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DANTE ALIGHIERI

biografia
Dante nacque a Firenze nel 1265. poeta e prosatore, teorico letterario e pensatore
politico, considerato il padre della letteratura italiana. Egli nacque in una famiglia
nobile di parte guelfa che però era in condizioni economiche difficili. Tuttavia Dante
ricevette un’ottima educazione. Il suo maestro fu Brunetto Latini che gli fornì
un’ottima cultura alla quale, quasi subito, si affiancò la vocazione per la poesia. Sia la
sua vita sentimentale che quella intellettuale ruotarono intorno alla figura di
Beatrice, la cui morte prematura (avvenuta nel 1290) provocò in Dante un senso di
smarrimento che viene inizialmente colmato dagli studi filosofici, che contribuirono
ad arricchire la sua cultura personale, e dall’esperienza politica nella sua città.
Infatti, dopo essere entrato nella corporazione Arte dei Medici e Speziali, ricoprì
importanti ruoli istituzionali, infatti divenne priore. In quel periodo la città di Firenze
era lacerata dalla lotta tra guelfi bianchi e guelfi neri. Questo scontro si risolse in
favore dei guelfi neri e Dante, appartenendo a quelli bianchi, ovvero coloro che
volevano essere indipendenti dal papa, fu costretto a subire diverse persecuzioni e
diversi processi da parte dei vincitori. Fu processato e condannato a morte mentre
era fuori Firenze e, per sfuggire alla condanna, non tornò più nella sua città natale.
L’allontanamento dalla città toscana contribuì ad un ampliamento della visione del
mondo del poeta. Egli iniziò a frequentare le corti di varie città, e questo
ampliamento lo portò a formulare l’ipotesi che per fare ritornare l’ordine nell’Italia
settentrionale era necessaria la presenza di un imperatore. La denuncia e il tentativo
di indirizzare di nuovo l’uomo verso la retta via sono per lui l’ispirazione di una
nuova poesia che prende forma nella Divina Commedia. Trascorse gli ultimi anni
della sua vita a Ravenna dove morì nel 1321.
LA “VITA NUOVA”
Fin dalla sua giovinezza Dante venne a contatto con tutte le culture presenti nella
Firenze del tempo. Ciò lo portò a dedicarsi subito alla poesia. Inizialmente scelse il
genere più raffinato ma anche più difficile, il cui tema principale era la lirica
dell’amor cortese. In un secondo tempo, dopo esser entrato a far parte dell’élite
fiorentina, dopo essere divenuto amico di Guido Cavalcanti, i suoi testi poetici
subirono una trasformazione: il tema centrale delle sue opere divenne la sofferenza
causata dall’amore. Quasi subito abbandonò questa tipologia di stilnovismo per
intraprendere una strada totalmente nuova. Un’opera appartenente a questa nuova
strada è la “Vita Nuova”. Essa è una raccolta delle poesie giovanili, collegate da parti
in prosa scritte fra il 1293 e il 1295. Dante la scrive in seguito alla morte di Beatrice;
comprende diverse liriche ognuna delle quali è preceduta da un “prologo”, nel quale
il poeta descrive le circostanze che hanno portato alla stesura di quel
componimento, e seguita da un “commento retorico”. Nell’opera Dante narra di
aver incontrato Beatrice all’età di nove anni e sin dal primo istante in cui la vide ne
rimase impressionato. Dopo un periodo di altri nove anni Dante incontrò
nuovamente Beatrice, la quale saluta il poeta che da quel momento ripose in ella
tutta la sua felicità. Tuttavia, seguendo i canoni dell’amor cortese, per salvaguardare
l’onore della sua dama, finse di amare altre donne, chiamate “donne dello
schermo”; ciò provocò lo sdegno di Beatrice che da quel momento gli negò il saluto.
Questa negazione portò Dante ad uno stato di sofferenza che lo portò a comporre
un’opera in lode all’amata. Poco dopo Beatrice morì facendo piombare Dante in uno
stato di grande sconforto che viene alleviato momentaneamente da una “donna
gentile”: la filosofia. Infatti da quel momento Dante si innamorò della filosofia,
amore che tuttavia terminò quasi subito in seguito ad una apparizione in sogno di
Beatrice che spostò nuovamente tutti i pensieri di Dante sulla sua amata. Subito
dopo Dante ebbe una nuova visione che lo indusse a non parlare più di lei almeno
fino a quando “non fosse stato in grado di dire di lei ciò che nessun altro uomo sia
stato capace di dirle”.
 L’opera è divisa in tre parti:
 1) la prima tratta gli effetti dell’amore sull’amante;
 2) la seconda tratta la lode della donna;
 3) la terza tratta la “morte della gentilissima”
CRITICA: Alcuni critici interpretano la “Vita nuova” come un insieme di esperienze
reale che racchiudono dei “significati segreti” validi per sempre. Charles Singleton
afferma che il modo che Dante ha per intendere l’amore (nel primo stadio lo intende
come un amore cortese; nel secondo stadio l’amore per una donna è fine a sé
stesso) ha parecchie cose in comune con l’amore mistico. Infatti l’amore per
Beatrice non si limita ad ingentilire l’uomo ma contribuisce ad innalzarlo fino a Dio.
Per questo motivo in Dante non esiste più il conflitto tra Dio e amore.

Il Convivio
Opera dantesca scritta in prosa quando lui era già 40enne. Egli scrisse quindici
trattati, per difendere la propria fama dalle accuse ingiuste, esprimendo le sue
opinioni. Egli usa il sistema dell’allegoria, mettendo in luce ciò che lui sta
immaginando di progettare (la divina commedia). Egli discute riguardo il suo “modus
operandi”. Lo chiama convivio perché immagina una sorta di luogo dove si
riuniscono benevolmente lui e i suoi amici in modo conviviale, e discutono delle
proprie idee. È scritto in prosa, in volgare e discute del suo modo di scrivere. Esso
non è del tutto completo, è stata svolta solo una parte dei 15 trattati. Facendo
riferimento alla “vita nuova” egli ha lo stesso modo di pensare, per non essere
contraddittorio. Il suo ultimo fine è quello di scrivere la commedia (durerà 20 anni),
e tutte le opere precedenti servono a dare alla lingua una voce univoca, in modo da
modificarla. Il “convivio” esprime un aspetto importante legato alla saggezza, dove
grazie alla lingua si può arrivare ad un pensiero accomunato tra persone dagli
interessi affini. Quest’opera è molto simile a ciò che viene definito un “poema
filosofico”. Nel primo trattato Dante vuole offrire un “banchetto di saggezza” ma
non per le persone dotte, ma per coloro che non hanno avuto la possibilità di
studiare, quindi lo scrive in volgare. Egli sottolinea l’importanza della conoscenza
accessibile a tutti, e la padronanza della lingua. Nel 4 trattato Dante evince la
“nobiltà del pensiero”, ma non si parla di nobiltà riguardante la persona (materiale),
ma riguardante l’animo, questo pensiero richiama il dolce stilnovo. Quest’ultimo è
un modo di essere, non solo uno stile letterario, vivendo con virtù qualsiasi
situazione, non solo riguardo i confronti della donna. Vuole dare un insegnamento
ma non autoritario, cioè una serie di “consigli” detti in maniera colloquiale.
Il De Vulgari Eloquentia
È un trattato di retorica scritto tra il 1304 e il 1307, basato sulla lingua volgare e
sull’eloquenza della lingua stessa. Egli mette in luce il valore della lingua che deve
essere un’espressione letteraria, essa deve essere una lingua ben struttura, dando
alla lingua volgare una bella eloquenza. Il volgare nasce dal basso, dal volgo, ma
Dante le da un significato diverso, la evidenzia e le da voce esaltando la bellezza di
quest’ultima. Ne convivio egli si rapporta con altre persone, mentre nel de vulgari
scrive in latino, scrivendo l’importanza della lingua che sta modificando. Scrive per
pochi, ciò nonostante l’argomento di cui parla è sempre lo stesso, il cambiamento
della lingua e della società. Dato che nell’età comunale nacquero numerose figure
sociali, es. i mercanti, la cultura iniziò ad espandersi, proveniente dal desiderio di
riscattarsi ed essere parte della società. Egli scrive il de vulgari mettendo in luce
l’importanza della poesia, per esprimere al meglio l’amore e le virtù. Neanche il de
vulgari è finito, perché Dante già stava immaginando la divina commedia. Nel primo
libro egli delinea la storia del linguaggio, mettendo in luce le differenze di linguaggio
dal nord al sud, ovvero i dialetti, facendo uno studio accurato sul lessico. Negli altri
due libri poiché lui deve dare voce al suo pensiero, fa una discussione in cui definisce
i vari stili letterali, distinguendo da ciò che può essere una tragedia, oppure rispetto
a ciò che è ironico. Il convivio e il de vulgari sono diversi dalla vita nuova, perché in
quest’ultima da spazio a Beatrice. Altre due opere sono il De Monarchia e le
Epistole.
De Monarchia
In quest’opera egli fa una riflessione politica nel contesto storico dell’epoca. Dante
pur accettando la figura del papa, voleva essere indipendente da quest’ultimo.
Naturalmente venne processato ed esiliato nel 1302, e ciò scatenò una guerriglia.
Dante venne accusato di baratteria (vendere la carica politica), e venne ospitato in
varie corti italiane, comprendendo a pieno le differenze della lingua dell’epoca. Egli
scrive le sue opere in un momento difficile, ovvero l’esilio, mettendo in luce ciò che
sta vivendo, sul piano politico per il de monarchia e per le epistole, sul piano
linguistico per il convivio e per il de vulgari.
Nel de monarchia mette in luce lo scontro tra papa Bonifacio VIII e l’imperatore,
dove entrambi non hanno intenzione di arrendersi. Dante percorrendo le varie corti
nota che l’impero franco si stava impadronendo dei vari territori, approfittando di
questa disgregazione. Inoltre nota che la chiesa diventa un’istituzione e perde il fine
per cui è nata, dove nasce anche l’inquisizione e la parola di Dio passa in secondo
piano.
Le Epistole
Essa insieme a tutte le opere dantesche sono una premessa a ciò che poi sarà “La
Divina Commedia”. Raccolta di lettere che lui fa nei confronti di alcune persone alle
quali spiega le sue critiche e anticipa ciò che lui scriverà nella commedia. Ci troviamo
nello stesso periodo dove sono stati scritti il convivio, il de monarchia ecc. egli
solitamente parla di politica in queste epistole. Dante mette in luce il motivo perché
scriverà la divina commedia, egli usa l’allegoria, un modo di scrivere che vuole far
sottintendere altro.
La commedia (struttura)
poema allegorico-didascalico è universalmente considerato come una delle più
grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti
testimonianze della civiltà medievale. è un’opera scritta in lingua volgare fiorentina,
seguendo una struttura in terzine incatenate di endecasillabi. Il titolo con cui la
conosciamo non è stato quello attribuito dallo stesso Dante alla sua opera: Alighieri,
infatti, denominò il suo lavoro semplicemente Commedia. L’aggettivo «Divina» le fu
attribuito da Boccaccio in una laude per Dante. La Divina Commedia è divisa in tre
parti, definite «cantiche»: queste sono Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ciascuna di
queste è composta da 33 canti (tranne l’Inferno, che contiene un ulteriore canto).
Nella Commedia, Dante racconta un viaggio immaginario attraverso i tre regni
ultraterreni, che lo condurranno fino alla visione della Trinità.
Genesi
Dante scrivendo la sua commedia voleva dare un messaggio ai suoi lettori, di quelli
che sono gli errori del passato da non ripetere. Egli mentre percorre l’inferno trova
numerosi personaggi anche non appartenenti al suo tempo per evidenziare il
confronto con l’umanità e la varietà di essa stessa, conducendo uno studio
scientifico a riguardo. Egli da una visione spirituale al contesto dell’oltretomba,
inoltre dà la possibilità di esprimersi in un mondo ultraterreno, mentre l’inferno non
dà alcuna possibilità (“lasciate ogni speranza voi che entrate”). L'inferno è a forma di
cono, infatti si sprofonda sempre di più e non è possibile l’uscita da esso. All'interno
della sua commedia Dante inserisce personaggi di varia natura come filosofi,
intellettuali ecc. I quali hanno condotto delle scelte. La divina commedia nasce sulla
base di un esame che lui fa, scegliendo determinate persone che nella loro vita
hanno lasciato un segno nella storia, prendendo letteralmente una posizione a
riguardo inserendo degli esempi. Egli analizza anche le colpe dei vari personaggi che
hanno fatto delle scelte portando dante e i suoi coetanei alla rovina, proprio perché
egli non potrà tornare nella sua città amata.
Egli conduce un percorso in discesa, anche se i canti sono separati fra loro non c’è
un'interruzione perché c’è sempre un continuo. Egli conduce questo percorso in
discesa perché arriva fino al punto più critico dell’inferno, vivendo le più svariate
situazioni, e durante il percorso di discesa egli nota l’aggravarsi delle situazioni fino a
dove c’è la condizione peggiore laddove nessuno può venir fuori. Usa parole molto
forti. Ciò ha scatenato una forte critica dai lettori del suo tempo. Dante rappresenta
un viaggiatore il quale riceve un'investitura dove lui percorre e vede dall’esterno i
tre mondi, i quali lui non può vivere. Lui partecipa umanamente, ma è
prevalentemente uno spettatore, infatti spesso nei suoi canti prevale la voce dei suoi
interlocutori. Dante evince la figura della “massa” perché significa che l’uomo non è
un essere umano unico, ma è unico insieme agli altri. Quindi l’umanità è alla base
delle scelte.
Nel caso di Virgilio che è la guida di dante, egli si trova già negli inferi, ma non per
sua causa. Egli si trovava nel limbo perché non ha potuto scegliere la sua religione
proprio perché era nato prima della venuta di cristo. Virgilio per dante rappresenta
un uomo saggio, il quale ha vissuto in maniera degna della sua vita. Purtroppo non
lo potrà accompagnare per tutto il viaggio. Dal punto di vista umano e scientifico egli
è colui che ha dato una gran voce alla poesia. Il limbo è un'area dove c’è l’attesa,
questa condizione non era voluta perché appunto sono essi sono nati prima della
nascita di cristo. Anche se Virgilio aveva anticipato la venuta di una figura che
avrebbe salvato l’umanità. Essi non avevano la consapevolezza della vita religiosa
che cristo avrebbe portato. Il limbo non ha nessuna forma effettiva, infatti ci sono
delle persone che si trovano in una fase senza forma, perché non hanno avuto nella
loro vita l’opportunità di ricevere la cristianità.
Una caratteristica della commedia sono i vari passaggi fra le situazioni dove dante
quando avviene un cambiamento perde i sensi, svenendo. E poi c’è un altro
passaggio incentrato sempre alla fine di ogni cantico dove lui ricerca le stelle nella
speranza di un’opportunità.
Egli passa per l’inferno per sondare le vite dei personaggi e i peccati dell’umanità,
per poi salire al purgatorio dove incontra la redenzione, quando arriverà alla cima
della montagna del purgatorio egli incontrerà Beatrice, che per lui è la spiritualità
per eccellenza ed ella lo accompagnerà nel paradiso. Dante osserva e puntualizza ciò
che è il mondo ultraterreno. E dobbiamo renderci conto che la nostra vita non
termina con il fenomeno della morte, ma ci sarà qualcuno che successivamente al
momento di quest’ultima giudicherà il nostro operato, tenendo conto dei nostri
errori.
Descrizione 1-3 canto
Il primo canto è introduttivo, dove Dante cerca di capire perché si trova in quella
condizione. Lui si trova tra due luoghi, il primo è la selva oscura la quale deve
allontanare da sé, e il Colle che deve salire ma non può farlo a causa di un
impedimento. Egli incontra le tre “fiele” le quali rappresentano allegoricamente i 3
vizi capitali e la situazione di Firenze all’epoca. Cerca Virgilio, colui che deve inserirlo
nella retta via, il quale lo aiuta a molte situazioni. Un'altra allegoria è il non sapere
dove fosse arrivato a causa della sonnolenza. Avrebbe dovuto scendere
nell'oltretomba per salire dall’altro lato e salire il Colle. Egli è dovuto scendere per
conoscere la pericolosità del genere umano. Virgilio da speranza a Dante infatti egli
è l'esempio del limite della ragione umana. Dante racconta dall'interno perché lui
narra anche nei suoi stati d'animo, dato che gli vive la situazione nonostante fosse
un viaggiatore, inoltre egli vuole far capire appieno al lettore, quindi possiamo
trovare molti dialoghi all'interno dei canti. Prima di entrare giorno è la quale
rappresenta il pericolo celato interno, infatti c'era scritto un avvertimento (lasciate
ogni speranza voi che entrate) dato che il punto fermo dell’inferno era il dolore.

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