LA DIVINA
COMMEDIA
di Dante Alighieri
trasmutata in lingua italiana
da un Anonimo Genovese
Add 2 novembre 2008
II Edizione
Edizione Samizdat
Genova 2009
Edizione digitale:
http://www.ortidicarignano.it/samizdat/
Edizione Samizdat
Indice
Indice
Lettera al mio testimone di nozze
sulla difficolt del ben tradurre
pag. 33
Antefatto
Lettura come traduzione
Il testo frainteso
Espressione esplicita ed implicita
Lo sfasamento cronologico
L'intraducibilit della poesia
Il primato del testo di arrivo
Esprimere il senso
Versione libera o versione letterale
Classicisti o romantici
Dalla traduzione alla riscrittura
Traduzione culturale
Disambiguazione e interpretazione
Aumento o perdita delle informazioni
Un esempio pratico
Introduzione
I - Breve inquadramento cronologico
L'impero e il regno di Francia
- 5 -
pag. 51
pag. 55
Indice
La contessa Matilde di Toscana
La I e II crociata
La nascita del comune di Firenze
e l'assoggettamento del contado
L'ampliamento di Firenze e i disordini politici
Il Barbarossa e la III crociata
La fine del consolato fiorentino
e la nascita del regime podestarile
Attivit militari fiorentine
Innocenzo III e lo spirito di crociata (1198-1216)
Guelfi e Ghibellini
Vita religiosa
La cultura
Federico II e il ritorno dell'impero
La quarta crociata: 1227
La Toscana tra gli anni 20 e 30
La reazione del papato
Ezzelino da Romano
Lo sviluppo delle arti
La vittoria ghibellina
Lo scontro con il papato si riaccende
Il "Governo del Primo Popolo" a Firenze
Effetto della caduta degli Svevi in Toscana
L'interregno imperiale
La fine di Ezzelino III
La Battaglia di Montaperti
Situazione nel nord Italia
L'intervento di Urbano IV
La Battaglia di Benevento
La colonizzazione e la caduta degli Angioini
Gli anni '80
Pisa
Guerra aretina e battaglia di Campaldino
- 6 -
Indice
Spagna e Portogallo alla fine del duecento
Inghilterra fino all'inizio del 1300
Gli Ordinamenti di Giustizia
Bonifacio VIII
Guelfi Bianchi e Neri
L'inizio del Trecento
L'emarginazione del papato
L'attesa del Veltro
Risorgono le forze ghibelline
pag. 113
Bibliografia
pag. 125
Prefazione
Introduzione
Inquadramento letterario, storico e filosofico
Dizionari ed enciclopedie
Biografia dantesca
Opera
Immagini
Prosa
Critica dantesca
Commenti alla Divina commedia
- 7 -
Indice
L'Inferno
Capitolo I
pag. 157
Dante, smarrito nella selva oscura, giunge ai piedi di un colle illuminato dal sole
Tre fiere gli impediscono il cammino e lo respingono all'interno
della selva
Appare Virgilio annunziandogli l'avvento del Feltro
Virgilio invita Dante a passare attraverso i tre regni dell'oltretomba
Dante dichiara di essere pronto al viaggio
Capitolo II
pag. 165
Capitolo III
pag. 173
Capitolo IV
pag. 181
Il primo cerchio (Limbo): coloro che sono morti prima del battesimo
Virgilio racconta della discesa di Cristo nel Limbo e la liberazione
dei Patriarchi
Dante vede gli uomini virtuosi nati prima di Cristo
Ingresso nel maestoso castello e rassegna di suoi abitanti illustri
I due poeti riprendono il viaggio
- 8 -
Indice
Capitolo V
pag. 191
Capitolo VI
pag. 199
Capitolo VII
pag. 207
Capitolo VIII
pag. 215
- 9 -
Indice
Capitolo IX
pag. 223
Capitolo X
pag. 231
Gli Epicurei
Manente degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti
Farinata spiega come i dannati possano conoscere il futuro
Virgilio indica altri eretici e conforta il suo discepolo per la profezia di Farinata
Capitolo XI
pag. 239
Capitolo XII
pag. 247
Capitolo XIII
pag. 257
- 10 -
Indice
Capitolo XIV
pag. 265
Capitolo XV
pag. 273
Capitolo XVI
pag. 281
Capitolo XVII
pag. 289
Il dmone Gerione
I violenti contro l'arte (gli usurai)
I due poeti salgono in groppa a Gerione che li trasporta fino all'ottavo cerchio: le Malebolge
- 11 -
Indice
Capitolo XVIII
pag. 295
Ottavo cerchio detto anche Malebolge perch diviso in dieci sacche o bolge
Nella prima bolgia vi sono i ruffiani: Vendico Caccianemico
I seduttori delle donne: Giasone
Nella seconda bolgia gli adulatori: incontro con Alessio Intiminelli
e Taide
Capitolo XIX
pag. 303
Capitolo XX
pag. 311
Capitolo XXI
pag. 319
- 12 -
Indice
Capitolo XXII
pag. 327
Capitolo XXIII
pag. 335
Capitolo XXIV
pag. 343
Capitolo XXV
pag. 351
- 13 -
Indice
Capitolo XXVI
pag. 359
Capitolo XXVII
pag. 367
Capitolo XXVIII
pag. 375
Capitolo XXIX
pag. 383
Termine della nona bolgia e mancato incontro con Geri del Bello
Decima bolgia: i falsari
Griffolino d'Arezzo e Capocchio Siena
Capitolo XXX
pag. 391
- 14 -
Indice
Capitolo XXXI
pag. 399
Capitolo XXXII
pag. 407
Capitolo XXXIII
pag. 415
Capitolo XXXIV
pag. 423
- 15 -
Indice
Il Purgatorio
Capitolo I
pag. 9
Capitolo II
pag. 17
Sorge l'aurora
Giunge la nave dell'angelo nocchiero
Le anime sbarcano e chiedono la strada
Casella
L'amico gli canta una canzone del Convivio
Rimprovero di Catone
Capitolo III
pag. 25
Capitolo IV
pag. 33
- 16 -
Indice
Capitolo V
pag. 41
Capitolo VI
pag. 47
Capitolo VII
pag. 55
Capitolo VIII
pag. 63
Capitolo IX
pag. 71
Dante s'addormenta
Sogna d'essere trasportato da un'aquila attraverso il fuoco purificatore della grazia
Destatosi comprende il significato del sogno
- 17 -
Indice
Capitolo X
pag. 79
Capitolo XI
pag. 85
Capitolo XII
pag. 91
Capitolo XIII
pag. 99
Capitolo XIV
pag. 107
- 18 -
Indice
boli
Guido del Duca
Lamento sulla corruzione della Romagna
Voci che gridano esempi d'invidia punita
Capitolo XV
pag. 115
Capitolo XVI
pag. 121
Capitolo XVII
pag. 129
Capitolo XVIII
pag. 137
- 19 -
Indice
Capitolo XIX
pag. 143
Capitolo XX
pag. 151
Capitolo XXI
pag. 159
Capitolo XXII
pag. 165
Mentre salgono alla sesta cornice Stazio gli rivela la sua prodigalit
Stazio rivela come un verso dell'Eneide corrsse il suo peccato e
la IV Ecloga lo fece convertire al cristianesimo
Stazio chiede notizie degli antichi poeti
I tre giungono alla sesta cornice, quella dei golosi
Si sentono gridare esempi di temperanza
Capitolo XXIII
pag. 173
- 20 -
Indice
Capitolo XXIV
pag. 179
Capitolo XXV
pag. 187
Capitolo XXVI
pag. 193
Capitolo XXVII
pag. 201
- 21 -
Indice
Capitolo XXVIII
pag. 209
Capitolo XXIX
pag. 215
Capitolo XXX
pag. 223
Capitolo XXXI
pag. 229
- 22 -
Indice
Capitolo XXXII
pag. 237
Capitolo XXXIII
pag. 245
La processione riparte
Beatrice annunzia la venuta del condottiero divino
Beatrice spiega la differenza tra filosofia e religione
L'acqua dell'Eune rinnova lo spirito di Dante
Il Paradiso
Capitolo I
pag. 261
Introduzione
Invocazione ad Apollo
Salita alla sfera del fuoco
Beatrice spiega perch pu attraversare i cieli e quale sia l'ordine
dell'universo
Capitolo II
pag. 269
Ammonimento ai lettori
Beatrice e Dante penetrano nel cielo della Luna
- 23 -
Indice
Capitolo III
pag. 277
Capitolo IV
pag. 283
Capitolo V
pag. 291
Capitolo VI
pag. 299
L'imperatore Giustiniano
Storia e missione dell'Impero Romano
L'imperatore Giustiniano deplora Guelfi e Ghibellini
Spiriti del cielo di Mercurio
Rome de Villeneuve
Capitolo VII
pag. 307
- 24 -
Indice
Capitolo VIII
pag. 315
Capitolo IX
pag. 323
Capitolo X
pag. 331
Capitolo XI
pag. 339
Capitolo XII
pag. 347
- 25 -
Indice
Capitolo XIII
pag. 355
Capitolo XIV
pag. 363
Capitolo XV
pag. 369
Un'anima l'accoglie
Dante gli domanda chi sia
Il trisavolo Cacciaguida
Capitolo XVI
pag. 377
Capitolo XVII
pag. 387
- 26 -
Indice
Scaligeri
Dante esita a rivelare quanto ha appreso
Esortazione a parlare franco
Capitolo XVIII
pag. 393
Capitolo XIX
pag. 401
L'aquila parla
Dubbio circa la divina giustizia
Imperscrutabilit della giustizia divina
Non vi salvezza senza fede, e non basta la fede senza le opere
Perversit di alcuni prncipi cristiani
Capitolo XX
pag. 409
Capitolo XXI
pag. 417
Capitolo XXII
pag. 425
- 27 -
Indice
Capitolo XXIII
pag. 433
Capitolo XXIV
pag. 441
Capitolo XXV
pag. 449
Capitolo XXVI
pag. 457
L'oggetto dell'amore
- 28 -
Indice
Capitolo XXVII
pag.463
Inno di gloria
Trascolorazione dei beati
Invettiva di san Pietro
Sguardo di Dante verso la terra
Salita al cielo Cristallino
Beatrice deplora la corruzione umana
Capitolo XXVIII
pag. 470
Capitolo XXIX
pag. 477
Silenzio di Beatrice
La creazione degli angeli
Angeli fedeli e ribelli
Le facolt degli angeli
Invettiva di Beatrice contro i cattivi predicatori
Il numero degli angeli e l'infinita possanza di Dio
Capitolo XXX
pag. 485
- 29 -
Indice
Capitolo XXXI
pag. 493
La candida rsa
Dante contempla il Paradiso
Scomparsa di Beatrice ed apparizione di san Bernardo
Ultimo saluto a Beatrice
San Bernardo invita Dante ad ammirare il Paradiso e la Vergine
Visione trionfante della Vergine
Capitolo XXXII
pag. 501
Capitolo XXXIII
pag. 509
- 30 -
Prefazione
Antefatto
- 34 -
Prefazione
Prefazione
sepolto nel rumore di fondo dovuto alla variazione del contesto. Questa ridondanza dev'essere allora compresa e, se insufficiente, dilatata.
L'intraducibilit della poesia
In questo caso specifico, oltre alla difficolt del linguaggio
cronologicamente sfasato, abbiamo di fronte a noi un testo
poetico. Un testo poetico intraducibile "per definizione", e in
questa mia affermazione supportata da numerosi autori. Tra i
molti che attestano l'impossibilit della traduzione della poesia
abbiamo lo stesso Dante nel Convivio. E con questo direi che
possiamo dare per certa la mia affermazione senza commentarla ulteriormente.
La poesia si nega ad una esatta traduzione a causa del cambiamento dovuto al rapporto stretto che lega l'involucro sonoro e
quello semantico della parola. Tradurre parola per parola causa
sempre la perdita dell'estetica e del significato del messaggio e
in caso di poesia la perdita maggiore. La forma poetica con
cui il messaggio viene espresso , infatti, un elemento "portatore di senso" in quanto le interrelazioni foniche si sovrappongono a quelle semantiche.
Per quanto spesso io cerchi di recuperare le sonorit, queste finiscono inesorabilmente per avere una perdita non indifferente, specie in terzine particolarmente vibranti. Tanto per fare un
esempio, che possa valere per tutti i passi, in "chin la fronte,
e pi non disse, e rimase turbato" la sequenza FR SS RM TR
stata mutata in un CS CH CP TQ TR: "Cos dicendo chin il
- 37 -
- 38 -
Prefazione
Questa affermazione forse esagerata ha, ritengo, una sua ulteriore motivazione. Anche il traduttore, come responsabile di
un testo, deve prevedere e rispettare in massimo grado un suo
"lettore tipo" e strutturare il suo lavoro su questo uditorio ipotetico, che non pi e non mai il medesimo dell'autore del
testo. Per questo motivo chi traduce si trova spesso costretto a
portare degli "aggiustamenti" al testo a volte tanto forti da renderlo irriconoscibile.
In questo caso specifico mi sono pi volte spinto addirittura ad
abbracciare il punto di vista tipico del letterato medioevale.
Costui, quando amava particolarmente un testo, lo usava come
fonte ma lo manipolava tanto da utilizzarlo completamente al
di fuori del suo contesto originario.
Esprimere il senso
Durante questo lavoro mi capitato di rileggere alcune "parafrasi" risalenti ai miei anni di liceo. In quell'occasione ho provato compassione per la nostra insegnante d'italiano, e di riflesso anche per quella di latino e greco.
Non avevo mai messo in pratica, e questo mi confermerai
(sono certo) che cpiti anche ai tuoi studenti, quanto ci suggerisce il buon Cicerone. Si deve cercare di trasportare il testo
verso il lettore utilizzando un linguaggio adatto ("verbia ad
nostra consuetudine aptis"): il pensiero espresso dal testo dovrebbe essere chiaro e perfettamente comprensibile nella nuova lingua.
- 39 -
Esprimere il senso
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Prefazione
Anzi potremmo forse dire che si avvicina al fumetto o ai manga giapponesi. Ho visto in effetti la Divina Commedia in fumetto, e l'ho apprezzata molto pi di quello che pensavo. L'importanza visiva, che si perde notevolmente con l'abbattimento
di molte metafore, in un epoca pigra come la nostra da questo
punto di vista, doveva essere compensata. Considerando la mia
negazione nel disegno ho deciso di compensarla con una ricerca iconografica. La scelta di ricorrere a stampe ottocentesche
ha fatto s che lo straniamento di un, che so, Lunigiano rispetto
al dettato del nostro, che era fiorentino, fsse mantenuto. Sarebbero state sicuramente di maggior effetto, e filologicamente
corrette per quanto molto meno leggibili e molto pi
stranianti , le miniature di epoca medioevale.
In linea generale ritengo possibile, e oramai l'avrai capto, solo
una trasposizione creativa. La traduzione di un testo da una
lingua ad un'altra talmente un fatto culturale, e si presenta
come specifico della cultura a cui destinata, che anche molti
linguisti invitano a stendere traduzioni talmente libere da non
essere riconoscibili come traduzioni.
Classicisti o romantici
Studiando questo argomento e come si sia sviluppato nel corso
dei secoli, ho constatato che due sono le correnti fondamentali
della traduzione, poi definite classicista e romantica.
La corrente "classicista" favorevole ad una traduzione "naturalizzante" e "domesticata" in cui si agevola la lettura annullando le differenze culturali che si possano incontrare.
- 41 -
Classicisti o romantici
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Prefazione
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Traduzione culturale
Traduzione culturale
La scelta di infrangere questa normativa basilare stata meditata ma obbligata, per evitare la "goffezza" che avrei avuto nel
rimanere fedele al testo.
La trasposizione del testo da una lingua ad un'altra crea, come
dicevamo, una iterazione tra questo e una cultura diversa da
quella nella quale, e per la quale, stato prodotto. Tradurre
un'opera in un altra lingua significa "tradurla" in un altra cultura e quindi bisogna essere responsabili non solo della traduzione linguistica ma anche della "mediazione" culturale.
La differenza tra le culture di partenza e di arrivo causano pi
problemi di quanto non faccia la differenza tra strutture linguistiche. Ne consegue, a causa della loro intrinseca diversit, che
impossibile arrivare ad una completa equivalenza tra sistemi
culturali e linguistici del testo di partenza e di arrivo.
Forti differenze culturali si hanno non solo con le frasi ma anche con una semplice parola. Il significato di ogni singola parola determinato dal contesto in cui s'inserisce ma varia anche in base anche alla capacit del singolo a cui indirizzata.
Ogni parola ha pi di un significato e molte possibili sfumature: il "coffee" per un newyorchese ha ben altro significato rispetto al "caff" italiano: uno l'espresso in tazzina, l'altro
un liquido bollente in un bicchiere di carta. Lo stesso "prendiamoci un caff" per un settentrionale ha una diversa sfumatura
rispetto a quella che pu avere per un meridionale. Ma gli
esempi potrebbero essere infiniti e questo lo sai bene.
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Prefazione
Disambiguazione e interpretazione
"violenza" sul testo, per giungere all'assimilazione. La traduzione ci impone di ripetere una serie analoga di operazioni
mentali (tra cui interpretazione, confronto, analisi, istituzione
di analogie, inferenze) in sguito alle quali si attua un processo
decisionale di tipo identico: una serie di mosse che impongono
un certo numero di alternative.
Una traduzione indirizza la lettura come anche spesso cpita
con la critica: il traduttore, come il critico, sceglie di porre attenzione a certi livelli del testo e su di questi focalizza l'attenzione del suo lettore. Sotto questo punto di vista, con il suo
dialogo ermeneutico, l'atto di tradurre rende chi lo opera maggiormente consapevole dei vari aspetti della poesia, del linguaggio, dell'estetica e dell'interpretazione del testo esaminato.
Tutto sommato questo il motivo reale ed egoistico che mi ha
spinto a procedere. Senza contare che solo in sguito ho scoperto alcune traduzioni del testo gi edite in Italia: se lo avessi
scoperto prima, avrei letto quelle.
In questa attivit "trasmutativa" mi capitato che per far risaltare un aspetto considerato importante, oppure quando mi sono
trovato di fronte all'impossibilit oggettiva di rendere un'ambiguit, sono stato costretto a lasciare in secondo piano o ad eliminare certi aspetti del testo compiendo una scelta spesso molto sofferta.
Met delle parole di una frase in genere ambiguo anche se
tale fatto resta inosservato quando sono contestualizzate. Sotto
questo aspetto qualunque operazione di disambiguazione implica sempre un rimodellare alcuni significati che un termine
implica. Il lettore dell'originale quindi non ha pi le stesse in- 46 -
Prefazione
formazioni del lettore del testo tradotto; pi la frase contestualizzata e maggiore l'evidenza di questa operazione.
Aumento o perdita delle informazioni
La lettura e la traduzione sono una interpretazione e sono quindi un modo di "chiarire", anche se molti ritengono che al lettore della traduzione dovrebbe essere data la possibilit di interpretare personalmente i lati oscuri di un'opera leggendola senza che sia presente una interpretazione.
Si dice solitamente che una traduzione, la quale dice pi del testo originale, non sia pi una traduzione ma un'altra opera: ma
ritengo che questo lo si ottenga sempre con una traduzione.
In qualsiasi forma di comunicazione si verifica una variazione
e quindi ogni traduzione sminuisce, aumenta o guasta e tutt'al
pi produce espressioni somiglianti. Si ha spesso una variazione cos rilevante dell'opera che non potrebbe essere compensata in alcun modo se non lasciando il testo originale. Quindi la
traduzione contiene, sempre e nel medesimo tempo, pi e
meno informazioni dell'originale.
L'obiettivo risolvere le ambiguit e ridurre la complessit,
pur cercando di mantenere le stesse informazioni onde consentire il semplice consumo. Ma porgere al lettore solo una parte
del significato un privarlo della gioia di scoprire l'ambiguit
e di formulare la propria scelta. Nel caso di informazioni mancanti spesso si ritiene ragionevole fornirle, come in caso di
pronomi ambigui ("suo" italiano che pu essere di lui o di lei).
Ma nel giro di poco tempo la differenza tra interpretazione e
- 47 -
Prefazione
"Attraversando" d un senso di direzione ma rettilinea, contrapposta al senso circolare della costellazione citata nel passo
precedente e questa direzione evidenziata perch un tempo
l'idea di fiume scatenava immagine sicuramente pi vivide rispetto a quelle che possiamo avere oggi quando ci meravigliamo che un fiume possa essere un ostacolo al passaggio di eserciti anche moderni.
Detto questo non mi resta che augurarti buona lettura sperando
di non averti tediato troppo finora e di non annoiarti in queste
pagine che seguiranno.
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Introduzione
Introduzione
- 51 -
Introduzione
Introduzione
- 53 -
Introduzione
- 54 -
Introduzione
- 55 -
- 56 -
Introduzione
La contessa Matilde di Canossa11 mor nel 1115 lasciando erede dei suoi beni la Santa Sede. L'imperatore Enrico V rientr
prontamente in Italia per contrastare al pontefice tali possessi
5
6
7
8
9
10
11
Pa XVIII, 47
Pa XV, 139
Pa XXXI, 59 e ssg.
Pa XV, 20
Pa XV, 36
Pa XV, 94
Pu XXVIII, 40 e ssg.
- 57 -
- 58 -
Introduzione
Con la pace di Costanza, firmata nel giugno 1183 dopo un lungo e sanguinoso scontro con i comuni ed il papato, l'imperatore Federico I di Svevia13 il Barbarossa reinquadr i comuni all'interno del sistema feudale. Ugolino d'Azzo14 di Faenza era a
Costanza per rappresentare la sua citt. Due anni dopo l'imperatore priv Firenze del possesso sul contado circostante e ristabil il marchesato della Toscana, anche se tale misura ebbe
vita breve.
Enrico VI di Svevia15 (1165-1197), figlio di Federico Barbarossa, venne incoronato re di Germania e spos nel 1285 Costanza d'Altavilla16, zia del re di Sicilia Guglielmo II il Buono 17
ed ultima erede della dinastia dei re Normanni. I re normanni
di Sicilia avevano avuto origine da Roberto Guiscardo18 duca
13
14
15
16
17
18
Pu XVIII, 119
Pu XIV, 105
Pa III, 119
Pu III, 113; Pa III, 118
Pa XX, 62
In XXVIII, 14; Pa XVIII, 48
- 59 -
Pu XVIII, 119
In IV, 129
Pa III, 119
Pa XX, 62
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Introduzione
- 62 -
Introduzione
monti26, gentiluomo della Val d'Arno superiore con cittadinanza fiorentina, chiese in sposa una ragazza della famiglia Amidei. Mentre si preparavano le nozze una dama della casa Donati gli propose in sposa la propria figlia e questi accett. Mosca dei Lamberti27 con il suo consiglio determin gli Amidei e
ventiquattro famiglie loro legate a vendicarsi di Buondelmonte
che aveva mancato la sua promessa. Costui venne quindi ucciso la mattina di Pasqua mentre passava sul Ponte Vecchio ai
piedi della statua di Marte. A questo punto quarantadue famiglie guelfe si consociarono per vendicarne la morte e per anni i
due gruppi si scontrarono.
In sguito alle accese rivalit politiche delle famiglie nobili tra
le fazioni guelfe e ghibelline (papali e imperiali), quasi tutte le
citt presero ad escludere la nobilt dalle attivit politiche.
Vita religiosa
26
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29
- 63 -
30
31
32
33
Pa XI, 44
Pa X, 98
Pu XX, 69; Pa X, 99; Pa XI, 16; Pa XIII, 32
Pa XII, 140
- 64 -
Introduzione
San Domenico34 nacque in Castiglia, nel 1170 da Felice di Guzman35 e Giovanna d'Ass36. Si rec in Italia al sguito del vescovo Diego di Osma e fond l'ordine destinato a combattere
le eresie, approvato da papa Onorio III37 nel 1216.
San Francesco38 figlio del ricco mercante Pietro Bernanrdone39, nacque ad Assisi nel 1182. Nel 1210 Innocenzo III40 ne
approv verbalmente la regola. Nel 1219 incontr in Terrasanta il sultano d'Egitto Malik al-Kamil41. Papa Onorio III42 nel
1223 ne approv la regola per scritto. Tra i suoi primi seguaci
vi furono ricchi cavalieri come Bernardo da Quintavalle43, popolani come frate Egidio44, preti come padre Silvestro45 e la
fondatrice dell'ordine delle clarisse santa Chiara46.
Da rammentare tra gli esponenti francescani: Illuminato da
Rieti47, di nome Accarino della Rocca: fu tra i primi seguaci
del santo e lo accompagn in Terrasanta; Agostino d'Assisi48
ministro dell'ordine francescano in Terra di Lavoro; Bonaven34
35
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37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
Pa XI, 35 ; Pa XII, 70
Pa XI, 79
Pa XI, 80
Pa XI, 98
In XXVII, 112; Pa XI, 43; Pa XIII, 33; Pa XXII, 90; Pa XXXII, 3
Pa XI, 89
Pa XI, 92
Pa XI, 101
Pa XI, 98
Pa XI, 79
Pa XI, 83
Pa XI, 83
Pa III, 98
Pa XII, 130
Pa XII, 130
- 65 -
tura da Bagnorea49, generale dei Francescani, vescovo e cardinale; Ubertino da Casale50, a capo della corrente degli spirituali; il venditore di pettini da cardatura Pietro da Campi51, che fu
solo terziario francescano ma mor a Siena nel 1289 in fama di
santit.
Non manc in Firenze, come ovunque, la diffusione di dottrine
ereticali. Si radic soprattutto quella dei catari, grazie anche
all'appoggio di alcune grandi famiglie ghibelline, quali gli
Uberti, per ostacolare il papato. La repressione delle eresie non
tard e si serv degli stessi ordini mendicanti: fino al 1244 i
Domenicani di Santa Maria delle Vigne, poi i Francescani di
Santa Croce.
Tra i teologi di fama tra il 1000 e il 1300 abbiamo il benedettino Anselmo d'Aosta52 (1033-1109) vescovo di Canterbury;
Ugo da San Vittore53 (1097-1141) fiammingo e canonico dell'abbazia di San Vittore a Parigi; Pietro Mangiadore54 (XII sec1179) francese detto "Petrus Comestor"; Riccardo da San Vittore55 (ca. 1110-1173); Pietro Ispano56 (1210-1277) che fu papa
col nome di Giovanni XXI (1276-1277) e fu autore di numerose opere mediche e logiche.
49
50
51
52
53
54
55
56
Pa XII, 127
Pa XII, 124
Pu XIII, 127
Pa XII, 137
Pa XII, 133
Pa XII, 134
Pa X, 131
Pa XII, 134
- 66 -
Introduzione
La cultura
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
Pa X, 104
Pa X, 136
Pa X, 107
In XV, 110
Pa XII, 83
In XX, 118
In XX, 115
Pa III, 120
In XXIX, 124; In XXX, 28
In XXIX, 109; In XXX, 31
- 67 -
67
68
69
70
71
72
In XXIX, 109
Pa III, 119
Pa III, 120
Pu III, 113; Pa III, 118
Pa III, 120
Pa III, 120
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Introduzione
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Nel 1222 Firenze sconfisse Pisa, con cui era in contrasto fin
dal tempo dell'incoronazione imperiale; l'anno successivo Figline, sobillata dai Senesi, si ribell a Firenze.
Nel 1228 Firenze sconfisse Pistoia e l'anno successivo, alleata
con Arezzo, Lucca, Montepulciano, Orvieto e Pistoia, combatt senza esito contro contro Siena e i suoi alleati: Cortona,
Montalcino e Pisa. Ma riusc a sconfiggerle solo nel 1230.
Nel 1231 Fiorentini e Lucchesi furono sconfitti dai Pisani a
Barga ma l'anno seguente i Fiorentini, che dal lato senese riescono a penetrare fino a Quercegrossa, furono sconfitti sul
fronte pisano. Solo nel 1235 si giunge alla pace con i Senesi.
La reazione del papato
Il papa Gregorio IX, disapprovando il trattato di Jaffa, fece invadere dalle proprie truppe il regno di Sicilia, ma Federico II
rientr e le sconfisse. Il conflitto s'interruppe nel 1230 con il
trattato di San Germano. Federico II78 dovette poi portarsi in
Germania per piegare all'obbedienza il figlio Enrico, associato
al regno di Germania dal 1220 e lo releg in Puglia. Nel 1236
pass per Trento e giunse a Verona. Con l'aiuto del fedele Ezzelino III da Romano79 (1194-1259), signore della Marca Trevigiana, Federico II batt le citt guelfe settentrionali a Cortenuova sull'Oglio nel 1237.
78 Pa III, 120
79 In XII, 110
- 70 -
Introduzione
Ezzelino da Romano
In XII, 110
In XIII, 133
Pu XXVI, 120
Pa IX, 94
- 71 -
mor nel 1231; Arnault Daniel84 am le forme ritmiche complicate e malinconiche; Bertran dal Bornio85, visconte di Haltafort
in Guascogna, nelle sue composizioni aizz Enrico d'Inghilterra il giovane contro il padre Enrico II.
Tra i poeti in lingua italiana abbiamo: Bonaggiunta Orbicciani86 degli Overardi di Lucca, poeta di scuola siciliana; Guittone
d'Arezzo87, capo della scuola poetica toscana; Jacopo da Lentini88 notaio della cancelleria di Federico II e rimatore della
scuola siciliana; Piero della Vigna89 protonotaro di Federico II
e poeta di scuola siciliana; Guido Guinizelli90, poeta seguace di
Guittone e fondatore del "dolce stil novo"; Guido Cavalcanti 91,
genero di Manente degli Uberti92, e il fiorentino Ciacco93.
Le poesie pi note o famose venivano poi musicate da professionisti come il musico Casella94 e cantate con gli strumenti
forniti da abili artigiani come il maestro liutaio Belacqua95.
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
Pu XXVI, 142
In XXVIII, 134; In XXIX, 29
Pu XXIV, 19
Pu XXIV, 56; Pu XXVI, 124
Pu XXIV, 56
In XIII, 58
Pu IX, 97 ; Pu XXVI, 92
In X, 63; Pu IX, 97
In VI, 79; In X, 32
In VI, 52
Pu II, 91
Pu IV, 123
- 72 -
Introduzione
Celebri nelle arti pittoriche furono il pittore fiorentino Cimabue96 e Giotto97, suo discepolo; per le miniature Oderisi da
Gubbio98 e Franco Bolognese99
La vittoria ghibellina
Pu IX, 94
Pu IX, 95
Pu IX, 79
Pu IX, 83
- 73 -
(vicario imperiale per tutta la Toscana e poi, dal 1246, Podest) per appoggiare il partito ghibellino.
Nel 1244 si insediarono a Firenze i Templari.
Lo scontro con il papato si riaccende
Il ridotto concilio cardinalizio riusc ad eleggere nel 1243 Innocenzo IV, Sinibaldo Fieschi, che nel 1245 convoc un concilio a Lione per evitare l'influenza imperiale. Federico II venne
nuovamente scomunicato e la sua corona offerta dal papa a
Roberto di Francia, ad Hkon V Magnussn100 di Norvegia, a
Enrico di Turingia e infine a Guglielmo d'Olanda.
Nel 1245 i Frati domenicani e il vescovo di Firenze si sollevano inutilmente contro il governo ghibellino della citt.
Soprattutto in sguito alla scomunica contro l'imperatore sempre pi spesso si tramarono complotti e attentati. Il pi famoso
fu quello portato avanti, forse, da Piero della Vigna101, Notaio
della corte imperiale fin dal 1220. Costui, scoperto, venne rinchiuso, accusato di tradimento, nella Rcca di San Miniato al
Tedesco dove, accecato, si suicid nel 1249.
Il cardinale legato Ottaviano102 degli Ubaldini, arcivescovo di
Bologna, convinse le citt di Cervia, Faenza, Forl e Imola a
schierarsi con i Guelfi. L'esercito svevo venne sconfitto a Fossalta nel 1249 e re Enzo, figlio di Federico II, venne catturato
- 74 -
Introduzione
dai bolognesi nelle cui mani rimane 22 anni. Clto dalle febbri
l'imperatore mor nel 1250 nel castello di Fiorentino, in Puglia.
Michele Zanche103, vicario di re Enzo nel giudicato di Logodoro in Sardegna, dopo la sua morte ne spos la madre Adelasia
e si fece nominare giudice. Fu ucciso a tradimento nel 1275
dal genero Branca Doria104.
Il "Governo del Primo Popolo" a Firenze
103 In XXII, 88
104 In XXXIII, 137
105 In VI, 79; In X, 32
- 75 -
Il crescere di importanza delle Arti segnava sempre una maggiore diffidenza verso il ceto aristocratico, sia esso guelfo o
ghibellino. Per questo, sebbene fedeli nell'alleanza col papato
e contrari a Manfredi106 di Svevia, i popolani fiorentini evitarono di definirsi Guelfi. Tutte le torrette delle famiglie nobiliari
dovettero essere capitozzate. Nel 1255 inizi la costruzione di
quello che doveva essere il Palazzo del Popolo, oggi Bargello,
eretto per alloggiare i consigli del Comune.
Nel 1252 l'espansione economica fu eccezionale, tanto che vi
fu la coniatura del fiorino d'oro. Questo in poco tempo divenne
la prima moneta aurea dell'Europa occidentale e primeggi anche grazie al fatto che la quantit d'oro presente era mantenuta
costante.
Effetto della caduta degli Svevi in Toscana
- 76 -
Introduzione
L'interregno imperiale
Il figlio di Federico II, Corrado IV, scese in Italia, ma nel maggio 1254 mor a Lavello lasciando le redini dell'impero in
mano a un figlio, Corradino107, ancora in giovane et. Gli elettori tedeschi, ma principalmente l'arcivescovo di Colonia, fecero incoronare Enrico Raspon e poi il conte Guglielmo d'Olanda (che si occup solo delle sue terre fino alla morte nel
1258).
Nel 1255 Firenze si alle con Siena e l'anno successivo sconfisse i Pisani sul Serchio e li costrinsero a consegnare la rcca
di Motrone presso Pietrasanta. I Fiorentini nel 1256 mandarono in aiuto degli Orvietani 500 cavalieri guidati dal conte Guido Guerra108 dei conti Guidi. Sua nonna era Gualdrada, figlia
di Bellincione Berti109 dei Ravignani, il cui cugino, Geri del
Bello110, cugino di secondo grado di Dante, fu ucciso dai Sacchetti durante una serie di vendette. Agli inizi del 1257 il Popolo cacci il Podest e si ebbe la pace con Pisa.
Nel 1257 gli elettori imperiali nominarono contemporaneamente il re di Castiglia Alfonso X, la cui madre era figlia di
Federico II, e anche il conte Riccardo di Cornovaglia, fratello
del re d'Inghilterra. Il papato non conferm nessuno dei due
eletti. Re Alfonso si disinteress alla carica. Anche Riccardo,
che pur si fece incoronare ad Aquisgrana, dovette rientrare in
107 Pu XX, 67
108 In XVI, 38
109 Pa XV, 112
110 In XXIX, 27
- 77 -
patria per i disordini del regno di Enrico III111 e non fece pi ritorno morendo nel 1272.
Manfredi112, figlio illegittimo di Federico II di Sicilia, alla
morte del padre, govern la Sicilia in nome del fratello Corrado IV e, morto questi, si fece poi incoronare re. Nel 1258, in
sguito a una cospirazione ghibellina, l'esecuzione di alcuni di
loro (tra cui un Uberti, un Infangati e il legato pontificio Tesauro dei Beccheria113) ne convinse molti a rifugiarsi a Siena.
Per l'esecuzione del legato papale Firenze sub l'interdetto per
sette anni.
Il papato, disconoscendo Manfredi, offr la corona di Sicilia a
Carlo I d'Angi114 che era figlio di Luigi VIII di Francia. Moglie di Carlo I era Beatrice di Provenza115, in sguito, Margherita116. Romeo di Villanova117, gran siniscalco dell'ultimo conte
di Provenza, Raimondo Berengario IV, contribu a far sposare
bene anche le altre tre figlie di Raimondo: Margherita a Luigi
XI, Eleonora ad Enrico III118 d'Inghilterra e Sancia al pretendente imperiale Riccardo di Cornovaglia.
- 78 -
Introduzione
Papa Innocenzo IV indisse, alla morte dell'imperatore, una crociata contro Ezzelino III da Romano119 e la fece guidare dall'arcivescovo di Ravenna. I crociati saccheggiarono Padova nel
1256.
Ezzelino penetr in Lombardia, giovandosi dell'alleanza dei
signori di Cremona, Oberto Pelavicino e Buoso da Dovara 120, e
riconciliandosi con il fratello che ancora governava Treviso.
Quindi assal Padova, che resistete, ma entr a Brescia nel
1258.
La sorella di Ezzelino III e moglie del signore di Verona Rizzardo di San Bonifacio, Cunizza121, era fuggita con il trovatore
Sordello da Goito122 e dopo il 1260 and ad abitare a Firenze
dove poi mor nel 1268. Sordello da Goito123 si rifugi invece
in Provenza ma poi torn in Italia al sguito di Carlo I d'Angi124 e combatt contro re Manfredi125.
Mentre Ezzelino III dirigeva verso il centro della Lombardia
minacciando Milano, i milanesi, condotti da Martino della
Torre, cercano daggirarlo. Questi attravers lOglio e lAdda
ed attacc Monza. Il marchese Pallavicino e Buoso da Dovara126, signori di Cremona, insorsero alle sue spalle costringen119 In XII, 110
120 In XXXII, 116
121 Pa IX, 32
122 Pu VI, 74
123 Pu VI, 74
124 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
125 Pu III, 112
126 In XXXII, 116
- 79 -
Manfredi129 di Svevia, figlio di Federico II, appoggi i fuoriusciti ghibellini guidati da Farinata degli Uberti130. L'esercito
fiorentino, aiutato da numerose altre citt (Arezzo, Colle, Orvieto, Bologna, Pistoia, Prato, San Miniato, San Gimignano e
Volterra) marci contro la ghibellina Siena ma venne sconfitto
il 4 settembre 1260 a Montaperti dal fronte di re Manfredi131. I
Ghibellini fiorentini costrinsero i Guelfi all'esilio verso Lucca,
ne confiscarono i beni e ne distrussero le case abbattendo pi
di seicento edifici. Tra gli esuli anche il conte Guido Guerra132,
che torner in patria solo dopo la battaglia di Benevento
(1266).
In occasione della battaglia di Montaperti Bocca degli Abati133,
fiorentino guelfo, trad i suoi e tagli la mano al portabandiera
della cavalleria fiorentina; allora le file della cavalleria fiorentina si scompigliarono perch, vedendo lo stendardo abbattuto,
pensarono alla disfatta.
127 Pu XI, 67
128 Pu XI, 59
129 Pu III, 112
130 In VI, 79; In X, 32
131 Pu III, 112
132 In XVI, 38
133 In XXXII, 106
- 80 -
Introduzione
- 81 -
- 82 -
Introduzione
L'intervento di Urbano IV
- 83 -
- 84 -
Introduzione
Firenze prov a mantenersi ghibellina facendo atto di sottomissione al papato; le Arti presero il potere accanto ai capi del
passato regime ghibellino: Guido Novello e Napoleone degli
Alberti154 conte di Mangona, che per odio uccise il fratello morendo poi per sua mano. Durante un tumulto Gianni dei Soldanieri155 pass dalla parte popolare nel 1266.
Furono chiamati a reggere il comune di Firenze i bolognesi
Catalano dei Malavolti e Loderigo degli Andal156, di parte
guelfa Catalano e ghibellina Loderigo. Appartenevano all'Ordine Cavalleresco di Santa Maria Gloriosa (fondato a Bologna
nel 1261 per comporre le discordie e detto anche dei "gaudenti") ed erano gi stati podest di altre citt. A Firenze s'ebbe la
sensazione favorissero i Guelfi quando permisero la distruzione delle case dei conti Uberti a Gardingo.
In sguito di un nuovo moto popolare a novembre il conte
Guido Novello, vicario imperiale in Toscana, abbandon la
citt con i suoi cavalieri tedeschi, e cos termin il potere ghibellino a Firenze. I Guelfi riformarono il governo, offrendo per
dieci anni la signoria al re Carlo I d'Angi157. Corrado da Palazzo158, vicario di Carlo I d'Angi, fu a Firenze a partire dal
1266. Nel marzo del 1267 giunse a Firenze come vicario di
Carlo I il conte Guido di Montfort159 accompagnato da 800 cavalieri francesi. I Guelfi rientrarono in citt dopo sei anni d'esi154 In XXXII, 41
155 In XXXII, 121
156 In XXIII, 104
157 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
158 Pu XVI, 124
159 In XII, 118
- 85 -
Nel 1269, nella battaglia a Colle di Val d' Elsa, i Guelfi fiorentini ebbero la meglio sui Senesi e Provenzan Salvani164, signore della citt, fu imprigionato e decapitato. La zia di questi, Sapia165, gio, poich era di parte guelfa, nell'apprenderne la
sconfitta del nipote.
Nel 1270 i Fiorentini sconfissero i Ghibellini fiorentini e senesi a Montevarchi e Guido di Montfort166, vicario in Toscana di
Carlo I d'Angi, entr in Firenze. Di lui si rammenta che per
160 Pu XX, 67
161 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
162 In XXVIII, 18
163 Pu XX, 67
164 Pu IX, 121
165 Pu XIII, 109
166 In XII, 118
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Introduzione
vendicare la morte del padre, uccise a Viterbo durante la messa Enrico, fratello del futuro re Edoardo I d'Inghilterra167. Poggibonsi, piegata dalle armi di Guido di Montfort, venne distrutta dai Fiorentini.
Il re di Francia Luigi IX mor nel 1270 davanti a Tunisi all'inizio dell'ottava crociata, la seconda a cui partecipava; con lui vi
era, in quell'occasione, anche il fratello Carlo. A Trapani, di ritorno dalla crociata guidata dal suocero Luigi IX, mor Tebaldo II conte di Champagne e re di Navarra dal 1253 al 1270. Il
suo segretario, Gian Paolo di Navarra168, fu abile nel mercanteggiare grazie e benefci.
Successe a Luigi IX il Santo il figlio secondogenito Filippo III
l'Ardito169, padre di Filippo IV il Bello170. Questo fece impiccare il suo ciambellano, Pierre de la Brosse171, in sguito all'accusa lanciatagli da Maria di Bramante, sua seconda moglie.
Enrico I172 il Grasso (1244-1274) fu re di Navarra dopo la morte del fratello Tebaldo II. Nel 1269 aveva sposato Bianca d'Artois, figlia di Roberto d'Artois (figlio del re di Francia Luigi
VIII e fratello di Luigi IX il Santo). Giur fedelt al nuovo re
di Francia Filippo III l'Ardito173.
- 87 -
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Introduzione
- 89 -
Dopo tre papi effimeri venne infine eletto nel 1277 Nicol
III187, Giovanni Gaetano Orsini, che govern la Chiesa fino al
1280.
A settembre 1278 Carlo d'Angi, su istanza del nuovo papa, si
dimise dalla carica di vicario imperiale in quanto non era pi
vacante la sede imperiale. Il mese dopo il cardinale Latino Malabranca entr in Firenze e la citt gli attribu pieni poteri.
Nel 1277 Napoleone della Torre, Capitno del Popolo di Milano, venne sconfitto dall'Arcivescovo Ottone Visconti e e dai
Ghibellini esiliati. Nel 1279 Nicol III188 costrinse Bologna a
richiamare i Ghibellini esiliati.
Gli anni '80
- 90 -
Introduzione
neck), cerc di convincere i Fiorentini a cedere alcuni dei poteri imperiali che detenevano, tra cui il diritto di discutere le
cause d'appello. In Romagna, nel frattempo, si ebbe la signoria
di Guido da Montefeltro192, ardente ghibellino. Costui fu Vicario di Corradino a Roma nel 1268, poi Capitno ghibellino nel
1274 a Forl e Capitno generale dei Ghibellini romagnoli nel
1275.
In agosto 1280 mor Nicol III193 e Carlo I d'Angi, riusc a far
eleggere Martino IV194 papa dal 1281 al 1285. Il nuovo papa
era nativo di Brie: aveva fama di santo e buongustaio, ed era
stato in precedenza tesoriere della cattedrale di Tours.
Maestro Adamo195 da Brescia, venne arrestato per aver falsificato il fiorino d'oro per conto dei conti Guidi di Modigliana
(Guido, Alessandro e Aginolfo), e fu arso vivo a Firenze nel
1281. Erano frequenti i conflitti della citt con la nobilt confinante e, inoltre, la difesa dell'integrit della moneta era una
priorit basilare per una citt mercantile come Firenze.
Nel 1282 sorse a Firenze una nuova magistratura, progettata
dai mercanti di Calimala, che rimpiazz quella creata dal cardinale Latino e affianc quella dei Priori delle Arti. Capitno
del Popolo era in quel periodo Paolo Malatesta196 da Verrucchio.
192 In XXVII, 25
193 In XIX, 31
194 Pu XXIV, 23
195 In XXX, 61
196 In V, 134
- 91 -
- 92 -
Introduzione
Martino IV208. Nel 1295 Malatesta e il figlio Malatestino s'impadronirono di Rimini facendo strage di Ghibellini tra cui
Montagna di Parcitade209 che, dopo lunga prigionia, fu fatto
uccidere da Malatestino. Malatestino era noto per la spregiudicata ferocia tanto che nel 1312 invit come ambasciatori a Cattolica i fanesi Guido del Cassero e Angiolello da Carignano 210
e li fece affogare durante il viaggio.
A Firenze il Popolo ottenne delle modifiche istituzionali tra il
1282 e il 1284: istituzione del collegio dei sei Priori delle Arti
(uno per sestriere), un Gonfaloniere scelto dalle Arti, un consiglio, reparti armati e inoltre pot far entrare i propri esponenti
nel consiglio del Podest. Nel 1283 Carlo I d'Angi211 era a Firenze.
Firenze, Genova e Lucca strinsero accordi contro la citt di
Pisa che scelse come Capitno Generale per dieci anni Ugolino conte della Gherardesca212 la cui sorella era sposa di Giovanni di Gallura, capo dei Guelfi di Pisa e Sardegna. Pisa venne sconfitta nel 1284 durante la battaglia navale della Meloria
e abbandon ai genovesi la Sardegna.
Nel 1285 Firenze ampli la sua cinta muraria costruendo il terzo cerchio; quello stesso anno, a gennaio, mor Carlo I d'Angi. Egli era ancora impelagato nella "guerra del vespro" e lasci il figlio Carlo II prigioniero dei siciliani, che lo libereran208 Pu XXIV, 23
209 In XXVII, 47
210 In XXVIII, 77
211 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
212 In XXXIII, 13
- 93 -
no solo nel 1288 quando riconoscer la separazione dei due regni; giuramento da cui fu sciolto da papa Nicol IV. Carlo II
regn ventiquattro anni senza eventi particolari e gli succeder
il figlio secondogenito Roberto d'Angi213 nel maggio 1309.
Nel 1286 Corso Donati214 cerc inutilmente di impedire l'esecuzione di un Magnate.
Andrea dei Mozzi215 divenne vescovo di Firenze nel 1287 ma
poi fu trasferito dal papa a Vicenza nel 1295 dove mor l'anno
successivo. I Magnati, nel 1287, cacciarono i Guelfi dalla citt
per affidare le redini del governo al nuovo vescovo, Guglielmo
degli Ubertini. Questo, di fede ghibellina, terminer la sua carriera con la battaglia di Campaldino.
Pisa
213 Pa VIII, 76
214 Pu XXIV, 82
215 In XV, 112
216 In XXXIII, 13
217 Pu VIII, 53
218 In XXXIII, 14
- 94 -
Introduzione
glio di Ubaldino della Pila219 che era fratello del cardinale Ottaviano220, cacciarono Ugolino Visconti di Pisa.
In sguito l'arcivescovo convinse il conte Ugolino della Gherardesca a rientrare. Il conte, richiamato dunque con la scusa di
concludere la pace, fu accusato di tradimento per aver ceduto i
castelli pisani e nel luglio 1288 rinchiuso nella torre dei Gualandri con i figli Gaddo, Ugaccione e i nipoti Nino e Anselmo.
Dopo otto mesi di trattative, nel febbraio 1289, furono lasciati
morire di inedia.
Ugolino Visconti, figlio di una figlia del conte Ugolino della
Gherardesca, era giudice di Gallura in Sardegna dove ebbe
come vicario frate Gomita221, che fu in seguito impiccato per
tradimento. Associato dal nonno al governo di Pisa, nel 1288
ripar a Lucca. Con Fiorentini, Genovesi e Lucchesi assal nel
1289 il castello pisano di Caprona. Ritorn poi in Sardegna,
ma nel 1296 era a capo della Taglia guelfa di Toscana e si preparava ad assalire Pisa quando mor.
Era sposato con Beatrice d'Este222 che, figlia del marchese di
Ferrara Obizzo II d'Este223, nel 1330, dopo la sua morte spos
Galeazzo Visconti di Milano. La figlia, Giovanna224, sposer
Rizzardo da Camino225 figlio di Gherardo da Camino226 di Tre219 Pu XXIV, 29
220 In X, 120
221 In XXII, 81
222 Pu VIII, 73
223 In XII, 111
224 Pu VIII, 71
225 Pa IX, 50
226 Pu XVI, 124
- 95 -
viso che fu signore della sua citt fino al 1300, quando gli successe il figlio. Gaia da Camino227 figlia di Gherardo, spos Toberto da Camino e mor nel 1311.
Guerra aretina e battaglia di Campaldino
Nell'ottobre 1287 i rappresentanti della Lega tra le citt Toscane e i Guelfi di Arezzo si riunirono nel Battistero e proclamarono guerra ad Arezzo. Nel 1288, quindi, l'esercito fiorentino
marci fino alle mura di Arezzo. Jacopo del Cassero228, giunse
con la colonna dei Guelfi marchigiani in aiuto dei Fiorentini.
Le truppe della Lega si ritirarono perch impreparate all'assedio. Mossero nuovamente contro Arezzo l'anno successivo,
mentre erano in corso anche operazioni militari contro Pisa di
cui era podest Guido da Montefeltro229. Carlo II d'Angi230 lo
Zoppo, padre di Carlo Martello231, re di Napoli transit in citt
sbito prima della loro partenza.
Buonconte da Montefeltro232, figlio di Guido, fu a capo dei
Ghibellini che nel 1287 cacciarono i Guelfi da Arezzo. L'anno
dopo combatt contro i senesi alla Battaglia di Pieve del Toppo, battaglia in cui mor Arcolano Maconi233 da Siena; nel
1289 guid i Ghibellini aretini a Campaldino dove per.
- 96 -
Introduzione
234 Pa VIII, 72
235 Pa VIII, 40; Pa IX, 1
236 Pu VI, 97; Pa XIX, 115
237 Pu VII, 101; Pa XIX, 125
238 Pu VII, 100
239 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
- 97 -
Nel 1277 papa Giovanni XXI aveva interdetto il regno del Portogallo e scomunicato re Alfonso III. Nel 1279 il regno pass
al figlio Dionigi Alfonso241 l'Agricoltore che, per parte di madre, era nipote del re di Castiglia, Alfonso X il Saggio.
Salito al trono inizi a trattare con i papi in carica (Niccol III,
Martino IV, Onorio IV e Niccol IV) fino a giungere, nel
1289, ad un concordato. Nel 1282 spos la principessa aragonese Isabella la Santa, figlia del re d'Aragona, Pietro III d'Aragona242 il Nerboruto e della principessa Costanza di Hohenstaufen243, figlia del re di Sicilia Manfredi244, (quindi nipote
dell'imperatore Federico II di Svevia) e di Beatrice di Savoia.
In Spagna Ferdinando Sanchez IV245 il Convocato, nel 1295,
alla morte del padre Sancho IV, divenne re di Castiglia a soli
nove anni. Lo zio si appropri del regno di Len mentre il cugino, Alfonso de la Cerda, sarebbe stato il successore legittimo
del regno di Castiglia in quanto designato dal nonno Alfonso
240 In XIX, 31
241 Pa XIX, 139
242 Pu VII, 112
243 Pu III, 143, VII, 129
244 Pu III, 112
245 Pa XIX, 125
- 98 -
Introduzione
X (al quale il padre Sancho IV aveva usurpato il trono) e veniva in queste sue aspettative appoggiato dai re di Aragona.
La Castiglia venne attaccata da re Dionigi del Portogallo fino
al 1297 quando, con il trattato di Alcaices, Dionigi e la reggente Maria, per Ferdinando IV, sancivano una pace quarantennale. Sbito dopo, a partire dal 1300 fu attaccata dal re Giacomo II di Aragona.
Nel 1301 Ferdinando IV di Castiglia divenne maggiorenne e
l'anno dopo spos Costanza del Portogallo, figlia di Dionigi
Alfonso246 del Portogallo e di Isabella di Aragona, figlia di
Pietro III d'Aragona247 il Nerboruto.
Nel 1305 Giacomo II d'Aragona e Ferdinando IV di Castiglia
firmarono il trattato di Elx. In pace con l'Aragona Ferdinando
Sanchez IV248 si dedic alla guerra contro i Mori del regno di
Granada. Quando mor, nel 1312, gli successe il figlio Alfonso
XI di Castiglia il Giusto, di pochi mesi, con la reggenza di sua
nonna, Maria.
Inghilterra fino all'inizio del 1300
- 99 -
Sotto Enrico II Plantageneto (1154-1189) vasti territori francesi della casa d'Angi, la Normandia, che era gi inglese, e il
ducato di Aquitania, che lo diviene allora per matrimonio, vanno a fare parte della corona inglese.
A partire dal 1169 Enrico II dInghilterra ottenne da papa
Adriano IV la concessione (laudabiliter) per sottomettere l'Irlanda e inizi la conquista dell'isola, che fu sottomessa del tutto nel 1171.
Le tasse aumentarono notevolmente sotto Riccardo I Cuor di
Leone (1189-1199) e Giovanni Senzaterra (1199-1216), a motivo delle continue guerre feudali nel continente e della terza
crociata (1187). La guerra col re francese Filippo II provoc
numerose perdite territoriali nel continente ed inoltre, in sguito ad alcuni attriti con papa Innocenzo III249, Giovanni Senzaterra fu scomunicato e la corona pass a Filippo II. Giovanni,
per rientrare in possesso della corona, dovette riconciliarsi col
pontefice e accattivarsi i baroni che gli imposero la firma della
Magna Charta Libertatum nel 1215.
Gli successe Enrico III250 (1216-1272) che continu ad aumentare i privilegi reali. Il conflitto con i baroni scoppi nel 1263:
i baroni e gli abitanti delle citt, guidati da Simone di Monfort,
pretesero l'istituzione di un Parlamento. La monarchia inglese,
nella battaglia di Evesham (1265), usc vincitrice dal conflitto
ma tuttavia il re istitu il Parlamento.
249 Pa XI, 92
250 Pu VII, 131
- 100 -
Introduzione
Grazie all'appoggio del Parlamento il re Edoardo I d'Inghilterra251 (1272-1307) pot combattere i principati celtici indipendenti del Galles e sottometterli. Tent di sottomettere la Scozia
nel 1296; nel 1303, re Edoardo invase nuovamente la Scozia e
sottomise tutti i capi scozzesi tranne William Wallace.
Robert I Bruce252 (1274-1329) venne incoronato re di Scozia
nel 1306 radunando attorno a s la resistenza contro gli inglesi.
Lo stesso anno sub alcune sconfitte ma il 7 luglio 1307 re
Edoardo mor lasciando come suo erede il figlio: il debole
Edoardo II. Nel 1310 il clero scozzese, nonostante la scomunica, riconobbe come suo re Bruce che, nel 1314 con la battaglia
di Bannockburn, assicur l'indipendenza scozzese dall'Inghilterra.
Gli Ordinamenti di Giustizia
Giano della Bella253 eletto tra i Priori delle Arti, entr in carica
il 15 febbraio del l293. Come reazione al guelfismo magnatizio promulg gli Ordinamenti di Giustizia nel 1293, che tagliarono fuori dalla vita politica i Magnati rendendo necessaria l'iscrizione ad un'Arte e predisponendo gli strumenti per tutelare
i cittadini dai Magnati. Cre la figura del Gonfaloniere di Giustizia che fu posta come garante del nuovo ordinamento.
I Guelfi di Firenze e Lucca accettarono nel 1293 di firmare la
pace con Pisa per via delle imprese di Guido da Montefeltro254.
251 Pa XIX, 122
252 Pa XIX, 122
253 Pa XVI, 132
254 In XXVII, 25
- 101 -
- 102 -
Introduzione
come Podest a Milano, Azzo lo fece uccidere mentre, in viaggio, passava nei pressi di Padova.
Bonifacio VIII
- 103 -
settembre 1303. Il papa, liberato da una insurrezione dei cittadini di Anagni, scomunic il re ma per a Roma pochi giorni
dopo.
Guelfi Bianchi e Neri
Due nobili famiglie consanguinee, per cause meramente private, diedero origine a Pistoia, nel XIV secolo, a due fazioni:
Bianca e Nera. Anche a Firenze il partito guelfo si scisse in
due fazioni alleate una con le famiglie pi antiche e guidate
dai Donati (i Neri, pi legati al papato e sostenuti dall' lite
mercantile e finanziaria) e l'altra con le famiglie di recente
ascesa e guidate dai Cerchi (i Bianchi pi moderati).
Piccarda Donati266, sorella di Corso Donati, si fece monaca
clarissa ma il fratello la allontan a forza dal convento per maritarla con Rossellino della Tosa. L'altro suo fratello era Forese267, buon rimatore e amico di Dante.
I Ghibellini tennero per i Bianchi della famiglia Cerchi, come
anche i partigiani di Giano della Bella. Tra essi il poeta Guido
Cavalcanti268, genero di Farinata degli Uberti269.
Nel 1297 venne votato nel Consiglio del Cento l'invio di un
aiuto a papa Bonifacio VIII da impiegare nella crociata contro
i Colonna.
- 104 -
Introduzione
- 105 -
lasci Firenze e la citt preg papa Bonifacio VIII275 di mandare un nuovo paciere. Carlo di Valois276, fratello di Filippo IV il
Bello277 giunse il 4 novembre 1301 e favor i Neri: furono
espulsi Dante Alighieri, Petracco dell'Incisa, il giurista e rimatore Lapo Salterello e moltissimi Bianchi. Nel 1302 Dante fu
condannato al rogo in contumacia.
In sguito la fazione dei Neri si divise in Donateschi (capeggiati da Corso Donati2) e dei Tosinghi (seguaci di Rosso del
Tosa).
Diventa podest di Firenze nel primo semestre 1303 Fulcieri
da Calboli278, nipote di Rinieri da Calboli279 della famiglia
guelfa dei Paolucci di Forl, che strumento dei Neri.
Filippo IV il Bello280 invi nel 1303 ad Anagni Guglielmo di
Nogareth, come dicevamo prima, che imprigion Bonifacio
VIII281 il quale, sebbene liberato da una insurrezione popolare,
dopo pochi giorni mor.
Alessandro Novello282, vescovo di Feltre, nel 1304 consegn i
fuoriusciti ferraresi, che si erano rifugiati presso di lui, al vicario Pontificio di Ferrara, Pino della Tosa, che li fece decapitare.
275 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
276 Pu XX, 71
277 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
278 Pu XIV, 58
279 Pu XIV, 88
280 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
281 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
282 Pa IX, 53
- 106 -
Introduzione
283 Pu XX, 79; Pa VI, 106 ; Pa VIII, 72; Pa XIX, 127; Pa XX, 63
284 Pu V, 77
285 In XIX, 79; Pa XVII, 82; Pa XXVII, 58; Pa XXX, 142
286 In XVII, 68
287 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
- 107 -
- 108 -
Introduzione
- 109 -
- 110 -
Introduzione
Il papa Clemente V incaric il cardinale Bertrando del Poggetto di far valere i diritti della Santa Sede in Lombardia agendo
sopratutto contro il ghibellino Matteo Visconti. Morto papa
Clemente V nel 1314, venne eletto nel 1316 Giovanni XXII303,
nato a Cahors e vescovo di Avignone, che fiss anch'egli la
sede papale ad Avignone.
Il 10 aprile 1316 Uguccione fu espulso da Pisa e da Lucca. A
Lucca il Castracani, appartenente agli Interminelli, venne innalzato ancora in catene alla signoria della citt.
Matteo Visconti combattendo contro i Guelfi lombardi si impadron di Pavia, Tortona, Alessandria, assedi a Genova re
Roberto d'Angi304 e costrinse alla ritirata Carlo di Valois che,
nel 1320, era entrato in Italia sollecitato dal papa.
Castruccio Castracani inizi l'offensiva contro Firenze a partire dal 1320 saccheggiando la Val di Nievole e la Val d'Arno
inferiore.
1321 Morte di Dante.
- 111 -
Introduzione
Cacciaguida degli Elisei "filius Adami", da cui origina la famiglia di Dante, abitava con i fratelli Moronto ed Eliseo nella
zona del Mercato Vecchio. Spos la ferrarese Aldighiera figlia
di Aldighiero degli Aldighieri, il cui nome, origin poi il cognome di Alighieri. Ebbero due figli Preitenitto, padre di Bonareddita, e Alighiero I. Armato cavaliere da Corrado III di
Svevia, mor in Terrasanta nel 1148 durante la III crociata.
Alighiero I spos la figlia di Bellincione Berti dei Rovagnati
ed ebbe due figli: Bello, padre di Geri del Bello, e Bellincione.
Bellincione, ricco ed abile uomo d'affari, non era in politica
ma era di parte guelfa e per questo non pat per l'esilio del nonno materno ghibellino (Bellincione Berti). Ebbe numerosi figli; il primo dei sei maschi ebbe il nome del nonno e si chiam
Alighiero II.
Alighiero II spos Bella degli Abati, figlia di Durante degli
Abati, da cui ebbe una figlia, che and in moglie a Leone Poggi, e Durante. Vedovo nel 1270-1273 spos in seconde nozze
Lapa, figlia di Chiarissimo Cialuffi, da cui ebbe Francesco e
(Gae)Tana, che spos Lapo Riccomanni.
Il figlio di prime nozze Durante degli Alighieri, detto Dante,
spos nel 1285 Gemma, figlia di Manetto Donati parente di
Corso Donati, ed ebbe quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e
Antonia.
- 113 -
A dam o
M o ro nto
E lise o
C a cc ia g uid a
d e g li E lise i
A ld ig hie ra
P re ite nitto
A lig hie ro I
B o na re d d ita
B e llo
fig lia
B e llincio ne
C hia ri ssim o
C ia nluffi
G e ri d e l B e llo
Lapa
Ta na
F ra nce sc o
D ura nte
d e g li A b a ti
S e i m a sc hi
A lig hie ro II
B e lla
d e g li A b a ti
D ura nte
d e ttoDante
fig lia
- 114 -
Introduzione
Castagna, nel popolo* di San Martino del Vescovo. Viene battezzato il 26 gennaio 1266, che un sabato santo, nel battistero
di san Giovanni durante la pubblica cerimonia di battesimo dei
nati nell'ultimo anno.
La madre, Bella, muore tra il 1270 e il 1273, quando egli non
aveva che pochi anni (tra i cinque e gli otto). Il padre si risposa
dopo cinque anni dando altri due fratelli a Dante: Tana e Francesco.
Nel 1274, a maggio, incontra (avvenimento decisivo nella sua
vita) Beatrice, figlia di Folco Portinari, che in sguito sposer
Simone Bardi. Il 9 gennaio 1277, quando non aveva che dodici
anni, il padre stipula l'instrumentum dotis come premessa al
matrimonio con Gemma, figlia di Manetto Donati.
Poco prima del 1283 il padre muore e lascia il diciassettenne
Dante a capo della famiglia.
Gli studi e l'attivit militare
- 115 -
Introduzione
Francesca da Rimini, di cui Dante diventa amico. Quello stesso anno muore Beatrice e Dante si sposa (anche se molti anticipano la data al 1285) con la promessa sposa Gemma Donati
da cui avr tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. Forse avr anche
un quarto figlio, Giovanni, che muore entro sette anni dalla nascita.
Tra il 1291 e il 1295 rimane a Firenze per studiare teologia e
filosofia presso i Domenicani di Santa Maria Novella e presso
i Francescani di Santa Croce. Corrisponde tra il 1291 e il 1292
con il Capitno del Popolo Aldobandino Mezzabati.
Proprio in quel periodo (1293) la politica fiorentina ha lo scossone degli "Ordinamenti di Giustizia" di Giano della Bella e
l'anno successivo, marzo 1294, Carlo II d'Angi passa a Firenze con la famiglia, tra cui il figlio Carlo Martello, che Dante ha
occasione di incontrare. Sempre in quell'anno muore il grande
maestro Brunetto Latini.
Tra il 1294 e il 1295 licenzia la stampa del prosimetro, insieme
di poesie e prose, intitolato Vita Nuova, in cui commenta alcune poesie scritte tra il 1283 e il 1293. In questo fine secolo
scambia rime con Cino da Pistoia, Cecco Angiolieri e Forese
Donati.
L'attivit politica
Introduzione
A marzo sono condannati per cospirazione tre cittadini fiorentini residenti a Roma e sotto la protezione del pontefice: il
papa chiede la revoca della sentenza fiorentina.
Il 7 maggio Dante partecipa all'ambasciata inviata a San Gimignano che, appena rientrata nella Lega Guelfa, deve eleggere
un suo rappresentante.
A maggio il cardinale Matteo d'Acquasparta viene nominato
legato per la Toscana e inviato per appianare le divergenze di
Firenze. Il legato propone l'elezione dei priori per sorteggio, e
non per votazione segreta, al fine di rimettere in gioco i Neri
che venivano esclusi dalle elezioni.
A giugno l'elezione dei Priori si tiene per con il tradizionale
meccanismo e Dante tra i nuovi eletti. I nuovi Priori per il bimestre 15 giugno - 15 agosto confermano le condanne precedentemente inflitte a Corso Donati e ai tre banchieri fiorentini
residenti a Roma.
A met del mandato, il 23 giugno, nella piazza di Santa Trinit
si ha uno scontro tra i facinorosi del partito nero e i notabili
cittadini in corteo verso San Giovanni. Viene inflitto l'esilio
alla dirigenza di entrambe le fazioni e tra i condannati vi anche Guido Cavalcanti, amico di Dante e guelfo bianco. Quattro
giorni dopo la condanna all'esilio i Consoli respingono la richiesta papale tesa ad ottenere il vicariato sulla Toscana.
Nel Giugno 1301, al Consiglio dei Cento, si esprime negativamente alla richiesta di inviare un presidio di cento cavalieri
- 119 -
Introduzione
Introduzione
- 123 -
Giunge a Verona nel 1316 presso Cangrande della Scala, succeduto al fratello Bartolomeo, dove inizia a lavorare al Paradiso e che viene pubblicato man mano che completa i canti. A
Verona rimane fino al 1318 quando, spinto dal fervore culturale della citt, si trasferisce a Ravenna presso Guido Novello da
Polenta dove rimane fino alla morte, nel 1321, circondato da
tutta la sua famiglia, moglie e tre figli, e attorniato da amici e
allievi.
In questi anni si concentra sulla composizione del Paradiso i
cui ultimi tredici canti saranno postumi. Mentre compone il
Paradiso corrisponde per mzzo di poesie in latino con a Giovanni Quirini del Virgilio, professore di grammatica a Bologna
e suo amico ed estimatore. Il 20 gennaio 1320, mentre da
Mantova stava tornando a Ravenna, si ferma a Verona per leggere pubblicamente la Questio de Acque et Terra.
Nel 1321 si reca a Venezia con
una ambasceria per incarico del
suo ospite; di ritorno, attraversa
le paludi di Comacchio. Si ammala e muore per la malaria tra
il 13 e il 14 ottobre di quello
stesso anno.
- 124 -
Bibliografia
Bibliografia
In questa bibliografia si cercato di riportare, ogni volta che
era possibile, le indicazioni della prima edizione o comunque
il primo o pi antico volume reperito. Questo per dare idea
della collocazione cronologica delle opere e degli autori.
In alcuni casi, per evitare omonimie e per indicazione cronologica, si sono fornite le date di nascita e morte degli autori.
Prefazione
Bibliografia
Bonino, Antonio Il traduttore. Fondamenti per una teoria della traduzione New Technical Press, Torino, 1980
Buffoni, Franco (a cura di) La traduzione del testo poetico Guerini e Associati, Milano, 1989
Dolfi, Anna (a cura di) Traduzione e poesia nell'Europa del Novecento Bulzoni, Roma, 2004
- 126 -
Bibliografia
Lefevere, Andr Traduzione e riscrittura. La manipolazione della fama letteraria UTET, Torino, 1998
Bibliografia
Ortega y Gasset, Jos Miseria e splendore della traduzione (a cura di Claudia Razza) Melangolo, Genova,
2001
Osimo, Bruno Corso di traduzione. Prima parte Guaraldi Logos, Modena, 2000
- 128 -
Bibliografia
Sansone, Giuseppe Edoardo I luoghi del tradurre. Capitoli sulla versione poetica Guerini, Milano, 1991
Steiner, George Dopo Babele. Il linguaggio e la traduzione Sansoni, Firenze, 1984 oppure Garzanti, Milano
1994 edizione riveduta
Introduzione
Inquadramento letterario, storico e filosofico
Bibliografia
Assunto, Rosario <1915-...> Ipotesi e postille sull'estetica medioevale, con alcuni rilievi su Dante teorizzatore della poesia Marzorati, Milano, 1975
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Battaglia, Salvatore <1904-1971> La coscienza letteraria nel Medioevo Liguori, Napoli, 1965
Comitato Nazionale per le Celebrazioni del VII Centenario della Nascita di Dante Alighieri L'Italia e il mondo per Dante Le Monnier, Firenze, 1968
Comitato Nazionale per le Celebrazioni del VII Centenario della Nascita di Dante Alighieri Mostra di Firenze ai tempi di Dante Barbera, Firenze, 1966
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accesso verificato 10 giu 2008)
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Guido <1855-1925> e Passerini, Giuseppe Lando
<1858-1932> dell'originale edito dalla Societ Dantesca nel 1897)
Scartazzini, Giovanni Andrea <1837-1901> Enciclopedia dantesca Hoepli, Milano, 1896-99 (3 voll.; appendice di Antonio Fiammazzo <1851-1937> "Concordanza
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Bibliografia
Muresu, Gabriele Dante politico. Individuo e istituzione nell'autunno del Medioevo Paravia, Torino, 1979
- 137 -
Bibliografia
Opera
Immagini
I volumi sono stati consultati e fotografati presso la Sez. Conservazione della Biblioteca Berio di Genova
La Divina Commedia di Dante Alighieri con una breve, e sufficiente dichiarazione del senso letterale [di
Pompeo Venturi] diversa in pi luoghi da quella degli
antichi commentatori. [contenente in antiporta il ritratto di Dante dalla Pinacoteca Lisca di Verona inciso
dall'Heylbrouck da un dipinto di Bernardino India] Verona, presso Giuseppe Berto, 1749
Bibliografia
La Divina Commedia di Dante Alighieri tratta da quella che pubblicarono gli Accademici della Crusca l'anno
MDXCV col commento di M.R.P. Pompeo Venturi ...
Divisa in tre tomi [Tomo I: L'inferno contenente ritratto di Dante inciso dal Littret] Venezia, presso Giambatista Pasquali, 1772
Prosa
Amoretti, Gaspare (a cura di) Il poema di Dante in prosa. Volume primo: l'inferno Signorelli, Milano, 1933
Amoretti, Gaspare (a cura di) Il poema di Dante in prosa. Volume secondo: il purgatorio Signorelli, Milano,
1933
Amoretti, Gaspare (a cura di) Il poema di Dante in prosa. Volume terzo: il paradiso Signorelli, Milano, 1933
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Lecturae Dantis nella chiesa di Orsammichele in
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Lectura Dantis Fiorentina nella sala di Dante in
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Lectura Dantis Metelliana (1986-1991) (a cura di
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- 151 -
Volume I
L'Inferno
L'Inferno
Capitolo I
Capitolo I
Dante, smarrito nella selva oscura, giunge ai piedi di
un colle illuminato dal sole
La notte del venerd santo del 1300, giunto a met della mia
vita, mi accorsi d'aver perduto la strada della virt e di essermi
smarrito nella foresta del peccato.
per me estremamente difficile raccontare ci che mi accadde
al suo interno tanto era intricata e difficile da attraversare. Il
- 157 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo I
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo I
Roma, al tempo del paganesimo, sotto la protezione di Ottaviano Augusto. Fui poeta e composi un'opera che narra delle
avventure del pietoso Enea che fugg da Troia quando la sua
superba citt fu data alle fiamme.
Ma tu perch ritorni verso un tale dolore? Perch piuttosto non
sali lungo la piacevole collina della perfezione, che princpio
e causa della beatitudine celeste?"
"Oh, ma allora tu sei quel famoso Virgilio," chiesi chinando il
capo imbarazzato. "Sei quella sorgente che spande un cos largo fiume di poesia?" E proseguii: "Oh, tu che sei onore e guida
di tutti i poeti, la passione con cui lessi le tue opere mi fu di
grande aiuto. Tu sei il mio autore preferito e da te trassi molti
insegnamenti: sei l'unico da cui appresi lo stile che mi ha reso
famoso.
Vedi l'animale che mi costringe ad indietreggiare? Aiutami
perch il cuore per la paura mi batte cos forte da farmi tremare li sangue nelle vene dei polsi."
"Se vuoi sopravvivere in questa terra cos difficile," mi rispose
quando mi vide scoppiare in lacrime, "ti conviene seguire un
altro percorso: quest'animale, che giustamente ti preoccupa,
non permette a nessuno di passare per questa strada. La lupa
ostacola tutti in maniera tale da causare la morte di chi s'avventura nella salita del colle. Ed cos perfido e malvagia di
natura che non riesce a saziare le sue voglie bramose, e dopo il
pasto ha pi fame di prima. Molti sono gli esseri viventi che
- 161 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo I
- 163 -
L'Inferno
Capitolo II
Capitolo II
Dante espone i suoi dubbi
- 165 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo II
aveva voluto prima e rinuncia all'impresa. Anch'io rinunciai all'impresa in cui m'ero lanciato cos precipitosamente.
Virgilio spiega che il viaggio voluto da Dio e da tre
donne benedette
"Se ho ben compreso il tuo discorso," mi rispose lo spirito di
quel grande uomo "la tua anima indebolita dalla vilt. Tale
inconveniente spesso ostacola l'uomo tanto da impedirgli di
compiere imprese onorevoli ma una percezione sbagliata,
come quelle che fanno impennare i cavalli.
Affinch tu mi liberi da questo timore, ti spiegher perch
venni in tuo soccorso e quello che udii fin dal primo momento
in cui m'impietosii per il tuo stato di peccatore.
Io mi trovavo nel Limbo, lontano sia sia dalla grazia sia dalla
dannazione, quando una donna bella e beata mi chiam. La sua
voce aveva una dolcezza tale
che io la pregai di farmi pure
qualunque richiesta.
I suoi occhi erano pi luminosi
delle stelle, e mi parl nella
sua lingua con voce dolce ma
al contempo pacata: "Oh nobile anima mantovana, la cui
fama ancora dura e durer fino
alla fine dei tempi, vienimi in
aiuto. Il mio amico, con cui
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo II
Dante Alighieri
La Divina Commedia
Speranza, per aiutarla e le disse: "Un tuo devoto fedele ha bisogno di te, te lo affido." La pietosa Lucia, fiera avversaria di
ogni crudelt, mi raggiunse mentre sedevo a conversare con la
vecchia Rachele, moglie del patriarca biblico Giacobbe e simbolo della Vita Contemplativa.
Mi disse "Beatrice, tu che sei la pi vera gloria di Dio, perch
non corri in soccorso di colui che t'am a tal punto da staccarsi
dalla folla mediocre per dirigersi verso Dio? Non odi la pena
angosciosa della sua invocazione? Non vedi il pericolo
di morte spirituale che l'assale sul fiume del peccato,
ch' talmente impetuoso che
quando incontra il mare, il
mare non riesce a vincerlo?
Fidandomi dell'onest della
tua eloquenza, che onora te
e quanti l'hanno udita, fui
cos veloce, nello scendere
dal mio seggio di beata e a
venir quaggi, che nessuno
al mondo fu mai cos veloce
ad agire per il proprio vantaggio o a fuggire il proprio
danno."
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L'Inferno
Capitolo II
Dopo avermi detto questo Beatrice si mise a piangere per spingermi a muovermi pi velocemente; allora mi diressi verso di
te non appena ella si gir.
Ti portai via dalla strada che incrociava la Lussuria, anche se
era la pi veloce per raggiungere il monte della perfezione.
Dunque che hai? Perch tanta esitazione? Perch tanta vilt?
Perch non mostri coraggio e franchezza?
Tre beate si occupano di te dall'Empireo ed intercedono presso
Dio affinch ti sia concessa la grazia salvifica ed io, con la mia
eloquenza, ti assicuro che la mta raggiungibile."
Dante riprende il suo cammino
Oppresso dai dubbi, mi risollevai come un piccolo fiore di
campo. Questi, infatti, reclinati e con le corolle serrate per il
rugiadoso gelo notturno, si drizzano e s'aprono ai primi raggi
di sole.
Fui preso dall'entusiasmo, tanto che iniziai a parlare senza timore: "Come fu pietosa Beatrice che venne in mio soccorso, e
anche tu, che ascoltasti la sua richiesta, come fosti nobile nell'esaudire cos rapidamente le sue veritiere parole! Con le tue
parole m'hai tranquillizzato e sono tornato al mio precedente
proponimento. Ora incamminati che entrambi abbiamo un solo
desiderio. Fammi da comandante, da guida e da insegnante."
Cos gli dissi; e, non appena si mosse, lo seguii su quella strada difficile e selvaggia.
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L'Inferno
Capitolo III
Capitolo III
I due poeti varcano la soglia dell'Inferno
"A
ATTRAVERSO
DIO,
NELLA SUA
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo III
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La Divina Commedia
bile che la morte ne avesse falciati cos tanti, seguivano correndo quella insegna.
Dopo aver identificato alcuni
di loro, vidi e riconobbi l'anima di papa Celestino V che
per vilt rinunci al soglio
pontificio e permise cos l'ascesa di Bonifacio VIII.
Compresi immediatamente e
con certezza che questa era la
schiera delle anime sdegnate
da Dio e dal demnio. Questi sciagurati, che in vita non compirono mai alcuna azione da potersi dire vivi, erano nudi e
continuamente punti da tafni e vespe. Tali insetti facevano rigare il loro vlto di sangue e questo, mescolandosi con le lacrime, veniva raccolto ai loro piedi da vermi nauseabondi.
Raggiungono sulla riva dell'Acheronte il
traghettatore Caronte
Quando guardai oltre la loro schiera, notai una immensa folla
di persone in riva ad un grande fiume. "Maestro potrei sapere
chi sono e per quale motivo sembrano tanto desiderose di attraversare il fiume, almeno cos mi pare per via della scarsa
luce."
Ed egli allora mi rispose: "Lo capirai non appena ci fermeremo
sulla riva desolata del fiume Acheronte."
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L'Inferno
Capitolo III
Allora, con gli occhi bassi per la vergogna causata dal suo rimprovero e temendo che le mie domande lo infastidissero, non
pronunciai pi una parola sino al fiume.
Non appena raggiungemmo la riva
del fiume, ecco dirigersi verso di noi,
su di una barca, un
vecchio canuto che
gridava: "Guai a
voi, anime malvagie! Non sperate di
poter mai pi vedere il cielo. Io vengo
per traghettarvi fino all'altra riva nelle tenebre eterne, tra fiamme e ghiaccio che parimenti vi tormenteranno. E tu, aggiunse
indicandomi, che sei giunto fin qui vivo, allontnati da loro
che sono morti sia fisicamente sia spiritualmente."
Ma quando vide che non me ne andavo aggiunse: "Attraverso
altre vie e altri porti giungerai alla spianata delle anime salve:
sar una barca pi leggera a doverti trasportare."
La mia guida allora intervenne: "Caronte, non te la prendere:
lass, dove la Volont Atto, si vuole questo e non chiederci
altro."
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo III
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L'Inferno
Capitolo IV
Capitolo IV
Il primo cerchio (Limbo): coloro che sono morti
prima del battesimo
Un fragoroso tuono mi risvegli bruscamente cosicch mi riscossi come uno che si sveglia a forza. Dopo essermi alzato in
piedi, osservai attorno a me con l'occhio riposato e guardai attentamente per capire dove mi trovassi.
Era certo che mi trovavo sull'orlo di quella valle abissale che
dentro di s raccoglie infiniti lamenti. Era una voragine oscura
e profonda e tanto nebbiosa che, per quanto scrutassi il fondo,
non distinguevo nulla.
"Ora scendiamo in questo punto verso il mondo senza n luce
n speranza," cominci il poeta impallidendo. "Io ti guider e
tu mi seguirai."
Notato il suo turbamento, protestai: "Come potr seguirti se tu
stesso, che sei conforto costante al mio dubitare, ti mostri timoroso?"
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L'Inferno
Capitolo IV
Per questa mancanza, non per altra colpa, siamo esclusi dalla
beatitudine celeste; ma siamo puniti soltanto con questo vivere
nel desiderio di Dio, destinato a restare inappagato."
Virgilio racconta della discesa di Cristo nel Limbo e
la liberazione dei Patriarchi
Ebbi come un colpo al cuore quando sentii ci, poich seppi
che personaggi insigni e di gran valore erano sospesi eternamente in quel Limbo.
"Dimmi, maestro e signore," chiesi per aver conferma della
verit di quell'articolo di fede che al di sopra di ogni dubbio,
"per merito suo o di altri, usc mai da qui qualche anima per
raggiungere la beatitudine?" Virgilio, che comprese perfettamente cosa intendevo domandargli con i miei giri di parole, mi
rispose: "Io ero appena giunto quaggi, quando vidi arrivare
un essere potente, incoronato come un re e con il segno della
croce sulla corona.
Egli sollev lo spirito di Adamo, capostipite del genere umano,
di suo figlio Abele e di No, il patriarca che scamp al diluvio.
Sollev anche l'ubbidiente legislatore Mos, che ricevette i
dieci comandamenti, il patriarca Abramo e il re poeta Davide.
Sollev Giacobbe, suo padre Isacco, e i suoi dodici figli, da cui
discesero le dodici trib d'Israele, e anche sua moglie Rachele,
per avere la quale in sposa aveva servito quattordici anni. E
fece beati anche molti altri.
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L'Inferno
Capitolo IV
Dante Alighieri
La Divina Commedia
sorrise compiaciuto per l'onore che mi rendevano. Poi mi resero un onore ancora pi grande del saluto e mi fecero entrare a
far parte della loro schiera in modo che fui sesto in mzzo a
poeti di cos grande fama.
Ci dirigemmo quindi verso la luce, conversando di argomenti
che ora opportuno tralasciare, cos come in quel luogo era invece opportuno discuterne.
Ingresso nel maestoso castello e rassegna di suoi
abitanti illustri
Giungemmo ai piedi di un maestoso castello, cinto da sette ordini di alte mura come le sette parti della filosofia (fisica, metafisica, etica, politica, matematica e dialettica). Era circondato
e difeso dal piacevole fiume dell'eloquenza, ma noi lo attraversammo a piedi come fsse solida terra battuta.
Entrai assieme a questi saggi attraverso le sette porte delle arti
liberali del trivio (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivio (musica, aritmetica, geometria e astronomia). Raggiungemmo quindi il prato della verdeggiante fama.
Vi erano molte persone con lo sguardo pacato e severo e con
un portamento autorevole: parlavano raramente, ma con voce
soave. Per poter avere una visuale pi ampia possibile ci spostammo cos verso uno spazio aperto centrale, illuminato e sopraelevato.
Sopra il verde prato mi furono indicati gli spiriti pi famosi, e
nel vederli provai una profonda ammirazione.
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L'Inferno
Capitolo IV
Vidi Elettra, la ninfa amata da Giove e da cui nacque il fondatore di Troia, circondata da molti suoi concittadini. Tra essi
identificai Ettore ed Enea, suoi discendenti, e Caio Giulio Cesare armato e con i suoi occhi da rapace. Vidi la vergine Camilla, che combatt contro Enea in Lazio, e la regina delle
Amazzoni, Pentasilea, che si schier con Troia e venne uccisa
da Achille.
Dall'altro lato vidi il re Latino che sedeva con sua figlia Lavinia, sposa di Enea, il cui matrimonio caus l'ostilit tra Latini e
Troiani. Vidi Lucio Giunio Bruto che cacci Tarquinio il Superbo, l'ultimo re di Roma, e Lucrezia che fu la causa di questa
cacciata. Vidi Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo, e
Marzia, moglie di Catone l'Uticense, e anche Cornelia, la madre dei Gracchi.
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L'Inferno
Capitolo IV
Non sono in grado di riferire su tutti loro in maniera esauriente: la materia vasta e incalza tanto che spesso l'esposizione
insufficiente rispetto ai fatti da narrare.
I due poeti riprendono il viaggio
Ci allontanammo dalla schiera dei poeti e, attraverso un'altra
strada, la mia saggia guida mi condusse fuori da questo luogo
tranquillo. Mi port di nuovo in mzzo all'aria vibrante per i
lamenti, in quella zona dove non c'era alcuna luce.
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L'Inferno
Capitolo V
Capitolo V
Il giudice infernale Minosse prova ad opporsi al
passaggio di Dante
Cos scesi nel
secondo cerchio, che
pi piccolo di
circonferenza
rispetto al primo, ma in
esso la pena
maggiore.
Minosse, antico re di Creta e famoso per essere stato un severissimo legislatore, si trova in questo luogo con il suo aspetto
orribile e ringhia. Prende in esame le colpe di chi entra; giudica e mostra di quanto vuole sprofondarlo nell'abisso a cui destinato attorcigliando la sua coda su se stesso.
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La Divina Commedia
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Capitolo V
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L'Inferno
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Francesca da Rimini
Virgilio allora mi rispose: "Fai attenzione e quando si avvicineranno pregali in nome di quell'amore che li porta: essi ti verranno incontro." Quindi, non appena il vento li volse verso di
noi, le interrogai: "Oh anime trafelate, venite a parlare con noi,
se Dio ve lo consente!"
Quei due uscirono dalla schiera di Didone, venendo verso di
noi attraverso l'aria maligna, tanto efficace fu la nostra affettuosa richiesta. Nel loro moto parvero fendere l'aria sorrette
dalla volont come le colombe. Queste infatti, spinte dall'amore materno, stanno quasi immobili, con le ali spiegate di fronte
al dolce nido, per nutrire i loro piccoli.
"Oh uomo pieno grazia e di benevolenza, apprezzo che vieni
in questo vento tenebroso per incontrare proprio noi che pure
morimmo nel sangue. Se fossimo stati benedetti da Dio pre- 195 -
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La Divina Commedia
gheremmo volentieri per la tua pace dato che sei cos profondamente turbato dal nostro atroce destino. Ascolteremo e parleremo con voi di quel che vi piace finch il vento, come ora,
ci da tregua.
Sono Francesca, figlia del signore di Ravenna Guido da Polenta. La terra dove
nacqui, Rimini, si
affaccia sul litorale
adriatico dove il Po
con i suoi affluenti
si getta in mare per
cercare pace.
L'amore, che infiamma all'istante i cuori pi nobili, fece ardere
quello di mio cognato, Paolo Malatesta, per il mio bel corpo fisico. Il suo amore per il mio corpo, che mi fu strappato in
modo tanto brutale da mio marito, fu cos intenso che ancora
mi avvince e mi tiene in sua bala.
L'amore, che non consente a nessuno che viene amato di non
corrispondere, me lo fece desiderare cos tanto che ancora,
come vedi, quest'uomo non mi abbandona.
L'amore ci condusse alla medesima morte; ma il nono cerchio,
quello della Caina, attende mio marito, Gianciotto Malatesta,
che ci priv della vita." Questo ci dissero.
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L'Inferno
Capitolo V
Dante Alighieri
La Divina Commedia
proposito. Quella lettura ci costrinse in pi punti ad alzare imbarazzati gli occhi, e ci fece impallidire. Ma solo un brano fu
quello che ci travolse. Quando leggemmo che un cos nobile
innamorato baci le desiderate labbra di Ginevra, Paolo, che
mai da me sar pi separato, mi baci la bocca tutto tremante.
Il libro, e chi lo scrisse ci fece da mezzano e si comport come
il siniscalco Galehaut che istig Lancillotto a baciare la regina
Ginevra. Da quel giorno infatti non leggemmo pi oltre."
Mentre uno
dei due spiriti
mi raccontava
ci,
l'altro
piangeva; cos
che io per la
commozione
svenni e caddi
a terra tramortito.
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L'Inferno
Capitolo VI
Capitolo VI
Dante rinviene nel terzo cerchio
Riapresi infine conoscenza, ch'era vacillata per la piet verso i
due cognati ed era confusa profondamente triste per loro. Vidi
allora intorno a me nuovi tormenti e nuovi dannati, comunque
io mi muovessi, in qualunque direzione mi girassi e dovunque
guardassi.
Mi ritrovai nel terzo cerchio, quello della pioggia eterna, maledetta, gelida e pesante. Cade sempre nello stesso modo e con
lo stesso immutabile ritmo. Grandine grossa, acqua torbida e
neve si riversano per l'aria tenebrosa sulla terra, che riceve
questa mistura e puzza.
I golosi, in una lurida pioggia mista a grandine,
vengono dilaniati da Cerbero
Cerbero, bestia crudele e mostruosa, latra con le sue tre gole
come un cane incombendo sulle anime che sono immerse in
queste acque putride. Ha gli occhi arrossati, la barba unta e
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo VI
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo VI
all'aiuto di papa Bonifacio VIII che ora si barcamena abilmente tra i due partiti, Bianchi e Neri.
Il superbo dominio dei Neri durer a lungo, opprimendo i
Bianchi con pesanti condanne e confische, per quanto ora si
dolgano e s'adirino di questo stesso fatto.
Il numero delle persone imparziali esiguo (sono solo due) e
comunque non vengono ascoltate. Tre sono le passioni che
hanno infiammato i cuori dei fiorentini: superbia, invidia e avidit."
Dante apprende che molti grandi fiorentini sono
dannati in altre zone
A questo punto interruppe il suo doloroso discorso.
"Vorrei che mi raccontassi ancora, e che mi facessi dono di altri chiarimenti. Rivelami dove
sono e in che condizione
si trovano i nostri pi stimati cittadini. Dove si
trova
Farinata
degli
Uberti, che vinse i Guelfi
a Montaperti e che, assieme a Tegghiaio Aldo- 203 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo VI
Cos attraversammo a passi lenti quella sucida mistura di ombre e pioggia, parlando incidentalmente del futuro. Tra questi
discorsi chiesi: "Maestro, questi tormenti aumenteranno dopo
il Giudizio Universale, saranno minori o saranno dolorosi
come ora, anche se lo spirito sar riunito al proprio corpo?"
Ed egli argoment:
"Ricorda
quello
che dice la filosofia
aristotelica:
tanto pi la persona perfetta, tanto
pi sensibile alla
percezione della
gioia o del dolore.
Quando
queste
ombre saranno riunite al corpo saranno in condizioni di maggiore perfezione. Anche se questa gente maledetta non giunger mai alla vera perfezione, che quella del corpo risorto e beatificato, pur sempre destinata ad essere meno imperfetta dopo il Giorno del Giudizio che non prima."
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Il quarto cerchio
Noi percorremmo un tratto del cerchio, parlando molto di pi
di quanto non vi racconto e giungemmo fino al punto dove degrada nel cerchio successivo.
Qui incontrammo Plutone, il
grande dmone,
il dio pagno
della ricchezza,
figlio di Giasone
e di Demetra.
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L'Inferno
Capitolo VII
Capitolo VII
Plutone, custode del quarto cerchio
"Pape Satn, pape Satn aleppe! Oh Satana, oh Satana,
oddio", cominci a gridare Plutone, dio degli inferi e della ricchezza, con voce rauca.
Virgilio, saggio di sconfinata dottrina,
mi confort
dicendomi:
"Non
aver
paura perch,
per
quanto
sia potente,
non ti impedir di scendere da questo dirupo roccioso gi nel
quarto cerchio."
Poi si rivolse a quel vlto gonfio d'ira e disse: "Taci, maledetto
lupo e roditi di rabbia! La nostra discesa nel profondo Inferno
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
voluta dal Cielo, dove l'arcangelo Michele vendic la superba ribellione di Lucifero."
A quelle parole quella fiera crudele s'afflosci a terra come cpita alle vele gonfie di vento che, quando si spezza l'albero
maestro, cadono avvolte su se stesse.
Due schiere cozzano tra loro: avidi e prodighi
Cos scendemmo
nella quarta fossa
penetrando sempre
pi nello scosceso
avvallamento dell'Inferno in cui
rinchiuso tutto il
male dell'universo.
"Ah, divina giustizia! Chi mette assieme tante nuove
pene e travagli
quante ne potei vedere in quel luogo?
E perch la nostra
colpa ci strazia in
questo modo?
In questo luogo accadde che i dannati siano sballottati in una
danza infernale, come accade all'onda proveniente dallo Ionio
d'infrangersi, nello stretto di Messina, con la corrente prove- 208 -
L'Inferno
Capitolo VII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo VII
no popoli che comandano ed altri che lnguono sottomessi all'arbitrio di questa Fortuna, che nascosta come la serpe nell'erba. Le vostre accortezze non riescono a spuntarla su di lei:
questa prevede, giudica ed agisce nel suo regno come le altre
intelligenze angeliche nel loro. I suoi mutamenti si succedono
senza tregua, ma la necessit di compiere l'ordine divino che
la rende cos veloce. Per questo sono cos numerosi quelli a cui
tocca mutare la propria condizione economica.
Questa la Fortuna, ed spesso denigrata con ingiuste parole
di biasimo e di critica anche da coloro che dovrebbero lodarla.
Ma lei beata e quindi non s'accorge nemmeno di queste maledizioni: muove la sua sfera mondana, come le altre intelligenze angeliche che muovono le sfere celesti, e gode imperturbata della sua beatitudine.
Discesa nel
quinto cerchio
lungo il fiume
che forma la
palude dello
Stige, in cui sono
immersi iracondi
ed accidiosi
Ora
scenderemo
verso un luogo ben
pi miserabile; sono
gi passate dodici
ore e tutte le stelle
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo VII
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L'Inferno
Capitolo VIII
Capitolo VIII
Segnalazioni tra le due rive dello Stige avvisano
dell'arrivo dei due poeti
Proseguendo
nel
mio racconto dovete sapere che, prima di arrivare ai
piedi dell'alta torre,
i nostri occhi corsero fino alla sua
cima a causa di due
fiamme di segnalazione che vedemmo esporre, quasi certamente per indicare il numero di anime in arrivo. Notammo
inoltre un'altra torre rispondergli da cos lontano che a stento si
poteva notare questo segnale.
Mi rivolsi al mio maestro, che un mare di saggezza, e chiesi:
"Che cosa significa questa segnalazione? E cosa gli ha risposto
quell'altra? E chi sono coloro che si scambiano questi messaggi?"
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo VIII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Mi gett quindi le
braccia al cllo e
mi baci il viso ed
esclam: "Benedetto figliolo, hai ragione ad essere
sdegnato! Quello l
era Filippo Cavicciuli della famiglia
degli Adimari, e da
vivo fu arrogante e
prepotente. A memoria d'uomo non comp mai nessuna buona
azione e per questo la sua anima s'infuria qui tra gl'iracondi.
Quanti in vita si ritengono importanti saranno quaggi ridotti a
rotolare nel fango come prci, e avranno lasciato di s un pessimo ricordo."
"Maestro, desidererei tanto, prima di lasciare queste acque, vederlo spingere sotto a questo pantano melmoso."
"Sarai soddisfatto ben prima di
vedere l'altra sponda," mi rispose allora, "in quanto il tuo
un giusto desiderio."
Sbito dopo scorsi come le anime che erano immerse nella
palude lo straziavano ma vidi
poco, e quel poco che vidi era
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L'Inferno
Capitolo VIII
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo VIII
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La Divina Commedia
Gi la dimostrarono di fronte alla porta principale, quando Cristo scese negli inferi, e
quella ancora adesso
scardinata. E tu hai gi
potuto vedere la scritta
incisa sopra di essa che
annunzia la morte eterna.
Colui che ci garantir
l'ingresso alla citt di
Dite proprio ora ha gi
varcato quella porta e discende per i costoni attraversando,
senza scorta e senza guida, i cerchi infernali.
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L'Inferno
Capitolo IX
Capitolo IX
Virgilio assicura Dante di aver gi fatto il viaggio
Quel pallore dovuto alla paura, che m'era da poco apparso sul
viso vedendo la mia guida tornare indietro, spar rapidamente.
Virgilio si ferm con l'orecchio teso perch l'occhio a causa
dell'oscurit e della densa caligine, a causa dell'oscurit e della
densa caligine, non poteva scorgere lontano.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo IX
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo IX
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo IX
Tutti i loro coperchi erano sollevati e da questi sarcofaghi uscivano lamenti cos angosciosi, che appartenevano certamente a
gente dannata e tormentata.
"Maestro, chi sono quelli che sepolti dentro a quei sarcofaghi
fanno udire i loro sospiri dolorosi?"
"Qui si trovano i capi di ogni stta eretica ed i loro adepti, poich anche in vita l'eresia viene punita con il rogo. Le tombe
sono molto pi piene di quanto non puoi immaginare. Gli eretici di ogni stta sono sepolti uno sull'altro e, a seconda della
gravit del loro credo, i sepolcri sono pi o meno infuocati."
Poi si gir a destra e passammo in mzzo tra i sepolcri roventi
e le alte mura.
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L'Inferno
Capitolo X
Capitolo X
Gli Epicurei
Il mio maestro procedette per uno stretto sentiero, tra le mura
della citt di Dite e le tombe infuocate, e io lo seguivo tant'era
stretto.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
"Oh maestro sommamente virtuoso, che mi conduci liberamente attraverso gli empi cerchi infernali," cominciai a dire,
"parla e risolvimi un dubbio. Sarebbe possibile vedere le anime che giacciono dentro ai sepolcri? Tutti i coperchi sono gi
sollevati, e non vi nessuno di guardia."
Virgilio mi rispose: "Tutti
coperchi saranno definitivamente
serrati solo
quando i dannati ritorneranno qui dalla valle di
Giosaft,
dove avverr il Giudizio Universale, con i loro corpi che ora
sono rimasti sulla terra.
In questa parte della citt di Dite sono sepolti il filosofo greco
Epicuro e tutti i suoi seguaci, che ritengono che l'anima muoia
assieme con il corpo. Perci sar sbito soddisfatta la tua domanda e anche il tuo desiderio, sebbene non espresso a parole."
"Mia buona guida, non ti tengo nascosto il mio desiderio ma
non parlo troppo, e tu stesso mi hai gi pi volte istruito in tal
senso."
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L'Inferno
Capitolo X
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo X
Dante Alighieri
La Divina Commedia
Dopo che ebbe scosso il capo sospirando, disse: "Non fui l'unico a compiere tale strage, n certamente mi sarei mosso con gli
altri esuli senza un motivo. Ma fui il solo a difendere Firenze
apertamente l dove tutti acconsentirono di raderla al suolo,
come richiesto da re Manfredi."
Farinata spiega come i dannati possano conoscere il
futuro
"Allora possa un giorno aver pace la vostra discendenza e, se
potete," lo pregai, "scioglietemi il dubbio che ora mi sta annebbiando la mente. Sembra che voi prevediate il futuro, se ho
ben capto, mentre riguardo al presente seguite una norma differente."
Rispose: "Noi vediamo malamente le cose che sono lontane,
come i presbiti; perch solo di tanto in tanto, nonostante siamo
dannati, la luce di Dio risplende nel nostro intelletto.
Quando le cose si avvicinano o sono presenti, il nostro intelletto ci del tutto inutile. Se qualche altro dannato, arrivando,
non ci portasse notizie fresche, non sapremmo nulla della condizione degli uomini. Puoi ben capire quindi che la nostra conoscenza sar del tutto estinta nel momento in cui non ci sar
pi futuro, cio dopo il Giudizio Universale."
Allora, come pentito per la mia esitazione, gli chiesi: "Spiegate
allora voi a Cavalcante che suo figlio ancora vivo. Se io prima non fui pronto nel rispondere, lo feci perch gi riflettevo
sul dubbio che mi avete ora risolto."
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L'Inferno
Capitolo X
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La Divina Commedia
Terminato di parlare, Virgilio si mosse verso sinistra. Ci allontanammo dalle mura della citt di Dite e procedemmo verso la
parte centrale del cerchio per un sentiero che conduce in una
valle, che esalava fin lass il suo fetore molesto.
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L'Inferno
Capitolo XI
Capitolo XI
I due poeti si soffermano dietro alla tomba di papa
Anastasio per abituarsi al puzzo del cerchio
successivo
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XI
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'uomo pu agire violentemente anche contro la propria persona o i propri beni. Quindi giusto che si pentano inutilmente
nel secondo girone i suicidi, chi si riduce in miseria per il gioco d'azzardo e poi si dispera mentre avrebbe potuto essere felice.
Gli uomini possono agire violentemente anche contro Dio ed
essere atei o bestemmiatori, oppure disprezzando le leggi di
natura e la sua bont. Il terzo girone bolla quindi con il suo
marchio a fuoco i lussuriosi sodomiti, gli usurai e chi parla disprezzando Dio nel suo intimo.
L'uomo pu ingannare con la frode, che offende profondamente ogni coscienza, sia chi ha fiducia in lui sia chi non ne ha.
Questo secondo tipo di frode, che inganna chi non ha fiducia,
sembra che spezzi il vincolo dell'amore naturale. Nel cerchio
successivo, ossia l'ottavo, si annidano allora ruffiani, lusingatori, simoniaci, maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri
fraudolenti, seminatori di scandali, scismatici e falsari.
Il primo tipo di frode, che inganna chi si fida, spezza invece,
oltre ai vincoli di amore naturali, anche quelli creati successivamente da una particolare fiducia: ossia parentela, amor di
patria, ospitalit e amicizia. Per questo motivo nel cerchio pi
interno, dov' conficcato Lucifero, viene consumato in eterno
chiunque abbia tradito."
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L'Inferno
Capitolo XI
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XI
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L'Inferno
Capitolo XII
Capitolo XII
I due scendono lungo una frana, custodita dal
Minotauro, fino al settimo cerchio
Il luogo dove ci dirigemmo per scendere
il dirupo era franato
come in montagna
e, oltretutto, era frequentato da un dmone la cui vista
avrebbe causato ribrezzo a chiunque.
Il pendio era cos
scosceso e impervio che somigliava a quella frana che a sud di
Rovereto si abbatt sull'Adige, o per un terremoto o per l'erosione del terreno sottostante dovuta all'acqua del fiume.
- 247 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XII
precipitammo gi lungo la frana, con le pietre che spesso cedevano sotto i miei piedi a causa dell'insolito peso.
Riflettevo mentre procedevo e Virgilio mi chiese: "Stai forse
pensando a questa frana custodita da quella furia bestiale che
ho appena spento.
Devi sapere
che la volta
precedente,
quando scesi
qua gi nel
basso Inferno,
questa sponda
rocciosa non
era ancora franata.
Ma
sicuramente, se ricordo bene,
poco
prima
della venuta
di Cristo, che
priv il Limbo di un gran numero di anime, la profonda e sozza valle trem da ogni parte. Trem talmente che pensai che
l'universo fsse clto da un impeto d'amore divino. Pensai addirittura che, come sostiene Empdocle, sarebbe tornato ancora una volta al primitivo caos oscillando tra unificazione e se- 249 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XII
Uno di loro grid da lontano: "A quale pena siete destinati voi,
che scendete lungo la costa? Ditemelo sbito altrimenti tendo
l'arco."
Il mio maestro replic:
"Risponderemo solo a
Chirone
quando saremo vicini: la
tua irruenza
non ti ha mai
giovato."
Poi mi tocc leggermente con il gomito e spig: "Quello
Nesso. Fu ucciso da Ercole mentre tentava di rapirgli la moglie
Deianira e, morendo, per vendetta le don una camicia da fare
indossare al marito che, invece di farlo innamorare, l'avvelen.
Quello al centro, con il capo chino sul petto, il grande Chirone, che fu precettore di Achille; quell'altro Folo, che fu cos
pieno di sconsiderata violenza da saltare addosso alla sposa di
Pirtoo durante il banchetto di nozze.
I centauri sono a migliaia di ronda attorno al fossato, e colpiscono con le frecce le anime dei dannati che tentino di tirarsi
fuori dal fiume di sangue pi di quanto non gli competa, in
base all'entit della loro colpa."
- 251 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
Ci avvicinammo a quelle
belve veloci:
Chirone prese
una freccia, e
con la cocca si
pettin all'indietro la barba
tirandosela fin
sulla spalla.
Non appena ebbe scoperto la sua grande bocca fece notare ai
suoi compagni: "Vi siete accorti che quello che dietro muove
i sassi che tocca? vivo: questo non cpita con i piedi delle
anime."
La mia buona guida, che gli arrivava a stento al petto, l dove
si congiungono le sue due nature di uomo e di cavallo, rispose:
" effettivamente vivo, e a lui, a lui soltanto, devo mostrare la
valle infernale: lo spinge la necessit e non il diletto. Una donna scese dal cielo e mi affid questo straordinario incarico.
Non un brigante, n io sono l'anima di un ladro. Ma in nome
della virt divina, che mi consente di percorrere questa strada
cos impervia, prestaci uno dei tuoi a cui possiamo stare vicini.
Che ci mostri il punto dove poter guadare il fiume e che lo
porti in groppa, poich costui non uno spirito che possa camminare sospeso a mezz'aria."
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L'Inferno
Capitolo XII
Chirone si gir a destra e ordin a Nesso: "Torna indietro. Guidali tu e allontana da loro ogni drappello di centauri che li
ostacoli."
Il centauro Nesso trasporta i due oltre il fiume, nel
secondo girone
Ci muovemmo dunque con questa scorta fidata lungo la riva
del Flegetonte, ribollente di sangue, dov'erano immersi i dannati che sentivamo gridare.
Vidi molte anime immerse in quel fiume fino alle sopracciglia,
tanto da riempirlo tutto fino alla riva. Nesso mi spieg: "Sono i
tiranni che uccisero e depredarono. Qui si piangono i danni arrecati agli altri senza alcuna piet.
Qui si trovano Alessandro di Fere, tiranno della Tessaglia, ladro e distruttore di popoli, e il crudele Dionisio il vecchio, che
don alla Sicilia quarant'anni dolorosi. E quella che ha i capelli
cos neri, la fronte di Ezzelino III da Romano, signore di Padova. Quell'altro che biondo il marchese di Ferrara Obizzo
II d'Este, il quale fu ucciso dal figlio snaturato Azzo VIII."
Allora mi girai verso il poeta e questo mi disse: "Fatti precedere dal centauro, io ti seguo."
Poco dopo il centauro si ferm presso un brulicho di anime
che pareva immersa fino alla gola in quel liquido ribollente, simile alla sorgente ferruginosa e calda di Viterbo. Ci mostr
un'ombra che si trovava sola e appartata in un angolo e ci disse: "Quello il conte Guido di Montfort che assassin Enrico
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Poi vidi una moltitudine che teneva la testa e anche tutto il petto fuori del fiume, e tra questi ne riconobbi molti. Cos, man a
mano che procedevamo, il livello del fiume andava diminuendo fin tanto da ustionare soltanto i piedi dei dannati. In questo
punto trovammo il nostro guado.
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L'Inferno
Capitolo XII
"Cos, come vedi, da questo lato la profondit del fiume diminuisce progressivamente," disse il centauro. "Ma da quell'altra
parte il fiume aumenta nuovamente la sua profondit, fino a
che diventa massima l dove sono puniti giustamente i tiranni.
In questo punto la giustizia divina punisce il re degli Unni Attila, che fu sulla terra un terribile flagello, e il re dell'Epiro Pirro, che contrast Roma, e il figlio di Tarquinio il superbo, Sesto, che violent la nobile Lucrezia.
Per l'eternit munger le lacrime che spilla a caldo ai famosi
banditi Rinieri da Corneto, che terrorizz la Maremma, e Rinieri dei Pazzi, scomunicato per aver assassinato un vescovo, i
quali resero le nostre strade cos pericolose."
Poi, terminato il suo cmpito, si volt e riattravers quel pantano.
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L'Inferno
Capitolo XIII
Capitolo XIII
Il secondo girone del settimo cerchio: i violenti
contro se stessi (suicidi) e le cose (scialacquatori)
Dante Alighieri
La Divina Commedia
tra il fiume Ccina e la localit di Corneto, non vivono tra sterpi cos irti, pungenti e folti.
In questo luogo nidificano le orride Arpie, met donne e met
uccelli, che cacciarono i Troiani dalle isole Strofadi annunciando loro le future sventure. Hanno ali larghe, cllo e viso
umani, piedi con artigli, e corpo di uccello coperto di penne.
Emettono strani gemiti, lamentandosi dalla cime di quegli alberi.
E il mio buon maestro: "Prima che tu t'inoltri nel bosco, sappi
che sei oramai nel secondo girone del settimo cerchio" cominci a dire, "e vi rimarrai fino a quando non raggiungerai una
terribile distesa sabbiosa. Osserva quindi con attenzione, cos
noterai cose che, se te le raccontassi adesso, ti sembrerebbero
incredibili."
Dante strappa un ramoscello dal quale sgorgano
parole e sangue
Sentivo provenire da ogni parte gemiti lamentosi ma non vedevo colui che li emetteva e quindi mi fermai confuso.
Credo che Virgilio pensasse che io potevo immaginarmi che
cos tante voci provenissero da anime che si nascondevano in
mzzo a quegli alberi secchi. Perci il maestro mi disse: "Se tu
spezzi un qualsiasi rametto ad una di queste piante, quanto stai
pensando si dimostrer erroneo."
Allora allungai la mano e colsi un ramo da un grande pruno
spinoso, e il suo tronco grid: "Perch mi spezzi?" Si copr di
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L'Inferno
Capitolo XIII
sangue e ricominci a dire: "Perch mi strappi? Non hai dunque alcuna piet? Fummo uomini, e ora siamo sterpaglia. La
tua mano avrebbe dovuto essere pi pietosa anche se fossimo
state anime di serpenti."
Dal ramo rotto uscirono insieme parole e sangue come da un
ramo verde posto nel fuoco da uno dei lati e che geme e stride
a causa del vapore che ne esce. Io lasciai cadere a terra il
ramo, e rimasi immobile e terrorizzato.
"Anima ferita,
costui
non
avrebbe mai
steso la sua
mano contro di
te, se avesse
potuto credere
senza
provare," rispose il saggio
Virgilio, "ci
che finora ha
letto solo nella
mia
poesia.
Nell'Eneide infatti racconto che Polidoro, figlio del re di Troia,
venne ucciso per avidit da Polinestore re della Tracia. Sul suo
corpo crebbero dei cespugli ed Enea, giunto sul posto, ne
strapp alcuni per ornare gli altari: dai rami spezzati usc il
sangue e il lamento di Polidoro.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XIII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Quando l'anima, che stata cos crudele, si separa dal suo corpo, da cui essa stessa s' volontariamente strappata, Minosse la
scaglia nel settimo cerchio. Essa cade a caso nella selva e non
in un luogo prestabilito; qui germoglia come gramigna. Spunta
in forma di rovo o di albero selvatico e poi le Arpie, nutrendosi
delle sue foglie, le causano dolore e permettono a questo dolore di manifestarsi.
Come le altre anime, anche noi verremo infine a riprendere i
nostri corpi, ma non per questo ce ne rivestiremo, poich non
giusto riavere indietro ci di cui ci si privati volontariamente.
Trascineremo fin qui i nostri corpi ed essi saranno appesi nella
triste selva, ciascuno penzolante dalla pianta in cui rinchiusa
la sua anima, nemica del suo stesso corpo."
Violenti contro le cose (gli scialacquatori): Lano da
Siena e Giacomo da Sant'Andrea
Eravamo ancora in attesa ai piedi del tronco, credendo che ci
volesse dire altro, quando fummo sorpresi da un rumore simile
a quello che si sente quando arriva il cinghiale e i cani da caccia. Nel luogo dove si appostati si odono allora il latrato dei
cani e lo stormire delle fronde.
Ecco apparire a sinistra due individui, nudi e graffiati, che
scappavano cos in fretta da rompere ogni fronda. Quello che
correva davanti gridava: "Soccorrimi. Soccorrimi presto, oh
morte!" E l'altro, che si accorgeva di restare troppo indietro, lo
sbeffeggiava: "Ercolano Maconi, non furono cos veloci le tue
gambe nella battaglia della Pieve al Toppo, quando fosti ucciso
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L'Inferno
Capitolo XIII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XIV
Capitolo XIV
Terzo girone del settimo cerchio: una spiaggia
infuocata in cui vengono puniti i violenti contro Dio:
i bestemmiatori
Poich l'amore di patria mi commosse, radunai i rami sparpagliati e li restituii a quell'anima, la cui voce s'andava affievolendo.
Giungemmo quindi al confine con il terzo girone, dove si contempla la spaventosa azione della giustizia. Per illustrare bene
cose mai viste prima, vi devo spiegare che arrivammo in una
pianura priva di vegetazione. La dolorosa e triste foresta dei
suicidi la circonda, come il fiume di sangue del Flegetonte circonda quest'ultima. Qui ci fermammo proprio sul margine.
Il suolo era formato da una sabbia asciutta e compatta, non diversa da quella che fu calpestata nel deserto libico da Catone
Uticense, al comando dell'esercito pompeiano in guerra contro
Cesare.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XIV
Dante Alighieri
La Divina Commedia
tami!", come accadde durante la battaglia di Flegra, tra i giganti e gli di. Non potrebbe essere soddisfatto anche se mi
fulminasse nuovamente con tutta la sua forza."
Allora la mia guida url, come non lo avevo mai udito finora:
"Oh Capaneo, sei maggiormente punito proprio perch non
riesci a moderare la tua superbia: nessuna pena, eccetto che essere divorato dalla tua stessa rabbia, sarebbe adeguata al tuo
insolente furore."
Poi si rivolse verso di me con il vlto sorridente spiegando:
"Quello fu Capaneo, uno dei sette re che assediarono Tebe. Salito sulle mura della citt, sfid i suoi numi protettori, Bacco
ed Ercole. Per questo Giove in persona lo fulmin. Disprezz
Dio e sembra che lo disprezzi ancora e lo stimi ben poco; ma,
come gli dissi, i suoi atteggiamenti sono ora appropriati alla
sua condizione.
Seguimi adesso. Stai attento a non mettere i piedi sulla sabbia
ardente, ma cammina sempre rasente al margine del bosco."
In silenzio giungemmo l, dove scaturisce dalla selva un torrente il cui colore rosso ancora mi fa raccapricciare. Quel fiume scorreva gi attraverso la sabbia come l'acqua calda del
lago ferrigno Bulicame esce in un ruscello che poi le lavoranti
della canapa di Viterbo dividono fra di loro incanalandole in
varie piscine di macerazione.* Il suo letto, le sponde e gli argi* Preferisco, in questo caso, leggere pettinatrici o lavoranti della canapa
("pettatrici") invece di peccatrici o prostitute ("peccatrici") che
utilizzerebbero le acque a scopi medicamentosi.
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L'Inferno
Capitolo XIV
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XIV
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L'Inferno
Capitolo XV
Capitolo XV
Ingresso nella seconda zona del terzo girone
Procedemmo sopra
una delle sponde di
pietra; e il vapore
del ruscello faceva
ombra e riparava
dalle fiamme cadenti sia l'acqua sia
gli argini.
Quegli argini erano
impressionanti,
quantunque il costruttore, chiunque fsse, non li avesse fatti n
troppo alti n troppo larghi. Assomigliavano in piccolo alla
diga che i Fiamminghi, temendo la marea, innalzarono tra
Wissant e Bruges. Assomigliavano pure alla diga che i Padovani innalzarono lungo il corso del Brenta, per proteggere le
loro citt e i loro castelli dalle inondazioni quando, per il caldo, si sciolgono le nevi sulle Alpi Carniche.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XV
Se volete che mi fermi e mi sieda qui con voi, lo far volentieri; sempre se l'approva il mio compagno di cammino."
"Figliolo," disse, "chiunque di questa schiera si fermi anche
per un solo istante, costretto poi a giacere per cento anni senza difesa quando la pioggia di fuoco lo ferisce. Procedi: io ti
camminer accanto; poi torner dalla mia brigata, che sconta
piangendo la sua pena eterna."
Io non osavo scendere dall'argine per camminare affianco a lui
come avrei voluto, ma nonostante questo chinai il capo pieno
di rispetto.
Affettuoso discorso di Brunetto e profezia dell'esilio
di Dante
Egli cominci a chiedermi: "Quale caso o quale volere superiore ti conduce quaggi prima della morte? E chi costui che
indica il cammino?"
"Lass, nel
mondo
che
pur, rispetto a
questo, pare
sereno," gli
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
risposi, "mi smarrii in una valle, prima di aver compiuto trentacinque anni.
Soltanto ieri mattina l'ho lasciata alle mie spalle e costui, che
vedi con me, giunse mentre stavo per tornare indietro. Ora mi
conduce sulla retta via attraverso questo difficile cammino."
Ed egli: "Se segui l'influsso del tuo segno zodiacale non puoi
che approdare alla gloria, se giudicai bene da vivo. Se non fossi morto cos presto, vedendo che il cielo ti cos favorevole,
ti avrei incoraggiato nella tua opera politica e letteraria.
I Fiorentini, ingrati e perversi, anticamente discesero dai Fiesolani, quando la loro citt fu distrutta dai Romani per aver
aiutato Catilina. Ancora oggi sono duri e rozzi come allora e ti
saranno ostili, per via della tua rettitudine. Ed giusto, poich
il dolce fico non deve produrre i suoi frutti in mzzo agli aspri
sorbi. Un vecchio detto li dice ciechi, e sono avidi, invidiosi e
superbi: mantieniti immune dai loro costumi.
La sorte ti riserva tanto onore, che entrambi i partiti cercheranno di estirparti; ma l'erba tenera sar ben lontana da questi caproni. Le bestie fiesolane facciano quindi foraggio di loro stesse e non tocchino la pianta, se in mzzo al loro letame ne nasce
ancora qualcuna, nella quale rivive la discendenza dei Romani.
I coloni romani infatti si unirono ai Fiesolani deportati quando
si fond questo covo di cos grande malvagit."
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L'Inferno
Capitolo XV
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XV
Se mai tu desiderassi
guardare una tale piattola, avresti potuto anche vedere il vescovo
di Firenze Andrea dei
Mozzi che fu trasferito
da papa Bonifacio
VIII a Vicenza, dove
poi mor nel peccato.
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L'Inferno
Capitolo XVI
Capitolo XVI
Incontro con altri tre sodomiti fiorentini
Ero arrivato fin l dove si udiva, simile a quel ronzio che producono gli alveari, lo scrscio dell'acqua del Flegetonte che
precipitava nel cerchio seguente.
Tre ombre si
staccarono
contemporaneamente,
correndo, dal
nuovo gruppo che vedevo ora passare sotto la
pioggia
di
questo crudele supplizio.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XVI
Dante Alighieri
La Divina Commedia
poich sarei stato bruciato e arso dalle fiamme, la paura prevalse sulla mia lodevole voglia di abbracciarli.
Poi risposi loro: "La vostra condizione non suscita in me disprezzo, ma un dolore cos acuto, che trascorrer molto tempo
prima che riesca a liberarmene del tutto. Tale dolore cominci
fin da quando il mio signore Virgilio m'accenn di voi ed io
compresi che si avvicinavano anime grandi, quali in effetti siete.
Appartengo alla vostra stessa citt, e sempre udii e parlai di
voi e delle vostre opere con venerazione e commozione.
Ora lascio l'amarezza del peccato e mi dirigo verso i dolci frutti della salvezza, a me promessi da questa mia onesta guida;
ma prima occorre che giunga fino al centro della terra."
"Possa tu vivere a lungo," rispose ancora quello che mi aveva
parlato, "e la tua fama risplendere ben oltre la tua vita. Ma dicci se nella nostra citt abitino ancora cortesia e valore, cos
com'era per tradizione, o se sono completamente scomparse.
Te lo chiediamo poich Guglielmo Borsiere, cavaliere costumato, che da poco soffre qui assieme a noi e cammina l con i
nostri compagni, ci addolora non poco per gli eventi che ci ha
riferito."
Allora gridai a testa alta: "Le persone venute su dal nulla e gli
improvvisi guadagni hanno prodotto in te, Firenze, tanta superbia e sfrenatezza che gi ne soffri per gli effetti." E i tre, che
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L'Inferno
Capitolo XVI
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XVI
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L'Inferno
Capitolo XVII
Capitolo XVII
Il dmone Gerione
"Ecco il mostro dalla coda acuminata che scavalca le montagne e penetra nelle case e attraverso le corazze. Ecco colui che
appesta tutto il mondo con il suo fetore!" Cos cominci a
spiegarmi la mia guida; e gli fece segno di accostarsi all'orlo
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
del girone, vicino al bordo degli argini di pietra su cui avevamo camminato.
Quel laido simbolo della frode ci raggiunse, e pose a riva la testa e il tronco, ma non la sua coda. Il suo vlto era di uomo
onesto, tanto benevolo era il suo aspetto. Tutto il resto del corpo era di serpente; aveva due zampe con artigli e pelose fino
alle ascelle, che rappresentano la crudelt del male. Aveva il
dorso e il petto e ambedue i fianchi disegnati con nodi intricati
e fregi circolari, simbolo dei raggiri e degli inganni. Neppure i
Tartari o i Turchi riuscirono mai a fare tappeti con una tale variet di colori, fondi e rilievi; neppure Aracne, mitica tessitrice
della Lidia, che vinse la dea Minerva nella tessitura e fu da lei
trasformata in ragno, riusc mai a elaborare tele con simili disegni.
Come a volte le barche sono ferme a riva, con la poppa in acqua e la prua in secco, e come nelle terre dei Tedeschi crapuloni il castoro si prepara a pescare con la coda in acqua, cos il
peggiore di tutti i mostri, stava sul margine pietroso che cinge
la distesa di sabbia infiammata.
L'intera sua coda guizzava nel vuoto, ritorcendo verso l'alto la
coda biforcuta, ad indicare la doppiezza della frode, che aveva
l'estremit velenosa come quella di uno scorpione.
Virgilio disse: "Dobbiamo deviare un poco fino a raggiungere
quella perversa bestia." Perci scendemmo a destra e percorremmo dieci passi sull'orlo del settimo cerchio, per evitare
completamente la sabbia e la pioggia di fuoco.
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L'Inferno
Capitolo XVII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
loro famiglia e sembrava che il loro sguardo traesse nutrimento da queste borse.
Avvicinandomi e osservandoli pi attentamente, notai su di
una borsa gialla un leone azzurro: lo stemma dei guelfi Gianfigliazzi. Mentre il mio sguardo procedeva oltre, ne vidi un'altra
rossa come sangue, che mostrava un'oca candida pi del burro:
lo stemma dei Ghibellini Obriachi.
A questo punto uno, che aveva disegnata sulla sua borsa bianca una grossa scrofa azzurra, mi disse: "Che ci fai in questo
abisso? Vattene! Anzi, poich sei ancora vivo, sappi che mio
genero, Vitaliano del Dente, sar podest a Vicenza e poi a Padova, e infine seder qui alla mia sinistra. Sono padovano, nonostante stia assieme a questi fiorentini, e mi chiamo Reginaldo degli Scrovegni.
Molte volte i miei compagni mi assordano gridando: Presto
arriver il principe degli usurai, che porter la borsa coi tre
caproni neri! Venga Giovanni Buiamonte, della famiglia dei
Becchi: l'attendiamo!" A questo punto storse la bocca e tir
fuori la lingua, come un bue che si lecchi il naso.
E io, temendo che il rimanere pi a lungo infastidisse Virgilio
che mi aveva raccomandato di non indugiare, tornai indietro,
allontanandomi da quelle anime afflitte.
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L'Inferno
Capitolo XVII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XVIII
Capitolo XVIII
Ottavo cerchio detto anche Malebolge perch diviso
in dieci sacche o bolge
Questa parte dell'Inferno chiamata Malebolge, ed costituita
interamente
da una pietra
livida, come
la parete rocciosa che tutt'attorno lo
circonda.
Proprio nel
centro
di
questa spianatamalvagia si apre un pozzo molto largo e profondo che porta dall'ottavo al nono cerchio e di cui descriver la struttura
quando sar il momento giusto.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XVIII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XVIII
Mentre diceva queste parole un diavolo lo colp con la sua frusta di cuoio e disse: "Vattene da qui, ruffiano! In questo luogo
non vi sono donne da ingannare."
I seduttori delle donne: Giasone
lo mi riavvicinai al mio compagno con cui, percorsi pochi passi, giungemmo in quel punto da dove partiva, dalla parete rocciosa, un ponte di pietra. Salimmo su di esso con molta facilit; camminammo diretti a destra, sul suo fondo scheggiato, e ci
allontanammo da quell'eterno girare.
Quando raggiungemmo il centro della campata del ponte, per
consentire il passaggio dei frustati, la mia guida disse: "Frma- 299 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XVIII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
- 302 -
L'Inferno
Capitolo XIX
Capitolo XIX
La terza bolgia. Invettiva contro i simoniaci
conficcati nelle buche
- 303 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XIX
- 305 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
Io stavo come un
frate che confessa
un sicario spergiuro. Questo, condannato ad essere sepolto vivo, dopo
essere stato posto a
testa in gi nella
fossa lo richiama
pi volte vicino a
s, prima che lo ricoprano di terra,
per allontanare la
morte il pi possibile.
Papa Nicol profetizza la dannazione di Bonifacio
VIII e di Clemente V
Questo dannato, che fu assassino della Chiesa, grid: "Sei gi
qui, Bonifacio? Sei gi qui? Il libro del futuro mi ha ingannato
di molti anni.
Sei gi sazio di quei beni terreni per cui non esitasti ad impadronirti con l'inganno della Chiesa, e a devastarla?"
lo rimasi interdetto come chi, per non aver capto la risposta,
non sappia replicare.
Allora Virgilio sugger: "Digli sbito: Non sono io, non sono
io colui che aspetti." E io risposi come mi ordin.
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L'Inferno
Capitolo XIX
- 307 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
capovolto, gi pi lungo di quello nel quale egli star confitto con i piedi arsi.
Dopo di lui giunger molto presto il guascone Clemente V.
Egli, per aver venduto
delittuosamente la Chiesa
alla Francia e trasportato la sede papale ad Avignone,
sar tale da dover
ricoprire noi due.
Sar un novello
Giasone che, nel
secondo Libro dei Maccabei, compr il sommo sacerdozio degli Ebrei dal re di Siria, Antioco Epifane. Come questo sovrano si mostr compiacente nei confronti di Giasone, cos anche
sar il re di Francia, Filippo il Bello, nei confronti di questo
papa."
Invettiva contro i pontefici simoniaci
Io non so a questo punto se fui troppo temerario perch, pur
essendo stato pontefice, gli risposi in questo modo: "Ma quanta ricchezza pretese mai Ges da san Pietro prima di affidargli
le chiavi del cielo? Certamente non chiese altro se non di seguirlo. N Pietro n gli apostoli tolsero a Mattia oro o argento,
quando questi venne sorteggiato per occupare il posto che fece
dannare il malvagio Giuda Iscariota. giusto quindi che tu sia
- 308 -
L'Inferno
Capitolo XIX
- 309 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
- 310 -
L'Inferno
Capitolo XX
Capitolo XX
La pena degli indovini nella quarta bolgia
- 311 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
ziosa e piangente, avanzare lentamente in questa valle circolare al passo che tengono le processioni.
Quando abbassai il mio sguardo notai che ciascuno di loro,
sembrava avere il cllo ruotato verso il dietro in maniera innaturale. La faccia era girata dal lato della schiena e dovevano
camminare all'indietro, poich non potevano vedere davanti a
s. Forse questo pu essere gi capitato a qualcuno per una paralisi; ma io non lo vidi mai accadere, n credo sia mai avvenuto.
Dante prova compassione per questi dannati e
Virgilio lo rimprovera
Lettore, se Dio ti lascer trarre utile frutto da queste righe, immedesimati e pensa come avrei mai potuto trattenermi dal
piangere quando vidi da vicino dei corpi umani cos devastati.
Le loro lacrime scorrevano sulla schiena bagnando la fenditura
tra le natiche. Pure io piangevo, appoggiato ad una delle sporgenze della roccia. Allora il mio accompagnatore mi disse:
"Sei come tutti gli altri sciocchi! Perch ti commuovi di fronte
alla punizione dei malvagi? Il non aver compassione di costoro
, qui, la piet pi grande che si possa avere: quale colpa
peggiore del soffrire osservando gli effetti della giustizia divina?
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L'Inferno
Capitolo XX
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XX
- 315 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XX
Dante Alighieri
La Divina Commedia
- 318 -
L'Inferno
Capitolo XXI
Capitolo XXI
Nella quinta bolgia i barattieri sono immersi nella
pece
Cos procedemmo da un ponte all'altro parlando di cose che la
mia opera ora non tratta.
Giungemmo sul punto pi alto del ponte successivo, quando ci
fermammo per vedere quest'altra fenditura di Malebolge e
questi altri inutili pianti. Da lass notai che era straordinariamente buia.
Era come visitare la drsena veneziana durante l'inverno quando s'incolla e si spalma di nuovo la pece bollente sui navigli
danneggiati e che non possono navigare. Invece di navigare,
che d'inverno non si pu, alcuni rimettono a nuovo la loro
nave e altri chiudono con la stoppa le falle sulle fiancate di
navi che hanno fatto innumerevoli viaggi. Vi chi ribatte i
chiodi a prua e chi a poppa; altri fabbricano remi ed altri intrecciano le funi; alcuni rattoppano le vele, sia quelle minori
che quelle maggiori. Cos dunque, non a causa del fuoco ma
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
per opera di Dio, bolliva laggi una pece densa, che impiastrava entrambe le rive con uno strato viscoso.
Io vedevo questa pece, ma in essa non scorgevo altro se non le
bolle che l'ebollizione sollevava, e la vedevo gonfiarsi e ricadere abbattendosi su se stesse.
Un diavolo reca sulle spalle un dannato e lo getta
nella pece dall'alto del ponte
Mentre osservavo il fondo
della bolgia,
la mia guida,
dicendomi di
far attenzione, mi tir a
s dal luogo
dov'ero.
Allora, con le
gambe
che
tremavano per l'improvvisa paura, mi voltai impaziente di vedere ci che avrei dovuto fuggire e: per meglio vedere, non
avevo fretta di muovermi. Vidi giungere alle nostre spalle un
diavolo nero che correva su per la roccia del ponte.
Quanto era minaccioso e feroce mentre avanzava con le ali
spiegate e in punta dei piedi a piccoli passi! Un dannato pog-
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L'Inferno
Capitolo XXI
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXI
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXI
- 325 -
L'Inferno
Capitolo XXII
Capitolo XXII
La marcia dei diavoli rammenta la marcia dei soldati
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXII
via. Graffiacane, che gli era di fronte, gli uncin i capelli impeciati e lo sollev come una lontra lucida e umida.
Io conoscevo gi il
nome di ognuno di
loro poich stavo
attento
quando
vennero scelti, e
poi li ascoltavo
quando si chiamavano l'un l'altro.
"Oh Rubicante, artiglialo e scuoialo!"
urlarono in coro i
malvagi diavoli.
E io: "Maestro mio, cerca, se puoi, di sapere chi lo sventurato caduto in bala dei suoi nemici." La mia guida gli si avvicin al fianco e gli chiese di dove fsse.
Quello rispose: "Nacqui nel regno di Navarra ed ebbi nome
Jean-Paul. Mia madre, che mi aveva generato con uno sciagurato suicida e scialacquatore, mi mise a servizio di un signore.
Fui in sguito alla corte del munifico re Tebaldo II di Navarra:
qui feci concussione di benefci e grazie. Il mio peccato ora lo
sconto in questo bollore."
E Ciriatto, al quale dai lati della bocca sporgevano due zanne
come a un cinghiale, gli fece sentire come una di esse lacerava
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
la pelle. Il topo era capitato tra gatte ben cattive; ma Barbariccia lo circond con le sue braccia, e disse: "State in l! Ci penso io ad inforcarlo."
Si gir verso Virgilio e disse: "Chiedi ancora se desideri sapere
dell'altro, prima che lo facciano a pezzi."
Allora Virgilio ne approfitt e chiese in vece mia: "Dimmi un
po', tra gli altri dannati che stanno sotto la pece, conosci qualcuno che sia italiano?" E quello rispose: "Mi sono allontanato,
poco fa, da uno che era di quelle parti. Magari fossi ancora sotto la pece con lui, cos che non temerei n artiglio n uncino."
E Libicocco proruppe: "Abbiamo atteso anche troppo!" Gli afferr un braccio con il rampone e ne strapp via un pezzo.
Pure Draghignazzo volle colpirlo e mir alle gambe. A questo
punto il loro comandante si volse tutto attorno con espressione
minacciosa.
Jean-Paul parla dei suoi compagni frate Gomita e
Michele Zanche e della sua pena
Appena si furono quietati un poco, la mia guida gli domand
senza indugio, mentre egli ancora si osservava la ferita: "Chi
fu quello da cui dici che facesti male a separarti per venire a
riva?"
Ed egli rispose: "Fu frate Gomita, vicario in Gallura di Ugolino Visconti di Pisa. Egli, ricettacolo d'ogni inganno, ebbe in
custodia i nemici del suo signore, e li tratt in maniera tale che
ognuno di loro ancora se ne compiace. Prese denaro e li lasci
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L'Inferno
Capitolo XXII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXII
Ma gli serv a poco urlare perch le sue ali non poterono superare in velocit la paura del Navarrese. Quello s'immerse e
questo, volando, drizz verso l'alto il petto. Sembrava di vedere l'anatra che si tuffa nell'acqua d'improvviso, quando si avvicina il falcone, e questo se ne deve tornare su indispettito e affaticato.
Calcabrina, adirato per la beffa, li segu volando e sperava che
il dannato si salvasse per aver
motivo di lite
con
Alichino.
Non appena il
barattiere scomparve, immediatamente rivolse
gli artigli contro
il suo compagno,
e con lui si avvinghi sopra il
fossato di pece.
Ma anche l'altro
dmone si comport
proprio
come un rapace
sparviero
artigliandolo a dovere, e caddero entrambi nel mzzo dello stagno
bollente. Il caldo li separ immediatamente; ma era impossibi- 333 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXIII
Capitolo XXIII
I due poeti si calano nella sesta bolgia inseguiti dei
diavoli
Silenziosi, soli e senza la scorta dei diavoli, procedevamo l'uno
davanti e l'altro dietro, come i francescani per la strada.
Mi venne in mente,
a causa della recente zuffa, la favola di
Esopo che narra
della rana che aiuta
il topo ad attraversare un fiume. Lo
persuade a legarsi a
lei ma, a met strada, s'immerge per
farlo affogare; giunge quindi un nibbio, che li ghermisce entrambi.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXIII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXIII
Perci domandai alla mia guida: "Pur continuando a camminare guardati attorno e vedi se trovi qualcuno famoso per le sue
azioni o per il nome."
Tra essi Dante incontra i frati Catalano e Loderingo
Uno, udito l'accento toscano, ci grid dietro: "Fermatevi, voi
che correte nel buio! Forse saprai da me quello che chiedi."
Perci Virgilio si volt verso di me e disse: "Aspettalo, e poi
avanza al suo passo."
Sostai, e notai due di loro la cui espressione tradiva un grande
desiderio di raggiungermi; ma il peso delle cappe e la strettezza del sentiero li rallentava non poco.
Quando arrivarono vicino a me, mi osservarono a lungo guardandomi di traverso e senza parlare perch i pesanti cappucci
non gli consentivano di girare la testa. A questo punto si volsero l'uno verso l'altro e parlarono tra di loro: "Questo qui sembra vivo poich muove la gola per respirare; e se invece sono
morti, per quale privilegio sono senza la pesante stola?"
Poi mi interpellarono: "Toscano, che sei giunto al raduno dei
tristi ipocriti, dgnati di dirci chi sei."
E io gli rivelai: "Nacqui e crebbi nella grande citt sulle rive
del bel fiume Arno, e sono qui col corpo che ho sempre avuto.
Ma chi siete voi, ai quali tanto dolore lacrima gi per le guance? E qual' il vostro castigo, che brilla in questo modo? "
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXIII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Virgilio stette un poco a testa bassa e borbott tra s contrariato: "Il diavolo uncinatore mi ha mentito." E il frate: "A Bologna udii una volta spiegare che il diavolo ha molti vizi, tra cui
l'essere bugiardo e mentitore per eccellenza."
Sentite queste parole la mia guida se ne and a grandi passi,
col vlto indurito dall'ira. Io ne seguii quindi le amate orme,
allontanandomi dagli ipocriti oppressi dalle loro cappe plumbee.
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L'Inferno
Capitolo XXIV
Capitolo XXIV
Sgomento e sconforto di Dante
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Il povero contadino, a cui manca il foraggio, si alza e vede tutta la campagna imbiancata. Si batte allora l'anca sconfortato,
rientra in casa e si lamenta andando di qua e di l, come un poveretto che non sappia che fare; poi torna fuori e, vedendo che
il mondo in poco tempo ha cambiato aspetto, ricomincia a sperare. Prende il suo bastone, e spinge fuori le pecore al pascolo.
Sbigottii quando vidi il maestro turbato allo stesso modo del
povero contadino, ma altrettanto rapidamente giunse la cura
per il mio spavento. Non appena raggiungemmo il ponte franato, la mia guida si volse verso di me con quel sorriso affettuoso che avevo gi visto ai piedi del monte.
Uscita dalla sesta bolgia
Allarg le braccia deciso, dopo aver osservato
la frana, e mi afferr.
Si comportava come
chi agisca a ragion veduta e d sempre l'impressione di aver pensato alla sua mossa
successiva prima di
agire. Mentre mi sollevava verso la sommit
di ogni masso, cercava
con lo sguardo la sporgenza successiva di- 344 -
L'Inferno
Capitolo XXIV
cendo: "Affrrati poi a quella roccia; ma accertati che sia abbastanza salda da poterti reggere."
Non era certo una strada che avrebbero potuto percorrere gli
ipocriti, con indosso le loro pesanti cappe. Noi a stento, egli
spirito leggero e io da lui spinto, riuscivamo a salire passando
da una sporgenza all'altra. Se non fsse stato che questo argine
era pi basso del precedente, non so Virgilio, ma io senza dubbio sarei stato sopraffatto dalla stanchezza.
Le Malebolge sono inclinate verso la bocca del pozzo centrale
che, gi in basso, porta al nono cerchio. Per questo l'argine
esterno di ogni bolgia pi alto mentre quello interno pi
basso.
Raggiungemmo infine la sommit dell'argine da cui l'ultima
pietra del ponte franato sporge ancora in fuori.
Rimasi talmente senza fiato che quando fui in cima, non potei
pi andare avanti e, anzi, non appena giunsi mi sedetti.
"Non devi pigrire in questo modo" protest il maestro "poich
in poltrona o sotto le coperte, non si raggiunge la fama. Chi
vive senza fama, lascia sulla terra un ricordo simile a quello
del fumo nell'aria o della schiuma nell'acqua.
Alzati e vinci l'affanno con la forza di volont che trionfa su
qualsiasi difficolt, se non si accascia assieme al corpo cui
legata. Dobbiamo salire una scala ben pi lunga e non sar sufficiente essersi allontanti da questi dannati. Se mi capisci fai
dunque tesoro di questa mia esortazione."
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXIV
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXIV
Dante Alighieri
La Divina Commedia
petuosa tempesta. La Lega Nera, capitanata dal marchese Moroello, combatter tre anni in queste terre. Infine il fulmine
scaturir e dissiper le nubi ed ogni Bianco risentir della caduta di Pistoia.
E ho detto questo perch ti faccia male!"
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L'Inferno
Capitolo XXV
Capitolo XXV
Punizione di Giovanni Fucci e invettiva contro
Pistoia
Terminato ch'ebbe di parlare, il ladro lev al cielo entrambi i
pugni facendo il gesto osceno del pollice sporgente fra l'indice
e il medio, e grid: "Ti, Dio, beccati questo!"
Ed allora i serpenti
mi parvero buoni,
poich uno gli si attorcigli al cllo,
come per dire "Non
voglio che dici una
parola di pi", ed
un altro ne rileg le
braccia stringendolo cos tanto che
non pot pi fare
alcun movimento.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXV
simo, se non quando gridarono: "Chi siete?" Allora smettemmo di parlare e gli prestammo attenzione.
Non li riconobbi. Ma accadde, come a volte cpita, che uno
chiamasse l'altro col nome dicendo: "Dove sar rimasto Cianfa?" Sentito il nome feci segno a Virgilio di tacere e d'ascoltare
ponendo l'indice davanti al naso. Cianfa Donati era stato infatti
consigliere del Capitno del Popolo di Firenze per il Sesto di
San Piero dove io abitai.
Trasformazione di Cianfa e Brunelleschi
Se tu ora, lettore, sei restio a credere ci che dir, non sar
strano; io stesso, che pure lo vidi, a stento riesco a crederci.
Mentre li osservavo, ecco che un serpente con sei piedi si scaglia contro uno di loro, e gli si avvinghia addosso.
Con i piedi centrali gli avvolse la pancia e con quelli anteriori
le braccia; poi gli morsic entrambe le guance. Allung i piedi
posteriori sulle cosce, e fra queste infil la coda che si avvinghi attorno a lui e si ritese in su, lungo la schiena.
Lo spaventoso mostro avvolse le sue membra a quelle del dannato cos strette che mai neppure l'edera si abbarbic ad un
tronco cos tenacemente.
Poi si fusero come se fossero stati di cera, e mescolarono i loro
colori, e nessuno dei due era pi quello di prima. Sembrava di
vedere il colore bruno che precede la fiamma quando brucia
una carta: non ancora nero ma non gi pi bianco.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXV
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXV
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L'Inferno
Capitolo XXVI
Capitolo XXVI
Invettiva contro Firenze
Gioisci, Firenze, poich
sei cos grande che spazi
imperiosa per mare e per
terra, e il tuo nome si diffonde nell'Inferno! Tra i
ladri incontrai cinque tuoi
cittadini di nobile origine
per cui me ne vergognai e
tu, Firenze, non ne ricevi
un grande onore.
Ma se vero che all'alba si sogna il vero, tu proverai tra poco
quello che Prato, per non dire di altre citt, ti augura. E
quand'anche ci avvenisse immediatamente, non sarebbe mai
troppo presto. Fsse gi avvenuto, giacch deve pur accadere!
Pi passa il tempo e invecchio e pi mi sar duro da sopportare.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXVI
quanto lo seguisse con gli occhi, non vide altro che una fiamma salire verso l'alto, come una piccola nuvola.
Stavo in piedi sul
ponte e mi sporgevo a guardare. Ero
cos preso che, se
non mi fossi aggrappato ad una
sporgenza,
sarei
precipitato, anche
senza essere spinto.
E la mia guida, che
mi vide cos attento, disse: "Le anime stanno dentro ai
fuochi. Ciascuna avvolta dalla fiamma che la brucia."
La doppia fiamma in cui soffrono Ulisse e Diomede
"Maestro mio," risposi, "me lo confermi, ma gi lo sospettavo.
Volevo infatti domandarti chi c' dentro a quella fiamma che
avanza cos divisa in cima, che sembra levarsi dal rogo funebre dove Etocle fu posto col fratello Polinice e che si divise in
due, a testimoniare il loro eterno odio?"
Mi rispose: "In quella fiamma sono tormentati Ulisse, re di Itaca, e Diomede, re di Argo. Assieme subiscono la punizione di
Dio, come assieme si esposero alla sua ira. Dentro a quella
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
fiamma si espa l'inganno del cavallo di Troia che apr ai nemici le porte della citt natale di Enea, il nobile progenitore dei
Romani.
In essa si paga il fio per
l'astuzia con cui convinsero Achille a partire e
per la quale, anche ora
che morta, Deidamia
continua a piangere la
perdita del suo uomo.
In essa si soffre il castigo
per il rapimento del Palladio, la statua di Atena che proteggeva la citt di Troia."
"Se possono parlare da dentro quelle fiamme," dissi "ti prego,
maestro, e torno a pregarti, e possa la mia preghiera valerne
mille. Consentimi di attendere fino a quando quella fiamma a
due punte non sia giunta qui. Guarda come, dal desiderio di
parlarle, rischio di perdere l'equilibrio!"
Mi rispose: "La tua richiesta meritevole, e perci l'approvo:
ma tieni a freno la lingua. Lascia parlare me, poich ho compreso ci che desideri. Essi, essendo Greci, forse non ti risponderebbero."
Quando la fiamma giunse nel punto in cui Virgilio ritenne opportuno, lo sentii dire: "Oh voi che siete in due dentro ad una
sola fiamma, se, mentre ero in vita, ebbi un qualche merito ai
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L'Inferno
Capitolo XXVI
Dante Alighieri
La Divina Commedia
gliate ora negare la conoscenza del mondo disabitato, che troveremo nell'altro emisfero, a questo breve tempo che ci rimane
ancora da vivere.
Riflettete sulla vostra natura: non foste creati per vivere
come bestie, ma per
seguire la virt e il
sapere."
Con questo conciso
discorso resi i miei
compagni cos smaniosi di proseguire il viaggio, che sarei a stento riuscito a trattenerli. Rivolta la poppa verso oriente, trasformammo i remi in
ali per il nostro viaggio temerario, sempre diretti verso sinistra.
La notte ci mostrava tutte le stelle dell'emisfero australe, mentre invece quelle del nostro emisfero erano cos basse che non
sorgevano pi al di sopra del mare. Erano trascorsi cos cinque
mesi da che varcammo l'arduo stretto di Gibilterra quando ci
apparve una montagna, velata a causa della distanza. Mi sembr pi alta di quante non ne avessi viste mai.
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L'Inferno
Capitolo XXVI
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L'Inferno
Capitolo XXVII
Capitolo XXVII
Guido da Montefeltro chiede notizie della Romagna
La fiamma si era raddrizzata e stava immobile poich non parlava pi; si allontan, quindi, da noi col permesso del dolce
poeta. Proprio allora un'altra, che giungeva dietro a questa, ci
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
fece volgere lo sguardo verso la sua punta a causa del mormorio che da essa usciva.
Non trovando una via d'uscita attraverso il fuoco, le dolorose
parole si mutavano all'inizio in questo suono che pareva un
muggito. Era simile al suono che il toro di rame del tiranno di
Agrigento emetteva quando pareva muggire per il gemito dei
condannati a morte rinchiusi in esso. Infatti, sebbene di rame,
pareva soffrisse quando, arroventato, causava la morte dei condannati in esso serrati; e mugg giustamente la prima volta per
il lamento di chi l'aveva costruito e cesellato.
Ma quando le sue parole trovarono la loro via d'uscita verso
l'alto comunicarono alla fiamma quello stesso movimento che
la lingua aveva loro impresso mentre passavano. Udimmo
dire: "Oh tu che or ora parlavi in italiano, dicendo Adesso
puoi andartene; non ho altro da chiedere, bench sia giunto
forse troppo tardi, non ti rincresca parlare con me: a me non
dispiace, eppure brucio!
Se sei precipitato ora in questo mondo privo di grazia da quella dolce terra italiana da cui mi sono portato dietro tutti i miei
peccati, dimmi se i Romagnoli sono in pace o in guerra. Io
nacqui nella regione montuosa del Montefeltro, tra Urbino e il
monte Coronaro, dalla cui falde scaturisce il Tevere."
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L'Inferno
Capitolo XXVII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Faenza e Imola, citt bagnate rispettivamente dai fiumi Lamone e Santerno, sono governate dal piccolo leone azzurro in
campo bianco di Maghinardo Pagani da Susinana, che cambia
alleanze al cambiare delle stagioni.
E Cesena, bagnata dal fiume Savio, cos com' situata a mezza
costa tra la pianura e i monti, allo stesso modo vive tra dispotismo e libert governata da Galasso da Montefeltro.
Guido da Montefeltro racconta di come fu traviato da
papa Bonifacio VIII
Ora, ti prego, raccontarci chi sei. Non essere pi restio d'altri, e
possa il tuo nome avere nel mondo fama duratura."
Dopo che la fiamma ebbe rumoreggiato alquanto com'era solita fare, mosse la cima appuntita di qua e di l, e poi disse: "Se
mai pensassi che sto parlando a uno che potrebbe tornare sulla
terra, questa fiamma s'immobilizzerebbe. Ma poich mai nessuno torn vivo da questo abisso, se vero quel che mi si dice,
ti rispondo senza il timore d'essere screditato.
Fui guerriero e poi frate francescano ritenendo che, cinto da
quel cordone, avrei potuto emendarmi dai miei peccati. Sicuramente ci che credevo sarebbe avvenuto, se non fsse stato per
il papa, maledetto lui, che mi fece ricadere nelle solite colpe;
voglio che tu comprenda come e perch.
Finch fui vivo, le mie azioni non furono il risultato della forza
bruta, ma dell'astuzia volpina. Io, conte Guido I da Montefel-
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L'Inferno
Capitolo XXVII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXVII
peccare nello stesso tempo, perch una cosa in contraddizione con l'altra.
Oh me misero! Come trasalii quando mi afferr dicendomi:
Forse non mi credevi in grado di ragionare con tale lucidit!
Mi condusse fin da Minosse e quello avvolse otto volte la coda
intorno al suo dorso duro. Dopo essersela morsicata con rabbia, dato che non poteva abbinarmi il complice delle mie colpe, disse: Costui uno dei peccatori che il fuoco ruba alla
vista; perci io sono qui dannato, come vedi, e vestito di
fiamme cammino e mi strazio."
I due poeti riprendono il cammino
Quando ebbe finito di parlare, la fiamma si allontan gemendo
di dolore, torcendo e dibattendo la punta aguzza.
Noi proseguimmo, io e la mia guida, su per il ponte fino a
quello successivo che passa sulla bolgia nella quale scontano
la pena coloro che suscitarono colpevolmente separazioni e
scismi.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXVIII
Capitolo XXVIII
La nona bolgia: i seminatori di discordia e scismi
Chi potrebbe mai, sia pure in prosa e narrandolo da pi punti
di vista, descrivere compiutamente lo spettacolo del sangue e
delle ferite che vidi ora? Certamente ogni descrizione inadeguata perch la lingua e la nostra memoria non ne hanno la capacit.
Dovrebbero riunirsi
tutti quelli che nella
fiorente terra di Puglia perirono durante le guerre contro i
Romani. Dovrebbero riunirsi tutti quelli che caddero nella
seconda guerra punica quando i nobili romani periti contro Annibale furono cos tanti, come narra Tito Livio che non sbaglia,
che si raccolsero tanti anelli d'oro da formare un cumulo. Dovrebbero riunirsi tutti quelli che furono gravemente feriti nel- 375 -
Dante Alighieri
La Divina Commedia
l'opporsi all'invasione normanna di Roberto Guiscardo. Dovrebbero riunirsi tutti i caduti della battaglia di Benevento tra i
Guelfi di Carlo I d'Angi e i Ghibellini di Manfredi, quando i
baroni traditori defezionarono. Dovrebbero riunirsi tutti i caduti a Tagliacozzo, dove Corradino di Svevia fu sconfitto dall'astuzia dal vecchio rard di Valry, consigliere di Carlo I d'Angi. Se tutti costoro che ho citato si riunissero e chi un suo arto
trafitto e chi uno mutilato, non sarebbe comunque ancora possibile eguagliare l'orrore abominevole della nona bolgia.
Maometto
Una btte, che abbia
perduto la doga mediana o laterale, non
si apre certo cos,
come invece vidi
squarciato un dannato dal mnto fino a
dove scoreggia.
Gli intestini penzolavano tra le gambe;
gli si vedeva il cuore come anche lo stomaco, sacco ripugnante
che riduce in merda ci che s'ingoia.
Mentre lo fissavo attentamente, mi guard e si apr il petto con
le mani dicendo: "Osserva dunque come mi spacco in due!
Guarda come sciancato lo scismatico Maometto! Davanti a
me piangendo cammina mio genero Al col vlto spaccato dal
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L'Inferno
Capitolo XXVIII
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXVIII
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Mosca Lamberti
E un dannato, con entrambe le mani tagliate, alz i moncherini
nell'aria tenebrosa. Il sangue gli lord il vlto ed egli url: "Ricordati anche di Mosca dei Lamberti, che purtroppo sentenzi:
Cosa fatta non pu disfarsi. Queste parole furono origine di
grandi sventure per i Toscani:
a causa del suo consiglio Buondelmonte dei Buondelmonti fu
ucciso dagli Amidei. Questa morte causer, a Firenze, la divisione in Guelfi e Ghibellini a sostegno dell'una e dell'altra famiglia."
E io aggiunsi: "Queste tue parole causarono la rovina della tua
stirpe;" per cui egli, aggiungendo dolore a dolore, se ne and
via come una persona incupita e fuori di s.
Bertran de Born procede, decapitato, con la testa in
mano
Rimasi a osservare la folla, e vidi una cosa, che avrei timore di
riferire, senz'altra testimonianza che la mia. Ma la mia coscienza mi spinge e mi incoraggia con la sua integrit.
Senza alcun dubbio vidi, e ancora mi pare di vederlo, un tronco privo di testa camminare come gli altri dannati di quella triste schiera. Teneva per i capelli il proprio capo mozzato, sospeso come fsse una lanterna. Ci guardava, e gemeva: "Oh
povero me!" Con gli occhi della testa faceva luce a se stesso,
ed erano due corpi separati ma di un solo individuo: come ci
possa avvenire, solo Dio lo sa, giacch cos dispone.
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L'Inferno
Capitolo XXVIII
Quando fu alla base del ponte, lev alto il braccio con tutta la
testa, per farci
giungere meglio le
sue parole: "Osserva bene questa
pena angosciosa tu
che,
respirando,
guardi i morti: vedi
se ce n' una immensa come la
mia.
Affinch tu possa
recare notizie di
me, sappi che sono Bertran de Born, visconte di Hautefort e rinomato poeta. Diedi al giovane re Enrico III d'Inghilterra cattivi consigli e feci diventare nemici padre e figlio. Achitofl,
consigliere di re Davide, che istig Assalonne a ribellarsi al
padre, non caus maggior danno con i suoi perfidi incitamenti.
Poich io divisi persone unite da cos stretti vincoli, oh povero
me, ho il mio cervello separato dal midollo ch' nel tronco.
Cos vengo punito con la stessa pena che inflissi al prossimo.
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L'Inferno
Capitolo XXIX
Capitolo XXIX
Termine della nona bolgia e mancato incontro con
Geri del Bello
Gli innumerevoli peccatori e le mostruose ferite mi avevano
talmente commosso, che desideravo solo piangere.
Ma Virgilio mi disse: "Cosa continui a
guardare? Perch il
tuo sguardo indugia
laggi in mzzo a
quelle disgraziate
anime
mutilate?
Non ti sei comportato in questo modo nelle altre bolge: se desideri soffermarti
per contarle, pensa che la bolgia ha una circonferenza di pi di
trentasei chilometri.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXIX
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Vedere tutto il popolo malato dell'isola di Egina, per la pestilenza inviata da Giunone che si vendicava della ninfa amata da
Giove che l dimorava, era ben triste. Ma non era certo pi triste di quanto non fsse vedere in quella buia valle le anime
soffrire in orribili mucchi.
L'aria di Egina fu talmente impregnata di malattie che morirono tutti i viventi, fino al pi piccolo verme. Gli antichi abitanti,
secondo quanto affermano per certo i poeti, rinacquero poi, per
volere di Giove, dalle formiche.
Alcuni dei dannati di questa valle giacevano sul ventre, altri
addossati l'uno all'altro e alcuni invece si trascinavano carponi
lungo quel triste cammino.
Procedevamo lentamente e in silenzio, osservando e ascoltando i malati che non potevano alzarsi.
Griffolino d'Arezzo e Capocchio Siena
Vidi due sedere appoggiati l'uno all'altro, come due tegami
messi a scaldare sulla stessa fiamma, ed erano pieni di croste
dalla testa ai piedi. Giammai vidi uno stalliere, quando atteso
dal suo padrone o quando ha fretta di andare a dormire, strigliare il cavallo con cos tanta furia come quella con cui ognuno di loro si grattava per il prurito intenso e insopportabile. Le
unghie staccavano le croste, come il coltello raschia le squame
della scrdola o di altro pesce che le abbia anche pi grandi.
"Oh tu che ti togli le croste con le unghie come fossero le maglie di un'armatura," cominci a dire Virgilio a uno di loro, "e
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L'Inferno
Capitolo XXIX
che talvolta le usi come fossero tenaglie, dicci se tra quelli che
sono qui dentro vi qualche italiano. Possa l'unghia durarti in
eterno per il tuo lavoro."
"Noi due, che vedi
cos sfigurati, siamo italiani" rispose
uno dei due piangendo; "ma chi sei
tu che ci rivolgi
queste domande?"
E la mia guida replic: "Sono uno
che scende gi di
cerchio in cerchio
con questo vivo, e intendo mostrargli l'Inferno."
Allora si ruppe il reciproco appoggio e ciascuno, tremando, si
rivolse verso di me come anche gli altri che avevano ascoltato
senza volere.
Il buon maestro si avvicin suggerendomi: "Chiedi loro ci
che vuoi." Io cominciai, giacch lo voleva: "Possa il vostro ricordo non dileguarsi mai dalla memoria degli uomini e vivere
per molti anni. Ditemi chi siete e di quali citt. La vostra ripugnante e dolorosa pena non vi impedisca, per la paura, di rivelarmi i vostri nomi."
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXIX
rofano che aveva nel suo giardino, dove germogliano tali usanze.
Escludi anche la compagnia con cui Caccia di Asciano degli
Scialenghi dilapid le terre di famiglia, e anche quella con cui
Bartolomeo dei Folcacchieri, detto l'abbagliato, dimostr la
sua stupidit.
Ma affinch tu sappia chi a tal punto
d'accordo con te a
proposito dei Senesi, aguzza la vista in
modo da potermi riconoscere: t'accorgerai che io sono
l'anima del fiorentino Capocchio, che
con l'alchimia falsificai i metalli. Ti dovresti ricordare, se ti ho
ben riconosciuto, come ero bravo nell'imitare gli altri scimmiottando i loro discorsi."
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L'Inferno
Capitolo XXX
Capitolo XXX
Esempi della mitologia per raffigurare il furore che
invade coloro che falsarono la loro persona
Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXX
Dante Alighieri
La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXX
Se io fossi ancora agile quanto basta per percorrere un centimetro in cent'anni, mi sarei gi messo in cammino. Lo starei
cercando in questa moltitudine deforme, nonostante che la bolgia abbia una circonferenza di diciotto chilometri, e sia larga
non meno di ottocento metri.
Per causa loro infatti mi trovo in tale compagnia: mi indussero
a falsificare i fiorini d'oro utilizzando una lega contenente tre
carati di metallo vile."
I bugiardi, che falsarono le parole, sono colpiti da
violente febbri: la moglie di Putifarre e il greco
Sinone
E io a questo punto gli chiesi: "Chi sono quei due infelici alla
tua destra che sudando fumano, come d'inverno le mani bagnate, e stanno l'uno sull'altro?"
"Li trovai qui," rispose, "- e da allora non si sono pi mossi quando caddi in questo precipizio, e non credo che si muoveranno mai pi.
Una di quelle anime la bugiarda moglie dell'egiziano Putifar
che non essendo riuscita a concupire Giuseppe, lo accus di
seduzione.
L'altra il menzognero Sinone, il greco che ingann i Troiani
convincendoli a far entrare in citt il cavallo di legno. Emanano tanto fetore di unto a causa della febbre ardente che li tormenta."
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La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXX
Dante Alighieri
La Divina Commedia
Non trovavo le parole, e desiderando scusarmi, di fatto mi scusavo e non ne ero consapevole. Mi comportavo come chi in sogno riceve un danno e, sognando, desidera che il suo sia soltanto un incubo, e quindi aspira a ci che sta realmente facendo.
"Un pentimento minore cancella di certo un peccato maggiore
del tuo," disse il maestro; "spogliati quindi da questa tua contrizione. Ricorda, se mai incapperai in simili litigi, che sar
sempre al tuo fianco, perch meschino volerli ascoltare."
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L'Inferno
Capitolo XXXI
Capitolo XXXI
Lasciate le Malebolge s'accostano al pozzo dei
giganti
La stessa lingua prima mi punse tanto da farmi arrossire, poi
mi confort. In egual modo la lancia, che Achille ebbe dal padre Peleo, poteva essere causa di una dolorosa ferita ma con un
secondo colpo aveva la propriet di sanare le ferite prodotte.
Noi volgemmo le spalle a questa immensa bolgia, rimontammo sull'argine che la circonda e l'attraversammo in silenzio.
Non riuscivo a vedere che gli oggetti pi vicini come accade al
crepuscolo.
Udii allora il suono
fragoroso di un
corno, che avrebbe
fatto sembrare fioco qualunque tuono. Questo suono,
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Capitolo XXXI
Dante Alighieri
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Capitolo XXXI
"Questo superbo arrogante volle sperimentare la sua forza contro il sommo Giove," disse Virgilio, "e per questo ottenne un
simile premio. Il suo nome Efialte; mostr la sua grande forza quando i giganti spaventarono gli di tentando la scalata all'Olimpo. Ora non pu nemmeno muovere le braccia con cui in
quell'occasione sovrappose il monte Ossa al monte Pelio."
E io allora chiesi: "Se fsse possibile, vorrei vedere l'immenso
Briareo. Quello che tu stesso, descrivendolo, dici che abbia
cento mani e cinquanta teste." Mi rispose: "Vedrai invece Anteo che qui vicino. Sa esprimersi a parole e non legato.
Sar lui che ci deporr sul fondo dell'Inferno. Quell'altro, che
tu desideri vedere, molto pi distante. incatenato e ha la
stessa corporatura di questo qui, tranne che pi orribile d'aspetto."
Mai vi fu terremoto tanto violento, da scuotere una torre con lo
stesso impeto, con il quale Efialte fu pronto a scuotersi per la
rabbia.
Allora pi che mai temetti per la mia vita, e sarei morto di paura se prima non avessi visto i solidi legacci che lo immobilizzavano.
Anteo
Proseguimmo e giungemmo presso Anteo, che si proiettava dal
bordo roccioso per oltre sette metri, se non si tiene conto della
testa.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
"Oh tu che uccidesti nella valle presso Zama, che rese Scipione glorioso quando Annibale fu sconfitto, innumerevoli leoni;
Oh tu che, se mai avessi preso parte alla grande guerra dei tuoi
fratelli contro gli di, avresti certamente fatto vincere voi giganti, figli della terra; Calaci gi dove il freddo congela le acque del Cocito e non disdegnare di farci questo semplice servizio.
Non ci fare andare laggi, fin da Tizio o da Tifeo: il mio compagno pu darti ci che nell'Inferno desiderato, ossia il ricordo dei vivi. Abbassati perci, e non girare la testa. Egli ti pu
ancora dare la fama nel mondo poich vivo, e dovrebbe vivere ancora a lungo, se Dio non lo chiamer a s prima del tempo."
Anteo prende tra le
mani i due poeti e li
depone nel nono
cerchio
Cos parl il mio maestro
e Anteo allung immediatamente le mani, di cui
Ercole aveva sentito un
tempo la poderosa stretta
quando combatt contro
di lui, e afferr la mia
guida.
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L'Inferno
Capitolo XXXI
Virgilio, quando si
sent stringere, mi
chiese:
"Avvicinati,
cos che ti possa abbracciare;" e mi strinse in modo che formassimo un corpo
solo.
Guardavo con timore
Anteo che si chinava
verso di me, e fu un
momento cos terrificante che avrei voluto
andarmene. Sembrava
di vedere la Garisenda quando a Bologna la si guarda dal lato
in cui inclinata. E se una nuvola vi passa sopra in direzione
contraria alla sua pendenza, sembra che la torre stia per piombare a terra.
Ma ci adagi dolcemente sul fondo in cui sono sprofondati Lucifero e Giuda; n, cos chinato, indugi, ma subito si lev
diritto come l'albero maestro di
una nave.
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L'Inferno
Capitolo XXXII
Capitolo XXXII
Invocazione delle Muse
Potrei esprimere l'essenza del mio pensiero in modo adeguato
solo se i miei versi fossero aspri e striduli come si conviene al
malvagio cerchio sopra il quale poggiano tutte le altre rocce.
Dal momento che non dispongo di tali capacit, non senza timore mi accingo a scrivere. Non un'impresa da prendere alla
leggera descrivere il centro dell'universo, n tale da usare un
linguaggio semplice o immaturo.
Soccorrano il mio poetare le Muse che aiutarono Anfione; costui col suono della lira mosse le rocce del monte Citerone e
costru le mura di Tebe. Facciano in modo, le Muse, che le mie
descrizioni siano aderenti alla realt.
Oh anime sciagurate ben pi delle altre, che state in un luogo
di cui cos arduo parlare, meglio sarebbe stato per voi se nel
mondo foste state pecore o capre!
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La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXXII
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L'Inferno
Capitolo XXXII
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La Divina Commedia
Virgilio si ferm, e io dissi a quello che continuava a bestemmiare selvaggiamente: "Chi sei che rimproveri cos violentemente gli altri?"
"Dimmi, piuttosto," rispose, "chi sei tu che cammini per l'Antnora colpendo impunemente le guance altrui? Se fossi vivo,
mi sarei gi vendicato."
"Io invece sono vivo," risposi, "e potrei esserti utile, se desideri fama nel mondo dei vivi e vuoi che rammenti il tuo nome tra
le altre cose che ho visto."
Ed egli: "Anzi, desidero proprio l'opposto. Vattene e non mi
infastidire pi, perch a nulla valgono le tue lusinghe in questa
foiba!"
Allora lo afferrai per la collottola, e imprecai: "Mi dirai il tuo
nome, o non ti rester nemmeno un capello in testa."
"Anche se mi strappi tutti i capelli, non ti dir chi sono, n te
lo riveler anche se mi piombi sulla testa mille volte."
Gli avevo afferrato i capelli; gliene avevo gi strappati pi di
una ciocca, mentre guaiva con gli occhi chini, allorch un altro
gli grid: "Che ti succede, Bocca degli Abati? Non ti basta battere i denti? Che bisogno hai di latrare? Chi diavolo ti sta pungolando?"
"Ormai" dissi "non ho pi bisogno che parli, malvagio traditore. Per aumentare la tua vergogna, porter in terra notizie certe
sul tuo conto."
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L'Inferno
Capitolo XXXII
"Vattene," rispose, "e racconta ci che vuoi; ma non tralasciare, se potrai mai uscire da qua, di menzionare colui che poco fa
stato cos svelto di lingua. Egli piange qui l'aver ricevuto denaro dai Francesi: Vidi potrai dire il cremonese Buoso di
Dovra l dove i dannati soffrono per il freddo. Trad il suo signore Manfredi quando fece passare l'esercito di Carlo I di
Angi.
Se ti venisse chiesto chi altro c'era, sappi che proprio accanto a
te si trova l'abate Tesauro dei Beccaria, legato pontificio di Toscana, che Firenze decapit per essersi accordato con i fuorusciti Ghibellini per anima di parte.
Credo che pi in l troverai il fiorentino Gianni
dei Soldanieri, che guid
per ambizione personale
la rivolta che pose fine
alla podesteria dei frati
Catalano e Loderigo. Lo
troverai affianco a Gano
di Maganza, che si vendette ai Saraceni e provoc la disfatta di Roncisvalle; proprio
accanto al romagnolo Tebaldello dei Zambrasi, che per privati
rancori contro i Lambertazzi, una notte apr le porte di Faenza
ai Guelfi bolognesi guidati dai Geremei."
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXXIII
Capitolo XXXIII
Il conte Ugolino narra la sua fine
Quel peccatore sollev la bocca dal
suo feroce pasto,
pulendola coi capelli della testa che
rodeva sul retro.
Poi incominci a
parlare: "Tu vuoi che io rinnovi un dolore disperato e mi opprime il solo pensarci, prima ancora di parlarne. Ma se le mie
parole saranno feconde e frutteranno maggiore infamia per il
traditore che rodo, mi vedrai al tempo stesso piangere e parlare.
Non so chi sei, n come sei arrivato quaggi. Dall'accento mi
sembri fiorentino. Allora devi sapere che sono il conte Ugolino
della Gherardesca e questo l'arcivescovo Ruggieri degli
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
Ubaldini. Adesso ti spiego perch sono nei suoi riguardi un vicino cos spietato.
Non occorre che racconti
come, fidandomi della sua
parola, fui imprigionato e ucciso a causa delle sue trame.
Ma udrai da me quello che
non puoi avere gi sentito, e
cio come la mia morte fu
crudele. Potrai cos giudicare
se non sia stato colpevole nei
miei riguardi.
La Torre della Muta, dove
mutavano le penne le aquile
del Comune, ora a causa mia ora soprannominata Torre della
Fame e altri, come me, vi saranno ben presto chiusi. Una piccola feritoia mi aveva gi mostrato il trascorrere di alcuni
mesi, quando io feci il sogno funesto che mi svel il futuro.
Costui che ho davanti mi apparve come capo battuta e signore
degli altri cacciatori, mentre braccava il lupo e i suoi cuccioli
su per il monte San Giuliano, quello stesso monte che impedisce ai Pisani di vedere Lucca.
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L'Inferno
Capitolo XXXIII
Aveva disposto davanti a s, sul fronte degli inseguitori, le famiglie ghibelline Gualandi, Sismondi e Lanfranchi sguinzagliando davanti a
loro il popolo in
forma di cagne fameliche, bramose
ed esperte nel cacciare. Dopo una
breve corsa il lupo
e i suoi figli mi
sembravano stanchi; mi parve di
vedere i loro fianchi gi lacerati dai denti aguzzi delle cagne.
Quando mi svegliai, poco prima del mattino, udii piangere i
miei figli, che erano imprigionati assieme a me, e domandare
del pane nel sonno.
Sei davvero crudele se gi da ora non ti commuovi, immaginando quello che il mio cuore presagiva; se non piangi ora, per
che cosa sei solito piangere?
Erano ormai svegli, e si avvicinava l'ora in cui veniva portato
il cibo, ed eravamo tutti intimoriti per i nostri sogni. Udii inchiodare la porta inferiore di quella spaventosa torre. Allora
guardai negli occhi i miei figli senza parole.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXXIII
Quando fummo al quarto
giorno, Gaddo mi si gett ai piedi, supplicandomi: Padre mio, perch
non m'aiuti?
Mor l.
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
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L'Inferno
Capitolo XXXIII
spose: "Ben presto capirai, vedendo il motivo che causa il soffiare del vento."
Ed uno degli sciagurati immersi nella lastra gelata ci grid:
"Anime spietate, a voi assegnata come dimora la Giudecca,
la zona successiva e pi profonda del Cocito, dove stanno coloro che hanno tradito i benefattori. Toglietemi dal volto il
ghiaccio cos che possa sfogare un poco il dolore che mi gonfia il cuore, prima che il pianto geli nuovamente."
Perci mi rivolsi a lui: "Se vuoi che ti aiuti, dimmi chi sei. Se
non ti liberer dal ghiaccio, possa scendere gi fino al fondo
del Cocito."
Allora mi rispose: "Sono frate Alberigo dei Manfredi dei Cavalieri di Maria Vergine. Feci uccidere a tradimento i miei parenti mentre erano a cena da me; furono assassinati per mio
volere quando pronunziai la frase: Venga la frutta. Ho seminato datteri e qui raccolgo fichi."
"Oh!" esclamai, "Sei gi morto?" Ed egli: "Ignoro in quali
condizioni si trovi il mio corpo nel mondo dei vivi. Questa
zona, detta Tolomea, ha il privilegio che sovente l'anima vi
cade prima che la morte le dia la sua ultima spinta.
E affinch pi volentieri mi raschi dal volto le lacrime congelate, ti riveler appieno i dettagli di questa situazione.
Non appena l'anima tradisce come feci io, un demnio s'impossessa del suo corpo e lo governa in sua vece finch non sia
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Dante Alighieri
La Divina Commedia
interamente trascorso il tempo che gli resta da vivere. Essa invece precipita subito in questo pozzo.
Forse il corpo dell'anima che sverna qua dietro a me ancora
visibile nel mondo. Tu lo dovresti sapere, se soltanto ora scendi all'Inferno: il genovese Branca Doria, genero e assassino
del giudice di Torres Michele Zanche. Sono vari anni che
chiuso nel ghiaccio."
"Credo" gli dissi "che mi prendi in giro. Branca Doria non
ancora morto: mangia, beve, dorme e si veste normalmente."
"Nella bolgia custodita dai Malebranche," mi spieg allora,
"dove ribolle la pece vischiosa, Michele Zanche non era ancora arrivato che un diavolo prese il suo posto nel corpo, ed altrettanto fece un altro con un suo parente che l'aveva aiutato.
Ma stendi ora la tua mano e aprimi gli occhi."
Io non glieli apersi; e fu un atto nobile essere scortese nei suoi
confronti.
Invettiva contro i genovesi
Ahi Genovesi, uomini privi di ogni buona usanza e pieni d'ogni vizio, perch non siete stati estirpati dal mondo? Dovreste
esserlo poich trovai, assieme con il pi malvagio romagnolo
esistente, un vostro concittadino. Egli, per le sue azioni, gi
immerso nel Cocito, seppure il corpo sembra ancora vivo.
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L'Inferno
Capitolo XXXIV
Capitolo XXXIV
I traditori dei benefattori nella quarta zona
(Giudecca)
"Vexilla regis prodeunt inferni. Avanzano i vessilli del re dell'Inferno. Avanzano le sei ali di Lucifero verso di noi. Guarda
davanti a te," Salmodi il mio maestro, "e vedi se riesci a scorgerlo in questa oscurit."
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La Divina Commedia
L'Inferno
Capitolo XXXIV
Oh come mi stupii quando vidi che aveva tre facce! Quella davanti era rossa per l'odio; le altre due, si congiungevano a questa dal mzzo di ciascuna spalla. Si congiungevano fra di loro
nella parte mediana del cranio dove alcuni uccelli hanno la
cresta. La destra appariva giallina per l'ignoranza e la sinistra
scura per l'impotenza, come quella degli Etopi dell'alta valle
del Nilo.
Sotto ciascuna faccia sporgevano due grandi ali, proporzionate
ad un cos grande uccello: non vidi mai vele cos grandi. Non
avevano penne, ma sembravano ali di pipistrello. Le agitava,
allora, in modo da causare i tre differenti vnti che gelavano
completamente il Cocito.
Piangeva con sei occhi, e su i tre menti gocciava lacrime e
bava mista a sangue.
Lucifero mastica tre dannati: Giuda, Bruto e Cassio
In ogni bocca frantumava con i denti un peccatore, come un
tritacarne e, in tal modo, ne tormentava tre.
Per quello che era nella bocca anteriore il mordere era ben
poca cosa rispetto alle unghiate che gli infliggeva e con cui gli
scorticava completamente la schiena.
"Quel dannato lass, che sottoposto al tormento maggiore,"
disse Virgilio, " Giuda Iscariota. Ha la testa dentro la bocca di
Lucifero e fuori agita le gambe. Per trenta denari trad Ges
Cristo.
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Capitolo XXXIV
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