx.
0
Sommo membro a membro le eguaglianze (3) e (4) :
(5)
J / ( x ) c 1* = 2/ ( 0 ) + - L d * / ( 0 )
1
1
(0)
/ ( l , = / ( 0 ) + D / ( 0) + - D / ( 0 ) + - J - D * / ( 0 )
X
+ Y
I (1 x f D 4 f { x ) dx .
/ ( - ! ) = / (0) -
D /( 0 ) + {
D ! / (0 ) -
D V (0 )
+ 1 J V - a f D 4 / ( x) dar.
Sommo le (6 ) e (7):
(8 )
/ ( - ! ) + / ( + ! ) = 2 / ( 0 ) + D * /(0 )
1
+ -i- J (1 x f [D4 /
(x) +
D4/ (
ove x
&)] d x .
430
GIUSEPPE PEAN
2 / (0)1
+S[i
La parte
(1 _
05)4 _
integrata
L (1 _
a )3
2 / ( 0 ) + - - [ / ( 1) 2 / ( 0 ) + / ( 1 ) J
J
-H
(9)
'
/(*)d* = y [ / ( -
1) + 4 / ( 0 ) + / ( l ) ]
1
1
/ ( i -
conserva il segno
resto
nella
fo rm ula
di
quadratura
ecc
43i
f a -
*>3
+ y ) [ D V W + D4/ ( - *)] d*
1
2 D 4f{z)
(1
xf
y j da?
o
Ora :
(1 ar)3 ^
dar =
J( 1
ar)3
x d a + - i - J (1 a?)3 da?
= + ^ = A
20 T 12
15
come risulta, per esempio, considerandoli come integrali euleriani
di prima specie, cio applicando la formula (.Formulario , pag. 357) :
arm (1
, d,a r =
x)n
{m
m! w!
n + 1) ! *
J / ( * ) d* = i - [ / ( - 1) + 4 / ( 0 ) + / ( 1 ) ] -
JL D 7 ( 2)
z
b
+1
) D 4/ ( * ) ;
e infine :
90 X 32
ove lar nel resto un valore medio fra a e &. Il coefficiente
1
si pu leggere r: , come scritto nel principio della
90 x 32
^
- *
4! 5!
presente nota
P arte delle questioni, q ui tra tta te da G. P eano , Tennero da lui gi stud iate
nel lavoro n. 11 (Applicazioni geometriche del calcolo infinti., 1887) e specialmente
nel lavoro n. 60 (Lezioni di analisi infinti., 1893, voi. 2, pp. 46-53).
Da notare che il teorem a di C a n t o r citato nel $ 9, e di cui nel lavoro
n. 60 era rip o rta ta l ordinaria prova m ediante le infinite scelte arb itra rie
stato poi dim ostrato da G. P e a n o m ediante le leggi della logica classica. Preci
sam ente nel lavoro u. 138 (Formulario mathematico, t. V, 1908, pp. 418-414, 5 29,
P. 29), passo gi incluso nel presente volume come complemento al lavoro n. 27
(del 1890).
V. C.
Le
grandezze
c o e sis t e n t i
di
cauchy
433
in o h e r l e
431
G I U S E P P E P EA N
Le
g ra n d e z z e c o e s is te n ti di c a u c h y
435
delle due classi, cio la classe dei numeri cbe si ottengono som
mando un numero della classe x con un numero della classe y.
Ci si fa da tu tti gli autori, per esempio, per definire la somma
di due numeri irrazionali, cbe il lim ite superiore delle somme dei
numeri razionali minori dei numeri dati.
B si fa pure nelle approssimazioni numeriche. Dare un numero
per approssimazione significa dare un intervallo cui il numero ap
partiene. La notazione 0,123 ... indica ogni numero le cui prime cifre
sono quelle scritte, e le su ccessive sono arbitrarie, cio:
0,123 ... = 0 ,1 2 3 1 - 0,124
rappresenta un intervallo di ampiezza 0 , 0 01 , un estremo incluso e
l altro escluso. B la regola per laddizione dei numeri approssimati
dice ad esempio :
0,123 ... + 0,654 ... = 0,777 I - 0,779
e la somma d due numeri approssimati appunto la somma arit
m etica di classi.
In conseguenza, per eliminare l equivoco, Leibniz indic la
somma logica con un segno speciale x y ; G. Cantor, in Mathem atische A nnalen , t. 17, pag. 355, indic la somma logica col
simbolo M ( x , y), che legge minimo comune multiplo delle classi
x e y , poich la somma logica gode delle propriet del minimo
m ultiplo aritmetico.
La notazione adottata nel Formulario, per la somma logica,
x ^ y , ed gi molto usata. Perci un numero sar funzione distri
b utiva d un campo, se essendo x e y due campi (arbitrarii, o sod
disfacenti a qualche condizione), si ha :
f{x y)= fx + fy.
5.
D u e grandezze sono coesistenti, secondo Cauchy, quando sono
funzioni distributive d uno stesso campo. Gi affermai la coincidenza
della teoria di Cauchy con quella delle funzioni distributive, nel
libro sopra citato del 1887, pag. 167.
. Ci risulta dagli esempi che Cauchy adduce a pag. 188, il
volum e e la massa d un corpo ; poich dividendo il corpo in parti,
tanto il volume quanto la massa del corpo valgono la somma rispettivam eute dei volumi e delle masse delle parti.
436
G IU S E P P E PEA JO
7.
In seguito, pag. 189, Cauchy definisce il rapport diffrentiel
delle grandezze coesistenti, il quale rapporto, nel caso della massa
e del volume, la densit del corpo in un suo punto (pag, 193).
E a pag. 190, E gli enuncia il teorema fondamentale del valore
medio :
Le rapport entre deux grandeurs coexistantes A et B , dont
la premire varie dans un ou plusieurs sens avec la seconde sup pose toujours positive, est une m oyenne entre les diverses va leurs de leur rapport diffrentiel .
LE G RA N D EZZ E C O E S IS T E N T I DI CAUCHY
437
8.
Il concetto di funzione distributiva si pu anche applicare al
dominio della logica pura. Ci fatto nel mio libro:
Lezioni di A n alisi infinitesimale, Torino, 1893, tomo 2, pag. 40.
Per variabili prenderemo ancora delle classi di punti ClsCx n,
e per funzioni prenderemo delle classi di classi di punti, in sim
boli ClsClsCx n. Ognuna delle frasi classe limitata , classe
chiusa , sfera , ecc., rappresenta una classe di classi di punti.
Spesso una classe di classi si determina mediante una propriet ad
es. di essere lim itata , di essere chiusa , ecc.
Sia u una classe di classi di punti, cio una propriet dei campi
di punti. Diremo che questa propriet u distributiva, se tutte le
volte che la somma di due campi c e c' ha la propriet u , uno
almeno di essi abbia la stessa propriet ; e viceversa, se uno dei
campi e e c' ha la propriet w , anche il loro insieme c v. c' abbia
la stessa propriet.
Quindi la propriet u distributiva, quando :
(<uc')E. =
: c u u c E u.
438
G I U S E P P E P EANO
lim ite superiore dei moduli degli elem enti di s finito), allora
esiste un punto x del campo X s , lim ite di s , tale clie comunque
si prenda la quantit positiva r , il gruppo di punti y che distano
da a? meno di r (cio la sfera di centro x e raggio r) abbia la
propriet u .
In simboli :
u E (Cls Cls C sn) distrib. s u 1' mod s Q Q
g; As n a; 3 ( r Q Qr . Cx m n yj [mod (y x) <
r] u) .
10 .
11 .
439
b , ai cui e-
12.
440
G I U S E P P E P EANO
* r 2
f Xn
a ,n1
i
a ." - 2 . .
x " - '2 ..
*0
*1
Xn
/w.n1
1
1
=
*0
xo
aT
,*.Ti1
*1
*1
X n"
X n" 1 . . . X n
(D>)/ !
im o s t r a z io n e .
Considero la funzione gx :
/*
gx :
xn
Ao
Xn
n
Xn~ 1
... X
,To
. . . mQ
X n~
1
n
442
0 1 U S E P P E PEA NO
n ante derivando gli elem enti variabili della prima orizzontale, ed lio :
D" f x
f Xn
il !
... 0
x? r L - xo
xn
n
a,n
n 1 ... xn
_ (X0
x2^(0 ~~ X3^^'o
Xn) jVp I
'/;2' (^l
as)
X n)
j (X Q
X \ ^ [X Q
X $) (a'o
Xn)
(^2
^i) (J-2
* 3) (**
*)
1'* '
ixa
(a?n +
x i> (r o *z) K
(D " / * ) / !
Xl
x i) (xo x t) f X2 X 1
fx 3x3 1
xi 1
/
#2 1
X * 1
x \ x2 1
*5 * 3 1
443
A,
*o_1 -
fxl
a;"-1 ... x1
'f x n
a1*- 1 ... x
a o-1 - -r o
1 ... xn
oc
ove <p z quella funzione che per z > 0 vale 1 , e per z < 0 vale
0 ; e per z = 0 vale per esempio 1 / 2 .
II
CALCOLO
NUMERICO
448
G I U S E P P E PEA N
449
S i a Vi li :
1-234 e 1-234
cio 1-234 un numero della classe 1-234 . . . .
1 - 2 3 4 . . . o 1-2 3 . . . ;
il primo intervallo contenuto nel secondo .
In questo mio scritto, io distinguer il segno e di proposizione
singolare, e il segno Q di proposizione universale, dal segno = .
Molti autori li confondono col segno . Non intendo qui di esa
minare se ci sia comodo o no ; non introducendo i segni e e q ,
bisogner sempre far notare che dalle scritture
1-234 =
1-234 . . . ,
1-2345 =
1-234 . . . ,
1-235 . . . =
l'2 3 . . . ,
d /( , y) = /(**> V) /(*i i)Il simbolo d ebbe questo valore, e l ha ancora in libri di m ate
m atica applicata. N ei trattati di analisi fu sostituito, in questo senso,
con A.
Si ha :
(I)
d (x + y) = dx- -f- dy .
Infatti
d (* +
V) =
(*2 +
Vi)
{*1 +
Vi) =
(*2 ~
* i) +
(2/2
Vi) =
dx +
dy.
450
G I U S E P P E P NO
Esempio :
d (1-23 . . . + 4-56 . . .) = d 1-23 . . . - f d 4-56 . . . == -01 + -01 = -02 :
cio, se gli addendi sono noti a meno di 1 centesimo, la somma
sar nota a meno di 2 centesimi.
Se un addendo esatto, il suo errore sar nullo. Per esempio,
d {n + 6-85 . ..) = d 6'85 . . . = -01 ,
supposto n un numero esatto. S e * = 3 -1 4 , cio un numero
esatto di centesimi, sar n -f- 6-85 . . . = 9-99 . . . , e la somma sar
nota con 2 cifre decimali esatte. Ma se n lia 4 cifre decimali, per
esempio n 3-1415, la somma sar per difetto 9-9915, e per eccesso
10-0015. Quindi, quantunque lerrore della somma sia di un cente
simo, noi possiamo assicurare nessuna cifra di questa somma. P er
tanto non esiste soluzione del problema determinare il numero
delle cifre decimali esatte con cui si debbono dare i termini duna
somma, affinch questa risulti nota con n cifre decimali esatte .
La pratica si contenta di regole come le seguenti :
D ate due quantit note con n cifre decimali, si sommino i
valori per difetto ; tutte le cifre sono cifre esatte della somma, salvo
l ultima cifra che forse si deve aumentare di una unit .
Questa regola non varia, anche se un addendo esatto, purch
abbia pi di n cifre decimali. Se l ultima cifra 9, aumentandola
di u n unit varia la precedente.
D ate pi quantit, in numero non superiore a 11, note con
n cifre decimali, si sommino i valori per difetto, e si sopprima lul
tima cifra. Tutte le n 1 cifre rimaste sono le cifre esatte della
somma, salvo l ultima, che forse si deve aumentare di una unit .
Essendo a una quantit qualunque, ed n un numero intero (po
sitivo di regola), pongasi :
V a = (E 10 a)/10 ,
cio Y n a , che si legge valore con n decimali di a , indica ci
che si ottiene moltiplicando a per 10 " , prendendo la parte intera
del prodotto, e dividendola per 1 0 n .
Allora, se m un intero non superiore ad 11, e se <i, a.2. . . a m sono
quantit qualunque, la regola precedente s pu scrivere ;
a \ I""ai
~}~am e V n1 (V n a 1 -j-
(0 1 2)/10'i~ 1.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
451
d (x y) = da: d y .
(III)
*2
y ~ y2 ,
x x\
x2 > y y 1
2/2 )
'
d (x x
y) e x x
dy
y X da; .
452
G I U S E P P E PEA tf
Esempio :
d ( 6 ' 7 8 . . . X 7-89. .) e 6 - 7 8 .. . X d 7 - 8 9 . . . + 7-89 . . . X d G - 7 8 . . . =
= 6 - 7 8 ...X - 0 1 + 7 -8 9 ... x -01 = ( 6 - 7 8 . . . + 7 - 8 9 ...) X -01 =
= (14-G7~ 14-G9) x '01 = -1467- -14G9.
Prendendo nn fattore per difetto e laltro per eccesso, si ha errore
= '1468.
In pratica basta dire cbe lerrore in questo esempio, > 1/10,
ed < 1 .
N egli appositi trattati trovansi regole per stimare l ordine d e
cimale del prodotto di due numeri approssimati, e il,m odo di ese
guire rapidamente la moltiplicazione, tralasciando i prodotti parziali
inutili. Il prof. A . Tanturri espose con spirito critico questi studii
negli A tti della R. Accademia di Torino, 1915, 25 aprile, Prodotto
di due numeri approssimati.
La regola (III) permette di riconoscere subito la bont d ogni
regola pratica,
(IV)
d (l/a?) (da:)/** ,
453
Infatti
f = x , e differenziando, (2l/x) d \'x = d* ; onde la
formula V I.
Esempio : Se n = 3'1415 . . . , sar
d |/ji = dji/{2 |/ji) ;
e siccome dji = '0 0 0 1 , e 2 Yn > 1 , sar d
<< d/r : cio, se
noto con 4 cifre decimali, anche ]/ji sar noto con altrettante cifre.
(VII)
I
i \m
Perci esisteranno il lim ite superiore finito dei valori di 11 -J- 1 ,
l
1 \ n+1
ed il lim ite inferiore dei valori di 11 -f- I ; e siccom e,per m = n ,
il rapporto delle due quantit (3) 1 -f- l / n , il cui limite inferiore
0 , segue che il lim ite superiore dei valori del primo membro
della (3) eguale al limite inferiore dei valori del secondo membro
della (3); detto e questo lm ite comune, si avr, per ogni
454
G IU S E P P E P EANO
valore positivo di m ,
(1 +
l/m )m <
e < (1 +
l/m )m+1
, t
Log
T
1
<
Xn
og e < 2X
Xn
~x Log ~1
da cui
T
*^2
> *^2
# 2
Lo' ^i
< ---- ------ L g e >
T ~
> - L^a;2
L g e ;
___ SCn
iUj
(VI')
d Va? e xj(2\'x)
(VII')
d (1 /#) = (dx)/x 2
perdendo il segno.
Il valore arrotondato ad n
cifre decimali di a si ottiene
cancellando le cifre che- se
guono quella di ordine n , e
aumentando questa di una uni
t, se la prima cifra cancellata
5 o maggiore di 5 .
a)~~b ,
oT^b,
a^b
456
G I U S E P P E PEA NO
Esempio :
|'2 1-41::
n 6 i - 4 i..
significa
1-41 ^ |'2 < 1-41 + 1/100
j/5 2-24::
si pu leggere :
E valore abbreviato di f'5
a 2 decimali 2-23..
1. Abbreviazioni ripetute.
Il valore abbreviato di un
valore abbreviato un valore
abbreviato.
II valore arrotondato di un
valore arrotondato non sempre un valore arrotondato.
457
Il valore abbreviato a 2
decimali di questa somma
uno dei due numeri 3-64, o v
vero 3-65.
Il valore arrotondato a 2
decimali di questa somma
uno dei tre numeri 3 64 o 3-65
o 3-66.
In generale :
Il valore abbreviato ad n
decimali della somma di due
numeri la somma dei loro
valori abbreviati, o questa som
ma aumentata di una unit
dellultimo ordine decimale.
La somma dei valori ab
breviati il lim ite inferiore
della somma degli intervalli che
essi definiscono.
3. P rodotto di i
Sia a calcolare
Il valore arrotondato ad
n decimali della somma di due
numeri la somma dei loro
valori arrotondati, o questa som
ma aumentata o diminuita di
una unit d ellultimo ordine
decimale.
La somma dei valori arro
tondati il punto medio della
somma degli intervalli che essi
definiscono.
numeri approssimati.
Sia a calcolare
1-41.. X 2-23..
1-41:: X 2-24::
Se moltiplico i valori ab
breviati dei due numeri, ho il
limite inferiore del prodotto
Se moltiplico i valori ar
rotondati ho un valore appar
tenente allintervallo prodotto
(non il punto medio)
458
G IU S E P P E PEA NO
X
x
X
X
2-23
0-01
0-01
001
= 3-1443
=
141
223
Il
lim ite inferiore del pro
dotto vale
(1-41 0-005) x
(2-24 0-005)
=
3-1584
=
705^
=
1120
=
25
Il
3-140175
(1-41 + 0-005) x
(2-24 + 0-005)
X
X
x
X
2-24
0-005
0-005
0 005
= 3-1584
=
705
=
1120
=
25
Quindi
1-41:: X 2-24::
= 3-1401751-3-170G75.
Il
prodotto dei due inter
Il
prodotto dei due inter
valli (o numeri approssimati)
valli contenuto n ellintervallo
composto daglintervalli definiti
contenuto nellintervallo 3-1..
dai valori arrotondati 3-1 e 3-2.
11
fatto che questo prodotto di due numeri abbreviati conte
nuto n ellintervallo definito da un solo numero abbreviato, mentre
il prodotto dei numeri arrotondati contenuto n ellintervallo coin-
459
4. Simboli.
Per passare alle regole aritmetiche nn po pi complicate, in
troduco nuovi simboli. U so il segno romano X per indicare dieci,
o la base del sistem a di numerazione. Quindi X - significa l unit
decimale di ordine n .
Essendo a un numero reale, positivo o negativo (o nullo), pongo :
V
a = valore intero (o par
W a valore intero arro
te intera) di a , cio quel nu
tondato di , cio quel numero
mero intero (positivo o n ega
intero x tale che
tivo) x tale che
x 1 /2 ^ a < x + 1 / 2 ,
x iS a < * -|- 1 .
cio
W = Y ( | 1/2).
Indicando n un numero intero, positivo o negativo (o nullo), porremo :
xa valore abbreviato ad
n decimali di a ; si pu defi
nire cos :
V n a = X -" V (X a ).
W a = valore arrotondato
ad decimali di a ; si pu de
finire cos :
W
Si ha
Si ha
V0a = V a .
S e a un numero reale,
V na un numero con n cifre
decimali. Usando i simboli del
Formulrio si ha :
a S q . Q . V n x X _n.
W0 a = W a .
Parimenti :
a 6q . o
a n x X -n ,
460
G IU S E P P E P EANO
Viceversa, se 6 u e nu
mero con n cifre decimali, por
remo
Viceversa.
& n x
X" . o
V i b = b + (0H 1) X ~ .
W n b = b + ( l | - l ) X - " / 2 .
V i b rappresenta lintervallo
di ampiezza X - , e il cui lim ite
inferiore b. Si ha :
VnV 'nb=b
W W'n b = b
* V i V a = V x = V n
x E w ; w a = \Vx = W a .
Esempio :
Esempio :
V U ' 2 3 = 1-23..
1-23 = 1-23;:
Il
simbolo V a ha il valore del simbolo E a di Legendre ; il
simbolo V n a fu introdotto nella mia N o ta : Approssimazioni nume
riche, R. Acc. dei Lincei , 2 gennaio 1910. Il simbolo V ' indica
l operazione inversa di V. Il simbolo W qui introdotto, provviso
riamente, per stabilire il parallelismo delle due teorie.
Se p e q sono numeri interi, e f S j , allora la scrittura p <j,
che si legge l intervallo dei numeri interi da p a q , indica l in
sieme dei numeri interi x tali che p
x ^ q . una notazione
usata nel Formulario da me edito.
5.
2 v;, b = 2 b + (01 ) x .
I
due membri di questa eguaglianza sono classi di numeri, e
precisamente degli intervalli. Segue :
(2)
. Vn2 V n
b = 2 b + [0 - ( 1)1 X - .
I
due membri sono classi di numeri con n cifre decimali. Que
sta proposizione si legge :
Il valore abbreviato ad n decimali della somma di m numeri,
di cui si conoscono i valori abbreviati ad n decimali, eguale alla
461
v _ ! 2 v ; b o v n_ , s b + ( o - v
x- +*.
m E2 -1 1 . 0
0 V _ x2 h +
( 0 - 1 ) X +i.
V * _ 2 2 V ' b 0 V n_ 2 b + ( o - V
X ~" + 2 ,
V n_ 2 2 b - f ( 0 - 1 ) X - *+2.
462
G I U S E P P E P ENO
2 W b = 2 b + ( mim) X - /2 .
Il
calcolo di W di questa espressione si pu fare colla formula
Wfl = V(<i
1/2) ; e si ottiene :
f
per tn pari :
(
Vii 1 \
W n2 W t> = 2 b + f -------
\ X ~ n,
per m dispari :
W n2 W l tb = 2 b + (
(2)
X ~.
_w_ 1 2 w ; b o w n_ ! I h + ( v ~
- v
x -+ > .
De c im a l i
valori
a b b r e v ia t i
463
arrotondati
l intervallo
di
ampiezza
unit
dellultimo
ordine.
Esem pio :
1-41.. + 2-23.. = 3-64.... .
Una notazione consimile fu introdotta dal prof. T a n t u r r i , R a
dici di numeri approssimati, A tti della E. A cc. di Torino , 21 m ag
gio 1916, pag. 1156.
C. Prodotto abbreviato.
Per eseguire il prodotto di due numeri approssimati, non vo
lendo fare calcoli inutili, bisogna adottare la moltiplicazione ab
breviata.
Se i due numeri sono a = 2 ar X - r e b = 2 b , X - *, ove r e a
sono interi, positivi e negativi, e ar , 6* sono cifre, il loro prodotto
abbreviato ai termini di grado decimale n si pu indicare con a x b,
e si pu definire :
a x n b = 2 T X bs x
X -r- ,
ove
r + s
n.
5 7. Cifre negative.
I
valori arrotondati presentano qualche analogia colle cifre n e
gative considerate da C a uohy , nei Comptes Rendus de lAcadmie , 16 novembre 1840 ((Euvres, srie 1, tome 5, pag. 431). Ogni
numero si pu esprimere come somma di potenze di dieci, i cui
464
G I U S E P P E PEA NO
0-301
Log 5 = 0-099 .
universale o g n i &,
o la classe a contenuta in 6 .
a b indica lidentit delle due classi, cio [) b e b q a.
a c b indica la classe comune alle a e b.
In A ritm etica si presentano le classi :
N = numero naturale, o numero della serie 1 , 2 , 3 , . . .
K 0 = numero della serie 0 , 1 , 2 , . . .
n = numero intero positivo o negativo o nullo.
Q = quantit numerica reale, o numero reale positivo.
Q 0 = quantit numerica positiva o nulla,
q = numero reale positivo, o nullo, o negativo.
In conseguenza, se a un numero intero, a
N indica gli
interi maggiori di a ; a -j- ST0 indica gli interi da a in poi ;
a N indica gli interi minori di a .
466
Q I U S E P P E PEA NO
1. Intervalli.
1.
a , b q a < b o a~ b = (a
Ql n (b Q)
Def.
Q ) n (b Q0)
n'-'ft = (a + Q0) n (6 -
Q0).
x Interv q Q dx = 1' x 14 x
Def.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
467
1*23 .. = l 23l1*24 ,
cio con 1*23.. si intende ogni numero le cui prime cifre sono
quelle scritte, e le altre sono qualunque. Si ha :
2/3 e 0'606..
1-234.. o 1-23..
lj 3-14.. = 3-14
1' 3-14.. = 3-15
d 3-14.. = 1/100.
Adotto il punto decimale l'23, conformemente alluso inglese, in
vece della virgola decimale 1,23; poich quel punto decimale non ha in
matematica nessun altro significato ; invece la virgola ha pi signi
ficati, fra cui quello di coppia ; cos (0 , 1)2 ora rappresenta 1 / 1 0 0 ,
ora la coppia dei numeri 0 e 1 , su cui si faccia unoperazione indi
cata colla forma di quadrato ; p. es. (0 -|- i f . La notazione del punto
decimale anche diffusa fra noi ; oltre che nel mio Formulario ,
si trova nelle tavole logaritmiche del Luvini, ecc.
Trattandosi di numeri interi, sar utile nel 3 la notazione :
4.
Def.
2 . Som m a.
1.
2.
a, a'jb, b' q a < a-b < b' Q (a ~ a ') -f- (b~b) (a-^-b)~~(a'
468
Gi u s e p p e
pean
4.
x , y E Interv q 0 1, ( + y) = 1, x + I, y.
V (a; + y) = V x -j- 1' Vd (x + y) = d * + d y.
EQ o V a ^ a <
Y a + 1.
'
a E Q n n q V a = X _n V (X n a)
Def.
31,
la locazione in tero positivo o ne
anche essere nullo (come risu lta dalla
C.
469
n u m e r ic h e
E sem pi :
V n = 1 -4 1 ,
V 3 (2/3) = 0-666 ,
x 1-23.. . =
s e m p io
V _ t 1234 = 1230 ,
V 0 a = V a.
V 2 x = 1-23.
n u m e r ic o .
1/4 = 0 * 2 5 0 0 0
1/5 = 0 - 2 0 0 0 0
V 5 (1/6) = 0 - 1 6 6 6 6
v 5 (1/ 7) = 0 - 1 4
2 8 5
1 / 8 = 0 - 1 2 5 0 0
V 5 (1/9) = 0 - 1 1 1 1 1
2-92895 + 4 X X - ,
2-92899. Si conchiude
* ^ 2*9289.., o V 4 s 2-9289.
1/10=0*1 0 0 0 0
Prendendo invece i termini con 6
2 * 9 2 8 9 5 cifre decimali, si trova s > 2-928967
e s < 2-928971. Si potrebbero sopprimere le ultime due cifre diverse,
e scrivere s 2-9289.. come prima, in cui il calcolo era pi breve.
Ma in pratica conviene conservare la penultima cifra. Perci usiamo
la notazione :
1-23.... = 1*23,_ 1*25,
cio con 1-23 seguito da 4 punti indico l intervallo compreso fra il
numero scritto, ed esso aumentato di 2 unit dellultimo ordine.
V edasi la mia N ota Valori decimali abbreviati e arrotondati, E.
Acc. di Torino , 14 gennaio 1917.
Si scriver quindi :
s 2-92896....,
ovvero :
V 5 2-92896 + (0---1) X - 5 .
Sono facili a dedursi le regole seguenti :
3.
m2
N 0 . a QP 1m m n * o - . a 2 ' V u a - | - (0Im)Xr~n.
470
G I U S E P P E P EANO
V n 2 a t 2 V n a + [ 0 - (m 1)] X~.
2 a V _ , 2 1 V n a + ( 0 - Y [(m +
5.
8)/10]) X - +.
6.
m 2 -1 1
7.
m e 2 - 1 0 1 o V n_ 2 2 a V n_ 2 2 V + ( 0 - 1 ) X - " + 2.
| 4. D ifferenza.
1.
a, b, a', b' q-a < i a ' b < b'-Q-(<i~a') (b~b') = (a b')~(n' b).
2.
E s e m p i o : Calcolare s = 1 /1 1 /2 +
D ispongo il calcolo cosi :
-f
1/1 =
1 /2 =
V 6 (1/3) =
1/4 =
1/5 =
V 0 (1/6) =
V 0 (1/7) =
1/8 =
V 6 (1/9) =
1 /1 0 =
1-000
0-500
0-333
0-250
0-200
0-166
0-142
0-125
000
000
5. P rodotto.
S i hanno le proposizioni :
1.
2.
a, a', b, b'
Q-a
< b' - x
(b~b ')
b)~~ (a'
(a
b).
b)~ (a'xb').
471
4-
5.
*, y Interv Q- q d (x x y) = l,a;
dy -(- Vy X da?.
y) 1' {x x y) 1, (x
= l (x
(l 4y)
(ly l,y) -(- l'y (1'* 1,*) = 1,* X dy -+- l'y X da: .
x y) >
d (x x y) <
d (x
lj x
l'x
x
x
dy -f- 1, y X da:,
dy - \ - 1' y x
da?,
e anche :
6.
x , y E Interv Q Q d (x X y) E x
dy -f- y x
da:,
dy
d (x X y)
y xxy
Y 2 n = 1 -4 1 ,
V 2 y'5 = 2 23 ;
472
G I U S E P P E PEA NO
a Q . r n o c r a = V (X r n) X V (X ~ * -i a).
Def.
3.
a = 2 [Cr a x
X r | r , n]
Xr
b = 2 C, fc x
X *,
a, b Q n n o . a x b =
ri)] D ef.
473
X* | s, n).
N ellipotesi della 1 q .
a
b = 2 \ 2 (Cr a
Cm_, 6 | r, n) X m | m, n + N 0j.
(2) L a lettera tra s c ritta j vale italiano g di ge; la y vale italiano j . Questa
p arola composta di vajra = fu lm in e , e dbhyaa = moltiplicazione ; cos il dizio
nario del Bohtlingk. L a parola abhydaa poi composta di abili = sopra, e
aa = gettare , con un suffisso di azione -a. Sicch bhy-as-a = multi-plica-tio. Alcuni
storici della m atem atica traducono V ajrabhysa in blitzbildend , il che non
parm i fedele.
( 3) F o u r i e r , A nalyse des quations dtermines, Paris, 1831.
474
G I U S E P P E P EA NO
4.
Hyp l . o ' .
a X nb~ bX na,
a Q n n o M a = a Y a
Def.
Si ha :
Hyp 1 O M a < X ~ n.
2.
a, b Q n X o X b
a
x M 6 -f-
Vb X Mn a -}- 2
Vn a X V b =
(Mn_, a x C_ 8 b X X - | , 1 ).
x M b.
475
A PP RO SS IM AZ IONI N UM ER ICH E
Si deduce :
3.
a, 6eQ. . l f . Q.
4.
M a < X ,
a, b E Q ord a = ord b = 0 n E 17 Q.
V ( X 6) E V (a X +2 b) + (0-1) X - .
S e a e b sono quantit positive, e il loro ordine 0 , cio
si separata una sola cifra intera, e se non maggiore di 7 ,
allora il valore con n decimali di a x 6 si ottiene facendo il pro
dotto di grado n
2 , e sopprimendo le ultime due cifre, e aumen
tando forse di ununit lultima decimale .
Segue dalla 4, in cui a Y a , V , n si sostituiscano i loro mas
simi 9 , 9 , 9 .
A, b E Q
Q E n-Q- X b
Vp_|_n tt
Yg-|-n b
476
G I U S E P P E P EA NO
7.
a
b Y n a X n b <
[Y& +
X
n q.
(CU b \ r , 1 -
)]
X~.
0
Poi si fa la somma delle cifre
che stanno sulla stessa diagonale
^
da sinistra in basso alla destra in
alto ; le cifre della somma sono scritte sulla prima verticale a
sinistra.
(*) J . VlEll/LB, A p]i l'o lim i t iti lti numrques (26 d., 1854, pag. 39): On fait
la sommo des chiffres d a m uUiplicateur reuvers . p a rtir du prem ier de ceux
des chiffres droite d ont le correspondant m ultiplicande est snivi d un oa
plusieurs chiffres signifcatifs, jtisqua a dernior de ceux qui ont un correspon d a n t m ultiplicande ; et, si le m ultiplcateur se prolonge gauche dn m ultipli cande, ou ajonte cette somme le prem ier chiffre gauche du m ultiplicande,
augmeut de 1. Puis, on multipli le to u t par lunit infrieure de deux
ordres cello qui m arque lapproxiuiation demande. Le p ro duit qui en rsulte
est uno lim ite suprieure de lerreur commise .
(5) C auchy , Com ptes rendus de lAcaduiie , 16 nov. 1840, pag. 433.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
(6)
V 4 J/2 = 2 ' 8 2 8 4
0-2
X V 3 12
2 8 2 8
0-03
X Y 2 12 =
4 2 3
0-006 X V 4 12 =
8 4
0-0000 x V 0 12
3-1619
Questa disposizione del prodotto graduale si trova in sostanza
in Keplero, anno 1623 (7).
4062051
1163818
4062051
406205
243723
12186
3250
40
32
4727487 .
I prod otti parziali sono in certo modo arrotondati, senza legge evidente.
II m anoscritto di Praetorius, eni Keplero si riferisce, fn pubblicato recente
m ente ; come p ure un m anoscritto d i Bilrgi del 1592, in cui si trova la m olti
plicazione graduale.
I n sostanza la moltiplicazione graduale fu intro d o tta verso il 1600 e la dif
ferenza fra prodotto ordinario e prodotto graduale fu calcolata solo nel secolo
scorso.
478
G I U S E P P E P EA NO
1-4142
0 9 8 Z-Z
2-3 2 8 4
2
8 2 8
2 3
8 4
3-1619
3. Metodo fulm ineo. Per fissare lordine delle cifre che
si debbono moltiplicare, F o u r i e r (3) e C a u o h y (5) consigliarono di
scrivere il moltiplicatore sopra una striscia di carta, che, capovolta,
si fa corrispondere alle varie cifre del moltiplicando ; si moltiplicano
le cifre sulla stessa verticale, e se ne fa la somma.
Qui scriver le varie posizioni della striscia mobile :
1-4 1 4 2
0 9 9 Z-Z
= 2'
0 9 Z Z
0 9 Z Z
0 9 S Z
= 10
=
13
28
39
0 9 Z Z=
3-1 6 1 9
Calcolato dunque ^2 X 4 |/5 = 3-1619, si h a:
/ 2 x r 5 > 3-1619
<
f(1
J2 1 4
|1
(4
f- 2) X-4,
cio
f 2 x y 5 < 3 1634 ;
onde
V 2 J'10 = 3'1G,
e
1-4142.. x 2-2360..Q 3-16.. .
(8) W.
1631.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
479
9. Divisione.
Si hanno le proposizioni :
1-
2.
Infatti,
d (1/*) = 1' (1 jx) lj (l/a?) = l/l,tt 1/Y x =
3.
48 0
GIUSEPPE PEAN
10
0 O'O 0 0 0 0 0 0 0
9 4 2 4 7 7 7 9 6 0 5
3 x V 8a =
e 3 X 8a =
5 7 5 2 2 2 0 3 9 5
1 X Yi a =
3 1 4 1 5 9 2 6 5 3
e 3-1 X 8 a =
2 6 1 0 6 2 7 7 4 2
8 x V fl =
2 5 1 3 2 7 4 1 2 0
e 3*18 Xg a
9 7 3 5 3 6 2 2
3 X Y5 a =
9 4 2 4 7 7 7 8
c 3*183 x 8 a =
0 X V4 a
3 1 0 5 8 4 4
o 3-1830 Xg a =
3 1 0 5 8 4 4
9 X V8 a =
2 8 2 7 4 3 1
c 3-18309 X 8 a =
2 7 8 4 1 3
S x V2 a =
2 5 1 3 2 0
c 3-183098 Xg a
2 7 0 9 3
8 X Vt
2 5 1 2 8
a =
o 3-1830988 X a =
1 9 6 5
6 X V0 a =
1 8 8 4
o 3-18309886 Xg a
8 1
Posto
q = 3-18309886
si lia :
c q x 8 a + 81 X -8 .
e
c > q x a + 35 X ~ 8 ,
onde
q + 35 X 8/a < c/a ^ q + 81 X 8/.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
481
1.
n 6 3 (a x 6 ^ c)
Def.
2.
Y n 0 /n & ;
3.
4.
(9) G.
Peano,
482
Giu s e p p e
peano
V n ( c / a ) ^ c / n a.
5.
X ~ ) X a ,
onde
c/a < c / a. + X _n ,
6.
V n (c/) ^
c / a.
rest (e , ) = |Y c (c/ a) x , a] Xn
Def.
(c/a) Y jjC/jjY?ia.
Ap p r o s s i m a z i o n i
n u m e r ic h e
483
1 1 . La divisione fulminea.
Il rapporto graduale V c / Vn a si pu pure calcolare invertendo
la moltiplicazione fulminea. Fourier ne diede due esempi numerici,
riprodotti in pochi libri. Forse le spiegazioni che seguono contribui
ranno a diffondere questa importante operazione aritmetica.
Il problema questo. Supponiamo noti Y_i c , Yni a , e di
aver calcolato il loro rapporto graduale b = V_l c /_i V_j a, ove
n N. Noti ancora 0_ c e 0 _ n , cio le cifre M-esime del nume
ratore e del denominatore, vuoisi calcolare Vn c / Y a.
Pongasi perci
v c / Y a = b + x X ,
ove x la cifra a determinarsi. Essa dovr essere la massima cifra
soddisfacente la condizione
V a X (b - f x X ) ^ V o ,
ossia
V a
x nb
Va
x X X~n < V n c ,
484
G I U S E P P E P EA N
e ancor
V a X x ^ (Vc Va X b) X".
2.
a, b Q - n n - Q - a X n b = 2 [Pm (t,
Il prodotto graduale V a
il precedente :
x V b si pu esprimere mediante
3.
x,
a , b Q . n N Q Y a
Vn b =
X t
Yt b ,
(V c V et x b) Xn ,
ove si sostituisca
V n e = Y_! c -f- (0_ e) X - ,
c, Vn_i a) X +
C_ c C_ a x V b P (M0 a , M0 b),
si trasforma nellaltra
Y a X x ^ H n (c , a) .
18 5
mula.
Posso scrivere quanto precede nella proposizione simbolica :
4.
Va.
G I U S E P P E P EA NO
486
10 0 0
3 X 314 =
9 4 2
c 3 X 0 a,
5 8 0
3
5 7 7
1 X 314 =
3 1 4
c 3 1 X t a 2 6 3 0
3 1 4-1 5
1 6
2 6 1 4
I 8
8 X
2 5 1 2
c 3-18 X 2 a 1 0 2 0
4 0
9 8 0
3 x
c 3-183 X 3 a -~
8 t
9 4 2
3 8 0
5 8
3 2 2
1x
o 3-1831 x 4 a =
8 8
3 1 4
8 0
1 0 8
X 8 8 I 8
0 X
3 2 2 0
c 3*1830 X 4 a =
1 0 7
3 1 1 3
9 X
c 3-18309 x 5 a =
2 8 2 6
2 8 7 0
0 8 8 I 8
7 3
2 7 9 7
8 X
c 3-183098 X o a =
6 0 8 8 1 8
2 5 12
2 8 5 0
12 1
8 6 0 8 8 X8
2 7 2 9
8 X
c 3-1830988 x 7a =
2 5 12
2 17
2 0 5
19 6 5
6 X
c 3-18309886 X 8 =
18 8 4
8 1
8 8 6 0 8 8 1 8
487
12 . Quadrato.
Se i due fattori sono eguali, la moltiplicazione si semplifica.
Si h a:
1.
(311 = 2 X 3 X 1 ,
488
Calcolo di
G I U S E P P E PEANO
ti2 :
3-1 4 1 5 9 - 2 6 6 3 5 8 9 7 9 3
j3) = 9
(3 1 != 6
(314) = 2 5
(3141) = 1 4
( 31415 ) =
4 8
(314159) =
7 2
(3141592)=:
7 1
(31415926) =
1 2 2
10 1
7 0
00
1 8 9
1 8
2 7
2
3 16
________ 3 5 2
9-8 6 9 6 0 4 4 0 1 0 8 9 3 1 2
= 31 4 1 5 92 6 5 3 58 9 7 9 3
9 '6 5 4 8 2 1 2 1 0 9 8 8 8 6 2
2 1 4 7 72 0 7 8 8 7 7 1 5
11 1 1 1 22 3 3
9*8 6 9 6 0 4 4 0 1 0 8 9 3 1 2
8 4
TI8 <
Y 1S
9 '8 6 9 6 0 4 4 0 1 0 8 9 3 9 6
= 9 8 6 9 6 0 4 4 0 1 0 8 9 3.
489
f\x ) =
V a.
490
G I U S E P P E P EA NO
V 7 (1007f) = 3 1 4 - 1 5 9 2 6 6 3
17a =
2 8 9
2 5 1
7 X 34 =
2 3 8
13 5
4 9
8 6
2x34 =
6 8
O
{72} =
9
2 8
16 1
4 X 34 =
{724} =
13 6
2 5 2
6 0
19 2
5 X 34 =
17 0
2 2 6
{7245} =
8 6
14 0
4x34 =
{72454} > 45
3x34 =
{72453} =
8x34 =
{724538} =
5x34 =
13 6
4 5
10 2
3 8 5
7 8
3 0 7
2 7 2
3 5 3
16 4
18 9
17 0
1 9
491
fornisce leguaglianza :
V 7 (100 ji) = x X 7 x + 19 X X- 7 .
Ora :
V, (100 n) < 100 n < V 7 (100
x X 7x <
x2
<
ti)
x X7x
-f X " 7
-(-34 X ~ 7 ,
10 / n <C, * + (20/34) X -7
> x (15/34) X - 7 ;
quindi il valore con 8 decimali di V?r sar l 772 453 85, o questo
numero diminuito di ununit dellultimo ordine.
Si supposto nel calcolo precedente di aver estratto le prime
2 cifre della radice : se se ne avesse una sola, si sarebbe presentato
pi spesso il caso di dover provare cifre maggiori del vero. Se se
ne estraggono 3, ricorrendo a piccole tavole dei quadrati (10), i
tentativi diminuiscono.
Se si estraggono le tre prime cifre della radice, il calcolo si
presenter cos :
(*) Questa tavole si trovano nei Manuali degli ingegneri, degli operai, sono
n n ite a varie tavole di logaritm i, alVAritmetica del prof. B u r a L i , alla Geometria
del prof. P e n s a , ecc., facilitando cosi la ricerca delle radici.
492
G I U S E P P E P EA NO
V8 X 4 ^ = 3 1 4 1 5 - 9 2 6 5 3 5 8 9
177* =
3 13 2 9
8 6 9
2 X 354 =
7 0 8
16 1 2
(2 ) =
16 0 8
4 X 354 =
14 1 6
1 9 2 6
( 24) =
1 6
1 9 1 0
5 X 354 =
1 7 7 0
1 4 0 5
(245) =
3 6
1 3 6 9
3 X 354 =
1 0 6 2
3 0 7 3
(2453) =
5 2
3 0 2 1
8 X 354 =
2 8 3 2
18 9
(24538 ) =
5 X 354 =
18 14
1 7 7 0
4 4 8
(245385) =
114
3 3 4
(2453850) =
9 X 354 =
3 3 4 9
1 2 9
3 2 2 0
3 1 8 6
3 4
APPROSSIMAZIONI NUMERICHE
4 93
495
ovvero
a x b = \{a + b ) l 2 f - [ { a - b ) l 2 f ,
dispari.
a + b = 1204,
(a + 6)/2 = 602,
(questo )2 = 362404
=981
b = 223
a b = 758,
(a b)/2 = 379,
(questo)2 = 143641
a X b = 21 8 7 6 3 .
496
G I U S E P P E P EA N
a = 9-86,
6 = 3-14,
6/2 = 1-57
( &)/2 = 3-30,
(questo )2 = 42-2500
(questo )2 = 11-2896
a x b 30-9604.
Aggiungo :
Trovo :
497
2. Interpolazione.
3. Notazioni.
Le proposizioni matematiche contenute in questa Nota, come
nelle mie precedenti dal 1889 in poi, sono completamente espresse
in simboli. Questi simboli permettono di dare alle proposizioni
forma chiara e precisa, e sono strumento indispensabile in molte
ricerche.
I simboli di cui qui faccio uso sono :
6 e o , che rappresentano rispettivamente la proposizione
singolare e la universale, secondo la nomenclatura di Aristotele,
xafr i'xaamv, wx&hov- Essi appartengono alia logica matematica.
Le cifre 0 , 1 , ... 9 , ed i segni di aritmetica -)-, , x , ecc.,
32
498
G I U S E P P E P EA NO
e0 = ol-i .
0
rappresenta le quantit comprese fra 0 e 1 , o le frazioni pro
prie ; 90 rappresenta lo stesso intervallo, incluso 0 .
Se x una quantit numerica, V x indica il valore intero
di x .
1.
2. Def.
afQ.Q.Y^<Ya4'l.
i E Q . r n . O . V r a; = X - r Y (X1- ar).
* E Q , r f n . o . M r a = i Vr a\
x Q . r n . o Tr x Yr x Vr_i x.
5. Def.
(i, l E Q . r E n . f ) . X r b = 2 T? a x T, 6, ove j> e q assu
mono tu tti i valori interi tali che ]i - f } S r.
a x r b si legge il prodotto di grado r di a per b, ed la
somma di tutti i prodotti dei termini di a pei termini di 6 , il cui
grado p -(- q sia per ^ r.
499
2
cifre a si pu leggere la somma delle cifre di a , ed ha
un valore finito, se a ha un numero finito di cifre non nulle.
7.
a ,b EQ . r En . Q . a x b
a X r b.
a , b Q . p , q t T i . o . a x b a X p+q b <
( 2 cifre V p a
f- 2 Oifre V g b -(- 1 ) X -
M atem atica di
fa p a rte di un
a. 1917.
dei Lincei , 6 gen
500
G IU SEPPE PEANO
a ; e Q . - e n . o - V ; . s c = Yr (ar + X~r/2).
Qui 1 0O=
; cik frazione propria, compreso 1 , valore
che assume questa espressione per x = (a -f* b)/2.
Per applicare questa formula al calcolo pratico, suppongo che
la quantit numerica x, di cui si vuole il quadrato, sia compresa
fra 1 e 10 , caso cui ci possiamo sempre ridurre, moltiplicando, se
occorre, per una potenza positiva o negativa di 1 0 .
Sia v Y tx il valore con 2 decimali di x, e z = M2a; la man
tissa rimanente. Nella tavola UTET leggo s, e la differenza tabu
lare A = (v -j- X - 2 )2 u2 = 2X-2 + X~*. La formula 2, in cui al
posto (li tt e 6 leggo e - f X-2, diventa :
x2 v2 + A X X 2 (1 6 0) X4/4.
X zz col prodotto di
A X X 2 A x 6 X 2 a + 0OX - 2 cifre A.
501
I N T E R P O L A Z IO N E N E L L E T A V O L E NUM ER ICHE
+ v 4 [A x e x* *} (o-i) x - 4.
* 1~X . o . V 4 (^ ) (V, x )2 +
V 4 {[(V2* + X ~ y -
(V,*)] X 6 X* Mt ) (0 - 1 ) x - s
e anche :
4.
* e i - x . 0 . v 4 ( * v v 4 |(v 2 x)* +
E se m p io .
ove
ti
3-141592...
3-142 = 9-8596 ,
A 0-0629
A x 0 -1 =
629
A X 0-05 =
3145
(Vs A) X 0-009 =
558
(V2 A) X 0-0002 =
12
os + A X 6 (X 2 x) = 9-869605.
ri \ x \
x),
G I U S E P P E P EA NO
502
Nellipotesi precedente . q .
x 3 E a3 -f- (x ) X (fe8 3)/(fe ) 0 (fe )2 (6) X 3/4 .
Conchiudo :
x 3 E v3 + A x 5 X 2z 4- ( 0-75 0-56) X~3,
e
y 3 a;3 E y 8 [v* + A X 5 X 8z] (0-1) X~3.
'
3.
3'143 = 30-959144,
2967
^61
4
31-00626
A = 0-296731
B03
E s e m p io .
( 0-00942
470
81
0-01493
Leggo vs nella tavola, e calcolo : 3o2 = 29-5788
d = 3w* + (3) X 5 = 29-59373.
V4 d x
V3 d x
Yg d x
V, d X
V0 d X
Y _i d X
Leggo nella tavola
0-001
0-0295937
0-0005 =
147905
0-00 0 0 9 =
26631
0-000002 =
590
0-0000000 =
174
0-00000005 =
10
d X 7z = " M im o ?
v3 30-959144
v3
d X 7 z = 3T-00627~
504
G I U S E P P E P EA NO
6 . Radice quadrata.
Tutti i manuali degli ingegneri, gi citati (*), dnno le radici
quadrate e le cubiche dei numeri da 1 a 1000 con 4 cifre decimali.
Lultima arrotondata. Quindi in pratica quellapprossimazione
ritenuta sufficiente.
Vogliamo stimare il resto nellinterpolazione di questa tavola.
Dalla formula 1 del 4, in cui al posto di a , b , x , leggo fa,
fb, fx, si ottiene, dopo alcune trasformazioni :
1.
e) ()'( + i ) -
f vfji.
se
< . 0 -01 ,
0 -001 ,
0 -0001 ,
3,
10,
47,
o-ooooi,...
214.
(7)
Q. P a g h e r , Calcolo infinitesimale, con applicazioni alVattuarla.
litografate, anno 1910, p. 166,
Lezioni
505
vf. 10-1000
V 3 (V, tv + [V4 |'(i> + 1) -
V 8 l(v - f 2)
V 4 \v\ x 5 *1 + (0 - 2 ) X -3.
'
v 100-1000 . a 9 .[). V 4 t{v + z)
V 4 {V 4 tv + [V4 f( + 1) - V 4 Kb] X 6 a ) + (0-2) X - 4,
E sempto.
Vi K314 = 17-7200
Diff. = 0-0282
0-1
=
282
0-05 =
1410
0-009 =
252
0-0002 =
4
17-724486
Per larrotondamento :
50
7-724436.
Diff x
Diff x
V g Diff X
V,j Diff X
506
G I U S E P P E P EA NO
X 0-04 =
14-20
1-72.
Queste cifre sono comuni ai valori per difetto e per eccesso. Per
avere il resto per eccesso aggiungo 0-25 :
resto per difetto = 1-72
355 X 0-004 = 1-420
300
507
7. Radice cubica.
3
1.
, b E Q . a < b . x b .q.
3
]/x)/(b ).
1, e
1,
0 -01 ,
0 -001 ,
0 -0001 ,
0 -00001 ,
0 -000001 ,
2,
8,
30,
117,
464.
v 100-900 . z E 0 .q. V 4
+ z) E
y 4 }v] X 8 } + (0-2) X - .
3
3'.
508
G I U S E P P E P EA NO
3
V'^201 = 5-8578
Per larrotondauiento
5-858391
50
5-858341.
Conchiudo :
Divido per 4 :
Si far la divisione di z, e di
|(3w
|2)/<t per (v
J1 )3 8;
le cifre comuni ai due quozienti saranno cifre esatte della radice.
Il resto 0(3-|- 2)/[4[(u -f-1)3 d3]] si pu anche ridurre a 0/(4).
Il radicando cubico a sia ridotto ad essere compreso fra 1 e
3
509
Se v ^ 1-30, risulta :
Y a Va i v + a: + y + g + t (0 - 1 ) X - 8.
5.
(3s + 3 Tsm) x 7 T3m -|- (32 + Ot T3m -J3t> X 5 T4) X 7 (T4h + T5 + Te*i)} .().
3
V J a E v + (0-1) X-.
510
G I U S E P P E PEANO
da cui si ricava :
2.
x - 8,
x - 4,
x - 6,
x -,
X - 7,
x - 8,
v > 7,
14,
30,
03,
13(5,
293.
(x a)
x (f b /)/(&
, ove
a) (x a) (b x) (D2 fz ) / 2 ,
51
Il
resto si pu pure esprimere con un integrale definito, appli
cando la regola da me data pel resto nelle formule di quadratura,
ed in generale nelle funzioni di primo grado di una funzione (9).
Nel nostro caso si ha :
fx
fb
fa
+
r
= Jf
oo
(x z) cp(x z)
(b z) cp(b z)
[a z) cp (a z)
(D*/*) dz
1 , per
10. Logaritmi.
( 8)
512
G I U S E P P E P EA NO
(01) X~r .
v N . z 0 . o Eog (v
- j-
2) Log v
X - 3,
se * > 3 ,
8,
X - 4,
24,
X - 5,
X-,
x 7,
74,
233,
737,
X - 8,
2330,
x - ,
7308.
(13) G.
P a q l i e i O , Come
n t e r po l a z io n e
nelle
tavole
n u m e r ic h e
513
2".
Idem .0 . V 5 Log ( + )
V ( V 5 Log v + [V5 Log (v + 1) V i Log v] X 7 ) (0-1) X~5.
814
G I U S E P P E P EA N
I
casi in cui la cifra 5 del logaritmo eguale alla cifra 5 del
valore ottenuto colle tavole a 5 decimali, abbreviati o arrotondati,
colla regola indicata, ovvero eguale a questa cifra -)- 1 , sono
frequenti.
Molto rari, bench in numero infinito, sono quelli in cui quella
differenza 2 ; bisogna cercarli in modo da rendere grandi i tre
resti.
E s em pio . Vuoisi Log 105-4. Si h a:
(0-2) X ~5.
I N T E R P O L A Z IO N E N E L L E TA V O L E NUMERICHE
515
centesimi. Tn simboli :
3.
v 2 (X*) e V + 2 (0-3) x - 2.
Per esempio X alla potenza 2*99825, colla regola comune dellinterpolazione, = 99C-00 ; mentre il suo valore con 2 decimali
995"97 ; la differenza precisamente 3X2.
Per brevit, sono soppresse qui le dimostrazioni delle proposi
zioni dal 5 prop. 4 in poi.
Le proposizioni precedenti, in cui manca ogni indicazione bi
bliografica, non si trovano nei libri da me consultati.
Debbo grazie ai colleghi delle Conferenze Matematiche Tori
nesi , e specialmente alla prof. Luisa Viriglio, per lidea di questo
Studio, e per la verifica dei calcoli.
(*) Per indicazioni pi estese, vedansi le mie N ote: J p p rossi inazioni numeri
che, e Interpolazione nelle tavole numeriche, A tti K. Accademia d i T orino, 1917
e 1918.
(2) E. M a c c a I ' r i K I , Calcolo numerico approssimato , Manuali Hoepli, 1919.
(3) Vedasi la Necrologia nel Bollettino della Mathesis .
(4) Vedasi la Necrologia, ivi, in corso di stampa.
517
1. Regola di Huffini-Horner.
Sia f x una funzioue intera della variabile x, ordinata secondo
le potenze di x, e i cui coefficienti sono numeri noti. Al posto di x
pongo v
|x, ove v un numero noto. Si vuol ordinare / ( -)- x)
secondo le potenze della nuova x. Il metodo pi. pratico quello
indicato da Buffini, in lavori dal 1804 al 1812, e poi da Horner
nel 1819.
Questi autori ottennero la regola, trasformando lo sviluppo
/ (v -J- x) f v
x D f v - f - ..., in guisa da rendere pratico il calcolo
delle derivate. Poi ottennero i coefficienti mediante la divisione al
gebrica ; e questo il metodo comunemente seguito nei trattati di
Algebra superiore.
Ma la regola si pu stabilire per via affatto elementare ; poich
essa unapplicazione ripetuta dellidentit :
, v, x q . r, s N 0 . q . a (
a;)r+ 1 xs a (v
x)'xs.
x)TX* .
(5)
(*)
(**)
(*)
R. Acc.
A tti R.
A tti R.
A t t i R.
618
G I U S E P P E P EA NO
-f
=
-i-
90 (2 + x f
2 (2
(~ *)2
90 (2 - f x f
92 (2 - f x f
92 (2 -j- x) x
+ 2700 (2 + x) 8000
+
>
>
+
- f 184 (2 - f ar)
+ 2700 (2 - f x)
4- 2S84 (2 -j- x)
4~ 2884 x
4-5768
8000
2232
= (2 + x f x + 92 (2 \ - x ) x 4- 2884 x
= (2 -f- ir) x 2 4 - 2(2
x)x
4" 92 (2 4 x ) x +
94 (2
x) x -j
=
4 - 188 x
+ 94 x2
4-2884 x
- f 3072 x
=
X 3+
2 x2
4
+ 94 x 2
4 -3 0 7 2 *
2232
=
x 3 - f 96 x 2
90
2700
8000
92
2884
2232
94
3072
96
1
( ) P a o l o
rio he, Memorie della Societ Ita lia n a , 30 settem bre 1812, tomo XVI.
519
90
2700
8000
92
2884
| 2232
94
|3072
|96
fi
I
numeri scritti su d una verticale nella tavola d Ruffini, o su
duna diagonale nella disposizione di Horner, sono i coefficienti di
un altro sviluppo:
(32 + x)3 3500 = (1* + 92) (2 + x f + 2700 (2 + x) 8000
= (lz 2 - f 94 x - f 2884) (2 - f x)
= 1 x 3 - f 96 x l + 3072 x 2232.
Applicando la regola allo sviluppo di (1 -f- x)m si trovano i
coefficienti Innondali. La tabella, sotto la forma di Ilorner, diventa :
1
1 ...
3...
3...
1...
520
G I U S E P P E P EA NO
2. Notazioni.
= X- ^ V X pa . Mpa = a Vpa .
3. Calcolo graduale.
n, p, q, r, s n . a q . v 6 (()!)) X~* . x 9 X - . Q ,
(cifra'M^aJX- ^-1, v
521
4. Esempio.
Posto :
a = *\'n = 1-25727 41156 69185 05938 45221..
6 = |' = 1-4G459 18875 61523 26302 01425..
c=
e X -1 .o .f y
+ 6 6 X -2
8 . 0-96
4. E 1-2x y 8* -|- 2-42..y 2 +
. +
522
5.
G I U S E P P E P EA NO
1-92
6.
7.
8.
9.
10 . e
11 .
2-4 x y * 4 3'69-y
4 *
4" 3 '6 x y
4 - 0 9X 2
4-
4- e i o x - 2
2-88
-|-
0-27.. 4- 0 19 X - 2
1-25..
1-46..
96
2-42..
1-77..
1-92
3-69..
3-15..
2-88
027
523
1-2572741.. 1*4645918..
1-0058192
1-257274/.. 2-4704110..
1-7724538..
1-9763288
3-7487826..
3-1415927..
+ 2-9990256
0-1425671
0-8
1-257274 2-470411
1-005816
1-257274 3-476227
1-00576
1*25727 4-48198
3-748782
2-780976
6'529758
errore 0 (4 -f- 7) X -7
errore 8 7 X -7 .
0-1425671 + 9 22 X~7.
Lultima indica lo sviluppo definitivo :
* e e x - i . 0
./(*8+)
002
(2 -|2 -)- 0
(- 7 -|- 1 -j- 5) X -7.
524
G I U S E P P E P EA NO
x 6 0X2. q ./(0 -8 2 + x)
1-2
4-556
1
4-557
4-55
6-71054
455
6-7150.9
45
6-7195
0 0101691
67150
34541
4-5
6-7195
20
67215
0 0034541
33605
936
Il
termine noto, anche colla correzione, negativo ; dunque la
cifra giusta.
La funzione ora di primo grado ; perci si procede colla divi
sione graduale :
6-721
0-0000936,
6-721
6-7 2
1 X -B
3 X -
672
264
errore 84
1
85
201
63
87 .
264 X - 7 + 0 85 X - 7
525
Il
termine noto negativo, comunque si prenda 0 ; onde radice
= 0*82151...
x E 0X-8 . 0 . /(*821513 + x) 6*7 or 63 X 7 - f 0 87 X-?.
526
G I U S E P P E P EA N
f. 1-03286
98777
33810
32587
0G550
50836
63392
1G935
04878
21813
12038 ..
37149 ..
49787 + 2 9 X ~ K
1 25727 41156 w8
+ 4 56318 16638 51699 it2
+ 6 72433 01011 26993 00220 u
2 48577 71691 44121 09013 + 9 9 .
4 5G319 u 2
+ 0 72436 38376 93211 w
5 50684 35158 14181 + 11 0
6 72436 38380 u
6 02379 06052 + 13 0
che di primo grado. Colla divisione calcolo altre 5 cifre :
X25/(-82151 36966 81893 89581 + u X ~ 0)
6 72436 u
3 82355 + 15 0 .
52?
FINE
del Voi. I
INDICE
P r e f a z i o n e ...........................................................................................................Pag.
Introduzione ...........................................................................................................
Bibliografia (Sulla v ita e sulle opere di G. Peano) .
.
.
.
Avvertenza .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
v
1
9
11
22
I. A N A L I S I M A T E M A T I C A
(5) Sulla integ rab ilit delle funzioni, 1883
(6 ) Sulle funzioni interpolari, 1883 ...........................................................
(7) Teoremi sulle derivate (E stratti di due lettere di Peano e di
nna di Gilbert), 1884 ..............................................................................
( 8 ) (Estratto) Annotazioni al tra tta to di Calcolo del 1884.
.
(9) SnlTintegrabilit delle equazioni differenziali del primo ordi
ne, 1880.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
(10) Integrazione per serio dello equazioni differenziali lineari, 1887
(titolo ed annotazione ) .
.
.
.
.
.
.
.
.
(12) Intgration p ar sries des quations diffrentielles linaires, 1888
(13) Definizione geometrica delle funzioni ellittiche, 1888
(17) Sur les wronskiens, 1889 .
.
.
.
.
.
.
.
(19) Une nouvelle forme du reste dans la formule de Taylor, 1889
(20) Su duna proposizione riferentesi ai determ inanti jacobiani, 1889
(22) Sur une formule dapproxim ation pour la rectification de lellipse, 1889 .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
(23) Sulla definizione dellarea d una superficie, 1890
.
.
.
25
33
40
47
74
82
83
91
93
95
97
100
102
107
110
115
117
119
171
195
201
530
INDICE
.................................................
(144) Sugli ordini degli infiniti, 1910 .
(149) Snlla definizione di funzione, 1911 .
.
.
.
.
.
204
210
213
215
218
223
226
228
258
277
282
285
294
326
335
337
359
363
366
369
389
410
419
426
432
441
4 47
465
465
494
516
529