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Boris Sluckij (1919-1986)

Un uomo nato nel 1919, ha 22 anni nel 1941 e dunque ci sono possibilità che sia coinvolto nel secondo
conflitto mondiale. Sluckij è stato dunque uomo d’esercito, ha vissuto circostanze belliche ed è stata talmente
vissuta da renderla paradigmatica nelle sue poesie. Poeta traduttore e memorialista per ciò che ha visto
durante la Seconda Guerra Mondiale – non semplice evento storico, per i sovietici è ciò che ha determinato
le sorti del mondo, URSS acquista credibilità dopo il conflitto diventando baluardo dell’Europa contro ogni
manifestazione di fascismo e confermava la bontà della scelta comunista. Sluckij è dentro l’establishment,
aderisce alla spinta ideale e ideologica dell’Unione sovietica e dunque è scrittore dell’ufficialità, pubblica già
dagli anni 50 e quindi non ha problemi ad entrare nell’olimpo delle riviste, anche se in realtà non sarà
proprio così.

Rivista “Rassegna sovietica” pubblicata fino al 1991, inizia a pubblicare nel 90 le poesie di Sluckij (lui già
morto) che non erano state pubblicate precedentemente: esempio poesie con titolo “Domande a sé stesso”.
Non ha vita monolitica ma doppia: avremo dunque nel 1989 un’antologia che racchiude una scelta ampia di
suoi testi che si chiama Stichotvorenie ma nel 1988 erano già usciti testi anche Stichi raznych let: iz
neizdannogo (Sovetskij pisatel’) quindi testi di vari anni tolti da ciò che era stato pubblicato, queste cose
vanno a confluire nella raccolta più vasta Sobranie sočinenij v trëch tomach (3 volumi), volumi in cui Sluckij
è presentato nella sua complessa dualità, raccoglie versi pubblicati e non.

Bisogna che Sluckij sia rimesso insieme per capirne la portata; è una figura quasi doppia: figura importante e
problematica  un poeta come Iosif Brodskij – che se ne va forzatamente nel 1972 – il quale non aveva in
simpatia la poesia ufficiale, è invece colui che di Sluckij dice soltanto bene. Secondo lui ha cambiato la
dizione della poesia russa postbellica: “È Sluckij ad aver cambiato, quasi di sua sola mano, la dizione della
poesia russa postbellica […] Il suo tono è rude, tragico, rude e incauto, il tono che rispecchia il modo in
cui, se ne ha voglia, un sopravvissuto, parla di ciò a cui è sopravvissuto e di come a ciò sia sopravvissuto”.
Brodskij non si preoccupa del dato politico, ma si preoccupa della dizione postbellica e dunque il tono usato
dal poeta, tono che gli piace anche se considerato poeta sovietico. Considerate le vicende editoriali, si tratta
di un poeta che nello schema di Zorin pone qualche problema di classificazione. (gruppo1? No, sta
contemporaneamente nel gruppo 1 e non)  accorpamento delle due ipostasi di Sluckij – che comunque
rimangono in parte separate tra loro – è essenziale per un quadro più completo dell’attività del poeta. Esiste
dunque uno Sluckij ufficiale e uno meno ufficiale, scissi tra loro: è uno dei rappresentanti maggiori della
generazione che prese coscienza del tremendo bilancio dello stalinismo, ma anche un uomo dell’impero
staliniano.

Bipartizione:

 Sluckij 1 ossia consapevolmente inserito nell’orbita dell’ufficialità sovietica (e quindi binario nei
giudizi nonché tendenzialmente risoluto nell’accettazione della Storia sovietica.  Kël’nskaja jama
(La fossa di Colonia): a Belgrado Sluckij apprese di un lager per prigionieri a Colonia da un
compatriota che vi era stato, riuscendo poi a raggiungere la Jugoslavia. Sluckij ne parla anche in
Zapiski o vojne.

Кёльнская яма (Scena: serie di prigionieri buttati nella fossa venivano nutriti buttando giù un cavallo
vivo, fatto a brandelli con i denti dai prigionieri. Scena non ben accolta in quanto troppo cruda e
naturalistica.  fa vedere brutture dell’uomo e dunque non sembra una celebrazione dell’homo sovieticus,
vedi infatti poesia Баня dove si vedono mutilazioni che servono in realtà a far vedere le crudeltà della
Germania) Sluckij allineato. Non vi è una posizione mediana  noi contro coloro che ci allettano con il pane
ecc. ossia i borghesi di Colonia, a loro rimarrà il pane, ai russi l’anima in senso di fedeltà al loro spirito
ideologico: meglio morire da comunisti che farci comprare dai borghesi.

 Sluckij 2 ossia dubbioso sulla solidità dei propri argomenti e tormentato, senza mai scadere
nell’autocompatimento, da questioni etiche, nonché critico verso Stalin.  le poesie Chozjain (Il
padrone) e Bog (Dio), o la poesia “Ja stroju na peske…” (“Io costruisco sulla sabbia…). Пишет в
стол (scrive per il cassetto della scrivania: lascio lì, prima o poi verranno pubblicati) pubblicato
dopo la morte, no testi critici pubblicati subito, dunque autocensura/autocorrezione in quanto
custodisce i più forti ed audaci versi. Non scrive mai in modo complesso, il massimo di
sperimentalismo è il gioco consonantico.

Бог 1962 si parla di mausoleo, di un dio e parliamo dunque di Stalin. Mausoleo, parte superiore del
cornicione dove si vedeva appunto Stalin. Culto della personalità di Stalin, il quale era appunto considerato
come una semi divinità. Non viveva nei cieli, lo si vedeva anche vivo appunto. Autore stava passando vicino
all’Arbat, la scorta era quasi china dalla paura nei loro cappottini color topo. Aggettivi che stanno bene ad
una divinità: «мудро», «Своим всевидящим оком» usa la parola ока perché più letterario rispetto a глаз.
Sluckij caratterizza in modo severo questo dio, quasi come un dio vecchio testamentale  immagine non
lusinghiera, immagine di un dio terribile, un dio che aveva delle durezze.

Хозяин 1962 pone la cosa sul piano persona, ci parla della difficoltà che Sluckij ha avuto a restare in un
rapporto umanamente decente con Stalin. Il poeta trasporta sul personale rapporto con il padrone, il quale era
incline sempre a sospettare, uno Stalin dell’ultimo periodo paranoico, mette in difficoltà il personaggio lirico.
C’è anche l’esperienza bellica in quanto dice che è per lui che è stato ferito. Sluckij matura gli “anticorpi”
contro Stalin, si è fatto una ragione, tipi come lui resteranno sempre mal disposti nei suoi confronti. Aveva
mostrato fedeltà, ma non ha ricevuto in cambio la benevolenza e ciò l’ha offeso.

04/03/2021

“Literaturnaja Gazeta” rivista importante per Sluckij: era uscito un articolo di Ilja Erenburg (colui che scrisse
Ottepel’) articolo «О стихах Бориса Слуцкого»: risuonarono le voce di Blok, Achmatova, Majakovski,
Esenin, … nell’articolo ufficiale, venne però ripreso questo articolo riprendendo delle cose dalle sue bozze
ossia si ricomponevano le matrici all’inizio l’articolo contemplava nomi che erano vietati all’epoca:
Cvetaeva (la sua carriera era già caduta) e Pasternak (ancora non era uscito il Dottor Zivago).
Я строю на песке, а тот песок…1952 già Sluckij sta nutrendo dei dubbi, ma è comunque ligio. Il suo
tormento è autentico, non è letterario, dietro c’è proprio l’uomo Sluckij. Ha uno stile monolitico, prosastico
intenzionalmente: a ciò si lega la sua relativa accessibilità, si lascia leggere e capire. Ci sono giochi
linguistici come i calembours, non sono però sperimentalismi e non è fine a sé stesso ma va solo ad
intensificare le scritture. Lo stile è sobrio, privo di poetismi, mai retorico, fitto di gergo militare, forme
colloquiali e voluti burocratismi. Efim Etkind dice della sua poesia che è antimusicale, prosaica, “ha valore
soltanto la chiarezza brutale del senso, la giusta intonazione; non vi è traccia di emozioni nelle sue riflessioni
o nei racconti”.

Argomento principe di Sluckij è la Seconda guerra mondiale, evento-discrimine nella vita del poeta e
pretesto per una galleria di personaggi, tra i quali Sluckij stesso, indagati nei loro comportamenti
“normalmente” eroici. La maniera del poeta spicca sullo sfondo della pompa con cui il regime faceva
intenzionalmente assurgere a mito nazionale la vittoria contro il nazifascismo. Sluckij: porta la divisa dopo
che la guerra è finita = porta l’esperienza della guerra continuamente, anche quando è finita e consegnata
ormai alla storia. Non la porta solo come uomo che evoca ricordi (poesia di un reduce) ma la porta come
elemento che interroga il presente  come se la guerra non finisse mai, non in senso pratico ma come se non
finisse di essere considerata paradigma con il quale si giudica il mondo e ci si chiede “hai il diritto o meno di
esistere?”. Ripellino dice di lui: “la guerra è da lui rivissuta senza sovrattoni né squilli di trombe: nel suo
semplice ed amato eroismo quotidiano”. Si veda per esempio nella poesia “Banja” la connessione tra guerra
e lavoro che sono qui come tramutati in segni fisici e cicatrici, con la loro estetica del brutto e nessun
romanticismo se non quello delle piaghe (Etkind). Sono altrettanti esempi di depoeti(ci)zzazione, di rifiuto
della rappresentazione oleografica e necessariamente eroica (дешёвая риторика) della guerra non da molto
trascorsa.

Баня Sluckij osserva come l’uomo si muove nel contesto della sauna dell’epoca sovietica. Corpo spogliato
dei suoi addobbi, di ciò che è coprente, privi di divise con le mostrine e onorificenze, tutto ciò cade e la gente
si mostra per quello che è. Vengono presentati i segni, che sono o di lavoro o della guerra. Sluckij porta nella
poesia del quotidiano la guerra e le fatiche, abbiamo dunque scene dure e feroci. 1° strofa: banja di periferia,
zona molto prosaica. Onorificenze consegnate, quindi consegnato l’apparire, ma vengono consegnate le
ricuciture e cicatrici, alle quali l’autore dà più fiducia in quanto appunto testimoniano la realtà della guerra,
non sono le onorificenze a far vedere la realtà della guerra. C’è una dialettica tra essere e apparire, ciò che
conferma l’essere e ciò che conferma l’apparire ossia le medaglie. Non mette in discussione le medaglie
come qualcosa di esteriore, ma si fida più del corpo nella sua nudità, corpo come scritto e tracciato. Due
uomini senza un braccio si sfregano la schiena con ardore e là il corpo di ognuno viene scritto dalla guerra e
dalla fatica. Cicatrici come disegno, l’autore dice di leggere il disegno di ogni trauma, legge drammi che non
hanno né lusinghe che inganni, dunque legge la verità in quanto il dramma smette di essere tale. Si sentono
strilli di risate di femmine, là si sperimenta sentimento di beatitudine nella parnaja. Quadro virile e maschile,
in tutta la sua verità anche nel suo essere sguarnito. Altro difetto fisico dei calli, delle scottature. Ogni
persona ha un disegno in corpo, non ci sono solo brutture di guerra, ma anche di lavoro. Spettacolo, paradiso
di quartiere che lo si trova in un quartiere qualunque «раю районном» (effetto carico ed efficace, massimo
dello sperimentalismo di Sluckij, serve a rappresentare l’immagine, non è fine a sé stesso).

Poesia della prosa, sembra molto la poesia di Nekrasov, come fatto anche da Erenburg.

Sluckij creatore di paradigmi psicologici che riguarda la vita di tutti i giorni, non solo l’homo sovieticus.
Spesso questi paradigmi sono legati all’esperienza bellica ma proiettati nella vita quotidiana. Ai distillati di
esperienza caratteristici della generazione dei "“poeti del fronte”, si affiancano riflessioni sul rapporto con il
tempo potenzialmente paradigmatiche non soltanto per l’homo sovieticus: si vedano le poesie:

В промежутке в ожиданьи электрички (L’attesa del treno successivo): sembra che Sluckij sia in
grado di introdurre il tema della guerra facendolo migrare nella vita quotidiana, fa sì che questo tema
interagisca con la vita. Si parla dell’attesa, momento in cui si deve aspettare che accada qualcosa (ricorda
molto quello di Jurij Živago, quando il treno si ferma per il suicidio del padre), siamo nella logica
dell’interruzione dell’automatismo della percezione tipico di Nekrasov (affinché una cosa venga vista,
bisogna sospendere la cosa e farla vedere come se fosse la prima volta. Sluckij fa una fotografia di questi
momenti di pausa che non si sa come vivere, come gestire, non si sa se agire e come, non ha a che fare con la
persona dell’autore ma è qualcosa che si prova nella quotidianità. “Lasciare, lasciare, lasciare che il tempo
giunga al punto”.

Где лучше всего мыслить (Dove si pensa meglio) poesia che riporta qualche tratto della vita bellica
soprattutto nella parte finale ma fotografa soprattutto una condizione pan umana. si pensa meglio là dove non
c’è più uscita, dove c’è buio assoluto, nell’abisso della disperazione. Si slega dalla dimensione sovietica in
senso stretto.

Tatjana Daškovskaja, moglie di Sluckij, era malata. Si può ipotizzare quasi un terzo Sluckij ossia quello che
alla morte di Tatjana, manda in frantumi il poeta dal punto di vista psicologico, gli ultimi 9 anni dell’autore
saranno anni di depressione (non scrive più dal 1977 in poi). Sluckij in piena continuità con gli altri Sluckij
in quanto sempre asciutto, non va a finire nel sentimentalismo, anche quando parla della morte trova accenti
sobri e mai sdolcinati, vivi e autentici ed è come se imprimesse la sua virilità anche nel soggetto delle poesie.
Dietro la sua figura di uomo corazzata si nasconde comunque figura con una sua fragilità e tenerezza. Perde
quasi il senno nel 1977, si trascina in una vita dove testimoni parlano di una persona lucida ma che ha perso
la voglia di vivere. Risultato non solo della morte della moglie ma anche della corrosione dovuta al suo dire
male di Pasternak, si era prestato per candore rivoluzionario alla messa in scena della condanna di Pasternak,
non si è mai dunque perdonato la sua partecipazione alla condanna. Si pensa dunque che ciò abbia
contribuito alla depressione di Sluckij.

Человек живёт только раз (Si vive una volta soltanto…) «-Всё против меня» asciuttezza con cui
parla di un tema tragico, non è strappalacrime. È una frase semplicissima che fa mantenere il decoro e
dignità. La scena è comunque molto drammatica.

Последний взгляд (L’ultimo sguardo) ultimo momento della vita di Daškovskaja, Sluckij tenta di
trattenersi con qualcosa. Gioco di parole garbato che vuole addolcire la scena cupa e tragica: «и стали
надолго мои дела, до них мне больше не было дел» è come se prestasse il suo coraggio alla moglie,
affronta la morte come sua pari, le risponde e dice di non intromettersi.

09/03/2021

Sluckij è autore della poesia Физики и лирики, apparsa su Literaturnaja gazeta il 13 ottobre del 1959. Tema
dell’importanza della tecnologia e degli studi scientifici: 1957 fu lanciato nello spazio lo Sputnik. Si allude
alla scienza che ha ruolo chiave, non solo nel piano delle realizzazioni scientifico come tali ma anche nel
piano letterario. Fantascienza inizia ad essere importante, vengono tradotte opere anche all’estero della
fantascienza sovietica come “La nebulosa di Andromeda” o “Picnic sul ciglio della strada”.

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