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Luogo: cerchio VI > vasta pianura desolata, chiusa tra l’interno delle mura della città e
un’alta ripa scoscesa che conduce al cerchio successivo, in cui si estende un cimitero
Dannati puniti:
eretici (dal greco airèo = scegliere) = coloro che in vita scelsero di seguire una fede diversa
rispetto a quella cristiana
→ comprendono gli epicurei (che noi chiamiamo “materialisti”) = coloro che negano
l'immortalità dell’anima
N.B. Anche se nel cerchio sono puniti entrambi, eretici in generale e epicurei, Dante incontra
e si concentra solo su questi ultimi
Contrappasso per analogia: giacere in tombe (= sono morti tra i morti) scoperchiate e
arroventate
→ poiché negano l’immortalità della loro anima essa è costretta a giacere come morta tra i
morti
→ il fuoco richiama probabilmente il rogo, al quale le leggi del tempo condannavano gli
eretici
Scoperta del canto: i dannati, come presbiti, vedono ciò che è lontano, ma sono incapaci di
vedere ciò che è vicino. Essi dunque vedono e conoscono il futuro (che noi sappiamo in
realtà essere il presente narrato da Dante-poeta) ma non il presente (lo dimostrano le
numerose profezie fatte dai dannati). Quando, dopo il giudizio universale il futuro non ci sarà
più, la loro cecità sarà completa.
Riassunto:
Mentre i due poeti camminano tra le mura della città di Dite e le tombe infuocate, Dante
chiede a Virgilio se gli è concesso di intrattenersi con qualcuna di queste. Virgilio dunque,
dopo aver illustrato il destino di tali anime: le tombe verranno richiuse solo dopo il Giudizio
Universale, e aver rivelato al pellegrino di quali dannati si tratta; rivela a Dante che presto il
suo desiderio verrà soddisfatto.
Nel silenzio sepolcrale, si leva infatti improvvisa la voce di una delle anime. Farinata,
riconosciuta la parlata fiorentina di Dante, si leva maestoso dalla tomba e invita lo
sconosciuto a fermarsi. Virgilio incita dunque Dante ad avvicinarsi al dannato che, non
riconoscendolo, gli chiede chi siano i suoi antenati. Riconosciuto poi Dante come suo
nemico politico, si avvia una schermaglia sulla interpretazione delle lotte tra le due fazioni
opposte dei Guelfi e dei Ghibellini.
Il dialogo viene poi interrotto da Cavalcante de Cavalcanti che, avendo riconosciuto Dante,
piangendo gli chiede spiegazioni sull’assenza del figlio. Perchè Guido, altrettanto degno per
altezza d’ingegno di compiere il viaggio, non è al fianco di Dante? Dante dunque riconosce il
padre del caro amico e spiega di non essere stato scelto per i meriti ma per la Grazia divina
che Guido ha sdegnato (in quanto epicureo); viene però frainteso da Cavalcante (per l'uso
del verbo al passato) che deduce dalle parole di Dante la morte del figlio e senza attendere
replica, cade supino nella tomba.
Farinata ha ascoltato, senza battere ciglio, il colloquio col pensiero rivolto a ciò che Dante ha
detto prima e ora riprende il discorso politico, dolendosi che i suoi non siano stati riammessi
a Firenze. Questa d’altronde è la sorte che attende anche Dante: Farinata profetizza dunque
a Dante il suo esilio, anch’egli sarà vittima di quello stesso odio che rende i Fiorentini così
empi.
Farinata chiede poi il motivo dell’aspro accanimento dei cittadini contro la sua famiglia e
Dante gli rammenta che, nella Battaglia di Montaperti, i ghibellini hanno tinto di rosso le
acque dell’Arno. Farinata ribatte di esserne stato responsabile ma non fu l’unico, mentre
rammenta che al convegno di Empoli fu il solo ad opporsi per salvare la città.
Dante abbandona il discorso politico e, dopo aver augurato che i discendenti dell’altro
possano trovare riposo in patria, chiede come mai i dannati sembrino conoscere il futuro e
ignorare il presente. Farinata spiega che i dannati vedono e conoscono come presbiti,
appare loro chiaro ciò che è lontano nel tempo, mentre non riescono a vedere ciò che è
vicino. Il poeta allora prega Farinata di spiegare a Cavalcante che suo figlio è ancora vivo e
la sua precedente esitazione è stata dovuta dal dubbio ora risolto; chiede poi notizie sugli
altri dannati e il ghibellino cita alcuni nomi (tra cui anche un papa e Federico II).
N.B. I ghibellini erano spesso additati come eretici. Gli eretici erano miscredenti che
aderendo ad una fede differente rispetto a quella cristiana, sfidavano apertamente la Chiesa
di Roma; intento che si assimilava anche con la critica rivolta da parte dei ghibellini alla curia
romana e il potere temporale del papa.