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Il canto in questione è mosso e vivacizzato da numerose parti dialogiche tanto da farlo somigliare ad
un testo teatrale (di tipo principalmente drammatico), diviso, infatti, in quattro scene nonostante sia
un atto unico. Gli interventi diegetici inoltre sono limitati tra una scena ed un'altra e fungono sia da
raccordo che da chiarimento tra un dialogo e l’altro.
SPAZIO: sesto cerchio, pianura ampia, cosparsa di tombe infuocate (l’ultima terzina contiene
un'indicazione spaziale riguardo il movimento dei poeti che riprende analogamente il percorso degli
stessi con cui il canto si è aperto, infatti, le due indicazioni fungono da cornice che delimitano le
azioni del canto stesso).
PECCATORI E PENA: eretici (eresiarchi) che giacciono in sepolcri scoperti arroventati, l’arsura del
fuoco è proporzionale alla gravità dell’eresia. I sepolcri verranno chiusi dopo il giudizio universale.
Tra questi dannati ci sono in particolare gli epicurei che non ammettono l’immortalità dell’anima
(errore perché Epicuro non ha mai affermato ciò).
CONTRAPPASSO: per analogia, in vita hanno vissuto sepolti nell’errore e illuminati da una luce falsa,
così ora sono costretti a rimanere sepolti per l’eternità in arche infuocate e la falsa luce è diventata
fuoco e tormento.
PERSONAGGI:
LA SECONDA PARTE DEL COLLOQUIO CON FARINATA: Farinata, come nulla fosse, riprende il
discorso con Dante (da notare l’impassibilità del focoso politico nei confronti del dramma appena
accaduto accanto a lui) che replica l’ultima pungente osservazione del poeta sull’incapacità dei
ghibellini di rientrare in città. La stessa incapacità causa in lui il tormento che anche Dante stesso
conoscerà; si avvia infatti una parziale autoidentificazione dell’uomo-Dante col personaggio che gli
sta difronte, accomunati infatti dallo stesso destino di esilio anche se appartengono a fazioni
politiche diverse. Farinata è anche desideroso però di conoscere la ragione del così forte
accanimento nei confronti della sua famiglia e dei suoi discendenti. Il motivo è la strage di numerosi
fiorentini della battaglia di Montaperti causata dagli stessi ghibellini per riconquistare Firenze. Strage
di cui lo stesso Farinata cerca di addossarne il peso anche ad altri, rivendicando comunque a sé la
difesa della propria patria quando i capi ghibellini volevano raderla a suolo. Lo scambio di vicende
politiche ha creato tra loro una sorta di intimità tanto che Dante ne coglie l’occasione per chiedere
un chiarimento su come i dannati possano prevedere il futuro ma non il presente. Questo spiega che
essi sono come i presbiti: vedono solo le vicende lontane, ma più si avvicinano al presente, più
perdono chiarezza, dato che la Grazia Divina ha deciso in tal modo. Con il Giudizio Universale,
quando il futuro cesserà essi saranno del tutto ciechi. Dopo aver pregato Farinata di rivelare a
Cavalcante che suo figlio è ancora vivo, Dante si allontana smarrito e turbato. Virgilio, venuto a
conoscenza dello sconforto di Dante per il suo esilio futuro, lo conforta, ricordandogli di aspettare
Beatrice, che gli rivelerà tutti gli eventi della sua vita.