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Pino B ertelli

Interventi di G O F F R E D O FO FI e E N R IC O G IIE ZZI

Pier P aolo Pasolini


Aot siamo gli ultimi del mondo ma questo mondo non ci avrà
noi lo distruggeremo a fondo spezzeremo la società
'nelle'.fabbriche il capitale come macchine ci usò
nelle sue scuole la morale di chi comanda ci insegnò
Questo pugno che sale questo canto che va
è l'Internazionale un'altra umanità
questa lotta che è uguale ritorno a ritorno fa rò
e l'Internazionale fu vinta e vincerò...
!\Oi siamo gli ultimi di un tempo che nel suo male sparirà
e l'avvenire è già presente chi liti compagni non morirà
al profitto e al suo volere tutto ritorno si tradì
ma la Comune avrà il potere dor erà no! farem o si!
Questo pugno che sale questo canto che va
è l'Internazionale un 'altra umanità
questa lotta che è uguale l'uomo a ritorno farà
è l'Internazionale fu vinta e vincerà
E tra di noi divideremo lavoro amore libertà
e insieme ci riprenderemo la parola e la verità
guarda in viso tienili a memoria chi ci uccise e chi mentì
compagno porta la tua storia alla certezza che ci unì
Questo pugno che sale questo cauto che va
è l'Internazionale un'altra umanità
questa lotta che è uguale l'uomo a l'uomo farà
è l'Internazionale fu vinta e vincerà
Aoi non vogliam sperare niente il nostro sogno è la realtà
da continente a continente questa terra ci basterà
classi c secoli ci han straziato tra chi sfruttava e chi servì
compagno esci dal passato verso il compagno che ne uscì
Questo pugno che side questo canto che va
è l'Internazionale un'altra umanità
questa lotta che è uguale Vuotilo a Vuomo farà
è l'Internazionale fu vinta e rim erà".

Franco Fortini
(L'internazionale. 1968/1991)
Goffredo Fofi

Tanto più le previsioni o profezie di Pasolini ci rigu ardano, avverando­


si oltre ogni sua im m aginazione, tanto più la cultura italiana sem bra di­
menticarsene. A nche Pasolini è diventato un argom ento di studi univer­
sitari, oggetto di tesi inerti e talora di pretestuosi dibattiti, del tutto se­
condari rispetto al suo dire e al suo fare. A ccade per lui com e per tutti i
più lucidi analisti del nostro secolo e del nostro paese, p er i più grandi
ilei nostri poeti e scrittori e pensatori: l’ interesse p er loro si risveglia sol­
tanto se ci sono occasioni “ ghiotte” cioè pettegole, che suscitano la cu­
riosità perversa di giornalisti e “ addetti ai lavori” , della cosidetta com u ­
nicazione di massa.
Al quadro tracciato da Pasolini nei suoi ultimi anni di vita, più pessimi­
sticamente di altri perchè più coscientem ente di altri di una coscienza
vissuta non solo nel cuore e nella mente, almeno un dato bisognerebbe
però aggiungere, che egli non aveva previsto: quella della fusione, della
con-fusione e collusione tra cultura e politica, tra intellettuali e potere,
che ha celebrato il suo trion fo p rop rio in quest'ultim o decennio del se­
colo grazie al “ successo” di una sinistra d ie ha perso strada fa cen d o ogni
sua diversità. Rileggere e rivedere Pasolini è dunque un’ operazione che
acquista senso soltanto se si riparte da Pasolini, e cioè dalle istanze ir­
requietudini ribellioni suscitate in lui dalla constatazione del disastro, se
riparte da altrettanto sdegno nei confronti dello “ stato delle cose” se sa
considerare uno stesso senso di sconfitta c di m orte il suo am ore per
un'umanità offesa, degradata dal potere con gli strumenti della p u bb li­
cità e del consum o e fatta com plice dal potere, acquisita agli ingranaggi
del potere in una crescente com plicità.
Pasolini aveva ragione, aveva più che ragione, e ha ragione oggi com e
non mai. Non fu il solo a metterci in guardia, c tra gli altri voglio r ico r ­
dare, degli italiani, almeno i più lucidi: da Chiarom onte e Silone a Elsa
Morante c Anna Maria O rtese, da R ia n d a n ti e Cassola a Fcllini e Voi-
poni. E im pressionante clic, con E eccezione di don M ilani, p recu rsore,
siano assenti d all’ elenco dei chiaroveggenti i preti, mentre è più com ­
prensibile che lo siano i politici, con l ’ eccezion e, forse, dell’ ultimo B er­
linguer, finalmente cosciente della rovina che il suo partito aveva pervi­
cacem ente con tribu ito a far crescere, e filosofi e teorici, sem pre succubi
d ’ altrui pensieri, incapaci di visione e pensiero p rop ri, in quest’ ultimo
m ezzo secolo, con E eccezione del citato e m isconosciuto Ckiarom onte.
Tra le cose che possiam o ancora rim proverare a P asolini, p u r capendo
le sue ragioni, c ’ è un certo “ tatticism o” , in certi anni, nei con fron ti dei
com unisti; così com e c ’ è E aver subito, p er il tramite del successo cine­
m atografico e del potere-denaro che gli veniva da questo, il fascino non
della borghesia ma di un ra p p orto con la borghesia e di una qu alche, ec­
cessiva. m ediazione con il “ sistema” , parola che ('gli non am ò, e fece ma­
le, p rop on en d o invece quella di “ p alazzo” , che ha mille meriti ma anche
il dem erito di fa r pensare che il male è tutto lì e quel che ne è fuori ne d i­
pen de, mentre la situazione era ed è invece più com plessa, di reti e ra­
gnatele di p iccoli e grandi interessi e privilegi che collegano forze e p er­
sone. E ciò ripropone? il grande p rob lem a , vivo e pressante p er m olti di
noi oggi più di ieri, del grado di estraneità che si riesce a conservare e
che è doveroso conservare nei con fron ti degli altri (chiam iam ola p u re,
oggi, dem ocrazia, chiam iam ola m asse, chiam iam ola possibilità di parla­
re ai più). P roblem a aperto, sca b roso, d ecisivo...
Sarebbe indecente rim proverare a Pasolini ciò che, per me, continua a
im porsi alla revisione dei suoi film ultimi e alla lettura delle sue op ere e
articoli ultim i, con una separazione tra i due ambiti che mi appare ben­
sì m otivata e com prensibile. M entre il suo cinema languiva e si faceva,
aum entando le sue am bizioni, in realtà m eno forte e meno p oetico, m e­
no capace di interpretare il presente e di dialogarci, tuttavia in una os­
sessiva e dolorosa interrogazione, e in definitiva si faceva più intellet­
tuale elle ispirato, le sue riflessioni polem iche sul paese e la sua cultura
toccavano un vertice di incandescente verità e una capacità inaudita di
santa p rovocazion e. Vedo in questo una scissione di cu i, cre d o , Pasolini
doveva avere una qualche coscienza e che, cre d o , ha acuito la dispera­
zione dei suoi ultimi anni, dentro l ’ altra scissione che le testimonianze
dei suoi amici hanno afferm ato, da un lato tra la cupezza del suo ultima
cinem a (Salò) e la furia delle sue ultime prese di posizione giornalistiche,
e la vitalità che invece esprim eva (e da cui era espresso) nel suo “ priva­
to” e nella sua baldanza progettatrice.
Queste mie convinzioni non sono in linea con quelle d ell’ appassionato
saggio di Pino B ertelli, che nel suo am ore per Pasolini tende a .sottova­

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lutarne le con traddizion i di cui an ch ’ egli era portatore - ed erano tante!
Immagino il suo "“vero n ien te!'- alla lettura di queste righe, e però insi­
sto. C onsidero il cinem a di P asolini, con quello del llossellini tra Roma
Città aperta e La paura (con la gloriosa appendice di due lezioni di storia.
Vanino. Varimi e La presa di potere di Luigi XIV) e con quello di Fellini (con
due e tre eccezioni nel corso d ell’ opera) il più grande n ostro, anche p er­
ché il più nuovo e perché afferm a, com e quello dei suoi due am ici-m ae­
stri. un m odo di narrare per immagini che prim a non c ’ era, un'assoluta
originalità del linguaggio. Ma ne vedo la grandezza in u n ’ adesione a c o n ­
trario, op p u re, se vogliam o, in p ro fo n d o , allo spirito dell’ ep oca , urCa-
desione che mi appare palm are e manifesta nei film da Accattone a Che co­
sa sono le nuvole, m entre nei successivi si esprim e una tentazione deca­
dente che significa, per il regista, lui calo di ispirazione, e anzi cred o un
calo di convinzione nei con fron ti della realtà, o addirittura un crollo di
speranza...
Queste mie opinioni non vengono scosse dalla lettura del saggio di Ber­
telli. Il con fron to continuo e m eritorio che egli p rop on e tra analisi dei
film e dichiarazioni, articoli, saggi di Pasolini contem poranei dei film ,
ma le rafforza e precisa. Non ultimo pregio di questo lavoro è infatti la
quantità di inform azioni e riferim enti elio mette in cam p o, la più ampia
sinora sulla questione e la meno rinchiusa nei solo am bito del cinem a.
In Pasolini il cinema fu elem ento di sfogo vitale oltre che artistico, e fu
sempre una possibilità unica di avventura e di conoscenza che lo mette­
va in contatto con realtà le più diverse, perlustrate eou esaltante fe rv o ­
re. con un continuo sentimento di meraviglia e di gratitudine.
Il cinema era un pezzo di vita, non ei a solo "la m orte al la v o r o " di cui
parlava Coeteau, ma, com e in pochissim i altri autori (e mi vengono in
mente certi russi, D ovjen k o o Suksin, e certi giapponesi, M izoguchi e
Kurosawa, o certi am ericani, F ord c K a z a n ...) era una scoperta di vita,
"rip re sa " nella e della vita, con la generosità e con la purezza dei prim i­
tivi - con quella generosità e purezza che fu di Rosscllini e. negli anni
Cinquanta, dei docum entari di De Seta e, d op o Pasolini, negli anni O t­
tanta e N ovanta, degli apocalittici, dei post-pasoliniani Cipri e M areseo,
i suoi allievi più coerenti ed estremi.
In loro Pesem pio e le idee di Pasolini continuano ad agire, ma siam o, con
loro a figure di coscienti outsider, per una precisa scelta sociale e poeti­
ca. Pasolini fu invece un outsider involontario, piuttosto un "b a rb a r o
piom bato in un m ondo - quello della cultura e della politica italiana - che
non ha voluto accogliere nessun suggerim ento, e che sem pre un "b a r b a ­
ro” continua a considerarlo anche ora che lo Ilei collocato nelle bibliole-

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che c dissertazioni universitarie e lo tratta magari da “ classico” , ma pro­
prio perché non vuole e non sa capirne le ragioni e accettarne l'eredità.
Questa eredità, infatti, sarebbe la negazione di tutte le finzioni gli op­
portunism i le m anipolazioni di cui oggi quel m ondo si fa forte.
Pasolini ha p erd u to, ed era im possibile che non perdesse, ma con lui ha
perduto irrim ediabilm ente tutta la società, e chi ancora sa p orsi, vedi
Bertelli e pochissim i altri, alPascolto delle generose e disperate riflessio­
ni e visioni pasoliniane, sarà sem pre più costretto ad aggirarsi, come il
Citti-Pasolini d ell'ep ilogo m odern o e bolognese di E d ip o re, dentro un
chiassoso e soddisfatto m ondo autom i, privi di m em oria e privi di spe­
ranza.

io
Enrico Ghezzi
Cenere e P etrolio: (ram m enti sul cinema di P ier P aolo Pasolini

...Sospeso tra la volontà profetica dell’anm incio e la sensibilità, anzi v o ­


lontà quasi ideologica del San Sebastiano, del sansebastianismo om oses­
suale, il rischio di Pasolini è sem pre stato che la tensione - tra queste ipo-
lesi che possono in certi momenti anche coin cid ere - che la tensione ve­
nisse, invece, ridotta e letta in una figura di interprete alto o basso o me­
dio, puntuale o lirico.
hi un interprete della realtà, della realtà italiana del d opogu erra, della
seconda metà del secolo, del penultim o qu arto del ventesimo secolo in
Italia, in Europa o forse nel m on d o, com unque in un lettore, in un in­
terprete, in un poeta e cineasta della realtà. M entre cred o che Pasolini
già avesse il cinema con una precisione straordinaria, il cinema com e lin­
guaggio e addirittura lo chiam ò, nella lingua dell’ep oca , "semiologia" del­
la realtà. Il cinema com e semiologia della vita, com e cose che p arlan o, in
qualche m od o, da sole, un elem ento del futurism o anticipatore degli ini­
zi del secolo. II cinema com e esem pio, ancora in com pleto, di fattogralia,
<li scrittura con i fatti e con le cose. E non poteva non essere disperata,
questa coscienza. Coscienza del fatto che, poi, il cinema funzionasse c o ­
me un enorm e iceberg som m erso, e che la puntina del visibile - del visi­
bile artistico, della parte di visibile su cui un autore, un regista, anche
molto colto, può incidere - fosse sem pre m inuscola, scivolosa e pronta a
sciogliersi.
Regista colto culturalm ente, in senso generale, per fortuna Pasolini era
un selvaggio semmai dal punto di vista del linguaggio, dell'apprendim en­
to e della cultura cinem atografica e cinefila sedimentata. Ma era un au­
tore colto d ie poteva investire di molti cod ici le immagini. Eppure qu e­
sta capacità, non di dom inare, ina di caricare di senso le immagini, non
poteva che apparirgli di anno in an no, probabilm ente di film in film,
sempre più inane rispetto al funzionam ento autom atico, al traseinamen-

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r

to autom atico della m acchina-cinem a com e produ ttrice di senso e di sen­


si. Infatti il film definitivo di Pasolini è un film non annunciabile, elio
non annuncia altro se non la fine, una sorta di apocalisse fredda: il Sa-
lò-Sade, il film davvero m ortale, fatalmente m ortale. Pasolini in qualche
m odo si è offerto com e vittima designata, consapevole, quasi gratificata
di un terrorism o non arm ato da qu alcu n o, arm ato da sé. E p rob a b il­
mente l'u rlo d ie ci manda oggi Pasolini è un urlo di linguaggio molto ol­
tre i due p oli, cui abbiam o accennato, e m olto oltre l'am bito della cultu­
ra e della società italiana. C redo che Pasolini sarebbe da leggere, oggi,
insieme ai Beckett e magari ai B urrou gh s, com e tentativo di portare la
carne sul piano della letteratura, di rendere la letteratura a sua volta
carn e, di costru ire, quindi, una sorta di percezione della m utazione, ili
uom o mutante. Il con tra rio dell'antropologia classica cui continuam elitc
si riferisce per cultura acquisita. Un segno fortissim o di questo è p rop rio
la sua scelta - che era parsa lunare, bizza rra, poetica - p ro p rio di Tutù
(dentro U ccellarci e u ccellin i)... la selvaggia forza della cultura di Totò.
di Totò com e personaggio già di un cinema cin ico, d i un C inico T V già
grado zero, di risata m utata, mutante. Totò com e stupefatta scultura clic
è, così, sui b ord i del m oderno. Si m uove a metà tra la parola folle d'a­
m ore di San F rancesco e il linguaggio - a p rop osito di m utazione - il lin­
guaggio degli animali. E cco , cred o che sarebbe più utile, più scandaloso,
più pasoliniano, spostare Pasolini dai decenni in cui ha vissuto e legger­
lo, oggi, com e fantasm a, oltre la fragilità del suo cinem a, la fragilità di
chi ha tentato di com petere con la forza della messa in scena che il cine­
ma ci porta, ogni m om ento, com e un'atroce cosa dell’altro m on d o...
... Il gioco serio si chiarisce infine. La regola sem plice e evidente del ro ­
vesciam ento, trion fan do, non basta più. Lo aveva teorizzato (detto e ri­
detto, anche in televisione), Pasolini, a proposito di K ennedy, e di M a­
rilyn: è la m orte, la fine, a dare il senso del film di una vita (e lo diceva
p rop rio in senso strutturale e letterario). Quello elle non ha dato la na­
scita, che non è dato dal nascere, nel non esserci e nel non sapere dello
"start", lo darà e lo dirà la parola silenziosa del m orire. L'assassinio su­
bito. accidentale e pianificato, ci resta com e segno paradossalm ente me­
no am biguo della ricerca di origine e di innocenza e di semplicità prim i­
tiva, evidente e costante in ogni frase dell'opera (della vita).
C apace com e pochi di ricon oscere la complessità di fraseggio c paesaggio
che (non) è il presente, Pasolini lo sem plifica e rovescia genialmente as­
sum endolo sem pre com e punto di m orte, ovvero vedendo già nel presen­
te la terribile apparente chiarezza ambigua del fotogram m a stampato
vissuto accaduto. Il suo cinema è il culm ine, la parte più visibile e insic-

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me spettrale, l'em anazione definitiva di una form a retorica sublime. In­
tellettuale, pensato all'eccesso nella ricerca del fatalpittorico o dell'inge-
nuità dei volti e delle cose (tutta la "trilogia della vita" vive e m uore del
contrasto tra la voglia di com p orre, di trovare il qu ad ro e la lu ce, e la
spasm odica attenzione quasi di catalogo felliniano alla sfilata di sguardi
sorrisi bruttezze incanti p re cu ltu ra li...), un cinem a dell’artefatto sem­
plice e evidente, prim itivo e elem entare nel dirsi, ma inline più film ico
del cinema stesso e (trop p o) lontano dalla densità e fatalità automatica
trovata raggiunta dai Lang dai Walsh dai F ord (ma anche dai RosseUi-
ni/V igo).
Nella proclam azione pasoliniana del cinema com e "linguaggio della real­
tà" non si manifesta l'enfasi pansem iotica, vi si nasconde la constatazio­
ne infinitamente m alinconica dello spettacolo globale, svelato (p er chi
sappia vedere con occh i di cieco non ingannati dalla trasparenza, atten­
ti al rum ore dello sfogliarsi di qualcosa in un vento im percettibile) dal ci­
nema ma di cui il cinema è solo indice e spoglia e destino tem poraneo.
Del presente, il "conservatore reazion ario” "ottocentesco” "nostalgico"
Pasolini è allora scom paginatore perché lo abita e p ercorre e smonta e
ricom pone com e un film , lo "viaggia" nel tem po, ne turba gli spettatori
non tanto rivelandoli e con ferm an doli nel loro ru olo ma an cor più rico ­
noscendoli e facen doli ricon oscere "attori" nello stesso tem po, conse­
gnandoli a un autom atico sgom ento. A n cora ambigua fino a oggi, in at­
tesa di testim oni, quindi testimonianza di una assoluta passione retori­
ca. Sansebastian con tra rio di rara intensità e tenacia. Fautore sceglie di
raggiungere e diventare la p rop ria icon a , fin trop p o lucidam ente accet­
ta il destino tragico di essere segno/parola/im m agine di un linguaggio non
suo (né di altri). Così la sua presenza sem pre fiammeggianti e m arcante
nel tessuto televisivo, più che una contraddizion e nitidamente messa in
atto da un grande odiatore della TV, è il consegnarsi conseguente di un
4grande intellettuale’ alFautom aticità potente che rende chiunque un
animalo, un ch iaro enigma affidato a mille corren ti, un ‘ attore’ respon­
sabile di sé in m inuscola parte, non più di quanto lo sia un albero o di
quanto lo siano una parola o un suono nell’ atto di essere pronunciati o
emessi. La febbrile attività di intervento, infine, intcravviene, sorpresa
nell'intervallo infinitesim o tra il sé politico il sé retorico il sé artistico: in-
eanrnando la cultura (ancora una volta, fin o alla m orte: anche nella p ic­
cola eternità/m orte della T V e del cinem a), Pasolini ne incarna il desi­
derio (Tesser altro e di ‘ m orire’ , di assumere anche l’ im possibile inn o­
cenza del sem plice esser visti (letti, sorpresi* dis-fatti) rilasciando una
volta p er tutte uno sguardo in m acchina. Buona visione.

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Vorrei ringraziare
Franco (..itti. Sergio Cittì e Ninetta Dorali /ter la loro antico bellezza anarchico,
Laura Detti, per il senso di ospitalità del suo cuore e Anna Magnani per quel pesce arrosto,
il vino bianco frizzante e il profumo di rose che lift regalato a un ragazzo con la maglietta
a strisce sulla spiaggia ili Ostia nell'estate del '60.

Ringrazio inoltre il "Fondo Pier Paolo Pasolini'' e tutte quelle persone, conoscenti e amici,
che mi hanno permesso di rovistare nei loro archivi, nelle loro biblioteche,
nei loro ap/mnti personali per chiudere questo studio.
Pa solin aria

Elogio e difesa di Pier Paolo Pasolini

"Dimmi, per favore., che razza di assurdità è il fatto che non sei qui? Che razza di cretinata ò il
fatto che in questo momento non Ti posso baciare, che non mi passo stendere accanto a Te, che
non Ti posso carezzare, eccitare ed eccitarmi di Te, che non Ti posso eccitare con la bocca fino
ulforgasmo e sentirTi nel ventre e poi ridere insieme... che non ti posso dare da saccheggiare
tutto il mio corpo dalle tette alla fica fino al culo perché Tu Te lo fotta completamente, e obbli-
garTi, con la lingua abilmente introdotta nel culo, e venirTcnc con il rollo deturpato in una
smorfia, che non Ti /tosso sentire dentro di me quasi immobile in una bruciante tenerezza d a-
more tesa fino al sentimento, che non Ti posso schiacciare l'uccello tra le tette e pulirle poi or­
gogliosamente dallo sperma appiccicaticcio? perché, perlamiseria. non c'è la Tua lingua nella
mia fica, rpiando tanto fortemente e con veemenza ce la voglio... perché non posso mostrarti il
culo in modo che fu lo sfondi, lo morda. lo picchi e lo cosparga di sperma, perché non posso poi
stare distesa accanto a te e parlare con Te. di qualsiasi cosa - dalla filosofia al sesso degli angeli
- con naturale confidenza uno accanto all'altra e nel frattempo fu r'fi una sega giusto così, per
eccesso di vitalità” .
Jana Cerna

I. L’ amicizia, l’ am ore, l ’ omosessualità...

Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 - Ostia/Roma, la notte tra 11 e il


2 novembre 1975) è una delle maggiori figure ereticali della nostra epoca. In
principio era poesia... poi il giornalismo, il cinema, il teatro... gli orchi da ca­
naglia e il sorriso di zingaro triste di Pasolini, hanno attraversato in maniera
trasversale, il deserto desolato della cultura/politica di questo secolo. 11 profu­
mo di trasgressione delle sue poesie, le situazioni radicali dei suoi film, le in­
vettive libertarie dei suoi scritti... ricordano la disillusione velenosa dei ^di­
versi” , Podere delle camere delle puttane di periferia, i giorni sbandati dei ‘"ra­
gazzi di vita” raccolti nelle strade di campagna, nei bar o sulle spiagge cPin­
verno: fcvE inutile che ricordi le mille form e ili giovinetti che mi sfioravano, af­
fascinandomi, da inesperto, e per di più, disperato —(Pier Paolo Pasolini). Nei
sogni di ciascuno c ’ è sempre il spazzo” che è in noi che reclama la sua dose di
libertà. II tempo degli assassini è anche il tempo dei singhiozzi strozzati dalla
voglia di rivoluzione del prestabilito... Finche ci saranno bambini (o poeti) che
conoscono solo la fame, la solitudine o la guerra, nessuno potrà affermare in­
nocentemente di conoscere la comprensione, la pace e l’ amore dell’ uomo per gli

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altri uomini.
T-i amicizia, I amore, I omosessualità... sono una parte importante della visione
del inondo d.i Pasolini: "Non ho mai accettato il mio peccato, non sono inai ve­
nuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato... la mia omo­
sessualità era in più. era fuori, non rientrava con me. Me la sono vista ai-can­
to come un nemico' (Pier Paolo Pasolini). Pasolini vede nei bambini "li ango­
li bolli di un’utopia, quella dove ciascuno diviene grande restando eoi cuore
dell'innocenza. I bambini sono i portatori di una spontaneità, di una vitalità,
di una gioia che si chiama fuori dalla civiltà alla (piale sono destinati ad omo­
logarsi. Pasolini comprende la difficoltà del bambino "a crescere*'. Uingresso
nel mondo adulto significa adattarsi ai ceppi di valori inautentici o estranei al­
l'inclinazione creativa del bambino. Perché ogni bambino è unico. E l'inseri-
inento nella vita sociale che lo rende "folla” . "Le grandi epoche della nostra vi­
ta si hanno quando noi abbiamo il coraggio di ribattezzare il nostro male come
quel che abbiamo di meglio” (Friedrich Nietzsche). La trasgressione eidetica
non è tanto una sfida al conformismo ma un modo d ’individuare la propria
"diversità” come senso delEincompiutezza che cerca l'istante dove il desiderio
si fa traccia di qualcosa che non è ancora storia. Quando si è pienamente sod­
disfatti o si è degli stupidi o dei boia. Un uomo arriva alla conoscenza di sé se­
guendo un cammino psicologico elaborato su atti ili disobbedienza, dissidio,
eversione... dei luoghi comuni. La "‘diversità" è una condizione esistenziale
dell uomo come Panomia. Ecco perche ci sono pochi poeti e tanti imbecilli (an­
che colti). L’intelligenza
\. è un continente sconosciuto,7 misterioso e magico.
C7 E
por questo i più ne fanno a meno. Anche il coraggio è sconosciuto a tanti... per­
ché significa andare contro Iodurazione che l'umanità ha ricevuto o che si è
data. Forse, le sole persone clic hanno qualcosa da dire... sono i tipi poco rac­
comandabili che non sanno da quale parte stare, ma sono certi della parte con­
tro la (filale insorgere e battersi fino alla fine dei secoli.
L'esistenza reale/omosessuale di Pasolini, anche sotto i riflettori del successo
(per il quale è irriso, vilipeso o celebrato) è emarginata e autoemarginante.
L insubordinazione pratica dei suoi atti (pubblici e privati) è scandalosa per
1 opinione pubblica e la politica corrente. Ma l’ umanità ha fatto qualche pas­
so verso la libertà di pensiero, soltanto perché ei sono stati degli individui
estremi o irriducibili titani della libertà che hanno sfatato/incrinato il fascio
dei valori dominanti. L’ omosessualità studiata dagli psicologi del profondo.
implica non soltanto una difficoltà di rapporto tra l'Io e l’ inconscio... ma è an­
che una risposta radicale a tutto quanto rappresenta il buio o l’ignoto dell'al­
tro sesso. 11 contatto con l'inconscio costituisce sempre, come dice Cari C.
Jung, “ una grave lesione dell I o '. La violazione delia norma conduce a un
cambiamento o anticipa una caduta. E solo attraverso la ribellione contro Log-
getto del potere (la famiglia, la religione, la politica, la cultura...) che l'uomo
è stato capace di prendere nelle sue mani la propria vita e divenire il sogget-
to/protagonista della propria storia.

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Profeti, poeti, ribelli ad ogni forma di potere o di dominio dell uomo sull*uo­
mo... hanno collo le difficoltà di convivenza tra le genti... hanno percepito
menzogne, trappole o patiboli dei potentati prima che i popoli potessero com­
prendere ehi scavava loro le fosse comuni (in nome di un Dio, di uno Stalo o di
una Democrazia apparente). 11 loro peccato mortale è stalo quello di non ave­
re nessun desiderio di dominio sugli altri e di denunciare Fesereizio del potere
come una forma degradata di civiltà. Esperti in estreme unzioni, impiccagioni
<» restauratori di ogni potere... hanno vessato/inquisito Pasolini per tutta la vi­
ta. Servi di ogni cosca politica, di ogni banda religiosa, di ogni bordello del sa­
pere cattedratico (e non)... hanno inutilmente cercalo d'impedire che il fuoco
o lo spirito prometeico pasoliniano sbordasse fuori campo e andasse a conta­
minare o infrangere la commedia (per niente divina) del pensiero/mercanzia
istituzionale. QuelPaltrove senza confini pasoliniano ha fatto paura. Lo dimo­
strano gli innumerevoli processi per ““infrazione del pubblico pudore" o della
"stupida indecenza” (a secondo di come si guarda l'messenza della vita quoti­
li lana) che hanno colpito le sue opere e i riconoscimenti delle stesse come ope­
re (l'arte.

II. La trasparenza amorosa delTanarea

Pasolini è stalo uno di quelle anime creative che hanno disvelato le truccherie
dei potenti, dicendo ovunque che il potere coincide sempre con la stupidità. Le
sue opere contengono quello spirito utopistico che annuncia i ribaltamenti di
un’ epoca c rimanda ad un'Età del pane dove ciascuno è re in un regno senza
ser\i. La rèverie pasoliniana è come la fiamma della candela... riflette l'epifa­
nia del fu oco che annuncia un sognar bene —che è —sognare un altrove: "M o­
rire d'amore, nell'amore, come la farfalla nella fiamma, non significa forse
realizzare la sintesi di Eros con Thanatos?... Tutto trema quando la luce tre­
ma” (Gaston Bachelard). Fiamma c coscienza hanno la stessa luce e la stessa
trasparenza o destino delTinnocenza rivendicata. La meglio gioventù pasoli­
niana ha colto silenzi prolungati e mostrato che la pura felicità respinge ogni
dolore e irrompe fuori dalla violenza che l'umanità si è data (o gli è toccata) in
sorte. Pasolini si è battuto contro tutto questo, gridando clic la '“ragione non
serve ma va servita” (Alberto Moravia). La sua poesia, il suo cincillà, le sue
idee di amore, libertà e fraternità tra i popoli... sono state messe al servizio de­
gli emarginati, dei picchiati, dei dannati della terra c la sua pietà arcaica, in­
sieme a un certo comuniSmo libertario, quasi mistico, hanno proiettato le sue
opere in quella terra così vicina così lontana che è l'Utopia.
[desistenza che non figuri una qualche follia è priva di valore. Ci sono uomi­
ni che hanno espresso tutta la loro stupidità istituzionale, ridendo... «diri che
hanno sconfinato la loro rapacità di potere nel sangue... qualcuno ha fatto del
fuoco intcriore della poesia, Fapologia dell'incoscienza ladra, si è fatto cospi-

17
altri uomini.
I, amicizia, rumore, Lomosessualità... sono una parte importante della visione
del mondo di Pasolini: “ Non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai ve­
nuto a palli con la mia natura e non mi ei sono neanche abituato... la mia omo­
sessualità ei a in più, era fuori, non c entrava con me. Me la sono vista accan­
to come un nemico*' (Pier Paolo Pasolini). Pasolini vede nei bambini gli ango­
li belli di un'utopia, ((nella dove ciascuno diviene grande restando col cuore
dell'innocenza. 1 bambini sono i portatori di una spontaneità, di una vitalità,
di una gioia che si chiama fuori dalla civiltà alla quale sono destinati ad omo­
logarsi. Pasolini comprende la difficoltà del bambino "a crescere". L'ingresso
nel mondo adulto significa adattarsi ai ceppi di valori inautentici o estranei al-
l'inclinazione creativa del bambino. Perche ogni bambino è unico. E l'inseri­
mento nella vita sociale clic lo rende “ folla” . '"Le grandi epoche della nostra vi­
ta si hanno quando noi abbiamo il coraggio di ribattezzare il nostro male come
quel che abbiamo di meglio” (Friedrich INietzsrhe). La trasgressione eidetica
non è tanto una sfida al conformismo ma un modo d'individuare la propria
■'diversità come senso dcH’incompiutezza che cerca Listante dove il desiderio
si fa traccia di qualcosa che non è ancora storia. Quando si è pienamente sod­
disfatti o si è degli stupidi o dei boia. Un uomo arriva alla conoscenza di se se­
guendo un cammino psicologico elaborato su atti di disobbedienza, dissidio,
eversione... dei luoghi comuni. La ■"diversità'* è una condizione esistenziale
dell’ uomo come Lanolina. Ecco perché ci sono pochi poeti e tanti imbecilli (an­
che colti). L'intelligenza è un continente sconosciuto, misterioso e magico. E
per questo i più ne fanno a meno. Anche il coraggio è sconosciuto a tanti... per­
ché significa andare contro l'educazione che l ' umanità ha ricevuto o che si è
data. Forse, le sole persone che hanno qualcosa da dire... sono i tipi poco rac­
comandabili che non sanno da quale parte stare, ma sono certi della parte con­
tro la (piale insorgere e battersi fino alla fine dei secoli.
L'esistenza reale/omosessualc di Pasolini, anche sotto i riflettori del successo
(per il quale è irriso, vilipeso o celebrato) è emarginata c autoemarginante.
L’insubordinazione pratica dei suoi atti (pubblici e privati) è scandalosa per
l’ opinione pubblica e la politica corrente. Ma l'umanità ha fatto qualche pas­
so verso la libertà di pensiero, soltanto perché ci sono stali degli individui
estremi o irriducibili titani della libertà che hanno sfalato/incrinato il fascio
dei valori dominanti. L'omosessualità studiata dagli psicologi del profondo.
implica non soltanto una difficoltà di rapporto tra l'Io e l'ineonscio... ma è an­
che una risposta radicale a tutto (pianto rappresenta il buio o l’ ignoto dell'al­
tro sesso. 11 contatto con l'inconscio costituisce sempre, come dice Cari (J.
Jung, "una grave lesione d ell'io” . La violazione della norma conduce a un
cambiamento o anticipa una caduta. F. solo attraverso la ribellione contro l'og­
getto del potere (la famiglia, la religione, la politica, la cultura...) che Luonio
è stato capace di prendere nelle sue mani la propria vita e divenire il sogget-
to/protagonista della propria storia.

16
a it;t b awiu a «rum ili 11 r.innuu IBI vtfi mu

Profeti, poeti, ribelli ad ogni forma di potere o di dominio deUTiomo siiIITio-


ino... hanno colto le difficoltà di convivenza tra le genti... hanno percepito
menzogne, trappole o patiboli dei potentati prima clic i popoli potessero eorn-
prendere chi scavava loro le fosse comuni (in nome di ini Dio, di uno Stato o di
una Democrazia apparente). 11 loro peccato mortale è stato quello ili non ave­
re nessun desiderio di dominio sugli altri e di denunciare ('esercizio ilei potere
come una forma degradata di civiltà. Esperti in estreme unzioni, impiccagioni
<» restauratori di ogni potere... hanno vessato/inquisito Pasolini per tutta la vi­
ta. Servi di ogni cosca politica, di ogni banda religiosa, di ogni bordello del sa­
pere cattedratico (e non)... hanno inutilmente cercato d'impedire che il fuoco
o lo spirito prometeico pasoliniano sbordasse fuori campo e andasse a conta­
minare o infrangere la commedia (per niente divina) del pensiero/mercanzia
istituzionale. QuelPaltrove senza confini pasoliniano ha fatto paura. Lo dimo­
strano gli innumerevoli processi per “ infrazione del pubblico pudore*’ o della
“ stupida indecenza” (a secondo di come si guarda Pinessenza della vita quoti­
diana) che hanno colpito le sue opere e i riconoscimenti delle stesse come ope­
ro d a rie.

II. La trasparenza amorosa dell’ anarca

Pasolini è stato uno di quelle anime creative che hanno disvelato le truceherie
dei potenti, dicendo ovunque che il potere coincide sempre con la stupidità. Le
sue opere contengono quello spirito utopistico che annuncia i ribaltamenti di
un'epoca e rimanda ad un’ Età del pane dove ciascuno è re in un regno senza
servi. La reverie pasoliniana è come la fiamma della candela... riflette 1 epifa­
nia del fuoco che annuncia un sognar bene - che è - sognare un altrove: “ Mo­
rire d’ amore, nell’ amore, come la farfalla nella fiamma, non significa forse
realizzare la sintesi di Eros con Thanatos?... Tutto trema quando la luce tre­
ma** (Gaston Bachelard). Fiamma e coscienza hanno la stessa luce e la stessa
trasparenza o destino dell*innocenza rivendicata. La meglio gioventù pasoli­
niana ha colto silenzi prolungati e mostrato che la pura felicità respinge ogni
dolore e irrompe fuori dalla violenza che romanità si è data (o gli è toccata) in
sorte. Pasolini si è battuto contro tulio questo, gridando che la “ ragione non
serve ma va servita*’ (Alberto Moravia). La sua poesia, il suo cinema, le sue
idee di amore, libertà e fraternità tra i popoli... sono state messe al servizio de­
gli emarginati, dei picchiati, dei dannati della terra e la sua pietà arcaica, in­
sieme a un certo comuniSmo libertario, (piasi mistico, hanno proiettato le sue
opere in quella terra così vicina così lontana che è 1*Utopia.
Un'esistenza che non figuri una qualche follia è priva di valore. Ci sono uomi­
ni che hanno espresso tutta la loro stupidità istituzionale, ridendo... altri che
hanno sconfinato la loro rapacità di potere nel sangue... qualcuno ha fatto del
fuoco interiore delia poesia, l’ àpologìà deli'incoscienza ladra, si è fatto cospi­

ri
ratore dell'utopia e ribelle ad ogni forma di ordine costituito. Uno di questi è
stato Pier Paolo Pasolini. Il poeta di Casarsa della d elizia è un Anarca che si è
attirato le ire e gli strali delia classe politica, religiosa e culturale del proprio
tempo. Per la sua “"diversità” non celata è stato considerato un ospite scomodo
nella —loro società - e per lo “ scandalo” (non solo deiromosessualità) che si
portava addosso era tenuto a distanza come un lebbroso. Anche a lui non pia­
cevano i salotti e le terrazze borghesi. I suoi amici erano pochi. Quelli clic lo
avevano conosciuto povero. Quando arrivarono i soldi e il riconoscimento cul­
turale internazionale, le sue abitudini non cambiarono. Stessi amici, stesse
trattorie, stesse partitelle domenicali nei campetti di periferia. L’indecenza di
lavorare e amare disperatamente, il successo di pubblico e della critica più il­
luminata, non gli sono perdonati da nessuno. Nelle sue opere emerge il popolo
delle periferie del mondo e i senzavoce divengono portatori di un malessere rii
vivere più largo. La disuguaglianza sociale figurata nell’ opera pasoliniana esce
fuori dalla letteratura d ’intrattenimento o dal cinema d ’ avanguardia artisti­
ca... rinsieme dei suoi lavori contiene il grido degli esclusi che chiedono vita,
libertà e amore. Per Pasolini e non solo per lui, la povertà in cui versa una
grande parte di umanità non è innocente né naturale. I poveri sono sfruttati e
ridotti in povertà da qualcuno profondamente inumano.
A vedere a fondo alle parole/immagini che Pasolini ha disseminato ai quattro
venti della terra... è evidente la sua posizione contro le ideologie/economie to­
talizzanti e il riconoscimento delValtro come ritorno alle culture originarie, che
significa riscatto delPidentità e della dignità dell’ uomo, qualunque colore di
pelle abbia e qualunque fede religiosa professi. Compreso l’ ateismo. Ad una
teologia della servitù, Pasolini ha opposto i diritti dei popoli all’ autodetermi­
nazione esposti nella Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata
dalle Nazioni Unite nel 1948: “ Tutti gli uomini nascono liberi e uguali quanto a
dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono comportarsi gli
uni con gli altri con spirito di fratellanza” . La sua lotta contro le élite domi­
nanti è stata continua. Il dissidio profondo. Ai privilegi dei ricchi e dei potenti
ha preferito i sorrisi dei bambini poveri che nessuno poteva comprare. Quan­
do Pasolini sarà massacrato a bastonate da un marchettaro alla periferia di
Roma, pochi avvertiranno il vuoto culturale e politico della sua persona. Qual­
cuno gli riconoscerà il merito di avere osato fondare sul dialogo e l ’ azione, l’e­
ducazione alla giustizia e alla pace, dove educando ed educatore sono soggetti
a un interscambio culturale/politico che si inserisce autorevolmente nei proces­
si di sradicamento delle ingiustizie. Pasolini aveva capito che non ci può essere
felicità di nessuno, fino a quando anche una sola persona nel mondo, viene co­
stretta all’infelicità.
L utopia della felicità sta al fondo di ogni opera pasoliniana e l’ erotismo, la sa­
cralità dei corpi o una teologia della gioia... scaturiscono oltre i bordi del di­
cibile e riflettono fino all’ estremo della comunicazione, una sorta d ’imbarazzo:
quello di fare della, felicità dell'istante anche Papologia del dolore di esistere.

18
Pasolini ha avuto il coraggio della propria coscienza in rivolta e ha fatto della
sua “ diversità” una rivolta eterna, perché eterna è l'ingiustizia che una gran­
de parte di umanità impoverita, subisce da una minoranza di arricchiti. I suoi
lavori sono delle sofferte confessioni morali... dove tutti gli dei sono dichiarati
morti e le dottrine sciocchezze alle quali credono solo gli stupidi... Parte è un
mercato e la politica uno scannatoio. Solo coloro che non hanno perso Pinge­
nuità dei padri, sono meno infelici. “ Vi sono tempi in cui nessuno si sente tran­
quillo: tempi che ricordano i movimenti inquieti del bruco che cerea un luogo
dove incrisalidarsi. Ciò che esso cercava in realtà, ciò che lo trascinava nel suo
moto inquieto non era precisamente un luogo: era la farfalla. Ogni involuzione
è contemporaneamente un'evoluzione. Il filo in cui il bruco si avvolge è lo stes­
so che libererà la farfalla” (Ernst Jùnger). La genialità poetica di Pasolini, è
stata quella di portare alPesterno la propria sofferenza e la propria bellezza...
di affabulare sogni, desideri, magie... di mostrare che "non c'è altra felicità se
non quella dell'intelligenza” (Marguerite Duras).
Le lacrime hanno radici più profonde dei sorrisi c le spade di seta hanno can­
talo le rivolte dei guerrieri della luce contro l ordine dei simulacri, sempre. La
melanconia pasoliniana è una fioritura dell'esistenza, un'elevazione verso tut­
to quanto è fuori di una storia disconosciuta, un innalzamento delPindividua-
lità e della “ diversità” posti al di sopra del senso comune. ~Se nella melanconia
all'uomo spuntano le ah, non è per godere del mondo, ma per allontanarsene”
(E.M. d ora li). Più la coscienza dell'utopia si fa presenza nel mondo, più il
sentimento della propria finitudine si fa intenso, (piasi allegro. 1 grandi solita­
ri non sono soli... considerano il mondo uno spettacolo di falsi idoli e ili falsi
idolatri... Pcternità serena che cercano è tra le più inconsuete ed anomale, al­
berga nella melanconia dolce dell'utopia « cioè in quell'estasi creativa che con­
duce al sogno e alla grazia. L'intera opera pasoliniana presenta la fantastiche­
ria delPinnocenza come terra di nessuno e anche la disperazione dell'amore
come stato di ansietà e inquietudine rubati al l'ombra dell’ esistenza quotidia­
na... Ciascuno porta in sé non solo le tracce della propria vita ma anche quel­
le della propria morte. La libertà, la cultura, rindipendenza di un uomo come
di lui popolo, si hanno là dove questo uomo o questo popolo si conquistano (con
ogni mezzo necessario) la possibilità di esprimersi liberamente e in amore.

h i. n cinema in utopia

Il cinema in utopia di Pasolini, costituisce la parte meno studiata della sua fu­
cina culturale/politica. La grande messe di lavori che sono usciti sulle sue ope­
re letterarie/filmi che, difficilmente non si avventurano in pacati moralismi o
crocifissioni di cordata e la visione utopica/ereticale del suo cinema sembra non
interessare che qualche irriducibile randagio del pensiero libertario. Pasolini è
un cineasta/pensatore asistematico, mi saggista, un costruttore di pamphlet per

19
immagini che si reggono e si sostengono sulle braci ancora calde dell*Utopia.
Pasolini affa buia un cinema che sta in rapporto con Euoino, non con Dio o lo
Stato e la sua opera intera si pone sempre “ oltre” la contemporaneità e la ri­
velazione delle periferie invisibili. E la riconquista della forza del passato e nel
contempo la rivoluzione delle acque gelide del presente. Il cinema pasoliniano
espone in forma dialogica, metaforica o surreale... la ricostruzione o la risco­
perta dell’innocenza dell*'uomo... l’ anarchismo utopistico che dissemina in ogni
film è conti-apposto al socialismo scientifico di Marx c disvelando i terrori po­
litici, dottrinari, economici del presente, orienta i lettori verso un «lontani che
è nella decostruzione «li una società in pezzi, che non va aiutata a sollevarsi ma
va lasciata cadere nei franamenti dei suoi falsi idoli, fi socialismo marxiano (co­
me la morale cristologica) altro non è che la speculazione «li una dottrina che
ha nei roghi «legli eretici i propri successi. L’ utopia annuncia qualcosa che ha
a che lare col desiderio e non è ancora presenza ma il luogo —così vicino cosi
lontano - «love 1 uomo davvero grande accende negli occhi lo stupore e la me­
raviglia dei bambini. Mentre Marx e Cristo si rivolgono alle resurrezioni della
storia «> ai miracoli della fede... l’Utopia è una reve rie delVanima che fa della
coscienza individuale dell’ oggi, la coscienza sociale di domani. L’ Utopia è so­
gnare ad occhi aperti il non-presente che sarà realizzato dal popolo degli uo­
mini Uberi alla fine della storia, vista come forma normale di delirio collettivo.
Nelle società più sviluppate le decisioni sociali sono prese dal centro... per gli
utopisti ogni cosa è soggetta alla volontà «li coscienza (Friedrich Nietzsche) e
non c'è niente «li più importante della consapevole volontà del Elioni o (Martin
Bulier) per mostrare i limiti «li una società e i percorsi accidentati che portano
a una diversa dimensione del vivere insieme. La visione utopica pasòliniana
percorre ogni film e tra profezie apocalittiche (Giovanni) e abrasioni di felicità
e gioia incontenibili (fra* Dolcino)... elude l’ intervento divino e annuncia il dia­
logo tra l’ uomo e la sua coscienza. Nel suo cinema il futuro non c ’ è e il passato
e il presente sono sfigurati, trascesi, violati di estreme bellezze. Il potere ridu­
ce I uomo a cosa e il destino dell’ uomo <>è dentro i programmi «Iella merce o ne­
gli eventi apocalittici della politica. Commiato dal domani: “ Ti temeranno fin­
che splenderà il sole, finché brillerà la luna, di generazione in generazione ”, di­
ceva Rabbi Eliezer. figlio di Azzarià. Se per alcuni il tuo inizio è stato poca co­
sa, per altri il tuo avvenire sarà luminoso (Giobbe).
Le utopie pasoliniano si battono contro la tendenza generalizzata della cultura
a perpetuare la politica istituzionale che accentra ogni cosa a spese di ogni pos­
sibilità di decent razione dei poteri e «Iella partecipazione alle scelte conviviali
della collettività (utopica) in formazione. L’ utopia “ c possibile e impossibile in
tutti i tempi; è possibile se ci sono gli uomini giusti che la vogliono o, meglio, che
la Ialino; ed è impossibile se gli uomini non la vogliono o, per così «lire, si limi­
tano a volerla, ma non sono in grado di farla” (détournando Gustav Lau­
datici*). Pasolini ha lavorato p«jr modificare i rapporti tra gli uomini e nei ri-
sguardi della sua filmografia è possibile rintracciare una progettualità sovver­

to
* « V J J L U J I U H 1 F I J U I W J l l I B « C l ■ • ! V *
rv

siva. utopistica, cpifaniea... dove sono enunciate alterità sociali più autentiche
0 dirette (associazioni, movimenti, federazioni, cooperative...) come fucine es­
senziali per comprendere e incamminarsi verso quella comunità di comunità
sulle quali U “ diritto di avere diritti*’ è sovrano. Come ogni utopista, Pasolini
ha cercato di rendere la vergogna del potere ancora più vergognosa. I na sto­
riella del Talmud racconta: “ Da tre cose Duomo è riconoscibile: dal suo bic­
chiere, dalla sua tasca, dalla sua ira. C'è chi dice: Anche dalla sua allegria** o
dalla sua utopia. Non si tratta tanto di vedere clic cosa c ’ è sopra, che cosa c ’ è
sotto, die cosa c ’è prima, che cosa c ’ è dopo l’ Utopia... nè di amare il potere e
l'autorità e dispensare favori alla gente... ciò che conta è odiare il potere e l’ au-
torità sotto ogni aspetto... e ricordare all'uomo che la mosca è esistita prima di
1ui.
11 cinema in utopia di Pasolini ha espresso i conflitti tra spirito c autorità. Tra
poesia della libertà e violenza del potere. Nell’ epoca in cui i poteri politici/eco-
nomiei/reljgiosi sembrano avere dimenticato i più elementari diritti umani...
dai bordi della terra emergono richieste di dialogo tra i poveri, gli oppressi, gli
sfruttati... che pretendono l ’ impossibile, cioè testimoniano la sofferenza e il re­
cupero del pensiero libertario come legame coscienziale Uomo/Mondo e lamio
del bene e del male nuovi echi di protesta, ili contestazione, di rivolta contro la
morte della dignità espressa dalla civiltà contemporanea. “ Gli uomini sono na­
ti o creati uguali e divengano disegnali in virtù delle istituzioni sociali e politi­
che, cioè costruite dalPuomo” (Hannah Arendt). La vita di un uomo libero è
inconcepibile senza che anche gli altri uomini non conoscono la libertà. Un uo­
mo (come un popolo) rappresentato non è libero! la giustizia e la libertà sorgo­
no là dove gli uomini planetari si associano liberamente e manifestano in pub­
blico le loro idee e i loro pensieri. Non è vero che il potere deriva dal popolo!
Il popolo “ possiede” il potere solo il giorno delle elezioni! “ dopo diventa pro­
prietà di quelli che lo governano” (T. Jefferson). Ogni Utopia è un cammino...
un’ allargamento dello spazio della libertà situato all’interno delPordine costi­
tuito... Ogni Utopia custodisce la memoria della vita offesa e mostra ovunque
che il potere “ è un eterno crimine” (Saint-Just). Ogni Utopia è la rivoluzione in
permanenza auspicata da Proudhon ed è lì, nel cuore degli spiriti liberi, a ri­
cordare alla storia dell’ umanità di superare la propria infanzia. Tl Paese di
Utopia è il crocevia dei popoli dove la libertà pubblica consiste nella parteci­
pazione dei cittadini alla cosa comune... una democrazia partecipata da ogni
soggetto sociale secondo le sue possibilità e i suoi sogni... una democrazia di
mutuo aiuto dove la parola Utopia significa ancora: nè Dio né Padrone!

21
r

Capitolo I

Poetica delPimperfezione
1961/1964

"Io ero nato per essere sereno, equilibrato. naturale:


la mia omosessualità era in più. era fuori, non central a con me.
Me la sono sempre vista accanto come un nemico.
non me la sono mai sentita dentro*\
Pier Paolo Pasolini

"La disobbedienza, per chiunque conosca la storia, è la t irlù originale dell'uomo.


Con la disobbedienza il progresso e stato realizzato: con la disobbedienza e con la rivolta
Oscar ilei e

Accattone
Mamma Roma
La ricotta
La rabbia
Comizi d ’amore

I. Le lacrime ili Nietzsche e l’ anarchia di Accattone

Il cinema di Pier Paolo Pasolini figura il diario (scritto col sangue dei giorni...)
di un uomo in rivolta. T suoi film sono degli appunti di viaggio clic denunciano
il vuoto delle ideologie, le falsità della morale pubblica e Papologia del male del­
la Chiesa (nell'era della falsificazione e deirimpostura). Il linguaggio cinema­
tografico pasoliniano esprime una poetica dcirimpcrfezione, il saccheggio di-
disinvolto di alcuni maestri celebrati dalla macehina/cinema o dinamitardi del­
la ragione statuale... per andare a comporre un florilegio di emozioni che con­
fluiscono nell’ esplosione dell'utopia possibile, dove la nudità dell’ immaginario
sociale diviene trasparenza e dissoluzione di una realtà impoverita nel disordi­
ne spettacolarizzato delle idee. Nel cinema, la rivendicazione della libertà di
espressione, ritorna puntuale ad ogni Festival... falsi critici arrabbiati e falsi
registi di film che mortificano il sentimento estetico (anche quando parlano dei

i 23
l ’ ìlio B ertelli

"“quasi adatti” di una società brutale)... albergano ovunque e il tanfo della me­
diocrità risplende nel vuoto... in attesa di liquidare la loro pedagogia della ge­
nuflessione. della segregazione o dell’ apparenza... gli eretici del desiderio di vi­
vere (i grandi Solitari, gli Eresiarelii. gli A inarca. i “ costi-ultori di situazio­
ni” ...) si fanno sotto e passano dalla vita alla pagina e dalla pagina alla vita:
" . . . quando il prevedibile capovolgimento «Ielle condizioni culturali e sociali
permetterà un cinema libero, molti altri campi d azione saranno già siati ne­
cessariamente introdotti. E probabile che allora la libertà del cinema sarà am­
piamente superata, dimenticata nello sviluppo generale di un mondo in cui lo
spettacolo non sarà più dominante. Il tratto fondamentale dello spettacolo mo­
derno è la messa in scena della propria rovina” . 1 Ciò che è ritenuto sacro va
distrutto. L’ avvento dell'epoca della libertà è segnato (alla maniera di Nietz-
sehe) dal tempo del riso e delia gioia. Nietzsche ci ha insegnato a guardare (sen­
za dimenticare il martello...) un Dio m orto... “ Spezzate, spezzate, fratelli. \c
ne prego, queste tavole antiche dei devoti! Distruggete con i vostri detti, vi pre­
go, le sentenze di coloro che calunniano il mondo!’ .2 II pensiero libertario «li
Nietzsche ha trasformato il fiele della pretaglia di Cristo in miele dello scanda­
lo dell'eresia. "Da duemila anni Gesù si vendica su «li noi di non essere morto
su un divano ’ (E. M. Cioran). Solo i singhiozzi lasciano in bocca il sapore «li
un passato che non c'è più e di un divenire già decomposto. Legati a una stel­
la, la più lontana... e vai dove ti portano i tuoi sogni.
II cinema di Pasolini è un veleno per il cuore di tutti i filistei delPimmaginario
addomesticato... la bellezza virulenta delle sue immagini, dei suoi contenuti,
delle sue metafore sono fatali per ehi non legge/guarda per comprendere e so­
no sprezzanti verso/contro i compilatori di sciocchezze specializzate, negli
schiamazzi mondani delle Mostre cinematografiche sparse dappertutto. Quello
pasoliniano è un cinema del cuore c il Cuore “ per ere incalcolabili non ebbe no­
me. Poi, in stato di confusione mentale, gliene diedero uno. Quando vola negli
ocelli, anche la polvere d'oro acceca” .3 Colui che percepisce le sofferenze «lei
mondo e le disperde ovunque ci sono orecchie per intendere e occhi per vede­
re, lavora per la liquidazione dell"ordine e restituisce gli orchi alla saggezza.
Gli antichi dicevano che 1 ignoranza e la “ non-luce ’ delPesistenza e la saggez­
za è la '“luce del cuore” . Ecco perchè le parole dei patriarchi sono specchi lu­
minosi, sono il cinema delle stelle che trasforma la sofferenza in «noia e la sehia-
vitti in libertà. Un Uomo Superiore aiuta il bisognoso: non rende ricco il piu
ricco” (Confucio). L'uomo non sarà mai niente, fin quando non avrà la con­
vinzione che la sua sorte dipende unicamente da se stesso. La “ potenza è il po­
tere che ci si vuole prendere sugli altri: la libertà è il potere che si vuole pren­
dere su se stessi ’ .4 11 ““tono conviviale’ di una civiltà si misura a colpi di can­
none o nel genocidio di intere popolazioni che hanno avuto il torto di essere po­
vere e nascere su una terra ricca... l’ umanità che conosciamo è l’ essenza di tut­
to ciò che è riuscita a possedere, a violentare. Il fatto è che anche ““la gaiezza
non è più collegata ad alcun atto importante e che, al «li fuori «lei pazzi, nessu-

24
ru »r r a d o ra s o liiil/li cin em a in c o r p o

no ri<le quando è solo’*.5 E in questo senso che il cinema di Pasolini riflette se


stesso in termini di Aurora. Come non vedere i colpi di pistola (die Nietzsche ha
sparato contro Marx per mettere le parole al loro posto, cioè nella Terra dove
nessuno va. Dietro ogni Dio c ’ è un Loia che vuole la testa di qualcuno in nome
della salvezza eli tutti. Le epoche dissolute non hanno fatto nulla di esecrabile
e quando è stalo crocifisso o scannato qualcuno, era perchè un capo, un re o
un tiranno volevano estendere sul loro selvaggio piacere, divieti e confessioni.
Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922. 11 padre, Carlo Alberto (1892-1958),
è un militare di carriera, la madre, Susanna Golussi (1891-1979), una maestra.
La famiglia Pasolini segue le destinazioni del padre... Gasarsa della Delizia.
Belluno, Conciliano, Cremona, Scandiano. Bologna... il fratello di Pasolini,
Guido Alberto, nasce a Belluno nel 1925. L’ infanzia di Pasolini è densa di let­
ture. studi. Il primo luogo di formazione del giovane Pasolini avviene al liceo
classico Galvani di Bologna. E il 1936 e Pasolini stringe amicizia con Franco
Farolfi, Ermes Parini (Paria). Agostino Bignardi. Sergio Telinoli, Elio Melli.
Luciano Serra... e dai romanzi di Emilio Salgari passa ai lirici greci. Carduc­
ci. Pascoli. D’ Annunzio... una lezione di Antonio Rinaldi (supplente e poeta),
su i%Le hateau ivre” di Rimbaud, lo fulmina sulla strada della poesia. Comin­
cia frequentare il cinema e John Ford attira la sua attenzione. Nel 1939 si iscri­
ve alla facoltà di Lettere deH’Università di Bologna. Studia il Tasso, Ungaret-
ti, Montale, Gatto, Sereni, Betocchi, Quasimodo. Luzi... si immerge negli scrit­
ti di Freud, nella musica di Bach, Beethoven... va sempre più spesso al cinema.
Scopre la magia cinematografica di Charlie Chaplin, Rene Clair. Jean Renoir...
in questo clima di assunzione culturale avvengono i primi esperimenti poetici.
L'incantatore di serpenti e II flauto magico. Ai vecchi amici del liceo si aggiun­
gono Francesco Leonetti e Roberto Roversi. Insieme cominciano a teorizzare
una ‘'poesia diversa” , fuori della "'vita insegnata” e più dentro la strada del­
l'immaginario quotidiano. Prende a dipingere (paesaggi, schizzi di ragazzi, ac­
querelli, autoritratti)... e continuerà a farlo (anche se saltuariamente) per tut­
ta la vita. Uno dei suoi insegnanti, Roberto Lunghi. gli apre altre passioni cul-
turali e lo avvia alla lettura delle arti figurative senza preconcetti o altari cat­
tedratici. Nella sua memoria restano celebri i corsi di Lunghi su Masolino o Ma­
saccio (e Pasolini se ne ricorderà nei suoi film).
11 11 luglio 1942, esce a sue spese un volumetto di 46 pagine. Poesie a Casarsa,
stampato dalla libreria antiquaria di Mario Laudi. Sono 300 copie (75 delle
quali destinate a critici, amici, parenti). Un critico di grande prestigio (che non
si è sporcato le mani col fascismo), Gianfranco Contini, pubblica una recensio­
ne entusiastica sul Corriere del Ticino (24 aprile 1943) e Pasolini entra negli an­
nali della letteratura italiana, senza chiedere permesso. Tra il '40 e *75 (fino al­
la sua scomparsa), Pasolini scrive “ almeno ventimila pagine. - il che significa
quasi due pagine nuove al giorno, feste comandate comprese e lavori stressan­
ti e malattie” (Walter Siti). Nel 1944, il giovane poeta vede un manipolo di fa­
scisti impiccare dei partigiani ai ganci di una macelleria e quest'angoscia della
P in o B ertelli

morte e terrore del potere non lo abbandoneranno mai più.


1 primi di giugno del 1944, Guido parte da Casarsa “ con un tascapane pieno di
bombe a mano, una rivoltella nascosta in una nicchia scavata nelle pagine di un
vocabolario e il volume Canti Orfici di Dino Cam panaio, va in montagna con
i partigiani della Brigata Osoppo-Friuli, composta da antifascisti cattolici, li­
berali e monarchici (è iscritto al Partito cVAzione). Nel febbraio 1945, Guido
viene assassinato con altri del suo gruppo, dai partigiani comunisti (italiani e
sloveni agli ordini di Tito), in (pianto non erano d'accordo sulla politica di an­
nessione di una parte del Friuli alla nascente Repubblica Jugoslava. Dopo il
crollo del fascismo, il padre di Pasolini, prende a bere e sino a quando scom­
pare, Pasolini lo descrive “ prepotente, egoista, egocentrico, tirannico". Solo
parzialmente rivedrà la figura del padre (qualche anno dopo la sua morte) e
nella stesura del dramma in versi Affa buia zio ne, Pasolini si ispira al rapporto
tra un padre c un figlio... “ riscoprirà nelle proprie radici infantili il ricordo di
un padre affettuoso e protettivo, verso il quale, almeno fino a tre anni, aveva
provato un trasporto anche sensuale” .? Pasolini vive con coraggio la propria
omosessualità senza mai accettarla fino in fondo. La sua anima diversa non
provava nessuna vergogna dei propri eccessi o devianze ma l'ha sentita sempre
come un corpo estraneo dentro di sé, era una sessualità omoerotica che “ senti­
va” con dolore ed ha laceralo la sua esistenza sino alla fine. Pasolini tornò più
volte agli scritti di Freud (di Jung o di Reich)... le tracce di queste letture sono
evidenti in opere come TAisignolo della chiesa cattolica, Le ceneri di Gramsci.
Poesia in form a di rosa8 e in tutto il suo fare-cinema. L'indagine analitica ha
scoperto presto che l'omosessualità è latente in tutti gli esseri umani... e i rap­
porti “ edipici con i maestri che ciascuno si sceglie hanno sempre connotazio­
ni particolari... basta leggere i carteggi ili Freud9 e le sue particolari amicizie
(Jung, b Hess, Honegger...) per capire che la diversità non è un “ male” ma è
un adesione della propria esistenza a tutto quanto viene espulso dal pensiero
comune. La diversità “ è una condizione esistenziale dellTiomo... una persona
arriva alla conoscenza (piando il suo cammino è scandito da atti di trasgressio­
ne, e 1 umanità va avanti grazie alla presenza di individui capaci di sfidare l’o­
pinione corrente e di sfatare i luoghi comuni” . 10 come Pasolini.
Nel settembre del "49, in un borgo di Ramoscello (vicino Casarsa). si svolge una
lesta di fine estate. Si balla all'aperto, si canta, si beve del vino... sulla sera Pa­
solini incontra tre ragazzi, ci scherza, ci gioca e poi si appartano in un campo...
Pasolini li bacia, gli fa dei pompini, si fa masturhare... diranno i ragazzi a un
paesano cattolico, il quale, qualche tempo dopo (il 22 ottobre), informa i cara­
binieri del fatto. Pasolini viene denunciato per corruzione di minorenni e atti
osceni in luogo pubblico (non essendoci stata una querela di parte, dopo un pri­
mo e un .secondo grado processuale, non ci sarà nessuna condanna per il reato
di corruzione di minori e un'assoluzione per insufficienza di prove per il reato
di atti osceni in luogo pubblico). Pasolini viene espulso dal P.C.l. per “ inde­
gnità morale” e messo al bando. Pasolini aveva frequentalo il partito comuni-
P ier P a o lo Pusolini/11 cin em a in c o r p o

sta circa un anno, nel w47-’48... “ Ho fatto poi come un certo numero di com­
pagni. non ho rinnovato la tessera una volta scaduta. L’ orientamento sempre
più stalinista di Togliatti, questo misto di autoritarismo e di paternalismo sof­
focante. non mi sembrava agevolare l’ espansione delle grandi speranze del do­
poguerra” . 11 Pasolini viene rimosso dal posto di insegnante nella scuola di
Yalvasone (anche se i genitori di alcuni alunni scrivono al provveditore perché
continui ad insegnare ai loro figli) e dopo due mesi di fame, Pasolini e la madre
si trasferiscono a Roma. La vita del poeta è povera. Vivono in un piccolo ap­
partamento in periferia. La madre lavora come domestica presso una famiglia
di architetti. Pasolini frequenta Cinecittà e cerea lavoro come comparsa. Ini­
zia a collaborare a giornali e fa il correttore di bozze. Pubblica racconti e re­
censisce libri su giornali cattolici e di estrema destra come 11 Quotidiano, Il Po­
llalo di Roma o La libertà d'Italia, (qualche volta si firma con lo pseudonimo,
Paolo Amari). Conosce Sandro Penna, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci,
Giorgio Bassani, Libero Bigiaretti, Enrico Falqui, Carlo Muscetta, Giuseppe
litiga retti, Emilio Gadda... e con molti di loro stringe un’ amicizia fraterna.
Nel 1954 si avvicina al cinema, scrive con Giorgio Bassani, la sceneggiatura di
La donna del fiume, di Mario Soldati, collabora alle sceneggiature di Marisa la
civetta- (1957), Giovani mariti (1958), La notte brava (1959), Il bell9Antonio e
La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini. Federico Felibri lo chiama per
scrivere alcuni dialoghi in romanesco di Le notti di Cabiria (1958), poi lavora
per Franco Rossi, Morte di un amico (1959), Gianni Puccini, Il carro armato
dell'8 settembre (1960), Cecilia Mangiai, La canta delle murane (1960), Flore­
stano Vancini, La lunga notte del '43, Luciano Emmer La ragazza in vetrina
(1960). Nello stesso anno del film di Emmer, Pasolini appare nella parte del
“ monco” , ne II gobbo di Carlo Lizzani e la sua interpretazione (quasi un carneo)
lasc ia trasparire una personalità esuberante e controversa. Non è solo un
frammento di straordinaria intensità scenica ma la figurazione di un borgata­
ro violento e ambiguo radicata nella realtà più vera del dopoguerra.
Nel 1954, Pasolini pubblica con Sansoni, La meglio gioventù (dedicato a Gian­
franco Contini). Contiene Finsieme delle poesie friulane e vince il Premio Car­
ducci. Nello stesso anno, per le edizioni della Meridiana, pubblica II canto po­
p o l a r e Nel maggio 1955, dopo una lunga revisione linguistica e tagli di parole
troppo dirette (sotto richiesta di Garzanti), esce Ragazzi di vita. A giugno la
prima edizione è già esaurita. 11 romanzo incuriosisce i lettori c scomoda anche
molle recensioni, se non entusiastiche, almeno spinte a un’ attenta riflessione
verso il popolo delle periferie invisibili al quale Pasolini dà voce. Anche Emi­
lio Cerchi si butta nella mischia. Non capisce nulla del libro (o poro) e lo dis­
approva. La Presidenza del Consiglio dei Ministri sembra più attenta... segna­
la il libro alla magistratura milanese per “ contenuto pornografico” . Si apre per
Pasolini una crociata o una nuova inquisizione contro le sue opere che lo cro­
cifiggerà fino alla fine della vita. Nel 1956, sulla rivista Nuovi Argomenti, di­
retta da Alberto Moravia e Alberto Carocci, esce il poema Le ceneri di Grani-

L
Pino Bertelli

sci. Garzanti lo pubblica in libro nel giugno del 1957. Con quest'opera Pasoli­
ni vince il Premio Viareggio (ex-aoquo con Sandro Penna, Poesie e Alberto
Mondadori. Quasi una vicenda). INVI febbraio 1958. Longanesi edita L'usigno­
lo della Chiesa Cattolica. TI 19 dicembre muore il padre di Pasolini, per un‘e-
morragia al fegato. Nel maggio 1959. Garzanti fa uscire Una vita violenta. Si
classifica Ja terzo posto al premio Strega (vinto da il gattopardo. di Tornasi di
Lampedusa). Al libro gli assegnano il premio Città di Crotone. Dietro Tinte-
fessamente di Vittorio Gassman, nel 1960 Pasolini traduce YOrestiade di
fischilo. Comincia a scrivere sul settimanale Vie Nuove. A ottobre escono in vo­
lume una serie di scritti dì critica letteraria (sui quali Pasolini aveva lavorato
dal 1952 al 1957), il titolo è Passione e ideologia.
Accattone segna l'esordio di Pier Paolo Pasolini come regista. Ed è forse il più
grande debutto nella storia del cinema italiano. TI Cristo in forma di Accatto­
ne. che Pasolini trasporta sullo schermo dai suoi “ romanzi di strada*', si chia­
ma fuori da ogni cristologia corrente e anche i richiami ad un’ antropologia del­
l’ emarginazione (che in molti vi hanno visto...) non lo riguardano. “ Sono pas­
sato così, come un vento dietro gli ultimi muri o prati della città —o come un
barbaro disceso per distruggere, e che ha finito col distrarsi a guardare, ba­
ciare, qualcuno che gli somigliava - prima di decidersi a tornarsene via** (Pier
Paolo Pasolini). Aceattoiie/Vittorio (Franco Cittì) è un sottoproletario delle
borgate romane. Non lavora, vive facendo il “ pappone” di una puttana. Mad­
dalena (Silvana Corsini). Abitano in una baracca semidiroccata con Namibia
(Adele Cambria), la moglie e i figlioletti di Ciccio, un guappo/sfruttatore che è
ili galera. Le giornate di Accattone passano lente, quasi immobili, in un barri­
to sgangherato insieme agli amici (Monnnoletto, Piede d 'oro, il Capogna. Pupo
biondo, Poppe il folle, il Tedesco, Balilla, Cartagine, il Cipolla, iJ Moicano)...
abbacinati dalla svogliatezza di vivere. Per mostrare di non aver paura della
morte e anche per raccattare un p o' di soldi. Accattone si tuffa da un ponte nel
Tevere dopo aver mangiato e vince la scommessa. Alle sue spalle appare per la
prima volta nel cinema Pasoliniano, un “ angelo di marmo” , che sembra pro­
teggerlo. In modi diversi o sotto altre spoglie, la visione angelica pasoliniana sa-
rà una presenza costante nella sua opera filmica. E un “ angelo necessario” che
annuncia una vita fantastica che è alla fine o al fondo di noi stessi. E Evangelo
dell‘ accoglienza” che fa della sensibilità e della tenerezza la trasparenza dei so­
gni. E P“ angelo dell "immaginazione” che porta la lieta novella delEamore —da
cuore a cuore - e fa della fanciullezza il centro focale dove uguaglianza e di­
versità si fondono nella favola bella e malinconica dell'infanzia.
Il film ha un sussulto, quasi un fuori scena di derivazione Non velie Vaglie...
(piando appare la banda di napoletani... vogliono sapere ehi ha fatto la spiata
e mandato il loro amico Ciccio (sfruttatore di Maddalena prima di Accattone)
in carcere. Accattone tradisce Maddalena e dice ai napoletani che è stata lei a
denunciarlo. La donna viene investila da una motocicletta. Deve restare a let­
to con una gamba fasciata. Accattone la schiaffeggia e la costringe ad andare a
Pier Paolo Patìoliui/II cinema in corpo

{iutiere il marciapiede come ogni sera. I napoletani la prendono* la portano in


una discarica e la picchiano a sangue. Sullo sfondo le luci di Roma abbagliano
un cielo nero e le grida della donna si perdono nella notte. In questura Mad­
dalena non denuncia i suoi aggressori ma Cartagine e Balilla, non fa il nome di
Accattone e viene rilasciato... Maddalena sarà accusata di falsa testimonianza
e dovrà scontare un anno di carcere. Accattone resta solo. Senza soldi* senza
nessuno che lo aiuti. Va a trovare la sua ex-moglie Ascenza (Paola Guidi) che
lavora in una laveria di bottiglie, per chiedere dei soldi. Qui conosce Stella
(Franca Pasut), una ragazza bella, ingenua (figlia di una prostituta), fuori del
tempo e della storia. Accattone s innamora di Stella e vanno a vivere nella ca­
supola di INannina. Per comprare le scarpe a Stella* ruba a suo figlio un esile
catenina d'oro. Accattone* per amore della ragazza cerea anche di lavorare, da
un fabbro, Tl primo giorno di lavoro è sfinito. Quando ritorna in borgata gli
amici lo prendono in giro, scoppia una rissa e Accattone viene pestato. La not­
te fa uno strano sogno. Vede i cadaveri ilei napoletani nudi, semisepolti sotto la
terra e lui col vestito della festa che va al suo funerale. E in ritardo, gli amici
10 chiamano, manca solo lui. Ai cancelli del cimitero il becchino (Polidor) Io
ferma... a lui è vietato Fingresso. Tutto è inondalo di luce, è il Paradiso. Il bec­
chino gli scava la fossa in una zona d ’ ombra, Accattone gli chiede di essere sep­
pellito un p o’ più in là, al sole. Accattone cerca di avviare Stella alla prostitu­
zióne ma al suo primo cliente la ragazza rifiuta di fare la marchetta e scoppia
in lacrime. Intanto una puttana. Amore (Adriana Asti), viene arrestata in una
retata e finisce in cella con Maddalena e altre prostitute (tra queste si ricono­
sce un'interessali te Elsa Morante). Amore dice a Maddalena ohe il suo ex-pro­
tettore sta ora con Stella. Maddalena lo denuncia e la polizia controlla i suoi
movimenti. Accattone, Cartagine e Balilla girano per Roma per mettere a segno
qualche furtarello. Mentre rubano «lei salumi da un furgone, vengono .scoperti
dalla polizia. Accattone inforca una motocicletta e fogge... fuori campo si sen­
tono stridori di una frenata e il colpo di uno scontro... Accattone va finire con­
tro un camion e con la testa sanguinante sull’ acciottolato, morente, dice: iwMò
sto bene” . Balilla si fa il segno della croce (alla rovescia) con le le manette ai
polsi.
11 debutto di Pasolini come autore cinematografico è fulminante. Accattone'fa
subito scandalo ed è subito poesia in forma di cinema. L’ universo del sottopro­
letariato romano diviene una metafora del mondo e quei primi piani, le grezze
panoramiche, la sacralità dei corpi di una gioventù alla deriva della civiltà dei
consumi clic avanza dal centro della metropoli ed esplode in quelle periferie as­
solate... portano in se una diversa tecnica filmica e una diversa poetica cine­
matografica che fanno di questo film una specie di ""ballata neo(sur)realista” di
irripetibile bellezza. A ccattone racconta Femarginazione suburbana romana
ma è evidente che la metafora si allarga ai Sud del mondo. E una storia che svi­
scera la profonda miseria delle borgate di Torpignattara, del Pigneto e dai mar­
gini della grande città riporta alle radici di un’ esistenza offesa* bastonata, de-
P in o B ertelli

fiorala senza rimedio. Pasolini coglie i segni della condizione umana povera e
vigliacca di personaggi che vivono ai margini delle periferie e da qui ne escono
in galera o morti. In questa degradazione esistenziale Pasolini vede “ qualcosa
di sacro*’ che crolla nella caduta personale di Accattone e nello stesso tempo ri-
sorge nel segno della croce blasfema finale di Balilla. "*La morte, il presenti-
mento della morte domina, è una presenza - ora segreta, ora esplicita - sospe­
sa sul film dalla prima all’ ultima inquadratura” , 12 che infonde alTopera un
percorso primordiale, quasi una lacerazione di un’ innocenza ritrovata e ini-
mediatamente perduta sulla quale si può solo piangere o bestemmiare. E vero
quello che ha detto Jean Collet - Accattone è fratello di Mouchette - 1 3 ... han­
no lo stesso assetto visionario che li conduce nei luoghi della trasversalità ere­
ticale e neirincoscienza di una crudeltà amicale, fraterna, dolorosa... trasmu­
tano lo schermo in un sudario passionale che si chiama fuori dalla storia quo­
tidiana.
A ccattone è “ un film ambiguo, lacerato, dunque un’ opera d ’ arte” (Jean Col­
let). Lo sguardo pasoliniano su Accattone è inquietante, sofferto ma anche dis­
taccato. Non giudica la sua vita, ne comprende la sua disperazione. Non ci sem­
bra (come <liee Alberto Moravia) che Accattone è “ soprattutto Pespressiom*
d ’ una sclerosi etica, di un’inconscia volontà suicida” , 14 piuttosto vediamo in
Accattone un testimone tragico dei mondezzai (delle periferie ilei mondo) pro­
dotti dalle forme di discriminazione/sperequazione della collettività moderna.
La coltivazione del potere, come quella della fede, sono un incentivo per ren­
dere più accettabile la sottomissione delle masse all’ universo mercantile delle
idee. Chi minaccia di rompere i legami col passato o di attentare ai simulacri
del futuro è pericoloso e viene considerato inadatto a partecipare alla sparti­
zione dell’ ordine delle cose. 0 è bandito o è perseguitato deli bravacci ilei pote­
re. “ Le idee dominanti sono sempre state soltanto le idee della classe dominan­
te” (Karl Marx) e i muckrakers (“ rastrellatoli di letame” ) 15 al servizio della
macchioa/Capitale sono i “ nuovi angeli” della borghesia industriale, sui quali
si erge l’eutanasia sistematica delle popolazioni più deboli del pianeta.
Accattone contiene in sé secoli di dolore e di sottomissione di un'umanità dimi-
V

nuita. E un discorso sulla fame, sulla miseria, sulla solitudine... che si prende
gioco di ogni politica, di ogni fede e fa della condizione emarginata Lui timo
strappo di un sociale profanato per sempre. Quello di Accattone è un destino
tragico che si avvolge nel mito e nell’incoscienza di ehi affronta il quotidiano
giorno dopo giorno, morso dopo morso. Pasolini costruisce un apologo contro
la pacificazione domestica piccolo-borghese, sceglie l’ inquietudine come insicu­
rezza e interrogazione dell’ esistenza di tutti. Le cifre stihstichc/espressive di
A ccattone sono elementari e gli omaggi a Ejzenstejn. Dreyer, Mizoguehi, Clui-
plin o Bergman si riconoscono senza difficoltà... le baracche della periferia ro­
mana, Eimmondizie, le facce irripetibili di un popolo miserabile schiacciato
sotto Eavanzare della modernità vanno a comporre un florilegio iperreale lid ­
ia ^diversità” . La figura di Accattone è stata associata a un “ cristo anarchico’
Pier P aolo Pasoliiii/U cinem a ili co rp o

(Sandro Petraglia). Non ci sembra così. La sacralità o la fatalità psicologica


nelle quali il film è depositato, sono piuttosto un espediente narrativo e la de­
gradazione viscerale di un uomo che vive nel fango e nella polvere (ha detto da
qualche parte, Pasolini). A ccattone intreccia la surrealtà maledetta di opere
disperate che hanno scritto la storia ilei cinema e dell’ uomo, con i resti dello
splendore neorealista contaminato da riferimenti pittorici medievali e dalla
musica di Johann Sehastian Bach, che conferiscono al film un’aura innovativa
del linguaggio cinematografico. Ciò che scrive Paolo Gobetti su A ccatton e, è al­
quanto superficiale e abbastanza improprio (vizio abituale di una certa sinistra
avvezza ai richiami d ’ ordine di partito)... le perplessità del critico di Cinema
in o ro si fondano sul “ mondo poetico e ideologico del regista c al di sotto di cer­
te asprezze di forma, certe immaturità di linguaggio, Accattone ci è parso un
film piacevole, dai dialoghi affascinanti, dal racconto avvincente” . 16 Gobetti
sembra “ leggere” quello che non c*è in Accattone o forse e di un altro film che
parla. Non si capisce dove abbia visto tutta questa piacevolezza e questa fasci-
nazione avvincente del racconto... il film poi non è per niente immaturo e il suo
linguaggio e tra i più alti della storia del cinema. T dialoghi sono belli, corti, me­
taforici. scippati a una realtà dura, disabituata alle convenzioni c alle cialtro­
nerie intellettuali della sinistra istituzionale. Ci sono dei primi piani, dei rac­
cordi d'inquadratura, delle metafore figurative, l'uso straniante dclFinterpre-
tazione non professionista... che rendono A ccattone un’ opera di grande impe­
gno sociale e la sua lettura non lascia spazio a nessuna semplificazione critica.
Anche Guido Aristarco non riesce a vedere nel cinema di Pasolini, altro che
una “ regressione da Marx a Freud” e le sue analisi si barcamenano tra l'origi­
ne delFomosessualità (che mutua da Freud e dal suo biografo Ernst Jones) e
una dolorosa rassegnazione del poeta di fronte alla vita, al sesso vissuto come
schiavitù e alla fatale prolungata, predestinata confessione come liberazione
della colpa. 17 Quale colpa? Quella di essere omosessuale? Allora essere ebrei
i> gitani, persone con difficoltà o folli è ancli’ esso una colpa! Forse è colpa del­
la “ normalità” , come forma praticata di delirio collettivo. La storia radicale
«Iella follia di Michel Foucault, gli scritti sulla sovversione del soggetto e la dia­
lettica del desiderio di Jacques Lacan o gli studi sulla psicologia del profondo
«li James Hillman 18 sono lì a testimoniare quanto sia drammatica resistenza
del l’ uomo/della donna inconsapevoli di ciò che i padri, le madri, le fedi, le edu­
cazioni. le politiche, i saperi hanno inciso a fuoco sui loro comportamenti e de­
ciso rorientamento della loro vita.
\

E Fomosess.ualità dichiarata di Pasolini che fa scandalo e accende i pruriti ves­


satori dei moralisti. La “ diversità” di Pasolini è subito sofferta. Sono i ragazzi
della sua età che guarda con attenzione e prova per loro i primi turbamenti. 1
due romanzi brevi, Amado mio e Atti impuri, 19 descrivono la prima giovinez­
za friulana (1943-1948), gli amori estivi, i halli in piazza, le rive dei fiumi dove
i ragazzi si stendevano al sole come bisce... “ ed erano quelli i giorni della mia
vera purezza, della mia buona e commovente gioventù: mai come in quei gior-
■ in o tsertellì

ni lio amato il mondo e mi sono l'atto amare” (Pier Paolo Pasolini).2 0 II rap­
porto con la madre è particolare, profondamente amoroso. Pasolini ama mol­
to anche il padre, in modo diverso, e sarà corrisposto. Ma è la figura della ma­
dre che sceglie come “"compagna di strada” , in lei trova quel senso materno fi]
protezione e di complicità (die non gli permetterà di riconoscere "i veri messaggi
dclPeterosessualità. e non è un caso che la vita di Pasolini si concluda all 'in­
terno di un rapporto omosessuale” (Aldo Carotenuto). A poco più di tre anni,
Pasolini ravvisa la propria "diversità” ... "Dei ragazzi che giocavano nei giar­
dini pubblici di fronte a casa mia, più di ogni altra cosa mi colpirono le gambe
soprattutto nella parte convessa al ginocchio, dove piegandosi correndo si ten­
dono i nervi con un gesto elegante e violento. Vedevo in quei nervi scattanti un
simbolo della vita che dovevo ancora raggiungere... Lino dei ragazzetti mi at­
traeva e non sapevo perché. Questo sentimento di affetto l’ avevo chiamato JV-
ta-Veleta. Qualche anno fa Contini mi ha fatto osservare come in greco Tetis
voglia dire sesso (sia maschile che femminile) e come tota-veleta sia un remin-
dei* del tipo che si usa nei linguaggi arcaici. Questo stesso sentimento di teta-\e-
leta lo provavo per il seno di mia madre” .21 Ogni ricordo è una parola ritro­
vata. Si muore stupidi quando si sono perdute le parole delFinfanzia e al loro
posto abbiamo messo le attese di un futuro annunciato in Dio o nello Stato.
Lo sguardo picaresco/pasoliniano di Accattone... va a disvelare le periferie
subumane e porta sulla scena del mondo un lebbrosario di puttane, ladri, pro­
stituii, papponi, fannulloni, ragazzi di strada che sono espulsi come "rifiuti”
dagli agglomerati urbani... qui i luoghi e i corpi della miseria si consumano con
la violenza, la ghettizzazione, Pautoesclusionc... su ogni cosa aleggia un senso
della morte e del provvisorio clic saranno alla base dell’ iconologia cinemato­
grafica pasoliniana. La Borgata degli Angeli di Ragazzi di vitu22 si amplifica
in Accattone, diviene una testimonianza dolorosa del sottoproletariato di ogni-
dove con la quale Fautore si identifica in modo profondo. I riferimenti che sci­
volano dalle vicende di Accattone sono nobili... e La terra trema (1948) di Lu­
chino Visconti, Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, Sciuscià (1946)
di Vittorio De Sica o I figli della violenza (1950) di Luis Runuel... sono lì tra
quelle strade bianche di sole, su quelle facce disperate e belle, in quella mise­
ria senza rimedio che non chiede solo aiuto, comprensione, ma esorta a fare
un'analisi profonda, fortemente critica verso quelFepifania consumistica dove
le attrazioni simboliche si integrano a nuove mitologie del consenso e i bisogni
collettivi divengono simulacri di massa, dove ciascuno affoga come può. La
spettacolarizzazione delFimmaginario è la prefigurazione dei bisogni e anche i
sogni sono sostituiti con i linguaggi dei consumi. Nei cassetti della memoria non
restano più i ricordi o le tracce di un vissuto quotidiano ma soltanto contami'
nazioni che smussano tensioni e strappi nei rapporti sociali, la massificazione
dei linguaggi tradizionali trasforma ogni cosa in feticcio c il mercato diviene la
sola estetica alla quale conformarsi. 1 saperi sono merce e le merci sono lin­
guaggi... la sacralità dei poteri segna l'apoteosi della tecnica e la perdita delia

:*2
soggettività... l'insieme dei valori è regolato da proprietà ideologiche e dottri­
narie. gli schernii, i video, i mercati, i salotti, le telefonie, i giornali, i giochi, le
lotterie... delle società ili massa sono funzioni oracolari, nel momento clic in­
trattengono formano le coscienze e gli spazi simbolici dell’ abitare collettivo. T
percorsi della visione pasoliniani tendono a riscoprire la soggettività creativa
deHindividuo ed espandono neirimmaginario sociale nuove estetiche del sogno
e altre figurazioni della realtà. In questo senso Pasolini, come Godard o Welles
è stato un sovvertitore radicale della grammatica cinematografica.
La fotografìa in bianco e nero (Tonino Pelli Colli) di A ccattone è "cruda"’ ,
"grezza"", racconta lo stupore del “ vero” senza cadere nella retorica della cro­
naca o del falso documentario. Pasolini chiese a Pelli Colli una fotografia sgra­
nata. contrastata, tagliata sui bianchi e sui neri. Pelli Colli uso la pellicola Fer­
rimi a P. .HO. la più dura che si trovava sul mercato... “ da un positivo fu fatto
addirittura un controtipo, ossia fu stampata bene una copia dal negativo di­
retti». e poi da questa copia, da questo positivo, fu ricavato un altro negativo.
Il tutto, quindi, si induri persino maggiormente"" (Tonino Pelli Colli) c il film
assunse un'aura di grande spessore cmozionale/figurativo che proietta Pasoli­
ni accanto ai maestri dell’ irriverenza poetica come Chaplin, Prevcr, Welles.
Hiliiucl o Bresson. L'essenzialità figurale di Pasolini supporta non poco 1 ap­
prossimazione scenografica... sovente la cinecamera sfiora, si sofferma, de­
scrive i numerosi comprimari di Accattone clic emergono dalla loro realtà de­
vastata e qui la lezione etica di Bossellini, Pe Sica o Bunuel esplode in tutta la
sua forza comunicativa. 11 montaggio (Nino Baragli) è frammentato... a tratti
lento, largamente giocato su metafore ardite o contrasti improvvisi, delinca già
la magia affabulativa sulla quale Pasolini costruirà tutto il suo cinema a veni­
re. 1 montatori (italiani) erano abituati ad aggiuntare la pellicola sulle uscite e
1»* entrate in campo... procedimento che non esisteva nel film di Pasolini, che
faceva "un controcampo a Frascati e un altro a Venezia” (Nino Baragli). Pro­
prio come Welles, Ejzentstejn o Bunuel. Quando Pasolini '“decideva ili tare un
campo lungo o un primissimo piano, avevo Limpressione di assistere all inven­
zione del campo lungo o del primissimo piano. La prima volta della storia del
cinema" (Bernardo Bertolucci). 11 tocco filmico pasoliniano è subito chiaro: ci­
necamera a mano, inquadrature forti, primi piani azzardati, lente panorami­
che... tutto immerso in un'estetica della trasgressione che trasfigura Fimpossi-
bilità di vivere il reale nei recinti istituzionali e delinea l'utopia dei senzastoria
che scardina il pensiero protetto dello Stato. Sono tematiche clic scivoleranno
in ogni lavoro pasoliniano (cinematografico, poetico, giornalistico o letterario)
e auliranno a costruire un universo insanguinato dove la strada è la traspa­
renza dell" immagina rio calpestato e la fede, la cultura o la politica il male di
esistere nel cerchio conviviale della civiltà dello spettacolo.
L'interprete ili A ccattone è Franco Cittì, un ex-imbianchino e amico ili Pasoli­
ni. "La sua miseria materiale e morale, la sua feroce e inutile ironia, la sua an­
sia sbandata c ossessa, la sua pigrizia sprezzante, la sua sensualità senza idea-
Pino llertelfi

li e, insiemi* a tutto questo, il suo atavico, superstizioso cattolicesimo pagano ’


(Pier Paolo Pasolini), bruciano lo schermo come nessuno e fanno dei limiti del
dolore, la sovversione non sospetta che non ha né inizio né fine... è il rovescia­
mento del convenzionale e della temporalità addomesticata, il capovolgimento
di una situazione statica che dà voce al silenzio genuflesso degli oppressi. Pa­
solini è, su molti piani, l’ interprete più "scoperto"’ di un’umanità emarginata,
depredata, violentata... la trasgressione che porla sullo schermo, nei libri, nel­
la vita personale e quotidiana è quella di una presenza forte e anomala, che
schianta rinsieme della cultura del sospetto e fa della fede politiea/religiosa i
luoghi della sofferenza e della rivolta. Al fondo di ogni trasgressione c ’è la ri­
bellione contro il Padre, contro Dio, contro lo Stato... e solo attraverso la tra­
sgressione l’ uomo è capace di divenire padrone della propria intelligenza e ro­
vesciare il prestabilito della propria epoca. Citti nasce nella borgata di Torpi-
gnattara... conosce la guerra, la fame, il riformatorio, la disperazione, l'inesi­
stenza, la non-vila, la merda... la prima volta clic ha fatto l'amore è stato con
una puttana, li riformatorio è l’ unico posto che ricorda come casa sua. "Mi fa­
cevo dei ragazzini in riformatorio. Ce n’ erano per lo meno tre innamorati di
me... con la scusa dell’età o del brutto muso ti approfittavi di quelli che ave­
vano più di te, di quelli che ricevevano dai parenti più soldi, più regali, più
pacchi-viveri. Quella era vita. Vinceva chi riusciva a coltivarsi il più gran nu­
mero di fccu letti bianchi’ , come chiamavamo quelli clic venivano da Milano o
soltanto dal Nord” (Franco Citti).2 3 11 personaggio di Accattone nasce nelle
pizzerie, nelle osterie, sul tranvetto azzurro eli Grotte Celoni, nei racconti di
borgata che Sergio e Franco Citti (davanti a un litro di vino) facevano a Paso­
lini. Accattone era uno che esisteva davvero, se ne parlava tra “ i malandri del­
la Acqua Bollicante, conte di un paraculo senza fissa dimora che viveva di espe­
dienti. Una specie di 'leggenda’ di periferia, un Kohin flood da quattro soldi,
che non rubava ai ricchi per dare ai poveri, ma che si rimediava la giornata per
sopravvivere. Magari fregando un altro povero, ma che non era mai tanto po­
vero come lui .2 4 Lo chiamavano Accattone perché "accattonava la vita ’ e poi
tutti nelle borgate avevano dei soprannomi. Il quel micromondo di diseredati
tutti parlavano di Accattone ma nessuno lo conosceva bene. Appariva e scom­
pariva dal nulla. Ogni tanto in borgata venivano a sapere che aveva fatto un
colpo al Tiburtino Terzo o al Prenestino, poi più niente per lungo tempo. In
principio, i produttori di A ccattone volevano come interprete Franco Inter-
lenglii... Pasolini insistette su Citti e crediamo che il suo volto/maschera del sot­
toproletariato universale, sia una delle più grandi rivelazioni della storiografia
cinematografica. Lo sguardo obliquo, la camminata non impostata, la gestuali­
tà essenziale, il sorriso ironico di Citti... "bucano” lo schermo almeno quanto
l’interpretazione corrosiva - maschilista - di Marion Brando (Il selvaggio) o
quella schizofrenica - effeminata - di James Dean (Gioventù bruciata). ma b è
la fiction hollywoodiana die parla, in Citti è la vita della periferia che insorge
e debili la sulle sue macerie.
Pier Paolo Pa«oliiii/Il cinema in co rp o

Le puttane di Pasolini sono subito belle, sensuali, ferite nella vita e negli amo­
ri,.. innocenti o sfrontate camminano lungo i marciapiedi ilei mondo come tan­
te piccole stelle sbiadite che nulla cercano e nulla vogliono che un po' di sere­
nità e qualcuno d amare... Amore, Maddalena o Stella sono in molti modi an­
geli e diavoli, bambole e streghe, compagne e peccatrici... Pasolini dà a ciascu­
na un'anima, nella loro “ diversità” riconosce anche una parte di se e nella
transizione dall*amore all'odio, dal nero al bianco, dalla gioia al dolore... con­
fina il senso tragico della vita nel riscatto (sovente) della morte e il paradiso che
cerca non è in cielo ma nelle azioni dell*uomo/*Iella donna che s’ incamminano
verso la fine con Paura azzurra (malinconica) dclPinnocenza. I personaggi pa-
soliniani si muovono nel fondo della storia, in uno scenario che (come gii affre­
schi del Masaccio), aggredisce frontalmente ciò che racconta e quei primi piani
tenuti sullo schermo fuori dai tempi canonici (o troppo brevi o troppo lunghi)
furono oggetto di notevoli ostilità critiche. Era impensabile (chissà perché?),
che la quotidianità bruta di Accattone potesse essere accompagnata dalla bel­
lezza sublime delle musiche di Bach... la contaminazione apparve come un'e­
resia e (così raccontano gli storici) anche Feilini, il “ grande mistificatore*' (Pier
Paolo Pasolini), si rifiutò di produrre cpiesto film. Pasolini parlò del “ senso del
primo piano*’ c della “ severità figurativa** di un film che l'aveva fulminato in
gioventù. La passione di Giovanna d'Areo (1928) di Cari T. Dreyer, un mae-
slro/poeta del cinema d ’ autore. Era vero, ma hi parte. Accattone nasceva nel­
le periferie della violenza di Luis Buiiuel o nelle albe tragiche di Marcel Carne,
nei lampi sul Messico di Sergej Ejzenstejn o nei diari di campagna di Robert
Bresson c alcune sceneggiature alla quali Pasolini aveva lavorato prima ilei suo
esordio — La notte brava di Mauro Bolognini, Morte di un amico. di Franco
Rossi, Il bell'[Antonio di Mauro Bolognini, La giornata balorda di Mauro Bo­
lognini, La lunga notte del %'i di Florestano Vanoini o II carro armato delVS
settembre di Gianni Puccini — ... anticipavano il senso amicale, resistenziale e
amoroso di Pasolini come “ cattiva coscienza” della propria epoca.
Il cinema di Pasolini architetta un'estetica dei corpi, una cultura del respiro,
un'oblio delTesistenza che sborda dai limiti della vita quotidiana per andare a
sbocciare in terre straniere dove l'amore s'invola su vie estreme che s'incro­
ciano senza mai confondersi. Nell'opera pasoliniana il reale “ diviene” nel pre­
sente che crolla. L'anarchia di Accattone è sparsa ovunque nel cinema di Pa­
solini. Accattone è il ribelle senza causa che vive al limitare del bosco, non en­
tra mai nel folto (selvaggio) della foresta né nella distesa (desertica) della ra­
dura... Accattone è il singolo che agisce senza né legge né morale e conferisce
alla propria disobbedienza sociale le stigmate di un nichilismo eretico, dove la
fine della paura coincide con la paura della fine vissuta come destino. Accatto­
ne è l’ Anarca senza la grandezza poetica ilei grandi Solitari né il loro spirito di
ribellione... la sua Aita è anche la sua pagina, la sua morte la chiusura del suo
libro o del suo sogno. Sotto un certo taglio Accattone esprime quel “ vivere sen­
za principi” del quale parlava Henry David Thoreau e giunge a rivendicare
Pino Bertelli

(con i mezzi die conosce) il diritto alla disobbedienza civile. Lo sparsamente «li
Accattone mostra la mancanza di patria e allo stesso tempo l 'attacca mento al-
Eamlnente dove è nato, dove è cresciuto e sofferto. La vera grandezza di un mi­
mo si riconosce non da ciò che possiede ma dalle cose che riesce ad esprimere
con la propria vita o con la propria morte. “‘Egli è pertanto simile a una luce
che, invisibile in sé. riscalda e rende visibile il mondo** (Ernst Jiinger). Ln at­
tenzione disincantata della politica permette all*uomo di riconoscere altri valo­
ri, altre emozioni, altre verità e divenire indifferente, scettico o oppositore ver­
so tutti i regimi.
L’Anarca o il Ribelle non si lascia coinvolgere in nessuna causa che non sia la
sua...25 sfrutta ciò che gli torna utile o si ritira nelle profondità del mondo in­
teriore. Di contro al Eliomo sociale, che vive il proprio tempo e il proprio spa­
zio intonandosi al coro generale e ne assume tutte le vesti (cerimoniali, riti, io-
lem, tabù...), EAliarea si addentra nella conoscenza del mondo ma decide di
non farne parte... riconosce in sé rimpulso originario dell’Anarchia ma sa clic
“ appena si nasce esso viene limitato dal padre e dalla madre, dalla società e
dallo Stato... L’ Anarca sa che la libertà ha un prezzo, e sa che chi vuole go­
derne gratis dimostra di non meritarla... L’ Anarca non ha società” 2 6 perché
EAnarca è sovrano di se stesso o brigante dei suoi sogni. L’ Anarca è una figura
prometeica che non conserva nulla e vive con l’ eredità di tutto. Incarna in sé il
tramonto di mondi perduti e le utopie dei vecchi capitani. L’Anarca c tino scia­
mano deli'intelligenza ladra che sborda oltre i confini della realtà e i limiti di l­
la conoscenza... signore delEalchimia delle parole, delle immagini, delle emo­
zioni estreme... l’Anarca insinua il piacere della seduzione e allarga tutti* le
passioni irresistibili che disvelano Einganno... è il signore della bure che nella
gioia della solitudine non teme i lupi della sera e s’ invola con le farfalle blu del­
la Terra che nessuno sa, là dove s’ illumina il mare e s*incendia il cielo.27
Accattone trasferisce su di sé gli istanti della rabbia, non s’ inchina di fronte al­
l’ esistenza pubblica e anche la sua ombra lo abbandona in sogno. Nel contem­
po c anche riflesso di uno specchio sociale falsificato che non conosce l'inno­
cenza ma la vive nella fame dei giorni. La sua vita maciullata da una rispetla-
bilità che non gli appartiene è un insulto a quel falso decoro borghese che non
capisce e combatte come può... ed è qui che Eimmagine dell’ emarginato divie­
ne la “ coscienza sporca” dell'insieme sociale. Ecco perché ogni forma di disob­
bedienza <> di insubordinazione contro la classe al potere è necessaria o quan­
tomeno vitalizzante per tutti coloro che sopravvivono in una realtà subumana
che difficilmente potranno sconfiggere. La conservazione dei privilegi passa nei
centri di potere della politica, della fede, delEeoonomia... solo distruggendo al­
la radice le ingiustizie sociali si può cominciare a edificare quelle comunità so-
vranazionali dove la sola cosa importante da raggiungere è la felicità dell’ no-
V

ino. E per questo che 'd uomo ha diritto di manifestare la propria opinione di
fronte a qualsiasi tribunale. Con tutti i risolti che ciò comporta, compreso quel­
lo di rimetterei la pelle” .2 8 L’ uomo ha diritto ad essere ciò che è fin quando la
P ier P a o lo P asolin i/Il cin em a in c o r p o

sua libertà non entra nella libertà dell'altro. Iva mancanza di religione è un
ponte verso la leggerezza. “ La responsabilità è una rosa cattiva se governa ogni
passo... la risata degli asini e quella delle tigri'’ (Elias Canetti) sono simili. Pre­
ziosa è VEtà delFinnocenza di colui che si è chiamato fuori da ogni conflitto e
porla su di sé il peso del mondo.
{Mattone fulmina l’ italietta del boom economico e fa “'della realtà fisica del po­
polo*’ (Pier Paolo Pasolini) una lacerazione dell’ esistenza, dove nessuno riesce
a saltare al di là della propria ombra. Andare oltre la linea dell’ ordine costi­
tuito. “ significa allora entrare in quella zona dove il nichilismo, divenuto tota­
le. si fa condizione normale e il niente diventa un aspetto essenziale della real­
tà*.29 Dove tutto spinge all'apparenza (al niente), lì domina la trasvalutazio­
ne dei valori dominanti (il nichilismo). Il centro di ogni deserto non è il mirag-
iiio/somio ma la sabbia/rovina di sentieri interrotti che si allungano là dove i
conflitti dell’ anima muoiono. Ed è per questo che il deserto cresce in ognuno e
dappertutto. La poetica libertaria di Accattone e dell’ insieme dell’ opera paso-
liniana. contengono diverse confluenze espressive e per comprendere a fondo
la tessitura epica del cinema di Pasolini è importante andare a leggere le di­
verse contaminazioni, le citazioni e i rimandi affaldativi. Ejzcnstejn, Chaplin.
Hergnian sono disseminati un po’ ovunque, ma sono ralchimia esletica/eretira
di Orson Welles e la poesia dell amarezza/disineanto di Dreyer e Mizoguehi che
Pasolini saccheggia al fondo. Più ancora, è alla decostruzione deirimmagine
filmica codificata e messa in atto o a fuoco nella scrittura filmica di Jean Vigo.
Jean-Luc Godard o Francois Truffaut clic Pasolini (con estrema disinvoltura)
Imita sullo schermo, incendiandolo di verità.
In Accattone c ’ è già tutta la poetica eversiva vii Pasolini. La ‘“soggettiva libera
indiretta” di Dreyer del Vampiro ( Vampyr, 1932) si riconosce nel funerale o il
sogno di Accattone che assiste alla propria morte... Panareliia disperata di Go-
X

dard (la morte di Belmondo/Kovacs) in Fino all'ultimo respiro {A bout de souf­


flé. 1960), è ripresa nella chiusa di Accattone/CiIti che muore sulla strada c
l'insieme deirimpianto narrativo ha molto a che fare con l’ atmosfera allucina­
la, il gusto figurativo, i valori pittorici di Eppure continuano a vivere (Shika-
mo harem iva iku, 1931) di Mizoguelii, che sottolinea con profondo rispetto e
notevole Indignazione (non solo estetica). l’ aspetto tragico del sottoproletaria­
to giapponese, visto come metafora delle miserie del mondo. Un’ investitura che
Vlizoguclii (come Pasolini) riprenderà dal cinema di strada tedesco e sovietico
degli anni w20/’ 30. Specie da Questa è la vita (So ist das leben. 1929), di Cari
Junghans, .4/ di là della strada (Jenseits der strasse, 1929) di Eco Mittler, /Vo­
stro pane quotidiano (Unser tagliches brot, 1928) o II viaggio di mamma Krau-
se verso la felicità (Mutter Krausens fa h rt iris gluck, 1929) di Pici Julzi. A ve­
dere in profondità la tessitura figurativa/lessicale di Accattone. si scorgono i fi­
lamenti iconologici deH’emarginazionc sociale di La corazzata Potemkin (Bro-
seitusec Potemkin, 1926) di Sergej M.Ejzenstejn, La madre (Mat\ 1926) di
Vscvolod Pudovkin o La Ferra (Zemlja, 1930) di Aleksandr Dovzenko... più
P illo B ertelli

ancora, od è strano elio - gli addetti ai lavori - non l’ abbiano preso in molta
considerazione. Pasolini rilegge il Neorealismo in l’orma più profondamente po­
litica e va a costruire un eine/soinmario di decomposizione della società mo­
derna. In ogni film pasoliniano, il '"rosso straccio” della speranza culminar-
(la/popolare viene intrecciato ad una figurazione dei corpi clic generano pas­
sioni. conflitti, provocazioni e si fanno portatori di una coscienza poetica che
non ha bisogno di proclami ne preghiere per deridere o insorgere contro Ten­
iasi della politica o la sozzura della fede. '"Il poeta è qualcosa che è consentito
essere, ma non di diventare** (Hermann Ilessc). Da subito il cinema pasolinia­
no viene colpito da aggressioni di ogni genere. L'ostracismo censorio perpetra­
to dalle autorità della Chiesa, dello Stato, del Popolo... fu a lungo sostenuto e
qualche volta sfociò in veri e propri linciaggi. Col tempo anche i ciechi e i sor­
domuti cominciarono a pensare che in quel "cinema della diversità” albergava
la poesia.
Accattone è stato il primo film del cinema italiano ad essere vietato (con un ap­
posito decreto) ai minori di 18 anni. Scelto per la XXII Mostra del Cinema «li
Venezia (31 agosto), il film di Pasolini ricevette fischi e rimproperi. Pochi ca­
pirono di trovarsi di fronte a un’ opera d ’ arte. I settimanali avvertivano i let­
tori che si trattava di "un film sui rifiuti umani” (Oggi) o che "quello di Paso­
lini è, insomma, un inondo a senso unico, dove non affiora mai la speranza o
un sentimento capace di dare il senso della dignità umana” (Vita, 7 dicembre
1961). La "sacralità dell’ autentico non trovò seguito” (Barth David Schwartz)
che in pochi disertori della pubblica opinione. Alla ""prima” di Accattone al ri­
noma Barberini a Roma, un manipolo di giovani fascisti cercarono di impedire
la proiezione... lanciarono bottiglie d ’inchiostro contro lo schermo, homi ielle
di carta e finocchi tra il pubblico... ci furono colluttazioni e la visione del film
fu sospesa per quasi un’ ora... intorno a Pasolini si strinsero amici e intellet­
tuali senza museruola e Accattone prese la via degli schermi di ogni parie del­
la terra... da subito, Pasolini mostrò un "cinema di poesia” , in opposizione al
"cinema merce ’ , come linguaggio edulcorato del potere. Quando il film sarà
bloccato in sede di censura c ritirato da tutte le sale italiane... non furono mol­
ti i giornalisti che gridarono alla discriminazione... e oltre all’ amico Moravia,
s infuriò Mino Argentieri, che dalle pagine di Cinema Sessanta (luglio-agoslo
1961), scrisse che era importante agire contro i censori dello Stato in quanto si
trattava di un film die raggiungeva la "'compiutezza d ’ arte” .
Nel 1962, Accattone viene presentato al Festival del cinema di Karlovv Vary
(Urss) e vince il Primo premio per la regia. Il coraggio dello spirilo e la passio­
ne per i diritti civili delTuomo/della donna non fanno diletto a Pasolini, che in­
frange la "notte americana** del cinema e interrompe il gioco della commedia
attorale e della macchina divistica. *’ ll cinema e la politica sono la stessa cosa.
Hanno entrambi a che fare con lo spettacolo. Il cinema ha a che fare con lo
spettacolo, la politica è spettacolo, divertente o meno... C ’ è lo stesso scarto di
partenza, stavo per dire la stessa menzogna, sia nella rappresentazione politi-
P ier P a o lo Pasolini /1 1 cin em a in c o r p o

n\ sia nella rappresentazione cinematografica commerciale” (Marguerite Du­


ra*). Pasolini denuncia col suo film, sia la menzogna politica che la menzogna
del cinema. La sua opera non è solo una messa in questione delle responsabili­
tà «.Iella classe dominante ma è anche un'accusa contro Findifferenza c la pas­
sista degli spettatori. “ TI genio comincia col dolore” (Marguerite Duras). la
stupidità con Peuforia o la genuflessione all'ordine dominante.
L'assalto al cinema del film pasoliniano è talmente particolare che nemmeno i
Cahiers du Cinema (n. 116, 1%1). sempre attenti alle pulsioni nuove e ai cam­
biamenti radicali del linguaggio cinegrafico, non si accorgono «li ciò che passa
loro negli ocelli... Jean Douchet ignora Accattone alla rassegna veneziana e i
Cahiers preferiscono recensire Donna di vita (Jacques Demy), Lo notte (Mi­
chelangelo Antonioni), E1 cocliecito (Marco Fervori), Les godelureatix (Claude
Chabrol), D ov’è la libertà ( Roberto Rossellini), Rocco e i suoi fratelli (Luchi­
no Visconti), The criminals (Joseph Losey), Ombre (John Cassavetes), Bellissi­
ma (Luchino Visconti), Kapò (Gillo Pontccorvo), Exodus (Otto Preminger),
Ester e il re (Raoul Walsh), La vendetta del gangster (Samuel Fuller), L’anno
scorso a Marienbad (Alain Resnais), La donna è donna (Jean-Luc Godard,
Questa sera o mai più (Jacques Deville), Spartacus (Stanley Kubrick), Il te­
stamento del mostro (Jean Rebnoir), Paris nous appartieni (Jacques Rivet­
to)... si accorgeranno della portata eversiva di Accattone ranno dopo.3 0 La
cultura figurativa di Pasolini (le lezioni di Roberto Longhi su Masaccio, Piero
Della Francesca alTLniversità di Bologna sono una presenza costante nel suo
fare-cinema...), reinventa "Ficonografia e il senso dello spazio ncIFimmagine
cinematografica” (Gian Piero Brunetta). 1 primi piani dei personaggi pasoli-
niani. incastonati sullo sfondo delle periferie metropolitane si rifanno a certi
affreschi medievali e divengono icone-simbolo di una visione materica della
realtà che è propria «lei grandi “ sognatori” («la Masaccio a Goya, da Klee a Pi-
eass<»). Pasolini assume il punto «li vista delle sue immagini/metafore, sa che
“ non ha più senso scrivere per una classe sociale imitata e inseguendo il sogno
«li una rivoluzione sociale impossibile” ...31 così pone il suo cinema alla con­
fluenza «Ielle culture transnazionali e tra la realtà e sogno si fa soggetto politi-
eo/indocile del presente e testimone eretico/bl asforno della memoria storica «lei
passato.
Accattone è il primo dei 22 film che compongono la cinevita «li Pasolini. Anche
se la risonanza «li Gramsci e la sua idea di cultura “ nazional-popolare” della
classe dominata scissa dalla cultura borghese, sembra riguardare da vicino la
prima stagione cinematografica pasoliiiiana... Pasolini affa buia i suoi film per
un'umanità ideale e in qualche modo contenevano un'insorgenza (mai una pro­
spettiva) rivoluzionaria: la disobbedienza o la ribellione. Accattone vola un'e­
state... quanto basta per mostrare la sua tragedia personale e quella di tutti i
sottoproletariati suburbani. “ Una tragedia senza speranza, perché mi auguro
che pochi saranno gli spettatori che vedranno un significato di speranza nei se­
nno della croce con cui il film si chiude” (Pier Paolo Pasolini). La realtà paso-
Pino B ertelli

liniana veniva rappresentata con la realtà emarginala di Accattone, quelle fac­


ce. quei gesti, quei corpi, quelle parole... erano così nella vita come sul len­
zuolo sdrucito dello schermo. La cultura che Accattone esprimeva non aveva
una propria morale e la sua interpretazione del mondo restituiva il razzismo
evangelizzato della classe dominante. La cultura borghese che Accattone non
conosceva, era ciò che respirava e non aveva nessun mezzo (se non la violenza
0 la bruta criminalità), per mettere in discussione i modelli e i valori imposti.
Nella disseminazione della tolleranza istituzionale, ‘'tutti i borghesi sono infat­
ti razzisti, sempre, in qualsiasi luogo, a qualsiasi partito essi appartengano"
(Pier Paolo Pasolini). Accattone è un'opera di straordinaria bellezza formale,
oltre ohe un film dolcemente poetico, indimenticabile. Accattone "‘non incontra
sul suo cammino il partito comunista e non si redime neppure diventando la­
dro... Accattone appartiene a un mondo socialmente primitivo, le quali legiri
della ragione e della consapevolezza sono confuse annebbiate... Pasolini ha o s ­
servato e giudicalo i suoi personaggi dall'in terno, nel cerchio chiuso di una •mi­
to-società dominata da regole proprie c impermeabile alle sollecitazioni ester­
no” .32 Accattone rappresenta la degradazione e rumile condizione umana «li
un personaggio della periferia romana, ma contiene anche la ‘"sacralità dell’ in­
nocenza” che questa condizione disperata comporta, in ogni società cosiddetta
“ evoluta” .
Tra il 1960 e il 1965. Pasolini tiene una rubrica su Vie Nuove: Dialoghi con Pa­
solini, A scrivere per il settimanale del P.C.L. lo chiama la direttrice del gior­
nale, Maria Antonietta Macciocehi. 1 contrasti con la direzione del partito m-
no forti, ma la Macciocehi tiene duro. I Dialoghi di Pasolini con i lettori han­
no un'enorme successo. Pasolini non ha riverenze per nessuno, nemmeno per
1 suoi datori di lavoro. Tira dritto per la sua strada e le sue idee/risposte di­
vengono veri e propri appuntamenti culturali per un proletariato inquadralo e
sorvegliato come quello comunista. In quella corrispondenza pubblica si parla
del personale, del cinema, della letteratura, della vita politica, delle utopie di
una società migliore... la crisi di Cuba, del distacco dei paesi comunisti ( URSS.
Cina) e l’ Europa, dei problemi reali del Terzo Mondo, la devianza gerarchica
della Chiesa cattolica, il ruolo indeciso del P.C.L contro le ingiustizie delle de­
mocrazie moderne... sulla ‘"crisi del marxismo e dei partiti marxisti" si produ­
ce la frattura tra il partito e il regista. Pasolini si richiama agli echi cultura­
li/politici del Terzo Mondo e invita ad un '"rinnovamento del marxismo"... unii
vede nel movimento operaio sindacalizzato una forza che si contrappone al
mondo industrializzato neo-capitalista e si pone come “ forza etica/alternativ a’
allo stalinismo comunista. Al posto delle "belle bandiere” pasoliniane della Re­
sistenza è subentrato Io smarrimento politico del P.C.L che nessuno vuol vede­
re e la politica culturale che avanza nei suoi congressi è quella dclP“ oratorio
parrocchiale" o della “ casa del popolo” , dove il prete o il commissario politico
incarnano la ragióne! La posizione personale di Pasolini non coincide con la
“ politica culturale del P .C .L " e i suoi scritti contro il dogmatismo, il tatticismo*
P ier P a o lo P asolini/ll cin em a in c o r p o

hi rigidità ideologica o 1 indottrinamento delle classi povere non si confanno al­


la disciplina militari,stira del partito... con una nota di redazione del 23 set­
tembre 1%5, Pasolini si congeda da Vie Nuore.33 La sua “‘diversità” non gli
sarà risparmiata ed è Togliatti (tra gli altri) che ritiene Pasolini una persona
“ non adatta” a colloquiare con i lettori comunisti e in una rivista ilei Partito.
V Mario Montagnana il compito di dichiarare: “"Allontanate questo pederasta
da Vie Auore!". La Mai-ciocchi si schiera dalla parte di Pasolini. Poi sarà silu­
rata e nel 1977 espulsa dal Partito per “ devianza ideologica” . Cioè stava dalla
parte dei “"dannati della terra” . Paimiro Togliatti, il capo carismatico ilei co­
muniSmo italiano, non ha inai visto di buon grado gli impulsi e le passionalità
deirimmaginario creativo di certi intellettuali... al pensiero ""cristiano*" di
Ignazio Silone preferiva la pistola facile ili Vittorio Vidali e nel contempo alle
trame con il sottobosco politico di ogni colore per conquistare il potere. Op­
portunismo e rapacità furono i suoi modelli di piccolo statista di provincia e lii
lui (la sua politica di transizione) il vero anello di congiunzione tra il fascismo
che crolla\a e un’ altro fascismo che nasceva.
Come si è detto. Pasolini era stato espulso dal Partito per “ indegnità morale” ,
nel 1919. Lo scandalo che portò alla stia epurazione, fu quello (celebrato dalla
stampa cronachistica italiana) della sagra di Santa Sabina a Ramuscello (nella
campagna vicino a Casarsa). 11 ballo in piazza, l’ incontro amoroso di Pasolini
con quattro ragazzi... un mese dopo la denuncia contro Pasolini per “ atti osce­
ni in luogo pubblico” (violazione degli art. 521 e 330 «lei codice penale). Si trat­
tava ili quattro ragazzi minorenni clic avevano masturbato un maggiorenne e
lui li aveva baciati... 1 ragazzi avevano dichiarato di aver “ menato ruceello” al
professore. Pasolini —si legge nei verbali dei carabinieri - avrebbe avvicinato
i ragazzi, offerto loro dei dolci e si sarebbero appartati nella campagna. “ Arri­
vato lì il Pasolini cominciò a baciare il Zengaiii mettendogli la lingua in bocca
c palpandogli le carni: poi sbottonandosi i pantaloni cacciava fuori il suo mem­
bro facendosi masturbare fino alla lussuria soddisfatta pagando poi il ragazzo
con lire 10. Tutto avveniva con la presenza degli altri Ire m inori...’ 31 il pro­
fessore fece la stessa cosa con un altro ragazzo (Pietro) e anche a lui gli dette
10 lire. Quando Pasolini fu interrogato dai carabinieri di Casarsa. si rifugiò
nella cultura, dicendo che aveva ecceduto un p o’ nel bere e nell euforia della
lesta aveva voluto tentare “ questa esperienza erotica di carattere letterario ac­
centuata dalla recente lettura di un romanzo ili argomento omosessuale di (ri­
de *(premio Nobel per la letteratura Lamio precedente. Nel 1932. il Sant'Uffi­
zio metterà all’ indice la sua intera opera perchè corsa da suggestioni amorali).
Lo scandalo divenne pubblico c fu enorme. Ne parlarono i giornali, con dovi­
zia di particolari tenebrosi. Nella sede del Partito fu latta una riunione straor­
dinaria. Teresina Degan (una militante di spicco) non era d'accordo con l'e­
spulsione di Pasolini ma Ferdinando Mainino (un ex-partigiano, famoso nel
l’Viuli col nome di battaglia ili “ Carlino” ), scrisse la nota di espulsione che ap­
parve qualche giorno dopo su L'Unità: “ Prendiamo spunto dai falli che hanno
P ino Bertelli

determinato un prave provvedimento disciplinare a carico del poeta Pasolini


per denunciare ancora una volta le deleterie influenze di certe correnti ideolo­
giche e filosofiche dei vari Gide, Sartre e di altrettanto decantati poeti e lette­
rati italiani, ehe si vogliono atteggiare a progressisti ma che in realtà raccolgo-
no i più deleteri aspetti della degenerazione borghese"’ .35 Tralasciando la ba­
nalità del linguaggio e riflettendo sulla stupidità dell'iinpostazione morale...
pensiamo a quanto sia pericoloso il "rigore” o il "decoro” ehe escono fuori dal­
le doti line o dalla fede in qualcosa o in qualcuno che si erge sopra le cadute o
le disperazioni di un’esistenza.
Pasolini ha sbagliato. Ed è giusto ehe ciascuno paghi i propri errori. È vero an­
che che il “ branco” incarna la ragione ma non è detto che la “ ragione** del
“ branco” sia immune da sbagli o terrori rimasti impuniti. E in questo senso die
Pasolini è uno che “ va a pescare nei secoli solo ciò che i secoli avrebbero vo­
lentieri dimenticato” (Elias Canotti). Ora non importa appoggiarsi sui v a l o r i o
le “ lae rime di Eros” 3 6 dell’ antichità per non demonizzare Pomosessualità né
ricordare i grandi nomi dell’ arte o della cultura che hanno praticato una sen­
sualità omoerotica... vogliamo dire elle Eomosessualità non è un “ vizio**, una
“ degenerazione” o una “ perversione” deU’ uomo/della donna ma una differen­
ziazione sessuale. La psicoanalisi sostiene che la “ diversità” è una condizione
esistenziale dell’individuo... ( omosessualità può essere vista come la risposta
più radicale nelle relazioni, nei rapporti o nelle difficoltà eterosessuali che si
estendono in ciascuno dalla nascita e per tutta la vita... “ in quanto implica il
rifiuto dell’ ignoto rappresentato dall’ altro sesso” ( Aldo Carotenuto). Come tut­
te le “ diversità l’ omosessualità legittima la propria sofferenza, ma non la can­
cella. 11 contatto con Einconscio “ costituisce sempre una grave lesione dell’ Io"
(Cari G. Jung). Ogni bambino sviluppa una propria psicologia od è testimone
dell’ ambiente nel quale è nato c cresciuto. Ma ogni bambino registra in modo
diverso gli avvenimenti che incontra nella sua esperienza e le risposte che darà
saranno del tutto personali.
I bambini sono dei Prometei incatenati nell’ Eden familiare (o nell*Inferno so­
ciale) e dopo aver rubato il fuoco del sapere agli dei (ai loro genitori o ai loro
educatori), scelgono la strada della coscienza e lì le cose sono già state fatte, cia­
scuno si trova solo nel mondo, tra contraddizioni e solitudini, paure c vessa­
zioni. desideri e fantasticherie... e la ricerca della speranza o della felicità sa­
rà alla base di ogni azione (individuale e collettiva). Per molti, il potere coinci­
de con la soddisfazione sessuale, per altri con la stupidità. Non è che il potere
rende stupidi. E la stupidità che cancella la nullità del potere e la sostituisce
con l’esercizio repressivo che comporta Eliso del dominio... ecco perché i ne­
mici di tutti i poteri sono sempre stati i poeti dell'immaginario che hanno sot­
tratto le loro opere dalle vetrine del mercato/consenso. E solo attraverso la tra­
sgressione (sotto ogni forma) che il bambino sfida se stesso e tutto ciò clic è al­
l’ esterno... ed è qui clic nasce il conformismo o la creatività. “ Ogni trasgres-
sione è in fondo una ribellione contro il padre, ma non dobbiamo dimenticare
P ier P a o lo Pasolini/U cin em a in c o r p o

«•!>«* solo attraverso la trasgressione l'uomo è capare di diventare il soggetto del­


la propria storia” .37 La sfida della “ diversità” è dunque una violazione della
norma e Pomosessualita, il colore della pelle, la concezione delle religioni, gli
handicap fino alla follia... sono segnali di una mancanza di coraggio, quello di
ribattezzare il “ male di vivere” con ciò che abbiamo di meglio.
Nel i% 0 . Pasolini era stato al centro di una marchiatura dei comunisti. Mario
Montagnana, cognato di Togliatti e membro del Comitato centrale del P.C.I..
scrive una lettera a Rinascita contro il romanzo L no vita violenta e questi so­
no i toni: “ Pasolini riserva le volgarità e le oscenità, le parolacce al mondo biel­
la povera gente... Si ha la sensazione che Pasolini non ami la povera gente, dis­
prezzi in genere gli abitanti delle borgate romane e, ancor più, disprezzi (non
trovo la parola) il nostro partito... Tommasino il protagonista è in realtà un
giovane delinquente della peggior specie: ladro, rapinatore e pederasta... la de­
scrizione che il Pasolini dà della sezione comunista e del suo segretario (un mez­
zo delinquente) e delPassemblea dei suoi iscritti, è senz’ altro da respingere con
sdegno... Ecco il giovane delinquente diventato un tesserato del partito comu­
nista... ha bisogno di alcune centinaia di lire... entra in un cinematografo mal­
famato... si avvicina a un tale che riconosco come pederasta... si la masturba­
le da lui... si fa consegnare 500 lire... Non è forse abbastanza per farti indi­
gna re?” .38 Sorvolando sul linguaggio da appuntato di pubblica sicurezza o da
vescovo implicato in camorre e mafierie ordinarie... il povero Montagnana non
si accorge che proprio quel romanzo annunciava una realtà del Partito sotto gli
ocelli di tutti... i delinquenti erano in Parlamento o nel Vaticano, nella bor­
ghesia o nel proletariato... per una fetta di potere ciascuno faceva la sua mar­
chetta né più né meno come quel comunista che per un pompino prendeva 500
lire da un omosessuale in un cinema (“ malfamato” come tutte le sezioni dei par­
tili ni confessionali delle chiese) e i senzastoria come Tommasino morivano so­
li e abbandonati da tutti in un lettino di contenzione.
Il cinema pasoliniano nasce dall’ esilio forzato del poeta di Casarsa della Deli­
zia. Espulso dal Partito, allontanato dalla sua gente, senza lavoro, Pasolini vi­
ve con la madre alla periferia di una Roma ancora “ provinciale” . TI padre di
Pasolini li raggiungerà nel gennaio del 1951. Un amico, trova al giovane pro­
fessore un posto in una scuola media privata di Ciampino. Pasolini scrive per
qualche giornale (cattolico o legato alla destra), fa la comparsa a Cinecittà (ap­
pena due notti) e collabora alle prime sceneggiature. 11 suo incontro con San­
dro Penna, è di quelli folgoranti. Che durano una vita. Come certi amori. Pen­
na è uno dei più grandi poeti del '900... omosessuale, vive in una stanzetta,
fuori «la ogni dottrina accademica e tira avanti con lavoretti occasionali. E lui
che fa conoscere a Pasolini i ragazzi romani e una sessualità pagana o dispera­
ta che il giovane insegnante friulano definisce come quella dei ''gattucci in cer­
ca d ‘amore'\ Non si vergogna più della sua omosessualità e a Silvana Mauri
scrive1: "La mia omosessualità era in più, era fuori, non c entrava con me. Me
la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita den-
P i n o Itertelli

Irò. Solo quest ultimo anno mi sono lasciato andare* .39


Nell'estate del *50. incontra Sergio Cittì. E un ragazzo di 18 anni che fa I im­
bianchino. Ma è schietto, diretto. E appena usi-ito dal riformatorio. Suo non­
no e suo padre erano anarchici. Gli hanno insegnato riniportanza deH‘ ann<i-
zia e il coraggio della disobbedienza. La forza della verità e la fragilità della
menzogna. Con Pasolini resteranno amici oltre la vita. Pasolini conosce le bor­
gate da vicino, è curioso di tutto e attratto da quei " Cristi quattordicenni’*dal­
la bellezza mediterranea clic conquistava nelle notti passate alla deriva con
Penna. Bassani, Bertolucci. Contini, Caproni, Sciascia. Sereni, Leonetti. Ro-
versi, Moravia... gli sono vicino, assume Gadda come maestro e assembla i pri­
mi capitoli di Ragazzi di vita. Le pubblicazioni poetiche di Pasolini erano spar­
se in minuscole edizioni, sovente pagate di tasca propria. Intanto disseminava
su riviste letterarie poesie e frammenti ili diario. Poesia a Casarsa (Libreria
Antiquaria Mario Laudi 1942), Poesie (Stamperia Primoii 1945), l jnumi
(Pubblicazioni dell* Academiuta 1946). ( Tal coiir di un fru ì (Edizioni Friuli
1953) , Dal "diario' 1945-19-17 (Salvatore Sciascia Editore 1954)... erano opere
"minori” , "laterali” o ancora "acerbe” di uno dei più geniali e .scomodi intel­
lettuali del X X 0 secolo. Fino a La meglio gioventù: poesie friulane 1911-1903"
(Sansoni 1954). che Pasolini considerava la sua prima pubblicazione, solo
qualche critico scelto dal poeta e pochi amici conoscevano la sua poesia.
Pasolini si fa conoscere come critico in due volumi: Poesia dialettale del Nove­
cento (con Marco Dell’Arco, (bianda 1952) e II canto popolare (La Meridiana
1954) . E un lavoro redazionale massacrante ma il suo nome comincia a girare
negli uffici dei grossi editori e tra gli intellettuali della Roma che conta, (blan­
do Garzanti (nel 1955) edita il suo primo romanzo, Ragazzi di vita, Pasolini si
rivela uno dei maggiori scrittori della sua generazione. 11 libro fa subito scan­
dalo. Viene sbeffeggiato da destra e da sinistra. I cattolici gridano alla biade-
mia. I comunisti sono sconcertati da tanta irriverenza politica. Ragazzi di vita
racconta i primi giorni del dopoguerra a Roma, dalle speranze tradite della Re­
sistenza alla restaurazione del "nuovo fascismo” degli anni *50. I ragazzi delle
storie pasoliniane (Rircetto, Alduceio, Caciotta, Begalone. Piattoletta...) (fu ­
rano tulli un'iniziazione alla vita o un preludio alla morte. Che è lo stesso. Le-
tà delVinnocenza (l'infanzia) è vista corno eroica, disperata, amorale e viene;
defiorata o sostituita dallefù prosaica c immorale della giovinezza. "A rende­
re ‘prosaica c immorale* la vita di questi ragazzi (che la guerra fascista lui lat­
to crescere come selv aggi: analfabeti c delinquenti) è la società clic al loro vita­
lismo reagisce ancora una volta autoritariaristicamentc: imponendo la sua
ideologia morale” .4 0 Pasolini incrinava sia Pimi verso pacificato demoeristiaM
no che la primavera di bellezza comunista. Seguendo le indicazioni di Garzan­
ti. Pasolini aveva tagliato dal romanzo alcuni passaggi critici c i **froei \ tó
-zoccolcltc’% le "parolacce * erano protette dalle espressioni gergali o dai ti*
puntini... la stroncatura di Emilio Cocchi sul Corriere della Sera non affossò.H
libro, che si avviò a riscuotere un notevole interesse da parte dei lettori e di cri*
Kier P a o lo Pasolini/II cinem a in c o r p o

tirile cntusiatiche di alruni letterati (Giuseppe Ungaretti* Carlo Bo, Alberto


Moravia, Elsa Morante, Gianfranco Contini- Carlo Emilio Gadda, Attilio Ber­
tolucci, Carlo Cassola...).
Il 21 luglio 1955, la procura della Repubblica di Milano, su segnalazione del-
1*ufficio "spettacoli e proprietà letteraria” della Presidenza del Consiglio, de­
nuncia il libro per "'pubblicazione oscena” . Sembra clic il ministro degli Inter­
ni Fernando Tambroni non sia stato estraneo a questa censura e il libro venne
rimosso dalle librerie. Pasolini aveva sporcato la "morale pubblica” . T suoi
"ragazzi di vita” disvelavano le precarietà delle periferie (non solo) romane e
mostravano elle il regime democristiano non era meno ipocrita di quello fasci­
sta. Nelle borgate i ragazzi conducevano una vita da animali e in quella deso­
lante sopravvivenza divenivano ladri, marchettari o delinquenti ed era la so­
cietà intera erbe li sospingeva nella malavita. Questi furono i temi che Pasolini
portò a sua difesa contro i giudici (il 29 dicembre). Anche per Antonio Segni,
salito in carica a primo ministro qualche giorno prima della pubblicazione del
romanzo, non vedeva di buon segno che le storie raccontate da Pasolini venis­
sero conosciute alFestero. Agli ocelli di Riceetto e dei suoi compagni di strada,
la Chiesa* lo Stato e le Sinistre erano il Nemico, il Padrone, F Aguzzino da fre­
gare e contro i quali lottare... per le istituzioni questi ragazzi sbandati erano
dei fuorilegge, dei disadattati, dei rifiuti della società. Riceetto e i suoi amici
non hanno nessun retroterra politico, nessun aggancio culturale o spirituale...
tirano sassi a un negro che scopa con una puttana, derubano un mendicante
cicco, si fanno masturbare per poche lire dove capita... l acqua del Tevere, il
sole sull’ asfalto, le discariche sono i luoghi dei loro giochi... erano spazzatura
nella spazzatura, niente più. Nel maggio 1955 uscì il primo numero di Officina,
fondata e curata da Pasolini. Francesco Leonetti e Roberto Roversi. direttore
responsabile, Otello Musetti, distribuzione libreria Cappelli di Bologna. Ci
scrissero Paolo Volponi, Gianni Scalia, Angelo Romano. Massimo Ferretti, Ce­
sare Garboli. Alberto Moravia, Franco Fortini, Giorgio Bassani. Caproni.
Carlo Emilio Gadda. Sereni, Italo Calvino... la coesione intellettuale non fu tra
le più facili ma è in Officina che prende corpo ridea della poesia pasoliniana
come scoperta di "un nuovo stile postnovecentesco... che sostituisce il logico al-
I analogico, il problema alla grazia” (Pier Paolo Pasolini). La pubblicazione
dei poemetti Le ceneri di Gramsci (Garzanti 1957). non mostrerà solo un fine
facitore di poesia ma uno dei poeti più grandi del proprio tempo.
II processo a Pasolini per Ragazzi di vita si tenne il 1 luglio del 1956. Ungaretti
di>se alla corte che Pasolini è "lo scrittore più dotato che oggi possediamo in
Italia. Ogni sua attività: romanzo* critica, erudizione, poesia, è prova di un
impegno estremamente serio e offre risultati che onorerebbero chiunque” .41
Quando Carlo Bo salì sul banco degli imputati, non ebbe timore ad affermare
'die Ragazzi di vita ha "un grande valore religioso perché spinge alla pietà ver-
Sn i poveri e i diseredati. Non ho trovato alcunché di osceno nel romanzo. I
dialoghi sono dialoghi di ragazzi i quali non si esprimono berte; e l'autore ha
sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà*’ .42 Negli atti c erano
altre testimonianze prestigiose (Contini, De Robertis, Schiaffini) che decreta­
vano il libro di Pasolini un’ opera di grande elevatezza poetica e morale. La cor­
te giunse a dire che il libro conteneva "'pagine di autentico lirismo” e Ragazzi
di vita (dopo un anno) ritornò nelle librerie c ncirimmaginario popolare delle
nuove generazioni. I critici comunisti affilarono comunque i loro strali e Carlo
Salinari, su II Contemporaneo, scrive che in Ragazzi di vita, Pasolini "'sceglie
apparenlemcnnte come argomento il mondo del sottoproletariato romano, ma
ha come contenuto reale del suo interesse il gusto morboso dello sporco, deb
l’ abietto, dello scomposto e del torbido” .4 3 Salinari, accecato dalla stia som­
maria ideologia, non aveva visto in quelle pagine la grande scrittura eversiva
di Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Celine, Diario di un ladro
di Jean Genet o più ancora il verismo poetico di Dostoevskij o Whitman. 11 pro­
cesso a Ragazzi di vita è stata la prima delle ""infinite” azioni legali indette con­
tro gli scritti e i film di Pasolini fino alla sua scomparsa. Coltivare Fintelligcjì-
za significa usare la fantasia come mezzo di liberazione economica e politil a.
"‘L’ideologia non è altro che l'idea del momento clic domina” (Roland Barthes).
Come i popoli antichi che vivevano la loro preistoria come immaginazione nel­
la mitologia (Marx), le poesie, i romanzi, gli scritti, i film di Pasolini si rendo­
no contemporanei del presente che disvelano ma ne espellano i contenuti stori­
ci come corpi e ipoteche del progresso. Pasolini c un utopista che di fronte al
presente esclude un mondo (come doxa=opinione comune), non tanto per le dif­
ferenze quanto per mantenere Fabolizione «Iella storia come unico senso dei-
resistenza.
Nel numero 17/18 della rivista letteraria Nuovi Argomenti (autunno 1955-pri-
mavera 1956) diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci, era apparso il suo
poemetto Le ceneri di Gramsci. Le undici liriche di Pasolini (composte tra il
1951 e il 1956), costituivano un corpus poetico che miscelava le speranze della
Resistenza di una generazione cresciuta sotto il fascismo e le cadute di un’inte­
grazione sociale come fine della soggettività e genuflessione verso la storia.
Quando Le ceneri di Gramsci uscì in volume per Garzanti (6 giugno 1957). Cal­
vino disse che era "‘ uno dei più importanti fatti della letteratura italiana del do­
poguerra e certo il più importante nel campo della poesia” .4 4 Non si sbaglia­
va. T poemetti di Pasolini andavano ad accostarsi ai grandi nomi della poesia
italiana e in molti gli rimproveravano che le sue terzine dantesche (ma erano
un altra cosa) avevano non solo consenso di critica ma anche successo di letto­
ri. La prima edizione (1500 copie) fu esaurita in nemmeno un mese. L’ utopia
pasoliniana è qui forte, irriverente e ascetica nello stesso tempo. Le sue con­
traddizioni sono scandalose. La ribellione poetica di Pasolini è tutta nel rifiu­
to del soggettivismo o dell'avanguardismo astorico di molta poesia del Nove­
cento italiano... c in questo era vicino alla grande poesia di Mario Luzi, Attilio
Bertolucci, Cesare Pavese, Sandro Penna, Umberto Saba, Giuseppe Ungaret­
ti. Pasolini non riduceva le composizioni poetiche al solo genere lirico, era un

4 6
t 'ì e r P a o lo P a s o lin i/ll o m c n ia m c o r p o

pusticheiir„ un contaminatore Hi stili. Le frammentazioni <li origine surrealista


sono al fiancute a personaggi pubblici o anonimi, momenti storici allargati a
quelli privati in una reverie delPanima dove si “ ascolta” la storia clic muore c
il futuro nascente che non appartiene più a nessuno. Le terzine pasoliniane del­
le “ ceneri” hanno radici illustri e Dante, Petrarca, Vittorio Alfieri, Alessandro
Verri. Giovanni Pascoli sono rievocati come risposta “ alTmadeguatezza della
‘poesia pura' del ventesimo secolo rispetto alla storia collettiva” (Keala Jewell).
In /.e ceneri di Gramsci c'è tutto il pensiero pasoliniano, rappresentano il gru­
finolo dei sui scritti e tutto il cinema che farà. C è l'elegia dell'immondizia (Il
jtìunto della scavatrice), la solarità mediterranea (L'ap pennino), il Qa ira uto­
pistico dell'Albero della Libertà (Il canto popolare). la cupa tristezza di una
Roma morente dove “ i ragazzetti dentro le tasche/già impure infilano viziate le
mani" (L'umile Italia) e davanti al cippo di Gramsci nel cimitero degli Inglesi (
Ira porta San Paolo e Testacelo), Pasolini vede il crollo degli ideali comunisti
morti insieme al grande sardo e gli straccetti rossi arrotolati al collo dei parti­
giani dispersi nei rifiuti umani di una storia ormai finita.45
Il tramonto delVOccidente del quale scrive Pasolini non è quello descritto con
acume cinismo da Oswald Spengler no il poeta si appoggia ai miti statalisti ap­
profonditi da Ernst Cassirer...4 6 Pasolini non predica il destino dellTimanità
né la fine di una civiltà, elabora semplicemente dei percorsi poetici dove la sag­
gezza dell'Occidente di Bertrand Russell si mescola alla minima moralia di
Theodor W. A dorno,47 e insiste sul piacere scandaloso della fantasia ludra co­
me spinta verso la liberazione dell'indivichio dai ceppi della falsa tolleranza. La
ragione non può esistere clic negli eccessi ed è qui che disvela alla radice i pre­
sunti valori della follia collettiva. E “ la stupidità planetaria che impedisce al
mondo contemporanco di scorgere l'assurdità ilei proprio ordinamento... L e-
.slerma ingiustizia diventa la falsa immagine della giustizia: la degradazione do­
tili uomini il simbolo della loro uguaglianza” (Theodor W. Adorno).4 8 La mo­
dernità incarna Toppressione di tutti su tutti ma questa volta Poffesa è più raf­
finata e i popoli sono schiacciati non solo dal cannone ma anche e soprattutto
(laH'informazione manipolata, dall'ideologia politica dell'immagine, dall'este-
lizzazione dei consumi, dalla riduzione della spiritualità di ciascuno a copia.
Come ai tempi di Zarathustra, i cortigiani della cultura credono nel progresso
e intanto preparano le bare della libertà. La morale dei servi è quella dei loro
padroni. Non è cattiva, è stupida. Ecco perché governa sul mondo. Michel de
Montaigne (citando Platone) sognava una Repubblica dove le cariche più im­
portanti dovevano essere affidate ai cittadini secondo la loro natura... la storia
insegna il contrario, non e'è animale al mondo che abbia offeso la propria in­
telligenza quanto Duomo... “ i pidocchi bastano a render vacante la dittatura di
Siila: il cuore e la vita di un grande e trionfante imperatore sono la colazione
di ini piccolo verme” .4 9 A nessuno è concesso di abitare quello che sogna ma
ciò che sogna può essere un via verso la felicità, anche se la felicità appartiene
soltanto al regno interiore della libertà.
P ino Bertelli

I romanzi Ragazzi di vita (1955) e 11ita vita violenta (1959), i film Accanane,
Mamma Roma, Uccellarci e uccellini... escono (o ritornano in qualche modo)
da Le Ceneri di Gramsci di Pasolini c dai Quaderni dal carcere che Anioni»,
Gramsci aveva scritto rinchiuso nella galera fascista, pubblicati tra il 19 18 e j)
1950.50 La visione della poesia popolare e la simbologia resistenziale della co­
scienza di classe gramsciana andavano oltre la storiografia "inetastoriea” di
Benedetto Croce, la società civile o l’ utopia gramsciana della “ città futura”.} 1
si fondava sulla tradizione marxiana «Iella trasformazione sociale come "dilu­
vio” , sistematizzata nei Lineamenti fondamentali di critica dell'eeonotniu poli
fica ( ‘'Crundrisse"), più ancora nel Manifesto del partito comunista e nei Ma­
noscritti economico-Jìlosofici del 1844 «li Karl Marx (per il “ Manifeste»” c non
solo, Frie«lrieh Engels).52 Le attese rivoluzionarie «li Gramsci nel "biennio
rosso’' (1918-1919), erano «leposte nelP“ Ordine Nuovo” che stava teorizzando
e trovavano il loro sbocco naturale nella nascita dei “ Consigli «li fabbrica” . \<*
II nostro Mar.v, Gramsci scriveva: "Marx significa ingresso dell'intelligenza
nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza” .53 Per Pasolini. Gram­
sci era un "maestro d ’ eresia” , un compagno di strada ohe gli aveva fatto co ­
prire nel "popolo” un contenitore «li "vitalità” dispersa nei rivoli della storia.
La tomba «li Gramsci segna non solo la morte dei sogni rivoluzionari della He-
sistenza (tradita), ma il poemetto si lascia leggere anche come parabola o pro­
fezia «li un eresiarca che conosce "il passato e il futuro, ma non il presente''
( Koala Jewell), ne lo vuole conoscere. Anzi lo ripiu Lia. Per Le ceneri di (troni-
sci si è pai-lato Leopardi. Auden, Shelley. Keals... di un'estetica ilei "popola­
r e anche romantica, che schiera i propri sogni con l<>masse oppresse, sempre.
Vero. Le analogie del poemetto di Pasolini con La mascherata dell anarchia «Ji
Perr.y Bysslic Shelley non sono poche.5 4 Sia Pasolini che Shelley (uno è mor­
to allogato con in mano le poesie «li Keats, l’ altro è stato ammazzato con m ta­
sca Nietzsche), si chiamano fuori da tutti i generi e gli stili c divengono ponti tra
la dialettica della storia e Pevento individuale. È significativo che Pasolini iro­
nie Shelley) coniughi poesia e politica per indicare la creazione «li una diversa
coscienza sociale. Non crediamo però che il suo poemetto ribalti l'assunto cro­
ciano di “ poesia della poesia” né «[nello di Geno Pampaioni, "'poesia «lellideo*
logia ... 1 epica pasoliniana non riposa sulle rovine dell'antichità né si con­
trappone alle epifanie «Iella modernità... la nascita della parola pasoliniana
viene dalla malinconia del distacco e dalla rabbia «lei presente «li Rimbaiul,
Mallarmé, Lueini... li at/traversa tutti e fa delle loro innovazioni linguistiche
percorsi eversivi da saccheggiare e così disseminare nuovi veleni per il cuore
«lei ribelli «li ogni arte.
11 viaggio poetico/politieo della cometa pasoliniana neirimmaginario sociale si
percepisce a«l occhio nudo, le sue estreme, apocalittiche profezie esortav ano ad
ess«*re "folli per «essere chiari... Pasolini rinnova la forma p«*r forgiare un mo­
do tutto suo di polemizzare con la cultura contemporanea, per affermare rluv
la storia stessa, rappresentata in modo materiale e simbolico in particolare nel
P ier P a o lo Pasolini/Il cinem a ili c o r p o

paesaggio romano segnato dallo scavatrici, ora a rischio, minacciata dallo svi­
luppo industriale e dalla crescente omologazione culturale* .55 Le ceneri di
(',vanisci. conio Foglie d'erba di Walt Whitman o VAntologia di Spoon Rive7*di
Edgar Lee Masters56 sono opere dio travalicano la poesia paludata e quella
propagandistica del loro tempo, chi tocca questi libri tocca nel profondo anche
i podi che li hanno scritti. Ed è por questo che resistono a tutto, fuorché alla
loro '“diversità". In questo sono trasparenti, perche il "'poeta supremo non mo­
rali/.'/.a o applica precotti morali... conosce 1 anima (Walt Whitman). Le loro
open* saranno ovunque disseppellite e ad ogni risveglio andranno di nuovo a
formare la coscienza storica di un epoca, violando la falsità dei suoi valori.
Quando la cattività di Accattone (1961) illumina lo schermo di poesia, alcuni
comprendono subito come la santa puttana del cinema possa diventare arte.
La vita corta di Accattone, in qualche modo fa da specchio al popolo italiano
umiliato dal governo Tainhroni e dalle manganellate dei “ celerini** di Sceiba...
grandi fasce di popolo "'precipitano nel servilismo, nella superstizione e nelLi-
miti io vitalità** (Pier Paolo Pasolini) del servo che piscia nel pranzo del padro­
ne. ma non può fare a meno delle sue frustate.
hi Accattone - scrive Pasolini —“ mi affaccio a guardare dentro Panima di un
sottoproletario della periferia romana (insisto a dire che non si tratta di un’ ec-
rezimie ma di un caso tipico di almeno metà Italia): e vi I10 riconosciuto tutti gli
antichi mali (e tutto Lantico. innocente bene della pura vita".5 7 Giuseppe Ma­
rotta. celebre autore (fin troppo osannato da popolo e critica) del trittico L'o­
ro di \apoli (1917), San Gennaro non dice inai no (1948) e A Milano non fa
freddo (1949). non la pensa così e ravvede in Pasolini una specie di afasia im­
maginale, e erede clic '“ ...le remore, i vincoli realistici di Pasolini abbiano spes­
so nociuto al film, dando a certe scene un che di falso, di arbitrario. Siamo al
Nocchio fenomeno della verità nuda, sola, scevra di riflessioni che ne illumina­
no poeticamente la sostanza *.58 Strano. Pasolini affalmla Accattone proprio
fuori ila ogni “ estetismo funebre1’ (Pier Paolo Pasolini) della realtà. Per lui i
‘'delinquenti’* come Accattone non sono “ mostri*’ ma il prodotto di un ambien­
te <ln\e miseria e criminalità si confondono. “ Sarei un imbecille se generali/-
za—i. la mia paradossalità non è che formale, (.'erto: metà è più dei giov ani nel­
le borgate romane. 0 insemina dentro il mondo sottoproletario e proletario ro­
mano. sono, dal punto di vista della fedina penale, onesti. Sono anche bravi ra­
gazzi. Ma non sono simpatici. Sono tristi, nevrotici, incerti, pieni d ’ un ansia
piccolo-borghese: si vergognano di essere operai; cercano di imitare i “figli di
papà , i ’farlorchi*. Sì. oggi assistiamo alla rivincita e al trionfo dei "figli di pa­
pà • Sono essi che realizzano il modello-guida” (Pier Paolo Pasolini)59 della
società omologata.
Accattone esprime, come nessun altro film degli anni “60, la continuità tra il re­
gime fascista e il regime demoeristiano/comunista in atto. A Maretta, come a
l ellini, non piaceva una certa “ rozzezza” , “ sciatteria” o povertà di mezzi con
1quali Pasolini intendeva debuttare sullo schermo. Il “ miracolo” cinematogra-
F in o Bertelli

fico pasoliniano non era patinato ( Pollini) né folcloristico (Marotta) c anche


Rodolfo Sonego e Clemente Fracassi, dopo una proiezione privata di Accatto­
ne nei locali delFIstiluto Luce, non si accorsero di essere di fronte a un '"fuori­
legge dell*intelligenza’ ' (Tullio Kezicli) c lo giudicarono una baracconata tardo-
neorealista. Il fatto era, che non che non esisteva un cineasta negli anni '60. co­
sì consapevolmente libertario da fare un film su un Gesù Cristo pagano, così
fortemente innovativo, tanto da essere preso a sassate (dai fascisti). Cosa che si
ripeterà anche per 11 Vangelo secondo Matteo, dove il Cristo dei poveri urla,
s’ incazza e butta fuori dal tempio i ricchi. Il sottosegretario al ministero del tli­
rismo e spettacolo, ()n. Renzo Helfer (democristiano), rilascia una dichiara­
zione che bollii Accattone come un film che allenta alla coscienza delle pecorelle
smarrite: “ Comunque si interpreti la vicenda del film, che si svolge negli am­
bienti più squallidi della malavita di periferia e che è condotta avanti da mia
schiera di personaggi che per il novantanove per cento sono lenoni, prostitute,
ladri, bari, violenti, non è pensabile che la pellicola possa essere portata a un
pubblico che non abbia raggiunto la piena maturità. Il divieto previsto attual­
mente dalle norme in vigore giunge invece fino a sedici anni e pertanto nei con­
fronti di Accattone deve ritenersi obiettivamente basso, se si considerano le
conseguenze di choc che può provocare un quadro così retoricamente pessimi­
sta e disperato quale quello presentato... Senza contare il fatto che Fautore del
film si è studiato di proiettare sulla figura del protagonista un'aura di simpatia
che potrebbe provocare consensi da parte di giovani facilmente impressionabi­
li, e fisicamente e psicologicamente immaturi... La modifica del limile ilei di­
vieto fino alla maggiore età, prevista nel decreto-legge attualmente in discus­
sione al Senato, potrebbe sciogliere, almeno in parte, le gravi riserve che il film
propone .60 La censura istituzionale (eatto-demoeristiana), contro Accattone
fu corale, s improfumò di democrazia e come sappiamo proibì il film (per la
prima volta in Italia) ai minori di 18 anni. Pasolini rispose con risolutezza: "Il
mondo di Accattone potrebbe malamente influire sui minorati psichici, di cui
Fitalia sembra improvvisamente popolata ’ .61 La scena politica, clericale, cul­
turale di quei giorni... era ingessata in giustificazioni e contraffazioni ideologi­
che... TI suicidio delle masse nell’ imbecillità era fantasmato sotto forma di ca­
loria collettiva... le crociate di Marx tramavano sotto il sole di Roma e la "gran­
de balena bianca ’ (la D.C.) ingoiava tutto, anche i piccoli maestri della Resi­
stenza, ormai adibiti a giardinieri di cellula. Ancora una volta, nella storia del­
l’umanità, sono i cacciatori di sogni o i cospiratori dell'uguaglianza ad anda­
re contro 1 educazione corrente, e Pasolini è uno di questi. Essere geniali o "di­
versi , significa prendere il "genio’* all’ interno ili sé e portarlo fuori, metterlo
sulla carta, in un quadro, una fotografia o un film... più semplicemente, con­
dividere il proprio "genio"' con la felicità della comunità tutta. La sola felicità
possibile è quella dcIFintelligenza.
Denunciando l’ ipocrisia della morale e il disvalore dei linguaggi massmediatici.
Pasolini scriveva col sangue dei giorni e le lacrime ih Nietzsche e nella traspa­

io
I te r I u o io 1 a so li jii/ll c in e m a in c o r p o

,t»nza dei folli faceva del disordine dello spirilo, la dissoluzione della totalità
sociale. “ La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più esse-
rc compresi’* (Pier Paolo Pasolini). A forza di sapere tutto, non sappiamo più
nulla di nulla. Il tempo muore nelTinvivibilità del tempo. Ciò che sfugge al­
l’uomo è semplicemente quello clic non riesce a vedere. La famiglia, la scuola,
|a fabbrica, la caserma, la prigione, il manicomio, il dovere, Vonore, il rigore,
|a fede, la violenza... sono stati i percorsi obbligati dell’ umanità verso la pro­
pria rovina. Dove il mercato comincia, “ là comincia anche il fracasso dei gran­
di commedianti e il ronzio di mosche velenose” (Friedrich Nietzsche). La liber­
tà è ovunque e in nessun luogo. Cosa teme Fonda del pensiero immobiliare? Lo
sguardo di un demente o quello di un poeta: “ Poi a letto penso a te,/la tua lin­
gua metà oceano, metà cioccolata,/alle case dove entri con disinvoltura,/ai tuoi
capelli di lana d’ acciaio,/alle tue mani ostinate e/come rosicchiano la barriera
perché siamo due./Come vieni e afferri la coppa di sangue,/mi ricompatti e be­
vi la mia acqua salata./Siamo nudi. Ci siamo denudati fino aLFosso/e insieme
nuotando risaliamo/il fiume, l'identico fiume chiamato Possesso/e si sprofonda,
nessuno è solo” (Anne Sexton). Ogni uomo è la somma delle sue esperienze e
«Ielle sue cadute. In mezzo ci sta il Nulla. La via della storia è un olezzante mi­
scuglio di orrori e resurrezioni. Ci sentiamo più vicini ai pugni ribelli di Capa­
nni che alla santità scatenata di San Paolo. In uno si sommuove lo spirito d’ a­
more e di cambiamento di sé e di ciò che lo circonda, nell’ altro si “ ritrova ma­
scherato il predatore... Non ci si difenderà mai abbastanza dalle grinfie di'un
profeta... 11 fatto è che ogni fede esercita una forma di terrore, tanto più spa­
ventosa quando ne sono fautori i puri” .62 Faccia a faccia con la storia della
maggioranza straziante (e straziata), Pasolini ha mostrato che ciascuno ha di­
ritto di manifestare le proprie opinioni, inclinazioni, saggezze o bestemmie... di
fronte a qualsiasi tribunale, assumendosi tutti i rischi che questo comporta...
anche quello di rimetterci la vita.

IL fi cinema in corp o di Pier Paolo Pasolini

Il cinema in corpo pasoliniuno è un’ eresia profonda del potere ecelesiale/poli-


tico e come Raymond Radiguet nel suo libro-rivelazione,63 Pasolini fa dell’ a­
more e delia libertà i cardini poetici di tutta la sua opera. Il diavolo in corpo
di Radiguet, puniva la guerra con la giovinezza insolente dell’ amore (è la rela­
zione ili un adolescente con una signora borghese che ha il marito al fronte)...
il diavolo in corpo di Pasolini sovverte ogni investitura culturale/politica e por­
ta la visione libertina del ragazzo-prodigio francese (Radiguet) alle radici del
suo cinema. Di più. Pasolini fa un recupero forte della cultura dialettale, scia­
manica, orale d e11"afr ir a aitò come periferia del mondo c trova al fondo delTu-
mauilà, nient“altro che un’ infinita povertà e una grande arroganza. Sulle ro­
vine di una guerra appena morta, l’ irriverenza poetica di André Gide e Arthur
l'in o Bertelli

Rimhauri, la visione tragica di Roma città aperta, la canzone di Rila Hay,


worth, Ama do Mio. in Gilda (1946) di Charles Vidor... fulminarono il ragazza
di Casarca della Delizia (Pasolini) sulla strada (.lei cinema. L'erotismo mitologi,
co di Gilda pervase le platee italiane. I ragazzi si facevano le seghe in gruppo,
quando Rita Hayworth si sfilava il celebre guanto e ondeggiava i suoi capelli in­
fuocati sul sudario dello schermo, colorati poi sui calendari dei barbieri e in­
sieme al corpo nudo, statuario, ili Marilyn iMonroc su un lenzuolo rosso, si di.
videvano i primi pruriti sessuali delle generazioni del dopoguerra. “ Rita llav.
worth con il suo immenso corpo, il suo sorriso e il suo seno di sorella e di pro­
stituta equivoca e angelica - stupida e misteriosa con quel suo sguardo di mio­
pe, freddo e tenero fino al languore - cantava dal profondo della sua America
Latina da dopoguerra, da romanzo-fiume, con un‘ inespressi vita divinamente
carezzevole** (Pier Paolo Pasolini)...6 4 che faceva rizzare gli uccelli sbandati
dei ragazzi di strada e bagnare le fiche delle ragazzine con i sandali, i calzini
bianchi e il rosario di madreperla nelle mani. La sua bocca verniciata di rosso
(come quella di Marilyn), bagnata di cocomero in fiamme... faceva sognare
pompini freschi come il latte fresco coperto di fragole, che avevamo sognato sol­
tanto guardando una Madonna discinta che succhiava le guance rosa di un Ge­
sù bambino efebico, situata nella chiesa dei domenicani dove rubavamo dalla
cassetta delle offerte i soldi per andare al cinema.
Il cinema sognato di Pasolini nasce sulle macerie del neorealismo e prende il
volto/corpo popolano di Anna Magnani. L’irruenza visuale, oratoria e gestuale
(mai volgare) di Anna Magnani era già apparsa in Abbasso la miseria! ( 1046)
di Gennaro Righelli e Bellissima (1951 ) di Luchino Visconti, ma soltanto Ros­
sei lini e Pasolini riusciranno a mostrare la sua vitalità erotica. La presenza sce­
nica della Magnani in Roma città aperta. L'amore (1948) di Roberto Rosselli-
ni o in Mamma Roma (1962) di Pasolini è intensa, di grande spessore allinea­
le. L'aggressività attorale dell'attrice, demistifica ogni rituale di moglie o di
puttana e presta il suo corpo impudente a tutti quegli animi ulcerati dall*infe­
licità o dalla miseria del primo dopoguerra. I suoi seni grandi, lasciati liberi in
sottovesti di raso nero, chiusi in maglioni infiltriti o in sciocchi vestiti di lamé,
graffiano lo schermo, puntano spalancati sul futuro che si appiccica agli occhi
sbalorditi di platee infreddolite e fanno deirimmaginale più estremo il princi­
pio di tutte le disobbedienze. L’ uccisione di Pina in Roma città aperta, è una
delle pagine erotiche o sensuali della storiografia cinematografica. Rossellirii
mescola qui morte ed erotismo. Il piccolo Marcello abbraccia la mamma mor­
ta sulla strada (falciata da una sventagliata di mitra eh un tedesco)... le calze
nere, le cosce bianche, il vestito nero di Pina promuovono l’ immagine, il desi­
derio di una continuità e , forse, di un simulacro che si sistema negli occhi del-
l’innocenza perduta. 11 frammento non promette il tempo della fine di un dolo­
re ma fissa il dolore nella figura incancellabile di un amore che non ritorna.65
Roberto Rosseliuii, che aveva firmato la trilogia della guerra fascista. La Au­
re bianca ( 1941), Un pilota ritorna ( 1942), L'uomo della croce (1943) e depie
P ifr P a o lo Pa**oli»i/ll cinem a in c o r p o

luto il £riflo d amore più alto al cinema in camicia nera,6 6 si fa "‘compagno ili
strada** della Liberazione e con Roma città aperta (1915) Paisà (1946). Ger­
mania anno zero (1947) restituisce al cinema e a molta parte degli italiani un
pò* di dignità. Rossellini è il neorealismo. ‘“Egli era lì, fisicamente presente,
(pianilo la maschera cretina è caduta. Ed è stato uno dei primi a vedere la po­
vera faccia della vera Italia"* (Pier Paolo Pasolini). Ed è Rossellini a fare di
Nannarella un'icona erotica indimenticabile.
Mentre le note di Ama fio mio serpeggiavano in ogni emendilo di periferia e sc-
durcvano anche i “'bianchi gigli'" dell'“ Azione cattolica” che ballav ano sulle to­
nache sbottonate dei preti effeminati... esplose l'erotismo inquietante di Silva­
na Mangano di Riso amaro (1949). In questo film, la Mangano era scandalosa­
mente della. Per niente santa e molto puttana. Ma così sensuale e piena di una
vitalità eversiva, desacralizzante che poneva il suo corpo fuori dal sogno e dal­
la vita. 11 hallo iniziale della Mangano in mezzo alle mondine, esprime una mi­
stica del sesso che è anche il sortilegio di un destino irreversibile e di fronte al­
la >irategia delle apparcnze/illusioni, la lettura di Grand Hotel, il chewing-gum
che passa sulle labbra carnose, le calze nere con un fiore in bocca, i pantalon­
cini corti arrotolati sulle cosce, il maglione stretto bucato dal gonfiore dei se­
ni... delincano una figura di mondina che si stacca nettamente dalle altre e il
personaggio di Silvana diviene provocazione, diversità, rottura contro il vero­
simile del prestabilito. La sensualità seduttiva/aversiva della Mangano si chia­
mava fuori dai compiacimenti sull'infelicità di Clara Calamai di Ossessione
(191.*i) o dalle macerazioni erotiche di Lucia Rosé di Cronaca di un amore
( 1952 ). Sotto ogni sguardo adcscativo, la Calamai e la Rosé incarnavano il pec­
cati». il pentimento o le illusioni della redenzione. Il fascino eversivo che spri­
gionava il corpo della Mangano era l'incanto, l'immagine disponibile/amabile
ili sé che tentava la vita come la morte... L’ erotismo della Mangano di Riso
amaro, segnò un turbamento, una violazione, una frattura dell'ordinario ci­
nematografico c si riversò nella strada facendo dell'evidenza sensuale qualco­
sa «li fantasioso, allusivo, eversivo che sfuggiva all’ evidenza ilei potere. L’ero-
iònio si situa al di là del quotidiano e non è riconducibile a nulla che non sia il
superamento del disordine, delle pene, delle discriminazioni che hanno sempre
accompagnato il suo sorgere... è l’esperienza del peccato che “ conduce alla tra­
sgressione compiuta, alla trasgressione riuscita, la (piale, se mantiene la proi­
bizione, la mantiene per trarne piacere’" (Georges Rataille). Non c*è divieto che
mm si possa rompere. Non c ’ è tabù che non possa essere violato. L’ erotismo,
in ogni sua fantasia/forma, spacca gli argini del quotidiano e sovverte Lordine
costituito... là dove non esiste erotismo non ri può essere neanche amore. Così
la dolce Emilv *
Dickinson: “ Notti folli - notti fòlli!/Se io fossi con te/notti folli
sarebbero/nostro sommo piacerel/Futili — i venti -/p er un cuore in porto
'-/niente più bussola —/niente più earta!/Remando nell’ E den-/A h! il mare!/se in
6* stanotte/potessi ancorare!**.6 7 L’ amore è una situazione di confine. Il mon­
do sla fuori dell'amore.
Pino Bertelli

L’ erotismo duale/animalesco che Pasolini diffonde nelle sue storie cinemato­


grafiche ha radici profonde e non è un caso se la sensualità giovanile, avvolta
in un’ innocenza un p o’ spudorata, un p o' perversa di Silvana Mangano di
so am aro, la ritroviamo ricomposta, ugualmente enigmatica, mai compiuta
(una sensualità lunare), in La terra vista dalla luna. Edipo re. Teorema e nel
Decameron pasoliniani. Che interpreti una popolana o Cineasta, una madre
borghese o la Madonna, la Mangano reca in se 1*effigie sacra/addolorata del-
P umanità e P affa Induzione ciniea/utilitaristica del mondo profano. La sua non­
recitazione o non-partecipazione corale alla specificità dei film pasoliniani che
attraversa come una stella-cometa... fa della Mangano una specie di icona fuo­
ri del tempo e della storia, un crocevia icastico che riluce di una sacralità pro­
fana che contamina o rivisita senza genuflettersi a nulla che non sia la propria
intima solitudine. Pasolini utilizza la Mangano ovunque in modo raffinalo e
quella faccia altera, sensuale, venata di malinconia, sprofonda gli sguardi nel­
la trascendenza segreta, celata, deposta ncireselusione razionale della l ealtà in
favore delPimniaginale erotico. La Mangano contiene in se Pafferrabilità amo­
rosa della Magnani di Mamma Roma e Fautore ribelle della Callas di Medea.
Mamma Roma è un piccolo capolavoro sul crepuscolo degli idoli. L’ anarchia di
Pasolini è sentita nel profondo. Alla solitudine disperata <li Accattone rispon­
de 1 impossibilità di essere normali di Mamma Roma e qui si coglie con mag­
giore invettiva, la responsabilità della società verso quella comunità abbando­
nata, soggiogata, offesa... laggiù, nei bassifondi della scala conviviale. Il patri­
monio linguistico/figurativo di Mamma Roma è enorme. Le contaminazioni, gli
scippi, i rimandi ad altri autori cinematografici, pittori o fotografi sono forti c
non sempre denunciati. Mamma Roma è la storia di un’ educazione sbagliata.
Di un’ iniziazione alla vita (anche sentimentale) che Goethe, Flaubert. Proust.
Rilke, Dostoevskji... hanno ampiamente trattato nei loro libri immortali. Pa­
solini butta via ogni carico letterario e rovescia sulla tela dei sogni una plasti­
cità dell immagine ereditata dal Masaccio e più ancora ri/mesrola le figurazio­
ne cinematografica Neorealista con l’ iconologia della povertà che fuoriesce dal­
le immagini di Henri Cartier-Bresson, August Sander, Diane Arbus, Walker
Evans, Peter Magubane, André Kcrtész o Roman Vishniac.
11 cinema in corpo di Pasolini (non importa se in bianco e nero o a colori), è
una specie di tableau emozionale clic rivisita la dialettica della putrefazione e
del superamento della cultura di regime o domestica. I chiaroscuri, il bianco e
nero o il colore... sono disseminati secondo una morbidezza/grana bidimensio­
nale che esalta la figura su uno sfollilo arcaico che annulla il paesaggio c inter­
rompe ogni flusso storico. "Amo lo sfondo, non il paesaggio” (Pier Paolo Paso­
lini). E ciò che viene dal suo cinema poetico non è per oggi, è per domani. I ri­
tratti sono sovente fermati ai bordi della storia c in rapporto a questa tecnica
di straniamento (che ritroviamo in qualche modo anche nel teatro di Bertolt
Brecht o di Dario Fo), il racconto pasoliniano assume un ritmo lessicale da bal­
lata musicale e porge allo spettatore il frammento popolare di un sogno o di
Pie»* P a o lo P asolin i/!! cin em a In c o r p o

(iijVpoi'a macellata dalla modernità. Ecco perché Pasolini non apre mai un'in-
jjiiadratura col "cam po” vuoto... da qualche parte ilei paesaggio ci sarà sem-
una figura: “ una faccia in dettaglio. E dietro, lo sfondo, lo sfondo, non il
alesaggio’* (Pier Paolo Pasolini). Dal suo esordio con A ccattone, il cinema pa­
tinili no ha mostrato di essere una specie di contenitore linguistico irripetibi­
le..* h* scelta di un lessico fìgurativo/discorsivo particolare (la selezione dei ti-
^ delle facce, i vestimenti, i luoghi. Fuso della luce, i dialoghi...), hanno un
1
i'orte timbro emozionale oltre che un senso pittografico che rimanda al passa-
((>... mentre la scelta dei movimenti di macchina, le inquadrature, i raccordi di
montaggio - sovente dissonanti con P intelaia tura ricettiva del cinema mercan-
jll,* - divengono in Pasolini una vera e propria sintassi a/cinematografica.
\t*| cinema pasoliniano non c ’è mai un’inquadratura nella quale si vedono per­
sonaggi di spalle o di quinta... gli interpreti non entrano né escono dal campo
rari sono i profili dei corpi... quando ci sono si muovono. Pasolini mette Puo-
nio/Ia donna al centro di ogni ripresa e non è soltanto perché si riconosce negli
affreschi di Masaccio, Giotto, Caravaggio o in manieristi come Pontorno... il
cinema pasoliniano trascolora ogni cosa, dal rifiuto della drammatizzazione
neorealista (Rossellini, De Sica), a una certa violazione dell'attoralità rosa (De
Santis. Visconti)... che sono alla radice del miglior cinema italiano: quello
d impegno civile (Francesco Rosi, Florestano Vaticini) e della commedia amara
ilegli anni '60 (Dino Risi, Mario Monieelli).
VI fondo dell’ opera pasoliniana la crosta più sofferta è \ estetica ludra del Neo­
realismo. Specie nei suoi sotterranei più compromettenti. Cioè il senso non-
cotivrazionale dello spettacolo della miseria come catarsi sentimentale di nuo­
vi fascismi ordinari. Operazione tra le più bieche del lavoro culturale, sulla
quale molta televisione poggerà le proprie miserie e le proprie fortune. Molto
importante invece, ci appare in Pasolini la dilatazione poetica del surrealismo
più grande e a vedere in fondo a tutto il suo cinema, non sono pochi i rimandi
a Luis Runuel, Jean Cocleari. Jean Vigo o Georges Mèlica. La cinevita di Paso­
lini è infatti quella di un sognatore. La sua visione del mondo ritorna a quella
dimensione interiore dove il reale e rimmaginario, la vita e la morte, il passa­
to <* ii futuro, la comunicazione e V incoili unica bile... si toccano, si confondono
e cessano di essere recepiti come contraddittori. E qualsiasi tipo di cinema (di­
ce André Rreton, non ricordiamo dove), "anche quello più idiota, può, più di
ogni altra arte, condurre lo spettatore, assorbito dalla finzione che si dipana di
fronte ai suoi occhi stupefatti, in quel punto critico che unisce lo stato ili veglia
a quello di sonno’*.
La surrealtà del cinema di Pasolini ha una forza mistica, alchemica, trasfigu­
rante che porta lo spettatore ad un'uscita dall’ infanzia goliardica alla quale
I industria l'ha incatenalo. Sovente lo stile picaresco di Pasolini disorienta e la
re-immaginazione della realtà che compone nel sudario cinematografico è una
resurrezione della luce e delle ombre che ridesta la fantasia dell'attività oniri­
ca e fa dei corpi strappati alla quotidianità, la "bianca terra dell’inunagmale”
(James Hillman). I;immagine pasoliniana tral>oeea <li segni coinvolgenti... |a
passione per la gente, i luoghi, i sogni... la ribellione contro tutto qxianlo in,
earna i valori e Lordine costituiti... il senso figurale/fantastico della verità c<».
me pulsione anarcoide che non vuole appartenere a nessuna scuola, a nessun
movimento che non sia quello del cuore, dellam orc. della diversità... viaggi,,
verso altri modi di vedere il inondo... diviene uno sguardo non sociologico nia
piuttosto quello del '"moralista**, che va a vedere in fondo alla banalità dell’or­
dinario per ritrovare e riportare in superficie la coseienza/eoiioscenzu delLesi-
stenza violentata da una vita quotidiana offesa sin dalla nascita.
L idea di Mamma Roma nasce da un fatto di cronaca. La morte di un detenu­
to (li Regina Coeli. Marcello Elisei, bastonato dalle guardie del carcere. Roma
Garofolo (Anna Magnani), che lutti chiamano Mamma Roma, è una puttana
che la vuole smettere con il marciapiede per dedicarsi aircdueazioue di Ettore
(Ettore Garofolo). il liglio clic ha avuto dal marito malavitoso che è scoili parso
dalla sua vita. Ettore ha vissuto ili una pensione a Guidonia ed è rimasto anal­
fabeta. E di costituzione molto fragile. Mamma Roma gli ha compralo la licen­
za per un banco di frutta al mercato e con gli ultimi risparmi acquista imap-
parlamento delEINA-case nei pressi di Cinecittà (Cecafumo). Fuori dallo
squallore e dalla miseria di Gasai Bertone (dove è sempre vissuta). Mamma Ro­
ma spera di rifarsi una vita (piccolo-borghese) insieme al figlio. Carmine
(Franco Cittì), è il protettore/pappone che la maltratta, la ricatta e non vuole
perdere la Ionie <Ivi suoi guadagni. Mamma Roma batte la strada ancora per
qualche tempo, dà un p o ’ di soldi a Cannine e sulle note di Violino tzigano (che
balla con il figlio) prende possesso della casa. L'ambiente di Cecafumo non è
molto diverso da quello di Casal Bertone. Le bande dei ragazzi sono le sieste
tutti vivono di espedienti, piccole ruberie per ingannare il tempo ed affrontare
così un quotidiano che per molti di loro diventerà sempre più feroce. Ettore
s'innamora di Bruna (Silvana Corsini), la puttanella del quartiere che ha un
bambino di due anni e se la sbattono tutti. lei che lo inizia alla sessualità. Il
ragazzo comincia a vendere gli oggetti della casa (anche il disco di Violino tzi­
gano) per farle dei regali . Mamma Roma si rivolge a un parroco (che Pasolini
definisce 4*neoeapitaIista” , interpretato da Paolo Volponi) per farlo assumere
come cameriere nella trattoria di qualche “ devoto’ '. 11 prete le dice che non
merita un lavoro così importante, seminai può vedere di farlo lavorare come
manovale. Mamma Roma va via indignata. Osteggia anche la storia d'amore
tra Ettore e Bruna. Gli amici picchiano Ettore a sangue sotto il sole della cam­
pagna romana, perche non vuole dividere Bruna con loro. Bruna fa dei timidi
tentativi di ribellione ma dopo il pestaggio ili Ettore se ne va con i ragazzi a far­
si sbattere nei campi. Mamma Roma si accorda con una puttana. Biancofiore
(Luisa Orioli) e il suo pappone Zaccaria (Luciano Conini)... con un espediente
ricattano il padrone di una trattoria trasteverina e gli estorcono il posto ili la­
voro per Ettore. Mamma Roma compra una motocicletta al figlio ma Carmine
gli chiede ancora del denaro. Se non le dà una grossa somma rivelerà a Ettore

56
che sua madre è una puttana. In preda allo sconforto, Mamma Roma torna sul­
la strada ma ormai non è più la stessa cosa. Ettore viene a sapere che sua ma­
dre è una prostituta e diviene menefreghista e rancoroso contro lei e contro lut­
ti. Si licenzia dalla trattoria, picchia Bruna e con gli amici organizzano furto
urna radiolina) all'ospedale di Sant'Eugenio. Un malato (Lamberto Maggiora­
no lo scopre e lo denuncia. Lo sbattono in cella. Oli viene la lebbre. L ('olio ila
una « risi di paura e comincia a "dare di matto’*. Lo legano ad un letto di con­
tenzione del reparto neurologico del carcere e lì muore come un cane randagio.
Al mercato, due poliziotti in borghese dicono a Mamma Roma che Ettore è mor­
to. La sua disperazione è straziante. Corre a casa e cerca di buttarsi dalla fi­
nestra. 1 ‘"fruttareLi” la salvano e non le resta che gettare uno sguardo verso
una Roma lontana, violenta e assassina che ingoia i tigli di luì Dio minore per
continuare ad esprimere la religione del suo tempo.
lai \ia Crucis di Ettore è cosparsa di moni enti miserabili e di sogni impossibili
clic sono dispersi nella nuova periferia romana. Il ragazzo venuto dal piccolo
paese, incontra luoghi e comportamenti feroci, ostili, violenti... non ha i mezzi
Ine culturali ne psicofisici...) necessari alla sopravvivenza, non può che trova­
re sulla sua strada la galera e la morte. La madre lo vuole integrato, omologa­
to alla rispettabilità della '"vita normale” , lontano dalla sozzura nella quale lei
ha sempre vissuto... ma Ettore è solo un ragazzo con delle "difficoltà speciali
die come un piccolo passero impaurito, terrorizzato, vola solo per qualche pri­
mavera. 1 pezzenti non hanno un posto né in terra né in cielo. Gli assassini d a-
nime sono ila ricercarsi alla scuola del crimine (chiese, parlamenti, eserciti, sa­
peri. merci...) dove nessun Dio ascolta ciò che il boia dice... sotto un certo li-
vello di bassezza gli uomini diventano immondizie. “ Non si sa più niente, qua­
si. a Inrza eli sapere Tutto. Tutto come si crede di sapere. Quel che si dice un
avanzalo stato eli disperazione’ (Marguerite Din as). Ri-vedere c re-immagina­
re è lare una angelologia delle immagini e delle parole come estensione elei sé e
incontrare Ealterità della eoscienza/eonoscenza negli eventi che trasformano in
esperienza rimmaginale/archetipo dell'Ombra... cioè mettere in piedi una eon-
trnedneazione del linguaggio audiovisuale e privilegiare la fantasia che ei tra­
sporla alla ri/scoperta dell’ anima. Se 1^‘immagine è psiche” (Cari G. Jung), le
"immagini .sono anime'” .(James Hillman). E non possiamo giungere ali anima
dell'immagine senza amore (o disamore) per rimmagine. E cco dell’ anima non
rimanda tanto a qualcosa ili antico, quanto all'azione che porta i messaggi del-
l ànima aH esterno.
L'iconologia graffialile/demistificatoria di Mamma Roma ha fatto trasalire non
pochi critici della donazione artistica e nella raffigurazione della passione di
Ettore (o il banchetto nunziale visto come l’ ultima cena di Cristo con gli apo­
stoli interrotta dai porci o nei ritratti estremi della povera gente...), hanno par­
lato di profonde derivazioni pittoriche e sono andati a scomodare Masaccio.
Manicgna, Veronese, Leonardo Da Vinci... e forse tutto ciò è anche vero. Ma
C’è «li più nei graffili cinematografici pasoliniani... vedi, la contaminazione de­
P in o Bertelli

gli siili, la desacralità delle forme, Fin subordinazione della poesia come for^.
libera di rifondazione della realtà. Ed è piuttosto strano die non si sia volm,,
vedere al fondo di Mamma Roma (di là dai riferimenti pittorici) e neiriijw
opera (non solo) filmica pasoliniana. una certa estetica dell a fo t agrafia di strf(
da clic si coglie (sulle stesse tensioni poetiche, entomologiche, politiche) in Ti
na Modotti, Diane Arbus. August Sand or, Roman Vishniac o Henri Cartirr.
Bresson. La poetica visuale di Pasolini esplora un percorso che determina u?>
ordine affabulativo che alterna centri di tensioni con altri di quiete. Le sue uj.
quadrature, sovente interrompono lo schema di lettura imposto dalla cultori*
affluente... e cioè scorrere rocchio da sinistra verso destra e dell'alto versoi)
basso. La diacronia pasoliniana subisce interruzioni, interpunzioni, slittamen­
ti progressivi della storia narrata e con questa affabili azione si porta fuori 4
ogni analisi dominante. T suoi film non rinviano al passato ma fanno del pre­
sente un futuro immaginabile. Raffigurano un tempo forzato o il frammento in­
compiuto di un passaggio nel mondo che interroga le categorie del sopruso, dis­
velandole. Le storie, le allegorie, le favole di Pasolini sono portatrici di signifi­
cati secondari o retorici ed è attraverso Fuso sapiente dell'iconografia che il lei-
tore può giungere alla loro identificazione. La storia delle immagini ci dice chi*
è all'iconologia che appartengono la determinazione dei significati o dei conti­
noti e dentro epiesti princìpi di fondo disseminali nella creatività artistica (co­
me teoria della surrealtà simbolica), che rivelano i costumi, i valori, i percorri
di un uomo, di un popolo e di unVpoca.
L’ interpretazione Anna Magnani in Mamma Roma è grande, forse più che in
Roma città aperta e Bellissima. Rosscllini e Visconti la lasciavano libera nella
sua gestualità barocca, debordante, tutta ritagliata dal boccascena dell avan­
spettacolo. Pasolini la voleva diversa. I contrasti con Pasolini sono stati pro­
fondi ma il film ci ha guadagnato. Le risate, la passionalità, i monologhi, la cor­
sa finale a cercare la morte di Mamma Roma... la proiettano in un universo al­
torale irripetibile, disposto tra il magico e Peceessivo ma sempre dentro ipiel
senso drammatico della vita che sta dietro la retorica dei sentimenti e la bana­
lità infantile delle lacrime. Ci sono due lunghissime carrellate notturne dovi
Mamma Roma parla a se stessa (e al mondo). Nella prima i volti e i corpi <ld
giovanotti/clienti entrano nelFinquadratura e ne escono poco dopo come fan­
tasmi... Si dissolvono in una maestria registica surreale, che rende questa eter­
na camminata indimenticabile. Nell’ altra. Mamma Roma butta la sua rabbi*
contro Fumanità tutta... “ sono duecento metri di pellicola che ci passano sotto
gii ocelli senza interruzione, esempio quasi unico nella storia del montaggio ili
un film’’’6 8 e le platee delle seconde e terze visioni si riempiono di lacrime ralr
biose. Il tango di Violino tzigano che Mamma Roma balla con il figlio, è venato
di una sensibilità incestuosa (stilema ripetuto più volte nel cinema pasoliuiam»)»
L'amore di madre e ili donna trabocca per quel figlio gracile come un fiore e $0"
Io come Fui timo dei lebbrosi... gli abbracci sono cabli, i passi invitanti, i corpi
si strusciano, si toccano e danno a ciascuno una manciata di provvisoria felici’
I ler I auto l a solini/Il cin em a in c o r p o

tù... poi cadono a terra. Specie nella seconda parte, Pasolini lavora sul volto
della Magnani e insiste su aieime “ soggettive libere indirette” ... gli ocelli di
Mamma Roma di vengono dolore/met afora dell'autore elle entra fortemente nel
film *' la commozione lacera il lenzuolo bastardo del cinema,
l e radici scandalose della diversità pasoliniana sembrano accecare anche i cri­
tici più attenti, solitamente non faziosi come Adelio Ferrerò e in alcuni passi su
Mamma Roma trasecola giudizi impropri e manicheismi di parte, così: “ Que­
sta preponderanza della figura materna coincide con una chiusura e contra­
zione 'personale' del discorso pasoliniano, confermata dagli alterni ricorsi di
angelismo e di misoginia nella rappresentazione della donna: si veda la figura
di bruna che, nel suo impasto sgraziato di adolescente mal cresciuta e di ma­
dre-bambina, appare condizionata da una cattiveria istintiva e innocente’ .
D'altro canto, la denuncia della società tende a farsi generica e inarticolata, co-
-i povera di ragioni da poter coincidere con il sentimento di una ‘ naturale’ e ir­
redimibile odiosità degli uomini: si veda la sequenza della seconda passeggiata
notturna di Mamma Roma, permeata da una disperazione che si rovescia nel­
la torva invettiva contro i parenti del marito, rievocati in un lucido e rabbioso
delirio, e nella cieca protesta contro una società sentita e odiata come ostacolo
invalicabile. La rappresentazione del mondo sottoproletario risulta scialba o
manieristicamente compiaciuta e non aliena da concessioni al ‘pasolinismo*
corrivo (il ritorno della donna sul marciapiede, la passeggiata-dialogo con il
gruppetti» di omosessuali, la sequenza del ricatto). Ma con qualche punta di vi­
gorosa espressività: la sequenza nunziale ad esempio, dove fcburini’ e ‘ pappo­
ni* appaiono investiti di una stessa miseria, antica e greve, e Fistinto anarchi­
co e distruttivo diventa rabbiosa sconsacrazione dell’ atto istituzionale c del ri­
to che lo suggella. E su epiesto sfondo, non privo di suggestioni bunueliane, ra l­
legrili di Mamma Roma, scomposta e farneticante, è già un urlo di dolore,
un'ansia di ‘ redenzione1 senza basi e prospettive” .6 9 Vero niente. In questa
straordinaria sequenza... c ’ è tutta la texitura artistica ed emozionale del cine­
ma pasoliniano. Ferrerò la coglie bene e nei punti focali, peccato che quello che
descrive non è il mondo pasoliniano ma piuttosto il suo punto di vista in con­
trapposizione a quella realtà emarginata (ma non marginale) che Pasolini
al/traversu come uomo e come poeta. Ferrerò non ha capito nulla di Bruna, la V

ragazza-madre, la puttanella che apre alFamore tutti i ragazzi del quartiere. E


l'innocenza violata e perduta di un “ angelo del inaleamore” . cresciuto e cadu­
to ai bordi «Iella società dell'apparenza (che anticipa di mollo le schiere di gio­
vani prostitute/drogate che fioriranno sui marciapiedi delle democrazie avan­
zate degli anni ’ 80/’ 90). Pasolini la filma con distacco e comprensione, mai con
pietà.
Di Mamma Roma. Ferrerò non riesce a capire quella specie di animalesca pro­
tetti vita «li madre per il figlio un po’ svantaggiato. La vita piccolo-borghese che
vuole per lui è una forma di riscatto della propria, vissuta, consumala, vendu­
ta ai bordi di un marciapiede. 11 rapporto con gli omosessuali o con i clienti è

.59
P ino Bertelli
ì

paritetico, convenzionale. Sono tutti lì. fuori del mondo “ normale” per
re un po di gioia o per sfuggire ai vincoli sociali/relazionali della comiir*jJfr |
L’ aggressività di Mamma Roma è quella della puttana che non e*è più. £ c
mamma, la sorella, la moglie. Lamica che esce dalla baraccopoli d o v è nata
approfittare dell'illusione di fare qualche soldo in maniera facile, clic è aneli»,
una prova di sopravvivenza che la “ società perbene” le offre come passaggi
dal mondo, in effetti le sue sguaiatezze, le risate scomposte, la gestualità rj
dondante... sono marche di riconoscimento del mestiere più vecchio del m0ll.
do (la prostituta), che l'ipocrisia culturale tollera come accidente o momenti,
esperienziale ma condanna profondamente come frattura del senso collettivo
dei valori della società statuale. Ferrerò non è il solo a non comprendere 1*^.
portanza etica ed estetica di Mamma Roma. Anche Giuseppe Marotta non vt-
de nel film di Pasolini un’ opera di grande forza poetica e di profonda imliqua­
zione morale. Nella stia critica, un p o ’ sgangherata come tutte le sue '‘amoroso
battaglie” (Goffredo Fofi) sul cinema. Marotta scrive che Pasolini **c rierodi
fantasia verbale, non sostanziale: egli nel sottoproletariato, come abitualmen­
te lo qualifica, non vede elle il cinismo, il rancore, il turpiloquio, Fahiezionp
suddivisa toul-court, in prostituzione e in crimini da quattro soldi. Bagasce.le.
noni, ricettatori, ladruncoli, risse: la vita pullulante del Quarticciolo o «li Por-
tonaccio. secondo Fautore di Mamma Roma, comincia e termina in questi in­
variabili, monocordi elementi di narrazione” .70 Vero tutto il contrario. Pro­
prio in questo film, Pasolini allarga l'elegia del suo sguardo sugli ‘'ultimi del­
la scala sociale e senza infingimenti o echi propagandistici (elettorali) resi imi-
\

sce la voce a chi non Fha mai avuta. E una voce dura, intima, sgraziata... ma
è la voce rii una parte di umanità nata al rii qua del circuito dei beni e so\ente
umiliata fino alla putrefazione della propina esistenza. I popoli hanno adorato
soltanto coloro che li hanno offesi.
La morte di Ettore è commossa. Partecipata, un'agonia selvatica che trasfigu­
ra quel letto di contenzione in un sudario ateo. L'indifesa fragilità del ragazzo
è contrapposta alTasetticità della cella e Pasolini riporta qui le visioni (i «am­
pi visivi) di P oh torno, Giotto, Masaccio e in modo più esplicito è al Man legna
clic pensa quando filma la ‘‘passione fisica” di Ettore (che peraltro non dmhia-
ra, anzi ne sostiene il contrario). La sua agonia è “ addolcita dal lento, com­
passionevole movimento di macchina [il dolly, qui usato per la prima volta da
Pasolini] clic sfiora tre volte il corpo disteso e legato del ragazzo, fissau«Ione
prima il moto di ribellione, infine la rigidità indifesa (Iella morte, nel montag­
gio parallelo e alternato di queste e delle immagini di solitudine e del dolore del­
la madre, e nella repressa violenza del finale, con l’ affacciarsi della donna sul­
la città, terrea nel sole del mattino, contro la quale disperazione e protesta si
spengono, riassorbite in un silenzio cieco e ostile, si ritrova il segno di un mo­
do di intendere e di fare il cinema che appare ormai positivamente connatura­
lo alla poetica e allo stile dell autore” (Roberto Campaci). Pasolini diviene qui
“ maestro in nulla” che non sia l’inquietudine della realtà che diventa favola.
P ie r P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

Li cinecamera ili Pasolini si muove in modo carezzevole o scostante, descrive


ti sottolinea ciò che ha di fronte, ogni frammento filmico c ogni corpo filmato
contendono la sacralità di lina visione arcaica... ^Concepisco sempre il fondo
come il fondo di un quadro, come uno scenario, e per questo, lo aggredisco
sempre frontalmente. E le figure si muovono su questo fondo sempre in manie­
ra simmetrica. per quanto è possibile: primo piano contro primo piano, pano­
ramica ili andata contro panoramica di ritorno, ritmi regolari (possibilmente
ternari) di campi... La mia macchina da presa si muove su fondi e figure senti­
ti sostanzialmente come immobili e profondamente chiaroscurati (Pier Paolo
Pasolini). Eil è per questo che nel cinema pasoliniano non ci sono mai (o qua-
m), l'intercalare (hollywoodiano) di primi piani e campi lunghi, piani america­
ni r dettaglio, campi totali dissolti sul primissimo piano della star... 1 perso­
naggi che appaiono in campo lungo fanno parte del fondale, le figure in primo
piano m muovono incontro alla narrazione e Puoino è sempre al centro di ogni
V

prospettiva/costruzione poetica. E l'insegnamento indimenticabile di Dreyer.


Kressi m. Welles. Mizoguehi (e più defilato Eric von Strohcim )... che fanno del­
la disperazione del presente, una coscienza, una libertà di espressione che tra­
valica tutti i reticolati del Pordina rio e torna nella fantasia a cercare p anima
anarchica del popolo dogli uomini liberi.
La fotografia di Mamma Roma è di Tonino Delli Colli. Come in Accattone è
grezza, sgranata, sovrapposta, disegnale... trattata secondo i criteri stilistici
di certi documentari antropologici, diviene qui (più che in Accattone) una niti-
da/solare sinfonia visiva dove i bianchi, i neri e i grigi si sovrappongono al gran­
de montaggio sinfonico/articolato di Nino Baragli... si fondono alla
ricerca/commento musicale di Carlo Kustichclli (e alla dolcezza immortale di
Antonio Vivaldi), per aprirsi ad una lettura separata e convergente di un "''rea­
le fantastico * dove nessuno possiede una vera e propria coscienza di sé e nem­
meno quella del proprio dolore. La visione fu vietata ai minori di 11 anni.
Marmila Roma ha molte cose in comune con Accattone e il Tommaso Puzzilli
del romanzo di Pasolini Una vita violenta. Tutte e tre le storie sono deposte in
tm "angoscia mortale” che poggia sul crollo delle speranze e dei fallimenti di
Accattone, Mamma Roma o Toinmasino di entrare in società... il loro disordi­
ne é causato non tanto dalla mancanza d’ ideali, in fondo tutti loro aspirano a
ima generica vita piccolo-borghese (sui moduli espressi da Charlot), quanto
dall*impossibilità di riconoscersi dentro un'ideologia della merce che non ap­
partiene loro. Mamma Roma, nella lunga carrellata sul viale delle prostitute ri­
flette a voce alta (ma parla al mondo): ""...se io fossi nata in un modo diverso,
se mio padre fosse stato diverso, mia madre diversa, il mio ambiente diverso,
probabilmente sarei stata diversa anch’ io” . La condanna di Mamma Roma, ili
Accattone o della vita violento di Tommasino (da parte della cultura, della po­
litica. del clero e del pubblico) era dunque "quella di esistere: di essere usciti
dalla non-esistenza rappresentando se stessi" (Carlo Levi), semplicemente.
La “ fiiLurazione figurativa’* che serpeggia nel cinema pasoliniano, esce (come
P ino Bertelli

sappiamo) dalie lezioni sulla storia deir arte di Roberto Longhi, che il ]>oeta>.
guiva con trepidazione all*università di Bologna.71 Con quei ricordi in testa,,
negli ocelli... Pasolini filma il mondo periferico di Maturila Roma sotto un so|h
cadaverico, luccicante, che brucia le facce ilei protagonisti. 1 campi, i ruderi
romani, i casermoni della Roma sottoproletaria avanzano ai bordi dello scher­
mo e ogni inquadratura sembra annunciare il finire di un'umanità felice e nel
contempo disperata. Anna Magnani in principio non capisce la tecnica (in ap­
parenza grezza) di Pasolini. Lei vuole - interpretare - il personaggio della
mamma/pultana. Pasolini le spiega che deve —essere - una puttana/iuamina.
semplicemente. Si chiariscono quasi subito. Lei comprende quello strano regi­
sta che gira brevissime inquadrature (non durano più di due o tre minuti), che
lavora su primi piani sfalsati (con la macchina da presa a mano), che rompe la
nomenelazionc classica del linguaggio cinematografico (un campo segue un con­
trocampo o un totale che anticipa una figura intera eee.). Lui vuole rendere im­
mortale la sua passionale sensualità. Pasolini costruisce il suo cinema fuori dal­
le lunghe inquadrature articolate sulPattoralità o sull'illustrazione degli sfon­
di... le espressioni, i sentimenti, i passaggi psicologici sono confluiti tutti nel
montaggio e come una specie di ““quadro vivente” restituisce sullo schermo una
nuova magica surrealtà.
A Pasolini non interessa ciò che viene chiamato “ spontaneità” o ““naturalezza"
ma l’ unione di fasi interpretative/figurative differenti, che appunto uccidono la
spontaneità e la naturalezza per andare a rilevare o riconoscere nuove spiagge
del desiderio di esistere fuori da una realtà pietrificata nel convenzionale o de­
cuplicata nella mediocrità. Anna Magliani/Mamma Roma, Pasolini l’ aveva già
descritta in un libro fotografico di Sani Waagcnaar nel I960, Donno eli Roma.
Qui, a corredo di due stupende fotografie... un primo piano forte, sensuale,
(piasi rabbioso dell'attrice e un’immagine più privata, dove si vede la Magnani
spettinata, con gli occhi schiacciati contro il sole e un sorriso aperto sulla sto­
ria... mentre stringe al suo corpo un gatto bianco e insofferente... Pasolini scri­
ve:

“ Osservo Anna Magnani, là in fondo, sul divano del salotto elegante, dietro un prezioso pò//'
d'antiquariato, carico di scatolette e vassoietti di dolci di prima qualità. Tace, mezza nascosta.
La pelle è bianca, e i due ocelli sono conio un grande fazzoletto nero, che la fascia sopra il naso
Tace, ma sta col busto eretto, come doveva stare sua nonna, un secolo fa. sulla porta di rasa. V
do però che il suo silenzio è inquieto: dietro la fascia nera degli occhi passano ombre piti non1,
interrotte, riprese, ora represse come un piccolo rutto, ora liberate come risale. E chiaro chi* In
gioite che ha intorno la comprime, la fa rientrare dentro la sua forma, come un liquido spanV
che possa rifluire dentro il vaso, e starsene lì, buono buono.
Beve lo champagne, sublime. delLospilc: e si prende la toppa. Dopo qualche minuto si alza
suo angolo, grida che va al gabinetto, e quando ritorna, si siede in mezzo alla stanza, su un
gioletto ili mezzo al grandi* tappeto verde. È come su un palcoscenico: sla seduta sempre col l,lt'
sto eretto e le zinne sporgenti: due belle zinne, perché, in questi ultimi tempi, si è rifatta boM'
sempre come la nonna, con un vestito che chissà come mescola I ultima moda con la moda cUr
na delle popolane ciociare o burine, se ne sta seduta in posizione di sfida.
P ie r P a o lo Pasolini/Il cinem a in c o r p o

l.a fiis«*Ì2t le è cascata dalla faccia bianca, e due occhi •galleggiando sulla loro pece, lampeggiano
timidi e tJtalandri. lanciano occhiate di scorcio, troncate a metà, n prolungate con un'altra
opre**'ione, che distruggono e lasciano come uno stupido chi la guarda.
Questa sensazione di essere stupidi, che si prova di fronte a lei. si tramuta subito in tenero af­
fetto: è la stessa cosa clic capita a dei gio\incelli, sia pure malandrini, clic arrivano sparali in
tnolorirleita davanti a una prostituta, che li aspetta, ferma, seduta su qualche panchina a Ua-
raeiillu. Pi frou te alla sua aria di sfida con cui si difende, anche i più dritti perdono la bussola,
r «lanini lì. lecchi looclii, come davanti alla statua di una santa miracolosa.
Ihill'anu di sfida <li Anna, può nascere qualsiasi cosa: ma quello che ci si aspetta sempre, co­
munque. c che canti. Uno stornello. Di quelli vecchi, appena rinnovato «la qualche allegra in-
vrn/ione. c « he finisce ridendo. Lei non può che esprimersi cantando, perché ciò che ha da espri­
mete c una cosa indistinta e intera: la pura vita. sua. e delle generazioni di donne romane che
tono -.tate al mondo prima ili lei...".7 2

Mamma Roma non avrebbe potuto avere altro volto, altro corpo, altro sorriso
lirini/jirovoeatorio... che non quello di Anna Magnani. In quella sensualità di­
rompente, provocatoria, animalesca... Pasolini vedeva emergere “ la miseria
storica della borgata e la miseria preistorica dei suoi ossari di p ietre’ (Pier
Paolo Pasolini). Tutto era luce nei suoi occhi, tutto era passione nei suoi gesti,
lutto era amore nella sua incomprensibile vitalità in rapporto col mondo che la
circondava. Senza saperlo (ma non è poi tanto vero), la passionalità, la tra­
sparenza. Pimpudore carnale della Magnani diviene un'icona amorosa che in­
nalza lo spirito «Iella propria intelligenza al di sopra delle montagne sociali e
dispensa fiori d ’ amore a tutti coloro che li meritano. Sotto lina certa luce al­
chemica o semplicemente ereticale, Anna Magnani contiene in sé l’ origine del-
l incesto prima che divenisse sacrilegio (Pasolini lo accenna all’ interno del film,
non solo nel tango struggente di Mamma Roma con il figlio ma anche nella gioia
e ncirabhraccio vigoroso del ragazzo sulla motocicletta in corsa)... non è nel
tempo archetipalc dell’ Egitto che fratello e sorella (coperti dalla notte) si ama­
rono i Iside e Osiride) c dal loro mito (come racconta Plutarco) ebbe inizio la ci­
viltà? Osiride insegnò all'uomo le arti di coltivare la terra, seguire i dettati de­
gli dei. sistemare in regole la vita quotidiana... Iside insegnò alle donne le arti
della medicina, della tessitura, deirarmonia tra le genti... E dall’ Eros dunque
(non dall incesto) che ha preso vita ogni forma d ’immaginazione creativa (ncl-
I uomo e nella donna). E ei sono corpi (come quello della Magnani) che espri­
mono la naturalezza di questo Eros fatto di amore e di dolore, di passione c di
desiderio, «li Iclicità e di malinconia... che riportano a qualcosa che è stato e
‘die non c più. Questi corpi smuovono immagini del profondo e quando rag­
giungono la superficie «Iella pelle, divengono metafora del sesso e del mondo
che spesso non accettano e dal quale si chiamano fuori. 11 corpo figura tutto ciò
•die c'e di transitorio nella vita ordinaria e diviene metafora del tempo. Il cor­
po (amato, affamato, violato, torturato, ucciso...) è Piti timo rifugio dopo la di­
sillusione di (aver conosciuto) un mondo (una vita) senza amore. Le antiche
si ale dell’ anima portano alla conoscenza del cuore e vedere in trasparenza si­
gnifica appiccare il fuoco ai sommari falsi della nostra educazione.
l'in o B ertelli ?

Alla Mostra del Cinema di Venezia (fine agosto 1962). Mamma Roma non eb))r>
il successo “ mondano’’ speralo dal produttore (Alfredo Bini), Pasolini e la
grumi si presentarono ai fotografi e ai giornalisti in atteggiamenti molto ronij^
li (smentendo la stampa, che aveva scritto di liti e invettive tra di loro, durata
te la lavorazione del film). Nel corso della Mostra, un colonnello dei caralmi^
ri (Giidio Falli) denunciò Mamma Roma per ''offesa del connine senso della
morale per il contenuto osceno e contrario alla pubblica decenza'*, specifican­
do che l’ attore Franco Cittì aveva “ precedenti penali presso il tribunale di R<>.
ma ’ . Per la prima volta in un Festival del cinema, un film in concorso e scelto
per il suo carattere culturale, viene censurato dalla burocrazia amministrati­
va. Il rumore della stampa è contraddittorio ma in qualche modo permette al
film di Pasolini di debuttare sugli schermi di Venezia, fi pubblico del Palazzo
del cinema è discorde. Non è interessato aU’ anibiente sottoproletario esposto
dal regista... alla fine della proiezione avvengono tumulti, fischi e proteste. I
borgatari Franco Cittì, Ettore Garofolo, Piero Morgia al seguito di Pasolini,
sembrano “ insudiciare’* le abituali conferenze stampa di cronisti con attrici,
attori, registi, produttori che hanno fatto della finzione e della superficialità la
loro fortuna. Qualche giornalista non mancherà di scrivere un “ pezzo di colo­
re’ ' razzista su “ Pasolini e la sua corte sottratta ai piaceri delle marrane roma­
ne ... in accordo con i neofascisti veneziani di Ordine Nuovo clic* si esprimono
così: “ Pasta con gli apostoli del fango! basta con gli invertiti, prostitute, ruf­
fiane, teppisti, rapinatori. Sono questi rifiuti umani Fargomento delle morbo­
se fantasie dei cosiddetti intellettuali di sinistra. Sbarriamo il passo alla cultu­
ra capovolta, avanguardia del coiti musino 73 11 magistrato che si occupa del
caso, il 5 settembre 1962, giudica infondata la denuncia contro Pier Paolo Pa­
solini e il suo film e “ decreta non doversi promuovere Fazione penale” . Co­
munque non sono molti a passare sopra la sconfitta di una “ mamma italiana” .
Ea Mutar Dolorosa pasoliniana era una puttana e aveva un figlio ritardalo.
L'impudenza di Pasolini aveva varcato il Limite. 1 critici non andarono oltre al­
cuni lodevoli riconoscimenti estetici e in molti accusarono la Magnani di aver
esagerato I interpretazione di Mamma Roma... Pasolini si assunse l’ intera col­
pa, disse che forse aveva preteso troppo dalla Magnani (sapendo di mentire)...
Nessuno si accorse che quel film e quell’ attrice, alla ri/lettura della storiogra­
fia (non solo cinematografica) più attenta, sarebbero stati considerati tra le più
grandi espressioni artistiche del nostro secolo.
Linterprete di Ettore (Ettore Garofolo) fu sorprendente, illuminò lo schermo
di una bellezza amorale che toccava il cuore... sulla sua faccia, nei suoi gesti,
in quella camminatura dondolante... risplendono antiche sofferenze e solitudi­
ni sconfinale. dove il vizio assurdo di vivere non è né mondano né santo, né stu­
pido né saggio ma soltanto un tormento esistenziale affidato aIFimperlezione
della saggezza sociale. Con Franco Cittì c Ninetto Da voli, Garofolo figura mi-
boni di “ mondi" agonizzanti dove Pignoranza è la sola “ luce’" che si allunga su
deserti infiniti dove nessuno va o dove tutti muoiono per fame. “ Non c'è varo-

61
» K « 7 M I I I 1 I 1 i l 1 I 1 V m u • » * ». M
•r 1

né Juie dell’ignoranza, e così via fino a non ci sono vecchiaia e morte


né fine di vecchiaia e morte. Perle disseminate su un velo di seta viola finissi­
ma. Perle stipate nella bisaccia sudicia di un accattone: ci vuole vera saggezza
ht >apere clic queste sono gioielli. L’ acqua, se la beve una mucca diventa pan­
ila. se la beve un serpente diventa veleno. T tranquilli palazzi a dodici piani do-
N<*abitano i saggi sono avvolti di nuvole perpetue di cinque colori, ben lontane
(lalla portata dell’ uomo” .74 11 regno della coscienza clic Pasolini buttava sul-
}(, schermo... era uno schiudersi dell umano sul disumano. Il suo cinema dis­
perdeva gocce di veleno contro l’ intero universo della ragione imposta. Era un
rinfimi iMVillusione e proprio in questo senso, ha significato per molti un al-
l>a AAV illuminazione.
In damma Roma, Pasolini conferma la sua concezione del cinema come opera
d'aiie. In contrapposizione a Moravia, per il quale lo “ sguardo dato alle rose
si consuma prima della parola’’ (Pier Paolo Pasolini), il poeta delle periferie
sostiene clic quando un film “ va oltre lo sguardo, cioè diventa un fatto stilisti­
co. allora possiede la stessa pregnanza e la stessa durata della suggestione del­
la parola’* (Pier Paolo Pasolini). E qui che diviene opera d ’ arte (e cita Char-
Int). A Moravia, Mamma Roma non lo entusiasma e scrive che “ qui la poesia
di Pasolini tace e ci troviamo di fronte ad un film neorealista di normale fattu­
ra". 75 Non è così. Mamma Roma è un fibn/manifesto. un‘ opera/saggio o una
iavola/hallata che non ricorda per nulla né il naturalismo del Neorelismo né il
manierismo della commedia falsamente brutale americana... l’ oggettività di
Mamma Roma, di Ettore e dell’ ambiente nel quale vivono... è vista, filtrata,
esposta secondo una “ casistica morale” (Pier Paolo Pasolini), più che a una vi­
cenda epica, che sta al fondo della vita reale. In molti definiscono il suo cine-
ma. letterario. E un errore, anche macroscopico. Pasolini non mescola cinema
c letteratura... li contamina tutti e due. Si domanda la differenza tra l’ espres­
sione cinematografica e l’ espressione letteraria e scopre che ‘"nella prima man­
ca manca quasi del tutto una figura, la metafora, di cui invece la seconda con­
siste (piasi esclusivamente” (Pier Paolo Pasolini). Le opere di Bunuel o Vigo,
foulard o Ejzenstcjn, Dreyer o Bresson... potrebbero ribaltare quest afferma­
zióne, perché all’interno della loro struttura viene fatto ampio uso della meta­
fora. Pasolini sa che la metafora non è parte del cinema mercantile (o lo è in
modi» bassamente funzionale), perché è attraverso “ un trascolorare infinito di
metafore si può giungere a stabilire una analogia tra il caldo e il freddo, tra la
luce e il buio, tra il buono e il cattivo... Nulla resiste alla potenza unificatrice
della metafora: ogni cosa, attraverso essa, è paragonabile con tutte le altre co­
se” (Pier Paolo Pasolini).
Non è poi tanto vero che il cinema non possa usufruire delle figure stilisti-
ehe/miilenarie della narrativa (mitico/religiose) e in modo particolare all’ ana­
fora e all’ iterazione. “ Si sa che quando uno scrittore ricorre all’ anafora ('Egli
diceva... egli diceva... egli diceva...*) o all’ iterazione (le litanie) vuol dire che
si trova in uno stato d ’ animo mollo eccitato, e quindi rasente all'irrazionale, a

65
una passione ancestrale o areaiaca: anafora e iterazione, in uno scrittore serio
son dun<|ue abbastanza rare. n ,'i nenia, invece. di queste ligure, può fare man
bassa. La ripetizione di un'immagine, a fini soprattutto comici, o il ritorni,
anaforico di un immagine a iniziare una serie di frasi o di piemie sequenze,*;#,
no latti stilistici che qualunque cinema usa con la massima semplicità e inno,
scienza. 11 fatto che il cinema possa assomigliare sì alla narrativa, ma a un*
narrativa soprattutto musicale, potrebbe dimostrare una certa arcaicità e fa­
volosità del cinema rispetto alla letteratura” .76 Ecco perché l’ insieme dell'o­
pera cinematografica pasoliniana contiene quel che di ballata aforistica o dj
surrealtà favolistica... la verginità dello sguardo pasoliniano ha pochi eguali
(dentro c fuori la storiografia specialistica). Il vedere presuppone in colui din
vede, qualcosa che già conosce nel cuore ed emerge dal fondo della storia come
discriminazione insopportabile.
Per Mamma Roma. viene rimproverato a Pasolini (in una conversazione con
Bernardo Bertolucci e Jean-Louis Comodi), di "'non aver fatto sentire la rela­
zione tra una universalità marxista o borghese e le particolarità di questo pro­
letariato” ... ma è proprio per la stessa qualità introspettiva del film, che fa di­
re a Pasolini, di essersi Sperduto così completamente e coscientemente in que­
sto mondo senza aver potuto considerarlo dall'esterno* (Pier Paolo
Pasolini).77 II teina profondo del film non è infatti una relazione fra mondi po­
li ilei alternativi ma piuttosto una metafora tra ""mondi umani diversi*’ (Pier
Paolo Pasolini). La collisione tra mondo borghese (per assenza) e mondo sotto-
proletario (collie presenza) risulta estranea sia in Accattone che in Mattinia Ro­
ma (e in molto cinema pasoliniano a venire). Tu questo universo concentrazio-
nario non e è nessuna possibilità di fuga e l’ esito finale è la morte. Alla rasse­
gna veneziana. Mamma Roma ottenne il Premio della F.l.C.C. (Federazione
Italiana dei Circoli del Cinema) che lo considerò "*... il film meno romenziona*
le tra quelli presentati alla Mostra” ... gli incassi però si fermarono a 168 mi­
lioni, meno della metà di quanto aveva ottenuto L'eclisse di Michelangelo \n-
tonioni. Anche il pubblico (come la critica) aveva scelto il suo maestro. Il -po­
polo più analfabeta e la borghesia più ignorante d ’ Fnropa*’ (Pier Paolo Paso­
lini) non affollarono i botteghini dei cinema per Mamma Roma... Pel lini. Vi­
sconti. Antotiioni... erano già parte folcloristica del tessuto culturale, politico
e sociale di un Paese incapace di esprimere la '"divisione dei pani" clic il popo­
lo in armi si era conquistato coti la Resistenza. In un dialogo di Mamma Roma.
Pasolini è profetico: - “ A carogna, che sei de* sinistra? Guarda che mica au­
liamo d'accordo, sa’ , se te metti a ffà er compagno” - (Anna Magnani). Del sen­
no di poi son pieni i bordelli. Ancora qualche anno di tradimenti e menzogne,
poi la ""sinistra rossa'* italiana diverrà quella fogna planetaria che negli anni
‘ 90 (sotto il regime ulivista) prenderà il potere per divenire ciò che è sempre
stala: una farsa ideologica che ha fatto della speranza la propria legge e dcl-
Pobbedienza le proprie catene. Ma i giochi non sono mai completamente fatti.
Perché le idee di amore e di libertà non possono essere circoncise a lurido... c è

66
un tempo per seminare e un tempo per falciare. Ma non è il nostro tempo. A
noi spelta soltanto d ’ innaffiare i fiori rossi dell'insurrezione delPintelligenza,
nitrì migliori di noi faranno conoscere i loro profumi e porteranno le rose ai ri­
belli raduti.

III. Alti impuri di mi eretico

(I film successivo di Pasolini è un mediometraggio. La ricotta ( 1963), e sono ili


molti a decretare che qui il regista ha raggiunto il suo esito formale più alto.
Pura 3f> minuti, intreccia colore c bianco & nero, gli interpreti di una passio­
ne cinematografica sono icone elementari dell'eresia... resta uno dei più alti
grilli «l'amore del cinema iconoclastico. Pasolini lo gira vicino all'acquedotto
(Irli*Acqua Santa, terra di puttane, magnacci, ragazzi di vita, pastori... che
remino un po' di oscurità o rifugio nelle grotte sparse un po' ovunque. La
"|*a>si<me Pasoliniana” scardina i Vangeli, si fa beffa di ogni volontà oracola­
re. riconduce Postrema miseria di una comparsa che muore d'indigestione di
ricotta sulla croce, al grido di accusa contro tutto quanto è veicolato come spet­
tacolo del potere. La ricotta era inserito in un film ad episodi che avrebbe do­
vuto titolarsi RoGoPaG, dalle iniziali degli autori: Rossellini (Illibatezza). Go-
«lanl [Il nuovo mondo). Pasolini e Gregorelti (Ilpollo ruspante). Pasolini lo gi­
rò in poco più di un mese e andò molto oltre al "divertissement d ’ autore” , con­
certò in questo film i meccanismi della comica finale sennettiana, keitoniana e
fece «Iella fame chapliniana un riferimento prestigioso e deturpatorio della
realtà... le contaminazioni furono anche altre e il grottesco prelevato dal sur­
realismo elaireniano, huùueliano o dalla favola anarchica di Jean Renoir, Ron­
di/ sanie des eaux (Boiidu salvalo dalle acque. 1932), sbordano oltre rocchio
magico dello schermo. E qui le “'ceneri di Granisci'’ , proprio non c ’ entrano nul­
la. Per «pianto riguarda i “ poveri di spirito” di cui scrisse Matteo nel suo Van­
gelo, “ e di cui, per tutta la vita, Pasolini si è fatto apostolo” (Serafino Murri).
e una sciocchezza affermarlo, significa averlo letto/visto secondo mia corri­
spondenza culturale molto ammorbidita dagli scranni accademici. Ciò clic au­
spicava Pasolini in La ricotta, era il diritto alla ““diversità” come percorso ne­
cessario per costruire un mondo dal volto più giusto e più umano (senza Pob-
bedienza a Dio né ad altri che non siano l’ amore dell’ uomo per gli altri uomi­
ni!.
fu "passione evangelica” di Stracci (Mario Gipriani) non è che il martirio di un
sottoproletario condannato a morte dalla propria nascita: quella di essere na­
to povero. 11 “ regno dei cieli” per lui (e per interi popoli a ““Sud” del mondo)
ha un solo ingresso, una sola apertura, un solo colore... quello della morte. Co­
me Accattone e Ettore, anche Stracci muore colpevole non solo di essere alfa-
malo ina anche analfabeta. Pasolini ha detto più volte che il suo è un lavoro di
contaminazione e che la contaminazione o il Spastiche” sono il fatto stilistico

6 7
P in o B ertelli

dominante della sua opera letteraria, poetica o cinematografica. Così inesco^


Pascal ai Canti del popolo greco insorto c ricorda ovunque le parole di Qj,
vanni: “ E spazzò via le monete dei bancliieri/e buttò alParia i banchi/e aiveu.
di tori di colombe disse :/portate via di qua e della casa di rnio/Padre non fateun
mercato'’ . E subito dopo si appoggia a Marco, così: “ Non esiste niente dina,
scosto che non si debba manifestare e niente accade occultamente ma perchéi
manifesti: se qualcuno ha orecchi per intendere intenda” . Ed è qui spiegata
l'aggressività e la turbativa di La ricotta. In apertura, Pasolini inette in epi­
grafe queste parole: “ Non è difficile prevedere per questo mio racconto dei giu-
dizi interessati, ambigui, scandalizzati. Ebbene, io voglio qui dichiarare che
comunque si prenda La ricotta, la storia della Passione clic indirettamente Lo
ricotta rievoca è per me la più grande che sia mai accaduta e i testi che la rac­
contano i più sublimi che siano mai stati scritti” . Per Pasolini l’ innocenza cro­
cifissa di Stracci, assume valenze universali e il furore di quella morte none
una sconfitta definitiva del sottoproletariato planetario ma soltanto una batta­
glia perduta.
Stracci è un sottoproletario delle borgate romane. Per sbarcare la farne, fa la
comparsa e interpreta il ladrone buono in un film sulla “ Passione di (disto".
diretto da un regista marxista (Orson Welles). Le riprese avvengono nei prati
della periferia romana. Stracci e la sua famiglia sono affamati. Mangiano quan­
do capita e cosa c ’ è. 1 suoi congiunti lo vanno a trovare sid set. Stracci legala
loro il cestino del pranzo, si traveste da donna e riesce a trafugare un altro ce­
stino dalia produzione, poi si nasconde in una piccola grotta per mangiarlo. Ma
dal set viene chiamato in scena e abbandona il suo pranzo in un angolo. 11 ca­
gnolino di una diva (Laura Betti) se lo divora. Stracci piange. Solo e disperato.
Ha fame. Vende (per mille lire) il volpino a un giornalista televisivo venuto a in­
tervistare il regista e compra un grosso pezzo di ricolta. Welles/Pasolini conce­
de al giornalista soltanto quattro domande. Le risposte sono sferzanti. Tocca­
no la politica, la società, la morte e il cinema di Federico Fellini... il regista log­
ge una poesia di Pasolini... “ lo sono una forza del passato./Solo nella tradizio­
ne è il mio amore./Vengo dai ruderi, dalle Chiese./dalle pale d ’ altare, dai bor­
ghi/dimenticati sugli Appennini e sulle Prealpi/dove sono vissuti i fratelli./Gin»
per la Tuseolana come un pazzo,/per l’ Appia come un cane senza padrone.IO
guardo i crepuscoli, le mattine/su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo./come i pri­
mi atti della Dopostoria,/cui io assisto per privilegio d ’ anagrafe./dall orlo
estremo di qualche età/sepolta. Mostruoso è chi è nato/dalle viscere di una don­
na morta./E io, feto adulto, mi aggiro/più moderno di ogni moderno/a cercare
fratelli che non sono più” .78 II cronista non comprende le metafore filosoti-
ehe/storiehe del suo intervistato c se ne va un po’ frastornato, salutando due
carabinieri intenti a raccogliere margherite in un prato. Per ingannare il tem­
po fra una ripresa e l ’altra, alcune giovani comparse si mettono a ballare il
twist. Mentre Stracci sta per mangiare la ricotta, lo chiamano di nuovo sul set.
Lascia la ricotta nella grotta e viene legato sulla croce. Lì vicino, Maddalena
Pier P aolo Pasolini/Il cinema in co rp o

.M irai Bernardini) fa un provocante spogliarello. Anche questa volta non si gi­


ra per i capricci della prima attrice (Edmonda Aldini). Stracci torna nella grot­
ta e si abbuffa sulla ricotta. 11 produttore arriva sul set con un codazzo di ospi­
ti... giornalisti, signore della “‘buona borghesia’’ romana, politici (si riconosco­
no Enzo Siciliano, Elsa De Giorgi)... si ripete la scena del Calvario di Cristo...
Stracci lieve dire una battuta: “ Quando sarai nel regno dei cieli, ricordati di
mr". 11 regista grida, “ azione!” , “ azione!” , “ azione!” ... la scena non parte.
Stracci è morto d’indigestione sulla croce. 11 sarcasmo del regista è illuminan­
te: “ Povero Stracci. Crepare... non aveva altro modo di ricordarci che anche
lui era vivo...” . La macchina da presa si alza su Stracci morto in croce... e sco­
pre nubi minacciose, nere che si addensano in un cielo sbiadito.
La ricotta è un tableau vivant sulla blasfemia. Pasolini contamina l’ arte sacra,
il cinema agiografico e fa di tutte le Vergini addolorate delle puttane alla moda.
E un film sul film. Meglio sul cinema. Pasolini filma la lavorazione di una “ Pas­
sione di Cristo” destinata alle platee popolari... mette in luce una certa stupi­
dità del cinema mercantile e mostra l’idiozia divistica dei semidei di celluloide.
Stracci è una maschera che esprime la miseria senza rimedio che si contrappo­
ne alla sacralità falsa della maechina/cinema e per estensione, della vita stessa.
Pasolini mescola il bianco & nero e il colore (technicolor). Il procedimento è
primitivo ma funzionale. La fame autentica di Stracci (bianco & nero=sotto-
proletariato) si contrappone alla splendore del falso (colorc=borghesia) non so­
lo cinematografico. 11 paleocristianesimo di Stracci è contrapposto alla finzio­
ne pittorica della “ Passione del Cristo” e Pasolini ricompone sullo schermo la
sua sensibilità e l’ attenzione per una tradizione figurativa di grande bellezza...
nel suo film blasfemo cita esplicitamente la Deposizione del Pontorno (1526) e
la Deposizione del Rosso fiorentino (1521)... schiaccia le immagini sul fondo
usando un teleobiettivo, comprimendo così la profondità di campo per togliere
I impressione tridimensionale e far risaltare le caratteristiche pittoriche del-
linquadratura. Pasolini affina la tecnica ma non perde la poesia. Agli obietti­
vi usati per Accattone (il 50, il 75mm.) o il dolly per Mamma Roma, aggiunge
alcuni movimenti di zoom e le carrellate o le panoramiche perdono una certa
(fascinosa) elementarità... il 100 mm. disegna dei primi piani di enorme forza
figurativa, degni di Ejzenstejn, Bresson o Dreyer. I pavoneggiamenti estetici de
La dolce vita (sul (piale valore ironizza e cita più volte in La ricotta)... non ri­
guardano lo sguardo insolente di Pasolini, che vede in Federico bellini un au­
tore die “ danza... danza...” intorno alle cose per meglio compiacere il manie­
rismo suggestivo sul quale ha eretto la propria fama di maestro dei ricordi. E
in La strada (1954), Le notti di cabina (1956), Il bidone (1955), I vitelloni
( 1955). Fellini grande c maestro le è stato davvero, poi non ha fatto che rifare
se stesso per solleticare la pretaglia domenicale che lo ha adorato, anche quan­
do i suoi esercizi di stile erano davvero di basso profilo artistieo/mereantile.
La figurazione di La ricotta è anche una specie di saggio sull’ arte sacra... 11
formato del cinema è “ obbligato” rispetto alla tela della pittura. Per seguire la
verticalità dei dipinti sulla ‘■'Passione del Cristo” che ha nella testa e colmarci
vuoti ai lati delPinsieme centrale, Pasolini inserisce due figure (due ragazzi ihs
ri, uno impugna una lancia, l’ altro ha una cesta di arance sulle spalle) diesi
integrano con forza alla coralità dell'opera ma P“ effett.o quadro’" è subito rii-
strutto dal movimento o dal sonoro, che restituiscono Pimmagine al cinema co­
stituendo una specie di trompe l'oeil a rovescio: dal falso realismo pittoric o del
quadro ricostruito, a quello della realtà che vi si sovrappone, che vi irrompe
dentro” .79 La sacralità del falso (la ricostruzione del Pontorno/Rosso) è con­
trapposta alla sacralità autentica (Stracei/ladrone) e Pasolini dice che 'i l san­
to è Stracci. La faccia da antico camuso/che Giotto vide contro i tufi e ruderi
castrense,/i fianchi rotondi che Masaccio chiaroseurò/come panettiere una sa­
cra pagnotta” ...8 0 la sua - trasfigurazione poetica - non va a ricomporre una
visone manieristica della realtà al cinema ina, al contrario, fa della sua - lin­
gua della realtà - una sperimentazione stilistica, saggistica, epifanica... il per­
corso immaginario di un mondo/mito rivissuto con grande trasporto e furore
dissacratorio... " lo sono una forza del passato, solo nella tradizione è il mio
amore” (Pier Paolo Pasolini). Il celeste, il rosso, il giallo... buttati sul lenzuo­
lo cinematografico... la Madonna, la Maddalena, gli angeli ricciuti (si distingui*
tra loro, Ettore Garofolo)... tutti ordinati su un solo piano... Pintrusione del­
la voce fuori campo, le risate delle comparse, il twist che irrompe in un pre­
sunto, oracolare silenzio... disvelano l’ artificio e danno voce alla condizione
umiliata e offesa della realtà sottoproletaria (lì e dappertutto).
L’ “ apologo blasfemo” del primo set (Rosso Fiorentino) è fatto d"accadinienti,
interruzioni, dissacrazioni del contesto filmico e storico. La ridicolezza della
sequenza è illuminante... mentre la Madonna interpreta una lode di .Tampone
da Todi, un ragazzo di colore sciupa Pinquadratura, la Maddalena ai piedi del­
la croce gioca con un cagnolino, un vecchio, per niente ossequioso e devoto al­
la Passione del Cristo, s’ infila le dita nel naso e la musica di Scarlatti sembra
sottolineare una caduta del sacro che non lascia dubbi: Punica grandezza dtT
Ptiomo è la sua stupidità. Sul secondo set sulla Passione (Pontorno)... Pasoli­
ni è ancora più sarcastico e feroce. La deposizione del Cristo è vista in modo
orizzontale ma con 'da aggiunta di tre ragazzi ai lati (uno da una parte. «(.Tan­
to a una colonna, e due dall’ altra, uno dei quali seduto sopra un cippo e 1al­
tro ai suoi piedi, intento ad accarezzare un cane, si ripetono l'errore della scel­
ta del disco c l’ irruzione della realtà, quest’ ultima in modo ancora più comico,
quando il giovane che impersona Cristo è lasciato cadere a terra tra le risa dì
tutti” .81 L’ indignazione pasoliniana è profonda. Anche nichilista. Ma è Nietz­
sche il suo maestro, non Marx. E Zarathustra il suo profeta, non Platone. Marx
è un prete senza tonaca. Nietzsche il dinamitardo di tutte le morali. Pasolini
(come Nietzsche) lavora sul Cristo con ironia e il sorriso (la morte nel cuore b
lascia ai fratelli della Compagnia di Gesù...), invila i suoi Iettori/spettatori a ri­
dere e a danzare al suono del flauto, gettando a tutti una corona intrecciata di
rose e riconoscere che ogni "via della santità” è una stoltezza. "D io è morto*

70
orn noi vogliamo, - che viva l’ uomo migliore’ ' (Nietzsche).82
In La ricotta, i rimandi stilistici a grandi maestri del cinema (Chaplin, Ejzen-
>tejn) non sono poi così espliciti... e se il magistero del suo professore aIT uni­
versità, Roberto Lunghi, è sempre presente nel gusto pittorico. nelT*"antimo-
dernismo” pasohniano, le trasfigurazioni poetiche di Bunuel, Welles o Dreyer
confluiscono fortemente in tutta la sua opera e fanno di Pasolini un maestro del
cinema maledetto e perseguitalo. 11 commento e il coordinamento musicale di
Carlo Rustiehelli. trova momenti di granile ilarità contrapposta a quanto ac-

nule sullo schermo e sottolinea Limportanza figurativa dei costumi di Danilo


Donati, che fanno da contrappunto alla scenografia suggestiva di Flavio Mo-
glveiini. Il montaggio alternato tra la frontalità dei primi piani coti lo sciogli­
mento delibazione, conferma Limportanza intuitiva di Nino Baragli che insieme
alla "rande magia fotografica di Tonino Delti Colli, saranno i preziosi collabo-
nitori di Pasolini per molti suoi film. Pasolini lo ha sempre detto: "*11 mio gusto
cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello che io
ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di
(fiotto, che sono i pittori che amo di più, assieme a certi manieristi (per esem­
pio Pontoruo). F non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di fi­
gure al di fuori ili questa mia iniziale passione pittorica, trecentesca, che ha
l’immo come centro di ogni prospettiva".83 In questo senso, le immagini di Pa­
solini sono esplorate come se la macchina da presa si muovesse sulla superficie
«li un quadro. 11 fondo è lo scenario che Pasolini aggredisce in modo frontale.
I.c figure si muovo su questo fondo/scena rio in maniera possibilmente simmet­
rica: primo piano contrapposto a un altro primo piano, panoramica di anda­
ta che corrisponde alla panoramica di ritorno, ritmi ili montaggio scorciati, in­
quadrature brevi senza mai incollare primi piani c campi lunghi. Le figure in
campo lungo fanno parte dello sfondo, quelle in primo piano si muovono su
questo sfondo e intrecciano il racconto (la storia) alla poesia della realtà (la vi­
sione figurativa del regista).
Quando Alberto Moravia recensisce RoGoPuG per L'Espresso, scrive: "‘Dob­
biamo premettere che un solo giudizio si attanaglia a questo episodio: geniale.
Non vogliamo dire con questo che si perfetto o che sia bellissimo; ma vi si ri­
scontrano i caratteri della genialità, ossia una certa qualità di vitalità al tempo
stesso sorprendente e profonda’’ .8 4 In molti gridano all’idiozia. La giovane
critica si fa avanti e Maurizio Ponzi elogia “'una esagerata staticità, cuhninan-
l«* nei "quadri’ ch’ egli pedissequamente riproduce nel film, ripresi dal Pontor-
noe da Rosso Fiorentino” .85 Luigi Faccini, vede ne La ricotta l’ effettivo pun­
to di partenza del cinema di Pasolini. F il film in cui egli libera finalmente se
stesso, come soggetto responsabile, nei confronti della materia oggetto della
rappresentazione, nei confronti dello stile cinematografico” .8 6 'Lutto vero.
Noi crediamo che già in Accattone e Mamma Roma, Pasolini ha espresso tutto
il suo cinema a venire e quello che non riuscirà mai a fare. In questo medio-
metraggio Pasolini affina una certa dissacrazione linguistica del cinema, tra­

71
n n o Bertelli

scolora l'ovvio e P ottuso della cultura corrente e non si vede proprio dovergli
abbia ‘‘distaccalo il proprio mondo culturale da quello proletario (Gian Pie­
ro Brunetta). Non li ha rappresentati come “ due proposte di cinema (il cinema
come letteratura inerte, esasperatamente raffinata del mondo delFi titolici totale
Wclles-Pasolim, e il cinema come vita, colto a livello di un unico bisogno fisio­
logico, di puro vitalismo animale). Non più identità o somiglianza tra il mondo
dell'intellettuale e quello proletario, ma insanabile dicotomia, data dalla so­
stanziale incapacità deirintellettuale di prendere contatto di fatto, con la sua
opera, ad una funzione reazionaria''.87 Vero in parte. Il proletariato quando
non è stato raffigurato (in modo demagogico) dalla propaganda (comunista, na­
zista o resistenziale...) è stato dipinto come una classe di emeriti cretini clic
aspirano a divenire i piccolo-borghesi <> i bravacci della burocrazia annata <>
della tirannide. Niente più. La decomposizione dell umanità poggia più sulTi-
nerzia. la passività, la soggezione a tutto degli sfruttati che per Feffettha forza
dei loro sfruttatori. I “ pretini rossi"' di Cinema ISuovo denigrano i denti arro­
tati alle scuole di partito e Franco Prono (quasi dieci anni dopo) scrive del film
di Pasolini cosi: “ ...Si vede dunque come il ‘ marxismo' pasoliniano sia sfidu­
ciato. senza fede nella dialettica storica: lo si può vedere ancor meglio (perché
non vi è neppure il riscatto finale) nella figura del regista. Questi lancia ‘qual­
che sterile trale' ideologico, che viene però a cadere inoffensivo nell’ ani luto
della cultura neocapitalistica: si dichiara marxista, ma in realtà è un intellet­
tuale borghese che usa come cose i sottoproletari, si prosterna di fronte al pa­
tere economico, e se la prende con i fantocci che sono gli strumenti della bor­
ghesia stessa (il giornalista)".8 8 Vero niente. Il marxismo di Pasolini non è per
nulla “ sfiducialo *, è nichilista (alla maniera eh Nietzsche) e dunque non può
avere nessuna “ fede nella dialettica storica'*, che è quella delTomologazionc
culturale c dei campi di sterminio - ovunque la “ diversità" si chiami fuori dai
iungili del consenso —.
In La ricotta. Welles/Pasolmi afferma elle ‘Titolilo medio è un pericoloso de­
linquente, un mostro. Esso è razzista, colonialista, sehia\ista, qualunquista .
In molti si indignano. La bestemmia della verità pasoliniana ha un effetto de­
vastante. Una tempesta di polemiche cade sul film. I cattolici si sentono ridico­
lizzati. i marxisti traditi. Malgrado che la pontificia Università Gregoriana di
Roma non vedesse nel lilm passaggi blasfemi e la commissione di censura del
Vaticano non l'avesse dichiarato “ escluso a tutti", il Contro Cattolico Cinema­
tografico rileva nel film ” i logori schemi del marxismo protestatario" e mette iti
guardia i falchi della tolleranza catto/deniocristiana. Mentre Foli ini raccoglie
un successo internazionale con 8 1/2, dove invila pubblico, fede e critica ad una
festa circense dei valori dominanti... La ricotta viene censurato per “ vilipen­
dio della religione di Stato", in violazione dell'articolo 102 del Codice Penale.
Il “ vilipendio trattava la violazione ili quella religione di Stato che si legò a
Mussolini con i “ Patti lateranesi" nel 1929 e la Costituzione democratica del
1948, sancì come religione ufficiale del popolo italiano.
Pier Paolo Pasolini/II cinema in co rp o

|! 1° marzo 1963, su disposizioni del sostituto procuratore ili Roma, Giuseppe


Di Gennaro, i carabinieri si presentarono al Cinema Corso ili Roma e seque­
strarono le bobine del film di Pasolini (anche a Viridiana. di Luis Bmìuel capi­
tò la stessa sorte). Ai giornalisti Di Gennaro dichiarò: "stiano attenti i cattolici
a non portare nella città di Dio il cavallo di Troia della rivoluzione proletaria".
Al processo lo stesso procuratore chiese il massimo della pena (previsto dal Co­
llier Rocco del 1930): un anno di reclusione senza lanificio della condizionale.
La Corte emise una sentenza di 41 pagine per formulare la condanna di Paso­
lini. il «piale veniva "'ritenuto colpevole del delitto ascrittogli" e condannato a
quattro mesi di carcere. Pasolini chiarisce il suo anticlericalismo, così: "Nulla
muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravvivia­
mo. Così anche ogni cultura è sempre in tessuta di sopravvivenze... Io sono an­
ticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni
«li cristianesimo; io eoi miei avi ho costruito le cinese romaniche, e poi le chie­
si* gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto
c nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me; se lasciassi ai
preti il monopolio «lei Bene".89 Le cronache scandalistiche dei giornali lo dif­
famarono a lungo... la voce autorevole «li Pietro Nonni gli venne in aiuto e il
PLl scese in campo contro la censura sulle “ opere «l'ingegno". Perfino Anto­
nello Trombai lori, focoso burocrate del partito, si mise a fianco «li Pasolini e
difese pubblicamente la libertà di pensiero. L'incarcerazione del poeta fu so­
spesa in appello e il 6 maggio 1964 la Corte d'appello «li Roma dichiarò che "il
fallo non costituisce reato" (nel 1967, la Corte «li cassazione annullerà la sen­
tenza "per essere il reato estinto dall amnistia").
Iai ricotta fu rcimmesso nella distribuzione e al film fu dato un nuovo titolo:
Lutiamoci il cervello. Pasolini dovette apportare alcune modifiche alla sua
opera (i punti incriminati furono venticinque). Ogni volta che si udivano bat­
tuta considerate “ blasfeme", la colonna sonora andava tagliata, anche lo strip-
teasi* «Iella Maddalena c l'insistita sequenza della corona di spine, protesa al
mitro <1elio schermi), che nessuno ficca in testa a Cristo... «lovevano finire nel
restino... nella versione originale Welles diceva: "Povero Stracci, crepare è sta­
lo il suo modo di fare la rivoluzione". In quella definitiva: "Povero Stracci!
txeparc, non aveva altro modo «li ricordarci «die anche lui era vivo . Invece «li
accusare Pasolini di "vilipendio della religione - scrive Moravia su L'Espresso
-sarebbe stato più giusto accusarlo di vilipendio della borghesia piccola e me­
dia; ma non vorremmo essere fraintesi. Pasolini non ha voluto vilipendere nes­
suno né la piccola, né la media, né l'alta borghesia, né il popolo: egli ha voluto
soltanto fare una certa particolare opera d'arte e secondo noi ci è riuscito in
pieno. È stata invece la media e piccola borghesia che s è sentita vilipesa nel­
l'alea clTessa si fa della religione, e clic ha voluto riconiare a Pasolini ch’ essa
si identifica con lo Stato italiano e che ogni offesa a l«*i è ìiiFolTesa allo Sta­
to".90 Il 4 settembre 1964, la giuria del Festival del cinema di Saint-Vincent,
consegna a Pasolini il Premio Grolla «Foro per la regia di La ricotta. con la se-
quelite motivazione: "La Giuria, considerato che. sotto la parvenza del grotte,
.sco. il regista ha saputo rendere sullo schermo con forza poetica iJ significato
umano del messaggio evangelico, ha deciso a maggioranza di conferire la *GroI-
la d oro per la regia alLaulore dell'episodio La ricotta dal film RoGoPag (La­
viamoci il corvello) Pier Paolo Pasolini"". La scienza delle lacrime e i trasalì-
menti del cuore della borghesia sono sempre stati al centro di ogni orgia e <|j
ogni immoralità religiosa... ecco perché nei templi tirila fede il desiderio più
frequentato è rimbecillita del peccato seguita dalla confessione e dalle pene as-
solutive. Nessun uomo nomade/precristiano è mai stato oggetto di cullo... nes­
sun uomo mai si è immolato al martirio con tanto narcisismo quanto Cristo, cin­
si è fatto inchiodare sulla croce per giungere ai posteri con un po* di conside­
razione. lina cosa però la sapeva bene: "Ogni generazione innalza monumenti
ai carnefici che Pha preceduta"* (E. M. Cioran). L'umanità ha adorato soltan­
to coloro ohe l’ hanno tradita o presa a schiaffi e fatta perire nel più stupido dei
mondi sognabili.
Lo Stracci pasoliniano è un personaggio che va oltre Accattone e Ettore. None
solo la figurazione del sottoproletariato urbano è il testimone di una el isi so­
ciale più ampia... c "l erce simbolico del Terzo Mondo** (Pier Paolo Pasolini).
Ne La ricotta le verità di Pasolini sono metafore, giochi, ritorni alla memoria
di una storia profanata nel suo profondo... Peutusiasmo di qualcosa che crol­
la (c che va aiutato a cadere) è un aspetto della tristezza di vivere nel più stu­
pido e inqualificabile dei mondi, dove nessuno pensa più in termini di Aurora.
Il cimitero quotidiano delle immagini, della parole, dei sogni mostra ovunque
che ci sono siate epoche dissolute che almeno hanno avuto il merito ili dare al­
la "'diversità"’ di Cristo quello che era di Erode: una croce di spine, dei rii iodi
piantati nelle [ialine delle inani e sui piedi e una lancia inficcata nel petto... ma
è esecrabile continuare ad adorarlo lasciando i ladroni nell’ ombra... dimenti­
cando tutti gli Spartaco impalati per la conquista della libertà. dcH’ aniore ira
gli uomini e la rifondazione di un mondo davvero nuovo.
Parlando di La ricotta, Pasolini si chiede se è più vera la realtà o il cinema?
“ Non c ’ è sintesi all’ interno di queste originarie contrapposizioni ma c ’è pur
sempre un giudizio morale: Stracci è vero perché muore e paga in prima per­
sona il peccato della sua povertà, il set è una moneta fasulla perché mistifica in
nome dell’ Arte e ammanta la sua perversione di un pericoloso splendore di car­
tapesta. L’ antico amore ripresenta le illusioni di La religione del mio tem­
po **.91 Al sangue delle rivoluzioni sacrificate. Pasolini contrappone la spiri­
tualità liberata di Paolo nella lettera ai Corinzi - "Se non ho l’ amore non sono
nulla” - . Ma più ancora è Agostino che sorge dalle metafore ilei suo fare-cine­
ma —"Ama c fa ciò clic vuoi* - . La fede è merce e solo fuori dalla mercé puoi
riconoscere l’ impostura della "fede” . Gli spiriti liberi sono coloro che hanno
strappato la casacca gialla/il "sanbenito” degli eretici condannati dallTnquisi-
zione (che raffigurava l’ eretico sul rogo, circondato da diavoli) ed hanno fatto
dell’eresia il principio di tutte lo disobbedienze. Non si tratta di porgere l’ altra

71
guancia ma ili non permettere a qualcuno di darti uno schiaffo (in nessun mo-
Jo). Da qualche parte Tommaso ha scritto che “ quando si verifica una ingiu­
stizia. può essere che la violenza sia un dovere"’ e se Isaia annuncia che wvdob-
Ijjaino trasformare la spada in aratro e le lance in falci"'... Gioele dice al popo­
lo di Israele - “ fabbricate spade con le vostre zappe e lance con le vostre falci’’
«... più semplicemente (in tempi non sospetti), padre Robert Rose affermava:
“ Coloro che prendono le armi che non siano ladroni o assassini, lo fanno per
amore verso il prossimo oppresso. Cristiani e non cristiani possono accomu­
narsi nello stesso ideale” .92 Là dove s'innalzano le forche/spet taccio dei sup­
plizi, nasce anche un teologia di liberazione che cessa ili pregare e comincia a
tirare i crocifìssi come pietre. INello sboccio delle sovversioni non sospette... la
lotta contro l’ ingiustizia si fa forte e quel tempo "del daccapo e del mai che ap­
parteneva alle tribù nomadi (senza burocrazia né gerarchia costituzionale), ap­
pare negli occhi degli utopisti della terra che lavorano clandestinamente (ma
non sempre) alla decomposizione dell’ Età dell’apparenza.
Sul set di La ricotta Pasolini conosce un ragazzo di l i anni... ha un sorriso
aperto, gli occhi furbetti e una cascata di riccioli neri... si chiama Ninetto I)a-
\oli. Quell’ aria trasognata e una naturale allegria incuriosiscono Pasolini e di­
vengono amici. Pasolini ha compiuto 40 anni a marzo. Vede Ninetto come un
messaggero d ’amore, “ con un riso di zucchero che gli sfolgora da tutto 1 esse­
re” .93 II regista s’ innamora perdutamente di Ninetto... il loro amore è tor­
mentato, fatto di slanci passionali e scenate di gelosia. Ninetto va con le ragaz­
ze v Pasolini con i suoi “ ragazzi della notte” . Quando Ninetto si sposa (1973)
Pasolini cade in una profonda depressione, perde un amante e trova un amico
che gli sarà vicino fino alla fine (come Ettore Garofolo, Franco e Sergio Cittì).
Quando Poter Bogdanovich chiede a Orson Welies se gli piaceva Pasolini, ri­
spose: “ Tremendamente intelligente e dotato. Magari un p o’ matto, un po' con­
tuso, ina di un livello superiore. Parlo del Pasolini poeta, cristiano andato a
male e ideologo marxista. Non ha niente di confuso quando è su un set cine­
matografico. Autorità vera, e grande libertà nell’ uso della tecnica” .9 4 Welies
riteneva il cinema Pasolini “ oscuro ed estetizzante” ... strano, sono proprio le
stesse accuse che la critica ha portato (sbagliando! ) a tutto il cinema magico del­
la stesso Welies. Pasolini come Welies, ha inondato lo schermo di poesia... i lo­
ro Olili riflettono per intero la loro cultura, l’ educazione e la conoscenza degli
uomini... la loro eguale capacità artistica è l’ evasione dai vincoli dell’ ordinario
mercantile. Più ogni altro autore di cinema, Pasolini come Welies, sa mettere
"la macchina da presa nel punto dove il destino in persona osserverebbe le sue
vittime” (Jean Coeteau). I loro film sono fatti per far ricordare, non per di­
menticare. Ecco perché titani del cinema come Welies sono stati costretti a fa­
re i saltimbanchi in film di infima serie, lavare i piatti in un ristorante di Holly­
wood (Blister Keaton) o vendere giocattoli in una stazione della metropolitana
a Parigi (Georges Méliès)... i più fortunati, come Pasolini, vengono uccisi nel
fango della periferia o affogati misteriosamente nella propria piscina (come Ja-
nios A liale, l ’autore di Frankenstein, 1931, L’uomo invisibile, 1933 e il camola,
voro La moglie di Frankenstein. 1933).
A ridosso delle polemiche suscitate da La ricotta, Pasolini lavora a un sogget­
to terzomondista, // padre selvaggio. Era un progetto di film che intrecciava
"Voltura e autobiografia, preistoria e storia, Europa e Africa, poesia e dotti­
meli tariamo” ( Antonio Berlini), non venne mai realizzalo. Il padre selvaggio
restò un ‘"film sulla carta’". La sceneggiatura, in forma di racconto cinemato­
grafico a mezza strada tra il saggio antropologico e la lezione pedagogica (di
una bellezza straordinaria)... è una specie d ’iniziazione alla vita di un ragazzo
nero... uscì da Einaudi nel 1975.95 Alfredo Bini, il produttore illuminato di
Accattone, Mamma Roma, La ricotta, Comizi d ’amore, II Vangelo secondo
Matteo, Uccellacci e uccellini. Edipo re. non riuscì a produrre il film non solo
aver incontrato resistenze e difficoltà burocratiche delle banche e dei canali
distributivi (a riguardo di un'opera dedicata all'emancipazione dell'Africa)...
ma soprattutto per l'intervento del Ministero della cultura c dello spettacolo
che aveva inviato a Bini una letterina con queste parole: "Il film non si può fa­
re perche gli attori sono tutti neri".9 6 Da Tokyo a New York, da Mosca a Pa­
rigi, da Londra a Roma... il razzismo colonialista sul Terzo Mondo ha modifi­
cato i suoi terrori ma non ha cessato di mortificare la dignità di interi popoli.
1 mercati della miseria (come quelli delle armi, della droga, delle merci spetta­
colarizzate) sono sempre aperti e il secondo millennio si chiuderà con piò di mi
miliardo di persone che sono tenute ai limiti della sopravvivenza. Per un certi»
modello di sviluppo, queste popolazioni sono ritenute '‘"inutili” e quindi desti­
nate '"alla discarica della storia come fastidiosi intralci” (Giovanni Fra ozoni).
Superare le frontiere <Iella civiltà dello spettacolo, vuol dire ri/considerare la
leggittimità degli spadroneggiamenti aberranti dei “"paesi sviluppati” , manife­
stare ovunque la menzogna del loro modello c passare alla seminagione della
disobbedienza civile. Cominciare a disobbedire a tutto. A dire no. A disertare.
A sabotare ogni forma di consenso. Voltare le spalle alla politica istituzionale,
agli scranni elettorali, alla gerarchia dello chiese, alla vita sindacalizzata, allu
cultura massmediatica impacchettata per il consumo di una folla tanto uguale,
quanto stupida. E il senso di morte che governa il mondo e solo la gioia perla
vita che porge a tulli l'opportunità di disfarsene, di questo mondo. La libera­
zione degli oppressi non può avvenire che per mezzo degli oppressi stessi... e
solo quando riconosceranno la loro forza di mutamento radicale della storia,
potranno incamminarsi a costruire una storia diversa, connine, della terra.
Ac cogliendo (con non poca ingenuità) la proposta del produttore Gastone Fer­
ranti. tra il gennaio e il marzo 1963, Pasolini lavora al film (di montaggio) Lo
rabbia. E un documentario sulla storia mondiale tra la fine della seconda guer­
ra e la morte (li Paimiro Togliatti. Si struttura in due parti contrapposte, uno
visione delTuinanità vista da sinistra (Pasolini) e l'altra da destra (firmata da
Giovanni Guareschi). Pasolini, insieme all'aiuto regista Carlo di Carlo, visiono
migliaia di metri di cinegiornali, rotocalchi, immagini di repertorio televisivi»

76
rtiX’UKientarireperiti negli archivi dell'Unione Sovietica. Il medioinetraggio pa-
>(,|iniano doveva essere un documento contro la guerra e invece ne esce fuori
un pamphlet libertario contrapposto a una specie di cinegiornale nazi-faseista
(«niello di Guareschi) fuori luogo e fuori tempo. Il lavoro di Pasolini è qualco­
sa <!i diverso da un semplice documentario pacifista. Contiene una notevole in­
dolenza poetica e coraggio politico non comune (né ieri né oggi). La ribellione
terzomondista in atto viene intrecciata alle cadute del comuniSmo al potere e la
rivoluzione planetaria che auspica, diviene opera di uomini e popoli sganciali
datili apparati di partito come dai supermercati della merce ideologizzata (da-
<ili Stati Uniti) come “ benessere” e “ progresso’’ dell*umanità.
Nel commento Pasolini invita a rovesciare ogni forma del prestabilito, radere
a! Mudo tutto ciò che opprime la felicità dell'uomo e incendiare tutto quanto im­
pedisce all'uomo di ritrovare la sua dignità e forza del passato. Né comuniSmo
di Slato né democrazia alla MacDonald. I figli di Marx e della Coca-Cola gli
fanno paura. Sono già parte di quella civiltà dello spettacolo che nella ri/pro-
duzione mercantile del conformismo troveranno le risposte (e le nevrosi) alle
loro richieste di garantismo, protezione e controllo sociale. Il commento di Pa­
solini è profetico: “ Quando il mondo classico sarà esaurito, quando saranno
morii lutti i contadini e tutti gli artigiani, quando l'industria avrà reso inarre­
stabile il cielo della produzione e del consumo, allora la nostra storia sarà fini-
la*. Qualcuno lo definì apocalittico, altri nichilista, altri ancora superficiale e
moralistico. Pasolini era semplicemente venti anni avanti rispetto alla storia
(anche del cinema).
La rabbia si apre con delle esplosioni nucleari. I contadini sovietici ripresi nel
lavoro quotidiano sono contrapposti agli insorti d ’Ungheria del "56 e qui frana
per sempre il mito comunista della “ dittatura del proletariato” . A Parigi si fan­
no le "grandi manovre” : la sede del Partito Comunista Francese viene data al­
le fiamme. “ Scoppia un nuovo problema nel mondo: si chiama colore” (Pier
Paolo Pasolini). L'assassinio di Lumumba si accosta alla liberazione ilei fan­
faluca e il commento dice: “ un’ altra nazione dell'Africa è indipendente” . La
guerra ili Israele contro l’ Egitto annuncia giorni funesti e dall’ altra parte ilei-
la terra. Cuba vince la sua piccola rivoluzione. Il jazz travalica ogni frontiera
i*barriera razziale, come i quadri di Ben Shahn e Georg Grosz. La bellezza so­
lare di Ava Gardner che giunge a Roma illumina i sogni degli adolescenti e nel
contrappunto visivo, alla diva italiana Sophia Loren, non resta che giocare con
le anguille del Polesine. Qui Pasolini è sottilmente malizioso, quasi cattivo. 1
bambini martoriati dalla guerra nel Terzo Mondo sono alternati al consumismo
omologante, colonia Lista, guerrafondaio degli Stati Uniti e vede nelle lolle di li­
berazione di Algeria, Cuba, Congo i germi della rivoluzione della miseria (che
esploderà ovunque in molli modi sul finire degli anni '60, per non fermarsi mai
più). C’è nel commento di Pasolini (Giorgio Bassani è la voce in poesia. Rena­
to Cult uso è la voce in prosa) un sarcasmo profondo verso il neocapitalismo.
Sottolinea con efficacia, il “ bisogno di fede” e di "speranza” dellTiomo nei si­

77
mulacri, nei riti, nelle icone pubbliche dove le imbalsamazioni dell’ immagine
rio sono deposte sul sagrato della cronaca come del supplizio. L'in coronazione
di Elisabetta li a regina d Inghilterra non ha niente di fiabesco, semmai divo),
gare. Come sono volgari le corone che ogni re si inette in testa per eredità o pa­
tirà nnia (elle è la stessa rosa). Dietro ogni corona c'è sempre un popolo che sof­
fre o una ciurma di ribelli scorticati vivi e mandati al rogo. Anche le elezioni
presidenziali CSA non sono poi così diverse da un'incoronazione. È la stessa
evocazione dei semidei che prenderanno nelle loro mani le sorti del mondo
Muore Pio XII. Un bagno di folla segue il suo funerale. Ua storia a venire rive­
drà molto l'atteggiamento della Chiesa e di Pio XII. riguardo allo sterminio de­
gli ebrei. Il Papa contadino, Giovanni XXII sale sul trono di Roma eoi suo
“ sorriso di tartaruga” (Pier Paolo Pasolini). Sulla faccia lugubre di Lenin si di­
ce: "Solo la rivoluzione salva il passato'’ . Kruseev ("vecchio leone puzzolente
di vodka") fa il babbo di tutti i comunisti c inaugura la cultura dipendente del
"realismo socialista". L'Algeria in fiamme e un comizio nero a Orano conseguii
una parte di Africa alla storia. Il volo nello spazio di Jurij Gagarin è visto più
come una violazione dell'immaginario hidico/poetico che un passo verso un fu­
turo migliore per l’ umanità ("dall’ alto dello spazio tutti mi erano fratelli” ). Il
frammento su Marilyn Monroc è una specie di ritratto fraterno, qualcosa che
richiama più al sacrificio, alla disperazione del mito moderno (che muore e di­
viene così sacro) che a un lutto prolungato. 1 funerali di Palmiro Togliatli a Ro­
ma (1964), sono seguiti da più due milioni di comunisti. Le immagini di reper­
torio scelte da Pasolini mostrano una folla di orfani, piangente, ammutolita. Su
quelle facce proletarie e piccolo-borghesi e in quei pugni chiusi più per lo spet­
tacolo che per il dolore... è già evidente che il comuniSmo non abita più lì (e for­
se non c'è mai dimorato), ma sulle vie insanguinate delle lotte d ’indipendenza
del Terzo Mondo. Il fungo surreale della bomba atomica ingoia tutto lo splen­
dore del falso, tutto quello che non impedirà alla modernità (ai Paesi ricchi) ili
farla esplodere ancora sul mondo a perdere dell'innocenza tradita. La "nuova
preistoria” nasce dunque dalle lotte di liberazione dei "dannati della terra*’, ai
quali non basta più uè pregare nè sperare, ma "'agire in legittima difesa porgli
indifesi” (Cantilo Torres).
La rabbia è un poemetto politico, un "punto di vista documentato", dove Pa­
solini cerca di far perdere aUTionio la paura dell'uomo. Il suo commento si so­
vrappone alle immagini che ha scelto (con Carlo Di Carlo) e montato (con Mino
Baragli), ironizza, apologizza, annuncia vessazioni e cambiamenti... quello che
più conta, riesce ad utilizzare le mitologie del potere (come la violenza per «li-
fendere 1 ordine stabilito) contro loro stesse, mostrando che una storiti dell'u­
manità priva di amore e di dignità non ha nessun merito di esistere, che non
sia quello di sparire in un immondezzaio. Non si può realizzare nessuna rivo­
luzione se non facciamo prima una rivoluzione del pensiero e del cuore. Così
annota sul suo diario l’ aiuto regista di Pasolini, Carlo Di Carlo: "La ricotta era
stato un testo di poesia per immagini, con la rabbia in corpo. La rabbia di IV

78
gitili. La sua rabbia. Contro il mondo borghese, contro la barbarie, contro
I*intnlloranza, contro i pregiudizi, la banalità, il perbenismo. Contro il Potere
soprattutto allora inveiva contro <b lui (che non era ancora il Pasolini di
p(>ì| in modo persecutorio... La rabbia è stato proprio un film-contro, e per
molli versi anticipatore’"97 dei sogni di cambiamento sociale clic agitavano i
tarpi delle giovani generazioni. La parte di Guaresclii ha dell’ incredibile. Non
,.<ce dalla più sozza propaganda razzista e guerrafondaia. L’oratoria fascista è
altisonante e il padre di Don Camillo mostra qui un concentrato di stupidità
tnilturale/storica) che nemmeno nei cinegiornali Luce o nell'apologie risibili
,irl cinema fascista98 ci era stato possibile udire e vedere. Quando Pasolini vi­
sionò il materiale voleva ritirare la firma. Non fu possibile per contratto. 11
pubblico disertò le sale e la critica massacrò l'intera operazione.
l,a rabbia rappresentò un fallimento economico c dopo due giorni di program­
mazione a Milano, due a Roma e una a Firenze, fu ritirato dalla circolazione
tdal Li Warner Bros) e finì nei magazzini della Cineteca Nazionale per sempre.
l.a rabbia è un film poco amato. Alberto Moravia non trova di meglio che scri­
vere: “ Pier Paolo Pasolini ha fatto una scelta di immagini molto bene intonate
iil suo gusto ora austero e cristiano e ora barocco e decadente” .99 I na scine-
( hezza interpretativa su un film e su un autore clic aveva già fatto i conti (cioè
si era chiamato fuori dalle gerarchie ecclesiali e da ogni forma di decadenza in
quanto assumeva su di sé Pinnocenza storica di lina memoria precristiana e
prerulturalc...). Eppure Moravia tutto questo lo doveva sapere, e bene, in
quanto era uno degli amici più vicini a Pasolini. Il fatto è clic la poesia senza
guinzagli esercita sempre una forma di terrore, quello di non comprenderla. Le
àlee volano insieme alle parole... E questo l'errore più stupido che ha com­
messo la santa Inquisizione... hanno soltanto bruciato uomini e donne, non i
loro sogni di amore c di libertà dispersi ai quattro angoli della terra... guar­
diamoci attorno, dappertutto nascono i ribelli cleU intelligeìiza e mostrano che
la dove è nata una rosa, l‘ ha seminata un poeta.
A proposito di La rabbia, Adelio Ferrerò non vi vede che “ uno squilibralo ex­
cursus in cui una delle componenti più flebili e monotone della personalità
umana pasolitiiana, l'inclinazione al lamento, altrove trattenuta e contrastata
con energia polemica, appare scoperta e incontrollata” . 100 La lingua di un
predicatore contiene sia la saliva dell’ erica che la saliva «lei mirto. Lina ha il sa­
pore di un cadav ere, Paltra il profumo di un amore. Qualcuno, come Luigi Far­
cini. è più attento e coglie qui il “ poeta politico. Punico che l’ Italia moderna ab-
l’ia. in cui possa riconoscere la propria crisi, costretto a soffrire il rimpianto
d una rivoluzione mai avvenuta” . 101 Dove trabocca la vita ogni idolo non tro-
ya altari né predicatoli del suo incenso... violare la vita significa involarsi nel-
1 L'Iopia, non per incantare gli occhi di Dio e degli Angeli (Ignazio di Loyola),
aia pur discendere nell’ anima bella dove il respiro della felicità è superiore e il
percorso delle nostre tentazioni fa del sublime e del mirabile il ritorno all’ Età
d oro «Iella gioia.

79
Pino B ertelli

Pasolini si chiede che cos'è successo nel inondo, '"dopo la guerra e il dopog^
ra? La normalità.
Già la normalità. Nello staio di normalità non ci si guarda intorno: tutto, j
Ui.
torno, si presenta coinè 'normale*. pri\o dell'eccitazione e dell emozione ih..,
sii
anni di emergenza. L'uomo tende ad addormentarsi nella propria normalità
‘i
dimentica di riflettersi, perde Labitudine di giudicarsi, non sa più chieder.si,.e
li
è.
V

R allora che va creato, artificialmente, lo stato di emergenza: a crearlo ei rM >lJ


sano i poeti. 1 poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia int,.|
lettuale, della furia filosofica.
Ci sono stati degli avvenimenti che hanno segnato la fine del dopoguerra: rnci.
damo, per L'Italia, la morte di De C asperi.
La rabbia comincia li, con quei grossi grigi funerali.
Lo statista antifascista e ricostruttore è ‘ scomparso’ : l'Italia si adegua al Iuk.
della scomparsa, e si prepara, appunto, a ritrovare la normalità dei tempi ili
pace, di vera, immemore pace.
Qualcuno, il poeta, invece, si rifiuta a questo adattamento.
Rgli osserva con distacco —distacco dello scontento, della rabbia - gli estremi
atti del dopoguerra: il ritorno degli ultimi prigionieri, ricordate, in squallidi
treni, il ritorno delle ceneri di morti... E...
...il ministro Polla che, tronfiamente, suggella la volontà dell’ Italia a partii
pare all*Europa Unita.
E così che ricomincia, nella pace, il meccanismo dei rapporti internazionali. I
gabinetti si susseguono ai gabinetti, gli aereoporti sono un continuo anelane
venire <li ministri, di ambasciatori, di plenipotenziari, che scendono dalla sca­
letta dell'aereo, dicono parole vuote, stupide, vane, bugiarde...
Cos e che rende scontento il poeta?
Un'infinità di problemi che esistono e nessuno è capace di risolvere: e senza h
cui risoluzione la pace, la pare vera, la pace del poeta, è irrealizzabile.
Per esempio: il colonialismo. Questa anacronistica violenza di ima nazione hi
un'altra nazione, col suo strascico di martiri e di morti.
O: la fame, per milioni e milioni di sottoproletari.
0 : il razzismo. Il razzismo come cancro morale dell'uomo moderno, e che. ap­
punto come cancro, ha infinite forme. E l'odio che nasce dal conformismo.
culto della istituzione, della prepotenza della maggioranza. E l'odio per tutte
ciò che è diverso, per lutto ciò che non rientra nella norma, e che quindi turi»*1
Lordine borghese. Guai a ehi è diverso! rpiesto il grido, la formula, lo slegai5
del mondo moderno. Quindi odio contro i negri, i gialli, gli uomini di eol(»ir;
odio contro gli ebrei, odio contro i figli ribelli, odio contro i poeti... fin quu,l“
do Pii omo sfrutterà l'uomo, fin che l’ umanità sarà divisa in padroni e in sr»*'1*
non ei sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro ten»!1"
è qu i...
Vedete questi? Uomini severi, in doppiopetto, eleganti, che salgono e seemU,,l<
Pier Paolo Pasolini/ll cinema in co rp o

Il aeroplani, che corrono in potenti automobili, che siedono a scrivanie


j,,,liose come troni, che si riuniscono in emicicli solenni, in sedi splendide e
* vrV; questi uomini dai volti di cani o di santi, di iene o di aquile, questi so-

- vt>dète questi? Uomini umili, vestiti di stracci o di abiti fatti in serie, miseri,
I,,. vanno e vengono per strade rigurgitanti e squallide, che passano ore e ore
,n lavoro senza speranza, che si riuniscono umilmente in stadi o osterie, in
,%npale miserabili o in tragici grattacieli: questi uomini dai volti uguali a cjuel-
morti, senza connotati e senza luce se non quella della vita, questi sono i
wt.,.vi*\l02 Le osservazioni pasoliniane sui servi & padroni sono di una scon­
cante illuminazione. La rabbia di Pasolini è forte ed emerge da quel senso
,j’iui|iotenza intellettuale ohe fa gridare il poeta oltre gli steccati del prestabili-
Il suo documentario contiene il fallimento della politica e il terrorismo «lel-
IVroiiomia trausnazionaii... il disvelamento radicale di una felicità a eredito
MS||a «piale poggia il consenso di una società disumana.
f (, rabbia è un saggio polemico e ideologico sugli avvenimenti e sulle restaura­
rmi che i “ nuovi padroni” orchestrano sull* in ter# umanità negli anni '50/’ 60.
|documenti sono presi da materiali di varia natura e sono montati in modo da
svitilire una linea irriverente il cui significato *vè un atto di indignazione contro
l'irrealtà del mondo borghese e la sua conscguente irresponsabilità storica. Per
(ItM'Uinentare la presenza di un mondo che, al contrario del inondo borghese,
possiede profondamente la realtà, ossia un vero amore per la tradizione che so­
lo la rivoluzione può dare” (Pier Paolo Pasolini). La storia universale dell’in­
famia è fatta di trasformismi e banalità spettacolarizzate dal cappio delle for­
che... è nel sangue «Ielle genti che il nuovo conformismo ha celebrato il proprio
«ucccsso massmediatico. La favola degli dei è stata sostituita con la favola dei
padroni e l’ ignoranza e Pineullura sono il pane quotidiano dell*erudizione
giornalistica che garantisce il culo e la poltrona ai propri datori di lavoro. Le
fabbriche sono orinai dei lazzaretti e le scuole si occupano d ’inebetire i bambi­
ni «li sapienza virtuale. Il mercato mondiale dell’ edonismo ha imballato tutti
uri linguaggio sapienziale della pubblicità, dove la vanità del razzismo si com­
promette con la perspicacia poliziesca che governa il mondo.
I.ii rabbia è un film poetico e disperato. Non piacque né ai comunisti, né ai fa­
rcisti né a nessun’ altro... gli studenti lo fischiarono. A vedere a fondo «li quel­
la immagini sconsacrate, délournate con grande abilità immaginale, si capisce
iim he perché. E ima visone distaccata dalle cose che tratta, gli eventi storici o
timdistiei sono aggirati, ricomposti, rifluiti su altri versanti del rimili agiti ario
popolare e perdono così la loro ‘aura mitica, divengono tracce obsolete della
storia e rivelano insospettate violenze o inqualificabili ingiustizie. A una lettu­
ra non viziata dai soliti opportunismi di cordata, il documentario pasoliniano
lascia emergere anche altri filamenti interpretativi e attraverso la circolarità
poetica rovesciata (delle immagini/parole) che insorge sullo schermo, rim etti­
la pasoliniana contro rannientainento dell'identità personale si contrappone
alTanomia spettacolare «Ielle masse... guarda le tracce della tradizione e con­
tro il "comuniSmo conformista’ ' invoca “ 1*incendio dei musei... una nazione
che ricomincia la sua storia, ridà, prima di tutto, agli uomini, l'umiltà di asso-
migliare con innocenza ai loro padri*’ (Pier Paolo Pasolini). E un richiamo ab
PUtopia. Una visione libertaria del Mondo Nuovo (Africa. America Latina.
Medio Oriente...) che contiene e annuncia le contraddizioni e le esplosioni del­
la società occidentale. Non è con la lotta di classe che si supera il concetto clas­
sista della storia e Pasolini chiude il film con queste parole: "la Rivoluzione
vuole una sola guerra ./quella dentro gli spiriti/ehe abbandonano al passato/le
vecchie, sanguinanti strade della terra *. La rabbia segue il cammino opposto
«Iella ragione. Una evoca liquidazioni antiche d ’ insopportabili ingiustizie. Fel­
tra è un lutto intollerabile della putrefazione del libero pensiero. La libertà non
contempla nessun principio che si richiami a un re, un capo di Stato o una de­
mocrazia. La libertà è un principio etico che nega ogni valore, ogni forma, ogni
regola che impedisca alTuomo/donna di mortificare la propria dignità.
Dopo Pinsuccesso plateale di La rabbia, tra Pagosto e settembre 1963. Pasoli­
ni gira un film-inchiesta. Comizi d'amore (1964). Lo stile è mutuato «lai "cine­
ma-ve ri té” e dal reportage televisivo. Spurio da ogni finzione cinematografica
e da ogni interlocuzione poetica. Il commento è «li Pasolini. La voce di Lello
Bersani. Intervengono: Pasolini, Alberto Moravia e Cesare Musatti. Tra gli in­
tervistati: Giuseppe Ungaretti, Adele Camhria, Camilla .Cedertia, Oriana Fal­
laci, Graziella Granata, Antonella Lualdi, Ignazio Buttitta (Eugenio Montale.
Susanna Pasolini, Giuseppe Ravegnani sono soppressi in fase di montaggio) e
giovani incontrati per le strade d ’ Italia. Interpreti: Graziella Ghiarcossi (la
sposa) e Vincenzo Cerami (Io sposo). E un’ inchiesta sull’ amore e sul sesso nel-
ritalia dei primi anni Sessanta. Pasolini veste i panni dell'intervistatore e ri­
volge le sue domande (delicatamente impertinenti) a persone di diversa età. ses­
so, condizione sociale... sia al nord fortemente industrializzato, che nel sud
profondo, calato in una realtà arcaica, contadina. Il film si compone «li un pro­
logo, tre parti chiamate '“ricerche’* e un epilogo. Tra una ricerca e l’ altra Pa­
solini commenta le interviste che ha raccolto con Alberto Moravia Cesare Mu­
satti. Pasolini assume il ruolo del giornalista. Con il microfono in mano e cor­
tesi sorrisi si ritrova faccia a faccia con gli italiani. Per le domande sui modi
d amare, si appoggia a Freud e non dimentica le parole immortali sull"amore
eli Stendhal e sulla morte «li Dostoevskij. Pasolini non è mai entrante. Di trop­
po nell inquadratura. Si lascia in disparte quanto basta. Sovente le sue do­
mande sono raddoppiate, caparbie, insistite... l’ amore e il sesso non erano più
tabù o roba da confessionale. Parlare allora di divorzio, di sesso o di omoses­
sualità non era agevole né tantomeno In tono coi tempi. Le classi povere risul­
tano più spontanee, schiette, anche vergognose «Iella propria intimità... i ceti
sociali medio-alti evidenziano più apparenze, superficialità e intolleranze.
Il documentario dura 98 minuti e in un primo tempo doveva chiamarsi Cento
paia di buoi. Si apre su Palermo. Pasolini chiede a dei ragazzi: “ Come sei na­

8 2
to? r Le risposte sono gradevoli... '“ Sotto i cavoli’* o “ Dalla cicogna che va da
Orsù, prende un bambino e poi lo porta qui a Palermo” . La cinecamera si spo-
„lii a Firenze. In una bottega artigiana, una donna spera (sofferente) che suo
lidio non divenga omosessuale, in uno stabilimento balneare, Pasolini intervi­
sta una ragazza su come e quando mettere al mondo dei bambini. Un uomo (un
no* ridicolo) dice che fare figli è una cosa naturale e chiunque si oppone a que­
sto è una persona senza valori. Le domande aperte di Pasolini, rivelano la po­
chezza culturale generale e la ristrettezza mentale degli intervistati... il poe­
ta/{doma lista comunque non entra mai in merito delle affermazioni, spesso ba­
nali. anche stupide. Nella campagna emiliana i contadini sembrano più fre­
sili!... una “ massaia” parla della figlia e dice che delle cose del cuore di sua fi­
glia è lei la responsabile... è contenta anche che la figlia possa avere più possi­
bilità d'amare di quante ne ha avute lei. Quando Pasolini chiede a un calciato­
re del Bologna (piuttosto virile) alcune cose sulFamore, emerge forte Fimba-
razzo del giovane e la benevolenza dell'intervistatore. A un tavolo, Alberto Mo­
ravia e Cesare Musatti espongono le loro idee sui tabù sessuali. La semplicità
della loro conversazione è affascinante. Entrambi vedono una sessualità libe­
rala. Musatti però avverte anche altre possibili cadute. Sulla spiaggia del Lido
<li Venezia, Oriana Fallaci e Camilla Cederna dicono (die il ruolo della donna
muta a secondo della classe e della religione. La Fallaci vede certi operai mila­
nesi proiettati su un altro pianeta. Si scorge anche Antonella Lualdi, attrice ab­
bastanza nota all'epoca, ma Finterà sequenza sembra ammorbata da un vago
senso di inutile mondanità, quanto di una certa volgare necessità di apparire.
Il pezzo successivo è ripreso in Sicilia. Tre ragazze parlano del rispetto della
verginità, del corteggiamento e dei rituali ancora legati al loro passato... il ma­
trimonio è solitamente combinato e il tradimento può essere riparato con l’ o­
micidio. Una ragazzina dice che bisogna scappare di casa per liberarsi dagli ob­
blighi della comunità. Pasolini chiede a operai del Nord e gente di Napoli cosa
pensano della “ Legge Merlin” (approvata dal Parlamento il 20 settembre 1958)
che chiudeva le “ Case di tolleranza” , poi, di nuovo sulla spiaggia del Lido, la
giornalista Adele Cambria tuona contro la borghesia siciliana, che considera
infida e ipocrita. Giuseppe Ungaretti, sprofondato su una sedia a sdraio, si
pronuncia sull'omosessualità in modo indiretto e afferma che “ la civiltà è un
fatto contro natura” , quindi negli uomini c'è “ qualcosa di innaturale” . Tu una
balera milanese alcune ragazze dicono di non conoscere parole come “ maso­
chismo” , “ sadismo” o “ devianza sessuale” . Pasolini insiste. Una ragazza affer­
ma che non vorrebbe mai cadere in una “ disgrazia” come Fomosessualità e spe­
ra che suo figlio non nasca in “ quel m odo". Un'altra risponde che lei avesse un
figlio omosessuale, cercherebbe di aiutarlo perche è stato “ mandato da Dio'’ . A
Catanzaro alcuni ragazzi dicono che F“ omosessualità è sempre “ schifosa” . Un
ferroviere e alcuni uomini d affari sono concordi sulla conoscenza della “ de­
vianza sessuale” ma la considerano con indignazione o superbia. Moravia in­
vece afferma che “ essere scandalizzati” è un segnale (l'insicurezza... l'oggetto

83
P in o Bertelli

dolio scandalo riproduce sempre la mancanza d ’ identità, di personalità, ciò


ohe più scandalizza è la stupidità. Pasolini torna sulla spiaggia. Uno nonio si
trincea sotto il “‘pilastro" della famiglia, una donna sottolinea che “ le donni*
non dovrebbero avere la stessa libertà degli uomini” . Infine una ragazza ri­
sponde con estrema franchezza a tutto ciò che le viene chiesto. Pasolini inter­
viene: “ Solo le ragazze hanno le idee chiare” .
TI documentario si chiude con un matrimonio recitato dalla cugina del poeta.
Graziella Chiarcossi e Vincenzo Cerami, ex-studente di Pasolini e qui aiuto re­
gista. Una comune cerimonia. La preparazione degli sposi, delle famiglie, dedi
amici compongono una specie di florilegio visivo che in un montaggio sapiente,
alternato, rifluisce nel rito finale. Pasolini sembra dire che l’ innocenza dcll‘a-
more vince su tutti bigottismi e i conformismi che ha incontrato nel suo viaggio
cinematografico. Sulle immagini scende la voce amicale di Pasolini: “ l n ragaz­
zo e una ragazza italiani si sposano... Ogni diritto è crudele, ed essi esercitan­
do il loro diritto ad essere ciò c he furono i loro padri e le loro madri, nmi fan­
no altro che confermare, cari come sono alla vita, la lietezza e rinnoecnza del­
la vita. Cosi la conoscenza del male e del bene e la storia, che non è né lieta né
innocente, si trova sempre di fronte a questa spietata smemoratezza di chi vi­
ve, alla sua sovrana umiltà... Paugnrio sia che al vostro amore si aggiunga la
coscienza del vostro amore” . Pasolini “ non ridicolizza F obbedienza della cop­
pia alle convenzioni sociali, né si fa beffe della loro volontà a ripetere il ehiché
della cerimonia. Senza malizie e senza moralizzamenti, produce la scena ilei
matrimonio come una sfrontata coda alle sequenze che l’hanno preceduta, co­
sì piene di malintesi, c ecità e cattiverie. Il matrimonio è sacro, pare clic dica,
non grazie alla religione ina in quanto segno della comunanza umana: come
mangiare assieme <> ballare, due momenti ricorrenti nei suoi film. E religioso
poiché la sola umanità è divina, senza bisogno di chiese o di Dio” . 1 Od E il fuo­
co delle idee che resuscita quello che divora. Le "‘belle carogne disseminate lun-
gc> i millenni” (E. M. Cioran) riposano in cimiteri consacrati dalla stupidità.
Sul tramonto degb oracoli non c ’ è bisogno di credere a una verità per soste­
nerla. né di avere un ideale* per giustificarlo, dato che in ogni principio insur­
rezionale è dimostrabile l’ accezione o l’ epifania della rivolta o dell’l topia.
TI fiim/documento di Pasolini serve anche da appunti preparatori (le facce, i
luoghi, gli sfondi) per il film su “ Vangelo” che avrebbe dovuto fare ranno do­
po con il produttore Alfredo Bini. La fotografia (Mario Bernardo, Tonino Ud­
ii Colli) è “ diretta” , zeppa di neri e di chiari, «piasi a sottolineare Limportanza
dei contenuti e del diario di bordo (agevolato dall’ uso alternato di macchine da
presa 16 e 35mm. caricate con pellicola Fcrrania P. 30 e Kodak plus x). 11 mon­
taggio (Nino Baragli) è tipicamente televisivo, come le inquadrature sporche,
disturbale dalla gente (Vittorio Bernini, Franco Delli Colli, Cesare Fontana)
volute da Pasolini. La voce narrante di Lello Bersani dà quel che di “ seriosità
ufficiale” all’ insieme, belli, semplici e sovente amareggiati gli interventi di Pa­
solini, Moravia e Musatti. La colonna sonora mescola con disinvolta ironia, le
Fior P aolo Pasolini/!! cinema in co rp o

canzonette —/ Wa lussi. La partita di pallone. Son finite le vacanze, Se mi p er­


denti. Stessa spiaggia stesso mare —... alla musica ili Giuseppe Verdi, I vespri
siciliani. 11 film uscì con il div ieto ai minori di 18 anni.
Comizi d'amore venne presentato al Festival del cinema di Locam o (1964) e
I*accoglienza della critica fu diversificala, come quella del pubblico. Sandro
l\*traglia non vi trova “ nulla «li interessante... Documento, certo, ma anch’ es­
co ambiguo, notevole nella strumentazione materica del dato ma incapace di
sintesi e di reale oggettivazione sociologica, che non siano quelle un po' manie­
rate del cinema stesso nella sua componente immediatamente
inagnetofonica” . 104 Vero il contrario. Il lavoro di Pasolini è proprio un film
<li sintesi, un documento antropologico, un'atlante umano di un'Italia gonfiata
tiri boom economico e corsa da premonizioni politiche autoritarie. Ed è tutto
ipicslo che coglie Maurizio Ponzi, quando scrive che il volto dell Italia che
emerge dal film “ è sconcertante: per viltà, filisteismo, arretratezza. E commo­
vente: per serenità, chiarezza di qualcuno. E comunque poeticamente autenti­
co” . 105 Infatti, Comizi d'amore non è soltanto un '"diario di bordo” sulla li­
bertà sessuale degli italiani particolarmente importante, è anche un ■"eccezio­
nale risultato cinematografico nel campo del film-inchiesta. Davanti alla quali­
tà espressiva di questi visi e gesti, si rimpiange che vi sia stata così scarsa at­
tenzione in Italia per il "cinema diretto’ che avrebbe trovato in questo popolo
espansivo degli attori nati . 106 La filosofia illuminista pasoliniana travalica
•pii (a devalorizzazionc del sacro in favore della lotta contro l'ignoranza. Ri­
cordandoci Voltaire: '"Non condivido le tue idee ma sono pronto a morire per
farle rispettare” .
Comizi (rumore va oltre il documentario sociologico... è qualcosa che si pone
tra il "film-inchiesta” e il “ cinema-diretto''. La “ verità” cercata da Pasolini è
sincera, senza compromessi. Così coinvolte, le persone che sfilano sullo scher­
mii *liVengono messaggi, urla, lacrime di un'Italia nascosta, anche impaurita o
barbara che basa la sua morale sociale nella repressione e nel puritanesimo. E
non solo nel campo della sessualità privata ma anche in quello della libertà ses­
suale più dichiarata. Il dato più allarmante che ne viene fuori è che l’ ordina-
mento sociale dominante, spingerà sempre più a fare Pamore secondo le rego­
le ili produzioue/ri-produzione deH eeonomia e ri-distribuirà la produzione
dell amore secondo i canali massmediatici dello spettacolare integrato. Nelle
immagini (come nel testo) Pasolini è anche provocatorio. Mai irascibile. Quan­
do chiede della crisi della coppia, della morale patriarcale o dell’ omosessuali­
tà... gli intervistali rispondono con arroganza, imbecillità o stupida impuden-
za. E il trionfo del luogo comune, del pregiudizio razziale o della marchetta im­
morale. Libertà di cambiare significa parlare, comunicare, crescere. La storia
deILil omo non è altro che un’ ammasso di menzogne sulle quali le morali, le dot­
trine e le ideologie hanno cretto le loro fortune. Il destino di tutti è sovente nel­
la genuflessione di ciascuno. E non c ’ è libertà nè amore senza avventura nè pe­
ricolo. “ Ogni società è repressiva nel campo della sessualità. Il principio razio-
P ino B orielli

naie su cui fonda questa repressione è elementare: I energia spesa da un ciovjj.


ne per fare l'amore è perduta per la società... Ciò che fonda tutte le morali so.
eiali è il puritanesimo... dal momento in cui rumanità avrà realizzato l'indù*
strializzazione totale del pianeta, molto probabilmente assisteremo al ritorno
di un moralismo estremamente rigido, iper-razionale, che avrà non minore ef­
ficacia repressiva che nelle civiltà contadine più arretrate... Ciò non toglie che
è vietato a ciascuno di noi sia di conoscere le forme dell'amore che gli si addi­
cono, sia di praticarle'' (Pier Paolo Pasolini) fuori dalle clandestinità permes­
se e prodotte dal potere vigente.
Negli anni “60 gli schermi del mondo sono percorsi da turbolenze e insti rrezio-
ni/scollamenti dell’ intelligenza. Il cinema anticipa i debutti della storia comin­
ciando dalla fine... in quegli anni - davvero formidabili - l ’insofferenza. Tir-
regolarità, la provocazione per “ un diversamente autentico <> delizioso gusto
dciranarchia” (Pier Paolo Pasolini) era diffuso ovunque. la koiné ilei "nuovo
cinema” o del “ cinema d ’ autore” scardinava ormai i codici tecnici e connotati­
vi della maccbina/ciiiema.107 Se Godard, con la sua tecnica “ stravolta", vio­
lenta e dissacratoria rovescia i cordoni ombelicali del convenzionale (dentro e
luori dello schermo), Pasolini fonde un linguaggio cinematografico <li poesia
con una certa sfigurazione del sacro, fa di ogni diversità un mondo ““margina­
le’' sconosciuto e nel contempo che scopre il passato, lo brucia nel mito. In que­
sti tempi segnati dalla speranza di una vita migliore... il Tribunale Russell,
Herbert Marcuse, Malcolm X. ““Che” Guevara... divennero riferimenti «li libe­
razione... percorsi culturali/politici che riunivano le persone nelle strade del
mondo e rovesciavano i postulati della civiltà tecnologica. I “ ragazzi con li* ma­
gliette a strisce* che nel *60, a Genova (poi nell'Italia tutta), scesero in piazza
a combattere contro il fascismo e i manganelli dell’ ordine, accesero nel Paese
un fuoco comunardo che era già nelParia... avevano capito che Kruscev. Ken­
nedy, Togliatti, Giovanni X X III... stavano preparando la società deU’ obbe-
dienza. del garantismo, «Iella serialità... che negli anni "80 seppellirà i morti «li
ogni rivoluzione in cambio di un’ altare in Parlamento e di un fucile «la vende­
re ai popoli extra-comunitari (sempre in nome di Dio. del Popolo e della De­
mocrazia). Ancora ima volta, il potere regna ma non governa.
La rivolta generazionale degli anni '60 usciva dal bisogno di riferimenti cultu­
rali che andavano oltre i sacramenti dei partiti, l acquasantiere «Iella chiesa e
1 aspersorio dell industria culturale... l’ area «Iella controculura americana (a
partire da bit man, Miller, Burroughs, Ferlinghetti, Corso, Me Giure. Mon­
tana, Dylan, Smith, Cassady, Haselwood, Ginsberg. Kerouac...) si mescolava
ai fucili ancora caldi della Resistenza europea e la rabbia di nuovi soggetti so­
ciali usciva dai ghetti delle metropoli e si faceva coro. Marx, Gramsci. Marcu­
se, “ Che Guevara, Rakunin, Nietzsche... divenivano letture e riflessioni per
aprire un’ epoca nuova o diversa, comunque strumenti di opposizione alla vio­
lenza cattedratica del potere. All’ organizzazione visibile deJPOrdine si con­
trapponeva l’ organizzazione invisibile della Passione e la crisi dell’ ortodossia
P ier P a o lo Pa.«oliui/Il cinem a in c o r p o

colmimela era consacrata quanto la crisi della soggezione capitalista, fi prose­


guimento della politica con altre armi intendeva rompere i legami con tutti gli
imperialismi, non si trattava di fare la rivoluzione della classe operaia né di ele­
vate il proletariato aLla posizione di classe dominante (secondo le preghiere di
Marx e Engels) c nemmeno di far sbocciare i fiori del comuniSmo di Mao Tse-
tung sulla grande muraglia dello sviluppo economico... le generazioni in rivol­
ta degli anni 460 volevano combattere le ingiustizie sociali di sempre, liberare i
popoli dai loro aguzzini, fare della gioia (come dicevano i situazionisti - Guy
Debord, Raoul Vaneigem, Gianfranco Sanguinetti, /Ysger .Ioni - . . . ) il principio
di tutte le realtà e la fine di tutte le derive. Il "Che’ ' viveva nei sogni di tutti
«pu lii che volevano rovesciare il mondo e le sue parole li accompagnavano nel­
le battaglie quotidiane: "Duri come l’ acciaio* teneri come le violette, generosi
nune il grano maturo” . Le scintille erano tante, i fuochi anche. Sartre, Gide,
Camus. Lukàcs, Horkheimer, Adorno, Benjamin, Lenin, Trotsky... venivano
rivisitati su versanti più ereticali e mano a mano che cresceva la protesta so­
ciale. l’ immaginario comunitario diveniva planetario.
In Italia, Panzieri, Della Mea, Gazzaniga, Sofri, Capanna, Viale, Bobbio, Ro-
stagno, C urdo... sono fra i primi a dire di no! e là dove imperava il ribellismo
cominciava a farsi strada la rivoluzione culturale del desiderio... in molti pren­
devano coscienza che la storia stava mutando di segno, la classe operaia diven­
tava tanto più povera «pianto più produceva ricchezza e gli sfruttati erano par­
te della merce che essi stessi producevano. La messa in valore del mondo delle
rose cresceva in proporzione alla svalutazione «lei mondo degli uomini (diceva
Marx da qualche parte). Perché il lavoro non produce soltanto merci ma anche
umili di consenso, di assoggettamento, di corporazione all interno del suo ere-
do. L in questo senso che Hegel affermava: “ il pensiero è in realtà essenzial­
mente la negazione di ciò che ci sta immediatamente dinnanzi” ... lo scopo fina­
le. dunque, dell’individuo libero è lottare per non perdere la propria identità,
rivoluzionare la ragione dialettica della totalità per la ri/eonquista di una sog­
gettività perduta. Su questi temi Raniero Panzieri, Mario Tronti, Romano Ai-
quali. Sergio Bologna, il lugubre Toni Negri... si richiameranno a una presun­
ta autonomia operaia per vero un po’ idealistica, che se da un lato mirava ad
abbattere il potere in carica, dall’ altro intendeva sostituirlo con una classe di
specialisti della rivoluzione (al seguito di Lenin). 11 mito della "classe operaia
che si fa Stato’" era una stupidaggine e anche le avanguardie di massa che do­
vevano trascinare l’intero corpo sociale proletario verso una direzione rivolu­
zionaria era solo una questione di parole di alcuni professori universitari... di
vero c’era che "il lavoro alla Fiat era un inferno per gli operai: ora era venuto
il momento che la Fiat doveva diventare un inferno tutti i giorni per i suoi pa­
droni". Ovunque il desiderio di partecipare a una “ democrazia diretta” era
forte. L’ utopia operante della Scuola di Francoforte, investiva tutte le forme
espressive e la coscienza critica non bastava più per la liberazione del pensie­
ro. La liberazione si costruisce attraverso la trasformazione pratica e organiz­
zata dell*ami»ientf; nel quale si vive.
Giornali murali, fogli clandestini, volantini, piccoli film in Siiper-8nun, foto,
grafie scippate alla verità sono vomitati contro la muffa del sapere e i guinzagli
dello ideologie... I intera sacralità dell arte perde la sua aura museale, galleria
stira, mercantile e ogni forma di creatività/comunieazione va a comporre una
memoria di controinformazione storica irripetibile... 1 immaginazione comin­
cia a disvelare il potere e lo sostituisce con la poesia. Nasce il giornale II pote­
re operaio di Cazzaniga, Della Mea, Solfi e si schiera con la fronda operaia più
radicale... Renato Cuccio e Mauro Kos taglio vedono più in avanti di molti enei
dicembre del *68 redigono un documento politico di grande importanza teori­
ca, nel quale scrivono - “ Un modo estremamente scorretto di far politica è
quello che si fonda su una visione adialettica del rapporto eeonoinia/nOologia,
rapporto immediato per cui la crisi economica del sistema diventa direttamen­
te crisi politica del sistema, e tutto ciò diviene con poco sforzo Socialismo.
Basta cioè: I. rendere cosciente ciò che è incosciente
(nelle masse)
2. rendere attuale ciò che è latente
(nel sistema). La tesi è <[nella di Lukacs: la coscienza di classe
del proletariato non si sviluppa parallelamente alla crisi economica oggettiva, i
tempi e i modi non possono essere gli stessi e il crollo oggettivo della società bor­
ghese si può verificare prima del consolidamento nel proletariato ili una co­
scienza di classe realmente rivoluzionaria’’ . 108 Sul frontespizio ilei loro datti­
loscritto (accanto a un pugno chiuso) scrivono: “ Dio è morto sotto i colpi di mi­
tra di Cantilo Torres*’ . Per loro, come per molti altri (in Italia e nel mondo),
non bastava più pregare né sognare un mondo diverso. Occorreva lottare per
conquistarlo. I mezzi erano tutti buoni. Ciascuno non può che amare il proprio
destino. Nietzsche diceva... dietro lo specchio c ’ è Alice e il paese delle meravi­
glie... ed è nell’ utopia il boccale di gioia scandalosa che spinge alla liberazione
V

dell 'uomo/deli a donna c decreta la line ili tutte le soggezioni. E nella felicità in­
dividuale che ciascuno restituisce F infanzia della propria innocenza al mondo.
11 1960 è lo spartiacque tra una memoria storica morente c la “ modernità d’im­
portazione” che esplode in mille colori riflessi nclTItalia clic cambia... il cine­
ma risente di queste stimolazioni culturali, politiche, economiche c si presenta
in perfetta sincronia col mutamento dei gusti o il ricambio dei sogni... alcuni
film sono depositari di ideologie intercambiabili o integrative e raggiungono la
vetta degli incassi... La doler vita ( 1959) di Federico 1‘ eliini. Rocco e i suoi fra­
telli (1960) di Luchino Visconti. La ciociara (1960) di Vittorio De Sica. Tutti a
casa (1960) di Luigi Comencini... su piani strutturali desunti dal melodramma
o dal romanzo d ’ appendice, mettono d ’ accordo sinistre sfiorite, destre ram­
panti c preti progressisti abbacinati dal romanticismo del passato o dalla dol­
cificazione del divenire che traboccavano nella società emergente. L'avventura
(1960) di Michelangelo Antonioni, viaggia per proprio conto nelle prime visio­
ni delle grandi città, mostra che la borghesia soffre quanto i proletari iti scio-
jMt n c i soldi non sono tutto quando manca l'amore. Le inquadrature lunghe,
i primi piani tenuti, il montaggio lento, la recitazione un po' spaesata (di tanfo
teatrale) sono tutte cose già sperimentate da Welles. Ejzenstejn. Reiioir o Stro-
heini, ma solleticano i palati morti della critica italiana... rineomunicabilità <li
Vnfonioni passa dai salotti dabbene foraggiati dalPindustria, gli esteti della si­
nistra lu eleggono a ‘‘maestro*' e lui lira avanti fino a farneticare apocalissi sim-
Imliehé e amorose menzogne... vero è che al fondo del suo cinema restano sol­
tante imitili braci di un fuoco mai veramente appiccato e il suo stile poi è ri­
sultato formalmente arido quanto molte delle storie che ha disseminato sulla te­
la carogna nel cinema.
Negli stessi aitili, contro ad un'estetica deireuforismo popolare, dell'onirico
provinciale o del formalismo borghese... si possono vedere un pugno di filiti co­
raggiosi (sovente sgangherati) che vanno a rompere i “"si deve” e i “ perché " del
••ùlema mercantile e ili quello “ colto” ... Lo sceicco bianco (1952), La strada
11951), Il bidone. Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini, Il grido (1957)
«li Michelangelo Antonioni, La sfida (1958) di Francesco Rosi, La notte brava
(1959) di Mauro Bolognini, Kapò (1960) di Gillo Pontecorvo, Adua e le com­
pagne (I960) di Mauro Bolognini, LI Cochecito (1960) di Marco Ferreri, M or­
te di un amico (1960) di Franco Rossi, La giornata balorda (1960) di Mauro
Bolognini, Il carro armato dell 8 settembre (1960) di Gianni Puccini, li tempo
si è fermalo (1960) di Ermanno Olmi, La lunga notte del *43 (1960) di Fiore­
ttano Vanenti, Il posto (1961) di Ermanno Olmi. Un giorno da leoni (1961 ) di
Nanni Loy, Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini, La commare secca (1962)
ili Bernardo Bertolucci, Luciano (1962) di Gian Vittorio Baldi, La ragazza con
la valigia (1962) di Valerio Zurlini, Mamma Roma (1962) di Pier Paolo Paso­
lini. La legge della tromba (1962) eli Augusto Tretti, L'ape regina (1963) di
Marco Ferreri, I compagni (1963) di Mario Mollicchi. Le mani sulla città
(1963) di Francesco Rosi, La visita (1963) di Antonio Pietrangeli, Il terrorista
( 1963) di Gianni De Bosio, Prima della rivoluzione (1964) di Bernardo Berto-
locri. Pelle viva (1964) di Giuseppe Fina, Il vangelo secondo Matteo (1964) di
Pier Paolo Pasolini, / sovversivi (1965) di Paolo e Vittorio Taviani, Le stagio­
ni del nostro amore (1965) di Florestano Vaticini, Uccellarci e uccellini (1965)
ili Pier Paolo Pasolini. L'uomo dei cinque palloni (1965) di Marco Ferreri, /
pugni in tasca (1966) di Marco Bellocchio, La battaglia di Algeri (1966) di (iti­
lo Pontecorvo... disseppelliscono turbolenze e pulsioni di mutamento sociale,
ili vengono contenitori culturali che fanno del mezzo cinematografico luogo
«rincontro e di crescita dell'immaginario collettivo.
Sono tempi luccicanti, per niente dolci come la stampa scandalistica e quella a
grande tiratura dispensavano dappertutto... 109 alcune operine si assumono il
compito di guardare da vicino i problemi giovanili (delle famiglie piccolo-bor­
ghesi) e Guendalina (1957) di Alberto Lattinola, / delfìni (1960) di Fancesco
Maschi. Il rossetto (i960) di Damiano Damiani, I dolci inganni (1960) di Al­
berto Lattuada, La voglia matta (1962) di Luciano Salce... fanno davvero pen-

89
sare che qualcosa sta cambiando c in fretta nelle nuove generazioni. Tutto
rò è tinto di falso o di perbenismo domenicale e in quello stesso tempo la ra|,
bia <le I pugni in tasca di Bellocchio e l'anarchia (un po' goliardica) di Cia,n
di mamma (1969) di Salvatore Samperi accendono i lumi morti della rivolta^,
nerazionale. Con La Cina è vicina (1968). Grazie Zia (1968), Prima della ri.
colazione o Ucccllacci e Uccellini... Bellocchio, Samperi, Bertolucci e Pasolini
spaccano la paralisi culturale di un cinema legato alla commedia di costume,
anche se la Cina non era vicina e nemmeno il comuniSmo... le prospettive rii ri
bah amento della vita quotidiana erano già in atto e almeno qualcuno mostravo
come si accendevano i fuochi estremi della contestazione globale della società.

90
Capitolo II

L ’utopia del dolore


196411967

“ Fin chr Fuomo sfrutterà l'uomo,


fin che rumanità sarà divisa in padroni e servi.
non ci sarà né normalità né pace.
La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui” ,
Pier Paolo Pasolini

spazzò via le monete dei banchieri


e buttò (di aria i banchi,
e ai venditori di colombe disse:
Portate via di qua. e della casa di mio padre
non fa te mercato
dal Vangelo secondo S. Giovanni

Sopralluoghi in Palestina
Il vangelo secondo Matteo
Uccellacci e uccellini
La terra vista dalla luna
Che cosa sono le nuvole?

I. In principio era la luce... poi un’ avvenire al cianuro

La marchina/cinema è un linguaggio che destina i processi cstetici/comunicati-


vi convenzionali in quella “ impressione di realtà” (Christian Metz) dalla quale
nessuno esce innocente. 0 si è complici o si è ribelli. La nostra epoca è segnata
dai traboccamenti della parola e dalle stratificazioni delle immagini che hanno
formato un universo spettacolarizzato dove nessuno ha più diritto di essere né
cittadino né apolide. Qui e ovunque ognuno perde (o ritrova) se stesso at/tra-
\crso le parole/immagini che consuma. Le forme della finzione esplodono dap­
pertutto ina il “ fuori fuoco” non appartiene a Godard, che come —il bambino
cnrjoso/iUverso, di un'immagine fa un mondo - . “ Se la regia è uno sguardo, il
montaggio è un battito di cuore” (Jean-Luc Godard). Loco perché il cinema

91
Pino B ertelli

muore di cinema. Perché ha fallo dello sguardo un gioco a premi televisivo,,


della parola lo riproduzione del fae-simile.
L'età della parola/immagine esplode sul boccascena della storia... "Abbia^.
disimparato a vedere... tutte le strade portano a Roma città aperta'' (Jean-G,,
Godard). Il cinema soffia dove vuole la produzione. L'arte non r’entra nuli*
col cinema domenicale. “ Fare la regia di un film, scrivere una sceneggiatura
gràfica posare lo sguardo della macchina da presa sui volti e stigli oggetti ahi,*
stanza a lungo per segnarli profondamente, così come un tempo il colpevole,
niva segnato dal hoia'M Là dove la poesia incendia la verità, la nostalgia di mj
cinema che non c ’ è più, diviene forte. “ Ai nostri occhi il cinema sosliliiisceun
mondo che s’ accorda ai nostri desideri’' (André Bazin). Mèliès era la magia rb
denudava la realtà. Lumière l'ordinario che infiocchettava il banale conterrò
naca del presente. Così Jean-Luc Godard: "Il Partito controlla il fucile, la prò
duzione controlla il consumo e la distribuzione. Se c'è un milione di copie ili un
film marxista-leninista, questo è Via col vento... lo schermo vende la voce del
padrone allo spettatore: la voce lusinga, reprime o manganella... lo H'hernior
soltanto raltoparlantc di una voce delegata dal popolo ma che non è più la vo­
ce del popolo, poiché il popolo guarda in silenzio il suo volto sfigurato".2
In principio era la luce, poi un’ avvenire al cianuro (al cinema come nella stra­
da). Nella “ sala buia” , la “ ricezione mentale” dei eerebrolesi non è soventi'
molto diversa da quella di molti spettatori. Il pubblico confina ad avere la men­
talità di un bambino <li 10 anni (diceva Blister Keaton). ma senza la libertà im­
maginale di quel bambino. La ristrutturazione del problema cstetico/poctieoda
affrontare è quasi sempre lasciata al caso o alla superficialità e. come è nolo
agli psicologi del profondo (James Hillman), ai filosofi della reverie (Castori
Bachelard) o ai dinamitardi eli tutte le morali (Friedrich Nietzsche), i bambini,
come i cacciator i di sogni, non giocano a vuoto né riproducono il modelle dal
quale partono. Privilegiano dunque la fantasia e rinnovazione. La visione non
coatta delle cose, piuttosto che la composizione generale del pensiero. Amin*
Carlo L. Ragghiatiti aveva inteso che il compito della cultura cincin alogralii'a
doveva passare nella libertà delTautoeducazione, “ che forma e mantiene Io spi­
rito critico ed è la sola vera educazione” c. per quanto è possibile, svincolare
dalle condizioni imposte dal "binomio industria-governo” .3 Uscire dunque
fuori dalle convenzioni/produzioni concordate/controllate, dove viene pro­
grammato il punto di vista ili un’ etica della genuflessione c di non ritorno alla
poesia o alla vita reale. Ma come si sa. la 'duce cinematografica è convenienti**
mente dosata e incatenata” (Luis Bunuel)... ci sono certezze (sullo schermo **
altrove) che prefigurano conventicole dove Stalin. Hitler e i "padroni dell in»
magma rio assoggettato” rendono sopportabile il fetore mortifero dei campii
concentramento colorandolo di speranza & carità (tutte cristiane)... la FaF
brica dei desideri deve le sue fortune a dei venditori ili guanti, salsicce, <lime
mite e a dei banditi irlandesi o tedeschi che con le pistole alla mano hanno ip,h
tecato il futuro del cinema e il divenire deirumanità.4
P ier P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

(n attera «li realizzare II Vangelo secondo Matteo* Pasolini si reca in Israele e


Giuntatila per vedere se era possibile ambientare il film nei luoghi delle '“'sacre
«fritture \ Lo accompagna don Andrea Carraio e il dottor Lucio Settimio Ca­
ruso. «Iella Pro Cavitate Christiana, Walter Cantatore (fonico) dell'Arco Film
la casa «li produzione ili Alfredo Bini) e l'operatore Aldo Pennelli.5 Gli inter­
venti \i-i\i sono di Pasolini e don Andrea Carraio, il commento fuori campo è
,)i Pasolini. la musica, “ Passione secondo M atteo” , di Johann Scbastian Bach.
Il film è mi diario di bordo nei luoghi storici che testimoniano il passaggio di
Cristo. Si chiama Sopralluoghi in Palestina (1963-1964) e ha per sottotitolo:
/Vr il Vangelo secondo Matteo. Viene girato tra il 27 giugno e 1 1 I luglio 1963.
Dura 55 minuti. La piccola troupe si avventura sulle strade della Galilea, lago
•li Tiberiade, Monte Tabor, Nazareth, Capharnaum... Giordania, Baram, Ge­
rusalemme, il fiume Giordano, Bersabea, Betlemme... Siria, Damasco... e sot­
ti» mi cablo torrido, ambienti malsani e-l'estrema miseria della popolazione,
Pasolini cerea di scovare in quella “ cenciosa comunità” (Lucio Caruso) qual­
cosa clic lo avvicini o lo proietti all’interno del suo mondo spirituale. La fasci­
nazione di camminare sulla terra e tra gii ulivi millenari dove è stato versato il
•.angue «li Cristo c ’è tutta ma c ’ è anche la consapevolezza di non cadere nel mi­
to oracolare, così come è stato tramandato nel tempo. Al ritorno da Israele, il
materiale filmato è di sei rulli. Pasolini è scontento. I luoghi e Io scenario del
langelo hanno perso la loro genuina utopia cristiana e dopo pochi giorni pen­
si già di ambientare il film nell'Italia meridionale (Muterà, Crotone, la Pu-
~Ita...|. La Terrasanta è ormai contaminata dalla modernità, non si respira né
s ritrova il paesaggio sacrale che il regista aveva negli ocelli prima di affronta­
ta viaggio. "Il monte delle Beatitudini sembra uno di quei luoghi più desola­
ti «iella Calabria e delle Puglie... mi aspettavo luoghi favolosi, ho avuto una le­
zione «li umiltà, la vita, la morte di Cristo sta tutta dentro in un pugno” (Pier
Paolo Pasolini). Pasolini vuole andare al di là dalle varie incrostazioni archi-
tettoniche che si sono susseguite alle invasioni dei Crociati e degli arabi... c co-
■o<leci«Ie di - rifare —il volto della Terrasanta (come Gesù lo vedeva...) nel Sud
italiano.
In un paese che da anni si respirava "u n ’ aria armistiziale” (Lucio Caruso), Pa­
solini riesce ad osservare cose e momenti storici che andavano al di là deH’ im-
nmiliain profilmico. ‘"Gerusalemme è indubbiamente grandiosa e sublime. Se il
fllni sarà semplice e scandito, in precedenza, all’ arrivo a Gerusalemme dovrò
lutare registro, per riassorbire l'allegria e la varietà dei luoghi sottoproletari
’’ poveri c la grandiosità di una folla e di una capitale” (Pier Paolo Pasolini).
Poi» Andrea, dialogando con Pasolini, gli dice che per conoscere a fondo l’ o-
P’O'u di Matteo, occorre “ assorbire lo spirito della situazione anche geografica
•Iella Terrasanta, per sentirlo, reinventarlo” . Pasolini è affascinato dal ponsie-
r° vivissimo di don Andrea. Lo schermo riflette il loro rapporto profondamen-
^mirale. Così, Caruso: “ Don Andrea, con precisione di studioso dava sobrie
Targazioni traducendo in linguaggio semplice la sua complessa terminologia
•>*«tu ucnejLU

esegetica. Quasi non riconoscevo più in lui il mio severo professore (li Bibbja
Mai una concessione al sentimento, neppure nell'inflessione della voce. Dava
soltanto una spiegazione a quei luoghi, faceva udire la loro voce, il dallV.
spressione dei volti mi accorgevo che a parlare all'Intimo di ognuno erano prò.
prio quelle pietre che duemila anni fa furono bagnate dal sangue delTIimocen*
te. Via dolorosa: per qui c passato Gesù, l'uomo - Dio. con la croce sulle spal­
le in mezzo a una umanità allora come oggi indifferente” .6
Sopralluoghi in Palestina è un pezzo di cinema grezzo, bruto, non '"abbellito
da tentazioni letterarie o pittoriche. La presenza di Rossellini è «li nuovo av­
vertibile - Pasolini ne risente in modo istintivo, senza mediazioni culturali la
disponibilità di Pasolini di fronte alla realtà si fa più priva di necessità di fil­
tri” .? Il documentario pasoliniano è «li una lucidità comunicazionale semplice:
l'antico è morto e il nuovo che avanza è morente. L’ alba mediterranea o meri­
dionale pasoliniana si affaccia su duemila anni di storia delPumanità ed è pia­
cevole vedere e udire don Andrea e Pasolini «Discutere sulle facce, sui «•ostinili
del popolo antico e sui significati filologici del Vangelo... c ’ è differenza fra loro
ma non animosità nè astio. Arrivano a Gerusalemme, visitano l’ orto «li Getse­
mani e lungo una strada bruciata dal sole giungono a Betlemme. Anche Bet­
lemme è sfigurata dalle automobili e pali del telefono. Il biancore «Ielle riprese
è accecante. La miseria profonda che sborda oltre il cammino dei viandanti è
"toccabile” ... c ’è in ogni attacco fìlmico un’ atmosfera tra il magico e il miste­
rioso, il reportage e il diario intimo, il favolistico e la poesia malinconica degli
ad«lii sul tramonto «li un mondo. “ Bisogna trovare un surrogato di Betlemme,
qualcosa che abbia conservato nei secoli la sua integrità. E qui ho trovato ben
poco” , dice Pasolini in chiusa al film. Spaccati di silenzio lasciano fantasticare
torture, peccati, redenzioni... il sopralluogo termina suU’ ambiente dell*Ascen­
sione, che Pasolini identifica con “ il momento più sublime di tutta la storia del­
la Chiesa, il momento in cui Egli ci lasciò soli a cercarlo” .8 L’ecelesiogenesi pa­
soliniana annuncia qui profondi dissensi con la vecchia cristianità e il suo pun­
to di vista documentato diviene il luogo in cui una moltitudine anonima e sog­
giogala dall’ esercizio della fe«le come potere centrale... si trasforma in popolo
capace di progettare da sé la propria liberazione e diventa il cammino di tanti,
nel quale flusso la chiesa muore nelle proprie sicurezze gerarchiche/mondanee
l’ uomo rinasce come segno ed esempio di salvezza. Pasolini (cosa inconsueta
per lui), aveva lasciato libero l’ operatore di piazzare la macchina da presa do­
ve voleva, per questo film trascura completamente il fatto estetico. Non parte­
cipa nemmeno al montaggio. Lascia che l’ operatore monti le bobine in modi se­
quenziali e con i tagli delle ripetizioni o degli errori «li ripresa. Anche il com­
mento fuori campo che elabora in forma colloquiale è immediato. Pasolini non
ama molto questo documentario. Non lo disconosce ma non ne apprezza a fon­
do il carattere poetico.
Sopralluoghi in Palestina però è qualcosa di più di un diario filmato, è un do­
cumento, una testimonianza, un frammento cinematografico che porta in pri-

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ino piano la passionalità doli’ auto re. le sue malinconie e sul piano linguistico
raggiunge una capacità dialcttiea/didattica di grande spessore emotivo... gli
^y.azi aperti, accecanti, illuminati di silenzio di un mondo precristiano sono at­
tra v e rsa li da lente panoramiche orizzontali che anticipano quelle ancora più
mandi ed epiche tic II Vangelo secondo M atteo. La maestosità delle montagne,
|a mescolanza tra ‘ueinema-diretto'? e appunti di viaggio, la frammentazione dei
piani... fanno di questo film una lucida analisi metafilmica del Vangelo di Mat-
loo e più ancora sulTinterpretazione disorganica o pretestuosa della simbologia
cristiana, lì film venne presentato al VITI Festival dei Due Mondi a Spoleto (Il
luglio 1965). nella serata del cinema di tendenza, promosso e organizzato dalla
rivista Filmcritica, Faccoglienza della critica fu tiepida «juanto scontrosa... i
maggiori quotidiani lo ignorarono, non lo seppero decifrare, lo relegarono tra
gli "abbozzi di lavoro” di Pasolini e lo destinarono ai reportage televisivi da
usufruire in seconda serata... non uscì mai nei circuiti cinematografici, ma So­
pralluoghi iti Palestina resta un canto alla purezza di quelle “ facce, tetre, bel­
le. dolci, dolcezza animalesca precristiana” (Pier Paolo Pasolini) che il poeta
vedeva nel sottoproletariato della terra. Pasolini scorgeva nei contadini meri­
dionali italiani “ una cultura magica nella quale i miracoli sono reali come lo
erano nella cultura in cui visse e scrisse Matteo” (Pier Paolo Pasolini), ed è per
questo che decise di ambientare il suo Vangelo nel Sud italiano.
Pasolini si accosta al Vangelo di Matteo in modo singolare. Nel 1962 era stato
invitato ad Assisi per un convegno sul tema: "‘ Il cinema come forza spirituale
del presente” . Alla fine dei lavori, nella sua stanza trova il Vangelo e lo legge
tutto in una notte. Nel febbraio del 1963 scrive a Lucio Caruso, direttore dcl-
I l Ificio cinema della Cittadella (Assisi) e dice che vuole fare un film sul Va ri -
udo. Non vuole stendere una sceneggiatura né fare una riduzione ma intende
tradurlo passo per passo, fedelmente, in immagini. Anche i dialoghi dovevano
essere rigorosamente quelli di san Matteo, “ senza nemmeno una frase di spie­
gazione o raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà
mai essere all'altezza poetica del testo.
E questa altezza poetica che così ansiosamente mi ispira. Ed è un'opera di poe­
sia che io voglio fare. Non un'opera religiosa nel senso corrente del termine, né
un'opera in qualche modo ideologica.
hi parole molto semplici e povere: io non credo che Cristo sia Figlio di Dio, per­
che non sono credente, almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino:
credo cioè che in lui 1 umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là
dei comuni termini dclTumanità” (Picr Paolo Pasolini).9
II copione di Pasolini piacque molto a Caruso, a don Giovanni Rossi della Cit­
tadella ed ebbe il riconoscimento etico di illustri teologi (padre Favaro, prot.
Crasso, prof. Penna)... i tagli furono irrilevanti (la Maddalena, certi vesti­
menti militari, alcune frasi ingiuriose del popolo verso i preti). La ricerca dei
fondi non fu facile. Bini (il produttore) si dette da fare con le banche e le isti­
tuzioni ma i mezzi economici non si reperivano. Nessuno voleva dare i soldi al-

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P ino B ertelli
T

l'eretico e immorale Pasolini per fare una vita di Cristo. I direttori di cirn^
banche si opposero a qualsiasi aiuto economico (intanto in quell'anno
ziarono 177 film, per un totale di 18 miliardi) e Bini scoprì che "lavorare fon
Pasolini era come andare a letto con un lebbroso” (Alfredo Bini). Dietro IV
poggio "morale della Chiesa, il film comunque si fece e Pasolini scosse alla
dice la storia ereticale deirumanità.
Il vangelo secondo Matteo è un'enunciazione eretica della "passione di Crbtiè
in terra. Il Cristo di Pasolini non è tic una figura laica (marxiana ) né una mi­
tologia rivisitata c ricondotta alle origini della dottrina evangelica (cattolica!...
le venature poetiche/politichc di Pasolini riguardano invece tutta una .spinta
sottoproletaria terzomondista che trabocca dappertutto per cercare di modifi­
care il corso preordinato della storia. In questo senso, il film è di fatto uiCojm*
ra nazional-popolare secondo il pensiero di Gramsci, cioè epica, profonda
mente religiosa e perciò sacra. “ Se Cristo avesse avuto Paureola non Lavnb
bcro condannato” (Pier Paolo Pasolini). Jean-Paul Sartre è più attento di mol­
ti critici di regime e vede nello scandalo ereticale del "Vangelo di Pasolini"
qualcosa di salutare, di fortemente nuovo, cioè che Gesù c i suoi fratelli erano
tutti proletari e la rivoluzione la facevano tra la gente e non da qualche pulpi
tu... Pasolini ha mostrato col suo film, che spesso "quelli che si ponevano in
questo campo come dei rivoluzionari sono diventati dei reazionari** tJean-Paul
Sartre). Il rifiuto del Premio INobel di Sartre, in qualche modo, allarga lo scan­
dalo culturale/politico al (piale tende il Cristo di Pasolini e Sartre - eresiarca
di ogni potere - non banchetterà mai al tavolo degli empi e in compagnia <1
Jean Genet, Pasolini o altri disertori dell'ordine costituito... esprimerà in ogni
scritto il concetto del Cristo: "Non sono venuto a portare la paco ma la spaila
Infatti il Cristo di Matteo “ non parla con dolcezza. Non ha un carattere doler
La dolcezza è una tipica caratteristica della borghesia e, nel lesto di Mallo»,
davvero questa dolcezza non traspare” (Pier Paolo Pasolini). Ma dal film m>n
sembra uscire nemmeno la figura del Cristo/Lenin pensato da Pasolini... e un
clic la "salvezza di un'anima” [Accattone], come "denuncia marxista della mi­
seria del sottoproletariato delle borgate romane... [vista dentro] una spericeli
reminiscenza laica c liberale (Pier Paolo Pasolini), non è qui pronunciata.
Il fascino del mistero e delTirrazionale o del divino avvolge l'intero lihn. E m
questo percorso affabulativo che Pasolini ricorda una poesia giovanile dove‘li­
ceva: “ Cristo mi chiama, ma senza luce” . E alla fine della lavorazione del Lm
gelo afferma: “ Sono rimasto ateo com 'ero prima” . Il poeta, lo sappiamo ||«’r'
che lo ha scritto spesso c detto ovunque, di avere perso la fede molto giovani* -
non crede che Cristo sia figlio di Dio... ma che Cristo esprima una sorta ili di
vinità, cioè che in lui l'amore per l umanità è così alto e rigoroso ila andar»'*
di là dei comuni termini teologici. Il suo Vangelo non racconta la storia del li1
sto , ma un modo di vedere la realtà at/traverso csii occhi di un eresiarca. i*
La bestemmia del Vangelo pasoliniano scuote alle radici gli scribi ili sinistra.*
destra e idi untori macabri della santa romana chiesa. C'è chi vi trova
P ier P a olo Pasolini/II cin em a in c o r p o

iWjriJÌa7ÌoiH' Ira marxismo e cristianesimo**' (Ugo Casiraghi),] 0 altri si irreti-


rilUO |„t ‘*il confusionismo, l’ irresponsabilità, i vuoti sguardi invitanti, gli im­
b o li delle grandi sartorie, la menzogna*’ (Mieliel Cournot)l 1 dell'opera pa-
.uliuianu e vedono il suo autore come “ un prodigio di incoscienza o un maestro
,1,-lla pubblicità** (Michel Cournot). 1 peggiori sono gli equilibristi della fede:
-Pasolini non ha capilo il Vangelo: Gesù non era così*’ (Giovanili Urbani, car­
minile). 12 Vero niente. Pasolini elaborò il Vangelo in odore di eresia ma l'uto­
pia dell'Innocenza con la quale sostenne la sua visione della storia si mescola
dia radicalità del pensiero filmico di Jean-Paid Sartre, che invoca la libera-
ri,me del cinema insieme alla liberazione della vita quotidiana: “ Nato in una
iwrna di ladri, inquadrato in viriti dell’ amministrazione fra i divertimenti da
h.u\uTone, il cinema aveva dei modi plebei che scandalizzavano le persone se­
rie; era il divertimento delle donne e dei bambini*’ , 13 dei pazzi e delle putta­
ne. <lri “ diversi” e dei cospiratori di sogni,.. 14 quando la vita era più dispe­
rata della realtà, la favola del cinema si sostituiva alla vita.
Il vangelo secondo Matteo è un film profondamente poetico. Pasolini non raf­
figura Cristo secondo riconologia cristiana ma gli dà il carattere divino di un
mastro che non ha sorrisi per nessuno, fuorché per i bambini. Il film è per
lunghi tratti quasi muto. Sorretto da rumori, musiche e deambulazioni della
nun hina da presa. Nei primi venti minuti di vangelo, “ le battute di dialogo so­
ni» soltanto otto e corrispondono a diciassette righe di testo” (Morando Moran-
ilini). La tecnica narrativa è quella degli albori del cinema, mescolata e con­
trapposta a sequenze di “ cinéma-véritc” (i processi di Caifa e Pilato). La “ sa-
cralità tecnica del 50mm, obicttivo con il (piale Pasolini ha “ scritto” (con la lu­
ce I levalione e Mamma Roma... viene contaminata con altri registri espressi­
li. con altri stili affaldativi, dovuti all’ uso costante del 300mm alternato col
2’>min. Pasolini mescola inquadrature e movimenti di macchina abituali nel ci­
nema classico con brani che sembrano frammenti di documentari... Dreyer e
bedani che convivono all’interno di una stessa sequenza. TI 300min, infatti, c
uh nbieltivo con il (piale Pasolini raggiunge due effetti: “ quello dello schiaccia­
mento, per rendere il piano pittorico del Quattrocento e del Cinquecento, e
«piallo della attualità documentaristica” (Pier Paolo Pasolini). 11 grandangolo
il 2amili) viene usato da Pasolini come momento deformante, quasi a sottoli­
neare una caduta imminente o un'epifania divina.
Quello che è strano, è che 11 vangelo secondo Matteo riesce ad esporre un’ uni­
ti* «li stile inconfondibile ed assumere il ruolo che nei secoli passati era deputa­
la ai grandi affreschi, le sculture, i santini, insomma a tutta quell'arte sacra
da* viene chiamata “ Bibbia dei poveri” . La ricostruzione “ analogica” pasoli-
niana del Vangelo... è semplice. Si dipana all’ interno di un ordine cronologico
die passa dall'annunciazione, l’ infanzia, il battesimo, la cacciata dei mercanti
nel tempio, gli scontri con i notabili, il calvario, la crocifissione, la deposizio­
ni la scoperta della pietra divelta all’ entrata del sepolcro. Il film si chiude su
dei ragazzi dolci e allegri che corrono agitando rami di ulivo. Il viaggio nel Van­
P in o B ertelli

gelo pasoliniano è costellato di stupendi (a volte lunghissimi) primi piani di fa,.,


ce bruciate dal soie, contrapposti a lente carrellate, delicate panoramiche•*
composizioni figurative che richiamano i dipinti di Leonardo o Piero Odia
f rancesea. A Pasolini non interessa ricostruire con esattezza la cronaca delle
sacre scritture... si fa prendere dalle emozioni rivoluzionare che il Vangelo piu,
suscitare in animi ulcerati dalla passione e dall'amore deH*iionio/delJa donna
verso Pumanità... '"Cristo che si aggira per la Palestina è veramente un turbi­
ne rivoluzionario: uno che si avvicina a un paio di persone e dice: '(iettatele
vostre reti, seguitemi e vi farò pescatori di uomini* è assolutamente un rivolu­
zionario’* (Pier Paolo Pasolini),
Il vangelo secondo Matteo è una delle (poche) grandi opere della storia del ri-
nenia. Si tratta del processo a Cristo. Ricostruito con molta esattezza ina amile
con dissertazioni poetiche dove il dolore delPutopia si sostituisce alla miseria
della realtà. Del resto Pasolini aveva scritto che ''la Chiesa è lo spietato cuore
dello Stato” c il suo “'usignolo della Chiesa cattolica”* canta: "Cristo nel cor-
po/sente spirare/odore di morte./Ah che ribrezzo/sentirsi piangere!/Marie. Ma­
rie,/albe immortali,/quanto dolore.../Io fui faneiullo/e oggi muoio *. I n libro,
un film o un sogno che non fruga nelle ferite della storia non serve a niente.
Ogni impero attende la sua catastrofe. Come ogni fede la sua disgregazione. La
storia di domani è già scritta negli scorticamenti del passato. TI presente è solo
mia minaccia che rende l’ inevitabile ancora più stupido di quanto si pensi.
"L'na volta diventata sovrana, Pintelligenza si erge contro tutti i valori estranei
alla sua attività e non offre nessuna sembianza di realtà alla (piale si possa ap­
pigliale” . 15 L’ inferno non è nient’ altro che l’ ignoranza insegnata, il paradiso
non è nient altro che la conoscenza dell amore condiviso con gli altri. Diversa-
mente a Fellini, che ne La dolce vita si compiaceva eh organizzare il peccato re­
golato dalla grazia e dalla confessione, Pasolini si chiama fuori da ogni incan­
tesimo immaginale e mette in discussione le radici della Chiesa e la protervia
della Stato, non accettandoli come culture eterne e immodificahili. Scrivendo
su La dolce vita (e sulle genuflessioni spettacolari felliniane), Pasolini dice in­
fatti di non aver mai visto un film "in cui tutti i personaggi siano cosi pieni di
felicità di essere: anche le cose dolorose, le tragedie, si configurano come feno­
meni carichi di vitalità, come spettacoli” . 16 Baracconate circensi devote al
consenso generalizzato. Il bagno notturno nella fontana di Trevi della dea di
celluloide Anita Ekberg, la sbornia da rotocalco di Lex "Tarzan** Barker r il
rock approssimativo di Adriano Celcntano divengono mitologie dell*immagina­
rio popolare e bene si mescolano all’ atmosfera euforica ilei boom economico
dell’italietta rampante, le lacrime e le manganellate della "celere” verranno do­
po. Ma per Pellini saranno sempre di glicerina. 11 nodo di ogni destino non può
essere sciolto... perché è il risultato dei nostri atti.
Il vangelo secondo Matteo non esprime né una “ religione deH'innocenza e del
populismo evangelico” , né una "compassione patetico-viscerale” che poco a po­
co si trasforma in "rivolta disperata e anarchica” . 1 7 L’ anarchia di Pasolini,
P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

ìrroercntc, utopica, sovversiva disseminala in tutta la sua opera cinematogra-


t. letteraria, trova in questo film un culmine mai più raggiunto, quello del-
l’eresia profonda (die diventa rivolta, insurrezione, oltraggio al potere clerica­
l e alle leggi scritte dello Stato. 11 suo Cristo è più vicino a Zarathustra, a Sid-
riirtha, a Fra" Doleino o Gioacchino da Fiore che al “ pescatore di anime” del
cattolicesimo... così parlò Zarathustra: “ Non rubare! Non ammazzare! - un
tempo si dissero sacre queste parole; dinanzi ad esse si piegavano le ginocchia
e la testa e si toglievano i calzari. Ma io vi chiedo: quando inai vi furono al mon­
do predoni e assassini al pari di queste parole sacre?
Forse che nella vita stessa, intera, non è - predare e ammazzare? E col santifi­
care t|iiestc parole, forse, non venne - ammazzata la verità? 0 fu una predica
»li morte, quella (die santifica la contraddizione e la confutazione della vita? -
Fratelli miei, spezzate, spezzate, ve ne prego, le antiche tavole!' .18 E non è
Siddharta a dire che tutto ciò che non era degno dello sguardo dei suoi occhi-
Imnibiin, “ mentiva, tutto puzzava di menzogna, tutto simulava un significato di
bontà e di bellezza, e tutto era inconfessata putrefazione” . 19 11 Cristo di Pa­
limi fa della sua anima l’intero mondo e riporta all’ origine del dolore Finso-
Iruza delle “ anime belle” che s’ incontrano sulla strada delle strade per con­
quistarsi il proprio diritto alla felicità.
F un Cristo do]cimano, quello che Pasolini raffigura sullo schermo. E, ricor­
riamolo, è fra’ Doleino che scrive Pammutinamento contro l’ Autorità della
Chiesa... "“Il popolino non sente tanto il bisogno di negare quanto di credere,
li credere, di credere molto, di credere grosso: più crede e più si sente tran-
piiilo e pago... La Chiesa Cattolica Romana è quella meretrice di cui parla S.
biovanni nell’ Apocalisse... la chiesa consacrata non vale di più di uno stabu­
limi (stalla) di cavalli o di porci per pregare Iddio” .2 0 Le idee, le parole, le let-
t'Te... di questo frate vennero diffuse ai primi del 4300 e furono in molti a cer­
care di formare delle comunità libertarie auspicate da Doleino. E qualche vol­
taci riuscirono. L’ eresiarca dichiarava ovunque che è irrilevante il vincolo ma­
trimoniale e diceva che gli uomini e le donne potevano amarsi come volevano e
per quanto faceva loro piacere. Contestava la validità dei sacramenti. Per pre­
gare era meglio un bosco che una qualsiasi chiesa. Non riconosceva nessuna au­
torità esterna all’ Uomo stesso. Non ci sembra, come scrive Raniero Orioli, che
“Doleino è stato visto non più come antesignano di esperienze comunistiche o
^•maliarde, difensore e profeta del proletariato rurale, ma come incarnazione
riti superuomo nietzscheano, colui che supera la mediocrità e Eappiattimento
generale tramite un atto di coraggio e di forza puramente individuale: coraggio
e forza che affermerà sia combattendo sia affrontando il supplizio senza esita­
zioni o cedimenti di sorta” .21 A parte il fatto che le “ esperienze comunistiche”
non hanno nulla a che fare con quelle “ comunarde” , Orioli affibbia il concetto
'li “superuomo” di Nietzsche a Doleino e ne cava fuori una specie di proto/fa-
«icisla... sarebbe bastato leggere con attenzione ciò che scrive Nietzsche su
^ritorno superiore” , per capire che il “ superuomo” che sta nel cuore a Nietz-
P illo Bertelli

srlio è colui ohe ilice: “ Non vogliate nulla al di sopra della vostra capacità: vie
una falsità perversa presso coloro clic vogliono al di sopra della loro capacità.
Specialmente quando vogliono cose granili! Giacché essi destano diffidenza
verso le grandi cose, questi falsari e commedianti raffinati: - finché si trovano
falsi davanti a se stessi, questi ocelli torti, di virtù da parata, ili opere false e
luccicanti. Siate prudenti a questo riguardo, uomini superiori! Nulla infatti,
secondo me, è più prezioso e più raro deH'onestà, oggi. Non è l'oggi della ple­
be? Ma la plebe non sa cosa sia grande, o piccolo, o diritto e onesto: essa è in­
nocentemente di-storta, essa mente sempre'’ .22
Ed anche l’ Historia di fra’ Doleino di Pier Francesco Gasparetto23 stringa
non poco le vampate di eresia che il fraticello dispensava nei suoi discorsi pub­
blici e si faceva precursore della rivoluzione sociale... e se da un lato Doleino
era "un uomo buono che diceva belle parole, possedeva una Bibbia ed espone­
va i vangeli", praticava anche imboscate, predonaggi. saccheggi ai ricchi per
donarli ai poveri. Alla maniera di Robin Hood... Papa Clemente V ordinò ai
suoi v assalli di sterminare quel frate ribelle e la “ setta degli apostolici"... il 2.1
marzo del 1307, i crociati del vercellese li trucidarono quasi tutti sul monte Ze-
bello, dove si erano ritirati e da mesi erano circondati dalle truppe dei "signo­
ri ’ del biellese legati allo vStato pontificio. Fra* Doleino e la sua compagna Mar­
gherita. furono bruciati vivi sulla riva del fiume Cervo, il primo giugno 1307,
a Vercelli. Le ceneri ancora calde furono raccolte e disperse al vento, “ affmelié
di quei maledetti non rimanesse segno alcuno". Appena informato dello ster­
minio degli Apostolici, Clemente V si affrettò a dispensare la seguente bolla:

“ Noi Clemente, vescovo ilei servi ili Dio. auguriamo salute a tutti e ai singoli presenti, e impar­
tiamo benedizione.
I'u opera dell Onnipotenti* liberare (il popolo eletto) dalle mani del Faraone, e compire tonti e
eosì grandi miracoli per la salute del popolo «lei tempo antico: dimostrò poi di assistere la (!hi<s
sa militante, che il Figliuol prodigo suo adottò eoi suo sangue prezioso, con grazie e aiuti seniprr
più grandi.
Poco fa. dopo aver trascorsi alcuni anni percorrendo prima la maggior parte della Dalmazia, poi
della Lombardia, l'eresiarca Doleino è stato fatto prigioniero sulla cima delle Alpi con più di mil­
le suoi seguaci, e con lutti i suoi seguaci ucciso e arso sul rogo. A noi fu latto presente dai vene­
rabili fratelli, i Vescovi di Vercelli e di Novara, clic la Chiesa deve tutto ciò in primo luogo ai co­
muni montani della Val (bande e della Val Sesia, e specialmente ad alcune illustri famiglie, mili­
tanti in quelle regioni, e poi agli altri nobili, e al popolo della campagna novarese e vercellese.»
quali per estirpare gli eretici, posero a repentaglio gli averi e la vita in una guerra atroce; tra
1 altro ci giunse a notizia che principali attori furono i Ferlizi. i [.ascari, i Tizzoni, gli Avogardi
di Vercelli, i Tornielli. i Morbio. i Brasati, i (lati di Novara, e . fra gli alpigiani, i Visconti di ba­
sa, i Signori di Semprolano, di Pragemelle, i de Preti, i de Anseimi. i Ferrari, quelli di Mestami,
di Artogna. di Fobcllo, eoe.
Noi pertanto li riconosciamo legittimi possessori dei beni presenti, delle terre in loro domìnio, r
li dichiariamo cavalieri in perpetuo con tutti i Figli c i discendenti, loro assegnando un'aula in
Luterano, e un sacro concistoro, con facoltà di nominar cavalieri e militi, di insignire della lau­
rea del dottorato quelli forniti di virtù, di creare notai, di legittimare i figli illegittimi, e con tut­
ti i privilegi, gli onori, le esenzioni solite a concedersi ai Cavalieri ed ai Conti: c affinché non ne
derivi loro qualche danno, deleghiamo i predetti venerabili fratelli Vescovi di Novara e di Ver-
I*ier P a o lo P a»olim /U cin em u in c o r p o

3 riconoscere a tutti e ai singoli doni, diritti, terre, titoli, ere. ere. A nessuno sia lecito an­
nullare roti decreti o contrastare temerariamente questa nostra volontaria decisione: se alcuno
M-t-rà tentare ciò. sappia che incorrerà nello sdegno deU‘ Onnipotentc Patire e degli Apostoli Pic-
,n><*Paolo. — Dato a Poitiers il 9 Agosto dell'anno 1307 <Irli* Incarti azione, IIP del nostro Pon-

Tassassimo ili Ira* Doleino da parte della Chiesa. non arresterà Fondata di
«•redimili che con il loro sangue mostreranno alla storia dell*umanità come una
cosca di banditi, di truffatori, di bravacci... hanno eretto forche, roghi, geno­
cidi... iti nome di un Cristo in terra che predicava ben altro. I martiri del libe­
ro pensiero (Giordano Bruno. Tommaso Campanella. Galileo Galilei...)25 o.
piti lardi, i ribelli della Teologia della liberazione...2 6 hanno gridato che non
basta piti pregare per fare una chiesa dei poveri, e il Popolo di Dio è il risulta­
to «li un’espressione storica degli oppressi della terra che rivendicano la loro
dignità di uomini liberi.
“La violenza istituzionalizzata va. generalmente, di pari passo, con l'ipocrisia
istituzionalizzata” (Gustavo Gutierrez). La sola verità evangelica è quella che
si la. che forse si prega, dopo averla fatta. Non sappiamo se la parola che libe­
ra c la parola di Cristo... quello che è certo è che l’ armonia sociale si ri/trova
nella «ostruzione di una società più giusta e più umana. E questa società egua­
litaria. dove si esprime il diritto di avere diritti, non può che passare dalla par­
tecipazione attiva delle periferie del mondo (di (*ui parlava Pasolini), verso il
centro, “ A noi - diceva Don Milani - non interessa tanto di colmare l’ abisso di
ignoranza quanto Tallisse di differenza'* tra i nerbi e i poveri... “ Quando il po­
vero saprà dominare le parole come personaggi, la tirannia del farmacista, del
comiziante, e del fattore sarà spezzata. Una utopia?” ... Devo tutto quello che
'o ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola... To ho insegnato loro solo
a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere*’ .2 7 Don Milani, confi­
nato a Barbiana dalla curia fiorentina per avere scelto Tevangelizzazione dei
poveri come rovesciamento dei valori e rifondazione della cultura a partire dal
fondo della scala soeiale28... aveva scritto (insieme a 23 ragazzi. nelTanno sco­
rtico fc48/M9), una Vita di Gesù che contiene molte analogie con II vangelo se­
tolalo Matteo di Pasolini. A partire dalla prima lezione, si studia "“storia e geo­
grafìa della Palestina per capire bene che Gesù è un vero uomo” .29 1 precetti
di Don Milani s^intrecciano con quelli della Chiesa dei poveri dell’America La­
tina e rappresentano una via d'uscita dalToppressione e dall’ ignoranza.
La Chiesa di Roma “ non può essere profeta del nostro tempo se essa stessa non
"i converte a Cristo” (Gustavo Gutierrez). l'ingiustizia soeiale non è cattiva per-
1nc danneggia i poveri, ma perché deflora grandi pezzi di popolo in nome di
Dio e dello Stato. “ 1 signori ai poveri possono dare una sola cosa: la lingua cioè
li mezzo di espressione. Lo sanno da sé i poveri cosa dovranno scrivere quan-
’I'J sapranno scrivere” (don Lorenzo Milani). Oggi sono molti i poveri che san-
,lf*scrivere, come sanno caricare un fucile... e dalle porte estreme del 'inondo
P ino Bertelli

minore*’ chiedono di entrare in società, danzando. L’ insieme delle turbolenze!


delle sollevazioni, delle insurrezioni... di interi popoli in America Latina, Afri­
ca, Oriente estremo... decretano una rottura radicale con il carattere.sovrare-
pressivo della società opulenta. “ La politica — scrive Leonardo 13off — e la
grande arma che abbiamo per costruire una società giusta... Vado adagio (rac­
conta Boff) perché ho molta fretta rii giungere alla liberazione’’ .30 L’ utopia è
sempre un’ annunci azione di ciò che non è ancora e di quello clic verrà. E l’u­
topia clic denuncia ed insorge contro l’ ordine esistente. E l’ utopia che indica il
- luogo che non c e - e fa delle rèverie (sognare, fantasticare ad ocelli aperti) il
ritorno all’ Età delVinnocenza che E umanità sembra abbia irrimediabilmente
perduta.
L’ utopia evangelica pasoliniana, si coglie nel percorso accidentale, epifanico.
scandaloso di un Cristo in forte opposizione con la civiltà materialista che ri­
getta c destituisce come depositaria di valori e riferimenti sociali. Inizia «pii
l’incendio di una Nuova Preistoria auspicata da Pasolini in Poesia informa di
rosa.31 11 Vangelo di Matteo c rispettato, ma anche violato o variato là dove
l’ utopia pasoliniana si faceva storia o poesia. I tempi cronologici sono aboliti,
il racconto avanza in modo didascalico, con salti improvvisi ed impressionanti'
apparizioni di apostoli... il lungo discorso della montagna sottolinea la figura
del Cristo in modo superbo e gli conferisce *wIa stessa violenza di una resisten­
za: qualcosa che contraddica la vita come si sta configurando alTuomo moder­
no, la sua grigia orgia di cinismo, ironia, brutalità pratica, compromesso, con-]
formiamo, glorificazione della propria identità nei connotati della massa, odio
di ogni diversità” .32 L’ utopia del dolore di Cristo si risolve in rivolta e qui Pa­
solini fa cadere anche il mito popolare che lo accompagna. Non è un Cristo binn
no quello che si ribella ai ricchi ma è un uomo al quale non basta più sperare...
per accettare una ragione murata nelLingiustizia.
L’immagine della Madonna, lo stupore della maternità, Pacccttazione di Giu­
seppe, la separazione, l’ esilio, Cristo che si nega all’ amore della madre e dei
fratelli, la conversione dogli apostoli, la danza incantata di Salomé. la dispera­
zione profonda della crocifissione... si disciolgono in una straordinaria coni'
mozione. Ma (fucilo di Pasolini é soprattutto il Cristo ribelle, quello “delle
grandi sequenze della collera, della requisitoria spietata c inflessibile contro la
6razza di vipere’ , la *generazione malvagia e adultera’ , il Cristo del graude dis­
corso antifariseico davanti a Gerusalemme, scandito da una foga implacata e]
giudicante: parole di violenza e di rifiuto dettate da sofferto e misconosciuto
amore” .33 I farisei e i sadducei sono dunque una metafora del potere moderai
no e la plebe la prosecuzione del consenso sul quale i “ nuovi barbari ha uno.
orientato i loro disegni cconomici/politici. La scena del tempio è di grande for-j
za metastorica. Cristo distrugge le merci c porta la spada là dove regnano La-
moralità e la sozzura. E un anarchico che odia la volgarità e la menzogna, fa’
dell’ amore e della diversità messaggi di fratellanza con i quali rovesciare il
mondo. Pasolini lo aveva già cantato in una poesia: “ Bisogna esporsi (questo1
Pit*r P a o lo P asoluii/Il cinem a in c o r p o

msegna/il povero Cristo inchiodato?)./la chiarezza del cuore è degna/di ogni


scherno, di ogni peecato/di ogni più nuda passione...” .3 4
( a "diversità” pasoliniana travalica il mito c trova nell impudica realtà domi­
nante. l'orgoglio e l’ umiltà del sottoproletariato planetario, schiacciato, offeso,
contaminato dai ‘“miracoli” del consueto e del banale. La malinconia, il pessi­
mismo. la collera... segnano il cammino di Cristo e il Messia si mescola alla fol­
li come uno di loro ma con la fierezza incontaminata di essere anche "diver­
so"... il profeta pasoliniano è impenetrabile e solitario. Comunica 1"in conni ni-
nthilt*. mostra ovunque che l'amore degli uni verso gli altri non si trova sugli
aligeri ma dentro il proprio cuore. La madre di Cristo, Pasolini la tratta con te­
nerezza e severità. La Maria della giovinezza (Margherita Caruso) è un florile­
gio <li dolcezza, di serenità e nel contempo i suoi primi piani spauriti rivelano
timore e paura per i ricchi, i militari, i sacerdoti che le vogliono uccidere il fi-
dio... Maria della vecchiaia (Susanna Colussi-Pasolini) è una bestemmia auto­
biografica che Pasolini ritaglia all'interno del film. La inquadra con severo
amore e sconfinata dolcezza e la vede inginocchiata di fronte al figlio in croce...
costretta ad accettare la morte per il “"figlio diverso” , che ha scelto <li morire
per tornare a vivere ancora nelle idee di libertà e di amore di tutti gli uomini.
“L'unica grandezza dell*uomo è la sua tragedia: se non ci fosse questa .sarem­
mo ancora all'epoca della preistoria... Purtroppo però il cattolicesimo non è
(|ueslo; il cattolicesimo è la promessa clic al di là di queste macerie c'è un altro
mondo, e questo invece nei miei film non c'è, non e'è assolutamente! C'è sol­
tanto la morte, non Paldilà...” (Pier Paolo Pasolini).35 La complessità dell'a­
nalisi pasoliniana sulla figura del Cristo è profonda. Non costeggia la demisti­
ficazione divina né abiura il senso del sacro. Il suo Vangelo li contiene entram­
bi... la passione di Matteo istituzionalizza la religione, quella di Pasolini non
accede al "regno di Dio” ma a quello degli uomini di ogni colore. E la rivolu­
zione interiore del Cristo che torna a parlare di felicità solo se torniamo ad es-
V

M*r<* "puri e semplici come i bambini*'. E il Cristo che grida alle genti: "non so­
no venuto a portare la pace ma la spada” .
La Palestina di Pasolini è una metafora, infatti la "scopre” o la "ritrova” in Ba­
silicata, la Galilea in Puglia. Calabria e nel Lazio. Gli attori non sono profes­
sionisti c molti ruoli li affida ad amici ( Alfonso Gatto, Enzo Siciliano. Rodolfo
M.Wilcoek, Mario Socrate, Giorgio Agamben, Francesco Leonetti, Marcello
Morante, Natalia Ginzburg). Ninetto Davoli fa una breve apparizione, nei pan­
ni di un pastorello. Pulita e sensuale la danza rii Salomè (Paola Tedesco). Sor­
prendente l'interpretazione/icona di Maria giovane (Margherita Caruso). Effi­
cace. la ruvida plasticità facciale di Giuseppe (Marcello Morante) e Giuda
(Otello Sestili). Non poteva mancare Vangelo pasoliniano (Rossana Di Rocco),
che insieme allo sguardo ingenuo del pastorello (Ninetto Davoli), sembrano di­
ri.* che tutte le cose non sono che vuote apparizioni o epifanie divine della co­
scienza. Elsa Morante fa l'assistente alla regia (insieme a Paul A.M. Sclinei-
rler). In aiuto a Pasolini, questa volta non c ’ è Sergio Citti, ma Maurizio Luci­

- lAft.
P illo B ertelli

di. Il Cristo ha il volto del catalano Enrique Irazoqui (figlio di un basco e un\..
hrea), uno studente che aveva scritto un saggio su Ragazzi di vita ed era art;
dato a Roma per conoscere Pasolini. E di un'esile bellezza solare. Ha il pas$f|
del patriarca giovane e l’ irrequietezza del rivoluzionario in armi... “ Tutti i mi­
stici non ebbero forse, dopo le grandi estasi, il sentimento di non poter più vi.
vere?... Un’ esistenza che non nasconda un grande follia è priva di valore
(E.M. Cioran). Le lacrime hanno radici più profonde di qualsiasi sorriso. In
principio Pasolini voleva dare i “ panni di Cristo'* al poeta sovietico Evtusenko.
poi a Jack Kerouac o Alien Ginsberg. I tratti somatici di Irazoqui lo imprcv
sionarono. perché avevano gli stessi stilemi dei Cristi (volti allungati, scarnigli
estrema malinconia...) dipinti da E1 Greco. Come sappiamo. Maria adulta
prende il volto della madre del regista. La scelta contiene diverse valenze. Pa­
solini le affida quasi un carneo. Si vede poco. Senza parole. Solo un grido elu­
si perde tra la disperazione e l'invettiva. Una specie di “ assalto al ciclo" dellr
contraddizioni e delle legiferazioni immorali della diversità bastonata c uccisa.
E a questo Cristo e a Maria/madre piangente ai suoi piedi insanguinati, che Pa­
solini affida la rivolta dell’utopia ed auspica un rovesciamento eh prospettiva
deirindiffcrcnza insita nella modernità.
Per il suo Vangelo, Pasolini impressiona quasi 100 inila metri di pellicola. La­
vora tra aprile e luglio 1964. Poi passa il resto dell'estate ili sala di montaggio.
La fotografia di Tonino Delli Colli è grandiosa. Delli Colli usa la pellicola Fer­
ratila P. 30 e compone dei bianchi e dei neri irripetibili. Le scenografie di Lui­
gi Schiaccianoce e Dante Ferretti sono austere. Di una bellezza povera e seve­
ra. 1 costumi di Danilo Donati contaminano l’ iconologia storica e quella am­
pollosa hollywoodiana, e bruciano la falsa magniloquenza cristiana sul sagrata
delle idee. Il film è percorso dalla musica di Johann Sebastian Bach: (“ Pas­
sione secondo Matteo", “ Fuga (ricercata) a sei voci” elaborata da Anton vini
Webern. “ Messa in si min.” , “ Dona nobis paccin” ; Wolfgang Amadeus Mozart:
“ Adagio e fuga” ; Sergej Prokof’ ev: “ Aleksaiulr Nevskij” . Ci sono Inoltre spiri*
tuals africani, una “ Missa Luba” congolese, canti rivoluzionari russi e alcun»*
musiche originali di Luis E. Bacalov. Quello che può apparire strano, è che //
Vangelo secondo Matteo è un film sul silenzio. “ I silenzi sono la forza del film
e le parole la debolezza. I silenzi di Pasolini sono affidati all’ organo che più è
legato al silenzio: gli occhi. Aon parliamo degli occhi degli spettatori, bensì do­
gli occhi ilei personaggi. Le sequenze silenziose del Vangelo secondo Matteo so*
no le più belle, appunto perché il silenzio è il mezzo più sicuro per farci fare il
salto vertiginoso alEindietro che ci propone Pasolini con il suo film. La parola
è sempre storica: il silenzio si pone fuori dalla storia, nelTassolutezza delle ine
magmi: il silenzio dell'Annunciazione, il silenzio che accompagna la morte di
Erode, il silenzio degli apostoli che guardano Gesù e di Gesù ohe guarda gli apo­
stoli, il silenzio di Giuda che sta per tradire, il silenzio di Gesù che sa di esseri’
tradito. II silenzio nel film di Pasolini non è, d'altra parte, quello del ciuenia
muto, cioè un silenzio per difetto; bensì è silenzio del parlato, cioè un silenzio
P ier P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

plastico, espressivo, poetico ’ . (Alberto Moravia).36 Le parole di Matteo non


assumono nel film il compito veristico che le opere cristianizzate sin dalla na­
si ita ilei cinema, hanno disseminalo nelle platee del mondo.
K a partire da La rie cìu Christ (1899). passando per Christ marchaut sur les
emi.x (1899), Quo Vadis? (1901) e i Quo Vadis?. Cabiria, Cliristas italiani (che
inaugurano lo spettacolo circense del Cristo)... intere generazioni si abbevere­
ranno alla grandiose canagliate rii Fred Niblo (Ben llur) o Ceeil B. De Mille
i IhWi comandamenti, Il Re dei re, Il segno della croce) e dei loro replicanti. Il
ùbt<» viene trasformato in una pop star musicale e le tentazioni terrene, per
niente evangeliche di Scortese, gli danno un volto da teppista di periferia. Po­
rlo ricordano il bel ritratto del Cristo di Julien Duvivier in Golghota (1933) e
nessuno (o quasi) si accorge di un capolavoro sconosciuto della storia del cine­
ma. Vagine del libro di Satana (1920) di Cari Th. Dreyer. Occorre attendere
illi anni *90, per vedere sullo schermo un Cristo dall’ espressione umana, quel­
lo di loto che visse due volte di TVlaresco c Cipri, che scoreggia sulla croce in
faccia a preti, padroni e a tutti gli uomini di buona volontà. A parlare del Cri­
pto con ineguagliabile sofferenza e bellezza, saranno opere come quelle di Bres-
*oii (Il diario di un curato di campagna, 1931). Rossellini (Francesco giullare
ili Dio, 1930), Dreyer (Ordet, 1954), Melville (Leon Moria, p rete. 1961). Bu­
rine! (Simon del deserto, 1965). Toti (... e di Shaul e dei sicari sulla via di Da­
masco. 1974), Straub-lluillet (Moses und Aronne* 1974), Godard (Je vous sa­
lar Marie, 1984) o Rivette (Giovanna d'Arco, 1994)... nelle quali l'impatto del
skto è anche scoperta della "'diversità" clic incrina le certezze delTunivcrso
N

borghese alle quali sono legate. E improprio dire che il Cristo di Pasolini **ri-
■'rnia sempre di sembrare una figurina" (Alessandro Cappabianca), è piuttosto
il nmtrario... la soluzione estetica scelta da Pasolini (un primo piano di lrazo-
‘pii in studio, doppiato dalla magica voce di Enrico Maria Salerno), lascia tra­
sparire (come la forza delFinnocenza con la (piale Dreyer ha illuminalo il vol­
te della Faleonetti/Giovanna d ’Arco), i tratti di un icona rihdlisti(‘a che si
•'«•entra con lutto ciò che rappresenta la borghesia intellettuale del suo tempo.
1! (risto pasoliniano non si rivolgo agli uomini inducendo loro a (‘rodere in lui,
quanto per ricordare agli uomini di non dimenticare. Come dire: ""Niente di
nuovo. M hargert yiddn. Ammazzano gli ebrei. Cos'altro vuoi che succeda?"
(I-cslic Fiedler. diceva).
Il \angelo secondo Matteo di Pasolini contiene quel fascino dell’ irrazionale,
de! divino, del mistero che domina tutto il Vangelo... a vedere in fondo, la “ sai-
vezza di un’ anima” , che è il contenuto elementare di Accattone e la denuncia
marxista della miseria del sottoproletariato delle borgate romane, non è poi co-
d distante dalla frustata laica, libertaria del Cristo pasoliniano... (piando Pa­
glini pensa ai soldati di Erode, non ha timore di vestirli da fascisti, come quel­
li di quelle squadraece che uccidevano i bambini slavi buttandoli in aria o
squartavano con le baionette le donne incinte africane. La fuga di Giuseppe e
di Maria verso l’ Egitto, la filma secondo i ricordi di ‘"certi sfollamenti di prò-
P ino B ertelli

lutili spagnoli attraverso i Pirenei"' (Pier Paolo Pasolini). Il discorso


montagna di Cristo è un un pezzo di cinema straordinario, di derivazione
realista . Dapprima Pasolini Io gira 'rivoli, in esterni, tra gli uliveti e str^
polverose. Lo trova troppo naturalista e così lo rifa in studio. E un lungo
mo piano del volto di Cristo che parla, mentre sullo sfondo si succedono i gj„r
ni, le notti e le stagioni. Luci, musica (Bach), il canto di un usignolo... s’inij,,,.
stano alla stupenda voce del Cristo:

“ ... Voi siete il sale della terra: ma se il sale diventa scipito, con che gli si renderà il sapore? Vtll
serve a niente che ad esser buttato via c calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo. Non può stare nascosta una città collocata sopra un monte, né siar­
rende una lucerna per riporla sotto il moggio, ma sul candelabro, e fa luce a tutti (incili clm*,,.
no in casa. Così splenda la luce vostra davanti agli uomini perché vedendo le v o s t r e o p e r e Imo-
ne. glorifichino il Padre nostro che è nei cieli...
Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti: non venni ad abolire, ina a perfe­
zionare. In verità vi dico: Non passeranno il cielo e la terra senza che un solo jota <>un solo api­
ce della Legge non sia compiuto. Chi dunque violerà uno solo di questi comandamenti, am-hr i
più piccoli, e insegnerà così agli uomini, sarà chiamalo minimo nel regno dei cidi: chi inveri*li
osserverà e insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Io vi dico: se la vo-tra giustizili
non abbonderà su quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli...
Udiste che fu detto: Occhio per occhio, dente per dente. Ma io vi dico di non resistere al malva­
gio. A chiunque ti schiaffeggi sulla guancia destra porgi anche la sinistra: e a chi \nule citarti in
giudizio per prenderti la tunica, lascia anche il mantello; e se nuoti requisisce per un miglio. va'
con lui per due. A chi ti chiede, dà: e a chi ti domanda un prestito, non volgergli le spalle.
Udiste che fu detto: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli
del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni e man­
da la sua pioggia sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Che se voi amate quelli che vi amano, «piale
ricompensa ne avrete? Non fanno forse Io stesso anche i pubblicani? E se salutate i fratelli vostri
soltanto che fate di straordinario? Non fanno forse lo stesso i pagani? Voi dunque siate dei per­
fetti come c perfetto il vostro Padre che è nei cieli...
Badate poi di non fare le vostre opere buone in presenza degli uomini per essere guar dati da lo­
ro, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a le. come gli ipocriti fanno nel­
le sinagoghe e nelle strade per essere glorificati dagli uomini: in verità vi dico, som» già in pos­
sesso della loro ricompensa. IVIa quando fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra, ciò che fa la
tua destra, affinché la tua elemosina rimanga segreta, e il Padre tuo clic vede nel segreto te nr
darà la ricompensa...
E quando pregate, non imitate gli ipocriti che pregano per essere veduti, stando in piedi in mez­
zo alle sinagoghe o agli angoli delle piazze: in verità vi dico che hanno già riecv uto la loro ricom­
pensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua stanza e. chiusa la porta, prega il Padre tu"
che vede nel segreto e le ne darà la ricompensa. Pregando, poi. non moltiplicate le parole a fior
di labbra come i pagani: essi credono eoi loro molto parlare di essere ascoltati: non vi rassomi­
gliate dunque a loro perché il Padre vostro sa quali cose avete bisogno prima che voi gliele chi*'-
diate. Voi dunque pregate così:
...Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua vo­
lontà come in cielo così in terra, dacci oggi il nostro .pane quotidiano, rimetti a noi i nostri de­
biti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori, e non ( 'indurre in tentazione, ma libb­
ra dal Maligno...
Non giudicale affinché non siate giudicati: con quel giudizio eoi quale giudicate sarete giudicati»
e con quella misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza cheèluT
P ie r P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

IWliio ilei tuo fratello, mentre nella tra\e che è nelPocchio tuo non l'accorgi? () come dirai al
tuo (mirilo: Permeili che io tolga la pagliuzza dal tuo occhio quando una trave è nell'occhio tuo?
Irrita, togli prima dal luo occhio la trave, c allora ci vedrai a togliere la pagliuzza dall occhio
di tuo fratello. Non date le cose sante ai cani, né gettate le vostre perle davanti ai porci, perché
non le calpestino con le loro zampe, c rivoltatisi contro di voi. non vi sbranino...
Entrale per la porta stretta, perché è larga la porta e spaziosa la strada che conduce alla perdi-
:iJ,ne. c molti sono quelli che entrano per essa. Quanto stretta è la porla e angusta la strada che
fondure alla vita, o pochi quelli che la trovano!...
(«M aritatevi «lai falsi profeti, i quali vengono d a voi in sembianza «li pecore, ma dentro sono lu­
pi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si colgono forse dalle spine grappoli, e dai rovi fichi?
<>oi ugni albero buono «là frutti buoni c ogni albero cattivo dà frutti cattivi. Non può un albero
Imi«no produrre frutti cattivi, né un aliterò cattivo ilare frutti buoni. Ogni albero che non dà
fuori fruito c tagliato e gettato nel fuoco...
Chi tluntpie ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio il quale edi­
lli-,, la h,ju casa sopra la roccia. Cadde la pioggia e vennero i fiumi e soffiarono i venti e infuria­
rono mi quella casa, ma essa non crollò, perché era fondata sulla r«>ccia. Chi poi ascolta queste
mie parole e non le mette in pratica è simile a un uomo stolto il «piale edificò la sua casa sopra la
vihliia. Cadde la pioggia e vennero i fiumi e soffiarono i venti e irruppero su quella casa, e crol­
li». »*la sua rovina fu grande* .37

II Cristo di Pasolini, come quello di Matteo, “ non parla con dolcezza. Non ha
mi carattere dolce. La dolcezza è una tipica caratteristica della borghesia e, nel
testo di Matteo, davvero questa dolcezza non traspare” (Pier Paolo Pasolini).
Ed anche se il regista filmando Cristo, pensava a Lenin, proprio non si vede co­
me certa critica di sinistra abbia visto nel suo Cristo, Stalin. Il volto di Gesù si
V.

-caglia fuori dall’iconologia dominante. E iconoclastico, inflessibile, a tratti


\iolento. Un povero tra i poveri e un rivoluzionario per i potenti.
Il I arigelo secondo Matteo venne presentato alla XXV Mostra del cinema di Ve­
nezia ( \settembre 1964). Quando Pasolini entrò nel palazzo del Cinema, fu ac­
colto da fischi, lanci di pomodori e uova (ad opera di giovani fascisti). Insieme
a lui. furono aggrediti anche Giorgio Bassani e Renato Guttuso. Il pubblico, al­
la fine della proiezione, riservò al poeta una vera e propria ovazione. Goffre­
do Foli e Franco Fortini, su Quaderni Piacentini, dissentirono molto sul film e
lo considerarono sedizioso e controrivoluzionario. Gli abatini di L'Osservatore
Marnano ironizzarono su questo Vangelo umanizzato che “ pur mancando del
mistero messianico” era importante solo per il fatto che un “ marxista ateo’"
avesse trattato tale argomento. La stampa di destra (Il Tempo), scrisse in que­
sto film "\ì diavolo si fa frate” e che questo “ Vangelo secondo Marx” era un tri­
buti) al comuniSmo.3 8 II Leone d ’ oro andò a Deserto rosso, di Michelangelo
Antnnioiii, film piuttosto stupido (soprattutto per Pinterpretazione bovina di
Monica Vitti) ma di una certa bellezza formale (che peraltro Pasolini apprezzò
»*difese).
A II Vangelo secondo Matteo furono conferiti diversi riconoscimenti artistici: il
Premio speciale della giuria: “ ...per Vintelligenza, per la sapienza storica e fi­
gurativa. [ter la durezza del significato sociale, per la genialità della scelta dei
tipi umani” . Prese inoltre il Premio dell’ Office Catholique International du Ci-
P ino B ertelli

nenia (OCTC): ‘“...per aver espresso in immagini di un’ autentica dignità esteti­
ca le parti essenziali del lesto saero. L’ autore - senza rinunciare alla propria
ideologia - ha tradotto fedelmente, con una semplicità ed una densità umana
talvolta assai commoventi, il messaggio sociale del Vangelo - in particolare Tu­
more per i poveri e gli oppressi - rispettando sufficientemente la dimensione
divina di Cristo"’ . Premio Cinefonim: “ ...P er la sincerità e 1*umiltà con le qua­
li il regista ha saputo accostarsi al testo evangelico. Riconosce nel film lo sfor­
zo, tra dubbi e contrasti, di costruire il racconto cinematografico - fuori dagli
schemi di una abusata iconografia —secondo i moduli sempre rinnovatesi della
poesia popolare, così da offrire un’ opera poetica, efficace veicolo per la comu­
nicazione fra gli uomini 4lei messaggio evangelico” . Premio dell*Union Interna­
tional de la Critique de Cinema (UN.l.CRIT.). Premio Lega cattolica per il ci­
nema e la televisione, della RFT, in (pianto: “ ...notevole esempio di rappre­
sentazione di una materia religiosa*’ . Premio (atta di Imola. Grifone d'oro a
Pier Paolo Pasolini: “ ...il quale, con II Vangelo secondo Matteo propone allo
spettatore, in un vasto quadro culturale, figurativo, ambientale, una rappre­
sentazione della vita di Cristo vivificata da ampi motivi drammatici religiosi ni
umani” . Il 24 settembre, ad Assisi, viene consegnato a Pasolini il Gran Premio
0C1C: “ ...Quest’ opera d ’ arte attesta una incontestabile preminenza su quan­
to fin qui dettato dal cinema nel campo della Sacra scrittura: Fautore ha tro­
vato una chiave per illustrare il Vangelo e restituirci la sua realtà senza cari­
carla con ricostruzioni storiche. Per la prima volta un autore ha optato per
una ragguardevole fedeltà al testo sacro. Le immagini, spesso molto realistiche,
contribuiscono a prolungare il messaggio fino ai nostri giorni. La persona del
Cristo fondatore della Chiesa, la sua virilità e la sua umanità, la sua vita intc­
riore e la sua dottrina sono evocate con sobrietà e senza manchevolezze di c«su-
sto. L esteriorizzazione dei sentimenti, troppo marcata, in certe scene, come hi
strage degli innocenti. Maria di lìetania. la ‘Mater dolorosa’ , non \a oltre
quanto si trova nciriconografia cristiana. La giuria si duole clic, nella versio­
ne italiana che le è stata presentata, il Cristo abbia un tono troppo facilmente
aggressivo o da giudice, che non è sufficientemente evocativo della sua miseri­
cordia e della sua bontà . Inoltre il Vangelo pasoliniano si arricchisco del Pri\
d excellenoe. IV Concorso tecnico del film (Milano): “ ...per Feccellenza della
Litografia in bianco e nero che, con toni tecnicamente esatti od efficaci, rende
le qualità che il racconto filmico richiedeva” . Premio Caravella d ’ argento. Fe­
stival internazionale di Lisbona (26 febbraio 1965): “ ...per valori spirituali
particolari . Successivamente, 1 associazione dei critici cinematografici conse­
gna il Nastro d ’ argento 1965 a Pasolini per il miglior film, a Delli Colli per la
fotografia e a Donati per i cosi unii.
Dopo la visione francese del film di Pasolini, sale l’indignazione contro il regi'
sta. Michel Cournot, del I\ouvel Observateur. dice che Pasolini è un ipocrita e
il suo film è un “ perfetto esempio di arte pedo” . F aggiunge: “ Pasolini ci pren­
de tutti in giro... E un uomo eolio, di un’ astuzia infernale. Una vera scimmia” -
P ier P a o lo Pnsolini/U cin em a in c o r p o

rhe lui fatto passare un ‘film religioso e di pura propaganda religiosa, una tra­
forinone fedele del Vangelo, per Topera di un marxista” (Michel Cournot). An­
toni una volta Pasolini trova aiuto in Gramsci e risponde che il suo film è un'o­
pera nazional-popolare. Un discorso "libero indiretto” che cerea di afferrare
finterà realtà del racconto mitologico. INe II vangelo secondo M atteo, i riferi­
rne» ti/richiami di Pasolini a VApocalisse di Giovanni, l'ultimo libro del INuovo
testamento, sono frequenti. 11 film diviene Immagine/Parola. Trionfo della
spazzatura e storia rivelata come deposito di spaventi, stragi e sterminii. La
menzogna si fa poesia biblica e l’ apparenza del mondo diviene realtà santifica­
ta da tutti. Giovanni: “ A ehi vince e persevera nelle mie opere fino alla fine, gli
darò il potere sopra le genti;/egli te tratterrà con bastone di ferro, e saranno in­
frante come vasi d ’ argilla./E il potere che io ho avuto dal Padre mio; anche
(podio di darvi la stella del mattino./Chi ha orecchi, intenda quel che lo Spiri­
ti» dire alle chiese.../Chi vince, io lo inviterò sul mio trono, così come io ho vin­
ti» e mi sono seduto sul trono del Padre mio./Chi ha orecchi, intenda quel che
10 Spirito dice alle chiese./Chi è portato in prigionia, vi si avvìi, e ehi dev’ esse­
re ucciso di spada, lo sia./Questa è la splendida pazienza dei santi” .39 Non ba­
sta dire ohe “ Famore di Cristo è inseparabile con Paniere al prossimo” (Mat­
teo)... quello che più conta è amare il prossimo senza chiedere perché... per co­
noscere Cristo è necessario conoscere l’ uomo.
11 ‘fraterno amore” di Agostino situa Cristo fuori dal culto o almeno si pone in
un'umanità dalla quale allontanarsi è cadere, alla quale rivolgersi è risorgere,
nella quale restare è ritrovare la forza, nella (piale abitare è vivere in amore gli
uni con gli altri... E un amare Cristo attraverso i poveri. Niente più. A vedere
in profondità al Cristo pasoliniano, possiamo ritrovare l’utopia del monaco-
eremita Gioacchino da Fiore o la ribellione in armi del fondatore della Lega de­
gli eletti, Thomas Miintzer. Gioacchino da Fiore studiò a fondo e in modo sin­
golare il Yeecliio e Nuovo Testamento. Scrisse le sue profezie nel Libro della
concordici tra il Nuovo e PA ìttico Testamento (1180), elaborò la fine dello sfrut­
tamento dell’ uomo sull’ uomo e le sue idee hanno influenzato utopisti, liberta­
ri. marxisti radicali, anarchici... di ogni angolo della terra. L’ abate calabrese,
vide l'ascesa verso VEtà dell'oro dell’ umanità, attraverso tre successive epu­
rile. ciascuna presieduta da una delle Persone della Trinità. La rivoluzione
ereticale pasoliniana nasce dalla convinzione che sopprimere Io stato di cose
presenti e cercare di sostituirlo con i valori di una società meno feroce, basata
su rapporti culturali differenti a quelli prestabiliti dalla rcligione/ideologia del
disordine... significa cercare di mettere fine all*assoggettamento di interi po­
poli da parte di una classe sociale, quella al potere. La costruzione di una so­
cietà nuova/giusta passa attraverso la ribellione e ii superamento della violen­
za istituzionalizzata. La libertà di un nomo, come quella ili un popolo, passa
sulla fine dell’ ordine (che si fa ragione) di pochi uomini che continuano a vive­
re (come semidei) sulla miseria di molti.
IVr Pasolini 4ila Chiesa è lo spietato cuore dello Stato” e lui V“ Usignolo dol­
P illo B ertelli

ceardente9' che canta le sue miserie come Le sue illuminazioni. L'iiuiocvn^


evangelica pasoliniana. riemerge (nel cinema, nella poesia o nei suoi scritti j,u
litici) in vampate di rivolta disperata e anarchica e come rinnoeenza amaro**
gioachirnita, fonda il suo spirito eversivo in una libertà radicale strappata al-
l ’aldilà, dove la felicità e la gioia si fanno spregio di ogni potere. Le teorie ere-
lidie di Gioacchino da Fiore, offrono uno spaccato di autentica sollevazione
deirintelligenza contro l’oscurantismo eia centralità violenta del potere eccle­
siastico e temporale. I suoi scritti si aprono ad una visione utopica/libcrta-
ria/religiosa che entrano o escono dall'intera opera pasoliniana. Per giunger
all’ Età d'oro gioaehimita (o ritornare alla Preistoria pasoliniana P i passaggi
verso un tempo dell'amore e della libertà sono elencati nell’ opera delFahate:

“ li primo tempo è stato quello della conoscenza, il secondo quello della saggez
za, il terzo sarà quello della piena intelligenza.
11 primo è stato l'obbedienza servile, il secondo la servitù filiale, il terzo sarà la
libertà.
Il primo è stato la prova, il secondo Fazione, il terzo sarà la contemplazione.
Il primo è stato il timore, il secondo la fede, il terzo sarà Famore.
11 primo è stalo Fetà degli schiavi, il secondo dei figli, il terzo sarà quella degli
amici.
Il primo è stato Fetà dei vegliardi, il secondo dei giovani, il terzo sarà Fetà «Iti
bambini.
Il primo è trascorso alla luce delle stelle, il secondo è stato l'aurora, il terzo sa­
rà il giorno pieno.
II primo è stato Finverno, il secondo l’inizio della primavera, il ter zo sarà I e*
state.
Il primo ha portato le ortiche, il secondo le rose, il terzo porterà i gigli.
11 primo ha donato l ’erba, il secondo le spighe, il terzo darà il frumento.
Il primo ha donato l’ acqua, il secondo il vino, il terzo donerà Folio.
Il primo si riferisce alla settuagesima, il secondo alla quaresima, il terzo sarà la
Pasqua.
La prima epoca si riferisce dunque al Padre, che è Fautore di tutte le cose, la
seconda al Figlio che si è degnato di rivestirsi del nostro fango, la terza sarà 1b-
poca dello Spirito Santo, di cui Fapostolo dice: "Là dove c'è lo spirito del Si­
gnore, là c ’ è la libertà” .4 0

Fece perché le Chiese mentono. Nelle Chiese c'è Io spirito del cannone. E I a*
more è una faccenda da santini e conti in banca. Si trovano vescovi i quali ab
fermano “ che la schiavitù è una legge naturale, perché è molto naturale che ab
euni, molto intelligenti, tengano a servizio altri meno dotati” .41 La pace coni**
tranquillità dell ordine porta a giustificare ogni violenza ed apre le prossim1’
guerre d esportazione (protette dalle Grandi Istituzioni Internazionali) ai veO’
ditori d'armi & di ideologie
Pi<*r P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

l'ìnsticresso commerciale de II Vangelo secondo Matteo. rese difficile a Bini,


nitrire i finanziamenti per VOrestiade africana. “ il primo film in cui si parli
Vqdìeitamente’ un linguaggio marxista e rivoluzionario, senza mezzi termini,
sentimentalismi” (Pier Paolo Pasolini). Ci vorranno ancora qualche an­
no per vedere sugli schermi italiani, gli appunti pasoliniani sull’ Africa nera. Il
«{limitilo culturale sul Vangelo pasoliniano inonda i giornali a grande tiratura,
riiiscuno dire la sua ma tutti rimproverano al poeta di essere divenuto un “"opi­
nionista** ricercato dalla stampa più comprata. La schiuma intellettuale tratta­
va Pasolini come “ un terrorista culturale” (Guido Piovene) e alla maniera di
(bear WiJdesi cercava di metterlo alla gogna. Le .sue schermaglie culturali con­
tro il "Gruppo "63” sono abrasive e da entrambe le parti si gioca a fare la ri­
voluzione nei caffè e nei salotti romani. Cassola, Vittorini, Pratolini, Bassani,
Moravia. Pavése, Levi, Braneati, Pasolini... sono messi al bando dai seguaci di
Snuguineti/Sealia e l’informale della “ Pop Art” diveniva la nuova Bibbia. Il
"frappo *63” celebrava (così dicevano) il “ de profundis” dell’ arte figurativa e
1>*•Pisi*, Morandi o Rosai dovevano finire nei sottoscala dei musei. Di lì a po­
ro. l'avanguardia poetica del “ Gruppo "63” sarà analizzata con cura e si potrà
vriiere bene, che quella richiesta di rivoluzione della poesia (fatta e da fare)
non era altro che quella di Eliot, Potimi o Whitman. Pasolini intensifica i suoi
interventi in tavole rotonde, convegni, seminari sugli studi emergenti dei lin­
guaggi operati dalla semiologia... Umberto Eco, con il (piale si trova spesso al­
lo stesso tavolo, lo giudica un “ seminiogo di seconda categoria” , ma troppo in
IrHla... "nessuno, in Italia, che avesse realmente tenuto in mano una macchi­
na ila presa, aveva mai riflettuto così a fondo sulla filosofia simbolica della ri­
produzione della realtà sul film. Si rivolse all’ analisi del linguaggio non come
professore, bensì come poeta-sociologo; e all’ antropologia non come laureato
Im’Mm i onie uno che prendeva Vumanità come materia grezza del proprio labo-
ral»»rio‘\42
Ouuinlo Pasolini, scrisse su Vie Nuove, l’ articolo - Nuove questioni linguistiche
paludati delle università italiane e scribi illustri de L’Espresso. il Giorno, Ri-
nasata aprirono la battaglia... ma Pasolini (appoggiandosi a Roland Barthes,
hhmiian Metz e ai giovani critici di Cinema & Film) restò fermo sull’ idea di
un "cinema di poesia” che contiene il carattere del sogno, e la fisicità delle co­
si* filmate sono poetiche in sé. “ Il cinema riproduce il linguaggio di Dio; come il
p»K*ta. il regista è il messaggero di quel linguaggio di segni, della realtà stessa”
iBarili David Sehwartz). Ogni cosa che si filma è sacra. E dalla comunione del-
le cose (il modo in cui si filmano persone, alberi, cieli, mari, boschi, sogni...) c
■9intrecciano insieme (il montaggio), che fanno di un film una porcata o un’ o­
pera d'arte. “ 11 cinema di poesia è il cinema che adotta una particolare tecni­
ca. proprio come un poeta adotta una particolare tecnica nello scrivere versi.
apre un libro di poesie, si riconosce immediatamente lo stile, il modo di ri­
mare e tutto il resto: si vede la lingua come strumento, si contano le sillabe di
un verso. L’ equivalente di quello che si vede in un testo poetico lo si trova in
l 'i n o lie r te llt

un testo cinematografico, attraverso gli stilemi, ossia attraverso i movimenti <Jj


macchina e il montaggio. Pei* cui fare film è essere poeti'' (Pier Paolo Pasoli­
ni). 4 3 Dunque la realtà è un linguaggio e non occorre fare la semiologia del ci­
nema ma la semiologia della realtà (gridava nel vuoto Pasolini). Era già chia­
ro, che il declino delle ideologie si riversava dall’ opera d'arte alla vita e dalla
vita agli scranni del potere.
La pianificazione del mondo, sta nella perfezione spcttacolarc/linguistica che
rende superflua ciascuna libertà, ciascuna tolleranza. La libertà del volere au­
spicata da Jtinger, viene impiccata nelEagorà dello spettacolo dove ciascuno si
sente Re o padrone dello Stato... è una forma di coscienza lasciala passare co­
me ‘"democratica” , che partecipa il cittadino al voto, al governo, al cambia­
mento... una sciocchezza destinata alla stupidità delle masse... il fatto è che
questa forma di coscienza sociale. viene trasferita nelle relazioni fra gli uomi­
ni. ^como fosse un bastone di comando che, passando da una mano all’ altra,
conferisce il potere a dii ne è in possesso. Il segno dell'autorità si imprime fin
sul volto dell'ultimo pastore'\44 dell'ultimo sbandato o dell'ultimo banchiere.
II destino di ciascuno è nelle mani di tutti ma nessuno vuole afferrare il tempo.
Il sentimento di morte o di disperata vitalità (che è la stessa cosa) nel cinema
pasoliniano, conserva un profumo di fiori di maggio c non si sottrae al destino
inesorabile della “ diversità ' vissuta come lucida follia ai bordi ingenui della
poesia. L’immanenza della morte nell’ opera cinematografica pasoliniana. è un
canto di straordinaria tenerezza che segna il trionfo definitivo della ■‘'normali­
tà sull esistenza di tutti. Al culmine della disperazione non ci sono idee o dot­
trine per salvare Ramina... ma solo passioni e ossessioni che fanno di un pen­
satore, uno squartatore di anime o un cospiratore di sogni.

I. Il cinema di poesia o la poesia nel cinema

Nel 1966, Pasolini filma Uccellarci e uccellini, “ operetta poetica nella lingua
della [irosa (diceva il poeta), che figura con grande destrezza ereticale, la ca­
duta degli angeli della diversità. Qui la passione eretica/ascetica e 1 utopia/fa­
vola politica del poeta si mescolano alla passione per la verità senza rinunce...
1 oggetto del racconto è la “ scomparsa dell‘'individuo nella società capitalistica
dei monopoli (Pier Paolo Pasolini). Il marxismo che fuoriesce dal film è dis­
incantato, amaro, crepuscolare... le attese messianiche del comuniSmo sono
franate e lo sguardo di Pasolini è volto verso i singhiozzi del Terzo Mondo. L’ ib
Iasione rivoluzionaria della sinistra è vista come tradimento (della Resistenza)
c gli operai, i contadini, gli intellettuali, i maestri piccoli del pensiero “ comu­
nista" sono sottolineati coinè depositari del mondo borghese che dicono di vo­
lere abbattere. Gramsci è morto (per le vessazioni del carcere fascista) e To­
gliatti non è certo il suo profeta. La via/poetiea, eversiva di Pasolini, iniziata
con Accattone, Mamma Roma. Lo ricotta, Il vangelo secondo M atteo... in Le-

112
l ler 1 a olo l'a so lin i/ll em onia in c o r p o

bellocci e uccellini getta ogni forma di “ pudore militante'' e il dopostoria del­


l’umanità viene ammucchiato in una sorta di “ pastiche” irriverente, libertario,
che la deirazzurrità dei cieli cristiani e delle bandiere rosse “ comuniste” una
specie di postribolo dell’ immagine, della comunicazione, dell’ impostura dove le
mille parole del padrone educano le trecento parole deir operaio, all obbedien­
za.
I ccelJacci e uccellini è il pellegrinaggio di due strani “ viandanti” , Totò/Mar-
re11.0 Innocenti (lo to ) e Ninetto Innocenti (Ninetto Davoli). Padre e figlio. Non
si sa dove sono diretti né cosa vogliono. Percorrono a piedi le strade assolate,
vuote, misere della periferia romana. Nella banalità dei loro discorsi si celano
i contenuti metastorici de IPinsieme comunitario. Si fermano in un bar, Ninetto
d mette a ballare Phully-giilly con alcuni ragazzi, poi va a cercare una sua ami­
chetta. La trova in una baracca, vestita da angelo. (L'ironia pasoliniana dei ra­
gazzi che ballano davanti al juke-box è salace. Hanno perduto la furbizia in­
solente di un tempo e stanno entrando in società danzando... involti nei gior­
nali hanno il pranzo, sono divenuti operai sindacalizzati ma non riescono a
prendere 1*autobus del passato e nemmeno quello del futuro che li porta in fab­
brica... sono già morti, inglobati nella piccola borghesia periferica della nuova
società opulenta). Intanto Totò, confuso in lina piccola folla, assiste alla trage­
dia di una famiglia di sottoproletari, che si è suicidata col gas in un palazzo
abusivo, non ancora finito di costruire. Totò c Ninetto continuano il loro viag­
gio. Parlano ilei poveri, ormai omologati alla lingua/immagine del '“sistema” ...
non hanno più nulla da perdere, nemmeno le loro catene... “ passano da una
morte a un’ altra morte” , senza neppure accorgersi della loro esistenza. Un cor­
vo parlante (che proviene dal Paese di Utopia, il grillo-coscienza di Pinocchio,
(pii è (l’ obbligo non dimenticare!)... si unisce alloro cammino. Insieme voglio­
no andare “ laggiù” , ma non sanno dove. Il corvo, (che come avverte una dida­
scalia. è rimmaginc/metafora di un intellettuale prima della morte di Togliat­
ti). racconta a Totò e Ninetto un storiella clic parla di uccellacci e uccellini. Si
torna sette secoli indietro, nella comunità di Francesco d*Assisi. Il "santo” ha
già parlalo agli uccelli e incarica Frate Ciccillo e Frate Ninetto di evangelizza­
re i falciti e i passeri, di educarli all’Amore Celeste. Frate Ciccillo fa il voto di
pregare in ginocchio finché non avrà portato al Signore i falchi della rocca. Re­
sta immobile in una radura. Per un anno... lì fermo, sghembo dai pastori e
dalla gente, impara il linguaggio dei falchi e porta loro alla scoperta dell’Amo­
re Celeste. Ma Frate Ciccillo non è contento. Ora vuole portare alla fede anche
i passeri. Si reca in un paesino, s’ inginocchia tra delle rovine e dire che non an­
drà più via fin quando non sarà riuscito ad evangelizzare i passeri. Di lì a po­
co. intorno al fraticello immobile tra i ruderi, viene costruito un altare e sorge
una specie di mercato ili oggettistica votiva... una ciurma di storpi, folli,
“ freaks” accorre sul luogo per farsi miracolare dal “ nuovo santo” . Frate Cic­
alio non accetta questo spettacolo e caccia a pedate i mercanti dal tempio.
Quando capisce clic i passeri comunicano a saltelli, comincia a saltellare e li

121
Pino B ertelli

conduce nelParmonia deir Amore Celeste. Compone di gotto anche un nuovo


“ Cantico dell Creature " clic dice: "Beato sii per quieto monno, che re panno
campa tutti, pure quelli che non ponilo” . Quando la missione di Frate Ciceillo
e Frate Ninetto sembra essere compiuta... un falco afferra un passero c lo sbra­
na. Frate Francesco, (quello che diceva di parlare con gli uccelli, che si rotola­
va nudo nell'erba, che dormiva sotto gli alberi e si lavava solo quando piove­
va... una specie di scemo in preda ai furori delFascetismo religioso), spiega ai
fraticelli che - "1 falchi come falcili 1*adorano il Signore. E pure lì passeretti,
come passerotti, per conto loro je sta "bbene, l’ adorano il Signore. Ma il fatto
è che fra loro se sgrugnano, s’ anunazzano. E che ee posso fa io se ci sta la clas­
se ilei falchi e quella dei passeretti, che non possono andà d'accordo fra di lo­
ro?'’ . Poi si richiama ad Alì (Marx) dagli occhi azzurri (e citando 11 capii ale)
dice che questo mondo non va trasformato, va cambiato. Ammutoliti. Tutù. Ni­
netto e il corvo riprendono il cammino. Vanno a cagare in un campo dove c’è
un cartello: "Proprietà privata” . 11 padrone della terra e la moglie gli sparano
addosso e dicono di portare via la loro merda. Arrivano in una casetta di loro
proprietà per risc uotere l’ affitto. La gente che la abita non ha i soldi nemmeno
pei* sfamare i loro figli... li tengono a letto tutto il giorno facendo credere loro
che è 4"ancora notte’ ... mangiano solo nidi di rondine. Se non avrà l’ affitto. To­
te) dice che passerà a vie legali. Il corvo rammollisce di stare calmo, perché so­
no i pesci grossi che mangiano sempre i pesci piccoli. Sulla strada... Tutù. Ni­
netto e il corvo incontrano una compagnia di guitti... la loro macchina si c rot­
ta. La prima attrice della compagnia partorisce all’ombra della Cadillac, ha
bambina che nasce viene accolta con gioia. Uno degli attori truffa Totò. gli ap­
pioppa un antifecondativo scaduto per lui callifugo. Poi Totò e IVinetto vanno
dal loro padrone di casa, un ingegnere, e si trovano in un convegno di ''denti­
sti dantisti . La profezia del corvo si avvera. 11 pesce grosso sta per mangiare
il pesce piccolo. Due cani lupo tengono a terra Totò e Ninetto. Totò gli «lice che
non ha i soldi per 1 affitto, che gli sono accadute delle disgrazie ma che paghe­
rà appena possibile... 1 ingegnere non si commuove (come Totò con i suoi affit­
tuari) e minaccia di mandarli in galera. Poi si ritira nelle sue stanze. Totò e ÌNi-
netto pensano qualche istante a forme di “ rivolta sociale” ... sulle note di una
canzone partigiana (“ Scarpe rotte” ) emergono piedi di uomini vestiti misera­
mente... in controcampo si vedono i funerali di Palmiro Togliatti. (I funerali di
Togliatti sono montati in modo epico, non lontano da una cinica ironia... i vol­
ti atterriti degli uomini, donne col pugno chiuso verso il cielo... fantasmano un
semidio e l’ omaggio diviene una specie di confessionale dove ciascuno mostra
l’ importanza gregaria del lutto elaborato come atto politico. Cristo, Togliatti o
Jack lo squartatore... fa lo stesso... ciò che è importante per la plebe, è l'ado­
razione divina e la servitù volontaria). .Senza farsi vedere dal corvo, prima Ni­
netto e poi Totò, si accoppiano in un campo con una prostituta che si chiama
Luna (Femi Benussi). Il corvo comincia a filosofeggiare su tutto... Totò e Ni­
netto cercano di abbandonarlo ma non ci riescono... poi Totò decide di man-
Pi«*r P au lo P asolin i/!! cin em a in c o r p o

piarlo - “ Tanto, se non ee lo mangiamo noi, se lo mangia qualchedun'altro'' —...


afferra il Corvo, gli spezza il collo e Io arrostisce. Dopo averlo mangiato, Totù
e Ninetto vanno "per la strada bianca, verso il loro destino come nei film di
Oliarlo!*’ (Pier Paolo Pasolini), mentre un aereo graffia mi eielo sbiadito. 1 car­
telli segnaletici ai lati della strada, Istambul km 4.253 e Cuba km 13.257, sim­
boleggiano, forse, il Terzo Mondo che avanza.
La favola pasoliniana sconcerta. E un film che non ha precedenti. Un’ opera «li
poesia gremita di riferimenti cinefili... la fissità stoica di Keaton, la tenerezza
perdente di Charlot, i richiami ai circensi felliniani e la bruta verità del ncore-
lisino rosselliniano... sono disseminati nell’ architettura filmica ma Pasolini li
«létourua in altra poesia... La rielaborazione tecnica dei significati del segno ci­
nematografico di Pasolini, è alta. “ L'autore —scrive Pasolini —non possiede un
dizionario ma una possibilità infinita: non prende i suoi segni (im-segni) dalla
teca, dalla custodia, dal bagaglio: ma dal caos, dove non sono che mere possi­
bilità o ombre di comunicazione meccanica e onirica” .4 5 A differenza dello
scrittore, che per scrivere un romanzo elabora un’invenzione estetica, la ri­
cerca deir autore cinematografico è prima linguistica e poi estetica. Non sem­
pre queste idee di Pasolini, immerse nel film, sono comprese dalla critica. Per
Giovanni Grazzini, Vccellacci e uccellini è “ un girotondo fittizi amente popola­
resco, in realtà uno sfogo personale che rivela ancora lina volta i guasti porta­
ti dal sovraccarico di cultura in una personalità artistica sempre notevole sul
piano dell’ immediatezza espressiva” .4 6 Lino Micciché coglie nel film, quel ““ci­
nema di poesia” che ha la capacità di “ trasformarsi in umanissima tensione li­
rica... di essere quasi a tratti ‘ naif’ e ad un tempo così dotato di razionalissima
barbara forza espressiva” .4 7 Mino .Argentieri, scrive che “ il film giunge al
pubblico in modo provocatorio, si annuncia prodigo di comicità e comico è, ma
lia una profonda venatura malinconica, un’ amarezza trasparente fra le righe,
un pessimismo critico che s’innalza a poesia” .4 8 Guido Link è più aulico e di­
re che Uccellarci e uccellini "'“si presenta, scopertamente, come un ‘epitaffio per
gli anni Cinquanta’ , con i funerali di Togliatti, i problemi del Terzo Mondo, la
trasformazione dei rapporti di produzione in seno alla società neocapitalista, e
gli apostoli ingenui e fanatici del marxismo di ieri condannati a essere mangia­
li in salsa piccante. Un abbi, un atto di presunzione? Non diremmo. Piuttosto
una nuova, e generosa, autocrocifissione (con tutto quel che comporta di nar­
cisistico, ma anche di eroico), che può valere ad avviare un discorso rivolto a
noi tutti, ad avanzare un’ ipotesi, o almeno a chiudere un bilancio” .4 9 Alber­
to Moravia, non teme di dire che Uccellarci e uccellini "contiene alcune tra le
cose più belle di Pasolini: ed è probabilmente il più pasobniano tra i suoi film,
quello, cioè, nel quale il regista s’ è più avvicinato al discorso libero e pieno di
imprevisti che, almeno per ora, sembra essere lo scopo al quale mira il suo ci­
nema” .5 0 Pasolini congeda un’ opera che lui considera così delicata, indifesa e
riservata, tanto che in molti vi leggeranno un’ altra cosa.
Certi recensori scriveranno di non aver compreso nulla del film ma di avere ap­
P ino B ertelli

prezzato la bellezza delle immagini, il pubblico restò deluso perché Totò non fa*
cova ridere. In questo film, se mai ce ne fosse stato bisogno, Pasolini si porla
allo scoperto e assume, come era suo costume, il coraggio delle proprie idee. Il
leiìia cbe tratta è esplicito. lai crisi del marxismo c la fine della Resistenza (tra­
dita). Dice il corvo: “ Non piango sulla fine delle mie idee, clic certamente ver­
rà qualcun altro a prendere la mia bandiera e a portarla avanti! Piango sudi
ine...” . Quando scrive la sceneggiatura, Pasolini tiene presente “ un corvo mar­
xista. ma non non del tutto ancora liberato dal corvo anarchico, indipendente,
dolce e veritiero” (Pier Paolo Pasolini) dell’ autobiografia. Il corvo era dunque,
il punto di non ritorno dell’ideologia marxista e il momento storico del suo su­
peramento. Di metafora in metafora si riallaccia alle lotte di liberazione del
Terzo Mondo e airimmensità della storia umana defiorata e calpestata dai nuo­
vi padroni. Se in molti lo considerano il suo film migliore (Roberto Rossidimi),
lui con la forza leggera dell’orgoglio, dire che è il suo film più puro. *'l.a vera
via passa su una corda, che non è tesa in alto, ma rasoterra. Sembra fatta pili
per far inciampare che per essere percorsa” (Frantz Kafka). Sotto la coscien­
za del vero r'c il sottopassaggio cbe porta alla felicità dell’ infanzia e lì la favo­
la bella non è mai finita. Anche se l’eco disperato dei pianti delTinfanzia si tra­
scolora nel silenzio cinico della vecchiaia, tutte le strado portano al sogno, al­
l’ utopia, alla fantasia che rinnega ogni cosa per volare nella verità dell'anima
o neiresplosione dello spirito: "Sai perché la nostra bandiera è rossonera? Ros­
sa, per la battaglia; e nera, perché lo spirito umano è oscuro” (Hans INI. En-
zenherger).
La surrealtà pasoliniana di Uccellarci e uccellini’. travalica i meccanismi socia­
li di controllo e di esclusione della parola/imniagine sui pubbliei/consumatori di
ogni grado sociale, mette a nudo i filamenti marci dell’ ordine del discorso ideo-
logico/religioso/eeonomico imperante, dicendo che “ ogni sistema di educazione
è un modo politico di mantenere o di modificare Fappropriazione dei discorsi,
con i saperi ed i poteri eh'essi comportano” (Michel Foucault).51 1 personaggi
del film pasoliniano. non solo Totò e ÌNinetto. ma gli artisti del circo, le putta­
ne, i frati, i borghesi, la povera gente... sono parte di un linguaggio subordi­
nato alla codificazione del potere. E siccome “ tutti siamo presi nella verità dei
linguaggi (Ronald Baiihes), i sistemi, teatri ideologici o dottrinari non sono
elle finzioni per manipolare e gestire il quotidiano della vita sociale. Il cinema
di Pasolini opera uno sfiguramento della lingua/immagine, sempre. Ecco per­
di é critica e pubblico grideranno allo scandalo ad ogni debutto delle sue ope­
re... perché non vogliono cbe qualcuno “ sfiguri la natura” (Roland Rarthes).
Pasolini ha compreso presto che i linguaggi seducono e modificano.
Proprio in Uccellarci e uccellini, Pasolini radicalizza ancora con più forza, il
concetto libertario che siamo il linguaggio che parliamo... e continua a picco­
nare gli stilemi della cultura di massa che ripetono i contenuti, i disegni ideolo­
gici. i dogmi religiosi, l’ allegria domenicale... cancellano le contraddizioni e va­
riano in forme spettacolo sempre più uguali c superficiali, libri, film, trasmis-
Pi^r P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

si<»uì televisive, discorsi elettorali... ma tutto sullo lo stesso senso... il latto è


che ogni linguaggio muore proprio nella sua ossessiva ripetizione e la ricerca al
consenso è sempre più affannosa. Così, Roland Rarthes: “ Ora il linguaggio en-
rratioo (quello che si produce e si diffonde sotto la protezione del potere) è sta­
tuariamente un linguaggio di ripetizione; tutte le istituzioni ufficiali di linguag­
gio sono macchine per ripetere: la scuola, lo sport, la pubblicità, l'opera di
massa, la canzone, l'informazione, ridicono sempre la stessa struttura, lo stes­
so senso, spesso perfino le stesse parole: lo stereotipo è un fatto politico, la fi­
umi a principale dell'ideologia". 52 Di contro c'è solo il godimento della “ diver­
sità''. Il rovesciamento di prospettiva emerge nei piaceri... senza riserve e sen­
za contropartita. Il godimento implica la fine di tutte le forme di coercizione e
disvela il luogo privilegiato dell'alienazione che è la merce... “ Noi ci siamo
troppo battuti per mancanza, non abbastanza per abbondanza. Che i morti
seppelliscano i loro morti! La mia felicità non si nutre di virtù, soprattutto non
•li virtù rivoluzionarie. Prendo il mio piacere in ciò che vive. Chi rinuncia ai
suoi desideri muore avvelenato dalie verità morte" (Raoul Vaneigem).53 La
corte dei miracoli deireconomia, i funzionari dclLordine della politica e i gian­
nizzeri della castrazione della chiesa... detengono i territori degli angeli e dei
demoni e lamio del teatrino della fede o del credo, l'obitorio olezzante delle lo­
ro menzogne. La crema intellettuale sta al giogo... dalle piazze gremite di fan­
tasmi sale un tanfo nauseabondo che assomiglia a quello delle sedi dei partiti,
delle aule dei parlamenti, dei confessionali zuppi di sangue, delle gare del tiro
al piccione dei servizi segreti, dei supermercati dell’ idiozia spettacolarizzata...
senza dimenticare che “ da qui escono i rassegnati gloriosi della miseria c i tal­
liti dell’ alba terrorista" (Raoul Vaneigem). Solo quando “ l’ uovo ili Durruti si
c hiuderà" (Benjamin Péret), ciascuno potrà accorgersi che in questo mondo
ciò che non è follia è miseria e ciò che è “ diversità" è insurrezione dell intelli­
genza o fine della farsa.
In l ccellacci e uccellini, Pasolini riesce a ricreare l’ atmosfera libertaria/co-
munarda del primo Neorealismo, ma senza l’ aspetto crepuscolare, naturalisti-
io a anche vittimista (li questa scuola degli sguardi. Pasolini introduce nel ci­
nema un “ realismo creaturale" (Pier Paolo Pasolini), figurativo, che si situa al
confine del realismo, ne evoca gli umori, le passioni, le invettive e li trasforma
in poesia. Riporta il cinema alle origini, quando la poesia era nello stupore e
nella meraviglia delle platee in fiore. Un'arte metonimica che rappresentava il
cinema “ come lingua scritta della realtà... Il linguaggio della realtà, fin che era
naturale, era fuori dalla nostra coscienza: ora che ci appare 'scritto attraver­
so il cinema, non può non richiedere una coscienza. Tl linguaggio scritto della
realtà ci farà sapere prima di tutto che cos'è il linguaggio della realtà; c finirà
infine col modificare il nostro pensiero su di essa, facendo dei nostri rapporti
fisici, almeno, con la realtà, dei rapporti culturali... [La lingua del cinema,
dunque], “ è il prodotto di una tecnica giunta a determinare un’ epoca umana,
appunto perche tecnica, [ed ha forse] qualche punto di contatto con Lempiri-
P in o B ertelli

sino dei primitivi’*.5 4 II nudo biancore pasoliniano, veste il film di uno spie?*.,
dorè estetico clic investe nel profondo paesaggi e personaggi. Il montaggio ariu
micio dell’ opera e la ritrattistica degli interpreti... depongono il viaggio di Tote»
e JNinetto fuori dalla brutalità della cultura cinematografica corrente e il filnì
risulta un'elegia del sogno, come trasparenza del presente.
Il “ formalismo’' pasoliniano disvela il mito e lo libera nella poesia. Come Vige»,
Rocha o Stranb... ha una doppia natura: è insieme estremamente surreale
(soggettivo) e estremamente reale (oggettivo). Una certa faccia o un dato luogo,
una canzone o dei dialoghi... hanno un significato e allo stesso tempo ne con­
tengono altri. Addirittura anche opposti o celati negli “ anfratti” del discorso,
della far eia o del gesto. Un gesto seguito da una certa angolazione ha un signi­
ficato, ripreso ila un’ altra angolazione muta di significato. Una parola accom­
pagnata da un’ azione ha un contenuto, sostenuta da un'altra azione, assume
altri percorsi significanti. L’ ambiente non si esprime solo attraverso le immagi­
ni che lo compongono ma anche attraverso il saccheggio della memoria e dei so­
gni. E per questo clic il cinema è un linguaggio artistico o è merce. Infatti, il ci­
nema può essere parabola filosofica o mera riproduzione della realtà. Tutto
«pianto fissa la macchina da presa diviene frammento, restituzione tecnica, e
perciò poetica della realtà” (Pier Paolo Pasolini) e la forma finale dell'opera si
trascolora in poesia o in oggetto ili consumo occasionale. La lingua della prosu
sta al fondo del cinema, del teatro, del romanzo come operazioni
razionali/commerciali... la lingua della poesia esprime la fisicità onirica del-
1 autore che incrina/eontamina tutti i “ generi” e identifica la propria coscienza
con rintera umanità.
lìccellacci e uccellini, apre una nuova fase della cinevita pasoliniana ma ciò che
trasporta sullo schermo è sempre la stessa ferita originaria: resistenza/identi-
tà opposta alla cultura e l’innocenza/ragione che insorge contro la storia. Pa­
solini sceglie Totò ‘"per quello che era” . E cioè, un “ napoletano povero con aria
da nobile, e non da piccolo borghese” (Pier Paolo Pasolini). Una faccia da
clown, ma non solo quella. Totò, infatti, non è qui “ Totò” ma un personaggio
del sottoproletariato napoletano allevato alla scuola della miseria. Abietto in­
vece, “ radiava la pura innocenza della gioventù, contrapposta alla affettuosa­
mente sciocca senilità di Totò” (Pier Paolo Pasolini). Incarnava appieno.
Prosceni) benessere del neo-capitalismo” (Pier Paolo Pasolini). Si preparava
ad essere un uomo normale, tale e (piale al padre. La maschera amara di Totò
attraversa 1 intero film. 11 comico è sarcastico, aggressivo, irriverente... ruoli
innaturali alla commedia di costume che aveva sino a quel momento interpre­
tato. Chaplin non c entra nulla o poco (se non per il costume confezionato ila
Panilo Donati: una giacca da frac larga sui fianchi, pantaloni a strisce, corti fin
sopra le caviglie, un cappello schiacciato in testa e un ombrello chiuso, impu­
gnato come un bastone). La straccioneria di Charlot è più sentimentale e più
ruffiana ili questa marionetta pasoliniana... per questo borghesi e proletari
piangono le stesse lacrime e per le stesse avventure del Vagabondo più infelice
Pi«*r P a o lo Pasolini/Il cinem a in c o r p o

c piu innocuo del mondo. Anche la faccia di pietra, malinconica, soffusa di ima
gaia tristezza di Blister Keaton, è lontana e poco ricorda i veleni, le credenze e
le scanzonate passioni del sottoproletariato figurato da Totò. Keaton è un’ico­
na ironica che taglia in modo trasversale Finterà storia del cinema. E un per­
ilente, con la faccia rivolta alle platee ““diverse” o contro un muro, resta sem­
pre un “ rompicollo" del linguaggio istituzionale. II suo sogno/riscatto è Futo­
pia. mai la stabilità piccolo-borghese (Cliarlot) o la rassegnazione (Stanilo &
Olito). E la Commedia dell'Arte quella che Pasolini fa resuscitare sulla faccia
«li Totò. E sulle ceneri del Totò/guitto, sorge Dario Fo, che ne sarà Finterpre-
to/erede più alto. Non coinvolto con il potere ma depositario di una satira cor­
rosiva che mina alle radici ogni potere (questo non gli impedisce di ricevere il
Premio Nobel per la letteratura nel 1997). I saltimbanchi, i guitti, i giullari di
Pasolini (come quelli di Fo) escono dal Medioevo per conquistarsi sulla '"'piaz­
za** il diritto dalla •“diversità” ... lo fanno con lo sberleffo, la risata, i doppi sen­
si... e mentre tutti ridono affilano la spada che taglierà la testa al He. llg rom -
melot di Fo è molto vicino al tartufismo di Molière che Pasolini impone a Totò.
ho sproloquio onomatopeico di Fo si fonde col gesuitismo pasoliniano che Totò
interpreta con pregio (irripetibile) in Uccellacci e uccellini.
Ucce(lacci e uccellini è un pamphlet anarchico che si scaglia contro le costri­
zioni del presente. Non ci sembra che nel suo film, Pasolini alluda a un “ senso
di disfatta e di disillusione [che] nasce in primo luogo dal contrasto tra la 'pu­
lii esistenza’ di Totò e Ninetto, che stanno al mondo senza mai giungere a do­
mandarsi né il perché né il “verso cosa’ della loro vita penosa, e la “pura cul­
tura’ del Corvo, ingannata nella sua ottica di riscatto da una fede cieca nella
Storia che finisce per sottrarre veridicità ed efficacia alle proprie analisi poli­
tiche; orinai incomprensibili agli effettivi destinatari del messaggio marxi­
s t a 55 Quello che Pasolini ha buttato sullo schermo in Uccellacci e uccellini,
è una metafora sull*utopia come forza sciamanica clic guida Fuomo/donna ver­
so i sentieri delle stelle... il passaggio degli ““uomini interi/estremi” , dalla cata­
strofe alla libertà possibile. La pienezza di esistere, risplende nella misura che
cresce il deserto... i confini tra genuflessione e criminalità si confondono... gli
“uomini liberi” sono clandestini, stranieri, viandanti del sogno, in casa loro,
nelle loro famiglie e sulla loro terra. Totò e Ninetto figurano una ““geografia del­
la taine” che non è solo quella che emerge alla periferia delle metropoli... è la
stessa fame endemica del Terzo M ondo... la società dei ruoli o dei simulacri è
riuscita a distruggere le culture periferiche e ad omologare ogni cosa ai detta­
mi mercantili /ideologici delle ““aziende” multinazionali... ““nessun centralismo
fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consu­
mi” .56 Più in profondità, nella ““favola ideoeomica” di Uccellacci e uccellini.
cogliamo Finvito alla rivolta sociale, alla messa a morte della civiltà neocapita­
listica che ha inglobato tutto, anche il “ respiro degli angeli” e lo ha ridotto a
merce. Il corvo marxista di Pasolini, “ non è del tutto ancora liberato del cor­
vo anarchico, indipendente, dolce e veritiero” (Pier Paolo Pasolini) che sta al
P in o B ertrlli

fondo o ne! cuore di ogni ribelle... non occupa nella società nessun posto che
non sia quello del - diritto alla dignità e airautodeterminazione “ L’educa­
zione totalitaria non ha mai avuto lo scopo di inculcare convinzioni, bensì ({nel­
lo di distruggere la capacità di formarne**.57 Con questo film. Pasolini si e bat­
tuto contro ogni forma di tirannide clic annulla le libertà umane, le distrugge
con ordinamenti e leggi, le traveste con religioni c ideologie, le sopprime con
rinformazione e il mercato delle armi... ma non è detto che un pensieio/ordi-
namento sociale condiviso da molti, sia anche giusto. “ Affinché ci fosse un ini­
zio, è stato creato Fuorno” (sant’ Agostino). Ciò che frana non va trattenuto ma
aiutato a franare.
In Uccellarci e uccellini. Pasolini va “ oltre la linea” di Ernst Junger e Martin
Heidegger e nella sua opera non c ’è il nichilismo “ come processo spirituale che
lo comprende in sé” , né la luce del pessimismo che “ comincia a risplcndere
quando illudo è più fitto che mai” .5 3 L’ utopia pasoliniana ha “ una stanza tut­
ta per sé” 59 e coltiva l’ idea chassidiea che “ in ogni uomo c'è qualcosa di pre­
zioso, che non si trova in nessun altro” ... e invita a comprendere queste paio­
le: “ ama il prossimo tuo come qualcosa che tu stesso sei” .6 0 La felicità è sem­
pre un esilio. L'amore è il frutto della vera gioia, perché “ la parola amore esi­
ste” (Marguerite Duras). Uccellarci e uccellini è un film severo, elegiaco, una
sorta di viaggio ecumenico nel Paese del sottosviluppo e della fame. I rimandi
a Fellini sono di natura polemica, quelli a Butìlici di leggiadra fraternità ereti­
cale. Non ci sembra proprio che qui appaia “ la lusinga del mondo della strada,
miserabile e commovente” , né tantomeno che le “ frammentarie esemplificazio­
ni di un allegorismo irrisolto” (Adelio Ferrerò), affievoliscano Finvcttha. la
polemica, la bestemmia pasoliniana contro l’intero ordinamento sociali*. "La
compiacenza visiva di Fellini per cui Yimmagine fuoriesce dalla funzione e si là
pura, con tutto Fincantesimo che ne deriva” ( Pier Paolo Pasolini), non ha ind­
ia di simile nell’ opera pasoliniana... dove Fellini è sempre eccessivo, sovracca­
rico, lirico o violentemente veristico... Pasolini è magico, poetico, utopista,
realista... Fellini disegna il linguaggio schematico-sacrale dclFinfanzia perdu­
ta... Pasolini figura l'anarchia eroica e tragica dei dannati della terra.
Uccellarci e uccellini è un film picaresco. II corvo è la cattiva coscienza della si­
nistra storica. La sua voce (Francesco Leonetti) dipana una serie di metafore
politiche (mutuate da Franco Fortini) e dichiara: "Il mio paese è l’ Ideologia e
abito nella Città del Futuro” . Le parole del corvo si fanno aspre e preannuu-
ciano la fine delle grandi ideologie e delle grandi speranze... non dimenticando
di dire: "I maestri sono fatti pei* essere mangiali in salsa piccante” . TI film è mi
concentrato delle idee pasoliniane sul linguaggio degradato a merce, dove I"in­
nocenza delle vittime viene assorbita dal dominio della cultura dei consumi.
Prima di essere arrostito, il corvo sentenzia rosi: wiSe gli operai non si decido­
no a riprendere in pugno la bandiera rossa non ci sarà più niente da fare... Do­
ve vanno gli uomini? Saranno nel Iut uro comunisti o no? Mah! probabilmente
non saranno né comunisti né non comunisti... Essi andranno, andranno avan­
P ie r P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

ti. neJ loro immenso futuro, prendendo dall'ideologia comunista quel tanto che
può esser loro utile, nelFimmensa complessità e confusione del loro andare
avtfiitr.ól Tutto varia a secondo delle turbolenze dei popoli e delle culture dei
tempi... la libertà dell*uomo non è legata all'onnivora potenza delle istituzio­
ni... e lo spirito libero di ogni uomo si manifesta in primo luogo nella parola.
Gli dei e le stirpi di dei che governano l’ umanità... aspirano alla soggezione to­
tale dell*uomo. L’organizzazione generale dei linguaggi, adeguati alFidcnlogie
dei consumi, tendono a trasformare la forza spirituale dei consumatori in sog­
getti dairintelligenza mediata dai prodotti che essi stessi consumano.
Vccellucci e uccellini è un'opera che sconfina in terre senza confini e come la
poesia “ confessionale” di Walt Whitman, Sylvia Piatii o Anne Sexton... ricer­
ea alle radici dell’ esistenza, la salvezza, la speranza e il dolore della società.
Pasolini qui è fortemente ambiguo. Ci sono due padri (Totò Innoeenti/Fratc
Ciroilio) e due figli (Ninetto Innoccnti/Frate Ninetto). Non c ’ è nessuna madre.
Solo una puttana con la quale fanno Famore (uno dopo l’ altro). L’ anarchia di
Pasolini è profonda. Disconosce la tradizione e non ammette che lo Stato al­
lunghi le sue fauci sulla sua vita. Non si sente cittadino di un qualsiasi Stato né
membro ili qualsiasi nazione o comunità. E straniero ovunque. Le istituzioni
da chiesa, la monarchia, i ceti, le classi...) gli sono estranei c gli risultano osti­
li. Egli non è né un educatore né un soldato, né un giudice, né un operaio... le
sue azioni materiali/intellettuali sono prima di tutto il rinnegamento del padre,
poi Fili umiliazione della vita. Su questi percorsi etici/filosofici, Pasolini rac­
conta le picaresche dis/awenture di questo “ Don Chisciotte dai piedi piatti e
questo Sancito Panza in blue-jeans” (Barth David Schwartz) e mostra nelle lo­
ro gesta, la sopraffazione dclFinnocenza e la violenza dell’ ideologia. Il suo filili
riesce ad esprimere in forma poetica, “ la ricerca degradata di valori autentici
In un mondo degradato” (Gybrgy Lukàes). E un messaggio socratico, che si
chiama fuori dai valori sprezzanti, imposti, omologati, di un mondo dove il for­
te sfrutta e opprime il debole.
I. innocenza lunare di Totò e Ninetto è contrapposta alFapologia dell’ingiustizia
come essenza della vita sociale, la loro “ diversità” si riflette in ogni sequenza e
avvolge il film in una specie di favola stellare moderna, dove il pallore della mi­
seria è il riflesso del disgusto di ogni potere. Pasolini filma una luna bianca, ma-
pica, infantile... accompagna la sua visione con i discorsi surreali di Totò e Ni­
netto... verso la fine del loro cammino, (piando padre e figlio fanno l’ amore tra
I erba con una puttana... si chiama Luna. Il cammino comincia là dove finisce
il viaggio. La poetica dei corpi di Pasolini non contiene niente del post-impres­
sionismo, come culto dell*oggetto, <‘he abbaglia le platee e la critica italiana nei
film di Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni o Bernardo Bertolucci... e f/c-
cvllucci e uccellini si lira fuori da ogni imperativo morale o normativa dell’ im­
pegno marxista... lascia fuori dello schermo anche i falsi pudori della pietà cri­
stiana e va a ricostruire un mondo dove tutto ciò che è stato detto e fatto, è sta­
lo rubato (con ogni mezzo) alla maggioranza indifesa delFumanità.
P illo Bertelli

Uccellacci e uccellini viene girato in maniera "'povera''. La troupe di Pasolini


era composta da una decina di persone. I materiali che aveva a disposizione
erano gii stessi (rudimentali) di Rosseilini per Roma città aperta... esce con il
divieto per i minori di IH anni (modificato dopo acri dibattiti pubblici e aule di
tribunali, nel divieto ai minori di anni 14). La fotografia in bianco e uero (To­
nino /Mario Bernardo), è di grande bellezza etica (scevra da ogni orpello este­
tizzante). 11 montaggio (Nino Baragli) è un'operazione d'intarsio e i "pezzi’* so­
no accostati in modo sinfonico/surreale... anche i costumi (Danilo Donati) e le
scenografie (Luigi Schiaccianoce) sono essenziali, mai ridondanti né fuori lin­
guaggio. La musica originale (Ennio M orm one) è sovente ampollosa o ghistifì-
catoria... belli (e molto), i titoli di testa cantati da Domenico Modugno (parole
di Pasolini), su un'opaca luna diurna tagliata dalle nuvole. Totò, canta da par
suo, una sua composizione: "Carme. Carme'9. Il film si doveva comporre di tre
episodi. Pasolini li filmò tutti, poi né tagliò uno e l'altro lo montò nel film ionie
racconto del corvo.
Il capitolo espunto si titolava: Tato al circo. Totò, nelle vesti di un domatore,
Monsieur Cournot, doveva ammaestrare e umanizzare un'aquila. Non ci ri­
uscirà. assumerà sempre più le sembianze del rapace e sin volerà nel cielo, sor­
do ai richiami del suo assistente, (rii interpreti sono Totò (il domatore). Flami­
nia Siciliano (sua moglie), JNinelto Davoli (l'aiutante), la Signora Aquila, il si­
gnor Orso del Canadà, monsieur lo Ghimpanzé del Ruanda, il Leone d'Algeria,
il Cammello del Ghana, il Pagliaccio Mediterraneo, la Signora Jena del Saglia-
ra. Durata 8’ (202 metri). Senza colonna sonora, sottotitolato. Le musiche pre­
viste per l'episodio erano: Johann Sebastian Bach, "La Passione secondo San
Giovarmi” e "Bella ciao” , canto della resistenza. Cartelli con citazioni tratte da
""Pensées” di Blaise Pascal. Pasolini ci lavora molto su questo inserto, che con­
sidera un '"ghirigoro simmetrico in molto bianco e molto nero” ... sforbicia con
arguzia i venti minuti girati ((piasi in modo amatoriale) e ciò che resta "sembra
ridargli almeno un po' di quel valore poetico che, montato normalmente, ave­
va perduto. Aveva perduto per due ragioni: Eimpossibilità di Totò a interpre­
tare un "personaggio cosciente', in 'possesso di privilegi culturali* (a interpre­
tare, dico, in modo strettamente professionale). Egli è un "innocente': ed è co­
me 'innocente' clic può divenire poetico. L'altra ragione è la scarsità dei mezzi
con cui ho girato l'episodio. 11 non avere che quattro lenzuoli bianchi alle pa­
reti mi ha costretto a girare l'episodio appunto come un ghirigoro in bianco e
nero, una specie di illustrazione di se stesso, fatta con due o tre elementi enor­
memente poveri: il bianco, il nero, qualche grigio (un Léger alla parete), e le
facce dei protagonisti. Tutta la possibile abbondanza espressionistica è andata
perduta in tanta stilizzazione. Le parole culturalmente coscienti - e quindi
prosaiche - (.lei domatore cadevano inattendibili in quel nudo biancore, eoe.
eoe. Inoltre, ormai, sempre per scarsità di mezzi, non avevo girato le 'comi­
che', proiettate in un piccolo schermo del domatore a edificazione dell'aquila.
Questo vuoto non è stato riempito da niente che potesse equivalergli. Venti mi-

i l i
P ier P a olo Pasoliiiì/Il cin em a in c o r p o

miti o mezz'ora di un racconto simile erano la dilatazione di qualcosa ohe era


già una riduzione... Stringendo tutto, fino all'osso, facendone un magro ballet­
to di silhouette^, una specie di cartoni illustrativi in ‘'molto bianco e molto ne­
ro’ . ho forse ritrovato la possibilità di recuperare la storia di questa trasfor­
mazione di Totò, da borghese laico-razionale, incapace a concepire come un
tutto uuico: la Religione, la Poesia, la Vita del mondo preindustriale (simbo­
leggiati da una povera aquila spelacchiata), a "individuo problematico' che cer­
ca ili immedesimarsi con l'aquila e di volare via" (Pier Paolo Pasolini).62
l cceliacci e uccellini venne invitato al XX Festival del cinema dì Cannes e Te­
lò ottenne la Menzione speciale per l’ interpretazione. Pasolini prese il Premio
Nastro d'argento 1967, per il miglior soggetto originale e Totò ebbe il Nastro
d’argento come miglior attore protagonista. Una scelta molto giusta, perche To­
tò in questo film è stato un grande interprete, come mai gli era successo pri­
ma... per l'episodio di Fra" Ciccillo, Totò è impareggiabile... “ valgono più quei
dieci minuti lì che tutti i San Francesco di Zeffirelli" (Alfredo Bini). C'è da di­
re che a Totò questo film non è mai piaciuto (come ha ripetuto in più intervi­
ste) e che se stimava molto Pasolini-autore non amava per nulla Pasolini-uomo.
Per Totò, Uccellacci e uccellini era un'opera troppo radicata nel sociale c a To­
tò piaceva molto la filantropia o la pietà tutta cristiana che gli era propria, ma
non voleva in nessun modo cambiare Cordine dei valori costituiti. Sulla sua
carta da lettere aveva fatto stampare: “ Sua Altezza Imperiale Antonio Porfi-
rogenito della stirpe Costantiniana dei Focas Angelo Flavio Dueas Comneno di
Bisanzio..." in arte si faceva chiamare Totò. A leggere le sue idee sul mondo c'è
da inorridire per la pochezza e la stupidità che contengono... a tavola non vo­
leva amici che non fossero regali (come il conte Paolo Gaetani)... i giovani con­
testatori del u68 li vedeva come degli “ scostumati. Quella è una gioventù di sci­
muniti pericolosi. A me piace la gente perbene, seria"... quella forse che stava
dalla parte della polizia di Scelha che picchiava a sangue i ""ragazzi con le ma­
gliette a strisce" e i sassi in mano che manifestavano contro l'ondata di ritorno
fascista degli anni "60? Totò era religioso, “ religiosissimo! Vado a messa, mi co­
munico e ci credo!" (per gli stupidi c ’ è sempre un paradiso...). Totò era uno
che in televisione gridava - “ Voglio bene ad Achille Lauro! Evviva Achille Latt­
eo * (noto affamatore della Napoli sottoproletaria). Nel 1963. mentre Titalletta
dcmoc ristiana/eatto-comunista si prestava a divenire una delle prime nazioni
"moderne" e i mezzi di comunicazione di massa instauravano un “ nuovo fasci­
smo" (Pier Paolo Pasolini)... il “ principe del sorriso" (Totò) diceva: “ Voterò
per un partito dell'ordine". Indro Montanelli (vecchio camerata di antiche ge-
*ta africane e inclinazioni sentimentali razziste), gli fa da controcanto: “ Totò è
un reazionario autentico, nostalgico di una società ordinata e di uno Stato pa­
terno" (s'intende fascista).63
In Uccellacci e uccellini non è difficile rilevare Pironia pessimista/nichilista di
N(i2(irIn (è lo stesso viaggio surreale, allegorico verso quell'innocenza che non
c’è)... un cinema della sovversione non sospetta dove preti, borghesi, marxisti
Pino Bertelli

e “‘gauchisti” sono la stessa gentuceia... “"il riempitivo di un universo dcrne&tfl


che non sembra possa fare a meno delle loro gesta, delle loro farse, delle lot*fj
volgarità interpretative della commedia umana” .6 4 Pasolini non teme squilj.
bri estetici... mescola il cinema nel cinema... la ragazza vestita da angelo si con.
forma alTebetudine di Ninctto e la frontalità della periferia romana s’intreccia
alla trascolorazione dei volti, alle inversioni dei momenti epici in gag da cine­
ma muto americano (buso delTaccelerazione, i balzelli e i cigucttii dei frutice],
li)... il rallentamento sulla corsa di Ninetto, la camminatura stralunala di TV
tò e la logorrea discorsività del corvo buttano Uccellncci e uccellini fuori dalla
"contemplazione estatica della realtà” e dalla “‘naturalità appesantita da stri,
dori e dissonanze” (Adelio Ferrerò)... in vero tutte contemplate all'interno ili
una lettura del film incompleta, perché è proprio qui elle Pasolini affermala
sua idea che "la rivoluzione non è più che un sentimento” . L'idea del corvo è i
messaggio fondamentale del film. Passa attraverso varie fasi. AIEoi-iglne era
uno spirito saggio, un sapiente, un moralista che si defila dalla vita... poi di­
viene un filosofo che trova la saggezza “‘attraverso una scandalosa e anarrliieu
libertà, la realtà empirica e assoluta, non sistematica, nelle cose. I n saggio
(juasi drogato, un amabile beatnik, un poeta senza più nulla da perdere, un
personaggio di Elsa Morante, un Bobby Bazzlen, un Socrate sublime e ridico­
lo, clic non si arresta davanti a nulla, e ha l'obbligo di non dire mai bugie, qua­
si clic i suoi ispiratori fossero i filosofi indiani o Simone \\eil. Ma in questa con­
cezione del corvo, i conti non tornavano. Infatti i due personaggi, padre e fi­
glio, che vanno, vanno per le loro strade, sono, nella loro perfetta innocenza,
nel loro candido cinismo, nel loro agire secondo un'intima verità - ossia secon­
do l’ automatismo in qualche modo sempre autentico degli uomini semplici, nel
più assoluto senso del termine —sono in realtà essi ([nello che avrebbe dovuto
essere il corvo secondo quest'ultima concezione. Egli avrebbe insegnato loro ad
essere quello che essi sono da sempre, e per sempre, quello che essi sono per
definizione. Non avrebbero mai dunque potuto mangiarselo, alla fine, com'e­
ra nel piano: ossia assimilarlo, e ricominciare ad andare, lungo le loro strade,
prendendo di lui quel poco clic potevano prendere - in attesa che un nuovo
corvo venisse a dar loro coscienza delle cose” (Pier Paolo Pasolini).65
Il cinema di Pasolini è per definizione, un cinema delle contraddizioni. Ciò che
per molti può sembrare tuia caduta, per noi significa un'illuminazione. Anche
perché pensiamo che la coerenza è la filosofia degli stupidi. L'intera filmogra­
fia pasoliniana, infatti, è cosparsa di una figura retorica tipica del poeta, "la
sineeiosi (che Fortini, riferendosi proprio a Pier Paolo Pasolini, ha ricordati»
come la contraddittoria presenza in uno stesso soggetto di due contrari)".66 ed
è proprio nel valore d ’ uso di questa "metafora'* che Pasolini assume su di sé il
cinema come semiologia della vita... che lascia sospesa, ““tra la volontà profe­
tica dell'annuncio e la sensibilità, anzi volontà quasi ideologica del San Seba­
stiano omosessuale... il cinema come esempio, ancora incompleto, di fatto gra­
f ì a , di scrittura con i fatti e con le cose. E non poteva non essere disperata.
P ie r P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

questa coscienza” (Enrico Ghez/.i).67 Fino all’ ultimo respiro del cinema, Pa­
solini resta a fianco dei grandi poeti deirimmagine cinematografica (Stroheim,
Nlurnau, Ejzenstejn, Dreyer, Bresson, Vigo, Btinuel, Welles, Rossellini, Ro-
cluu Straub...) che hanno fatto dei loro sogni un immagine e dell’ immagine la
magia irripetibile dell'utopia.
La passione eversiva dell’ utopia pasoliniana, non rimanda per nulla ai film del­
la crisi (La notte di Antonioni, 8 1/2 di Feliini. Chi lavora è perduto di Brass o
Is stagioni del nostro amore di Vaticini)... visti “ come testimonianze di un dis­
orientamento profondo ma anche della tendenza a eluderne il problema, rifu­
giandosi spesso nell’ idillio o nella commemorazione” .6 8 Lo sguardo eretico pa-
Miliniuno Ita un profondo rapporto con la libertà del singolo... e nel rifiuto di
ogni fatalismo mette fine allo spavento popolare, legittimando ogni forma di ri­
tolta che debella in ciascuno la paura del potere. Aecattone/Straeei/Cristo/To-
tò... sono alle radici della radicalità sovversiva del sottoproletariato terzomon­
dista... che spinge fuori dal cinema pasoliniano la ragione marxista e la ragio­
ne borghese... la poesia dell’ Altrove di Uccellarci e uccellini non vacilla sotto
l'incubo di un pericolo estremo, spiega con grande amarezza perché la maggior
parte della gente sceglie la costrizione invece della libertà. Ricordando (con le
lacrime piene di rabbia dell’ autore), che la storia autentica non può che essere
fatta da uomini liberi, perché è l’ uomo libero che dà alla storia il destino clic si
merita. Marx oltre Marx, era il sogno pasoliniano di rovesciamento dell’esi­
genza quotidiana. Così il corvo di Uccellacci e uccellini: - “ Uno spettro si ag­
gira per l’Europa, è la crisi del marxismo. Eppure bisogna a tutti i costi ritro­
vare la via della rivoluzione, perché mai come oggi il marxismo si è presentato
come unica possibile salvezza dell’ uomo. Esso salva il passato dell’uomo, sen­
za il quale non c ’ è avvenire. Il capitalismo dice di voler salvare il passato, in
realtà Io distrugge: la sua conservazione è sempre stata una manutenzione da
museo, cretina e distruttrice. Ma oggi la rivoluzione interna del capitalismo
rende il capitalismo così forte, da fregarsene del passato” —. Il senso del pecca­
to conferma la frusta, il respiro della felicità comporta lo spirito dell’ esilio. E
ancora il corvo —“ Ali borghesia, hai identificato tutto il mondo con te stessa;
questa identificazione segna la fine del mondo; ma la fine del mondo sarà an­
ello la tua!” —. Tutte le preghiere sono false, perché falsi sono gli oracoli,
ha lotta politica di Pasolini non è tanto contro i simulacri della fede o gli scran­
ni dell'ideologia, “Taccento di Pasolini batte drammaticamente sulla crisi del-
I individuo più che sulla crisi della società” (Alberto Asor Rosa). Tu qualche
modo è la stessa posizione da straniero del “ marxismo al potere” , che farà di
bvurgy Lukàes uno degli autori/teorici del “ pensiero marxiano” più seguiti dei
movimenti extra-parlamentari del '68. Tutte cose, idee, osservazioni socio-po-
liliche che si ritrovano nei libri dei pensatori anarchici/libertari più importan­
ti. La parola —Anarchia - viene il al greco (an -arehè) e significa assenza di co­
niando. di a u t o r i t à o guida. Max Stirner, Pierre-Joseph Proudhon, Charles
l’ourier. Michail Baluinin, Errico Mala testa, Carlo Pisacane. Carlo Caberù,
F in o B ertelli

Pétr A. Kropotkin... si sono apposti ad ogni forma di totalitarismo (di sinistra


o di destra che sia)... ed hanno fatto del pensiero anarchico la rivendicazione
della naturale dolcezza/amorosità deli'uomo, in opposizione al soddisfacimen­
to dei bisogni prodotti e circuitati dall’ ordine costituito.6 9 II senso profondo
di libertà, come conoscenza delle proprie necessità disseminate nel mondo da
Friedrich W. Nietzsche. Sigmund Freud, Cari G.Jung. Herbert Mareuse. Wil­
helm Reich... o l’ utopia di trasformazione dell "uomo da parte dell’ uomo di
Wilhelm Wcitling, William Blake, Walt Whitman, Oscar Wildc, Benjamin Tuc-
ker, Henry David Thoreau, Elisée Reclus, Pietro C ori... hanno mostrato che
“ l’ umanità si sacrifica per certe idee fisse (la verità, la giustizia, il dovere ecc.)
che considera come idealità. Bisogna distruggere le idee fisse; la mia causa non
è né divina né umana; non è né la bontà, né la giustizia, né la libertà... non è
una causa universale bensì unica, come sono io. Nessuna cosa mi sta a cuore
più di me stesso... Vero è ciò che è unico, falso ciò che non mi appartiene e fal­
si sono la società e lo stato, a cui tu dai forza e da cui sei sfruttato” .70 Né dio
né padrone, sempre!
L’iconografìa pasoliniana si chiude sulPimpossibilità della rivoluzione sociale e
sul dopostoria della civiltà il elio spettacolo... di qui in poi gli apologhi, le me­
tafore, i sogni... saranno decifrati fuori dal carattere popolare, magico, arcai­
co che at/traversava tutto il suo fare-cinema, per far posto a un linguaggio im­
plicito alla fiaba volgare, ai canti eretici, alle canzoni sconce... fonti lelterarie
rivisitate con l’ occhio (bunueliano) del classificatore d ’ insetti. Pasolini passa
dalla critica dei valori e ribaltamento di prospettiva della società borghese, ai
valori della critica radicale come detonatore di una disobbedienza montante
che va a scardinare i banchi della politica, della fede, della merce... i suoi film
esprimono un attacco diretto contro i saperi dominanti, divenuti a un certo
grado di riproduzione, di accumulazione, ili stratificazione il riflesso coerciti­
vo deH’immagine del presente. Pasolini non pretende di avere il possesso della
ragione, della verità o dell’ intelligenza, ma quello del loro uso.

IH . Non riconciliati o solo violenza aiuta dove violenza regna

A metà degli anni *60, viveva nella “ terra del cinema” un uomo di nome Pier
Paolo Pasolini... si mise a teorizzare un “ cinema di poesia” o un “ cinema come
semiologia della realtà” ... la bestemmia fu imperdonabile. Non è cosa nuova.
Basta leggere una “ breve storia del mondo” ? I adatta ai bambini, per com­
prendere clic tutti i portatori delle "buone novelle” sono stati gli “ angeli cadu­
ti” delle favole vere che hanno annunciato, anticipato, tracciato il cammino al
progresso dell'umanità. Pasolini sosteneva un cambiamento del linguaggio ci­
nematografico at/traverso il “ discorso libero indiretto della macchina da pre­
sa... vale a dire l'identificazione dell’ autore come alter-ego del personaggio che
filma e i risvolti psicologici che ne derivano... il “ cinema di poesia” che teoriz-
P ier P a o lo Pasolini/H cin em a in c o r p o

•/ava, si strutturava come una “ soggettiva libera indiretta"', una specie di di­
scorso interiore per immagini, suoni, parole... che la letteratura aveva già spe­
rimentato col surrealismo o con i grandi poeti immaginali (Leopardi, Whilman,
poe. Rimbaud, Penna, Majakovskij, Pound, Kerouae, Ginsberg...). Per Paso­
lini far sentire la “ macchina da presa", significava come per questi poeti, “ far
sentire" la penna o, più ancora, la poetica del sogno clic fa della realtà un vuo­
to a perdere o un atto estremo di coraggio. “ La lingua scritta della realtà" era
i>ià cinema, non solo per Pasolini, ma anche per Vigo, Buiiuel, Godard, Ejzen-
stejn, Welles, Straub, Ilerzog, Cassavetes, Rossellini, De Sica, Kicslowski o De-
liord... che hanno rivoluzionato tutte le forme/tecniche prestabilite della mac-
ehina/cinema... dal piano-sequenza, al montaggio parallelo o metaforico, dal­
l'impiego attorale (interpreti = corpi, volti, frammenti di vita quotidiana)... al­
le contaminazioni lessicali o interpunzioni hlasfemiche (cartelli, slogans, paro­
le. vuoti bianchi, schermo nero...) ed hanno colpito al cuore dello schermo,
mostrando le rovine e gli splendori della “ Fabbrica dei sogni".
Pasolini distingueva tra “ Langue" e “ Parole". Sosteneva che la “ langue" è
un'astrazione, perché in effetti conosciamo soltanto concatenazioni di ^paro-
ics". Dal momento che la “ langue" è divenuta forma di un codice e di una gram­
matica (aggiunge Pasolini), allora è radicata nella realtà, è concreta. Se nel
campo della “ langue" tutto si risolve nella ragione fredda di un codice, sul ver­
sante del cinema o del “Rhulinguistico" (come la ha definito Pasolini), la ragio­
ne non ha ancora compiuto questo lavoro d'insieme. Così, Pasolini: -"C o n o ­
sciamo i “ filma" (come conosciamo gli uomini o le poesie), ma non conosciamo
ii cinema (come non conosciamo Vumanità o la poesia). Oppure, se un po' sap­
piamo cos’ è il cinema, lo sappiamo in quanto cinema-industria, o in quanto ci­
nema-fenomeno sociale: come cioè, se conoscessimo una “langue' in quanto fat­
to strumentale senza sapere che cosa essa è" - .7 2
11 “ cinema di poesia" è frammentario, contiene salti linguistici, violenze lessi­
cali... individua le "unità di seconda articolazione negli oggetti reali di una in­
quadratura" (Adriano Apra e Luigi Faccini) che Pasolini chiama - “ cinemi'’ -
(che non è una questione di stile) ma una “ lingua scritta detrazione... E la se­
miologia della realtà che bisogna fare!... un linguaggio simile in qualche modo
al linguaggio orale degli uomini: il cinema è così —attraverso la sua riprodu­
zione della realtà —il momento scritto della realtà".73 II cinema dunque è una
'lingua che non si allontana mai della realtà" (Pier Paolo Pasolini) ma la ri­
produce, la reinventa. Per Pasolini dunque, il cinema è un “ infinito piano-se­
quenza", che ha lo stesso rapporto che c'è tra la lingua orale e la lingua scrit­
ta. Ma è uno “ piano-sequenza" spezzettalo, interrotto da inquadrature dissi­
mili... accelerate, fisse, in movimento... che vede nell’ inquadratura un '“ mone-
ma'' linguistico di “ prima articolazione". Ogni inquadratura è composta da un
florilegio di cose, oggetti, segni... che per analogia con i “ fonemi", Pasolini li
chiama “ cinemi". Gli fa eco Roland Barthes e, eom'è suo costume, non ha mez­
zi termini (cari ai cattedratici italiani): “ Il cinema è un'arte metonimica... La
Pino Bertelli

natura della sua lingua non è seguirà, ina figurale: la stilizzazione che porta al­
la scrittura come alfabeto, non è una stilizzazione dei sogni, ma dei sintagmi,
cioè del montaggio"".74 TSel cinema, più di ogni altra arte, si possono sconvol­
gere c reinterpretare le opere per mezzo del montaggio... mescolando. liner-
tendo, togliendo sequenze (sintagmi) secondo un dis/ordine creativo, si può fa­
re del film un cinema di poesia.
Il “ cinema di poesia’ ' che auspicava Pasolini non era né riguardava necessa­
riamente 1■avanguardia di qualche cosa o movimento artistico... un “ film di
poesia’’ poteva giocare sulla sostituibilità delle inquadrature, montate, « ostrui­
te, assemblate secondo un seguito lirico e per niente narrativo oppure una se­
rie di inquadrature metaforiche, ognuna compiuta in se stessa. “ Il linguaggio
della realtà — dice Pasolini — , fin che era naturale, era fuori dalla nostra co­
scienza: ora che ci appare "scritto’ attraverso il cinema, non può non richiede­
re una coscienza. Il linguaggio scritto della realtà, ci farà sapere prima di tut­
to che cos’è il linguaggio della realtà: e finirà infine col modificare il nostro pen­
siero su di essa, facendo dei nostri rapporti fìsici, almeno, con la realtà, «lei
rapporti culturali” . 75 II segno, col cinema - Pimsegno - , riacquista (secondo
Pasolini) la sua arcaica forza del suggerire eideticamente, attraverso la \iolen-
za fisica la riproduzione della realtà. Pasolini considera il cinema una vera e
propria ""lingua” . E il ""discorso libero indiretto”’ (mutuato dalla sua attività di
romanziere) applicato al film, gli permetteva di sperimentare una miscelazione
linguistica per immagini... il carrello indietro che scopriva, rivelava una storia
laterale al personaggio narrante, certe parole legate al primo piano che indica­
vano altro da ciò che il dialogo avrebbe richiesto, la “ lentezza sacrale di una
panoramica o la vertigine del taglio secco di un gesto” (Luigi Faccini)... lo
proiettavano in una libertà espressiva, in una sintesi soggettiva della realtà che
negava se stessa per restituire un “ reale” sognato, dove gli elementi segnici del­
la realtà rompevano con le categorie già esistenti della conoscenza.
La macchina da presa poteva dunque, “ tradurre espressivamente la realtà: e
che l’ obbrobrio tecnico gli permetteva la conservazione dello stilema preferito,
di quel singulto sentimentale e irrazionalmente dialettico che ha nome di sine-
cesi. E possedere finalmente la realtà apparente e deformarla, nell'esigenza
espressionistica che si estenua nella ricerca” .76 Un’ idea del cinema diveniva
così mi idea del mondo. La ripetizione di un’ immagine, la ripresa anaforica «li
un frammento, una serie eli piccole sequenze apparentemente distanti tra lo­
ro... “ sono fatti stilistici che qualunque cinematografaro usa con la massima
semplicità e incoscienza” (Pier Paolo Pasolini). Se con siile ri amo il cinema una
vera e propria “ lingua” e non più o solo una semplice tecnica, “ il film appare
come una ipotesi istintiva, poetica, eventuale, di cinema del cinema” (Luigi
Faceini). Uccellacci e uccellini, più di ogni altro film di Pasolini. **è la coscien­
te necessità della lingua cinematografica; la fusione di poesia e comunicazione:
la rappresentazione «li un se stesso astratto storicamente; la rappresentazione
di una realtà cui la passione ideologica precedente non si attaglia più (perso-
P ier P a o lo P asolin i/!! cinem a in c o r p o

iinggi preistorici in un paesaggio sottoproletario storicizzato nelle opere prece­


ttanti, figure di una storia avvenire in un déror reale: incontro indolore di fu­
turo e presente: stratificali, accumulati, senza alcun travaglio dialettico); (pia­
li mezzi di penetrazione in una realtà parabolica**.77
La conquista della realtà (non solo cinematografica)* per Pasolini non può che
essere nella riconquista della soggettività come rinoma eli poesia. Forse l crol­
lerei e aerei lini segna davvero il “‘punto di arrivo del processo di autocoscien­
za che Pasolini ha condotto all interno del linguaggio cinematografico e primo
esempio, in Italia, di cinema "realistico . Di un cinema cioè elle non rappre­
senta la società ‘ naturalisticamente . ma è - rcalisticanicnte-stilisticainenle -
omologo delle sue concrete strutture. Come tale e oltre ogni farneticante lettu­
ra denotativa* Uccellarci e Uccellini si offre come prototipo di cinema di oppo­
sizione. più esattamente, di classe''.7 8 Qui e dappertutto, il cinema di poesia
di Pasolini (Vigo, Godard, Butìlici, Strani), Rosscllini. Rocha...) costringe a
guardare come reale, tutto ciò che guardiamo solo come spettacolo. In appa­
renza. il "‘cinema-lingua * ili Pasolini sembra opporsi al "cinema-linguaggio** di
Christian Metz... non c così. Roman Jakobson tiene conto degli clementi stori­
ci e nelle analisi di tipo strutturalo individua una tipologia dominante e una ge­
rarchia dei valori in un rapporto di complementarità tra le cose e le immagi­
ni... e citando Sant*Agostino come primo teorico del cinema, dice che "‘nella
sua classificazione dei segni, egli afferma che si può immaginare un sistema ili
segni in cui Foggetto diventa segno dclFoggetto stesso: è il cinema**.79 Cinema
(li poesia.
Nel cinema/inercc ritorno è ““un mero dettaglio, una mera briciola della mate­
ria del mondo*’ (Louis Dell tic), nel cinema inform a di poesia è rumanità che
diviene "‘arte**... e comunque sia il cinema segue la strada della metonimia (Da­
vid \Y. Griffith) oppure quella della metafora (Gharles Cliaplin). Le metamor­
fosi di Chaplio sono iscritte all’ interno della pantomima, del ballotto, del tra­
ini (sovente grandissimo)... Griffith ha liberato il cinema da ogni tradizione
teatrale, dal guitteseo cil ha sviluppato una cinematica della metafora che tro­
verà in Sergej M.Ejzenstcjn, Cari Th.Dreyer o in Robert Flaherty i magnifici
cantori ili un'arte predicata nel deserto o impiccata al botteghino. “"Il cinema
lavora con frammenti di soggetti c con frammenti di spazio e di tempo differenti
quanto alla grandezza, ne muta le proporzioni c li collega secondo la contigui-
là oppure secondo la similarità e il contrasto” 8 0 (la metafora e la metonimia,
appunto). 11 ritmo interno alFinquadraturu. il florilegio delle gag. Fimmobili-
srno della macchina da presa, il sentimentalismo figurale di Chapiin... si con­
trappone alla mobilità della cinecamera di Griffi!li. alla multiformità dei piani
(montando campi totali, piani medi e primi piani secondo un’ ordine poetico)
clic faceva di Griffith un pioniere eretico dell'arte cinematografica (non discu­
tiamo qui Le sue scelte politiche nè le sue inclinazioni reazionarie e razziste).
Ci sono film che inaugurano un'epoca di libertà, come L'àge d'or. di Luis Bu-
nuel. e film che strozzano la libertà in un fumetto da baraccone, come La dal-

L .
P ino B ertelli

co vita, di Federico Fellini. I contributi per una “ semiologia del cinema veti*
gono in quegli anni da più parti. La significazione cinematografica studiata da
Christian Metz, incentra le sue analisi sulla “ denotazione” e la “ connotazione*.
La “ denotazione” si esprime nell’ analogia, “ cioè nella simiglianza percettiva
del significante e del significalo. Questo, tanto nella colonna visiva (= l'imma­
gine di lui cane somiglia ad un cane) clic nella colonna sonora’ (= lo sparo di un
cannone in un film somiglia ad un vero sparo di cannone). C’ è dunque l'analo­
gia iconica e l’ analogia auditiva: il cinema è un derivato della fotografia c del­
la fonografia, le quali sono, entrambe, tecniche moderne di duplicazione mec­
c a n i c a 81
La “ connotazione” cinematografica è sempre di “ natura simbolica: il significa­
lo motiva il significante ma lo supera. La nozione di superamento motivalo può
servire a definire quasi tutte le connotazioni filmiche. Analogamente. si dice
che la croce è il simbolo del Cristianesimo perché se da una parte Cristo è mor­
to su di una croce (= motivazione), ci sono d ’ altra parte molte più cose nel Cri­
stianesimo che in una croce (= superamento). Un esempio semplice: il bacio fi­
nale tra l’ eroe e l’ eroina in un film, significa chiaramente che essi si sposeran­
no e che tutta una vita in comune li attende. Evidentemente, non a caso, il ba­
cio simbolizza Famore, ma c ’ è mollo di più nell’ amore che in un bacio. Anche
le più sottili e le più ingegnose connotazioni filmiche sono fondate in ni lima ana­
lisi su questo principio” .82 La “ connotazione” non è altro che la forma della
“ denotazione” . L’immagine cinematografica contiene il pensiero di un autore.
E un segno, una marca, una traccia della memoria storica di qualcuno, di qual­
cosa che nel tempo acquista valore o resta soltanto un frammento di “ cronaca” .
E quanto, in fondo, ritroviamo nelle grotte preistoriche, nei geroglifici egizia­
ni, nelle scritture primitive o in quelle iconografiche dei nativi d America.
Un film, lo si voglia o no, riflette il punto di vista sociale e politico del suo au­
tore. Il cinema a poco a che fare con il film... “ la caratteristica del cinema è di
integrare le significazioni più disparate in una composizione cinematografica;
che la peculiarità del cineasta consiste nel fa r e del cinema (e non solo nel fa re
dei film) con tutto ciò che egli trova; che non basta aver molte cose da dire per
fare buoni film [Michelangelo Àntonioni], ma che bisogna essere capaci di far­
le uscire dallo schermo e di pensare cinematograficamente” [Jean-Luc Go­
dard].83 La banalità di un film divampa quando la combinazione dei codici
usati riflette, rispecchia, riproduce meccanicamente i “ valori” del Codice vi­
gente. Non saremmo proprio certi (come Christian Metz) che un “ film è bana­
le quando lo spettatore, vedendolo, prova un insieme di impressioni che si ri­
assumono nella dichiarazione clic il film è banale” .8 4 Siamo più portati a pen­
sare che lo “ spettatore planetario” difficilmente va oltre la lettura primaria del
film e quello che vede sullo schermo si conforma al ciò che ha già nella testa.
Ecco perchè “ abbiamo l’ arte per non morire della verità” (Friedrich Nietz­
sche).
11 cinema è uno sguardo insolente sulla realtà o la celebrazione del banale mer­
P ier P au lo P a solin i/!! cin em a ili c o r p o

cantile che fa dell'impostura il proprio successo di pubblico (e sovente anche


della critica prezzolata dalle grandi case cinematografiche). La poesia diventa
cinema quando “ sfida la realtà ma si sottrae affatto ad essa, se penetra nel pre­
sente è per dargli lo stile clic gli manca'*' (Jean-Luc Godard). 11 cinema nien-
faltro che il cinema... “ è il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra
due battiti «li cuore, la gioia di vivere fra due battiti di mani" (Godard parlan­
do di Ingoiar Bergman).85 II cinema è il cinema perché va al di là delle stelle e
«pullulo diviene cinema di poesia, cospira per 1 insurrezione del l'intelligenza e
fonda etica ed estetica sulla via della liberazione degli sguardi. 11 cinema sc­
runilo Pi«?r Paolo Pasolini si oppone alla definizione di Metz che definisce il
“cinema linguaggio’" e non “ lingua” (come sostiene il poeta). Pasolini si avven­
ta su certe diciture del francese, per molti accreditate come teorie stilistiche ge­
nerali applicate allo studio del cinema. Metz, come è noto, parla di “ impres­
sione «Iella realtà” come caratteristica della comunicazione cinematografica c
ricorre a Martinet per dimostrare che il cinema non può essere una lingua e
Icon Martinet) dice che non può esserci lingua là dove non si presenti il feno­
meno «Iella doppia articolazione.
Pasolini scrive che non è vero «-he la seconda articolazione nel cinema non ci
sia e precisa: “ Non è vero che Punita minima del cinema sia l 'immagine, «pian­
do per immagine si intenda «pici colpo d'occhio che è l’ inquadratura: o ingom­
ma ciò che si vede con gli occhi attraverso ["obicttivo. Tutti - Metz e io coni-
presi. abbiamo sempre creduto questo. Invece: Vanità della lingua cinemuto-
£grafica sono i vari oggetti reali che compongono Vili quadratura9^.8 6 Lo «can­
(talo «Iella “ doppia articolazione della lingua cinematografica” innescato da
Pasolini, divampa un po’ ovunque e non sono pochi ad intervenire sulla que­
stione. Il dibattito si apre su questi punti dello schema (un po’ grezzo) pasoli-
niaun:
"I. La lingua del cinema è uno strumento di comunicazione doppiamente arti­
colato e dotato di una manifestazione consistente nella riproduzione audiovisi­
va della realtà; TI. La lingua del cinema è unica c universale, e non hanno quin­
di ragione «li esistere fronti con le altre lingue: la sua arbitrarietà e convenzio­
nalità riguarda solo essa stessa...
1 nudamente e determinazione della grammatica cinematografica è il fatto clic
Ir* unità minime della cinelingua
c? sono r?gli oggetti,
c?c_' le forme e rrgli atti della realtà,
riprodotte e «livenute elemento stabile e fondamentale «lei significante” .87 La
grammatica della cinelingua pasoliniana pesca la realtà in quattro seguenti mo­
di: I) Modi dell’ ortografia o della riproduzione; II) Modi della sostantivazionc;
IH)Modi della qualificazione; IV) Modi della verbalizzazione o sintattici... e ri­
batte che ’ia lingua del cinema è uno strumento «ii comunicazione seconda il
quale si analizza —in maniera identica nelle diverse comunità —l’ esperienza
umana, in unità riproduttrici il contenuto semantico e dotale di una espressio­
ne audiovisiva, i monomi (o inquadrature); l'espressione audiovisiva si artico­
la a sua volta in unità distintive e successive, i cinemi, o oggetti, forme «‘ alti del-
L
P in o Bertelli

la realtà, che permangono, riprodotti nel sistema linguistico. —i quali sono de­
cretati. illimitati, e unici per tutti gii uomini a qualsiasi nazionalità apparten-
gano".88 Dal cinema nessuno esce innocente.
Al cinema anche l innoeenza è colpevole. Al botteghino, lo spettatore, insieme
con il biglietto d ’ ingresso, paga anche "il prezzo di una espropriazione della
propria identità*" (Liborio Termine) e nel buio della sala accade il “ miracolo de­
risorio del cinema*' (Felix Guattari), che consiste in pochi attimi di piombare
nella dolcificazione “ manifatturata" del “ gusli/valori" correnti o di scoprire
^incoscienza deiretcrnità rovesciala e messa a nudo dal cinema di poesia. Le
ombre colorate che “ bagnano*’ lo schermo sono simulacri, modelli, fantasmi...
di una reale (sistema) dominante che invitano alla conciliazione ed evocano una
“ terra promessa" della felicità <h ciascuno e di tutti... ma anche nel più lurido
film commerciale ei possono essere momenti che modificano le '"concatenazioni
del desiderio" e li Vil cinema diviene “ una macchina rii liberazione del desiderio"
(Felix Guattari). Ed è proprio lo studioso francese ad introdurre nella lettura
del cinema una “ semiotica a-significante" in grado di liberare gli sguardi dalla
“ subalternità della dittatura clic il potere esercita sul discorso" (non solo cine­
matografico). Più semplicemente. “ le significazioni, al cinema, non sono codi­
ficale «Erettamente in una macchina che incrocia assi sintagmatici e paradig­
matici: gli vengono in un secondo tempo, dalle costrizioni esterne che Io mo­
dellano. Se il cinema muto— è riuscito a esprimere in modo molto più intenso
e autentico di quanto abbia fatto il cinema sonoro le intensità del desiderio nei
loro rapporti con il campo sociale, non era perche era meno ricco sul piano dcl-
Fespressione, ma perché il copione significante non aveva ancora preso pos­
sesso dell'immagine... successive del sonoro, del colore, della televisione, eco.,
in quanto arricchivano le possibilità di espressione del desiderio, hanno latto
sì «die il capitalismo s’ impadronisse del cinema e se ne servisse come «li uno
strumento privilegiato di controllo sociale".8 9 Anche Roland Barthes «lice rhe
il cinema, fin dalla nascita, è stato legato alla macchina economica delFimpero
della merce, ed ha poco a «die vedere con Farle dell’ “ inipero dei segni natura­
li". La “ via sintagmatica" del cinema - per Barthes - passa attraverso la meta­
fora, “ che è il prototipo di tutti i segni il cui senso si sovrappone (/se recom re I
perche entrano in contiguità, si potrebbe dire in contagio... si è tentati di dire
clic al cinema ogni montaggio, cioè ogni contiguità significante, è una metoni­
mia e. dato clic il cinema è montaggio, che il cinema è un’ arto metonimica (al­
meno per ora )".90
11 cinema, specie quello che si - chiama fuori - dal prodotto di massa, resta un
«liscorso profondo sulla storia. La "lingua-azione" del cinema, della quale par­
la Pasolini, ha senso, dice Umberto Eco. se al termine “ azione" si attribuisce
“ non un significato «li 'processo fisico che ha dato origine a oggetti-segni, che
riconosciamo come tali* (quei segni, appunto, di cui parla Lévi-Strauss '«pian­
do interpreta gli utensili «li una comunità come elementi di un sistema di co­
municazione che è la cultura nel suo complesso’ ), bensì quello «li Sresto si «'nifi-
P ier P a olo Pusolini/ll cin em a in c o r p o

caute*. Ma in questa accezione, propria, l'azione non è 'natura*: è 'convenzio­


ne, e cultura**, studiata da una semiologia elle si chiama cinesica, la quale ha già
isolalo particelle minime di movimento fornite di valore differenziale (i 4fini’ ),
rhe danno luogo a unità semantiche più vaste (i "einemorfi*), cosi prospettan­
do la possibilità di una ‘sintassi cinesica che metta in luce resistenza di grandi
unità sintagmatiche codificabili . Insemina, 1 universo dei segni del cinema è
mi insieme di codici e il film un linguaggio che si concatena ad altri linguaggi
che intereagiseono tra loro attraverso convenzioni e fratture. Se le cose stanno
proprio così, raffermazione di Pasolini, che il cinema “ è una lingua interna­
zionale o universale, unica per chiunque 1 adoperi** (condivisa da Christian
Metz e pochi altri), è “ teoricamente insostenibile perché incommensurabile al
codice su cui si basa la comunicazione filmica** (Liborio Termine). Appoggian­
dosi a Eco, Termine scrive che “ la doppia articolazione attribuita al codice ci­
nematografico [da Pasolini] è insostenibile... Ai linguaggi non si può far vio­
lenza: i linguaggi sanno vendicarsi. E si vendicano, nel caso Pasolini, attraver­
so una sproporzione, una incommensurabilità appunto tra il progetto e l’ ope­
ra compiuta ".91 Al caro Termine, vogliamo ricordare che sono proprio i lin­
guaggi clic hanno violentato lTimanità... c*è più sangue sulla Bibbia e sulLoro
«Ielle banche di tutto il mondo c he nei campi di sterminio nazisti/comunisti che
hanno fatto della politica un mattatoio.
L’ incendio dei metalinguaggi critici del cinema è appiccato. Pier Paolo Pasoli­
ni. Roland Barthes, Felix Guattari... sono i dinamitardi della macchina/cine-
ma (coinè linguaggio sequestralo della realtà).92 TI dibattito è aperto. 1 segni
«lei cinema divengono i segni della realtà. E sulla scorta delle teorizzazioni pa-
'.olimane si comincia a pensare ad una “ semeiotica generale che descriva la vi­
ta umana sul piano dei segni " (V jaceslav lvanov). La comprensione dei film
passa attraverso la rapacità di lettura dei codici inespressi e inconsci con i qua­
li cogliamo (o perdiamo) il senso profondo della realtà che ci circonda. Per Pa­
solini i segni del cinema sono anche i segni della realtà. II cinema è un sistema
di segni (Christian Metz) appartenenti ad altri codici, sistemi non cinemato-
,malici che influenzano, orientano, determinano i costumi, i sensi, le idee eli
una determinala società. Il sistema dei segni nel cinema “ è caratterizzato da un
legame diretto tra la raffigurazione e Poggetto raffigurato. Dal punto di vista
«Iella scienza generale dei segni (semeiotica) è importante innanzi tutto indaga­
re la relazione dei segni del linguaggio cinematografico con gli oggetti raffigu­
rati. II significato del segno nel linguaggio del cinema (come nel linguaggio co­
nnine) può non coincidere con l'oggetto raffigurato. Ne La corazzata Potcm-
Lin, la bandiera rossa (colorata a mano nella variante iniziale del film) non è
soltanto un segno della cinematografia, ma anche un segno delia realtà. Vice­
versa, la carrozzina sulla scala di Odessa nello stesso film è diventata un segno
nel contesto dell'opera e soltanto in un secondo tempo ha acquistato vita pro­
pria". 93 Secondo Pasolini, certe immagini-segni (“ imsegni") che il cinema ha
scippato alla realtà quotidiana, diventano “ unità di linguaggio del cinema e
P liio B ertelli

vengono usate come enunciazioni costanti*' (Vjaceslav Ivariov).


Pasolini organizza dunque un tempo cinematografico laterale all’ impero codi*
ficato della merce e si avvicina a ciò che esprime Tarkovskij nel suo cinema
a/tcmporale (ma non fuori dalla realtà),9 4 e cioè che il film è un interminabile
piano-sequenza che fissa nullo schermo ciò che costituisce la realtà per i letto­
ri. 11 cinema “ è un infinito pianosequenza oggettivo, che termina coti la fine del­
la nostra vita** (Pier Paolo Pasolini). L’immagine autoritaria del cinema si ha
quando si capisce che in un film lutto è significante, perchè l’ intera opera ènti
sistema di significazione. Il metalinguaggio critico del cinema “ nasce: a) rlal-
rinterrogativo se il linguaggio cinematografico sia simbolico (Metz), analogo al­
la realtà (Barthes) o realtà stessa (Pasolini): b) dal ripudio della descrizioneo
trascrizione del contenuto del film, dal rifiuto di piegarlo al “gusto* o alla valu­
tazione tradizionale: e) dalla necessità di offrirne i significati secondi, attra­
verso tuia metafora scritta equivalentemente polisensa rispetto a quella filmi­
ca: d) dalla coscienza della insanabile difficoltà, forse, di rintracciare ima me­
tafora che per struttura e significati recuperi il senso generale del film: e) dal­
la coscienza problematica dell’ atto scritto come atto creativo, ma coinvolgente
una infinitamente nuova cifra di responsabilità nei confronti del film, del pro­
prio linguaggio, dello spettatore-lettore, ecc.; f) dalla crisi della destinazione
politico-rivoluzionaria del proprio "fare’ critico, in una realtà in cui ogni at­
teggiamento “esistenziale* appare consunto anche politicamente, dove nuove
vie di impegno vanno rintracciate oltre Yestablishment della sinistra italiana
istituzionale, dove quindi nuove decime di isolamento culturale andranno pa­
gate .95 Parole profetiche, queste di Luigi Faccini. Saranno pochi i critici ci­
nematografici (Morando Moraiulini, Goffredo Fofi, Pio Baldclli, Enrico Olez­
zi...) che - in modi diversi — passeranno dalla trinità operativa barthesiana
(seience, critique, let ture) alla pratica critica resistenziale.
L’ immagine filmica è una favola. Lo schermo non è soltanto una cornice imi an­
che uno specchio che riflette le pieghe del reale. “ L*inquadratura è Punita sin­
tagmatica del cinema, il tassema filmico, mentre la scala dei piani costituisce un
percorso paradigmatico” .9 6 Appunto la favola della realtà. Un assunto que­
sto che non ha nulla a che fare con quanto scrivono Francesco Casctti e I cde-
rico di O lio sui regimi e pratiche della rappresentazione filmica: "Tutto il mec­
canismo della rappresentazione ruota attorno alla scelta di un'intenzionalità
analogica forte (ilm ondo possibile come copia del mondo reale) e una debole (il
mondo possibile come sganciato dal mondo reale)” .9 7 Tutta una schiera di at­
tenti lettori del cinema (Ejzenstejn. Sklovskij, Vygolskij, Ivanov. Bazin. Bar­
thes, Felix. Guattari, Pasolini...) hanno espresso una cultura/filosofia cinema­
tografica che ricompone la dualità sensoriale c intellettuale come atto creativo,
in opposizione al discorso assertivo e controllato del Pini magine mercantile. Gli
studiosi italiani (Gianfranco Bettetini, Francesco Casctti, Liborio Termine.
Galvano Della Volpe, Cesare Segre, Guido Aristarco, Emilio Garroni, Umber­
to Eco...) hanno lavorato sulla messa in scena del film, sulla produzione del
P ier P a o lo P a solin i/!! cinem a in c o r p o

*enso. sui linguaggi disvelati del cinema e, in alcimi casi, hanno raggiunto bril­
latili risultati accademici... quello clic è mancato loro è di collegare l'analisi
timi turale con ciò che non va al mondo.
11cinema è “ stato legato fin dalla nascita ad una società nella quale i segni non
sono dichiarati, una società di segni vergognosi. In clic modo il cinema può li­
berarsi dalla società nella quale è nato, come può risolvere quieto problema dei
segni manifesti o vergognosi, come può uscire dal modello naturalistico dell*ar­
te borghese, come può passare a un ordine di segni volutamente arbitrari, in
una parola: come può diventare una arte?... disalienare il segno manifestan­
dolo. manifestando il codice di cui esso fa parte, mi sembra essere oggi il com­
pito veramente politico* insito sulla parola, di ogni arte nuova’ '.9 8 La retori­
ca clelPininiagine è utile al suo rovesciamento e contaminazione... fare ilei ci­
nema non significa solo fare dei film... la semiologia studia la forma del film e
se vuole veramente andare al fondo delle idee/cose clic agitano la storia dei sa­
peri (leirumanità. non può fare finta di non sapere ehi sono i “ padroni della
lingua" e delle microfisiche dei poteri audiovisivi... dimenticare che la forma
non è ciò clic si oppone al contenuto ma, anzi, è ciò lo rivela. La forma del con­
tenuto è altrettanto importante quanto la forma del significante.
1. autore di cinema - scrive Pasolini - non ha un “ dizionario di ferro” (come lo
'•fritture), ha una possibilità infinita: “ non prende i suoi segni (im-segni) dalla
teca, dalla custodia, dal bagaglio: ma dal caos, dove non sono che mere possi­
bilità o ombre di comunicazione meccanica e onirica. Descritta dunque topo­
nomasticamente, l’ operazione dell’ autore cinematografico non è urici, mti dop­
imi. Infatti: 1. egli deve prendere dal caos Firn-segno, renderlo possibile, e pre­
supporlo come sistemato in un dizionario degli im-segni significativi (mimica,
ambiente, sogno, memoria); 2. compiere poi Foperazione dello scrittore: ossia
aggiungere a tale im-segno puramente morfologico la qualità espressiva indivi­
duale” .99 La “ soggettiva libera indiretta” pasoliniana esprime dunque 1 ano­
malia radicale di ogni film (lo stato d*animo interiore dell’ autore e la rappre­
sentazione delle sue idee sullo schermo)... La “ lingua della poesia cinemato­
grafica” (Pier Paolo Pasolini) è lo “ stile” di un autore, l’ aurora e il sole di mez­
zanotte dei suoi sentimenti profondi, delle sue passioni estreme, dei suoi sogni
più disordinati che portano nel cinema la vita e fanno del cinema la vita.
Pasolini àncora F“ empirismo eretico” del cinema (Funiversalità dei segni) alla
realtà quotidiana intesa come “ langue” ... e di fatto si contrappone alle lezioni
•li semiologia delle comunicazioni visive che in quegli anni fioriscono sulle cat­
tedre universitarie di estetica e di semiotica... Umberto Eco. Gianfranco Bet­
tetini o Emilio Garroni 100 tracciano percorsi decisamente antitetici alFassun-
U) pasoliniano, per il quale le tecniche audiovisive sono parte importante del
Costume (repressivo) delle società neocapitaliste, ed è attraverso Fuso sapiente
di queste tecniche che i padroni delFimmaginario collettivo rendono ogni segno
un simulacro che ciascuno assume a viatico della propria esistenza... Pasolini
diceva che dobbiamo lottare per disvelare F“ innocenza della tecnica, fino al­
Pino B er lei li

ì’ ullinio sangue", perché sono gli strumenti di comunicazione di massa rami-


camera «Ielle camere a gas del neocapitalismo. Di lì a poco esploderà il Maggio
francese e inizieranno revisionismi storici e ripetuti 4iinea culpa".
Le affabulazioni di una “ lingua del cinema come strumento di comunicazione*1
(che teorizzava Pasolini), saranno oggetto di studi meno viziati «lai '''deismo’*
spettacolare «Iella cultura italiana (la più haldracca del inondo) e o\ inique l’ u­
topia poetica pasoliniana diventerà un "'modo di fare cinema * e una lezione ili
vita. Il medium è anche il messaggio (Marshall McLuhan)... I«‘ tcle\isi«mi mul­
tinazionali, i giornali a grande tiratura, gli effetti significanti della mac< liina/ci-
nema hollywoodiana (la telefonia, i linguaggi virtuali dei eompnters. i giochi a
premi televisivi, i giocattoli telematici... sono il reale fantasmato dai « «altri «li
potere (politica, esercito, religioni, economie...) e quan do i loro portavoce
parlano di genocidio (non di neocolonialismo! ) dicono: "'Le armi «la fum o in se
stesse non sono né buone né cattive; è il modo in cui vengono usale che in* de­
termina il valore... [questo significa che] se le pallottole colpiscono le persone
giuste [quelle che si ribellano alTingiustizia. alla volgarità, ai bagni «li sangue
che versano i sostenitori dello sviluppo sperequativo della società oeridenta-
li...]. le armi da fuoco sono buone". 101 C ’ è da ridere di rabbia o di vergo­
gna... udendo queste parole. Ogni “ ordine nuovo*’ si basa sullo sfrutta mento,
la repressione, il calpestamento della dignità dell*uomo a vivere in eguaglianza
con gli altri uomini. L eu-topia «Iella lingua cinematografha pasoliniana. non
deriva dal termine di ou-topia* idea «li un noti-luogo o «li un luogo dii orso da
quello nel ([naie ci troviamo... eu-topia (nella sua accezione più libertaria), si­
gnifica - «lei vivere buono o del vivere felice- . Leu-utopia pasoliniana (nel suo
insieme creativo), invita a cercare quel Paese eli non-dove (progetto internirei*
immaginale collettivo) c chiamarsi fuori dalle illusioni d«dla civiltà organizza-
ta/omologata nello spettacolo. L eu-topia si richiama al sogno «li un Imon-postu
«love il mondo soggettivo/spiriluale <*orrisp«.>nde alla rèverie «lei cacciatori <li
sogni e proietta sulla terra una visione diversa della realtà possibile.
Negli anni 1965-1970. la poetica ereticale del cinema «li Pasolini sì schiude a
trasformazioni, mutamenti, abrasioni nei confronti di tutto quanto fa spetta­
colo.. . e il, massaggio dalle miserie (1<* periferie) «lei sottosviluppo a l l ’*utopia ce­
leste** di Thomas More «> all’idea «iella “ città del sole*’ «li Tommaso Campanel­
la... diviene per Pasolini una specie «li percorso filosofico elle rovescia il mon­
do. interpretandolo. Lisola «li Utopia di More spazza via una realtà imbaraz­
zante: i ricchi s’ ingrassano alle spese dei poveri. Ogni tanto i [inveri si ribella­
no. fanno la rivoluzione, tagliano la testa a qualche ricco, poi i rirelii si ri­
prendono il potere e l'autorità di calpestare la dignità d«*i popoli ( fino alla pros­
sima rivolta). "Fintanto che vi saranno proprietà e fintanto che il denaro sarà
la misura «li tutte le cose, io non posso pensare che una nazione possa essere go­
vernata secondo giustizia e felicemente: non secondo giustizia poiché le cose mi­
gliori saranno spartite tra gli uomini peggiori: non felicemente perché tutte le
cose saranno divise fra pochi (ed anche costoro non saranno felici sotto tutti gli
Pier Paolo Pasolini/!! rinoma in corp o

uveiti). 102 fa uomo non ha nessuna possibilità di salvezza se non nella corsa
in avanti, verso 1 Utopia. i\on è la rivoluzione che porta la felicità, perché nes­
suna rivoluzione infatti, "per quanto abbia aperto le porle alle masse dei po­
veri, fu mai avviata dai poveri, come nessuna rivoluzione* per quanto diffusi
potessero essere in un determinato paese il malcontento e persino la cospira­
zione. fu mai il risultato di una sedizione” . 103 Là dove i rivoluzionari che han­
no strappalo il potere ai generali, ai tiranni, ai despoti di ogni risma... si sono
poi sostituiti a loro ed hanno perpetuato Lingiustizia, la discriminazione, il eri-
mine... eoli gli stessi mezzi. Ciò elle fa più paura al Potere è la rivolta, la som­
mossa. lo strappo radicale... perché "dieci uomini che agiscono insieme posso-
ii<> farne tremare centomila disuniti” ( Hannah Arendt). K lo spirito dell*Utopia
che insorge contro ogni forma istituzionalizzala della felicità. Tutte le rivolu­
z i o n i iniziano nella strada e finiscono in parlamento. E lì muoiono (insieme al­

le idee di libertà che le hanno accese). Quando Lordine costituito si consolida


nel terrore o nella dittatura (non importa di «piale colore o genere), tutto crol­
la e va in rovina il faro libertario dclL umanità* restano gli inalienabili diritti
tielLuonio alla felicità.
Gli studi sulLUtopia galleggiano ovunque e qualche volta sono anche letture,
intuizioni, rivisitazioni importanti. 104 quello che resta sconosciuto è l'Utopia
della rivolta clic ha portato Carlo Pisacane a dire: "La parola pn>grcsso suona
nella borea degli uomini di ogni condizione, d'ogni partito, ma è da pochissimi,
anzi «la quasi nessuno compresa” . 105 Pisacane. nel suo testamento politico
Iredatto il 24 giugno 1857, poco prima delbinsurrezione con un pugno di ami­
ci!. scrive: " lo sono convinto che le strade di ferro, i telegrafi elettrici. le mac­
chine, i miglioramenti «leil'industria, tutto ciò finalmente che sviluppa e fa« ili-
la il commercio, è «la una legge fatale destinato ad impoverire le masse fino a
che il riparlo «lei benefizi sia fatto dalla concorrènza. Tutti quei mezzi aumen­
tano i pr<>«lotti, ma li accumulano in un piccolo numero di mani, dal «die deri­
da che il tanto vantato progresso termina per non essere altro che «leeadenza..
-e tali pretesi miglioramenti si considerano come un progresso, questo sarà nel
s(,nso di aumentare la miseria «lei povero per spingerlo infallibilmente a una
terribile rivoluzione, la quale cambiando Lenirne sociale metterà a profitto ili
ditti «dò che ora riesce a profitto di alcuni” . 106 Non si sbagliava. E se Socra-
tc non era "cittadino «li Alene soltanto, ma citta«lino del mondo’’ ... il pensiero
dt Pisacane contiene in sé bearle «li fai* partorire lo spirito” socratico che bal-
Za in piedi, rifiuta la cicuta c fa «lei silenzio universale un grido di rivolta... gli
utopisti possono essere perseguitati, incatenati, assassinati... ma le loro idee di
libertà e «l'amore delLuomo per l'uomo, non possono essere trucidate e quan­
do pare che siano morte, è in quel momento che rinascano dalle proprie cene­
ri.
••utopia della "diversità" pasoliniana, fiorisce sui muri «Iella "falsa coscienza*
"tatuale e contribuisce non poco a liberare Linunaginario sociale dalla pianifi-
‘ azione del gusto (omologazione) dei saperi/ poteri centrali della società terno-
P ino B ertelli

rratica. La terra vista dalla luna e Che cosa sono le nuvole?, sono due favole
in l’orma di "utopia comica'' che Pasolini appronta contro la mediocrità cosmi­
ca dell'insieme sociale. In La terra vista dalla luna. Totò e Ninetto Davolj so­
no ancora protagonisti di un viaggio verso il Nulla. 11 richiamo di Pasolini al ci­
nema muto chapliniano è dichiarato. La sceneggiatura di questo breve film,
venne elaborata sottoforma di fumetti. 107 Totò è un p o' Pampnrio (del Cor­
riere dei piccoli) e un po' llarpo Marx (di Una notte sui tetti). Ninetto è una
specie di macchietta artifìeiata/disarticolata che nulla aggiunge e nulla toglie a
ciò che aveva interpretato in Uccellacci e uccellini. I travestimenti (gli uomini
sono donne, le donne uomini), il trionfo del kitsch della baracca, la desolazio­
ne di una realtà spostata nell'assurdo, nel non-senso... compongono una giul-
larata cinematografica di grande respiro poetico. Petraglia si è accorto del con­
trario. e cioè che La terra vista dalla luna è soltanto uadoperimi narcisistica...
"lo sperimentalismo che in essa prende corpo (c che in piccola parte riflette le
contemporanee elaborazioni in sede teorica) mette Pasolini in contatto con una
nuova mistica, assai più pericolosa della prima, quella che trovava nel sotto­
proletariato una religiosa sacralità di corpi e figure’". 108 Vero niente. TI ‘bre­
ve film" di Pasolini (molto attaccato dalla critica), si presenta invece come un
piccolo trattato sulla solitudine c Pineomunicabilità deUTiomo "comune ...
una specie di mondo alla fine del mondo... ancora un viaggio all interno rii
quella periferia-mondo che è la società di massa.

Li
L A T E R R A V IS T A D A L L A L U N A
1966-1967

sceneggiatura a fumetti

Nei Cimitero di Prima Fona. TULIPAX A SCOPONI


IN MIAO. Nata a Stromboli il giorno dei morti del 1W1 ]
e morta qua ire giorni fa.
M A M M A ! l i m e tte r e m o la Iur e elettrica ' E tanti b e i fiori! C iro * u n A r m o D o p o : — A p a p à ... £ n 'a n n o ch e
M AM M A! Sci la più b ella d e l C a m p o s a n to ! A m en . ru m m in a m o ... e m am m a rum se trova!

E C C O ! E c c o . v e d i. B a c iò , io c i ò .m u o ia q u a lc h e — V o i c h e n o ' la tr o v i ’u a d o n n e t t a , c h e s 'a c c o m p a g n a
.a m ie* i3 i a sp o ra . I o l o Ione», il d e M in o ... So* im p ie g a t o c o ' m e ... C h e m e fa a m e d a tu o je e a te d a m a d r e ...
< e r c o m u n e . n.t ca se tta c e l'h o ... B i n i l o p r o p r i o p r o p r i o Eli si. c a r o m io . n o i d o b b i a m o p e n s a al n o s t r o a v v e n ire
m in m e p a r o ... 1 1
S p et ta lm e n te al tu o !
— N o : B r u tto n u n c e sei!
— S ì, e d o v e la tr o v i n 'a ltra b ra v a c o m e m a m m a !
— E h lo s o ! C o m e le i n o ! P e r ò ... l 'i m p o n a n i c è c h e .
c o m u n q u e , c e p ia c c ia a tutti d u e !
P i l l o B e r t e l li

— A le c o m e le p ia c e ?
— M ora.
— I o in v e c e b io n d a !
— \ a b e b ! b a s ta c h e ritiri c r o s c ia !

- C u c ii! — S ig n o iin a ! S ig n o r in a ! IS si... P s s t .. — B u i.'


— \ cd ova ! — M e bu rro?
- ? ( N O N R I S P O N D E ) - U n a B a n a n a - ...............
— D arre 'm i p e ttin a ta ! - B o n a , e h ? ( M A N C I A E Z IT T A .')

— C iò p u re n o v o s o d o l o v u o l e ? (E I.F.l Z I I I A ) — S ta iti, n o t i h o c a p i l o .. . C o m e h a d e t t o ? (F. LE I 7.1 I T . V


— N o ? .... P e r m e t t e ? C i a n c i c a t o V i v o ! — M a p e r c h é n o n m i r i v o l g e la p a r o l a ... P e r c h e ? I " c a p o t i '
— V i v o B a r in d a in e . le i è im a D E A , e c h is s à q u a n t i s p a s im a n t i a v ra -'v u tu
— M o lt o lie to . e Ita. n e lla s u a vita... m e n t r e i o s o n o u n p i c c o l o V E R M I-
b r u t t o . 7 .0 7 7 .0 . p i d o c c h i o s o . . M a u n a p a r o l a .. C r i a p a i o l a «> 1
B U M ! U N E S P E R IM E N T O A T O M I C O ?

?/■
1 it?r r u o lo I uso Imi/Il cin em a in c o r p o

— A li — .-Vìi (E L E I Z I T T A ) — A l l o r a , m e te s p o s o .
— P a pà ! M a è s o r d o m u t a !
— A a h ...!

Q u a si s u b ito d o p o ... — M ia o — M ia o
— V o i , A s s u r d a C a i, v o l e t e p r e n d e r e in l e g i t t i m o s p o s o , — C i a n c i c a t o M ia o ?
il q u i p r e s e n t e C i a n c i c a t o ... N e lla c h ie s a c 'e r a s o l o u n g a t t o ... M ia a a o ...
— M ia o — M ia o ? — M h ! (s i).

— E v o i , C i a n c i c a t o M ia o , v o l e t e p r e n d e r e in le g it t im a a p o s a ,
la q u i p r e s e n t e A s s u r d a C a i?
-Si
— B o n a sera !
M ia o .
C o n la f i s a r m o n i c a a l in c e a in v e c e d e l v i o l i n o ...
- V a p e n s i e r o s u ll’ ali d o r a t e ...»
Pillo Bertelli

La terra vista dalla luna ha inizio in un cimitero di periferia. Ciancicalo Miao


( loto) è un impiegato comunale e suo figlio Baciò (Ninelto Cavoli) sopravvivo­
no in un futuro imprecisato. Hanno i capelli color rosso-rame e piangono la
scomparsa della moglie-madre Crisantema, morta per un’ indigestione di fun­
gili avvelenati. Hanno costruito sulla sua tomba una rozza statua che la im­
mortala come regina delle casalinghe cd ha anche lo soettro/mattarello in ma­
no. Dopo le preghiere, Ciancicato e Baciò decidono di fare un viaggio in cerca
della Donna che possa divenire madre e moglie della loro baracca blu, immer­
sa in una specie di "bidonville" africana. L*agglomerato suburbauo è oggetto da
fotografare per i turisti inglesi (Laura Betti interpreta un uomo c Luigi Leoni,
una donna). 1 Miao s’imbattano prima in una puttana, poi incontrano una bel­
lissima donna dalla pelle bianca e i capelli verdi. Assurdina Cai (Silvana Man­
gano) che prega ai borili della strada, inginocchiata davanti ad un altare \oli­
vo. Ciancicato cerca di parlarle, ma noti ottiene nessuna risposta. Le offre una
banana, ma la donna continua a tacere. Un aereo trafigge il cielo e rompe il mu­
ro del suono. Assurdina non mostra alcun movimento. E sordomuta e affama­
ta. Ciancicato le fa capire a gesti che la vuole sposare. Il matrimonio si celebra
in una chiesa deserta, accompagnato dalle note di “ Va’ pensiero", suonate da
Baciò con un’ armonica a bocca. II prete li commiata frettolosamente con que­
ste parole: "State bene, buonasera” . Assurdina diviene la regina della baracca
blu, dove c ’ è di tutto... cianfrusaglie, rottami, una bomba a mano, una radiò,
una fotografia di Gliarlie Chaplin... che commuove anche l'Assunlina. Di li a
poco la baracca si trasforma in qualcosa di grazioso, pulito, armonioso... e la
famiglia Miao raggiunge una certa stabilità familiare. Ciancicato e Baciò so­
gliono una casa piò bella. Organizzano così un falso suicidio. Assurdina dovrà
fingere di uccidersi dall alto del Colosseo. Intanto padre e figlio raccolgono una
collctta tra i curiosi. La coppia eh turisti che fotografava la baraccopoli si ar­
rampica sid Colosseo pei* cogliere le immagini disperate di Assurdina... getta­
no a terra una buccia di banana, Assurdina ci scivola sopra e finisce nel vuo­
to. I Miao piangono c i loro amici scoppiano di risate. Lna nuova tomba, una
nuova statua. Ancora pianti, ancora una lapide sgrammaticata. Ciancicato c
Baciti tornano alla loro baracca e come d ’ incanto ritrovano Assurdina vestila
da sposa, bella, candida, serena come una Madonna. Sorridente e mula. I Miao
fuggono. poi all'ora di pranzo, si fanno avanti. Parlano con (‘ apparizione e li­
sto che Assurdina anche da morta può fare da mangiare, tenere pulita la casa,
lavare i panni e fare Tumore con Ciancicalo, padre e figlio sono presi ila ire-
miti di gioia... “ E la felicità, è la felicità!” , grida Ciancicato. La morale ultima
appare nella didascalia finale: "Essere vivi o esser morti è la stessa cosa” .
La terra vista dalla luna era il terzo episodio di Le streghe. Il film era c o m p o ­
sto da: La siciliana. di Francesco Rosi: Senso civico, di Mauro Bolognini: La
strega bruciata. di Luebino Visconti: Lna sera come le altre, di Vittorio De Si­
ca. Il lavoro di Pasolini si staccava nettamente dagli altri e risultò un piccolo
gioiello surreale ohe salvò Liniero film. Con questo mediometraggio, Pasolini
P ier P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

intendeva provocare (tirare fuori) la comunicazione morta della Lingua... qui,


carne in ogni Sud della terra, il ruolo della donna è visto come un oggetto... nel­
la stupidità quotidiana la “ vita è sogno, e gli ideali stanno sotto le suole delle
scarpe'* (Totò/Cianciealo, al figlio Ninetto/BariiY). L'ironia pasoliniana si fa più
chiara quando fa dire ad Assurti ina che ci vorrebbe “ un suicidio generale, tall­
io nel Camposanto c ’è posto per tutti. E in questa terra che e è solo posto per
i disgraziati, gli avidi, i farabutti, i mascalzoni e i tirchi...**. L’ attacco alla cul­
tura borghese e di sinistra è diretto. Tutto ormai è parte di una realtà falsa, ap­
parente, genuflessa alle regole delle ideologie, delle dottrine, dei saperi mer­
cantili... ed è proprio qui che Pasolini dice che andiamo ad abitare la nostra
perdita d’ identità.
L’attoralità surreale di Laura Beiti, Totò e Ninctto Da voli è senza eguali. E sul­
lo schermo, è difficile ritrovare il sale dell’innocenza che la sensualità lunare
di Silvana Mangano riesce a irradiare... le sue inquadrature sono molto parte­
cipate dal regista e si vede clic trovava nella Mangano, il proprio “ ideale di bel­
lezza femminile” (Pier Paolo Pasolini). Non era il solo che vedeva in questa
splendida donna una compagna di strada. "'Pier Paolo amava Silvana. Spesso
mi domando se, nel chiasso del cinema, non sia andata persa o trascurata ( in­
teriorità poetica, la trepida semplicità della Mangano (‘he, per noi tutti, rima­
ne indimenticabile, insostituibile’’ (Laura Betti). Resta la sua immagine, la sen­
sualità della sua bocca, il suo sguardo di gazzella solitaria, il suo corpo rii don­
na in amore... a cullare i sogni sporchi dei bambini di tutte le età. La misterio­
sa atmosfera del film ricorda non poco Bella eli giorno di Luis Buiìuel, ma più
ancora è allo Charlot c alla fioraia cieca di Iaicì della della città, che Pasolini
sembra guardare. L’ irrealtà pasoliniana non rifiuta la realtà del sottoproleta­
riato, ne disvela le convenzioni e alla maniera di Mach. Sennett (una specie di
balletto filmico), frantuma il conformismo della miseria c lo splendore della
borghesia celebrato dal cinema italiano di quei giorni. L’ alternanza dei piani,
I uso dell'accelerazione, contrapposto ai parchi piani-sequenza, la frammenta­
zione della storia, il tocco della magia attorale... riflettono in questa favola po­
polare una graziosita del miracolo e una magia dei corpi che conferiscono al
mediometraggio una sorta di gioiosa bellezza estetica (dovuta anche ali impie­
go straordinario del colore).
Goffredo Fofi. non vede La terra vista dalla luna, un'opera compiuta. Recen­
sendo l'apologo pasoliniano. lo accosta a La ricotta, che considera sino ad al­
lora il risultato migliore del regista, e scova i contrasti tra Terzo Mondo e mon­
do rieco, il vitalismo sottoproletario e I*incertezza della vita... che sono butta­
ti contro la morale corrente. Noti condivide però “ il precipitoso lieto fine di re­
surrezione della donna-angelo di borgata” ... i lieti fin e delle favole (interventi
della Provvidenza) sono un’ altra cosa dai lieto fine degli apologhi, che rispon­
dono ad una precisa convergenza delle coordinate logiche del soggetto. Qui la
Storia sparisce, e resta fumosa, per quanto vivace, tiritera” . 109 II burlesque
di Totò, Ninetto e Assurdina non fa molto ridere, però. A questo concorre la
P ino B ertelli

raffinatezza delle immagini e la surrealtà metastorica del racconto, clic spoeta­


no il film da ima tenera favola per bambini, a un raro esempio di rovescia-
mento della fabula picaresca clic riduce il mondo a semplice sogno o stupida
cosa.
La (erra vista <bilia luna è il primo film giralo (interamente) a colori (Kodak)
di Pasolini. La fotografia di Giuseppe Kotnnno è forte, grottesca c Lene - in­
treccia ai costumi cireensi/fumettislici di Piero Tosi. Il montaggio di .Nino Ila-
ragli è, come in tutta l'opera pasoliniana. impudente, a/ritmico. spezzettato...
quasi a lambire l’ integrità del film. La critica militante lo sconfessò c la mora­
le censoria vigente vietò ai minori ili 18 anni I episodio pasoliniano (poi ridot­
to ai minori di 14 anni). La sperimentazione ilei colore è qui davvero notes o l e .
Pasolini ne avverte la difficoltà espressiva: "Intendo il colore esattamente co­
me la musica, cioè come qualcosa che riguarda il cinema non nella sua sostan­
za semiologica o grammaticale, almeno per ora. cioè fino a quando la riprodu­
zione dei colori non sarà oggettivamente perfetta, ma riguarda invece la di­
stanza estetica: è quasi un’ aggiunta, appunto come la musica. Per questi netti­
vi un regista è costretto a comportarsi, con il colore, in maniera un po’ estetiz­
zante e formalistica, e questo è successo anche a me. benché in principio mi ri­
bella ssi. Per fortuna questo film. La terra vista dalla luna, e una Invola -ar­
re ale, quasi per bambini, e ciò mi ha permesso di fare dcU estetisnio cromai n o
in maniera abbastanza lecita *.110 11 timore di cadere nell'estetismo di Paddi-
ili è fondato, ma anche largamente superato. L’ uso del colore qui e in t u t t o il
suo fare-cinema, è "lavorato” con arguzia pillografica, graffitiea. volutami nie
"rudimentale ... (non pittoricistica ) che lo proietta tra i {incili sperimentatori
del "colore personale’ nelle storie e nelle teorie del cinema. m i ai favola
"ideo-coiniea pasoliniana è ambientata tra le baracche di Fiumicino. (Glia, in
luoghi reali dove la povertà alberga in fantastiche dimore... pezzi di v ile am­
mucchiati insieme ai rottami, spazzatura o avanzi del mondo... e lì la realtà è
così irreale da trascolorare ogni cosa in una einefavola. L’ utopia pasoliniana
provoca nel pubblico e nella critica sacche d ’ incomprensione profonda... nmi
molti si accorgono di essere di fronte a una specie di rivisitazione ilei primo
Ghaplin o tutto Blister Kcaton e considerano l’opera ili Pasolini una bizzarra
parentesi creativa. Si tratta invece di poesia visiva, dove Pasolini conferma la
caduta delle ideologie e disperde sid biancore lunare dello schermo I eroda deb
Lulopia.
La terra vista dalla luna fu girato in appena un mese (novembre 1966) <* il
"corto successivo, Che cosa sono le nuvole?, in poco più di una settimana
(marzo-aprile 1967). (di interpreti sono ancora Tolò c Nonetto Cavoli. Fra par­
te di una produzione De Laurentis: Capriccio (di italiana (gli altri episodi era­
no: II mostro della domenica. di Steno; Perché, di Mauro Bolognini: Viaggio di
lavoro. di Pino Zac. La bambinaia, di Mario Monicclli: La gelosa, di Mauro
Bolognini). E di nuovo una piccola grande opera groltesea/picaresca, all’ inter­
no di un film bassamente commerciale (salvo Fepisodio di Zac). Che cosa sono
P i e r P a o l o P a s o l i n i /* * ••• v ^ . r _

Itì nuvole? è un racconto. una riflessione. mi disperato gesto di umanità sid rap­
porto che intercorre tra la \ita e la morte, tra l'apparenza e la verità, tra il nul­
la e Famore. Questa volta Pasolini scomoda Shakespeare e la tragedia ili Olii pi­
lo. Tutto arcade sul boccascena e dietro le quinte di un piccolo palcoscenico ili
teatranti girovaghi. Le marionette sono uomini-pensanti e li manovra il burat­
tinaio-artigiano che li ha costruiti. La messa in scena è sempre identica, ogni
sera, ogni giorno della loro vita... il loro spazio non ha ne tempo né sogni che
non siano ciò che ogni sera rappresentano di fronte a un pubblico/società clic
li ascolta ma non li capisce. Ed anche le inarionettc/uomini non capiscono il
mondo esterno, la realtà che accade al di là del palcoscenico.
Il film si apre con un '"immondezzaro*’ (Domenico Modugno) clic canta una
struggente canzone d'amore nel retro di un teatro popolare dove sta per ini­
ziare la tragedia di Othello. Le marionette sono parlanti, un p o’ uomini un po'
pupazzi. C'è Jago (Totò). Cassio (Franco Franchi). Desdeinona (Laura Betti).
Bianca (Adriana Asti). Roderigo (Ciccio Ingrassia), Carlo Pisaeane (Brahan-
zio). Luigi Barbini. Mario Cipriani. Piero Morgia (burattini)... il puparo
(Francesco Leonetti) armeggia con l'ultima marionetta. Otello (Ninetto Cavo­
li). per dare inizio allo spettacolo. Il canto dclP'iminondczzaro" incuriosisce
Otello c chiede agli altri cosa sia quel suono c chi sono loro... poi mosso dai fi­
li del marionettista recita la propria parte. Jago trama alle spalle dell ingenuo
Otello c idi
c
la credere che Desdemona Fila tradito. Il dubbio attanaglia —
Otello
ma la perfidia di Jago vince. Otello crede clic Desdemona ami Cassio perche è
di pelli' bianca e non quel "negri» porco zozzo (ilice Jago) e s infuria... intan­
to il pubblico comincia a fischiare contro la rappresentazione... tra le quinte
Otello piange e chiede al puparo - "A sor maestro', perché devo crede nelle co­
se che me dice Jago, perché so cosi stupido? —. 11 marionettista gli risponde in
maniera salomonica... "Forse perché, in realtà, sci tu che vuoi ammazzare De-
sdemona” . Stupito Otello chiede: "Come? lo voglio ammazzare Desdemona? E
perché?’ ’. 11 burattinaio: "'T orse perché a Desdemona piace essere ammazza­
ta". Otello/ÌN inetto si chiede allora: ’SMa qual'è la verità? E quello clic penso io
de me. o quello che pensa la gente?' . Otello è confuso. Toto/Jago. che dietro le
quinte è saggio e buono, gli dice che la verità è quello che ciascuno sente, se si
ferma ad ascoltarla dentro di sé... ma appena la nomini, non c'è più, svanisce
nel nulla. Otello sta per uccidere Jago, il pubblico irrompe sul palco e Otello e
Jago vengono linciali. Cassio c Desdemona sono portati in trionfo. Le altre ma­
rionette. in fila, appese a un'asse nel retrobottega, piangono la morte dei loro
amici. L'"inimondezzaro” carica Jago c Otello su un camioncino sgangherato,
tra mucchi di rifiuti... le marionctte/uomini si guardano attorno spauriti...
r"im m ondezzaro" scarica il camioncino nelFimmondczzaio e quando Jago e
Otello vedono il ciclo per la piima volta, scoprono anche che esiste un altro
mondo... e «marciando quel cielo azzurro, graffiato da alcune nuvole biancjie,
dicono:
Otello ~ ’Tiiiih che so quelle? -
Pino B ertelli

Jago - “ Sono... sono... le nuvole... -


Otello —'"E che so" le nuvole?** —
Jago - "Boli!** —
Otello - "Quanto so' belle! Quanto so* belle!" -
Jago —"O h. straziante, meravigliosa bellezza del creato!” —.
Che cosa sono le nuvole? è una metafora della vita offesa. Una favola s u ll'iii-
ìiocenza e una tragedia sulla verità. ì\on ei sembra tanto elle il puparo sia il
“ Dio-autore, quello di Pasolini, nella finzione come nella realtà, che ha il vol­
to deiramico-scrittore Francesco Leonetti, la stessa voce del ‘ corvo* di / ccel-
lacci e uccellini” (Serafino Murri)... quanto una specie di specchio dove il le­
gista si fa "puparo % rovescia i canoni della tragedia shakespeariana e nel
trionfo dei supplizi (la morte di Jago e Otello) riflette Febetudine di una lol-
la/pubblico malvagia, rozza, bastarda... e contrapposta a questa ferocia, "sug­
gerisce” alle marionette quella discarica, dove scoprono il mondo nuovo.
Parlando di La terra vista dalla luna e Che cosa sono le nuvole?. Pasolini af­
ferma: “ QuaTè Fidcologia di queste due farse? Non è molto comica, a dire il ve­
ro (e infatti gli italiani non ridono molto ai miei film comici): l’ ideologia di ton­
do è un'ideologia picaresca, la quale, coinè tutte le cose di pura vitalità, ma­
schera un’ ideologia più profonda, che è l'ideologia della morte. Infatti Che r o ­
sa sono le nuvole?, questo mio secondo sketch, finisce con la morte dei due pro­
tagonisti, che sono due pupi, o due marionette, Jago c Otello: il pubblico, in Ir­
rorilo, li uccide, prima che perpetrino il loro delitto. Queste due marionette
vengono gettate da un immondezzaro (che è Modugno, c che quindi lo fa can­
tando) in un orribile immondezzaio; ma lì, in questo immondezzaio, scoprono
il mondo, che sarebbe il loro paradiso” . 112 II film è radicalmente laico... non
lascia spazi a nessuna trascendenza religiosa, anzi è un film-svolta dell'invetti­
va pasoliniana verso il pubblico-massa che si muove, parla, agisce secondo
quanto è «lato loro vedere... il pubblico entra nel teatrino e lo fa a pezzi perche
non vuole la verità ma la maschera, la rappresentazione delle cose non cosi co­
me sono, ma come qualcuno vuole che siano. La morale è una: l’ uomo è dive­
nuto la marionetta di se stesso. L'uomo nasce prigioniero delle convenzioni e
muore nei rifiuti della propria esistenza. Il “ senso comune” è la regola, il cap­
pio al quale impiccare tutte le devianze.
11 viaggio verso il Paese di noti-dove di Totò e Ninetto, iniziato con Uccellarci
e uccellini e ripreso in La terra vista dalla luna, si compie con Che cosa sono
le nuvole?. In un mare di rifiuti, nel canto di un “ immondezzaro” che dice:
"Tutto il mio folle amore, lo porla il cielo, lo porta il cielo, lo porta il ciclo *. 1
martiri della felicità hanno perduto le pantofole sul sagrato «Ielle chiese e la lo­
ro illibertà di vivere è sempre stata svenduta insieme alla loro libertà di mori­
re per un posto sul sofà «iella storia. Nietzsche ha esortato a vivere furiosa­
mente la propria individualità, in cambio gli è stato dato il manicomio e una la­
pide di fuoco nel cuore dei ribelli di ogni luogo. Non c è emancipazione possi­
bile dell’ umanità se non o‘ è Femancipazione delFindividuo a divenire padrone
I H .r l a o i o ru b o u n i/u eu iru iu n i r u i |K»

della propria esistenza.


['uso raffinato del colore/Kodak (Tonino Delli Colli) è. come in La terra vista
dalla luna (fotografalo da Giuseppe Rotini no), di granile efficacia e spessore
cromatico straniatile. Le marionette/uomini sono dipinti direttamente sulle fac­
ce e in modo eccessivo, sembrano caricature dei personaggi che interpretano.
Anche le scenografie e i costumi (Jurgen Henze) sono forti e nel contempo in­
fantili. Il montaggio certosino (Nino Baragli) e quella dolcissima canzone (imi-
*ica di Modugno, parole di Pasolini) recuperano il lato amaro di ogni favola...
i» cioè che in fondo al suo regno viaggiante c'è sempre la memoria ilei confini e
i silenzi di sabbia del deserto. Dilatare gli orizzonti del sogno, significa com­
prendere ciò che si distrugge... divenire custodi di interrogazioni senza perdo­
no ed afferrare il futuro alla gola per l'ultima volta. Ogni libertà come ogni
amore) risiede nel sogno/atto che ci rende liberi.
Il film non è vietato. Lo possono vedere tutti e non lo vede quasi nessuno. Pec­
cato, perché qui Franchi e Ingrassia sono se stessi e un'altra cosa... Pasolini li
sceglie perché sono immediatamente riconoscibili dal pubblico e per la "loro
impronta plebea, che è un po’ volgare, come Vavanspettacolo o come il teatro
dei burattini più popolaresco: la loro comicità c un po' abietta, forse, ma è all­
eile immediata*'.113 La bellezza sciantosa di Laura Betti, colora una Desde-
mona impareggiabile, la dolcezza discreta di Adriana Asti e gli occhi sgranati
di Carlo Pisacane celebrano tutto il meglio del teatro radicale di Piscator,
Brecht o Artaud, in "vitro" mostrano la forza della tradizione ed anche la for­
za di odiarla, rovesciarla. Pasolini ha la gentilezza tutta aristocratica, di ri­
sparmiare al lettore delle sue opere, di credersi stupido. Questo perché egli ere­
de che gli uomini sono sempre migliori delle culture, delie ideologie e delle ledi
con le quali si difendono o reprimono gli altri uomini. La malattia incurabile
più diffusa nell’ umanità, è la "normalità".
Gli addetti ai lavori si dividono in chi scorge nel film, "una vacanza pasolinia-
na, da affiancare a La terra vista dalla luna'' (Giulio Cesare Castello), 1 1 4 chi
sostiene che nclTepisodio di Capriccio alVitaliatia, "Pasolini mette la sua an­
goscia a livello universale ma la carica non basta, la musica non si propaga, il
suono resta opaco, il sapore falso. Un momento di stanchezza’ '. 115 Altri, co­
me Sergio Areeeo, approfondiscono il discorso e scrivono cosi: "Dalla lonta­
nanza peregrina (sognata e concupita) Pasolini ama prefigurare oggetti e com­
portamenti, dalla preistoria sciupata dalla condanna borghese spia il segreto
comportamento del film infierì e gli indizi sottesi di una prossima età dell oro,
gli impliciti ideali e le periodiche dilacerazioni: tutto è già scritto, e Modugno
ha l'aria di saperlo". 1 16 Ma è Laura Betti la più disincantata e con l'acutezza
ironica che la contraddistingue dice: "Non ho mai capito perché sia La terra
vista dalla luna che Che cosa sono le n u v o l e che oggi sono considerati dei ca­
polavori, all'epoca furono perfettamente ignorati. Nessuno se ne accorse. Non
un solo critico. F neppure Pier Paolo, che non ne parlò p iù ".117 Appena ter­
minate le riprese del film, Totò muore (15 aprile 1967). Lascia un vuoto enor-
I in o B ertelli

ine nel cuore «Ielle platee popolari e una cascata di film brutti, da buttare. Re*
stano gli incontri proficui con Giuseppe Amato —ìvonne la nuit (1949). Fai nar­
do Do Filippo —IKapoli milionaria ( 1950), Steno e Mario Monicelli —(ritardi# e
ladri... ma la scuola della miseria di Potò, esce dalle opere di Roberto Rosse!-
bui — Dov è la libertà? (1952). Vittorio De Sica —L'oro di i\apoli ( 1954). Al­
berto Lattinola - La mandragola (1965). Pier Paolo Pasolini - Uccellarci e uc­
cellini e La terra vista dalla luna... e non ci sembra poco.
La sua arte. Totò Faveva imparata nella strada, e tra le tante sciocche//»- che
aveva detto o rilasciato in copiose interviste, e’ è un'affermazione importante c
profonda sull"origine della sua comicità: “ lo so a memoria la miseria, e la mi­
seria è il copione della vera comicità. Non si può far ridere, se non si conosco­
no bene il dolore, la fame, il freddo, l'amore senza speranza, la disperazione
della solitudine di certe squallide camerette ammobiliate, alla fine di una reci­
ta in un teatrucolo di provincia: c la vergogna dei pantaloni sfondati, il d« -i«Ie­
ri o di un caffellatte, la prepotenza esosa degb impresari, la cattiveria del pub­
blico senza educazione. Tnsomma non si può essere un vero attore comic»* >cn-
za aver fatto la guerra con la vita” .118 Quando Pasolini andò a trovarli» nel­
la sua casa per parlare di Uccellarci e uccellini... Totò era sconcertato. Mia -ua
compagna. Franca Faldini. gli confidò i suoi timori di non riuscire a fare un
film così importante: "“io lo so, con i Vecchioni mi ci piglio poco, sono t r o p p o
puttaniere’ . Pasolini era accompagnato da Ninelto Davoli. “ inguantato in un
paio di jeans sudici dalla patta stinta” (Franca Faldini). Pasolini e Tot»» si
scambiarono timidamente le loro idee. Dopo un oretta, «pianilo il regista « \i-
netto si congedarono, “ Antonio con un sospiro di sollievo, afferro una pompa
di DD T e lo spruzzò sul posto occupato da Ninetto esclamando: "Porca n u t­
ria, i jeans zozzi ini fanno sellilo. Mica dico che uno debba mettersi in frac ma
almeno, se proprio l'esterofilia gli impone di portarli, che siano di Inna­
to! M 1 9 T«)tò era anche questo.
Dopo la sua scomparsa. Telò fu imbalsamato di lodi sperticate e i restauratori
«Iella cultura italiana passarono dallo scorticamento alla celebrazione. Non tut­
ti. Pasolini era convinto che i suoi film degli anni 550. erano “ tutti orribili,
squallidi e volgari (Pier Paolo Pasolini) e non ci voleva molto a vedere che in
quella robaccia Totò replicava se stesso fino al limite della sopportazione. A
Pasolini ciò che importava però, era quella cultura sottoproletaria clic a\< \a
sulla pelle, nei gesti, nei lazzi... che veniva direttamente fuori dai vicoli di Na­
poli. Toto era una maschera comica e tragica insieme, una specie di Pulcinella
clownesco, una “ marionetta disarticolala” e un p o’ crepuscolare che figurava
la poesia della sopravvivenza del sottoproletariato di ogni parte della terra.
Pasolini è il solo che sceglie Totò per decodificarlo dallo statuto della comicità
ridanciana che gli hanno affibbialo (arricchendo molti produttori) e della «pia­
le lui ne va fiero... l’ attoralità di Totò “ era il codice del comportamento deb
rinfililo borghese italiano, della piccola borghesia portata alla sua estrema
espressione di volgarità <* aggressività, di inerzia e di disinteresse culturale'’
P ier P a o lo Pasoliiii/D cinem a in c o r p o

(Pier Paolo Pasolini) e il consenso del pubblico era lutto spostato verso que­
st'interpretazione superficiale d* in trattenimento.
Nei film eh e Totò gira con Pasolini, loto-marionetta muore e lascia emergere
l’ antica maschera «.Iella commedia dell arte... Pasolini gli cancella ‘'tutta la sua
cattiveria, tutta la sua aggressività, lutto il suo teppismo, tutto il suo ghignare,
tutto il suo fare gli sberleffi alle spalle degli altri. Questo è scomparso comple­
tamente dal mio Totò. Il mio Totò è quasi tenero e indifeso, come un implume,
è sempre pieno di dolcezza, d povera fisicità, direi. Non fa le boccacce dietro a
nessuno. Sfotte leggermente qualcuno, ma come un altro potrebbe sfottere lui,
perche è nel modo di comportarsi popolare quello di sfottere qualcuno, ma è
una sfottitura leggera e mai volgare’" (Pier Paolo Pasolini). 120 Quando Totò
parla della sua carriera è solare: “ Sono ormai alTctà in cui si tirano le somme,
e non ho fatto nulla. Sarei potuto divenire un grande attore, e invece, «li cento
e più film ehe ho girato, ve ne sono degni non più di cinque. Ma anche se fossi
diventato un grande attore, cosa sarebbe cambiato? Noi attori siamo venditori
di chiaechere. Un falegname vale certo più di noi: almeno il tavolino ehe fab­
brica resta nel tempo, dopo di lui. Chi parla oggi «li Petrolini? Gli attori, si sa.
scrivono sulla sabbia: basta un’ ondata piccola piccola per cancellare la sua
opera. L’ attore cos’è? Non è nessuno, un cantastorie... Che cosa rimane di noi?
Niente. Chi siamo noi?... Siamo come una cosa voluttuaria che proprio per
questo non è indispensabile... Non si può fare a meno del pane, ma di andare
al cinema sì” . 121 Lo scetticismo della sua ragione è condivisibile. Nel cinema
pasoliniano, Totò ha interpretato la melanconia dell'innocenza portata così
fuori dalla storia, «bilia politica e dalla merce che la sua arte si dischiudeva in
ima saggezza ludica senza ritorno, quella che solo i bambini o i folli, conserva­
no nei loro cuori.
Con Che cosa sono le nuvole? Pasolini chiude (ma non è poi tanto vero), il ci­
elo sulla realtà soffocata delle periferie del mondo... con la storia massacrata
degli ultimi, dei senza voce, dei senzapatria... e si rifugia (forse) nella rivisita­
zione del mito o nel Dopostoria di un*umanità in decomposizione. Fino a qui,
il cinema di Pasolini ha spazzato via il tempo degli equivoci ed ha disvelato il
tempo dei saccheggi, delle distruzioni, delle ruberie della cultura, della politi­
ca, della religione clic hanno violentato il vissuto quotidiano inventando il pa­
triottismo. il familismo, la fede... alla maniera di Shakespeare: —“ la morte si
installa nelle corone dei re” , sui bastoni «lei papi, sugli scranni dei potenti, sul­
le bocche dei fucili ehe gli apparati politici organizzano per soffocare ogni for­
ma «li dissidio... “ il potere, in se, non crea idee: le utilizza” (Henri Lefebvre).
Quando esce Che cosa sono le nuvole? è il 1967. ai bordi del mondo già si odo­
no i venti di rivolta die escono dai ghetti e investono Finterò pianeta. Ovunque
si vuole rovesciare il mondo! Ovunque l’ idea libertaria di una società più giu­
sta e meno oppressiva balena negli occhi di tutti quelli che alzano i pugni con­
tro il cielo spettacolarizzato del “ vecchio regime” ... ovunque non basta più né
pregare né attendere che la pazienza rivoluzionaria divenga prassi... lo straor-
Pillo B ertelli

dinario doIPordinario è compiuto neIJa testa di molti, si tratta ora di dare fuo­
co alle micce, aprire il ballo senza maschere di un'umanità che emerge dai b o r ­
di della terra per riprendersi la vita, per ritrovare quell'immagina le sociale di
armonia e di civiltà che duemila anni di sfruttamento dclTimmo suU'iioino.
hanno cercato di solforare.
1 tuoni e i fulmini delle giovani generazioni (prima del Maggio francese), s c o p ­
piano nel mondo nel 1967. Uno dei fuochi culturali/evcrsivi più importanti fu
la "bestemmia” della "beat generation” ... termine che stava a significare di
"una stanchezza verso tutte le convenzioni del mondo” (Jack Kcronac). l a
poesia arrabbiala di Alien Gisbcrg. Gregory Corso, Henri Gru, la violenza al­
lucinata di William Burroughs, la poetica della strada come fuga dalla realtà
urbana di Jack Kerouae e JNcil Cassadv, la liberazione del desiderio e della sen­
sualità senza ipocrisie di Henry Miller... circolarono (in principio clandestina­
mente), in ogni ghetto americano ed europeo, poi sfondarono le porte blindate
delle università... ma quello che più conta, le loro parole sofferte, disperate,
cariche anche di amore e di riscatto verso la parte più in basso della scala c o n ­
viviale... vennero a far parte di un immaginario collettivo che aprì la strada al­
l'ultima rivoluzione sociale. quella del Maggio "68. “ La strada dell'eccesso p o r ­
ta al palazzo della saggezza’ (William Blake)... e al seguito di questa visione del
mondo, nacquero coscienze nuove, movimenti di ogni idea/colore che cercava­
no di liberarsi dalle “ convenzioni borghesi (piali la moderazione, la rispettabi­
lità, la sicurezza c rautocontrollo...” 122 e là “ sulla strada” , nei bar. nei b a s ­
sifondi delle metropoli, in cantine-teatri e cinema alla periferie del sogno... in
molti si ritrovarono c in molti si persero... ubriachi di ogni cosa, sperimenta­
tori di tutte le droghe possibili (fino a leccare lucido da scarpe c benzedrina)...
divennero i fantasmi del loro grido (li protesta, continuarono a mostrare attra­
verso le loro opere, che c'è un Dio & un Boia al principio c alla fine di ogni
gioia, come di ogni fede.
In America, Germania. Francia. Spagna... ovunque nel mondo, persino in Ita­
lia (un popolo di “ voltagabbana” , che ha avuto sempre dei traditori come go­
vernanti, dei vigliacchi come generali e degli stupidi come eroi...), grandi fasci*
di umanità cominciano a disobbedire al potere centrale... la marcia della pace
dei quattrocentornila, guidata da Martin Luther King a New York (aprile 1967 ).
suscitò un'eco enorme negli Stati Uniti c oltre i confini del “ grande paese’"... iti
Germania si moltiplicarono le manifestazioni contro la marca montante nazista
e a Monaco di Baviera, studenti, operai, intellettuali gridavano: “ Non voglia­
mo il quarto Reich” . Il politecnico di Milano (facoltà di architettura), viene oc­
cupato dagli studenti già nel gennaio 1967. Si accendono fuochi davanti all’ u­
niversità e si raccolgono fondi per continuare la resistenza. A Roma e in Spa­
gna i giovani protestano contro il dittatore Franco, in favore dei detenuti poli­
tici (“ terroristi” baschi). A Boston, le donne scendono in piazza e chiedono
l'assistenza pubblica. Vengono bastonate e incarcerate. Alla periferia di New
York la contestazione si allarga, negozi e supermercati sono saccheggiati e dati
P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

alle liamnic. Anche a Detroit avvengono scene di guerriglia urbana tra neri e
forze dell'ordine. Harlem (New York) viene occupata dalla minoranza spagno­
la e si hanno degli scontri a fuoco, l’er le strade di Manhattan (New York) sti­
lano le “ Pantere nere’ ’ in armi. Jean Genet e Marion Brando intervengono ai
loro raduni. Marcuse. Adorno. Frollini... studiano i comportamenti, i consu­
mi, la felicità possibile dell"insieme umano.
In Italia intanto, si processano due preti scomodi, Ernesto Balducci e Lorenzo
Milani. Balducci viene condannato (1964) per avere protestato contro le armi
nucleari e sostenuto il diritto a seguire la propria coscienza riguardo al disar­
mo unilaterale (una posizione che sforerà negli anni "70. nella fondazione del­
la “ Lega per il Disarmo Unilaterale*'... insieme a Carlo Cassola e agli amici del­
la Lega (della quale faceva parte anche chi scrive) si rinnoveranno conferenze,
dibattiti, battaglie libertarie contro il fascio istituzionale della ‘'società milita­
rista'*). Don Milani, il priore di Barbiana, autore di “ Lettera a una professo-
ressa” (inviso alla Chiesa tutta...) sarà condannato nel 1967. per avere difeso
pubblicamente gli obiettori di coscienza al servizio militare (che un gruppo di
cx-eappcllani dell’esercito avevano chiamato “ vigliacchi” ). Quando esce la sen­
tenza. Lorenzo Milani era già morto da alcuni mesi (aveva 47 anni). 11 suo pen­
siero per una “ scuola dei poveri** continua ancora a provocare fratture, crepe,
anfratti... sui muri morti della “ santa romana chiesa” .
In Francia, i Situazionisti elaborano una critica radicale della vita quotidiana
e attaccano alle radici i saperi culturali, politici e dottrinari del potere. I loro
pamphlet sono velenosi... Della miseria nell'ambiente studentesco. Considera­
ta nei suoi aspetti economici, politici, psicologici, sessuali e soprattutto intel­
lettuali9 e di qualche mezzo per porvi rimedio, di Musthapha Rilavati; La so­
cietà dello spettacolo, di Guy Debord o il Trattato di saper vivere a d uso del­
le giovani generazioni di Raoul Vaneigem l23... si fondano sull idea che la sov­
versione culturale è inseparabile dalla rivoluzione sociale. L'offensiva dell In­
ternazionale Situazionista si coglie in queste parole: “ Noi ci collochiamo nel
conflitto generalizzato che va dalla Lite domestica alla guerra rivoluzionaria, e
abbiamo puntato sulla volontà di vivere... Non pretendiamo di avere il mono­
polio dell'intelligenza bensì quello del suo uso” . 124 La pratica dell utopia tor­
na a volare nelle strade piene di sogni, irrompe nella storia e nella lotta rivolu­
zionaria... quello che chiede è distruggere il potere gerarchizzato per ri/co-
struire l'esistenza quotidiana... dove 4T in coscienza è una patria, la coscienza,
un esilio*' (E. M. Cioran). Le giovani generazioni, oltre al pane chiedevano an­
che le rose.
Sul filo rosso della Resistenza tradita, in parlamento c nei partiti... intorno a
momenti di aggregazione sociale spontanea, nascono alcuni documentari elle
mostrano la “ coscienza bastonata” dell’ Italia... Banditi a Orgosolo (1961) di
Vittorio De Seta, l nuovi angeli (1961) di Ugo C rogo re Iti, Allarm i siam fa sci­
sti (1961 ) di Lino Del Frà, Cecilia Mangini, Lino Miociché, IIposto (1961 ) di Er­
manno Olmi, Scioperi a Torino (1962) di Carla e Paolo Gobetti, La rabbia

là L
Pino B ertelli

(1963) di Pier Paolo Pasolini (prima parte). Comizi d'amore (1963) «1i Pier
Paolo Pasolini. La casa in Italia ( 1961) di Liliana Cavalli* Con il cuore /eniio.
Sicilia (1965) di Gianfranco Mingozzi. \oi siamo l'Africa (1966) di Anfano
Giannarelli. Living and Glorious \1966) di Alfredo Leonardi. A Paolo Possi no­
stro compagno (1966) di Ennio Lorenzini. Ca ira. il fiume della ricolta \I
di Tinto Brass. Angeli nel fango (1967) ili (Giorgio Bellineioni. Cinegiornali del
Movimento Studentesco Romano ( 1968). coordinati da Silvano Agosti... \aimo
a testimoniare la memoria delLantifaseismo. la condizione contadina. I*inte­
grazione della gente del Sud nei grandi centri urbani, gli slanci della solidarie­
tà internazionale, i mutamenti «Iella sessualità nei costumi della società moder­
na... anticipano i "'documenti, i manifesti, pezzi di filiti militanti" clic a pai li­
re dal “68 diverranno la biblioteca immaginalc/multimediale di una grandi* par­
te di umanità.
11 terreno o meglio, l’ immaginario di un cinema libertario o fortemente Ir-ah»
alle problematiche sociali... però veniva da opere singolari o più arditi* comi*...
Moi itti noir (1959) «li Jean R ondi. He are thè Lambeth Boy a ( 1959) di Iva ni
Heisz. Arridi do Cobo (1959) di Paulo Cesar Saraceni. Muertc <d invasar
( I960) di Santiago Alvarez e Tomas Gutierrez Alea. Cronique (Puri été ( I9nui .li
Jean Rondi e Edgar Morin. Priìnury (I960) di Richard Leacock (Drew A n n ­
oiate*). Domain à Ma agitila ( I960) di Joris fvens. Pueblo annodo ( 1961 j di J..-
ris Tvens, Parvo Shònen ( 1961 ) di Susuniu Halli. Ciuco vezes favela (1992 i .
Leo Hirszman. Carlos Diegucs, Miguel Borges. Marco Earrias. Joaquim P ri l m >
de Andrade. Mourir ù Madrid (1962) di Frcdéric Rossi!. Les fusils de la lift
té (1962) di Moliammed Laklidar e Djamal Chanderli. Poin ofO rd er ( 199.; i .li
Emile de Antonio e Dan Talbot. Le joli mai (1963) di Chris Marker, f a peuple
eri marche ( 1963) di ì\asr-Eddin Cuedifi, Ahnied Racliedi e Rene \auh r. Les
paparazzi (1964) di Jacques Rozier. Il cielo e la terra ( 1965) «li Joris I\em. ( li­
milo Torres (1965) di Bruno MueL Good Times. Wonderful Times 11965) di Ido­
nei Rogosin, The Rrig (1965) di Jonas Mekas e Adolfas Mekas. The TTur (.rame
( 1966) di Peter \Aatlciiis. FALM ( 1966) ili Robert Kramer e Peter Gessner. l e v
minatimi (1966) di Brin e Baille. Portrait o f Jason (1967) di Shirlev Clarkc.
Loia du Vietnam (196/) di Alain Rcsnais. Agnès Varila. Joris Ivcns. ( «laude Le-
lunch. Jean-Luc Godard. William Klein. Luis Malie. Jacques Ri vette. Teli me
Lies { 1968) di Peter Brook, Libre exanicn (1968) di Lue De Urtiseli. 1ietnum.
in thè \ear of thè Pig ( 1968) ili Emile de Antonio. Revolution ( 1968) di Jack t > -
Connell... questi film vanno a toccare gli anfratti della società moderna e I a l i ­
no delTimmagine “ una forma di coscienza “ (Jean-Paul Sartie),
il cinema diviene qui un’ arma di rottura con la fattoria dei sogni hollywoodia­
na... si comincia a pensare differentemente, ad osare spingersi oltre i limiti del
prestabilito e gettarsi fuori dalle concessioni istituzionali... ad opporsi alla bar­
barie di un umanismo sottomesso al dominio totali* della politica economica, a
denunciare un’età “ in cui crescono i deserti devastati dalla tecnica * (Martin
Heidegger). Nietzsche, Freud. Marx. Bakunin... sono mescolati, intrecciati.
Hirr P a o lo P asolini/lì cin em a in c o r p o

assorbiti in una storia della conoscenza che non obbedisce più alle regole gene­
rali della cultura. Il Sessantotto diviene il erogiuolo di una storia a venire...
non e è un progetto preciso e proprio per questo eiaseuno fa proprio il punto
ili vista degli accadimenti e si prende nella proprie mani il soggetto della storia
rovesciata... è la rivoluzione della libertà per la libertà di quella "sinistra so­
ciale'* (non istituzionale) che si è spinta '"‘fin dove poteva e alla fine è stata vin­
ta solo perché i suoi rappresentanti l’ hanno ingannata’* (Jean-Paul Sartre).
Qualunque sia stato l'esito, il Sessantotto ha aperto ’“un nuovo periodo della
storia universale” (Corneliiis Castoriadis) dell’ iiifainia e dopo, niente sarà più
come prima.
Un certo cinema radicale (in 8/I6/35mm) circola (piasi clandestinamente ovun­
que è possibile... e pone quesiti e riflessioni diverse suiromosessualità. la vio­
lenza, Parte, P indifferenza. il fascismo, il razzismo, la rivolta... i linguaggi dei
film-makers riescono ad esprimere una nuova narrativa del cinema, a maneg­
giare la macchina da presa in modo "diretto” , sovente grezzo, fortemente vi­
ziato da una soggettività poetica di diftieile collocazione... Pulì My Daisy
(1959) di Alfred Leslie e Kobcrt Frank, ilio Flower Thief ( I960) di Roti Ilice r
Taylor Mead. Guns o f thè Irees (1961 ) di Jonas Mekas. Ticice a Man (1961} di
Cregorv Markopoulos. Flaming Creatures (1965) di Jack Smith. Mnlldight
(1965) di Stati Brackage. Little Stubs at ìla])piness (1963) di Ken Jaeobs, Scor­
bio Rising (1963) di Kenneth Anger. Sleep (1963-61). Empire (1961). Moie Job
(1964) di Andy Warliol. Mass fa r a Dakota Sioux ( 1964) di Bruco Baillie. Dog
Star Man (1961-64) di Stan Braekage. Lu verifica incerta (1964-65) di Gian­
franco Barueliello e Alberto Grifi. The Art of Vision (1961-65) di Stan Braeka­
ge. Film n. 4-Rottoms (1966) di M>ko Olio. The Chelseu Girls (1966) «li Andy
Warliol. Tre e basta (1967) di Luca Patella. Amare amore ( 1967) di Alfredo
Leonardi. L'occhio è j>er così dire Devoluzione di lina lacrima ( 1967) di Alber­
to Grifi, Wa vele tight (1967) di Michael Snotv. Satellite (1968). Emano non
limano ( 1968) di Mario Schifano. ISostro signora dei turchi ( 1968) di Carmelo
Bene... sono opere che in diversi modi hanno incrinato la clessidra della cultu­
ra (non solo) cinematografica dominante... hanno fatto un ““cinema di pensie­
ro e scardinato l’ inumanità e la percezione della coscienza ordinaria... certo,
qualcuno poi si è trovato a sviolinare sulle vetrine del mondano e della merce
più bieca... sono diventati dei bottegai in tutto ma il loro marciume artistico
non sopravvive all’ evidenza che niente può essere pensato due volte allo stesso
modo.
Negli anni “60. la "divina commedia del cinema * (Jean-Claude Biette) comincia
a tracimare idee marginali o minoritarie e le storie dei film s’intreeeiano alle
storie (tracce nitiesiche/emozionali) degli spettatori... la verità ripresa ““venti-
quattro volte al secondo (Jean-Luc (rodarci), viola la dispensa dell industria
culturale e il retaggio sacrale dell immagine fa della concatenazione degli
sguardi un viaggio verso un mondo/film dove 1 utopia è il cuore e il sangue del
cinema. La sala buia viene ad essere “*il luogo Mi cui abbiamo sognato, inge-
P ino B ertelli

linamente, rii essere tutti ugnali'' (Serge Daney)... ina i film della nostra \ita
brillano ancora nei nostri sogni. K in quegli anni de 11*inquietudine amorosa,
che sugli schermi italiani (e del mondo) le ombre divengono sempre più rosse...
Siici do ics (1960) ili John Cassavetes. Fino nlVultimo respiro (1960) di Jean-Luc
Godard, Rocco e i suoi fratelli (1960) di Lueliino Visconti. Sabato sera, dome­
nica mattina (I960) di Karel Reisz. Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini.
Gli spostati (1961) di John lTuston, Los inutidados (1961) di Fernando Rieri.
Gioventù amore e rabbia (1962) di Tony Richardson, L angelo sterminatore
( 1962) di Luis Bunuel. David e Lisa (1962) di Frank Perry. Goal World ( 1963)
di Shirley Clarkc. 1fucili (1963) di Ruy Guerra. Vidas secas (1963) di JNeLmi
Pereira dos Santos. Il dio nero e il diavolo biondo (1963) di Glauber Roilm.
L'ape regina (1963) di Marco Ferreri, I compagni (1963) di Mario Mollicci li.
Luciano, una vita bruciala (1963-64) di Gian Vittorio Baldi. Prima della rii o-
luzione (1964) di Bernardo Bertolucci, Pelle viva (1964) di Giuseppe Fina. Gli
amori di una bionda (1965) di Milos Formali, ì\on riconciliati ossia solo rio-
lenza aiuta dove violenza regna (1965) di Jean-Marie Straub e Daniele lfuil-
let. I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio. La caccia (1965) di Carlos
Saura, In thè country (1966) di Robert Kramer. La guerra è finita (I960) di
Alain Rcsnais, La battaglia di Algeri (1966) di Gillo Pontecorvo. Morgan mot­
to da legare (1966) di Karel Reisz. Ukatnau (1966) di Jorge Sanjines. Terra in
trance (1966) di Glauber Roclia. Treni strettamente sorvegliati (I960) di .1iri
Menzel. Uccellarci e uccellini (1966) di Pier Paolo Pasolini. Il ritorno non
troppo felice di Joszef Katus noia paese di Rembrandt (1966) di Vini Versta) >-
pen, Chappaqua (1966) 4li Conrad Rooks, Francesco d'Assisi (1966) di libami
Cavalli, La Gioire de... (1966) di Sambène Ousmanc, Memorias del subdesar-
rolo (1967) di Tomas Gutierrez Alea. Tlie Edge (1967) di Robert Kramer. La
cinese (1967) di Jean-Lue Godard, Marat-Sade (1967) di Peter Broook. Poor
Cow (1967) di Kenneth Loaeh. 1 sovversivi (1967) di Paolo e Vittorio Taviani.
La Cina è vicina (1967) di Marco Bellocchio, Fuoco! (1968) di Gian Vittorio
Baldi, Il gatto selvaggio (1968) di Andrea Frezza... sono corsi dagli scritti di
Lenin, Marx, Bakunin. Sartre. Mao, “ Che” Gucvara. Althusser, Lefebviv.
Reich, Marcuse... e disseminati - come veniva - insieme ai testi di utopisti co­
me "Nietzsche, Saint-Simon, Fourier o Proudhon... auspicavano una società de­
centrata. rendevano manifesta la rappresentazione di un'assenza: quella della
libertà politica come fine delle disuguaglianze sociali... e siccome dopo "Ausch­
witz è diventato impossibile scrivere [o filmare] semplicemente inni alla gran­
dezza delFuomo” (Theodor VX. Adorno), questo cinema del disvelameli lo (del­
la verità possibile), renderà comprensibile Pindieibile e andrà a disturbare il
sonno dei padroni della maechina/einema.
In pieno *68. Pasolini si accosta al teatro. Lo fa in modo singolare. Nel nume­
ro di gennaio-marzo 1968 di !\uovi Argomenti, esce il suo Manifesto per un
nuovo teatro, dove grida la rinascita del teatro in mia nazione in cui la bor­
ghesia è incapace di produrre una scena teatrale che non sia provinciale c ae-
P ier P a o lo Pasolini/U cinem a in c o r p o

endemica, dove la classe operaia è assolutamente estranea a questa cultura.


Pasolini aveva cominciato a scrivere per il teatro nel marzo 1965. quando vie­
ne colpito da un attacco di ulcera gastrica in un ristorante del ghetto ebraico a
Roma. È in compagnia di Alberto Moravia e Dacia Marami. Resta a letto per
un mese. Per una forte dieta a base di latte e cibi in bianco, dimagrisce fino a
pesare a 50 chili. Legge i Dialoghi di Platone e resta sconvolto dalla "loro bel­
lezza'’ . Lavora intanto alle commedie: Orgia. Bestia da stile. Pilade. Affahu-
lazione. Porcile. Calderón (clic resteranno incompiute, eccetto Calderón). L'i-
dea/teatro di Pasolini non era nuova... si batteva contro una ritualità cultura­
le del teatro indirizzato alla classe borghese ed era ciò che Fisca tur. Brecht. Ai ­
tami o Bcck avevano già fatto con le loro opere... in modi diversi, avevano
scardinato le quinte del vecchio teatro, si erano opposti anche alla "dizione im­
postata" degli attori ed erano riusciti a portare i loro lavori davanti alle platee
meno "nobili*.
Pasolini affidò i suoi drammi alla compagnia del Teatro del Porrosi tino (fon­
data da Moravia, Maraini, Enzo Siciliano), diretta da Carlotta Barilli e Paolo
Boriarci li. Sotto le spinte eversive del "68. Pasolini cura la regia di Orgia (per
Piu terp rei azione memorabile di Laura Betti, affiancata da Luigi Mezzanotte e
Nelide Giamitiareo: le musiche sono di Ennio Moccicone, le scene di Mario Ce-
roli). e debutta al Teatro Stabile di Torino il 27 ottobre 1968. La rappresenta­
zione ebbe dure critiche e i fischi non furono pochi. L attoralita straniarne del­
la Betti non sortì gli effetti che Pasolini credeva e la provocazione dellTnsieme
cadde nel vuoto delPincomprensioni della critica e del pubblico. Pasolini si as­
sunse ogni colpa e dichiarò clic occorre - una vita dedicata al teatro —per fare
qualcosa di veramente valido e innovativo e la sua irruzione teatrale restava
un’ esperienza incompleta. Mentiva e lo sapeva. Orgia, qualche anno dopo...
sarà ripresa da giovani compagnie teatrali e si mostrerà uno dei testi del teatro
sperimentale più belli mai rappresentati, insieme ad AJfabulazione. La stupi­
dità divampa in assenza di giudizio sui valori dominanti... perché la dell esta­
si dello spettacolo massmediatico, il fatale e I accidente... "11 iatale e il contra­
rio dell’ accidente. L’ accidente sta alla periferia, il fatale al cuore del sistema
(ma il fatale non è sempre disastroso, Pimprevedibile può essere quello dell in­
canto)... l’ evidenza non è mai certa. A forza d essere incontestabile, la verità
stessa perde la faccia, la scienza stessa perde le chiappe che restano incollate
alla poltrona” ... 125 il mondo è divenuto una scacchiera di frattali telematici
in una guerra virtuale all’ ultimo gioco, ed c ancora vero (secondo le teorie del
caos o le leggi del disordine), che il battito d ali di una farlalla a Parigi, può
scatenare una rivoluzione a Pechino.126 Ma sono le quotazioni/giochi delle
Borse internazionali a deciderlo. Il terrorismo di Stato continua (con gli stessi
mezzi).
Il cinema affascina gli spiriti liberi e agita le loro passioni. Uccellarci e uccelli­
ni di Pasolini, è l’ opera che fa da "linea d'om bra” tra la vampata di rivolta po­
litica presessantottesea e gli anni incendiati dalle ribellioni antiautoritarie...
F in o B ertelli 1

Pa solini raccoglie la sfida del cinema d autore o della poesia del cinema. «*<|
solo (o quasi) a teorizzare un cinema come "i biglia scritta deflazione” . Non
I t a l i a della rivisitazione del “ pedinamento della realtà” auspicato da Cesare
Zavaltini nel 1953 e che. in qualche modo, aveva coinvolto registi di litui rei tà
angolazione politica e sociale come Michelangelo Anlonioni, Dino Itisi. Carlo
Lizzani. Alberto Lattinola. Roberto Rosselliiii. Lochino Visconli. Federico j fi­
lini. Luigi Zampa. Gli esperimenti neorealisti zavattiniani della realtà ripresa
così come accadeva. Amore in città e Siamo donne ( 1953). non escono da gene­
riche operine scmidoeumentaric e di costume... Le italiane e Idrnore ( 1961 i <*
I misteri di Roma (1963), chiuderanno definitivamente l’ idea zavaltiniana ili
cogliere la realtà sul fatto... molta commedia all’ italiana (cioè molte sciocchez­
ze filmale con superficialità e stupida furfanteria), sarà debitrice (nel Lem* e
nel male) al “ sogno za vai tini ano” di trasportare il reale nel cinema, annullan­
do (per (fuanto era possibile) rinlervento degli sceneggiatori, fotografi, allori,
registi... non è questo il cinema-verità che farà tirare i “ pugni fuori dalle tli­
sche” (Gianni Canova)... altrove ei sono Chris Marker, Joris Ivcus. Jean
Rotteli, Frèdcrie Rossi!. Leon Ilirszman. Don Allan Pennehaker, Lmilc De \n-
tonio... che tracciano sentieri immaginali e sguardi radicali sulla modernità ro­
vesciata.
Nel 1966, Pasolini afferma: “ E la semiologia della realtà che bisogna fare!” . N"-
stieiie che il einema è la lingua scritta della realtà e può rappresentare dunque,
la realtà attraverso la realtà del cinema. “ Il mondo non sembra essere, per me.
che un insieme di padri e di madri, verso cui ho un trasporto totale, fatto «li ri­
spetto venerante, e di bisogno di violare tale rispetto venerante attraverso dis­
sacrazioni anche violente e scandalose... Esprimendomi attraverso la lingua
del cinema - elio altro non è. ripeto, che il momento scritto della lingua «Iella
realtà —io resto sempre nell ambito della realtà: non interrompo la sua conti­
nuità attraverso l ’ adozione di quel sistema simbolico e arbitrario clic è il siste­
ma dei segni. Che per riprodurre la realtà attraverso la sua evocazione. dew
per forza interromperla .1 2 7 Pei* Pasolini il cinema, come “ nozione primor­
diale e archetipa, [è] un continuo e infinito piano-sequenza ” ... il valore e m o ­
zionale degli oggetti, la sacralità dei corpi e la costruzione di situazioni a / s l o i i-
che estreme, fanno del cinema pasoliniano una rappresentazione ambulante «li
immagini, suoni e parole che vanno a riempire gli spazi vuoti del fignralisnio in­
fantile (Fellini) e i tempi morti della figurazione asettica (Anlonioni). divengo­
no simultaneamente critica della morale (Nietzsche) e morale della critica
(Gramsci o/o Marx dei Manoscritti Filosofici del 181 /).
II einema oltre il cinema dunque. Cinema dell’ erranza. della ballata, dell’ in­
vestitura poetica guittesea... che scardina la quotidianità più povera, più lui-
stonata. piu olfesa... per ridarle forza e dignità. L’ utopia poetica/einematogra-
fiea di Pasolini si schiera dalla parte del maledetti della terra e accanto ai di-
scrtori/seassinatori di tutte le arti... Pasolini sembra nato “ per rubare le rose
nei giardini ilei morti” (Charles Bukowski) viventi e Vangelo del non-dore con
Pi«*r P a o lo P a solin i/n cin em a in c o r p o

il quale s'invola aH'estreimtà deirarcobalcno è Nietzsche... i compagni di stra­


da sono Rilke. Blake. Rimhaud. Borea. De Sade... è dall'anticristo di Nietz­
sche che Pasolini prende la forza per denunciare il vuoto delia falsità inorale e
per distruggere il fascio dei valori istituzionali... come Nietzsche "scrisse col
sangue*' dei giorni e la sola favola sulla quale credettero e piansero insieme, fu
quella di cambiare il mondo e portarlo a misura d'uomo. Così parlò Zarathu­
stra: - “Tu affidasti al tuo più sublime intento al cuore di quelle passioni ed es­
se allora divennero le tue virtù e le tue gioie. "Quand'anche tu pure fossi della
razza itegli irosi o dei voluttuosi o dei settari o dei vendicativi: tutte queste pas­
sioni si sarebbero ora mutate in virtù ed i tuoi demoni in angeli" 128 ribelli.
Il cammino intellettuale di Pasolini è intrecciato alla disperazione di un'omo­
sessualità mai accettata fino in fondo ed esprime un'esperienza interiore che la­
scia sulla bocca l'amarezza e il fascino di una trascendenza, di una allegrezza,
ili una solitudine o malinconia che è amore per gli altri, soltanto... desiderio
profondo di essere amato nell incoscienza del gioco estremo, dove la perdita
dell'innocenza si ricongiunge alla bestemmia della libertà. E qui incontra De
Sade (sul Cristo): "Mi masturberei sulla tua diviiiità/O ti inciderei, se la tua
gracile esistenza/Potesse offrire liti culo alla mia incontinenza./Poi. con brac­
cio vigoroso, afferrerei il tuo euore/Per meglio penetrarti del mio profondo or­
rore''. 129 Si tratta di incrociare le vie dell'amore e della libertà senza mai con­
fonderle. Fare dell'oblio dell'amore e del respiro della libertà il florilegio del-
1 essere, lasciarsi andare alla deriva del proprio “ sentire" e ili venire alfiere e
bore di una presenza amorosa che si sorprende ancora a sognare la fine di un
lutto (la fede in qualcosa) e il principio di un sogno (l'utopia come cammino
verso un luogo così vicino, così lontano che continua a farci piangere di gioia).
Ina goccia d ’ amore profondo o una sola lacrima di stelle... possono essere ve-
lena per il cuore (llakuin. «liceva), con il quale le attinie belle della diversità
possono distruggere 1*universo o ignorarlo.

*
Capitolo III

La trasfigurazione deWirrealtà
1967/1970

“ ...io mi innamoro esclusivamente elei ragazzi sotto i vent anni, e molto ingenui,
direi quasi soltanto del popolo (ingenui dal punto di vista culturale, non erotico)...
eroticamente io sono fissato' alVadolescenza... Tutto questo comunque
ha un 'importanza meravigliosa per me: ma è un fatto privalo,
in a vita estremamente libera e dissetata non ha scalfito la miti innocenza
di nemmeno un millimetro: sono veramente vergine e ragazzo, da questo punto di visiti".
P ie r Paolo Pasolini

“ Kajka appariva sempre stupefatto quando gli dicevo elle ero andato al cinema.
Una volta vedendolo mutar faccia gli rivolsi questa domanda: 'Lei non ama il cinema
Kafka rispose dopo breve riflessione: *1 dire il vero, non ci ho mai pensato.
Si tratta d'un giocattolo grandioso, ma io non lo tollero, forse perché sono troppo 'visivo'.
Io vivo con gli occhi, e il cinema impedisce di guardare. La velocità dei movimenti
e il rapido mutare delle immagini ci costringono a continuamente a passar altre.
I jO sguardo non si impadronisce delle immagini, ma queste si impadroniscono dello sguarilo.
e allagano la coscienza. Il cinema mette l'uniforme all'occhio che finora era svestito".
“ E un 'osservazione terribile" osservai. 'L'occhio è la finestra dell'anima .
dice un proverbio ceco. Kafka annuì: “ I film sono persiane chiuse".
Gustav Janourh (Colloqui con Kafka)

E dipo re
A ppunti p e r un film suUTndia
Teorem a
La sequenza del fio re di carta
P orcile
M edea
A ppunti p e r u n ’orestia d e africana

!• fi sonno delle spade e la vila sognata delPomosessualità

fi cinema di poesia di Pasolini, nel 1967 cambia volto... o meglio, rivisita i luo­
ghi delPanima o le \ ie dei Canti e mostra in modi singolari, sovente provocato­
ri, l'origine violentata dell umanità. ‘"Gii uomini — scrive Bruee Chatwin sul
Pino Bertelli

suo taccuino “ Mnleskine —sono il prodotte» della loro situazione, e la cultura


condiziona lutto ciò clic dicono, pensano o fanno. I bambini sono traumatizza­
ti dagli avvenimenti della loro infanzia: le nazioni dalle crisi della loro -lo-
ria .1 La decadenza della menzogna si cela nella menzogna dell‘ imniaginazio-
nc e la non-realtà si sostituisce all'arte*. Gli stolti c gli illusi si strangolano eia tu­
li.
Il cinema errabondo pasoliniano o della trasfigurazione dell’irrealtà... >i apre
sulla Aia antica del mito con Edipo re (1967). Pasolini si fa pastore d'amore per
non diventare profeta del caso. Tutta l’ infelicità dell*uomo previene dalla pro­
pria incapacità di entrare in società (senza dei), danzando o affilando la lama
di seta delle spade dei guerrieri di luce... “ La vita finisce dove comincia ’ ( Pici-
Paolo Pasolini). La trascolorazione delTirrealtà mitologica clic Pasolini imita
sullo schermo, racconta di cose lontane ma ciò che trasporta sulla pellicola non
sono soltanto le sue ossessioni libertarie, ima sessualità complessa o i rondini
personali in contrasto con gli archetipi della cultura mercantile... la di\< i dlà
iconologica pasoliniana diviene metafora di un mondo a perdere e Pepilo"*» tra­
gico di iiii’ intuizione lirica dell’ infanzia ri/visla come origine del dolore. “ 11 fa­
talismo del mio film non è nella storia, ma nella morte, la quale, purtroppo, è
latale’ (Pier Paolo Pasolini). Mentre Jean Marie Strani) e Daniele Huill»! li­
cenziano uno dei film più profondi sulla disperata dolcezza della solitudine
femminile o sull intelligenza solitaria della diversità. Cronaca di Inno 1/ug-
d a lena Bach (1967). Pasolini aflabula Edipo re. un’ opera forte, coraggiosa, la­
vorala sulla scorta di contaminazioni diverse, disuguali, anche conflittuali ira
loro... al fondo dell’opera c'è la lezione plastica di Sergej Ejzcnstejn (Lampi
sul Messico. 1934) o la grandezza feroce (shakesperiana) di Orson \\* ll<->
{Ot hello. 1952). la malinconia inguaribile di Andrej Tarkovskij (L'infanzia di
Iran., 1962) o I eresia del sacro di Luis HuiìucI (Simon del deserto. 1965)... co­
munque Edipo re va oltre l'immobilità del mito e della maschera folle clic cir­
conda le vestigia del passalo. A Pasolini non interessa descrivere le suggestioni
arcaiche, misteriose, epocali... tutte avviluppate ai discorsi/scontri di Edipo
con fucsia o i diversi punti di vista clic emergono con Creonte... è ('ambiguità
amorosa di Cineasta che a Pasolini importa approfondire. Ancora ima favola,
amara, tragica, fatta di personaggi che vagano tra prati, cieli, case, magri* Man­
ze dove il conflitto madre-figlio s’ inccndia di dolore.
Pasolini butta fuori dal film Freud, o almeno Io tiene ai bordi della narrazione
e aff oga Marx nel lupanare, in pieno deserto, dove Edipo scopre 1 amore. Le
implicazioni freudiane tirila tragedia di Sofocle ei sono tutte, come sono evi­
denti c forti le diramazioni di/svelate dell autobiografia... sul “ c o m p l e s s o di
Edipo f l'end scrive: “ Edipo, figlio di Laio re di Tebe c di Cineasta, viene ab­
bandonato lattante perche un oracolo lui predetto al patire che il figlio che sia
per nascergli sarà il suo assassino. Etlipo viene salvato e cresce come figli*.» di
re in una eolie straniera, sinché, incerto della propria origine, interroga egli
stesso 1 oracolo c ne ottiene il consiglio di star lontano dalla patria, perché fa-

loti
P ier P a o lo P asolini/ll cin em a in c o r p o

oendovi ritorno sarebbe costretto a divenire F assassino di suo padre e lo sposo


t|i stia madre. Strada che lo porta lontano dalla presunta patria, incontra il re
baio e lo uccide nel corso di una repentina lite. Giunge poi davanti a tebe, do­
ve risolve gli enigmi della Sfinge elle sbarra la via; per ringraziamento i Teba-
ni lo eleggono re e gli offrono in dono la mano di Giocasi a. Per lungo tempo re­
troa pacifico e onorato, genera con la madre a lui sconosciuta due figli e due fi­
abe, lincile scoppia una pestilenza che induce ancora una volta i Tebani a con­
sultare l’oracolo. Qui comincia la tragedia di Sofocle. T messi portano il re­
sponso clic la pestilenza avrà line quando l'uccisore di Laio sarà espulso dal
paese. Ma dove si trova costui?
E dove
Potrò scoprirsi rindistinta traccia
Che testimoni della colpa antica?

Ora. l ’ azione della tragedia non consiste in altro che nella rivelazione graduai-
mente approfondita e ritardata ad arte - paragonabile al lavoro rii una psicoa­
nalisi —che Edipo stesso è l’ assassino di Laio, ma anche il figlio deH’ assassina-
to e ili (riocasta. Travolto dalla mostruosità dei fatti commessi inconsapevol­
mente, Edipo si acceca e abbandona la patria. La sentenza delToracolo è com­
piuta'’ . Sofocle voleva dire che nessuno uomo può contrastare il sacro volere
degli dei. Freud afferma che "Torse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il
primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violen­
za contro il padre: i nostri sogni ce ne danno la convinzione. Il re Edipo, che
ha ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta, è soltanto 1 appaga­
mento di un desiderio della nostra infanzia’’ .2 Come Edipo, viviamo inconsa­
pevoli dei ""desideri, offensivi per la morale, che ci sono stati imposti dalla na­
tura e dopo la loro rivelazione noi tutti vorremmo distogliere lo sguardo dalle
scene della nostra infanzia’’ (Sigmund Freud). E dunque «lai primi impulsi ses­
suali, dal rapporto con i genitori (sempre diverso e particolare) che il bambino
suscita in sé paure e turbamenti e sovente la fantasia o 1 esplorazione di se co­
me gioco, porta il bambino a superare i più semplici timori, le vergogne e le au­
topunizioni (sensi di colpa). Comunque sia. ""il tentativo di conciliare 1 onnipo­
tenza divina con la responsabilità umana è destinato naturalmente a tallire
(Sigmund Freud)... ci sono più cose senza senso in terra e in ciclo che in un col­
po eli pistola sparato in bocca a un vicario di Cristo che ilice messa nelle bi­
donville dell’ Ultimo mondo.
Ci sono anche altre letture del mito ili Edipo e Alfred Adler, Erieh Frollini.
Herbert Mareuse, Cari G. Jung, Robert Castel, Jacques Lacan. Franco Basa­
glia, Wilhelm Reich... ne hanno fornito angolazioni diverse da quelle di
Freud... Soprattutto Gilles Deleuze e Felix Guattari, nel loro studio L'anti-Edi-
po sono riusciti a portare in avanti i lavori di Freud, a rivelarne alcuni aspetti
più celati nell’ analisi dell’ epoca, mostrare così lo stretto connubio clic c ’ è tra
schizofrenia e capitalismo e anche ad argomentare una critica di separazione

X&L
F in o B o ritili

dalla psicoanalisi (soprattutto freudiana), accusata di fatto come scienza auto­


ritaria e prevaricatrice in difesa del sistema capitalista. La schizoanalisi defi­
nita da Deleuze e Guattari, investe direttamente (e indirettamente) la barbarie
dei civilizzati e lo seiamanesinio dei gruppi selvaggi... per Deleuze e Guattari la
schizoanalhi emerge attraverso due aspetti: "Distruzione delle pseudoforme
espressive dell inconscio, scoperta degli in vestimenti inconsci ilei campo socia­
le da parte del desiderio... Edipo è qualcosa come l'eutanasia nelTctuocidio.
Più la riproduzione sociale sfugge ai membri del gruppo, in natura ed in esten­
sione, piti si ripiega su di essi, o li piega su una riproduzione familiare ristret­
ta e nevrotizzata di cui Edipo è l*agente‘\3 Insemina, la società tecnocratica
contiene in sé la rappresentazione simbolica o strutturale dell'interpretazione
edipica, che vede negli investimenti libidinali erogati nell‘ ambiente culturale e
sociale dello Stato moderno... un giogo spirituale, animistico, schizofrenico -ni
quale la formazione relazionale capitalistica poggia i suoi consensi più ampi. Il
carattere sessuale degli affetti simbolici della società primitiva, come è noto da
tempo agli etnologici, atropologi ed esploratori di anime... riesce a rimuovere
ogni rappresentazione edipica (Eincesto), non attraverso la proibizione ma eoii
la consumazione del gioco, del rito, della festa... il desiderio non può essere re­
presso ma dissolto.
Il disagio della civiltà è venuto dopo la parola, la scrittura, la pol\ere da 'pa­
ro... quando l’ Io si è fuso con P ambiente e in nome di un Dio. del Popolo <» «li
uno Stato si è introdotto il terrore là dove c ’ erano l amicizia, la fraternità e l’a­
more. L Età (1 oro dell umanità non conosceva leggi né giudici, né commerci né
spade di guerra... la primavera profumava di fiori senza semenza, la poc-ia
iniziatica di Dioniso tracimava nei corpi di tutti... con le perle. l’ argento e l’a­
vorio ci giocavano i bambini, gli strani e i baciati dalla malinconia di Saturno...
le corone di olivo selvaggio, le trecce di pino e di alloro servivano per le fé.-te
gioiose e 1 arcobaleno non era solo un fenomeno di riflessione del sole ma la via
verso l'armonia dell'universo... la sovrana felicità è andata perduta con la di­
smisura della verità costituita. L’ omosessualità non sembra rientrare mollo
(come le era stato tributato dalla psicoanalisi) nel discorso edipico e dentro una
lettura profonda della filosofia psicoanalitica dell'amore, possiamo riconosce­
re Pomosessualilà femminile e l’omosessualità maschile diversi e similari, mai
comunque devianze imputate (solo) alla non risoluzione edipica. L*omosessua­
lità è una passione sospesa tra sessi opposti e “ più ancora del suo amante. Po­
mosessuale ama l’ omosessualità” (Marguerite Duras). L’ omosessualità maschi­
le ruota intorno a modelli di comportamento molto precisi... i rituali sono spes­
so corsi da una disperata solitudine che li porta a moltiplicare i rapporti o a
sperimentare devianze ricercate, fino a cadere sempre più nella consapevolez­
za di un narcisismo ampolloso che non b fa amare né essere amati per quello
clic è la loro "diversità” . In questo senso l'omosessualità maschile è mollo vici­
na al pensiero ordinario dei maschi eterosessuali... gli uomini passano tutta
una vita accanto alle loro donne senza accorgersi dei loro silenzi, delle loro la-

162
P ier P a o lo P asolin i/!! cinem a in c o r p o

rrimc. dei loro sogni umorosi... bisogna amarli molto gli uomini per sopporta­
re la loro stupidità in tutto... “ Impotenti a vivere fino all'ultimo la potenza del­
la passione... Pronti a rapire soltanto chi è ugnale a loro. Il vero compagno del­
la vita di ini uomo —il confidente reale - non è che un altro uomo** (Margueri­
te Dii ras).
L'omosessualità femminile vibra su altre solitudini, su altri profumi, su altre
leggerezze estreme... tra donne è meno frequente la dipendenza occasionale o
Tuniiliazione del bisogno... l’ amore tra due donne ha una sua forma poetica,
una sua grazia sacrale, un suo modo forte di esplodere nel desiderio... niente
cancellerà dalla mente di una donna i ricordi belli... come quelli di Kate Mil­
ieu: ;'I ricordi. Ricordo sempre il potere delle sue dita dentro il mio corpo, la
loro forza totale. Non ero inai stata scopata. Me n’ ero accorta la prima volta
con lei. Non era inai stata scopata da una donna, con forza, durezza e comple­
tezza da uomo. Mai da una donna, mai prima di allora... E accorgersi dopo,
dalla sua tenerezza, che si trattava di passione, che poteva scoparmi con tanta
forza, con tanta ferocia, perché era piena d ’ amore'’ .4 11 cuore prende le pro­
prie decisioni da solo. Così Roland Uarthes: "Giovane maestro di Marrakech:
Farò tutto quello che vuole” , dice pieno d iffu sion e, di bontà e di complicità
negli occhi. E questo vuol dire: glielo metterò dentro, e questo soltanto’’ .5 La
sessualità è una delle più importanti possibilità di soddisfare la propria felici­
tà. La sessualità non è una (maschile o femminile) ma sono tante cose... tanti
specchi dell’ erotismo (poco importa se omosessuale) vissuto come atto natura­
le... ciascuno si riflette nella propria sessualità... "Tesplodere del proprio im­
maginario... Latto erotico che si compie fuori dal prestabilito... segna la rottu­
ra, la separazione, la dissoluzione dell’ impalcatura sociale... Godere la pro­
pria sessualità significa insorgere contro secoli di convenzioni” .6 Ma forse c ’ è
qualcosa di sbagliato nel sentirsi così disperati in mezzo a tanto amore? In fon­
do a tutto, la sola cosa davvero importante è l’ amore. Quando non c ’ è Lamore
e*è il silenzio. Nessuna cosa al mondo può prendere il posto dell’ amore. Dim­
mi tutto quello che vuoi... mi puoi insultare, mi puoi picchiare, mi puoi far
piangere... ma poi abbracciami e amami teneramente... sarò tuo/lua per sem­
pre.
L’ omosessualità nel cinema di Pasolini, si lascia leggere ai bordi o al fondo di
ogni opera... Pasolini lavora sempre sui temi della diversità, della differenza,
della particolarità come riconoscimento della propria coseienza/identità in rap­
porto al riscatto collettivo dell’ amore e della libertà, come sconfitta o disvela­
mento della tolleranza (che poggia sempre sulle forche e i roghi della storia).
"Felice chi è diverso/essendo egli diverso./Ma guai a chi è diverso/cssendo egli
comune” (Sandro Penna). All interno di una società omofoba. Lautocoscienza
dello scandalo pasoliniano dissestava anche le coscienze “ particolari” dei "d i­
versi” ... il mondo omoerotico che rifuggiva lo strappava agli incontri notturni,
((nasi rapinati dei "ragazzi di vita ... sotto i venti anni, nei quali ricercava la
giovinezza, Limiocenza, 1 allegrezza adolescenziale per sempre perduta nelle
P ino Bertelli

feste paesane, nei bagni nei fiumi o negli amori randagi... come Oscar Wild,. 0
Sandro Penna, Pasolini aveva una cultura del desiderio verso i ragazzi e S(K
steneva che "Òsi nasce omosessuali, rosi come si nasee Inondi in un paese dove
maggioranza ha i capelli scuri” . Avere “ coscienza di classe” non vuol dire nul-
la se non abbiamo conoscenza della storia delle classi. Jean Genet: “ E (piando
mi sono latto inculare da degli arabi che ho compreso l'importanza della rivo-
luzione algerina'*. Su molti fronti, non solo intellettuali, una cultura omoses­
suale eversiva si è contrapposta con ogni mezzo alla cultura dominante e ha mo­
strato un semplice assunto: non serve a niente dire che siamo oppressi, bisogna
lottare contro gli oppressori per impedire loro di nuocere alla libertà (non so­
lo) sessuale.
Ìj Edipo re pasoliniano, non è così fuori dalla storia (come in molti hanno
to) né le inclinazioni autobiografiche suggeriscono letture diverse da ciò <lie
Pasolini ha voluto dire... il film è un viaggio/parabola (nuovo e diverso), co­
struito con una grande forza poetica... è un cammino verso la verità punibi­
le... elle trascina con sé gli echi metastorici del mito e li sporca di realtà (proti-
diana. Edipo sa quale sarà il proprio destino ma non lo arrena e combatte per
rovesciare la trasparenza del male che è in lui... per questo vagherà ricco ai
confini del mondo che ha ignorato e che lo ha offeso. Sofocle gli ha ispirato que­
sto: '“ il contrasto tra la totale innocenza e 1*obbligo del sapere. I\on è tanto la
crudeltà della vita che determina i crimini, (pianto il fatto che la gente non ten­
ta di comprendere la storia, la vita, c la realtà’* (Pier Paolo Pasolini). L’ uonm
vive cieco sulle vie della terra e si avvia senza coraggio né innocenza ver^» la
catastrofe annunciala della civiltà dello spettacolo. 11 Dopostoria pasoliniano
non è più nello sguardo disperato e “ hello” delle periferie assolate ma nel ri­
volgimento del linguaggio utopistico/angelico che non trova più identificazioni
né contrasti con qualche parte sociale o riva culturale... Pasolini si rivolge al­
l’ Ombra deli’ esistenza e nella trasfigurazione creativa dell’irrealtà tocca le
corde più profonde di se stesso.
Il film si apre negli anni *20. In un paesino del JNord Italia. Una lev atrice por­
ta alla luce un bambino. La madre (Silvana Mangano) gioca con delle amiche
in un firato. Lo prende in braccio c lo allatta. La musica di Mozart (Dissonno-
zen Quartet) scivola sul volto sorridente della donna che attraversa un mo­
mento di paura, poi ritorna a sorridere. Il bambino apre gli occhi (è una sog­
gettiva della macchina da presa) e per la prima volta vede gli alberi. n ijadro è
un sottufliciale. Insieme alla madre vanno ad una festa in un palazzo di fronte
a casa loro. Il bambino si sveglia e rantola fino al balcone. Vede le ombre dei
suoi genitori che danzano. Scoppiano i fuochi d ’ artificio, il bambino cade in
preda al panico. Tn piena notte U padre e la madre sono in una stanza, preoc­
cupati... una musica etnica africana corre sui loro volti. Il padre va nella ca­
mera del bambino e lo afferra con forza alle caviglie e lo solleva. Il bambino è
preso dalla paura. Cambio di scena. Ora siamo nell antica Grecia, sul monte
Citerone. Un servo (Francesco Leonetti) di Laio, re di Tebe, porta sulle spalle,

1Ó4,
P ier P a o lo Paaoliiii/Il cin em a in c o r p o

legato per le gambe ad mi palo* un bambino. L'uomo deve uccidere il bambino


per evitare die la profezia dell'oracolo di Delfi .si avveri. K cioè (dire Eoraco­
lo), il figlio di Laio. quando sarà uomo, ucciderà il proprio padre e farà La-
more con la propria madre. 11 servo non trova il coraggio di uccidere il bambi­
no e lo abbandona nel deserto. Un vecchio pastore lo raccoglie e lo dona a Pò-
libo (Ahmed Belhachmi). sovrano della città di Corinto. Pòlibo lo mostra alla
moglie Mèrope (Alida Valli) e decidono di adottarlo come loro figlio col nome di
Edipo. Edipo (Franco Cittì) è ormai un uomo* ambizioso ed incline all'ira. Do­
po una rissa mentre gioca a lancio del disco, il suo avversario gli rivela che egli
è un '"figlio della fortuna” , un trovatello. Dopo una notte insonne. Edipo si re­
ca a Delfi ad interpellare l'oracolo. iNel tempio di Apollo, l’oracolo lo scaccia e
gli rivela il suo destino incestuoso e parricida. Il giovane principe ili Corinto de­
cide di non tornare più in città. Si mette le mani sugli occhi, gira su se stesso un
paio di volle ma il cammino da prendere è sempre lo stesso, quello verso Tebe.
Edipo è in una strada assolata. Arriva il carro di Laio che insulta Edipo e lo
vesseggia alla pari di un mendicante. Edipo è invaso dalla rabbia. Ad uno ad
uno uccide gli uomini di Laio e infine ammazza anche il re. Poi riprende il cam­
mino che lo porta a Tebe. Alle porte della città Edipo incontra uomini e donne
piangenti che si allontanano da Tebe... un messaggcro/angelo (iXinetto Davofi)
«lice al giovane clic la gente fogge dalla città perché la Sfinge è giunta sulla mon­
tagna seminando terrore e sciagure. C'è una taglia sulla morte della Sfinge. Co­
lui che la ricaccerà negli abissi... diventerà il marito della regina di Tebe, la ve­
dova di Laio, Cineasta (Silvana Mangano). Edipo sconfigge la Sfinge e diviene
il nuovo re di Tebe. Dopo i ringraziamenti e le feste del popolo. Edipo e Gioea­
sta fanno l’ amore. La peste investe la città. Il gran sacerdote (Pier Paolo Pa­
solini), a nome del popolo, chiede a Edipo cosa sta accadendo a Tebe... Edipo
gli risponde che è in attesa «li suo cognato, Creonte (Carmelo Bene), è andato a
Delfi a consultare l’ oracolo. Creonte racconta che tutte le sciagure «lei (ebani
provengono dalla vendetta degli dei contro la presenza nella città di un uomo
impuro. 1 assassino di Laio. Edipo consulta il veggente cieco Ti! *esia (Ju liuti
Beck) per sapere il suo futuro e «(nello «li Tebe. Tiresia. suonatore «li flauto,
viene portato al cospetto di E«lipo ma ha paura, si rifiuta di parlare. Minac­
ciati» e picchiato da Edipo, Tiresia gli dice che verrà il giorno in cui apprende­
rà di essere fratello e padre «lei suoi figli, figlio e marito di sua madre «* vaglie­
rà per strade del mondo senza poter vedere più nulla. Edipo accusa Creonte e
Tiresia di avere organizzato una congiura contro il suo trono. Quando Gioca-
sta gli spiega i particolari di come è stato ucciso Laio. Edipo capisce che lui e
l’assassino «lei re, «li suo padre. Edipo sembra impazzire. Cineasta gli resta vi­
cino. Edipo va sulla montagna a conoscere il vecchio servo ili Laio. chiede con­
ferma della sua storia e lo costringe a dire "'quello che non si può dire” : che
Edipo è figlio di Laio e Gioeasta. Quando torna a Tebe, trova Cineasta che si è
impiccata nella stanza «la letto. Edipo si aggrappa al corpo di Cineasta, sfila
uno spillo dal suo vestito e si acceca. La storia si sposta sulla line degli anni w60.

______ ____ —■
Ifm _____ ___________________
Pino Bertelli

Edipo e l ’ angelo/messaggero camminano sotto i portici di Bologna... Edipo su0-


na il flauto sulla scalinata di una chiesa, l'angelo lo conduce nelle periferie ur­
bane, tra fabbriche e rifiuti, poi giungono al prato dove Edipo era nato... an­
cora una soggettiva che sfiora le cime degli alberi e Pasolini chiude una vita nel­
lo stesso posto dove era cominciata.
Edipo re è un film sulla ribellione... è il senso profondo della rivolta genera­
zionale elio non può accettare il proprio destino ne la verità delle proprie ca­
dute... così Edipo figura l’ infrazione, la frattura, lo strappo contro tutte le
nonne della società e la sua ricerca della verità, della libertà, della gioia... ap­
partengono non solo a lui ma a tutti quelli che hanno intrapreso il cani mi no del­
la ‘"diversità” come atto «Iella loro esistenza... e saranno accecati o si accrehe-
ranuo non tanto perche hanno assunto una "condizione regale” (differenziali-
sta) che nessuno concede loro ma perché assumono sulle loro vite la consape­
volezza e l’ impossibilità di "essere normali” . I dialoghi sono ridotti al minimo.
Pasolini fa parlare i fatti, i rumori, i gesti, i corpi... la preistoria greca è l’atta
di scenari desertici, di città di argilla, di volti perduti nel tempo... le contami­
nazioni musicali sono molte... i canti popolari rumeni si mescolano alla mu-iea
africana, a quella giapponese antica e i canti rivoluzionari russi defluiscono
nella composizione mozartiana 4kK 465” . Il popolo di Edipo parla meridionale
e gli sfondi del Marocco amplificano (senza mai cadere nel cartolinesco», la le­
zione della storia (non solo greca) dove ogni diversità viene soffocata.
U Edipo re di Pasolini "viene dalle borgate” - scrive Alberto Moravia - 7 ma la
visione radicale pasoliniana travalica il privato e diviene il "disperato amore”
del grembo materno, del ritorno infelice al prato della casa dove tutto era co­
minciato e dove tutto finisce (forse per ricominciare di nuovo). Il film è gran­
de. Di una profondità intellettuale e di una chiarezza autobiografica cosi di­
stanti dai ruminamenti pietistici o trionfalistici dei ratto-comunisti (il regime
ulivista era ancora da venire...) della cultura italiota... "In Edipo racconto la
storia «lei mio complesso di E dipo- dice Pasolini - . LI ragazzino del prologo so­
no io, suo padre è mio padre, ex ufficiale di fanteria, e la madre . im inge­
gnante, è mia madre. Racconto la mia vita, mitizzata, resa epica dalia leggen­
da di Edipo” .8 L’ oggetto della ricerca di Freud è tenuto però un po’ in dispar­
te e anche lo sguardo severo di Marx non viene considerato molto... in questa
vicenda interiore non vince nessuno, né Freud né Marx e forse nemmeno il So­
focle di Edipo re e Edipo a Colono (dai quali Pasolini ha mutuato idee e situa­
zioni...). TI film è un tappeto di desideri (pili che di sogni), una catenaria di sen­
timenti che passano dalla prostrazione della vittima innocente, all’ aggre.ssività
dell’ avere preso coscienza della propria naturale diversità.
Edipo re non è né un caso audiovisivo di rimozione né la trasposizione autole­
sionista di una tragedia collettiva... Cosi Pasolini: "Non ho mai sognato di fa-
re l’ amore con mia madre. Neanche sognato... Ilo piuttosto sognato, se mai. di
fare l’ amore con mio padre (contro il comò «Iella nostra povera camera di fra­
telli ragazzi), e forse anche, credo, con mio fratello; e con molte donne di pie-
P ier P a o lo Pasolini/!I cin em a ili c o r p o

jra. Naturalmente non conio i sogni che ho fatto a piu riprese tutta la vita, in
,‘ui salivo interminabili e tristi rampe di scale o povere o appena dignitose, in
cerca di mia madre scomparsa. Ma insemina adesso è un po che non faccio
questi sogni. E se Silvana Mangano ha certamente il profumo di primule di mia
madre giovane. Franco Cittì, non ha nulla di comune con me se non lo zigomo
un po' alto. È perché egli è così diverso da ine - pur con la sua mostruosa ne­
vrosi da complesso di inferiorità e colpa - che Elio scelto come protagonista.
Ciò che succede non è un dramma intimo, ma lina tragedia. La vicenda dunque
è portata tutta all’esterno: nel palcoscenico di un mondo misterioso ma rea-
|/\9 L'oblio pasoliniano disegna altri percorsi estetici... cancella i passaggi di
citi “ insegna'1e riceve devozione, esaurisce la forma come ufficialità dell arte e
nell’ estasi dei sentimenti s'invola nella metafisica dell'essere. Fa toccare le co­
se tra loro, senza né limiti né bordi... penetra (è il caso di dirlo) in fondo al cuo­
re delle cose per mollificarne le forme e intercambiare i luoghi... si potrebbe di­
re che ciascuno è il riflesso pratico, estensivo, figurale del proprio rapporto con
la morte o con Famore (che non è la stessa cosa). E ciò che si dimentica che so­
pravvive nel fondo dei nostri ricordi e qualche volta ci sorprende a piangere o
gioire. Ciò che non è ancora è già lì da sempre.
Edipo re è impastato di leggera sensualità e venato erotismo... i corpi di Edipo
e Giocasta si sfiorano, si toccano, si uniscono in abbracci bagnati di tenerezza,
di comprensione, di allegrezza... gli sguardi, le attese, le carezze di Giocasta so­
no complementari all irruenza, il desiderio, il coraggio di Edipo e se nessuno
può sottrarsi al proprio destino, Famore e solo Famore (non importa quale,
non importa come, non importa se è giusto o sbagliato...) resta la passione su­
blime contro la quale nessuno può vincere. Perché l'amore basta all amore,
semplicemente. “ Io non appartengo a quella razza di fannulloni e di buffoni di
corte. Continuo imperterrito ad affrontare il problema del tempo come Hau-
bert o la Dolly*’ (Pier Paolo Pasolini). Scrivendo da pasticheur e filmando al­
la maniera dei grandi pamphlettisti (Luis BuùucI, Jean-Luc Godard, Alexan­
der Kluge, Glauber Roclia o Jean-Marie Strani)...). Pasolini disvela un uma­
nità devastata dalla soggezione mitologiea/religiosa e riallacciandosi ai misteri
epifanie! del passato, reinventa nuovi candori dell esistenza, dove Fabisso
oscuro della nascita non è soltanto una ferita ma anche il tesoro clic ognuno
può scoprire, con il quale aspirare al piti profondo di sé e spossessare il reale
ili ogni cosa clic non sia il proprio naturale destino.
La differenza tra Edipo re e gli altri film pasoliniani consiste nel fatto che è
un’ opera autobiografica... o almeno negli altri film l autobiografia non era co­
sì pronunciata. Così Pasolini: **ln Edipo re io racconto la storia del mio com­
plesso di Edipo: il bambino del prologo sono io: suo padre è mio padre, un vec­
chio ufficiale di fanteria, e la madre, una istitutrice, è mia madre, io racconto
la mia vita, mitizzata, certo, resa epica dalla leggenda di Edipo. Ma proprio in
quanto c il più autobiografico dei miei film, è anche quello che considero con
maggiore oggettività e distacco-co, poiché se è vero clic racconto un'esperienza
P ino B ertelli

personale, si tratta eomumjue di un‘ esperienza esaurita, che non mi interessa


più. Mi può interessare solo in quanto elemento di conoscenza, riflessione e
contemplazione, ma dentro di me non è più violenta, viva. JNon è più né mia lot­
ta né una tragedia, solo un soggetto elle si è allontanato da me, e (orse questo
contribuirà a dare al film un maggiore 'estetismo*. Ma anche —almeno spero -
un distacco ironico che negli altri film era meno presente” . 10 Prima d e lla iii-
plesso. Edipo esclama “ Madre!"' e Pasolini rende inequivocabile la piena co­
scienza deirincesto. Lo sguardo/omaggio a Jean-Luc Godard è evidente in ogni
inquadratura. Specie nell'estraneità attorale o nei raccordi di montaggio, ma
ciò elle Pasolini riesce a fare emergere dallo schermo, è il "terzo mo\imentoM
godardiano. cioè l'origine della storia, VEdipo re di Sofocle in rapporto all'au -
tobiografia.
L’ interpretazione di Franco Cittì è di notevole importanza. Edipo viene incor­
niciato magistralmente in quell"attoralità plebea, mai volgare, che per Pasoli­
ni (come per B limici, Roeha o Straub...) diviene mio strumento espressi n o di
grande "innocenza storica” , quanto un attacco di montaggio o un "inquadra tu­
ra bruciata contro il sole. Flash-back di Franco Cittì: "Per Edipo Pier Paolo
nCha chiesto se volevo fare della gran fatica e dei gran sacrifici. E in Marocco
ne abbiamo fatti veramente tutti. Pasolini non vuole mai che io legga il copio­
ne, che sappia troppe cose, mi dice lì per lì quel’ è la scena. Delle volte mi dice
‘ hai fatto troppo bene, mi pari Laurence Olivier*, e mi fa rifare. 'La devi rifa*
peggio, la devi rifa’ normale", mi dice. Per me fare l'attore è difficile solo con
Pasolini, che vuole le cose più difficili, ma le vuole anche nel modo più facile,
non si sa mai come fare con lui. Io sono istintivo, (fucilo che dico e faccio è istin­
tivo. Per lo più giro una volta e basta, lui me la spiega bene: *ho poca pellico­
la , mi dice, ‘devi farla una volta, semplicemente e basta*. Io non penso ci da
una troupe. Giro, faccio e basta. Se va bene Pasolini mi dice solo 'basta è fin i­
ta . Poi magari più tardi a pranzo o a cena mi dice: Ieri sei stato un crei ino og­
gi sei stato bravissimo*. Ma io so che lui pensa che io sia il più grande attore del
dopoguerra. Boli!* .1 1 Lo pensiamo anche noi. almeno in Italia (insieme a \ il-
torio De Sica, Marcello Mastroianni e Gian Maria Volontc).
La fotografia di Giuseppe Ruzzolini è disadorna, sovente bella e segue con for­
za le arditezze estetiche del regista (controllici, inquadrature sghembe, m o v i ­
menti di macchina trasversali...). I costumi di Danilo Donati e le scenografie di
Luigi Sehiaeeianoce sono estremamente “ poveri” e nel contempo "nobiliari” ,
ha fioca importanza se vestono con "fedeltà” unVpoea... ciò clic conta è l'im­
pressione di verità che lasciano grondare dallo schermo. Il montaggio pasoli-
niano (i\ino Baragli) poi, è come sempre ardito, tagliato forte, quasi una be­
stemmia di fronte all abituale "incollaggio** di pellicola in uso nel cinema ita­
liano (di ieri ed ancora più di quello che corre oggi e correrà domani sugli
schermi). Pasolini usava gli obiettivi con disinvoltura e se ne fregava delle re­
gole tecniche... passava frequentemente da un 25mm a un TOnun con estrema
semplicità... aveva la capacità di "far esistere qualcuno al momento stesso in
P ie r P a o lo P a so lin i/!! cin em a in c o r p o

cui lo si vede, prima di fargli fare «lei gesti o di inserirlo in una situazione, in
una scena'’ (Jcan-Claude Biette). E la capacilà di esprimere attaverso una far­
cia. un gesto o uno sguardo le tracce di una storia sulla quale non merita par­
lare molto. Solo Griffith. Stroheim, Drever. Keaton. Kurosawa. Tati o Bunuel
sono riusciti ad esprimere la medesima forza poetica... e solo Vigo. Godard,
Straub, Klugc o Rossellini... come Pasolini, hanno raggiunto la gaia dispera­
zione dei “ senza patria"’ o dei cospiratori di sogni elio si sono chiamati fuori
dalle discariche della fede, tirila merce e dell’ ideologia. L’ intelligenza è geniale
dappertutto, come la stupidità.
VEdipo pasoliniano illumina il contrasto profondo, “ tra la totale innocenza e
l’obbligo del sapere. Non è tanto la crudeltà della vita che determina i crimini,
quanto il fatto che la gente non tenta di comprendere la storia, la vita e la real­
tà"’ (Pier Paolo Pasolini). La stupidità inizia col consenso, la ribellione con la
speranza della gioia, sempre. In Edipo re la bellezza eterea di Silvana Manga­
no è impressionante. Distaccata e coinvolgente, erotica c ambigua... i suoi
sguardi seducenti sono regali, la sua pelle di luna fa sognare i bambini e in­
fiamma gli uomini... e Pasolini dice: “ Chi non ha sognato di fare l’ amore con
la madre? E vive forse spaventato per questo sogno? No. se non vuole condur­
re una vita senza inutili angosce!"’ . A congiungere madre e figlio non è l’ ince­
sto, ma l’ eros. “ Noi siamo quello verso cui tendiamo, l’iinmagine idealizzata
che muove il nostro girovagare’" (James Hillman) e ci lascia a consumarci nelle
passioni e nei fuochi amorosi dove niente offende nessuno e prima che 1 incesto
divenisse sacrilegio era solo amore. In questo senso la ligul a della Mangano è
caricata di sensualità immortale e lascia trasparire (come nessuna) la sofferen­
za e la bellezza dell amore. Il vero cuore dell'autore è 1 immaginazione. Nean­
che Moravia sembra avvertire la forza visionaria di Pasolini e recensisce il film
come un’ opera estetizzante, mancata o irrisolta, tanto da fargli dire elle avreb­
be preferito in chiusa un “ ritorno al realismo dell inizio, senza simboli, di nuo­
vo freudiani, cioè conoscitivo ". 12 Ma è proprio alla radice profonda della co­
noscenza di sé che Pasolini voleva arrivare... a figurare cioè il “ contrasto tra
la totale innocenza e l ’ obbligo del sapere” (Pier Paolo Pasolini) scritti da So­
focle.
LEdipo pasoliniano non è un intellettuale, è semplicemente un uomo-innocen­
te calato in un mosaico di contraddizioni, di imprecisioni storiche, che si lascia
portare alla deriva delle proprie aspirazioni, dei propri impulsi. Pasolini non
proietta il mito sulla psicoanalisi ma spinge la psicoanalisi nel mito. La passio­
ne non diventa una fi aminata/oggetto, prevedibile e scontata in ogni genere
Creativo mercantile... lo splendore della passione pasoliniana allarga Pimmeii-
sità del suo dolore a tutti e ciascuno inequivocabilmente conosce di più il suo
inferno. La profondità muta dell "in fan zia emerge sempre nello stupore degli al­
tri che ci guardano e fanno di quelTaltrovc senza fine, il cammino di un delirio
annunciato. Nessuno può andare al di là di ciò che è insopportabile. L’ intelli­
genza della morte, come l’insolenza dell'amore appartengono all’ infanzia. I
Fino Bertelli

bambini sono geniali. Sanno morire giocando e amare ridendo. "Tutti i capo­
lavori del mondo dovrebbero essere trovati dai bambini nelle discariche ed es­
sere letti [o visti] ili nascosto, all'insaputa «lei genitori e «lei maestri*' (Margue­
rite Duras). 13 anche quelli di Pasolini.
La prima proiezione viene fatta alla XXVI [ Mostra del Cinema di \cnezia
( 1967) e Edipo re vince il Premio C .l.D .A .L.C . (Confederatici! Internationale
poni* la Diffusimi des Arts et des Leltrcs par le Cinema): "...a l regista e scrit­
tore italiano Pier Paolo Pasolini per il suo poetico ed etico contributo di scrit­
tore e regista all'arte del film"*. INcl 1968, La Grolla d"oro (Saint Vincent):
“ ...per la regia ad un autore elle nell'Edipo re ha sviluppato a approfondito j
suoi rapporti poetici con Parte del film inteso come moderno mezzo di repres­
sione: Pier Paolo Pasolini*’ . Premio Nastro (l’ Argento 1968. a Alfredo Bini per
la produzione e Litigi Sehiaccianoce per la scenografia. Quando il film esc»* nel­
le sale, la commissione «li censura gli affibbia il divieto ai ininori di dieiotto an­
ni. Lo scandalo Pasolini continua. Nessuno gli perdona la sua diversità nino-
sessuale e le crocifissioni o le censure debordano dallo schermo, si giudica Puo-
mo e non la sua opera. S'incrina la sua sessualità e s'incensa la pornografia
abituale che galleggia qua e là nei rivoli privati del pubblico costume.
Anche Edipo re (come il Vangelo) è un'opera molto personale. Pasolini inni ri­
costruisce il "tempo storico" né rispetta la filologia narrativa di Sofocle. Aon
ricompone un'età, ile scardina il mito. L*Aliglielo*-Angelo pasoliniano ad esem­
pio, è il messaggero delPinnocenza e la figurazione della purezza, che porta in
sé la saggezza dei patriarchi come specchi luminosi che cantano la gioia alla fi­
ne della sofferenza. La Sfinge non propone nessun indovinello... ma "invila
Edipo a risolvere Penigma che vive dentro ili lui. assimilandolo cosi al s u o in­
conscio ' (Luciano De Giusti). La mescolanza degli stili lascia la critica zeppa di
riserve e per Paolo Yalmarana, questo Edipo "non svela e non comunica le -uè
ragioni poetiche, resta un'operazione gratuita ed entro certi termini inesplica­
bile e quindi poco persuasiva . 14 Yalmarana sembra non aver rapilo nulla del
film di Pasolini, che non era per niente “ un’ operazione gratuita ina un affa-
bulazione culturale elio non voleva persuadere nessuno alla causa di Freud,
semmai, intendeva riprendere in chiave soggettiva, la tragedia di Sofocle come
dissociazione tra sé e la realtà. Paolo Bertetto è sulla stessa linea ratto-comu­
nista... e scrive che Pasolini "ha dimenticato quella clic era l’ essenza effettiva
ed il significato più profondo del mito: il dramma della conoscenza, la ricerca
della verità” . 15 Vero tutto il contrario. E proprio al realismo primitivo della
leggenda che Pasolini ritorna. L'incantesimo figurativo del film “ diminuisce la
distanza che separa le epoche, e clic distingue leggenda e realtà, realismo e sim­
bolismo" (Jean-Louis Bory). La violenza della verità e la nudità ereticale della
conoscenza, sbordano dallo sguardo appassionato di Pasolini che lascia nella
cecità di Edipo la notte intima, le ossessioni segretamente più celate e sovente
disperate, di tutti. Com ò facile intuire, alla prima lettura di Edipo re. Pasoli­
ni prende a prestito la struttura tetragona di Godard di La cinese... e articola
P ier P a o lo P a solin i/!! cinem a in c o r p o

il suo film così: —“ Prologo: i ricordi delPinfanzia, in cui, I adattameli lo seguo


|<» leggi della formazione dei sogni. - Storia di Edipo propriamente della, ri­
scrittimi del mito liberamente basata sulla leggenda popolare. — tragedia «li
Edipo re. - Epilogo: la favola pasoliniana, elio si riattacca al 'cinema di idee
di Uccellarci e uccellini, La terra vista dalla lana o Che cosa sono le nuvole?
(Bernard Eisenschitz). Vero tulio. Pasolini amalgama con destrezza tecnica c
virtuosismo poetico i vari brani, e il raccordo del racconto, dalla camera ita­
liana al deserto marocchino e comparabile '"per forma e funzione) a quello del-
l'inizio di Odissea nello spazio. altro grande film psieoanalilieo se non edipico''
(Bernard Eisenschitz).
Pasolini cura con grazia e ironia il suo Edipo. Le inquadrature sono tenute con
forza, il linguaggio cinematografico è più sorvegliato, per la prima volta adot­
ta elementi strutturali della grammatica filmica usuale... ad esempio, alcuni
personaggi escono di campo, lasciandolo vuoto, e ne entrano altri... la macchi­
na a mano si interpone a sequenze girale in modo frontale, classico... le regole
clic accetta però sono non così "‘tipiche** come Pasolini vuol farei credere, an­
zi. Pevoluzione drammatica dei fatti viene narrata come fosse un mosaico «li im­
precisioni o di emozioni impressioniste dove la vocazione «lei poeta fronteggia
ogni tipo di difficoltà e«l elabora un'architettura plastica che porta a guardare
dentro le cose e dentro se stessi. Questo è dovuto anche all idea profonda ohe
Pasolini ha del cinema corno lingua... “ lina lingua che ha caratteristiche tutte
speciali tra cui la principale è, ripeto, quella «li esprimere la realtà con la real­
tà. E una specie di ideologia personale, di vitalismo, di amore del \ivere den­
tro le cose, nella vita, nella realtà... la radice profonda c sotterranea «li «piesta
mia posizione è questo mio amore, irrazionalistico, in qualche modo, pei* la
realtà; esprimendomi con il cinema non esco mai dalla realtà, sono sempre in
mezzo alle cose, agli uomini, a ciò «-he ini interessa «li più della vita, cioè la vi­
ta stessa". 16 Edipo punisce se stesso proprio perché non è riuscito a sottrarsi
alla maledizione del mito... ma era innocente e si condanna a vivere una vita
senza luce che già prima di nascere l aveva segnato come "'diverso . Così Pa­
solini: "Una volta che si è accecato, Edipo rientra nella società sublimando tut­
te le colpe. Una delle forme di sublimazione è la poesia. Lui suona il flauto, il
che significa, per metafora, che è un poeta. Prima suona per la borghesia, ed
esegue l'antico pezzo giapponese collegato all Oracolo: musica ancestrale, pri­
vata. confessionale, musica che in una parola si può definire deca«lente. E una
sorta di rievocazione «lei primitivo, delle proprie origini. Poi. disgustato delle
borghesia, se ne va via. a suonare il suo flauto dolce (cioè se uè \a ad agire da
poeta) ai lavoratori, e per loro suona una canzone che appartiene al patrimo­
nio della Resistenza: un vecchio canto popolare che i soldati italiani impararo­
no in Russia e che fu adottalo durante la Resistenza come canto rivoluziona­
rio*. 1 7 Edipo uccide il padre perché “ non è possibile l'incesto con la propria
madre a meno che vi sia anche il parricidio’ (Pier Paolo Pasolini). L'amore con
la propria madre non è solo il meccanismo iniziatico del mito freudiano ma è il

-LXL
P illo B e r te lli

fulcro centrale della vita stessa. 11 rapporto tra madre e figlio è un rapporto
d'amore. Sempre e per tutti. Mentre ciò che produce "storia è il rapporto di
odio-amore tra il padre e il figlio... Ilo provalo molto, molto profondamente
r amore per mia madre, e tutto il mio lavoro ne è stato influenzato, ma si è trat­
tato di un'influenza la cui origine è nel profondo del mio essere e. come ho det­
to. piuttosto fuori della storia; mentre tutto quello elle nelle mie opere «Ii scrit­
tore c'è di ideologico, volontario, attivo e pratico dipende dal conflitto con mio
padre'* (Pier Paolo Pasolini). L'Italia intera (che sottolineava Pasolini, è il ]><te-
se più sottosviluppato cl'Europa e ha la borghesia più ipocrita e ignoratile del
m ondo...) rifiutò la provocazione pasoliniana e l'indignazione salì fino al pa­
rossismo della criminalizzazione sessuale o politica. Ecco cosa scrive Glauber
Rocha. uno dei maggiori poeti maledetti della storia del cinema, su Edipo re:
"Il film, a colori, è ambientato nella preistoria. Il paese non è precisato. I co­
stumi riflettono un deliberato miscuglio di antiche civiltà. Gridato, sanguinoso,
anarchico, antigreeo, il film di Pasolini colpisce gli spiriti bendisposti e non
prevenuti.
E una tragedia aperta quella che si svolge, costringendo Io spettatore a inter­
rogarsi sulla condizione umana. Neppure alla fine il pubblico si sottrae all'in-
cubo. Antieincma -grid a n o alcuni critici infuriati davanti alla mancanza «li ri­
spetto ili Pasolini per la tecnica tradizionale, la grammatica degli antichi spet­
tacoli del cinema americano.
Pasolini non è interessato alla continuità della narrativa, alle tecniche d'inter­
pretazione, al realismo degli scenari, ere.
H suo interesse è la riflessione dell'uomo di fronte al dilemma incestuoso, h sol­
tanto una sublimazione attraverso la violenza o la poesia libera ruotilo dalla
madre .18 II suo stile può sembrare "barbaro"* o "arbitrario *, a leggere 1 <>-
pera pasoliniana nel profondo, si cogbe la bellezza eversiva di un pensiero in
azione che dice chiaro: "una falsa ricchezza corrisponde a una reale povertà
(Franco Fortini).
Edipo re è un film lirico, perche è un'opera sui ricordi dell'infanzia. Ma non e
un'evocazione emotiva nè un'architettura fredda dei materiali filmici... è piut­
tosto una rappresentazione allucinatoria, fantasmagorica, surreale che >egue
(per la maggior parte del film) il puro piacere dell'immaginazione. Pasolini non
ricostruisce nulla, come è suo solito, inventa tutto e ricrea un mito come un *•<>-
gno. Questo spiega la scelta dei costumi, dell'arredo e del ritmo in generale:
"Avrei voluto girare il prologo nei luoghi stessi della mia infanzia, a Saeile. in
Friuli. Ma è stato impossibile per motivi di produzione. Avrei voluto girare hi
parie 'operaia' a Milano, vicino alle fabbriche, e la parte “borghese* a Bologna
(dove ero stato da studente, io stesso “poeta decadente ). Invece ho dovuto op­
tare per la campagna milanese, non troppo lontano dalie due città. Si tratta di
ricordi analogici, più che esatti. Ad esempio io mi ricordavo i salici, r la sce­
neggiatura parla di salici, ma ho dovuto rimpiazzarli con i pioppi. Quanto al
prato, corrisponde quasi esattamente al prato dove mia madre mi portava a
l'ie r P a o lo Pasoliiù/U cin em a m c o r p o

passeggiare (ma un prato è più astratto, più geometrico).


I vestiti - l'abito e il cappello giallo della madre - li ho latti riprodurre da vec­
chie fotografie, e l'uniforme è identica a quella di un ufficiale degli anni Il en­
ta. Per il resto i costumi sono inventati quasi arbitrariamente. Ilo consultato
opere sull'arte azteca. sui Sumeri: altri provengono direttamente dall"Africa
nera, perché la preistoria è stata praticamente la stessa ovunque** (Pier Paolo
Pasolini). 19 In Edipo, la poesia pasoliniana raggiunge momenti altissimi. Pa­
solini mescola Freud e Jung a riti antichissimi e non risparmia nemmeno la fe­
rocia, la violenza e la brutalità del mito sofocleo... è un dramma sulla cono­
scenza e sulla verità quello che il regista espone sullo schermo... sotto molte an­
golazioni. Pasolini evidenzia la simili Unline del mondo sottoproletario con
quello arcaico. Sentenzia clic l'incesto e il parricidio sono “ tentazioni eterne
(leiriiomo, cioè qualcosa di profondo, di misterioso, di segreto" ( Alberto Mo­
ravia) che coinvolgono l'emancipazione dell’ intera umanità.
Al fondo di Edipo re, c'è la consapevolezza clic il mondo muore di vecchie nuo­
ve ingiustizie e Pasolini sembra dire: non smettiamo di vivere c di morire per
la verità e per la libertà... dove non ci sono più scelte si deve lottare per la pos­
sibilità di scegliere... dove non c'è futuro bisogna inventare un presente digni­
toso che lo contenga. “ Noi siamo della stessa sostanza di cui son fatti i sogni e
la nostra vita è circondata da un sogno" (Shakespeare). Il nostro inconscio, la
nostra vita istintuale seguono ciò che la ragione non sa. che non conosce. Un
persona può essere stata tuia cattiva madre o un cattivo padre... e tultav ia (non
solo nei sogni) può esser riuscito a toccare cosi profondamente i ricettori men­
tali delPeros di chi gli è stato vicino, da trasmettergli la sua “ diversità* amo­
rosa. Per alcune caratteristiche elementari, come l ’odore della pelle, la parti­
colarità dei gesti o una certa sensibilità di fuoriusciti dalle cose della vita quo­
tidiana... questo uomo/questa donna (spesso) inadeguati a vivere la realtà del­
la veglia, sono diventati per i loro compagni/compagne (senza volerlo o impor­
lo), dei simboli o riferimenti del loro immaginario erotico. E quello clic negli
stilili di sessuologia più avanzati chiamano il “ fantasma erotico primario". Si
tratta di una fissione della persona, scena o situazione che (nel soggetto so­
gnante) mantiene nel tempo un fortissimo livello di eccitazione mentale. Olian­
do questo fantasma erogeno assume le sembianze di una persona reale... è pos­
sibile che mantenga la sua forza di eccitazione inconscia per tutta la vita.
Le implicazioni di un omosessualità già fo rte nell infanzia, in Edipo re sono
evidenti c Pasolini le lascia emergere in forma di sogni. Quando all interno del­
l’ ambito familiare i rapporti tra i soggetti adulti sono disturbati o alterati (co­
me lo erano quelli dei genitori di Pasolini), il bambino, per difendersi, acqui­
sta una capacità mediativa tra coscienza e inconscio e la personalità subisce
una scissione. Secondo El idi Neumann, esistono “ tre modalità alternative di
rapporto con l'inconscio, che definiscono rispettivamente la condizione di dis­
turbo psichico (nevrosi o psicosi), quella ‘ normale’ e quella creativa. La prima
è caratterizzata dall invasione dell inconscio, dell esser posseduti, più o meno

m
P ino B ertelli

interamente; la seconda è invece ima rimozione di questa dimensione profon­


da, bilanciata dalTacritica adesione al canone collettivo; la terza, infine, im­
plica la capacità di sostenere la tensione tra gli aspetti contraddittori della no­
stra natura, senza lasciarsi assorbire da nessuno di essi’".2 0 L'Edipo pasoli-
niano, uccide, il padre, la madre e si acceca con uno spillone da balia... l‘in-
capaeità di crescere fa di Edipo un eterno bambino senza ne casa né amori, se
non quello di vagare in esilio nelle rivoluzioni del mondo. Solo "uccidendo’*i
loro padri e le loro madri... o ciò che rappresentano all'interno della corte so­
ciale... i figli possono ribaltare i valori eterni del tempo e della storia. E l’a­
more è l’ arma più efficace. L’ amore percepisce la sofferenza di un uomo/una
donna e quella del mondo... perché sa che non ci sono anime libere né regni
della coscienza dove ciascuno ha bisogno di conoscere per giudicare... ‘L’ amo­
re è rimmaginazione che prende i sogni per la realtà. Non c ’ è amore che non
sia il frammento di un secolo. Perché l’ amore è l’universalità della «;ioia che si
fa sogno e rende ciascuno più libero e più solo” .21 E in questo senso che Paso­
lini, nel suo film, non condanna nessuna passione amorosa e rivendica Limio-
eenza della sessualità e dell’erotismo slegati da ogni forma “ spiegata" secondo
i canoni istituzionali. La sacralità rovesciata del suo cinema rimuove tutta la
sofferenza della "diversità omosessuale” e nella frantumazione di uno spazio
falso, trasforma in serenità sconfinata, la “ normalità” spettacolarizzata di tut­
ti mondi agonizzanti.

Lo schermo incantato ( 189511998)


Breviario sull’ omosessualità nella maccliina/cinema

La rivolta/disvelamcnto dell’ omosessualità nella maochina/oinema è iniziata


con la nascita del Cinématogrape Lamière (1895). I primi studi di psicologia
sessuale appaiono nel 1897, ma tutta la poesia arcaica, la pittura, i canti orali,
le ninne-nanne dei popoli antichi... avevano già anticipato le turbolenze e le
servitù ehe l’ omosessualità portava in sé e contro i paraventi sessuali <1eli “inte­
ra società, di qualsiasi comunità. Di là dai soliti riferimenti storici, ehe preve­
dono lo schermo omosessuale aprirsi con The Gay Brothers (1895), un film spe­
rimentale di Thomas A. Edison o il “ pezzo” teatrale A Florida Enchnntment
(1916) di Sidney Drevv o, più ancora, al travestitismo delle prime stars del ci­
nema muto (Wallace Becry, John Burinv. Roseoe "Fatti” Arbuvekle. Charles
Chaplin, Blister Keaton, Stari Laurei, Oliver llardv, Polidor, Max Linder)... è
il "sissv (ragazzo-donnina, molto effeminato) che scardina le buone intenzio­
ni del costume e quando in The Soilers (1923) un tenero cowboy lancia baci fra­
granti a Stan Tallirei, lo strappo è compiuto. Sotto le spinte libertarie della “ ri­
voluzione spartachista” e la conseguente caduta dello maglie censorie. Richard
Oswald v.realizza il primo vero film suH’ omosessualità, Anders als die Anderen
(1919). E la storia di un omosessuale ebe reagisce ai ricatti col suicidio. All’in­
Pit*r P a o lo Pasolini/II cin em a in c o r p o

terno del film c ’ è già tutta una casistica della diversità omosessuale... l’ abita­
zione tenuta in ordine e ben curata di ninnoli, cose, gli incontri nei giardini, i
club privati di gay e lesbiche... e tutto è fotografato, inquadrato, visto con par­
ticolare attenzione alle tematiche omosessuali. La scheda originale del film di­
chiarava inequivocabilmente che 4ia ricerca scientifica ha stabilito che l’ omo­
sessualità è una tendenza innata, per la quale rindividuo non può essere rite­
nuto responsabile, che in Germania, come in molti altri paesi, una persona su
trenta ha tendenze omosessuali'’ .22 11 film fu proibito nel 1921. Karl Th. Dre-
ver. un maestro dell’ arte cinematografica, con Mikael (1924) mostra la parte
• v
poetica dell’ omosessualità. E la storia di un pittore (Benjamin Christensen) clic
s'innamora di una ragazzo (Walter Slezak) (die posa nudo per un suo quadro,
10 fa soffrire per la sua passione e poi lo abbandona per andare con un giova­
ne nobile. E nel 1928, in Die li tic lise der Pandora (Lulu) di G.W. Pabst, Alice
Roberts appare tra le braccia di Louise Brooks e in modo esplicito figura il pri­
mo ritratto di lesbica sullo schermo. Il tocco leggero di Drcyer o la trasparen­
za violata di Pabst, si contrappongono non poco allo sguardo mondano dell’o­
mosessualità esposta in Salomè (1923) da Charles Bryant, dove Alla Nazimova,
affondata nei ciarpami e cianfrusaglie della scenografa-gay ÌMatasha Rambova.
non va al di là degli scimmiottameli ti efebici di Rodolfo Valentino, che era ri­
uscito a fare dell’ironia omosessuale un mito, una duplicità clic rifletteva la co-
scienza/conoscenza della realtà. Una buona commedia dell’ americana Lillian
Hcllman, The Childrens llou r, tradotta per il cinema da William Wvler, con il
titolo La calunnia (1936), dette un’ altro colpo (anche se timido) a tutto quan­
to faceva spettacolo nel circo di cartapesta hollywoodiano. L’ abbiamo scritto
altrove. “ Con La calunnia W vler m
'
intendeva battersi contro la tirannide del-
l’apparenza e le amenità rancide dell’ ordinario visti come fuga dalla libertà...
11 produttore (Samuel Goldwyn), un ex-venditore ambulante di guanti, impose
a Wyler di celare negli artifici accattivanti del melodramma le affettività omo-
sessuali di Martha Dobic (Miriam Ilopkins) e Karen Wright (Merle Oberon).
Wvler, clic non è mai stato un leone in fatto di difesa della propria espressività
artistica, incentrò il filili sulla cattiveria di Mary Tilford (Bollita Granvillc), la
spietata delatrice della relazione (la calunnia!) di Martha con il fidanzato di
Karen, Joseph (Joel MeCrca). Il collegio per ragazze della buona borghesia,
fondato dalle due amiche, cade nell’ amoralità e nello scandalo pubblico. Alla
fine l’infamia di Mary viene espulsa dagli occhi degli spettatori con la ricucitu­
ra dell’ amore ritrovato tra Karen e Joseph. Martha resterà sola a scontare la
sua colpa, quella di avere amato un’ altra donna. Wyler non lo dice così ma è a
questo che mira. Quando nel 1961 girerà il remake Quelle due (The ChildrerTs
lloar), la passione omosessuale tra le due donne sarà più pronunciata ma 1 in­
sieme del lavoro risulta una commediola senza forza né volontà di affermare di­
rettamente il problema centrale: l’ omoscssuaKtà femminile.” 23 Lo strano (ma
non troppo), è che proprio queste “ commedie” di Wyler hanno fatto parlare di
omosessualità nel cinema (più o meno velata) sui giornali specializzati e a gran­
P in o B ertelli

ile tiratura. TI “ peccaminoso giocoso” o la trasgressione omosessuale “ permes­


sa"’ si ha quando i divi scherzano tra loro e si scambiano i “ sessi” . Cary Grani
traina parole amorose con Katharine Hepburn, che è travestita da uomo in
Sylvia Scarlett (II diavolo è fem m ina, 1936)... Marlene Dietrich non si lira in­
dietro quando si tratta di baciare una donna sulla bocca in M orocco (Maroc­
c o , 1930)... John Gilbert è l’ allegro compagno di stanza di Greta Garbo in abi­
ti maschili, in Queen Christina (1933), che va poi a baciare le labbra di Eliza­
beth Young. Più celati ma meno ambigui, sono i messaggi cifrati che una regi­
sta lesbica, Dorothy Arzner e un omosessuale, James A liale, inseriscono nei lo­
ro The Wild Party (1929) e Old Dark House. L’ oscenità dell’iiidicibilc gronda
da ogni schermo e se il mercato obbedisce alla confezione dei sogni e dei deliri,
quello che passa sulla tela bianca sono passioni, peccati, dissidi... cinicamente
o magnificamente confessati.
L’ omosessualità serpeggia sugli schermi degli anni "50 in modo anomalo, ba­
stardo. L’ eresia omosessuale è ancora confinata nei doppi sensi, nelle devian­
ze, nelle collere autodistruttrici... Hollywood mette in scena “ ribelli senza rati-
sa” o giovani rampolli di famiglie dabbene troppo vigliacchi per uccidere il lo­
ro padre o per fuggire dalla propria madre, così vagano sulle autostrade del
mondo in cerca di un p o’ di amore o di un fio’ di violenza... una bottiglia, una
pistola o una fuga verso l’ignoto... bastano a far comprendere i costumi radi­
cati di una società che muta solo la faccia, mai i valori di fraternità, soliti a rie­
tà, amore... dell’ esistenza di uno e dell’ intera rete comunitaria. Crossfìre
(1947) di Edward Dmytryk, Cat Ori a Hot Tiri R o o f (La gatta sul tetto che scot­
ta. 1950) di Richard Brooks, Rope (Aor/o alla gola. 1948) di Alfred Ilitchcock,
Rebel without a cause (Gioventù bruciata, 1955) di INicholas Ray. Sudderdy
last Sumtner (Improvvisamente Pestate scorsa, 1959) di Joseph L. Mankiewicz
(di Tennesse Williams e sceneggiato da Gore Vidal)... figurano infatti la dome­
sticazione del dolore omosessuale in favore della sacralizzazione della masche­
ra attorale. Di più. Da qualunque parte uno/una si schieri, le briglie sciolte
della sessualità liberata, anticipano il crollo dei totem/tabù dominanti. Sulle ce­
neri di una guerra appena celebrata, sono due film “ sperimentali” a rompere i
veli dell’ ordinario omosessuale, Fireworks (1947). di Kenneth Anger e in
chant d\imour (1947) di Jean Cenet. Quando gira Fireworks, Anger ha dicias­
sette anni e con una maturità estetica sorprendente, riesce a comporre una spe­
cie di florilegio visuale delle sue fantasie erotiche, orgiastiche e fa deirimmagi-
nale omosessuale un’ esplosione di sogni senza limiti né censure. Un chant d'a-
mour è un poema per immagini di grande forza eversiva e di sorprendente bel­
lezza poetica. Se Fireworks è in qualche modo collegabile alla diversità plasti­
ca, letteraria (vagamente surrealista) di Le sang cPun poete (1930) di Jean Coc-
teau, il film di Genct riesce ad affondare le menzogne dell’ arte e le scuole del­
la fatalità perseguitata. Un chant d ’amour indica il rovescio della prigione/ses-
sualità in favore della liberazione dell'esistenza omosessuale. Le mani dei car­
cerati si toccano, si sfiorano, figurano mondi senza sbarre né altri steccati che
P ier P a o lo P a solin i/ll cin em a in c o r p o

non siano l’ amore degli uni verso gli altri, così come viene, senza guardare qua­
le sesso abbia... la masturbazione reclusa apre visioni sessuali che si chiudono
in un atto d ’ amore: dei fiori ancora vivi che passano da una finestra a quella
della cella vicina. Gene! rivendica la vita senza limili per attuare l'utopia con­
creta.
Le maglie della censura omosessuale si fanno più larghe negli anni '60. In In­
ghilterra il governo vota una legge importante per la “ rivolta omosessuale’*: gli
atti omosessuali in privato tra adulti consenzienti non sono più considerati un
atto criminale contro la pubblica morale. E in Victim (1964) di Basii Dearden,
che per la prima volta sullo schermo si sente un uomo dire ad un altro uomo -
ti amo Le produzioni americane lasciano l’ omosessualità (maschile e femmi­
nile) sullo sfondo delle storie. The Sergeant, The F ox, Lawrence d Arabia o
Bonnie and Clyde... destinano gli “ eroi di celluloide” omosessuali a sorti in­
fauste... suicidi o morti ammazzati da catastrofi naturali o dalla polizia. Holly­
wood ha sempre salvato lo Stato (americano) e il botteghino. Un pugno di film
coraggiosi apre le danze della diversità omosessuale (femminile c maschile) e in­
cendia gli altari dei timorati di Dio e di ogni Stato. Les Amitiés particulières (Le
amicizie particolari, 1964) di Jean Delannoy, è un’ opcrina di notevole bellez­
za estetica e spinge la storia d ’ amore tra due ragazzi (distrutta da un prete
omosessuale represso), nei percorsi dell’ eresia, con importanti venature con­
flittuali indirizzate all’ oscurantismo della Chiesa. Fellini-Satyricon (1968). di
Federico Felli ni. Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini, La cadala degli dei
(1969) di Luchino Visconti, \ly Hustler (1965) di Andy Warhol. Trash ( 1970) di
Paul Morisse) c Andy Warhol, Portrait o f Jason (1967) di Shirley Clarke... si
chiamano fuori da ogni predicazione moralistica o esplosione del sensaziona­
le... su modelli comunieazionali differenti, questi autori riescono a spargere ol­
tre lo schermo la coscienza omoerotica da cineclub e presentare l’ oscenità in­
compresa/quotidiana del popolo omosessuale. A partire da The Boys in thè
Band (Festa per il compleanno del mio caro amico Harold, 1970) di William
Fricdkin, si comincia a parlare di comunità gay e tra una risatina di autocom­
miserazione e una battuta sui diritti civili degli omosessuali... il cinema mer­
cantile diviene popolato di gay... e La Cage au xfolles ” (1978) di Edouard Mo­
lina™, The Color Purple (1985) di Steven Spielberg, Maurice (1987) di James
lvory, Salomes Last Dance (1988) di Ken Russell, Philadelphia (1994) di Jo­
nathan Demmo... si dividono il mercato con la marea montante dei film a luci
rosse... la trasgressione omosessuale diviene merce domenicale o privata...
pornografia dei sentimenti e sentimenti per la pornografia sono riciclati ovun­
que c ’ è uno schermo, un video o qualcosa sulla quale proiettare di tutto, spe­
cie certe sessualità nascoste e certe le libertà obbligatorie.
L’ omosessualità è il “ male oscuro’*’ divenuto merce, e quindi può aspirare ora
alla tolleranza di tutti. Ma in quegli anni di sessualità controllata, emergono
dall’ ombra degli schermi in fiore, film come Rocky Horror Pie ture Show
(1976) di Jim Sbarrami, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo
P in o B ertelli

Pasolini, Morte a Venezia (1971) di Luchino Visconti, Je, tu, elle (1971) di
Chantal Akerman, Faust reet der Freiheit (Il diritto del più fo rte, 1976) di Hai-
noi* Werner Fassbinder... ohe lasciano filtrare il diritto di essere diversi e l'im­
possibilità di essere normali... una cultura "'minoritaria” attraversa gli stru­
menti di comunicazione di massa e la parola omosessuale entra nel vocabolario
accettato dalTordine costituito. Indiani d ’ America, neri, latinoamericani, zin­
gari... entrano a far parte del popolo omosessuale e se molte apparizioni cine­
matografiche non escono dal macchiettismo o dalla penosa riproduzione elei
“ sissv” , ci sono anche esempi eroici di omosessualità aperta. The J\aked ( 'ivil
Servant (1977) di Jack Gold, Irnagining Octoher (1984) di Derck Jarinan. I.es
Nuits fauves (1992) di Cyril Collare!, Totally F*** ed up (1993) di Gregg \ra-
ki, Fresa y Chocolate (1993) di Torrias Gutierrez Alea e Juan Carlos Tabù),
Butterfly Kiss (1995) di Michael Winterbottom, Cheun gwong tsa siti Happy
Together. A Story Ahout Reinion (Happy Together. Una storia sulla riconci­
liazione (1997) di Won Kar Wai... non raccontano solo la stranezza dell'omo­
sessualità ma disseminano ovunque sentimenti, emozioni, valori e terrori che
rivoluzionano rimpianto scenico e la lettura abituale del cinema. Le donne si
baciano con le donne, gli uomini con gli uomini, insieme o in gruppi... gli ete­
rosessuali stanno a guardare o stanno al gioco... e quando il cinema è poesia
non c'è nessuna volgarità da censurare nè oscenità da coprire. Qui il gusto del-
Fcccessivo è tenuto in sottotono rispetto all’ estetica Camp (scherzo, gioco in­
fantile, rèverie del proprio corpo e desacralizzazione del gesto)... Camp è qual­
cosa che sta fuori dei limiti, una replica mitologica o divistica amplificata del
V

già visto, del già consolidato neirimmaginario collettivo... “ E resagerazione


che contraddistingue il Camp; esagerazione dell’ artificio, della passione, della
vitalità, della comunicazione. Del trucco” .2 4 Mae West, John Wayne, Marihn
Morirne, i fratelli Marx, Totò... sono Camp. Il cinema-favola di Pasolini è
Camp. Il cinema-utopia di Pasolini è Camp perchè non interpreta la realtà, la
rappresenta, distorcendola. Sostiene il gioco come epifania morale e la verità
come tradimento della ragione. Il Camp pasoliniano non si schiera nè dalla
parte dei poveri nè da quella dei ricchi, non sta con i servi come non sta con i
padroni... ciò che incornicia sulla tela puttana del cinema è un codice della di­
versità, uno stile che privilegia il contenuto senza dimenticare l’ organizzazione
nobiliare estetica... offre l’ arte al posto della vita e sacrifica la vita sull'ironia
tragica dell’ arte.
Edipo re è il film più Camp di Pasolini. Ma non nel senso usuale del Camp omo­
sessuale, quanto nella devianza e nel dissidio eu-topico (del buon posto), che
situa la ""diversità” pasoliniana nella conquista dei corpi come folgorazione del
mito. Lo sguardo del regista è sempre severo e altrove dalla psicologia inco­
sciente di una finta gaiezza, fatta di mossettine, gridolini, laerimucce eec. Pa­
solini esce fuori da ogni campionatura omosessuale e canta l’ adolescenza e la
giovinezza perdute nella de/sacralizzazione ili corpi, nella riappropriazione dei
sentimenti, nell’ esplosione estrema delle passioni. Guarda l’ uomo come "no-
» t a u to r a s o i iiu /it c iu ^ u .u — - - i

nio” e la donna come ‘‘donna” . 11 suo è un discorso sull’ amore, una catenaria
visuale del desiderio di amare e di essere amato, senza pudori falsi... gli sguar­
di in macchina di Cineasta e di Edipo (ma anche quelli delle comparse...), so­
no messaggi desideranti di amicizia e di amore che evocano i confini ilei cielo e
rascesa spirituale (di uno e di tutti) verso quella Terra (della sessualità) libera,
dove Vangelo dell 'impossibile si divide fra padri e madri, puttane e madonne,
maschietti e uomini... e spazza via dai templi dell’ età moderna i sacerdoti e le
loro corti. “ Non serve a dire che si è oppressi, bisogna lottare contro gli op­
pressori” (Pier Paolo Pasolini). E una semplificazione dire che “ Pasolini ave­
va intuito che in lui coesistevano un omosessuale e un mostro: credeva che le
due cose non potessero essere separate, il che è falso in generale, ma era vero
in lui” (Walter Siti). L’ omosessualità è una pulsione naturale innata. E questo
Pasolini lo sapeva bene. In qualche lettera scrive: “ Io ero nato per essere sere­
no, equilibrato e naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c ’ en­
trava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la so­
no mai sentita dentro” . E questo sarebbe un mostro? I ragazzi con i quali an­
dava “ rispecchiavano sempre le stesse cose: la gioventù, l’ energia, il candore,
la possibilità di comunicare con un sorriso; tutto ciò andav a a rispecchiarsi ncl-
l’allegria di una sagra, di un ballo all’ aperto, delle nuotate al fiume” 25 o lun­
ghe passeggiate sulle spiagge di notte. Lo scambio omosessuale poteva essere
una marchetta come un rapporto amicale... con i ragazzi Pasolini sentiva il sa­
pore di un mondo da scoprire, sempre nuovo, sempre diverso e nell'odore del­
le loro pelli, nella curiosità dei loro dialetti, nella conoscenza dei loro deside­
ri... de/storicizzava l’ Eros della prostituzione e ritornava a volare con le ali di
Peter Pan sulla nave dei sogni. “ L’idea dell’ omosessualità supera un’esaltazio­
ne per così dire anarchica arrivando all’ appropriazione di un proprio spazio
di scontro con la storia borghese” .2 6
L’intera opera (non solo) cinematografica pasoliniana è percorsa da una su hli-
mazione, un trattenimento, un ritorno alla forza psichica giovanile [neote­
nia)... e proprio nel suo cinema c ’ è una corrente emotiva, figurativa, esisten­
ziale... che porta a ri/vivere un’ infanzia interminabile. L’ attività ludica è la co­
sa più importante del sognatore ad occhi aperti... ed è lui —soltanto lui - che
attraverso la creatività del gioco ripropone la rivisitazione profonda della real­
tà. La rivoluzione eidetica (anche pasoliniana) non rivela a chiunque lo voglia
"a che gioco giochiamo” (Eric Berne) soltanto, ma porta con sé anche “ il pia­
cere” e la “ paura di vivere” (Alexander Lovven) come superamento di difficol­
tà esistenziali e passaggio verso la consapevolezza che dentro 1 uomo e è un
bambino che vuol continuare a giocare ed essere felice, (ili “ psicologi del pro­
fondo” (James llillman, ad esempio), hanno mostrato ampiamente che gli indi­
vidui della società moderna sono bruciati dall’ olio dei loro stessi desideri... ed
è per questo che la fantasia della normalità “ una rappresentazione distorta di
come sono realmente le cose” .27 La vera rivoluzione comincia là dove l’ indi­
viduo si ricongiunge alla propria infanzia. Gli studi sulla prima comparsa del

179
P in o Bertelli

sorriso nei bambini, hanno rilevato che il sorriso endogeno corrisponde alFira-
mediata spontaneità felice e il sorriso esogeno , che emerge dopo, alla richiesta
costrittiva di risposta sociale... ecco perche nessuno può comprare un sorriso.
Peter Pan scappa di casa il giorno stesso della sua nascita, perché sente parla­
re il padre e la madre di ciò che sarebbe dovuto diventare quando fosse stato
uomo .28 Ogni bambino è il re del proprio cuore e Pambiente familiare, so­
ciale, culturale, religioso... nel quale capita è responsabile delle sue cadute
quanto delle sue insubordinazioni. Ecco perché siamo dalla parte di lfuekle-
berry Finn, sempre. A ricordo di future memorie: “ il bambino interiore è il no­
stro sogno in azione, il nostro stesso futuro in attesa di esplicarsi... non a lutti
appartiene il genio della fanciullezza” (.Aldo Carotenuto).
Il dilettici eidetico pasoliniano contiene un senso dello spazio molto particolare,
molto femminile... è noto del resto che “ la percezione dello spazio da parte del­
la femmina è più immediata: lo spazio è misurato attraverso il corpo, laddove
la percezione maschile è più astratta e razionalizzante, come se Fosserv al ore si
ponesse al di fuori dello spazio osservato” .29 L’ inclinazione omosessuale di
Pasol iìii, gli permetteva di esplicare una rappresentazione dei corpi e degli spa-
zi in modo simbolico, anche “ astratto” , surreale... che gli consentiva di eqdo­
rare il caos collettivo e riordinare il reale disperso... la meraviglia era con­
trapposta alla ragione, il dubbio alla storia e su tutto s’ involava il mistero co­
me risposta espericnziale di un tempo perduto dell’ innocenza. “ Lo spazio po­
tenziale tra il me e il non-mc è determinato dalle primissime esperienze di vita,
che rendono possibile più tardi il gioco, cioè Filivi sione, solo in quanto il bam­
bino ha una certa fiducia nell’ affidabili là della figura materna in un’epoca «Iel­
la vita in cui la dipendenza c la vulnerabilità sono estreme” .3 0 I ragazzi di Pa­
solini si guardano, si sfiorano, si toccano... fanno l’ amore come viene loro... ed
anche se sono nudi l’inquadratura è sempre “ iconica” , “ plastica” , “ allusiva” ...
tutta protesa a raccontare la forma dei corpi, l’ esaltazione delle lince, la legge­
rezza dei gesti... nulla è mai volgare c tutto rimanda alla bellezza dell’ incontro
passionale, dove conoscenza e ignoranza si confondono e accendono Famore e
la felicità. Non c ’ è la rabbia selvaggia di Jean Genet né l’ aristocrazia violata di
Gi de, né la decadenza impotente di Thomas Mann o la seduttività proletaria di
Sandro Penna... nell omosessualità di Pasolini... come in Ejzenstejn. in Fas-
shinder o Jarman... la fascinazione dei corpi e la visone ilei sogni rimodellano
una concezione della '"società aperta” che si contrappone alla radice ad ogni
forma di omologazione dell’ individuo nella comunità. Sovente gli incensi vele­
nosi dell invidia disvelano incapacità critiche e gelosie personali dalle quali
ognuno non torna più indietro e ciascuno resta più stupido e più solo.
Certe affermazioni di Dario Bellezza sulle pratiche omosessuali di Pasolini,
buttate lì, su un libro che doveva ricordare la sua vita attraverso la sua ucci­
sione, si giudicano da sole. Come quando Bellezza afferma che Pasolini ‘Sole­
va i corpi proletari, Famore lo riservava alla donna e madre” . () che era “ un
gattuccio in amore” [e] “ doveva lare, quasi psicofarmaci v iventi, tanti radazzi
P i e r P a o l o P a s o lii r i/I l c i n e m a in c o r p o

a sera; le sue poesie sono piene di questi gruppi trafelati rimorchiati ovunque
nella periferia romana '. Quello di Pasolini (continua Bellezza) - "era un co­
muniSmo creaturale, reazionario, e lo è forse già quando parte da Casarsa, do­
ve il suo eros è già maturo, se a Roma appena qualche mese dopo può arrivare
a tanta precisione nel descrivere un pischello del Cobianchi” —. E ancora: *‘Ma
non li ama questi ragazzi, no, li usa, li scruta, ne fa oggetto di racconto, e i ra­
gazzi non lo amano, non lo piangono quando morirà, tanto che anche per lui.
intelligente prefiguratole della sua morte, si potrebbe scrivere quello che lasciò
scritto per la morte del suo maestro, Carlo Emilio Gadda: Questa sua mancan­
za del bisogno degli altri, questa sua autosufficienza nella solitudine, e il bi­ s il o

sogno, sconfinato, di solitudine, fanno sì che ora la sua morte non dia dolore a
nessuno: è questo un modo stupendo di morire. Togliere, letteralmente, il dis­
turbo” .31 Bellezza non si risparmia in niente. Affastella stupidaggini da
"checca inacidita” ad analisi del comportamento, estratte da una raffazzonala
lettura di manuali di psicologia divulgativa (che regalano nei supermercati con
l’acquisto di cioccolatini erotici o preservativi profumali). Così Bellezza: “ Sil­
io è questo: una confessione d'impotenza. Edipo irrisolto” . Per Pasolini la ma­
sturbazione era 'Tatto più dolce della vita” . Per Bellezza “ il delirio dell’ im­
maginazione erotica... Pasolini vi tornerà spesso, in poesia, regredendo alla
sua adolescenza o alla sua prima giovinezza” . Poi Bellezza lo cresima: "per
l’ ultimo Pasolini è valido quello che scrisse Nietzsche: II Cristianesimo ha cia­
to da bere a Eros del veleno. Eros non è morto ma ha degenerato in vizio . Gli
untori dell’ inquisizione usavano gli stessi mezzi, gli stessi toni, le stesse amare
carezze prima di passare gli eretici confessi, dal confortorio al rogo. Bellezza
come poeta fu una scoperta di Pasolini. Per un po' di tempo gli fece anche da
segretario.
Enzo Siciliano (primo biografo di Pasolini), ci dice che Pasolini definiva Bel­
lezza il “ prete di se stesso” . Ciascuno è la somma della sua mediocrità o 1 in­
canto della sua intelligenza. Non c’ è amore nel cuore del presente se non nel li­
bero godimento o il piacere di sé. Nel suo libro - Vita di Pasolini - , Siciliano
racconta un uomo c un amico ma resta ai margini dell’ utopia omoerotica paso-
liniana... ne descrive le tracce, le cadute, le attenzioni particolari... non riesce
a non incensarlo tra “ la religiosa disperazione di Rimbaud” e la terribile in­
quietudine d esistenziale di Rilke. Baudelaire, Gide o Wilde sono eonseguen-
ziali a “ quel disperato bisogno di amore, di amore fisico, il bisogno di un cla­
more e di un trasporto sempre rifiutati e sempre, segretamente, desiderati .
Per Pasolini - afferma Siciliano, con il candore tipico del boia che ingrassa la
forca —“ clinicamente si può parlare, credo, di un arresto della libido alla fase
adolescente” . Ci dice anche che in quegli anni a Roma “ gli incontri omosessua­
li sono facili: i ragazzi del popolo disponibili. Servivano un po’ di spiccioli” e
Pasolini insieme a Sandro Penna facevano a gara, ogni notte, sotto Castel San­
t’Angelo, a ehi si “ faceva più ragazzi insieme” . Su Ragazzi di vita, il primo ro­
manzo di Pasolini (uscito nell aprile 1955), Siciliano è chiaro: “ La pornografia

JJLL
P in o B ertelli

era l’ odore di verità che circola in quel libro picaro; la vitalità essudante e ma­
lata dei protagonisti, la loro frenesia urlata, la plasticità derisoriamente spu­
dorata dei loro corpi*’ .32 TI 29 dicembre 1955, il procuratore della Repubbli­
ca di Milano, pensa la stessa cosa e spicca una “ citazione a giudizio direttissi­
mo contro Garzanti Aldo, [roditore] e Pasolini Pier Paolo, imputati di pubbli­
cazione oscena". Po scandalo assunse connotati grotteschi. L’ italietta democri­
stiana si schierò contro Pasolini, (fucila comunista si lavò le inani e lasciò un
“ comunista scomodo” alla deriva dei suoi sogni. 11 libro di Pasolini ebbe suc­
cesso. Poi fu assolto perche il fatto non costituiva reato.
Nel 1957, esce Le ceneri di Gramsci e nel 1959 Una vita violenta. Pasolini di­
viene una dei “ cattivi maestri” della cultura italiana. Passa dalla vita alla pa­
gina e dalla pagina alla vita con disinvoltura, le sue battaglie politiche e civili
segnano un tempo, quello della rivolta dell'anima o della fin e delVinnoccnza.
Poi il cinema, la parola, il gesto... lutto un armamentario culturale viene espo­
sto a favore dei senzavoee, degli sfruttati, degli emarginati... rievoca ovunque
il diritto alla disobbedienza, alla diversità, all'amore gridando che lutti quelli
che vivono nella libertà di spirito fanno ogni cosa senza peccato. Rubare ai ric­
chi non è rubare, come sparare a un tiranno non è uccidere. Tri ogni film ope­
ra di Pasolini c ’ è la consapevolezza e la capacità dell’ individuo che impara a
sopravvivere sulla propria pelle, sulla propria infanzia... in ciascun individuo
c è un Peter Pan che vuol volare verso i suoi desideri primari (l’ amore per la
madre, per il padre, per gli amici, la prima scoperta sessuale...) ma sovente
non riesce più ad avere la capacità di giocare né con sé né con gli altri. Il suo
immaginale è “ rotto’ ' e non trova la condizione esistenziale né riconosce la dif­
ferenza di stare solo e dcll’es.scre solo. Il ritorno all’ amore passa nello spazio
del gioco e nella fine dell illusione che l’e/ù adulta possa davvero essere Vota
della felicità. Per di venire uomini non possiamo fare a meno del nostro primo
sorriso e solo così ritroveremo il coraggio di crescere e tornare a giocare con gli
altri come bambini. Perché ai bambini e solo ai bambini sarà permesso di en­
trare nella Terra che nessuno sa. volando.

II. Fragole & sangue di una stagione all’inferno

Le fragole & il sangue di una lunga stagione alVinferno (e ritorno) - il ‘ 68


vengono da lontano... dai fucili partigiani venduti per una radio a un commis­
sario del popolo dell’ Europa liberata e la conseguente caduta delle speranze di
una società più giusta e più umana... alla richiesta di democrazia negli Stati
Uniti, dove i valori e principi degli americani erano traditi e proprio nel punto
più alto della loro costituzione —“ Libertà ed eguaglianza per ognuno, un go­
verno retto dal popolo, del popolo, a favore del popolo " —... che restavano so­
lo parole per conseguire il consenso elettorale. Le minoranze etniche venivano
ghettizzate, vessate, discriminate... e il fascismo razzista si colorava di demo­
P ier P a olo Pasoliiii/Il cin em a in c o r p o

crazia apparente. Il Manifesto di Fort Iluron, redatto nel 1962, circola nelle
università amerieanee sommuove le coscienze più sensibili (non solo dei giova­
ni ma anche di tutto un popolo emarginato). Qui sono posti quesiti sull uso mi­
litare dell'energia atomica e sulla sorte dei due terzi di umanità che sprofonda
in una miseria senza rimedio e soffre la fame. Il fine di un mondo più giusto,
sostengono i redattori, “ non è di avere ciascuno la propria strada, bensì di ave­
re una strada che sia la propria” . La democrazia partecipatoria che (pii si in­
vita a cercare in ogni cuore è limpida: “ Al potere fondato sul possesso, il privi­
legio e le circostanze, vogliamo sostituire il potere e l'unicità fondati sull’ amo­
re, la riflessione, la ragione e la creatività. Pensiamo a un sistema sociale che
vede lo stabilirsi di una democrazia di partecipazione individuale, governata
da due finalità centrali: la partecipazione dell’ individuo alle decisioni sociali,
in modo da poter determinare la qualità e la direzione della propria vita; una
organizzazione della società che incoraggi l’indipendenza e fornisca il tramite
per la partecipazione collettiva” .33 La risposta deirim pero di Wall Street so­
no le bombe al Napalm in Vietnam. I testi e i documenti che si spargono nel
mondo in quegli anni, anticipano le spaccature della facciata politica e affra­
tellano le giovani generazioni. Il Free Speech Movement e i diritti civili (1965)
di Jack Weinbcrg, I nuovi radicali e la democrazia partecipatoria (1965) di
Staughton Lynd. Democrazia partecipatorialeadership collettiva e responsa­
bilità politica (1967) di Greg Calvert, Non fidarti di nessuno che abbia più di
trentaquattro anni (1968) di Jcrry Rubili, Insegnamenti dell'esperienza di
Berkeley (1969) di Hai .Jacobs e James Petras, Della miseria nell9ambiente stu­
dentesco considerata nei suoi aspetti economico, politico, sessuale e special-
mente intellettuale e di alcuni mezzi p er porvi rimedio (1966) di Mustapha
Khayati/lnternazionale Situazionista, Le condizioni storiche per la lotta inter­
nazionale di emancipazione (1968) di Rudi Dulselike, Lettera a uria professo-
ressa (1967), di don Lorenzo Milani e la Scuola di Barbiana, Contro Vuniver-
sità (1968) di Guido Viale, Da Nanterre alla Sorbona. L'estremismo rimedio
alla malattia senile del comuniSmo (1968) di Gabriel e Daniel Colin Bendit...
riescono a “ rendere la vergogna ancora più vergognosa denunciandola pubbli­
camente” (Mustapha Rilavati). Le donne ri/scoprono Pamore, si accorgono che
Limino è stupido, profondamente stupido, tanto che esprime il suo “ sapere”
con violenza, sull’ altra metà del cielo, perche ha paura di essere visto in tra­
sparenza per quello che è: un bambino viziato che si rifiuta rii crescere. Alcu­
ne “ femministe” illuminate scrivono da qualche parte: “ Liberate le vostre lin­
gue. Usatele per amare, non per leccare il culo ai vostri padroni” . Una vecchia
storiella anarchica la ancora sorridere: “ Il borghese che stava fuggendo dalla
rivoluzione con un carico d’ oro, dice all’ insorto (si piscia addosso mentre gli
avvicina il coltello alla gola)... - di non essersi mai occupato di politica —. L’ a­
narchico risponde con semplicità, —è proprio per questo che ti uccido! —
Il *68 debilita a Berkeley, Tokio, Londra, Berlino, Parigi, Praga, Varsavia, d o­
rino, Milano, Roma sulle “ vene aperte dell’America Latina e della Grande Ma­
Pino Bertelli

dre Africa’’’ (Nanni Balestrimi, Primo Moroni). Cina, Algeria, Cuba. Metnatu
sono i grandi riferimenti internazionali delle lotte studentesche. 1 movimenti
giovanili si facevano carico delle repressioni e delle ondate di ribellione che ve­
nivano dal Terzo Mondo e divenivano parte di quelle minoranze bastonate
emarginate, violentate dai programmi di governo del "Prim o Mondo". Il Movi­
mento Studentesco occupa più della metà delle trentasei università italiane. \
Trento, Pisa, Torino... si cominciano ad elaborare teorie di ribaltamento di
prospettiva della società intera. Le riviste Quaderni Rossi. Classe Operaia e
Quaderni Piacentini avvicinano studenti e giovani operai... Alla "Scala" di Mi­
lano gli studenti sommergono di uova fresche la "‘buona borghesia" milanese...
Mario Capanna (sotto la pioggia) si rivolge ai poliziotti ed urla al megafono:
“ ...Voi vi chiederete perché siamo venuti qui a protestare contro questa esibi­
zione del lusso, a disprezzo della miseria in cui versa la maggioranza del popo­
lo italiano... perche gli studenti sono vicini e solidali con il proletariato che sof­
fre e lavora... ma ora siamo noi a chiedere a voi che strappati alle vostre case
siete costretti ad abbandonare la terra dove siete nati per andare a servire il
governo che vi affama, e ora siete costretti a stare qui davanti a questo tempio
del lusso, sotto la pioggia a difendere queste quattro puttane ingioiellate...".34
Si accendono tafferugli tra studenti e forze delPordinc. Qualche puttana dab­
bene scivola in terra, si sporca il vestito firmato e perde le perline argentate,
qualche politico si nasconde sotto il cappotto “ crociato” , certi intellettuali di si­
nistra fuggono nel sottoscala della storia (che è il loro posto naturale)... Mario
Capanna viene denunciato per istigazione e incitamento alla ribellione.
A Trento, il 17 dicembre 1968, Renato Curdo e Mauro Rostagno redigono il
dattiloscritto Proposta di foglio di lavoro e scrivono in copertina, accanto ad
un pugno chiuso, vicino alla falce, il martello e una stella a cinque punte: “ Dio
è morto sotto i colpi di mitra di Camilo Torres” . Più avanti spiegano con dise­
gni molto semplici la zona di riflessione e/o di difesa (università critica) e la zo­
na di offesa (fabbriche, città, stampa, scuole e studenti). 11 coordinamento di
tutto questo ha come obbiettivo 1. “ la restituzione al popolo del sapere sociale
di cui è stato espropriato; 2. rovesciarsi sulla città ed intraprendere... la lunga
marcia attraverso e contro le istituzioni... ce n ’est quVm debout. continuons le
combat'*.35 A vedere a fondo le tosi di rivolta sociale proposte da Ciu cio c Ro­
stagno, non sono poi così “ approssimative” o ""avventuristiche” come è stato lo­
ro imputato dall’ intera sinistra istituzionale... forse è il luogo non appropriato
(il tipo di società in forte tendenza tecnologica), e nemmeno il momento storico
o la fo mia di filosofia/giustizia sociale che stavano al fondo di quegli scritti,
sembrava propizio a questa rivoluzione sociale. ” 11 pregio delle rivoluzioni
mancate - dice Renato Cuccio in un’intervista a Mario Seialoja - è quello di
non avere il difetto delle rivoluzioni riuscite: in qualche modo tutte le rivolu­
zioni riuscite hanno tradito le loro promesse, mentre quelle mancate possono
tradire solo le analisi che le hanno mosse... Non abbiamo potuto vivere nel mo­
do in cui ci sarebbe piaciuto perché la generazione precedente ha brutalmente

JM
Pier P aolo Pasolini/II cinema in co rp o

fioccato il nostro cammino chiedendoci di sacrificare la nostra differenza o


morire. Così alcuni sono morti con le armi in pugno, molti con l'eroina nelle ve-
lU», la maggioranza è vissuta ammazzando dentro di sé il suo desiderio di mu­
tamento” 3 6 deirordinamento sociale... la disuguaglianza fra gli uomini conti­
nua. “ La disuguaglianza non e la condizione della differenza, ma il suo contra­
rio. La differenza suscita dinamiche positive; la disuguaglianza le schiac­
cia” .37 Chi si assoggetta a un divieto si genuflette anche a tutti i limili clic in­
contra sul suo cammino... la li!)erta dell’ individuo comincia con la fine di ogni
delega. La servitù non è un destino. La formula delTabate Morelly: "Via ria­
ttino secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni” ,3 8 anticipa
un sogno, quello di giungere in breve tempo alla conquista di una società di li­
beri e eli uguali.
Nel 468 il mondo era in fiamme. I/Utopia fece tremare il potere, forse, per l’ ul­
tima volta. Ovunque le giovani generazioni chiedevano elementi di “ democra­
zia diretta” . 1 cannoni dei carri armati sovietici soffocarono la "primavera di
Praga” . Il comuniSmo al potere gettava la maschera. Era l'inizio di un'impo­
stura che aveva avuto inizio con la dittatura sul proletariato di Stalin, il tradi­
mento della rivoluzione di Spagna, il massacro degli insorti in Ungheria del
*56... In Italia, dopo la “ guerra di popolo” della Resistenza, il P.C.I. di To­
gliatti, Longo & Berlinguer si è distinto come partito del trasformismo e del col­
laborazionismo... piano piano portava la classe operaia e quella intellettuale
ad uno stadio di stupidità servile che soltanto i camerati di Franco, di Killer,
di Mussolini e di Stalin avevano raggiunto. Il genocidio (lo Slioan) degli ebrei
d’Europa (sei milioni di morti) è pari all*annientamento dei comunisti, anar­
chici, trotzkisti... ammazzati dai regimi comunisti...39 *"e per quanto sublime
possa essere l’ arte di dimenticare, noi non possiamo praticarla (Gershom G.
Scholem).40 II simbolo più forte del *68 è raffigurato dagli atleti Tonnine Smith
e John Carlos, sul podio delle olimpiadi di Città del Messico... mentre sale la
bandiera a stelle e strisce e l’ inno statunitense invade gli schermi televisivi del
mondo... Smith e Carlos, abbassano la testa e alzano i loro pugni contro il cic­
lo (chiusi in un guanto nero)... la voce dei ghetti si fa coro e le lacrime degli ul­
timi smascherano le menzogne insanguinate del “ sogno americano . Quegli an­
ni furono davvero formidabili... hanno aperto un varco, “ per guardare, pen­
sare, andare più lontano” (Mario Capanna).41 11 "68 segnò una generazione e
seminò nei cuori della gente, qualcosa di amoroso, di libertario, di utopistico...
che ancora continua a colorare i sogni degli angeli ribelli ed incutere ai carce­
rieri della libertà e dell’ amore, il timore che un giorno possono ritornare e da­
re loro gli sputi che si meritano.
In questo clima politico, arroventato da pulsioni di cambiamento profondo del
pensiero sociale c dell’ immaginale collettivo, Pasolini elabora un progetto/film
sul Terzo Mondo, una specie di "*Orestiade africana” 42 al quale lavora da
tempo: Appunti per un poema sul Terzo Mondo. E un idea dura, forte, utopi­
ca sulla cupidigia c la violenza delle democrazie occidentali che affamano, af-
Piuo Bertelli

fondano, violentano il mondo arcaico, sacrale, magico delle peritene non solo
con il terrò e col fuoco ma anche con l’ omologazione dei linguaggi aiidiovisua,
li. E un film politico, senza mezzi termini. Pasolini lo vorrebbe fare in (orma
di poema per alleggerire forse, la violazione dell’ indagine sociologica o la cro­
naca giornalistica, comunque è un canto radicale contro il colonialismo mo­
derno e la ragione dominante delle polii ielle transnazionali, ciò che cerca di
portare sullo schermo. 11 progetto gira intorno alla ri/seoperta e alla ri/nascita
della coscienza culturale e politica in cinque Paesi del Terzo Mondo (Paesi Ara­
bi, Africa, India, Sud America, ghetti del Nord America). II sentimento che
spinge Pasolini a raccontare queste storie «Iella marginalità offesa, ha molte­
plici venature etiche, morali, esistenziali... è una presa di coscienza clic si inal­
bera contro la cultura salottiera «lei suo tempo e permette a Pasolini di parla­
re di un “ sogno affettivo” che insegue da tempo... "così fare «lei film stesso
un'azione rivoluzionaria (non partitica, naturalmente, e assolutamente libera
fin «piasi alPanarchia)” .
Pasolini non trova i finanziamenti. Riscrive molte volte il trattamento ma non
ci sono produzioni che rischiano soldi e “ reputazione” su questo progetto par­
ticolare. La RAI propone al regista un programma per TV7 e Pasolini accetta
di realizzare un documentario su un Paese del Terzo Mondo. Così, nel dicem­
bre 1967, nasce Appunti per uri film sulVIridia. Pasolini va a Bombay. 11 poe­
ma per immagini è tutto incentrato sulla ricerca della spiritualità indiana at­
traverso gli elementi onirici o magici della religione intrecciata alla sopporta­
zione della fame. La prima parte (presa da un racconto popolare indiano) è la
storia (pre-moderna) «li un Maharajah ritmo e istruito. Un giorno mentre pas­
seggia sulle sue terre, incontra due tigrotti che stanno morendo «li fame. Folgo­
rato da una pietà (di biblica memoria), offre se stesso in pasto ai cuccioli. L’al­
tra vicenda è ambientata durante la lotta «li liberazione delPTndia con Irò la do­
minazione inglese. La famiglia di un Maharajah si trova ad affrontare la mise­
ria profonda dovuta ad una carestia... la morte del Maharajah li costringe a
vendere tutti i loro averi, rinunciare ai privilegi di casta cd andare a lavorare.
Viaggiano per tutta l'India e uno a uno muoiono «li fame. Pasolini inter\ ista
operai, intellettuali, il segretario del Partito Comunista Indiano... chiede loro
se sarebbero disposti a donare il proprio corpo a delle tigri clic hanno fame, co­
sa pensano della legge stilla sterilizzazione e mostra (con la leggerezza del cac­
ciatore «li farfalle), squarci deirindustrializzazione che, nel passaggio da uno
stato di sottosviluppo a una pretesa "estasi di modernismo” , calpesta o cancel­
la l’intera preistoria indiana. Un incaricato dei servizi culturali radiofonici
della RAI, al seguito della piccola troupe per documentare il lavoro di Pasoli­
ni, scrive sulla sua agenda: “ Periferia di Bombay: Stamattina Pier Paolo gira
nella periferia della città dove, sulla terra arida, s’ alzano un centinaio di fah-
bri che di media e piccola grandezza. L la fine del primo turno. Sul muro dello
stabili mento FIAT qualcuno ha scritto: Viva il proletariato di tutto il mondo...
[qualche giorno dopo, chiede a Pasolini]: “ Ma quale è il tuo concetto di reli-

1 U A
Pier P aolo Pasolini/II cinema in co rp o

triosilà?, aspettandomi di sentirmi dare del cretino. ‘"Religiosità? Non lo so. So


solo che mi schiero dalla parte delle vacche indiane e contro coloro che vor­
rebbero mangiarle” , rispose Pasolini.4 3 “ Un occidentale clic va in India ha
tutto, ma in realtà non dà niente. L’ India, invece, che non ha nulla, in realtà
dà tutto” (Pier Paolo Pasolini).
Appunti per un film sull’India è una delle opere meno viste di Pasolini e tra le
più belle. E qualcosa di più di un’indagine giornalistica (della (piale molti cri­
tici hanno parlato) e dietro la semplicità fioetica, quasi rozza clic l’ attraversa,
il "sentimento rivoluzionario’ del Terzo Mondo affiora con grande forza. La
passionalità libertaria pasoliniana non resta ai margini delle lacerazioni india­
ne... né si avventa platealmente contro le contraddizioni oecidentaliste che
schiacciano irrimediabilmente religioni, tradizioni, costumi di un popolo viola­
to nelle pieghe più profonde della sua storia. Lo spirilo anarchico di Pasolini,
lo porta ad avvicinarsi agli sguardi, ai corpi, ai gesti della gente umile... ne sco­
pre la dolcezza, la tenerezza, anche la rabbia lasciata sul fondo degli ocelli o al­
l’interno dei pugni chiusi... (fucilo che resta indimenticabile, sono i sorrisi sen­
za tempo dei vecchi, delle donne e dei giovani indiani che illuminano la tela
bianca e i sogni di libertà e di amore dell’ uomo per gli altri uomini. Il film è
scritto, diretto, fotografato e commentato da Pasolini, che si avvale della col-
laborazione di Gianni Bareelleoni Corte (produttore delegato RAI) e del mon­
taggio di Jonner Menghi. Gli operatori alla macchina sono Federico Zanni e
Roberto Nappa. Il diario pasoliniano è girato con una macchina da presa Ar-
rillex BL, 16mm (b/n), tra dicembre 1967 e gennaio 1968, dura 34’ e 20 secon­
di. La prima proiezione viene proposta alla XXIX Mostra del Cinema di Vene­
zia (sezione "documentari” ) il 18 agosto 1968. Il passaggio televisivo del film
avviene il 5/7/1968, poi dopo qualche rara apparizione notturna. Appunti per
un film sull’India sparisce nei magazzini della R AI.
E proprio in questo film (die Pasolini canta la storia ammaccata dei senzasto-
ria... è qui, in questo piccolo poema cinematografico marginale, che il poeta
“ riunisce” i volti antichi degli indiani con quelli dei palestinesi e dei sottopro­
letari della terra... Con l’Arriflex a mano, Pasolini va al di là del senso del do­
cumentario televisivo... “ buca” il video con immagini di morte, di carcasse di
animali divorate dagli avvoltoi, di corpi mutilati, di sopravvivenze tragiche, so­
spese tra la rassegnazione e la voglia di vivere una condizione quotidiana me­
no dura. Il filmalo si chiude con un corteo funebre e una cremazione rievoca-
ta/ripresa con discreta partecipazione, rispettata nella sua misteriosa solenni­
tà areaica/religiosa. E Eodore dell’India quello che racconta Pasolini. E (pian­
do con Alberto Moravia ed Elsa Morante rivisiterà quei posti (per i sopralluo­
ghi de II fiore delle mille e una notte), nella sera che nasce sul Cange, di fron­
te ai roghi dei morti che incensano il cielo infreddolito, scrive: “ Non e’ è nessun
odore, se non quello, delicato, del luoeo... Mai, in nessun posto, in nessun’ o­
ra. in nessun atto, di tutto il nostro soggiorno indiano, abbiamo provato un co­
sì profondo senso di comunione, di tranquillità e, quasi, di gioia” .4 4 Sul de-
Piuo Bertelli

riino delPumanità si affastellano rincoseienza politica e Peducaziono dei p o p o ­


li alla domesticazione degli sguardi. Le libere scuole e i giocosi giardini d'in­
fanzia (Rudolf Steiner) appartengono all’ Ombra dell’ ini inagi naie eu-topic0
(del buon-posto) del fare-anim a, dove la reverie picaresca di Bachelard s in-
contra con il fanciullo “ superiore” ili Jung e insieme all’ innocenza creativa di
Blake c all'angelica irriverenza amorosa di Rilke... incendiano la fantasia di
buoni propositi e di cattive intenzioni... quelle di involarsi verso una Terra del­
la felicità possibile, dove ciascuno è responsabile del proprio amore e della
propria gioia.
Nel "68 Pasolini gira Teorema e diviene un film-simbolo della contestazione glo­
bale. Teorema è una provocazione anarchica contro lo Stato, le Sinistre, lo De­
stre, la Chiesa... il film espone una sessualità della diversità e gli scribi dei par­
titi lo marchiano subito come “ perverso” , “ reazionario” , “ depravato'*... San­
dro Petraglia, scrive: “ Con Teorema Pier Paolo Pasolini firma il suo film più
scopertamente reazionario e quello più dichiaratamente religioso” .45 Nero
niente. Teorema è un pamphlet eretico contro le convenzioni che reggono lo r ­
dine sociale “ e un inno alle virtù scandalose della verità” (Jean De Barom •eli i).
Il film ha una genesi complessa. Nasce come tragedia in versi, poi diviene un in­
sieme di frammenti e quindi film.4 6 11 teorema del quale parla Pasolini, è quel­
lo che riguarda la borghesia, destinata a svanire attraverso la rapacità del pro­
prio dominio. La Cultura Borghese omologa ogni cosa e rende serva anche la
passione rivoluzionaria. L’ assunto del teorema pasoliniano si leggi* così: la
Borghesia è la faccia espressa della società che ha edificato... il suo dominio è
“ sacro e nessuno ha coscienza dell’ esistenza dell’Altro... non mettendo a con­
fronto la propria identità con l’Altro non può che galleggiare nel riflesso di so.
con la propria ferocia, con la propria decomposizione... facendo intorno a se
un deserto di sentimenti e di amori incompiuti. Così Pasolini: “ Teorema parla
di un’ esperienza religiosa. Si tratta dell’ arrivo di un visitatore divino in una fa­
miglia borghese. Tale visitazione bulla all’ aria tutto quello che i borghesi sape­
vano di se stessi; quell’ ospite è venuto per distruggere. L’ autenticità, per usa­
re una vecchia parola, distrugge l’inautenticità. Quando se ne va, ognuno si ri­
trova la coscienza della propria inautenticità e, in più, l’incapacità di essere
autentico per l’impossibilità classista e storica di esserlo. Così ognuno dei mem­
bri di questa famiglia ha una crisi, e il film finisce più o meno con la seguente
morale: qualunque cosa un borghese faccia, sbaglia. A parte gli errori storici,
come 1 idea di Nazione, l’ idea di Dio, l’ idea di Chiesa confessionale, eccetera,
anche se la ricerca borghese, è sincera, intima e nobile, tuttavia è sempre sba­
gliata” .4 7 Il film va oltre la caduta della borghesia classica... ormai tutta Pu­
ma ni tà - afferma Pasolini - “ sta diventando piccolo-borghese” - e allora na­
scono domande e interrogazioni alla quali la borghesia deve rispondere... per­
ché il dissenso in quegli anni si fa ampio e si allarga ai quattro angoli del mon­
do.
Prima dei titoli di testa di Teorema, Cesare Garboli intervista per la televisio­
Pier Paolo Pasolini/11 cinema in co rp o

ne degli operai, ai quali il padrone ha donato la fabbrica. Nessuno risponde al­


la domanda: “ Un borghese, anche se dona la sua fabbrica, in qualsiasi modo
agisce, sbaglia?” . 11 filiti, forse, darà la risposta. La vicenda si svolge a Milano,
nella primavera del 468. Un postino che si chiama Angelo (Ninetto Davoli), por­
ta un telegramma nella villa di un grosso industriale, Paolo (Massimo Girotti),
dove viene annunciato barrivo di un ospite (Terencc Stamp). E un ragazzo un
po' strano, taciturno, che passa tutto il tempo a leggere Vopera omnia di Rim-
baud. La sua leggerezza educativa lo tiene fuori dalle convenzioni della fami­
glia e dai loro furori. Qualcosa di magico si avverte nella casa. Il ragazzo emet­
te una specie di fascinazione angelica e ogni membro della famiglia ne viene at­
tratto. Emilia (Laura Betti), la serva, è folgorata dalla sua dolcezza. Per pau­
ra di non essere amata cerca di suicidarsi. L’ ospite la salva e ci fa Lamore. Il
giovane Pietro (Andrès Jose Cruz Soublette), a contatto con Vospite, prende
coscienza della propria omosessualità. L’ospite amerà anche Lucia (Silvana
Mangano), la moglie di Paolo c madre di Pietro e (Metta (Anne Wiazemsky), le­
gata al filo cattolico del perbenismo di facciata è in realtà una specie d'insod­
disfatta ninfomane che non sa amare né farsi amare... solo nel tradimento ri­
trova un p o’ di se stessa. Poi Vospite profana Odetta, introversa, sottomessa,
in perenne adorazione dell'autorità paterna. L'ultimo a cadere nelTiininagina-
lc sessuale dcil'ospite è il padre (Massimo Girotti). L*ospite dice (citando Rim-
baud): 4iE venuto, se ne è andato, e forse non tornerà più” . Il postino/angelo
porta un altro telegramma c Pospite (senza spiegare il motivo della sua venu­
ta), riparte per portare la nuova novella in un’ altro posto, in un’ altra casa. La
contaminazione delPospite ha portato dei cambiamenti radicali nei componen­
ti della famiglia ma è soltanto Emilia, la serva, a subire una sorta di illumina­
zione... infatti, chiede perdono a Dio per avere amato Vospite e torna al borgo
contadino dal (juale proveniva. Aspettando il ritorno dell’ ospite, si siede vici­
no a un muretto c si ciba solo di ortiche. Sacrifica la propria individualità al­
l’oracolo. Il resto della famiglia si sparge nella vita in modo diverso. Odetta di­
viene autistica e si fa chiudere in manicomio. Pietro, scopre l’ impotenza di es­
sere un artista senza valore che si genuflette al mercato per sopravvivere e in­
colpa il mondo di non capire la propria arte. Lucia consuma la sua esistenza in
una serie di relazioni sessuali con giovani sconosciuti, ma cade sempre più nel­
la tristezza e nella solitudine. Il padre si spoglia nudo nella Stazione Centrale
di Milano, perde ogni identità e senza avere una direzione da prendere, finisce
in un deserto... Emilia raggiunge l’ estasi e il suo corpo si solleva sopra i tetti,
poi regala le sue lacrime al mondo e si fa sotterrare viva. Paolo intanto vaga nel
deserto accompagnato dalla musica di Mozart (Requiem), lancia un urlo dispe­
rato contro se stesso, con la consapevolezza, forse, di non essere più nulla e di
non essere mai stato nessuno.
La rivolta radicale pasoliniana è largamente incompresa o respinta da critica e
pubblico e Teorema viene fatto passare o viene descritto come un’ utopia nega­
tiva o un’ astrazione intellettuale. Vero niente. Pasolini elabora un teorema
Pino Bertelli

blasfemo die bulla contro i principi dell’ apparenza borghese... lo fa con un


angolo elei non-dove, contaminatol e di anime. È un Daimon, un Duende o un
cavaliere dello stello che si ritrova in tutta quell'angelologia del mistero che
passa dalla malinconia bino di “ Los désorts de Vamour" o dalle illuniinazio-
ni/profanazioni poetiche di Rimbaud. nell’insubordinazione/rottura delle sa­
cre scritture di Rumici, nei canti/trasparenze amorose di Rilke o nella scolla-
tura/folgorazione picaresca di borea. 18 II Daimon, il Duende o VAngelo del
non-dove pasoliniano è una specie di immagine/sogno, carattere, fato, genio,
vocazione, destino... “ che ricorda il contenuto della nostra immagine, di cle­
menti del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino*' (Ja­
mes Hillman). L'Angelo del non-dove pasoliniano “ si sorprende a sognare l’a­
more estremo della naturalezza... quel (die accade con l’Angelo è ciò che è e ciò
che non è... è il desiderio che trionfa sul limite... è il piacere che viola il divie­
to... è rerotismo che si chiama fuori da ogni solitudine e fa della sensualità,
della tenerezza, dell’ amore... momenti sospesi nel tempo, emersioni dell*irre­
golarità che portano al superamento e alla distruzione di ogni immagine/paro-
la del prestabilito... [ovunque] la miseria culturale è una categoria molto fre­
quentata, dove la stupidità sembra un obbligo, la demenza un'istituzione’*.49
ha felicità insegue il canto delle balene o il profumo dei fiori di ghiaccio blu...
ecco perché i bambini sanno giocare anche senza conoscersi con i bambini di
ogni parte del mondo, fi cuore gli diventerà arido dopo. Quando sono grandi.
E scambiano la malinconia con la disperazione.
Per la critica militante Teorema corrisponde a un sopruso, un*invctti\a. un
tradimento dell'ideologia marxiana attribuita a Pasolini, il quale si era anche
macchiato la fedina politica di sinistra... per aver scritto una poesia (Il PCI ai
giovani) contro gli studenti in rivolta a Valle Giulia (marzo 1968), dicendo che
i poliziotti erano i veri proletari e gli studenti figli dei borghesi che stav ano mo­
strando tutta la violenza della loro classe. 11 dibattito sull’ affermazione pasoli-
niana si accende sul settimanale L'Espresso (16 giugno 468). i versi di Pasolini
dicono: “ Avete facce di figli di papà.A i odio come odio i vostri papà./Buona
razza non mente./Avete lo stesso occhio cattivo./Siete pavidi, incerti, dispera­
ti^ Benissimo!) ma sapete anche come essere/prcpotenti, ricattatori, sicuri e
sfacciatir/Prerogative piccolo-borghesi, cari” . L'indignazione è generale. Molti
■"compagni di strada” si ritengono offesi e Vittorio Foa prende una delle sue
cantonate operaiste più evidenti: “ ...ha una visione immobilistica della lotta di
classe e del movimento operaio. iMon capisce gli studenti appunto perché non
capisce ciò che sono oggi gii operai: la classe operaia non è più quella della me­
tà degli anni 450, è un’ altra cosa, completamente diversa... Ma anche il sotto­
proletariato cambia, Pasolini dovrebbe saperlo” - . La lezione della storia farà
inghiottire a Foa queste sciocchezze ed altre più legate alla “ triplice cordata
sindacale” che ha ammutolito l’ intera classe operaia italiana. Proprio in que­
gli anni (e non prima), l ’intera classe operaia sindacalizzata, ha mostrato di es­
sere al servizio dei vari partiti, di non avere una propria visione del mondo, di
Pier Paulo Pasoliiii/ll cinema in co rp o

subire la sconfitta della sua storia nel modo più imbecille che un potere abbia
concesso ai propri sudditi: quello di scomparire nel vassallaggio e nel ripudio
ilei propri ideali « speranze di una vita meno inutile... cose che vengono taciu­
te da Foa nel libro clic ha scritto sul movimento operaio o sono fantasmate se­
condo la visione classificatoria del recupero statuale.5 0 E se una parte della
classe operaia italiana è stata a guardare il crollo della propria identità, è vero
anche che a partire da quel '68. rinsieme delle lotte sociali hanno modificato la
corrente del pensiero dominante e da li nessuno può può tornare indietro.
Teorema è un'opera complessa. Molto sorvegliata. Di grande respiro autorale.
Che proprio non ha niente a che vedere con Deserto rosso di Michelangelo An-
tonioni (come ha detto Adelio Ferrerò) e non è nemmeno vero che la sua poesia
(non solo cinematografica) è un'operazione da "rivoluzionario da salotto” (co­
me insinua Sandro Petraglia). Strano, proprio Teorema è il film più vicino al­
l'asciuttezza espressiva di Robert Bresson o all’ utopia allegorica di Luis Bu­
fine]... eppure nessuno vi ha scorto Vinclinazione al dittico (che Pasolini svi­
lupperà poi in Porcile),, alla composizione narrativa che la prima parte annun­
cia e la seconda cancella. I personaggi di Pasolini parlano poco e i dialoghi so­
no metafore, invenzioni linguistiche care a Jean-Luc Godard... il tempo scorre
lento, il paesaggio è ridotto a poche inquadrature (la casa, i pioppi, la strada,
le periferie squallide)... i primi piani degli interpreti sono forti, elementari, la­
sciati alla deriva della loro solitudine. L'urlo del padre nel deserto è strazian­
te, indimenticabile. U ospite pasoliniano non è altro che Vangelo sterminatore
di Butilici o il futuro diavolo (probabilmente) di Bresson, che dissolvono alla
radice, una società senza qualità. Ne L’angelo sterminatore (1961), "il nichili­
smo utopico di Butilici esplode contro una pace insopportabile, presenzia i
margini (e i fini) di una morale che insorge contro i padroni della s/ragione cen­
trale, delinca le tracce radicali dello scollamento, della rottura nei percorsi di
un quotidiano popolare battuto ma non vinto” .51 In II diavolo probabilmen­
te... (Le diable probablernent, 1977), Bresson riprende le tematiche angelologi­
che pasoliniane, le rovescia e come nessuno riesce a mostrare lo squallore di
una gioventù allo sbando (compresa l’ estrema sinistra), all’ interno di una so­
cietà spettacolarizzata nella merce, nell’iiiqiiinamcnto nucleare, nella droga,
nella rapacità del potere, nel nichilismo politico istituzionale, nella rivoluzione
tecnologica... che minacciano l'ecosistema.52 Sotto molti tagli audio/visuali,
etici ed estetici, Robert Bresson restituisce a Pasolini l’ impudenza dell'utopia
"eidetica” e disperata che si chiama am ore... sovente 1 insolenza degli sguardi
di Bresson si sovrappone alla v iolazione della sacralità dei corpi di Pasolini e
tutto quello che scivola fuori dallo schermo diviene metafora di un mondo a
perdere. Fassbinder (dice da qualche parte) che "noi non abbiamo che scarse
informazioni su quella bella anarchia che, nel regno dei folli, rende fruibile la
libertà” . Shelley o Shakespeare hanno esposto le loro poetiche incendiarie agli
estremi dell'arcobaleno... hanno fatto delPimpostura del potere e ili quel mil­
lantatore di Dio le fonti del terrore e «Iella menzogna da insabbiare, per non
Pino Bertelli

blasfemo elle butta eontro i principi dell’ apparenza borghese... lo fa con un


angolo del noti-dove, contaminatore di anime. È un Daimori, un Duende o un
cavaliere delle stelle che si ritrova in tutta quell’ angelologia del mistero che
passa dalla malinconia blue di "Les déserts de Vamour99 o dalle illuminazio-
ni/profanazioni poetiche di Rim band, neirinsubordinazione/rottura delle sa­
cre scritture di Bunuel, nei eanti/trasparenze amorose di Rilke o nella scolla-
tura/folgorazione picaresca di borea.4 8 11 Daimon, il Duende o VAngelo del
noti-dove pasoliniano è una specie di immagine/sogno, carattere, fato, genio,
vocazione, destino... “ che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli ele­
menti del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino" (Ja­
mes llillman). U Angelo del noti-dove pasoliniano “ si sorprende a sognare l'a­
more estremo della naturalezza... quel che accade con l’ Angelo è ciò che è e ciò
che non è... è il desiderio che trionfa sul limite... è il piacere che viola il divie­
to... è rerotismo che si chiama fuori da ogni solitudine e fa della sensualità,
della tenerezza, dell’ amore... momenti sospesi nel tempo, emersioni dell*irre­
golarità che portano al superamento e alla distruzione di ogni immagi ne/] >aco­
la del prestabilito... [ovunque] la miseria culturale è una categoria molto fre­
quentata, dove la stupidità sembra un obbligo, la demenza ui/istituzione". 19
La felicità insegne il canto delle balene o il profumo dei fiori di ghiaccio blu...
ecco perché i bambini sanno giocare anche senza conoscersi con i bambini di
ogni parte del mondo. 11 cuore gli diventerà arido dopo. Quando sono grandi.
E scambiano la malinconia con la disperazione.
Per la critica militante Teorema corrisponde a un sopruso, un’ imetliva. un
tradimento dell’ideologia marxiana attribuita a Pasolini, il quale si era anche
macchiato la fedina politica di sinistra... per aver scritto una poesia (Il PCI ai
giovani) contro gli studenti in rivolta a Valle Giulia (marzo 1968), dicendo che
i poliziotti erano i veri proletari e gli studenti figli dei borghesi che stavano mo­
strando tutta la violenza della loro classe, fi dibattito suiraffermazione pasoli-
niana si accende sul settimanale [/Espresso (16 giugno *68). i versi di Pasolini
dicono: “ Avete facce di figli di papà.Ai odio come odio i vostri papà./Buona
razza non mente./Avete lo stesso occhio cattivo./Siete pavidi, incerti, dispera-
ti/(Benissimo!) ma sapete anche come essere/prepotenti. ricattatori, sicuri e
sfacciatir/Prerogative piccolo-borghesi, cari". L’ indignazione è generale. Molti
“ compagni di strada” si ritengono offesi e Vittorio Foa prende una delle sue
cantonate operaiste più evidenti: “ ...ha una visione immobilistica della lotta di
classe e del movimento operaio. .Moti capisce gli studenti appunto perché non
capisce ciò che sono oggi gli operai: la classe operaia non è più quella della me­
tà degli anni ‘ 50, è un’ altra cosa, completamente diversa... Ma anche il sotto­
proletariato cambia, Pasolini dovrebbe saperlo” - . La lezione della storia farà
inghiottire a Foa queste sciocchezze ed altre più legate alla “ triplice cordata
sindacale” che ha ammutolito I intera classe operaia italiana. Proprio in que­
gli anni (e non prima), l’ intera classe operaia sindacalizzata, ha mostrato di es­
sere al servizio dei vari partiti, di non avere una propria visione del mondo, di
Pier Paolo Pasolini/U cinema in co rp o

subire la sconfitta della sua storia nel modo più imbecille clic un potere abbia
concesso ai propri sudditi: quello di scomparire nel vassallaggio e nel ripudio
dei propri ideali o speranze di una vita meno inutile... cose clic vengono taciu­
te da Foa nel libro clic ha scritto sul movimento operaio o sono fantasmate se­
condo la visione classificatoria del recupero statuale.5 0 E se una parte della
classe operaia italiana è stata a guardare il crollo della propria identità, è vero
anche che a partire da quel '68,1 insieme delle lotte sociali hanno modificato la
corrente del pensiero dominante e da lì nessuno può può tornare indietro.
Teorema è un'opera complessa. Molto sorvegliata. Di grande respiro autorale.
Che proprio non ha niente a che vedere con Deserto rosso di Michelangelo An-
tonioni (come ha detto Adelio Ferrerò) e non è nemmeno vero che la sua poesia
(non solo cinematografica) è un’ operazione da "rivoluzionario da salotto ’ (co­
me insinua Sandro Petraglia). Strano, proprio Teorema è il film più vicino al­
l’asciuttezza espressiva di Robert Bresson o all’ utopia allegorica di Luis Bu-
iiuel... eppure nessuno vi ha scorto rinclinazionc al dittico (clic Pasolini svi­
lupperà poi in Porcile), alla composizione narrativa che la prima parte annun­
cia c la seconda cancella. I personaggi di Pasolini parlano poco c i dialoghi so­
no metafore, invenzioni linguistiche care a Jean-Luc Godard... il tempo scorre
lento, il paesaggio è ridotto a poche inquadrature (la casa, i pioppi, la strada,
le periferie squallide)... i primi piani degli interpreti sono forti, elementari, la­
sciati alla deriva della loro solitudine. L’ urlo del padre nel deserto è strazian­
te, indimenticabile. ospite pasoliniano non è altro che Vangelo sterminatore
di Rumici o il futuro diavolo (probabilmente) di Bresson, clic dissolvono alla
radice, una società senza qualità. INe L’angelo sterminatore ( 1961), "il nichili­
smo utopico di Butilici esplode contro una pace insopportabile, presenzia i
margini (e i fini) di una morale che insorge contro i padroni della s/ragione cen­
trale, delinea le tracce radicali dello scollamento, della rottura nei percorsi di
un quotidiano popolare battuto ma non vinto” .51 In 11 diavolo probabilmen­
te... (Le diable probablement, 1977), Bresson riprende le tematiche angelologi­
che pasoliniane, le rovescia e come nessuno riesce a mostrare lo squallore di
una gioventù allo sbando (compresa Postrema sinistra), alPinterno di una so­
cietà spettacolarizzata nella merce, nell’ inquinamento nucleare, nella droga,
nella rapacità del potere, nel nichilismo politico istituzionale, nella rivoluzione
tecnologica... che minacciano l’ ecosistema.52 Sotto molti tagli audio/visuali.
etici cd estetici, Robert Bresson restituisce a Pasolini l’ impudenza dell’ utopia
"eidetica” e disperata che si chiama amore... sovente Pinsolenza degli sguardi
di Bresson si sovrappone alla violazione della sacralità dei corpi di Pasolini e
tutto cjucllo che scivola fuori dallo schermo diviene metafora di un mondo a
perdere. Fassbinder (dice da qualche parte) che “ noi non abbiamo che scarse
informazioni su quella bella anarchia che, nei regno dei folli, rende fruibile la
libertà” . Shelley o Shakespeare hanno esposto le loro poetiche incendiarie agli
estremi dell’ arcobaleno... hanno latto dell’impostura del potere e di quel mil­
lantatore di Dio le fonti del terrore e della menzogna da insabbiare, per non

!2 i.
P ino Bertelli

morire più di verità istituite.


Con Teorema, Pasolini flagella ii cuore degli stolti e fa dell’ immoralità dell’i­
stante un’ orgia di lacrime finte. In nome del rigore si sono innalzati i templi dei
carnefici e nell’ adorazione della morale sono state scavate le fosse comuni do-
V
ve sono stati sepolti i diversi della storia. E imbarazzante quanto scrive Sandro
Petraglia... in Teorema e in Pasolini c ’ è (‘ incapacità “ di cogliere la naturalez­
za della natura clic separa gli esangui poeti decadenti dal resto del mondo, è
proprio questa polisensa ambiguità di significati a impedire la razionalità di
una scientifica organizzazione del fenomeno: non si fuggc dalla propria matri­
ce borghese assumendo la borghesia come oggetto di ribellione misterica r irra­
zionale, né con Dio né con l’ arte, né col sesso. Le sovrastrutture neocapitali­
stiche sorridono del volontarismo dei poeti e degli anarchici: sono esse a pro­
durli e a consumarli” .53 La sola grandezza alla quale sono giunti i soldatini del
comuniSmo di parata (come Petraglia), è il delirio “ scientifico” della loro de­
menza effigiata da sempre sull’ altare di tutti i poteri... i cani da cortile ab­
baiano oggi per leccare meglio domani i futuri cercerieri di anime morte. Lo
scandalo della coscienza pasoliniana riporta alla vitalità poetica del popolo che
trae forza dalla sua affamazione e dalla sua rivolta contro i potenti... Pasolini
si è riconosciuto borghese nella sua opera poetica e altrove... e ne Le criteri di
Gramsci scriveva: “ mi feriva il male/borghese di me borghese” .54 In quel poe­
ma (tra i più belli della poesia del nostro secolo), la malinconia pasoliniana por
“ uno straccetto rosso, come quello/arrotolato al (‘olio dei partigiani *, diviene
una metafora contro la connivenza dei marxisti col potere o caduta dell*idea
comunista di trasformazione della società in un’ omologazione culturale così
trucida da far sobbalzare anche i netturbini dell’ ideologia e gli appestati della
chiesa. “ La tomba di Gramsci segna sì la morte dei sogni rivoluzionari della Re­
sistenza (finiti in cenere) ma la spinta del poemetto non è data dalla dispera­
zione politica” .55 Al contrario, qui Pasolini mostra che i momenti storici più
profondamente innovativi, sono quelli che rovesciano (con ogni arma) i valori
istituiti. La fatalità è uno spazio irrespirabile e i precetti e le regole sono gli ar­
chitravi di una quotidianità nauseabonda dove ciascuno è responsabile della
propria mediocrità.
Il sentimento “ divino” di Pasolini è piuttosto informe, “ è un sentimento che ho
trovato depositato in me con la nascita... Questa apertura ascetica, questo sen­
so di vita sotto il profilo delFeternità c ’ è continuamente nelle mie opere, ma
senza esplodere mai fino aH’ assunzione del divino... La parola di Dio io la
prendo come sacrale; io chiamo sacralità la mia incapacità di vedere la natura
nella naturalezza... A me tutto sembra investito da una specie di luce impor­
tante, particolare, che è appunto meglio definire sacrale. Tuttavia questa pa­
rola sacralità è così ambigua, vaga, ricca di significati che in essa intendo enu­
cleare anche l’ idea di Dio che avete voi credenti” (Pier Paolo Pasolini).56 In­
fatti il poeta si è sempre dichiarato ateo (forse per grazia di Dio, direbbe Bu-
nuel). Petraglia non sembra comprendere l ’ alterità affabulativa pasoliniana e

192
Pier Paolo Pasolini/Il cinema in co rp o

jii fa pensatore d ’ occasione... non sa che “ le idee sono surrogati dei dolori
(Marcel Proust) e nemmeno che ci sono poeti che non gridano am ore, senza ar­
rossire. La stupidità che illumina certi momenti della storia non ha equivalen­
ti se non nei miti/dei assunti come maestri... provate a mettere i sogni al di qua
delle stelle: avrete davanti a voi il cimitero delle buone intenzioni e i cancelli dei
campi di sterminio sempre aperti per chi stona nel coro. Tutte le rivoluzioni so­
no nate nella strada e quando sono finite in parlamento sono morte insieme al­
le parole d ’ amore e di libertà dei loro capi.
Teorema è quasi muto. I dialoghi sono scarni, essenziali. Le inquadrature so­
no molto frammentate e, cosa insolita per il cinema pasoliniano, ci sono anche
dei brevi piani-sequenza. La fotografia “ pastello” di Giuseppe Ruzzolini (Ko­
dak Eastmancolor) e il montaggio elementare, aritmico di Nino Bai agli, confe­
riscono al film un’ atmosfera favolesca, che riporta (non poco) al cinema stra­
niarne di Jean-Marie Straub o a quello del teatro-azione di Rainer Werner Fas-
sbinder. Ciò che vedi è anche altro c ciò che sogni, forse, è proprio quello che
vedi. La forza deirinquadratura pasoliniana, la non-attorahtà dei personaggi,
la surrealtà delle situazioni... delineano la lezione godardiana, rosselliniana,
straubiana... e ciò che sorge sullo schermo è qualcosa che si riflette nella vita o
nella testa dei lcttori/spettatori. Teorema non è un’ opera carica di rancore o
soltanto un’ esperienza religiosa che tratta della rovina della borghesia. Ciò che
Pasolini cerca di dire è che, “ a parte gli errori storici, come l’ idea di Nazione,
l’idea di Dio, l’idea di Chiesa confessionale, eccetera, anche se la ricerca del
borghese è sincera, intima e nobile, tuttavia è sempre sbagliata. Ma questa con­
danna della borghesia, mentre prima (fino al 1967: è un dato autobiografico)
era precisa, era ovvia, qui rimane ‘ sospesa’ , perché la borghesia in realtà sta
cambiando. L’indignazione e la rabbia contro la borghesia classica, come la si
è sempre intesa, non ha più ragione di essere... Ormai è tutta l'umanità che sta
diventando piccolo-borghese” .57 L’ urlo finale di Paolo/Girotti resta un giudi­
zio irrazionale, sospeso sulla caducità della vita. 11 perdurare dei grandi miti
all’interno dell’ umanità e più ancora, l’ ingerenza del sacro nella vita quotidia­
na di tutti... sono all’ interno dell’ opera pasoliniana e sotto forma di parabole
si esplicitano nelle loro cadute. I reticolati dell’ industria culturale o i circoli vi­
ziosi dei mezzi di comunicazione di massa... qui sono superati, abbandonati al­
la deriva del loro successo spettacolare, (‘he riduce ogni cosa a prodotto.
Dopo la “ caduta dell’illusione gramsciana” , con Teorema, Pasolini dice di
inaugurare quel cinema d ’élite, che altro non è che il cinema d ’autore o di poe­
sia che ha sempre perseguito fin dal suo esordio. Certo, qui il regista costrui­
sce un universo chiuso, circolare, ohe non lascia spazi alla retorica, al pedago­
gismo, alla propaganda... cerca di elaborare un’ opera inconsumabile o poco
consumabile, comunque un film che è al tempo stesso, prodotto di “ consumo”
e qualcosa che ha che fare con l’ arte. Giovanni Crazzini se ne accorge e scrive
che passando per le "'lezioni di Blow up e di Bresson, Pasolini sviluppa il suo
tema con snella semplicità (il vento e la nebbia sul deserto biblico fanno da cer-
P in o B ertelli

niera fra i vari momenti della storia di oggi, per dirne appunto l’eternità), ma
le situazioni sono così cariche di interna vibrazione da far scaturire il dramma
delle coscienze col solo calibrare i trepidi gesti e le espressioni di figure costan­
temente tenute sotto controllo dall'occhio armonico dell’ attento orchestrato-
re” .5 8 Padre Sorgi si accorge che Teorema è un “ film non cristiano, ma 'reli­
gioso*, un film che scopre la presenza di un uomo sconcertante, di un artista
contraddittorio ma sincero. Un film sul quale il discorso dell’ arte non ammet­
te dubbi e sul quale quindi sono legittime tutte le riserve che possono derivare
dal pensiero e dalla morale cristiana” .59
11 Dio-Eros di Pasolini sconvolge. Provoca rivolgimenti infiniti, ""sovverte i va­
lori morali abituali, trasforma la vita di coloro che colpisce” (Michel Cinient).
11 film raggiunge una grande compiutezza formale. C’è una maestria delFin-
quadratura, una sapienza del montaggio, una direzione attoralc che hanno del
magico... l'insieme si compone in una regalità comunicazionale, artistica, che
accompagna lo spettatore nella bellezza cristallina di un viaggio biblico verso le
origini dell’esistenza umana. I dialoghi sono veramente pochi. F la musica di
Mozart sottolinea momenti fantasiosi... Vospite pasoliniano è di un’ irriverente
aristocrazia celestiale, quasi scostumata... ma allo stesso tempo è di una tra­
sparenza amorosa e di una leggiadria comportamentale che a qualcuno fa gri­
dare al capolavoro: “ Mai forma ha epurato, trasceso una materia così discuti­
bile, mai bellezza plastica ha avuto un tale potere di reversibilità * (André Com-
bet) e le immagini di questo film si librano sul piano particolare dell’ arte. C*è
anche chi vi ha visto delle "'pretese nazional-popolari raccolte con delirate fri­
volezze d ’ esteta, effetti di macchina in soggettiva, zoom, bruschi slanci lirici in­
castratisi con un espressionismo diffuso, soavi lentezze e un ritmo \ieino al ci­
nema-verità (Claude Beylie)... ma è un critico americano che macella il film
fino in fondo: “ Deinentia praecox è un termine psichiatrico per giustificare le
pazzie e le altre irrazionalità dell’ adolescenza, eppure molte delle attuali pelli­
cole cinematografiche sono una manifestazione di essa. Teorema ne è un esem­
pio... Lo straniero non rassomiglia a nessuno così tanto come a una figura sim­
bolica al centro della più omosessuale fantasia, un emancipalo die si muove in
mezzo ai non iniziati segretamente distruggendo le loro illusioni di normali­
tà” .6 0 Proprio così (a parte la sciocchezza della "demenza precoce . epiteto
che altri avevano già usato per Luis Ruiìuel e Roberto Rossellini). Come dire:
lo "‘straniero” rappresenta lo spirito della rivoluzione che distrugge la società
borghese. Pasolini racconta la sinopsi di Teorema così: "*11 nucleo centrale del
film è costituito dal passaggio di uno sconosciuto molto bello, molto buono, e
molto diverso dagli ospiti che lo ricevono, i grandi borghesi milanesi. Tutti lo
amano, tutti ne restano turbati, posseduti da lui, nel senso assoluto del termi­
ne. Poi egli partirà. E questo suo passaggio li lascerà devastati,
lo non cerco lo scandalo. Dio è lo scandalo, in questo mondo. Il Cristo, se tor­
nasse, sarebbe nuovamente lo scandalo, egli lo è già stato a suo tempo, egli tor­
nerebbe ad esserlo oggi. Il mio sconosciuto —interpretato da Terenee Stamp —

1M
P ier P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

lU>n è Gesù inserito in un contesto attuale, non è neppure Eros in senso assolu­
to. è iJ messaggio del dio impietoso, di Jehovah, elle attraverso un segno con­
creto, una presenza misteriosa, toglie i mortali dalla falsa sicurezza. E un dio
, |ie distrugge la buona coscienza conquistata a buon prezzo, a riparo della
(jiiale vivono o vegetano i benpensanti, i borghesi, chiusi in una falsa idea di se
stessi” .61 La tolleranza della borghesia (che Pasolini rompe), nasce dall'odio
ohe il borghese nutre per l’uomo che vuol pensare con la propria testa c segui­
re il proprio cuore. I borghesi sono capaci di tutto, per conservare l'eredita-
rietà del loro bastone... anche di fare una rivoluzione, ma poi sono i borghesi
elle subito dopo, erigono le forche ilei tribunali, scrivono le regole delle caser­
me, proclamano gli editti delle fucilazioni o le carte bollate per le fasce di con­
tenzione dei manicomi... il solo borghese buono è quello sgozzato sul sagrato di
mia chiesa in fiamme.
In Teorema, Pinterpretazione brechtiana di Laura Betti c particolare, traso­
gnata, sempre divisa tra l’ anomalia figurativa e la guitteria popolaresca... la
Betti, nel cinema pasoliniano (ma non solo), è un’icona libertaria che sembra
uscire dai teatrini della commedia dell’ arte... il suo corpo, i suoi gesti, la sua
faccia ironica, la sua voce antica... gli conferiscono una sensualità blasfema, di
grande seduzione e bellezza sconsacrata mai più apparsi nel cinema post-paso-
liniano... La recitazione della Betti è di quelle che restano nella memoria e ne­
gli occhi umidi del pubblico più eterogeneo... è indimenticabile per la misura­
tezza degli sguardi, l’ attoralità plebea, la seduzione di una visione che si apre
a tutte le vie e lascia aperte tutte le emozioni (non solo accidentali ma divine).
Pasolini coglie in Laura Betti, qualcosa di profondamente religioso e insieme di
ateo: “ nel suo fondo ha qualcosa delLApocalisse, e dentro è biblica, capace di
maledizioni potenti come di travolgenti benedizioni” (Pier Paolo Pasolini). Lei
lo contraccambia alla sua maniera. Quando Pasolini la chiama per interpreta­
re la serva in Teorema, lei non voleva essere Emilia. Lo scontro con Pasolini fu
duro. Lui avrebbe buttalo albana il progetto se la Betti non accettava quella
parte. La Betti ricorda quei giorni, cosi: “ Io lo amavo, lo amo molto. Quindi
mi rassegnai. E mi sa che devo proprio usare questo verbo. Ero inquieta, mi
sentivo braccata. Era un segno premonitore ed ora lo so. con molta chiarezza.
Poi incominciò la preparazione del film e la mia progressiva trasformazione,
hd ecco che Pier Paolo mi coccolava c mi proteggeva con dolcezza. Sapeva di
dover portarmi per mano verso la terra spalancata che mi aspettava per sot­
terrarmi ...
h stato detto c scritto che ero molto brava in Teorema. 11 fatto è che, se ho re­
citato (e non credo), non me ne sono accorta. Mi vestivo, mettevo la parrucca
e andavo ila Pier Paolo, il mio visitatore. Andavo cioè davanti alla macchina
da presa e vivevo una lunga giornata di set. Proprio come voleva lei e come vo­
leva lui.
H o n a t u r a l m e n t e c r e d u t o al m i o s u i c i d i o , al m i o a n d a r e s o t t o t e r r a t e n u t a , ( p i a ­
si p e r m a n i , d a l l a m a m m a d i P i e r P a o l o .
P in o B ertelli

Ma si sa, il cinema è imprevedibile c la capacità di demistificazione è forte e sa*


na...
Ri<;ordo che, al momento della levitazione, come al solito mancavano i soldi per
la piccola folla di comparse che dovevano assistere al miracolo della santa.
Franco Rossellini, il produttore, non si perse d ’ animo e fece irruzione in un
ospizio di vecchietti vicino a Pavia urlando per le corsie: ‘ Venite! Presto veni­
te! Ci sta una santa che fa i miracoli!’ . Caricò i vecchietti nel furgoncino c co-
minciò subito a far circolare un p o’ di fiaschi di vino e insomma i vecchietti,
disposti sotto il tetto da dove io me ne partivo in volo, ci credevano sul serio.
Arrivati alPultimo ciak, mentre i tecnici tentavano di farmi scendere. Fi anco
si mise a urlare al megafono: “Correte! Correte!’ Ci sta la santa che scende e si
vede tutta la...
Ecco. 11 cinema è anche questo” .62
T ricordi coloriti della Belli, non sbiadiscono la sua interpretazione di Emilia,
che resta una delle più fulminati caratterizzazioni della storia del cinema ita­
liano. La storia di Emilia è quella di una “ santa” , di una “pazza che porta la
sua valigia come un’infanticida” (Pier Paolo Pasolini). Ma è la sola capace di
essere “ miracolata” , perché è lei che incarna l’ innocenza del popolo e non è
completamente tagliata fuori dalla realtà. “ E la vendetta del sacro che travol­
ge una società borghese che l’ ha rifiutato a benificio di una religione del con­
forto e della sicurezza” (Pier Paolo Pasolini). L’ immagine/icona della serva
profanata c divinizzata di Laura Betti ha pochi eguali (non solo) nel cinema ita­
liano... restituisce la stessa bellezza austera di Ingrid Bergman (Stromboli,
Viaggio in Italia, Europa 65 i), la sensualità tragica di Anna Magnani {Roma
città aperta, Bellissima, Mamma Roma) o la provocazione dionisiaca di Silva­
na Mangano (Riso amaro, Edipo re, Teorema)... fantasmati su altri versanti
del mistero e dell’ annunciazione di altre verità non costituite. “ Ogni cosa divi­
na si muove su piedi delicati” (Friedrich W. Nietzsche).
La sofferenza amorosa della Betti, come la sua passionalità della grazia, si ve­
ste di luce apollinea e in un raffinato senso della ribalta, cela la grandezza del­
la sua arte, portandola allo scoperto e senza velature narcisistiche. La sua asce­
sa al cielo coincide col tramonto dcH’ umanità. Un tornare dunque a uno stadio
premorale della civiltà. Laura Betti non è solo un’ attrice caricata di un "enor­
me forza iconoclasta e tutto ciò che interpreta viene filtrato dalla sua grande
personalità di teatrante randagia e sovente cattura la scena e la rimuove dal
contesto filmico/teatrale... è una donna/simbolo della violazione del codice sta­
tutario maschilista che porta in sé l’indecenza dell’ amore e conserva ancora la
tenerezza amorosa dei bambini impudichi. Massimo Girotti è un Paolo sfiorito
ma ancora bello. Un ribaltamento discreto e misurato del giovane vagabondo
in canottiera di Ossessione, portato sullo schermo sul finire del fascismo da Lu­
chino Visconti. Girotti, raccoglie su di sé l’ eredità schizofrenica del film ed in­
sieme ai silenzi, agli sguardi, alla “ figuratività” dei corpi di Terence Stamp e
Anne Wiazemsky riversa nelle platee annichilite dalla figurazione ellittica/pa­
P ier P a o lo Pasoliiii/II cin em a in c o r p o

stiche del film, tutta l'irrequietezza dell’ eresia pasoliniana... la sua nudità tra
la folla evoca epoche dissolute o, più ancora, epoche alle quali appiccare il fuo­
co. 11 volto imbronciato, accattivante, sbarazzino della Wiazemsky è bellissimo
e illumina lo schermo di una lacerata sensualità. L’ incontro dell’ attrice con Pa­
solini alla Mostra del cinema di Venezia nel 1967, è fulminante. E l’ interprete
di du basarti Ilulthazar (Robert Bresson) e La chinoise (Jean-Luc Godard) lo
ricorda così: “ In quel giorno io avevo incontrato un uomo che doveva contare
molto nella mia vita. Che conta sempre. E avevo anche scoperto che ci sono
persone, celebri in tutto nel mondo intero, che hanno un certo modo di muo­
versi, solitarie e anonime come il primo che passa. Che li si riconosca, che li si
abbordi che li si ignori non ha importanza. Vanno per la loro strada. E sono
loro i grandi artisti” .63
In Teorema, Silvana Mangano sembra caduta da una stella brillante... non re­
cita, danza l’ amore e la tristezza di non averlo mai conosciuto. La sua pelle di
porcellana invade il film e la sua bravura non sta tanto nel fare compiutamen­
te un scena, quanto nell’ ammiccarla appena. Gli occhi di gatta in amore, la
bocca carnosa di fragole c latte, il corpo sinuoso ormai al tramonto, che con­
serva ancora la sfrontatezza c la naturalezza del ludico... la innalzano ad
un’incomparabile bellezza che reca su di sé il segno di chi resta in disparte e si
lascia andare soltanto tra le braccia di chi vuole. Silvana Mangano, nel cinema
pasoliniano, non tradisce l’ esistenza di qualcosa che le procura sofferenza o
dolore... al contrario, la nasconde nei sospiri dèlio spirito, nelle resurrezioni
dell’ anima, nelle violazioni dei nobili ideali... la Mangano è un eorpo/simbolo
pasoliniano, una specie di ombra luminosa, un’ anima di luce, una genialità del-
Lerotismo pagano che non edifica in nessun ciclo né sprofonda in alcun infer­
no... si lascia andare all’ anarc/iia degli istinti e al di là del bene e del male si
trova a servire la vita, a ri/scrivere la storia della decadenza umana, non come
una Musa né una Grazia, ma come “ una messaggera degli dei... [che] viene in
un mondo di colori e immagini cupi, pieno dei dolori più profondi c incurabili
e racconta consolatrice delle figure di dei belle c luminose in un lontano paese
incantato, azzurro e felice” .6 4 Tutto ciò che è veramente amoroso comincia
con la fine di ogni amore falso. Occorre guardarsi dagli esseri incapaci di vizi,
sogni o passioni estreme... in loro sonnecchia sempre il giudizio del folle o la go­
gna dell’inquisitore. La ragione ha fatto dell’ uomo una bestia c l’ uomo si è do­
vuto inventare Dio per giustificare i bagni di sangue che ha versato in nome del­
la ragione.
V ospite/angelo di Teorema è interpretalo dall’ attore inglese Terence Stanip.
Pasolini avrebbe voluto Lee Yan Cleef, celebre cattivo dei western americani (c
italiani), poi per una questione di soldi, venne coinvolto Stamp (reduce da uno
dei più brutti film italiani di tutti i tempi, Toby Dammit, di Federico Fellini).
Stamp chiese in giro chi era Pasolini... suo fratello lo rassicurò, gli disse che
era “ un poeta comunista, un gay, una persona geniale” e che non doveva per­
dere quella parte. Stamp accettò. Rimase stupito che del film non esisteva la
P in o B ertelli

sceneggiatura. Doveva solo dire le battute (in inglese) suggerite dal regista.
.Nulla più. Gli sembrava che "tutto venisse fatto come in un B-inovie, nient'al-
tro che cinéma-verité” (Terenee Stamp). Il ragazzo inglese fu perfetto. Trasfi­
gura al meglio la sessualità androgina (o la v isitazione pansessuale) voluta da
Pasolini... il suo corpo efebico, il sorriso enigmatico, l’impudicizia degli sguar­
di e l’ ostentazione culturale che Pasolini gli addossa (mettendoli in bocca Rim­
bauli)... lo proiettano in un’ interpretazione fuori dalle sue corde consuete e
della quale anche lui si meraviglia. In origine, Pasolini avrebbe voluto fare di
questo visitatore, "un dio della fecondità, il dio tipico della religione preindu­
striale, il dio solare, il dio biblico, Dio Padre. Naturalmente, messo di fronte
alla situazione reale, ho dovuto abbandonare l’ idea di partenza, e ho fatto di
Terenee Stamp un'apparizione genericamente ultraterrena e metafisica: po­
trebbe essere il Diavolo, o una mescolanza di Dio e Diavolo, quello che impor­
ta è tuttavia il fatto clic risulta qualcosa di autentico e inarrestabile” .65
Pasolini è cosciente che il suo Dio/Eros o Dioniso/Jehova... è una pura ipotesi
e filma la reazione o i crolli di una famiglia borghese che viene visitata da un
giovane dio/ospite... e i franamenti della loro ideologia o della loro fedo, co­
minciano con questa constatazione: 4"La società industriale si è formata in to­
tale contraddizione con la società precedente, la civiltà contadina (rappresen­
tata nel film dalla serva), la (piale possedeva in proprio il sentimento del sacro.
Successivamente, questo sentimento del sacro si è trovato legato alle istituzioni
ecclesiastiche ed è talvolta degenerato fino alla ferocia, specie quando alienato
dal potere. Ecco, in ogni caso il sentimento del sacro era radicato nel cuore del­
la vita umana. La civiltà borghese lo ha perduto. E con cosa Elia sostituito,
questo sentimento del sacro, dopo la perdita? Con l’ ideologia del benessere e
del potere ’ (Pier Paolo Pasolini).66 II film si lascia leggere come un’ invettiva
culturale, politica, eversiva gettata contro la condizione di inautenticità del-
l’insieme sociale che è fatta di dogmi e di misteri. L■angelo pasoliniano contie-
V

ne anche qualcosa di demoniaco. "E bello, dolce, ma ha anche qualcosa di vol­


gare (non per niente è un borghese anche lui). Non c'è borghese non colto (per­
chè soltanto la cultura può purificare) che non sia volgare. E lui ha (pici tanto
di volgarità che ha accettato di avere per scendere tra questi borghesi: è perciò
che è ambiguo. Ciò che è autentico, invece, è l’ amore che suscita, perchè è un
amore fuori dai compromessi, fuori dai patti con la vita, un amore scandaloso
(Pier Paolo Pasolini). Vangelo delVamore di Pasolini è un profanatore della
quiete borghese e attraverso un sistema di segni erotici evangelizza l’intera fa­
miglia, nel mentre testimonia se stesso come buona novella.
La trasgressività erotica di Teorema è incentrata sulla fisicità dei corpi e la con­
taminazione degli stili. Pasolini coglie un momento della Storia che è, a suo mo­
do, "astorico in quanto è ascetico, ma che in se stesso è razionalizzato: nel pre­
sentarsi sotto forma di immagine ha un significato che viene razionalizzato. Nel
deserto io vedo l’ abbandono della società e la solitudine interiore dell indivi-
duo. Come è per esempio il caso di Paolo (il padre) che, dopo aver donato la
P ier P a olo P asolini/!I cinem a in c o r p o

.sua fabbrica, trova intorno a sé il vuoto” (Pier Paolo Pasolini).67 Teorema è


un’opera sulla seduzione e sulla libertà di pensiero... è il primo grande film che
parla apertamente di omosessualità nel cinema italiano. Fino a quel momento,
1‘omosessualità era stata confinata, ghettizzata, velata come stereotipo della
mancata virilità maschile e non come un “ diverso” modo di vivere una "‘diver­
sa1’ sessualità. 11 fascismo non ammetteva “ froei” nel suo immaginario guerre­
sco e piccolo-borghese, così cancellò dallo schermo gli omosessuali o ne fece del­
le stupide caricature lasciate alle pochade di qualche comico d"avanspettaco­
lo... li cancellò anche nel quotidiano... gli omosessuali (come gli ebrei, gli anar­
chici, i comunisti...) furono licenziati dai posti ih lavoro statali è gettati nelle
galere e sui treni destinali ai campi di sterminio nazisti.
Sull’ orlo della Liberazione, Roberto Rossellini trattò Pomosessualità femmini­
le {Roma città aperta) e Pomosessualità maschile (Germania anno zero), ma
non andò oltre a un severo giudizio negativo, fortemente incentrato sulla colpa
e sulla condanna... fino a dire che le lesbiche sono delle collaborazioniste e tra­
discono i partigiani (Roma città aperta)... gli insegnanti omosessuali sono fe­
deli a Hitler e debbono essere uccisi, per avere carpito la fantasia innocente di
una ragazzo sconvolto dagli orrori della guerra (Germania anno zero). I f i ­
nocchi hanno sempre fatto ridere gli imbecilli. Le risate di gioia sui finocchi, so­
no provocate dal varietà degli anni "50... e Totò, Macario, Carlo Rapporto o
Nino Taranto solleticano la volgarità proletaria e l’indecenza borghese degli
italiani. 11 cinema sfiora appena l’ omosessualità e la confina alle emozioni, pe­
raltro piuttosto celate, di alcuni film-peplum come La Battaglia di Maratona
(1959) di Bruno Vailati, La regina delle amazzoni (1961) di Vittorio Sala, Ma­
ciste contro i tagliatori di teste (1963) di Guido Malatesta o L'eroe di Babilonia
(1963) di Siro Marcellini. Tralasciando poche e malriuscite situazioni-gay in fil­
metti di vario genere... i turbamenti della “ diversità” omosessuale, sono tocca-
ti con grande leggerezza da film come L’isola di Arturo (1962) di Damiano Da­
miani, Agostino ( 1962) di Mauro Bolognini, Il disordine (1962) di Franco Bru-
sati o II mare ( 1963) di Giuseppe Patroni Griffi. Ma è con Finchicsta sul sesso
di Pasolini, Comizi (Tumore (1964), che si comincia a parlare apertamente di
omosessualità sullo schermo. La visione dell’ omosessualità coinvolge antichi
pruriti orgiastici o scoperchia vecchi vizi ludici... così si leggono Le voci bian­
che (1964) di Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile o la trilogia gay
di Vittorio Caprioli, Parigi o cara (1962), Scusi, facciam o Tumore? (1968) e
Splendori e miserie di Madame Royale (1970).
Il film che infrange la parete del grottesco o del travestitismo omosessuale è
Teorema. Qui “ il sesso è la rivoluzionaria risposta della ricerca di Pasolini sul
senso ultimo della condizione umana, legata all’improrogabile esigenza di asso­
luto e di sacro: possedendo uno per uno tutti i componenti di una famiglia bor­
ghese di cui è ospite, Terenee Stamp mette infatti in luce il freddo materialismo
di quella cultura e indica la strada da percorrere. Quantunque il film non of­
frisse nessuna scena apertamente omoerotica, esso però impose il flessuoso cor­
F in o B ertelli

po di Stamp come magnete su cui convergono bramosi gli sguardi di tutti i per­
sonaggi del film e, ovviamente, degli spettatori. E di certo la sensibilità omo­
sessuale che informa il film (nonché la visione, fuggevole ma decisamente forte
per Eepoca, del corpo nudo di Stamp) fu la ragione prima dello scandalo e del­
le inesauribili polemiche che lo colpirono e che sfociarono nel sequestro e in un
processo al regista” (Vincenzo Fatane).6 8 11 merito di Teorema non è stato so­
lo quello di rompere i muri del conformismo e di mostrare chiaramente come
l’ omosessualità potesse “ avere” una propria condizione esistenziale... la gran­
de grande intuizione pasoliniana è stata quella del masnadiere o del suonatore
del flauto magico che ha fatto della libera associazione (libero pensiero=libero
amore), una comunione tra interpretazione della vita e rivelazione dell’ anima.
Altrove, abbiamo scritto che Fedonismo dell’ ultimo Pasolini, si compcnctrava
a quello del fumettaro della borghesia blasonata Luchino Visconti, c insieme
andavano a trascinare la particolarità omosessuale nell’ indottrinamento mer­
cantile che di lì a poco esploderà sugli schermi del mondo e farà della porno­
grafia una merce per famiglie da acquistare ovunque, anche nei supermerca­
ti.69 Ci sembra oggi un’ affermazione severa e forse ingiusta (almeno per Pa­
solini (e solo in parte per Visconti). L’ omoerotismo contenuto nei loro film ha
inevitabilmente aperto la strada a sconce operazioni mercantili o a riesumazio­
ni circensi (che entrambi aborrivano), come è vero che proprio l’ opera pasoli­
niana e sotto un certo taglio (più decadente o morboso), quella viseontiana,
hanno dischiuso in Italia i cancelli del cielo omosessuale, per non richiuderli
più.
Tra i film più importanti c coraggiosi della storiografia cinematografica mon­
diale, si legge un episodio diretto da Raincr W. Fassbindcr, nel film/docurnen-
to collattaneo Germania in autunno (1977/1978), che tratta della ribellione in
armi della RAF (F razione Armata Rossa) e l’emergere del nuovo fascismo te­
desco, quello che “ non sfila nelle strade ma sta seduto nei tinelli e nei posti di
lavoro; si annida nei cervelli della gente e costituisce per così dire un avallo al­
lo sfruttamento dall’ alto” (Alexander KJuge). L’ anarchia radicale, anomala di
hassbinder (che esce fuori da ogni parrocchia del cinema politico), gli permet­
te di elaborare un frammento di cinema (28 ) di straordinaria altezza formale
e dal forte contenuto omoerotico... Fassbindcr mette in scena se stesso, la sua
casa, il suo corpo nudo, grasso, bianco... ed esprime con grande efficacia atto­
rcale, il dolore e l'amore per il proprio uomo (di colore) con il quale condivide
tutto... dalla politica alla “ polvere degli angeli” e LI suo nialedettismo non si ac­
quieterà neanche con un bacio rubato alla dolce incoscienza dell’ uomo comu­
ne, sorvegliato, controllato c genuflesso a un destino inesorabile: quello di es­
sere un ingranaggio intercambiabile della macchina sociale che lo sottomette in
regole, dogmi e falsi idoli. Fassbinder riaccende qui la sofferenza dello spirito
e i fuochi profondi che anticipano la calma di un’ interiorità luminosa: quella
di riappropriarsi della propria “ diversità” o sessualità particolare, dispersa in
una quotidianità senza compromessi. Le lacrime hanno radici più profonde di
P ier P a o lo Pasolini/II cin em a in c o r p o

qualsiasi perduta carezza e l'amore senza barriere (eterosessuali), insorge ogni


volta che si dissipa la tristezza “ normale” della vita.
Sulle ceneri ancora calde del "68 e dopo il volo del suo angelo dell’ amore (Teo­
rema) verso la felicità... Pasolini affabula la Trilogia della vita e canta la “ di­
versità omosessuale” come nessuno prima di allora. Il linguaggio cinematogra­
fico pasoliniano è incentrato sulla sacralità dei corpi e ringenuità dei sorrisi
spalancati sull’ amore omosessuale senza finzioni, e a lui si deve il primo nudo
maschile frontale buttato sullo schermo (del cinema industriale). In Decame­
ron (1971), / racconti di Canterbury (1972) e II fiore delle mille e una notte
(1974) , Pasolini esprime la liberazione dell’ Eros, il pieno godimento della vita
come ritorno all’ Età dell’ innocenza e decreta la fine archetipa di ogni peccato
e di tutte le fustigazioni dei confessionali in fiore. Con Salò o le 120 giornate di
Sodoma (1975), Pasolini spacca i perché e i per come del codice morale vigen­
te e segna definitivamente la caduta dei tabù della maechina/cincma che sem­
bravano inattaccabili, cioè quelli che impedivano di vedere uomini nudi che fa­
cevano l’ amore con altri uomini nudi. Questo film segnò il giro di volta o il mo­
mento fondamentale nella storia del cinema gay <li tutto il mondo. L’ opera di
Pasolini è qualcosa di straordinario e allo stesso tempo di terribile. Il regista
filma il punto limite del dolore (e dell’ amore) oltre il quale è difficile
andare/pcnsare. Aiutato dalla filosofia libertina di De Sade, Pasolini espone
corpi nudi, accoppiamenti di ogni sorta, momenti di particolare violenza o di
pura poesia amorale... lo scandalo fu di quelli veri e il film restò a lungo se­
questrato.
Senza Pasolini non si sarebbero potuti vedere lavori su tematiche omosessuali
come Nel cerchio (1975) di Gianni Minello, Quartetto Basileus (1981) di Fabio
Carpi, Quartiere (1987) di Silvano Agosti, Mery p er sempre (1989) di Marco
Risi, Amori in corso (1989) di Giuseppe Bertolucci, Il tè nel deserto (1990) di
Bernardo Bertolucci, Libera (1993) di Pappi (Morsicato, Pasolini - Un delitto
italiano (1995) di Marco Tullio Giordana, Vito e gli altri (1991 ) e Pianese Nun­
zio 14 a maggio (1996) di Antonio Capuano, La discesa di Aclà a Fioristella
( 1992) e Nerolio ( 1996) di Aurelio Grimaldi, L’albero di Antonia (1995) di Mar-
leen Gorris, Carrington (1995) di Christopher Hainpton, Il bagno turco (1997)
di Ferzan Òzpetek, Wilde (1997) di Brian Gilbert ( 1997), F rod o (1997) di Scan
Mathias, Tutti lo vogliono. Baciami Guido (1997) di Tony Vitale o i film/vi-
deo/documentari più intimi/sperimentali di Marco Puccioni, Daniele Segre, To­
nino De Bernardi, Ottavio Mai, Giovanni Minerba, Mariano Lamberti, Giu­
seppe Bertolucci. A rifiutare ogni forma di retorica omosessuale o a toccare le
corde poetiche dell’ omosessualità nell’ ordinario degli anni "70, sono alcuni film
corsi da una notevole insolenza estetica/poetica come: Una volta non basta
(1975) di Guy Green, The war ividow (1976) Harvey Perr, Una giornata par­
ticolare (1977) di Ettore Scola, Il funzionario nudo (1977) di Jack Gold o Di­
menticare Venezia (1979) di Franco Brusati... che insieme alla Trilogia delUE-
ros, Decameron, 1 racconti di Canterbury, Il fio re delle mille e uria notte e al-
P in o B ertelli

10 splendido testamento omoerotico eli Pasolini, Salò o In 120 giornate di Sodo­


ma... mostrano la sovversione non sospetta del convenzionale e della tempora­
lità addomesticata e capovolgono una situazione statica o spettacolarizzata del
“ checchismo” ... danno voce al silenzio genuflesso della “ diversità’" omosessua­
le inaseliile/femminile e si oppongono alle assurdità di una sistemazione dell'o­
mosessualità in contenitori per famiglie, rappresentata nei film di Luchino Vi­
sconti, Morte a Venezia (1971), Ludwig (1974), Gruppo di famiglia in un in­
terno (1974); Edouard Molinaro, Il vizietto (1978); Salvatore Samperi, Erne­
sto (1979): Steno, La patata bollente (1980); Coline Serrcau, Perché no?
(1980); Mino Bcllei, Biondo fragola (1980) o William Friedkin. Cruising
(1980).
11 cinema gay degli anni *80 sembra accreditare “ nuove tolleranze” e Lianna
(1983) di John Sayles, Scarface (1984) di Brian De Palma, Tristezza e bellezza
( 1985) di Joy Fleury, Interno Berlinese ( 1985) di Liliana Cavalli o Lui portava
i tacchi a spillo (1986) di Bertrand Blier... risultano operazioni commerciali
omologate alla domanda corrente. La tensione omofila si misura sulla china
della confessione, la frustrazione del perdono o l’ uscita di scena nella solitudi­
ne. Lo scandalo omosessuale è legato alLangoseia, alla disperazione di amori
impossibili. A delegittimare un modo di vedere e di pensare sono alcuni film
singolari, dove l’ omosessualità non è uno scherzo di natura né il segreto di una
minoranza nascosta ma resistenza di una sessualità differente. Immacolata e
Concetta (1979) di Salvatore Piseicelli, Furyo (1983) di Nagisa Osliima. La
scelta (1984) di Marek Kanievska, The times o f Ilarvey Milk (1985) di Robert
Epstcin e Richard Schmiechen, Il sapore del grano ( 1986) di Gianni Da Cam­
po... escono fuori dalla penombra deH’ ufficialità e rendono giustizia a secoli
d ’ inquietudine, di repressione, di ghettizzazione deH’ omosessualità... si fanno
beffe delle morali storiche che non hanno permesso a qualunque essere umano
di amare un altra persona (anche del proprio sesso), non obbedendo ad altro
che hai propri sentimenti struccati.
Sul finire del secolo, la ritrattistica gay è una meree/oggetto che vende. Occhiali
d oro (1987) di Giuliano Montaldo, Maurice (1987) di James Ivorv, Henry &
Jane (1990) di Philip Kaufman, Pomodori verdi fritti, alla fermata del treno
( 1991 ) di Jon Anet, Thelma & Louise (1991) di Ridlev Scott, Tre di cuori (1992)
di Yurek Bogayevicz, Philadelphia (1993) di Jonathan Dentine, A proposito di
donne (1994) di Herbert Ross, Amici p er gioco, amici per sesso (1994) di An­
drew Fleming. Gli anni dei ricordi (1996) di Jocelyn Moorhouse, Piume di
struzzo (1996) di Mike ÌNichols. Perversioni femminili (1996) di Susan Streit-
feld, Qualcosa è cambiato (1997) ili James L. Brooks... trattano di gay e lesbi­
che con moderata amorevolezza e comprensione. Le amicizie sono promiscue,
gli amori anche. In fondo a tutto, si evince che anche i “ froci” e le lesbiche han­
no utì cuore, sono degli esseri umani. L’omofobia che ha caratterizzato l'inte­
ra storia del cinema sembra scomparsa. Non è così, è solo meglio celata nelle
pieghe del “ super maschio” virile, uno stereotipo interpretato di - volta in vol-

202
F ior P a olo Pasolini/N cin em a in c o r p o

la - da Bruco Willis, Mei Gibson o Sylvester Stallone (e loro simili).


Le lesbiche sono raffigurate sotto spoglie maschili, arrabbiate o violente (come
uomini da osteria, circoli proletari del dopolavoro o sedi sindacali)... e rical­
cano non poco le figurine della storiografia cinematografica... Candire Bergen
(Il gruppo, 1962), Shelley Winters (Il balcone, 1963), Anne Meacliam (Lilith,
1964), Margaret Leighton (Missione in Manciuria, 1966), Anne Heywood (La
volpe, 1968), Susan York (L'assassinio di Sister George, 1968), June Allyson
(Chi ha ucciso Jenny?, 1972), Jane Alexander e Gena Rowlands (A question o f
love, 1978), Meg Foster (Un tocco di sesso, 1978), Alexis Smith e Melina Mer-
couri (Una volta non basta, 1975) e fino a Lina Thurman (Cowgirl-Il nuovo
sesso 1993), Whoopi Goldberg (A proposito di donne, 1994), Lily Taylor (Ho
sparato a Andy Warhol 1996) o Gina Gershon (Bound-Torbido inganno,
1996)... le lesbiche continuano a fornire (salvo rare eccezioni), immagini godi­
bili per la visione eterosessuale. La lesbofobia è una costante del cinema incen­
trato su figure psicopatiche (a tutti gli effetti è un cinema misogino), che vede e
consuma con dovizia di segni sempre ugnali, le lesbiche, affette da un odio per­
verso nei confronti degli uomini. L’ archetipo è il western Johnny Guitar
(1953), il film-simbolo, Basic instinct (1992).
Negli anni 690 le icone lesbiche si moltiplicano. 1 toni non sono sempre edulco­
rati e i baci tra donne sono concessioni più per gli eterosessuali che reali mo­
menti d ’ amore. Torna di moda anche il ‘"travestitismo” e M. Butterfly (1993),
Mrs. Doubtfire (1993), Priscilla9 la regina del deserto (1994) o A Wong Foo,
grazie di tutto! Julie Newniar (1995)... intrigano non poco pubblico e critica...
l’ambivalenza, l’effeniminato o il gay è ormai acquistabile come vettore positi­
vo e se tenuto a debita distanza (come un cane, un negro o un lebbroso), è an­
che un buon amico dei bambini. Non tutto è spazzatura sessuofobica. Ci sono
anche film che guardano con simpatia e senza pregiudizi l’ omosessualità, da
qualsiasi parte provenga. ,4 qualcuno piace caldo (1959) di Billy Wilder, Le la­
crime amare di Petra voti Kant (1972) di Bainer W. Fassbinder, Picnic ad
llanging Rock (1975) di Peter Weir, Pixote-La legge del più debole (1980) di
Hector Babelico, Vietori Vittoria (1982) di Blake Edwards, Mi beatiful lauri-
drette (1985) di Stephen Frears, La legge del desiderio (1986) di Petro Almo-
dóvar, Once more-Ancora (1987) di Paul Vecchiali, Amici complici amanti
( 1988) di Paul Bogart, Che mi dici di Willy? (1989) di Norman Bene, Niente ba­
ci sulla bocca (1991 ) di Andre Techiné, A piedi nudi sulla neve ( 1991 ) di Percy
Adlon, Sotto il cielo di Parigi (1991) di Michel Bòna, La moglie del soldato
( 1992) di Neil Jordan, La leggenda del re pescatore (1991) di Terry Gilliam,
Notti selvagge (1992) di Cyril Collant, Vita a Silverlake (1992) di Tom Joslin e
Peter Friedman, Guerra al virus (1993) di Roger Spottiswoode, Orlando
(1992 ) di Sally Potter, 6 gradi di separazione (1993) di Fred Schepisi, Go Fish
(1994) di Rose Truche, Fd Wood (1994) di Tini Burton, Amore! Coraggio!
Compassione! (1995) di Joe Mantello, o Romeo + Giulietta di William Sake-
speare (1996) di Baz Luhrmann, Boom generation (1997) di Gregg Araki, La
Pino Bertelli

mia vita in rosa (1997) di Alain Berli ner, Un ritratto di Francis Bacon (1998)
di John Maybury, Siticom (1998) di Francois Ozon... rileggono strade poco
esplorate della sensibilità omosessualc/lesbica e si aprono alla realtà circostan­
te lasciando spazio alla semplice fisicità, alle differenti pulsioni gay o alla ma­
linconia lacerante della malattia delFamore (FAids). Non è poco. Sono film che
lavorano su una sensibilità deiranomalia che si innalza verso una nuova per­
cezione della sessualità omoerotica. 11 cinema più commendale approda a par­
lare di Aids con Philadelphia e Hollywood conferisce al pietismo ben fatto del
film di Jonathan Demmo, l’ Oscar e il successo internazionale. Di diverso spes­
sore autorale si leggono Cartoline dall'America ( 1992) di Steve McLean e i do­
cumentari militanti Voci dal fron te (1990) di Robyn Hutt, Sandra Flger e Da­
vid Meieran, Trame comuni: storie della coperta (1989) di Robert Epstein e
Jeffrey Friedman... Epstein e Friedman sono anche i realizzatori del film di
montaggio Lo schermo velato (1995), tratto su uno dei saggi più irriverenti sul­
l’ omosessualità nel cinema, (dalle origini agli anni *80).70
(Fera una volta il cinema gay... lo schermo incantato si toghe il velo dell’ipo­
crisia e l’ iconologia di una controcultura omosessuale si ha, in modo particola­
re, con la nascita del cinema indipendente lesbico degli anni *80/’90. Travesti­
tismo, transessualità e omosessualità non hanno più bisogno di alibi... la ten­
denza diventa atto solare e Fomosessualità si vive nei dolori e nelle gioie del
quotidiano. Le donne che amano le donne o gli uomini che preferiscono gli uo­
mini vivono le loro storie d ’ amore o inciampano nelle loro delusioni, semplice­
mente. Niente più viene celato o lasciato irrisolto. Ciò che (quasi) tutti chiama­
no peccato o "inversione’ , per altri è soltanto il grande respiro delFamore clic
soffia nei cuori di tutti/tutte e in mille modi diversi e sconosciuti si schiude al
mistero amoroso dell’ anima.
L’ amore omosessuale espresso nel cinema lesbico taglia corto con la commedia
degli equivoci e mentre accende altre visioni della difficoltà del vivere da omo-
sessuali/lesbiche, nel contempo impone al pubblico le ragioni e la gioia di ri­
vendicare al popolo omosessuale il diritto alla felicità. Cuori kamikaze (1986;
di Juliet Rasliore, Lei starà vedendo qualcosa (1987) di Sheila McLaughlin,
Mio padre sta venendo (1991) di Monika Treut, Claire della luna (1992) di Ni­
cole Comi, Baci al nitrato (1992) di Barbara Hammer, Al calare della notte
(1994) di Patricia Rozena, Co fish (1994), di Rose Troclie, Le ragazze del bar
(1994) di Marita Giovanni, Le incredibili e veritiere avventure di due ragazze
innamorate (1995) di Maria Maggenti, Tutto relativo (1996) di Sharon Pollack,
La donna del cocomero (1997) di Cheryl Dunye (primo film di una certa statu­
ra etica ed estetica, girato da una lesbica nera)... sono einemacchine del desi­
derio attraversate da una freschezza visiva e da una coraggiosa volontà di far
conoscere a quanta più gente possibile, i lati più in ombra e quelli armoniosi
dei rapporti e degli amori omosessuali tra donne. Sul finire del secondo mil­
lennio il cinema a tematica gay investe ormai gli schermi del mondo. Autori di
ogni Paese si accostano all omosessualità nei modi più vari e sovente riescono
P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

ad articolare film che trattano le tensioni o le gioie dell’ omosessualità con no­
tevole singolarità e compiutezza espressiva. /Voi due (1986) di Roger Tonge, Do­
na FIeriinda e suo figlio (1986) di Jaime Humberto llermosillo, L'uomo di ce­
nere (1986) di Nouri Bouzid, Breve vita di Eddie (1989) di Philip Saville, lina
grazia stupefacente (1992) di Amos Gutman, Fragola e cioccolato (1993) di To­
mas Alea e Juan Carlos Tabio, Addio mia concubina (1993) di Chen Kaige, Il
banchetto di nozze (1993) di Ang Lee, Creature del ciclo (1994) di Peter Jack­
son. Vive Vamour (1994) di Tsai Ming-liang, Kavufis (1996) di Jannis Smarag-
dis, Beautiful Thing (1996) di Hettic Mae Donald, Destino (1997) di Muhamed
Camara, Palazzo dell’Est, palazzo dell’Ovest (1997) di Zhang Yuan, Happy lo-
gether (1997) di Kong Kar-wai, Le tentazioni della luna (1998) di Chen Kaige...
sono opere disuguali, ina forte è la lezione non volgare dell’ omosessualità (rna-
selìile/femminile) che contengono e disseminano ovunque una gaia aurora (per
tutti e per nessuno) del popolo senza veli. A qualcuno piace gay, il cinema. Den­
tro e fuori lo schermo, nessuno è perfettto.
Teorema è una delle opere più compiute di Pasolini e, forse, uno dei più gran­
di film laici sul Cristo apocrifo o sull’ angelo della seduzione, mai apparso sul­
lo schermo. L ospite pasoliniano è un angelo ribelle c ovunque va porta nei suoi
fantastici voli, luce, amore, verità... l’ angelo contiene in sé i principi del ma­
schile e del femminile, dell’ umano e del divino, della nascita dell'opposizione e
della dimensione lunare dell’ ombra, trasfigurati neU’ ascesi e conoscenza del-
Tamore... sono percorsi filosofici che nulla hanno in comune con le imbaraz­
zanti “ vie” fornite dai moderni “ guerrieri della luce” o dai maestri occulti del
sofà...71 la mimesi della stupidità alberga nelle ISew Age che trattano l’ adep-
ta come un cretino e nessuno vede che ogni teologia, come ogni saggezza mora­
le, a dovuto prostituirsi e trascolorarsi per raggiungere a una qualche credibi­
lità. Pasolini recupera il cielo abbandonato agli angeli e ai passeri di Heine,
non per adorarlo ma per magnificarlo di una salutare anarchia: “ Farsi candi­
di come volpi e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvele­
nai^ i pozzi” (Franco Fortini) della società costituita in classi, questo è Teore­
ma.
Pasolini impiega cinque settimane per girare Teorema e nove per montarlo. Le
riprese sono effettuate tra marzo e maggio 1968. Pasolini dedica un’ attenzione
minuta al film e riesce ad architettare un’ opcra/parabola di grande compiutez­
za formale. Al di là del biblico violato e di una “ fisiologia orgiastica” destinata
alla riesumazione di angeli e demoni, il poeta dilacera ogni santità e disvela la
cattiva coscienza di tutti. Con Teorema, Pasolini parte da un’ ipotesi... che co­
sa succederebbe se una famiglia borghese venisse visitata da un dio/angelo del-
l’ amore, Dioniso o Jehova? La parabola pasoliniana è matematica e illumina
ovunque la profanazione del sacro nell’ uomo da parte del potere. Pasolini
scorge n e U uomo un sacro antico, mitizzato, un p o’ idealizzato e forse mai esi­
stito. dato che il sacro è stato sempre istituzionalizzato sin dall’ inizio dagli seia-
niiani. dai preti, dai costruttori di ideologie... e lo contrappone alla deflorazio­
Pino Bertelli

ne della società industriale (che ha cancellato per sempre quella contadina,


rappresentata dalla serva). In principio, Fumanità conservava questo senti­
mento del sacro e il mutuo appoggio, la solidarietà o la fratellanza erano diffu­
si... successivamente il sacro è stato legato alle istituzioni ecclesiastiche, politi­
che, mercantili ed è degenerato fino alla violenza, airinlolleranza, al genoci­
dio... in ogni caso il sentimento del sacro era radicalo “ nel cuore della vita
umana. La civiltà borghese lo ha perduto. E con che cosa Elia sostituito, que­
sto sentimento del sacro, dopo la perdita? Con l ’ideologia del benessere e del
potere” (Pier Paolo Pasolini).
Teorema non propone soluzioni, evoca ipotesi di cambiamento radicale della
società intera... rivendica l'autenticità dell’esistenza come mistero o epifania
del sacro e fa del suo visitatore angelico il principio di nuove novelle. 11 film è
pervaso di un franco erotismo. Pasolini lo esprime con un sistema di segni, co­
me una forza naturale del passato che s’ identifica con il linguaggio de\Yospite*
che è un linguaggio non convenzionale né profetico. Infatti, Vospite non evan­
gelizza nessuno ma è testimone di se stesso ed è la sua "'diversità” a infrangere
gli schemi/valori dell’ ordine borghese. Il visitatore pasoliniano ha poco a che
fare con il Cristo, “ è se mai Dio, il Dio Padre (o un inviato che rappresenta il
Dio Padre). E insomma il visitatore biblico deH’Antico Testamento, non il visi­
tatore del Nuovo Testamento” (Pier Paolo Pasolini). Il sottoproletariato é pre­
sente anche in questo film. Ha il volto innocente della serva. Ed è il solo ele­
mento positivo, solare, dell’ opera. La pazzia di Emilia conserva ancora la so­
pra vvivenza del sacro nel popolo... il miracolo avverrà su di lei perché la sua
innocenza non è ancora completamente tagliata fuori dalla realtà che travolge
la società borghese (condannata all’ anomia e alla mediocrità).
Teorema arrivò alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1968.72 Studenti, ci­
neasti e gente di strada occuparono la Sala Volpi e l ’inaugurazione del festival
saltò. La polizia buttò fuori tutti a colpi di manganello. Pasolini, Cesare Za-
vattini, Francesco Masclli, Valentino Orsini, Lionello Massobrio, Alfredo An­
geli, Marco Ferrcri, Filippo De Luigi... vennero quasi linciati da un manipolo
di giovani fascisti. Poi furono processati. La Mostra andò comunque avanti.
Nonostante l’ opposizione di Pasolini, Franco Rossellini (il produttore), portò
Teorema in concorso. La giuria si spaccò e per poco il film di Pasolini non vin­
ce il Leone (l’ Oro. Gli assegnano però la Navicella d ’ oro, Premio OC1C (Office
Catholique International du Cinema), riconoscimento internazionale dei criti­
ci cattolici e la Chiesa di Roma, sui piombi dell’ Osservato re Romano insorge
contro il cantore della ""diversità” , giudicando il film "'negativo e pericolo­
so” . 73 Qualche giorno dopo la procura della Repubblica di Roma ordina il se­
questro del film (su denuncia di un avvocato, Enrico Biamonti). Per don Clau­
dio Sorgi, in Teorema gli “ elementi positivi sono spesso fortemente resi ambi­
gui dalle incertezze ideologiche e dalle insistite scene erotiche, clic in un vasto
pubblico possono ingenerare un’ equivoca confusione tra religione, eros e ideo­
logia marxista” .74 II giudizio ufficiale sulla moralità del film, lo dà il giornale

‘)A ^
P ier P a o lo P asolin i/!! cin em a in c o r p o

del Vaticano, L’Osservatore Romano (14 settembre): “ Escluso per tutti” . La


Commissione scelta dall’ Episcopato italiano vede il film così: “ La sconvolgente
metafora con cui si è proteso di rappresentare il problema dell’incontro con
una realtà che vorrebbe essere il simbolo della trascendenza, è in radice mina­
ta dalla coscienza freudiana e marxista che traspare nel film, in cui Fautore,
paradossalmente, tenta di raggiungere un approdo religioso percorrendo vie a
esso contrarie. 11 misterioso ospite del film non è l’ immagine di un essere che li­
bera e affranca l’uomo dai suoi tormenti esistenziali, dai suoi limiti e dalle sue
impurità, ma è quasi un demone complice che ‘ possedendo’ le sue creature e
scomparendo poi come un’ allucinazione, le lascia sconvolte e alienate” .75 1118
settembre, dalla finestra di Castel Gandolfo, Papa Paolo VI benedice la folla in
adorazione e non si dimentica di marcare la sua riprovazione sulla circolazio­
ne di certi “ film inammissibili” (sottende Teoremal) per l’educazione cattolica.
Del resto, in agosto, Paolo VI era stato fra i campesinos della Colombia e ave­
va definito la loro miseria “ un sacramento, cioè un’immagine sacra del Signo­
re fra noi” . Li aveva poi esortati a non guardare con fiducia i vescovi eretici
della Teologia della liberazione, a non seguire ciò “ che è contrario allo spirito
cristiano” , dicendo anche che nel pensiero cattolico si stavano infiltrando “ del­
le correnti più eversive del pensiero moderno” .7 6 Era vero ed era bene che
qualcuno, da qualche parte della terra, cominciasse a raccogliere le seminagio­
ni ereticali dei ribelli della gioia e alla disperazione dell’ oggi opponesse la se­
renità del domani.
Per Pasolini non c ’ è nessuna nuova Chiesa se non quella dei poveri... una
Chiesa (come quella Latinoamericana) che crede nella “ rivoluzione del popolo,
attuata dalla gente per abbattere la tirannia e realizzare la giustizia” (padre
Joe McVeigh). Le chiese dei “ senza terra” dell’America Latina, dicono che
“ dio” non può essere separato dall’ azione concreta per la liberazione dei po­
veri c degli oppressi. Padre McVeigh, grida le stesse parole nella chiesa del con­
flitto per la liberazione in Irlanda: “ nel corso dei secoli la chiesa cattolica ha
perso di vista lo scopo per il quale era stata istituita: essere una voce profetica
nella società. E diventala un’ istituzione rigida, chiusa in se stessa, autoritaria
e gerarchica, alleata con i potenti e sostenitrice dello staus (pio... Chi non si
schiera ha già fatto una scelta, perché con il suo silenzio finisce per rafforzare
l’ingiustizia c la repressione che migliaia di cittadini sperimentano ogni giorno
sulla propria pelle” .77 Padre McVeigh auspica la nascita di comunità di base
(come in America Latina, Africa, Asia) ispirate alla “ Teologia di meitheal ’ , che
in gaelico (antica Ungila dell’ Irlanda), significa la costituzione di piccoli grup­
pi di mutuo appoggio o reciproco aiuto, per la realizzazione della giustizia so­
ciale. La Chiesa di Roma ha tradito il messaggio dei Profeti e dei primi Padri
della chiesa, i quali ponevano i poveri, i diseredati e gli oppressi al centro del­
la costruzione del “ regno del cielo” . E questo è anche ciò che Pasolini dissemi­
nava nel fondo del suo cinema eretico.
La giuria dell’ OCIC, presieduta dal padre gesuita canadese Marc Gervais, ri­
P in o B ertelli

badi a Teorema il proprio riconoscimento di opera d ’ arte... nella sua motiva»


zione padre Gervais scrisse che il libri di Pasolini gli pareva contenesse un gri­
do disperato “ contro gli aspetti disumanizzanti del nostro materialismo’*. Ed
era vero. Vi rintracciava anche una “ angosciata ricerca del sacro” e che Paso»
lini cercava la verità, senza nascondere nulla dei suoi problemi di artista im­
pregnato di marxismo e di freudismo che arrivava al sacro, a un senso religio­
so della vita, per quanto ambiguo possa essere” . Per quanto riguarda Posses­
sione sessuale” , il regista “ alzava gli elementi sessuali a livello di un linguaggio
simbolico” descrivendoli come segni/simboli di un’ “ csperienza misteriosa che
mette l’ uomo a nudo davanti al terribile mistero della vita” 78 e della fede. La
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile della XXIX Mostra di
Venezia, va a Laura Betti, “ che corrisponde perfettamente all’intenso mondo
poetico sostenuto da una regia magistrale di Pier Paolo Pasolini nel suo film
Teorema” . C’ è una citazione di Geremia (20,7) che esprime con forza e com­
piutezza l’ irrompere violcnto/epifanico di quel Dio dell’ amore, nelle vicende
terrene esposte in Teorema: “ Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedur­
re
il film, dal punto di vista stilistico, è rigoroso, essenziale, spoglio di ogni orpel­
lo estetizzante. Tanto che alcuni scomodano Brcsson (e chissà perché gli esteti)
Bergman e Antonioni... ma Pasolini va al di là di ogni giustificazione manieri­
stica e tra il “ tremore religioso e quello sessuale... [esprime] una proiezione
della crisi storica sul piano religioso” (Alberto Moravia). Terenee Stani}» è IV
febico Dio/angelo carico di sensualità, Anne Wiasemsky sembra raffigurare
l’innocenza carpita da un quadro di Vermeer, Silvana Mangano e Mario Girot­
ti incarnano il neocapitalismo con elegante disinvoltura, Laura Betti da qui
una fine interpretazione surrealista, sulla quale c impostato l’intero film. 11
giovane Andre» José Cruz Soublette è un p o’ legnoso, non ci sembra si amalga­
mi bene con gli altri interpreti di Teorema.. La musica di Mozart infonde alle
scene erotiche una soffusa dolcezza. La cornice della storia (la campagna lom­
barda, le pendici dell’ Etna, gb interni della casa borghese...) restituisce uno
splendore poetico che non ha niente a che fare col naturalismo ma riporta (co­
me tutto il cinema pasoliniano) alla surrealtà visionaria del poeta. Come non
ricordare qui il grido anticlericale di Giuseppe Giusti: “ TI vero progresso avrà
inizio quando l’ ultima tegola dell’ ultima chiesa cadrà in testa all’ ultimo prete” .
La “ sessualità senza più gioia” della quale aveva parlato sovente Pasolini, por­
tava alle vie della “ coscienza erotica, come espressione della pulsione profon­
da del desiderio” (Pier Paolo Pasolini) e solo un gazzettiere piccolo-piccolo, in­
dignato della “ diversità pasoliniana” (come Italo Moscati), può riportare le
ehiaechere da bar che dicevano che “ un regista fr o d o s’identificava con un dio
fr o d o ” . Moscati non si ferma qui. Mostra di non capire nulla né di Teorema né
di Pasolini, come uomo o come poeta (non solo) della macchina da presa. Nel
ritratto che dedica al regista traspare il bigotto e il censore e alla disperata gioia
omosessuale di Pasolini (che affianca a Sandro Penna), gli conferisce elementi
P ier P a o lo P asolini/Il cinem a in c o r p o

letterari (sadici e masochisti) che (dice Moscati) si trovano in Mister Hyde: “ Pa­
solini non aveva nessuno dei gesti artificiosi che a volte svelano, secondo un’ i­
dea caricaturale, la presenza di una checca. La sua voce era sottile, acuta ma
non strascicata, leziosa o cedevole. 1 suoi gesti erano energici, mai sottolineati
dalla piega languida di una mano. Aveva zigomi alti e massiecci, una mascella
robusta, una fronte decisa, d ’ assalto. Quando giocava al calcio, e lo faceva
spesso, mostrava i muscoli allenati, gomiti e ginocchia da tackel proibiti. La sua
omosessualità era un programma d’ esistenza senza limiti: "Sesso, morte, pas­
sione politica/sono i semplici oggetti ciò io do/il mio cuore elegiaco’ . Pasolini vo­
leva liberare tutti da una madre matrigna: la Chiesa della sessuofobia e dei bor­
ghesi. Fu in nome di questa libertà lancia le sue sfide. Era una sfida quando po­
polava le sue pagine di ragazzi dal "grembo potente’ , parlando di "corpi sen­
z'anima’ , di "valli sacre della libidine’ , di sentinelle del sesso’ che battono sui
lungoteveri "in spossanti attese intorno alle terre latrine’ . Era un’ altra sfida la
stessa spavalda franchezza che lo portava a rendere pubblici i suoi pensieri, i
sogni, gli incubi più intimi. Raccontava del rigido padre Carlo Alberto, uffi­
ciale e fascista. l)i quando aveva spiato il suo pene mentre l’ uomo si stava ba­
gnando in un fiume; o di quando era stato da lui trascinato su un tavolo di cu­
cina e tenuto ben stretto perche gli voleva istillare con forza il collirio negli oc­
elli; o, ancora, di quando ne fu posseduto: "Ho sognato di fare l’ amore con mio
padre (contro il comò della nostra povera camera di fratelli ragazzi), e forse
anche, credo, con mio fratello; e con molte donne di pietra’ . Nel padre, signo­
re dispotico e marziale finché non si diede all’ alcol, Pier Paolo Pasolini vede­
va l’ Italia di Mussolini che da bambino lo aveva vestito da balilla” .
Poi Moscati passa a descrivere le prime esperienze omosessuali, la venula a Ro­
ma dal Friuli (Casarsa), gli incontri notturni con i ""ragazzi di vita” ed arriva
all’ utopia pasoliniana del "68. ""C’ erano dovunque i segni della battaglia. Nel­
le università, nelle fabbriche, nelle chiese, nei festival cinematografici, nei pre­
mi letterari, nelle rassegne d ’ arte. Si creò un impetuoso vortice di pugni alza­
ti, cartelli e slogan, drappi sventolati, passamontagna per nascondere il viso ai
poliziotti, manganelli volteggianti sulle teste, eskimo e sciarpe palestinesi. An­
dava di gran moda fra gli intellettuali travestirsi da studenti, e gli stilisti, cioè
i principali creatori della moda, erano gli addetti ai mass media, i giornalisti
della carta stampata e i registi della televisione. Quando il fumo dei lacrimoge­
ni si disperdeva, riprendevano le discussioni e le assemblee. Rullavano i tam­
buri dei seguaci di Mareuse, rispondevano i pifferi latinoamericani” .79 Al cri­
tico, vorremmo chiedere dov’ era lui in quei giorni caldi? Forse in un confes­
sionale a difendere la propria verginità politica? 0 ha cercare un’ ostia reden­
trice da inghiottire insieme alla sua splendente stupidità? Il discorso pasolinia-
no si inscrive nell’ ambito dell’ arte borghese che si rovescia contro se stessa...
"'parte dalla necessità di esprimere le lacerazioni interiori, le angosce, i mostri­
le impossibilità di vivere, intese come elementi di una condizione storica, come
dati caratterizzanti e contraddizioni inestricabili di una classe, dell’ esistenza
P in o Bertelli

borghese, e di trovare ima trascrizione simbolica, come vicenda esemplare di


un'esperienza storica” (Gianni Volpi, Paolo Berlctto).80 In qualche modo,
Pasolini si richiama alla provocazione surrealista/lettrista/situazionista e il de­
clino della società borghese che annuncia sullo schermo è già parte dellesi-
stenza di molti. La verità è un’ annunciazione: “ non può essere colta nellat-
tualità delle intensità e dei rapporti di forza ma solo attraverso un gioco di
chiavi significanti” (Felix Guattari) che ristabiliscono il desiderio di un imma­
ginario segreto che reclama la propria libertà e la propria innocenza. Una
qualsiasi rivoluzione passa per la liberazione radicale di energie desideranti e
sottrae alla semiologia della parola, delUimmaginc, del gesto i significati domi­
nanti per diffondere la passione del limite violato ovunque i modelli mercanti­
li, ideologici, dottrinari sono divenuti simulacri o riferimenti formativi dell’e­
sercizio del potere.
Dopo qualche giorno di programmazione, Teorema viene sequestrato. Pasolini
e Donato Leoni (amministratore delegato della Àetos Film), sono imputati di
“ concorso continuato in pubblicazioni e spettacoli osceni” [per aver realizzato
c messo in circolazione Teorema^... sono messe sotto accusa “ le diverse scene
di amplessi carnali, alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose” [e]
“ i rapporti sessuali tra un ospite e un membro della famiglia che l’ ospitava” .
In un’ aula del tribunale, Pasolini difende la propria opera, illustra i motivi
della sua ispirazione e le ragioni artistiche (il linguaggio filmico) che ha usato
per elaborare il film: “ Ilo voluto esprimere il mondo odierno che lia perduto
ogni dimensione metafisica e in preda all’ alienazione. Si vive, cioè, al di fuori
della realtà, e l ’ alienazione del mondo contemporaneo, con una falsa idea di sé,
costringe a vivere in modo falso rispetto alla realtà, in uno stato di inautentici­
tà. io lo vedo e lo descrivo con occhio pietoso, non per condannarlo: faccio una
constatazione” . Il pubblico ministero (Luigi Weiss) chiese la condanna a sci me­
si di reclusione ma il tribunale assolve Pasolini, “ perché il fatto con costituisce
reato’ . Il 21 novembre 1969, Teorema torna in circolazione con il consueto ili-
vieto per i minori di 18 anni. Il film è comune]ue una bomba innescata all in­
terno della Chiesa. Tra il 16 e il 19 marzo 1969, il comitato esecutivo del pre­
mio OCIC, riunito in Lussemburgo, aveva emesso un comunicalo ufficiale: ” 11
comitato esecutivo dell’ Ufficio cattolico internazionale del cinema, presa cono­
scenza delle diverse interpretazioni e delle reazioni profondamente diverse che
accompagnano la presentazione del film Teorema, tiene a far conoscere il suo
rincrescimento per il fatto che un Premio OCIC sia attribuito a questo film da
una delle sue giurie. Non solamente tale film non corrisponde all’ idea che da
vent’anni ci si è fatti di questo Premio, ma esso non rispetta la sensibilità ilei
popolo cristiano e non risponde ai criteri generali di attribuzione. Infine, i va­
lori positivi che tale giuria ha creduto di ravvisare - neiramhiente particolare
di questo Festival di Venezia 1968 —sono affatto alla porlata dell’ abituale pub­
blico del cinema” . Pasolini è sdegnato da tanta intolleranza, restituisce il pre­
mio e risponde (31 marzo 1969), così:
P ie r P a olo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

“La dichiarazione del comitato esecutivo delTUfficio cattolico internazionale del cinema contie­
ne una frase che mi colpisce duramente: ...i valori positivi che tale giuria ha creduto di ravvi­
sare - rwlVambiente particolare di (pieslo Festival di Venezia 1968 - non sono affatto alla por-
tatù de.lVahituale pubblico del cinema.
A) Da questa frase appare chiaro che Lopinione della giuria dell* Ufficio cattolico inter­
nazionale del cinema, che mi ha premiato, per il comitato esecutivo, ad un esame oggettivo, non
ha alcun peso: in altre parole le reali idee e i sentimenti di coloro che hanno espresso la loro opi­
nione sono considerati assolutamente ininteressanti.
B) Di conseguenza il mio film è assolutamente inintercssante per il comitati esecutivo. In
altre parole, non è importante che il mio film - oggettivamente - sia hello o brutto, morale o amo­
rale. Sono tentato «li dire che si tratta di problemi addirittura mai presi in considerazione dal co­
mitato esecutivo.
C) 11 mio film e la decisione della giuria \eneziana interessano il comitato solo in quanto
mezzo per definire una pretestuale relazione tra la Chiesa e un pubblico non ben definito. A me
pare che un interesse così limitato sia piuttosto cinico.
D) In breve, questo pubblico indefinibile viene considerato alla stregua di una massa di
idioti e ignoranti, moralmente e culturalmente inferiori al comitato esecutivo il quale, di conse­
guenza, ne diventa arbitro del gusto e delle decisioni.
E) E così, dopo la breve parentesi di Papa Giovanni, è rinato il vecchio spirito paterna­
listico delia Chiesa clericale, repressivo e sprezzante; ma è rinato come un anacronismo. In tut­
ta evidenza i vecchi burocrati desiderano entrare nelle loro tombe così come i loro padri, la­
sciandosi dietro un mondo immutato. Peggio per loro. Invece il mondo è cambiato c sta cam­
biando.. 11 potere industriale non sa più cosa farsene della vecchia Chiesa. Solo Franco e i co­
lonnelli greci ne sentono la necessità.
K questa la scelta che sta facendo la Chiesa? Per quanto mi riguarda non ho altro da aggiunge­
re. Che l'Ufficio cattolico internazionale del cinema si tenga il suo premio e possono riprendersi
indietro anche quello che mi diedero per II Vangelo secondo Matteo. Sto preparando un film sul­
la vita di San Paolo, per cui, naturalmente, continuerò il mio "dialogo’ ma con preti indipendenti
e colti e forse un giorno con preti separatisti” .S I

11 cammino della chiesa con gli oppressi non passa da Roma... ricostruire l’ ­
umano come utopia, significa lavorare per dissolvere la schiavitù, il coloniali­
smo e la soggezione con le quali la civiltà dello spettacolo impera... la Chiesa
degli umili è composta da tutti quelli che osano ribellarsi ai soprusi e smasche­
rano i colpevoli di tanta fame c dolore. Cioè quella minoranza di privilegiati
che continua a depredare l’ intero mondo. Ricordiamo loro, che “‘niente sfuggi­
rà alla furia di un popolo insorto” (Darcy Ribeiro). La felicità è un diritto di
tutti. Se II Vangelo secondo Matteo e Accattone erano film eristici, non piena-
niente cristiani, per Lucio Settimo Caruso, della Pro Cavitate Christiana, ami­
co e collaboratore di Pasolini per Sopralluoghi in Palestina, ancora nel 1988
afferma che Teorema è ““il film più religioso di Pasolini” . Di più. ‘“È il primo
film autentico sul Cristo, ma un Cristo ancora in gestazione, immaturo... Teo­
rema fu il film della pienezza cristiana di Pasolini” .82 Forse non era proprio
così o lo era in parte... noi vediamo in Teorema, un’ apologià dell’ utopia amo­
rosa come linguaggio del dolore e della speranza. La conquista di una società
di liberi e di uguali che non è di questo mondo. Lo scandalo ereticale di Teore­
ma non ebbe eguali.
Nell’ estate del “68, prima dell esplosione o della “ bestemmia” di Teorema a Ve-
l'in o B ertelli

nezia... Pasolini gira La sequenza del fio re di carta. È un episodio del film co­
rale, Amore e rabbia. Gli altri capitoli sono diretti da Carlo Lizzani (Uhidiffe­
renza), Marco Bellocchio (Discutiamo, discutiamo), Jean-Luc Godard (L'amo­
re) e Bernardo Bertolucci (Agonia). Il cortometraggio di Pasolini (IO minuti e
28 secondi). Fu girato in un solo giorno, in via Nazionale a Roma. Il protago­
nista è ISinetto Davoli (Riccetto), la ragazzina dell’incontro, Rochellc Barbie­
ri. La fotografia da falso reportage (Kodak Eastmancolor) è firmata da Giu­
seppe Ruzzolini. Il montaggio è elementare, sorretto comunque da notevoli so­
luzioni metaforiche, opera del solito Nino Baragli (e Pasolini). Le musiche ori­
ginali sono di Giovanni Fusco (ed altre curate e scelte da Pier Paolo Pasolini).
Maurizio Ponzi e Franco Brocani fatino da aiuti alla regia.
La sequenza del fio re di carta è un film in forma di favola. Riccetto è un ra­
gazzo del popolo. Per lui la vita si riduce al twist, al sorriso perduto nella stra­
da, sulle facce dei passanti, a non vedere la sua identità di “ vittima della sto­
ria, deiringiustizia, dell’orrore” (Serafino Murri). La sua passeggiata in una
via centrale di Roma, è anche una specie di carrellata nel quotidiano che (co­
me Riccetto) ignora le guerre, gli eccidi, le barricate, le rivolte del mondo (in-
terpuntate in bianco c nero con la sua gioiosa danza sulla strada). I rapporti di
Riccetto con i passanti sono superficiali, scanzonati, effimeri... perfino Dio
parla con lui (la voce del cielo muta ogni volta ed è quella di Bernardo Berto­
lucci, Graziella Chiarcossi, Aldo Puglisi o Pier Paolo Pasolini) e lo ammonisce
dicendogli che Vinnocenza è uria colpa. Riccetto gioca con il suo fiore di carta
(un papavero), lo porge alle ragazze, scherza con le persone che incontra nel
suo viaggio urbano, si mostra più sciocco, superficiale che portatore di alle­
grezza. L’ira di Dio gli cade addosso, perche in un mondo così frastornato dal­
la violenza, dall’ indifferenza, dalla cupidigia... nessuno si può dichiarare in­
nocente, ignorare la violenza, il dolore e la miseria che gli stanno intorno e ne­
gli occhi. RieecUo non è scalfito nemmeno daH’ anatema... sa solo sorridere e
vivere una spontaneità più stupida che naturale. Morirà alFimprovviso. Fol­
gorato dall ira di Dio, senza mai capire corn ò vissuto né eom’è morto. Accan­
to al suo fiore di carta. Intanto suo suo corpo scorrono immagini di dolore pro­
fondo, dei campi di concentramento, della memoria violentata del genere uma­
no.
Il film si doveva ispirare a parabole o pezzi del Vangelo e così Pasolini sceglie
“ il fico innocente ’ . TI fico sterile e seccato. Fede e preghiera: La mattina dopo,
mentre rientrava in città, ebbe farne. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvi­
cinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “ Non nasca mai più frutto da
te". E subito quel fico si seccò (Matteo, 21 18-19). Pasolini denuda la polisemia
del Vangelo e sostiene che “ non c ’ è innocenza che a un certo punto non diven­
ti colpa” . Si appoggia a Sartre, quando afferma: “ Non esistono vittime inno­
centi” e va al di là di ogni moralismo o visione religiosa... invita ogni innocen­
te a prendere coscienza della propria presenza storica e fare della propria esi­
stenza le tracce di un cammino difficile ma non impossibile che porta verso la

a ia
P ier P a o lo Pasoliiii/Il cin em a in c o r p o

riappropriazione della propria identità. .4 un certo punto la voce di Dio in­


combe su Ricreilo: È vero, tu sei innocente, e chi è innocente non sa, non
vuole, ina io che sono il tuo Dio, ti ordino di sapere e di volere. E contraddit­
torio, lo so, forse è anche insolubile, perché se tu sci un innocente non puoi
avere coscienza c volontà. Dì, a chi ha parlato Cristo, il mio figlio, se non agli
innocenti? E perche? Perché sapessero. Tu dirai, come il fico, clic è presto, che
è solo marzo, clic non puoi dare i tuoi frutti, che li darai in settembre. Ma che
discorsi sono questi. Marzo, settembre... per me, Dio, non sono che vuote pa­
role. Se la fede fa muovere le montagne, figurarsi ohe importanza ha che sia
marzo o settembre. Ascoltami, Riccetto, ascoltami. Un solo cenno del tuo ca­
po, uno sguardo verso il cielo mi basterebbe. Ascoltami se non vuoi perderti.
L’innocenza è una colpa, l’innocenza è una colpa, lo capisci? E gli innocenti sa­
ranno condannati, perché non hanno diritto di esserlo, lo non posso perdona­
re chi passa con lo sguardo felice dell’ innocente tra le ingiustizie e le guerre, tra
gLi orrori e il sangue. Come te ci sono milioni di innocenti in tutto il mondo, che
vogliono scomparire dalla storia piuttosto che perdere la loro innocenza. E io
li devo far morire, anche se Io so che non possono far altro, io debbo maledir­
li come il fico, e farli morire, morire, morire.
Riccetto - (die?...
Il corpo di Riccetto ora giace, silenzioso, nel chiasso di Aia Nazionale. Vicino a
lui, non più svettante, il rosso papavero” .8 3 Tra le molte espressioni, quella
che attirava di più Pasolini era la poesia ma la favola gii appare ancora più
poetica, perché il suo significato è più profondo: 4To scopro una realtà che non
ha nulla a che fare con il realismo. Ed è proprio perché questa realtà è la mia
sola preoccupazione che mi sento sempre più attirato dal cinema: il cinema ri­
vela c manifesta la realtà al di là della stessa volontà dell’ autore e degli attori.
II cinema è la vita” (Pier Paolo Pasolini).
La sequenza del fiore di carta è qualcosa di più che una sequenza. E un pic­
colo apologo sulla stupidità. Pasolini tocca i lenii a lui cari (religione, sessuali­
tà, mediocrità, morte) e per mezzo della metafora rovesciata (per assenza), la
rivolta individuale. 11 destino dei profeti è quello di parlare nel vento e ogni
profeta (in ebraico “ nabi” ) è un Angelo del non-dove che porta con le sue pa­
role il respiro della felicità in ogni-dove. Qui Pasolini si fa profeta d ’ impegno
civile... la radice della sua parola però non è la fede ma l’ amore dell uomo per
gli altri uomini. Sta dalla parte dei poveri perché l'ingiustizia è un’ offesa alla
dignità dellTiomo e una violenza contro tutta l’ umanità. Come Gandhi, Martin
Luther King, Maleoi ni x o Camilo Torres ha un sogno... disobbedire ora per
non obbedire mai più ai catechismi della società mercantile. wiNon si viene a
mangiare il pane bianco nella strade dei poveri” (don Lorenzo Milani), perché
ci sono zone d ’ ombra inesplorate o poco conosciute che possono provocare tu­
multi e turbolenze da investire di sangue i paramenti di tutti gli altari... Pin-
fallibilità del paradiso (anche in terra) promessa dalla Chiesa & dallo Stato si
conta sui bambini che muoiono per fame ogni giorno nel mondo. L’obbedienza
P in o B ertelli

non è mai stata una virtù. Le idee dei ribelli come i canti dei profeti senza reli­
gione sono Inerba cattiva’ che è difficile sradicare dai cuori della gente... il lo­
ro destino sembra essere l assassimo o la prigione, ma non dev’ essere "‘bello
star dalla parte di chi ce li tiene” 8 4 o li uccide. 11 Dio di Pasolini non è quello
dell’/lntzco testamento, che fa sgozzare da Elia 450 profeti di Baal (I re 18,40)
perché non ubbidivano alla sua dottrina... la voce pasoliniana porta ad aprire
gli occhi sulle tenebre a fa dell ingiustizia sociale un percorso di rivolta indivi­
duale (e collettiva) che si oppone radicalmente alla perfezione del Nulla.
La sequenza del fio re di carta esce sugli schermi italiani nel 1969. Per l’espo­
sizione “ ambigua” di ciò che dice sui terni della religione, della sessualità e del­
la morte, sarà vietato (ancora una volta) ai minori di 18 anni. Le istituzioni
(ovunque) sono esterne ai bisogni e ai desideri dell’ Uomo... sono camicie di for­
za che governano i sogni, i comportamenti, i corpi di un'umanità senza ritegni.
La felicità dell’ uomo sulla terra dipende dall’ unione dell’intelligenza con la
fiamma della fantasia ludica... perché la città del sole di Campanella o Vabba­
zia di Thélème di Rcbelais sono il buon-posto delPultimo dei giusti o del primo
dei disobbedienti. Ogni uomo è un isola ma sono i suoi sogni più estremi a for­
mare l’ arcipelago della felicità.

III. La rivoluzione egualitaria

I nodi etici, estetici e politici che vengono al pettine del "68, aprono una porta
sull immaginale sociale che non si è più chiusa... “ a partire dal maggio ‘ 68 non
c ’ è stato imbecille che non abbia scoperto la bontà del gruppo di lavoro, lo
spontaneismo, le prese di coscienza, le ipotesi di comunità esistenziali, le ipo­
tesi di rapporto sociale attraverso gli enti statali” (Lea Vergine).85 L’ onda di
rivolta del ‘68 gridava all’ autogestione della vita quotidiana ma in molti modi
fu disintegrata dalla ripresa del controllo sociale da parte dei padroni delVim-
maginario... comunque siano andate le cose... i baci al vaiolo dell’insurrezio­
ne lasseranno tracce profonde nelle strade del mondo e dopo il '68 niente più
sarà come prima... ma Vatnor mia non muore.
II cinemasessantotto mostrò tutta l’ inquietudine montante delle giovani gene­
razioni— e ci sono dei film da ricordare come tentativi (non sempre poetici) di
ribaltamento di prospettiva della maechina/cinema. Bolw up di Michelangelo
Antonioni, Seduto alla sua destra di Valerio Zurlini, Diario di uria schizofre­
nica di Nelo Risi, Queirnada di Gillo Pontecorvo, Sovversivi di Paolo e Vitto­
rio Taviani, Fuoco! di Gian Vittorio Baldi, Col cuore ingoia di Tinto Brass, La
Cina è vicina di Marco Bellocchio. Week-end, Il maschio e la femmina, Due o
tre cose che so di lei, Lontano dal vietnan di Jean-Luc Godard, Il seme deh
Duomo, Dilinger è morto di Marco Ferreri, Partner di Bernardo Bertolucci,
Porcile di Pier Paolo Pasolini, Der Lion Have Sept Cabezas di Glauber Roeha,
Shocco d ’Hiver, I disperati di Sandòr, Silenzio e grido. L'armata a cavallo,
n . ^ xmfiSyhz
1 ìer P a o lo P a solin i/ll cinem a in c o r p o

di Miklós .lanoso, La Via Lattea, L’Angelo .sterminatore, Violenza p er una gio­


vane, Estasi di un delitto di Luis Butilici, Nostra signora dei turchi, Capricci
di Carmelo Bene, Cronik der Anna Magdalena Bach, Il Fidanzato, VAttrice e
il Ruffiano di Jean-Marie Strauh, La collezionista di Eric Rohmer, Manchette
ili Robert Bresson, Un affare di cuor e di Dusan Makaveiev, Il prato di Bezhin
di S.M. Ejzenstejin, Falstaff di Orson Welles, La presa del potere di Luigi XIV
di Roberto Rossellini, 2001 : Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, Il vergi­
ne di Jerzj Skolimowskb L’ora del lupo di Ingoiar Bergman, Tropici di Gianni
Amico, Sanjuro di Akira Kurosawa, Le bisches di Claude Chabrol, Artisti sot­
to la tenda: perplessi di Alexander Kluge, Il verde prato dell'amore di Agnes
Varda, Galileo di Liliana Cavalli, La fiora de los hornos di Oetavio Getino,
Fernando E. Solanas, Playtime di Jacques Tati, Teli me lies di Peter Brook, Il
gatto selvaggio di Andrea Frezza, Il grande caldo di Fritz Lang, Gioventù bru­
ciata di Nicholas Ray, Soldati a cavallo di John Ford, A casa, dopo Vuragano
di Vincente minnelli, Cielo giallo di William A. Wcliman, Vento di terre sel­
vagge di Robert Wise, Intrigo internazionale di Alfred Hitcheock, Vincitori e
vinti di Stanley Kramer, Là dove scende il fiume di Anthony Mann, Sotto il so­
le rovente di Raoul Walsli, Gangster’ story, Alice s Restaurant di Arthur Penn,
Faces di John Oassavetes, Il mucchio selvaggio di Sani Peckinpah, Lonesome
Coivboys di Andy Warhol, Fragole e sangue di Stuart liangmann. Grazie zia,
Cuore di mamma di Salvatore Sampcri, La caduta degli dei di Luchino Vi­
sconti, Sierra Maestra di Ansano Giannarelli, La religiosa di Jacques Rivette,
Escalation, H2S di Roberto Faenza, Il giardino delle delizie di Silvano Agosti,
Senza un attimo di tregua di John Boorman, A sangue freddo di Richard
Brooks, Ucciderò Willie Kid di Abraham Polonski, Por cote di Kenneth Loaeh,
Elvira Madigan, Adalen 31 di Bo Widerberg, Io sono curiosa (giallo e blu) di
Vilgot Sjòman, Tutto è in vendita di Andrzej Wajda, Piove sul mio villaggio,
Ho incontrato anche zingari felici di Aleksandar Pctrovic, / dannati della ter­
ra” di Valentino Orsini, Treni strettamente sorvegliati di Jiri Menzel, Z, L'or­
gia del potere di Costa Gavras, I fucili di Ruy Guerra, Se... di Lindsay Ander­
son... figurano un sommario immaginale dove i malati di speranza sono morti
nella merce e i poeti dell’ utopia continuano a lavorare contro rindecenza del
mondano spettacolarizzato. Ogni dolore è pari al suo destino ed ogni gioia s’ in­
vola sull’ ebbrezza dell’incompiuto, sempre.
Dentro il 46B Pasolini ci sta alla sua maniera. Da libertario eretico. Dopo che
aveva scritto sulla battaglia di Valle Giulia a Roma: “ Quando ieri a Valle Giu­
lia avete fatto a bolte/coi poliziotti,/io simpatizzavo coi poliziottil/Perclié i po­
liziotti sono figli di poveri/vengono da periferie, contadine o urbane che sia­
no” ... lo squartamento pasoliniano della rivolta giovanile si fa forte, disperato
e vero: “ Popolo e Corriere della Sera,/Newsweek e Monde/xi leccano il culo.
Siete i loro figli/la loro speranza, il loro futuro/... Occupate le università/ma di­
te che la stessa idea venga/a dei giovani operai... La polizia si limiterà a pren­
dere un p o’ di botte/dentro una fabbrica occupata?/... Spero che l’ abbiate ca-
P ino B ertelli

pito/che fare del puritanesimo/ è un modo per impedirsi/un’ azione rivoluzio­


naria vera/Ma andate, piuttosto, figli, ad assalire Federazioni!/ Andate a inva­
dere CellideJ/Andate ad occupare gli uffici/del Comitato Centrale! Andate, an-
date/ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure!/Se volete il potere, impadro­
nitevi, almeno, del potere/di un Partito che è tuttavia all’ opposizione/( anche se
malconcio, per l'autorità di signori in modesto doppiopetto, bocci «fili, amanti
della litote,/borghesi coetanei dei vostri stupidi padri)/ed ha come obiettivo teo­
rico la distruzione del potere” .8 6 11 PCI che Pasolini voleva dare ai giovani era
solo un sogno. Lo “ zoccolo duro” della sinistra marxista extra-parlamentare,
intesa a scomunicare chiunque non si catechizzasse alPombra rossa di Mao...
inalberò i propri scribi, le invettive contro Pasolini si moltiplicarono e si giun­
se a volantinare la sua crocifissione... erano gli stessi termini con i quali i gio­
vani fascisti (da anni) accompagnavano ogni uscita dell’opera eartacca/cine-
matografica del poeta. La stampa di Partito... non si lasciò perdere Corrasio­
ne di sputare contro un “ comunista non irrcgimcntabile” ... Il Calendario del
Popolo e Mondo Nuovo si distinguono e dicono che Pasolini si è schierato a
fianco della polizia. Su Mondo Nuovo si coglie questa perla di stupidità ideolo­
gica: “ Viscere c cuore, soprattutto viscere, mai cervello... Logico, quindi che
[Pasolini] non abbia mai capito niente della storia, della lotta di classe, della
ri-voluzione... resta soltanto da dire a Pasolini: non siamo compagni di strada
perche non abbiamo strada in comune, caro; stai pure in riva al tuo stagno a
gonfiarti nell’illusione di capire e rappresentare, e testimoniare” .87 La sua
poesia era roba da buttare e Lenin era il solo poeta nel quale in molti (studen­
ti, operai, intellettuali...) si riconoscevano. Per Vittorio Foa (segretario della
CGIL) e Claudio Petruccioli (segretario della FGG1), Pasolini era un sedicente
reazionario e la rivista teorica del PCI, Rinascita, scriveva che Pasolini era un
intellettuale fuori dalla storia, perche non aveva compreso che “ la forza arma­
ta repressiva e offensiva degli ordini dello Stato borghese... oggi picchia gli stu­
denti, ieri uccideva i contadini poveri del Sud c gli operai di Modena e rii Reg­
gio, e domani farà quello che le viene ordinato di fare. Dunque, ‘ guardie del
popolo sì: ma il popolo con le guardie del capitalismo, no” .8 8 II divenire del­
l’ ideologia è stato la forza dell’imbecillità, che ha pesato ovunque sui destini
dei popoli... La consunzione dei partiti ha incollato sui viventi la mediocrità del
terrore e della sozzura sulle quali hanno eretto i loro luridi imperi. 11 movi­
mento del Maggio 1968 ha contrassegnato la fine di un’ epoca e figurato una
pratica dell’ utopia dove tutti avevano il diritto di avere diritti... il diritto cioè
a mangiare, a comunicare, a creare, a vivere in amore gli uni con gli altri (in
rispetto delle fedi, del colore della pelle, delle idee)... è stato l’ apertura di un
cammino che non costituiva lo scopo finale dell’insieme umano, un modo per
superare la disumanità nella quale una minoranza ricca teneva (e tiene) nella
miseria senza rimedio. Finterò mondo.
Nell estate del ‘68 (18 agosto), Pasolini aveva preso a scrivere per il settima­
nale Il Tempo. La rubrica “ Il caos99(già appartenuta a Curzio Malaparte, Mas-
Pier P a o lo Pasolini/H cin em a in c o r p o

siino Bontcmpelli, Salvatore Quasimodo, Giovanni Ansaldo) divenne un pulpi­


to dal quale il poeta scriveva della contestazione alla Mostra del cinema di Ve­
nezia, della rivolta giovanile del leader tedesco Dutschke, della Primavera di
Praga, del martire dei colonnelli greci Panagoulis e dialogava in punta di fio­
retto avvelenata con la crema intellettuale italiana. Come Oscar Wilde o Walt
Whitman credeva (non a torto), che la coerenza era la filosofia degli imbecilli
o un linguaggio per ‘"monaci fanatici'’ . La sua voce, in quel giornale, fu sop­
pressa il 24 gennaio 1970 (con una lettera del direttore). 1 lettori di quel setti­
manale non erano proprio la gente giusta per le scudisciate pasoliniane agli uo­
mini di potere, compreso il presidente della repubblica (Giovanni Leone). Qui
appare un concetto politico della contestazione giovanile c della cultura italia­
na marcatamente pasoliniano, e cioè che entrambi appartengono a un certo
“ fascismo di sinistra” . Pasolini scrive di autogestione, decentramento del pote­
re, vede nella Resistenza e nel Movimento Studentesco le due uniche esperien­
ze democraliehe-rivoluzionarie del popolo italiano. L temi che tocca sono di­
versi e scottanti. Il terrorismo nero, la strage di Piazza Fontana, l’ amorfità dei
sindacati, la stupidità delPuomo medio, la corruzione della politica e la collu­
sione con la criminalità organizzata... il razzismo contro gli ebrei, gli omoses­
suali, i negri... divengono piccole battaglie quotidiane clic si richiamano ad una
lotta per la conquista di una “ democrazia reale o diretta - e conscguentemente
il decentramento del potere statale - come vera azione rivoluzionaria” (Pier
Paolo Pasolini).8 9 La coscienza dei propri diritti non è mai passata nei vespa­
siani delle democrazie o nei postriboli delle tirannie... la giustizia e l ’ arbitrio
bivaccano negli stessi postriboli dove viene deciso quali massacri, olocausti, ge­
nocidi, pogrom o barbarie quotidiane servono per illuminare i fanatici della ci­
viltà dello spettacolo. Le dittature moderne esorcizzano la paura con la merce
e fanno delPimpotenza e della stupidità generalizzate, cioè dell’ orrendo uni­
verso del consumo e del potere (Pier Paolo Pasolini) le gogne di tutti i domini,
di tutte le soggezioni.
Tra la fine del '68 e i primi del '69, Pasolini gira la sua opera più anarchica o
forse la più disperata, Porcile, “ un film povero, girato in un mese, con una ci­
fra irrisoria” (Pier Paolo Pasolini). È ancora un apologo che Pasolini trae dal­
le sue "tragedie in versi” , Orgia e Porcile. La struttura del dittico gli permette
di sovrapporre due storie alquanto singolari. La prima parte è priva di dialo­
ghi, la seconda è riempita di inutili chiacchcre abituali ai burattini e burattinai
del potere. Porcile si apre sul deserto (un paesaggio vulcanico sui pendìi del­
l’ Etna) con il quale Pasolini aveva chiuso Teorema. E una lunga carrellala
d’indescrivibile bellezza. Un florilegio di colori (azzurri, rosa, gialli, neri...)
sfilano negli occhi abbacinati dei lettori. Ritorna anche la casa immersa nei
campi e le file di pioppi dell’ altra opera. In quel deserto lavico si aggira una
specie di aseeta/bandito, uccide gli uomini che incontra e poi li mangia. La se­
conda storia riporta la metafora del cannibalismo nella società moderna, nel
"porcile” appunto, dove i potenti decidono le sorti della gente senza avere nes-
P ino B ertelli

siina qualità se non la forza del più armato. Al nichilismo selvaggio, violento,
fc rino che invade la prima vicenda, Pasolini contrappone “ lo zoomorfismo
grottesco, à la Grosz, dell’ assolutismo economico” (Serafino Murri), con il qua­
le chiude il secondo episodio e va ad approfondire — fuori margine -
quell’ "*anarchia apocalittica” che circola al fondo di tutta la sua opera. Il can­
nibale è il profeta/santo senza parole clic ritorna ai conflitti delle origini rifiu­
tando ogni forma di società. L’ altro è Laguzzino/padrone che sottomette ogni
cosa neirinumanilà e nella volgarità della sua ragione.
In apertura del film appaiono due eartelli/lapidi sulla disobbedienza (la colon­
na sonora è lo crepitio di un’ eruzione vulcanica):

I Lapide: Interrogata ben bene la nostra coscienza


abbiamo stabilito di divorarti
a causa della tua disubbidienza.

Il Lapide Io e te. moglie, siamo alleati:


tu madre - padre, io padre - madre
la tenerezza e la durezza
sono intorno a nostro figlio da tutte le parti.
La Germania di Bonn, accidenti,
non è mica la Germania di Hilter!
Si fabbricano lane, formaggi, birra e bottoni
(Quella dei cannoni è un’industria d’ esportazione).
E vero: si sa che anche Hitler era un po’ femmina,
ma, conce noto, era una femmina assassina: la nostra
tradizione è così decisamente migliorata.
Dunque? La madre assassina, lei. ebbe figli obbedienti
con gli occhi azzurri pieni di tanto disperato amore
mentre io, madre affettuosa, ho questo figlio
che non è né obbediente né disobbediente?

1 titoli di testa scorrono su un porcile modello. INel deserto, un giovane profe­


ta/santo (Pierre Clementi) mangia serpenti, farfalle... In parallelo si vede Ju-
lian (Jcan-Pierre Léaud), figlio del magnale tedesco Klotz, che passeggia nella
villa del padre a Godcsberg (Colonia). Il giovane del deserto è vestito in abiti
antichi, cinquecenteschi. S’imbatte nelle carcasse di soldati morti. Indossa i lo­
ro elmi e le loro armi. Le immagini ritornano in Germania, nel 1967, durante
le manifestazioni studentesche. Julian è con la sua ragazza, Tda (Anne Wia-
zemsky) che non ama e lei cerea nell’impegno politico (contro il muro di Berli­
no), qualcosa nel quale credere. La sola passione di Julian è fare l’ amore con i
maiali nel porcile di famiglia. 1 rapporti di Julian con il padre paralitico (Al­
berto Lionello) e la madre (Margherita Lozano) sono aridi, senza stima o affet­
to, come è vuoto l’ amore per Ida. Dai bordi della piscina della villa di Julian.
Pasolini ritorna nel deserto del profeta/eannibale che assalta un gruppo di sol­
dati. stacca la testa ad uno e la getta nel cratere del vulcano. Poi cuoce Ja car­
ne di un soldato e se la mangia. In Germania intanto, Julian è caduto in una

fi 1 O
Pi<*r P a o lo P asolini/U cìn em a ra c o r p o

sorta di catalessi. Suo padre non si preoccupa per lui e suona Tarpa. Nel de­
serto il cannibale ha trovato un seguace (Franco Cilti) ed insieme fanno stragi
Ji persone che passano in quelle lande fumanti. Nella villa di Klotz arriva il
servo fedele Hans Guenther (Marco Ferreri), ex-criminale nazista. Sul vulca­
no il profeta e il suo adepto si mangiano una donna (sotto lo sguardo inorridi­
to del marito che si è nascosto). Klotz ed Hans conversano amabilmente sullo
sterminio degli ebrei nelle camere a gas e sono fatti visita da un industriale che
si è arricchito rubando i denti d ’ oro degli ebrei, Hirt (Ugo Tognazzi), ma ora si
fa chiamare Herdhitze. II marito della donna mangiata dai cannibali, raccon­
ta alla gente di un paesino cosa è successo sul vulcano... tra la folla un conta­
dino di nome Maraeehionc (Ninetto Davoli), ascolta senza stupore. Un uomo c
una donna sono portati nudi nel deserto come “ esche” e tutt’intorno si na­
scondo uomini in anni e soldati. Il profeta cannibale ha ora una piccola banda
di seguaci... guardano le prede con diffidenza poi sferrano Fattaccio ma vengo­
no catturati... il profeta si spoglia nudo... Julian intanto è guarito. Parla a Ida
della fusione delle industrie Ilerdhitzc-Koltz e quando lei Io lascia per andare
a sposarsi, Julian sfodera un monologo sulTamore (Stendhal) di grande bellez­
za discorsiva. In un castello... la banda dei cannibali viene condannata alla pe­
na capitale e i membri sono portati sul vulcano. Maraechione guarda atterrito
la processione. Davanti alla croce, il profeta è l’ unico a non pentirsi di ciò che
ha fatto. In quel momento, nella villa di Klotz è in atto un grande ricevimento.
Julian si allontana nel bosco e incontra Maraechione, che sorride. Una bambi­
na segue Julian a pochi passi. Nel deserto, mentre si lavora alla costruzione dei
patiboli, Julian entra nel porcile... Cambio di scena e il capo dei cannibali di­
ce: “ Ho ucciso mio padre, ho mangiato carne umana, tremo di gioia” . Manie­
rinone guarda in silenzio l’ esecuzione della banda... sono legati per le gambe e
le braccia a quattro pali, in attesa d ’ essere sbranati dai cani selvatici. Nella vil­
la di Godesherg, al culmine della festa, arrivano i contadini di Klotz e dicono a
Herdhitze clic Julian è stato mangiato dai maiali. L’ industriale/socio di Klotz
impone loro di tacere... E la festa continua.
Porcile è il film “ che più tende al cinema di poesia. E il fratello gemello di Uc-
cellacci e uccellini ed è parente di Teorema per l’ aspetto stilistico, per quel mo­
do, forse un p o ’ freddo, un po’ angosciato, di rappresentare dei personaggi in­
filzandoli poi come farfalle sotto vetro” (Pier Paolo Pasolini). In Porcile il can-
nibalismo ha la stessa funzione dell’ erotismo in Teorema. Il film costituisce “ un
sistema semiologieo a cui bisogna restituire pieno valore allegorico: un simbolo
della rivolta portata alle sue ultime conseguenze. E una forma di estremismo
spinto al limite dello scandalo e dell’ orrore. E anche un sistema di scambio, o
di rifiuto totale, quindi una forma di linguaggio, di rifiuto mostruoso della co­
municazione correntemente accettata dagli uomini.9 0 Pasolini vede i borghesi
come maiali (alla maniera di Grosz o della controcultura americana) e carica i
contadini di una coscienza di classe (di un senso del sacro o di un’ innocenza
istintiva) che li connota come depositari di una cultura emarginata che affon­
P in o B ertelli

da le proprie radici nella solidarietà c nella fratellanza. L’ allegoria dei perso­


naggi, l’ estreinità delle situazioni, l’ ambiguità della fantasia... non lasciano
spazio a inclinazioni diverse sulTinterpretazionc radicale di un’umanità mala­
ta di potere ed antropofoga... T santi, gli eroi, i profeti, i generali, i ricchi, i po­
veri... non mutano nessuna storia e ciò che fanno o è in forza del loro smodato
narcisismo o della loro servitù volontaria. Le regole di ogni società non am­
mettono nessuna devianza o diversità ed anche gli eroi o i santi sono immolati
sugli oracoli dell’ obbedienza e dell’ortodossia. Tutto il resto serve a perpetua­
re i deliri e le sozzure di un’ umanità dello sporco e dello spreco clic continua a
ri/produrre mostri. Julian e il profeta muoiono comunque felici. Si chiamano
fuori da un’ eucarestia della ragione che non comprendono... e Manierinone è
il solo testimone che non si lascia coinvolgere né dall’ uno né dall’ altro... sem­
bra in attesa di una quotidianità che verrà ma che non è (fucila che vive al mo­
mento... è l’ anello di congiunzione tra la vita e l’ utopia ed in attesa che la me­
glio gioventù*} 1 pasoliniana divenga adulta... i fantasmi scatenati fuori dallo
schermo negano il linguaggio del potere e nella trasversalità politica del desi­
derio annunciano i prossimi rovesciamenti di prospettiva. E una profezia di fi­
ne millennio che non avviene ma è vera. Pasolini è il poeta che gira nella notte
del cinema ad accendere il fuoco della disobbedienza ed è consumato dai sogni
di rivolta degli ultimi... ormai solo le puttane, gli ubriachi, gli ingenui e i cri­
minali senza lacrime sono i soli esseri umani degni di frequentazione.
Lo sguardo eversivo pasoliniano è volto contro un’ Italia mutata di pelle... se­
gna il passaggio da un paese palcoindustriale e agricolo all’instaurazione di una
società neocapitalista, industrializzata, omologata... svuotata dei propri valo-
ri/sentimenti arcaici. Pasolini saluta con gioia l’ insieme della contestazione del
*68 e vede nel fermento delle lotte sociali del Movimento studentesco e della
classe operaia, il flusso politico senza il quale “4il partito socialista e il partito
comunista si sarebbero lentamente atrofizzati, rientrando nel gioco del potere**
(Pier Paolo Pasolini). Come infatti è successo, tradendo i loro morti, caduti per
uno straccio rosso di speranza. Sono le stesse considerazioni eulturali/politiolu*
alle quali giunge qualche tempo dopo, Guy E. Debord, poeta del sogno e dot­
tore in nulla... il suo film specimen lale/geniale, In girimi inius noe le et consu-
niimiir igni (1978)... riprenderà la radicalità audio/visuale di Porcile e facen­
do un discorso sul cinema non mercantile, Debord riesce ad interpretare la de­
composizione del proletariato (quanto (fucila gerarchica, burocratica, militare
che governa il mondo)... mentre sfilano immagini di danze di indigeni a Tahiti
(su una spiaggia)... lascia passare un commento sonoro sui figli dello spettaco­
lo e dice - “ A loro ci si rivolge sempre conio a bambini ubbidienti, ai quali ba­
sta dire: si deve, e non stentano a crederci. Ma soprattutto li si tratta come
bambini stupidi, davanti ai quali blaterano e delirano decine di specializzazio­
ni paternaliste, improvvisate il giorno prima, die fanno ammettere loro qual­
siasi cosa in qualsiasi modo e puro il contrario l’indomani - ” .92 Qui, come nel­
l’ altro suo film/testo precedente. La società dello spettacolo (1973), Debord de-
P ie r P a o lo P asolini/Il cin em a in c o r p o

nuncia la vita quotidiana delle società moderne, dicendo che lo spettacolo non
è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle
immagini... Lo spettacolo si presenta contemporaneamente come la società
stessa, come una parte della società, e come strumento d unificazione. In quan­
to parte della società, è espressamente il settore che concentra ogni sguardo ed
ogni coscienza. Per il fatto stesso che questo settore è separato, esso è il luogo
dello sguardo ingannato e della falsa coscienza; e Vunificazione che realizza
non è altro che il linguaggio ufficiale della separazione generalizzata” .93 De-
hord come Stirner, Proudhon, Bakunin, Guillaume, Kropotkin, Malatcsta,
Henry... hanno mostrato che l’ emancipazione dell’individuo passa dalla desa-
cvalizzazione delle istituzioni e dalla trasfigurazione dei valori collettivi. Tutti
i principi della nostra educazione sono falsi, ecco perché Pumanità si è model­
lata nella menzogna e nell’impostura. Nietzsche è andato oltre alla teologia del­
la merda9 4 cattoliea/eristiana e alla dottrina bastarda di ogni commediante al
potere... ha fatto cantare l’uccello della saggezza in modo lieve, per non parla­
le più né «li morale degli dei né di storia degli uomini.
Porcile segna la crescita stilistica di Pasolini (lo considera il suo lavoro miglio­
re). L’ uso geometrico delle inquadrature (Marnati, Lang, Welles, Ejzenstejn...)
è sostenuto da un cromatismo visivo di notevole originalità e anche il montag­
gio parallelo/analogico che Pasolini sparge un p o’ dappertutto nelle sue ope­
re... assume «pii momenti d ’importanza emozionale inusuali. Il tonfo che criti­
ca e pubblico riservano a Porcile è di quelli forti. Che non lasciano nessun ap­
pello. “ Opera aberrante di un regista occidentale” (Sergej Jutkievie), patetica
farsa dei disegni di Grosz e degli apologhi di Brecth o apoteosi del macabro e
dello scandalo... sono i riferimenti lessicali più abusati.
!1 film è irriverente, come pochi. Contiene pezzi di grande poesia. Sotto molti
tagli è innovativo. La fotografia del primo episodio (Armando Nannuzzi) è den­
sa di emotività figurali e si compenetra con straordinaria «sincronia a quella
più “ fredda” del secondo atto (Tonino Delli Colli, Giuseppe Ruzzolini). La mu­
sica (Benedetto Chiglia) è corale, sottolinea e raccorda i vari sottocapitoli... il
tema che accompagna le seeptenze salienti del film, è il canto di marcia delle
truppe d ’ assalto naziste (“ Horst Wessel Lied” ) e ci sono momenti in cui è diffi­
cile trattenere l’ indignazione. Il montaggio di Nino Baragli è coinvolgente, com­
pone una specie di ballata figurale/auditiva che scivola/s’invola dallo schermo
e raggiunge gli sguardi fuori tempo dei lettori. T costumi di Danilo Donati re­
stano negli occhi, quasi a significare clic ciò che è stato non sarà più ma quello
che stiamo vivimelo è forse l’ ultimo atto di una tragica commedia dove buratti­
nai e burattini celebrano il potere. I personaggi interpretati da Pierre Clemen­
ti, Franco Citti, Ninetto Davoli, Jean-Pierre Léaud, Alberto Lionello, Marghe­
rita Lozano, Anne Wiazemsky, LTgo Tognazzi e Marco Ferreri... formano una
galleria di ritratti indimenticabili... c he fanno del “ clamore dell’ essere” (Mar­
tin Heidegger) l’ accecamento della “ teologia delle parti” , la falsa opposizione
della società dei ruoli. Qui ogni ritratto si identifica senza residui eoi potere che
P in o B ertelli

dice di mordere... ma la sua dottrina morale si classifica nelle succursali della


comunicazione e tutti restano fuori dall*“ Albergo per le idee inclassificabili e le
rivolte senza fine (Andre Breton) che mettono la parola fin e alla propria con­
dizione di miseria. Di fronte alla mediocrità della società statuale e alla violen­
za che essa stessa produce e sulla quale si erge, ogni violenza è permessa e tut­
te le armi della critica radicale divengono vie dell’ eccesso che mettono fine ai
palcoscenici insanguinati della tolleranza.
Per Porcile Pasolini impressiona circa 70.000 metri di pellicola, ne monta
2.685 (98’ ). Le riprese vengono effettuate in due periodi... nel mese di novem­
bre 1968 (T episodio) e nel mese di febbraio 1969 (Il episodio). 11 film è vietato
ai minori di 18 anni. La prima proiezione pubblica fu fatta alla Mostra del ci­
nema di Venezia.9 5 Pasolini la disertò, in polemica con gli organizzatori per
quanto era accaduto l’ anno prima (proprio il 6 agosto era apparso davanti ai
giudici insieme a Zavattini, Maschi, De Luigi, Ferreri, Angeli e Massobrio per
i “ fatti del '68” ), lasciò a Moravia il compito di leggere alla stampa un suo co­
municato:

"Cristallizzare l'orrore.
Fare un sonetto di Petrarca su un soggetto di Lautréamont.
Un film atroce e soave.
Il contenuto politico esplicito del film ha come oggetto, come situazione storica, la Germania. Ma
il film non parla della Germania, bensì del rapporto ambiguo tra vecchio e nuovo capitalismo.
La Germania è stata scelta in quanto caso limite.
Il contenuto politico implicito del film, invece, è una disperata sfiducia in tutte le società stori­
elle: dunque, anarchia apocalittica.
Lssendo così atroce e terribile il senso del film, io non potevo che trattarlo, a) con distacco qua­
si contemplativo: b) con umorismo.
Sono certo che qualcuno mi chiederà: “ Ma questo è un film autobiografico?” . Fhhene *sì*. ri­
sponderei a ehi mi facesse questa domanda. Il film è autobiografico, se non altro in quanto la
mia autobiografia mi ha portato prima a concepirne l’ orrore e poi ad esprimerlo con distacco ed
umorismo. Non che ci tenga tanto a questo distacco e a questo umorismo, ma tcnt'c, ci sono ar­
rivato.
Inoltre il film è in parte autobiografico per le sue seguenti ragioni:
Primo, io mi identifico in parte con il personaggio di Pierre Clementi (anarchia apocalittica e.
diciamo, contestazione globale sul piano esistenziale).
Secondo, io mi identifico in parte con il personaggio interpretalo da Jean-Pierre Léaud (l'ambi­
guità. 1 identità si uggente, e insormna tutto quello che il personaggio dice di se stesso nel lungo
monologo rivolto alla sua ragazza che se ne va).
Il messaggio semplificato del film è il seguente: la società, ogni società, divora sia i figli disobbe­
dienti che i figli né disobbedienti né obbedienti. I figli devono essere obbedienti e basta".96

Porcile è un film radicale, trasgressivo, disancorato dai cinguettìi cinemato-


gralici/politici del momento. L epicentro del film pasoliniano è la filosofia del-
LAnti-Edipo mutuata da Deleuze-Guattari e la rivolta dei figli che ricade sem­
pre sulla voracità o sulUindifferenza dei padri (e delle madri). Con quest’ope­
ra Pasolini cerca di opporsi al cinema come medium di massa. Elabora un ci­
nema aristocratico, inconsumabile, sulla scia di Vccellacci e uccellini e Teore-
T *T

P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

niu. A qualcuno che obietta che 'Teorema, è un’opera che e stata molto consu­
mata. che ha avuto successo, e Porcile si avvia sulla stessa via... il poeta ri­
sponde che i suoi film “ sono stati o vengono consumati... per una serie di ra­
gioni contraddittorie. Ma sono almeno indigesti o addirittura indigeribili: i
consumatori li mettono in bocca ma poi li sputano, o passano la notte col mal
di pancia"’ (Pier Paolo Pasolini). Era vero. Insieme alla lezione eversiva del ci­
nema godardiano, Pasolini andava ad operare una rivoluzione all’interno del
linguaggio cinematografico, disvelando la stupidità planetaria del mondo con­
temporaneo. Porcile non fu compreso alTunanimità (o quasi). Moravia lo di­
fende con la bava alla bocca. Cita Mizoguehi, Straub e perfino Schopenhauer:
“ L’ingiustizia si esprime in concreto nel modo più compiuto, più caratteristico
e più tangibile col cannibalismo: questo è il suo tipo più chiaro ed evidente,
l'orrenda immagine del massimo contrasto della volontà con se medesima, nel
grado supremo della sua oggettivazione, che è Puomo” .9 7 Resta solo a soste­
nere che Porcile è il “ miglior film di Pasolini dopo Accattone e La ricotta” . Il
Tempo sentenziò che Porcile era “ il titolo giusto per l’ ultimo film di Pasolini” .
L’apologo pasoliniano sul mondo neocapitalista suscitò indignazioni e perples­
sità tra gli addetti ai lavori. Sergio Erosali (La Razione, 31 agosto 1969) ravvi­
sa nel film un “ tema scontato e sufficientemente generico, almeno come l’ ha
emmziato, cioè la degenerazione della società capitalistica, e comunque di ogni
tipo di società storica, c vi ha sovrapposto una rete di allegorie intellettualiz­
zanti che dovrebbero coprire il semplicismo del discorso di base. Ha dato ai-
razione, debole in sé, un carattere estremamente letterario” . Gian Luigi Ron­
di (Il Tempo, 12 settembre 1969), scrive che “ lo stile del regista, questa volta,
a parte le nauseabonde cose che ci propone, sfida molto di più che in passato
ogni ferma esigenza di chiarezza e buon gusto” . Claudio G. Fava si compiace
della sua raffinatezza, così: “ Da Teorema in poi, si vede come Pasolini abbia
pienamente ceduto al "cote’ più intellettualistico. Non sprezzando deliberata­
mente (anzi cercando di arricchirla di notazioni paseaggistiche sempre più raf­
finate) la chiarezza e la coerenza della scrittura, ma nella sostanza immergen­
dola in un contesto così impregnato di ‘ interruzioni’ , allusioni e simbolismi,
che finalmente si risolvono, nonostante ogni sua sincera speranza e appetizio­
ne in contrario, in un faticato e cerebrale sperimentalismo” (Rivista del Cine­
matografo, XLTT, settembre-ottobre 1969). Morando Morandini (Tempo, 20
settembre 1969) e Guido Aristarco (Cinema R , settembre-ottobre 1969)
u o l o

non cadono nella critica del riciclo e se Morandini ha l’ impressione che Lui ti­
mo Pasolini sia quello di un “ letterato che trasferisce immagini (il proprio mon­
do) da una lingua all’ altra, invece che quello del cineasta che inventa senza me­
diazioni./ senza ‘ traduzioni” ... Aristarco riconosce al film di Pasolini di essere
“ un interessante e intelligente saggio sul cannibalismo” . A Michel dimeni (Po­
sitif* dicembre 1969) non sfugge la “ disperata sfiducia” di Pasolini nella socie­
tà capitalista e ravvede al fondo dell’ opera, la “ sua fumosa ideologia” . Ma s’ in-
djana molto, “ per il fatto che Pasolini mescoli con rara confusiono-autogiusti-

IL
Fino Bertelli

dice di mordere... ma la sua dottrina morale si classifica nelle succursali della


comunicazione e tutti restano fuori dall’ 6*Albergo per le idee inclassificabili eie
rivolte senza fine” (André Breton) che mettono la parola fin e alla propria con­
dizione di miseria. l)i fronte alla mediocrità della società statuale e alla violen­
za che essa stessa produce e sulla quale si erge, ogni violenza è permessa e tut­
te le armi della critica radicale divengono vie dell’ eccesso che mettono fine ai
palcoscenici insanguinati della tolleranza.
Per Porcile Pasolini impressiona circa 70.000 metri di pellicola, ne monta
2.685 (98’ ). Le riprese vengono effettuate in due periodi... nel mese di novem­
bre 1968 (I episodio) e nel mese di febbraio 1969 (IT episodio). 11 film è vietato
ai minori di 18 anni. La prima proiezione pubblica fu fatta alla Mostra del ci­
nema di Venezia.9 5 Pasolini la disertò, in polemica con gli organizzatori per
(pianto era accaduto Panno prima (proprio il 6 agosto era apparso davanti ai
giudici insieme a Zavattini, Maselli, De Luigi, Ferreri, Angeli e Massobrio per
i “ fatti del *68” ), lasciò a Moravia il compito di leggere alla stampa un suo co­
municato:

"Cristallizzare l’ orrore.
Fare un sonetto di Petrarca su un soggetto di Lautréamont.
Un film atroce e soave.
Il contenuto politico esplicito del film ha come oggetto, come situazione storica, la Germania. Ma
il film non parla della Germania, bensì del rapporto ambiguo tra vecchio e nuovo capitalismo.
La Germania ò stata scelta in quanto caso limite.
Il contenuto politico implicito del film, invece, è una disperata sfiducia in tutte le società •'tori-
che: dunque, anarchia apocalittica.
Essendo così atroce e terribile il senso del film, io non potevo che trattarlo, a) con distacco qua­
si contemplativo: b) con umorismo.
Sono certo che qualcuno mi chiederà: “ Ma questo è un film autobiografico?” . Ebbene *sì\ ri­
sponderei a ehi mi facesse questa domanda. Il film è autobiografico, se non altro in quanto la
mia autobiografia mi ha portato prima a concepirne l’orrore e poi ad esprimerlo con distacco ed
umorismo. [Non che ci tenga tanto a questo distacco e a questo umorismo, ma tent ò, ci sono ar­
rivato.
Inoltre il film è in parte autobiografico per le sue seguenti ragioni:
Primo, io mi identifico in parte con il personaggio di Pierre Clementi (anarchia apocalittica e.
diciamo, contestazione globale sul piano esistenziale).
Secondo, io mi identifico in parte con il personaggio interpretato da Jean-Pierre Léaud (1 ambi­
guità, I identità sfuggente, e insomma tutto quello che il personaggio dice di se stesso nel lungo
monologo rivolto alla sua ragazza che se ne va).
11messaggio semplificato del film è il seguente: la società, ogni società, divora sia i figli disobbe-
dienti che i figli né disobbedienti nc obbedienti. I figli devono essere obbedienti e basta* .9 6

Porcile è un film radicale, trasgressivo, disancorato dai cinguettìi cinemato-


grafici/politici del momento. L’epicentro del film pasoliniano è la filosofia deb
VAnti-E dipo mutuata da Deleuze-Guattari e la rivolta dei figli che ricado sem­
pre sulla voracità o sull’ indifferenza dei padri (e delle madri). Con quest’ ope­
ra Pasolini cerca di opporsi al cinema come medium di massa. Elabora un ci­
nema aristocratico, inconsumabile, sulla scia di Uccellacci e. uccellini e Teore-
r ìe r r a o i o rascmin/u ili c o r p o

tua. A qualcuno clic obietta che Teorema è un’ opera che è stata molto consu-
uiata, clic ha avuto successo, e Porcile si avvia sulla stessa via... il poeta ri­
sponde che i suoi film “ sono stati o vengono consumati... per una serie di ra­
gioni contraddittorie. Ma sono almeno indigesti o addirittura indigeribili: i
consumatori li mettono in bocca ma poi li sputano, o passano la notte col mal
di pancia” (Pier Paolo Pasolini). Era vero. Insieme alla lezione eversiva del ci­
nema godardiano, Pasolini andava ad operare una rivoluzione alPinterno del
linguaggio cinematografico, disvelando la stupidità planetaria del mondo con­
temporaneo. Porcile non fu compreso alPiinanimità (o quasi). Moravia lo di­
fende con la bava alla bocca. Cita Mizoguchi, Straub e perfino Schopenhauer:
•'L'ingiustizia si esprime in concreto nel modo più compiuto, più caratteristico
e più tangibile col cannibalismo: questo è il suo tipo più chiaro ed evidente,
l'orrenda immagine del massimo contrasto della volontà con se medesima, nel
grado supremo della sua oggettivazione, che è l’ uomo” .9 7 Resta solo a soste­
nere che Porcile è il "miglior film di Pasolini dopo Accattone e La ricotta” . Il
Tempo sentenziò che Porcile era '"il titolo giusto per Pultimo film di Pasolini” .
L'apologo pasoliniano sul mondo neocapitalista suscitò indignazioni e perples­
sità tra gli addetti ai lavori. Sergio Frosali (La Nazione, 31 agosto 1969) ravvi­
sa nel film un "tema scontalo c sufficientemente generico, almeno come l’ ha
enunziato, cioè la degenerazione della società capitalistica, e comunque di ogni
tipo di società storica, e vi ha sovrapposto una rete di allegorie intellettualiz­
zanti che dovrebbero coprire il semplicismo del discorso di base. Ha dato al­
iamone, debole in sé, un carattere estremamente letterario” . Gian Luigi Ron­
di (Il Tempo, 12 settembre 1969), scrive che "lo stile del regista, questa volta,
a parte le nauseabonde cose che ci propone, sfida molto di più che in passato
ogni ferma esigenza di chiarezza e buon gusto” . Claudio G. Fava si compiace
della sua raffinatezza, così: "Da Teorema in poi, si vede come Pasolini abbia
pienamente ceduto al 'cote’ più intellettualistico. Non sprezzando deliberata­
mente (anzi cercando di arricchirla di notazioni paseaggistiche sempre più raf­
finate) la chiarezza c la coerenza della scrittura, ma nella sostanza immergen­
dola in un contesto così impregnato di 'interruzioni’ , allusioni e simbolismi,
che finalmente si risolvono, nonostante ogni sua sincera speranza c appetizio­
ne in contrario, in un faticato e cerebrale sperimentalismo” (Rivista del Cine­
matografo, XLIT, settembre-ottobre 1969). Morando Morandini (Tempo, 20
settembre 1969) e Guido Aristarco (Cinema Nuovo, settembre-ottobre 1969)
non cadono nella critica del riciclo e se Morandini ha 1 impressione che l'ulti­
mo Pasolini sia quello di un "letterato clic trasferisce immagini (il proprio mon­
do) da una lingua all’ altra, invece che quello del cineasta che inventa senza me­
diazioni, senza 'traduzioni” ... Aristarco riconosce al film di Pasolini di essere
"un interessante e intelligente saggio sul cannibalismo” . A Michel Cirnent (Po­
siti/, dicembre 1969) non sfugge la "disperata sfiducia” di Pasolini nella socie­
tà capitalista e ravvede al fondo dell’ opera, la "sua fumosa ideologia” . Ma s’in-
diona molto, "per il fatto che Pasolini mescoli con rara oonfusione-autogiusti-
P in o B ertelli

Reazione, anarchismo, marxismo e cristianesimo. Più grave ancora è l’impo­


tenza del cineasta a far passare nel suo film un soffio di rivolta e a imporci le
sue storie aberranti” . Vero niente. Porcile si pone come anello di congiunzione
tra vecchio e nuovo capitalismo. Dietro la facciata della rispettabilità e del ri­
gore borghesi si celano violenze inaudite e Pasolini non teme di affermare che
la coscienza dei propri diritti possa diventare “ aggressiva e terroristica... [ma]
non cesserò di lottare, come posso, anche contro il fascismo di sinistra” (Pier
Paolo Pasolini).
La contestazione di Pasolini è radicale e il messaggio semplificato di Porcile è il
seguente: “ La società - ogni società - divora sia i figli disobbedienti che i figli
né disobbedienti né obbedienti: i figli devono essere obbedienti e basta” (Pici-
Paolo Pasolini). Chi considera il personaggio di Clementi un rozzo bandito
sbaglia, egli è una specie di intellettuale nietzschiano, “ che aspira alla santità.
E un santo, ripeto, per dirla umoristicamente, della contestazione globale: un
santo sgradevole” (Pier Paolo Pasolini). Il cannibalismo in Porcile (come la
sensualità malinconica di Accattone, Mamma Roma o Teorema) è un sistema
di segni e allegorie che contengono i simboli della rivolta portata agli estremi...
La grazia, per Clementi, è lo spirito di rivolta, una rivolta totale, crudele e
sgradevole” (Pier Paolo Pasolini). Per Cittì, Garofolo o Léaud è diverso. Con­
sumano la loro vita nell’ incomprensione. Sono poeti del mistero e delPirrazio-
nalità. Come tutti i poeti non compresi, non sono tollerati né dal potere né dal
popolo e per questa incapacità di non appartenere al proprio tempo... finiran­
no uccisi dalla polizia, lasciati morire in un carcere o mangiati dai porci.
Porcile è un’ altra cosa da ciò che è stato scritto o supposto... L’ apologo anar­
coide, è un’ opera tra le più poetiche di Pasolini. Di una bellezza figurativa e di
V

una grazia surreale che ha pochi eguali sullo schermo. E un saggio sull’ origine
della trasgressione e sulla nascita della parola. Teatro di una coscienza indivi­
duale che si svincola dalla repressione che subisce da ogni forma di istituzione,
da ogni tipo di società storica. E un film sulla sognata giustizia popolare del-
ranarchismo mistico egualitario del primo medioevo,9 8 quando le turbolenze
e i furori della Jacquerie utopista riuscirono a tagliare con una spada doppia­
mente affilata, le teste dei nobili, dei chierici e dei tiranni. “ L’ orrore della fine
illumina di cruda luce l’inganno delle origini” (Theodor W. Adorno). 11 disin­
canto etico pasoliniano, rompe la contemplazione della beatitudine mondana
che concilia il mito con la storia. La malignità del vero non ammette obiezioni.
Solo l’eredità dell’ autoritarismo intervallato tra le forche e le assoluzioni. Ec­
co perché INlietzsche tagliò corto con le comunicazioni col mondo e cominciò a
cantare i suoi segreti per “ tutti e per nessuno” . Pasolini (come Nietzsche), si è
fatto scrutatore d ’ anime e corsaro delle vie/forme di vita... ha elevato la po­
tenza spirituale di ognuno a capacità teoretica di tutti quelli che appartengono
al futuro sulle macerie del presente (e s’ involano verso il ciclo aurorale degli
atei). L'ottusità dei servi è la stessa ottusità dei loro padroni, ma meno splen­
dente.
p0po Teorema e Porcile, in un areo di tempo di 12 mesi, Pasolini chiude il trit-
•,0 stili epifania della rivolta o sull’ insurrezione dell’intelligenza con Medea.
I^usia della ricerca pasoliniana è lirica, a tratti simbolica, surreale... e il suo
filiti-è di quelli scomodi, non proprio graditi ai pennivendoli di regime e al pub­
i c o , sempre teso a cose che non fanno pensare o che aiutano a dimenticare,
j a gua Medea è quella barbara, dove sogno e realtà travalicano la leggenda e il
e vanno ad istituire sullo schermo una delle tragedie moderne più corn­
ante. Le rivoluzioni le fanno le minoranze, le maggioranze e i loro capi le af­
fossano. Medea è un discorso sulla violenza, sui falsi miti, sui miti traditi, sul
Nnoto spirituale, sull’ impossibilità di adattamento di una donna in amore, con­
tro le apparenze e i razzismi della società del suo tempo. Pasolini vede la “ ci-
*ilizzazione” compromessa col colonialismo. L’ architettura filmica è essenzia­
le. scevra da ogni riferimento hollywoodiano, le contaminazioni sono molte e
non solo di carattere estetico... anche la tragedia greca viene “ toccata” e al fon-
,jo dell’ opera, il ritratto di Medea può benissimo essere inteso come la raffigu­
razione in fieri, di un intero popolo del Terzo Mondo. Il mitico diviene reali­
stico e ciò che è reale si strafigura nel mito. Pasolini accosta personaggi, am­
bienti, sogni in un vigore espressivo non comune... amore, disperazione, vio­
lenza sono miscelati in misteri e parabole che fanno di questo film un conteni­
tore di segni, tutti esposti sulla linea della diserzione e della “ diversità” . La for­
za dei significati pasoliniani assume sovente, momenti di grande poesia e ciò
che tracima dallo schermo è un’ originale lezione di cinema, oltre ad essere, for­
se. una delle maggiori opere di cultura popolare mai viste prima.
Linterprete di Medea (sorprendente), è Maria Calla», una musa per gli omo­
sessuali di tutto il m ondo (cosa che lei non gradiva, come non le piacevano le
idee sul marxismo che aveva Pasolini). Pasolini scrisse per lei delle singolari
poesie e le dedicò alcuni disegni (mescolando vini bianchi e rossi, cera di can­
dele, petali di fiori frantumati...) di grande valore emozionale.9 9 “ Callas: Tut­
to cessa da se, quando la (il) cliente/non ha più soldi” , disse il collega einico/a
Jung. Ma niente è m ai cominciato! C’è stato/forse il momento inaugurale in cui
la vittima/da buttare nel fuoco fu sostituita (presso gli seozzesi)/da un fantoe-
eio?/Le due cose furono (e sono) sempre contemporanee./I superamenti, le sin­
tesi! sono illusioni,/dico io, da volgare europeo, ma non per cinismo -/e Lèvy-
Bruhl fondava il razionalismo delle società.../superiori (e lo faceva a ragione)
su “ tempo, spazio e sostanza” ,/terna di cui mancano (e avevano dunque ragio­
ne.../le società inferiori) i due primi dati! La tesi/e l’ antitesi convivono con la
sintesi: eeeo/la vera trinità dell’ uomo né prelogico né logico,/ma reale. Sii, sii
scienziato con le tue sintesi/ehe ti fanno procedere (e progredire) nel tempo (che
non c ’ è),/ma sii anche mistico curando demoeratieamente/nel medesimo taber­
nacolo, con sintesi, tesi e antitesi./La storia non c ’ è, diciamo, c ’ è la sostanza:
che è apparizione./Così potrai vivere, da bravo cittadino rivoluzionario,/nella
storia che è la sola illusione possibile per te./Infatti, il sole domenicale splende,
e fervono lavori/di falegnameria, evidentemente supplementari, o “ straordina-
Fino Bertelli

ri” ,/nella pace del sole della Cappadocia, la cui realtà/dopo una lunga interni-
zione, riprende il suo corso,/attendendo, oggi, ad esempio, l’ arrivo della Cal-
las./(Sotto questo sole, poi, sia detto ancora, per incidente,/San Paolo è passa­
to invano. Migliaia di creature/lianno continuato senza interruzione e pace/a
pascolare greggi se maschi, a zappare e filare se femmine:/tntti ugualmente sof­
focati da polvere o fango secco -/mentre supremamente indifferenti mandorli e
pistaechi/convivono smaglianli/eon chi ha ancora un p o ’ di soldi da spende­
re)” . ! 0 0 Sul volto della Callas, Pasolini scorge “ qualcosa di antico, misterio­
so, magico, dei terribili conflitti interiori” (Barth D. Schwartz) che fa propri e
li sparge sullo schermo. T lineamenti, gli occhi, Pattoralità prosaica della Cal­
las divengono il tratto di unione tra il mondo contadino greco e la civiltà bor­
ghese in decomposizione. Lavorano fianco a fianco per due mesi e Pasolini e la
Callas divengono amici. L’ atmosfera figurativa del film è solare, investita di
una luce che Pasolini definisce “ sacra” e qui il suo stile, la sua tecnica rag­
giungo una finitezza dreyeriana d ’incomparabile nitore filmico. In Medea, Pa­
solini rimanipola materiali, intuizioni, parabole già usati in Edipo re e Porci­
le... ne esce fuori un pastiche aristocratico di notevole bellezza estetica e di
grande respiro eversivo. Il poeta trasfigura la tragedia di Euripide e lavora sul­
le “ visioni surrealiste” di Medea (il titolo provvisorio e purtroppo abbandona­
to era Visioni della Medea). La profondità intcriore e la storiografia conflui­
scono in un conflitto irrimediabile dove l’ individuo è sempre più dissociato dal­
la società.
Il film si apre sulla città di Ea. nella regione antica della Colchidc, un sole gial-
lo/rosso abbacina un sacrificio umano... è il rito per la fertilità della terra che
avviene alla presenza dei figli di re Reta e Medea (Maria Callas), dea della mor­
te, sacerdotessa di Ecatc. La vittima viene crocifissa e strangolata (tra la folla
eccitata) e le sue carni offerte al popolo (in una comunione apertamente eroti­
ca). Nella tazza che contiene il suo cuore, gli eletti si bagneranno le mani e lat­
ta la lunga sequenza del sacrificio è accompagnala da una nenia funebre... Me­
dea la girare la ruota solare che simboleggia il tempo ciclico della vita e dice:
“ Dà vita al seme, e rinasce il seme” . Giasone (Giuseppe Gentile) ormai uomo,
torna nella città di Jolco per rivendicare il trono... Pelia gli promette il trono
e gli onori di re se se lui riuscirà a conquistare il vello (Poro. Giasone s’imbar­
ca su una zattera, Argo (la prima nave della storia...) c con gli argonauti ap­
prodano nella terra di Golclùde. Predano ogni cosa che incontrano nel loro
cammino... intanto a Ea infuria la paura. Giasone appare in sogno a Medea
(che resta affascinata dal suo volto) e insieme al fratello ruba il velia d oro e
fuggono su un carro. Eeta e le sue guardie cercano di riprendere i suoi figli e il
vello... Medea raggiunge Giasone e gli argonauti, uccide il fratello, si unisce a
Giasone e gli dona il vello d'oro. Per arrestare l’ avanzata dei soldati di Eeta.
Medea sparge i pezzi del corpo del fratello sulla strada, il padre si ferma per ri­
comporre il figlio. Medea, Giasone e gli argonauti prendono il mare verso Jol­
co. Appena a terra, Medea cade nel terrore... la bellezza del sole e la freschez-
P ier P a o lo Pasolini/II cin em a in c o r p o

/,a della terra gli sono estranei... e mentre gli argonauti festeggiano l'impresa,
Medea avverte i venti del disastro... Giasone la prende per la inano, la porta
nella sua tenda e fanno Vamore. Giasone consegna a Pelia il vello d'oro e ri­
vendica il trono... Pelia tradisce la promessa e Giasone (sprezzante contro tut­
ti i valori del regno) volge il suo immaginario verso nuove conquiste. Medea è
cestita di nuovo e viene a far parte di una nuova comunità. Sono passati dieci
aiuti. Giasone e Medea vivono a Corinto ed hanno tre figli. Giasone ha lasciato
Medea e vuole sposare Glauce (Margaret Clementi), figlia di re Creonte (Mas­
simo Girotti). Medea cade nel dolore. Giasone incontra il centauro (metà uomo
e metà animale) che gli comunica i sentimenti amorosi che ancora lo legano a
Medea. Medea (in sogno) torna a parlare col sole e dona a Glauce le sue magi­
che vesti... la maledizione di Medea è che quando la ragazza le indosserà, pren­
deranno fuoco e Glauce brucerà nel suo giorno più bello. Creonte espelle Me­
dea dalla città... Medea chiama Giasone e fanno di nuovo Pamore. Per rulli-
ma volta. Medea strappa a Giasone l’impegno che i suoi figli possono restare a
Corinto, vicino al padre. Gli affida i suoi abiti per donarli a Glauce. Giasone e
i tre figli vanno alla reggia di Creonte. Alla vista delle vesti alchemiche di Me­
dea, Glauce corre fuori dal palazzo e si uccide. Medea chiama i figli, ad uno ad
imo fa il bagno e poi, prima di metterli a letto, li uccide teneramente. 11 giorno
dopo Corinto brucia e tra le fiamme del sole appare Medea (con i corpi dei fi­
gli vicino a sé)... Giasone è sconvolto e Medea gli dice: “ niente è più possibile
ormai” . Un grande sole rosso/sangue chiude la storia, rosi come si era aperta
in principio dell’ opera.
Con Medea, Pasolini prosegue la sua rivisitazione dell’ amore come conflitto e
apologia della morte... vede in Medea l’ abbandono di una comunità tribale vio­
lenta, sanguinaria, religiosa... per andare incontro ad una società laica, su­
perficiale non meno violenta di quella che aveva conosciuto... l'insieme di due
umanità resta irrisolto (e forse irrisolvibile) e la diversità di Medea mostra che
non c fcè nessun mito/dio nelPindoltrinamento dei sentimenti. Medea incarna la
femminilità dell’amore 9 la p ro lificità della terra e l’ anima incandescente del-
rimmaginale della sessualità dove i margini della sofferenza e i limiti della real­
tà si confondono... il suo odio per tutto ciò che il suo amore aveva partorito è
radicale e ciò che non è più amore non ha più ragione di vivere. La filosofia
eversiva della Medea pasoliniana, ricorda non poco, la favola ebraica di Lilith,
la prima donna di Adamo: “'Dio creò dapprima la donna dalla terra e la chia­
mò Lilith: fantasma notturno. La diede in moglie al primo uomo. Lilith si con­
siderava di pari valore rispetto a Adamo e non voleva essergli soggetta. Dice­
va: wTu non sei in nulla migliore di me. Kntrambi siamo fatti di terra. Ho i tuoi
stessi diritti e quindi non voglio essere tua subalterna’ .
Dopo un violento alterco, gli si ribellò e fuggì via. Allora Dio mandò tre ange­
li. Snoij, Sansoij e Smanglof per inseguirla e riportarla dal marito. La prese­
ro: ma poiché lei si rifiutava di tornare a casa, volevano affogarla in mare.
Allora Lilith rivelò loro che era stata fatta per uccidere i neonati. Ma se l’ a­
Fino Bertelli

vesserò lasciata andare, lei si sarebbe impegnata a non uccidere alcun neonato
di nome Snoij, Sansoij e Smangio!’.
Questo giuramento lo ha mantenuto fino ai nostri giorni. Nella stanza dove sta
la partoriente si disegna un cerchio e in mezzo stanno scritte le parole: ‘Adamo
ed Èva, Lilith fuori , vale a dire: qui ci sono Adamo ed Èva, Lilith non ha il
permesso die entrare. E sulla porta della stanza stanno scritti i nomi dei tre an­
geli: Snoij, Sansoij e Smangio!'. Questi scacciano Lilith dalla lunga chioma
quando di notte compare, per far soffrire i neonati e ucciderli'’ (ha lasciato
scritto Aleph Betli D’Ben Sira). 101
La rivolta contro il potere di vino/secolare di Lilith è la stessa di Medea... sia Li­
lith che Medea insorgono contro la grana delle parole e l’origine della ferita che
l’uomo porta contro la donna, sempre. Agli occhi di Lilith e di Medea... l’uo­
mo è incapace di sostenere lo splendore amoroso delle donne, si disperde nel­
l’ ascesa al potere e nella stupidità dei giorni rompe ogni forma di armonia dei
cuori. Difficilmente Duomo conosce la leggerezza angelica delle donne né il re­
spiro luminoso della loro seduzione... sovraccarica l’ anima di razionalità, di
tradimenti, di paure e costruisce un mondo dove la tenerezza è immobile e La-
more marcisce all’ ombra delle abitudini e dei valori costituiti. Medea (come Li­
lith) rinuncia ad ogni forma di dominio per difendere il suo amore c nell’ emer­
sione del dolore più grande, ritrova la dignità e il rispetto di sé. L’ universo
amoroso della donna eleva la parola fino alle stelle e fa dei suoi baci il crogiolo
dove l’ emozione canta con i tamburi del cuore. La donna rispetta l’ invisibile e
fa del piacere d ’ amare il raccoglimento delle proprie attenzioni. La donna sol­
leva il velo dell’ amore e accende la fiamma della malinconia dove la presenza
del suo amore abita Laria intorno a lei e tutto diventa possibile. E l’ amore sen­
za possesso dell’ amore la luce più alta e raggiungibile che libera la pesantezza
del dovere... è l’ amore che fa da ponte fra noi e il mondo ed è Lalterità dell’ a­
more che brucia il mondo nella sua mediocrità. L’ amore è una nascita. Rico­
nosce nelLaltro/altra la possibilità di amare senza chiedersi perché e nel con­
tempo offre all’ altro/altra l’ opportunità di divenire quello che siamo. Nascere
donna è nascere con un marchio o una destinazione. Quella di fìglia-donna-ma-
dre. Per l’ uomo questa trinità fantastica, costituisce un oggetto o poco meno.
L’uomo dimentica che è alla donna che si deve l’ emancipazione della sessualità
e la rivoluzione delie donne è stata forse la sola grande rivoluzione delLumani-
tà... il vedere in trasparenza delle donne, significa liberare le proprie energie
per andare a migliorare il dentro e il fuori di sé, praticare ]a filosofia della ca­
rezza (del toccare, del toccarsi), riconoscere la possibilità d ’ amare nelle anime
gentili della terra e favorire il respiro dell’ amore nella vita quotidiana. L’ oc­
chio dionisiaco del cinema pasoliniano va al di là della semplice percezione
estetica, si commuove della bellezza e della sofferenza e fa degli affetti del cuo­
re, l’epifania di ogni amore.
In Medea, Giasone incarna la razionalità, il contagio, la coerenza cieca che non
capisce nulla al di fuori del “ nuovo” ... la sua scalata al potere è quello che con­
P ie r P a o lo Pasolini/H cin em a in c o r p o

ta su tutto e paga con la morte dei tigli e la perdita di Medea la sua visione pic­
colo-borghese del mondo. Il mito di Euripide è rovesciato. Lì la citta insorge
contro la “ barbara” che infrange le loro regole e uccide i suoi figli. Qui è la don-
tia/raaga che rompe tutti i valori di una società eretta su falsi idoli e restituisce
al fuoco e alla terra i suoi amori più grandi. La “ maga'’ Medea è il solo perso­
naggio forte del film... la sua sapienza è in queste parole: “ Forse hai ragione.
Sono restata quella che ero, un vaso pieno di un sapere non m io...” , ma non è
vendetta la sua, è invece il ritorno a qualcosa di meno volgare, più vicino alle
lacrime dell’ amore perduto che all’ effimero totemico nel quale fluiscono i va­
lori correnti. Giasone è il guerriero del “ nuovo” che avanza... bello quanto stu­
pido, egoista quanto inutile... c un uomo in carriera al quale manca l’ epicità di
Ulisse o il coraggio di Spartaco. Pasolini elabora ancora un dittico. Ancora una
bestemmia poetica sulla sacralità della modernità che ha violato e calpestato le
proprie origini. Medea dice questo. E con forza. Ciò che è sacro non si confer­
ma accanto alla sua forma sconsacrata ma proprio abolendo il sacro che pos­
siamo vedere al di là di ogni oracolo.
Il film è terribile e Pasolini fu profondamente incompreso. Il pubblico disertò
le sale (o quasi), la critica lo bollò con i soliti strali di formalismo, velleitarismo
o estetismo... furono in molti a non capire nulla di questo film duro, agghiac­
ciante, terrorista contro ogni forma di religiosità istituita... qualcuno lo trovò
collerico e pregno di un “ barbarico manierismo” (Adelio Ferrerò), altri lo con­
finarono nel limbo della preistoria dell’uomo, come “ inglorioso cantore di
astrazioni inafferrabili” (Sandro Pctraglia). Tutto un’ altra cosa. L’ amore e il
pianto di Pasolini per l'età del sacro e Vetà del profano contengono ampia­
mente le turbolenze di quegli anni... ed è sulla preistoria della civiltà (che Pa­
solini disvela senza pietà), che possiamo mettere fine ai giochi favolistici e alle
chiacchere filistee dispensate dai corpi diplomatici del Paesi più sviluppati... c
dentro un nco/colonialismo della parola, delFimmagine, della merce, Pasolini
scrive: “ Nei miei film storici io non ho mai avuto Vambizione di rappresentare
un tempo che non c ’ è più: se ho tentato di farlo, l’ ho fatto attraverso l'analo­
gia, cioè rappresentando un tempo moderno in qualche modo analogo a quello
passato. Ci sono ancora dei luoghi nel Terzo Mondo dove si fanno dei sacrifici
umani: e ci sono tragedie dell’ inadattabilità di una persona del Terzo Mondo al
mondo moderno: è questo persistere del passato nel presente che si può rap­
presentare oggettivamente, che diviene una metafora del presente... il passato
nel presente è l’integrazione figurale del passato... Poi, si sa, il sentimento del­
la storia è una cosa molto poetica, e può essere suscitato dentro di noi e com­
muoverci fino alle lacrime, da qualunque cosa: perchè ciò clic ci attrae a tor­
nare indietro è altrettanto umano e necessario di ciò che ci spinge ad andare
avanti” . 102 Le catene immaginarie con le quali il potere continua a soggioga­
re gli uomini, sono gli oracoli, le culture e le ideologie. Liberarsi dalle religioni
come dalle impalcature dei falsi valori, significa far baluginare dappertutto i
lampi dell’ intelligenza sovversiva. Scavare sotto la realtà del fittizio i frana­
Pino Bertelli

menti dei castelli di rabbia. E così sia. L’ inizio della “ storia” coincide con la
“ storia” della merce. Il passaggio dalla civiltà-nomade (decentrata) a l’instau­
razione della soeietà-sedentarizzata (centralizzata), segna anche la separazio­
ne tra Fi «dividilo e la comunità. La materia prima dell’ umanità cui dirizzata,
sembra essere la repressione. C ’è stato un tempo che non esistevano i maitres
à penser e ciascuno viveva secondo i suoi desideri e l’ inautenticità dei ruoli era
bandita dalla comunità. La capacità di sognare di uno era anche la capacità di
sognare di tutti. Ciascuno a proprio modo. II piacere di appartenersi sconfig­
geva qualsiasi delirio di dominazione dell’ uomo sull’ uomo. Poi vennero i giu­
dici e nacquero i colpevoli. 11 mercato del peccato proliferò. Si alzarono le mu­
raglie della mentalità protezionistica e si eressero le forche dei padroni. 11 re­
sto sono i bagni i sangue con i quali la giustizia della storia ha concimato gli al­
bori della civiltà dello spettacolo.
Riguardo a Medea, il solito Petraglia impugna la falce e il martello della criti­
ca militante, accusa Pasolini di “ tradimento” , “ ingannatore” e “ millantatore”
di insensatezze filmiche, poi esce allo scoperto e grida: “ 11 cinema [di Pasolini]
è poesia senza passione e ideologia senza carne, ectoplasma che nasce mo­
struoso e elle cerca Passenso generale per dimostrare a se stesso di essere vero.
Buono per letterati borghesi e patiti dell'immagine in movimento, per vec­
chietti scandalizzati c impietosi nascosti nel buio delle sale a godersi il peccato
prima di stendere un frettoloso esposto al procuratore della repubblica” .103
Il tono degli stupidi è sempre volgarmente “ alto” . Gli rispondiamo con una sto­
riella che circolava nel "68 tra certi Situazionisti toscani, quando si riunivano
nelle osterie e cantavano Virino della rivolta di Luigi Molinari (1894)... “ Ai gio­
vani Incerti, sedicenti e ridicoli ideologhi dell’ cstreiiiismo critico (i vari club si
contano numerosi in Italia, a partire da quelli che hanno una prosa da fumet­
ti), capita loro quello che capitò alla scimmia che aveva assistito alla rasatura
dell’ uomo. Racconta Heine: Quando questi uscì dalla stanza, la scimmia en­
trò, tirò fu ori dal cassetto gli arnesi da barba, s'insaponò e si tagliò la go­
la” . 104 La ballata di Molinari riecheggiava ovunque e alla strofa - “ Per le vit­
time tutte invendieate/là nel fragor dell’epico rimbombo/compenseremo sulle
barricate/piombo con piombo” - . . . il vino, il pane e le rose invadevano gli oc­
chi di tutti ed i sogni d ’ amore e di libertà di uno divenivano i sogni di tutti.
Medea è l'opera con la quale Pasolini affronta senza mezzi termini, il rappor­
to violento del mondo occidentale nei confronti col Terzo Mondo, visto come un
“ universo umano perv aso dal senso del sacro e del mitico e perciò ancorato al­
la realtà ’ (Luciano De Giusti). Il regista lo contrappone alla degradazione del
mondo borghese inghiottito dal consumismo e dalle ideologie e si richiama alla
“ forza del passato” per affrancarsi ai fratelli più offesi della terra. Lo ilice con
chiarezza: “ Io sono ateo. Ma i miei rapporti con le cose sono pieni di misero e
di sacro. Per me niente è naturale, nemmeno la natura” . 105 E il
Centauro/mentore di Giasone gli dice: “ Tutto è santo, tutto è santo, tutto è san­
to. Non c ’è niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tientelo bene in meri-
Pier Paolo Pasoìiiii/II cinema in corpo

tt?. Quando la natura ti sembrerà naturale, tutta sarà 1inito c coniincera qual
cos'altro. Addio cielo, addio mare! Che bel cielo! Vicino, felice! D i', ti sembra
che un pezzetto solo sia innaturale? Non sia posseduto da un Dio? E così il ma-
ce, in questo giorno in cui tu hai tredici anni, e peschi con i piedi nell’ acqua tie­
pida. Guardati alle spalle! Che cosa vedi? E forse qualcosa di naturale? No, è
un'apparizione, quella clic tu vedi alle tue spalle, con le nuvole che si spec­
chiano nell’ acqua ferma e pesante delle tre del pomeriggio!
...Guarda laggiù... quella striscia nera sul mare lucido e rosa come Eolio. E
quelle ombre di alberi... quei canneti...
In ogni punto in cui i tuoi occhi guardano è nascosto un Dio!
E se per caso non c ’ è, ha lasciato li i segni della sua presenza sacra, o silenzio,
o odore di erba o freco di acque dolci...
Eh sì, tutto è santo, ma la santità è insieme una maledizione.
Gli dei che amano - nel tempo stesso - odiano” . 106
Pasolini non vedeva differenza tra l'Edipo e Medea, e nemmeno tra Accattone
e Medea o tra II Vangelo e Medea... perché come tutti i veri autori, ciascuno fa
lo stesso film, scrive la stessa poesia, lavora sullo stesso quadro, approfondisce
Io stesso libro... e il tema reale dei suoi film è sempre “ una specie di rapporto
ideale e sempre irrisolto, tra mondo povero e plebeo, diciamo sottoproletario,
e mondo colto, borghese, storico” (Pier Paolo Pasolini). E questa proiezio­
ne/visione dell’ uinanità, in M edea, Pasolini l’ affronta direttamente. Medea in­
fatti “ è l’ eroina di un mondo sottoproletario, arcaico, religioso. Giasone inve­
ce è l’ eroe di un mondo razionale, laico, moderno. E il loro amore rappresen­
ta il conflitto tra questi due monili” (Pier Paolo Pasolini). Il testo di Euripide
non è che una labile traccia nell’ opera pasoliniana e anche le letture di etnolo­
gia e antropologia di Eliade, Frazer o Levy-Bruhi restano abbastanza sullo
sfondo... così Pasolini mescola gli esterni solari della Cappadocia con la lagu­
na di Grado, la Piazza dei Miracoli di Pisa con i costumi contaminali di retag­
gi popolari che ricordano il Messico, Marocco, Perù, la Turchia... fino a certi
abiti da festa del folclore sardo. Qualcuno rilevava alcuni “ incantamenti este­
tizzanti della camera” e bollava il regista di intellettualismo criptico. Vero nien­
te. Medea segna un punto espressivo altissimo dell’opera pasoliniana e resta
una “ un’ opera d ’ autore, intensamente personale e che non bisogna a nessun
prezzo trascurare, quali che siano le riserve che essa può ispirare’ (Marc Ger-
vais). Straub, Godard, Dreyer... sono lì, in quelle immagini eterne a significa­
re che amare vuol dire non tradire l’ amore.
L’interpretazione della Callas è emozionante. Quasi muta. Tutta latta di gesti,
sguardi e disperazione del corpo. I sui primi piani incorniciano il racconto di
antica nobiltà, le sue mani prendono il posto delle parole e graffiano la tela put­
tana dello schermo ili un orgoglio disperato, sciamanico, ribellistico di rara
bellezza. Jung o Lévi-Strauss emergono in parte nei suoi rituali totemici e il fa­
scino dell’ arcano o leggere alchimie della memoria, vengono registrate dalla let­
tura pasoliniana della tragedia, che separa l’ impuro dalla sostanza più pura (lo
P in o B ertelli

spirilo della trascendenza), come è scritto nei sacri testi esoterici, neIVApolo­
gia del diavolo (di G.B. Ehrard) o in La liberta di pensare e il libero pensiero
(dell abate Canet).107 Medea impersona lo sguardo aperto della ribellione
contro la vita offesa. Rompe l’incantesimo dei “ dominatori che si trasmette e
continua attraverso i dominati’* (Theodor W. Adorno). Infrange la totalità ma­
gnificata della vita come regressione verso uno stadio di schiavitù edipica e par­
ricida, e con la violenza restituisce la violenza che le fanno subire.
Mentre lavora a M edea, Pasolini scrive alcune poesie, una delle quali amplifi­
ca il suo distacco dalla cultura corrente che lo vuole allievo di quell*autore o fi­
glio di puttana... La ricerca del relativo: "‘Chi ha paura di Balzac? lo./Dreyer
cala, cresce Murnau, cala Mizoguehi, cresce Kenoir;/alte le azioni di Keaton,
alte quelle di Flaherty./La diegesi perde terreno rispetto alla mimesi;/ma né
Platone né Aristotile avevano eontemplato/la possibilità del discorso
vi$suto;/ebbenc, anche quest’ ultimo è in ribasso./Toccano [mute altissime le
funzioni diesegetiche/della descrizione, evviva Boileau;/soyez riches et porn-
pcux dans vos descriptions;/cataIi$i, catalisi da dare in pasto ai porci radunati
a Venezia/sempre nuove catalisi, con funzioni narrative oscure, oscurissime/la
Grazia è negli fndizi/la Storia nelle Funzioni/nelle catalisi c ’ è la grazia impura
e Findecifrabilità della storia/la pagano cara i poeti del ridondalite!/D*altra
parte i guai che passano se li cercano loro./Non c ’è dubbio che nel ridondante
c ’ è il Demonio,/poiché in esso non si dice sì è sì no se è no” . 108 In Medea, la
lotta metafisica pasoliniana del sacro contro il profano si fa più aperta. L’ope­
ra diviene una specie di catechismo della diversità dove riti barbarici c litur­
gie processionali sono depositari di visioni realistiche che escono fuori dalla
storia delle religioni per andare a depositare negli occhi del lettore, la trama
originaria della ribellione di Medea contro le raffinatezze false dei “ corinzia-
ni” . Certo, c ’ è anche una storia d ’ amore dentro Medea, ma quello che più im­
porta a Pasolini, è dire (die nella scelta di questa “ tragedia della ‘barbarie’ , in
cui si vede una madre uccidere i figli per amore di un uomo, quel che più mi ha
affascinato è la dismisura di quest’ amore” (Pier Paolo Pasolini). Così per Me­
dea, Pasolini sceglie una narrazione filmica mitica, favolistica, surreale... e ri­
esce (come nessuno) a filmare quella che lui stesso chiama - “ la violenza in­
cancellabile dell’ irrazionalità” - .
L antinaturalismo pasoliniano esce con forza da ogni inquadratura c secondo
Fintenzioni dell’ autore, Medea (come ogni opera grande) rappresenta “ la rico­
struzione completa del mondo, quindi non è naturalistico” (Pier Paolo Pasoli­
ni). C’ è però una notevole caduta nel film, è Tinterpretazione “ naturalistica”
di Giuseppe Gentile (Giasone), che con fin troppa disinvoltura entra ed esce di
scena come se si trattasse di un teatrino parrocchiale. La faccetta furba di Gen­
tile (nipote del filosofo che ha omaggiato il fascismo), eroe dell’Italia sportiva
per avere conquistato la medaglia di bronzo (di salto triplo) alle Olimpiadi di
Città del Messico del ‘ 68, non sembra sostenere il peso culturalc/politico che
Pasolini gli aveva affidato. E una delle poche volte che un interprete pasoli-

O Ort
Pier Paolo Pasolini/ltl cinema in co rp o

uiano di primo piano, crolla sia per la scelta tipologica che nell’ interpretazio­
ne. Gentile è sempre fuori tono, asincrono a tutto eiò che si dipana nel film. I
suoi ingressi in campo, sono grezzi, legnosi, falsi... c ’ è una ruvidezza degli at­
teggiamenti che travalica ogni buona intenzione... manca di carisma, di sedu­
zione, di leggerezza... non si capisce come Pasolini abbia effettuato questa scel­
ta. U aIteri là seduttiva di Massimo Girotti (Creonte) e la bellezza diafana di
Margareth Clementi (Glauoe) lo abbacinano e lo relegano a una semplice com­
parsala. L’immaginifico Centauro è impersonato da Laurent Terzicff e (piando
illumina lo schermo si avverte si avverte una sorta di misteriosa magia. Me-
dea/Calias si porta addosso la storia di un popolo del Terzo Mondo, che ha su­
bito la deflorazione della civiltà occidentale e Giasone è il portatore della spa­
da e della fede della storia moderna. Anche il Centauro, mano a mano che pas­
sa il tempo, diviene un possessore della ragione e finisce per diventare uguale
a Giasone. Alla fine, “ i due centauri si sovrappongono, ma non per questo si
aboliscono. Il superamento è un’ illusione. Nulla si perde. Il Centauro è un’ im­
magine onirica relativamente chiara, nella simbologia freudiana: il simbolo del
blocco parentale, padre e madre. 11 cavallo raffigura sia il padre che la madre.
s

E il simbolo dell’ androgino: della potenza paterna e della maternità (nel senso
in cui viene intesa la coppi a-figlio, dato che la madre antica porta il bambino
sulla schiena” . Così Pier Paolo Pasolini. 109 La chiusa di Medea è nichilista.
Chiama a se i figli, “ li lava, li veste con bianche tuniche e (sempre in silenzio)
li pugnala a morte. Pazza di dolore dà fuoco all’ abitazione” (Barth D.
Schwartz)... quando giunge Giasone (per abbracciare un’ ultima voglia i propri
figli bruciati) lo respinge con queste parole: “ No. Non insistere, ancora, è inu­
tile! Niente è più possibile, ormai” . Il coraggio di Pasolini è quello di dire, sem­
plicemente, elle la mediocrità (Giasone) resta quella clic era anche dopo un
evento così drammatico e nessuno è in grado di distruggerla né renderla invisi­
bile. La ribellione (Medea) ha sempre un prezzo alto, feroce, disperato... per­
ché sa che in fondo alla morte o al silenzio soffocato c ’ è la follia della felicità.
Medea “ costò molto e non andò molto bene, ma che abbia rifatto o meno le spc-
se conta poco. E il film, che conta. Un’ opera ammirevole, una delle più belle
che mai siano state fatte si questo tema” (Laurent Terzicff). L’ attore francese
resta affascinato per il modo di girare di Pasolini... anche se aveva alle spalle
una grossa produzione internazionale, il regista lavorava in economia di mezzi
e alla fine, tre (piarti del film furono girati da Pasolini con la cinecamera a ma­
no. Le riprese vennero effettuate (tra maggio-agosto 1969). Anche se il sac­
cheggio figurale di Euripide è esplicito, Pasolini contamina altre utopie... il gu­
sto fuori storia dello scenografo Dante Ferretti è di uria bellezza viva c i costu­
mi di Piero Tosi sono belli quanto arditi. Il commento musicale è curalo da Pa­
solini (con la collaborazione di Elsa Morante), sono brani religiosi antichi del
Giappone, canti e danze d ’ amore iraniani. Il montaggio, minuto, ellittico di Ni­
no Baragli, danno al film una visione quasi sperimentale. La fotografia (Kodak
Eastmancolor) di Ennio Guarnieri, sovente riesce ad infondere all’insieme fil­
Pino Bertelli

mico quel sapore di fa vola che stempera la crudezza della trattazione. Il film
esce Milano (Cinema Mignon) il 28. 12. 1969, con il divieto ai minori di 18 an­
ni (27. 12. 1969), decreto revocato un anno dopo (2 2 . 1 . 1970). Dura 110' e 28
secondi. JNon fu un successo commerciale. Le analisi della critica furono varie­
gate. L'incomprensione del pubblico fu generale e disertò le sale. C’ è anche chi
intuì nel film, momenti di autentica poesia.
Gian Maria Guglielmino {La Gazzetta del Popolo, 24 gennaio 1970), trova in
Medea una conferma, di quelle che erano le intenzioni iniziali di Pasolini: “ di
contrapporre, cioè, due mondi; quello religioso, primordiale, contadino, a suo
modo morale pur se fedele a costumi barbari e cupamente superstiziosi come i
sacrifici umani a onore di un Mio* cui s’ implora la fecondità della terra (il mon­
do cioè, della Colchidc dura e avara, da cui proviene Medea), e quello ‘laico*,
tecnico, ricco, potente con cui la protagonista, a differenza dello scaltro e am­
bizioso Giasone, non riesce a integrarsi nella florida e raffinata Corinto” . Per
Dario /anelli {Il Resto del Carlino, 25 gennaio 1970), “ questa Medea è soprat­
tutto un’ opera di grande fulgore figurativo, che rapisce ed incanta per la raffi­
nata sensibilità con cui sa intonare le luci, i colori, la composizione delle in­
quadrature al clima dei vari momenti della tragedia; per la vivida estrosità dei
suoi costumi... per l’ esotico fascino delle sue musiche orientali... e ancor più
per l’ arcana, remota, struggente bellezza dei suoi paesaggi, delle sue architet­
ture; le assolale campagne della Gappadocia e quei torrioni rocciosi - fitta­
mente bucati da grotte, fantasiosamente lavorate dalla mano doU noino - che
laggiù chiamano “camini delle fate’ Mino Argentieri, su Rinascita (30 gen­
naio 1970), scrive che Medea “ ha la malia stregante dei film che sposano una
felice ispirazione poetica e una purezza di linguaggio raramente applicabile,
comunque lo si giudichi, Pasolini non intacca mai la sua tempra di autore sin­
golare ed eccezionale nel contesto italiano e nel panorama mondiale” . Tutto ve­
ro. La stampa francese riserva a Medea le osservazioni più acute. Jean-Louis
Bory (Le ISouvel Observateur, 23 febbraio 1970). comprende lo sforzo pascli-
niano di rappresentare “ Furto della Grecia contro l’ Asia, della civiltà contro
le barbarie, del procedere logico contro il rito, del giorno contro la notte...
St raordinario spettacolo nel quale Pasolini s abbandona, con un piacere che
diviene nostro, a un carnevale barocchistico, malva e zafferano, nel cuore del
fantastico paesaggio della Gappadocia. Stravaganti processioni d ’ una etnolo­
gia di pura poesia” . And ree Tournès (Jeune Cinema, 4 marzo 1970) è meno
prosaico: “ La tradizione classica aveva ridotto il personaggio di Medea all im­
magine un p o’ 'flou* di un’ amante tradita, assassina dei figli: Pasolini gli ha re­
stituito la sua dimensione sociale: Medea resta la donna disgustata dalla bas­
sezza dell’uomo che ama, ma è anche e soprattutto la donna di un’ altra razza,
spaesata, sradicata, che il mondo razzista di Corinto esclude per la sua diver­
s i t à M e d e a . infatti, è un elogio della diversità che Pasolini getta sullo scher­
mo come apertura e interrogazione della storia. Medea incarna la diversità ra­
dicale ed esprime un turbamento elei modelli sociali. l\on partecipa al gioco,
wwi ■ t ig y fc iw
P ier P a o lo P asolini/Il cin em a in c o r p o

denuda LI reale negli squilibri di soggettività deviatiti dall’ ordine dei simulacri.
La sua diversità è una condizione esistenziale che pone l’ oggetto dei desiderio
fuori dai canali del conforme e della consolazione.
In Medea, come in tutto il cinema di Pasolini, vivere la propria “ diversità” , si­
gnifica non mortificare la propria identità... partire dunque dai propri deside­
ri e utopie per deviare o modificare la temporalità... mettere la soggettività al
servizio della conoscenza e dell’ eversione... tessere reti, canali, percorsi... svi­
luppare spazi, ambienti, territori... decontestualizzare il discorso dominante
sul quale si regge la società dello spettacolo... lavorare per la sua decomposi­
zione anziché tentare di distruggerla... ogni Stato ignora la libertà perché teme
le sue interrogazioni. La libertà dai pregiudizi e dai valori imposti si afferma
come lotta quando si combatte per la libertà delValtro e degli altri... che poi è
la propria. Essere liberi vuol dire essere capaci di rispondere ai propri bisogni
e approfondire il diritto di avere diritti... sapere ascoltare e agire, muoversi
nella condivisione dell’ amore dell’ uomo per gli altri uomini. Le catene della li­
bertà sono più pesanti di qualsiasi catena, perché il raggiungimento della li­
bertà è una promessa, un’ avventura, un canto comune a molta parte di un’u­
manità calpestata, derisa, violentata... le catene della libertà esprimono la ve­
rità, la devianza e il contrasto di tutte le diversità contro ogni forma di autori­
tarismo e di tirannia.
Medea, contiene in sé una teoria di cambiamento sociale e situa nei comporta­
menti, negli atteggiamenti, nelle azioni della vita quotidiana rovesciata... il
passaggio dal “ sogno di una cosa” (una pratica utopica della mutabilità) alla
rottura del cerchio conviviale. L’ amore non è mai innocente. Proprio perché è
aggressione, diversità, anomalia... liberazione dal serraglio convenzionale.
L’amore è un attentato contro l’ insieme dei valori e della morale dominanti,
dissimulati come coscienza sociale. I cuori degli stupidi (come quelli dei tiran­
ni o dei re) sono impenetrabili... ovunque la “ diversità” minaccia ciò che mi­
naccia la sua disperazione estrema. La Medea pasoliniana elabora anche una
poetica del cambiamento che non rimanda al Val di là ma segna il passaggio dal­
la teoria alla pratica rivoluzionaria. Medea privilegia gli aspetti erotici del cam­
biamento. In fondo, la sua è la vittoria dell’ amour fo u sulla morte sociale. Me­
dea, è qui vista come un’ eroina che insorge contro le regole e le norme dell’ or­
dine. Dà una dimensione concreta alla teoria inetabletica (scienza del cambia­
mento sociale) che trova le sue origini sovversive “ nella problematica del sog­
getto e nell’ analisi delle percezioni e delle fantasie umane, possiamo infine ri­
conoscere nella mctabletica lo studio delle dimensioni dell’ ottimizzazione della
lotta dell’ uomo da rivolgere verso e per una propria auto-affermazione e non
contro altri e verso un altrui distruzione” . 1 1 0
La inetabletica pasoliniana trasfigurata in Medea, non è una —lotta contro ma
una lotta per - infrangere gli scenari immutabili della storia. La psicologia mc­
tabletica di Mcdea/Pasolini, va al di là della contingenza storica, rimanda ad
una temporalità/immaginaria utopica, che pone il soggetto di fronte ai proble-
Pino Bertelli

mi reali della società e il clissidio/insorgenza violenta del soggetto, diviene trat­


to di unione tra passato e futuro. Medea esprime la possibilità di mutabilità del­
la ragione imposta. Ma non è una posizione di - guerra alla guerra - ciò che Me­
dea interpreta in modo radicale. Medea uccide i suoi figli e appicca le fiamme
a Corinto, non tanto per punire il suo stupido amante, Giasone... quanto per
ritrovare il coraggio e la fantasia della propria dignità. La sua rivolta è duale:
punisce se stessa per aver amato un razzista, si riconosce in una società senza
padri c dà alle fiamme il Palazzo. L’ utopia pasoliniana è concreta. Dice che
'Tuom o non ha né potere, né privilegi. Ila solamente responsabilità” (Oren
Lyons). La saggezza (come dicono i pellerossa) viene dai sogni. La conoscenza
è una nascita o una visione. Col tempo, gli stupidi c i potenti si strangolano da
soli. L’incantesimo dell’utopia che Pasolini addossa a Medea, è così forte da
sopprimere ogni sofferenza e nel dolore/amore della sua esistenza, apre a cia­
scuno la strada della realtà. Legati si corre in ogni direzione, liberi, si resta im­
mobili a guardare i franamenti del m o n d o .I li
Medea, è un’ opera che invita a pensare. Ad abbandonare ogni tipo di educa­
zione storica, a praticare il senso dell’eternità qui e ora. II film di Pasolini con­
segna alla filosofia della mutabilità, l’ eco del Nulla, cioè un’immagine angeli-
ea/utopica che non si appropria di nessuna forma ma come un suono visualc/vi-
sionario riecheggia e si riflette nelle coscienze più sensibili della terra. Perché
"'quando un suono si muove, non genera un suono ma un’ eco. Quando il nulla
si muove, non genera il nulla, la l’ essere” . 1 1 2 L’ eresia pasoliniana è forte. 11
suo chassidismo (devozione) verso gli umili e i poeti del sogno anarchico... che
si prefigurano una Terra della gioia dove ciascuno afferra il tempo come vuo­
le e diviene pastore di se stesso... lo porta a cantare melodie antiche e a tra­
sformare le lacerazioni del dolore in felicità. Pasolini si fa messaggero di sé e
apre il cuore al suo prossimo, “ perché in ogni uomo vi è qualcosa di prezioso,
che non si trova in nessun altro” (Martin Buber).
Medea, dunque, disegna la potenza dell’ energia femminile, mutevole e radica­
le, trasgressiva e insolente, veramente degna di essere adorala e temuta... che
pone la donna all’ origine di ogni cosa: “ To sono il regno, la dispensatricc delle
ricchezze, colei che sa. Il mio impero è immenso. Io risiedo in tutto ciò che è.
Da me proviene il cibo elle si mangia, ciò che si vede, ciò che si respira, ciò che
si ode. Coloro che mi ignorano vengono distrutti. Ascoltate quindi e meditate
con rispetto quanto dico: lo sono la gioia degli dei e degli uomini” . 113 L’inde­
cenza pasoliniana della "diversità” diffida di ogni tenerezza culturale... e Me­
dea si fa analfabeta della letteratura, per rivendicare nessun’ ultra felicità, "se
non quella dell intelligenza” (Marguerite Duras). E se uomini come Rousseau,
Montaigne, Diderot o Rilke 1 hanno in qualche modo raggiunta, è vero anche
che la felicità di uno non potrà mai essere la felicità di tutti. Medea è la donna
selvaggia, autentica, libera... è la donna che apre la via, che inizia a volare...
che si scontra con l’ educazione che Pumanità ha ricevuto. '
Tra dicembre 1968 e febbraio 1969 (tra un processo per oscenità per Teorema
P ier P a olo P u solim /T lein en ta in c o r p o

c un altro per l’ occupazione del Palazzo del Cinema di Venezia, nel settembre
del *68), Pasolini lavora al documentario Appunti per un’orestiade africana
(che uscirà nelle Giornate del Cinema Italiano, Venezia 1973, poi a festival di
Cannes, sezione Les Yeux fertiles* nel maggio 1976). Le riprese sono effettuate
in Uganda, Tanzania, lago Tanganika e a Roma. Macchina da presa (Arriflcx
gl.) 16mm, pellicola (Eastmancolor-b/n). Operatori, Giorgio Pedoni, Mario
Bagnato, Einore Galeassi. La musica originale di Gato Barbieri è eseguita da
Barbieri (sax), Donald F. Moyc (batteria) e Marcello Melio (contrabbasso). Le
voci sono di Yvonne Murray c Archie Savage. Il montaggio di Cleofe Conversi.
[1 film è scritto, diretto, fotografato e commentato da Pasolini.
Il documentario pasoliniano è girato nell’ Africa “ moderna” , perché li Pasolini
vede i gemiti di democrazie reali e non formali (dal I960, la maggior parte de­
gli Stati africani conquistano Tindipendenza)... la civiltà tribale africana so­
miglia molto alla civiltà arcaica greca e Pasolini esprime con chiarezza le in­
tenzioni, le allusioni o le incomprensioni di un’ Orestiade negra* dove l’irra­
zionalità selvaggia si integra con i suoi miti (Yetnos africano) alL’ intcrno di un
nuovo tipo di società e (dice Pasolini), segna il passaggio tra “ un periodo stori­
co medioevale c un periodo storico democratico: dalla trasformazione delle
Menadi (dee medioevali del terrore esistenziale) in Eumenidi (dee dell’ irrazio­
nalità in un mondo razionale)” . Appunti per un’orestiade africana è un altro
pezzo del suo Poema sul Terzo Mondo iniziato con Appunti p er un film sa lii ri­
dia, un anno prima. Il progetto è la trasposizione (contaminata) dell’ Orestiade
di Escili]o, nell’ Africa attuale. Il documentario riflette l’ idea profonda, radi­
cata in Pasolini, di andare all’ origine della sacralità poetica, della tradizione
africana, per attaccare, riorientare, trasporre nell’immaginario collettivo oc­
cidentale i valori e le ricchezze culturali di una società trillale lungamente vio­
lata... una rivisitazione dell’ umanità primitiva, una visione trasfigurata della
grande madre Africa come depositaria del senso del sacro (c di canti di guer­
ra) dove la poesia del giusto si connota con la rivolta dell’affamato. Per YOre-
stiade africana, Pasolini si avvale della terza parte della trilogia di Eschilo,
nella metafora politica “ in cui le Erinni, dee del momento animale dell’uomo,
la cui arma di giustizia è la strage e la vendetta, vengono trasformate, per in­
tervento di Atena, dea della giustizia, in Eumenidi, e costrette a dar vita alla
prima forma di democrazia possibile: quella del Tribunale. La funzione di Ore­
ste il liberatore, dunque, che torna in patria per uccidere l’ usurpatore Egisto
e la madre traditrice Citemnestra, è quella di portare le forze irrazionali che
governano la sua gente a confrontarsi con la razionalità organizzativa che na­
sce, come esigenza, dal trauma della liberazione. Nella figura di Oreste si ri­
flette così la condizione di quella giovane élite intellettuale africana che si è
formata all’ estero, sul modello di studio anglosassone o francese, che torna in
patria a fare la rivoluzione, e che può slavare Videntità del proprio popolo so­
lo attraverso l’ adozione di quegli strumenti politici che appartengono, in tutto
e per tutto, agli usurpatori di cui ci si è liberati” . ! 14

2A7
P in o B ertelli

In Appunti per un'orestiade africana, Pasolini esprime un grido di sdegno con­


tro ogni forma di disuguaglianza politica e di diversità sociali... in modo espli­
cito, dice che la disuguaglianza fra gli uomini non è una condizione della di­
versità ma il suo contrario: Lomologazione. Perché la diversità suscita istanze
di cambiamento dalla società, la disuguaglianza, prima codifica i costumi a!
pensiero dominante, poi gli schiaccia, ri/producendoli come valori generali.
Pasolini, con 1 Arriflex a spalla, filma certi aspetti arcaici della società africa­
na e li stravolge con le contaminazioni della civiltà consumistica... il passato
sembra riaffiorare sui volti belli, malati o tristi degli africani colti neH’ estrema
povertà delle loro case di paglia, contrapposti alle facce falsamente sorridenti
c disperate che vagano senza senso nelle strade delle città africane compro­
messe con roccidentalizzazione. La dignità della povertà da un lato e la mise­
ria senza dignità dall’ altro. Lo sguardo del poeta è tragico. Si sofferma sugli al­
beri, le strade di fango, la savana, i gesti della gente semplice... la fucilazione
di un ribelle della guerra civile in Biafra tocca le corde profonde di ogni “ og­
gettività storica” c riporta ad antiche e spietate ingiustizie sociali. La danza del­
le donne Wa-gogo del Tanganika è sensuale, allusiva, avvolge e rimanda ad an­
tichi amori mai dimenticati... Pasolini osserva e si osserva riflesso nella vetri­
na di una libreria di Rampala. La cultura, come i cannoni e la Coca-Cola arri­
va dappertutto e ovunque commette discriminazioni e genocidi... sempre nel
nome santificato della libertà e deH’ autodeterminazione dei popoli. 11 commen­
to musicale di Gato Barbieri nasce al Folkstudio di Roma... il suo gruppo im­
provvisa un canto Jazz con i neri americani Archie Savage e Ivonne Murray...
La mescolanza espressiva tra il blues degli schiavi neri d ’America c le sonorità
bianche europee invadono gli “ appunti figurativi” di Pasolini e non sono pochi
i momenti dove la rabbia s’identifica con l’ amore. La sequenza di Elettra (la ci­
viltà tribale) e Oreste (l’ africanità intellettuale) che si incontrano sulla tomba
di loro padre (Agamennone) e giurano di vendicare l ’Africa contro ogni forma
di colonialismo (ricostruita con interpreti non-professionisti), rovescia il con­
cetto che “ chi si assoggetta a un divieto, si assoggetta anche ad altri” (Roberto
Guiducci) e fa dell’insubordinazione l’ incominciamento di una disobbedienza
più larga. La diversità egualitaria nasce da una reciproca indipendenza e una
comunità di liberi e di uguali mostra l’ arbitrio e l ’idiozia del potere... ecco per­
ché l’ Utopia è sempre stata bandita da ogni insegnamento pedagogico... perché
è una filosofìa di vita possibile che non ha nulla a che fare con Pimmoralità dei
templi consumistici dove ideologia (lo Stato) e fede (la Chiesa) formano la più
formidabile associazione a delinquere che l’ uomo abbia costruito contro l’ uo­
mo. 1 frammenti dell'Orestiade africana vengono proiettati (1970) ad un grup­
po di studenti americani nell’ Università di Roma... nasce il confronto tra au­
tore e ragazzi... il film diviene altro dal documentario di partenza e Vagorà
ateniese sembra illuminare la spiritualità e la poesia degli astanti. Pasolini la­
scia Appunti p er un'orestiade africana senza risposte certe... la voce commos­
sa del regista (fuori campo) dice che ogni conclusione è sospesa... mentre un
P ier P aoloT ^asòlittìm cuipm à *ii c o r p o

contadino africano zappa sotto un sole accecante la terra arida. L etcì dell in­
nocenza è in quella zappa e ad ogni colpo sulla terra anticipa l'età della rivol­
ta che nasce sull "apologia della disobbedienza. L’ altrove arcaico pasoliniano è
situato fuori dall’ ouropeizzazione dei sentimenti e i primi piani dei volti afri­
cani (bellissimi), tenuti sullo schermo fino alle lacrime... si spingono oltre la
contemplazione antropologica o del saggio di costume... divengono la trasfor­
mazione in atto di un’ umanità violata che rivendica le proprie radici con ogni
mezzo. La necessità storica di una vera integrazione tra culture diverse, la­
sciata sospesa in Appunti per un’orestiadc africana, sarà ripresa da Pasolini
più tardi, (piando scriverà la sceneggiatura de 11 padre selvaggio.
Ecco le parole di Pasolini, tratte dalla lista dei dialoghi: “ Ma come concludere?
Ebbene la conclusione ultima non c ’ è, è sospesa. Una nuova nazione è nata, i
suoi problemi sono infiniti, ma i problemi non si risolvono, si vivono. E la vita
è lenta. Il procedere verso il futuro non ha soluzione di continuità. Il lavoro di
un popolo non conosce né retorica né indugio. Il suo futuro è nella sua ansia di
futuro; e la sua ansia è una grande pazienza” . 115 Per Pasolini, il futuro delle
nuove coscienze passava dall’ Africa. ÌNel 1960 (su richiesta di Vittorio Gas-
sman), (piando Pasolini affronta la traduzione di Eschilo, avverte che la sua
“ Orestiade” sarà un p o ’ diversa a quanto veniva suggerito dagli accademici del
tempo: “ ...certi elementi del mondo antico, appena superato, non andranno
del tutto repressi, ignorati: andranno, piuttosto, acquisiti, riassimilati, e natu­
ralmente modificati. In altre parole: l’ irrazionale, rappresentato dalle Erinni,
non deve essere rimosso (che poi sarebbe impossibile), ma semplicemente argi­
nato e dominato dalla ragione, passione producente e fertile. Le Maledizioni si
trasformano in Benedizioni. L’incertezza esistenziale della società primitiva
permane come categoria dell’ angoscia esistenziale o della fantasia nella società
evoluta” . 116 V
Appunti p er un ‘orestiade africana esce da queste intuizioni. E un taccuino di
viaggio, sopralluoghi, appunti, incontri, discussioni, parabole, favole... che
raccontano la trasformazione profonda dei costumi, delle culture, dei senti­
menti e dei corpi... di una parte di umanità perduta per sempre. Vordine nuo­
vo della modernità cancella l’ ordine selvaggio delle comunità ancestrali e la ra­
zionalità tecnocratica affonda nei programmi di neo-colonizzazione ogni forma
antica di civiltà. In questo documentario, “ le Maledizioni si trasformano in Be­
nedizioni. L’ incertezza esistenziale della società primitiva permane come cate­
goria dell’ angoscia esistenziale o della fantasia nella società evoluta” (Pier Pao­
lo Pasolini). Il piccolo film pasoliniano contiene momenti figurativi altissimi.
La cinecamera del poeta si sofferma sui volti, luoghi, atteggiamenti di una con­
dizione popolare ormai irrimediabilmente perduta. E uno sguardo poetico sul
mistero, l’ accezione, Lepifania di un mondo mitico, tagliato fuori dal presente.
L’Africa diviene così la metafora di un Altrove saccheggiato (dalla cultura/po-
litiea occidentale) nel più profondo alla sua anima nera. Il rapporto tra la Gre­
cia arcaica di Medea e l’ Africa di Appunti p er un’Orestiade africana... è stret-
Pino Bertelli

to se non gemellare. È un film-viaggio —scrive Moravia —, “ mai convenzionale,


mai pittoresco... ci mostra un’Africa autentica, per niente esotica c perciò tan­
to più misteriosa del mistero proprio dell'esistenza, coi suoi vasti paesaggi da
preistoria, i suoi miseri villaggi abitati da un’ umanità contadina e primitiva, le
sue due o tre città modernissime già industriali e proletarie. Pasolini ‘ sente*
l’ Africa nera con la stessa simpatia poetica e originale con la quale a suo tem­
po ha sentito le borgate e il sottoproletariato romano” . 117 Per Giovanni Graz-
zini, gli Appunti pasoliniani, sono solo un “ fertile pretesto di accensione fanta­
stica, di capriccio letterario e di apparentamenti figurativi... [che malgrado le
sue suggestioni estetiche, rimane] quasi soltanto il reportage di un cine-amato-
re” .1 1 8 Vero niente. Il documentario pasoliniano, “ sintetizza la storia dell’A-
frica di questi ultimi cento anni: il passaggio cioè quasi brusco e divino, da uno
stato ‘ selvaggio’ a uno stato civile democratico” (Pier Paolo Pasolini). Il poeta
è tra i primi a riconoscere la “ negritudine” come prefigurazione del genocidio.
Anticipando di non poco, la richiesta di integrazione della civiltà nera/arcaiea
all’interno della civiltà bianea/inodcrna, restituendogli le culture sciamaniche
c le divinità della sua Preistoria. Pasolini aspirava ad un9utopia egualitaria,
dove le parole speranza e libertà sono messe al servizio dell’ amore dell’uomo
per l’ uomo. 11 suo film assumo in sé una specie di manifesto libertario, reso pro­
fetico nella protesta e nel desiderio di eguaglianza (di grandi pezzi di popolo),
di fronte alle contraddizioni della realtà sociale. 11 significato ultimo dei suoi
Appunti... è il raggiungimento di quella rivoluzione egualitaria che sogna un
uomo nuovo in un cielo nuovo e in una nuova terra.
La rivoluzione egualitaria non è un appello alla rifondazione dello stesso pote­
re riverniciato di nuovo... la rivoluzione egualitaria non ha bisogno di deleghe
né di rivoluzionari di professione che alzano parlamenti, forche c galere... la
rivoluzione egualitaria segna la rottura della costellazione dei poteri dominan­
ti, semplicemente non riconoscendoli. “ Chi afferma di servire il popolo, in real­
tà non serve nessuno e non serve a nessuno, perché si serve del popolo per sé.
Non si può servire il popolo se il popolo non è messo nella condizione di servirsi
da sé” . 119 Le rivoluzioni che hanno preso il potere sono divenute peggiori del­
le tirannie che hanno spodestato... è difficile comprendere che la sola banca de­
gna di rispetto, è quella che salta in aria insieme ai soldi variopinti che si tra­
sformano in coriandoli per una nuovo carnevale... la libertà, ruguaglianza, la
giustizia sono solo parole che servono a un pugno di banditi in doppio petto a
mantenere il dominio sugli uomini... resta il fatto che alla fine del secondo mil­
lennio, ogni dieci secondi qualcuno (sovente un bambino) muore per fame nel
mondo. “ I popoli non hanno mai avuto i governanti che si meritano perché nes­
sun popolo può meritare di essere governato e, quindi, oppresso in qualsiasi
forma” (Roberto Guidueci). Il delirio (e il consenso) dei governi è riposto nel
senso d ’ ingiustizia che portano contro la parte più in basso della scala sociale.
“ L’ educazione totalitaria non ha mai avuto lo scopo di inculcare convinzioni,
bensì quello di distruggere la capacità di formarne” (Hannah Arendt). L’ ugua-

£40
anza fra gli uomini non sta nell’ essere identici... ma nell esprimere la pro­
pria diversità su un piano conviviale... Vuguaglianza della diversità non fiori­
sce necessariamente con la nascita di nuovi poteri, semmai con Veliminazione
di tutti i poteri... la diversità degli uguali è il debutto di una società di giusti
dove ciascuno esprime quello che è (secondo le sue capacità) ed è ciò che dav­
vero esprime (secondo i suoi bisogni). Né Marx né Morellv dunque, ma fu om o
per l’ uomo in cammino verso VEu-topia (= il buon posto) di tutti e per tutti...
ogni legge, regola o dogma che obblighi ad agire contro coscienza è stata fatta
dagli uomini e nessuno può avere l’ autorità di legiferarla in nome degli altri.
Ciascun uomo è il responsabile del proprio destino come dei propri sogni.

241
C ap itolo IV

Estetica della provocazione


1970/1975

Decameron
12 Dicembre
I racconti di Canterbury
Il fiore delle mille e una notte
Le mura di Sana a
Salò o le centoventi giornate di Sodoma

“ Ilo nostalgia (tedia gente povera c vera


che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone...
S'intende che rimpiango la rivoluzione pura e diretta
delta gente oppressa che ha il solo scopo di farsi Ubera e padrona di se stessa ’\
Pier Paolo Pasolini

“ Tutti i capolavori del mondo dovrebbero essere trovati dai bambini


nelle discariche ed essere letti di nascosto, all’insaputa dei genitori e dei maestri...
Nessuna passione può prendere il posto dell’incesto.
L’incesto non si riproduce mai con altre persone, perché è una cosa
duplice, giustamente, è amore ed è memoria. U l'amore
è fatto della memoria incommensurabile dell'infanzia.
Nell'infanzia non si sa ancora che ci si ama, ci si amerà,
la scoperta di questa ignoranza è rumore".
Marguerite Duras

I. Le ceneri ili Pasolini e la poetica della seduzione

ÌNci primi anni w70, la miseria ilei finto benessere denunciata da Pasolini nei
suoi scritti (come nel suo cinema), era splendente. L’ euforia deU’ utopia capita­
le è ormai consumata. Anche le utopie di cambiamento e conquista di una so­
cietà diversa, che avevano incendiato i sogni di intere generazioni... sono in­
globate nella mutazione culturale e politica dei nuovi tecnocrati. La civiltà dei
consumi che si affaccia al terzo millennio, “ non ha altro futuro se non di mor­
te, la gente comune già lo intuisce sia pure, e questo è tragico, senza consape-
P ino B ertelli

volezza critica, attraverso la lezione delle cose” (Ernesto C alducci).! Le linee


politiche dei partiti sono inadeguate e il ventaglio dei problemi quotidiani non
allinea nessuna sovversione realmente pericolosa per l’ ordinamento vigente.
La cultura dominante legittima tutto, anche il terrorismo di quei giorni di
piombo è tenuto a doppio filo dai servizi paralleli dello Stato. Frammenti di
speranza e la germinazione di altre realtà slegate dalla cupidigia delle nazioni
fo r ti... emergono dalle periferie del mondo e di lì a poeo le diffieoltà esisten­
ziali, cioè lo stato di disperazione oggettiva in cui versa una grande parte del-
rumanità, diverrà una condizione di sopravvivenza planetaria. L’era della tec­
nologia nucleare è nel pieno della sua proliferazione e sono molte le nazioni che
sperimentano la propria bomba atomica. La radioattività delle scorie diventa
una vera ossessione per i paesi produttori di uranio e plutonio e i rischi di di­
struzione di intere collettività sono disastrosi. 1 Paesi più industrializzati con­
trollano con sagacia, terrorismi e deviazioni. E sempre più difficile conciliare
la scelta del plutonio con quella della democrazia. La sovranità popolare si
svuota di ogni sostanza politica e l’ uomo comune è subordinato alle scelte eco­
nomiche dei propri governi. La situazione mondiale diviene apocalittica e il ter­
zo millennio che è alle porte, riserva a coloro che verranno, un futuro di bar­
barie che porta verso la morte della coscienza sociale Finterò pianeta. “ La ter­
ra è sufficiente per sfamare il mondo intero, ma non è sufficiente per la vora­
cità del capitalismo” (Gandhi). Pasolini avverte questo collasso della storia in
tutti gli stadi della società e da solitario utopista quale era, suona il flauto ere­
ticale di Orfeo e dissemina il fuoco blu di Prometeo contro le miserie vecchie e
nuove della tolleranza e dell’indifferenza... sulle quali il potere moderno ha
eretto le nuove forche. Tra il 1970 e Fanno della sua uccisione (1975), oltre al­
le sceneggiature/canovacci di Ostia, Medea e Teorema, Pasolini pubblica il vo­
lume di poesie Transumanar e organizzar, il testo teatrale Calderòn e i saggi
di critica radicale, Scritti corsari... l’ acredine contro il fascio della politica e il
disgusto contro la servitù della cultura sono trasparenti. La sfida è aperta. Pa­
solini non ha indulgenza per nessuno e a partire dalla rivolta del proprio cuo­
re, invita a ritrovare in sé non solo l’infanzia tradita ma anche l’infanzia rea­
lizzata.
Con la Trilogia della vita (Decam eron, 1970/’ 71, I racconti di Canterbury.
1971/’ 72, Il fiore delle mille e lina notte, 1973/’ 74), Pasolini inaugura un'este­
tica della provocazione e una poetica della seduzione che lo portano a “ canta­
re” una gioia primitiva di grande importanza figurativa e nel contempo a '"in­
genue” posizioni sciamaniche/ereticali. In molti modi, il suo cinema diviene
ballata, sguardo, ritorno ad un’ età delVinnocenza dove la seduzione dell’im­
possibile mette fine a tutti gli spaventi e il gioco, il lazzo e l’ amore irrompono
nella fame della storia. “ A un certo grado di infelicità, ogni franchezza diven­
ta indecente” (E. M. Cioran) e se l’ingiustizia degli uomini ha le stesse stigma­
te dei “ valori” che la ri/produeono, la ribellione a tutto ciò che si esibisce sul
sagrato della quotidianità, segna Poltrepassamento della linea, la rottura del-
J ordine costituito. La Trilogia della vita porta in sé le ceneri poetiche di Paso­
lini e le sparge nelle platee del mondo con quel senso di nostalgia ladra per
un'epoca passata che segna il ritorno a un’età eidetica che “‘scoppia” nel cuo­
re dei bambini o “ divampa” in quello degli adulti che almeno una volta si ri­
cordano di essere stati bambini (vedi II piccolo principe, di Antoine de Saint-
Exupéry).2
Nella Trilogia della vita, la grana del cinema di Pasolini cambia di segno, me­
glio di “ pelle” , perde una certa poesia della strada (.Accattone, Mamma Rom a,
La ricotta, Uccellacci e uccellini) o i canti ereticali della mitologia del passato
(Il vangelo secondo M atteo, Edipo re, Porcile, M edea)... per entrare nello
“scandalo della coscienza” come uscita d ’ insicurezza daU’ iinmaginale costitui­
to. La “ seduzione pasoliniana” sembra divenire più commestibile e iti molti la
mischiano con la visione edonistica della diversità (omosessuale, deviante, schi­
zofrenica...) di Ken Russell, I diavoli (The deviis, 1971), Bernardo Bertolucci,
Il conformista (1970), Liliana Cavani, Il portiere di notte (1974) o Luchino Vi­
sconti, Morte a Venezia (1971), Ludwig (1974)... la liberazione dell’ eros paso-
liniano viene confusa con i pruriti para/pornografici circuitati nell’indecenza
del pudore permesso e tutto finisce nel mercato delle immagini cinematografi­
che come sottoprodotto di consumo di massa.3 Ma la Trilogia della vita di Pa­
solini è anche altro dall’immediatezza espositiva dei corpi o dei sessi... e a ve­
dere in fondo alle favole pasoliniane, si colgono la disperazione e l’ infelicità di
un’umanità lasciata alla deriva della propria arroganza e della propria brut­
tezza. La “ meglio gioventù” pasoliniana non si bagna più nei fiumi né si acceca
al sole del Mediterraneo o si appassiona per la rivoluzione dell9uguaglianza ai
confini del mondo... “ 11 popolo era il frumento che non muore. Adesso comin­
cia a morire. Qualcuno ha toccato la sua anima. Ragazzi e uomini, vivono,
brutti e cattivi, come in un sogno” 4 da buttare. La scrittura “ falsamente po­
polare” del Boccaccio ohe ispira Pasolini, viene contaminata, at/traversata,
de/contestualizzata dai risvolti immediatamente blasfemi, scurrili o provocato­
ri... la lettura pasoliniana della realtà plebea boccaccesca ruota intorno all’ e­
saltazione dei corpi e alla rottura del conforme... tutto un universo di puttane,
ladri, bastardi, ruffiani senza Dio e senza Legge... riportano a queH’ evangeliz-
zazione laica del sottoproletariato esposto nel grande cinema pasoliniano (Ac­
cattone, Mamma Roma, La ricotta, Uccellacci e uccellini...) non colonizzabi­
le da ogni forma di potere.
11 Decameron costa ad Alberto Grimaldi (per la PEA) settecentoeinquantamila
dollari (quasi cinquantamila vanno al regista) c registra il maggiore incasso del­
l’ intera filmografia pasoliniana (4. 231. 781.000). Tocca ogni area di pubblico.
L’ ostentazione dei corpi senza molte filtrature paga bene e la visione del sesso
maschile e femminile (peraltro molto pudica), ristorna su Pasolini accuse di
bassa pornografia e di perturbazione della morale pubblica. Vero niente. 11
Deccimeròn si pone fuori dalle bassezze mercantili cireuitate nel mercato e le
storie che intreccia sullo schermo vogliono essere altro da certe permissività fi-
P in o B ertelli

gurative mirate alla stupidità recettiva del “ grande pubblico” . Grimaldi che
aveva già realizzato dei film con Fellini, Bertolucci, Pontecorvo, lo lascia libe­
ro di lavorare come più gli piace... e quello che per Pasolini voleva essere una
forma di “ liberazione dei rapporti sessuali” , per altri divenne principalmente
un inno scostumato all'omosessualità.
I libri di Paul Goodman (La gioventù assurda), Herbert Marcuse (L’uomo a
una dimensione), Theodor W. Adorno (Dialettica negativa), Max Horkheimer
(Eclisse della ragione) o la pedagogia dionisiaca di Friedrich W. Nietzsche (Ca­
si parlò Zarathustra) lo riguardano da vicino ma non è nella Trilogia che più
si sentono i loro strali... la visione libertaria (con venature panteistiche) che as­
sume Pasolini in questi lavori è quella di un eresiarca della Chiesa primitiva,
che vede i suoi profeti più impertinenti trucidati in nome della verità, dell e-
nunciazione, della denuncia pubblica senza compromessi... non è a Martin Lu­
tero che pensiamo, anche se proprio lui ebbe il coraggio di combattere le belve
delFOrdine della Chiesa di Roma così: “ Il sacramento dell’ordine è una ma­
gnifica macchinazione volta a mantenere e difendere le mostruosità fatte fino­
ra e ancora oggi si fanno nella Chiesa. Così è andata in rovina la fraternità cri­
stiana: così da pastori sono diventati lupi, da ministri tiranni, da uomini di
chiesa potenza mondana” .5 Belle parole. Ma dopo Lutero i contadini restaro­
no ancora più poveri e il potere centrale divenne ancora più ricco. Il prote­
stantesimo e il cattolicesimo divennero le ancelle del potere economico moder­
no che Max Weber o Karl Marxò individuarono come la fonte di tolte le op­
pressioni alle quali la civiltà dei consumi andava incontro. Sono le prediche in­
fiammate di Thomas Mùntzer o quelle di fra’ Doleino che scossero alla radice
la menzogna e la violenza del cattolicesimo7... se tutte le cose le ha fatte
“ Dio’ dicevano, allora appartengono a tutti e ciascuno ha diritto alla propria
parte di felicità sulla terra. Ogni uomo nasce libero e deve essere signore di sé,
perché è soggetto a tutte le cose e servo di nessuna.
Per il Pasolini della Trilogia, non si tratta di elaborare una quotidianità arcai­
ca dove il “ Cristo silenzioso” dei cattolici s’incontra col “ Cristo senza catene”
dei protestanti né di riformare alcuna Chiesa o alcun Stato... ma farsi diserto­
ri sia dai “ valori di scambio” che dai “ valori d ’ uso” sui quali si fonda il siste­
ma dell’ utopia capitale.8 Pasolini s’invola in un mondo amoroso dove il piace­
re e le passioni sono la sola legge che gli uomini inseguono, il resto è solo pote­
re. La felicità non può che essere dell’ insieme sociale c non di un solo uomo o
di un gruppo di “ eletti” ... in questo senso il Decameron esprime un'utopia sub­
lime che contesta il presente ed auspica il passaggio “ immediato dal caos socia­
le all’ armonia universale” (Charles Fourier) con ogni mezzo. 11 A uovo mondo
amoroso è lì tra la gente, nei destini dell’ amore dell’ uomo per l’ uomo e sono le
passioni scatenate a indicare la rotta... sono gli amori per tutto ciò che è di­
verso, che è fo lle, che è sconosciuto clic hanno fatto camminare il mondo e mo­
strato a chiunque che nulla di ciò che stato strappato, rivoltato o soltanto so­
gnato è stato inutile.

24.A
P ie r P a o lo P a s o l i n i / ii „ t L'o r p o

pTel film di Pasolini c ’ è una visione mediterranea dei segni (gesti, abiti., sfondi,
corpi, parole, vicoli, giardini, ambienti, scorei di m are...) che riporta a II Van­
gelo secondo Matteo, Medea o alla solarità accecante di Edipo re... e tutta una
quotidianità sgangherata “ ricostruisce” un Medioevo profanato nel fondo dei
valori imposti. In Italia, il Decameron viene letto in modo indecente. Le de­
nunce di pornografia (più di ottanta) piovono da ogni città e tra sequestri c li­
berazioni orchestrate (con il tocco sull’ “ appestalo” dalla stampa dabbene), il
film coglie un successo di pubblico insperato. La inorale pubblica è contamina­
ta, i valori dispersi nell’ iconografia sublime dell’eresia, la plebe e le signorie
tutte, si sentono smascherati. E difficile parlare alla gente senza scrostarsi di
dosso la miseria istituzionale che gli uomini hanno eretto a loro immagine e so­
miglianza. Ci sono popoli che ricordano i loro avi nelle pietre, altri si accon­
tentano di chiese e musei... il fanatismo degli uomini è nato con la cultura e i
forni crematori con la politica.
11 Decameron si compone in una struttura a fiore... otto episodi s’intersecano
a due storie portanti, quella di Ser Ciappelletto (Franco Cittì) e quella di Ciot­
to (Pier Paolo Pasolini). Ciappelletto è Sant’ Infame, omosessuale, assassino,
blasfemo... prima di morire esprime una “ falsa purezza” così profonda che si
fa credere santo. Giotto (sotto le spoglie del suo miglior allievo) giunge a Napo­
li per dipingere un affresco nella chiesa di Santa Chiara. Diviene testimone di
una sottoumanità che si lascia vivere giorno dopo giorno e va incontro al futu­
ro come un toro clic incrocia la spada della propria morte... sogna il Paradiso,
l'Inferno e la Madonna (Silvana Mangano)... qui trova l’ ispirazione figurativa
(trecentesca) che cercava e alla fine del film, Giolto/Pasolini dice: “ Perché rea­
lizzare un’ opera, quando è così bello sognarla soltanto” . Tra giochi e lazzi Pa­
solini dileggia anche il Boccaccio. Nel testo del Boccaccio infatti non appare né
Giotto né l’ affresco che Pasolini/Giotto dipinge nella chiesa è contemporaneo ai
racconti... poco male, perché per l’ autore il film è soltanto “ giocare con la real­
tà che scherza con se stessa” (Pier Paolo Pasolini). Nessuno ci crede. Forse
nemmeno lui. Sa bene Pasolini che il Decanterò ri al di là delle immediate nu­
dità sbattute sullo schermo o della seminagione dei dialetti meridionali e più
ancora è il primo capitolo di una “ libertà per YE-utopia'' (viaggio verso il
Buon-Posto) dove ciascun letlore/spettatore è chiamato a vivere la propria vi­
sione del mondo o a crocifiggerla. Per lui la sola Ekklcsia (Chiesa) buona è
quella defecata con i frali dai diavoli del suo Inferno. Pasolini è chiaro. L’in­
terpretazione di una vita pre/industriale e pre/borghesc che inette in scena non
prevede né la costruzione del consenso né il superamento della povertà... i no­
bili, gli artigiani, il clero sono corrotti, stupidi, ipocriti... stuprano, violenta­
no, vesseggiano senza pudore il popolo in nome di Dio, del Sapere e dell’ Ordi­
ne Pubblico, s’ intende... i poveri sono poveri e basta e si sperticano dalle risa­
te... imbecilli, ladri, bastardi in tutto, non hanno altra scelta che fare l’ amore,
rubare o morire così come viene per ascendere nel più profondo degli inferi.
Sulla vita scanzonata del Decameron aleggia un senso a/religioso della morte e
Pino Bertelli

un’ apologià dell’irriverenza ohe non tengono in considerazione ne la tolleran­


za del potere né la fede nel mistero. Lo spettacolo di questi “ pezzenti” non su­
scita ammirazione né odio... e quello che fuoriesce dalla vola bianca dello
schermo è un agglomerato di puttane, di ruffiani, di balordi, di dementi di ogni
età e ceto sociale... che esprimono un Paradiso in terra che nessuno vuole e un
Inferno nel cuore del quale tutti hanno terrore.
11 Decameron affabula un vangelo segreto della trasgressione, dove Ispirazio­
ne incendiaria di Nietzsche (la passione della conoscenza)9 si mescola alla co­
spirazione degli sguardi di BakuninlO e gli scorticamenti della realtà prosti­
tuita nel bordello della storia sono predestinati all’ eresia, al patibolo o allo
scandalo della diversità senza ritorno alla ragione. Pasolini infrange la digni­
tà, l’ onorabilità e il decoro dell’ ordinario, cantando l’irrimediabile e il provo­
catorio mette fine a tutte le giustificazioni e le bestialità della tolleranza. Come
Ciappelletto muoiono anche Tingoccio c il servo/amantc di Lisabetta... ma l’ in­
tero film è adombrato da quel senso di morte che taglia via le umiliazioni e le
disavventure della carne... Pasolini sembra dire con un certo sarcasmo, che
non c ’ è salvezza fuori dalla morte. E ciascuno scopre su di sé il modo di chia­
marsi fuori da una vita più stupida che infelice. Il solo atto che un uomo può
compiere senza vergogna, è (fucilo di "togliersi la vita... Ancora oggi stimo di
più un portinaio che si impicca che un poeta vivo” (E. M. Cioran) che si auto-
celcbra. Tingoccio torna dall’ aldilà per trasmettere all’ amico che laggiù dove è
non si conosce il peccato e tutti sono liberi di amarsi in tutti i modi che deside­
rano... Meticcio corre dall’ amante di Tingoccio e per la prima volta conosce
l’ amore. Lisabetta conserva la testa del suo amato (scannato dalla gelosia dei
fratelli) interrata nel vaso del basilico sul davanzale della finestra. La condot­
ta libertina di Ciappelletto finisce nella falsità dell’ adorazione e gli onori che gli
vengono attribuiti lo assolvono di tutta una vita dissennata. Andreuccio si tra­
sforma da mercante a ladro di gioielli sui cadaveri, profana la morte per af­
frontare la sopravvivenza nel solo modo che conosce, da saprofita. Sono belle
le donne di Pasolini. Anche le puttane conservano una certa grazia pittorica e
il pompino di Peronella (Angela Luce) è di una regale castità clic commuove e
irrompe neU’inautentieità dei costumi della società borghese come un affronto.
Pasolini è anche ironico. Segretamente velenoso. Quando Giotto è seduto alla
tavola dei frati (die lo ospitano, mentre questi si fanno il segno della croce per
onorare il pane di Dio, l’ artista si gratta la testa e corre (accelerato alla Cliar-
lot) in chiesa, davanti ai colori del suo affresco. Pasolini non cita soltanto Cha-
plin né teme di saccheggiare se stesso quando fa intonare a Citti/Ciappelletto e
ai due fratelli usurai, Fenesta ca lucive e. rno9min luce... è la stessa canzone che
Accattone e i suoi compari cantavano prima di picchiare una puttana. Pasoli­
ni riesce così a collegare lo stesso dolore e gli stessi tormenti di un’ umanità
emarginata che continua a cadere negli stessi errori. Non lo grida. Lo suggeri­
sce con delicatezza. Dietro quella violenza gratuita, quella figurazione “ rozza”
della realtà proscritta, quella oscenità de/mercificata del sesso... riesce a vede-
__________ ______ k*
P ier P a o lo Pasolini/Tl cinem a m c o r p o

i*e una realtà altra o una possibilità estrema di amore tra gli uomini che avan­
za dui confini della terra e che bisogna aiutare a far crescere.
Né il Decameron i corpi dei ragazzi e delle ragazze sono belli, solari, splenden­
ti. perfino troppo goduti... le loro nudità iniziano a un diverso modo di vedere
il cinema, si fanno carico di spaccare i velameli ti dolcificanti del prestabilito e
del conforme. Di lì a poco la circuitazione della pornografia esploderà forte e
la richiesta consolatoria sarà sempre più ampia. Le maglie della censura si fa­
ranno più larghe, i sessi c le carni tremule dei film a “ luce rossa” confineranno
[‘erotismo in una faccenda domestica, l’ aura del desiderio, della violazione del
limite resterà nella testa dei poeti maledetti, nelle trasgressioni irrinunciabili e
fuori tempo dei randagi in amore. La pornografia si lega così alla laboriosità
del costume, ai valori e alle leggi del pensiero dominante. Come sempre, l’ ero­
tismo resta fuori da qualsiasi comprensione... c estraneo ad ogni esercizio dei
corpi come didattica del “ tutto è comprabile” all’ interno del cerchio sociale...
Perotismo non si fa acchiappare da nessuno, perché nessuno è in grado d ’ im­
prigionare gli eccessi della voluttà e i desideri senza limiti dell’ erotismo (non
importa se eterosessuale o omoerotico). L’ erotismo accende l’immagi naie e
quando incendia la luce degli occhi ciascuno diviene sovrano di sé, si spinge agli
estremi della pcrmessività amorosa, li viola, li trasgredisce, l’infrange... fa «Iel­
la trasgressione dell’ amore l ’ atto più profondo di ribellione al codice costitui­
to. L’erotismo non c ’entra nulla con la bassa prostituzione o con la vergogna
dell’ osceno... si ha coscienza del divieto nel momento che il divieto è superato.
L’oscenità più oscena è murare in fondo al cuore i turbamenti dell’ anima. L’ e­
rotismo è l’ accesso al sacro, è un’ infrazione del Male come Peccato e cono­
scenza del gioco dei corpi come profanazione della sfera sociale evangelizzata,
confessata e benedetta da ogni Chiesa e da ogni Stato. L’ erotismo dei corpi è
sempre un accadere in aperto contrasto con le regole e la pubblica opinione.
L’erotismo “ lascia in travedere il rovescio di una facciata la cui apparente pu­
lizia non viene mai smentita: in questo rovescio si manifestano sentimenti, par­
ti del corpo e modi d ’ essere di cui generalmente proviamo vergogna \ 1 1 L’ e­
rotismo coglie in profondità le condizioni dell’ anima e le stravolge... scopre
una realtà più intima, libera, complessa... denuda l’essere sotto ogni aspetto,
lo inchioda nella grazia del gioco e nel disvelamento del simulacro in uno stato
di eccitamento, di godimento, di trepidazione orgasmica va a dissolvere l’insie­
me delle forme/regolo costituite. La felicità dell’ erotismo si manifesta nel supe­
ramento della vergogna che accompagna il suo sorgere e il ritorno alla natura­
lezza, alla spontaneità, al respiro libertino dei corpi... porta al di là del reale
immediato e la vita interiore diviene Voggetto del desiderio posto al di fuori di
ogni convenzione.
In La filosofia nel boudoir A 2 De Sade capovolge i valori educativi della socie­
tà... la fanciulla Eugénie non viene soltanto avviata al vizio, alla prostituzione
o al crimine... (come sovente viene scritto in quarta di copertina della sua ope­
ra)... De Sade rovescia il Bene e il Male, il Piacere e il Dolore, la Vita e la Mor-
P in o B ertelli

le... nega il fasc io dei valori imperanti e taglia la gola all’ uomo morale per da­
re voce, corpo e luce “ a spiriti rari, in grado di accedere, in seno al genere
umano, a un’inumana solitudine” (Georges Bataille). De Sade (come il Pasoli­
ni della Trilogia) mostra un viaggio all’interno dell’ Uomo/della Donna non per
far trionfare la Malvagità sulla Virtù, la rottura del limite sulla misura... in Sa­
de (Pasolini, Bunuel o Nietzsche), lo scandalo dei sentimenti e dei piaceri pri­
vilegia l’esperienza interiore, si abbatte violentemente contro i recinti della ra­
gione, fa della bellezza del desiderio il trionfo della morte e l’ apologià della li­
bertà. La “ Madama saviezza” è anche la “ savia Puttana” (Lutero)... incontra­
re il coraggio della propria sensualità significa uscire dai “ labirinti del cuore”
(Goethe) e incrinare la genealogia della morale corrente dove india è vero per­
che tutto è merce. “‘Si incide a fuoco qualcosa affinché resti nella memoria: sol­
tanto quel che non cessa di dolorare resta nella memoria” (Friedrich Nietz­
sche). 13 E quanto scrive Bunuel nei suoi sospiri estremi: “ Degli amici mi pre­
starono La filosofia nel budoir, sublime... Vedo la dignità solo nel nulla. Se og­
gi come oggi il mio interesse per Sade è invecchiato — ma l’ entusiasmo, per
qualsiasi cosa, è sempre effimero — non posso tuttavia dimenticarne la rivolu­
zione culturale” . 14 Sul filo dell’ amore tutto finisce per arrivare al cuore. I
poeti imparano dai propri errori e da quelli degli altri, gli stupidi non impara­
no mai... è nel disordine delle idee che i poeti trovano un p o’ di libertà. La go­
gna per quel che dicono, viene dopo.
Il Decameron apre una battaglia culturale sulla falsa tolleranza sessuale. Pa­
solini riprende qui la bellezza dei ragazzi di strada come presa di coscienza po­
litica di una generazione alla macchia: “ saranno belli i ragazzi che faranno la
Resistenza, e sarà bella la natura, la città, la montagna: la bellezza, già nel­
l’ antifascismo, acquisirà quel valore rivoluzionario posizionale di fronte alle
brutture delle divise, delle architetture e dei corpi fascisti” . l o Durante la
guerra di popolo, all’ atto della liberazione, in quel breve momento, a Pasolini
(come a molti), tutto era parso possibile. Così Pasolini: “ Ora la vita mi sembra
più lunga. La retorica giovinezza fascista non è ancora che uno stato di ine­
sperienza... Sento nelle narici un odore ancora fresco di morti; i cimiteri del
Rinascimento hanno la terra appena smossa e recenti le tombe. E poi abbiamo
una vera missione, in questa spaventosa miseria italiana, una missione non di
potenza o di ricchezza, ma di educazione, di civiltà” . 16 La bellezza resisten­
ziale dei ragazzi pasoliniani resterà (in parte) nell’ utopia e la loro gioventù sa­
rà destinata a sfiorire, anche carnalmente, nella mercificazione dei corpi, o
meglio, nello “ sviluppo senza progresso” (Pier Paolo Pasolini) dell’economia
politica. 1 dialoghi del Decameron sono ridotti all’ essenziale. Cifra stilistica
perseguita da Pasolini in tutto il suo fare-cinema. Ser Ciappelletto, Andreuccio
da Perugia, Masetto da Lamporecchio, Lisabetta, Peronella, Tingoccio, Metic­
cio, Donno Gianni, Caterina, Ricciardo... non “ parlano” tanto le parole del
Boccaccio ma interpretano la freschezza irriverente dei messaggi pasoliniani...
Così Ciappelletto al frate confessore più santo della città: Ciappelletto (parlan-
Pier P aolo Pa8oIini/II cinema in co rp o

iìo co il grande esitazione): “ Un giorno, tu’ è scappato di sputare dentro la casa


.li D io...” Il frate (rassicurante): “ Ragazzo inio, ma questo non è proprio nien­
te. Noi che siamo preti, tutto il giorno ci sputiamo. E poi?” . Ciappelletto muo-
!*e e gli vengono tributali gli onori di un martire. I devoti si accalcano intorno
al catafalco del nuovo santo... Pasolini mostra che la morale è il più grande pe­
ricolo dell’uomo e “ il nulla, in tutte le religioni pessimistiche è chiamato Dio”
(Nietzsche). Niente è staio pagato a caro prezzo quanto quel poco di umanità
prostituita che costituisce la processione della solidarietà e della misericordia
istituzionali e che viene fantasmata (sotto forma di maschera) come Legge, Va­
lore, Ordine... il cammino degli spiriti liberi non è ancora finito e c ’ è ancora
bisogno della stupidità generale per conservare il buonumore dell’ utopia.
In questa sorta di fonosfera dissennata, deviante o più semplicemente dissa­
cratoria esposta da Pasolini nel Decameron, i dialetti meridionali s’ intreccia­
no alle sguaiatezze formali clic grondano dalla tela colorata e incensano il ludi­
co come elegia dello stupore e della trasgressione delVeros. Nobili, avvocati,
banchieri, ladri, monaci, suore, contadini, bottegai, signore dabbene, putta­
ne... sono ricomposti dalla visione mitologica pasoliniana di una terra eretica­
le dove la mancanza di religiosità fa conservare a ciascuno una certa leggerez­
za o caducità dell’ istante. Quii! “ cinema plebeo” pasoliniano assume quello sti­
le “frontale, rigido, ieratico” (del quale parlava Pasolini) e mostra che ognuno
ha bisogno di una qualche fede per vivere e la cerca là proprio dove sa di non
poterla trovare (alla maniera di Elias Canetti). Pasolini, come Orson Wellcs,
ama “ travestire non ricostruire”
ha dimensione “ eroica, cavalleresea-borghese-intellettuale di Boccaccio” (Ade­
lio Ferrerò) è cacciata fuori dalPiconosfera pasoliniana, la sua re/visione boc­
caccesca dell’ età feudale è molto più popolare, meno giustifieatoria e ottimisti­
ca di quella del Boccaccio... veniva dal fatto che “ lui viveva la nascita meravi­
gliosa della borghesia e l’ho (dice Pasolini), diciamo così, sostituita con quella
innocente gioia popolare, in un mondo che è ai limiti della storia, e in un certo
senso, fuori dalla storia” . 17 Pasolini esprime un amore profondo per i dimen­
ticati e li confina in una sorta interiore di grandezza (che non sempre suppor­
tano in quella sfrontata “ innocenza” elle viene loro attribuita). Giovanni Graz­
imi riconosce in Pasolini “ una delle voci più crude e più fresche del cinema eu­
ropeo... [ma subito si riprende così]: “ Nel Decameron, ossia tirando la marti-
nieca per frenare se non incenerire la sua irrequietudine ideologica che lo sbal­
lotta fra Marx e Cristo, e per costringere la sua aristocratica fantasia estetiz­
zante nell’ affresco trecentesco a gloria del cinema di consumo e delle tanto dis­
prezzate platee di giovili acci... [il regista che accentua la maledetta concretez­
za delle immagini fino all’ osceno] si consegna orinai al più reazionario edoni­
smo... Come Pasolini sia arrivato al Decameron, per nausea dei seminari ideo­
logici. dei salotti bar l'io aderi e delle asinerie degli studenti, insomma si com­
prende” ... il suo film “ comporta approssimazioni e cadute nel goliardico” ! B e
Pasolini affonda nel mito dell’ innocenza popolare che ha osato portare sullo
F in o B ertelli

schermo. Una stupidità. 11 Decameron esprime una realtà “ crudelmente edo­


nistica” (Pier Paolo Pasolini) e le storie sono rappresentazioni di una narra­
zione su qualcosa che non c ’ è più storicamente e forse sopravvive ancora nelle
popolazioni che non sono state defiorate dalla civiltà dei consumi. In principio
Pasolini voleva scrivere un saggio intitolato, “ Come recuperare alla rivoluzio­
ne alcune affermazioni reazionarie?” , ne il Decameron prolunga c persiste in
questa via del mito come relazione dell'autore col mondo e adottando lo “ stile
medio” della “ commedia di costume” riporta alla comprensione generale le
“ vulgate” di un reale fantastico. E un cambiamento di linguaggio. Nella prima
parte del suo fare-cinema - scrive Pasolini - , “ usavo la tecnica per afferrare la
realtà, divorarla, rappresentarla in un modo più corporeo, più greve; io cer­
cavo di essere fedele a questa realtà che apparteneva agli altri, al popolo, ades­
so uso la macchina da presa per creare una specie di mosaico razionalistico che
renda accettabili, chiare e assolute, storie aberranti. Questa tecnica che in
qualche modo avevo sacralizzato, seguendo la definizione che Contini ha dato
a Dante (dice che la tecnica appartiene al sacro” . 19
La gioia erotica dispersa nel Decameron non oscura la sapienza filmica di Pa­
solini, che con sfrontata ribalderia anarcoide mescola Vamour fo u con la sur-
realtà maledetta di un sogno (({nello cinematografico) giocato fino all’ indecen­
za del gusto e del costume generali. Con quel tanto di utopia che gli era pro­
pria, Pasolini sceglie di girare il suo film a Napoli, perche “ Napoli è una sacca
storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano, e, così, di la­
sciarsi morire: come certe tribù dell’Africa, i Bea, per esempio, nel Sudan, che
non vogliono avere rapporti con la nuova storia, e si lasciano estinguere, rele­
gati nei loro villaggi, fedeli a se stessi, autoescludendosi. T napoletani non pos­
sono fare proprio questo, ma quasi” .2 0 Forse non era proprio così e i napole­
tani come qualsiasi altra popolazione metropolitana, esprimevano i conflitti e
le contraddizioni di una società planetaria dove Vomologazione culturale della
modernità (che comporta scambi, connivenze e infiltrazioni socio-politiche...)
giustifica tutto e riproduce in consenso (non solo elettorale) il rancore latente
dei senzastoria della terra. Fin quando la responsabilità dei genocidi dell’u­
manità continua ad essere collegata al silenzio dei popoli, l’ultimo rantolo del­
l’ ucciso investe il respiro dell’ uccisore e lo smaschera dell’idiozia sulla quale
continua a legiferare la propria presunta ricchezza economica.
Scrivendo sul Decameron, Goffredo Fofi annota: “ L’ autore resta pur sempre
estraneo a qualsiasi considerazione sociologica o a qualsiasi sguardo attualiz­
zante. Dunque, se un p o ’ di senso la sua visione del popolo meridionale oggi ha,
è proprio in quanto visione nostalgica di un passato ormai inquinato e compo­
sito, mescolanza di variabili gravi, nel rischio di perdere quella allegria e bel­
lezza che a Pasolini, come a noi, sta a cuore. Certi bellissimi squarci del suo
film, o interi episodi di grande sapienza figurativa ma soprattutto splendidi di
facce e di parole, sono un canto a un mondo di realtà che la presente offensiva
realtà ha deturpato e distrugge ma che pure mai è veramente esistito quale Fa-
*
Pier P aolo PasoKnì/u cinem a in co rp o

solini lo idealizza, accuratamente togliendo dal suo mondo contadino la Fame


e la Storia” .2 1 Vero tutto. Quando al cinema non resta più niente da confes­
sare, il pubblico non serve più... le idee sulla liberazione sessuale che in Paso­
lini (Carmelo Rene o Rainer W. Fassbinder) fanno tremare le buone ragioni
delle istituzioni, in Zeffirelli, Visconti o Kubrick divengono trasgressione (pati­
nata, ambigua o finemente tecnologica) buona per tutte le stagioni del mercato
cinematografico. Montaigne insegna: nel sorriso dell"innocenza si nasconde la
lama del ribelle o il cappio del boia. 1 luoghi, gli edifici, i paesaggi de il Deca­
meron corrispondono alla topografia immaginale di un medioevo fantastico
(che Pasolini trasfigura c non ricostruisce). C’ è Giotto o Ambrogio Lorenzetti,
ma c’ è anche Pietr Bruegel (il vecchio) e le contaminazioni, trasposizioni, tra­
scrizioni iconografiche pasoliniane raffigurano un universo urbano straordi­
nario, dove Farcaico, il sacrale o il blasfemo riportano a un luogo senza tem­
po, a città invisibili dove il trionfo della festa restituisce il carattere apocalitti­
co della società pre/eontadina. Giotto/Pasolini ha una visione... è il Giudizio
Universale (di Giotto) con una variante, al posto del Dio giudicante, Pasolini
inette la Madonna (Silvana Mangano) col bambino che guarda in macchina e
accenna un sorriso dolce/amaro, mentre un coro di angeli accompagna le im­
piccagioni e gli scorticamenti degli infedeli. I tableaux vivants di Pasolini con­
feriscono al Decameron una struttura scabra, incisiva, di suggestiva coralità
dove i primissimi piani dei ritrattati sono fortemente sottolineati e intersecati a
piani lunghi di scene brulicanti di gente allegra è disastrata, una specie di pri­
mitiva corte dei miracoli.
Lo stile essenziale, metaforico, insolente del cinema ereticale pasoliniano me­
scola il tragico e il comico, si porta fuori da ogni ottimismo letterario, lascia de­
bordare dallo schermo il pessimismo della differenza e come la goccia di olio
buono di Nietzsche si serve della lingua (anche del cinema) per storpiarla e ren­
derla viva. Pasolini scippa Boccaccio (come Chaucer, Matteo o 1 anonimo ama­
nuense di II fiore delle mille e una notte) per ri/portare alla luce le lacerazioni
profonde del passato, esporle come fratture, percorsi, passaggi di ciò che è sta­
to atroce ma anche di bello nell’ esistenza utopica delle genti. Accetta 1 avven­
tura eretica in piena coscienza, sa di contagiare le ossessioni e le nostalgie del­
l’istante prestabilito in cambio di lordure istituzionali... la poesia cinemato­
grafica dell’infamia che disperde sullo schermo assurge il clima dell’ incompiu­
to, dell’imperfezione, della caduta libera degli angeli ribelli che hanno dato
un’ anima a un’ umanità, che forse non l’ ha mai avuta e Fha solo sognata. Più
di ogni altro autore del cinema italiano, Pasolini ha rappresentato la dissolu­
zione della storia della cultura, si è fatto profeta dello stupore come dell’ eros
liberato da tutti i pantani dei valori costituiti ed ha portato la buona notizia che
tutte le mitologie muoiono sotto i colpi delle verità che le disvelano. La gran­
dezza di un’ epoca non si misura sul conto dei cadaveri ma sul sorriso senza
tempo e senza guerre dei bambini.
J1 D e c a m e r o n pone gli oppressi in relazione tra loro... Pasolini non si cura del

u
Fino Bertelli

cammino del giusto né di quello dell’ empio... sa che “ difficile non è la parten­
za né l’ arrivo. Il rischio maggiore sta nella travesata” (Guimarcàs Rosa) del-
rinforno quotidiano. Non è l’ amore che appartiene all’ uomo/alla donna, ma è
I uomo/la donna che appartengono all’ amore. Nessuno è padrone di nessuno...
c Pasolini rivendica Vutopia delia dignità di ogni essere umano. Il suo cinema
annulla il baratro tra padrone e schiavo, nobile e plebeo, ricco e povero... re­
stituisce la credenza profonda che “ lutti gli esseri umani sono uguali e che l*u-
guaglianza tra le persone dimostra la loro nobiltà. 11 peccato più grande di un
essere umano è dimenticare di essere un principe” (Abraham Ilesehel). Aboli­
re l’ amma della storia dunque dai sogni che Plianno avvelenata... cercare nel­
le profondità interiori Vanima nuova la spiritualità e le sensazioni inqualifica­
bili della rivolta come evento nudo di tutti gli eventi. Fare delle “ belle carogne
disseminate lungo i millenni” (F. M. Cioran) una corona di verità insostenibili
e disperdere nel vento della gioia i principi dimostrabili di ogni avvenimento
luttuoso legittimato dalle regole. Se per Maeister Eckhart, la divinità precede
Dio, per noi il cuore dell’ Uomo è il contenitore di tutto senza Dio. Non c ’è nien­
te da sostenere né da giustificare che non sia già accaduto come tragedia ed è
finito in farsa (pensando in maniera eretica a Hegel).
II Decameron è tutto questo e altro ancora. A Pasolini non gli viene concesso
né di sbagliare né di essere un provocatore intelligente. Giovanni Arpino si ac­
coda agli “ addetti ai lavori” sconvolti dagli insolenti nudi pasoliniani e vede nel
film “ una pretestuosa ricerca di castità e uno scrupolosissimo intendimento di
voler épater uomini e cose... La scoperta pubica di Pasolini, insomma, né ci
danneggia né ci offende. Ci rattrista, ecco tutto. Perché l’uso e la mercifica­
zione rendono davvero triste questo sesso, gettato sulla bilancia di ogni storia
o interpretazione o dialogo come la caritatevole ‘ giunta’ del salumiere” .22 Ve­
ro tutto il contrario. Il Decameron è un’ opera briosa, scapestrata, irriveren­
te... ciò che è crudamente disvelato non è mai osceno e il piacere visivo di tan­
ta naturalezza disposta come su dei dipinti dimenticati, è una grande lezione di
storia popolare. La bellezza plastica, figurativa del film è sensuale, seducente,
eroica... evoca maestrie del colore e dettagli popolareschi che nulla hanno a che
fare con il cristianesimo o con Fanima gerarchica del cattolicesimo, semmai è
la mancanza di ogni fede che sborda ovunque e ci ricorda che Famore libero
non è il Male, quando è condiviso, partecipato. “ E un inno al desiderio, all'a­
more, al piacere. Un canto d ’ allegrezza e di felicità” .23 Ma non è un film ‘ di­
vertente” , per niente. Anzi è tragico, e molto. 11 mito, la favola e la tragedia si
mescolano e deeontesualizzano il presente nei sorrisi dei protagonisti sbattuti
in “ un’eterna stagione [clic] individuarla è impossibile” .2 4 E l’ apoteosi pre­
ziosa e allucinata di chi ha solo amato senza chiedersi perché o di chi ha solo
ucciso per non morire di verità e di paura.
Alberto Moravia, scrivendo del Decameron, illumina quanti accusano Pasolini
di narcisismo o di fotoromanzi filmati: “ E giunto forse il momento di parlare
ilei modo con il quale Pier Paolo Pasolini affronta e risolve il problema delTil-
P ier P a olo Pa-solini/ll cin em a in c o r p o

lustrazione cinematografica di quei testi di cui è convenuto dire che apparten­


gono al patrimonio culturale dell’ umanità... Nel film di Pasolini c’ è più nudo
che nel ‘ musical’ H o! Calcutta: ina senza il compiacimento di infrangere tabù,
seminai con l’ idea di spingere la rappresentazione fin dove è necessaria e dun­
que lecita. Crediamo che sotto questo aspetto, il Decameron pasoliniano sc­
emerà una data importante. Porse è la prima volta che l ’ atto della copula vie­
ne presentato al cinema come puro c semplice gesto dei corpi, privo di signifi­
cato c di valore, anzi visto come qualche cosa di difficile, di goffo e di scomodo
che richiede la coopcrazione di ambedue gli amanti” .25 Pasolini viene taccia­
to di disimpegno e di qualunquismo... e davvero pochi, riescono a vedere che
proprio con quest’ opera il poeta degli umili e degli indifesi mostra di aprire una
via d’ispirazione politica che è profondamente radicale, e proprio perché non
vuole gridare o scimmiottare la politica corrente... “ Io sto benissimo nel mon­
do, lo trovo meraviglioso, mi sento attrezzato alla vita, come un gatto. E la so­
cietà borghese che non mi piace. E la degenerazione della vita del mondo. Hil-
ter è stato il tipico prodotto della piccola borghesia. Anche Stalin è un prodot­
to piccolo-borghese. Io sono per la morale contro il moralismo borghese. Que-
l*è la differenza? 11 moralista dice no agli altri, l’ uomo morale lo dice solo a se
stesso” (Pier Paolo Pasolini).2 6 Non è vero che Moravia considerò il Decame­
ron un “ inno all’ omosessualità” (come scrive Barth D. Schwartz) né, tantome­
no, che i suoi ire film “ commerciali... rendevano in un sol colpo omaggio ai dia­
letti delle classi inferiori, accoglievano il particolarismo regionale che Pasolini
credeva in pericolo mortale e offrivano una sorta di inno alla nudità dei corpi
umani” .2 7 Passiamo l’ ingenuità di Schwartz sul termine —classi inferiori - . . .
quello clic non ha compreso Schwartz, è che la trilogia pasoliniana, esprime il
rapporto contrastante tra arte e politica e alla maniera di Eliot, Ycats o La­
wrence... recuperava le tradizioni del passato ma senza veicolare i valori falsi
della borghesia né i “ fascismi di sinistra” che emergevano dalle brume della
contestazione generale di quegli anni. Col Decameron, Pasolini si fa profeta
della gioia per non divenire predicatore del caos o della ragione avvilita dalla
storia. Nel suo film c’ è una grandezza, un certo pessimismo laico che si scaglia
contro gli alibi delle coscienze, senza né pretesti né riconversioni. “ Per la veri­
tà non ho mai creduto in nulla ma l’ ho sempre recepito come una colpa. E di
qui, il senso del dovere. Ma, lo ripeto, man mano che il futuro si accorcia, il pe­
so dei doveri diminuisce e, di conseguenza, la possibilità di non credere a nul­
la e di guardare la vita senza veli (essa stessa è un magnifico velo) aumenta ’
(Pier Paolo Pasolini).
Nel Decameron c’ è una ricostruzione delEambiente molto teatrale, intesa però
come quel rito sublime che è stato per secoli il teatro popolare, la commedia
dell'Arte. J? immaginale fantastico di Edipo re o di Medea qui è deposto nel gio­
co, nell’irriverenza ludica di una quotidianità eversiva, lasciata alla deriva
J’ impudenze libertarie che nessuno gli perdona. “ Si nasce tutti re ma quasi tut­
ti si muore in esilio” (Oscar Wilde). L’ attoralità del Decameron è particolare.
P in o B ertelli

Stramante, allusiva, dirompente... gli interpreti sono icone, maschere, doppi


di una vitalità sognata dal poeta che diffida di ogni sorta di spettacolare inven­
ti va per aprirsi ad una folle maternità di viva indecenza. Franco Fitti è un
Ciappelletto di notevole bravura e Ninetto Davoli aleggia la solita allegrezza
sfrontata e delinea un Andreuccio con punte di goduta interpretazione (quan­
do cade nella merda). Pasolini si ritaglia il personaggio di Giotto28 su misura.
Lui dice elle è stato costretto a indossare i panni del pittore per il rifiuto degli
amici Sandro Penna c Paolo Volponi, difficilmente possiamo immaginare un al­
tro interprete al suo posto... la garbata ironia che mette in scena, il senso del
tempo di ripresa (molto corto) o il buffetto con la vernice sul naso di uno dei
suoi garzoni... sono di pregevole fattura e sembrano dire che “ uiLidea che non
sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea” (Oscar Wikle).
La fotografìa (Kodak Eastmancolor, di Tonino Delli Colli) espone una qualità
figurativa straordinaria, insieme ai costumi di Dante Ferretti e alle scenografie
di Danilo Donati, fanno davvero respirare i colori di un’ epoca “ ladra” che for­
se non è mai stata così o è esistita soltanto nei sogni dei bambini disobbedienti.
II montaggio di Nino Baragli e Tatiana Casini Morigi è aritmico, sovente le in­
terpunzioni sono improvvise, corte, altre volte più vellutate, comunque sempre
impertinenti, cioè coraggiosamente anomale. Le musiche (curate da Pasolini,
con la collaborazione di Ennio Morriconc) fanno sobbalzare non poco i puristi
delPimmagine e i flautari della tristezza espressiva... gli rinfacciano una certa
faciloneria o manipolazione dei generi musicali (la mescolanza della musica di
un Anonimo del XIII sec. con il “ Canto delle lavandaie del Vomero” e canti na­
poletani antichi e moderni)... nessuno si accorge che le idee dei massimi pensa­
tori sono sempre state delle comete che hanno attraversato il pianeta senza an­
dare da nessuna parte che non in fondo al cuore della piccola gente. Il poeta
che inventò la lingua delle api, aveva le ali gialle e lo sguardo trasparente, un
giorno si perse nel profumo dei fiori e non tornò più... la fine di ogni suddi­
tanza è contemporanea all’ incendio deU’ineomprensibile... dove i potenti bal­
bettano di paura di fronte al canto irrequieto degli angeli del non-dove che por­
tano la loro immaginazione folgorante fino agli estremi. “ Il pubblico è stupen­
damente tollerante: perdona tutto, tranne il genio” (Oscar Wilde).
Vi sono film clic fanno “ rumore” e altri che impongono il raccoglimento. I pri­
mi sono meteore che si spengono sulla ribalta della mondanità... i secondi, so­
no comete ohe portano la loro luce oltre la limpidezza della verità. Sugli scher­
mi (come nei cieli) non c ’ è più nulla da leggere. “ La società spesso perdona il
criminale ma non perdona il sognatore” (Oscar Wilde). Sono gli angeli del non­
dove che rompono i margini del divieto e sovvertono Lordine del conforme...
“ bisogna dirottare un p o’ da ogni strada maestra, se vogliamo imparare a ri/co-
noscere una parte di noi stessi che non conosciamo o che abbiamo troppo a lun­
go soffocata” .2 9 11 volo degli angeli ribelli è un’ epifania magica che rende me­
no impossibile una vita impossibile. Gli angeli duinesi di Rilke, il duende di
Lorca o l'angelus novus ili BenjaminSO sono lì nel regno dell’invisibile per rac-
t 'i e r r a o i o n a o i m w w m corpo

cogliere “ disperatamente il miele del visibile” (Rainer Maria Rilke). Riflettono


fistante di un’ insorgenza, la poetica di un disincanto, l’ abiura delle frivolezze
della ragione... lasciano sulle spiagge eretiche dell’ Utopia il disprezzo per gli
ileie dei loro adoratori... sono gli avventurieri del nulla o i cospiratori dell'al-
trove che fanno del primo atto di disobbedienza anche il primo gesto di liber­
tà. Benjamin si rattristava per gli esseri umani che “ sono cose” e nei suoi scrit­
ti faceva della dignità umana un privilegio... (anche nelle lettere) non voleva di­
menticare la propria infanzia e rigettava “ questi tempi che vogliono insegnarci
a dimenticare” . Proprio come la visione pasoliniana dell’ esistenza offesa, Ben­
jamin cercava un reciproco sostegno nella solitudine della “ diversità” (non so­
lo in quanto ebreo) ma nella speranza di un pensiero estraneo alla barbarie di
ogni autoritarismo, vero il quale andare liberi e sicuri, “ perché vogliamo pre­
parare la franchezza e cordialità di bambini che pili tardi avranno anch’ essi
vent’ anni” 3J e non dovranno vergognarsi dei loro Padri e delle loro Madri.
Nel 1941 Benjamin si uccise per scoramento, quando lo respinsero (perché
ebreo) alla frontiera spagnola. Un’ altra ebrea, Hannah Arendt, lavorò tutta la
vita sulla filosofia utopica della “ polis” , combatte con ogni forza l’ antisemiti­
smo e cantò il diritto alla “ diversità” sotto ogni form a... il suo pensiero (tra i
più sovversivi di questo secolo), rivendica la rivoluzione degli oppressi come
cammino verso la libertà dei diseredati della terra... ina la libertà si paga a ca­
ro prezzo. Così Hannah Arendt: “ Questa umanità non sopravvive al giorno
della sua liberazione, non sopravvive a cinque minuti alla libertà... non ho mai
in tutta la mia vita 'amato’ alcun popolo, alcuna collettività - né il popolo te­
desco, né il popolo francese, né il popolo americano, né la classe operaia, né
nulla di tutto ciò. Io amo 4unicamente’ i miei amici, c la sola specie d ’ amore che
conosca c nella quale creda è l’ amore delle persone” .32 Si tratta di non ab­
bassare la testa di fronte a qualsiasi cosa, di difendersi in ogni modo e con ogni
mezzo, di aprire il cuore alle passioni dell’ Utopia e fare dell’ amore di sé e ver­
so gli altri il primo passaggio per andare là dove la notte finisce e il giorno co­
mincia... “ Quando da lontano riusciamo a distinguere un cane da una pecora”
è lì che termina la notte? - chiese un discepolo al rabbino - . - “ No! - rispose il
rabbino - . Il discepolo - “ È quando riusciamo a distinguere tra una palma e un
albero di fichi?” - . - “ No” - , disse ancora il rabbino. Il discepolo - “ Ma (pian­
do allora?” Il rabbino: - “ È quando si può guardare in volto una persona e
riconoscere in essa un fratello o una sorella. Finché non si riesce a vedere co­
sì, è ancora notte nel nostro cuore” .33 L’ amore soffia dove vuole... ed è la sua
malinconia, la sua sensualità, la sua tenerezza che insegna a ciascuno ad abi­
tare con se stesso e fare della reciprocità dei bisogni l’ ascolto incondizionato del
proprio cuore. L’ amore non si impara. Si vive o si attraversa.
Il Decameron fu presentato al Festival di Berlino il 28 giugno 1971 e dopo con­
trastanti opinioni tra i giurati, ricevette l’ Orso d ’ Argento con questa motiva­
zione: “ Per il rigore artistico, la maturità cinematografica e il corposo umori­
smo con cui Pasolini ha ricreato l’ironia irriverente del Boccaccio e non sol-

257
P in o B ertelli

tanto ha raggiunto la pittoresca autenticità de! Medioevo ina vi ha introdotto,


con sana vitalità, un’ immagine del mondo d ’ oggi” . Non siamo così certi che il
nini di Pasolini riproponga un “ Medioevo” come metafora del “ Moderno” , ve­
ro però è che la piu ricodificazione dell’opera si scompone in più letture e non
sono pochi gli attacchi diretti portati contro il blasonismo clericale (il giovane
Masetto si finge sordomuto e scemo, viene assunto come ortolano in un con­
vento di suore e se le scopa tutte. Quando la superiora scopre che il giovane
parla, grida al miracolo di Dio) o Pingenua credenza popolare preda di ogni
ciarlatano (Don Gianni convince il contadino che può trasformare la giovane
moglie in cavalla e nel momento più difficile, cioè (piando si presta ad “ attac­
care la coda” alla donna prostrata, il marito vorrebbe rompere Tincantesimo
ma ormai è troppo tardi)... ed il riso del pubblico esorcizza il dolore (alla ma­
niera di Charlot, Keaton o Jaques Tati), il 6 ottobre il Decameron venne
proiettato al Festival di New York e sconcertò non poco la critica americana.
Vincent Canby, del New York Times, non cadde sull’ onda solita del martiriolo-
gio pasoliniano e scrisse che il film poteva essere considerato “ offensivo per i
concetti ordinari di delicatezza c decenza [ma che] difficilmente dovrebbe es­
sere ritenuto offensivo della morale... Pasolini ha creato un panorama del
principio della vita rinascimentale che è tra i più belli, turbinosi e movimenta­
ti che siano mai stati portati sullo schermo” .3 4 11 “ comune sentimento del pu­
dore” era violato. Pasolini mostrava di non avere patria, che non sia per ride­
re... come dovrebbe essere per tutti. Univa cinema e poesia, politica e stupidi­
tà... infrangeva la notte del “ buon costume” quotidiano per attestarsi in pro­
fondità dei sensi... esprimeva una genialità dolorosa che si avvertiva dapper­
tutto, sembrava dire: “ bisogna uscire dalla disperazione per raggiungere una
gaia disperazione” (Marguerite Duras). I? utopia comunardo espressa nel De­
cameron e ovunque nelle opere poetiche/einematografichc di Pasolini, indica
una via, quella della luce... la luce dell’intelligenza che combatte contro le in­
giustizie e le iniquità dclPimmaginario istituzionalizzato. Dice che è giusto che
ogni uomo abbia da soddisfare i bisogni primari ma è altrettanto giusto che ogni
uomo abbia accesso al sapere c faccia parte delle scelte di carattere econonii-
eo/partecipativo della “ cosa pubblica” . Forse ascoltando l’ amore di tutti per
tutti, si sbaglia di meno. “ L’ agonia di un’ anima insoddisfatta dura tutta la vi­
ta... E la luce che, illuminando alcuni singoli, forma i popoli. E i popoli vivo­
no e s’ingrandiscono grazie alle idee che nascono nelle teste privilegiate di quei
singoli. Poiché quelle teste sono piene di un amore grande verso il prossimo
(Federico Garcia Lorca).35
Per comunicare i primi uomini si toccarono, dipinsero, cominciarono a parla­
re, fabbricarono i libri... La Bibbia, il Corano, il Talmud, il Libro dei Libri...
fecero scendere i loro sogni dalle montagne e cominciarono a cantare e a rac­
contare le novelle di altri popoli, i sogni di altre genti. La parte “ migliore” del­
l'umanità si deve alle tavolette di fango dove i notabili egizi annotavano i ser­
vizi degli schiavi, ai grandi codici lasciati sulle pergamene dai Persiani e avan-

2fSft
l'ior raoiu i asu corp o

ji tino alla scoperta della carta cinese hi Occidente (751 dell'era cristiana)... li­
no ad allora i popoli arabi stampavano le loro favole delle mille e una notte su
una carta estratta dal cotone, poi passarono ad utilizzare gli stracci vecchi. Nel
.(•colo XV un tipografo di Magonza, Gutenberg, fuse le lettere dell alfabeto nel
piombo e i segreti di pochi divennero la conoscenza di tutti. In quello stesso
tempo la polvere da sparo debuttò sulle scene del mondo e decretò la fine del
feudalesimo. Fu l'inizio di una rivoluzione culturale e politica che scosse alle
fondamenta l'anima primordiale dell'umanità.. Di lì a poco i mari saranno sol­
cati da navi sempre più grandi e sempre più armate, i più forti colonizzeranno
grandi fasce di terra, uccideranno i più deboli e si assolveranno dai loro pec­
cati in nome del progresso del genere umano. La caduta dell’ Impero Romano,
le invasione barbariche e il trionfo del Cristianesimo sono al centro delTintol-
leranza sulla quale prenderà vita il mondo moderno. Gh eserciti, l’ oro, le in­
quisizioni... si abbatteranno contro tutti quelli che intralcieranno la progetta­
zione dell’ opera... si moltiplicheranno le persecuzioni, gli assassinii, le oppres­
sioni... ma non ci sarà mai nessun governo (come nessun tiranno) che riuscirà
a salvare la propria testa... il senso profondo di tutte le rivoluzioni è sempre
stalo quello di una giustizia sociale più larga e di un amore fraterno che leghi
di nomini tra loro senza condannare ciò che pensano, ciò che pregano « ciò che
sognano... le conquiste sociali si fanno con le idee di poche persone che germo­
gliano nelle teste di molti c non ci sono armi o torture che possono vincere la
battaglia delle idee di libertà, di giustizia e di amore tra i popoli.
Contro la luce delle idee si sono accaniti despoti, stati, religioni... nessuno mai
è riuscito a fermare il pensiero di un uomo o di un popolo in cammino verso la
propria liberazione. L’Umano come Utopia travalica vecchi e nuovi testamenti
o comuniSmi primordiali e dissolve le schiavitù imposte dalla civiltà dello spet­
tacolo nell’ espropriazione dei sogni mercantili della “ modernità” ... le Utopie di
Platone, More o Campanella36 respingono tutti i paradisi del passato e proiet­
tano nel divenire l’ uomo cosciente di se e padrone delle sue responsabilità. E il
protagonista di una società della reciprocità e del mutuo appoggio che non fa i
tonti con Lovola ma con Kropotkin, che non chiede agli uomini di farsi profe­
ti ma chiede (con ogni mezzo) la fine dei colpevoli (privilegiali, istruiti, nobili,
industriali, politici, chierici...) di tanta fame e dolore nel mondo. Quando la ri­
voluzione della fame sarà anche la rivoluzione della politica, allora e solo allo­
ra i poveri e gli oppressi entreranno nel regno dove ciascuno è un principe e
nessuno è servo. In un mondo dove i ricchi divengono sempre più ricchi e i po­
veri sempre più poveri, c ’ è da vergognarsi a pronunciare la parola democrazia
o spiritualità cristiana.
Negli anni ancora caldi di lotte e utopie che scuotevano alle fondamenta la so­
cietà catto/comunista italiana... Pasolini si avvicina alla sinistra extra-parla­
mentare, presta la sua firma di direttore responsabile del giornale Lotta Con­
tinua (subendo una serie di processi) e collabora alla realizzazione del docu­
mentario 12 dicembre (1970/1972). 11 titolo è preso dalla data della strage (di
P ino B ertelli

Stato) di Piazza Fontana del 1969 a Milano. I dissapori estetici e politici che av­
vengono tra Pasolini e i militanti di Lotta continua non sono pochi. Il film esce
con la dicitura - “ da un’idea di Pier Paolo Pasolini” . Il soggetto e la sceneg­
giatura sono stesi da Giovanni Bordanti e Goffredo Fofi. Bonfanti firma anche
la regia, il montaggio (con Maurizio Ponzi) e la produzione per Lotta Continua.
L’ assistente al montaggio è Lamberto Mancini e alla regia Fabio Pellarin. La
musica è a cura di Pino Masi, il suono di Bruno Nappa e Pasquale Rotolo. II
mixage, di Nino renda con la collaborazione di Nicola Dimitri e Maurizio Pon­
zi. Direttore di produzione, Umberto .Angelucci. Le riprese iniziarono un anno
dopo la strage di Piazza Fontana, a Milano, il film viene terminato e montato
nel marzo del 1972. La distribuzione fu difficoltosa, il documentario circolò
soltanto nelle programmazioni di base dei Circoli Ottobre.
12 dicembre un film-diario nelPTtalia deW autunno caldo, della strage di stato.
della rivolta di Reggio Calabria, dell’incontro possibile fra proletari e giovani
rivoluzionari. Scomparso nel naufragio di Lotta Continua, ritrovato in un ar­
chivio tedesco, ridotto e restaurato a cura del “ Fondo Pasolini” (sostenuto e
diretto da Laura Betti), il film restituisce con forza il bianco e nero di un’ epo­
ca nella quale si gridava che era 64proibito proibire” e il solo modo per fare la
festa al potere era la rivoluzione. Gli operai di Mirafiori, della Bicocca, i ca­
vatori di marmo di Carrara, i girotondi dei ragazzini di Napoli, il fiume di gio­
vani che sfilava il 12 dicembre del ] 970 a Milano (dove un ragazzo, Saverio Sal­
tarelli, fu ucciso da un candelotto della polizia)... erano segnali di qualcosa che
stava finendo, i colpi di coda di una cordata politica che aveva fatto il suo tem­
po e stava franando sotto i colpi libertari dei movimenti del *68.
Il *68 - chi ha orecchie intenda - ... è stato un’esplosione generazionale di uto­
pie sociali che cercavano (li praticare “ democrazie (non democrazia) autogesti­
te con consigli di fabbrica, di scuola, di quartiere, di zona, di circoscrizione, di
sindacati, con assemblee diffuse, in testa quelle dei malati mentali in manico­
mi contestati dall’interno, eco., istituzioni con pratiche nuove (‘he, se non han­
no retto al tempo, hanno tuttavia dato inizio a una cultura diversa” .37 Le lot­
te eversive del *68 hanno mostrato che le “ democrazie dirette” naseonono e vi­
vono dentro pratiche di libertà, giustizia, uguaglianza portate fino agli estre­
mi... le turbolenze e i conflitti che contenevano hanno segnato l’ ora di chiusu­
ra di un’ epoca dove anche l’ ultimo degli imbecilli aspirava a diventare santo in
un universo di croci e bandiere rosse dove tutti facevano finta di capire quello
che i comunardi della libertà avevano già capito e praticato con la rivolta in ar­
mi, prima e dopo l’incendio di Parigi (1871)... lì per settanladue giorni ciascu­
no fece la sua parte e si prese la sua dose di piombo nel nome insolente dell
Anarchia. “ Questi briganti muoiono con una certa spavalderia” (osservò un ca­
pitano delle guardie regie)38, più tardi e ad ogni angolo della terra, altri mo­
riranno allo stesso modo per cercare di conquistare una vita quotidiana fuori
dalla tirannide e dalla schiavitù. Fu l’ anarchico Amilcare Cipriani a sparare
all’ orologio del municipio di Parigi e fermare il tempo rapace della borghesia
P ier P a o lo P a solin i/ll cin em a in c o r p o

(èrano le 4 e 5 minuti della sera del 22 gennaio 1871). L’ immaginazione stava


per prendere il potere, non per sostituirlo con un altro potere, ma per distrug­
gerlo. La Comune “ apriva le porte dell’ avvenire ingombro dei mucchi di cada­
veri'' (Louise Michel) accatastati sulla pelle rovesciata della storia, ogni “ pezzo
di popolo” non si sentiva nella rivoluzione, la voleva... “ Ci si scaldava più al
fuoco delle idee che a quello della legna e del carbone. Perché solamente nelle
grandi occasioni, quando si riceveva qualche delegato, si gettava sid caminetto
un dizionario o una seggiola” .3 9 A Place Bianche le donne parigine mostraro­
no con le armi in mano che la libertà c l’ uguaglianza passava di lì, le loro bar­
ricate erano solide come i loro cuori, gridavano che essere comunisti significa­
va mettere il lavoro della terra e le ricchezze naturali in Comunità. Le pétro-
leuses (le incendiarie) della rivoluzione morirono a grappoli per la Comune e i
loro figli più piccoli furono chiusi fino ai venti anni in case di correzione. 1 più
non sopravvissero per le torture e gli stenti. La loro infamia era quella di esse­
re figli della rivoluzione. La comune era il crogiuolo rivoluzionario da cui do­
veva uscire la Nuova Società . 1 Comunardi pensavano che con la nascita delle
Comuni si poteva assicurare la dignità e la libertà a un uomo come a un popo­
lo. La negazione della dominazione borghese doveva passare nella negazione
radicale della società che intendevano rovesciare e dopo l’ annientamento dei
privilegi e la sconfitta della casta al potere, sarebbe nata la Repubblica Cornu-
narda. Era l’inizio della Nuova Società. Restò un utopia? Forse. Comunque
nella “ grande battaglia, che si combatte fra la borghesia ed il proletariato, fra
la nuova società e la rivoluzione, i due campi son ben distinti, non c ’ è confu­
sione possibile che per gli imbecilli e i traditori” (Louise Michel). Un mappa­
mondo che non includa Utopia non inerita neppure uno sguardo” (Oscar Wil-
de).
Adriano Sofri, nel volumetto II malore attivo dell 'anarchico Pinetti. La sen­
tenza del 1975 che chiuse l ’istruttoria sulla morte del ferroviere Pino Pi netti 9
che entrò innocente in un ufficio al quarto piano della Questura di Milano, e
ne uscì dalla finestra, il 15 dicembre 1969 (che accompagna la videocassetta 12
dicembre, curala da Enzo Ocone, direttore di edizione di molti film di Pasoli­
ni)... ricorda che il film fu "‘concepito come un lungo viaggio dal nord al sud e
ritorno, sulla traccia di quella migrazione operaia che segnò la geografia socia­
le di Lotta Continua facendone l’ ultimo movimento unitario della storia italia­
na” .4 0 12 dicembre racconta la “ Strage di Slato” di Milano, deambula sui cor­
tei di operai e studenti che inondano la città... la cinecamera traballante di Pa­
solini e Bonfanti si sposta nelle cave di marmo di Carrara, nella Napoli di Ba­
gnoli e nella mensa dei bambini sottoproletari, fino a raggiungere la sommossa
di Reggio Calabria. Poi prendono il trono del Sole, risalgono a Torino, vanno
a girare sulle facce dei meridionali di Porta Palazzo e davanti ai cancelli di Mi-
rafiori. Il tono generale è quello del “ pezzo politico” destinato a far discutere
sul cosa fare, più che a rii lettere su ciò che è stato fatto. Si riconoscono figure
operaie di rilievo di Lotta Continua (Nicola Laterza, della Mirafiori; Alberto
P in o B ertelli

Gioia, della Pirelli Bicocca o i comunisti Luciano Parlanti e Franco Platania)...


si nota in questo gruppo anche (il pentito) Leonardo Marino, accusatore di se
stesso (come autista), di Adriano Soffi, Giorgio Pietrostefani (come mandanti)
e Ovidio Bompressi (come esecutore) degassassimo (qualcuno parla di giusti­
zia diretta) del commissario Luigi Calabresi (Milano, 17 maggio 1972). 11 film,
rivisto con il distacco degli anni, ha diverse parti ancora forti e importanti...
l’intervista al vecchio comunista Augusto Lodovichetti, accusato di un attenta»
tu contro Mussolini alla Fiera Campionaria del 1928, dove rimasero uccise ven­
ti persone (dopo qualche anno di carcere fu assolto per non aver commesso il
fatto) è toccante. E rilevante è anche quella a Rolandi, il tassista (die diceva di
avere portato Fex-ballerino anarchico Pietro Valpreda (accusato di strage) con
una borsa davanti alla Banca dell’ Agricoltura (morì d ’infarto poco dopo). Le
facce degli operai aggrediti dai fascisti a Trento e gli ex-partigiani di Sarzana
(che dicono di rispondere a colpi di fucile contro l’immobilità o la complicità
della polizia nei confronti dei fascisti) sono altere, anche belle. 1 cineframmen-
ti “ orali” sulla FIAT e la Montcdison anticipano i dibattiti che di li a poco si svi­
lupperanno sulla salute in fabbrica e la revisione dei reparti a rischio. 11 pezzo
(die riguarda la “ rivolta di Reggio Calabria” appare abbastanza pretestuoso e
pericoloso. Le barricate sono vere, la ribellione anche. Come erano veri i gas
lacrimogeni c le gomme di camion incendiate nelle strade. La spontaneità del­
l’insurrezione non aveva però radici “ tanto buone” quanto il film ci vorrebbe
far credere. La criminalità mafiosa insinuata nella politica (“ Reggio capoluogo
di provincia” ) ebbe i suoi attori oscuri e lo sbocco popolare venne poi attribui­
to (e gestito) dalia Destra istituzionale. Quando i contadini meridionali scendo­
no dal treno alla stazione di Porta Nuova a Torino, ripassa negli occhi la me­
moria storica di una nazione di emigranti che porta scritto sulla fronte del pro­
prio popolo una miseria antica e un vassallaggio mai abolito. La contrapposi­
zione tra un raduno di fascisti di Ordine I\uovo è la manifestazione di Lotta
Continua che cantano inni di rivolta (l’ oratore invita alla caccia al fascista) è
quanto mai semplicistica e toglie molto alla portata autenticamente eversiva
che scaturisce dall’ insieme del documentario. Pasolini gira con la macchina a
mano buona parte del film. Sono attribuibili al suo sguardo e alla sua sensibi­
lità particolare, al “ tocco” o al modo di girare “ addosso” ai corpi, alle facce
delle gente umile... il colloquio con il disoccupato sordomuto a Bagnoli, i ra­
gazzi che cantano Bandiera rossa nella miseria solare di Napoli, le interviste
alla moglie c alla madre di Pinclli, la scena del cimitero di Musocco dov’ ora sep­
pellito Giuseppe Pinchi (ora la tomba è a Carrara). La fotografia in bianco e
nero è disuguale, i curatori (Giuseppe Pinori, Sebastiano Celeste, Enzo Tosi,
Roberto Lombardi) sfruttano ogni fonte di luce e riescono a restituire un’ at­
mosfera politica di grande emozione. Il montaggio, grezzo, discontinuo, abra­
sivo... imprime a questo documentario una forte creatività politica, lascia pre­
sagire altre innumerevoli metafore, altre diverse ragioni per le quali si chiede­
va allo spettatore di non dimenticare.
P ie r P a o lo P asoli.ii/Il cin em a in c o r p o

Gli echi della Resistenza ci sono tutti ed anche quelli della battaglia politica...
uno dei lavoratori del marmo dice: “ Io tutte le notti, tutte le sere sogno, sogno
che succeda la mattina presto qualcosa di grosso, magari anche la rivoluzio­
ne!''. Non era questo il “ sogno di una cosa’ 41 chiamata Utopia che Pasolini
aveva preso da Marx, l’ aveva fatto suo e qui assumeva l’ aspetto di storia por­
tata agli estremi del convenzionale? Il populismo politico di Lotta Continua
toccò in questo film la “ questione meridionale” , forse per l’ ultima volta in mo­
llo forte, una parte del popolo italiano chiedeva giustizia per le genti in fondo
alla scala sociale e indicava all’interno del Parlamento i mandanti delle scene
di mafia o di guerra urbana che hanno insanguinato l’ intero Paese dall’ avven­
to del regime fascista in poi. La testimonianza della madre di Pinchi, Rosa Ma­
lacarne, è dura, lucida, di notevole fierezza espositiva... anche quella della mo­
glie dell’ anarchico, Licia Rognini, è partecipata, sofferta, di grande spessore
umano... con dignità e doloroso distacco lasciano un ricordo bello e doloroso
di un uomo ucciso dall’ ingiustizia dello Stato. L’ ex-partigiana di Porta Palaz­
zo a Torino, anticipa di non poco certe tematiche oggi molto dibattute e parla
con disprezzo del razzismo contro gli immigrati: “ Facciamo emigrare i padro­
ni...” . L’ ultima immagine del documentario è di straordinaria attualità... la ci­
necamera è in una casa operaia della periferia torinese. Riprende due donne,
due generazioni, due modi di interpretare la vita. La madre dice che tutte le
Torino del mondo non basterebbero a restituire la sua Conca d ’ Oro” , la figlia:
“ La Sicilia è bella, però io trovo che sia bella solo per passarci le ferie... Qui
ho trovato un altro sistema di vita” . L’ omologazione culturale della società
mercantile della (piale parlava Pasolini era già qui e mostrava che “ nessun cen­
tralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei
consumi” .42 II potere scaturisce dalla delega ed ogni volta che gli viene sot­
tratto il consenso, frana nei modi più miserabili. Nessuno può regnare impu­
nemente su uomini vivi. Si tratta di andare a rovistare nelle eresie dei secoli ciò
clic i secoli vorrebbero volentieri dimenticare (pensando alla rapidità di spiri­
to di Fdias Canetti).
In principio, 12 dicembre fu fatto per raccogliere un p o’ di soldi a sostegno dcl-
Tattività politica di Lotta Continua. Bonfanti incontrò Pasolini sul set di Me­
dea e il regista coinvolse nel progetto il suo produttore. All)erto Grimaldi. Pa­
solini girò di persona a Milano, alla tomba di Pinelli, a Carrara, a Viareggio, a
Napoli... partecipò a diverse sedute di montaggio ma ciò che intendeva fa re Pa­
solini strideva mollo con quanto volevano dire i militanti di Lotta Continua.
Per lui era importante esprimere un “ punto di vista documentato” , per gli al­
tri la documentazione politica amplificata dei loro credi. Per Pasolini le facce
incolte, i gesti, i vestiti, le case del sottoproletariato erano più importanti dei
pugni chiusi e dei cori che accompagnavano quel viaggio della miseria e della
speranza attraverso V Italia. Vennero girati circa 80. 000 metri di pellicola ma
ne furono montati soltanto 3 o 4 mila. Quando il film fu terminato i soldi era­
no finiti. Ne furono stampate soltanto cinque copie (che lo stabilimento non vo-
P in o B ertelli

leva consegnare) e fu “ un assegno di Pasolini, ancora una volta, a cavarci d’im­


paccio” (ricorda il “ regista” Giovanni Confanti). Pasolini portò il documenta­
rio al XXIT Festival di Berlino insieme a I racconti di Canterbury (che vinse
l’ Orso d ’ Oro coinè miglior film).
Tn quegli stessi mesi, Pasolini appoggiò anche il documentario collettivo - Lo
sciopero degli sp azzini, a cura del “ Comitato cineasti italiani contro la repres­
sione” , che conteneva la stessa sdrucitura eversiva di 12 dicembre. Sono gli an­
ni nei quali una parte della magistratura italiana si distingue come U lungo
braccio del fascismo al potere ed emette la sentenza sulla morte dell’ anarchico
Giuseppe (Pino) Pinchi, che a dire poco, è scandalosa. Nel 1975, Fallerà Giu­
dice Istruttore Gerardo D’ Ambrosio, concluse l’ istruttoria per l’ omicidio dei
fer roviere anarchico, mandando assolti tutti gli imputati (il capo dell 1 ffi ciò
Politico, Allegra, imputato di abuso di potere e arresto illegale, beneficiò del­
l’ amnistia di rito). D ’ Ambrosio “ approdò alla convinzione che Pinchi non si
fosse ucciso, né che fosse stato ucciso: e in questa paradossale conclusione, che
non sembrava consentire altra via d ’ uscita (via d ’ uscita: sconcertante espres­
sione per il caso di un provato innocente che entrò dalla porta di un ufficio di
questura al quarto piano, e ne uscì dalla finestra) D’ Ambrosio fece propria la
tesi del malore attivo: tesi senza precedenti nella storia della medicina legale e
del diritto” .4 3 Dopo oltre tre giorni e tre notti del fermo illegale di Pinelli, di
torture morali, fisiche (secondo lo scrittore Leonardo Sciascia), di responsabi­
lità dirette della polizia (secondo il giornalista Giorgio Bocca), di pestaggi pe­
santi da parte di quattro sottufficiali di polizia e di un ufficiale dei carabinieri
(secondo un anarchico in stato di fermo nella questura di Milano e a pochi pas­
si dalla stanza dove veniva linciato Pinelli, Pasquale Yalitutti)... l’ anarchico
Pinelli muore di “ morte naturale” . Cioè viene buttato fuori dalla finestra del­
la Questura. Ancora una volta lo Stato copre i responsabili e i complici delle
proprie colpe. Intanto il settimanale Lotta Continua si fa promotore di una “ vi­
rulenta campagna di denuncia per la morte di Pinelli” (Adriano Sofri). Nel­
l’ ottobre 1970 si apre il processo per diffamazione intentato a Lotta Continua
e al direttore del giornale Pio Baldelli (menzionato più volte nella sentenza).
Non era cosa nuova. 11 giornale era scomodo, e molto. Prima di Baldelli e do­
po, per permettere l’uscita del “ foglio politico” , dato che la legge sulla stampa
prescriveva (e prescrive) che debba essere un giornalista professionista a diri­
gerlo... firmarono per Lotta Continua, Pier Giorgio Bellocchio, Marco Pan­
nelli,-Nicola Zitara, Pier Paolo Pasolini, Roberto Roversi, Gianfranco Pinto­
re, Giampiero Muglimi e Adele Cainbria. “ A ciascuno di loro questa generosi­
tà costò un salato prezzo di denunce, processi e condanne” (Adriano Sofri).
L’ arte della politica insegna agli uomini a intraprendere “ cose grandi e radio­
se... fin quando la polis è capace di ispirare gli uomini il desiderio di osare lo
straordinario, tutto è salvo, ma se essa perisce, tutto è perduto” ...4 4 fin quan­
do un solo uomo è in catene da qualche parte del mondo, si esercita violenza
sull’ intera umanità.
P ie r P a olo P asolin i/Il cin em a in c o r p o

12 dicembre non ebbe buone accoglienze di critica (e nemmeno di pubblico). I


militanti della sinistra extraparlamentare lo considerarono figlio di un al­
leanza strumentale (nella duplice direzione) di un intellettuale nemico del p o ­
polo e di un militante di base... [che] non riesce ad essere il possibile film-sin­
tesi dell’ autonomia operaia di questi ultimi anni e nemmeno del lavoro di Lot­
ta Continua... non c’ è un discorso politico come ricerca dei nessi e delle me­
diazioni concrete aH’ interno dell’ analisi generale. Non ha idee proprie e incar­
nate nel tessuto del film, bensì una struttura disarticolata per assommarsi di
dati fatti realtà. Ma sul piano del metodo non si differenzia da un lavoro do­
cumentaristico, di registrazione di situazioni, quasi da film canadese [?] tran­
ne che per l’ oggetto proletario. Vale quello che valgono i suoi frammenti. Di
fronte al male televisivo, alla squallida oggettività di numerose interviste e ri-
costruzioni, alcuni frammenti significano davvero parecchio: il corteo iniziale
e una Reggio di barricate e di discussioni in presa diretta, i partigiani di Sar-
zana o la famiglia di borgo San Paolo. Ha il pregio non irrilevante di portare
la macchina da presa in queste situazioni e di rendere una realtà proletaria di
lavoro, di quartiere, di persone, di modi di pensare. Ila la funzione e i limiti di
un buon lavoro documentario. Dentro questi limiti, riteniamo anche giusto di­
fendere il film. Ma la linea di lavoro ci pare riduttiva e tutta ancora al di qua
V

di una ricerca politica e militante” .4 5 Vero niente. E questa analisi (firmata


dalla redazione della rivista Ombre Rosse) che ci appare riduttiva ed infelice.
Tutta spostata dentro radici politiche dettate dal momento. 12 dicembre resta
un grande documento storico cosparso di emozioni e accadimenti irripetibili.
Forse non è il “ sogno di una cosa” chiamato “ comuniSmo” che fantasticava Pa­
solini, tantomeno è un’ opera di facile domesticazione sociologica o di euforica
acculturazione politica. 11 suo insieme va al di là delle parti e si colloca in quel­
la terra libera di nessuno, dove l ’odio che percorre il mondo si riduce a deser­
to delle idee.
La ricchezza figurativa, particolare, “ scorticante” di 12 dicembre non è grida­
ta, si chiama fuori dagli influssi dell’ immediato e dagli estetismi dell avanguar­
dia... non è una confessione facile né il filo desolante della storia viene reciso
con risposte concrete... rimanda all’ intelligenza dello spettatore il - “ che fare ’
~ ... forse è anche per questo che il pubblico lo disertò e il film scomparve in
qualche magazzino di carta straccia... in attesa di essere riscoperto, rivalutato
secondo parametri e letture meno “ sporche” o viziate dalle campane a morto
(maoiste) del momento. Quando chiedono a Pasolini perché ha fatto questo
film, risponde: “ Perché ho fatto questo film insieme a un gruppo di giovani
compagni di Lotta Continua? Il perché c ’ è sicuramente, ma, per essere since­
ro io non Io so dire. Troppe volte nella mia vita ho dovuto spiegare o giustifi­
care dei perche attraverso altri perch é, che sono risultati tutti falsi o prete­
stuali. Ho, come si dice (è uno scrittore che parla, non un uomo politico: lo si
perdoni) perduto molte illusioni: e me ne dispiace, anzi seguito a comportarmi
come se le avessi ancora intatte... Ho criticato a suo tempo, con violenza e for-
P illo Bertelli

se inopportunità, I aziono politica dei giovani: molto di quello mio critiche si so­
no sfori una ta mente rivelate giusto e non no abiuro. Tuttavia mi sombra che la
tensione rivoluzionaria reale - la stessa ohe noi lontani 644 o 645 - così pura e
necessaria allora —sia vissuta oggi dalle minoranze di estrema sinistra. La cri­
itea globale e quasi intollerante ohe questo esprimono contro lo stalo italiano e
la società capitalistica mi trovano completamente d accordo nella sostanza, an­
che se non spesso nella forma. Perciò, fin che ne sono capace, e no ho la forza,
è ad esse clic mi unisco” .4 6 Pronta scattò da più parti Paccusa di simpatiz­
zante delle “ Brigate Rosse” (ohe non smentì mai). Sartre (in Francia), Adorno
(in Germania) o Marcuse (in America) erano insorti contro la civiltà dei consu­
mi e (come Pasolini in Italia ma con più contraddizioni e meno certezze) la lo­
ro terribilità intellettuale c pratica veniva pagata con ostracismi, aggressioni,
attentati alla libertà di pensiero e censure delle loro opere. I loro libri comun­
que circoleranno nelle teste di molti ed avranno una parte importante nella fio­
ritura eversiva generazionale di quegli anni.
Il secondo atto della Trilogia della vita è I racconti di Canterbury (I97I/’ 72),
Pasolini lo scippa da The Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer. Qui la poeti­
ca della gioia pasoliniana soffia sotto le ceneri del passato e riesce a cogliere gli
istanti di un’ epoca della spontaneità e della purezza dove attraverso la viola­
zione dei significati, della parola, dei valori costituiti... innesta Fin veniva, la
polemica, la provocazione necessarie a risvegliare la libertà dclFimmaginazio-
ne... è un energia randagia, un fuoco ereticale, un incendio dell'anima ciò che
Pasolini dispone sullo schermo... le concatenazioni delle immagini sono tese a
raccontare trascendenze ed elevatezze dell’ utopia che si coagulano, si intrec­
ciano o si amalgamano in una conoscenza originaria della storia come coscien­
za personale di una sognata società ludica. Solo Fimmaginario insegna al reale
a superarsi, perché l’immaginazione ingigantisce ogni cosa, accende le passio­
ni, anticipa i conflitti e spezza i destini preordinali dcll’ umanilà. Pasolini rivi­
sita Chaucer ma come è accaduto per Boccaccio lo contamina, lo sconvolge e lo
relega in una malinconica allegrezza erotica, impudica, fratturata in scene e si­
parietti da commedia dell’ arte... l’insieme è ancora più estremizzato che nel
Decameron e la messa in scena della “ diversità” , della “ mostruosità” , del "re­
pellente” assume qui una filosofìa dello sconcio ("della disinibizione delFimma-
ginale) e una poetica del fu oco (della distruzione della storia) che non poco
hanno latto sobbalzare i critici del restauro e i lettori abusivi del cinema d ’au­
tore. Alle domande insinuanti di un inviato della rivista francese Jeune Cine­
ma, che vedeva ne il Decameron e 1 racconti di Canterbury un certo disimpe­
gno politico, ritorno a una forma arcaica di società, rivisitazione del costume
di un’epoca epica clic la letteratura popolare e gli stilemi mercantili della ‘fa b ­
brica dei sogni” hollywoodiana restituiscono come squisitamente allegra, dove
i briganti sono dalla parte del popolo, i re si sbarazzano dei cattivi consiglieri,
sposano la lidia che viene dalla campagna e mostrano di avere anche un cuore
(s’intende quello traslucido delle “ star” ) oltre che la spada, il regista risponde:
P ier P a o lo P asolin i/! I cin em a in c o r p o

11 mondo di Uhaucer e Boccaccio non aveva avuto 1 industrializzazione. Non


esisteva una società consumistica, non esistevano catene di montaggio. Non c ’ e­
ra niente in comune con la società d ’ oggi. Ad eccezione di una sorta di doman­
da di libertà sessuale dovuta all’iriizio di una rivoluzione borghese nel contesto
della società medievale. Ma periodi di libertà come quello sono destinati a fini­
re rapidamente. In età avanzata Boccaccio diventò un bigotto. L’ esplosione di
libertà durò soltanto alcuni anni. Lo stesso è vero oggi: durerà soltanto alcuni
anni” .4 7 In Chauccr c ’ è una profonda coscienza della morte. Una sorta di pal­
pabile tristezza che “ prevede tutte le vittorie e i trionfi della borghesia, ma ne
prevede anche la putrefazione (Pier Paolo Pasolini). Boccaccio non guarda il
futuro quando scrive le sue storie... le novelle di Chaueer sono già lino spar­
tiacque tra una mondo clic scompare e una rivoluzione clic nasce della quale
(quasi) nessuno si accorge... quella improvvisa della civiltà delle macchine che
prese il via proprio in Inghilterra sul finire del ‘ 700.
Nel 1784, William Godwin (un ex pastore dissenziente), teorizza i principi li­
bertari dove affronta l’ educazione e lo stato politico dei cittadini. Rifacendosi
a Rousseau, “ l’ anima dell’ uomo è pura alla nascita” ... Godwin si allontana dal
cristianesimo e in una serie di opuscoli delinea una critica profonda dell’ auto­
ritarismo: “ Lo stato della società è incontestabilmente artificiale; il potere di
un uomo su un altro deriva sempre dalla convenzione o dalla conquista; per na­
tura siamo eguali. Ne consegue necessariamente che il governo deve sempre di­
pendere dall’ opinione dei governati, clic i più oppressi cambino il loro modo di
pensare, e saranno liberi” .4 8 Godwin sosteneva (a ragione) che solo nell’ in­
fanzia si può intervenire per modificare l’ educazione amorale e fortemente dis­
criminante impressa dalla società sui “ piccoli uomini” che diverranno i suoi
servi o i suoi tiranni... proprio come il Marx di L’ideologia tedesca (1845), era
convinto che “ nell’ attività rivoluzionaria il cambiamento di se stessi coincide
con la trasformazione delle condizioni esterne” (Karl Marx). La filosofia liber­
taria di Godwin era in netta opposizione alla centralità aristocratica del gover­
no inglese. Per lui “ educare” significava uscire fuori dalle imposizioni sociali e
praticare un libero scambio tra “ maestro” e “ allievo” . Il precettore è una figu­
ra guida e nel contempo un “ compagno di strada” . Intanto gli operai inglesi,
scozzesi, irlandesi si conquistano a colpi di scioperi il diritto di associazione
(1825). Sono le basi della nascita del sindacato. La comparsa delle macelline ri­
duce i posti di lavoro. Aumenta la disoccupazione, la fame, la miseria. Nasce
così il 66Luddismo” , una corrente sovversiva che comincia a fare a pezzi i telai
automatici per tessere le calze. Il nome è preso da Ned Ludd, un operaio tessi­
le del Lancashire che nel 1779, ei a insorto contro la crescente disoccupazione
e aveva spaccato il primo telaio. Il "movimento luddista” si allargò in Francia
e in Germania, ovunque fu combattuto con la pena di morte. Nel 1797 Godwin
sposa Mary Wollslonecraft, l’ autrice del manifesto: Rivendicazione dei diritti
delle donne (1792). È il primo documento “ che afferma la piena umanità delle
donne e insiste sul suo riconoscimento” (Kate M ille»). La Wollstonecraft non si
P in o B ertelli

preoccupa di nessuna reputazione o virtù femminili e scrive: “ Se l’ onore di una


donna, come viene assurdamente chiamato, è salvo, questa ha il diritto di tra*
scurare ogni dovere sociale; anzi, può rovinare la sua famiglia con il gioco e le
stravaganze e presentarsi ugualmente a fronte alta - poiché a tutti gli effetti è
una donna d ’ onore... E la vostra condotta, donne stupide, a far odiare il vo­
stro sesso... L’ infelicità, per arrivare al vostro cuore, me ne rendo conto, deve
indossare un berretto a sonagli; le vostre lacrime sono riservate, molto natu­
ralmente visto il vostro carattere, alla declamazione del teatro o alla caduta
delle regine il cui rango altera la natura della follia e getta un velo grazioso sui
vizi che degradano l’ umanità; mentre la disperazione di tante madri lavoratri­
ci alle quali sono stati strappati i compagni della loro esistenza c le grida affa­
mate di bimbi indifesi sono dolori volgari che non possono suscitare la vostra
commiserazione, anche se possono tutt’ al più estorcervi un’elemosina” .4 9 Nel
suo scritto Mary Wollstonecraft getta le basi per il “ risveglio delle coscienze”
(non solo femminili) e pone i problemi e le battaglie della libertà delle donne co­
me emancipazione dell’intera umanità. La riappropriazione del corpo (c della
mente) da parte delle donne hanno consentito non solo all’ uomo di compren­
dere quanto sia stupida l’idea della “ superiorità maschile” (che proviene da
duemila anni di cultura ecclesiastica e militare) e quanto sia insostituibile in un
mondo senza frontiere né divieti, la fantasia, la tenerezza, l’ amore profondo
elle la donna porta nel cuore per sé e per i suoi simili. La Wollstonecraft muo­
re di parto c dà alla luce l’ altra Mary, quella che diverrà la moglie del poeta
Perevw Bvsshe
9/ Shelley,
m
f a fianco di Bvron
m scriverà Frankenstein e anche con lei
la battaglia per le “ pari opportunità” continuerà fino all’ ultimo respiro.
La Trilogia della vita di Pasolini è un continuo canto all’ amore, alla liberazio­
ne sessuale dell’ uomo/dell a donna dove certi termini impiegati dalla psieoanal-
si (istinti sessuali, impulso al coito, libido, erotismo anale, piacere anale escre­
torio, fellatio, transfert...) non sono altro che parole di un dizionario scono­
sciuto al popolo pasoliniano che comprende soltanto il piacere immediato e per
questo sfida la punizione, la beffa o la morte. Freud, Jung o Adler hanno par­
lato di una seduzione arcaica (ad esempio riscontrata nei parafrenici) ma que­
sta immediatezza affettiva ereditata dall’ umanità primitiva, non è stata mai
“ volgarizzata” e resa viva come nel cinema di Pasolini. Il moralismo antises­
suale imperante ancora oggi, implica la sessualità non permessa con lo sporco,
con la paura, con la diversità stregata dalla luna... prenderlo nel culo o in boc­
ca o dove uno/una vuole (a secondo dello proprie fantasie erotiche) è sempre
qualcosa che travalica i limiti delFosceno, per questo ciò che fiorisce sul ver­
sante intimo/erotico dell’ ombra è considerato peccato... specie se la coppia non
è legiferata, permessa o tollerata in luoghi adibiti a mantenere la facciata della
pubblica morale. L’ essenza della sessualità non ha centri né periferie... non co­
nosce il male, perché segue semplicemente l’ antico piacere di amare senza chie­
dersi perché. Anche la gioia autoerotica della corporalità si ricollega al piace­
re profondo/anale dell’ Io, in qualche modo si stacca dal conforme e innesta una
P ie r P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

pulsione trasgressiva ehe si contrappone all’ adattabilità a tutto quanto è con­


cesso come devianza protetta (prostituzione, pornografia, assunzione di droghe
o psicofarmaci). Ogni forma d ’ amore libero/randagio rompe il divieto e supera
il Limite... fa della forza libidica primordiale la fine temporanea del “ primo
odio” che ha avvelenato il “ corpo” e lo “ spirito” del genere umano. La “ lan­
terna magica” pasoliniana non ricerca né castighi né assoluzioni e al fondo del­
la provocazione che proietta sullo schermo ci sotto proprio quei contenuti ideo­
logici che molti critici gli appuntavano di aver sostituito con la mercanzia semi­
pornografica della Trilogia... non avevano compreso, sottolinea Pasolini, “ che
l’ideologia c era, eccome, ed era proprio lì, nel cazzo enorme sullo, schermo,
sopra le loro teste che non volevano capire... 11 simbolo della realtà è infatti il
corpo nudo: e, in modo ancora più sintetico, il sesso” .50
Vempirismo eretico pasoliniano è inammissibile. Non tiene conto di cattedre o
cordate giornalistiche. Non duella nei salotti culturali a coppe di champagne,
sovverte Lordine politico della genuflessione e mutazioni delle pelle ideologica
(alla quale la cultura si sottomette in cambio di corpose diarie, apparenze tele­
visive, pagliacciate multimediali...), dice a viso aperto che ogni forma di cultu­
ra popolare è stata contaminata dall’omologazione politica e i nuovi fascismi
avanzano con la pubblicità, gli oggetti e l’ immaginale mercantile della società
dei consumi. Anche la posizione di Pasolini sull’ uso del cinema è particolare:
“ 11 cinema è una lingua, una lingua che costringe ad allargare la nozione di lin­
gua. Non è un sistema simbolico, arbitrario e convenzionale... Il cinema non
evoca la realtà, come la lingua letteraria; non copia la realtà, come la pittura;
non mima la realtà, come il teatro. Il cinema riproduce la realtà: immagine e
suono! Riproducendo la realtà, che cosa fa il cinema? Il cinema esprime la real­
tà con la realtà” .51 In questo senso 1 racconti di Canterbury trasforma la real­
tà in storia e viceversa. Il film diviene metafora di un mondo-altro ed entra in
contiguità c in opposizione al mondo-reale fuori dal cinema. E ciò che Ronald
Barthes chiama metonimia o luogo espressivo dove la retorica dell’immagine
appare “ come volto significante dell’ ideologia” .52 Qui le “ figure” non sono al­
tro che rapporti formali tra elementi diversi e il messaggio simbolico esplode
nella denotazione arbitraria della connotazione fantastica. Detto meglio: “ Il fil­
mico comincia solo là dove cessano il linguaggio e il metalinguaggio articolati”
(Roland Barthes) nell’ ovvio e nell’ ottuso del cinema mercantile. Il senso del­
l’ottuso è “ un significante senza significato... contrariamente al senso dellOv­
vio non copia nulla: come descrivere ciò che non rappresenta nulla?” (Roland
Barthes)... il senso dell’ ovvio simbolizza l’ immediatezza, il decorativismo, la
verità enfatizzata nei grandi accadimenti individuali e storici... l’enfasi del nul­
la come rivoluzione filmato da Kjzenstejn, le icone religiose e l’ intera fotogra­
fia proletaria, di propaganda o pubblicitaria non affermano altro che la ditta­
tura dell’ ovvio e dell’ ottuso sulla realtà.
Ne 1 racconti di Canterbury, Virrealtà reale di Pasolini vede la felicità solo nel­
l’ inizio. nel soffio ancora verginale o completamente clandestino che non aeeu-
P in o B ertelli

mula niente e fa dell’ amore “ ludro” una presenza visibile del riso c della gioia
dappertutto... Pasolini solleva Tamore fino alla parola, airimmagine, al sogno,
seopre Parmonia dei corpi, il respiro dell’ anima, i tumulti dei cuori in tempe­
sta... congiunge l’ eterno ritorno all’infanzia con l’ istante eversivo della tra­
sgressione... ribadisce il carattere magico di un’ epoca come fotografia bruta,
emozionale e sordida di una poetica proiettiva che si abbandona alla ri/scoper-
ta dell’ anima, (di attori pasoliniani sono “ Persone” , nel senso che Cari G.
Jung dà alle maschere indossate dagli attori del teatro originario... la “ Perso­
na” junghiana viene definita un “ segmento dell’ inconscio collettivo... una ma­
schera che simula l’individualità, che fa credere agli altri che chi la porta sia
individuale (egli stesso vi crede), mentre non si tratta (die di una parte rappre­
sentata in teatro, nella (piale parla la psiche collettiva... Tutto sommato la Per­
sona non è nulla di reale. E un compromesso fra l’ individuo e società su ciò
che uno appare” .53 Tra la “ Persona/maschcra” studiata da Jung e le “ ma­
schere sottoproletarie” pasoliniane c ’ è un identificazione totale, infatti espri­
mono una dimensione umana che è molto diversa dal ruolo (die sono costretti a
rivestire. La società esige (die ciascuno di noi assuma la sua “ maschera” e nel­
la “ mediazione tra il singolo c il mondo esterno, promuove Padanamente"* ( Vi­
de Carotenuto) o l’esclusione. Quando intereagiamo con un soggetto sociale
agiamo con la “ Persona” , riproducendo regole, adattamenti, comportamenti
attinenti al ruolo gerarchico (die la società espone come flusso di valori preor­
dinali. Tu questo senso, le “ Persone/maschere” pasoliniane divengono sullo
schermo tracce somatiche di una parte di popolo che sovente è costretta idea-
V

tifi carsi nel “ teatro vero” della sopravvivenza. “ E la responsabilità del pecca­
to che porta alla condanna” (Aldo Carotenuto).
L’ intera opera pasoliniana, e ancora con più “ mascheramelili visionari * nella
Trilogia, è percorsa da lina psicologia del profondo dove dappertutto c ’è un’in­
tenzionalità angelica o daimonica (il Daimoti è il contenuto della nostra imma­
gine, Tanima-respiro clic custodisce il nostro genio, la nostra follia, la nostra
creatività, il nostro destino...), secondo la quale ciascuno nasce con un imma-
V

gine già definita. E la Teoria della ghianda esposta da James Hillman in un te­
sto di grande importanza psicoanalitica. Il codice delTanima* una specie di psi­
cologia delia provvidenza dove si afferma che tutti i bambini “ diversi” , “ diffi­
cili” , “ particolari” ... sono sovente frutto delTincapacità dei grandi o degli edu­
catori a comprendere i loro sintomi, accidenti o epifanie. “ I bambini cercano
di vivere due vite contemporaneamente, la vita con la quale sono nati e quella
del 1uogo e delle persone in mezzo a cui sono nati. L’immagine di un intero de­
stino sta tutta stipata in una minuscola ghianda, seme di una quercia enorme
su esili spalle” .5 4 Le cause di disadattamento e sofferenza di molti bambini do­
tati si ritrovano in molti messaggi dei quali è difficile conoscere Torigine ma non
è difficile comprendere il senso di aiuto che contengono. Non sempre le debo­
lezze iniziali si trasformano in punti di forza (Sigmund Freud), sovente i segnali
di non adattamento all’ ambiente circostante sono già microdevianze che si prò-
Ksasasssmm.
P ier P a o lo PasSDm riì èiiìì: «*ia in c o r p o

largheranno nel tempo e in molti casi accompagneranno il bambino in fondo al­


la vita. La visione pasoliniana della realtà (non solo) chaticcriana è molto “ in­
fantile*” , piena di bellezza e di ingiustizia, di permessività c di repressione, di
genuflessione e di libertà... per Pasolini crescere significava discendere, anda­
re incontro a una popolazione del basso e contaminarsi eoi mondo. Era quan­
to sognavano Socrate o Buddha, Biake o Kimbaud, Swift o Cervantes. “ Una
persona seria non sta a perdere tempo nel formulare l’opinione della maggio­
ranza “ (Godfrey Hardy), segue il proprio Daimon ovunque lo porti, perché è
là sull’ orlo dell'abisso conviviale che si commettono gli orrori più strazianti ed
è là il Daimon s’invola per trasportare nell anima dei bambini di tutte le età il
respiro della felicità o il soffio della malinconia. Re-immaginare la propria in­
fanzia significa immergersi nelle profondità dell’ avvenire.
La materia erotica pasoliniana è una riscoperta dell’ anima o una dissoluzione
della vita fantastica o reale... si manifesta in ogni opera e fa dell’ attività oniri­
ca il ridestarsi deH’ emotività e della fantasia... la “ psiche è immagine” (Cari G.
Jung) e Pasolini è uno dei grandi autori della storia del cinema che è riuscito a
portare sullo schermo Vimmagine della propria anima. Ingoiar Bcrgman, Fe­
derico Fellini o Luis Rumici hanno toccato sovente le stesse corde emozionali e
sovente sono riusciti a disseminare il loro Daimon nel buio delle platee più dis­
parate. Per loro l’ uscita dall’infanzia è stata un’impresa eroica quanto il ri­
torno o la ricongiunzione con la gioia senza tempo dei loro sogni. Ad ogni fan­
tasia di ingiustizia hanno opposto una fantasia di ribellione ed hanno fatto del­
l’innocenza giovanile il confine inalterabile dei loro orizzonti. Hanno sconvol­
to Petà delVansia con l 'etcì della rivolta e non importa se ciascuno ha usato
espressioni diverse, la ribellione alla fede (Bergman), Piniziazione sessuale
(Fellini), Vantar fon (Bunuel)... quello che (‘onta è che sono riusciti a rappre­
sentare la sessualizzazione dell’ anima o la sensualità della coscienza come pas­
saggi necessari a fecondare l’immaginale eretico. In questo Pasolini è stato
maestro e ha portato alla ricezione di chiunque una sessualità liberata, posta
al servizio della vita e dell’ amore. “ E sempre una stella irraggiungibile che noi
amiamo, e ogni amore è sempre nella sua profonda essenza una segreta trage­
dia, ma proprio per il fatto di esserlo riesce ad avere effetti così potentemente
produttivi. Non si può scendere profondamente in se stessi, non si può attinge­
re dal fondo originario della vita dove tutte le forze riposano ancora intreccia­
te, tutti gli opposti non ancora dissociati, senza avvertire in sé anche la felicità
e il tormento nella loro misteriosa connessione. Perché ciò che qui succede al­
l'essere umano non si trova solo al di là di ogni unilateralità e scissione fra egoi­
smo e altruismo, fra sensualità e spiritualità, si trova anche al di là di ogni be­
nessere protetto con cura e fatica che cerchiamo per tutta la vita di tenere al ri­
paro dalla sofferenza come dal nostro peggior nemico” (Lou Andreas-Salo-
raé)55 L'anima bella aspira ad lina sola cosa, il raggiungimento della felicità.
All’ anima non interessa nulla della Legge, della Causa, della Fede e nemmeno
della Verità... ciò che conta per 1 anima è la fantasia, il gioco, l’ amore.
P ino B ertelli

Le immagini pasoliniane sono corpi, 1 racconti di Canterbury contiene la sto­


ria di questi corpi e il “ sapore ereticale” delle loro anime. Un gruppo di pelle­
grini è in viaggio verso VAbbazia di Canterbury. Per combattere la noia, dei
viandanti si raccontano delle storie che Ceoffrey Chaucer (Pier Paolo Pasoli­
ni) trascrive. La prima storiella è quella di re Gennaio (Hugli Griffith) che spo­
sa la giovane Maggio (Josephine Chaplin) perché ha un bel culo. 11 vecchio di­
venta cieco e quando Maggio lo sta per tradire con un giovane ìlei giardino del­
l’ amore... ecco che intervengono il re e la regina delle Fate (Plutone e Prospe-
rina (Giuseppe Arrigo e Elisabetta Genovesi) che restituiscono la vista al re e
Maggio salva la sua testa gridando al miracolo. Il secondo racconto parla del
diavolo che si mette in società con un cacciatore di streghe. Quando una vec­
chia non paga per la salvezza della sua anima e manda il cacciatore al "‘diavo­
lo’’ ... il diavolo (Franco Citti) lo piglia e se lo porta airinferno. Poi è la volta
di Peterkin (Ninetto Davoli), un giovane perdigiorno, vagabondo e un po’ stu­
pido. Finisce sulla gogna e “ muore” cantando. TI quarto racconto narra dell'a­
more di uno studente di teologia (Nicola) [ter la moglie (Alison) di un legnando
(Giovanni). Nicola fa credere al vecchio che sarà prossimo il Diluvio Universa­
le e che per salvarsi debbono rifugiarsi in tini appesi al soffitto. Appena il le-
gnaiolo si è addormentato Nicola e Alison vanno a fare l’ amore in camera da
letto. Intanto un altro innamorato di Alison, Assalonne, la chiama alla finestra,
la donna gli peta in faccia. Assalonne impugna un ferro “ arrovito” e torna al­
la finestra di Alison per vendicarsi, ma il ferro lo infila nel culo a Nicola. Il rac­
conto successivo è quello della “ Donna di Bath” (Laura Retti), grassa e volga­
re, insaziabile e vorace... non sa amare né essere amata. Passa con la disinvol­
tura degli stupidi dalla morte del quarto marito al matrimonio con il (juinto
(che non riuscirà mai a domarla). La vendetta sul mugnaio è il sesto racconto.
Due studenti vanno a mulino per controllare la macinazione del grano dell’U­
niversità. 11 mugnaio li imbroglia e loro gli restituiscono la pariglia andando a
letto con la moglie e la figlia. Il racconto del tesoro nascosto è tra i più riusciti.
Dick, Jack e Johnny sono tre ragazzi che trovano un tesoro sotto un albero e
aspettano la notte per portarlo via. Nell’ attesa, Dick va in città a comprare del
pane e del vino. Avvelena il vino per non dividere il tesoro con gli amici ma an­
che loro pensano di eliminarlo. Quando torna Jack e Johnny lo pugnalano per
prendersi 1 oro, bevono il vino e muoiono avvelenati tra l’ erba. La settima sto­
ria tratta di un moribondo al quale un frate vuole estorcere tutti i suoi averie
riceve soltanto un peto in faccia. TI film si chiude con la visione di un Inferno
dove diavoli alati defecano frati.
La bestemmia ludica pasoliniana gira di giorno e di notte consumata dal fuoco
della ribellione... da queste parti le puttane, gli omosessuali, i folli, i ladri, gli
storpi, i ciechi, gli stupidi, i criminali, i “ diversi” ... sono i soli che hanno un’ a­
nima e sono degni di essere frequentati o rappresentati. L’utopia appartiene al
desiderio come il desiderio appartiene alla sfera immaginativa individuale. Gli
scemi non finiscono mai d ’improfumarsi con la lavanda olezzante del potere, la
sola odorazione che conoscono è quella del postribolo o del cesso ed è lì che fi­
niscono sempre le loro emozioni morte... (a guisa di esempio da praticare) la
Chiesa ha crocifisso la masturbazione perché vi ha visto una via di uscita dal­
la solitudine delle celle o daH’ uso che preti, frati o vescovi facevano delle per­
petue, delle sorelle o delle sante (dentro e fuori dai letti)... Friedrich Nietz­
sche, Wilhelm Reich, Alexander Lowen o Erieh Neumann56 hanno ampia­
mente mostrato che ogni forma di repressione nasce dalle limitazioni sessuali e
la paura di vivere è sempre connessa alla paura di amare e di amarsi. “ La so­
la arma alla portata di tutti è il piacere senza riserve e senza contropartita”
(Raoul Vaneigem). Ed è a questo rovesciamento della vita rovesciata che Pa­
solini giunge con la Trilogia della vita.
I racconti di Canterbury mette in scena il disordine di una quotidianità che an­
cora albeggia in molte parti della terra. Il sesso, l’ amore e la morte sono espo­
sti lungo un viaggio attraverso taverne, bordelli, banchetti, camere da letto...
la lussuria, l’ avarizia, la gola, la cupidigia, la furfanteria, il tradimento, la stu­
pidità acclimatano il film in percorsi espressivi (sovente di notevole talento poe­
tico) battuti da arditezze della macchina da presa (a mano) e tagli di montaggio
ardimentosi... Ci sono episodi di ragguardevole efficacia affabulativa, come
quello della “ cecità miracolata” di Gennaio e Maggio, dove Pasolini con mano
leggera tocca l’ adulterio e nel contempo dice che Vamore non si può comprare.
TI quarto marito della “ Donna di Balli” muore quasi divertito per non scopare
più una moglie con la testa (e il corpo) altrove. 11 frammento sull’omosessuali­
tà perseguitata è sottilmente polemico. Chi è colto in fragrante a fare l’ amore
con qualcuno del suo stesso sesso ed ha i soldi si compra il silenzio dei giudici e
dei preti... chi segue l’inclinazione di una sessualità “ diversa” ed è povero, pa­
ga col rogo (alla Chiesa) il suo peccato. Un gioiello di scrittura cinematografica
è l’episodio dei tre amici che si uccidono l’ un l’ altro per impossessarsi di un te­
soro nascosto sotto un albero... i primi piani dei giovani, l’ ambientazione, la
morte violenta in controluce... esprimono un pezzo di cinema indimenticabile.
II Diavolo aleggia lungo tutto il film e insieme a Geoffrey Chaucer fanno da con­
trocanto al cammino dei pellegrini verso l’ Abbazia di Canterbury. Il carneo pa-
soliniano è delizioso, di pregevole altezza evocativa, sia per l’ autoironia evi­
dente (quando scrive nel suo studiolo, tra il divertito e il monacale), sia quan­
do è insieme ai viandanti, ripreso come un’icona leggiadra (profanata) di An­
tonello da Messina. Franco Cittì è di un’ oscurità efficace, traversa il film con
notevole grazia, il suo sguardo sarcastico tutto avvolge e tutto penetra. Divie­
ne osservatore privilegiato della vita, della morte di ciascuno e come un cava­
liere solitario che ha portato a termine il suo compito, si allontana con leggia­
dra leggerezza sulla via dell’esilio.
11 sarcasmo pasoliniano si fa forte nelle scene d ’insieme... le scurrilità della
“ Donna di Bath” , il “ sesso degli angeli” esposto senza falsi pudori e la compli­
cità laida, ciarliera, infame della classe “ alta” (interpretata da attori profes­
sionisti) con quella trucida, furfantesca, servile del popolo (preso dalla strada)
P in o B ertelli

chauceriano... allargano il limite dell’ indicibile, fanno rii una diversa rappre­
sentazione dei corpi e dei linguaggi (qui Pasolini impiega ancora dialetti diver­
si), uno sbilanciamento del terribile che richiama fuori dall’ apparenza di cia­
scuno il diavolo che è in tutti. Il Peterkin di Ninetto Da voli è spumeggiante.
Forse troppo. Una macchietta da avanspettacolo che strappa sorrisi e malin­
coniche ribalderie. E comunque un omaggio riuscito a Charles Chaplin (con
tanto di bombetta c bastoncino) e una rivisitazione delle comiche del cinema
muto americano. TI riferimento chapliniano è Sunnyside (Un idillio nei campi
o Vissi d'arte, vissi d'amore o Charlot campagnolo, 1919). Erano i tempi in cui
la surrealtà anarcoide di Charlot vagabondava tra Nietzsche e il cinema di Da­
vid W. Griffith, che proprio nello stesso anno di Sunnyside, firmava la sua ope­
ra più amara e poetica, Broken Blossoms (Giglio infranto, 1919). 1 vagabon­
daggi urbani di Ninetto ridicolizzano gli agenti di polizia, Pomone con i baffi al­
la “ tedesca” e invitano ad una vita senza né tetto né legge che s invola nell’ ac­
cidente, ncirimprevisto, nel gioco portato all’estremità surreale del sogno, do­
ve l’ immagine intcriore diviene vera, viva, altra... tanto quanto la realtà og­
gettiva dello cose. Lungo il film i lazzi c gli sberleffi delle slapstick-comedies di
Mac Sennett sono molti ma ci sono anche rimandi ad autori più raffinati come
Kurosawa (Rufo e il tesoro nascosto) c Ingmar Pergolati (l’ esattore/Diavolo).
Nel prologo Pasolini dice: “ Tra scherzi e giochi grandi verità si possono dire” .
Lo sguardo pasoliniano del grottesco pone l’ accento sull’immoralità del potere
e la genuflessione arcaica del popolo. 1 sottoproletari napoletani del Decame­
ron somigliano mollo ai popolani inglesi e la fisicità denudata dei corpi viene
incorniciata in ambientazioni più distaccate, quasi fredde, spesso suggestive
(come il bordello, Linfemo/Etna o la reggia di Gennaio). Il film si chiude con
un “ Amen” ed è difficile non apprezzare il senso di utopia che contiene.
La scenografia (Dante Ferretti) è essenziale, gradevole, fantastica quanto ba­
sta per restituire un mondo scomparso... belli, scabri, accattivanti i costumi
(Danilo Donati). La fotografia (Tonino Delli Colli) è di grande bellezza croma­
tica ed insieme al montaggio, molto ritmico, “ musicale” , (Nino Baragli) com­
pongono una “ sinfonia visiva” di grande forza emozionale. La lavorazione del
film dura due mesi (settembre/ottobre ‘ 71). 11 film è presentato all XXII Festi­
val di Berlino (2 luglio 1972) e gli viene assegnato l’ Orso d ’ Oro come migliore
opera in concorso. II 2 settembre / racconti di Canterbury fu proiettato in Ita­
lia, a Benevento. Qualche giorno dopo un magistrato ordinò il primo dei tre se­
questri che tolsero il film dalla circolazione. L’investimento economico della
United Artists nel film di Pasolini era forte c non poteva rischiare i proventi
che tale scandalo potevano fluire nelle loro casse. In difesa di Pasolini scese in
campo Eduardo De Filippo e insieme alTavvocato napoletano Alfredo De Mas­
sico, riuscirono a far dissequestrare il film. L’8 settembre rientrerà nel circui­
to (c farà registrare più di 4 miliardi e mezzo di incassi). Un mese dopo la pri­
ma sentenza, il 18 settembre, la corte di Benevento ordina il sequestro dell’o­
pera pasoliniana e porta in tribunale Pasolini, il produttore (Alberto Grimal­

274.
P ier P a o lo Pasoliiii/II fù ie m a in c o r p o

di) e il gestore del cinema (Salvatore lannolli) che aveva proiettato il film. L’ ac­
cusa chiede otto mesi di carcere per Pasolini e Grimaldi* una grossa multa per
la PEA... il capo d'imputazione viene letto in aula:

“ ...Sono ad esempio impudiche le immagini relative al coito anale fra omosessuali. alTinferno pa-
soliniano di figure clericali espulse dall'ano di un demonio come escrementi, al postribolo e al-
faccoppiamento 'more pccudunr. aH’ insistito richiamo del rigonfiamento dell*inguine del ma­
schio sottolineato dalla mano portata sul luogo, ai rumorosi peti dei due amanti nudi in facci ad
Assalonne, alla prolungata masturbazione «Iella moglie di Giannozzo, aH'orinare che un giovane
fa da un balcone interno di taverna sugli altri avventori. La pellicola rappresenta continuamen­
te incontri sessuali o gesti che, se compiuti «la taluno in luogo pubblico o aperto o esposto al pub­
blico, darebbero luogo all'arresto in flagranza di reato; continua è Linsisttniza su organi e gesti
sessuali «li intensa libidine c a carattere deviatile, con fraseggio volgare e intriso di doppi sen­
si” .5 7

Grimaldi non si fece intimorire e contestò le accuse con prontezza di spirito.


Pasolini usò l’ arma dell’ ironia e disse che non aveva 46nessuna ragione per of­
fendere i frati o polemizzare con loro. Anzi se c ’ è una categoria di persone per
cui ho una forma di simpatia e di tenerezza, sono proprio i frati” (Pier Paolo
Pasolini). Il 20 ottobre, due giorni di dibattimento, la corte sentenziò che "‘il
fatto non costituisce reato” . Il film andò però incontro ad altri sequestri e fe­
roci polemiche. L’ accusa era sempre quella: articolo 622 del Codice di proce­
dura penale (contro atti osceni) che era in netto contrasto con tre articoli del­
la Costituzione italiana che prevedevano “ la libertà d ’ espressione” (art. 21),
che garantivano la presunta innocenza sino alla dimostrazione di colpevolezza
(art. 27) e la libertà di circolazione delle opere d ’ arte (art. 33). TI film fu giu­
dicato quattro volte (e quattro volte assolto) dall’ accusa di pornografia, in
quanto riconosciuto come “ opera d ’ arte” .
Con 1 racconti di Canterbury, Pasolini continua a portare avanti la sua idea
del cinema come lingua rubata alla realtà e si rivela “ Cantore più colto e più
autonomo del cinema italiano, ed uno dei pochissimi nel mondo” (Giacomo
Gambetti) capace di fare un cinema trasversale in lotta contro le imposizioni
del mercato e le imbecillità della critica. In Italia le denunce per oscenità c por­
nografia accompagnano l’ uscita del film (clic viene vietato ai minori di 18 an­
ni) sono molte. Pasolini ha collocato i frati all’ inferno, nel culo del demonio,
per la loro avidità e impudicizia... lo scandalo è imperdonabile. Nei racconti
pasoliniani si piscia addosso alla gente (sognando Gargantua c Pantagruele), si
tirano peti, si fa l’ amore come viene e in allegria... i corpi sono mostrati nudi
senza un filo d ’ imbarazzo, il disagio è piuttosto dello spettatore poco abituato
a questo tipo di visione. “ AI punto che alcuni ammettono di sentirsi voyeurs, il
che è proprio il colmo davanti a un film cui nulla è nascosto, furtivo” (Ginette
Del mas). Pasolini rende non solo gloria al Diavolo "nel più profondo degli in­
feri” (Jean-Louis Borv), l’ accento figurativo, immaginale o poetico che pone su
“ queste amabili porcilerie è decisamente picaresco, e i sessi eretti o intravisti

2Z&
P ino B ertelli

non farebbero arrossire un angioletto. Eruttazioni, defecazioni e orge diventa­


no come torte alla crema” (Claude Beylie) sbattute sulla faccia del pubblico.
Certa critica francese che aveva bollato il Decameron come “ una sequela fasti­
diosa d ’illustrazioni licenziose” (/,e Monde)* recensisce I racconti di Canter­
bury come “ lubrichi imbrogli e farse libidinose” (Figaro) incasellate nel peggior
prodotto commerciale. Beylie è di ben altra opinione e scrive: “ In realtà, qui,
come nel Vangelo o nell’ Edipo* siamo in presenza di una struttura composita
ed è questo clic ne fa tutto il fascino. Con ciò Pasolini si conferma come un au­
tentico erede dei maestri d ’ un tempo, e le sue ultime opere mi appaiono come
dei documenti di una autenticità perfetta, come dei film neorealistici (die si di­
rebbero girati cinque o sei secoli fa” .5 8 Alcuni addetti ai lavori trovano i Rac­
conti di Pasolini, “ così scomposti in certi movimenti spettacolari (pianto ago­
nizzanti e spenti nell’ ispirazione” (Adelio Ferrerò). La critica inglese accusa il
film di “ svuotezza e banalizzazione della storia trattata” . Renato Filizzola, di
Famiglia Cristiana, è più eloquente: “ Con una bramosia (l’ autore facilmente
percepibile, Pasolini può buttarsi finalmente su un rapporto tra omosessuali,
indugiarvi sopra, tentarne Panatisi, con risultati però esteticamente modesti
clic riescono solo a far intervenire, sia pure nella forma di un sequestro pas­
seggero, il magistrato, ignaro forse, che il comune senso del pudore è già anda­
to oltre, c di buon tratto, le arditezze sessuali del regista-scrittore” .59 Se Lui­
gi Bini, da buon gesuita, non si scompone di fronte all’ attendibilità dei carat­
teri medievali pasoliniani e riconosce la raffinatezza lussureggiante della raffi­
gurazione pasoliniana...6 0 Gianfranco Corbueci vi scorge le “ ansie segrete del­
l’ autore. Canterbury —scrive Corbueci —è l’ esasperazione del Decameron sul­
l’istinto sempre più irrefrenabile all’ omosessualità. Diremmo che questa è con­
fessata senza più pudore o sofferenza” .61 Ciò che inquieta è sempre il riflesso
di ciò che invano cerchiamo di celare. Tutte le verità diventano sofismi (piando
sono sostenute dalla tristezza della rigidità... è difficile non arrossire di fronte
a tanta stu]
Alberto Moravia non sembra capire molto de J racconti di Canterbury, dopo
avere abbozzato un’ analisi sul periodo marxista-cristiano (Accattone, La ri­
cotta) e l’intermezzo mitologico-antropologieo-freudiano (Edipo re, Medea) di
Pasolini... vede nel film un’ altra cosa: “ Pasolini, abbandonata ogni speranza
di una palingenesi ideologica (secondo Pasolini, il mondo intero ‘ vuole’ diven­
tare borghese) ripiega sulla vita, che lei, almeno, non tradisce se non con la
morte, un’ altra maniera di trasformazione vitale. Del resto questa è una fata­
lità dei manieristi, da D’ Annunzio a Picasso: manierismo e vitalismo sono in­
separabili” .62 La poetica figurativa di Pasolini o la sua folgorante vitalità,
hanno poco a che fare con i giochi letterari di D’Annunzio o con le distruzioni
della forma picassiane... Pasolini traduce Chaucer con le citazioni del Pisane!-
lo. Paolo Uccello, Latour, Holbein, Constable, Crome e disperde ovunque gli
insegnamenti di Mizoguchi, Chaplin, Bergman fino a Tony Kichardson... l’im­
pudenza pasoliniana sta nell’ avere trovato l’ alchimia giusta, nel mescolamento
P ier P a o lo P a soliiii/ll cin em a in c o r p o

delle coso (parole/immagini) che portano lo spettatore in quell’ altrove senza li­
ne che è l'immaginario liberato da tutte le croste del perbenismo culturale. Pa­
solini, tocca come nessuno (e non solo qui), la profondità viva/muta dell'infan­
zia che grida nello stupore di tutti quelli che la guardano e soprattutto la rico­
noscono. Le storie del Boccaccio c di Chaucer prefigurano Shakespeare, Paso­
lini lo sa e li trascolora... i due film in fondo, riguardano “ la storia della bor­
ghesia e della sua cultura" (Pier Paolo Pasolini). Nei suoi film, Boccaccio resta
una forza ludica della realtà, in fondo la “ diversità boccaccesca" è sempre par­
te della “ buona educazione’ del tempo... Chaucer è più selvatico, ineducato c
le sue invettive contro il potere, provengono dalla rozzezza popolare.
La gioiosità del Decameron si riversa ne I racconti di Canterbury e. forse, an-
cor di più, diverte ma non distrae. I racconti pasoliniani sembrano mirati al
cuore delle donne. Al silenzio della loro intelligenza. Gli uomini ei escono un
po’ stupidi, un po’ sciocchi, un p o’ quello clic realmente sono... degli eterni co­
dardi (die senza l’ usurpazione del potere, non sarebbero clic merda di ordina­
ria quotidianità. Le donne non hanno patria né dei, ammicca Pasolini, perché
la loro patria è il loro cuore e i soli dei (die conoscono, sono i loro amori. E
(piando dura l’ amore, si prende tutta la vita e se la porta nel regno delle stelle.
Di fronte alla marea montante della critica che lo bolla come pornografo... Pa­
solini risponde così: “ Implicitamente, poi, io credo che questi miei film finisca­
no con l’ essere anche politici, proprio perché vanno controcorrente alla moda,
sbagliata ed ipocrita, dei film impegnati e politicamente qualunquisti". Certo,
le contraffazioni si moltiplicano e i decameroni e i racconti scollacciati ehaucc-
riani si prestano a basse operazioni commerciali che non hanno nemmeno la
sfrontatezza di essere pornografia. Però “ non una sola voce si è levata a pro­
testare contro tutto questo. Non c ’ è stato un prete o un magistrato che abbia
protestato contro l’indegnità morale e giuridica di una concorrenza sleale che
- sia ben chiaro - non è eccezionale ma tipica della vita italiana. Non c ’ è stato
un prete o magistrato clic abbia protestato contro Pindegnità inorale e giuridi­
ca - ai danni di una singola persona e dell’ intero pubblico - della confusione di
valori creata da tale concorrenza. Non e’è da meravigliarsi, certo. E ben nota
l’ indifferenza dei moralisti italiani ai reali problemi morali, quelli su cui si fon­
da una realtà nazionale. A compensare questo colpevole silenzio dei nostri mo­
ralisti si è avuta, però, un’ altra vibrante, generale protesta per la libertà della
rappresentazione sessuale del Decameron e del Canterbury (non delle contraf­
fazioni, però). 63
La sessualità ereticale pasoliniana travalica lo schermo. L’indignazione gene­
rale è enorme. Il fatto è che una persona che si scandalizza per qualcosa di ses­
suale non potrà mai comprendere la sua cecità culturale, “ se non attraverso
una palingenesi della propria cultura o l’intervento di una terapia —infatti so­
lo le persone sessualmente anormali si scandalizzano per cose sessuali — (Pier
Paolo Pasolini). K difficile comprendere tanta ottusità moralistica che molta
parte della critica e, nella sostanza, anche del pubblico... nei confronti de /
P ino B ertelli

racconti di Canterbury. Lo «tile pasoliniano è quello di sempre. Anche i meno


accorti al linguaggio cinematografico avrebbero potuto decodificare il film,
senza molto sforzo. Pasolini riconferma qui le stesse inquadrature frontali,
forti, ieratiche di tutto il suo cinema... non ci sono piani-sequenza né entrate o
uscite di campo... i personaggi non sono mai ripresi di profilo o di quinta né at­
tacchi consequenziali sullo stesso asse... I racconti di Canterbury è un film ri­
goroso che restituisce una rappresentazione delle storie, una castità solare,
squarciata da fulminee apparizioni degli atti sessuali, visti dal regista come una
conquista di civiltà.
La pornografia o oscenità non è più tale nelle “ opere d ’ arte” (art. 529 del co­
dice penale), che sancisce e conferma il privilegio dell’ artista a diffondere la
propria concezione del mondo attraverso la realizzazione delle sue opere. In
questo senso, il cinema pornografico non mente. Il pubblico sa di trovare lì
qualcosa che gli manca nel privato delle mura di casa. “ Il cinema pornografico
si rivolge a uomini senza donne, tragicamente soli” (Marguerite Duras) o vice­
versa. E un cinema senza passioni, che ricicla sempre le stesse immagini e sod­
disfa il desiderio (inappagato) in appuntamenti fissi, cadenzati. La pornogra­
fia, come i giornali sportivi e Topolino... sono sempre stali tollerati sotto tutti i
regimi. Ciò che non è mai stato tollerato in ogni tipo di società evoluta, sono in­
vece le idee o le “ diversità” che smascherano la sua facciata sociale. Per inci­
so. La pornografia è un - oggetto del desiderio - che lo spettatore subisce... do­
ve tutto è falso c tutti lo sanno, e ciascuno diviene parte di questa finzione. La
passione amorosa è un’ altra cosa. 11 “ desiderio non può darsi se non tra ma­
schile e femminile, tra sessi diversi. L’ altro desiderio è un autodesiderio, per
me è il prolungamento della pratica masturbatoria dell’ uomo o della donna. Lo
splendore della passione, la sua immensità, il suo dolore, il suo inferno, è clic
non può darsi se non tra due generi inconciliabili, il maschile e il femminile. Di­
co passione come dico desiderio” .6 4 Nella pratica omosessuale il fenomeno di
possesso è meno frequente che in quella eterosessuale. Nella pratica omoses­
suale c ’ è una fuga o sorta di intercambiabilità del piacere che insegne il desi­
derio. La pratica eterosessuale è più ipocrita, apparentemente cosciente della
propria stabilità. Ma “ non si appartiene mai nell’ omosessualità come si appar­
tiene nelTeterosessualità. Quest’ inferno di non poter sfuggire al desiderio di
una persona e ciò che io, personalmente, chiamo lo splendore deU’eterosessua-
lità” (Marguerite Duras). Il successo dei film pornografici non segna una ile-
gradazione dello spirito o una mortificazione del desiderio amoroso, riguarda
invece l’ omologazione culturale di un’ umanità che ha defioralo la propria me­
moria storica e che Pasolini ha prefigurato nella Trilogia dell innocenza: De­
cameron, / racconti di Canterbury e II fiore delle mille e una notte.
La cattiveria, il senso del peccato e la ribalderia eretica pasoliniani si celano
nella carnalità dissipata dei corpi esposti e disposti a tutto... e come dentro un
affresco di Hicronymus Bosoh accentuato di rossi vibranti, verdi luminosi e
marroni intriganti... lo surrealtà pasoliniana si fa profondamente allegorica e

Affo
P ier P a o lo Pasoiiiii/II ciitenia in c o r p o

questa ribellione vbalistica della naturalezza irrompe nei riti quotidiani di una
preistoria sottoproletaria e borghese che sembrava ormai relegata alla mitolo­
gia letteraria o alla tartuferia accademica. “ La verità non è in un sogno, ma in
molti sogni” (Pier Paolo Pasolini). L’irriverenza figurativa di Roseli (ma anche
Dùrer, Paolo Uccello...) si mescola alle lezioni di estetica di Roberto Longhi e
insieme la grossolanità di Chaueer restituita anche con i dialoghi dialettali ve­
neti, emiliani, lombardi... Pasolini elabora un’opera di elegante e raffinata
rappresentazione di un medioevo perduto. Il recupero memoriale pasoliniano
ha radici profonde. Non si rifà a una vita di perfezione né ad una vita imper­
fetta ma ad una quotidianità per niente santa, un p o’ vigliacca, un po’ pecca­
trice, un po’ libertina... dove le inquietudini del quotidiano si liberavano nel­
la festa, nel gioco, nella rozzezza o nella cupidigia di un’ esistenza senza confi­
ni né regole che non le proprie. La ricerca dell 'alterità era nella soddisfazione
del cuore. Si trattava non di dire la verità ma di fa r e la verità, semplicemente.
L’insulto degli oppressi non era lode a Dio (come diceva Lutero) o al Potere (co­
me diceva san Tommaso) e ciascuno usava le armi che conosceva per riportare
la vita in relazione all’Uomo. Non si può lodare nessun Dio in una situazione
di oppressione (dice la Bibbia nel salmo 137) e nessuno conosce il sentiero dei
giusti (Fil 4, 13.) che non sia quello del piacere e delle passioni gettate “ sul filo
dei secoli sotto lo sguardo obliquo della morte” (Raoul Vaneigem) sociale. Ai
Padri della Chiesa: “ Come piedistallo avrete un letamaio e come tribuna un ar­
mamentario di tortura. Non sarete degni che di una gloria lebbrosa e di una co­
rona di sputi” (E. M. Cioran). À conoscere gli usi e i costumi di certe società
primitive si capisce come il dominio dell’ uomo sull’ uomo sia nato con la civil­
tà. Dove non si usava autorità non cera Stato né oppressione. Lo sfruttamento
dell’ uomo sull’ uomo è nato con l’ economia politica e la divisione del lavoro. Il
potere si traveste come può. Modifica le sue armi, le sue forme, le sue pedago­
gie... ma è sempre al cuore dell’ uomo che mira. Al raggiungimento della sua
soggezione. In principio dunque è stata operata una scelta (che poteva anche
essere diversa). Quanto più una decisione comunitaria è presa in maniera egua­
litaria, tanto meno sarà sbagliata, cantano i vecchi sciamani dell’ Amazzoni».
Le società opulente si ereggono su quella scelta, che non è stato un processo di
libera creazione ma un modello imposto da una minoranza di sciacalli. La men­
zogna c il cannone sono il credo di ogni governo... la storia mostra che non ci
sono stati governi buoni ma solo tirannie mascherate che hanno tenuto i popo­
li in servitù e li hanno sfruttati per mantenere e perpetuare i loro privilegi.
Vimmaginario ladro pasoliniano associa fantasia e politica, antropologia e sto­
ria, devianza e insubordinazione... lo fa disconoscendo il modo di produzione
capitalista che accompagna ai feticismo della merce (Marx) massificato al il ri­
ciclo dei linguaggi audiovisuali come composizione (in forme fantasmate nei sa­
peri ordinari) di rapporti sociali che hanno la funzione di costruire un imma­
ginario assoggettato a progettualità preordinate e finizzate alla monopolizza­
zione del pensiero generale. Pasolini sa bene che la società mercantile ingloba
P in o B ertelli

tutto, i miti come le rabbie, le eresie come riconversione... e tutto restituisce in


forma simbolica come espressione universale della società spettacolarizzata.
Miti, religioni, saperi ri/producono giustificazioni ed epifanie inamovibili e tra
il giusto (che muore) e l'ingiusto (che reprime) si conformano la lingua bifor­
cuta della Religione e dello Stato, che sono al fondo di una “ pazzia collettiva
[che] ha penetrato tutti gli aspetti sia pubblici che privati dell’ esistenza socia­
le di un popolo” (Michail Bakimin). La dimensione dell’ immagina rio sociale
“ non è soltanto il luogo dell’illusione, della mistificazione, dell’ inganno. La ma­
terialità quotidiana del mondo è costruita su progetti che son già tradizione,
su miti che sono stati profezie, su utopie trasformate in realtà” (Eduardo Co­
lombo).
Nella Trilogia della vita, Pasolini annuncia in molti modi l’insensatezza dello
Stato e siccome “ lo Stato è una situazione, una relazione tra gli uomini, un mo­
do di comportamento degli uomini tra loro” (Gustav Landauer), per la felicità
primaria dei popoli lo Stato/Società dei consumi non ha ragione di esistere. “ 11
passaggio da una società eterogestita ad ima autogestita, esige l'abolizione del­
lo Stato, la sua distruzione. E la trasformazione del tempo dell’ utopia in tem­
po della storia esige, a sua volta, un momento insurrezionale e collettivo, la rot­
tura rivoluzionaria” .65 Non sono questi i termini che Pasolini dissemina nella
sua opera intera ma è questa la società felice che sogna. Il catechismo del rivo­
luzionario di Sergej Neeacv e Michail Bakimin, gli scritti incendiari di Louis-
Auguste Blanqui, L'uomo in rivolta di Albert Camus o la proprietà come furto
e la giustizia nella rivoluzione di Pierre-Jospeh Proudhon66 sono li a mostra­
re che quando E uomo ha scelto il silenzio (e non la rivolta) ovunque è cresciu­
ta la schiavitù. Il rapporto tra massa e politica è la tinteggiatura più violenta
del potere. 11 fracasso (sportivo, elettorale, religioso...) delle masse è la musica
più gradita dei tiranni. L’ utopia anarchica pasoliniana si è posta al riparo del­
le devastazioni sociali, morali ed etiche che massa e potere portano all’interno
delle loro contraddizioni. Qui anche la rivolta metafisica è sconsacrata e la li-
bertà degli uomini si risolve nella ribellione o nel piacere. EVin nome della giu-
stizia che il boia batte l’ ascia sul collo del rivoluzionario. E in nome della li­
bertà che il rivoluzionario spara in bocca al giudice che lo condanna. Ma è sol­
tanto in nome dell’ amore che l’ anarchico si rivolta e legittima il proprio no!
Non ci può essere amore per l’ umanità se non c ’ è amore per la libertà.

IL Dall’ età dell’ innocenza all’ età della corruzione

Là dove l’ età della corruzione ha preso il posto dell’ età dell'innocenza, l’in­
fantilismo regressivo e il rimbecillimcnto degli uomini hanno dato il via alla
corsa del possesso c sull’ onda inaudita dell’ omologazione eulturale/politiea (de­
nunciata con veemenza —anche - da Pasolini)... la violenza istituzionale è di­
venuta planetaria. Ma c ’ è un diritto al futuro clic a nessuno è permesso viola-
l'i e r P à o lo P asolini/ ju . 1 corp o

re* Non basta piu lottare per il bene connine eli una nazione, ciò che importa e
lottare per il bene reale di tutti gli uomini e del loro ecosistema.
iBTra il 1500 e il 1800, in conseguenza di un progresso sociale aggressivo, spa­
riva (in media) una specie vivente ogni 10 anni;
dal 1850 al 1950 spariva una specie vivente ogni anno;
a partire dal 1990 spariscono 10 specie viventi al giorno.
Si presume che, con questo livello di aggressione, di contaminazione e distor­
sione degli equilibri ecologici, nell’ anno 2000 sparirà una specie vivente, sia ve­
getale che animale, ogni ora” .
Dal 1950 in poi, si è persa la quinta parte della superficie coltivabile e delle fo­
reste tropicali. Ogni anno 25 milioni di tonnellate di humus a causa dell’ ero­
sione, della salinizzazione e della desertificazione. Le foreste del mondo stanno
scomparendo con una velocità di 20 milioni di ettari l’ anno” ...67 e due terzi
dell’umanità sono condannati all’esclusione, alla misera e alla fame. Le risor­
se naturali sono limitate, non rinnovabili, occorre involarsi verso “ un’ecologia
della mente e un’ ecologia del cuore” (Leonardo Boff) e chiedere ovunque il ri­
spetto e lo sviluppo di un’ ecologia sociale che non sia contro ma in armonia con
la natura c la felicità degli uomini. L’età della corruzione è iniziata con la bom­
ba atomica di Hiroshima e sembra continuare con l’ uso perpetuato dei missili
intelligenti o le guerre umanitarie che le “ grandi potenze” o i “ paesi più svi­
luppati” buttano contro popolazioni inermi (soggiogate da piccoli dittatori,
trafficanti di ideologie, terroristi delle Borse internazionali...). L’età dell’inno­
cenza ci aveva insegnato ohe noi apparteniamo alla natura e la natura ci ap­
partiene. La nostra memoria, i nostri sogni, la nostra capacità di volere un
mondo diverso... non possono essere a lungo calpestati, torturati, uccisi...
ovunque le richieste di pace, d ’integrazione fra i popoli e le loro culture sono
forti... i popoli massacrati dalla politica economica dei Paesi ricchi, chiedono
(con ogni mezzo) che le nuove tecnologie siano adoperate non solo per una mi­
noranza persone ma distribuite a lutti gli esseri umani e costruire così un’ eco-
sistema di scambio fraterno che consenta alle nuove generazioni di avere un fu­
turo. La rivolta del cuore in atto, indica una via per la salvezza del pianeta az­
zurro c negli occhi aperti di tutti i bambini della terra si manifesta un’ esisten­
za senza né oppressi né oppressori che si fa storia.
Il fiore delle mille e una notte, con il quale Pasolini chiude la Trilogia della vi­
ta è saccheggiato dalla raccolta di novelle orientali Alf Laylah tva-Laylah (te­
sto celebre e di anonimo). E un’ opera anomala, sotto un certo taglio più radi­
cale e leggera dei due capitoli che l’ hanno preceduta. La tessitura filmica è qua­
si incantata e in ogni fotogramma si respira la polvere e la luce di un sole anti­
co. Anche i tempi interni al film sono più lievi, disadorni, quasi a ripercorrere
spazi dimenticati o flagellati dalla memoria... i colori delle città, dei palazzi, dei
deserti, dei fiumi, degli abiti, dei cieli... esprimono silenzio, raccoglimento su
qualcosa che sta sparendo o che non c ’ è più e qui Pasolini raggiunge un canto
d’ amore alla vita tra i più alti mai apparsi sullo schermo. Il fiore delle mille e
P ino B ertelli

una notte è un film “ realistico, pieno di polvere e di facce povere... un film vi­
sionario’" (Pier Paolo Pasolini). Il poeta mescola la letteratura araba con ([lid­
ia dei ragazzi di borgata, dei contadini friulani, del sottoproletariato napoleta­
no... li doppia coti i dialetti leccesi e riesce a ri/produrrc “ una koinè generica­
mente meridionale, non immediatamente identificabile” (Pier Paolo Pasolini)
che diviene specchio provocatorio per gli spettatori italiani. Pasolini lavora
molto. Tra febbraio e marzo 1973 gira in India, Eritrea, Etiopia, Nepal, Ye­
men. L’ atmosfera della troupe è amichevole. Con l’ Arriflex (senza suono) a ma­
no Pasolini filma inquadrature su inquadrature, instancabilmente. Difficil­
mente ripete le scene molte volte. I dialoghi saranno registrati in studio. 11 di­
rettore della fotografia misura la luce e l’ operatore monta gli obiettivi. Gli at­
tori hanno istruzioni minime, poco prima di girare. E una tecnica semplice,
quasi documentaria, quella pasoliniana e dopo di lui... il buio. Un film di una
lunghezza normale consiste in circa 420 scene, “ il Fiore ne ebbe 4820’’ (Tonino
Delli Colli). Tutto il cinema pasoliniano è una composizione di frammenti di
scene, di tagli iperbolici, di inquadrature non convenzionali che cuciti insieme
trasformano le ombre & la luce della “ bottega magica” in arte.
Il fiore delle mille e una notte non è solo il raccontare "“per il piacere di rac­
contare” del quale parlava Pasolini ma anche un film sul Fato e la Provviden­
za. La storia di Sitt e Hasan è emblematica. Un re dice alla regina di avere vi­
sto in strada il ragazzo più bello del mondo (gli risponde che anche lei ha visto
una ragazza di una bellezza mai vista) e vogliono vedere chi Famore renderà il
meno bello... “ Amore per la bellezza libero da schemi e amore omosessuale ap­
pena adombrato vengono fatti confluire in una sconfinata tenerezza dei due so­
vrani nei confronti di quelli che potrebbero essere loro figli. La storia si con­
clude con il confronto tra i due bellissimi ragazzi: il primo dei due che si inna­
morerà dell’ altro, sarà il meno bello. Ma l’ uno consuma Fatto d ’ amore con l’ al­
tro mentre l’ altro dorme, senza svegliarlo. Così la scommessa tra il re e la re­
gina (che assistono, non visti, alla scena) su chi sia il più bello dei due. resta
senza vincitore. Nessuno dei due ragazzi è il più debole, nessuno dei due può
essere punito per la colpa di innamorarsi” .6 8 Humour fo n di Aziz (Ninctto
Davoli) per Butur, una misteriosa ragazza che vede per la prima volta a una fi­
nestra è straordinario. Aziz si deve sposare con la cugina Aziza (Tessa Bouchè)
ma è incapace di amare sia Luna che l’ altra, perché è schiavo del suo sesso (del
suo senso della superiorità maschile). In qualche modo tra Butur e Aziza nasce
un rapporto amicale e Aziz diviene messaggero d ’ amore per entrambe (si scam­
biano frammenti poetici). Quando Aziza muore di dolore per Aziz, Butur lo
vuole uccidere per vendicarla. Aziz si salverà recitando i versi di Aziza: “ La fe­
deltà è un bene, ma è un bene anche la leggerezza” . Aziz sarà punito da un
gruppo di bambini con l’evirazione. L’innocenza con cui Aziza ha amato il suo
sposo non viene macchiata dalla colpa Aziz, il quale non ha saputo amarla e ha
confuso la sessualità con il vero amore. Per tutta la la vita sarà costretto a sof­
frire e non potrà più esercitare il potere del fallo. Pasolini insiste contro la stu-

O ù»)
pi dita (tutta maschile) della falloerazia e rovescia gli stilemi culturali nei quali
fiorisce. L'uomo dagli occhi azzurri è lo straniero del quale nessuno deve fi­
darsi.. prima droga INur-ed-Din (Franco M erli), poi rapisce la sua
sehiava/amore Zurnurrud (Ines Pellegrini) e l’ affida a un mereante. La favola
inverte i ruoli. La ragazza si traveste da uomo e viene fatta re. Lo stramerò da­
gli occhi azzurri appare nel suo palazzo, le guardie lo catturano e lo crocifig­
gono. La storia di TSur-ed-I)in e Zurnurrud tocca la sensibilità della diversità o
del desiderio d ’ amore come destino... ÌNur-ed-Din e Zurnurrud si amano ma
non riescono a fare l’ amore e solo quando la parte femminile del ragazzo sarà
afferrata, piegata, profanata (ma è un gioco) da quella maschile della ragazza
(che costringe Nur-ed-Din ad avere un rapporto omosessuale), potranno risco­
prire le loro vere sessualità. I sessi e le genealogie sono superati. E con essi an­
che le maschere e le appropriazioni indebite da parte dei soli uomini. “ Le pre­
tese di uguaglianza degli uomini, delle razze, dei sessi, significano un disprez­
zo o un diniego di fenomeni reali che provocano un imperialismo più deleterio
ancora di quelli che conservano traccia delle differenze. Lo scacco dell’ ugua­
glianza nel possesso di ricchezze oggi è evidente, quello dell’ uguaglianza nel di­
ritto alla cultura che ci fa Guerra” (Luce Irigaray).69 Qui Pasolini pone lo
sguardo su una società impossibile senza la fantasia le donne né la libertà dei
sessi. Auspica una comunione diversa fra i sessi e una diversa spiritualità ses­
suale tra gli amori. Il suo film sembra portare un soffio verginale sopra gli scaf­
fali polverosi del “ rigore e del decoro istituzionali” e fare del gusto libertino
della vita una manciata di tenerezze, di dolcezze, di carezze amorose clic ri­
splendono come gocce di sole nella città della gioia.
Il fiore delle mille e uria notte è una specie di metafora sul silenzio, sul racco­
glimento, sull’ oblio dell’ aria e le sue immagini sono carnali, semplici, luminose
abitate da strane magie angeliche clic si disperdono nella musica del cuore.
Quelle facce, quei gesti, quei luoghi persi nel tempo fanno emergere il dolore e
la beatitudine, la risorgenza della vita c l’ essenzialità della parola, la bellezza
dei corpi e Piinione delle anime (die rispettano 1*invisibile abbagliante dell’ ar-
tnonia universale. Pasolini (cinecamera a spalla) lambisce i muri, le strade, i
volti dei personaggi che infila in un’immaginaria collana di celluloide... non to­
me traballamene, interpunzioni pesanti (i fotomontaggi del volo di Shazaman
con il Diavolo o rincontro di Nur-ed-Din con il leone nel deserto) e riesce ad af-
fabidare quel cinema di poesia che tante volte aveva teorizzalo e sognato. An­
che qui i personaggi sono doppiali con dialetti diversi... lo stridore non e è, an­
zi ne esce fuori una mescolanza multietniea che si lascia leggere come anticipa­
zione o come recupero dialettale di una società aperta. Di eccezionale bellezza
è il sogno della principessa Dunja (Abadit Giudei). In un paesaggio assolato un
colombo resta impigliato in una rete, lina colomba lo libera e insieme s’ invola­
no nelle profondità del cielo blu. Poi è la colomba a cadere nella rete... il co­
lombo prosegue il suo volo nel nulla e la colomba resta strozzata nel tentativo
di liberarsi. La simbologia è precisa. La colomba (l’ utopia) muore per avere Ii-

283
P i K io ~ Y T é r lelli

borato la ragione truccata da compagno di strada (il colombo). E la conferma


che i saltimbanchi della s/ragione storica sono sempre stati più vicini al boia che
alla rivoluzione che predicavano. Quando si tocca quella lebbra che si chiama
vita il tiranno che è in noi comincia a vacillare, diviene il buffone di una nuo­
va eorte o impugna la spada di seta dell 'eversione non sospetta e danza stigli al­
tari bruciati di mille Abbazie in cerca di un’ eternità senza eroi ne santi. Eppu­
re c ’ è stalo un tempo del pane e delVacqua in cui bastava mordere per vivere...
ma ormai i ciarlatani dello spettacolo integrato sono a corto di truccherie e i lo­
ro incanti sono tutti disvelati. Shahzman e Yunan (Alberto Argentino e Salva­
tore Sapienza) sono due mendicanti (in realtà sono dei principi) che costrui­
scono un mosaico nella casa della principessa Dunva. Shahzman racconta che
un giorno la sua carovana fu assalita dai banditi e sterminata, lui si finse mor­
to e si salvò. Sotto un albero trovò una botola, scese la scala di corda e laggiù
incontrò una principessa tenuta prigioniera da un Demonio (Franco Cittì).
Fanno l’ amore ma nella fretta di fuggire Shahzman dimentica le scarpe. 11 de­
mone lo cerca nel villaggio, gli restituisce le scarpe, lo abbraccia e come per ma­
gia si ritrovano nel sotterraneo davanti alla principessa. 11 demone dice che
hanno fatto l’ amore con gli occhi e se uno ucciderà l’ altro avrà salva la vita.
Vince l’ amore e allora il demone taglia le mani, i piedi e la testa alla principes­
sa. Abbraccia di nuovo il giovane, volano insieme nel deserto e qui Shahzman
viene trasformato in scimmia. Alcuni viandanti catturano la scimmia, la inca­
tenano su una nave e prendono il mare aperto. Arrivano in un regno al di là del
mare, la figlia del re libera il principe dal mclefizio, gli restituisce le sembian­
ze umane ma lei prende fuoco e si dissolve tra le fiamme. La realtà si fa sogno
e il sogno irrompe nella realtà, modificandola. Yunan narra del suo arrivo con
una nave in una delle isole del regno del padre. Su un promontorio un gigante­
sco guerriero di rame attrae le imbarcazioni per farle infrangere sugli scogli.
Yunan uccide l’ uomo di rame con una freccia fatata (scompare nel mare), sul­
la spiaggia scopre una botola che lo porta a una stanza d ’ oro e pietre preziose.
Lì c ’ è un ragazzino impaurito, cerca di sfuggire a una terribile profezia: dovrà
morire il giorno del suo quindicesimo compleanno per mano di un ““giovane
senza occhi” . Yunan fa il bagno in una vasca, gioca e si addormenta con il ra­
gazzino. Lo vuole proteggere. Lo sguardo pasoliniano sui corpi nudi è pulito,
quasi icastico, non indugia più del dovuto sui sessi né dà ai ripetuti abbracci
tra il ragazzo e il giovane altre motivazioni che non Vamicizia... non si avverte
nessun doppio senso (sessuale) e in pieno sonno Yanin (con gli occhi chiusi) pu­
gnala il ragazzo alla schiena. Il principe (come aveva fatto Shahzman) abiura
il proprio passato e rinuncia al proprio rango. Intanto anche il mosaico è ter­
minato. La principessa Dunya vi riconosce il proprio sogno (quello della co­
lomba imprigionata) e accoglie l’ amore di Tagi (Francesco Paolo Governale),
che aveva respinto. Ma non c ’ è commiato dal film per Pasolini, che lo chiude
con queste parole: “ Che notte! Dio non ne ha creato di eguali! Il suo inizio fu
amaro, ma come dolce la sua line!” .

284 -
* te r s « 10 10 M ni c o r p o

Il fiore delle mille e una notte è costellato di un leggero erotismo, di una gioia
naturale per la sessualità femminile e maschile liberata da tutti i tabù e totem
della civiltà... i corpi sono fotografati in una nudità bellissima (anche le ere­
zioni sono esposte con garbo), senza esitazioni o allusioni pornografiche e l’in­
tero film sembra calato in un’ atmosfera quasi mistica che lascia presagire la fi­
ne di una sessualità al servizio della vita c dell’ amore. E la sessualità della co­
scienza lo stimolo erotico per “ fecondare l’immaginazione” (James llillman).
Pasolini aveva certamente una visione del mondo idealistica e idealizzata ma
era tutt’ altro che un “ pedagogo pederasta” (Barili David Schwartz) che sogna­
va di fare il suo ultimo film su Socrate, “ il più famoso dei pedagoghi pederasti”
(Barth David Schwartz). L'erotismo pasoliniano non è mai forzato, stupido o
volgare secondo i canali recettivi della pubblica tolleranza... la nudità ladra
dei corpi, degli sguardi, dei sorrisi riporta ad una naturalezza senza confini do­
ve gli amplessi, le masturbazioni, i pompini sono momenti di grande emozione
culturale e un ritorno a quell’ Etò dell'innocenza che fondava sul piacere la
propria Utopia. La metafora pasoliniana che emerge dal film non è solo quella
attribuita a Maometto: “ Nessun uomo che non sia stato pastore diventa profe­
ta” ... più ancora, è la visione laica, libertaria con la quale Pasolini ha rivisita­
to le favole delle mille e una notte... che ha fatto discutere o inorridire chi vi
ha visto parabole o evangelizzazione (eretica) dei poveri (che c ’ era...) e non ha
compreso le vie dei canti pasoliniane che si aprivano (incantate) a un regno di
immacolati sorrisi che poteva esistere solo nel cuore dei bambini. Per Rilke co­
me per Chatwin, per Pasolini come per Rimbaud, per Lorca come per Penna o
Campana... “ cantare era esistere” , rievocare “ il Tempo del Sogno, quando gli
Antenati col loro canto crearono il mondo” .70
Il fiore delle mille e una notte si annoda sui temi eterni, profondi, irrinuncia­
bili dell’esistenza... la vita, la morte, la felicità, il dolore, la solitudine, l’ eros...
la dissonanza pasoliniana con la letteratura alla (juale attinge è forte e inequi­
vocabile. Il film non ha un filo conduttore o un camminamento visivo al quale
aggrapparsi. Pasolini compone un florilegio di piccole storie che incasella Lu­
na nell’ altra (procedimento usato dai surrealisti e nel cinema da Luis Burìuel,
Francisco Arrabai, Alejandrò Jodorowsky, Federico Fellini o Glauber Ro-
cha)... e il lettore si trova sprofondato nel sogno di un sogno chiamato utopia.
È il suo grande “ Poema sul Terzo mondo” . Qui il sesso si situa fuori da tutti i
rapporti di genuflessione, possesso o prostituzione abituali nelle società occi­
dentali... è il fulcro di una purezza interiore che travalica i limiti dell osceno o
le inibizioni della cultura... l’ atto sessuale diviene un dono, uno scambio, un
gioco sul quale ognuno restituisce l’ amore così come gli viene e il piacere non
guarda in faccia al sesso ma resta un evento sessuale espresso nella semplicità
più estrema. L’ ardore eterosessuale, omosessuale o per la giovinezza ludica dei
bambini/bambine viene esposto secondo gli usi e i costumi del mondo arabo e
ogni atto d ’ amore è così delicato che sfiora l’ innocenza e il pudore sconosciuti
nelle società evolute.
Pino Bertelli

Ne II fio re delle mille e un notte l 'invito al magico è dichiarato. 11 mito diviene


il viaggio verso qualcosa di bello e di giusto, l’ eros assume l’ importanza fiabe­
sca dell’ autentico dove nulla è peccato e tutto è possibile (perché niente è spor­
co). “ Qui forse per la prima volta, gli ingredienti sottoproletari cari a Pasolini
(i volti dei popolani yemeniti ed eritrei, i personaggi nepalesi ed iraniani, la
stessa calata sudi lai iota del doppiato e il continuo gioioso riso dei personaggi)
hanno una precisa, non eliminabile, non artificiosa funzionalità. E, nella di­
mensione lirico-fiabesca del film, suggestivo appare lo scarto tra quelle fisiche
presenze popolari e la ammaliante catena di liriche, proverbi, poesie con cui
esse si esprimono; ne risulta un’ opera saldamente costruita sul contesto tra
un’ evidenza (pianto mai concreta (abbondano, purissime, le visioni inguinali di
uomini e donne) e un tessuto lirico di dolcissima astrazione. Soltanto nel Van­
gelo secondo M atteo, costruendo anche lì un discorso per contrasti, Pasolini
era riuscito come nel Fiore delle mille e una notte (giovandosi anche in (pici ca­
so —come qui, con P eccezione di Franco Cittì e JNinetto Da voli - , quest'ultimo
per altro eccellente interprete di una delle favole più belle - di attori non pro­
fessionisti) a uscire positivamente rappresentandola, dalla aporia fondamenta­
le, tra passione e ideologia, che caratterizza tutta la sua opera” .71 Non è im­
portante essere o no d ’ accordo su quanto scrive Lino Micciechè... ciò che con­
ta è la grandezza poetica di questo film che contiene un’ enorme speranza per i
diseredati di ogni colore, quella di un inserimento delle culture popolari (con
radici diverse), in comunità basate sulla reciprocità e la condivisione.
“ Ogni racconto delle Mille e una notte —scrive Pasolini - comincia con una ap­
parizione del destino che si manifesta attraverso un’ anomalia. Ora, non c ’è
un’ anomalia che non ne produca un’ altra. E così nasce una catena di anoma­
lie. Più tale catena è logica, serrata, essenziale, più il racconto delle Mille e una
notte è bello (cioè vitale, esaltante). La catena delle anomalie tende sempre a
ritornare alla normalità. La fine di ogni racconto della Mille e una notte consi­
ste in una disparizione del destino, che si insacca nella felice sonnolenza della
vita quotidiana. Ciò che mi ha ispirato dunque nel film è vedere il Destino ala­
cremente all’opera, intendo sfasare la realtà: non verso il surrealismo e la ma­
gia (di ciò si hanno rare e essenziali tracce nel mio film), ma verso l’ irragionc­
volezza rivelatrice della vita, che solo se esaminata come sogno o visione appa­
re come significativa. Ho fatto perciò un film realistico, pieno di polvere e di
facce povere. Ma ho fatto anche un film visionario, in cui i personaggi sono ra­
piti e costretti a un’ ansia conoscitiva involontaria, il cui oggetto sono gli avve­
nimenti che gli accadono” . 72 Pasolini si accosta alle favole delle Mille e una
notte in modo particolare. Sceglie questo testo non tanto per profonda cono­
scenza del mondo arabo, quanto perché nella loro cultura c ’ è una tolleranza
popolare che non ha niente a che fare con la tolleranza del potere. “ Tutti i per­
sonaggi delle Mille e urta notte sono artigiani, commercianti e contadini, oltre
naturalmente che regnanti e nobili (ma, come in tutte le società feudali, poveri
e ricchi la pensano allo stesso modo; lo rivela in modo incontrovertibile il sen-
Pier Paolo Pasolini/!! cinem a in co rp o

so estetico che è identico in tutti). La mia condanna marxista di un mondo do


‘sfruttamento deiruomo sull’ uomo’ non è retroattiva neanche un p o’ . Non
considero i "poveri* del "passato’ "subumani’ solo perche non hanno avuto co­
scienza di classe e si sono ribellati solo saltuariamente attraverso ribellioni di
carattere sottoproletario e contadino. Non condanno disprezzo la loro ras­
t ic

segnazione e la loro passività... Sono anche queste forme di vita. Se nella mag­
gior parte dei casi, peraltro, esse sono "estraneità culturale’ dalla cultura del
potere non mi sembra che questo sia il caso del mondo arabo delle Mille e una
notte: i poveri hanno la stessa cultura dei ricchi (mondo magico, omosessuali­
tà. senso comune, frazionamento del potere, (die sembrerebbero elementi ar­
caici e fortemente tradizionali, non sonno elementi della cultura dei poveri, ma
anche dei ricchi e dei privilegiati. Forse in questa unità di potenti e di sudditi
consiste il fascino delle Mille e una notte ’ .73 Anche 11fiore delle indie e una
notte è un viaggio. Come lo sono Uccellarci e uccellini o 11 Vangelo secondo
Matteo... ma a leggere in profondità il cinema di Pasolini, non è difficile vede­
re che tutti i suoi film sono dei "‘viaggi” , degli spostamenti verso un’ altrove di
irraggiungibile ma fortemente sentito, che è V utopia della felicità. Sono opere
che manifestano il destino, lo sconvolgono, lo dissacrano (anche scherzosa­
mente) ma alla fine, ciò (die resta sullo schermo (e nel cuore degli spettatori), è
l’eterno ritorno all’ infanzia, una specie di ""seconda nascita” dove gli eroi pa-
soliniani compiono un’ iniziazione, quella appunto di mettersi in cammino ver­
so un inondo che non c ’ è.
Nella Trilogia della vita, Pasolini mostra la purezza del sesso e la scherzosità
della morte... più ancora, ne II fiore delle mille e una notte espone Pamore ses­
suale fuori dalle gerarchie del consumo, affermando (die in quel inondo arcai­
co non ci sono nessi tra peccato e confessione... la superstizione contadina, l’ a­
more omosessuale, la civiltà feudale, la magia del loro immaginale... esprimo­
no la grazia e la punizione del destino di un uomo, come di un popolo. ""11 de­
stino può diventare anomalo, farsi storia: gli elementi antagonisti che lo "co­
stringono’ a questo e restano invece ontologici, immutabili. Ci sono nelle Mille
e una notte infiniti, patetici elogi dell’ omosessualità e infinite esemplificazioni
veneranti della magia: ma nessun tentativo di spiegazione” .74 Pasolini libera
il film nella pura, semplice bellezza formale. I corpi nudi che passano sulla sin­
done puttana dello schermo, riproducono qualcosa di perduto che rivive nel-
l’encomio di un’innocenza e di un desiderio c si trasformano in un atto di ac­
cusa contro l’ omologazione della cultura. Pasolini sa che questo taglio stilisti­
co alimenterà incomprensioni e forcature... e che per questo il suo film verrà
considerato di grado inferiore alle opere impegnate... ""Quanto "interesse reli­
gioso’ e quanto "interesse politico’ sono invece realmente inferiori all’interesse
sessuale! Quest’ ultimo ha almeno la qualità di essere innocente, di essere tutto
sommato antecedente ai condizionamenti sociali che talvolta lo immiseriscono e
Io involgariscono. Ma anche a voler sentirlo così, come colpa, nello spettatore
clic sceglie di andare a vedere un film che rappresenta liberamente i rapporti
P in o B ertelli

sessuali, quell’interesse è infinitamente più libero degli altri: se non altro per­
ché riguarda la cosa che nella vita un uomo oscuramente antepone a tutte le al­
tre. Ciò clic un giudice moralista non vuol sapere o ammettere è il culmine
espressivo finale di una ricerca formale, compiuta per un destinatario che ab-
bia una nozione completa e rigorosa di tale ricerca: il bruno cazzo eritreo di
Fessazion Ghermitici e la dolce fichina di Giana Idris” .75
In questo film, Pasolini elabora i motivi erranti della sessualità taciuta. Recu­
pera la realtà viva dell’ omosessualità preistorica e la contrappone all’eteroses-
sualità imperante, celebrata dalle istituzioni. Sostenendo queste opinioni in ar­
ticoli, libri e film... Pasolini viene fatto oggetto da ogni sorta di linciaggio. An­
che se tutti sanno che non è l’ unico artista famoso a praticare il desiderio omo­
sessuale, raccanimento dispregiativo contro la sua persona è continuo. In mol­
ti non gli perdonano di "scrivere tra di loro senza essere infeudato ad alcun po­
tere né vincolato dalla legge della sopravvivenza. Il mio vero peccato è di ave­
re esercitato il mestiere di giornalista da polemista e da poeta, nella più totale
insubordinazione” (Pier Paolo Pasolini). Per la qualità etica/estctiea dei suoi
lavori... è stato impossibile ignorarlo. Così si è dovuti passare alla vecchia tec­
nica della calunnia e del processo alle idee... che hanno visto sul banco degli
imputati, uomini di genio come Socrate, Charles Baudelaire, Oscar Wilde o
Jean Genet... i loro crimini sono stati la libertà del loro pensiero e il coraggio
di esprimerla anche nell’ attività erotica. La "diversità” omosessuale è tollera­
ta nella società evolute come viene accettata la lebbra in certe parti del mondo.
Ci sono larghe fasce di umanità che attiverebbero volentieri i campi di stermi­
nio nazisti, per cancellare dalla faccia della terra ebrei, neri, zingari, handi­
cappati, "freaks” ... e tutto in nome della "purezza della vita” (leggi: purezza
della razza)!). Per non dimenticare: "il discredito morale, con tutti i mezzi, ha
sostituito l’ esclusione sancita dal triangolo rosa o dal lager. L’ omosessuale con­
tinua a vivere in un universo concentrazionario, sotto il vigile controllo della
morale dominante. Faccio osservare che, dopo la guerra, gli scampati del trian­
golo rosa sono stati gli unici a non aver beneficiato delle riparazioni accordate
agli altri deportati. E un’ omissione terribilmente rivelatrice” (Pier Paolo Pa­
solini). 76 Lo scandalo Pasolini è sorto non solo dal fatto clic non taceva la sua
omofilia, ma anche perché non taceva nulla.
A II fio re delle mille e uria notte viene dato il Gran Premio Speciale della Giu­
ria del Festival Internazionale di Cannes 1974. Questo non impedisce una de­
nuncia per oscenità (dopo la proiezione organizzata con lo scopo di raccogliere
fondi per realizzare un documentario a favore di una Milano più umana). Il so­
stituto procuratore che si occupa del caso applica al film lo statuto di "opera
d ’ arte” , non promuove nessuna azione penale e II fiore... esce con il divieto ai
minori di 18 anni. La sceneggiatura pasoliniana (alla quale collabora Dacia
Maraini) è complessa, circolare, intreccia le storie tra loro con passaggi inusi­
tati e contaminazioni poetiche. I dialetti si mescolano a facce arcaiche e lo stra­
niamente attorale assume una coralità di cristallina freschezza comunicativa. I

£88
i mt r a o i o rnnuun a y g s a in c o r p o

marroni, i gialli, i verdi, i celesti e i notturni fiabeschi della fotografia (Kodak


Eastmancolor) di Giuseppe Ruzzolini, conferiscono al film un’ aura di magia e
ili tenera vitalità per un’ epoca del sorriso, della dignità austera o della follia
gioiosa, sin qui relegata ai prodotti di consumo per ragazzi. La scenografia di
Dante Ferretti, raccorda soluzioni empiriche (le tende, i tappeti sui muri, gli
interni) e sfondi naturali che suggeriscono emozioni e bellezze inaspettate (le
mura della città di “ sabbia” , le vie, i palazzi, i deserti, le fontane, squarci di
case). Affascinanti i costumi di Danilo Donati, esprimono un tocco di colore nel
colore e spesso le inquadrature d insieme si trasformano in veri e propri “ qua­
dri viventi” . Il montaggio di Nino Baragli e Tatiana Casini Morigi è complesso.
Esegue una partitura espressiva disposta su diverse ritmie visuali c le novelle
entrano l 'una nell’ altra andando a comporre una specie di gioco/percorso a in­
castri, dove i personaggi e le storie che raccontano si trovano, si perdono o si
rincontrano di nuovo e tutto «pianto si modifica in nome della vita o della mor­
te. L’ orchestrazione musicale (a cura di Ennio Morricone) è pacata, dolce, ac­
compagna le emozioni dei protagonisti con garbo, non entra quasi mai alFin-
tcrno dell’ azione (secondo i moduli espressivi hollywoodiani) e lascia godere
momenti di grande raccoglimento spirituale. Nella Trilogia “ ho evocato —dice
Pasolini —i fantasmi dei personaggi dei miei film realistici precedenti. Senza
più denuncia, ovviamente, ma con un amore così violento per il tempo perdu­
to, da essere una denuncia non di qualche particolare condizione umana ma di
tutto il presente” .
La realtà violentata, perseguitata, offesa del Terzo Mondo attanaglia Pasolini
al boccascena della storia e la sua posizione di fraterna umanità per i senzavo-
ce si radiealizza. Sotto la spinta e lo sdegno dell’ utopista irriducibile, nel 1974
riesce a realizzare Le mura di Sana a .77 È la ricucitura di un vecchio proget­
to iniziato durante le riprese di un episodio del Decameron, quello di Alibech,
poi tagliato in sede di montaggio (girato la domenica del 18 ottobre 1970 a Sa-
na’ a, Yemen del Nord) e Adramaut (Yemen del Sud), che Pasolini elabora più
compiutamente con un avanzo di pellicola l’ ultimo giorno di lavorazione di II
fiore delle mille e una notte. Si tratta di un piccolo documentario “ in forma di
appello all’ UNESCO” che verrà proiettato in coda alla prima de II fiore... a
Milano (1974). Il “ corto” è anche una riflessione politica sul potere, contro
ogni forma di potere che tende a cancellare la memoria urbanistica monumen­
tale di un paese. Nello Yemen l’ impatto con la “ rivoluzione socialista” (appog­
giata dall’ Unione Sovietica e dalla Cina) appena vinta è profondamente aber­
rante e lo “ sviluppo economico” esercitato dai regimi comunisti contempla la
distruzione della città medioevalo di Sana’ a, per far posto ad anonimi palazzi
di cemento armato clic spazzano via l’ identità culturale di un popolo. Anche in
questo, dice Pasolini, “ la scelta neocapitalistica o socialista sono interscambia-
bili” . La voce solitaria di Pasolini (insieme a quella di Lelio Basso e qualche in­
tellettuale fuori del coro istituzionale...) si rivolge all’ UNKSCO “ in nome della
vera se pur ancora inespressa volontà del popolo yemenita, in nome degli uo-
Pino Bertelli

mini semplici che la povertà ha mantenuto puri, in nome della grazia sei secoli
oscuri, in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato’’ ... la sua
rabbia di salvare una città antica dall’ assurda rovina e aggressione della ce­
mentificazione... nel 1985, la città di Sana’ a sarà dichiarata dagli organismi in­
ternazionali per la tutela dei diritti dei popoli, “ opera d ’ arte del mondo” .
Pasolini racconta la lavorazione del documentario in un articolo sul Corriere
delia Sera (20 giugno 1974): “ Era l’ ultima domenica che passavamo a Sana’ a.
capitale dello \emen del Nord. Avevo un p o’ di pellicola avanzata dalle ripre­
se del film. Teoricamente non avrei dovuto possedere l’ energia per mettermi a
fare anche questo documentario; c neanche la forza fisica, che è il requisito mi­
nimo. Invece energia c forza fisica mi son bastate, o perlomeno le ho fatte ba­
stare. Ci tenevo troppo a girare questo documento. Si tratterà forse di una de­
formazione professionale, ma i problemi di Sana’ a li sentivo come problemi
miei. La deturpazione che come una lebbra la sta invadendo, mi feriva con un
dolore, una rabbia, un senso di impotenza e nel tempo stesso un febbrile desi­
derio di far qualcosa, da cui sono stato perentoriamente costretto a filmare...
Non ho trovato nessuno — scrive Pasolini — nelle mie lunghe permanenze in
quella città che capisse veramente la mia angoscia, che io credevo di condivi­
dere con lui. Evidentemente nessun yemenita sa che Sana’ a è degna, mettiamo,
di Venezia. Una città (Taiz) è stata completamente distrutta e ricostruita. Do­
veva essere stupenda. Ora è una delle più brutte città del m ondo...” .
Il film si apre su uno spaventapasseri yemenita (al quale Pasolini dedica il do­
cumentario) che in un campo di grano allontana i corvi con una frusta... poi la
cinecamera si sofferma su Sana’ a, costeggia le case, i tetti, la cattedrale minac­
ciati dall’ avanzarc della civiltà industriale. 11 deserto muore e con lui anche le
tracce di una cultura irripetibile. Le mura di Sanala è qualcosa di ecceziona­
le. Travalica il documentario antropologico e non ha niente a che vedere con il
documento scientifico... è un atto d ’ amore della macchina da presa per una cit­
tà che sta morendo sotto l’ avanzare sprezzante della modernità consumistica.
La “ nuova borghesia” che governa lo Yemen vuole spazzare via la “ città vec­
chia’ , misera, sporca, avvolta in un’ atmosfera arcaica, misteriosa, magica...
per far posto alle brutture urbanistiche di una nascente megalopoli. Pasolini
ritorna "al modulo della cultura di base, quella reale, quella del proletariato o
del sottoproletariato, quella autoctona con tutta una serie di illuminanti privi­
legi* estranea al linguaggio, ai segni o alle manipolazioni del consumi­
smo'’ .78La fotografia (Tonino Delli Colli) gronda di colori pastello... le cromie
dei bianchi e marroni, delle luci c delle ombre di quelle mura di fango sono sur­
reali, anche fantasiose, come i cieli affogati di azzurro clic sembrano mari se­
reni. Di grande importanza dis/armoniea il montaggio (curato da Tatiana Casi­
ni Morigi). 11 commento è detto da Pasolini con estrema chiarezza c spudora­
tezza nei confronti della desolazione suburbana che avanza dappertutto e co­
lonizza il mondo. La cinecamera di Pasolini guarda con estrema severità la mo­
dernizzazione della città e la contrapposizione fra i beni di consumo c una prò­
fonda miseria salta fuori dallo schermo con efficacia e dolore. Lo lente pano­
ramiche della macchina ila presa sfiorano le facciate dei palazzi di cristallina
bellezza medievale... il commento dell’ autore sospende osservazioni e invettive
in “ un religioso silenzio contemplativo rotto solo dalTirromperc spontaneo dei
gridi umani e dei canti popolari” (Luciano De Giusti). Pasolini, in modo sprez­
zante e deciso, deborda dallo schermo incantato un testo che è anche un’ invet­
tiva: “ La vecchia città dentro le mura di cinta, è ancora completamente intat­
ta.
Saua’ a è una vera, grande, città medioevale. Grande circa quanto Spoleto e ri­
masta tutta intera esattamente com’ era molti secoli fa. Caso orinai, forse uni­
co al mondo. Non avendo subito mai nessuna contaminazione con nessun mon­
do diverso, la sua bellezza ha una forma di perfezione irreale, quasi eccessiva
ed esaltante. Benché su un registro infinitamente più rustico e popolare, essa è
bella come Venezia o Urbino o Praga o Amsterdam. La classe dirigente yeme­
nita se nc vergogna perché è povera e sporca. E certo ha ormai tacitamente de­
ciso la sua distruzione. Ormai la distruzione del mondo antico, ossia del mon­
do reale, è in atto dappertutto. L’ irrealtà dilaga attraverso la speculazione edi­
lizia del neocapitalismo. Al posto dell’ Italia belle e umana, anche se povera, c ’ è
ormai qualcosa di indefinibile che chiamare brutto è poco” . Qui Pasolini inse­
risce un frammento televisivo sulla città di Orte (tratto dalla trasmissione Io e
la forma di una città, 1974) assalita dalla speculazione edilizia e commenta:

“ l*er l'Italia c finita - ma lo Yemen può essere ancora salvato’*. Quando ritorna sulle immagini
di Sana’ a, il testo di Pasolini si trasforma in appello: Ci rivolgiamo all*UNESCO perché aiuti Io
Yemen a salvarsi dalla sua distruzione, cominciata con la distruzione delle mura di Sanala.
Ci rivolgiamo alPUN ESCO perché aiuti lo Yemen ad avere coscienza della sua identità e del pae­
se prezioso che esso è.
Ci rivolgiamo all’ Uneseo perché contribuisca a fermare una miseranda speculazione in un paese
deve nessuno la denuncia.
Ci rivolgiamo all’UNESCO perché trovi la possibilità di dare a questa nuova nazione la coscien­
za di essere un bene comune deH’umanità e di dover proteggersi per restarlo.
Ci rivolgiamo all*UNESCO perché intervenga, fin che è in tempo, a convincere un’ ancora inge­
nua classe dirigente che la sola ricchezza dello Yemen è la sua bellezza, che conservare tale bel­
lezza significa, oltretutto, possedere una risorsa economica clic non costa nulla, e che lo Yemen
è in tempo a non commettere gli errori commessi dagli altri paesi.
Ci rivolgiamo alEUNESCO in nome della vera, seppur inespressa, volontà del popolo yemenita.
In nome degli uomini semplici che la povertà ha mantenuto puri. In nome della grazia dei seco­
li oscuri. In nome delia scandalosa forza rivoluzionaria del passato .79

11 punto di vista pasoliniano grida che dappertutto i “ nuovi fascismi avanza­


no c distruggono le vecchie culture, cancellando i tessuti linguistici ed esisten­
ziali di intere popolazioni. Così Pasolini: “ Quella omologazione che il fascismo
non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della
civiltà dei consumi, invece riesce ad ottenere perfettamente, distruggendo le
varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’ I-
Pillo Bertelli

talia ha, che l'Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E


allora questa acculturazione sta distruggendo, in realtà, l’ Italia, allora posso
dire senz’ altro, che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei
consumi che sta distruggendo l’ Italia. E questa cosa è av venuta talmente rapi­
damente che, in fondo, non ce ne siamo resi conto, è avvenuto tutto in questi
ultimi cinque, sei, sette, dicci anni. E stato una specie di incubo, in cui abbia­
mo visto ETtalia intorno a noi distruggersi e sparire, adesso, risvegliandoci for­
se da questo incubo guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c ’è più niente
da fare” .80
A vedere in fondo a Le mura di Sana’a e conservando una certa fantasia o tra­
scolorazione dei sogni, possiamo cogliere in quei colori fiabeschi o epici... gli
ideogrammi parlanti o l’immediatezza della poesia che certe miniature persia­
ne ci hanno trasmesso. Come sappiamo il pregio artistico della miniatura per­
siana non è soltanto quello di gettare un ponte tra l’immagine visiva e la paro­
la ma di restituire un mondo dove ogni piccolo particolare è un insieme vivo che
si armonizza con il narrato. L’ origine dell'architetliira dello Yemen "‘è proba­
bilmente ebraica: la diaspora ha portato gli ebrei fin laggiù (non so in che se­
colo). JNelle città di Jibb e di Jibba, nel cuore della regione, c ’ è sui portoni la
croce di David. E c ’ è effettivamente una certa rassomiglianza con Gerusalem­
me medioevale. Però può darsi che gii ebrei abbiano elaborato un già preesi­
stente c raffinato canone architettonico. Il problema non è solo dello Yemen,
ma di molti paesi arabi. Certo il caso dello Yemen è assolutamente particolare
perche in realtà tutto il paese, nel suo insieme, è da salvare. Come un museo?
Sia pure. Lo spazio è enorme, le città piccole. Si possono costruire i quartieri
moderni separati dalle vecchie città... In tutto lo Yemen non c ’ è una palma, ma
si sente una fan tastici tà più profonda, che viene da quella mirabile architettu­
ra tutta in verticale, di case alte e povere, Luna a fianco dell’ altra nelle angu­
ste stradine. Lo Yemen è il paese più bello del mondo. Sana’ a, la capitale, è una
Venezia selvaggia sulla polvere, senza San Marco e senza la Giudecea: una cit­
tà-forma, una città la cui bellezza non risiede nei deperibili monumenti, ma
nell incomparabile disegno, lina delle poche città-forma che un urbanista do­
vrebbe conservare intatta nell’esterno, rifacendone solo gli interni.
E uno dei miei sogni, occuparmi di salvare Sana’ a ed altre città, i loro centri
storici; per questo sogno mi batterò.Ma intanto ogni giorno che passa è un pez­
zo delle mura di Sana’ a che crolla o viene nascosto da una catapecchia moder­
na (Pier Paolo Pasolini).81 11 poeta degli indifesi, non né avrà il tempo per
proseguire questa battaglia civile. Ma resta il suo documentario (e Linsieme
della sua opera) a testimoniare la rabbia e l’intelligenza delle cose che si op­
pongono alla brutalità sistematica di ogni potere.
Nel 1984, il sogno di Pasolini prende una qualche forma. L’ UNESCO lancia
una campagna internazionale per la conservazione e il restauro di Sana’ a. Il 6
aprile 1988, una delegazione ufficiale composta tra gli a ltri, da Romano Pro­
di (presidente dell’ ] RI), Umberto Sisinni (direttore generale del Ministero dei
rw r r a o i o n r v~ •v o r p o

beni culturali) e dal “ Fondo Pier Paolo Pasolini” , rappresentato da Laura Bet­
ti. Francesca Sanvitale, Enzo Siciliano, si reca a Sana’ a, per dare inizio al re­
stauro di un'area pilota. 11 preventivo, consiste in circa quindici miliardi di li­
re, per due anni di lavoro (a cura delle società Bonifica e ltalstat e dello Studio
Quaroni di Roma). Il documentario di Pasolini, sarà .sottotitolato in arabo e
donato al direttore del progetto di salvaguardia della città, Abdulrahman Al-
fladdad, il quale nel corso della cerimonia dichiarò: “ Dobbiamo tutto a Paso­
lini. che ha messo in moto la solidarietà internazionale sul problema della sal­
vaguardia della nostra città” .82 I lavori continuano... ciò che è importante, è
che qualche volta i sogni irriducibili degli utopisti divengono realtà.
Il fiore delle mille e una notte e Le mura di Sana a si lasciano leggere in un cer­
to primitivismo artistico ma non e è in nessun modo identificazione o caduta
nel naturalismo o nel manierismo dei quali Pasolini è stato sovente incolpato.
Le miniature persiane (sce. XI d. C.) raffigurano le cose su vari piani sovrap­
posti e le forme risultano fortemente demarcate... i colori fondamentali sono il
rosso, il verde, Parandone, l’ azzurro, compattati con il viola, Poro e l’ argen-
to. Senza sfumature, separati l’ uno dall’ altro con linee di contorno. Il cinema
pasoliniano è molto lavorato sulla bidimensionalità (anche quello in bianco e
nero) e la sua tessitura filmica ha molto a che fare con le scene illustrate dei
grandi libri del passato... i giochi, le feste, le battaglie, i santi, gli angeli, i de­
moni, i re , i mostri, l’ amore, la gioia, la vita, la morte... che brillano nelle mi­
niature persiane si mescolano ai grandi amori pittorici pasoliniani (Masaccio,
Pontorno, Rosso fiorentino, Piero Della Francesca, Giotto, Bruegel il vec­
chio...) e il suo cinema divine un tappeto magico prezioso che riporta alla luce
il mistero dell’ arte, la calligrafia del limite, la maestria della libertà assoluta
che muove i propri giochi da regole/spazi fissi per violarli, sconfinare al di là
delle parole nella fantasia. In questo senso il cinema pasoliniano assimila (ri-
elaborandolc) influssi e culture antiche... riesce a dare una varietà di emozio­
ni, di colori, di bianchi, di neri, di gusti e sogni così distanti tra loro che a vol­
te sembra impossibile come riescono a coesistere e divenire poesia... è qualco­
sa che si erge sul confine dell’ anima di ogni autore non costituito al regime del­
la merce e nelle sue opere la naturalezza, la sensualità, la spiritualità si fondo­
no in un realismo “ decorato” che contamina e rovescia i canoni del linguaggio
figuratico e comunicazionale. Qui come nelle miniature persiane, “ tutto è reso
su un unico piano, bidimensionale, colori e forme sono accostati fra loro come
sagome, disposti sulla superficie, senza alcuna preoccupazione prospettica, se­
parati da una linea netta di contorno. Queste miniature ci ricordano le forme
più antiche dell’ arte; si pensi ai disegni dei bambini o all’ arte dei primitivi, agli
antichi amanuensi italiani e gotici, all’ arte popolare e anche al doganiere Rous­
seau con i suoi seguaci” .83
Le impurità stilistiche pasoliniane sono anche il riflesso di un lucida fantasia,
di una capacità creativa sgorgante di vitalità, di magia, di ritmi figurativi uni­
versali che è ancora in grado di stupire e di stupirsi. Per Pasolini è importan-
P illo B ertelli

te conservare certe forme, tracce o segni della memoria quotidiana. L'ha detto
più volte e da molte parti. Dai suoi viaggi non riportava la visione turistica dei
monumenti, moschee, grandi palazzi ma la configurazione delle città... “le
strade, i cancelletti. i muriccioli, le piccole casette sorte a difesa dei campicelli
di viti, abitate normalmente dalla povera gente” . Le “ città inventate” di Paso­
lini non sono una fuga dal presente ma un ritorno alla nostalgia dei Paesi Per­
duti, come ricostruzione di un cammino delle “ società evolute” , tanto ingiusto
quanto violento. C'è un senso profondo di amarezza nella visione pulp pasoli-
niana del progresso non ancora accessibile a tutti e nel contempo, la rèverie
amorosa di un'epoca del pane pura, nuda, bella come l'età delVinnocenza dei
bambini che vanno a piedi scalzi sulle strade del mondo e continuano a tirare
sassi in difesa dei loro sogni. La lezione pasoliniana muove dalla violazione del­
la bellezza etica ed estetica che i Paesi ricchi perpetuano contro i Paesi poveri,
espropriati dei loro valori culturali, economici e sociali nei secoli dei secoli... è
un atto d'amore verso tutto ciò (die è bello e profondo e cela in sé la semplicità
della bellezza nascosta nell*Uomo... E la bellezza trascendentale o mistica di
una “ terra senza mali” , dicono gli indigeni Guarani (che ancora sopravvivono
nella regione orientale del Paraguai, Brasile, Argentina) dove tutta la vita è vis­
suta come arte, creazione, amore e incontro tra gli uomini... un uscire da sé per
abitare il cuore delPaltro/altra e allacciarsi ad antiche sapienze orientali (che
hanno varianti ovunque) e dicono: “ Si può vedere la bellezza delle montagne e
delle grotte, apprezzare il vento e la luna, sole se non si possiede nulla alTin­
fuori di ciò” .
Lo sguardo corsaro di Pasolini si fa sempre più insolente, avverte con profeti­
ca luminosità l’ avanzare del nuovo potere e di un fascismo più sofisticato che
dopo il ‘ 68 ha iniziato a tessere percorsi culturali e a organizzare modelli com­
portamentali di identificazione politica... i partiti stanno cambiando di sogno...
le ideologie sono interscambiabili e i politici si affrettano a trovare altre intese
e comunioni programmatiche per gestire il consenso elettorale. Si è passati dal-
1 età dell'innocenza a Vetà della corruzione” (Pier Paolo Pasolini). Un’ altro
poeta maledetto (dell’ anarchia), Fabrizio De André, canterà in quegli stessi
anni la stessa “ visione del mondo” : — Anche se il nostro maggiolini fa tto a me­
no del vostro coraggio!se la paura di guardare! vi ha fa tto chinare il mento!se
il fu oco ha risparmiatone vostre millecento!anche se voi vi credete assolti!siete
lo stesso coinvolti.!E se vi siete detti/non sta succedendo niente Jle fabbriche ri­
apriranno Jarresteranno qualche studente!convinti che fosse un giocola cui
avremmo giocato poco!provate pure a credervi assolti!siete lo stesso coinvol­
ti. /Anche se avete chiuso!le vostre porte sul nostro muso/la notte che le punte-
re!ci mordevano il sedere!lasciandoci in buona fede!massacrare sui marcia­
piedi! anche se ora ve ne frega te Jvoi quella notte c ‘eravate./E se nei vostri
quartieri!tutto è rimasto come ierijsenza le barricate!senza feriti, senza gra­
nate J se avete preso p er buone/le verità della televisione!anche se allora vi sie­
te assolti!siete lo stesso coinvoltiJE se credete ora!che tutto sia come
; >^n hiàaa
P ier P a o lo P asolini/Il cin cillà in c o r p o

prima!perché avete votato ancora!la sicurezza, la disciplina J convinti di al­


lontanar e! la paura di cambiare!verremo ancora alle vostre portele grideremo
ancora più forte! per quanto voi vi crediate asso Iti!siete per sempre coinvol­
ti Jper quanto voi vi crediate assolti!siete per sempre coinvolti — (Canzone del
maggio. 1973).
Tra il 1973 c il 1975, Pier Paolo Pasolini, si fa testimone scomodo della società
politica italiana. Dalle colonne del Corriere della Sera e del Tempo i sui scritti
divengono oggetto di scandalo e sono molti gli ‘"intellettuali da prima pagina”
che intervengono contro le sue sciabolate profetiche, venate di un certo mora­
lismo ascetico. Maurizio Ferrara, Italo Calvino, Alberto Moravia, Franco Fer-
rarotti, Umberto Eco, Giorgio Bocca, Natalia Ginzburg, Leo Valiani, Giorgio
Galli, Luigi Firpo, i portavoce dello Stato Vaticano... dissertarono molto sulle
affermazioni del poeta, che trovò per tutti risposte e invettive degne di polemi­
sti anarchici come Errico Malatesta o Pietro Cori. In quegli anni reversione del
terrorismo fascista e l'apertura della sinistra al “ compromesso storico” , si pre­
sentava per Pasolini, come un accordo tra gli uomini del potere a mantenere il
potere... l’ Italia contadina e paleoindustriale non c ’ era più e nessuno più era
in grado di arginare l’ avanzare della società consumistica orchestrata dai gran­
di interessi multinazionali... la borghesizzazione delle masse non permetteva
più di distinguere “ tra un qualsiasi cittadino italiano fascista c un qualsiasi cit­
tadino italiano antifascista” (Pier Paolo Pasolini). La società italiana mutava
di segno. I comunisti cambiavano pelle. Si prestavano a divenire i nuovi cani
da guardia del potere. L’indignazione pasoliniana contro gli uomini di potere
non subiva stanchezza. La mutazione antropologica degli italiani era in atto,
aggredita dal consumismo dei nuovi barbari e dall’ instaurazione di un totalita­
rismo violento dove il capitale trasforma la dignità umana in merce di scam­
bio (Karl Marx). La tribuna aperta di Pasolini è un crogiuolo di temi scottan­
ti... il polemista parla dell’ aborto, del sesso, della droga, della corruzione tra
criminalità organizzata e politica... i contrasti che mette sulla scena pubblica
suscitano controversie e salaci risposte, i gazzettieri dei partiti entrano nel co­
ro dei linciaggi contro Pasolini che legittimava ogni forma di “ differenza” , ma
all* interno di una reale conoscenza.
Nel 1974, conclusa la Trilogia della vita, Pasolini lavora alla sceneggiatura di
un film su Paolo di Tarso. riprende il messaggio religioso dell’ apostolo c ne con­
serva il contenuto eversivo portato contro la violenza di casta, la schiavitù e
l’imperialismo culturale... il precetto pastorale che cita e inserisce nel tratta­
mento è illuminante per Fattualità e la portata metastorica —“ ...Sappi poi que­
sto: negli ultimi giorni sopravviveranno tempi difficili. Gli uomini infatti sa­
ranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, arroganti, bestemmiatori, dis­
obbedienti ai genitori, ingrati, empi, senza amore, irriconcili a bili, calunniato-
ri. incontinenti, spietati, non amanti del bene, traditori, protervi, accecati dai
fami dell’orgoglio, amanti del piacere più che ili Dio: gente che ha l'apparenza
della religione, ma ne ha rinnegato la verità” .8 4 Pasolini accentua qui il cani-
P ino B ertelli

mino di liberazione dell uomo come lettura orante della comunità biblica c lo
trasforma in urlo laico, in Parola dell’ Uomo che si fa carne dei giorni... in fon­
do il suo apologo rimanda all’ ascolto dell’ atto d ’ amore per la società tutta, al­
ia solitudine interiore, al soffio della libertà iniziale dal quale la relazione con
l’Altro/Altra diviene possibile. La sete e la fam e dell’ Uomo libertario si dispie­
gano in una comunità nuova, una specie di mutirào della solidarietà85 dove la
spiritualità evangelica è tutta rivolta nell’ aiuto reciproco e nella fraterna eco­
nomia di comunione posta fuori dalla compassione c dal perdono. E un ritor­
no alle culture popolari (con radici arcaiche nere, rosse, gialle...) che speri­
mentano la comunità del dono e della reciprocità che è condivisionc e ciascuno
diviene soggetto del proprio destino.
Questi sono anche i precetti disseminati negli scritti della Teologia della libera­
zione, dove si afferma una Chiesa dei poveri tra i poveri, “ l’importanza liber­
taria della fede cristiana” (Leonardo Boff) diviene memoria pericolosa, sov­
versiva, non porge l’ altra guancia ma organizza la liberazione degli oppressi.
Senza mezzi termini, i vescovi di questa teologia degli oppressi individuano le
cause della miseria e del sottosviluppo che molti popoli patiscono nel sistema
capitalistico, che deve essere attaccato alla radice, per il quale “ non esiste cu­
ra, ma solamente il suo superamento” (Leonardo Boff). E una lotta contro l’i­
gnoranza. Un male celato, più grave dell’intolleranza che lo produce. Per vin­
cere l’ ignoranza non basta l’indignazione né l’istruzione istituzionalizzata...
ma un gesto radicale di disobbedienza. “ La liberazione giunge attraverso il ri­
spetto della realtà e l’ amore per la verità” (Leonardo Boff). Il mondo sarà mi­
gliore soltanto quando le sofferenze dei popoli poveri saranno bandite e il be­
ne comune sarà anche il bene di tutti... uniti tra loro i poveri saranno non più
poveri perché tutti saranno uno e uno l’ intera umanità. L’ amore deUTomo per
gli altri uomini va adagio, ecco perché ha molta fretta di arrivare alla libera­
zione dell’ umanità soggiogata.
Sul finire del 1974 e nei primi mesi del 1975 la polemica pasoliniana contro il
potere democristiano (e la passività dei comunisti) si acuisce, diviene sfrontata
e profondamente vera. “ Nel momento in cui si delineava in Europa una nuova
forma di civiltà e un lungo futuro di sviluppo programmato dal Capitale - che
realizzava così una propria rivoluzione interna: la rivoluzione della Scienza
Applicata, pari per importanza alla Prima Seminagione, su cui si è fondata la
millenaria civiltà contadina —si è sentito che ogni speranza di Rivoluzione ope­
raia stava andando perduta. E per questo che si è tanto gridato il nome di Ri­
voluzione... 1 giovani hanno vissuto disperatamente i giorni di questo lungo ur­
lo, che era una specie di esorcismo e di addio alle speranze marxiste” .8 6 Vero
tutto. John Kenneth Galbraith lo aveva già scritto nel 1965 in La società opu­
lenta. 8 7 Mostrando che il premio e l’ aspirazione più alta dell’ umanità è il po­
tere e rimbecillita sul quale si erge. Per le masse silenziose l’impotenza segue
l’ ordine naturale delle cose e come alle frustate del re si sottomettono al con­
sumismo come garanzia dei loro bisogni. Ciascuno è condizionato (convinto)
P ier P a o lo Pasoliiii /1 1 cin em a in c o r p o

nella dissimulazione dei saperi e la sua sottomissione a regole, fedi o politiche


implica acquisizione della personalità eli massa che si trasforma in eutanasia
sociale.
Contro questi assunti, Pasolini annuncia dove può, la fine di un’ epoca. Disve­
la le trucchcrie e le menzogne dei potentati e di un popolo “ degenerato, ridico­
lo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo” (Pier
Paolo Pasolini). Nessuno o quasi, si è accorto che il popolo italiano si e degra­
dato a tal punto di essere divenuto soltanto uno strumento del nuovo potere fa­
scista. “ Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centra­
lismo della civiltà dei consumi —scrive Pasolini sui piombi del Corriere della
Sera - . . . l’ adesione ai modelli imposti dal Centro è totale e incondizionata. I
modelli culturali reali sono rinnegati. L’ abiura è compiuta. Si può dunque af­
fermare che la tolleranza dell’ideologia edonistica voluta del nuovo potere, è la
peggiore delle repressioni della storia umana... 11 fascismo, voglio ripeterlo,
non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’ anima del popolo
italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione c di in­
formazione (specie, appunto, la televisione), non solo l ’ ha scalfita, ma l’ ha la­
cerata, violata, bruttata per sempre” .8 8 In qualche modo salva il Partilo Co­
munista Italiano e lo considera un’ isola di salvezza (e si sbaglia): “ un paese pu­
lito in un paese sporco, un paese onesto in un paese disonesto, un paese intel­
ligente in un paese idiota, un paese colto in un paese ignorante, un paese uma­
nistico in un paese consumistico” .8 9 Nello stesso articolo, Pasolini avverte che
ciò che ha detto sul P.C.l. non è poi così vero e non avendo timore di contrad­
dirsi, scrive che i prossimi Colpi e Stragi di Stato... sono possibili appunto per
il “ compromesso storico” che si va consolidando tra i due paesi o i due partiti
che si contendono il potere... Pasolini non lo dice così, ma è a questo che ten­
de quando sottolinea che un’ altra democrazia (concessa dalla democrazia ame­
ricana di Nixon) emergerà da questo patto (tra sinistra e destra) e i minori re­
sponsabili insieme ai maggiori responsabili (cioè l’intera classe politica italia­
na) saranno i veri artefici del vero Colpo di Stato. Il suo romanzo della stragi
inizia così:

•Io so.
lo so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà
è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io .so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io .so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia c di Bologna dei primi mesi
del 1974.
Io .so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideato­
ri di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli
ignoti autori materiali delle stragi più recenti.
lo .so i nomi che hanno gestito le due, anzi, opposte, fasi della tensione: una pri­
ma fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia
P in o B ertelli

e Bologna 1974).
lo so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della CI A (e in seeond'ordi-
ne dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto misera­
mente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e in seguito,
sempre con l'aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostituiti una vergini­
tà antifascista, a tamponare il disastro del referendum.
lo so di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicu­
rato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, For-
ganizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neo-fa­
scisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali co­
muni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la
successiva tensione antifascista). To so i nomi delle persone serie e importanti
che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale
ehe operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi ita­
liani bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il ge­
nerale Miceli.
To so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragaz­
zi che hanno scelto le suicide atrocità antifasciste e ai malfattori comuni, sici­
liani o no, ehe si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si
sono resi colpevoli...” .90

li processo al potere democristiano e ai suoi accoliti continua e contiene toni


sprezzanti per tutti... Pasolini anticipa di non poco il crollo di Tangentopoli e
la sporcizia istituzionale nella quale si organizzavano crimini, vessazioni, ma­
fierie... era la denuncia radicale di una classo politica senza un filo di stile che
con cadenze liturgiche ed ecclesiali abbracciava e contaminava Finterò arco dei
partiti. Anche i dirigenti comunisti facevano parie del coro e "nei meandri del
Palazzo dei pazzi” (Pier Paolo Pasolini) la falsa tolleranza del potere centrale
delineava un certa rigidezza organizzativa e il deragliamento delle giovani ge­
nerazioni verso l’ omologazione consumistica dell’ ideologia era parte di un gio­
co delle parti che i partiti tramavano insieme. L’ utopia pasoliniana s’ infrange­
va contro la sacralità formale e perversa delle istituzioni dello Stato. Il suo ni­
chilismo illuminante scopriva amari significati esistenziali e coglieva nella pas­
sività delle masse la fine di una concretezza (gramsciana) della cultura come co­
noscenza, arma di liberazione dall’ ignoranza e via di transizione a una quoti­
dianità di liberi e di uguali. In questo clima di ricerca della verità ovunque e di
perdita dell’innocenza o della speranza delle classi in fondo alla scala sociale,
Pasolini scrive VAbiura dalla Trilogia della vita (una delle sue pagine più bel­
le e toccanti), dove la realtà ultima non si lascia catturare dalle emozioni ma si
lascia andare allo sdegno etico del moralista che non si accoda a ciò che dicono
gli altri ma indica il cammino e la sofferenza della sua “ diversità rivendicata
" - - - .i®

Abiura dalla Trilogia della vita


di Pier Paolo Pasolini

“ Io penso che, prima, non si debba mai, in nessun caso, temere la strumentalizzazione da parte
del potere c della sua cultura. Bisogna comportarsi come se questa eventualità pericolosa non
esistesse. Ciò che conta è anzitutto la sincerità e la necessità di ciò che si deve dire. Non bisogna
tradirla in nessun modo, c tanto meno tacendo diplomaticamente, per partito preso.
Ma penso che, dopo, bisogna saper rendersi conto di quanto si è stali strumentalizzati, even­
tualmente. dal potere integrante. K allora se la propria sincerità o necessità sono state asservite
e manipolate, io penso che si debba avere addirittura il coraggio di abiurarvi,
lo abiuro dalla ‘“Trilogia della vita” , benché non mi penta di averla fatta. Non posso infatti ne­
gare la sincerità c la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e dei loro sim­
bolo culminante, il sesso.
Tale sincerità e necessità hanno diverse giustificazioni storiche e ideologiche.
Prima di tutto esse si inseriscono in quella lotta per la democratizzazione del “ diritto a espri­
mersi” a esprimersi e per la liberazione sessuale, che erano due momenti fondamentali della ten­
sione progressista degli Anni Cinquanta e Sessanta.
In sec ondo luogo, nella prima fase della crisi culturale e antropologica cominciata verso la fine
degli Anni Sessanta - in cui cominciava a trionfare l'irrealtà della sottocultura “ dei mass media''
e (piindi della comunicazione di massa - ultimo baluardo della realtà parevano essere gli “inno­
centi'* corpi con l'arcaica, fosca, vitale violenza dei loro organi sessuali.
Infine, la rappresentazione dell’eros, visto in un ambilo umano appena superato dalla storia, ma
ancora fisicamente presente (a Napoli, nel .Medio Oriente) era qualcosa che affascinava me per­
sonalmente, in quanto singolo autore e uomo.
Ora tutto si è rovesciato.
Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la liberazione sessuale è
stala brutalmente superata e vanificata dalia decisione del potere consumistico di concedere una
vasta (quanto falsa) tolleranza.
Secondo: anche la “ realtà” dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal pote­
re consumistico: anzi, tale violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova
epoca umana.
Terzo: le vite sessuali private (come la mia) hanno subito il trauma sia della falsa tolleranza che
della degradazione corporea, e ciò che nelle fantasie sessuali era dolore e gioia, è divenuto suici­
da delusione, informe accidia.

II

Però, a coloro, che criticavano, dispiaciuti o sprezzanti, la "Trilogia della vita . non venga in
mente di pensare che la mia abiura conduca ai loro “ doveri .
La mia abiura conduce a qualcos'altro. Ho il terrore di dirlo: e cereo, prima di dirlo, coni è mio
reale “ dovere” , degli clementi ritardanti. Che sono:
a) L’ intrasgredibile dato di fatto che, se anche volessi continuare a fare film come quelli della
“ Trilogia della vita” , non lo potrei: perché ormai odio i corpi e gli organi sessuali. Naturalmen­
te parlo di questi corpi, di questi organi sessuali. Cioè dei corpi dei nuovi giovani e ragazzi ita­
liani. Mi si obietterà: «Tu per la verità non rappresentavi nella “ Trilogia” corpi e organi sessua­
li contemporanei, bensì quelli del passato». E vero: ma per qualche anno mi è stato possibile il­
ludermi. Il presente degenerante era compensato sia dalla oggettiva sopravvivenza del passato
che. di conseguenza, dalla possibilità di revocarlo. Ma oggi la degenerazione dei corpi e dei ses-
P iiio B ertelli

si ha assunto valore retroattivo. Se coloro che allora erano cosi e cosi, hanno potuto diventare
ora cosi e cosi, vuol dire che lo erano già potenzialmente: quindi anche il loro modo di essere di
allora è. dal presente, svalutato. 1 giovani c i ragazzi del sottoproletariato romano - che son poi
quelli che io ho proiettato nella vecchia e resistente Napoli, e poi nei paesi poveri del Terzo Mon­
do —se ora sono immondizia umana, vuol dire che anche allora potenzialmente lo erano: erano
quindi degli imbecilli costretti a essere adorabili, degli s quallidi criminali costretti a essere dei
simpatici malandrini, dei vili inetti costretti a essere santamente innocenti, ere. ecc. JI crollo elei
presente implica anche il crollo della passato. La vita è un mucchio «li insignificanti e ironiche
rovine.
b) I mici critici, addolorati o sprezzanti, mentre tutto questo succedeva, avevano dei cretini “ do­
veri” , come dicevo, da continuare a imporre: erano “‘doveri** vertenti la lotta per il progresso, il
miglioramento, la liberazione, la tolleranza, il collettivismo, eoe. ere. Non si sono accorti che la
società italiana è indubbiamente migliorata, cioè è divenuta più democratica, più tollerante, più
moderna ecc. Non si accorgono della valanga di delitti che sommerge l'Italia : relegano questo fe­
nomeno nella cronaca e ne rimuovono ogni valore. Non si accorgono che non c‘ò alcuna soluzio­
ne di continuità tra coloro che sono tecnicamente criminali e coloro che non lo sono: e che il mo­
dello di insolenza, disumanità, spietatezza è identico per l'intera massa dei «iovani. Non si ac­
corgono che in Italia c'è addirittura il coprifuoco, elle la notte è deserta e sinistra come nei più
neri secoli «lei passato: ma questo non lo sperimentano, se ne stanno in casa (magari a gratifica­
re di modernità la propria coscienza con Taiuto della televisione). Non si accorgono che la tele-
visione, e forse ancora peggio la scuola d'obbligo, hanno degradalo tutti i giovani e i ragazzi a
schizzinosi, complessati, razzisti borghesumi di seconda serie: ma considerano ciò una spiace­
vole congiuntura, che certamente si risolverà - quasi che un mutamento antropologico fosse re­
versibile. Non si accorgono che la liberalizzazione sessuale anziché dare leggerezza e felicità ai
giovani e ai ragazzi, li ha resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e ag­
gressivi: ma di ciò addirittura non vogliono occuparsene, perché non gliene importa niente dei
giovani e dei ragazzi.
c)
Insomma, è ora di affrontare il problema: a cosa mi conduce l’ abiura alla “ Trilogia” ?
Mi conduce al l'adattamento.
Sto scrivendo queste pagine il ló giugno 1975. giorno «li elezioni. So che se anche - come è mol­
to probabile - si avrà una vittoria delle sinistre, altro sarà il valore nominale del voto, altro il
suo valore reale. 11 primo dimostrerà una unificazione dell’ Italia modernizzata in senso positi­
vo: il secondo dimostrerà che I Italia —al di fuori naturalmente dei tradizionali comunisti - è nel
suo insieme ormai un paese spoliticizzato, un corpo morto i cui riflessi non sono che meccanici.
L Italia cioè non sta vivendo altro che un processo di adattamento alla propria degradazione, da
cui cerca di liberarsi solo nominalmente. Tout va lucri: non ci sono nel paese masse di giovani
criminaloidi, o nevrotici, o conformisti fino alla follia e alla più totale intolleranza, le notte sono
sicure e serene, meravigliosamente mediterranee, i rapimenti, le rapine, le esecuzioni capitali, i
milioni di scippi e eli furti riguardano la pagina di cronaca «lei giornali, ecc. eee. Tutti si sono
adattati o attraverso il non voler accorgersi di niente o attraverso la più inerte sdrammatizza-
zione.
Ma devo ammettere che 1 essersi accorti o l’ aver drammatizzato non preserva affatto «laITadat­
tamento o dall accettazione. Dunque io mi sto adattando alla degradazione e sto accettando l*i-
naccettahile. Manovro per risistemare la mia vita. Sto dimenticando com'erano prima 1«* cose.
Le amate facce di ieri cominciano a ingiallire. Mi è davanti —pian piano senza più alternative -
il presente. Riadatto il mio impegno ad una maggiore leggibilità” («Salò»?).9 1

Sono lo parole di un inguaribile utopista che non guarda tutto ciò che non c'è
più ina tutto quanto non potrà più essere. E pensare il dolore così, è in qual­
che modo dargli la voce. L'inquieto poeta delle periferie interroga la sicurezza
P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

e la tranquillità di Tina pace insopportabile... cammina a margine della vita,


sulla soglia della condivisione o del disprezzo dove stanno i quasi adatti di una
società globale dove la sola chiarezza evidente sono le catone mercantili dcll’ i-
deologia politica che schiaccia il mondo sotto il peso dell’ apparenza e della sot­
tomissione... in cambio è richiesto soltanto quel po’ di consenso che continua a
generare mostri. Pasolini non è un moderno Siddharla (Colui che ha raggiun­
to il suo scopo) che si chiama fuori dalla santa verità c dalVorigine del dolore
e ritorna alla luce spirituale della conoscenza, perché '"dallo spirito proviene
ogni cosa. Tutto nasce dallo spirito, è formato dallo spirito. Se qualcuno parla
dello spirito buono, agisce con spirito buono, la felicità lo segue come la sua
ombra inseparabile” .92 0 meglio, è questo c anche altro.
L’ opera pasoliniana (scritta e filmata) esprime la fisionomia di un fallimento,
quello della modernità come un catalogano di assurdità conviviali smerciale
sotto il nome santificato di progresso. Vede nella circolazione dei beni di con­
sumo immediato (cose, culture, politiche, idee, progetti, miti, sogni...) la reli­
gione del terrore e la fine di ogni stupore che permetteva a ciascuno di sognare
ad occhi aperti una quotidianità oltre le stelle. Teme la tolleranza del potere
perché cela sempre le forche della dominazione dellTiomo sull’ uomo, sa che è
una forma di fascistizzazione del comportamento decisa “ dall’ alto: è la tolle­
ranza del potere consumistico, che ha bisogno di un’ assoluta elasticità formale
nelle esistenze perché i singoli divengano buoni consumatori” (Pier Paolo Pa­
solini). I campi di concentramento hanno anticipato i supermercati... lì i grup­
pi minoritari (ebrei, zingari, omosessuali...) venivano fatti passare per i cami­
ni... la civiltà dei consumi non fa discriminazioni, uccide tutti allo stesso modo
ma quasi nessuno si accorge di morire per arricchire una banda di terroristi in
rioppio petto che albergano nei governi, nelle banche, nelle economie transna­
zionali... la tolleranza è la forma normale di deliro alla quale va incontro una
società senza speranza... il protagonista omosessuale del Libro bianco di Coc-
teau, si toglie la vita “ perché aveva capito che era intollerabile, per un uomo,
essere tollerato” (Pier Paolo Pasolini).
La speranza pasoliniana si poteva sperimentare soltanto nella “ forza del pas­
sato” o nei laboratori culturali di lina società nuova, tutta da scoprire. Il chic­
co di frumento interrato che non accetta di morire per risorgere grano, non
serve a nulla, nemmeno al pasto dei corvi. I governi si perpetuano al potere
perché succedono a se stessi e le dottrine o le simbologie che esprimono non so­
no mai cambiate... la ricchezza dell’ innocenza medievale fu soppressa dall’ a-
vanzare della cultura borghese e il Principe di Machiavelli inaugurò le forche
mondane dell’ideologia politica dello Stato moderno. Dove la parola si è fatta
Popolo, la Massa si dissolve e PUtopia di un mondo nuovo cresce e si forma in
Comunità di liberi e di uguali. Né fame di Dio né fame di Pane ma fame d’ a­
more dell’ Uomo per Finterà umanità. Il Magnificat della liberazione indica lo
scandalo della miseria come canto provocatorio dove la form a visibile del do­
lore si alza in piedi e la della grazia invisibile dell*amore il principio di tutte le
P in o B ertelli

disobbedienze e insurrezioni. Nessuna povertà è innocente.

III. Da un fascismo all’ altro e la scomparsa delle lucciole

fra il 1968 e il 1982 le lotte sociali in Italia prendono vie diverse. Dopo VAu­
tunno caldo del '69, la classe operaia del "‘Compromesso storico'', sindacaliz­
zata, estromessa da ogni forma di identità autonoma, incanalata negli interes­
si multinazionali delle aziende, messa a tacere dai leaders di massa della sini­
stra (Luciano Lama, Enrico Berlinguer, Bruno Trentin...), indossa gradata-
mente i panni sporchi del potere consumistico asserviti ai nuovi modelli di svi­
luppo sostenibile c diviene una colonna portante della “ nuova piccola borghe­
sia” ... legittimando l’ operato del Potere centrale e il passaggio politico da un
fascismo alPaltro. Le giovani generazioni si disperdono in mille rivoli di dis­
senso profondo... dalle frange estreme del Movimenti del '68 emergono i sog­
getti della Lotta armata (Brigate Rosse, Prima Linea, Cacori. Azione Rivolu­
zionaria e altri...) e per quasi un quarto di secolo cercano (armi in pugno) di
attuare la loro utopia, non soffocare l’insegnamento libertario uscito dalla Re­
sistenza (ai quali valori dicono e scrivono di rifarsi). E vero in parte. Si apro­
no gli “ anni di piombo” . Il “ cuore dello Stato” (ma è un eufemismo perché lo
Stato non ha cuore) è attaccato con il sequestro (16 marzo 1978) e l’ uccisione
di Aldo Moro (9 maggio 1978). Poi la compattazione della classe politica italia­
na recita la parte consunta degli scopritori deli'acqua calda... e si accorgono
che dietro gli attentati, le stragi, le rapine, gli ammazzamenti tra bande riva­
li... ci sono i Servizi Segreti, la P2, il neo-fascismo, la mafia, la camorra, il cri­
mine organizzato (sovente in Parlamento) che strumentalizza tutto, anche le
idee di mutamento sociale nelle quali molti giovani credevano, e magari sba­
gliando, cercavano di conquistare un mondo meno stupido e volgare di quello
nel quale vivevano. Il sostegno dei mass-media funzionò come cassa di riso­
nanza del pensiero mediano e il popolo italiano si unì tutto sotto le bandiere
baldracche di un nuovo regime.
La generazione in armi passò dalla “ propaganda del fatto” auspicata dall’a­
narchico Errico Mala testa al motto di Lenin: “ Colpirne uno per educarne cen­
to ’ . Basta leggere Gli anni del terrorismo del francescano laico Giorgio Bocca,
Storia del partilo armato del politologo eretico Giorgio Galli o L'Italia degli
anni di Piombo del voltagabbana più sopravvalutato del giornalismo italiano,
Indro Montanelli e del suo scudiero più lugubre, Mario Cervi...” 93 e possiamo
vedere che la Lotta armala in Italia ha radici profonde nella Resistenza tradi­
ta, comincia nel Palazzo, là dove per oltre trentanni di corruzione e malgo­
verno i partiti si dividevano Eelettorato a colpi di scandali. Centomila poliziot­
ti. ottantamila carabinieri, i servizi segreti, le altre forze militari... i sindacati,
i partiti, la piccola borghesia, gli imprenditori... la croma della crema nobilia­
re italiana... tutti si ritrovarono - nudi - di fronte alla rivoluzione eidetica che
P ier P a o lo Pasoliiii/Il cin em a in c o r p o

sbordava da ogni angolo delia terra... tra infiltrati, traditori, infami o accor­
ti delatori... l’ ondata terroristica italiana che emerse tra il 1968 e il 1982 riuscì
comunque mostrare uno Stato sociale in decomposizione, a processare Finterò
arco costituzionale e con Veliminazione del loro esponente più vincolato con le
sinistre (Aldo M oro), disvelare le connivenze fra potere politico e potere crimi­
nale, colpevoli delle stragi ehe avevano insanguinato il territorio italiano a par­
tire da quella della Banca dell’ Agricoltura a Milano nel *69.
L’ asse portante del Partito armato (le “ BR” ) affiliava poco più di 300 giovani
pronti a tutto, cioè a fare la rivoluzione in un paese dove il cattofaseismo de­
mocristiano era profondamente legato al fascismo rosso del P.C.I. che orche­
strava per mano dei sindacati (legati ai libri paga col padronato industriale) le
turbolenze delle giovani generazioni in rivolta. Gli “ irregolari” o “ simpatiz­
zanti” delle “ BR” erano 2/3 mila, forse più, larghi strati proletari e sottoprole­
tari infatti non stavano né con le Brigate Rosse né con lo Stato. Sulla morte di
Moro, Renato Cureio fu lapidario: “ Uccidere un uomo può essere la forma più
alta di giustizia sociale” . Era confortato dalla storia dell’ infamia... Sono stati
milioni i morti appartenenti al popolo ad essere ammazzati per qualcosa che
nemmeno conoscevano. Nessuno si è scandalizzato. Le medaglie al valore si so­
no sprecate. I tiranni hanno fatto posto ai tiranni. Hanno riverniciato le ban­
diere e olialo le armi con lo stesso grasso... i poveri sono restati più poveri e i
ricchi sono divenuti più ricchi. Cambia il colore della pelle ma la frusta del pa­
drone è sempre quella. Le prospettive di liberazione si ampliano e si diversifi­
cano imparando dagli errori. Gli alberi che sopportano gli uragani hanno ra­
dici profonde ma anche le canne di bambù riescono a non essere sradicate dai
venti forti, perché sono flessibili ma indocili alla furia improvvisa... si tratta di
lavorare non - p er —il popolo ma - insieme —al popolo... “ 11 popolo è in cam­
mino c lotta già da secoli; noi ci uniamo semplicemente alle sue lotte” (Leonar­
do Boff). La pacificazione della classi dominate legittima i rivestimenti autori­
tari delle classi dominanti. Perfino il Dio dei poveri, si ribellò all’ oppressione
del suo popolo e scese dal cielo per liberarlo (Esodo 3. 7-8). La Bibbia è come
sempre ambigua anche qui ma la morale ultima è che ogni oppresso ha il dirit­
to a rivendicare la propria libertà. Il mondo sarà davvero migliore quando il
piccolo che ha fame crederà nella forza del piccolo che insorge contro una so­
cietà malvagia, corrotta e violenta (come quella che conosciamo).
-Ancora con gli echi giudiziari della Trilogia della vita che si aggirano come fan­
tasmi dentro e fuori dei tribunali italiani e in un clima di caccia alle streghe per
l’ eversione montante della Lotta armata in Italia... gli scritti di Pasolini si fan­
no corsari e chiedono ovunque la fine del potere democristiano e la resa dei
conti del potere comunista... in un articolo profetico (ormai celebre), quello
della “ scomparsa delle lucciole” apparso sul Corriere della Sera (1° febbraio
1975), il polemista incorreggibile grida il suo sdegno contro la passività e To-
mologazione culturale e politica nella quale versa il popolo italiano:
P illo B ertelli

Il vuoto del potere in Italia

4'«La distinzione tra fascismo aggettivo e fascismo sostantivo risale niente meno elle al giornale
7/ Politecnico . cioè all immediato dopoguerra...» Così comincia un intervento di Franco Forti-
ni sul fascismo (h Europeo. 26-12-1974): intervento che, come si dice, io sottoscrivo tutto, c pie­
namente. Non posso però sottoscrivere il tendenzioso esordio. Infatti la distinzione tra «fasci­
smi» fatta sul «Politecnico» non è né pertinente né attuale. Essa poteva valere ancora fino circa
una decina di anni la: quando il regime democristiano era ancora la pura e semplice continua­
zione del regime fascista.
Ma una decina di anni fa, è successo «qualcosa». «Qualcosa» che non era prevedibile non solo ai
tempi del «Politecnico», ma nemmeno un anno prima che accadesse (o addirittura, come vedre­
mo. mentre accadeva).
Il confronto reale tra «fascismi» non può essere dunque «cronologicamente», tra il fascismo fa­
scista e il fascismo democristiano: ma tra il fascismo fascista e il fascismo radicalmente, total­
mente. imprevedibilmente nuovo che è nato dal quel «qualcosa» che è successo una decina d'an­
ni fa.
Poiché sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si lasci
dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo in Italia una
decina d'anni fa. Ciò servirà a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso (e probabilmente
a capirlo anche meglio).
Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell’aria, e soprattutto, in campagna, a cau­
sa delFinquinamento dell’ acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scom­
parire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’e­
rano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che ab­
bia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può
più avere i bei rimpianti di una volta).
Quel «qualcosa» che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque «scomparsa delle luc­
ciole».
Il regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si possono
confrontare tra loro, implicandole una certa continuità, ma sono diventate addirittura storica­
mente incommensurabili.
La prima fase di tale regime (corno giustamente hanno sempre insistito a chiamarlo i radicali) è
quella che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase è quella clic va
dalla scomparsa delle lucciole a oggi. Osserviamole una alla volta.
Prima della scomparsa delle, lucciole. La continuità tra fascismo fascista e fascismo democri­
stiano è completa e assoluta. Tacciò su ciò, che a questo proposito, si diceva anche allora, ma­
gari appunto nel «Politecnico»: la mancata epurazione, la continuità dei codici, la violenza po­
hziesca, il disprezzo per la Costituzione. E mi soffermo su ciò che ha poi contato in una coscien­
za storica retrospettiva. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla ditta­
tura fascista, era spudoratamente formale.
Si fondav a su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti medi e
di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano. Tale gestione del Vaticano era possibile solo se
fondata su un regime totalmente repressivo. In tale universo i «valori» (come del resto durante
il fascismo) erano «anche reali»: appartenevano cioè alle culture particolari e concrete clic co­
stituivano l’Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale. Ma nel momento in cui venivano as­
sunti a «valori» nazionali non potevano che perdere ogni realtà, e divenire atroce, stupido, re­
pressivo conformismo di Stato: il conformismo del potere fascista e democristiano. Paradigmi di
questa ignoranza erano il pragmatismo e il formalismo vaticani.
Tutto ciò risulta chiaro e inequivocabile oggi, perché allora si nutrivano, da parte degli intellet­
tuali e degli oppositori, insensate speranze. Si sperava che tutto ciò non fosse completamente ve­
ro, e c he la democrazia formale contasse in fondo qualcosa.
Ora, prima di passare alla seconda fase, dovrò dedicare qualche riga al momento di transizione.
P ier P a o lo P asolin i/ll cin em a m c o r p o

Durante La scomparsa delle Lucciole. In questo periodo la distinzione tra fascismo e fascismo
operata sul «Politecnico» poteva anche funzionare. Infatti sia il grande paese che si stava for­
mando dentro il :paese —cioè la massa operaia e contadina organizzata dal I Gl —sia gli intellet­
tuali anche i più avanzati e critici, non si erano accorti che «le lucciole stavano scomparendo».
Essi erano informati abbastanza bene dalla sociologia (che in quegli anni aveva messo in crisi il
metodo dell "analisi marxista): ma erano informazioni ancora non vissute, in sostanza formalisti-
che. Nessuno poteva sospettare la realtà storica che sarebbe stalo l'immediato futuro: né identi­
ficare quello che allora si chiamava «benessere» con Io «sviluppo» che avrebbe dovuto realizza­
re in Italia per la prima volta pienamente il «genocidio» di cui nel Manifesto parlava Marx.
Dopo la scomparsa delle lucciole. I «valori», nazionalizzati e quindi falsificati, del vecchio uni­
verso agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedien­
za. ordine, risparmio, moralità non contano più. E non servono neanche più in quanto falsi. Es­
si sopravvivono nel elericofascismo emarginato (anche il VISI in sostanza li ripudia). A sostituir­
li sono i «valori» di un nuovo tipo di civiltà, totalmente «altra» rispetto alla civiltà contadina e
paleindustriale, questa esperienza è stata fatta già da altri Stati. Ma in Italia essa è del tutto par­
ticolare, perché si tratta della prima «unificazione» reale subita dal nostro paese; mentre negli
altri paesi essa si sovrappone, con una certa logica, alla unificazione monarchica e alla ulterio­
re unificazione della rivoluzione borghese e industriale. Il trauma italiano del contatto tra ^ a r ­
caicità» pluralistica e il livellamento industriale ha forse un solo precedente: la Germania prima
di Hitler. Anche qui i valori delle diverse culture particolaristiche sono stati distrutti dalla vio­
lenza omologazione delfindustrializzazione: con la conseguente formazione di quelle enormi
masse, non più antiche (contadine, artigiane) e non ancora moderne (borghesi), che hanno co­
stituito il selvaggio, aberrante, imponderabile corpo delle truppe naziste.
In Italia sta succedendo qualcosa di simile: e con ancora maggiore violenza, poiché l'industria­
lizzazione degli anni settanta costituisce una «mutazione» decisiva anche rispetto a quella tede­
sca di cinquant anni fa. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a «tempi nuovi», ma a
una nuova epoca della storia umana: di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiehe.
Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono divenu­
ti in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale.
Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della
gente, bisogna amarla, lo, purtroppo, questa gente italiana, favevo amata: sia al di fuori degli
schemi del potere (anzi, in opposizione disperata ad essi), sia al di fuori degli schemi populistici
e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ilo visto dunque
«eoi miei sensi» il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscien­
za del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta duran­
te il fascismo fascista, periodo in cui il comportamento era completamente dissociato dalla co­
scienza. Vanamente il potere* totalitario»iterava e reiterava le sue imposizioni comportamenti­
stiche: la coscienza non ne era implicata. I «modelli» fascisti non erano che maschere, da mette­
re e levare. Quando il fascismo fascista è caduto, tutto è tornato come prima. Lo si è visto anche
in Portogallo: dopo quarant anni di fascismo, il popolo portoghese ha celebrato il primo maggio
come se l'ultimo lo avesse celebrato Panno prima.
E ridicolo dunque che Fortini retrodati la distinzione tra fascismo e fascismo al primo dopo­
guerra: la distinzione tra fascismo fascista e il fascismo di questa seconda fase del potere demo-
cristiano non solo non ha confronti nella nostra storia, ma probabilmente nell intera storia.
Io tuttavia non scrivo il presente articolo solo per polemizzare su questo punto, benché essi mi
stia molto a cuore. Scrivo il presente articolo in realtà per una ragione molto diversa. Eccola.
Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento dei potenti democristiani: in
in pochi mesi, essi sono diventati delle maschere funebri. E vero: essi continuano a sfoderare ra­
diosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce
delParguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità. Inoltre,
; nostri potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili: in cui galleggiano \fla ­
tus vocis delle solite promesse stereotipe.
P in o B ertelli

In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che. a sollevare quelle maschere, non si
troverebbe nemmeno un mucchio d'essa <>di cenere: ei sarebbe il nulla, il vuoto.

La spiegazione è semplice: oggi in Italia c’ è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il pun­


to: non un vuoto ili potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né. infi­
ne, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.
Come siamo giunti a questo vuoto? 0 . meglio, «come ci sono giunti gli uomini di potere»?
La spiegazione, ancora, è semplice: gli uomini di potere democristiani sono passati dalla «fase
delle lucciole» alla «fase della scomparsa delle lucciole» senza accorgersene. Per quanto ciò pos­
sa sembrare prossimo alla criminalità la loro inconsapevolezza su questo punto è stata assoluta:
non hanno sospettato minimamente che il potere, che essi detenevano e gestivano, non stava sem­
plicemente subendo una «normale» evoluzione, ma stava cambiando radicalmente natura.
Essi si sono illusi che nel loro regime lutto sostanzialmente sarebbe stato uguale: clic, per esem­
pio, avrebbero potuto contare in eterno sul Vaticano: senza accorgersi che il potere, clic essi stes­
si continuavano a detenere e a gestire, non sapeva più che farsene del Vaticano quale centro di
vita contadina, retrograda, povera. Essi si erano illusi di poter contare in eterno su un esercito
nazionalista (come appunto i loro predecessori fascisti): e non vedevano che il potere, clic essi
stessi eointinuavano a detenere e a gestire, già manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in
quanto transnazionali, quasi polizie tecnocratiche. E lo stesso si dica per la famiglia, costretta,
senza soluzione di continuità dai tempi del fascismo, al risparmio, alla moralità: ora il potere dei
consumi imponeva ad essa cambiameli ti radicali, fino ad accettare il divorzio, e ormai, poten­
zialmente, tutto il resto, senza più limiti (o almeno fino ai limiti consentiti dalla permissività del
nuovo potere, peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante).
Gli uomini del potere democristiani hanno subito tutto questo, credendo di amministrarselo.
.Non si sono accorti che esso era «altro»: incommensurabile non solo a loro ma a tutta una for­
ma di civiltà. Como sempre (cfr. Gramsci) solo nella lingua si sono avuti dei sintomi. Nella fase
di transizione - ossia «durante la scomparsa delle lucciole» - gli uomini di potere democristiani
hanno quasi bruscamente cambiato il loro modo di esprimersi, adottando un linguaggio comple­
tamente nuovo (del resto incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cioè (per tuia
enigmatica correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che
sono state organizzate dal *69 a oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare
comunque il potere.
Dico formalmente perché, ripeto, nella realtà, i potenti democristiani coprano, con le loro ma­
novre da automi e i loro sorrisi, il vuoto. Il potere reale procede senza di loro: ed essi non han­
no pili nelle mani che quegli inutile apparati che, di essi, rendono reale nient altro clic il luttuo­
so doppiopetto.
Tuttavia nella storia il «vuoto» non può sussistere: esso può essere predicato solo in astratto e
per assurdo. E probabile che in effetti il «vuoto» di cui parlo stia già riempiendosi, attraverso
una crisi e un riassestamento che non può non sconvolgere finterà nazione. Ne è un indice* ad
esempio l'attesa «morbosa» del colpo di Stato. Quasi che si trattasse soltanto di «sostituire» il
gruppo di uomini che ci ha tanto .spaventosamente governati per treni anni, portando l'Italia al
disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico. In realtà la falsa sostituzione di que­
ste «teste di legno» con altre «teste di legno» (non meno, anzi più funereamente carnevalesche),
attuata attraverso l'artificiale rinforzamento dei vecchi apparati del potere fascista, non servi­
rebbe a niente (e sia chiaro che, in tal caso, la «truppa» sarebbe, già per sua costituzione, nazi­
sta). TI potere reale che da una decina di anni le «teste di legno» hanno servito senza accorgersi
della sua realtà: ecco qualcosa che potrebbe aver già riempito il «vuoto» (vanificando anche la
possibile partecipazione al governo del grande paese comunista clic è nato nello sfacelo dellTta-
lia: perche non si tratta di «governare»). Di tale «potere reale» noi abbiamo immagini astratte e
in fondo apocalittiche: non sappiamo raffigurarci quali «forme» esso assumerebbe sostituendosi
direttamente ai servi clic lo hanno preso per una semplice «modernizzazione» di tecniche. Ad
ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io. ancorché unii-

A /*
P ie r P a o lo T^àaTolìni/ii cin em a in c o r p o

tinazionaie. darei rimerà Montedison per una lucciola” .9 4

Le polemiche di Pasolini contro il Palazzo (tutto...) si intensificano. L’intellet­


tuale senza bandiere di partito diventa scomodo alla destra e alla sinistra. 1 ra-
dical-seic de II Manifesto (Rossana Rossanda) tuonano contro le sue posizioni
etiehe/politiehe sull’ aborto, il divorzio, la droga... e i fascisti de II Secolo d ’I­
talia sputano su tutto ciò che dice, scrive e filma. Il progetto del film su San
Paolo sfuma... doveva essere un’opera che il poeta dichiarava apertamente
^contro la chiesa” , una parabola su questo apostolo/profeta, “ fondatore della
Chiesa forte, odioso, vitale, sicuro eli se e fanatico” (Pier Paolo Pasolini). La
bestemmia pasoliniana voleva investire le gerarchie ecclesiastiche e le certezze
istituzionali. Mostrare che ogni fede e ogni dogma si fondano sull’ignoranza e
sull’ oppressione. Pasolini accusava san Paolo, “ di aver fondato una Chiesa an­
ziché una religione. Io non rivivo il mito di san Paolo, lo distruggo” (Pier Pao­
lo Pasolini). Accantonato bruscamente il canovaccio su San Paolo, Pasolini la­
vora a un trattamento di una settantina di pagine, dal titolo a dire poco infeli­
ce: Porno-Teo-Kolossal. E un apologo che in un primo tempo Pasolini voleva
chiamare Re magio randagio, poi Ta Kai Ta (Questo e quello), ma sulla car­
tella resta Porno-Teo-Kolossal. Gli interpreti dovevano essere Eduardo De Fi­
lippo e Ninetto Davoli. Si tratta di viaggio immaginario attraverso tre grandi
città, Sodoma (Roma), Gomorra (Milano) e Numazia (Parigi), che si conclude
nel Paese dell’innocenza, a Ur (Oriente indiano). Eduardo e Ninetto avrebbe­
ro dovuto seguire i percorsi fatati di una cometa e attraverso le tappe obbliga­
te della sua scia luminosa, le illuminazioni dei suoi messaggi, recare la buona
novella là dove regnano il fascismo neocapitalista c la falsa democrazia dei co­
stumi. Era l’inseguimento e il raggiungimento di un’ utopia, quella di unificare
la propria anima con l’ anima del mondo. Pasolini vede nella crescente tolle­
ranza della civiltà consumistica una diversa forma di potere, più soffice ma non
meno violento e oppressivo di quello passato. Il poeta sostiene che in Italia (co­
me nei Paesi industrializzati più avanzati) si è compiuta l’ instaurazione di ag­
glomerati politici che sono passati da un fascismo all’ altro... non è stata rag­
giunta nessuna forma di - uguaglianza politica nella diversità sociale - e la cul­
tura italiana (la più stupida e vigliacca del mondo) si è conformata ai retaggi
della religione e ai valori trasformisti dei partiti. E la controrivoluzione di un
Paleofascismo clic ri/produrrà le mitologie populiste di massa clic andranno a
pedagogizzare V'“ immaginario modernista” di grandi strati sociali e con l’ uso
sistematico dei mass-media (televisione, telefonia, cinema, radio, fotografia,
computer...) renderanno sì un mondo più piccolo ma anche più stupido.
E finita l’età dell’innocenza ed è in atto il forcipe della tolleranza. A partire da
1959 (e per tutta al vita) gli strali velenosi della critica pasoliniana hanno toc
rato il cinema, la letteratura, la poesia, la pittura, il teatro... e dalle testate pii
diverse (Vie Nuove, Reporter, Play Boy, Il tempo, Corriere della Sera, Tempi
illustrato, riviste letterarie...) le sue recensioni impietose hanno provocato fu
P in o B ertelli

ribonde polemiche e litigi irreparahli. Sovente si sono trasformate in tracce di


sofferta autobiografia e a leggere in profondità i suoi lavori, gli appunti o i
frammenti che spesso ricuciva con un’ abilità certosina, vediamo che non ci so­
no poi “ lacune così gravi e freudiane che qualcuno ha trovato "'terrificanti*’
(Barth David Sehwartz). Pasolini discute su Pound, Zanzotto o Marianne Muo­
re... (Salvino, Giacomo Debenedetti, Celine o Dostoevskij, Strindberg, Bassa-
ni, Gareia Marquéz, Forster o Nietzsche... non va per il sottile, mai. Dice quel­
lo che pensa e si sente che pensa molto a quello che dice. Gogol’ , Balzar o Pu-
skin sono mescolati a Elsa Morante, Dino Campana, Huvsmans... e ciò che era
straordinario era la radicalità duale del suo pensiero. Qui come nella sua ope­
ra poetica, letteraria, cinematografica Pasolini elaborava una “ rivoluzione me-
tabletiea” (scienza del cambiamento sociale) che non rimandava a nessuna me­
tafisica del cambiamento ma istituiva la “ base per il passaggio dalla teoria pra­
tica alla pratica rivoluzionaria... Chi dice la verità o propone la giustizia urta
gli interessi dei potenti che tendono ad eliminare non solo le persone, ma anche
le idee da queste professate ed ogni teoria rivoluzionaria urta interessi e susci­
ta desideri si soppressione” .95 Quando Pasolini ha parlalo dei film degli altri,
lo ha fatto senza badare alle concessioni di mercato o alle intemperanze politi­
che. Ha detto su Fellini, Visconti, Germi, Sordi, Antonioni, Bertolucci, Berg-
man, Truffa ut, Ferreri, Cavarli, Ejzenstejn, Citti, Vancini, Bolognini Rosselli-
ni... quello che credeva opportuno, aprendo spesso squarci di genialità intuiti­
va che andavano a cozzare contro i muri di banalità filistee orchestrate dalle
riviste specializzate... ai gazzettieri delle Mostre del Cinema (come Gian Luigi
Rondi) non è mai andato a genio e a questo irriverente maestro dell'eresia ci­
nematografica hanno sempre preferito l'opulenza carnevalesca, inoffensiva di
Federico Fellini o la volgare mascolinità destrorsa di Pietro Germi. Pasolini
era capace anche di grandi trasporti amicali. Amava il cinema di Sergio ('itti
perche era anarchico, come il suo autore. Del film di Citti - Ostia (1970) al
(piale aveva eollaborato alla sceneggiatura, Pasolini dice che è un’ opera politi­
ca, non “ naif” , come molti critici avevano scritto (Pietro Bianchi). 17ex-im­
bianchino (Sergio Citti) porta sullo schermo una realtà suburbana disperata,
che pochi (Morando Morandini) riescono a comprendere o vogliono riconosce­
re. La poetica del vivere di Citti non piace molto, è fatta di cattive maniere c ir­
riverenze feroci. Ma non cade mai nella violenza gratuita o nelle bassezze vol­
gari di molta “ commedia all’ italiana” . Ostia “ accetta” come dato di fatto che ci
sia un padrone, ma come padrone lo ignora. La difesa di Pasolini per Citti è il­
luminante: “ Ne i padroni né gli operai possono accettare l’ideologia dei sotto-
proletari urbani, che è una sorta di religione, laica, che butta all’ aria le fon­
damenta della società e delia lotta di classe: anarchia vivente, ascesi viven­
te” .9 6 Non basta essere vivi per essere uomini.
Nella primavera del 1973 Pasolini aveva cominciato a scrivere Petrolio, un’o­
pera ambiziosa, che doveva essere la “ sminila” di tutte le sue esperienze e del­
le sue memorie e proprio qui scriveva che “ si può passare dalla realtà a un so-

9AO
P ier P a o lo Pasoìini/II cin em a in c o r p o

gno; ma è impossibile passare da un sogno a un altro sogno’ .9 7 II libro uscirà


molti anni dopo la sua morte. È una sferzata di freschezza incompiuta contro
le “ belle lettere” italiane. Ancora un “ pastiche” di enorme importanza etica e
di grande sapienza stilistica. Anche nelle cadute o nei vuoti da riempire.
Proust o Canetti, Musil o , Whitman o Celine... non avevano forse già battuto
questo sentiero accidentale della verità non sospetta? Ma lo sappiamo bene, l’i-
talietta mondana è poco avvezza alle profondità dell’ anima o alle turbolenze
del cuore e così ha sempre preferito l’ abito grigio di Montale al maglione sdru­
cito di Penna, le patacche militari di D ’ Annunzio al manicomio volontario di
Campana, la misoginia celata di Pirandello alle buffonerie eretiche di Dario Fo
e Franca Rame. I grandi maestri buddhisti insegnano senza insegnare ed è per
questo che diventano ciechi quando qualcuno dei loro allievi imbocca la Via
giusta che porta alla piccola saggezza. Tra Freud, Marx, Gramsci e Adorno...
Pasolini si districa sul letame conviviale della “ falsa tolleranza” o del “ nuovo
fascismo” che ha ormai permeato la società italiana. La dialettica negativa di
Adorno, Yiiomo a una dimensione di Marcuse, la società di transizione di
Horkheimer, la folla solitaria di Riesman sono alla base dell’individuo etero­
diretto, conciliato con le aggressioni e le regressioni della civiltà dei consumi.
Pasolini è disgustato dalla folla. E soprattutto dai giovani. “ Questi giovani im­
becilli e presuntuosi, convinti di essere sazi di tutto ciò che la nuova società of­
fre loro” (Pier Paolo Pasolini), non si accorgono di essere parte degli apparati
del centralismo di Stato. Una volta la classe dominante imboccava le (‘lassi in­
feriori quanto bastava a non indurle alla rivolta... nell’ Età della falsificazione
e deirinipostura (dove il nemico è dappertutto c in nessun luogo), ciascuno nu-
Ire se stesso del Nulla (die viene loro gettato dal tavolo degli empi. T poveri (co­
me gli stupidi) non sono mai troppi. “ Il male peggiore è la miseria del finto be­
nessere” (Pier Paolo Pasolini).
La “ disperata vitalità” di Pasolini, continua ad esprimersi nella strada come
nelle sue opere e in un periodo tra i più sereni —forse felici - della sua esisten­
za, si accosta alla gestazione di Les cent-vingt journées de Sodome di Donatien-
Alpbonsc-Francois de Sade. Qui mette in pratica ciò che aveva espresso du­
rante la lavorazione del Decameron: “ 11 fatto di avere davanti a se un breve fu­
turo, sempre più, finalmente, permette di vivere secondo 1 insegnamento del
Vangelo, cioè senza pensare al domani. Come i gigli nei campi e gli uccelli nel
cielo. Cosa che mette di buon umore e riconcilia con la vita .9 8 Così, nei pri­
mi mesi del 1975, Pasolini elabora un canovaccio su le 120 giornate di Sodoma
che una co-produzione internazionale (United Artist/PEA) aveva commissiona­
to a Sergio Cittì. Alla sceneggiatura eollaborano Cittì e Pupi Avati. Pasolini ap­
porta modifiche e intuizioni strutturali di carattere dantesco (l’ elaborazione
delle scene a gironi). Citti cede la regia all’ amico, che traspone il settecento sa-
diano nel ‘ 44 ancora fascista, a Salò, e realizza Salò o le 120 giornate di Sodo­
ma. Come Teorema o Porcile il film si legge all’ interno di una “ grande metafo­
ra” sul sesso e sul potere. Pasolini non profana de Sade, anzi lo attualizza e re­
P in o B ertelli

stituisce le sue pagine immortali in momenti epifanie! di grande dolore... la fe­


licità ladra della Trilogia della vita è ormai solo un ricordo. T testi di Sade,
Blanchot, De Beauvoir, Klossowsky, Barthes, Soliers (che cita nei titoli di te­
sta) lo aiutano a percorrere gli ultimi residui di un atro polo già delVautentici­
tà (negativa), dell'espropriazione dei corpi da parte di un’ universo mercifica­
to che ha fatto della tolleranza e dell’ edonismo la rappresentazione onirica di
quella che Marx chiamava “ la mercificazione dell’ uonio: la riduzione del cor­
po a (iosa - attraverso lo sfruttamento" - (Pier Paolo Pasolini).
Il film non è “ bello" in niente. E duro, spietato, claustrofobieo. Dominato dal­
la luce artific iale degli interni, fredda, forte, senza un minimo di seduzione for­
male. Negli esterni i colori sono acquarellati, dolci, sfumati nella nebbia. I/at-
toralità è scollata (e molto) dai dialoghi e dalle pagine di Sade, sembra di assi­
stere a u n '“ estraneazione teatrale" di Brecht che fissa nei rituali e nelle ceri­
monie gli ultimi fuochi di una giovinezza (eidetica) perduta. Eppure contiene
una certa speranza, una forma di utopia che esce dal “ gran melò" o una “ Gran­
de Messe (les Morts" (Enzo Siciliano) nei quali è stato confinato. Se è vero clic
nella Trilogia della vita (e soprattutto ne II fiore delle mille e una notte) la gioia
dell’ eros era propriamente amore, non è vero che in Salò... l ’eros è soltanto
odio (Enzo Siciliano). La disperazione pasoliniana di Pasolini in Salò... non si­
gnifica la disfatta di una generazione ma la certezza che il nuovo fascismo era
ormai nei corpi, nelle pieghe più celate della vita quotidiana e la sola insubor­
dinazione incontrollabile era l’ amore. Qualsiasi tipo di amore. La sovversione
non sospetta di Pasolini si colloca fuori dalla “ memoria storica" e il suo sguar­
do eretico sospende ogni giudizio sulla storia istituzionale. Il Potere non va su­
perato, va soppresso, sembra dire. Il libro di de Sade, Le 120 giornate di So-
doma9 9 scritto nel 1785 (nella Bastiglia) e dopo rocamboleschi viaggi del ma­
noscritto smarrito con la rivoluzione, pubblicalo solo nel 1935 ... prevede
quattro narratrici, ognuna racconta delle storie per intrattenere quattro po-
tenti/libcrtini e i loro prigionieri. Ogni giorno vengono esposti cinque racconti,
per 120 giorni, per una totalità di 600 storie che vanno a scorticare i valori e il
costume quotidiani. Le storie più importanti sono 30, le altre servono da svin­
colo o da prologo per gli artifici e le retoriche narrative. Pasolini prende de Sa­
de alla sua maniera, lo at/traversa, lo modifica, lo spoglia di molte cose e gli ac­
centi di perversione sadiani sono articolati sull’idea che in una società chiusa
(come quella fascista) le vittime sono colpevoli quanto i loro assassini.
Salò o le 120 giornate di Sodoma è strutturato in quattro parti: un prologo (mi
Antinferno) e tre Gironi nei (piali tre vecchie puttane narrano le storie accom­
pagnate al piano da una quarta meretrice (che si ucciderà gettandosi dalla fi­
nestra). E quattro sono i potentati che rappresentano i poteri centrali: il Mon­
signore (Giorgio Cataldi, quello ecclesiastico), il Duca (Paolo Bonacelli, quello
nobiliare), il Presidente della Corte d ’ Apello (Uberto Paolo Quintavalle, quel­
lo giudiziario) e il Presidente Durcet (Aldo Valletti, quello economico). Dopo
avere organizzato un rastrellamento di ragazzi e ragazze, insieme alle vecchie
P ie r P a o lo Pasolini/!L cin em a in c o r p o

megere, un gruppo di soldati Repubblichini (e eli “ SS") si ritirano in una villa


a Salò. Lì i prigionieri dovranno stare per centoventi giorni e saranno sottopo­
sti a regole e codici scritti dai quattro Padroni... ogni ribellione sarà punita con
la morte. I giovani sono divisi in quattro parti: le vittimo sacrificali, i soldati
obbedienti, i collaborazionisti infidi e la servitù pavida. Le giornate si svolgo­
no in modo semplice. Le narratrici raccontano le loro perversioni sessuali nel­
la Sala delle Orge per eccitare i Padroni, i quali dispongono dei corpi dei ra­
gazzi come vogliono. H patto di alleanza tra i Padroni è sottoscritto ncll Aiifin-
terno, dove ognuno sposa la figlia dell altro. 11 Girone delle Manie apre il film.
La narratrice è la S.ra Vaeeari (Hélène Surgère), qui i ragazzi completamente
nudi, subiscono varie sevizie e sono costretti a mangiare per terra a quattro
zampe, pezzi di cibo riempito con chiodi. Il Girone della Merda si avvale dei
racconti della S.ra Maggi (Elsa De Giorgi) e sono impostati sulla letteratura me­
taforica dell’ analita (Baudelaire, Proust, Huysmans, Nietzsche) e tutti gli
“ ospiti" della villa sono costretti a mangiare la propria merda in un banchetto.
Il Girone del Sangue è introdotto dalla S.ra Castelli (Caterina Buratto), figura
il culmine delle sevizie e delle torture che i ragazzi subiscono. Scoppiano dela­
zioni e trasgressioni. Un collaborazionista viene scoperto a fare Pamore con un
serva di colore e viene ucciso (mentre alza il pugno dei comunisti con fierezza).
Tra le vittime qualcuno tradisce il compagno, altri invocano Dio. I Padroni
prevedono la fine deli*'apprendimento pedagogico conclusivo come un’ orgia sa­
crificale e osservano da una finestra con un cannocchiale la mattazione dei ra­
gazzi. All’ apice della carneficina, due collaborazionisti, cambiano la sintonia
della radio (che trasmette i Carmina Bararla di Orff) e sulla canzonetta degli
anni '40 - Son tanto triste —, cominciano a ballare (piuttosto impacciati) una
specie di fox-trot... il dialogo sul (piale si chiude il film è questo: “ Sai ballare?”
"N o.” “ Dai, proviamo. Proviamo un po’ ...” . “ Come si chiama la tua ragaz­
za...?” “ Margherita” . Straordinario. Il pensiero dell’ amore vince su tutto.
Perché per l ’ amore (come per la libertà) non ci sono catene.
Salò o le 120 giornate di Sodoma è un film estremo. Pasolini dice che l’ omolo­
gazione della civiltà dei consumi riduce il corpo a cosa, gli obblighi sociali di­
vengono la pedagogia assimilativa più praticata... e la masturbazione, il trave­
stimento, il voyeurismo, la sodoinizzazione, la coprofagia, la violenza... assu­
mono in forma di apologo un’invettiva radicale contro il Potere che proprio
sull’ affermazione della propria impotenza raggiunge (negli eccessi) i consensi
più ampi. L’universo orrendo dei lager nazisti, comunisti o le colonizzazioni
barbariche del Terzo Mondo... è lì a perpetuare le cronache sulla "banalità del
male” , 100 dove i demoni non sono degli dei impazziti (o dei governanti stupi­
di) che si sono coperti di sangue innocente, ma semplici burocrati del potere
che nessun tribunale potrà mai giudicare con giustizia per i defitti efferati dei
quali si sono resi colpevoli di fronte all’ umanità. Visto sotto questa luce, il Sa­
lò... di Pasolini assume un altro aspetto e se revocazione di un’efà delVinno-
cenza è ormai conclusa, sono evidenti e profetiche le invettive contro i fascismi
P in o B ertelli

tecnocratici del futuro (visti come autentiche e insignificanti rovine delia mo­
dernità truccate d ’ altro). Per Pasolini (come per molti altri disertori del gaze-
bo culturale e politico della società dominante...) la “ nuova gioventù” ha in­
trapreso il viaggio senza ritorno verso il Paese Inesistente della felicità mer­
cantile ed è abbastanza evidente che la prima merce ad essere consumata, rici­
clata, manomessa è proprio quella dei loro giovani corpi. Occorre fare una pre­
cisazione sulla quale non pochi hanno dissertato con la maestria degli sciocchi
0 con la volgarità degli stupidi. E il concetto o l’ accezione che Pasolini dà in Sa­
lò... del termine anarchia... c se de Sade aveva detto che niente è più profon­
damente anarchico del potere, Pasolini diceva che non c e mai stato in Euro­
pa un potere più anarchico di quello della Repubblica di Salò. Pasolini non
confondeva un’epoca della crudeltà con quella del libero arbitrio, sosteneva
anzi che quando il potere crolla o s’ instaura, la barbarie viene accettata come
Fato e la forca o il plotone di esecuzione non conoscono nessuna ideologia “ giu­
sta” che non sia quella ascesa al potere. E in nome di Dio, del Popolo e dello
Stato che l’ umanità ha commesso le piti atroci violenze contro se stessa.
Già nel 1969, Pasolini aveva preso un “ brano” del libro di Pier Carlo Masini,
Storia degli anarchici italiani 101 e l’ aveva citato in contrapposizione al fasci­
smo montante (di destra e di sinistra): “ Giù, si brucino i municipi e le prefet­
ture, le caserme e le banche, gli uffici postali e quelli del registro, le parrocchie
e le stamberghe e si pigli possesso dei palazzi buttando dalle finestre tutti i gros­
si borghesi e le loro puttane. Si dia tosto l ’ assalto ai magazzini che contengono
1 viveri e le stoffe per coprirsi; si rompano i fili telegrafici, i binari c le altre vie
di comunicazione... Le barricate, la pioggia di tegole e di acqua bollente, il get­
to di frantumi di vetro, e di chiodi dalla larga capocchia (ciò per cavalleria) e
di tabacco da naso o di bombe di dinamite. Si agisca di propria iniziativa, si
scanni o si bruci dove vi è stato un torto o dove si riparerà a un ingiustizia pas­
sata; si odi troppo se si vuol amar molto in avvenire. La rivoluzione si faccia
senza capi, se questi si presentano, siano per loro le prime schioppettate” . Era
un pezzo uscito sul giornale II Pugnale nel 1889, redatto da due anarchici
(Achille Vittorio Pini e Luigi Parmeggiani) riparati in Francia per reati politi­
ci. Certo è che le parole di Pini e Parmeggiani sono infuocate. Oggi fanno tra­
salire. Anche indignare. Ma se pensiamo alla miseria profonda (e alla violenza
prolungata) che re, regine, capi di Stato & padroni imprimevano alle popola­
zioni della terra... i bambini morivano per fame, gli uomini venivano tenuti
nell’ignoranza e nell’ inedia... nascevano schiavi e morivano schiavi... si com­
prende meglio perche alla violenza di Stato un pugno di ribelli rispondeva con
la violenza e il diritto alla vita. Giovanni Passanantc, Pietro Acciarito, Gaeta­
no Bresci, Ravachol (Claudius Francois Koeningstein), Edouard Vaillant o
Emile Henry ai quali Cesare Lombroso aveva dedicato dei profili 102 (per i
quali andava fucilato all’ istante)... hanno pagato con le loro vite l’ uso legitti­
mo della ribellione e mostrato che l’ amore di un uomo verso i propri simili non
si misura dalle prediche ma dalle sue azioni. Tutti gli uomini hanno gli stessi di­
P ier P a o lo Pasolm i/II cinem a in c o r p o

ritti in quanto esseri umani. E<1 è una serie di rivoluzioni che 1 hanno detenni
nati.
Pasolini vede in certe frange giovanili della sinistra, cerimoniali della violenza
che non approva e scrive che il fasciamo di sinistra non è diverso dal fascismo
di destra, anzi forse è peggio perché si camuffa da portatore di democrazie e di
liberazioni. Pronuncia il suo dissenso da questo tipo di “ anarchia” sulle pagi­
ne del settimanale Tempo: “ Ciò che più commuove e stupisce nella storia degli
anarchici sono i riferimenti agli atteggiamenti veramente spontanei e naturali
delia gioventù moderna. L’ anarchia allo stato puro dei giovani che non voglio­
no nulla dalla vita: che non lavorano, non pensano al futuro, si lasciano tra­
sportare come pesi morti - in fondo neanche colti e anzi appartenenti a una
specie di sottobosco culturale - che si drogano eoe.” ... 103 a leggere bene Par­
ticelo in questione e conoscere a fondo il pensiero libertario pasoliniano non è
difficile comprendere il senso alto che Pasolini dà alla parola/morale anarchia.
Ricordiamo che proprio lui considerava il leader nero Carmichael come un pa­
dre. Non accettava la “ coscienza dei propri diritti” quando diventava aggres­
siva e terroristica, così: “ Quanti cattolici, divenendo comunisti, portano con sé
la Fede e la Speranza, e trascurano, senza neanche rendersene conto, la Cari-
\

là. E così che nasce il fascismo di sinistra” . 104 Ecco perché non aveva scritto
nelle sue opere più tre volte la parola Vietnam. Perché “ l’ orrendo universo del
consumo e del potere” (Pier Paolo Pasolini) ingoia tutto e riproduce ogni cosa
sotto forma di merce. Per lui (e lo scriveva al presidente della Repubblica Ita­
liana Leone) non ci sono socialismi veri né democrazie attendibili, gli spiriti li­
beri sono chiamati a una “ lotta per la democrazia reale o diretta - e il conse­
guente decentramento del potere statale - come vera azione rivoluzionaria...
Da democrazia nasce democrazia ma da ordine non nasce ordine” . 105 Pasoli­
ni dice che il popolo italiano non ha mai conosciuto un momento di democrazia
reale, se non nell’ attimo di libertà partigiana nel 444-’ 45 o nell’ esplosione ever­
siva nel ‘ 68... “ La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche
esperienze dcmocratiehe-rivoluzionaric del popolo italiano. Intorno c ’ è silen­
zio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradi­
zioni sabaude, borboniche, papaline. Sia nella Resistenza sia nel Movimento
Studentesco, la richiesta di democrazia reale veniva convogliata all’interno di
un’ idea più vasta: l’idea del socialismo... Una richiesta realmente democratica
(collettivizzazione, gestione diretta, decentramento del potere) non può essere
che socialista: tuttavia permane in essa un momento puramente democratico,
al quale nessun Potere ha il diritto, neanche soltanto formale, di rispondere
con la brutalità e la violenza” . 106 “ Il futuro e la speranza albergano nel cuo­
re degli esclusi” (Leonardo Boff). Le periferie sono in ebollizione, chiedono so­
lo una cosa: essere riconosciuti come Persone, uomini tra gli uomini. Chi non
sente il clamore del proprio popolo in ginocchio, sarà giudicato dalla sua rab­
bia.
Salò o le 120 giornate di Sodoma venne giralo tra marzo/maggio 1975. La fo­
P in o B ertelli

tografia (Tonino Delli Colli) è livida, quasi distaccata dalle atrocità visive ma
non raggiunge mai toni sanguinolenti. I costumi (Danilo Donati) sono essenzia­
li, con qualche tocco di aristocratica nobiltà da casino d ’ alto bordo (specie nel­
le narratrici). La scenografia (Dante Ferretti) assume un’ enorme importanza
figurativa, riesce a comunicare un’ atmosfera decorativa Futurista, Dada, Sur­
realista... sulla quale si sostiene l’ intera metafora pasoliniana. Le musiche (cu­
rate da Pier Paolo Pasolini) e il montaggio (Nino Baragli e Tatiana Casini Mu­
ngi) s’intrecciano in accadimenti truci, allusivi, fortemente ambivalenti... dan­
no alla lettura del film una certa pacatezza formale che contrasta e aiuta alla
comprensione delTirrequiclezza che adombra lo schermo. Gli interpreti sono
icone di vittime, di collaborazionisti, di puttane o del Potere. Niente più o
niente altro. Salò.., (paradossalmente) è il film più “ riuscito” (dal punto di vi­
sta “ formale” ) di Pasolini e il carattere metonimico dell’ opera lo colloca nel­
l’ apogeo sovversivo di una sinistra bellezza, che anticipa i giorni dell’ ira o
quelli dell’ amore dell’ uomo per i suoi simili.
La lavorazione di Salò... suscita perplessità e il cast è tenuto in una specie di
limbo espressivo dove nessuno sa bene cosa fare o cosa interpreta (nemmeno i
pochi attori professionisti). Nessuno ha il copione e quelli che circolano sono
soltanto canovacci senza dialoghi, (ili attori dicono le battute al momento del­
le riprese e sovente sono solo numeri... la dissolutezza del crimine viene degra­
data in lunghi silenzi ed estenuanti monologhi, la lingua della violenza afferma
una visione della realtà che è aberrazione, una disperata corruzione o gioco al
massacro della “ perduta giovinezza” . Pasolini si scaglia contro ogni forma di
educazione istituzionale, fa un discorso da “ cattivo maestro” o “ profeta solita­
rio” dove l’etica del male diviene una lezione di vita che provoca (fa uscire fuo­
ri) una rivisitazione/scontro tra Eros c Thanatos (tra amore e morte) che ri­
mandano le loro pulsioni alla lotta della coscienza. Elsa De Giorgi, Caterina
Bora Ito e Helène Surgère (doppiata da Laura Betti) interpretano le puttane
con grande pregnanza del ruolo... sul corpo fuori tempo della Buratto sembra
passare tutto il “ cinema in camicia nera” e il volto incipriato, diafano della
Surgère ricorda non poco la Gloria Swanson di II viale del tramonto di 13iIIy
Wildcr. (ili otto ragazzi e le otto ragazze appaiono un p o’ spauriti o perfino
troppo ribaldi... anche i quattro soldatini alternano a momenti di legnosità at-
torale ad altri più sanguigni, Tinsiemc risulta un’ attoralità così estraniante e
frammentata di difficile decifrazione.
Il film si apre con un rastrellamento dei ragazzi nelle campagne dell’ Italia set­
tentrionale e solo in questo “ Antinferno” come preludio dell’ orrore, la luce dei
campi ricorda la bellezza figurativa di molto cinema pasoliniano. C’ è anche un
partigiano ucciso dai fascisti ed è un anticipo del “ film cattivo, senza speranza,
tinto di violenza e nel quale, però, si vede poche volte il sangue” , del quale par­
lava Pasolini. Al posto del castello di De Sade c ’ è una villa e qui le vittime ac­
cetteranno il loro destino crudele come necessità, “ identificandosi quindi con
l’ aggressore” (Theodor Adorno). E quanto in effetti hanno fatto milioni di mor­
Pier Paolo Pasolini/II cwefnft in co rp o

ti noi campi di sterminio sotto Hitler, Stalin e in modo più sofisticato (ma non
meno atroce) sotto i regimi neocolonialisti delle democrazie affluenti. Orrore
stare attenti ai “ moralizzatori” , perche sovente dietro i loro strali profetici si
celano la camere a gas della ragione storica. Per non dimenticare, basta legge­
re un Libro, quello sulla distruzione degli ebrei d ’ Europa, di Raul Hilberg, per
comprendere a fondo gli orrori di cui è stata capace di fare una parte di uma­
nità contro un’ altra. 107 L’insegnamento di questa barbarie non sembra avere
avuto effetto sui detentori dei grandi interessi economici/politiei della terra...
perché ovunque si pratica il genocidio sistematico contro popolazioni inermi,
colpevoli soltanto di essere povere c sovente nate su una terra ricca.
In Salò... c ’ è solo “ un momento di consapevolezza politica, che getta un’inat­
tesa luce su tutto il film ’ (Pier Paolo Pasolini), quando il ragazzo viene sor­
preso con la serva di colore e prima di essere ucciso alza il pugno chiuso con­
tro i suoi uccisori. Le esecuzioni sono visualizzate nei quattro modi di uccidere
“ che le nostre istituzioni giurìdiche ancora praticano: impiccagione, fucilazio­
ne, garrota e sedia elettrica” (Pier Paolo Pasolini). La sodomia, il masochismo,
il sadismo... dei quali è stato accusato il film galleggiano in ogni sequenza ma
non è a questo che a Pasolini importa dire, quanto la fine del piacere e l’ ab­
brutimento dei corpi che il potere ha corrotto e violentato. 11 film suscita criti­
che sonanti c si distinguono per le loro salaci sciocchezze interpretative Italo
Calvino, Enzo Biagi, Giovanni Grazzini, Fernaldo Di Giaminatteo... Calvino
scrive (malamente) che “ la mancanza di chiarezza intcriore obbliga Pasolini a
una serie di manovre diversive, a fingersi come bersaglio un 'potere* che più
egli cerea di determinare storicamente più si fa astratto e generico, a accusare
tutto il mondo di corrompere e lasciarsi corrompere, tranne se stesso... Un ef­
fetto *mora le1 da Sade si può ricavare solo se la "denuncia’ tiene il suo indice
puntalo non su gli altri ma su noi stessi. Il “luogo dell’ azione’ può essere solo la
nostra coscienza” . 108 Che bella scoperta questa di Calvino. Le sue parole si
possono leggere in qualsiasi messale di teologia applicata o nel manuale di qual­
siasi boia, tanto sono così finemente inutili. Il patriarca del giornalismo italia­
no, Biagi. con quell’ aria discinta e sprezzante da sindacalista al servizio per­
manente dei valori dominanti... si fa avanti, anche se si dichiara “ incompeten­
te” (ed è vero) sulla materia filmica, vede in Salò... una “ triste e noiosa con­
fessione, il trionfo del deretano inteso come messaggio, il gioco macabro di una
fantasia alterata, un esercizio che richiederebbe, più che l’ interpretazione del-
l’ estcta, quella dello psichiatra” . 109 La stupidità non ha età. Tutte le verità
prostituite cominciano con un conflitto su ciò che non si comprende e finiscono
col gridare “ Fuoco!” al plotone di esecuzione. Ciascuno è responsabile della
propria imbecillità. La storia è zeppa di cadaveri scorticati da chi (come Biagi)
ha trasformato 1*acquasantiera dei propri trionfi mercantili, nel pulpito dove
anche l’ ultimo scemo della chiesa è più vivo del retore sull’ altare dove è stato
sgozzato l’ agnello di un Dio che non è mai esistito (se non sulla punta della spa­
da dei tiranni o sulle croci dove impalavano i ribelli per far posto agli asperso­
P in o B ertelli

ri della parola che rigurgitava in bocca ai soliti buffoni di corte). La volgarità


della vanità non ha confini, è sempre sostenuta da un colpo di coda o di frusta
che viene spesso fantasmato in “ genio” . Una porcheria alla quale sottostanno
un p o’ tutti gli addetti al lavoro culturale, ideologico e religioso. I mercanti li
foraggiano tutti. Possono anche fare finta di gridare allo scandalo, pronuncia­
re invettive o trasecolare ehiacchere ovunque sono invitati... ciò che conta e
che - non —facciano sul serio.
In questo Grazzini è più cauto di padre Biagi e scorge nel film “ la bassezza del
cinema osceno che dell’ accumulo di immondizie fa, a seconda della tollerabili­
tà dello spettatore, un elemento stilistico o un fattore di tedio umiliante... Salò
è un film privo di gioia erotica, e per paradosso anche privo di volgarità, ina
dove la luce dell’ intelligenza di Pasolini è appannata da un’ ideologia della
sconfitta” . 110 Siamo ancora sulle cattedre degli esami che non finiscono mai
(questo è il tono) e il libro Cuore di De Amieis spunta qua e là a fare la morale
delle pantofole e dei “ buoni sentimenti” . Di Giammatteo scrive che il film pa-
soliniano “ è un caso unico, irripetibile e visivamente insostenibile (proprio qui,
forse, si scorge l’ autentico significato della ‘partecipazione’ a un orrore che ap­
pare del tutto privo di senso e del tutto mostruoso). Pasolini, che era appena
uscito dalla gioiosa “ trilogia della vita” ... non avrebbe potuto fare scuola, co­
me mai del resto l’ ha fatta, e con questa opera meno che mai, anche se la mor­
te improvvisamente sopravvenuta ha trasformato in un testamento quella che
è una sfida, la più brutale di tutte” . 1 11 Vero niente. L’utopia pasoliniana non
è un lamento della disfatta ma un canto alla ribellione che si chiama fuori dai
letami della religione, dai tradimenti della politica e dalla genuflessione di ogni
servitù... la chiusa è dolce, metaforica, solo il nome di un fiore o di un amore,
Margherita. E questo nome “ è l’indizio sicuro di una disperata, ultima fede
nella possibile salvezza della cultura stessa e del mondo” . 112 Pasolini affonda
le regole dell’illusione ed esaspera la dicotomia tra una sessualità liberatrice e
sovversiva e una “ sessualità-merce, recuperata e reificata dalla borghesia e
dalla sua ideologia capitalistico-con$umistiea” .1 1 3 Qui come altrove, Pasolini
recupera una verità spudorata, quella tragica della parola/immagine che tra il
sacro e il profano ritrova le origini anarchiche della propria disobbedienza. Il
suo amore per la verità svuota il preordinato di tutti i valori e innesta una vi­
sione libertaria dell’ Inesprimibile come forma estrema del dolore e dell’ impos­
sibilità di essere “ normale” .
In un’ autointervista al Corriere della Sera, Pasolini accosta Salò... a Porcile,
Teorema e all’ opera teatrale Orgia... dice che De Sade c ’ entra molto con il
“ teatro della crudeltà” di Artaud e con lo straniamento attorale di Brecht... e
questa sua opera (come quelle di De Sade, Artaud o Brecht) si scaglia contro la
“ repressione del potere tollerante, che, di tutte le repressioni, è la più atroce.
Niente di gioioso c ’ è più nel sesso. I giovani sono o brutti o disperati, cattivi o
sconfitti” .! 14 Seguendo gli insegnamenti di Marx, Pasolini disperde nella sua
opera, una rappresentazione onirica del potere come mercificazione dell’ uomo
r y « umpwmbmhh»
Pier Paolo Pa»olini/n cinema in corpo

ridotto a cosa. È un’ insubordinazione antica. Luis Bunuel, Jean Vigo, Dziga
Yertov, Jean-Luc Godard, Jean-Marie Straub, Miklós Jancsó... Favevano dis­
seminata nei loro film... curiosamente, Pasolini, concepisce Salò... in rappor­
to con Vanarchia del potere (?). Anzi sostiene che “ il potere è anarchico. E in
concreto, mai il potere è stato anarchico che durante la repubblica di Salò...
Nel potere - in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo - c ’ è qualcosa di bellui­
no. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti* altro non si fa che sancire e ren­
dere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli:
cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. L’ anar­
chia degli sfruttati è disperata, idillica, e soprattutto campata in aria, eterna­
mente irrealizzata. Mentre l’ anarchia del potere si concreta con la massima fa­
cilità in articoli di codice e in prassi” . 115 La nozione di Anarchia in Pasolini
ci lascia perplessi. In quanto consideriamo Pasolini un utopista inguaribile.
L’Anarchia degli utopisti è proprio quella che gridava Ilenri D. Thoreau: “ Il
compito più importante che ci aspetta in questo momento è di costruire castel­
li in aria” . Non dobbiamo avere paura che il nostro lavoro vada perduto. Una
società Anarchica non significa Disordine o Caos ma assenza di Ordine come
cemento sociale repressivo. Filosofi come Godwin, Fourier, Owen, Nietzsche o
poeti Whitman, Rilke, Wilde o Rimbaud... consideravano le istituzioni umane
completamente esterne all’ uomo/alla donna... “ esse significavano altrettante
camicie di forza che maligni governanti avevano stretto intorno alla comunità
per far sì che persone sane e ragionevoli si comportassero come pazzi” . 116
Considerare il “ potere anarchico” (come fa Pasolini) è abbastanza generico.
Cosa, fra l’ altro, che il suo stesso film, smentisce.
In Salò... Pasolini infrange la ripetizione dell’ eros come degenerazione del po­
tere e consumazione dei corpi. Che c ’ entra l’ anarchia? Niente. Il modello che
Pasolini incrina è - il modello di Dio - . . . perchè nel momento che gli dei del po­
tere “ lo negano non freddamente diciamo così secondo la filosofia razionale, li­
bertina - ma con passione, lo rendono reale. Lo accettano come modello” (Pier
Paolo Pasolini). In tutto questo. Salò... è un “ mistero medioevale, una sacra
rappresentazione, molto enigmatica. Quindi non deve essere capito, guai se
fosse capito. Voglio dire il film. Certo che rischio di essere io stesso capito ma­
le, ma è intrinseco al film anche questo” (Pier Paolo Pasolini). Come infatti è
successo. Pasolini non confonde l’ideologia col messaggio, nè il messaggio col
senso... “ Il messaggio pertiene per metà (quella logica) all’ideologia, per l’ altra
metà (quella alogica) al senso. Il messaggio logico è quasi sempre sclerotico,
menzognero, pretestuale, ipocrita, anche quando è sincerissimo. Chi potrebbe
dubitare della mia sincerità quando dico che il messaggio di Salò è la denuncia
dell’ anarchia del potere e dell’ inesistenza della storia? Eppure così enunciato
tale messaggio è sclerotico, menzognero, pretestuale, ipocrita, cioè logico della
stessa logica che non trova affatto anarchico il potere e che trova esistente la
scoria, anzi, pone ciò come un dovere. La parte del messaggio che pertiene al
senso del film è immensamente pili reale, perché include anche tutto ciò che
Pino B ertelli

l’ autore non sa, c ioè l’illimitatezza delia sua stessa restrizione sociale storica.
Ma tale parte del messaggio è imparabile, non può che esser lasciata al silenzio
e al testo. Ora cos’ è, infine, il senso di un’ opera? E la sua forma. Il messaggio
quindi è formale: c, appunto per questo, illimitatamente carico di tutti i conte-
miti possibili purché coerenti (in senso strutturale) tra loro” . 117 Tutto vero.
Salò comunque, è una requisitoria radicale contro il potere e il suo messaggio
non lascia spazi che ad una ritrovata/utopica innocenza giovanile (vedi il pu­
gno alzato comunista c il hallo finale dei due giovani). L’ utopia pasoliniana qui
è tanto più forte quanto più feroce era cresciuto il suo scetticismo nei confron­
ti della nuova gioventù: “ ...come potrei più lare film come quelli della Trilogia
della vita? In Oriente ci sono stato, non posso mica tornarci. Qui, hai voglia a
tagliare capelli alle citrulle in jeans attillati e barbe da menippi o da bramirli:
ciò che salta fuori è sempre la stessa faccia infelice e vagamente sinistra che ti
guarda non si sa se con provocazione o con aria supplice, se mediti di chieder­
ti aiuto o di darti un calcio. Non resta che adattarsi. E poiché l’ adattamento è
una sconfitta e la sconfitta rende aggressivi e magari anche un p o ’ crudeli, ec­
co SaZò, o diciamo pure salaud” . 118 La critica è feroce. Coglie il cuore della
realtà giovanile del nostro tempo. Il film resta a testimoniare quelTangoscia di
morte (e quella folgorazione utopica della vita) clic Pasolini ha espresso in tut­
ta la sua opera. Concordiamo con Alberto Moravia, (piando scrive elle Pasoli­
ni è "il maggior poeta apparso in Italia nel dopoguerra. Un poeta civile che nel­
la sua poesia civile si riallaccia a Leopardi, ne ha lo stesso atteggiamento: la pa­
tria è degradata, e il poeta piange sulla sorte del proprio paese. Un poeta civi­
le «die non canta le glorie della patria, ma le sue rovine; clic non esalta la forza
della patria, ma ne piange le debolezza e la degradazione” . 119 Salò è il film di
Pasolini <*he Glauber Rocha preferisce, "perché (dice il poeta dell’ estetica del­
la fame e dell’ estetica della violenza latinoamericana) penso che sia il migliore
dal punto di vista della forma: sono belle le inquadrature, è ben montato, ben
recitato e il film diventa un corpo convincente, con una sua violenza esisten­
ziale, e non la violenza teorica degli altri film. Perche in Salò egli dice la veri­
tà quando afferma: Ecco, io sono pervertito, la perversione è il mio personag­
gio, il mio protagonista ama i torturatori come io amo il mio assassino” .120
Ciascuno è profeta o vittima della propria intelligenza come della propria mor­
te.
In SaZò..., Pasolini elabora la "filosofia scellerata” (Pierre Klossowski) di De
Sade per interrogare il sadismo del potere, ma è abbastanza improprio dire,
come fa Moravia, che "De Sade è uno dei pochissimi scrittori che avevano da
esprimere una rara anomalia psicologica: la particolare forma di crudeltà che,
appunto, va sotto il nome di sadismo. Cioè T)e Sade ha descritto il sadismo non
perché era scrittore ma perché era sadico. Analogalmente Poe ha descritto la
necrofilia non perché era scrittore rna perché era necrofilo” .1 21 Quello che
sembra non abbia compreso Moravia di De sade, è che il "divin marchese” ha
incrinato come nessuno il rapporto trasfigurato tra orfismo e tragedia. Tra
P ier P a o lo P a solin i/!! cin em a in c o r p o

pratica del libertinaggio e assuefazione al potere. L’ orfismo sadiano si amman­


ta di ogni forma mitica, non per celebrarla, ma per dissolverla. La tragedia del
potere è la continuità della parola pagana neireducazione cristiana, che guida
tutte le logiche di soggezione nei principi sacrificali. La scrittura orfica di De
Sade, come di Poe o Miller si schiude da una filosofia prometeica, che da un la­
to riconosce Longino del male, dall’ altro si apre a nuove contaminazioni della
fantasia e celebra una specie di teologia orfica dove contingenza ed eternità
s’intrecciano. Nella sapienza originaria, infatti, la materia orfica non era indi­
rizzata a nessuna condizione sociale ma elevava l’immaginale individuale a tra­
scendenza. La liberazione orfica è una posizione eversiva estrema che non tie­
ne conto di nessuna forma statuale né di nessun regno... che non sia quello ari­
stocratico di un’utopia celeste popolata da uomini Uberi. Lo spirito orfico di
Pasolini (come quello di De Sade, Poe o Miller), decompone il terrore del pote­
re nell’ orrore della “ buona borghesia” e la rabbia proletaria resta uncinata al­
la gola (dei partigiani), nella giustizia sommaria della quale erano capaci i fa­
scisti. 11 rancore del servo conferma la frusta del padrone. Dietro ogni forma
di pietà, c ’ è un crimine.
Nell’ estate del 1975 Pasolini lavora ad un’idea/documento iconologico che nel­
la sua incompletezza restituisce con forza c amorevolezza le facce e i corpi del
passato pasoliniano. E una specie di album fotografico integrato a un testo in
prosa, La Divina Mimesis. Pasolini intraprende un viaggio grafico/visivo tra i
“ frammenti infernali” della sua esistenza (sdoppiandosi in Dante e Virgilio). 11
libro è di sole 92 pagine e si compone in due parti: 65 pagine che riguardano lo
scritto: - l i Canti, Appunti e frammenti per i Canti III/IWVII/, le Note n°l e
n°2, “ Per una «Nota dell’ editore»” e altri 3 appunti per il VII Canto - , chiu­
dono la prima parte. La seconda è fatta con da 25 fotografie ed ha per titolo,
Iconografia ingiallita (per un «Poema fotografico»). L’insieme si legge come un
film di carta (non solo per le immagini), che racconta gli incontri importanti
della vita di Pasolini. Questo libricino, forse, è il suo vero testamento. L’icono­
grafia pasoliniana si apre con i volti di “ volgari” di due colonnelli della Grecia
fascista, Grimau e Lambrakis. Poi due immagini di guerriglia urbana di Reggio
Emilia del 1960. I “ ragazzi con le magliette a strisce” disselciano il pavé e ri­
spondono (a sassate) ai lacrimogeni della polizia di Sceiba. Segue la foto di
Piazza Venezia nei primi anni *60: il centro di Roma trasformato in parcheg­
gio. Sulla pagina accanto quattro vecchie popolane ehiaecherano in una stra-
delta di paese. Nella pagina successiva, Carlo Emilio Gadda in “ primo piano”
e Pier Paolo Pasolini alle sue spalle (1964). La fotografia affiancata è quella di
un comizio del P.C.I. e al centro emerge un bambino avvolto in una bandiera
con la falce e il martello. Seguono cinque fotografie di ragazzi alla fine degli an­
ni "50. Sono ripresi in una borgata, al mare, mentre ballano tra loro o sono vi­
cini in una tenera amicizia. La fototessera di un ragazzo “ vestito a festa” (so­
miglia un p o ’ a Franco Cittì e un p o’ a Ettore Garofolo) chiude questo capito­
lo. Il dittico successivo suggerisce il crollo della memoria, la “ resistenza tradi-
P in o B ertelli

ta” . Sette partigiani armati (fucile in spalla), guidati da un uomo con logli, mi­
tra e binocolo al collo scendono a valle. Sembrano andare verso la tomba di An­
tonio Gramsci montata in controcanto. 11 ritratto di Gianfranco Contini è sor­
ridente, sereno. Parla e agita le mani. Segue un’inquadratura de II vangelo se-
concio Matteo, filmata nei pressi di Viterbo. Si vede Gesù/Irazocjui a capo sco­
perto elle riceve il battesimo da il Battista. 11 frontespizio di Poesia informa di
rosa (1961-1964) è messo a contrasto con la fotografia del Gruppo ‘63, sette in­
tellettuali dell’ a van guardi a letteraria visti come “ piccoli narcisi” . Nelle pagine
successive si vedono un gruppo di fascisti che fanno il saluto romano (c’è anche
una vecchia signora) contrapposti alla votazione del Premio Strega. È il 1968.
Quindi è la volta di Emilio Cerchi, elegante in abito spigato, cravatta e pan­
ciotto, fissato addosso a uno scaffale di libri, sicuro di se. Di lato Sandro Pen­
na, in un consunto maglione ed un'effeminata grazia d ’ altri tempi. Nelle ultime
foto si vedono la chiesa di Casarsa e il monumento ai caduti della Resistenza e
a fianco un gruppo di ragazzini africani, scalzi, poveri e austeri come le ca­
panne del loro villaggio. Il libro uscirà postumo nel novembre 1975 ed è un pic­
colo capolavoro di “ poesia visiva” . 122
In agosto, Pasolini va a Fregene a trovare Man Ray, ospite del gallerista Lu­
ciano Anselmo. Lì conosce Pamico/amantc di Anseimo, il giovane fotografo Di­
no Pcdriali. Pasolini stava lavorando al suo libro/testamento, Vasi Petrolio... e
chiese a Pedriali di fotografarlo, quelle immagini sarebbero servite per illu­
strare il volume. Dopo qualche incontro (con richieste anche erotiche di Paso­
lini verso il ragazzo), le cose fra i due si chiariscono, in quanto Pedriali disse a
Pasolini che anche lui era omosessuale e che amava “ gli stessi ragazzi che lui
amava” (Dino Pedriali). Il lavoro comunque andò avanti e Pasolini ospitò Pe­
driali in un rifugio del poeta, nella torre di Ghia, presso Viterbo. Pasolini chie­
se a Pedriali di essere fotografato nudo (in luce ambiente), a letto, in piedi e al
tavolo di lavoro, vicino a un cartella delle Lettere luterane inserita nella Oli­
vetti “ lettera 22” ... Sovente Pasolini non guarda l’ obiettivo di Pedriali, posa
con non curanza e il fotografo sembra rubare l’ attimo impudico, sospeso tra il
gioco e l’ esibizione... gli scatti furono molti, le fotografie davvero buone, una o
due.
11 montaggio di Salò... assorbì Pasolini per quasi due mesi. Come è nolo, lui era
tra quei poeti del cinema che teorizzava il processo di montaggio alla moviola,
il momento in cui la scelta dei materiali è anche una scelta di morte,/ cioè di li-
berta creativa dell’ autore che si manifesta nell’opera. Il 31 ottobre (venerdì),
il produttore (Alberto Grimaldi), visionò la copia appena stampata di Salò... e
suggerì a Pasolini alcuni tagli riguardo a certe scene di coprofagia... pensava
che nel momento in cui quel personaggio col volto sporco di merda, che dopo
aver baciato un compagno era costretto a mangiare degli escrementi... “ la gen­
te sarebbe uscita dalle sale (Alberto Grimaldi). Pasolini acconsentì di tagliare
qualche cosa nei giorni successivi ma il film sarà contaminato da altre mani e
altre intenzionalità “ poetiche” . Quella notte (tra FI e il 2 novembre)... Pascli-
.i—
l gj im*ms*

P ier P a o lo Pasolini/H cinem a in c o r p o

ili viene ammazzato a bastonale (per una marchetta) ila un ‘‘ragazzo di vita” ...
;ii limiti di un oampetto di calcio tra le baracche di Ostia. 123
piccola cronaca giudiziaria di un film maledetto. 31 ottobre 1975: Pier Paolo
Pasolini è ancora vivo quando Alberto Grimaldi, il produttore, compila la do­
manda di revisione al fine di ottenere il permesso di proiezione in pubblico el
film Salò o le 720 giornate di Sodoma. Nel consueto riassunto della trama si ac­
cenna al tema del film e, di sfuggita c vagamente a rituali sadici cui un gruppo
di ragazzi vengono sottoposti. Solo alcuni giorni dopo viene presentata la do­
manda e il 12 novembre (Pasolini è morto da dieci giorni) viene reso pubblico
il giudizio: “ La Commissione, visionato il film, ascolta il produttore Grimaldi
il quale dichiara di essere disposto ad eseguire anche dei tagli se la Commis­
sione lo ritiene opportuno. La Commissione, a unanimità, rileva che il film
nella sua tragicità porta sullo schermo immagini così aberranti e ripugnanti
di perversioni sessuali che offendono sicuramente il buon costume e come tali
sopraffanno la tematica ispiratrice del film sulVanarchia di ogni potere. Si
esprime pertanto parere contrario alla proiezione in pubblico del film stesso
Ma le commissioni di appello accolgono il successivo ricorso, che puntava sul­
la personalità artistica dell autore del film, e stabiliscono che “ lo spettacolo
suscita sempre e soltanto disgusto. Il sesso - chiamato a simboleggiare il pos­
sesso dispotico, devastatore e distruttore della creatura umana, quale viene
attuato dal potere politico assoluto, che il regista accusa di giungere (dVan­
nientamento della personalità morale e fìsica delVindividuo, degradandolo ad
oggetto - , non assume mai nel film il carattere di un intenzionale ed eccitante
allusione alla lussuria” .
11 permesso viene dunque rilasciato, pur mantenendo il divieto ai minori di 18
anni contro il quale Grimaldi fa un ulteriore ricorso dove si sostiene che un’ o­
pera non può contemporaneamente essere considerata artistica e oscena. A so­
stegno dell’ artisticità di Salò o le 120 vengono citate 17 recensioni, italiane e
straniere, che riconoscono l’ alto valore estetico del film. Ma la battaglia legale
Ila una svolta il 13 gennaio 1976, quando la Procura di Milano ordina il seque­
stro del film uscito da tre gionri nelle sale milanesi. Viene citato anche lo stes­
so Grimaldi che “ ha realizzato e messo in circolazion e a scopo di lucro il sud­
detto film costituito tutto da scene e da linguaggio osceno” . La sentenza è pe­
santissima e porta al sequestro del film e alla condanna di Grimaldi, tenuto a
pagare 200.000 lire di multa e costretto a due mesi di reclusione (ovviamente
sospesi con la condizionale). Secondo la sentenza, “ il film, violando aperta­
mente la sfera della riservatezza sessuale ed offendendo il senso morale del-
/ uomo comune, era di un’oscenità allucinante, sia che le immagini rappre­
sentate fossero considerate singolarmente, sia che le stesse venissero riviste nel
loro insieme ed in tutto il contesto dell’opera” . Inoltre “ Vinevitabile patente di
oscenità delVopera non poteva ritenersi annullata da alcun pregio artistico,
ne per forma né per contenuto” . Grimaldi ricorre in appello, in considerazio­
ne del fatto che il principio ispiratore delVarl. 529, per l’identificazione del-
Pino Bertelli

l ’opera d ’arte è essenzialmente il criterio estetico, ovviamente non desunto da


personali convincimenti del collegio giudicante, né da quelli del cosidetto uo­
mo medio, bensì da riconoscimenti della più qualificata critica e dein più au­
torevoli operatori d ’arte” .
La corte d ’ appello recepisce le obiezioni e, citando direttamente un brano di
Pasolini dalle Lettere Luterane, chiede una serie di tagli, a seguito dei quali
concede il nullaosta al film. Grimaldi è assolto perché il fatto non costituisce
reato (è già il 17 febbraio 1977). Prosegue così il balletto fra Procure e Que­
sture, con la polizia che, per almeno cinque volte viene invitata a sequestrare
e dissequestrare il film in base alle disposizioni del tribunale di Milano e del Tar
del Lazio. 11 tribunale amministrativo era infatti stato chiamato in causa dal­
l’ Associazione Nazionale per il Buon Costume. Vistasi respinta la richiesta, per
altre tre volte, l’ Associazione Buon Costume presenterà analoghi ricorsi al sud­
detto tribunale, una vicenda che si concluderrà ufficialmente solo nel 1986.
Una ripresa delle ostilità legali avviene all’inizio degli anni Novanta, quando la
produzione, cerca di ottenere l’ abbassamento del divieto ai minori di quattor­
dici anni, evidentemente per esigenze di programmazione televisiva (clic pre­
vede la seconda serata per il divieto ai 14 e il divieto totale per i “ v.m. 18” ). Do­
po tre sentenze negative, il 19 giugno 1991, è ancora il Tar del Lazio che con­
cede Labbassamento del divieto, in quanto le scene indubbiamente scabrose del
film, “ con la loro provocatoria capacità di choc., sono atte piuttosto a suscita­
re in tale fascia di giovani un acuto ed incondizionato moto di solidarietà bei
confronti delle vittime unitamente ad uria costruttiva presa di coscienza dolo­
rosamente acuta degli orrori cui è esposta la condizione umana” . Ma contro
questa teoria del valore catarehieo del film si appella nuovamente il Ministero
e il 10 dicembre 1991 è addirittura il Consiglio di Stato riunito in sede Giuri­
sdizionale ad annullare la sentenza e ripristinare per Sa/ò, il divieto ai minori
di 18 anni.
La versione circolante del film è priva di 589 metri di pellicola rispetto alla ver­
sione originale. 124
Nel pomeriggio dell’ 1 novembre 1975 (cioè poche ore prima di essere assassi­
nato), Pasolini aveva rilasciato un’intervista al giornalista di Tutto libri. Furio
Colombo, le sue invettive contro la violenza istituzionalizzata della civiltà del­
lo spettacolo restano tristemente profetiche... Pasolini si rivolge con sdegno al­
la “ bella truppa di intellettuali, sociologi, esperti e giornalisti dalle intenzioni
più nobili... [e dice]: qui c ’è voglia di uccidere... con la vita che faccio io pago
un prezzo... Oggigiorno uno deve uccidere, non hai idea di quanti la pensino
così. La morte è ormai diventata un comportamento di massa... Voglio dire
fuori dai denti: io scendo all’ inferno e so cose che non disturbano la pace di al-
\

tri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. E vero che viene con ma­
schere e con bandiere diverse... Non resterà per tanto tempo l’ esperienza pri­
vata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato la vita violenta. Non vi illudete.
E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi sie-
P ier P a o lo P a so lin i/!! cin em a in c o r p o

te i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’ idea di possedere


e sull’ idea di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete met­
tere su un delitto la sua bella etichetta. A me questa sembra un’ altra delle tan­
te operazioni della cultura di massa... Forse sono io che sbaglio. Ma io conti­
nuo a dire che siamo tutti in pericolo” . 125 La luce accecante della malinconia
pasoliniana si trasfigura in orrenda realtà ed è facile riconoscere nelle parole
ereticali del poeta la fine di ogni dolce ingenuità e la nascita di un stato sociale
prossimo all’ idiozia.
11 profumo di cinema selv atico di Salò o le 120 giornate di Sodoma non piace a
nessuno. INé ai fascisti, né ai comunisti, né ai democristiani, a nessuno. Pasoli­
ni sconcerta, provoca, bestemmia... non mescola solo il sadismo col fascismo,
il freudismo col marxismo, la blasfemia con l’ adorazione dei miti... costruisce
una profezia ereticale contro il fascio dei poteri e ci rovescia dentro di tutto...
da Evola a Gentile, dal libertinaggio eresiarehieo all’ apologià del piacere (se­
duzione, prostituzione, tortura)... come forma ultima di disgregazione sociale,
illustra il fascismo ordinario nel labirinto esegetico di una perversione cultura­
le senza via d ’ uscita... in questo senso il suo film “ vale come riconoscimento
oscuro, in ognuno di noi mal controllato, ma certo imbarazzante” (Roland Bar-
thes) che smaschera timori malcelati e aperture desiderate. Sotto questo taglio
non ci sono atrocità nel lavoro pasoliniano ma soltanto orrori solidificati e ce­
lati nelle coscienze educate nei valori dominanti. Salò-Sade è l’insieme delle
passioni, dei bisogni, dei desideri di amore e di libertà di un poeta maledetto,
di un autore cinematografico corrosivo, sempre al limite tra l’ abbordaggio im­
mediato e l’ alba della rivolta nel nome (gramsciano) di un rosso straccio di spe­
ranza.
In Salò... Pasolini intreccia tutta la sua cinevita... la gioventù contadina e par-
tigiana, il linguaggio ormai morto della cultura fascista, Pindifferenza della
borghesia, l’ arte al servizio di ogni tirannia (la pianista che accompagna le nar­
ratrici, dopo aver suonato l’ “ Inno di Roma” si getta dalla finestra in un con­
templativo silenzio), la speranza del Terzo Mondo che ritorna nella figura mor­
bida della cameriera di colore, le preghiere mormorate delle vittime, il pugno
chiuso del giovane comunista che travalica la tela bianca per andare a bagna­
re gli occhi di tutti i cospiratori deWuguagUanza... sono sconfinamenti dell’ a­
nima che aprono visioni nuove e diverse di concepire questo mondo. Salò-Sa-
de non è dunque l’ ultimo capitolo di una “ tetralogia della morte” , dove emer­
ge “ l’incapacità pasoliniana (già evidente in Accattone...) a storicizzare il pas­
sato e a vivere il presente; ed il dramma della materia come degradazione e del­
la vita come distruttivo viaggio verso la morte” (Lino Micciché). E vero il con­
trario. Con Salò... come in tutta la sua opera (cinematografica e letteraria) Pa­
solini ha cercato affabularo una sorta di Età com unardo delVamore
(etcro/omosessuale) e l’ ha contrapposta ai ceppi incrostati di violenze e di so­
prusi operati da tutti i regimi contro ogni forma di liberazione (politica e ses­
suale). Ha disvelato Pindifferenza e mostrato che la ragione storie a/poli tic a che
P ino B ertelli

conosciamo è all’ origine di tutte le mostruosità e perversioni... come Michel


Foucault, Theodor W. Adorno o Jean-Paul Sartre... ha espresso una dialetti­
ca della negazione o una metafìsica del peggio e ha urlato all’ amore per l’u­
manità e all’ innalzamento dello spirito (individuale e collettivo), ha insegnato
a coltivare la propria intelligenza come mezzo di liberazione economica e so­
ciale, ha bestemmiato sull’ignoranza (anche quella colta), sulla quale prospe­
rano l’intolleranza e la ragione degli stupidi. “ Esistono milioni di uomini che
parlano, vivono, guardano, mangiano, ma sono morti. Più morti dei sassi e più
morti dei morti veri che dormono il loro sonno sotto terra, poiché è la loro ani­
ma ad essere morta” (Federico Garcxa Lorca).
A vedere da vicino le vicende censorie di Salò o le 120 giornate di Sodoma si
vede e bene, come i nodi scorsoi della coerenza si stringono intorno al collo di
autori che hanno fatto del linguaggio della finzione un letamaio e disseminato
nelle loro opere i crolli di ogni sistema educativo autoritario. Come abbiamo già
sottolineato, il 12 novembre 1975 la prima commissione di censura (del Mini­
stero del turismo e spettacolo) bloccò il film di Pasolini per “ oscenità e invito
alla prostituzione” e il produttore Alberto Grimaldi fu processato. 1 cinque
membri della commissione, tra i quali risplendeva la sapienza tecnica del regi­
sta di film “ pornografici” Oscar Brazzi, ritennero che l’ opera Pasoliniana con­
tenesse clementi di turbativa della pubblica morale e non concessero il “ nul­
laosta” che garantiva la visione, in quanto “ nella sua tragicità porta sullo
schermo immagini così ripugnanti e aberranti di perversioni sessuali che offen­
dono sicuramente il buon costume” . 1 2 6 Poiché era una co-produzione itaio-
francese^ Grimaldi portò il film al Festival di Parigi (22 novembre 1975). Alla
prima parigina intervennero alcuni autori italiani (Gillo Pontecorvo, Luigi Co-
mencini, Liliana Cavalli, Ennio Lorenzini, Pasquale Squilieri, Francesco Ro­
si, Bernardo Bertolucci...) e in una conferenza stampa denudarono la super­
ficialità e l’incompetenza della censura italiana. Anche i censori francesi mi­
nacciarono di bloccare il film. Non ci riuscirono. Il ministro della Pubblica
istruzione infatti, rilasciò un’ autorizzazione che permetteva di circuitale Sa­
lò... nei cinema d essai. L*ll gennaio 1976, i giornali annunciano Luseita uffi­
ciale di Salò... in Italia. Il settimanale Oggi è il più pronto alla crocifissione,
lancia un appello e invita gli italiani a non andare al cinema, con queste paro­
le: “ ...Questo film, che porta il segno di un testamento autentico, è infatti il più
grave atto d accusa contro II regista. Mite e timido in apparenza, di modi tene­
ri c gentili, Pasolini era in realtà un uomo violento. Con la violenza del dena­
ro (e il prestigio del suo nome) spingeva i giovani attori a recitare le vergogno
dei suoi lilm e i ragazzi di vita a piegarsi alle sue proposte contro natura. Gli
attori, per qualche milione e per il miraggio della carriera, dicevano di sì. Pe­
losi [1 assassino di Pasolini], violentato per una cena e per ventimila lire, ha
detto di no. E si è ribellato .1 2 7 II dibattito pubblico sulla vita privata e poli­
tica del poeta è feroce e assume toni grotteschi. A ehi possiede la coscienza mar­
toriata della ripetitività della storia nulla è permesso, nemmeno di morire tru-

JL9LL
P ie ^ P a o I o F a sòffln rn ^ m ru i^ in c o r p o

ridato per una marchetta... perché lui è l'interprete di diversità inconciliabili


che sono 1 esito di una grande rinuncia: quella di —chiamarsi fuori —dall li­
ma ni là prostituita ad una teologia dei consumi che fa della merce anche la po­
litica di violazione delFintera ecosfera.
Salò o le 120 giornate di Sodoma circola appena 12 giorni (incassa più di 40 mi­
lioni di lire, rie era costato 800), poi il Procuratore della Repubblica ili Milano
10 fa sequestrare e inizia un procedimento penale contro Pasolini e Grimaldi
per “ commercio in pubblicazioni oscene” ... poiché il film era caratterizzato
“totalmente da immagini e linguaggio tesi a rappresentare deviazioni e perver­
sioni sessuali con particolare compiacimento su scene di accoppiamenti omo e
eterosessuali, di coprofagia, di rapporti sado-masochistici” .1 2 8 Crimarli e Pa­
solini si difesero sostenendo che le immagini del film “ non erano realistiche ma
simboliche (Alberto Grimaldi) e in ogni caso erano parte di un'opera di grande
contenuto poetico. La Corte visionò il film il 26 gennaio e il 30 ne confermò il
sequestro. La Procura di Roma fu solerte quanto quella di Milano e il 19 feb­
braio accusò Grimaldi di “ corruzione di minori” e “ atti osceni il luogo pubbli­
co” (avvenuti nel corso delle riprese del film). I procedimenti penali contro il
film, l’ autore e il produttore si allungarono e varcarono le frontiere... a Fran­
coforte e a Stoccarda VAssociazione dei genitori cattolici e “ movimenti” per il
“ buon costume patrio” ricorsero ai tribunali e impedirono la programmazione.
11 27 aprile 1977, il corrispondente sovietico di Izvestija, dalle colonne de il
Corriere della Sera, faceva udire la sua voce e scriveva che Salò... “ è il peggior
cumulo di sadismo e masochismo che mai si fosse visto al cinema... Pasolini ha
scelto un soggetto antifascista al fine di mostrare la violenza sotto tutte le sue
forme. 11 suo film non rende omaggio alla resistenza italiana ma la insoz­
za” . 129 Gli rispondiamo che chiunque non ami il “ caos” della poesia non è un
creatore e chiunque disprezzi la folgorazione dell’ utopia non ha nessun diritto
ili parlare dello spirito Libertario che ha spinto Fuomo/la donna a liberarsi del­
le loro catene.
NcH’ ottobre 1977, Salò o le 120 giornate di Sodoma viene mostrato al XV Film
Festival di IMew York (insieme a Novecento, di Bertolucci). La reazione del pub­
blico e della stampa è variegata. C’è chi esce dalla sala di proiezione, chi fi­
schia, chi applaude calorosamente il film... il critico del Times, Vincent Canby,
che in precedenza aveva assolto le scollacciature erotiche dei Racconti di Can­
terbury, scrive: “ Penso che Salò sia il perfetto esempio del genere di materiale
che, teoricamente, ad ogni modo, può essere accettabile sulla carta, ma che una
volta visualizzato diventa talmente ripugnante da disumanizzare ulteriormen­
te lo spirito umano, che dovrebbe essere per il regista di primaria importan­
za... il tutto, in ultima analisi, appare superficiale e di poco peso... Più la vi­
sione del mondo di Pasolini diventava oscura, più i suoi film si sono fatti aridi.
Salò ne è la vuota ed amara fine” . 130 Canby sembra non solo che non abbia
letto Barthes. alla quale visione del mondo sadiano Pasolini si riferisce, con
non poca lucidità autorale, ma pare che non conosca nemmeno Nietzsche, che

A 25
P ino B ertelli 1

Pasolini dissemina in ogni inquadratura... affermando cioè che non ci può es­
sere nessun autentico lirismo senza un pizzico di (autentica) follia amorosa. Di
più. Pasolini sostiene qui, che il crollo dell’ ordine costituito avviene sempre
per un eccesso di poesia interiore. “ Le esperienze soggettive più profonde sono
anche le più universali, perché in esse si tocca il fondo originario della vita”
(E.M. Cioran). Un altro critico americano, Rex Reed, mostra quanto la cecità
del momento gli sia fatale e vede in Salò... “ uno spregevole e nauseante pezzo
di immondizia, che schiferebbe gli avventori di un bordello della 42esima stra­
da... Chiunque abbia a che fare con questa aggressione all’ umanità dovrebbe
essere arrestato... È un calderone di sconvolti e disperati, Fopera di una men­
te bacata e malata, e a New \ork non vogliamo averla tra i piedi. Abbiamo già
abbastanza rifiuti avariati. Non è il Lincoln Center [la sede del Festival] il po­
sto giusto per Sa/ò, ma il cesso” . 131 Sovente la stupidità prende la mano alla
ragione e ricorre alla frusta, alla galera o alla forca... il vero senso dell’ agonia
si ha quando la rivelazione dell'amore travalica l’immanenza della morte so­
ciale... Ognuno porta in se non soltanto le tracce della propria esistenza ma an­
che gli scranni della propria morte. Perché la vita è soltanto una prolungata
agonia dei propri sogni come delle proprie cadute.
Sulla morte di Pasolini, lasciamo in eredità le preziose parole di Franco Forti­
ni: “ Ci si commuove per la morte di Pasolini più che per quella di un altro qual­
siasi militante solo perché era Fautore di qualcosa che è, o può, diventare no­
stro; e allora questo qualcosa, questa eredità guardiamola... fuor del consiglio
di prendere i suoi libri di versi e di capirli. Gli sono stato amico per molti an­
ni; avverso per altri; sempre ho cercato di intenderlo e amarlo. Ho in connine
con lui la divisione, la dupliclità di cui si fa, quando si fa, la poesia. Nel testo
autentico d ’ altronde, come nell’ attimo della morte, coincidono elezione desti­
no, scelta e inevitabilità. Meno commozione per Pasolini, più amore c intelli­
genza per quello che egli ci ha detto (4 novembre 1975)... Quel che chiamava
"vita’ era solo il sapore della morte, è quasi ovvio ricordarlo. E che la morte
non fosse che un delizioso soprassalto delle viscere, lo sapeva fin troppo bene.
Era fedele solo a se stesso; cioè a un padrone crudele e distruttore. La sua li­
bertà era solo il sogno di disporre del mondo, dei suoi corpi e testi: era dunque,
una schiavitù. Il suo comuniSmo, esattamente come il suo cristianesimo, era so­
lo un sistema di reti che intesseva per poi disfarne faticosamente i nodi. La sua
opera resta come un grande palazzo splendido, abbandonato dopo il passaggio
di una epidemia. Lo si visita per sapere com’ c finita l’ Italia delia nostra giovi­
nezza. 0 , per parlare più precisamente, per sapere quel era l’immagine ingan­
nevole che del nostro paese, del mondo intero, della poesia e dei nostri doveri,
troppo a lungo abbiamo, insieme a Pasolini, portato attraverso le nostre esi­
stenze. Eppure questo basta alla sua gloria; e alla nostra” (6 novembre
1985). 132 Ti temerà tino finché splenderà il sole, finché brillerà la luna, di ge­
nerazione in generazione [scrivevano gli antichi dei guerrieri di luce o dei co­
spiratori di sogni]... perché solo la poesia ereticale deH’ amore può spengere
P ie r P a o lo Pusoììni/D cin em a iu c o r p o

l'odio istituzionale dei secoli e mettere fine sia alla farne di Dio che alla fam e di
pane.
Salò o le 120 giornate di Sodoma ha continuato ad essere sequestrato, disse­
questrato, processalo fino agli anni ‘80... ed infine assolto dalla Corte d ’ Ap-
pello di Milano (sentenza confermata in Cassazione) che lo giudicò: "‘opera
d ’ arte e documento di raro valore etico” . Salò o le 720 giornate di Sodoma -
sotto qualsiasi taglio io si veda o giudichi —resta il film più tormentato ed ever­
sivo di un maestro del cinema di poesia. Quando Pasolini viene assassinato ai
confini di una periferia invisibile —come uno dei personaggi che tante volte ave­
va descritto/filmalo nelle sue opere —... per molti era morto VAgnus Dei, per al­
tri un teppista degenerato. Per qualcuno era scomparso uno dei più grandi
poeti del nostro secolo, un maestro del cinema civile, un uomo con le sue diffi­
coltà esistenziali e i suoi sogni amorosi, spezzati dalla stupidità di un ragazzo
di borgata, un marchettaro semianafabeta, incapace di amare e di essere ama­
to. Sui resti di Pasolini ancora sporchi di sangue c del fango di periferia...
qualcuno si era affrettato a dire che con la sua scomparsa anche il suo pensie­
ro aveva cessato di esistere. E vero il contrario! A dispetto dei suoi scorticato-
ri di professione (in abito talare o in doppiopetto fa lo stesso)... Pier Paolo Pa­
solini continua ad essere un riferimento costante della cultura/politica interna­
zionale e Pinsieme delle sue opere continuano a partecipare, a combattere, a
insorgere a fianco degli oppressi di tutto il mondo. Pier Paolo Pasolini è vivo,
perché è viva la poesia utopica/erctieale del suo pensiero.
Ti puoi dimenticare con chi hai riso ma non ti dimenticherai mai con chi hai
pianto o sognato un mondo più giusto e più umano per tutti.
Indice

n
Goffredo Fofi................................................................................. i

Enrico Gliozzi.................................................................................

Pasolinaria
Elogio e difesa di Pier Paolo Pasolini.
1. L’ amicizia, l’ amore, l’ omosessualità....................................... 15
JI. La trasparenza amorosa dell’ anarca..................................... 17
III. Il cinema in utopia.................................................................. 19

Capitolo I
Poetica dell9imperfezione 1961/1964
I. Le lacrime di INietzsche e l’ anarchia di Accattone................. 23
IL II cinema in corpo di Pier Paolo Pasolini.............................. 51
111. Atti impuri di un eretico........................................................ 67

Capitolo II
Uutopia del dolore 1965/196)7
1. In principio era la luce... poi un avvenire al cianuro........... ..91
IL II cinema di poesia o la poesia nel cinema............................. 112
III. INori riconciliati o solo violenza aiuta dove violenza regna 126

Capitolo 111
La trasfigurazione delVirrealtà 1968/1970
I. Il sonno delle spade e la vita sognata dell’ omosessualità...... 159
II. Fragole & sangue di una stagione all’inferno...................... 182
III. La rivoluzione egualitaria.................................................... 214

Capitolo IV
Estetica della provocazione 1971/1975
1. Le ceneri di Pasolini e la poetica della seduzione.................. 243
IL Dall’ età dell’i nnocenza all’ età della corruzione.................. 280
III. Da un fascismo all’ altro e la scomparsa delle lucciole....... 302

Note................................................................................................. 331
Filmografìa pa soli rilana.............................................................. .349
Indice dei nomi.............................................................................. .371
Note

Cap.I
Poetica delPini perfezione 1961/1964

1. Internazionale Situazionista, 1959, cit. a memoria


2. Friedrich W. Nietzsche: Così parlò Zarathustra, Adelphi 1986, pag. 251
3. Ilakuniii: Veleno per il cuore. Commento Zen al sutra del cuore. Astrolabio 1998, pag. 29
4. Denis de Rougemont: Libertà, responsabilità, «more, Jaea Hook 1990, pag. 45
5. K. M. Cioran: Sommario di decomposizione. Adelphi 1996, pag. 128
6 Vedi: Meo Naldini, in: Pier Paolo Pasolini. Romanzi e racconti. 1916-1961, voi. primo, a cu­
ra di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori 1998, pag. CLXV
7. Nico Naldini: Pasolini, una vita, Einaudi 1989, pag. 11
8. Vedi: L'usignolo della chiesa cattolica, Longanesi 1958; Le ceneri di Gramsci, Garzanti 195» :
Poesia in forma di rosa, Garzanti 396)4
9. Vedi: Sigmund Freud: Opere, Boringhieri 1980
10. Aldo Carotenuto: L'autunno della coscienza. Ricerche psicologiche su Pier Paolo Pasolini,
Boi lati-Boringhieri 1985, pag. 26
11. Pier Paolo Pasolini, in: Romanzi e racconti, 1916-1961, di Meo Naldini, pag/ CLXXY, op.
cit.
12. Morando Morandini: Telesera., 23 novembre 1961
13. Vedi: Mouchette (1967), di Robert Bresson
14. Alberto Moravia: L'Espresso, 1 ottobre 1961
15. Epiteto spregiativo coniato da Theodore Roosevelt nel 1906, verso quei lavoratori che ra­
strellavano la merda americana ai primi del secolo, che qui abbiamo soltanto rovesciato.
16. Paolo Gobetti: Cinema Nuovo. X, 153, settembre-ottobre 1961
17. Guido Aristarco: L'utopia cinematografica, Sellerio 1984. pag. 165
18. Vedi: Storia della follai nell'età classica. Dementi pazzi vagabondi criminali, di Michel Fou­
cault, Rizzoli 1992: Scritti (due tomi), di Jacques Lacan, a cura di Giacomo Contri, Einaudi
1974: Il codice dell'anima. di James Ililhnan, Adelphi 1997
19. Pier Paolo Pasolini: Arnado mio. Garzanti 1993
20. Pier Paolo Pasolini: pag. 83. cit. sopra
21. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini, una vita, di Nico Naldini, pagg. 10/11, op. cit.
22. Pier Paolo Pasolini: Ragazzi di vita, Garzanti 1955
23. Franco Cittì: Vita di un ragazzo di vita, di Franco Cittì e Claudio Yalentini. SugarCo 1992.
pag. 18
24. Franco Cittì, pag. 61, op. citato sopra
25. Vedi: L'unico e la sua proprietà, di Max Stirner, Edizioni Vulcano 1977
26. Ernst Jtìnger: J prossimi titani, conversazioni con Ernst Junger, a cura di Antonio Gnoli e
Franco Volpi, Adelphi 1997, pag. 56
27. Vedi: Farfallandia. La terra delVamore blu, di Pino Bertelli (illustrazioni di Massimo Pani-
cucci), TraccEdizioni 1995. Qui si legge: “ Nei vecchi libri di favole del vecchio mondo, .si narra
che quando due persone che si amano muoiono, diventano una fata. Se muoiono tenendosi per
la mano diventano una stella. Nella Terra delFamore blu nessuno muore e Famore che è in ognu­
no e in lutti indica la via dell'arcobaleno: quella del rispetto di sé e degli altri. delFamore del­
l'uomo per gli altri uomini .
28. Ernst .)unger: Il trattato del ribelle. Adelphi 1990, pag. 27
29. Ernst Junger/Martin Heidegger: Oltre la linea, Adelphi 1989, pag. 26
30. Vedi: Assalto <d cinema, di Antoine de Baecquo, Il Saggiatore 1993
31. Gian Piero Brunetta: Cent'anni di cinema italiano. Laterza 1991, pag. 496
P i l l o B e r t e l li

32. Mino Argentieri: Cinema Sessanta, luglio-agosto 1961


33. Vedi: Pasolini Requiem, di Barth David Schwartz, Marsilio 1995, pag. 343
34. Vedi: Pasolini Requiem, pag. 347, cit. sopra
35. Ferdinando Mautino. in: Pasolini requiem, pagg. 347/348, op. cit.
36. Vedi: Le lacrime di Eros, di Georges Bataille, Bollati-Boringhieri 1987
37. Aldo Carotenuto: L'autunno della coscienza. Ricerche psicologiche su Pier Paolo Pasolini.
Bollati-Boringhieri 1989, pag. 77
38. Vedi: Pasolini Requiem, pag. 347, op. cit.
39. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, pag. 494. op. cit.
10. Pier Paolo Pasolini: Lettere, voi. I, a cura di Nico i\aIdilli, Kinaudi 1986, pag.392
41. Giuseppe Ungaretti, in: Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, a cura di Lau­
ra Belli. Garzanti 1970, pag. 66
42. Carlo Bo in: Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, pag. 66. op. cit.
43. Carlo Salinari: Il Contemporaneo. 9 luglio 1955
44. Italo Calvino: Lettere, voi. II, a cura di iNico Nahlini, Einaudi 1988. cronologia pag. XXVI
45. Vedi: Le ceneri di Gramsci, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1975
46. Vedi: Il tramondo dell'Occidente, di Oswaid Spengler, a cura di Furio Jesi, Longanesi 1981,
Il mito dello stato, di Ernst Cassirer. Longanesi 1971
47. Vedi: La saggezza dell'Occidente, di Bertrand Russell, Euroelub 1980: Minima moralia. Me­
ditazioni sulla vita offesa, di Theodor W. Adorno. Einaudi 1979
48. Theodor W. Adorno, pagg. 238/233. op. cit. sopra
49. Michel de Montaigne: Saggi, due volumi, a cura di Fausta Garavini, Mondadori 1970. pag.
599
50. Vedi: Quaderni dal carcere. Edizione critica dell'Istituto Granisci, a cura di Valentino Car-
ratana, 1975
51. Vedi: La città futura 1917-1918, di Antonio Gramsci, a cura di Sergio Capidoglio, Einaudi
1982
52. Vedi: Lineamenti fondamentali di critica dclPeconomia politica ( “ Grundrisse”), di Karl
Marx, a cura di Giorgio Backhaus, Einaudi 1983: Manifesto del partito comunista, di Karl Marx
e Friedrich Engels, a cura di Emma Cantimori Mezzomonti. Einaudi 1974; Manoscritti econo-
mico-jilosofici del 1844. di Karl Marx, a cura di Norberto Bobbio, Einaudi 1970
53. Antonio Gramsci: Il nostro Marx 1918-1919. a cura di Sergio Capidoglio. Einaudi 1984
54. Vedi: La mascherata dell'anarchia. di Perey Bysshe Shelley, Andrea Chersi Editore (senza
«lata di edizione).
55. Keala Jewell: Pier Paolo Pasolini. Una storicità poetica. Empirìa 1997, pag. I l
56. Vedi: Le ceneri di Gramsci, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1957: Foglie d'erba, «li Walt
Whilman, a cura di Mario Corona, Marsilio 1996: Antologia di Spoon River. di Edgar Lee Ma­
ster», a cura di Fernanda Pivano. Einaudi 1972
ói. Pier Paolo Pasolini: Le belle bandiere. Dialoghi 1960-1965, a cura di Gian Carlo Ferretti.
Editori Riuniti 1996, pag. 134
58. Giuseppe Marotta: Al cinema non fa freddo. Avagliano Editore, 1997, pag. 161
59. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, a cura di Laura Betti e Michele Gulinueci. Fon­
do "Pier Paolo Pasolini'’ , 1996, pag. 24, op. cit.
60. Renzo llelfer: Il Messaggero. 18 ottobre 1961
61. Pier Paolo Pasolini: Avanti, 20 ottobre 1961
62. Georges Bataille: Teoria della religione, SE 1995, pagg. 53/54
63. Vedi: Le Diable au corps (1923). pubblicato da Raymond Radiguet a 18 anni per Famorevo-
le amicizia di Jean Cocteau. Radiguet muore per un attacco di febbre tifoidea a soli venti anni
(12 dicembre 1923) ma lascia un libro irrequieto, eversivo e immortale. Nel 1947. esce la tra­
sposizione cinematografica di Claude Autant-Lara - Le diable au corps - e segna il debutto sul­
lo schermo di un attore estremamente raffinalo, Gerard Philipe. Tra le traduzioni letterarie ci
pare piuttosto importante, quella di Francesca Sanvitale per Einaudi: Il diavolo in corpo, di
P ier P a o lo Ptt&olini/n cin em a in c o r p o

Raymond Radiguet (1989).


64. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, pag. 45. op. cit.
65. Vedi: Cinema e (marchia. NelPetà della falsificazione e del conformismo sociale 198111991,
voi. I, di Pino Bertelli, La Fiaccola 1991
66. Vedi: La dittatura dello schermo. Telefoni bianchi e camicie nere. di Pino Bertelli, Anar­
chismo 1984
67. Emily Dickinson: Silenzi. Feltrinelli 1996, pag. 29
68. Ha scritto qualcuno da qualche parte... non è proprio così. Nel cinema d ’ avanguardia, Andy
Warhol con Sleep (1963) o nel cinema commerciale, Alfred Hitchcock, con Nodo alla gola (Ro-
pe, 1948), hanno usato gli stessi stilemi tecnici ma non sono riusciti a raggiungere lo spessore poe-
tico/politico di Pasolini di Mamma Roma.
69. Adelio Ferrerò: Il cinema di Pier Paolo Pasolini. Da Accattone a Salò, Marsilio 1994, pagg.
40/41
70. Giuseppe Marotta: Al cinema non fa freddo, pag. 165, op. cit.
71. La sceneggiatura di Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, porta questa dedica: .4 Roberto
bonghi, cui sono debitore della mia fulgurazione figurativa \ Garzanti 1993
72. Pier Paolo Pasolini: Donne di Roma, introduzione di Alberto Moravia. Sette storie di Pier
Paolo Pasolini e 104 fotografie di Sani Waagenaar, Il Saggiatore 1960, pagg. 16/17
73. Anonimo: Il Messaggero, 12 luglio 1962
74. Antica parabola ebraica che abbiamo ricevuto per via orale
75. Alberto Moravia: L'Espresso, 30 settembre 1962
76. Pier Paolo Pasolini: Accattone, Cinema e letteratura - Appunti dopo Accattone, Garzanti
1993, pag. 59
77. Vedi: Mamma Roma, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1993, pag. 401
78. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, pag. 595, op. cit.
79. Roberto Campari: Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano, Marsilio 1997, pag.
133
80. Vedi: Le città del cinema: Pier Paolo Pasolini, a cura di Paolo Federico Colosso, Fabrizia
De Giau, Angelo Villa, Edizioni Biblioteca dell'Immagine 1995
81. Roberto Campari, pag. 134, op. cit.
82. Friedrich W. Nietzsche: Così parlò Zaratustra, pagg. 149/148, op. cit.
83. Pier Paolo Pasolini: Poesia informa di rosa, pag. 78, op. cit.
84. Alberto Moravia: L'Espresso, 3 marzo 1963
85. Maurizio Ponzi: Filmcritica, 161, ottobre 1965
86. Luigi Faccini: Cinema e Eilrn, J, 1, Inverno 1966-67
87. Gian Piero Brunetta: Forma e. parola nel cinema, Liviana 1970, pagg. 47/48
88. Franco Prono: Cinema Nuovo, XXL 215, gennaio-febbraio 1972
89. Pier Paolo Pasolini in: Vie Nuove, 30 novembre 1961
90. Alberto Morav ia: L’Espresso, 17 marzo 1963
91. Pier Paolo Pasolini: La religione del mio tempo. Garzanti 1961
92. Padre Robert Bosc: Violenza e non violenza. Rivoluzione culturale nella chiesa?, Tindalo
1969, pag. 57
93. Vedi: Ah dagli occhi azzurri. di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1989, pag. 515
94. Orson Welles: Io, Orson Welles, di Orson Welles e Peter Bogdanovich, Baldini & Castoldi
1996, pag. 278
95. Vedi: Il padre selvaggio, di Pier Paolo Pasolini, Einaudi 1975
96. Alfredo Bini: L’Europeo, 28 novembre 1975
97. Carlo Di Carlo, in: Teoria e tecnica del film in Pasolini, di Antonio Berlini. Bulzoni 1979.
pag. 147
98. Vedi: La dittatura dello schermo. Telefoni bianchi c camicie nere, di Pino Bertelli, Anar­
chismo 1984
99. Alberto Moravia: L'Espresso. 21 aprile 1963
P in o B ertelli

100. Adelio Ferrerò: Il cinema di Pier Paolo Pasolini, pag. 30, op. cit.
101. Luigi Faccini: Filmcritica, 161, ottobre 1965
102. Pier Paolo Pasolini: Vie Nuove, 20 settembre 1962
103. Bari David Schwartz: Pasolini requiem, pag. 629. op. cit.
101. Sandro Pctraglia: Pier Paolo Pasolini, La Nuova Italia 1974. pag. 56
105. Maurizio Ponzi: Filmcritica. 158, giugno 1965
106. Jean Delmas: Jeune cinema. 101, mrs 1977 (citato in I film di Pier Paolo Pasolini, di Lu­
ciano De Giusti. Cremese 1983, pag. 64)
107. Vedi: La macchina!cinema e l immaginario assoggettato. Trattalo di liberazione degli
sguardi, di Pino Bertelli, Nautilus 1987
108. Renato Curdo, Mauro Rostagno: Proposta di foglio di lavoro, dattiloscritto originale,
Trento 17 dicembre 1968, archivio della rivista Tracce.
109. Vedi: L'Italia delle stragi 1. Da Portello, della Ginestra alla strategia della tensione, nella
relazione della Commissione stragi, Il Minotauro 1997
P ier P a o lo Favolilii/Il cineinu in c o r p o

Cap.II
i;u to p ia del d o lo r e 1 9 6 4 /1 9 6 7

1. Jean-Luc Godard: II cinema è il cinema, Garzanti 1981, pag. 150


2. Jean-Luc Godard: pag. 339, op. cit.
3. Carlo L. Ragghiami: Arti della visione I. cinema. Einaudi 1975, pag. 218
4. Vedi: Storia generale del cinema, I/II/1ÌI, 1832/1929, Einaudi 1965. di Georges Sadoul; 4r-
cheologia del cinema, di C. W. Gerani, Mondadori 1966; Hollywood, l'era del muto, ili Kevin
Brownlmv (fotografie di John Kobaì), Garzanti 1980; I Lumière, Pinvenzionc del cinema, di Ber­
nard Chardère, Guy c Marjorie Borgé, Marsilio 1986
5. Biografie su Pier Paolo Pasolini e schede filmiche di Sopralluoghi in Palestina, riportano Al­
do Pennelli come operatore del film. Pasolini, quando parla di questi materiali filmici, ricorda
come operatore un certo Martelli della Settimana Incori. Vedi: Le regole di un'illusione, di Pici-
Paolo Pasolini, a cura di Laura Betti e Michele Gulinucei, Associazione ‘'Fondo Pier Paolo Pa­
solini” , 1996, pag. 91
6. Lucio Settimio Caruso, in: Il Vangelo secondo Matteo, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1994,
pag. 24
7. Maurizio Ponzi: Pier Paolo Pasolini. Quaderno Aiace n. 9, 1972, pagg. 20/21
8. Pier Paolo Pasolini, pag. 24, cit. sopra
9. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, di Barili David Schawrtz, Marsilio 1995, pagg.
607/608
10. Ugo Casiraghi: U t ilità, 5 settembre 1964
11. Michel Cournot: in Pier Paolo Pasolini, di Sandro Petraglia, La Nuova Italia 1974. pag. 63
12. Giovanni Urbani, in: Pasolini requiem, pag. 639, op. cit.
13. Vedi: Sartre e Beauvoir al cinema, a cura di Sandra 'Peroni e Andrea Vannini, La bottega
del cinema 1987
14. Vedi: Elogio della diversità e sabotaggio della civiltà dello spettacolo, di Pino Bertelli. Trac-
cEdizioni 1993
15. E.M. cioran: Squarta merito, Adelphi 1981, pag. 47
16. Pici* Paolo Pasolini: I film degli altri, a cura di Tullio kezich, Guanda 1996. pag. 59
17. Gian Carlo Ferretti: Letteratura e ideologia: Passarti, Cassola, Pasolini, Editori Riuniti
1964, pag. 17.5
18. Friedrich W. Nietzsche: Così parlò Zarathustra, Adelphi 1986, pagg. 246/24*
19. Ucrrnann Desse: Siddharta, Adelphi 1991, pag. 46
20. Vedi: Era9Dolcino e la setta degli apostolici, di Cesare Violini e Mauro Italo Mazzone, So­
cietà Subalpina Editrice 1942, pagg. 45/48
21. Vedi: Era' Dolcino, nascita, vita e morte di un'eresia medievale, a cura di Raniero Orioli,
Europea 1987, pag. 35
22. Friedrich W. Nietzsche: Così parlò Zarathustra, pag. 352, op. cit.
23. Pier Francesco Gasparetto: Ilisloria di fra ' Dolcino, Edizioni Paoline 1987, pag. 9
24. In: Era9Dolcino e la setta degli apostolici, pagg. 119/120, op. cit.
25. Vedi: I martiri del libero pensiero, di Giulio Barni, Bastogi 1982
26. Vedi: Teologia della liberazione, di Gustavo Gutierrez, Queriniana 1981
27. Lorenzo Milani, in: Don Milani, quel priore seppellito a Parbiana, di Francesco Milanese,
Libreria Editrice Fiorentina. 1987
28. Lorenzo Milani: Scuola di Parbiana. Lettera a una jtrofessoressa, Libreria Editrice Fio­
rentina 1983
29. Lorenzo Milani: Il catechismo di Don Lorenzo Milani, a cura di Michele Gesualdi. Libreria
Editrice Fiorentina 1983
30. Leonardo Boff: Una prospettiva di liberazione, la teologia, la chiesa, i pot eri. Einaudi 1987
31. Pier Paolo Pasolini: Poesia in forma di rosa. Garzanti 1964, pag. 62
32. Pier Paolo Pasolini: Il Vangelo secondo Matteo, Garzanti 1994, pag. IV
P ino B ertelli

33. Adelio Ferrerò: II cinema di Pier Paolo Pasolini. Marsilio 1994, pag. 58
34. Pier Paolo Pasolini: L'usignolo dello chiesa cattolica. Einaudi 1976, pag. 85
35. Pier Paolo Pasolini: Cit. a memoria
36. Alberto Moravia: L'Espresso. 4 ottobre 1964
37. Pier Paolo Pasolini: Il Vangelo secondo Matteo, Garzanti 1994, pagg. 14/15
38. Vedi: Pasolini requiem, pag. 643. op. cit.
39. Vedi: Apocalisse, di Giovanni, a cura di Cesare Angelini, Einaudi 1972. pagg. 11/17/55
40. Vedi: Il Vangelo secondo Matteo, pagg. 73/89. op. cit.
41. Raoul Vaneigcm: Il movimento del libero spirito. Indicazioni e testimonianze sugli affiora­
menti della vita alla superficie del Medioevo del rinascimento incidentalmente della nostra epo­
ca. Nautilus 1995, pagg. 41/42
42. Vedi: Pasolini requiem, pag. 668. op. cit.
43. Vedi: Uccellarci e uccellini, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1966, pagg. 7/31
44. Ernst Jtinger: Lo stato mondiale. Organismo e organizzazione, Guancia 1998, pag. 19
45. Pier Paolo Pasolini in: Cinema A Eilm, n. 1, inverno 1966-67, pag. 4
46. Pier Paolo Pasolini in: Cinema & Film” , pag. 5, op. cit.
47. Lino Micciché: Avanti!. 12 maggio 1966
48. Mino Argentieri: Rinascita, XXIII, 21.21 maggio 1966
49. Guido Fink: Cinema Nuovo, XV, 184, novembre-dicembre 1966
50. Alberto Moravia: L’ Espressso, 15 maggio 1966
51. Vedi: Microfisica dei poter i, Einaudi 1977; Sorvegliare e punire, Einaudi 1976: L'ordine del
discorso, Einaudi 1972 di Michel Foucault
52. Vedi: L’ovvio e l'ottuso, Einaudi 1985: Barthes di Roland Barthes, Einaudi 1975: La grana
della voce, Einaudi 1986 di Roland Rarthes
53: Vedi: Ai viventi sulla morte che li governa e sulPopportunilà di disfarsene, Nautilus 1998
54. Pier Paolo Pasolini, in: Cinema A Film, n. 1, pag. 6, op. cit.
55. Serafino Murri: Pier Paolo Pasolini, Il Castoro Cinema 1994, pag. 66,
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57. Hannah Arendt: Le origini del totalitarismo. Comunità 1967, pag. 640
58. Vedi: Oltre la linea, di Ernst Jiinger e Martin Heidegger, Adelphi 1989
59. Vedi: I na stanza tutta per sé, di Virginia Wolf, SE 1993
60. Vedi: Racconti c-assidici. I dieci gradini della saggezza, di Martin Buber, Red 1997, pag. 71
61. Vedi: Un film ài Pier Paolo Pasolini, Uccellarci e uccellini, di Pier Paolo Pasolini, Garzan­
ti 1966
62. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un’illusione, pag. 131, op. cit.
63. Vittorio Paliotti: Totò il principe del sorriso, Fiorentino 1987, pag. 166
64. Pino Bertelli: Luis Huhuel. Il fascino discreto delVanarchia, BFS 1996. pag. 77
65. Pier Paolo Pasolini: Un film di Pier Paolo Pasolini. Uccellacci e uccellini, pag. 57, op. cit.
66. Franco Fortini: Cit. a memoria
67. Enrico Ghezzi: Cose (mai) dette. Fuori orario di fuori orario. Bompiani 1996, pag. 92
68. Adelio Ferrerò: Il cinema di Pier Paolo Pasolini, pag. 73, op. cit:
69. Vedi: LAnarchia. Storia dei movimenti libertari nel mondo, di Domenico Tarizzo. Monda-
dori 1976
10. Max Stirner: L'unico e la sua proprietà. Vulcano 1977
11. Breve sfocia del mondo, di Ernst IT. Gombrich, Salani 1997
72. Pier Paolo Pasolini: Cinema A Film, n. I, inverno 1966-67, pag.4
73. Pier Paolo Pasolini: Cinema A* Film. il. 1. inverno 1966-67, pag.5
74. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un’illusione, pag. 127, op. cit.
nl5. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un ’illusione, pag. 128, op. eit.
76. Luigi Faccini, in: Cinema A: Film, n. 1, pag. 6, op. cit.
77. Luigi Farcini, in Cinema & Film, n. 1, pag. 63. op. cit.
78. Luigi Faccini, in: Cinema & Film, n. 1, pag. 64, op. cit.
i9. Roman Jakobson, in: Cinema & Film, n. 2, primavera 1967, pag. 160
80. Roman JakoI)son, in: Cinema & Film, pag. 164-, op. citata sopra.
8J. Christian Metz. in Cinema & Film, pag. 171, op. citata sopra.
82. Christian Metz, in Cinema & Film, pag. 172. op. citata sopra.
83. Jean-Luc Godard: Cit. a memoria
84. Christian Metz: Linguaggio e cinema, pag. 97, op. cit.
85. Jean-I.nc Godard: Il cinema è il cinema. Garzanti 1981, pag. 99
86. Pier Paolo Pasolini: Empirismo eretico. Garzanti 1972.
87. Pier Paolo Pasolini: Empirismo eretico, op. cit.
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mine. Tirrenia-Stampatori 1979
89. Felix Guattari: La rivoluzione molecolare, Einaudi 1978
90. Roland Barthes, in: Dentro Fimmagine. Il cinema tra strutturalismo e semiologia. pag. 57,
op. cit.
91. Vedi: Dentro Fimmagine. Il cinema tra strutturalismo e semiologia, pagg. 1/26. op. cit.
92. Pino Bertelli: La macchinaicinema e Fimmagìnario assoggettato. Trattato di liberazione de­
gli sguardi, Nautilus 1987
93. Vjaceslav Ivanov, in: Dentro lo schermo..., pag. 166, op. cit.
94. Vedi: Andrej Tarkovskij: Scolpire il tempo, Ubulibri 1988
95. Luigi Faccini, in: Cinema & Film, n. 2, primavera 1967, pag. 179
96. E la lettura cinematografica alla quale si affrancano Metz, Barthes, Pasolini...
97. Francesco Casetti, Federico Di Olio: Analisi del film, Bompiani 1990, pag. 158
98. Roland Barthes, in: /Vuovi Argomenti, n. 2, aprile-giugno 1966
99. Pier Paolo Pasolini: Un film di Pier Paolo Pasolini..., pag. 10, op. cit.
100. Vedi: Appunti per una semiologia delle comunicazioni visive, di Lmherto Eco. Bompiani
1967: Cinema: lingua e scrittura, di Gianfranco Bettetini, Bompiani 1968: Semiotica ed estetica
di Emilio Garroni, Laterza 1968
101. Marshall McLuhan: Gli strumenti del comunicare. Il Saggiatore 1979
102. Vedi: L'utopia o la migliore form a di repubblica, di Thomas More, Laterza 1993
103. Il annali Arendt: Sulla rivoluzione. Comunità 1996, pag. 124
104. Vedi: L'utopia e le sue form e, a cura di Nicola Matteucci, 11 Mulino 1982; Inopie degli an­
ni ‘HO, a cura di Giuseppa Saccaro Del Buffa, Arthur O. Lewis, Gangenii 1986: Ideologici e uto­
pia, di Karl Mannheim, Il Mulino 1965; L’utopia selvaggia, a cura di Emanuele Amodio, La
Fiaccola 1981
105. Carlo Pisacane: Saggio sulla rivoluzione, a cura di Giaime Pintor, Einaudi 1956, pag. 17
106. Carlo Pisacane, pag. 229, op. cit.
107. Vedi: Le regole di un illusione, di Pier Paolo Pasolini, a cura di Laura Betti e Michele Gu-
linueci, Associazione “ Fondo Pier Paolo Pasolini” 1991. pagg. 131/135
108. Sandro Petraglia: Pier Paolo Pasolini, pag. 81, op. cit.
109. Goffredo Fofi, in: Ifilm di Pier Paolo Pasolini, di Luciano De Giusti, Gremese 1983, pagg.
79/80
110. Pier Paolo Pasolini, in: Filmcrilica, n. 174, 1967
111. Vedi: Fotogenia. Storie e teorie del cinema, il colore nel cinema, n. 1, Clueb 1994
112. Pier Paolo Pasolini: Pier Paolo Pasolini. Il cinema informa di poesia, Ginemazcro, 1979.
pag. 65
113. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, pag. 707, op. cit.
114. Giulio Cesare Castello, in: Bianco e Nero, XXIX. 7-8, luglio-agosto 1968
115. Giuseppe Turroni. in: Filmcritica, XIX, 191, settembre 1968
116. Vedi: Pier Paolo Pasolini, di Sergio Areeoo, Partisan 1972
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118. Vedi: 'fatò Fuomo e la maschera, di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli 1977
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337
Pino Bertelli

120. Pier Paolo Pasolini, in: Tato, di Franca Caldini e Goffredo Fofi, pag. 296, op. cit.
121. Totò, in: Le regole di un illusione, pag; 150. op. cit.
122. Vedi: L'angelo raduto. di Steve Turncr, Fazi 1997. pag. 15
123. Vedi: Della miseria nelTambiente studentesco. Considerala nei suoi aspetti economici, po­
litici, psicologici, sessuali e soprattutto intellettuali, e di qualche mezzo per porvi rimedio, di
Musthapha khayati, Nautilus 1988: La società dello spettacolo, di Guy E. Debord, Vallecchi
1979: Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni. di Paoni Vaneigeni, Vallecchi
1973
121. Vedi: Rovesciare il mondo. Storia dellTnternazionale Situazionista. di Jean-Francois Nlar-
tos, SugarCo 1991. pag. 140
125. Jean Baudrillard: La trasparenza del male. SugarCo 1991. pag. 47
126. Vedi: Il caos. Le leggi del disordine, a cura di Giulio Casati, Le scienze 1991
127. Pier Paolo Pasolini, in: Cinema & Film, inverno 1966-67. op. cit.
128. Friedrich W. Nietzsche: Così parlò Zarathustra, Editrice Apuana 1935-36
129. D. A. De Sade, Cit. a memoria
P ier P a o lo P asolin i/!! cin em a in c o r p o

Gap. Ili
La trasfigurazione delTirrealtà 1966/1970

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2. Sigmund Freud: Opere, 1899, voi. 3°, Boringliieri 1984. pagg. 212/243
3. Gilles Deleuzc/Félix Guattari: L'anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia. Einaudi 1979. pagg.
186/190
4. Rate Millett: Sita. L'amore di una donna per una donna, Kaos 1993. pag. 20
5. Roland Barthes: Incidenti, Einaudi 1990. pag. 43
6. Pino Bertelli: Elogio della diversità, TracoEdizioni 1993, pag. 25
7. Alberto Moravia in: L'Espresso, 17 settembre 1997
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9. Pier Paolo Pasolini: Edipo re, pag. 320, op. eit.
10. Pier Paolo Pasolini, in: Le regole di un'illusione, a cura di Laura Betti e Michele Guidinoci,
Associazione “ Fondo Pier Paolo Pasolini’', 1991, pag. 156
1J. Franco Citti, in: Le regole di un'illusione, pag. 1059, op. cit.
12. Alberto Moravia: L'Espresso, 17 settembre 1967
13. Marguerite Duras: Il nero Atlantico. Mondadori 1998, pag. 77
14. Paolo Valmarana, in: Il Popolo, 4 settembre 1967
15. Paolo Bertetto: Ombre Rosse, dicembre 1967
16. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 160, op. cit.
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21. Pino Bertelli: L'angelo del non-dove, TracoEdizioni 1996
22. David Robinson, in: Da Sodoma a Hollywood, fotogrammi sovversivi attraverso cento anni
di cinema. a cura di Marina Ganzerli, Loredana Leeonte, Giovanni Minerba, L’Altra Comuni­
cazione 1995, pag. 7
23. Pino Bertelli: Cinema e diversità 1895-1987: storie di svantaggio sul telo bianco. Maschera­
mento. mercificazione, autenticità, Notor Editore 1994. pag. 103
24. Vieri Razzini, in: l)a Sodoma a Hollywood, pag. 62, op. cit.
25. (Vico Naldini, in: Desiderio di Pasolini, a cura di Stefano Casi, Sonda 1990. pag. 18
26. Pier Paolo Pasolini: Le ceneri di Gramsci, cit. a memoria.
27. James Ilillman: Cuochi blu. Adelphi 1996, pag. 226
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29. Aldo Carotenuto: La strategia di Peter Pan, Bompiani 1995, pag. 127
30. .Aldo Carotenuto, pag. 142. op. cit.
31. Dario Bellezza: Morte di Pasolini, Mondadori 1995
32. Enzo Siciliano: Vita di Pasolini. Giunti 1995
33. Vedi: Il '68 senza Lenin ovvero: la politica ridefinita. Testi e documenti, a cura di Goffredo
Foli e Michele Colucci, E/O 1998, pag. 26
34. Vedi: l'orda d oro, 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esi­
stenziale, di INanni Balestrilo c Primo Moroni, Sugarco 1988, pag. 156
35. Renato Curdo. Mauro Roslagno: Proposta di foglio di la voro. 1968 (dattiloscritto originale
conservato nell'archivio della rivista Tracce).
36. Renato Curdo: 4 viso aperto, intervista di Mario Scialoja, Mondadori 1993, pag. 212
37. Roberto Guiducci: La disuguaglianza fra gli uomini. Rizzoli 1977. pag. 21
38. Vedi: Codice della natura, di Morelly, a cura di Enzo Piscitelli, Einaudi 1975
39. Vedi: Dialoghi del terrore, i processi ai comunisti italiani in Unione Sovietica 1930-1940, a
cura di Francesco Bigazzi e Giancarlo Lehncr, Ponte alle Grazie 1991
P ino Bertelli

40. Vedi: Il genocidio degli ebrei d'Europa, di Bruno Sepi e, li Saggiatore. Flammarion 1908
41. Vedi: Formidabili quegli anni, di Mario Capanna, Rizzoli 1988
42. Vedi: L’Orestiade. traduzione di Pier Paolo Pasolini, Einaudi 1996
42. Pier Paolo Pasolini, in: Le regole di un illusione, pag. 180. op. eit.
44. Pier Paolo Pasolini: Inodore dell'India. Longanesi 1974. pagg. 111/1 12
45. Sandro Petraglia: Pier Paolo Pasolini, La Nuova Italia 1974, pag. 9049. Vedi: Teorema, di
46. Pier Paolo Pasolini, Teorema, Garzanti 1994
47. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 180. op. eit.
48. Vedi: Illuminazioni, di Arthur Riinbaud. SE 1986: Elegie duinesi. di Rainer Maria Rilke,
Fabbri 1997: Duende. Teoria e giuoco, di Federico Gareia Lorea. Semar 1996: L'angelo stermi­
natore (1961), film di Luis Bunuel
49. Pino Bertelli: L'angelo del non-dove. Encomio sull'eresìa dell’amore e sulla ribellione del
cuore dei ladri di sogni, Traci-Edizioni 1996
50. Vedi: Per una storia del movimento operaio, di Vittorio Eoa, Einaudi 1980
51. Pino Bertelli: Luis Bunuel, Il fascino discreto dell'anarchia, BFS, 1996. pag. 92
52. Felix Guattari: La rivoluzione molecolare, Einaudi 1978, pag. 15
53. Sandro Petraglia: Pier Paolo Pasolini, pag. 94. op. eit.
54. Pier Paolo Pasolini in: Le ceneri di Grajnsci. (Le poesie). Garzanti 1971
55. Koala Jewell: Pier Paolo Pasolini, una storicità poetica. Empirìa 1997, pag. 30
56. Pier Paolo Pasolini: Cit. a memoria.
57. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un’illusione. pag. 180. op. eit.
58. Giovanni Grazzini: Corriere della Sera. 6 settembre 1968
59. Padre Caludio Sorgi: L'Osservatore Romano. 7 settembre 1968
60. H.H.: Filnis in Review, New York, 6 June 1969 (citato da Luciano Giusti. I film di Pier Pao­
lo Pasolini, pag. 99. op. cit.)
61. Pier Paolo Pasolini: Cinefonim, IX, maggio 1969
62. Laura Betti: Le regole di un'illusione, pag. 185, op. cit.
63. Anne Wiazemskv: Le regole di un’illusione, pag. 184, op. cit.
64. Pier Paolo Pasolini: Cit. a memoria
65. Pier Paolo Pasolini: Pasolini requiem, pag. 741, op. eit.
66. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 182, op. eit.
67. Pier Paolo Pasolini: Cit. a memoria
68. Vincenzo Patanè. in: Lo schermo velato, di \ ito Russo, Baldini & Castoldi 1999. pag. 450
69. Pino Bertelli: Cinema e diversità 1895-1987. Storie di svantaggio sul telo bianco. Masche­
ramento. mercificazione, autenticità, Notor Editore 1994
70. Vito Russo: Lo schermo velato, di Vito Russo, Costa X Nolan 1984
11. Vedi i libri di lettura estiva, buoni per signori X signore di tutti* le età c ogni ceto sociale, del
gesuita .Anthony de Mello: Messaggio per un ’aquila che si crede un pollo. La lezione spirituale
della consapevolezza. Piemme 1997 o Chiamati all'amore. Conosci te stesso per essere felice.
Mondadori 1997
1 2 . N e l m i o l i b r o ( o l o g r a f i c o . Il p a n e & le r o s e d e l l a f o t o g r a f i a d i s t r a d a ( T r a c e - E d i z i o n i 1 9 9 8 ) . h o r i c o r d a t o In m i a a m i c i ­

z i a g i o v a n i l e c o n P i e r P a o l o P a s o l i n i e il n o s t r o i n c o n t r o n e i g i o r n i d e l l a c o n t e s t a z i o n e d e l l a M o s t r a d e l C i n e m a a V e n e z i a
nel 1968.

/ m i g l i o r i a n n i d e l l a n o s t r a v ita e n i e n t e b a c i s id la h o r c a

L a p r i m a m a e e h i n a f o t o g r a f i c a m e l 'h a r e g a l a t a P i e r P a o l o P a s o l i n i , n e l 1 9 5 8 . A v e v o q u i n d i c i a n n i . F r a u n a K o l l e i . . . c o n
u n a b o r s a d i p e lle n e r a e l 'i n t e r n o r o s s o c a r d i n a l e . F a c e m m o a l c u n e f o t o g r a f i e a lla s t a z i o n e d i L i v o r n o . . . u n m a r i n a i o c o n
gli o c c h i a l i e u n s a c c o d i t e la s u l l e s p a l l e , u n a s i g n o r a c o n i c a p e l l i r a c c o l t i a t r e c c i a e u n v e s t i t o l e g g e r o - l c g g e r o c h e a d o g n i
p a s s o s e m b r a v a v o l a r e v i a . . . g u a r d a v o il s e n o g o n f i o e i c a p e z z o l i c h e gli l i n e a v a n o le r o s e t a t u a t e s u l v e r d e . . . l e l a b b i a e r a ­
n o r o s s o - f r a g o l a d a i n z u p p a r e n e l l a t t e c il s u o p r o f u m o s a p e v a d i p i n i d i m a r e . . . s c h e r z a v a c o n d e i r a g a z z i s g u a i a t i e u n v e t ­
t u r i n o . a p p o g g i a t a a d u n c a l e s s e e o i c a v a l l o b i a n c o a t o p p e m a r r o n e d e g l i i n d i a n i . . . d i t r a v e r s o , f i s s a i s u l l a p e l l i c o l a il v o l t o
d i u n b a m b i n o p i c c o l o - p i c c o l o c h e si t e n e v a s ù c o n u n a s t a m p e l l a d i l e g n o , c h i e d e v a q u a l c h e s o l d o a i p a s s a n t i , in u n g i a r d i ­
n o c o n gli a l b e r i p o p o l a t i d i u c c e l - l a e e i e u c c e l l i n i .

A n d a m m o s u l l a s p i a g g i a , t r a gli s t a b i l i m e n t i c i n e m a t o g r a f i c i d i T i r r e n i a . F o t o g r a f a i u n a b a m b i n a m o r a , s p o r c a , s c a l z a . . . s e -
P ier P a o lo PasoKiu/Il cinem a in c o r p o

( l u t a s u u n l i u l o n e a r r u b i n i l o d i l i e n / . i n u a i b o r d i d u l i a s t r a d a . . . p o i Ir g a m b e d i u n a s i g n o r a c h e p r e n d e v a il s o l e c o n il v e ­
stito t ir a t o sù f i n o a lle m u t a n d in e b i a n c h e . . . m i p i a c e v a n o le su e s c a r p e d i c o r d a n e r e , le g a le i n t o r n o a lla c a v ig lia . C h i e d e ­
v o a P a s o l i n i c o m e f a r e p e r le c o s e t e c n i c h e . . . Ini t o c c a v a q u a l c h e l e v e t t a e p o i d i c e v a - " m e t t i a I n o r o e s c a t t a . . . n o n p e n ­
s a r e t r o p p o a q u e l l o ehi* v e d i , f o t o g r a f a q u e l l o c h e t i a t t r a e , e l l e ti a f f a s c i n a , e l l e li i n c u r i o s i s c e . . . " N on c a p iv o b en e q u e l­
l e d i a v o l e r i e d e l l a l u e e . . . p e r ò m i d i v e r t i v o m o l t o e d o g n i v o l t a c h e g u a r d a v o in q u e U o c c h i o q u a d r a l o , s u c c e d e i a q u a l c o s a
t r a m e e e h i a v e v o d a v a n t i . . . m i t r e m a v a la p e l l e .
D o p o q u a l c h e g i o r n o , v e n d e t t i la f o t o c a m e r a ( a n c o r a c o n il r u l l i n o d e n t r o ) a u n c e n c i a i o c h e c h i a m a v a n o "T ^enin". p e r a n ­
d a r e c o n u n a p u t t a n a b i o n d a c h e s o m ig lia v a tutta a M a r ily n M o n r o e . . . m i e r o i n n a m o r a t o d e lle s u e c a lz e n e r e a r e t e , q u a n ­
d o vid i al S u p e r c in e m a di P i o m b i n o , tre o q u a t t r o v o lte d i s e g u ilo "F e r m a lo d 'a u t o b u s " . E r o u n " r a g a z z o d i s tr a d a " ( c o m e
t a n t i ) . . . c r e s c i u t o t r a le m a c e r i e d i u n a g u e r r a a p p e n a m o r t a , i f u c i l i d e i p a r t i g i a n i ( a n c o r a c a l d i ) e l ’ A m e r i c a in b i a n c o <$:
n e r o d i " F r o n t e d e l p o r t o " . P e r ò n o n e r a n o g i o r n i t r i s t i . C o l " g o b b o " si r a c c a t t a v a n o i p e s c i d e i b o m b a r o l i s u l f o n d o d e l m a ­
r e . si s c a r i c a v a n o i p r o i e t t i l i d i m i t r a g l i - a t r i c e p e r r e c u p e r a r e il r a m e e l ' o t t o n e , c o n la p o l v e r e n e r a si f a c e v a n o i " b o l l i " p e r
il c a r n e v a l e . C o n i s o l d i c h e c i d a v a i l " C o i n o " ( u n o s t r a e c i v e n d o l o ) s ' a n d a v a d a " R a d i o " a c o m p r a r e b l u e - j e a n s , c a m i c i e a
f i o r i u s a t e e t u t t i i g i o r n i a l " c i n e " . . . p o i a s c a l d a r s i ( i n s i e m e ) t r a l e g a m b e d i R i a n e a m a r i a la p u t t a n a ( c h e s t a v a in u n l a i c o
a lle “ m a c e r i e ” ).
P i c c o l a d i g r e s s i o n e e r o t i c a : A v e v o c o n o s c i u t o P a s o l i n i n e l 1 0 5 7 . S u u n a s p i a g g i a d i L i v o r n o , v i c i n o a i R a g n i P a n e - a l d i . F .ra
i n s i e m e a d u e r a g a z z e ( e l i o p o i h o v i s l o i n t a n t i f i l m d e g l i a n n i ' 6 0 ) . C o n il " g n i d i o " e il " m a n c i n o " a v e v a m o r u b a t o in u n a v i l ­
le tta ... u n a r a d i o , u n a b ic ic le t t a , d e lle m e d a g lie d i g u e r r a d 'a r g e n t o , u n o r o l o g i o a c u c i i , d e lle b i r r e s tr a n ie r e e u n g r o s s o c o ­
c o m e r o . . . c i b u t t a m m o in m a r e m i d i e f e l i c i . Q u a n d o u s c i d a l l ' a c q u a e o i c o c o m e r o s o t t o il b r a c c i o , il ' m a n c i n o " e il " g o b b o "
s t a v a n o g i à t r a f f i c a n d o c o n gli o t t o n i d i u n m o t o s c a f o a r e n a t o . . . u n a d e l l e r a g a z z e m i c h i e s e u n p o ' d i c o c o m e r o . . . l o s p a c ­
ca i su u n o s c o g l i o , c h i a m a i i m ie i a m i c i , b r u c i a m m o u n p a i o d i s e g g io le e u n t a v o l i n o e ci m e t t e m m o i n t o r n o al f u o c o a m a n ­
g ia re c o c o m e r o , b e r e b i r r a c a ld a e a r i d e r e d i n ie n te .
P a s o l i n i p a r l a v a p o c o , f a c e v a d o m a n d e . . . c o m e v i v e v a m o , se c i p i a c e v a l e g g e r e , q u a l i e r a n o i n o s t r i s o g n i . . . il " m a n c i n o ' d i s ­
s e c h e s i r u b a v a p e r a v e r e q u e l l o c h e h a n n o gli a l t r i e d e r a g i u s t o c o s ì . . . il " g o b b o " a g g i u n s e c h e p r i m a o p o i a v r e m m o f a t t o
u n " c o l p o g r o s s o " e s a r e m m o s c a p p a t i in A m e r i c a a f u m a r e s i g a r t n e i b o r d e l l i , a s c o l t a r e il v v o o g ie b o o g i e e v i v e r e s u l l a s p i a g ­
g ia d o v e i " c a v a l l o n i " s o n o a lti c o m e i p a l a z z i a l t i . . . i o a v r e i v o l u t o c o n o s c e r e B l i s t e r K e a t o n . a n d a r e a v e d e r e l ' A u s t r a l i a o
l'A fr ic a in b a r c a a v e la e le g g e r e fu m e tti a m e r i c a n i . . . s e n z a u n f ilo d 'i m b a r a z z o d is s i c h e p o t e v a m o f a r e a n c h e d e lle " m a r ­
c h e t t e ", m a s o l o u n " p o m p i n o " e n ie n t e b a c i s u lla b o c c a .
R i c o r d o g li o c c h i a l i n e r i d i P a s o l i n i s u l l a s a b b i a . . . l a g o b b a d e l " g o b b o " m i s e m b r a v a u n d e l f i n o d ' a r g e n t o i l l u m i n a t o n e l l a
n o t t e . . . n o n r i u s c i v o p i ù a v e d e r e l a t e s t a d e l " m a n c i n o * a f f o n d a t a i n n o n s o q u a l i c o s c e . . . l a " f r a n c e s i n a " c o n la " c o d a d i c a ­
v a l l o " . m i l e c c a v a il r o s s o d e l c o c o m e r o c l i c s c e n d e v a d a l l a l i n c e a e s c i v o l a v a s u t u t t o il c o r p o , f i n o a r a g g i u n g e r e l ' a n i m a a l ­
l ' i n f e r n o . . . q u e l l a n o t t e f u d a v v e r o " b r a v a " , le s t e l l e n o n s t e t t e r o a g u a r d a r e e u n a l u n a p u t t a n a e b l u c i p o r t a v a l a g g i ù d o ­
v e f i n i s c e il c i c l o e d o v e c o m i n c i a il m a r e .
C o n P a s o lin i c i v e d e m m o a n c o r a q u a lc h e e s ta te , b r e v e m e n t e , d a a m ic i... d a " c o m p a g n i d i s tr a d a " c r e d o , c o in è lo s o n o sta to
di C a r lo C a s s o la . P ie t r o B ia n c o n i. L u c ia n o B ia n e ia r d i. E n z o A p rea . G ia n fr a n c o B c r to li. R e n a to C u c c io . G o ffr e d o l o fi.
F r a n c o F o r t i n i . P i o B a l d e l l i . M a u r o R o s t a g n o . G i a n n a C i a o P o i n t e r . .A lda M e r i n i , p a d r e F . r n e s t o R a l d u c e i . . . h o c o m i n c i a t o
a f a r e f o t o g r a f i e , f i l m - d o c u m e n t a r i , a d o c c u p a r m i d i c i n e m a c o m e c r i t i c o . . . h o f a t t o il c o n t r a b b a n d i e r e d i s i g a r e t t e <• d i w h i -
s k e y . f o n d a t o u n a p i c c o l a c a s a e d i t r i c e ( T r a c e F .d i z i o n i ) e la r iv is t a d i c r itic a r a d i c a l e " T r a c c e " . D i r e t t o g i o r n a l i e r iv is te d 'i m ­
p e g n o s o c i a l e , s c r i t t o s a g g i s u l c i n e m a , f o t o g r a f i a , c a n z o n i e f a v o l e p e r b a m b i n i d i t u t t e le e t à . S o n o r i u s c i t o a s u b i r e a n c h e
s e t t e o o t t o p r o c e s s i p o l i t i c i m a q u e l l o c h e h o s e m p r e p e n s a t o è c h e là d o v e le n o s t r e a l i s i s f i o r a n o , i n o s t r i c u o r i si d a n n o
del tu .
A id i d i n u o v o P a s o l i n i a V e n e z i a , n e l 1 9 6 8 . L u i p r e s e n t a v a a l l a X X I X M o s t r a d e l C i n e m a , il s u o f i l m " T e o r e m a " . i o f a c e v o
d e i " c i n e g i o r n a l i " ( i n U m ili) s u l l e r i v o l l e g e n e r a z i o n a l i p e r u n g r u p p o d e l l a S i n i s t r a e x - l r a p a r l a m e n t a r e . . . m i r a c c o n t o d i J a c k
K e r o i i a o e d i q u e l s u o m o d o d i s c r i v e r e l a r e a l t à u r b a n a , d i . l u l i a n B e c k , c h e a v e v a r i v o l u z i o n a t o il t e a t r o m o d e r n o , d e l r o c -
k n 'r o ll d i K lv is P r e s l c y . P a r l a i a m o l t o . Q u a s i a d i s a g i o p e r la f r e t t a . G li p a r l a i d e H ’ l n t e n i a z i o n a l e S it u a z io n i-it a ( A s g e r J o r n ,
G u y D e h o r d . G i a n f r a n c o S a n g u in e t li. L u c a C a s t e lla n o . R a o u l Y a n e ig e m ). d e ll'u t o p ia a n a r c h ic a /lih e r t a r ia ( E r r i c o A la la te sa .
C a r lo P is a e a n e . F r a n c is c o F e r r e e . M a x S t ir n e r )... d e lla te o lo g ia d e lla lib e r a z io n e (C a n tilo T o r r e s . L e o n a r d o Boff. G u stavo
G u t i e r r e z ) . . . l u i t i r ò f u o r i R o l a n d B a r t h e s . la " s e m i o l o g i a s c r i t t a d e l l a r e a l t à " , l a r a b b i a m o n t a n t e d e l T e r z o m o n d o e le s u e
t e o r i e s u l l a R e s i s t e n z a t r a d i t a d a l P C I . . . m i s e m b r a v a d i c a p i r e c h e il " s o g n o d i u n a c o s a " c h i a m a t o "comuniSmo" p e r lu i e r a
t r a m o n t a t o p e r s e m p r e e la s p e r a n z a d i u n 'u iu a n it à m ig lio r e n o n r is ie d e v a n e lle s o c ie t à m o d e r n e m a n e lla r i s c o p e r t a d e i v a -

lo ri u t o p is t ic i e d e l l o r o r e c u p e r o su lle V ie d e i C a n ti d i u n a c iv iltà p e r d u t a .
A P i a z z a S . M a r c o la p o l i z i a c a r i c ò il c o r t e o d e i m a n i f e s t a n t i ( s t u d e n t i , o p e r a i , i n t e l l e t t u a l i , c a s a l i n g h e ) . . . P a s o l i n i . M a r e o
F e r r e r i . C e s a r e Z a v a t t i n i . E g o G r e g e i - e t t i . F r a n c e s c o M a s c h i . V a l e n t i n o O r s i n i . . . o c c u p a r o n o il P a l a z z o d e l C i n e m a e f u r o ­
n o p r o c e s s a t i . " T e o r e m a " f u s e q u e s t r a l o p e r o s c e n i t à ( p o i a s s o l t o c o m e o p e r a d a r l e ) . T o r s e , In d a v v e r o I u l t i m a v o l t a c h e
l a f a n t a s i a c e r c a v a d i s o t t r a r r e a l p o t e r e l a f e r o c i a , p e r c o n q u i s t a r e il d i r i t t o d i a v e r e d i r i t t i a u n m o n d o p i ù g i u s t o e p i ù
u m a n o p e r t u t t i . F o r s e , l e g e n e r a z i o n i f u t u r e n o n c o n o s c e r a n n o p i ù " n é g li o p e r a i n e i c o n t a d i n i " ( P i e r P a o l o P a s o l i n i ) . . . H o
s e m p r e p e n s a t o c h e i m i g lio r i a n n i d e l l a n o s t r a v ita s o n o q u e lli c h e d o n i ag li a ltr i s e n z a c h i e d e r e p e r c h é . . . d a l p r i m o a t t o di
d i s o b b e d i e n z a è n a t o a n c h e il p r i m o a t t o d i l i b e r t à . . . U n p o r l a v e d e , s c r i v e , d i p i n g e , f i l m a , f o t o g r a f a , s o g n a a d o c c h i a p e r ­
ti q u e l l o c h e gli i m b e c i l l i c r e d o n o d i a v e r c a p i t o v e n t i a n n i d o p o .
C o n P a s o l i n i r i r i v e d e m m o a n c o r a n e l 1 9 7 1 . in a g o s t o o s e t t e m b r e , a R o m a . . . v e n n e a v e d e r e u n a m i a d i a p r o i e z i o n e s o n o r a
( " T e c n i c h e e f u n z i o n a r i p e r un c o l p o d i S t a t o '’ ), s u t e s t i d i D a r i o F o c h e f e c i p e r r a c c a t t a r e f o n d i in f a v o r e d e l f e r r o v i e r e
a n a r c h ic o P in c h i ( q u e llo "b u tta to " d a lla fin e s tr a d e lla q u e s t u r a d i M ila n o nel '6 9 )... M e n tr e u n c e n t in a io di p e r s o n e e n t r a ­
v a n o r u m o r o s e in q u e l l a s e d e e x t r a p a r l a m e n t a r e , c i s e d e m m o s u i b o r d i d i u n a f o n t a n a «li T r a s t e v e r e , l ' a r q u a e r a f r e s c a , le
l u c i d e l l e f i n e s t r e a c c e s e - s u l l a n o t t e <• s u d i m e . in ’ i n r u r i o s i v a n o . . . t r a u n d i s c o r s o s u l l a " f i l o s o f i a d e l m a t t i n o " «li N i e t z s c h e e
il m i o a m o r e p e r la p o e s i a d i W a l t W h i t m a n . E m i l y D i e k i n s n n «• li* p a r o l e , t u t t e , «li M a r g u e r i t e D u r a s . . . g li c h i e s i d e l c i n e ­
m a . c o s a a v e v a v i s t o , «tosa gli e r a p i a c i u t o in q u e g l i a n n i . T i r ò c o r t o s u M i z o g u e l ù . D r e y e r e il N e o r e a l i s m o . E r a s t a t o f u l ­
m i n a t o d a l l a g r a n d e z z a e r e t u - a «li " B e l l a d i g i o r n o " , d a l l a b e l l e z z a p o l i t i c a «li " L a c i n e s e " e «la i c i n e m a d i g u e r r i g l i a d i ( d a u -
P in o B ertelli

b e r K o r l i a . P r i m a d i a n d a r e v i a ( d i p e r d e r s i n e l l e s t r a d e d e l l a n o t t e ) m i c h i e s e c o m e si c h i a m a v a m i o f i g l i o : " P e r P a o l o * , r i ­

s p o s i . S o r r i s e . M ot» r i i n c o n t r a m m o p i ù .

73. Vedi: Pasolini e il teorema del sesso. di Italo Moscati, 11 Saggiatore 1995, pag. 126
74. Vedi: Pasolini e il teorema del sesso, pag. 127, op. cit.
75. Vedi: Pasolini e il teorema del sesso, pag. 128, op. cit.
76. Vedi: Pasolini e il teorema del sesso, pag. 128. op. cit.
77. Joe MeA cigli: La chiesa del conflitto: Guerra e liberazione iti Irlanda. Edizioni della Batta­
glia 1998, pagg. 13/14/15
78. La giuria del Premio OCIC che si era pronunciata a favore di Teorema era composta da:
Marc Gervais (Canada), Raimundo Dinello (Uruguay), Negib lladdad (Siria). Phillip Ilarting
(USA), Italo Moscati (Italia), Jean Roehereau (Francia), Jules Segers (Belgio). Due componenti
della giuria, Jean Roehereau e NeRil.ll addaci, si rifiutarono di firmare il verbale.
79. Italo Moscati: Pasolini e il teorema del sesso, pag. 137, op. cit.
80. Gianni Volpi, Paolo Bertetto in : "Ombre rosse” , n. 6, gennaio 1968, pag. 40
81. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un illusione, pagg. 190/191. op. cit.
82. Lucio Settimo Caruso: pag. 191, cit. sopra
83. Vedi: Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Ilalyday, a cura di O. Stack. Guanda
1992, pagg. 129/130
84. Vedi: L'obbedienza non è più una virtù e altri scritti pubblici. di Don Lorenzo Milani, a cu­
ra di Carlo Galeotti, Stampa Alternativa 1998
85. Lea Vergine: Attraverso Parte. Pratica politica!pagare il *68, Arcana 1976. pag. XIII
86. Pier Paolo Pasolini: Empirismo eretico. Garzanti, 1972. pag. 155/159
87. Aedi: Mondo Nuovo, 23 giugno 1968
88. Raoul Aaneigem: Ai viventi, sulla morte che li governa e sull 'opportunità di disfarsene. Nau-
tilus 1998, pag. 92
89. Vedi: Il caos, b orren d o universo del consumo e del potere\ di Pier Paolo Pasolini, a cura
di Gian Cario Ferretti. Editori Riuniti 1995
90. Pier Paolo Pasolini, in: Il sogno del centauro, a cura di Jean Duflot, Editori Riuniti 1982.
pag. 89
91. Vedi: La nuova gioventù, di Pier Paolo Pasolini, Einaudi 1975
92. Vedi: In girimi imus nocte et consurnitnur igni, di Guy Debord. Mondadori 1998, pag. 10
93. Guy Debord: La società dello spettacolo, Edizione pirata, senza editore né data di pubbli­
cazione, pagg. 5/6
94. Vedi: Merda: Note di teologia delle cose ultime. di Giovanni Franzoni. EDI P 199»
95. Una prima proiezione di protesta fu fatta a Grado, Cinema Cristallo, 30 agosto 1969 (matti­
na). La proiezione ufficiale al XXX Festival del cinema di Venezia, 30 agosto 1969 (sera).
96. Vedi: Cinema Aliavo, XVIII, n.201, settembre-ottobre 1969
97. Alberto Moravia: L'Espresso, 28 settembre 1969
98. Aedi: / fanatici delPApocalisse. di Norman Cobo, Comunità 19»6
99. Aedi: Pasolini e la morte. Mito alchimia e semantica della ‘'nulla lucente', di Giuseppe Zi-
gaina, Marsilio 1987
100. Pier Paolo Pasolini: Medea. Un film di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 19*0, pag. 133
101. Aedi: Fiabe ebraiche, a cura di Israel Zwi Kanner, Mondadori 1991. pag. 13
102. Pier Paolo Pasolini, in: Cinema Nuovo, n. 205, 1970
103. Sandro Petraglia: Pier Paolo Pasolini. La Nuova Italia 1974. pag. 105
104. Aedi: Miseria della politica. Risposta alla politica della miseria delle ideologie correnti, di
Bernard Rosenthal, La Pietra 1978, pag. 149
105. Pier Paolo Pasolini, in: Cinefonim, n. 85. maggio I960
106. Pier Paolo Pasolini: Medea, Garzanti 1994, pagg. 544/545
107. Vedi: Apologia del diavolo, di Giovanni Beniamino Ehrard, Laterza 1943; La libertà di pen­
sare e il libero pensiero, dell’ abate Canet, Deselée & C., 1908
108. Pier Paolo Pasolini: Medea. Garzanti 1994, pag. 597
Pier P aolo Pasolini/u » i««» ..V.vAn c o r p o

109. Pier Paolo Pasolini, in: Il sogno del centauro, pag. 104, op. cit.
] 10. Enzo Spaltro: Lotta contro e lotta per. Cehie L977, pag. 14
3 LI. Vedi: 1 fiori del Buddha, a cura di Pierre Crepoli, Red 1995
3 12. Vedi: lao. i racconti della vita, a cura di Shantena \. Sabbadini. Red 1996
113. Vedi: 'lontra, la potenza dell'energia femminile, Red 1998
114. Serafino Murri: Pier Paolo Pasolini. La Nuova Italia 1994, pag. 115
J15. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 222. op. cit.
116. Pier Paolo Pasolini: L'orestiade. Einaudi 1960, pagg. 177/178
1J7. Alberto Moravia: L'espresso„ 14 febbraio J971
118. Giovanni Grazzini: Corriere della Sera. 30 novembre 1975
119. Vedi: La disuguaglianza fra gli uomini, di Roberto Guidlicci, Rizzoli 19 <t

343
P illo B ertelli

Cap.IV
Estetica della provocazione 1971/1975

1. Ernesto Balducci, in: L ria prospettiva di liberazione. La teologia, la Chiesa, i poveri, di Leo­
nardo Boff, Einaudi 1987. pagg. Vll/XTX
2. Antoine de Saint-Exupéry: Il piccolo principe. Bompiani 1976
3. Vedi: Cinema e diversità 1893/19117: storie di svantaggio sul telo bianco. Mascheramento,
mercificazione. autenticità. di Pino Bertelli, Notor Editore 1994
4. Pier Paolo Pasolini: La nuova gioventù. 1975, pag. 23/21
5. Martin Lutero: Citazione a memoria
6. Vedi: Il metodo delle scienze storico-sociali, di Max Weber, Einaudi 1974; Lineamenti fonda­
mentali di critica dell'economia polittico, ( “ Grundrisse"). di Karl Marx, Einaudi 1976. (due vo­
lumi).
7. Vedi: I fanatici dell'Apocalisse, di Norman Colin, Edizioni di Comunità 1976
8. Vedi: Critica della ragion pura, di Immanuel Kant. Laterza 1985. due volumi; Critica, della
ragione dialettica, di Jean-Paul Sartre, due volumi. Il Saggiatore 1963; Teoria dei quattro mo­
vimenti. Il nuovo mondo amoroso, di Charles Fourier. Einaudi 1971
9. Vedi: Aurora e Frammenti postumi, di Friedrich W. Nietzsche; versione Ferruccio Musini e
Mazzino Montinari. Adelphi 1986. Ne il Decameron. Pasolini riconduce, con gradevole senso
dell umorismo "‘basso” , alla “ morale della sofferenza volontaria*’ e alla crudeltà che '‘appartie­
ne alla più antica gioia festiva delPuinanità” sulle quali dissertava Nietzsche con sdegnata iro­
nia (pag. 20).
10. Vedi: Stato e anarchia e altri scritti, di Michail Bakunin; Feltrinelli 1968. Pasolini fa de 11
Decameron un crogiuolo di eresie dove si "’nega dell'esistenza di un dio reale, exlraterreno, per­
sonale e perciò anche di ogni rivelazione e di ogni intervento divino sugli affari ilei mondo e sul-
Pumanità” , come scrive Bakunin in “Il catechismo rivoluzionario" (pag. 311).
11. Georges Bataille: L'erotismo. SE 1986, pag. 105
12. Vedi: La filosofia nel boudoir, di D. A. F. De Sade. SE 1986
13. Friedrich Nietzsche: Genealogia della morale. Scelta di frammenti postumi 1886/1887. a cu­
ra di Giorgio Colli e Mazzino Montinari. Mondadori 1979. pag. 44
15. Luis Bunuel: Dei miei sospiri estremi. Rizzoli 1983. pag. 214
16. Raffaele Mantegazza: Con pura passione. L'epos pedagogico di Pier Paolo Pasolini. Edizio­
ni della Battaglia 1997, pag. 11
17. In: Cinemnsessanta n. 87/88, gennaio-aprile 1972
18. Vedi: Gli anni settanta in cento film, di Giovanni Grazzini, Laterza 1976. pagg.
113/114/115/159
19. Pier Paolo Pasolini: Cahiers du Cinema, 212, maggio 1969
20. Vedi: L'Espresso, n. 47, novembre 1970
21. Goffredo Lofi: Quaderni Piacentini, n. 44, pag. 45, 197215.
22. Giovanni Alpino: La Stampa. 8 ottobre 1971
23. Claude Mauriec: Le Figaro, novembre 1971
24. Maurizio Ponzi: Pier Paolo Pasolini. Aiace 1972, “ Quaderno 9” , pagg.31/32
25. Alberto Moravia: L'Espresso. 11 luglio 1971
26. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 243, op. cit.
37. Barth David Sehwartz, pag. 809, op. cit.
28. Nella sceneggiatura e negli scritti del regista, il personaggio interpretato da Pasolini è Giot­
to, nel Decameron, viene trasformato in un “ allievo di Giotto".
29. Pino Bertelli: L'angolo del non-dove. Encomio sull'eresia dell'amore e sulla ribellione del
cuore dei ladri di sogni. Traci-Edizioni 1996, pag. 27
30. Vedi: Rainer Maria Rilke, E'degie duinesi, Fabbri 1994; Federico Garcia Lorea, Il Duende.
Teoria e giuoco. Semar 1997; Walter Benjamin, Angelus Novus, Einaudi 1962.
Pier Paolo Pasolini/fl cinema in corpo

31. Walter Benjamin: Lettere 1913-1940, raccolte e presentate da Gershom G. Scholem c Theo­
dor W. Adorno, Einaudi 1978. pag. 13
32. Hannah Arendt: Sulla rivoluzione. Edizioni di Comunità 1996. pagg.XXl/XXlll
33. Parabola ebraica, cit. a memoria.
34. Vineenl Camby, in: IJìlm di Pier Paolo Pasolini, pag. 120, op. cit.
35. Federico Garda borea: Sui libri. Discorso al paese di Fuenie Vaqueros, a cura di Lucilio
Santoni. L'Onagro/11 Grandevetro, 1998
36. Vedi : La Repubblica. di Platone (427-347 a. C.), Vallecchi 1931; Utopia, di Thomas More
(1478-1535, prima pubblicazione in latino nel 1516), Laterza 1993; La città del sole (1568-1639,
prima pubblicazione 1637), Feltrinelli 1991
37. Luciano Della Mea: Una vita schedata, Jaca Book 1996, pag. 122
38. Vedi: La comune, di Louise Michel, Editori Riuniti 1969, pag. 156
39. Louise Michel: pag. 301, op. cit.
40. Adriano Sofri (a cura): Il malore attivo dell'anarchico Pinelli. La sentenza del 1975 che chiu­
se ristruttoria sulla morte del ferroviere Pino Pinelli, che entrò innocente in un ufficio al quar­
to piano della Questura di Milano, e ne uscì dalla finestra, il 15 dicembre 1968, Sellerio 1996,
pag. 9
41. Vedi: Il sogno di una cosa, di Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1975
42. Pier Paolo Pasolini: Tracce n. 25, Inverno 1997/'98
43. Adriano Sofri, pag. 14. op. cit.
44. Hannah Arendt: Vita adiva. La condizione umana, Bompiani 1989. pag.
45. In: Ombre Rosse, n. 3/4/ 1972, nota redazionale sul cinema militante, pagg. 19/20
46. Pier Paolo Pasolini, in: Cinemazero, 1979, pag. 97
47. In: Pasolini Requiem, di Barth David Schwartz, pag. 823, op. cit.
48. William Godwin, in: L’anarchia. Storia dei movimenti libertari nel mondo. di Domenico Ta­
rizzo, Mondadori 1976, pag. 183/384
49. Mary Wollstonecraft: Il manifesto femminista. Per la rivendicazióne dei diritti della donna,
Edizioni Elle 1977
50. Pier Paolo Pasolini, in: Erotismo, eversione, merce, Cappelli 1974, pagg. 101/100
51. Pier Paolo Pasolini: Empirismo eretico. Garzanti 1972, pag. 139
52. Roland Barthes: L’ovvio e l’ottuso, Einaudi 1985, pag. 39
53. Cari Gustav Jung, in: Trattato di psicologia della personalità e delle differenze individuali,
di Aldo Carotenuto, Cortina 1991, pag. 217
54. James Hillman: Il codice dell’anima, Adelphi 1997, pag. 29
55. Lou A nd re as-$ alomé : La materia erotica. Scritti di psicoanalisi. Edizioni delle donne 1977,
pag. 46
56. Vedi: Così parlò Zarathustra, in Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di Giorgio Colli e Maz­
zino Montinari, Adelphi 1986: La rivoluzione sessuale, di Wilhelm Reieh. Erre Emme Edizioni
1992; Il piacere. Un approccio creativo alla vita, di Alexander Lowen, Astrolabio 1984; Amore
e psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo, di Erieh Neumann, Astrolabio 1989
57. Vedi: Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione e morte, a cura di Laura Betti, Garzanti
1980, pag. 190
58. Claude Beyle, in: Pasolini, cinema di poesia, a cura di Tullio Musoni, qui anche le citazioni
di Le Monde e Figaro, Comune di Reggio Emilia 1985, pag. 78
59. Renato Filizzola: I film degli anni ‘70. Crèsi e certezze, Edizioni Paoline 1980, pag. 51
60. Luigi Bini: Letture, XXVII, novembre 1972
61. Gianfranco Corbucci: Cinema Nuovo. XXI, novembre-dicembre 1972
62. Alberto Moravia: L'Es]>re$$o, 1 ottobre 1972
63. Pier Paolo Pasolini: Corriere della Sera. 4 febbraio 1973
64. Marguerite Duras: Il nero atlantico, Mondadori 1998, pagg. 49/50
65. Eduardo Colombo: L’immaginario capovolto, Elcutera 1987, pag. 153
66. Vedi: Il catechismo del rivoluzionario, Bakunin e l’affare Necaev, di Michael Confino, Adel-
P illo Bertelli

phi 1976; Scritti e materiali I (1830-1848). a cura di G. Danvicr, Tsonomia 1988: L’uomo in ri-
volta, di Alberi Camus.. Bompiani 1981: La giustizia nella rivoluzione e nella chiesa, di Pierre-
Joseph Proudlion. a cura di Mario Albertini. UT ET 1968
67. Leonardo Boff: Il cammino della chiesa con gli oppressi. EMI 1983, pag.123
68. Serafino Murri: Pier Paolo Pasolini, 11 Castoro 1994, pag. 139
69. Luce 1rigarav: Sessi e genealogie. La Tartaruga 1989. pag. 5
70. Bruco Chatwin: Le vie dei canti. Adelplii 1988, pag. 23
71. Lino Micciccliè: Cinema Sessanta, XIV, settembre-ottobre 1974
72. Pier Paolo Pasolini: Aulointervista, 44Corriere della Sera’’. 25 Marzo 1975
73. Pier Paolo Pasolini: Stampa Sera. 24 agosto 1974
74. Pier Paolo Pasolini: Le mie 44mille e una notte'’. Play Boy, 9 settembre 1973
75. Pier Paolo Pasolini: Play Boy. op. cit.
76. Pier Paolo Pasolini: Il sogno del centauro, a cura di Jean Ouflot, Editori Riuniti 1982. pag.
163
77. L'origine realizzativa di Le mura di Sana ci è controversa. Storici e studiosi collocano la ge­
nesi del film in tempi diversi e anche sulla durata non concordano. Per qualcuno c lungo 13‘ e
venti secondi, per altri 16'. E anche Pasolini ha contribuito non poco a confondere le attribu­
zioni. Noi siamo inclini a considerare l'inizio della lavorazione nel 1970, durante le riprese del
Decameron e la completezza del documentario, alla fine de IIfiore delle ridile c una notte (1974).
Comunque sia, non cambia il coraggio di Pasolini a fare un film in forma di appello, per salva­
re quello che resta di una grande storia, di una magica cultura del passato. Un coraggio intel­
lettuale e di uomo del mondo, sconosciuto alle “ scimmiette sapienti'' della cultura italiana, la piu
viggliaeea della terra, che riproduce se stessa in ordine delle cordate (politiche, clericali, mer­
cantili) alle quali genuflettersi.
78. Pier Paolo Pasolini: Il sogno del centauro, a cura di Jean Duflot, Editori Riuniti 1982, pag.
163
79. Il testo di Le mura di Sana’a, è reperibile in diverse citazioni e non sempre è riportato in ma­
niera completa o corretta. Per alcuni frammenti vicini all'originale, vedi: I film di Pier Paolo
Pasolini, di Luciano De Giusti. Gremese 1983, pagg. 141/142
80. Pier Paolo Pasolini, cit. a memoria
81. Pier Paolo Pasolini: Il Mondo, 31 maggio 1973
82. Vedi: Pier Paolo Pasolini: Le regole di un'illusione, pag. 265, op. cit.
83. Emil Preetorius: Miniature persiane, Il Saggiatore 1959, pag. 14
84. Pier Paolo Pasolini, in: Vita di Pasolini, di Enzo Siciliano, Giunti 1995. pag. 490
85. Lavoro comunitario, scambio di lavoro gratuito tra contadini poveri di alcune regioni del
Brasile.
86. Pier Paolo Pasolini, in II Tempo, 1° febbraio 1974
87. John Kenneth Galbraith: La società opulenta, Mondadori 1963
88. Pier Paolo Pasolini: Scritti corsari. Garzanti 1975, pagg. 31/32/33/34
Giampaolo Bernagozzi: Il cinema corto. La casa Usher 1980. pag. 151
89. Pier Paolo Pasolini: pagg. 114/115, op. cit. sopra
90. Pier Paolo Pasolini: pagg. 11 1/112, op. cit. sopra
91. Pier Paolo Pasolini, in: Trilogia della vita, a cura di Giorgio Gattei, Cappelli 1975. pagg-
11/13
92. Vedi: I fiori del Buddha, di Pierre Crépon, Red 1995, pag. 23
93. Vedi: Gli anni del terrorismo. Storia della violenza politica in Italia ded <70 a oggi, di Gior­
gio Bocca. Cuccio 1898; Storia del partilo armalo 1968-1982, di Giorgio Galli, Rizzoli 1986: L*l-
tedia degli anni di piombo, di Indro Montanelli e Mario Cervi, Rizzoli 1991
94. Pier Paolo Pasolini: Scritti corsari, pagg. 160/168, op. cit.
95. Enzo Spaltro: Lotta contro e lolla per, Celue 1977, pagg. 7/8
96. Pier Paolo Pasolini, in: I film degli altri, a cura di Tullio Kezich, Guanda 1996, pag. 102
97. Pier Paolo Pasolini: Petrolio, Einaudi 1992, pag. 63
P ier P a o lo PasoJini/1 1 ' cn re-u ^ S ^ oriM J

98. Pier Paolo Pasolini: cit. a memoria


99. Donatien-Aiphonse-Franyois de Sade: Le 120 giornate di Sodoma ovvero La st uoia del li­
bertinaggio, i;areadia 1968
100. Vedi: L a banalità del m a l e . di Hannah Arendt, Feltrinelli 1964
101. Pier Carlo Masini: Storia degli anarchici italiani da Hakunin a Mala lesta, Rizzoli 1969
102. Cesare Lombroso: Gli anarchici. Patologia criminale d ’uri ideale politico, Claudio Gallone
Editore 1998
103. Pier Paolo Pasolini: Il Caos. L™orrendo universo” del consumo e del potere, a cura di Gian
Carlo Ferretti, Editori Riuniti, 1995, pag. 127
104. Pier Paolo Pasolini: pag. 59, cit. sopra.
105. Pier Paolo Pasolini: pag. 57, cit. sopra
106. Pier Paolo Pasolini: pag. 49, cit. sopra
107. Vedi: La distruzione degli ebrei d ’Europa, di Raul Hiiberg, Einaudi 1999
108. Italo Calvino: Corriere della Sera, 30 novembre 1975
109. Enzo Riagi: Corriere della Sera, 10 gennaio 1976
110. Giovanni Grazzini: Gli anni settanta in cento film . Laterza 1976, pagg. 311/312
111. Fernaldo Di Giammatteo: Lo sguardo inquieto. Storia del cinema italiano 1040-1990, La
Nuova Italia 1994, pag. 359
112. Giovanni Ruttafava: Bianco e Aero, XXXVII, 1/4, gennaio-aprile 1976
113. Pier Paolo Pasolini: Corriere della Sera, 25 marzo 1975
114. Pier Paolo Pasolini, pag. 312, cit. sopra.
115. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un’illusione, pag. 312, op. cit.
116. Lewis Munì forti: Storia dell’utopia, Donzelli 1997, pag. 152
117. Pier Paolo Pasolini: Filmcritica, 265, agosto 1975
118. Pier Paolo Pasolini: Le regole di un’illusione, pag. 315, op. cit.
119. Alberto Moravia: La Stampa. 2 novembre 1978
120. Alberto Moravia: L’Espresso. 23 novembre 1975
121. Dominique iVognez: Il cinema diversamente, Cappelli 1979. pag. 235
122. Vedi: La divina mimesis, di Pier Paolo Pasolini, Einaudi 1975
123. Vedi: Omicidio nella persona di Pasolini Pier Paolo, AA. W ., Kaos Edizioni 1992
124. Vedi: Cineteca, Anno XV, n. 5, agosto-settembre 1999
125. Pier Paolo Pasolini, in: Pasolini requiem, pag. 982, op. cit.
126. Vedi: Il Giornale, 13 novembre 1975
127. Vedi: Oggi, 15 dicembre 1976, articolo di V. Ruttafava
128. Vedi: Pasolini: cronaca giudiziaria... pag. 214, op. cit.
129. Vedi: Corriere della Sera, 27 aprile 1977
130. Vedi: Pasolini requiem, pagg. 977/978, op. cit.
131. Vedi: Pasolini requiem, pag. 978, op. cit.
132. Franco Fortini: Disobbedienze I. Gli anni dei movimenti, scritti sul Manifesto 1972-1983,
II Manifesto 1997, pag. 244
Filmografia pasoliniana
Soggetti, sceneggiature e collaborazioni

La donna del fiume (1954)

Regia: Mario Soldati. Sceneggiatura: Antonio Altoviti, Giorgio Bassani, Basilio Franchini, Pier
Paolo Pasolini, Mario Soldati, I*Infestano Vannini. Interpreti: Sophia I.oren, Riek Battaglia.
Produzione: Kxcclsa-Carlo Ponti. Disribuzione: Minerva Film.

Il prigioniero della montagna (1955)

Dal romanzo di C.G. Bienek.

Regia: Luis Trenker. Sceneggiatura: Luis Trenker, Giorgio Bassani, Pier Paolo Paoslini. Inter­
preti: Marianne Hold, Luis Trenker.
Produzione: Bardo Film. Distribuzione: Regionale.

Le notti di Cabiria (1956)

Regia: Federico Fellini. Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini. Ennio Flaiano, Tullio Pinel-
li. Collaborazione ai dialoghi: Pier Paolo Pasolini. Interpreti: Giulietta Masina, Amedeo l a z ­
zari.
Produzione: Dino De Laurentis Cinematografica. Distribuzione: Paramaount.

Marisa la civetta (1957)

Regia e soggetto: Mauro Bolognini. Sceneggiatura: Mauro Bolognini, Titina Demby, Pier Paolo
Pasolini. Interpreti: Marisa Allasio, Renato Salvatori, Francisco Rabal, Ettore Manni.
Produzione: Carlo Ponti (Roma)/Baleazar (Madrid). Distribuzione: Cel-Ineom.

Giovani mariti (1958)

Regia: Mauro Bolognini. Soggetto: Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile. Sceneggia­
tura: Ezio Curdi, Luciano Martino, Pier Paolo Pasolini, Mauro Bolognini. Interpreti: Isabelle
Corey, Antonio Cifariello, Franco Interlenghi, Anna Maria Guarnieri, Raf Mattioli. Rosi Maz­
zacurati, Gerard Blain. Enio Girolami, Antonella Lualdi, Sylva Kpseina.
Produzione: Aepi Film. Distribuzione: Lux Film.

La notte brava (1959)

Regia: Mauro Bolognini. Soggetto: Pier Paolo Pasolini (dal suo romanzo Ragazzi di vita). Sce­
neggiatura: Pier Paolo Pasolini, Jacques-Laurent Bost. Interpreti: Rosanna Schiattino, Lau­
rent Terzieff, Jean-Claude Brialy, Franco Interlenghi. Antonella Lualdi, Mvlène Demongeot, El­
sa Martinelli.
Produzione: Antonio Cervi e Oreste Jacovoni per Ajace Film (Roma)/Franco-London Film (Pa­
rigi). Distribuzione: Euro International Films.
P in o B ertelli

Morie di un amico (1960)

Regia: Franco Rossi. Soggetto: Giuseppe Berto, Oreste Biancoli, Pier Paolo Pasolini, 1 ranco
Riganti. Sceneggiatura: Franco Riganti. Lgo Guerra, Franco Rossi. Interpreti: Gianni Garko.
Spiros Focas, Didi Perego, Angela Luce. Fanfuila.
Produzione: Alfredo Bini per (ano del Duca-Arco Film-Lvre Cincmatographique. Distribuzione:
Cino del Duca.

Il bell VIritori io ( 1960)

Regia: Mauro Bolognini. Soggetto: dal romanzo omonimo di Vitaliano Braneati. Sceneggiatura:
Pier Paolo Pasolini, Gino Viscntini, Mauro Bolognini. Interpreti: Marcello Mastroianni, Clau­
dia Cardinale. Produzione: .Alfredo Bini. Distribuzione: Cino del Duca.

La canta delle murane (cortometraggio, 1960)

Regia: Cecilia Mangiai. Soggetto: da un capitolo di Ragazzi di vita, di Pier Paolo Pasolini. Com­
mento: Pier Paolo Pasolini.
Produzione: Giorgio Patara
La giornata balorda (1960)

Regia: Mauro Bolognini. Soggetto: Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia (da Racconti romani
c Nuovi racconti rom a n idi Alberto Morav ia). Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini, Alberto Mo­
ravia, Marco Visconti. Interpreti: Jean Sorci, Lea Massari, Paolo Stoppa.
Produzione: Paul Graetz per Produzioni Intercontinentali. Distribuzione: Euro International
Film.

La lunga notte del ‘ 13 (1960)

Regia: Florestano Vaticini. Soggetto: Giorgio Bassani (dal suo racconto, Una notte del 943). Sce­
neggiatura: Ennio De Concini, Pier Paolo Pasolini, Florestano Vaticini. Interpreti: Gabriele
Ferzetti, Enrico Maria Salerno. Gino Cervi, Beiinda Lee.
Produzione: Antonio Grevi e Alessandro Jacovoni per Ajace Film-Euro International Filnis. Dis­
tribuzione: Euro International Films.

Il carro armato dcll'8 settembre (I960)

Regia: Gianni Puccini. Soggetto: Rodolfo Sonego, Tonino Guerra. Elio Petri. Sceneggiatura:
Bruno Baratti, Elio Bartolini, Goffredo Parise, Pier Paolo Pasolini, Giulio Questi. Interpreti:
Gabriele Ferzetti, Dorian Gray, Jean-Mare Bory, Elsa Martinelli. Yvonne Forneaux, Marisa
Merlini.
Produzione: Film Napoleon. Distribuzione: Euro International Films.

La ragazza in vetrina (1960)

Regia: Luciano Emmer. Soggetto: Emanuele Cassuto, Luciano Enimer, Rodolfo Sonego. Sce­
neggiatura: Luciano Emmer. Pier Paolo Pasolini, Luciano Martino, Vinicio Maritateci. Inter­
preti: Lino Ventura, Marina Vlady, Magali Noel, Bernard Flessoti.
Produzione: Nepi Film (Roma)/Sofidctip-Zodiaque Film (Parigi). Distribuzione: Lux Film.

Una vita violenta (1960)

• J P A
Pier Paolo Pasolini/ll cinema in co rp o

Regia: Paolo limiseli e Brunello Rondi. Soggetto: dal romanzo omonimo di Pier Paolo Pasolini.
Riadattamento: Franco Brucati. Ennio De Concini. Sceneggiatura: Paolo Beliseli. Brunello
Rondi, Franco Solinas. Interpreti: Franco Cittì, Serena Vergano, Enrico Maria Salerno.
Produzione: Zebra Film (Roma)/Aera Film (Parigi). Distribuzione: Varielv.

La commare secca (1960)

Regia: Bernardo Bertolucci. Soggetto: Pier Paolo Pasolini. Sceneggiatura: Bernardo Bertoluc­
ci, Sergio Cittì. Interpreti: Francesco Ruiu, Giancarlo De Rosa. Vincenzo Ciccora, Marisa Soli­
nas.
Produzione: Antonio Cervi per Cervi Film-Gineriz. Distribuzione: Cineriz.
In terp retazion i

Il gobbo (I960), regia: Carlo Lizzani.

Comizi (l'amore (1964), regia: Pier Paolo Pasolini

Requiescant (1966). regia: Carlo Lizzani

Edipo re (1967), regia: Pier Paolo Pasolini

Decameron (1971), regia: Pier Paolo Pasolini

/ racconti di Canterbury (1972), regia: Pier Paolo Pasolini


R e g ie

Accattone (1961)

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Collaborazione ai dialoghi: Sergio Citti. Direttore del­
la fotografia: Tonino Delli Colli. Assistente operatore: Gioacchino Sofia. Ambierà azione e sce­
nografia: Flavio Mogherini. Arredatore: Gino Lazzari. Coordinamento musicale: Carlo Rustic-
ghelli. Musica: Johann Sebastian Bach, ‘"Passione secondo Matteo” , BWV 244; William Prirn-
rose, “ St. James Infirmar) blues” . Montaggio: Nino Baragli. Aiuto regia: Bernardo Bertolucci.
Assistente alla regia: Leopoldo Savona. Segretaria di edizione: Lina D’Amico. Fonico: Luigi Pu­
ri. Microfonista: Manlio Magara. Truccatore: Cesare Biseo. Fotografo di scena: Angelo Penno­
ni.
Interpreti e personaggi: Franco Citti (Cataldi Vittorio, detto Accattone, doppiato da Paolo Fer­
rari), Franca Pasut (Stella), Silvana Corsini (Maddalena), Paola Guidi (Ascensa, doppiata da
Monica Vitti), Adriana Asti (Amore), Adriano MazzeUi (il cliente di Amore), Romolo Orazi (suo­
cero di Accattone), Massimo Caceiafeste (cognato di Accattone), Francesco Orazi (il Burino),
Mario Guerani (il commissario), Stefano D’Arrigo (il giudice istruttore), Enrico Fioravanti (1°
agente), Nino Russo (2°) agente), Emanuele Di Bari (sor Pietro), Franco Manieri (Franco), Car­
lo Sardoni (Carlo), Adriana Moneta (Margheritona), Polidor (becchino), Danilo Alleva (Iaio),
Sergio Citti (il cameriere), Elsa Morante (una detenuta). Amici di Accattone: Luciano Conti (il
Moicano), Luciano Gonini (Piede d ’oro). Renato Capogna (il Capogna), Alfredo Leggi (Pupo
Biondo), Galeazzo Riccardi (il Cipolla), Leonardo Muraglia (Mommoletto), Giuseppe Ristagno
(Peppe il Folle), Roberto Giovannoni (il Tedesco), Mario Cipriani (Balilla), Roberto Searingella
(Cartagine), Silvio Citti (Sabino), Giovanni Orgitano (lo Scucchia), Piero Morgia (Pio). 1 napo­
letani (doppiati da attori della compagnia di Eduardo De Filippo): Lamberto Bevilacqua (Salva­
tore), Franco Bevilacqua (Franco), Amerigo Bevilacqua (Amerigo), Sergio Fioravanti (Gennari-
no), Adele Cambria (Nannina). Gli amici di Cartagine: Mario Castiglione (Mario), Dino Frondi
(Dino), Tommaso Nuovo (Tommaso). Ifarlocchi: Edgardo Siroli, Renato Terra,
Produzione: Arco Film (Roma)/Cino Del Duca (Roma). Produttore: Alfredo Bini. Direttore di
Produzione: Marcello Bollerò. Ispettore di produzione: Eliseo Boschi. Pellicola: Ferrania P. 30.
Formato 35mm, b/n, 1:1.33. Macchine da presa: Arriflex. Sviluppo e stampa: Istituto Nazionale
Luce. Doppiaggio e sincronizzazione: Stabilimenti Titanus. Distribuzione: Cino Del Duca. In­
cassi: lire 390.163.000, Italia, primi 3 anni. Costo approssimativo del film: 30 milioni. Riprese:
aprile-prima metà di luglio 1961. Teatri di posa: Jneir De Paolis, Roma. Esterni: Lazio: Roma,
Via Casilina, Via Portuense (la strda delle puttane). Via Appia Antica, Via Bacchia, Ponte degli
Angeli (la scommesa di Accattone), Acqua Santa (Maddalena pestata dsai napoletani). Via Ma­
nuzio (il furto della moto); Ponte Testaccio (la morte di Accattone), il Pigneto (la casa di Accat­
tone e il bareno), borgata Gordiani (la casa di Ascenza), la Maraneila. Subiaco (il cimitero). Pel­
licola girata: 50.000 metri. I manifesti pubblicitari furono eseguiti da Carlo Levi e Mino Macca-
ri. Vietato ai minori di anni 16. Prima proiezione: XXII Mostra del cinema di Venezia, “ Sezione
informativa” , 31.8.1961. Premi: Festival di Karlowy Vary, 1962. Primo premio per la regia.

Mamma Roma (1962)

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Tonino Delli Colli. Ojìeralo-
re alla macchina: Franco Delli Colli. Assistente operatore: Gioacchino Sofia. Architetto: Flavio
Mogherini. Arredatore: Massimo lavazzi. Coordinamento musicale: Carlo Rustichelli. Musica:
Antonio Vivaldi: “ Concerto in do magg. Per ottavino, archi e basso continuo” ; “ Concerto in do
Pino Bertelli

magg. Per fagotto, archi e basso continuo''; Ha "Concerto in re min. per viola d'amore, liuto e
basso continuo (registrazione Erato); "Violino tzigano” di Cherubini e JBixio (edizioni musicali
Bixio), cantata da Joselito (registrazione RCA). M on ta gg io : Nino Baragli. Assistente al m ontag­
g io: Andreina Casini. Aiuto regia: Carlo di Carlo. Assistente alla regia : Gianfranco Salina....
S egreta rie di ed izion e: Lina D’ Amico. Mirella Comaechio (c.s.c.). Fonico: Leopoldo Rossi. Truc­
ca to re: Marcello Ceecarelli. P a rru cch iera : Amalia Paoletti. F otog ra fo di scem i: Angelo Novi.
In terp reti e p erson a gg i: Anna Magnani (Mamma Roma), Ettore Carotalo (Ettore, doppiato da
se stesso). Franco Cittì (Carmine), Silvana Corsini (Bruna). Luisa Orioli (Biancofiore), Paolo
Volponi (il prete), Luciano Gonfili (Zacaria), Vittorio La Paglia (il sig. Pellissier). Piero Moggia
(Piero). Leandro Santarelli (Legalo, il Roseio), Emanuele Di Bari (Gennarino il Trovatore), An­
tonio Spolettai (un pompicretto), Nino Biotici (un pittoretto), Roberto Venzi (un avieretto), Ni­
no Venzi (un cliente), Maria Bernardini (la sposa). Santino Cittì (padre della sposa). Lamberto
Maggiorata (un malato). Gli am ici di E ttore: Franco Ceecarelli (Carletto), Marcello Sorrentino
(Tonino), Sandro Meschino (Pasquale). Franco Tovo ( Augusto), Pasquale Ferrarese (Lino lo
Spezzino). P rostitu te : Eletta Camcron, Maria Benati. Inferm ieri: Renato Montalbano, Enzo Fio­
ravanti. P erip atetici: Loreto Ranalli, Mario Ferraguti. P apponi: Renato Capogna. Fulvio Orgi-
tano. Renato Troiani. C oatti: Mario Cipriani, Paolo Provenzale. Malati: Umberto Conti, Sergio
Profili, Gigione Urbinati.
P rod u zion e : Arco Film (Roma). P rod u ttore: Alfredo Bini. D irettore di p ro d u zio n e : Eliseo Bo­
schi. Isp ettore di p rod u zion e: Fernando Franchi. Isp ettore am m inistrativo: Vincenzo Taito. Se­
g reta ri di p ro d u zio n e : Franco Casali. Bruno Frasca. C assiere: Giulio De Sthephanis. Pellicola:
Ferratila P.30, Ferrania 14. Formato: 35 mm, b/n, 1:1.85. M acchine da p resa : Arriflex, Mit-
chcll. Sviluppo c stam pa, effetti p o n ici: S.P.E.S. (dir. Ettore Catahicei). S onorizzazione: Inter­
national Recording (West re x Recording System). M ixage: Renato Cadueri. D istribuzione: Cine-
riz. Incassi: lire 188.504.000, Italia, primi 5 anni. R iprese: 9 aprile-giugno 1962. Teatri di posa:
Incir De Paolis. Esterni: Lazio, Roma, Trastevere (il ristorante dove Ettore lavora), Porta Por­
tese, Cecafumo, i grattacieli dellTNA-Casa (la casa nuova di Mamma Roma e il mercato), Casal
Bertone (la prima casa di Mamma Roma), Cava Amelia (casa di Biancofiore), Quadrato, Torre
Spaccata, Via Flaminia, Palazzetto dello Sport, Eur. Piazza dei Navigatori, pressi dell'Ospeda­
le S. Eugenio (il furto della radiolina), palazzo delTEur (interni chiesa: Mamma Roma incontra
il prete). Frascati (il pranzo di nozze in una fattoria abbandonata). Guidoriia. Subiaco (il cimi­
tero). Vietato ai minori di anni 14. Durata: 105' 34*’ (2.888 m). Prima proiezione: XXIII Mostra
del cinema di Venezia, 31.8.1962. Premi: XXIII Mostra del cinema di Venezia: Premio della
F.l.C.C. (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema).

La ricotta (1961/1963)

La ricotta è il quarto episodio del film R oG oP u G . Gli altri episodi sono: Illibatezza di Roberto
Rossellini, Il n u ovo m ondo di Jean-Luc Godard, Il p ollo ruspante di Ugo Gregorctti.

S crin o e diretto da Pier Paolo Pasolini. D irettore della F otogra fia : Tonino Pelli Colli. O p era­
to re alla m acchina: Giuseppe Ruzzolini. C om m ento e coord in am en to m usicale: Carlo Rusti­
ebelli. M usica: Alessandro Scarlatti: "Cantata” ; Giuseppe Verdi: da “ Dies ireae die» illa” : Gio­
vanni Fusco: "'Eclisse twist” . M ontaggio: Nino Baragli. Aiuto regia: Sergio Cittì, Carlo di Car­
lo. S egretaria di edizione: Lina D’ Amico. F on ico: Luigi Puri. T ruccatore: Goffredo Rocchetti.
P a rru cch iera : Maria Teresa Corridoio. F o to g ra fo ili scen a : Paul Ronald.
In terp reti e p erson a g g i: Orson Weiles (il regista, doppiato da Giorgio Bassani). Mario Cipriani
(Stracci), Laura Betti (la "diva” ), Edmund a .Aldini (un'altra "diva” ), Vittorio La Pagba (il gior­
nalista), Maria Bernardini (la strip-teaseuse), Rosssana Di Rocco (la figlia di Stracci). Le com ­
p a r s e : Ettore Carotalo, Lamberto Maggiorata, Alan Midgette, Tomas Milian, Giovanni Orgita-
no, Franca Pasut. (rii invitati: Avv. Giuseppe Berlingeri (il produttore), Andrea Barbato, Giu-
liana Calandra, Adele Cambria, Romano Costa, Elsa de’ Giorgi, Carlotta Del Pezzo, Gaio Fra­
tini. John Francis Lane, Robertino Ortensi, letizia Paolozzi. Enzo Siciliano.
P rod u zion e : Arco Film (Roma)-Cineriz (Roma)-Lyre Film (Paris). P ro d u tto re : Alfredo Rini. O r­
ga n izza zion e g en era le: Manolo Bolognini. D irettore di produzione. : Eliseo Boschi. Isp ettore di
p rod u zion e: Fernando Franchi. S egretari di p rod u zion e: Enzo Ocone, Bruno Frasca. Franco
Casati. Pellicola: Fcrrania P. 30. Kodak Eastinancolor. F orm ato: 35 rum, b/n e colore, 1:1.85.
M acchine da p resa : Arriflex. Sviluppo e sta m p a : Istituto Nazionale Luce. D op p ia g g io : C.I.D.-
C.D.C. S incronizzazion e: Titanus. D istribuzione: Cincriz. Incassi: lire 95.766.000. Italia, primi
5 anni. Vietato ai minori di anni 18. R ip rese: J7 ottobre-novembre 1962. Teatri di posa: Cine­
città (la Deposizione del Pontorno). Esterni: periferia di Roma, Piatone dell’Acqua Santa pres­
so l’Acquedotto romano. Durata 35 (9< 1 in). Prem i: Premio Grolla d ’ oro per la regia. Saint-
Vincent, 4/7/1964.

La Rabbia (1962)

La rabbia è un film di montaggio in due parti. La prima parte è di Pier Paolo Pasolini, la se­
conda di Giovannino Guaresehi.

Scritto e d iretto da Pier Paolo Pasolini. Aiuto reg ia : Carlo di Carlo. C om m ento in versi: Pier
Paolo Pasolini. L etto da: Giorgio Bassani (voce in poesia) e Renato Guttuso (voce in prosa). M u­
sica: canti della rivoluzione cubana; canti della rivoluzione algerina; canti popolari russi; “ lo
shimmy” di Angelo F. Lavagnino (Edizioni musicali C/À/M.); “ Concerto disperato*’ di Simoni-
Rosso-A.F. Lavagnino (registrazioni Sprint); “ Tiger Twist” di Armando Sciascia; “ Suoni in co­
reografia” di Armando Sciascia (A. Sciascia e la sua orchestra, registrazioni Vedette); Tomaso
AJbinoni: “ Adagio” . Q uadri: Ben Shahn, Jean Fautrier. Georges Grosz, Renato Guttuso. M on­
taggio: Pier Paolo Pasolini, Nino Baragli. Mario Serandrei. A ssistente al m ontaggio: Sergio
Montanari.
P rod uzione: Opus Film. P ro d u tto re : Gastone Ferranti. O rgan izzazion e g en era le: Antonio Mo­
relli (A.D.C.). F orm a to: 35 min, b/n, 1:1.66. Sviluppo e stam pa: S.P.E.S. D istribuzione: War­
ner Bros. Incassi : lire 5.516.000, Italia, primi 5 anni. R ea lizza zion e : gennaio-febbraio 1963.
M ateriali di d ocu m en ta zion e: cinegiornali “ Mondo libero” e materiali reperiti in Cecoslovac­
chia, Unione Sovietica e Inghilterra. Durata: 53’ (1.449 m). La Rabbia è stato proiettato l’ 11 lu­
glio 1965, nella serata cocnlusiva del Festival del cinema di tendenza, promosso e organizzato
dalla rivista Film critica nell’ ambito dell’VIII Festival dei Due Mondi a Spoleto.

Comizi d 'a m ore (1963-1964)

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. D irettori della fo to g r a fia : Mario Bernardo, Tonino Bel­
li Colli. O p era tori alla m acchina: Vittorio Bernini, Franco Delli (.olii. Cesare Fontana (c.s.c.).
Assistenti o p e r a to r i : Francesco Cappelli, Sandro Ruzzolini. M usica: le canzoni **I Wabissi” di
Edoardo Vianello: “ Partita di pallone” di Mario Cantini e Edoardo Vianello; “ Son finite le va­
canze” di Mario Cantini; “ Se mi perderai” di Domenico Colarossi e Pasquale Tassone; “ Stessa
spiaggia stesso mare” di Piero Soffici. Giuseppe Verdi: “ 1 vespri siciliani ’ , Ouverture (Edizioni
e registrazioni musicali RCA Italia). M ontaggio: Nino Baragli. Assistente al m ontaggio: Andrei­
na Casini. A iuto regìa: Vincenzo Cerami. Fonici: Oscar De Arcangelis, Carlo Ramando. Spea­
ker: Lello Bersani. F otogra fo di scen a : Angelo Novi.
in terven ti di: Alberto Moravia e Cesare Musatti. In ordine di apparizione: Camilla Cedcrna,
Oriana Fallaci, Adele Cambria. Peppino Di Capri, Squadra di calcio del Bologna (Bulgarelli,
Furlanis, Negri, Pascutti, Pavinato, Janich, Nielsen, Haller, Tumburus, Fogli, Perani), Giusep­
pe Ungaretti, Antonella Ltialdi, Graziella Granata, Ignazio Buttitta. Nel ruolo della sposa: Gra-

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ziella Chiarcossi.
P rod u zion e: Arco Film (Roma). P ro d u tto re : Alfredo Bini. D irettore dì p rod u zion e: Eliseo Bo­
schi. Pellicola: Ferrania P. 30. Kodal plus x. F orm ato: 16 c 35 inni b/n, 1.1.35. M acchine da p r e ­
sa: Arriflex. Sviluppo e stam pa: Istituto Luce. S on orizzazion e: Fonolux. D istribu zion e : Titanus.
Incassi: lire 24.335.000. Italia, primi 5 anni. R ip rese: marzo-novembre 1963 (con interruzioni).
Esterni: Campania: Napoli, Porta Capuana (interviste ai passanti sulla prostituzione), vicoli
bassi napoletani. Sicilia: Palermo, intervista a Ignazio Bnttitta, popolani al rione San Pietro,
contadini e braccianti a Camporeale e Partinico: Cefali!. Lazio: Roma. \ia Eufrate alLEur. ca­
sa di Pier Paolo Pasolini (intervista a Alberto Moravia c Cesare Musatti), chiesa di centocelle (il
matrimonio di Graziella), spiagge romane: Fiumicino. Lombardia: Milano, fabbriche (intervista
alle operaie sulla legge Merlin). Idroscalo. Toscana: Firenze, una bottega d'artigiano (intervista
ai clienti); Viareggio, lungomare (intervista di notte ai passanti), campo sportivo (intervista a
Peppino Di Capri e altri). Emilia-Romagna: Bologna. Università (intervista agli studenti). Sta­
dio comunale (intervista alla squadra di calcio del Bologna). Campagna emiliana tra Bologna e
Modena (intervista ad alcuni contadini). Veneto: Venezia Lido (intervista a Camilla Cedermi,
Oriana Fallaci, Adele Cambria). intervista ad alcuni bagnanti tra cui Antonella I.nabli. Cala­
bria: Catanzaro, la campagna, un bar (intervista ai frequentatori del bar); Crotone. Vietato ai
minori di anni 18. Durata 92’ (2. 527 m). Prima proiezione: XVII Festival di Locamo,
26.7.1964. Gli interventi di Susanna Pasolini, Giuseppe Ravennani ed Eugenio Montale sono eli­
minati al montaggio.

Sopralluoghi in Palestina (1963-1965)

Regia di Pier Paolo Pasolini. C om m ento in ov er-sou n d di Pier Paolo Pasolini. Interventi: Pier
Paolo Pasolini e don Andrea Carraro. O p era to re: Aldo Pennelli. M usica: Johann Sehastian
Bach, "'Passione secondo Matteo" BAVA 244. F onico: Walter Cantatore. F otog ra fo di srena: An­
gelo Novi.
R ip rese: 27 giugno-li luglio 1963. Esterni: Galilea: Lago «li Tiberiade, Monte Tu boi*. Nazareth,
Capharnaum. Giordania: Baram. Gerusalemme, fiume Giordano, i confini della Giordania,
Bersabea, Betlemme. Siria: Damasco.
P rod u zion e: Areo Film (Roma). P rod u ttore: Alfredo Bini. Isp ettore di p rod u zion e: Walter Can­
tatore. D u rata: 52* (1.426 m). Prim a p roiezion e: li luglio 1965, serata conclusiva del Festival
de! cinema di tendenza promosso e organizzalo dalla rivista Film critica nell'ambito delI'VIII Fe­
stival «lei Due mond a Spoleto. Il film non è mai uscio nei circuiti commerciali.

Il Vangelo secon d o M atteo (1963-1964)

Da II Vangelo secon d o M atteo.

Scritto e d iretto da Pier Paolo Pasolini. D irettore della fo to g r a fia : Tonino Delli Colli. O p era to­
re alla m acchina: Giuseppe Ruzzolini. Aiuto o p er a to r e: Gianni Cianfarelli Modica. Assistente
o p er a to r e: Aict«>r Dogo Contino. A rch itetto scen og ra fo: Luigi Schiaccianocc. A iuto architetto:
Dante Ferretti. A rred a tore: Andrea Fantacci. C ostum ista : Danilo Donati. Aiuto costum ista: Pie­
ro Giroletti. M usica: Johann Sehastian Bach: “ Passione secondo Matteo" BWV 244. ‘"Fuga (ri­
cercata) a 6 voci*1elaborata da Anton von Webern, “ Messa in si min." BWV 232 “ Dona nobis pa-
cein*'; Wolfgang Ama«leus Mozart: “ Adagio c fuga" K. 546; Sergej Prokof’ev: “ Aieksandr Nev-
skij", Cantata opera 78. Negro spiritual cantato da (Ideila; Missa Lidia congolese; “ baiaio" bra­
siliani; canti rivoluzionari russi. M usiche originali: Luis F.. Bacalov. M ontaggio: Nino Baragli.
Assistente al m ontaggio: Andreina Casini. Aiuto regia: Maurizio Lucidi. Assistenti tdlu regia:
Paul A.M. Schneidcr, Elsa Morante. S egretaria di ed izion e: Lina D'Amico. Fonu.o: Mario Del

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Pezzo. T ru ccatore: Marcello Cecca rolli. Aiuto tru cca to re: Lamberto Marini. P ar n icch ierà :
Minima Pomilia. A ccon cia tu re : Rocchetti. S artoria: P iero Farani. A rm i: Rancati. F otogra fo di
scen a: Angelo N on i.
in terp reti e p erson a gg i: Enrique Irazoqui (Cristo, doppiato da Enrico M. Salerno). Margherita
Caruso (Maria Giovane). Susanna Pasolini (Maria anziana), Marcello Morante (Giuseppe), Ma­
rio Socrate (Giovanni Battista). Rodolfo Wileoek (Caifa), Alessandro Clerici (Ponzio Filato).
Amerigo Bevilacqua (Erode I). Francesco Leonctti (Erode li), Franca Cupane (Erodiade), Pao­
la Tedesco (Saloinè), Rossaba Du Rocco (1*Angelo ilei Signore). Renato l’erra (un fariseo), Eli­
seo Boschi (Giuseppe D'Ariniatea). Natalia Ginzsburg (Maria di Befania), Ninetto Datoli (un pa­
storello). Apostoli: Settimio Di Porto (Pietro). Otello Sestili (Giuda). Ferruccio Nuzzo (Matteo),
Giacomo Morante* (Giovanni), Alfonso Gatto (Andrea), Enzo Siciliano (Simone). Giorgio Agam­
ben (Filippo), Guido Cerretani (Bartolomeo), Luigi Brabini (Giacomo di Zehedeo), Marcello
Gal «'tini (Giacomo di Alleo). Alio Spaziarli (’laddeo). Rosario Migalc (Tommaso).
P roduzione: Arco Film (Roma)-Liix Compagnie Cinématographique de France (Paris). P rod u t­
tore: Alfredo Bini. O rganizzazione g en era le: Manolo Bolognini. D irettore di p rod u zion e: Eliseo
Boschi. Isp ettore di p ro d u zio n e : Enzo Ocone. Isp ettore am m inistrativo: Vincenzo Frasca. P el­
licola: Ferrama P. 30. F orm ato: 35 min. li/n, 1:1.85. M acchine da p re sa : Arriflex. Sviluppo e
sta m p a , effetti ottici: S.P.E.S. (dir. E. Catalucci). R egistrazione sonora. : Nevada. D op p ia ggio :
C.D.C. M ixage: Fausto Ancillai. D istribuzione: Titanus. Incassi: lire 449.332.000. Italia, primi
5 anni.
R ijìrese : 24 aprile-fine luglio 1964. Teatri di posa: Roma, Incir De Paolis (l'Ultima cena, il car­
cere di Giovanni Battista). Esterni: Lazio: Castello di Ghia presso Orte (battesimo di Cristo):
Monte Cavo (il Discorso della montagna): Tivoli (orto del Getsemani). Basilicata: dintorni di Po­
tenza (Nazareth): Matera, Sassi e Rione S. Agnese (Gerusalemme); Barile-Matera (Betlemme):
dintorni di Barile (la strage degli innocenti). Puglia: la campagna tra Barletta e Taranto (luoghi
delle predicazioni); Castel del Monte-Bari (il pretorio): Castello di Gioia del Colle-Bari (la cac­
ciata dal tempio, la reggia di Erode); Massafra (Cafarnao). Calahria: Catanzaro-Lc Castella (la
moltiplicazione dei pani e dei pesci); dintorni di CroLone (luoghi delle predicazioni. Lago Tibe-
riade). Sicilia: Valle dell*Etna (le tentazioni nel deserto). Prima proiezione: XXY Mostra del ci­
nema di Venezia, 4.9.1964. Durata: 137' (3.749 m). P rem i : Mostra di Venezia - Premio speciale
della giuria; Premio Office Catholique International du Cinema (O.C.I.C.): Premio Cinefonim:
Premio dcirUxiion International de la Critique de Cinema (UN. I.CRIT.); Premio Lega cattolica
per il cinema e la televisione, della RFT; Premio Città di Imola '"Grifone d'oro": Gran Premio
O.C.I.C. (Assisi, 27 settembre 1964); Prix d ’exellence, IV Concorso tecnico del film (Milano):
Premio Caravella d'argento. Festival internazionale di Lisbona (26 febbraio 1965); Premio Na­
stro d*Argento 1965 per la regia. la fotografia e i costumi.

U ccellacci e uccellini (1965-1966)

Scritto e d iretto d a Pier Paolo Pasolini. D irettori della fo t o g r a fia : Tonino Delli Colli. Mario
Bernardo. O p era tori alla m acchina: Franco Di Giacomo, Gaetano Valle. A iuto a rch itetto : Dan­
te Ferretti. Costum ista: Danilo Donati. Aiuto costum ista: Piero Cicoletti. M usiche originali: En­
nio Mol l icone, Edizioni c registrazioni musicali RCA Italiana. D irettore d o rch estra : Bruno Ni­
colai. Itotob di lesta sono cantati da Domenico Mod ugno. Le parole sono di Pier Paolo Pasolini.
M usica: "Carme, Carme” , composta e cantata da Totò. ""Quelli come noi , di Amedeo Cassola.
M ontaggio: Nino Baragli. Assistente al m ontaggio: Rossana Maiuri. Aiuto reg ia : Sergio Cittì. A s­
sistenti alla re g ia : Carlo Morandi, Vincenzo Cerami. Fonine. Pietro Ortolani. M icrofon ista: Ar­
mando Rondarli. T ruccatore: Vittorio Biseo. P a r n icch ierà : Adriana Cassini. A ccon cia tu re:
Rocchetti. C upo squadra m acchinisti : Mariano Sargenti. C apo squadra elettricisti: A. Ridolfi,
M. Cardarelli. S u rtoria : Piero Farani. C alzatu re: Pompei. A ttrezzeria : Angelo Rancali. Piante
e fiori: Adriano Ceceotti. C ollezione orn itologica: Domenico Rossi. E sperto della fa u n a : Pino

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Pino Bertelli

Serpe. F otogra fo di scoria: Divo Cavicchioli. S egretaria di ed izio n e : Lina D’ Amico.


in terp reti e p erson a ggi: Totò (Innocenti Totò/Frate Ciccillo), Minetto Davoli (Innocenti Minet-
to/Frate Minetto), Femi Bennssi (lama, la prostituta), Gabriele Baldini (il dantista/dentista),
Riccardo Redi (1 ingegnere), Lena Lin Solare (L'rganda) Rossana Di Rocco, (tesare Celli, Vitto­
rio La Paglia. Flaminia Siciliano, Alfredo Leggi. Renato Montalbano (c.s.c.). Mario Perniisi Sta­
gni. Giovanni Tarali», Vittorio Vittori, Francesco Leonetti (la voce del corvo). I (allocchi del
Medioevo: Umberto Bevilacqua, Renato Capogna, Pietro Davoli.
P rod u zion e: Arco Film (Roma). P rod u ttore: Alfredo Bini. D irettore di p rod u zion e: Fernando
Franchi. Isp ettore di p rod u zion e: Gilberto Scarpellini. S egretario di p rod u zion e: Enzo Oeone.
Isp ettore am m inistrativo: Vincenzo Taito. C assiere: Aurelio La Ili Persiani. Pellicola: P. 30. For­
m ato: 35 nini b/n. 1:1.85. M acelline da p resa : Arriflex. Sviluppo e stam pa, effetti ottici:
S.P.E.S. (dir. E. Catalucci). R egistrazion e son ore: International Recording (Westrex Sound
System). D op p ia ggio: C.D.C. M ixa g e : Emilio Rosa. D istribuzione: CI DIE. Incassi: lire
173.036.000. Italia, primi 5 anni. R iprese: ottobre-dicembre 1965. Teatri di p o sa : lncir De Pao­
li». Roma (Teatro n. 8). E sterni: Lazio: Roma. Ceeafumo; Borgata di Torre Angela: Zona Aea-
qua Santa; Tiburtino; Alberone. Dintorni di Roma: la campagna Pontina; la Fiumara di Fiumi­
cino. Tuscania-Viterbo (episodio di San Francesco). Umbria: Assisi. Vietato ai minori di anni 18
(con decreto del 2.4.1966, il divieto ai minori di anni 18 è modificato nel divieto ai minori di an­
ni 14). Partecipa a: XX Festival di Cannes, 13.5.1966; Festival «li Montreal, luglio 1966; New
York Film Festival (insieme ad A cc a tto n e ), settembre 1966. Prem i: XX Festival di Cannes. Men­
zione speciale a Totò per Finterpretazione. Premio Nastro d’ argento 1967: a Pier Paolo Pasoli­
ni per il miglior soggetto originale: a Totò come miglior attore protagonista.
Potò al circo
Episodio montato dalPautore e successivamente non inserito nel film.

P erson aggi ed in terpreti: Totò (Monsieur Courneau), Flaminia Siciliano (Madame Courneau),
Ninetto Davoli (Minetto), la Signora Aquila, il Signor Orso del Canada. Monsieur lo Chimpanzé
del Ruanda, il Leone d’Algeria, il Cammello del Ghana, il Pagliaccio Mediterraneo, la Signora
Jena del Sahara. D u rata: 8’ (202 ni). Senza colonna sonora. Sottotitolato. Cartelli con citazioni
da Pensée» di Pascal. Le msuiche previste per l’episodio erano: Johann Sebastian Bach. “'La
Passione secondo San Giovanni” BWV 245 e “ Bella ciao” , canto della Resistenza.

La terra vista dalla luna (1966-1967)

Terzo episodio del film Le stregh e, (ili altri episodi sono: La siciliana di Francesco Rosi; Senso
civico di Mauro Bolognini: La strega bruciata viva di Luchino Visconti; Una sera ta com e le al­
tre di Vittorio De Sica.

S critto c diretto da Pier Paolo Pasolini. D irettore della fo to g r a fia : Giuseppe Hotunno. O p era­
tore alla m acchina: Giuseppe Maecari. S cen ografia: Mario Garbuglia. Piero Poletto. Costumi­
sta: Piero Tosi. M usiche originali.: Ennio Morrieone. M ontaggio: Mino Baragli. Aiuto regia: Ser­
gio Citti. A ssistente alla regia: Vincenzo Cerami. F on ico: Vittorio Trentino. Sculture: Pino Zac.
F otog ra fo di scen a: Angelo Movi.
In terp reti e p erson a ggi: Totò (Ciancicato Miao). Minetto Davoli (Bacili Miao), Silvana Mangano
(Assurdina Cai), Mario Cipriani (un prete). Laura Betti (un turista), Luigi Leoni (la moglie del
turista).
P rod u zion e: Dino De Laurentis. Pellicola: Kodak. F orm ato: 35 nini, colore, 1:1.85. M acchine
da p resa : Arriflex. D istribuzione: Dear Film/United Artists Europa. Incassi: lire 370.043.000.
Italia, primi 5 anni. R ip rese: novembre 1966. Esterni: Lazio: Roma, il Colosseo, Fiumicino, la
Fiumara, Ostia. Vietato ai minori di anni 18 (con decreto del 9.2.1967 il divieto ai minori di an­
ni 18 è stato modificato nel divieto ai minori di anni 14). Durata: 31’ (858 ni). Partecipa al XVII
Pier Paolo Pasolini/Il cinem a in co rp o

Festival di Berlino, il 23.2.1967

Che cosa sono le n u vole? (1967-1968)

Terzo episodio del film C apriccio alPitaliana. Gli altri episodi sono : Il m ostro della dom enica di
Steno; P erch é di Mauro Bolognini; Viaggio di la v oro di Pino Zac: La bam binaia di Mario Mo-
nicelli; La gelosa di Mauro Bolognini.

Scritlo e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Tonino Dclli Colli. Scenogra­
fia e costumi: Jurgen Henze. Musiche originali: ‘‘Che cosa sono le nuvole” ? di Modugno-Pasoli-
ni, cantata da I). Modugno (Edizioni musicali Dino, Roma). Montaggio: Nino Baragli. Aiuto re­
gia: Sergio Citti. Fotografo di scena: Angelo Novi.
Interpreti e personaggi: Totò (Jago), Ninetto Davoli (Otello), Laura Betti (Desdemona), Franco
Franchi (Cassio), Ciccio Ingrassia (Roderigo), Adriana Asti (Bianca). Francesco Leonetti (il ma­
rionettista), Domenico Modugno ( f immondezzaro). Carlo Pisacane (Brahanzio). Altri burattini:
Luigi Barbini, Mario Cipriani, Piero Morgia, Remo Foglino.
Produzione: Dino De Laurentis Cinematografica, Roma. Produttore: Dino De Laurentis. Pelli­
cola: Kodak. Formato: 35 mm, colore, 1:1.85. Sviluppo e stampa: Technicolor. Distribuzione:
Dear Film/United Artists. Incassi: lire 189.171.000, Italia, primi 5 anni. Riprese: marzo-aprile
1967. Teatri di posa: Cinecittà. Esterni: dintorni di Roma. Durata: 22’ (601 m).

Edipo re (1967)
Da “ E dipo r e ” e “ E dipo a C o lo n o ” di Sofocle.

Scritto e d iretto da Pier Paolo Pasolini. D irettore della fo to g r a fia : Giuseppe Ruzzoli ni. O p era ­
tore alla m acchina: Otello Spila. A ssistente o p e r a to r e : Sergio Rubini. S cen ografia: Luigi
Schiaccianoce. A r r e d a to r e ; Andrea Fantaoci. Aiuto scen og ra fo: Dante Ferretti. Costum ista: Da­
nilo Donati. Aiuto costum ista: Piero Giroletti. C oordinam en to m usicale: Pier Paolo Pasolini.
M usica: Wolfgang Amadeus Mozart: “ Quartetto in di magg.' K. 465. “ Il canto dei martiri can­
zone slava; suite di motivi popolari rumeni; arie della rivoluzione russa; musica antica giappo­
nese (Edizioni musicali Rete). M ontaggio: Nino Baragli. Aiuto regia: Jean-Claude Biette. S a rto­
ria: Farani, Roma. F onico: Carlo Tarchi. T ruccatori: Giulio Natalucci, Goffredo Rocchetti.
P a rru cch iere: Ernesta Cesetti, Maria Teresa Corridoni. A ccon cia tu re: Rocchetti. I o lo g r a fo di
scen a: Bruno Bruni. S egretaria di edizione: Lina D’ Amico.
In terp reti e p erson a gg i: Silvana Mangano (Giocasta), Franco Citti (Edipo), Alida 'Valli (Mero-
pe), Carmelo Bene (Creonte), Julian Beck (Tircsia), Luciano Bartoli (Laio), Ahmed Belhachmi
(Poliho), Pier Paolo Pasolini (il Gran sacerdote), Giandomenico Davoli (pastore di Polibo), Ni­
netto Dvaoli (Anghelos), Francesco 1.conciti (servo di Laio). Sacerdoti: Jean-Claude Biette, Ivan
Smaniglia.
P rod uzione: Arco Film (Roma), con la partecipazione della Somafis, Casablanca. Produttore:
Alfredo Bini. D irettore di p rod u zion e: Eliseo Boschi. Isp etto re di p rod u zion e: Mario Cocciolet­
ti. S egreta rio di p rod u zion e: Walter Fabrizio. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Io r m a to : 35 mm,
colore, 1:1.85. M acchine da p resa : Arriflex. Sviluppa e stam pa . effetti ottici : Technicolor Ita­
liana. R egistrazion e son ora : NIS Film. M ixage: Fausto Ancillai. D istribuzione: Euro Interna­
tional Films. Incassi: lire 548.908.000, Italia, primi 5 anni.
R iprese: seconda metà di aprile-prima metà di luglio 1967. Teatri di p osa : Dino De Laurentis Ci­
nematografica. Roma - Studio n. 4 (la reggia di Tebe, la camera di Giocasta e i giardini). Ester­
ni: Italia: Veneto: fiume Livenza. Lombardia: Bassa Lombardia (infanzia di Edipo); dintorni di
Lodi; S. Angelo Lodigiano (prologo); periferia industriale di Milano (epilogo); caseina La Mon-
cuca nei pressi di S. Angelo Lodigiano. Emilia-Romagna: Bologna (epilogo). Marocco (seconda
P illo B e r te lli

parte: il mito dell’ antefatto; terza parte: la tragedia di Sofocle sintetizzata e tradotta in prosa):
It’ ben addii: Guarzazate: Zagora. Vietato ai minori di anni 18. Durala: 104’ (2. 861 ni). Prima
proiezione: XXVI11 Mostra del cinema di Venezia. Premi: Premio C.I.D.A.L.C. (Confederatimi
Internationale polir la Diffusion dcs Arts et de» T^ttres par le Cinema) ex aequo: Premio Crolla
d’ oro, Saint Vincent. 6.7.1968: Premio Nastro d’ argento, 1968. a Alfredo Bini per la produzio­
ne e Luigi Sehiaecianoee per la scenografia.

Appunti per un film sull 'India (1967-1968)

Scritto, diretto e commentato da Pier Paolo Pasolini. Collaborazione: Gianni Baccelloni Corte.
Operatori alla macchina: Federico Zanni, Roberto Nappa. Montaggio: Jcnner Menghi.
Produzione: Rai Radiotelevisione italiana. Produttore delegato: Gianni Barcolloni Corte, RBG
cin. S.r.l. Pellicola: Kodak. Formato: 16 nini, b/n. Macchine da presa: Arriflex RL.
Riprese: 20 dicembre-10 gennaio 1968. Esterni: Stato di Maharashtra: Bombay, la “ Porta del­
l’ India” , la sede del Parlamento, Palare Kailas (intervista al maharajah), fabbrica della Fiat (in­
tervista agli operai), giardino del Taj Mabai Hotel (interviste a intellettuali e scrittori), sede di
“ The Times of India” ; villaggio tra Bombay e Pune. Stato di Uttar Pradesh: RishTkesh (conven­
to); Dehradun; villaggio di Bhavani: Gita Bhavan, Ganga Kinara. la zona dei santoni. Stato di
Rajastan: Udaipur: Ajmer, Hotel Circuit House, Jaipur. New Delhi, sede del Partito Comunista
all’ Urdù Bazar. Connaugh Place (National Book Fair). Il Gange ai confini della Cina. Prima
proiezione: XXIX Mostra del cinema di Venezia, sezione “ Documentari” , 18.8.1968. Durata: 34’
20” (941 m). Il film non è uscito nei circuiti commerciali.

Teorema (1968)

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Giuseppe Ruzzolini. Opera­
tore alla macchina: Otello Spila. Assistenti operatore: Luigi Conversi, Giuseppe Buonaurio.
Scenografia: Luciano Puccini. Costumista: Marcella De Marehis. I vestiti di Silvana Mangano
sono di Roberto Capucci. Musica originale: Ennio Morricone. Direttore d ’orchestra: Bruno Ni­
colai (Edizioni musicali Curei). Musica: Wolfgang Amadeus Mozart: “ Requiem in re min.” K.626
(registrazione MK nell’ esecuzione deirAcademic Russian Chorum e deH’ Orchestra Sinfonica
della Filarmonica di Mosca). Tcd Cursen: “ Per la morte di un sax alto” . Consulenza per le tec­
niche pittoriche: Giuseppe Zigaina. Montaggio: Nino Baragli. Aiuto regia: Sergio Cittì. Segreta­
ria di edizione: Wanda Tuzi. Fonico: Dino Fronzetti. Capo truccatore: Goffredo Rocchetti.
Truccatore: Manlio Rocchetti. Parrucchiera: Maria Teresa Corridoni. Acconciature: Dutta
Rocchetti. Fotografo di scena: Angelo Novi.
Interpreti e personaggi: Luigi Barbini (il ragazzo della stazione). Laura Betti (Emilia, la serva),
Adele Cambria (l'altra serva), Ninetto Davoli (Angelino, il postino), Carlo De Mejo (un ragaz­
zo), Cesare Garboli (l'intervistatore del prologo), Alfonso Gatto (il medico). Massimo Girotti
(Paolo, il padre), Silvana Mangano (Lucia, la madre), Susanna Pasolini (la vecchia contadina).
André José Cruz Soublette (Pietro, il figlio), Terence Stainp (l’ ospite). Anne Wiazemsky ((Met­
ta, la figlia), Ivan Scratuglia. Le comparse delle sequenze relative alla cascina Torre Bianca so­
no state trovate tra i vecchietti del Pio Albergo Petrusati di Pavia.
Produzione: Aetos Film (Roma). Produttori: Franco Rossellini, Manolo Bolognini. Direttore di
produzione: Paolo Frasca. Segretario di produzione: Sergio Galiano. Pellicola: Kodak East-
mancolor. Formato: 35 min, colore. 1:1.85. Macchine da firesa: Arriflex. Sviluppo e stampa, ef­
fetti ottici: S.P.E.S. (dir. E. Catalucei). Sonorizzazione: NIS Film. Mixage: Fausto Aneillai. Uf­
ficio stampa: Lueherini-Rossetti-Spinola. Distribuzione: Euro International Films. Incassi: lire
915.687.000. Italia, primi 5 anni. Riprese: fine marzo-15 maggio 1968. Teatri di posa: Elios
Film, Roma. Esterni: Lombardia: Milano, Istituto Le Marcelline (la scuola di Odetta); villa a S.
P ier P a o lo Pasolini/D cin em a in c o r p o

Siro (esterni della casa di Paolo); Istituto Parini (la scuola di Pietro); la stazione centrale (Gi­
rotti si spoglia); Tenuta Ciampi, nei pressi di Milano (Paolo sedotto dall'ospite). Zona industria­
le tra Lainate e Arese (il prologo, uscita della fabbrica); cascina Torre Bianca tra Pavia e Mila­
no (la levitazione di Emilia). Lazio: Roma, villa al quartiere Trionfale (gli interni della casa di
Paolo). Sicilia: Etna (l'urlo di Paolo). Vietato ai minori di anni 18. Durata: 98’ (2. 692 m). P ri­
ma p ro iez io n e : XXIX Mostra del cinema di Venezia, 4.9.1968. P rem i : Coppa Volpi per la mi­
gliore interpretazione femminile, a Laura Betti. Navicella d ’ oro, Premio O.C.I.C. (Office Ca-
tholique International du Cinema) a T eorem a.

La sequenza d el fio r e di ca rta (1968-1969)

Terzo episodio del film A m ore e rabbia. Gli altri episodi sono: l/indifferenza di Carlo Lizzani,
Agonia di Bernardo Bertolucci, U a m ore di Jena-Luc Godard. D iscutiam o , discutiam o di Mar­
co Bellocchio.

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Giuseppe Ruzzolini. Musiche
originali: Giovanni Fusco. Musica: Johann Sebastian Bach, “ Passione secondo Matteo” B\VV
244. Montaggio: Nino Baragli. Assistente al montaggio: Attilio Vinicioni. Aiuti regia: Maurizio
Ponzi, Franco Brocani. Segretaria di edizione: Marina Chierici. Fonico (presa diretta): Amelio
Verona.
Interpreti e personaggi: Ninetto Davoli (Riccetto), Rochelle Barbieri (una ragazzina). Le voci di
Dio: Bernardo Bertolucci, Graziella Chiarcossi, Pier Paolo Pasolini, Aldo Puglisi.
Produzione: Castoro Film (Roma)/Anouchka Film (Paris). Produttore: Carlo Lizzani. Direttore
di produzione: Armando Bertoluccioli. Pellicola: Kodak Eastniancolor. Formato 35 nini, colore,
cinemascope. Macchine da presa: Arriflex. Sviluppo e stampa: Cinecittà-Teatri C.S.C Registra­
zione sonora: Sound Recording Service. Sincronizzazione: NIS Film. Mixage: Renato Caducri.
Distribuzione: Italnoleggio Cinematografico. Incassi: lire 25.919.000, Italia, primi 5 anni.
Riprese: estate del 1968. Esterni: Roma, Via Nazionale. Vietato ai minori di anni 18. Durata: 10’
28” (287 m). Prima proiezione. 29.5.1969.

P orcile (1968-1969)

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. D irettori della fo to g ra fia : Armando Nannuzzi (/ ep iso­
d io ); Tonino Delli Colli, Giuseppe Ruzzolini (II episod io). O p era tori alla m a cch in a : franco Di
Giacomo, Michele Cristiani. Assistenti o p e r a to r e : Giuseppe Lanci, Federico Del Zoppo, Rober­
to Forges Davanzati. C ostum i : Danilo Donati. Musica orig in a le : Benedetto Chiglia. Tenui musi­
ca le: “ Horst Wessel Lied” (canto di marcia delle truppe d’ assalto naziste). M ontaggio: Nino Ba­
ragli. A ssistente al m ontaggio: Andreina Casini. Aiuti reg ista : Sergio Cittì, Fabio Garriba. Assi­
sten te albi regia: Sergio Elia. S egretaria di edizione: Beatrice Banfi. F on ico: Alberto Salvatori.
T ru ccatore: Piero Meeaeei. F otog ra fo di scen a : Marilù Parolini.
In terp reti e p erson a gg i del 1 episod io: Pierre Clementi (primo cannibale), Franco Citti (secondo
cannibale), Luigi Barbini (il soldato), Ninetto Davoli (Maracehione, il testimone dei due episo­
di), Sergio Elia (un domestico). In terp reti e p erson a g g i del II episod io: Jean-Pierre Léaud (Ju-
lian), Alberto Lionello (Klotz. il padre). Margherita Lozano (M.me Klotz, la madre, doppiata da
Laura Betti), Anne Wiazemsky (Ida, la figlia), Ugo Tognazzi (Herdhitze), Marco Ferreri (Hans
Gunther, doppiato da Mario Missiroli).
P rod uzione I ep isod io : Gianni Bareelloni Corte. BBG cin. s.r.l. P rod u zion e l i episod io: Gian
Vittorio Baldi e IDI Cinematografica (Roma), 1 film dell’ Orso. C.A.P.A.C. Filmcdis (Paris). Di­
retto re di p rod u zion e: Rodolfo Frattaioli. Isp ettore di p ro d u zio n e : Enzo .laccio. Pellicola: Ko­
dak Eastmancolor. F orm ato: 35 min, colore, 1:1.85. M acchine da p re sa : Arriflex, non sonora
P ino B ertelli

nel I episodio. Sviluppo e stampo: Teehnostampa. Doppiaggio: C.I.T). Sincronizzazione e sono­


rizzazione: M S Film. Distribuzione: INDIEF. Incassi: 279.104.000, Italia, primi 5 anni. Ripre­
se: effettuate in due periodi: novembre 1968. I episodio. Esterni: Sicilia: Monte Etna: dintorni
di Catania; Lazio: Roma, febbraio 1969, Il episodio. Esterni-interni: Veneto: Verona, Stra (Ve),
Mila Pisani. Vietalo ai minori di anni 18. Durata: 98" (2. 685 ni). Prima proiezione di “ prote­
sta ^ Grado. Cinema Cristallo, 30.8.1969. mattina. Prima proiezione “ ufficiale” : XXX Mostra
dei cinema di Venezia, 30.8.1969. sera.

Appunti per un'orestiade africana (1968-1973)

Scritto, diretto, fotografato e commentato da Pier Paolo Pasolini. Operatori: Giorgio Pedoni.
Mario Bagnato, Emore Galeassi. Musica originale: Gaio Barbieri: eseguita da Gato Barbieri
(sax). Donald F. Move (batteria), Marcello Melio (contrabbasso); cantanti: Monne Murrav e Ar­
due Savage. Montaggio: Cleofe Conversi. Fonico: Giorgio Pedoni. Con la partecipazione rii un
gruppo di studenti africani dell'l niversità di Roma "La Sapienza” .
Produzione: Gian Vittorio Baldi e IDI Cinematografica (Roma). I film dell’ Orso. Produttore de­
legato: Gian \ ittorio Baldi. Direttore di produzione: Claudio Rispoli. Pellicola: Eastmancolor.
Formato: 16 nun. b/n. Macchine da presa: Arriflex Bl. Sviluppo e stampa: Luciano Vittori. Sin­
cronizzazione: MS Film. Distribuzione: DAL. Incassi: lire 4.362.000, Italia, primi cinque anni.
Riprese: effettuate in due periodi. Una prima parte nel dicembre "68 e una seconda parte nel feb­
braio *69. Esterni: Uganda: lago Vittoria-Rampata. Tanzania: Dar es-salaam (università c fab­
brica nelle vicinanze della città): Dodoma Kigoma. città sulle rive del lago Tanganika; scuola di
Livingstone nei pressi di Kigoma: villaggio Rasili u sulla strada per Kigoma: la tribù dei Wa-go­
gò. Interni: Italia: Roma, il Folkstudio. Durala: 63* (2.006 ni). Prima proiezione: Giornate del
cinema italiano, alla Mostra del cinema di Venezia, 1.9.1973.

Medea (1969-1970)

Da **Medea" di Euripide

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Ennio Guarnieri. Operato­
re albi macchina: Sergio Salvati. Assistenti operatori: Giorgio Urbinelli, Pasquale Raduni. Sce­
nografo arredatore: Dante Ferretti. Architetto: [Nicola Tainburro c.s.c. Costumista: Piero Tosi.
Aiuti costumista: Piero Cicolctti, Gabriella Pescucei. Commento niusicfde: Pier Paolo Pasolini,
con la collaborazione di Elsa Morante. Musica: musiche sacre giapponesi e canti d ’ amore ira­
niani (Edizioni musicali Bixio Sani. Milano). Montaggio: Nino Baragli. Collaborazione alla re­
gia: Sergio Cittì. Assistente alla regia: Carlo Carunehio. Segretaria di edizione: Beatrice Banfi.
bollico: Carlo Tarclii. Truccatore: Romolo Sensoli: trucco di Maria Callas: Goffredo Rocchetti.
Pamicchi-era: Marcella De Marzi: pettinatura di Maria Callas: Maria Teresa Corridoio. Accon­
ciature: Ditta Rocchetti. Sartoria: Tirelli. Gioielli: Nino Lembo. Roma. Arredamento, armeria,
attrezzerie: Set Mancini. Roma. Fotografo di scena: Mario Tursi.
Interpreti e personaggi: Maria Callas ( Medea ). Laurent Terzieff (il Centauro). Massimo Girotti
(Creonte), Giuseppe Gentile (Giasone), Margareth Clementi (Glauco), Sergio Tramonti (il fratel­
lo di Medea). Anna Maria Chio (nutrice), Paul Jabara. Gerard Wciss. Luigi Barbini, Gianpaolo
Duregon. Luigi Masironi. Michelangelo Masironi, Gianni Brendizi, Franco Jacobbi. Piera Degli
Esposti, Graziella Chiarcossi (c.s.c.), Mirella Panfili (c.s.c.).
Produzione: San Marco S.p.A. (Koma)/Los Films Numbcr One (Paris)/Jami.s Film und Fernse-
hen (Frankfurt). Produttori: Franco Rossellini, Marina Cicogna. Produttori associati: Pierre
Kalfon, Klaus Hehvig. Direttore di produzione: Fernando Franchi. Ispettore di produzione: Pie­
tro Nardi. Segretario di produzione: Paolo Luciani. Ispettore: Sergio Galiano. Amminislrazio-
Pier P aolo Pasolini/Il emémà in co rp o

no: Aurelio La Ili Persiani. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Formato: 35 min, colore, 1:1.85.
Macchine da presa: Arriflex. Sviluppo e stampa: Tecnostampa. Sincronizzazione: IMS Film. Uf­
ficio stampa: Luchertini-Rosselti-Spinola. Distribuzione: Euro International Filins. Incassi: li­
re 328.949.000, Italia, primi cinque anni.
Riprese: 7 maggio-16 agosto 1969. Teatri di posa: Cinecittà (casa di Medea nella Oolchide. la reg­
gia di Corinto). Esterni: Turchia: Urgiip; Goreme; Anatolia; Cappadoeia. Siria: Mura di Alep-
po (esterno della casa di Medea nella Colchide); Geboul, nei pressi di Aleppo (l'assalto degli Ar­
gonauti). Interni: Aleppo (casa di Medea a Corinto). Italia: Pisa, Piazza dei Miracoli (Corinto);
Marechiaro di Anzio (facciata esterna della casa di Medea a Corinto; Pincendio finale); laguna
di Grado (infanzia di Giasone); Viterbese, Castello di Ghia (alcuni primi piani di Maria Callas).
Vietato ai minori di anni 18 (decreto revocato il 22.1.1970). Durata: 110" 28" (3.022 in). Prima
proiezione: 28.12.1969.

Il Decameron (1970-1971)

Da “ // Decameron ' di Giovanni Boccaccio

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Tonino Pelli Colli. Operato­
re alla macchina: Giovanni Ciarlo. Aiuto operatore: Carlo Tafani. Assistenti operatore: Alessio
Gelsini, Giuseppe Fornari. Scenografia: Dante Ferretti. Aiuto scenografo: Carlo Agate. Arre­
datore: Andrea Fantocci. Costumista: Danilo Donati: Aiuto costumista: Piero Giroletti. Musica:
a cura delPautore con la collaborazione di Ennio Morricone: Anonimo XIII see., “ Canto delle
lavandaie del Vomero” ; canti popolari napoletani antichi e moderni. Montaggio: Nino Baragli,
Tatiana Casini Morigi. Assistente al montaggio: Anita Gocciolati. Aiuti regista: Sergio (atti. Cili­
berto Angelucei. Assistente alla regia: Paolo Andrea Mettel. Segretaria di edizione: Beatrice
Banfi. Edizione: Enzo Ocone. Fonico: Pietro Spadoni. Truccatore: Alessandro Jacoponi. Par­
rocchierà : Jole Cecchini. Sartoria: Farani. Fotografo di scena: Mario Tursi.
Interpreti e personaggi: Franco Cittì (ser Cepparello-san Ciappelletto). Ninetto Davoli (An­
dreuccio da Perugia), Jovan Jovanovie (Rustico), Vincenzo Amato (Masetto da Lamporecchio).
Angela Luce (Peronella), Pier Paolo Pasolini (Giotto), Guido Alberti (un ricco mercante), Gian­
ni Rizzo (il Padre superiore), Giuseppe Zigaina (frate confessore), Elisabetta Genovese (Cateri­
na), Silvana Mangano (la Madonna). Giorgio Jovine, Salvatore Bilardo. Vincenzo Ferrigno, Lui­
gi Seraponte. Antonio Diddio. Mirella Catanesi. Vincenzo De Luca, Erminio Nazzaro, Giovanni
Filadoro, Lino Crispo. Alfredo Sivoli, E. Jannotta Cacrino, Vittorio Vittori, Monique Van Yo~
rcn, Enzo Spilateri, Luciano Telli, Annie Marguerite Latroye, Gerard Lxel, Wollgang Hillinger,
Franco Marletta (c.s.c.), Giacomo Rizzo, Vittorio Fanfoni (c.s.e.), Ufile Detlef Gerd, Adriana
Donnorso, E. Maria De Juliis, Patrizia De Clara, Guido Mannari, Michele Di Matteo, Giovanili
Scagliola, Giovanni Davoli, Giuliano Fratello, Lucio Amalelli, Gabriella brankel, Vincenzo Cri­
sto, Giovanni Esposito.
Produzione: PEA (Roma)/Les Produetions Artistes Assoiés ( Paris)/Arlemis film (Berlin). Pro­
duttore: Franco Rosscllini. Organizzazione generale: Alberto De Stcfanis. Direttore di produ­
zione: Mario Di Biase. Ispettore di produzione: Sergio Galiano. Segretario di produzione: Vit­
torio Bucci. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Formato: 35 min. colore. 1:1.85. Macchine da pre­
sa: Arriflex. Sincronizzazione: Cinefonieo Palatino. Mixage: Mario Morigi. Assistente al mixa­
ge: Gianni D' Amico. Distribuzione: United Artists Europa. Incassi: lire 4.145.925. Italia, primi
5 anni.
Riprese: settembre-ottobre 1970. Teatri di posa: Sala Palatino. Esterni: Campania: Napoli,
Piazza S. Chiara (“ Giotto"), bassi napoletani. Cascia; Amalfi; Vesuvio; Ravcllo (“ Masetto*’ e
'■'Gemmata” ); Vieta di Sorrento; Caserta Vecchia (“ Peronella” ). Lazio: dintorni di Roma e Vi­
terbo; Nepi, Abbazia di Fossanova-Latina (“ Gioito” ). Trentino: (“ Ciappelletto"); Bolzano: Vi­
colo della Pesa, S. Martino (interno della chiesa). Dintorni di Bolzano: Castel Roncolo (sala da

363,
P ino B ertelli

pranzo). Bressanone-Bolzano: chiostro del Duomo (interni). Yemen: Sanala (4*Alibech” , non in­
serito nel film). Francia: Valle della Loira. Vietato ai minori di anni 18. Durata: 110" 41” (3.038
in). IJrima proiezione: XXI festival di Berlino, 29.6.1971. Premi: XXI Festival di Berlino, Pre­
mio Orso d'argento.

Le mura di Sana'a (1970)

Documentario in forma di appello all'UNESCO

Regia: Pier Paolo Pasolini. Commento: Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Tonino
Delli Colli. Montaggio: Tatiana Casini Morigi.
Produzione: Rosima Anstalt. Produttore: Franco Rosselllini. Pellicola: Kodak Eastmancolor.
Formato: 35 min, colore, 1:1.33. Macchine da presa: Arriflex. Sincronizzazione: Cinefonim-
Palatino.
Riprese: domenica 18.10.1970. Esterni: Yemen del nord: Sana'a. Yemen del sud: Adramaut. Du­
rata: 13' 20'" (365 ni). Prima proiezione: Milano, 20.6.1974. In occasione dell’ anteprima italia­
na di 11fiore delle mille e una notte. Il film non è mai uscito nei circuiti commerciali.

I racconti di Canterbury (1971-1972)

Da 4‘The Canterbury Talea” , di Geoffrev Chaucer

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Direttore della fotografia: Tonino Delli Colli. Operato­
re alla macchina: Carlo Tafani. Aiuto operatore: Maurizio Luechini. Scenografia: Dante Fer­
retti. Aiuto scenografo: Carlo Agate. Arredatore: Kenneth Muggleston. Costumista: Danilo Do­
nati. Aiuto costumista: Vanni Castellani. Musica: scelta da Pier Paolo Pasolini con la collabora­
zione di Fnnio Morricone: Anonimo, “ Fenesta ea luoive” ; musiche popolari inglesi e irlandesi:
elaborazioni a temi di commento di Fnnio Morricone (Edizioni musicali Topic Records-Philips-
Caedmon Kecords). Montaggio: Xino Baragli. Assistenti al montaggio: Anita Cacciolati. Ugo De
Bossi. Aiuto regia: Sergio Cittì, Umberto Angelucci. Assistente alla regia: Peter Shepherd. Se­
gretaria di edizione: Beatrice Banfi. Edizione: Enzo Ocone. Fonico: Primiano Muratori. Truc­
catore: Otello Sisi. Parrucchiere: Giancarlo De Leonardis. Sartoria: Farani. Fotografo di sce­
na: Mimmo Cattarinieh. Capo macchinista: Augusto Diamanti. Capo elettricista: Alberto Ki-
dolfi.
Interpreti e personaggi: Ilug Griffith (sir Jantiary), Laura Betti (la donna di Balli), [Vinetto Da-
voli (Perkin, il buffone). Franco (.'itti (il diavolo). Josephine Chaplin (May), John Francis Lane
(il monaco). Alan Webb (il vecchio). J.P. Vari Dyne (Cook), Pier Paolo Pasolini (Chaucer), \er-
non Dobtcheff, Adrian Street. O.T., Derek Deadmin, Nicholas Smith. George Dateli, Dan Tho­
mas, Michael Balfour, Jennv Runacre, Peter Cain. Daniele Buckler. Settimio (Castagna. Vthol
Coast, Judy Stewart-Murrav. Tom Gordon King, Patrick Duffet. Kamann Howell, Albert King.
Zileen King, Ileather Johnson, Robin Asquit. Martin Whelar, John McLaren. Edward Monteith
Kervin, Franca Sciutto, Vittorio Fanfoni.
Produzione: P.E.A. Produzioni Europee Associate, Roma. Produttore: Alberto Grimaldi. Di­
rettore di produzione: Alessandro von Normann. Ispettore di produzione: ennio Onorati. Se­
gretaria di produzione: Franca Tasso. Coordinatori albi produzione inglese: Adriano Magi-
stretti, Anthony Moore. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Formato: 35 inni, colore, 1:1.85. Mac­
chine da presa: Arriflex. Sviluppo e stampa: Technicolor. Sincronizzazione: Cinefonico Palati­
no. Rumori ed effetti speciali: Luciano Anzellotti. Mixage: Gianni D' Amico. Ufficio stampa:
Studio Longardi. Distribuzione: United Arlists Europa. Incassi: lire 2.138.971.000, Italia, pri­
mi 5 anni.
r»— t-

Pier P aolo Pasoliiii/Il cinema in co rp o

Riprese: 16 settcmbre-23 novembre 197i. Interni: Safa Palatino, Roma (interno della Dean Can­
terbury Catbedral. racconto del frate; dettagli di Pier Paolo Pasolini). Esterni: Inghilterra:
Contea di Kent: Canterbury; Maidstone (il racconto deirindulgenziere). Contea di Cambridge:
Cambridge. Cont«'a di Warvvieksili ree: Warwick. Contea di Gìoucenstershire: Chipping Camp-
den. I villaggi di St. Osyth; Layer Vlarney (il racconto del cuoco; il racconto del mercante); La-
venham (il racconto della donna di Balli); Paycoeks Greenacrey, Ickleshan (il racconto deirin­
dulgenziere); Rohenden (il racconto dei fattore). Sicilia: Etna (l'inferno). Vietato ai minori di
anni 18. Durata: 110’ (8.038 m). Prima proiezione: XXII Festival di Berlino. 2.7.1972. Premi:
Premio Orso d oro, XXII festival di Berlino.

Jl fiore delle mille e una notte (1973-1974)

Dalla raccolta di novelle orientali “Le mille e una notte” , di anonimo.

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Collaborazione alla sceneggiatura: Dacia Maraini. Di­
rettore della fotografia: Giuseppe Ruzzolini. Operatore alla macchina: Alessandro Kuzzolini.
Assistente operatore: Marcello Mastrogirolamo. Scenografìa: Dante Ferretti. Costumista: Dani­
lo Donati. Musica: Ennio Morricone. Montaggio: Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi. Assisten­
te al montaggio: Ugo De Rossi. Aiuto montaggio: Alfredo Mene bini. Aiuto regia: Umberto Ange-
lucci, Peter Shepherd. Segretaria di edizione: Beatrice Banfi. Edizione: Enzo (Icone. Fonico:
Luciano Welisch. Truccatore: Massimo Giustini. Parrucehiera: Iole Cecchini. Acconciature:
Rocchetti-Carboni. Sartoria: Farani. Calzature: Pompei. Spedizioni: Cecchetti. Fotografo di
scena: Angelo Pennoni.
Interpreti e personaggi: Ninetto Davoli (Aziz), Franco Cittì (il Genio), Franco Merli (Nur-ed-
])in), lessa Bouchè (Aziza), Ines Pellegrini (Zumurrud), Margareth Clementi, Luigina Tocchi,
Alberto Argentino (il principe Shahzaman), Francesco Paolo Governale (il principe Tadji), Sal­
vatore Sapienza (il principe Yiuian), Zeudi Biasiolo, Barbara Grandi, Elisabetta Vito Genovese,
Gioacchino Castellini, Abadit Giudei (la principessa Dunja), Christian Alegny, Salvatore Ver­
detti, Jocclyn Mtinchcnbach, Luigi Antonio Guerra (e.s.c.), Jeanne Gauffin Mathieu, Graneeli­
se Noel, Franca Sdutto (e.s.c.), Fessazion Gherentiel (Berthanè), Gian Idris (Giana), Ali Ab-
dullah, Gheener Aielew, Mohamed Fara Seebani, Hassart Ali Ahmed, Rino Ilammemet. Adda
Ibrahim, Emanuel Matthews, Mohamed Ali Zedi.
Produzione: PEA (Roma)/Les Productions Artistes Associés (Paris). Produttore: Alberto Gri-
maldi. Direttore di produzione: Mario Di Biase. Ispettori di produzione: Giuseppe Banchelli,
Alessandro Mattei. Segretaria di prouzione: Carla Crovato. Amministratori: Daniele Tiberi.
Maurizio Forti. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Formato: 35 nini, colore. 1:1.85. Macchine «la
presa: Arriflex. Effetti ottici speciali: Rank Film Labs, England. Sincronizzazione: X1S Film,
Roma. Mixage: Fausto AnciJIai. Ufficio stampa: Xico Xaldini. Distribuzione: United Artists Eu­
ropa. Incassi: 2.092.868.000, Italia, primi 5 anni.

Salò e le 120 giornate di Sodoma (1975)

Dal romanzo di D.A.F. de Sade, “ Le 120 giornate di Sodoma »

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Collaborazione alla sceneggiatura: Sergio (.itti. Pupi
Avati. Direttore della fotografia: 'Fonino Delli Colli. Operatori alla macchina: Carlo Tanfani,
Emilio Bestetti. Aiuto operatore: Sandro Ballaglai. Assistente operatore: Giancarlo Granatili.
Scenografia: Dante Ferretti. Arredatore: Osvaldo Desideri. Costumista: Danilo Donati. Aiuto
costumista: Vanni Castellani. Consulente musicale: Ennio Morricone. Esecuzione al pianoforte:
Arnaldo Graziosi (Edizioni musicali Eureka). Musica: Le canzoni: “ Son tanto triste** di .Ansai-
P in o B ertelli

ilo. Bracchi; '‘Fiori d’ arancio” , di Giovanni BWnzi, Michele Galdieri; “ Maestro improvvisa” , di
D’Anzi, Galdieri; “ Dormi bambina” , di Corrado Pintaldi, Enzo Bonfanti; “ Valzer di mezzanot­
te” di Frank Antodio, Michele Cittadino; “ Quel motivetto che mi piace tanto” , di Donato Caso-
laro. Michele Galdieri; “ Settembre ti dirà” , di Antonio Moretti; “ Torna piccina mia**, di Cesare
Bixio. Andrea Bivio; “ Canzone ilei platano” , di Giuseppe Barziz/.a. Riccardo MorbeUi: “ SteJu-
tis Alpinis” , di Enrico Zardini. Fryderyk Chopin: “ Preludio in mi min.” , op. 28 n.4; “ Valzer in
la min.” , op. 34 n.2; Cari Off: “ Carmina Burana” . Montaggio: Nino Baragli, Tatiana Casini Mo-
rigi. Assistente al montaggio: Ugo De Rossi. Aiuto al montaggio: Alfredo Monchini. Aiuto regia:
Umberto Aligelucci. Assistente alla regia: Fiorella Infaseelli. Segretaria di edizione: Beatrice
Banfi. Edizione: Enzo Ocone. Fonici: Domenico Pasquadibisceglie, Giorgio Loviscek. Microfo­
nista: Giuseppina Sagliano. Truccatore: Alfredo Tiberi. Parrucchiera: Giuseppina Bovino. Ac­
conciature e effetti speciali trucco: Carboni-Rocchetti. Sartoria: Farani. Calzature: Pompei.
Arredamento e tappezzeria: D'Angelo. Cristalleria: D.O.M. Porcellane: Richard-Ginori. Foto­
grafo di scena: Deborah Beer.
Interpreti e personaggi: Signori: Paolo Bonacelli (il Duca: Blangis), Giorgio Cataldi (il Vescovo,
doppiato da G. Caproni), Umberto Paolo Quintavalle (Sua Eccellenza il Presidente della (an te
d ’Appello: Curvai), .Aldo Valletti (il Presidente Dureet, doppiato da Marco Bellocchio). Aarra-
irici: Caterina Boratto (signora Castelli), Elsa de* Giorgi (signora Maggi), Hélène Surgere (si­
gnora Vaccari), doppiata da Laura Betti), Sonia Saviange (la virtuosa). Vittime (maschi): Sergio
Fascetli, Bruno Musso. Antonio Orlando, Claudio Cicchetti, Franco Merli, Umberto Chessari,
Lamberto Book, Gaspare Di Jenno. Vittime (femminine): Giuliana Melis, Faridak Malik, Gra­
ziella Aniceto. Renata VIoar, Dorit Ilenke, Antinisca Nemour, Benedetta Gaetani. Olga Andrei».
Figlie: Tatiana Mogilansky, Susanna Radaelli, Giuliana Orlandi, Liana Acquaviva. Militi: Ri­
naldo Missaglia, Giuseppe Patruno, Guido Galletti, Klfisio Ftzi. Collaborazionisti: Claudio
Troeeoli, Fabrizio Mcnichini, Maurizio Vaiaguzza, Ezio Marini. Ruffiane e serve: Paola Pierac-
ei, Carla 7'erlizzi, Anna Maria Dossena, Anna Recchimuzzi, Ines Pellegrini.
Produzione: PEA (Roma)/Les Produetions Art iste» Associés (Paris). Produttore: Alberto Gri­
maldi. Organizzatore generale: Alberto De Stefani». Direttore di produzione: Antonio Girasan-
te. Ispettori di produzione: Alessandro Mattei, Renzo David, Angelo Zernclla. Segretario di pro­
duzione: Vittorio Guida. Amministratori: Maurizio Forti, Piero Innocenti. Pellicola: Kodak
Eastmaneolor. 33 mm, colore. 1:1.83. Macchine da presa: Arrillcx. Sviluppo e stampa: Techni­
color. Effetti e rumori: Luciano Anzellotti. Sincronizzazione: International Recording, Roma.
Mixage: fausto Ancillai. Ifficio stampa: Nico Naldini. Distribuzione: United Artists Europa.
incassi: lire 2.308.374.000. Italia, primi 3 anni. Riprese: 3 marzo-9 maggio 1973. Teatri di po­
sa: Cinecittà, teatro n. 13. Esterni: Lombardia: Salò; Mantova. Emilia: Gardelletta, frazione rii
Vado. Gli interni della villa dei “ Signori” furono girati a Mantova (Villirnpenta) e Villa Arrigoni
(Ponte Merlano). La facciata della villa dei “ Signori*’ fu girata a Bologna, Villa Aldini. Vietato ai
minori di anni 18. Durata: 116* (3.185 m). Prima proiezione: I Festival di Parigi. 22.11.1973.
Bibliografia pasoliniana

Poesia

Poesie a Casarsa. Tlibreria Antiquaria Mario Laudi. 1942


Poesie, San Vito al ragliamento, Stamperia Primon, 1945
/ pianti, Casarsa. Pubblicazioni del FAcadem iuta, 1946
Dov’è la mia patria, con tredici disegni di Giuseppe Zigaina, Casarsa, Pubblicazioni dell' Aca­
de iniuta
ì parlanti (1948). '‘Botteghe Oscure” , n.8. Roma 1951
Sonetto primaverile (1953), Milano, All'insegna del pesce d'oro. 1960
Tal cour di unfrut, Trieesiino, Edizioni “ Friuli” , 1953
Dal “ Diario" (1945-1947), Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore. 1954
La meglio gioventù, Firenze, Sansoni 1954
Le ceneri di Gramsci, Milano, Garzanti 1957
L'usignolo della Chiesa cattolica. Milano, Longanesi 1958
La religione del mio tempo. Milano, Garzanti 1961
La violenza, con ventiquattro disegni di Attardi, Calabria, Farulli, Gianquinto, Guccione,
Guerreschi, Guttuso, Vespignani, assieme a dodici ballate di Pier Paolo Pasolini, Roma, Edito­
ri Riuniti. 1962
Poesia in forma di rosa, Milano, Garzanti 1964
Poesie (selezione scelta dalPautore). Milano, Garzanti, 1970
La nuova gioventù: poesie friulane9 1941-1974, Torino, Einaudi. 1975
Le poesie (Le ceneri di Gramsci, La religione del mio tempo. Poesie in forma di rosa, Trans­
umar c organizzar, Poesie inedite (1950-1951 ), Milano, Garzanti, 1975
Poesie dimenticale, Udine, Società Folologica Friulana, 1976
Poesie e pagine ritrovate, a cura di Andrea Zanzotto e Nico Caldini, Roma, Lato Side, 1980
Bestemmia: tutte le. poesie, a cura di Gabriella Chiareossi e Walter Siti, “ .voli.» Milano, Gar­
zanti, 1993

Narrativa, sceneggiature, teatro

Ragazzi di vita, Garzanti, 1955


Una vita violenta, Garzanti. 1959
Donne di Roma, Milano, Il Saggiatore, 1960
Giro a vuoto, le canzoni di Laura Betti (autori vari), Milano, Scheiwiller. 1960
Roma 1950, diario, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1960
Accattone, Milano, Garzanti, 1961
Mamma Roma, Milano, Garzanti, 1962
L'odore dell’India, Milano, Longanesi, 1962
Il sogno di una cosa, Milano, Garzanti, 1962
// Vangelo secondo Matteo, a cura di G. Gambetti, Milano, Garzanti, 1964
Alì dagli occhi azzurri. Milano. Garzanti. 1965 •" *e
Potentissima signora, canzoni e dialoghi per Laura Betti, Milano. Longanesi, 1965
Uccellacci e uccellini, Milano, Garzanti, 1966
Edipo re, Milano, Garzanti, 1968
Teorema, Milano. Garzanti, 1970
Medea, Milano. Garzanti. 19*0
Ostia, un film di Sergio (Cittì (soggetto e sceneggiatura di Sergio Cittì c Pier Paolo Pasolini),
Milano. Garzanti. 1970
P ino B ertelli

Calderon, Milano, Garzanti, 1973


T.a Divina Mimesis, Torino, Einaudi, 1975
Il padre selvaggio, Torino, Einaudi. 1973
Trilogia della vita (Decameron, / racconti di Canterbury, 7/ fiore delle mille e una notte), a cu
ra di Giorgio Gaitei, Bologna, Cappelli» 1975
Tasolini in Friuli (1043-1949), AA.VV., Udine, “ Corriere del Friuli” , in Collaborazione con il
Comune «li Casarca della Delizia, Arti Grafiche Friulane, 1976
I Turcs tal FriuC a cura di L. Ciceri, Udine, Doretti, “ Forum Julii” , 1976
Affai)illazione. Pilade, Milano, Garzanti 1977
Pasolini e “ Il setaccio” , AA.VV.» a cura di M. Ricci. Bologna, Cappelli, 1977
San Paolo. Torino, Einaudi, 1977
Porcile-Orgia-Restiti da stile. Milano, Garzanti, 1979

Annido mio!Atti impuri, a cura di C. D'Angeli, Milano, Garzanti 1982


Il portico della morte, a cura di C. Segre (“ Quaderni Pier Paolo Pasolini” ), Roma, Associazio­
ne “ Fondo Pier Paolo Pasolini” , 1988
Teatro: Calderóni, Affa buiazione, Pilade, Porcile, Orgia. Pestio da stile. Milano, Garzanti,
1988
Il Vangelo secondo Matteo-Edopo re-Medca. Milano, Garzanti, 1991
Petrolio, Torino, Einaudi 1992,
Annido mio, Milano, Garzanti, 1993
Un paese di temporali e di primule ( ricordi, scritti e racconti giovanili sul Friuli), a cura di
Niueo Naldini, Parma. Guanda, 1993
Homàns, Parma, Guanda 1994
Storie della città di Dio. Racconti e cronache romane 1950-1966, Torino, Einaudi
1995
Romanzi e racconti 1946-1961, Verona, Mondadori, vol.I, 1998
Romanzi e racconti 1962-1975, Verona, Mondadori, voi.II, 1998

Critica politica/letteraria

Passione e ideologia (1918-1958), Milano, Garzanti, 1960


La poesia popolare italiana. Milano, Garzanti. I960
Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972
Scritti corsaci, Milano, Garzanti, 1975
Le belle bandiere: Dialoghi, 1960-1965. a cura di G.C. Ferretti, Roma, Editori Riuniti, 1977
Lettere luterane, il progresso come falso progresso. Torino, Einaudi, 1977
Il caos, a cura di G.C. Ferretti, Roma, Editori Riuniti. 1979
Volgar'eloquio, a cura «li A. Piromalli e D. Scarfoglio. Napoli. Athena, 1976
I dialoghi, a cura di G. Falaschi, Roma, Editori Riuniti, 1992 (contiene Le bell bandiere c 11
caos).
UAcademiuta friulana e le sue riviste, a cura di N. \aldini, Vicenza, Neri Pozza, 1994 (contie­
ne l’ intera serie «Ilio” Stroligut” ).
Descrizioni di descrizioni, a cura di Graziella Chiarcossi. Milano, Garzanti, 1996

Le lettere

Lettere agli amici (1941-1945), a cura di L. Serra, Milano, Guanda, 1976

5AU
Lettore, voi. 1 ( 1940-1954). a cura di Nico Naldini, Torino, Einaudi, 1986
JAattere, voi. JJ (1955-1975). a cura di Nico Naldini. Torino. Einaudi, 1988

T ra d u zion i/ed izion i critich e di P ie r P a o lo P asolini

Poesia dialettale del Novecento (con M. Dell'Arco), Parma, Guanda, 1952


Il canto popolare, Milano, La Meridiana, 1954
Eschilo. Orestiade, Urbino, Edizioni Urbinate, 1960
La poesia dialettale italiana, Milano, Garzanti, 1960
ll\ anione di Plauto (dal Miles gloriosus), Milano, Garzanti, 1968
Canzoniere italiano, 2 voli., Bologna, Guanda, 1955
Indice dei nomi

A
Acciarito Pietro, 312,
Adler. .Alfred, 161, 268.
Adlon Percy, 203,
Adorno Theodor W., 47, 87, 151, 154, 224, 232, 246, 266, 309. 314, 324,
Agamben Giorgio, 103,
Agosti Silvano, 152. 201,215
Agostino, santo, 120, 129,
Akerman Chantal, 178,
Aldini Edmonda, 69,
Alea Tomàs Guticrrez, 152, 154, 178,
Alexander Jane, 203,
Alfieri Vittorio, 47
Al-Haddad Abdulralnnan, 293
Alighieri Dante, 47, 319
Allyson June, 203,
Almodovar Pedro, 87,
Alquati Romano, 87,
Althusser Louis, 154,
Alvarez Santiago, 152,
Amari Paolo (Pier Paolo Pasolini), 27,
Amato Giuseppe, 148,
Amico Gianni, 215,
Anderson Lindsav, 215,
Anet Jon, 202.
.Angeli Alfredo, 206,
Angelucci Umberto, 260.
Anger Kenneth, 153, 176,
Ansaldo Giovanni, 217,
Antonioni Michelangelo, 39, 66, 88, 89, 107, 121, 125, 130, 156, 191, 208, 214, 308,
Apra Adriano, 127,
Araki Gregg, 178, 203,
Arbus Diane, 54, 58,
Areeeo Sergio, 147,
Arendt Hannah, 21, 137, 240, 257, 336 n., 337 n., 345 n., 347 n.,
Argentieri Mino. 38. 115, 234,
Argentino .Alberto, 284,
Aristarco Guido, 31. 134. 223,
Arpino Giovanni. 254.
Arrabai Francisco, 285,
Arrigo Giuseppe, 272.
Artaud Antonin, 147, 155, 316,
Arzner Dorothy, 176,
Asor Rosa Alberto, 125.
Asti Adriana. 29. 145, 147,
P in o B ertelli

Auden Wystan TTugh, 48.


Avati Pupi. 309,

B
Babelico Hector, 203.
Bacalov Luis K., 104,
Bach, Johann S.. 25. 31, 35. 93, 104. 106, 122.
Bachelard Gaston, 17, 92. 188.
Bagnato Mario. 237,
Baille Bruce, 152,
Bakunin Michail A., 86, 126, 153, 154, 221* 248. 280.
Baldelii Pio, 134, 261.
Baldi Gian Vittorio, 89, 154, 214,
Balducci Ernesto, 151, 244,
Balestrini Nanni, 184,
Baragli Nino, 33. 61.71. 78. 84, 122. 144. 147. 168. 193, 212, 221. 233. 256. 274. 289. 31
Barbieri Gato, 237, 238.
Barbieri Rochelle, 212,
Barbini Luigi, 145,
Barilli Carlotta, 155,
Barkcr Lex. 98,
Barthes Roland, 48, 111. 116. 117. 127, 132, 133, 134. 163. 269. 310. 323. 325. 336 n.. 33
339 n., 341 n., 345 n.,
Baruchello Gianfranco, 153,
Basaglia Franco, 161,
Bashore Juliet, 204,
Bassa ni Giorgio, 27, 44, 45, 77, 107, 111, 308.
Basso Lelio, 289,
Hata il le Georges, 53, 250,
Baudelaire Charles, 181, 288. 311,
Bazin André, 92, 134,
Beck Julian, 155, 165.
Beery Wallace, 174,
Beethoven, Ludwig vari, 25.
Bel haduni Ahmed, 165,
Bellei Mino, 202.
Bellezza Dario, 180, 181,
Bcllincioni Giorgio. 152,
Bellocchio Marco, 89. 90, 154, 212, 214,
Bellocchio Pier Giorgio. 264,
Beimondo Jean, 37,
Bendit Daniel Colui, 183,
Bendit Gabriel Oohn, 183,
Bene Carmelo, 153, 165. 215. 253,
Benjamin Walter. 87, 256, 257,
Benussi Fcmi, 114,
Bergman Ingmar, 30. 37, 131, 208, 215. 271. 274. 276. 308.
Berliner Alain, 204,
Berlinguer Enrico, 185, 302,
Bernardini Maria. 69,
Bernardo Mario, 84. 122,
Berne Eric. 179,
Bernini Vittorio. 84.
Bersani Lello. 82. 84.
Bertelli Pino. 331 n., 338 a>, 334 n., 335 336 n., 337 n., 339 ri.. 340 n., 344 n..
Bel letto Paolo. 170. 210,
Bertini Antonio, 76.
Bertolucci Attilio. 27. 44. 45, 46,
Bertolucci Bernardo, 33, 66. 89, 121, 154, 201, 212, 214. 245, 324.
Bertolucci Giuseppe* 20L,
Betocchi Carlo. 25.
Bettetini Gianfranco. 134, 135, 337 n.,
Betti Laura (Maura Trombetti). 68. 142, 143. 145, 147. 155, 189. 195. 196. 208. 260, 272, 293,
314. 332 n., 335 n., 337 n., 339 n., 340 ri., 345, n.
Beylie Claude, 194, 276,
Biagi Enzo, 315. 347 n.,
Biamonti Enrico, 206,
Bianchi Pietro, 308,
Biette Jean-Ckaude, 153, 169,
Bigia retti Libero, 27,
Bignardi Agostino, 25,
Bini Alfredo, 64, 76, 84, 93, 95, 96. 111, 123, 170, 333 n.,
Bini Luigi, 276, 345 n.,
Birri Fernando, 154,
Blake William, 126. 150, 157, 188, 271,
Blanchot, Maurice, 310,
Blanqtii Louis-Auguste. 280,
Blicr Bertrand, 202,
Bo Carlo, 45,
Bobbio, 87,
Bobby Bazzico, 124,
Bocca Giorgio, 264, 295. 302,
Boccaccio, 245, 247, 250. 251. 253, 257, 266, 26*, 2*7,
Boff Leonardo. 102, 281,296. 303, 313, 335 n., 341 n., 344 n., 346 n.,
Bogart Paul. 203,
Bogavevicz Yurek, 202,
Bogdanovich Peter, 75,
Bologna Sergio, 87,
Bolognini Mauro. 27, 35, 89. 142, 143, 144, 199, 308,
Bompressi Ovidio. 262.
Bonaeelli Paolo, 152, 310.
Bonfanti Giovanni, 260, 261,263, 264,
Bontempelli Massimo, 217,
Boorman John, 215,
Boralto Caterina, 311,314,
Borges Miguel, 152.
Bory Jean-Louis, 170. 234, 275.
Bosc Robert, 75,
Bosch Ilieronymus, 278, 279,
Bosc Lucia, 53,
Boucbé lessa, 282,
Bouzid \ouri, 205,
Brackage Stan, 153,
B r a m a t i Vitaliano, i l i ,
Pino Bertelli

Brando Marion, 34, 131,


Brasa Tinto, 123, 132. 214.
Brecht Bertolt, 34, 147. 133, 310, 316,
Bresei Gaetano, 312,
Bresson Robert, 33, 33, 38, 61, 65. 69. 103. 123. 191, 193, 197. 208, 213, 331 n
Bresson-Cartier Henri, 54, 38,
Breton André, 33. 222,
Brooani Franco. 212,
Brook Peter, 152, 213,
Brooks Louise, 173,
Brooks Richard, 176, 215,
Bruegel Pietr, il vecchio, 253, 293,
Brunetta Gian Piero, 39, 72, 331 n., 333 n.,
Bruno Giordano, 101,
Brusati Franco, 199, 201.
Brvant
9 Charles. 175.
Buber Martin, 20, 236, 336 n.,
Buddha, 271, 343 n., 346 n.,
Bukowski Charles, 156,
Bunny John, 174,
Bunuel Luis. 32. 33, 35, 55. 65, 71, 73, 92, 105, 120. 125. 127. 129. 143, 154.160.167 , 168,
169. 190, 191, 192, 194. 215, 250. 271,285, 317. 336 n., 340 n., 344 n „
Burroughs William, 86, 150,
Burton Tini. 203,
Buttitla Ignazio, 82,
Bvron, 268,

C
Cafiero Carlo, 125,
Calabresi Luigi, 262,
Calamai Clara, 53,
Calla* Maria. 54, 225. 226, 231. 233,
Calvert Greg. 183.
Calv ino Italo, 45, 46, 295, 308, 315, 332 n., 317 n.,
Cambria Adele, 28, 82, 83, 264,
Campana Dino, 26. 285, 308, 309,
Campanella Tommaso, 101, 136, 214, 259,
Campanile Festa Pasquale, 199,
Compari Roberto, 60, 333 n.,
Camus Albert, 87, 280, 316 n.,
Canbv Vincent, 258, 325,
Candii Klias. 37, 42, 251, 263, 309,
Canova Gianni, 156.
Cantatore Walter, 93,
Capa neo, 51.
Cappabianca Alessandro, 105,
Cappelli, 45.
Caprioli Vittorio, 199,
Caproni Giorgio, 27, 44, 45,
Capuano Antonio, 201,
Caravaggio, 55,
Carducci Giosuè, 25, 27,

j
P ier P a o lo Pasolini/II cin em a in c o r p o

Carlos John, 185.


Carmichacl S.. 813.
Carnè Marcel, 35.
Carocci Alberto. 27. 46.
Carotenuto Aldo. 32. 12, 180. 270. 331 n., 332 n., 339 n., 315 n..
Carpi Fabio. 201.
Carraro Aini rea, 93,
Caruso Lucio Sellimi». 93. 95. 211, 335 n., 342 n.,
Caruso Margherita, 103,
Caselli Francesco, 134, 337 n..
Casiraghi Ugo, 97. 335 n.,
Cassady Neil. 86, 150,
Cassavetes John. 39, 127, 151, 215,
Cassirer Ernst, 47, 332 ri.,
Cassola Carlo. 45. I l i , 151, 335 n..
Castel Robert, 161,
Castello Giulio Cesare. 147. 337 n.,
Castoriadis Corneiius, 153,
Cataldi Giorgio. 310,
Cavani Liliana, 152, 154, 202, 215, 245, 308. 324,
Cazzaniga, 87. 88,
Cceclii Emilio, 27, 44, 320,
Cederna Camilla, 82. 83,
Celentano Adriano. 98,
Celeste Sebastiano, 262,
Celine Louis-Eerditiand, 46,
Cerami Vincenzo, 82, 84,
Cerna Jana, 15,
Cernii Mario, 155,
Cervantes M. 271.
Cervi Mar io. 302,
Chabrol Claude, 39, 215.
Chanderli Djainal. 152,
Chaplin Charlie (Charlot). 25, 30. 33, 37. 71, 118. 129, 142. 114, 174. 218, 274, 276.
Chaplin Josephine, 272,
Chatwin Rruce, 159, 285,
Chaueer Gcoffrcy, 253, 266, 267. 272, 273, 276. 277, 279.
Ghia reossi Graziella, 82. 84, 212.
Ci meni Michel. 194, 223,
Cioran E.M.. 19. 24. 74. 84. 104. 151. 244. 248. 251. 279. 326,
(aprì, J05,
Cipriani Amilcare, 260,
Cipriani Mario, 67. 145.
Cittì Franco. 28. 38. 34. 37. 56. 61. 165. 167. 168, 219. 221. 224. 247. 248. 256. 272. 273. 281.
286, 319. 331 n.. 339 n..
Cittì Sergio. 44, 75. 103, 308. 309,
Clair Rene, 23.
Clark» Shirlcy. 152, 154, 177,
Cleef Van Lee, 197,
O c meni e \. papa, 100
Clementi Margaret, 227, 233,
Clementi Pierre, 218, 221.222. 224,
P in o B ertelli

Cocteau Jean, 55, 75, 176, 301, 332 n.,


Collare! Cyril, 178, 203,
Collct Jean, 30,
Colombo Eduardo, 280, 345 n.,
Colombo Furio, 322,
Colussi Susanna Pasolini. 25, 103,
Combet André, 194,
Comeneini Luigi, 88, 324,
Comolli Jean-Louis, 66,
Confucio, 24,
Conn Nicole, 204.
Constable, 276,
Contini Gianfranco, 25, 27, 32, 44, 45, 46. 252, 320.
Corbucei Gianfranco, 276, 345 n.,
Corsicato Pappi, 201,
Corsini Silvana, 28, 56,
Corso Gregory, 86. 150,
Corte Barcolloni Gianni, 187,
Costa Gavras, 215,
Cournot Michel, 97, 108, 109, 335 n.,
Croce Benedetto, 48,
Crome, 276,
Cru Henri, 150,
Cu reio Renato, 87, 88, 184, 303, 334 n., 339 n. , 346 n.,

D
D’ Ambrosio Gerardo, 264,
D’Annunzio Gabriele, 25, 276, 309.
Da Campo Gianni, 202,
Da Vinci Leonardo, 57,
Damiani Damiano, 89, 199,
Danev Serge, 154,
Dapporto Carlo, 199,
Da voli Ninetto, 64, 75, 103, 113, 122, 138. 142. 143 , 144, 138, 145, 148, 165, 189, 212. 219
221,256, 272, 274. 282, 286, 307,
De Saint-Exupérv Antoine. 245,
De Amicis Edmondo, 316,
De Andrade Joaquim Pedro, 152,
De Andrò Fabrizio, 294,
De Antonio Kmile, 156,
De Beauvoir, 310,
De Bernardi Tonino, 201,
De Bosio Gianni, 89,
De Filippo Eduardo, 148, 274, 307,
De Giorgi Elsa, 69. 311, 314,
De Giusti Luciano, 170, 230, 291, 334 n., 337 n., 346 n
De Hcusch Lue, 152.
De Laurentis Dino, 144,
De Luigi Filippo, 206, 222,
De Marsico Afredo, 274,
De Mille Cecil B., 105,
De Montaigne Michel, 47, 236», 253, 332 n.,
De Palma Brian. 202,
De Pisi? Filippo, 111,
De Roberti? Giuseppe, 46.
De Sade D on atici Alphonse-Francois, 157, 201, 249, 250. 314. 316, 318, 319. 338 n., 344 n.,
De Santi? Giuseppe, 55,
De Seta Vittorio, 151.
De Sica Vittorio. 32, 33, 55, 88. 127, 112, 148, 168,
Dean James, 34.
Dearden Basii. 177,
Debenedetti Giacomo, 308,
Debord Guy, 87, 127, 151, 220, 221, 338 n., 341 n., 342 n..
Degan Teresina, 41,
Del Fra Lino, 151,
Delannoy Jean, 177,
Deleuze Gilles, 161, 162, 222,
Dell’ Arco Marco, 44,
Della Francesca Piero, 39. 98, 293,
Della Mea Luciano, 87, 88. 345 n.,
Della Volpe Galvano. 134,
Delli Colli Franco, 84,
Delli Colli Tonino, 33, 61, 71, 84, 104, 108, 147, 221, 256, 274, 282, 290, 314,
Delluc Louis, 129,
Dolly, 167,
Delmas Ginette, 275, 334 n.,
Dcmmc Jonathan, 177, 202, 204,
Demy Jacques, 39,
Deville Jacques, 39,
Di Carlo Carlo, 78, 333 n.,
Di Chio Federico, 337 n.,
Di Gennaro Giuseppe, 73,
Di Giammatteo Fernaldo, 315, 316, 347 n..
Di Rocco Rossana, 103,
Dickinson Emily, 53, 333 n., 341 n.,
Diderot Denis, 236,
Dietrich Marlene, 176,
Di mitri Nicola, 260,
Dmytryk Edward, 176,
Dolcino, frate, 20, 99, 100, 101, 246, 335 n.,
Donati Danilo, 71, 104, 108, 118, 122, 168, 221, 256, 274, 289, 314,
Dos Santos Nelson Pereira, 154,
Dostoevskij F., 46, 82, 308.
DouchetJean, 39,
Dovzenko Aleksandr, 37,
Drever Cari Th., 30, 33, 35, 37, 61. 65, 69, 71. 97. 105, 125, 129, 169. 175. 231.232. 311 n „
Dunyc Cheryl, 204,
Duras Marguerite, 19, 39, 57, 120, 162, 163, 170. 236, 243, 258, 278. 339 n., 341 ri., 345 n..
Dii rei*. 279,
Dutschkc Rudi, 183, 217,
D m iv ie r Julien, 105,
Dvlan Bob. 86,
P illo B ertelli

E
Eckhart, 254,
Eco Umberto, 111, 132, 133. 134, 135, 295, 337 n.,
Edison Thomas A., 174,
Edwards Blake. 203,
Ehrard G.B., 232, 342n.,
Einaudi (Giulio, 76,
Eisenschitz Bernard, 171,
Ejzenstejn Sergej. 30. 35. 37. 65, 69, 71,89, 125, 127, 129. 134, 160. 180. 221.269, 308.
E1 Greco, 104,
Elger Sandra, 204,
Elia, profeta, 214,
Eliade Mi reca, 231.
Eliot Thomas Stearns, 111. 255,
Elisabetta II, regina, 78.
Elisei Marcello, 56,
Emmer Luciano, 27,
Engels Friedrich, 48, 87, 332 n.,
Enzenberger Hans M., 116,
Epstein Koberl, 202. 204,
Eschilo, 28, 237, 239,
Euripide, 226, 229, 231, 233,
Evans Walker, 54,
Evola J., 323,

F
Fabi Giulio, 64,
Faccini Luigi, 71, 79, 127, 128, 134, 333 n., 334 n., 336 n., 337 n..
Faenza Roberto, 215,
Falconetti. Renée, 105,
Faldini Franca, 148. 337 n.,
Fallaci Oriana, 82, 83,
Falcpii Enrico, 27,
Farolfi Franco, 25,
Farrias Marco, 152,
Fassbinder Rainer W.. 178, 180, 191, 193, 200, 203, 253,
Fava G. Claudio, 223,
Favaro, padre, 95,
Fellini Federico, 27, 35, 49. 50, 66, 68. 69. 72, 88, 89, 98. 120. 125. 130. 156, 177. 197, 246.
271, 285, 308.
Ferii righetti, 86,
Ferranti Gastone, 76,
Ferrara Maurizio, 295,
Ferrarolti Franco, 295,
Ferreri Marco, 39, 89, 154, 206, 207, 214, 219, 221, 222, 308. 341 n.,
Ferrerò Adelio, 59, 60, 79, 120, 124, 191, 229, 251, 276. 333 n., 334 n., 336 n..
Ferretti Dante, 104, 233, 256, 274, 289. 314,
Ferretti Massimo, 45.
Festa Campanile Pasquale, 199,
Fiedler Iveslie, 105,
Filizzola Renato, 276. 345 n.,
Fina Giuseppe, 89. 154,
P ier P a o lo Pa*oliiti/II cin em a in c o r p o

Fink Guido, 114. 336 n..


Firpo Luigi, 293.
Flaherty Robert J.. 129, 232.
Flaubert Gustav, 34, 167,
Fleming Andrew, 202,
Fleu ry Joy. 202.
Fo Dario, 34. I 19. 307,
Foa Vittorio, 190, 191, 216. 340 n..
Foli Goffredo, 60, 107, 134, 143, 232, 258, 337 n., 338 n., 339 n., 344 n..
Fontana Osare. 84,
Ford John, 25, 2J3,
Formai! IVlilos, 154,
Forster E.M., 306,
Fortini Franco, 45, 107. 120. 124, 172, 205, 326, 336 n., 341 n., 347 n..
Foster Meg. 201,
Foucault Michel, 31, 116, 322, 331 n., 336 n.,
Fourier Charles, 125, 154, 246, 317, 344 n.,
Fracassi Clemente, 50
Francesco d'Assisi, 113, 154,
Franchi Franco, 145,147,
Franciosa Massimo, 199,
Frank Robert, 153,
Franzoni Giovanni, 76, 342 n.,
Frazer James, 231.
Frears Stephen, 203,
Freud Siground, 25, 26, 31, 82, 126, 152, 160, 161, 166, 170. 171,268, 270, 309, 331 n. . 337 n.
Frezza Andrea, 154. 215,
Friedkin William, 177, 202,
Friedman Jeffrey, 204,
Friedman Peter, 203,
Fromni Erieh, 151, 161,
Erosali Sergio, 223,
Fuller Samuel. 39.
Fusco Giovanni. 212,

G
Gadda Emilio, 27, 44, 45, 181, 319,
Gaetani Paolo, 123.
Gagarin Jurij, 78,
Galhraith John Kenneth, 296, 346 n..
Calcassi Kinore, 237,
Galilei Galileo, 101.
Galli Giorgio, 295. 302. 346 n.,
Gambetti Giacomo, 275,
Gandhi, 213, 244,
Garbo Greta. 176,
Garholi Osare, 45, 188,
Garofolo Ettore, 56. 64, 70, 75, 224, 319,
Garroni Emilio, 134, 135, 337 n..
Garzanti Aldo, 27, 28,
Garzanti, Livio, 44, 45. 46, 182,
Gasparotto Pier Francesco, 100. 335 n.,
P ino Bertelli

Gassman Vittorio, 23, 239,


Gatto Alfonso, 25, 103,
Genet Jean, 46, 96, 151, 164. 176, 177, 180, 288,
Genovesi Elisabetta, 272,
Gentile Giuseppe. 226, 232,
Geremia. 208.

Gessner Peter. 152,


Gcsù/Cristo. 20, 24, 28. ,
104, 105, 106, 107. 108.
(Jetino Octavio, 215,
Gherentiel Fessazion, 288,

Ghiglia Benedetto. 221,


Giàminareo Nelide, 155,
Giannarelli Ansano, 152, 215.
Gibson Mei. 203,
Gide André, 41.42. 51. 87, 180, 181,
Gilbert Brian, 201,
Gilbert John, 176,
Gilliam Terry, 203,
Ginsberg Alien, 86, 104, 127,
Gin/Inirg Natalia, 103, 295,
Giobbe. 20,
Gioele, 75
Gioia Alberto, 262,
Giordana Marco Tullio, 201,
Giotto, 55. 60, 70, 71.247, 248. 253. 256. 293. 344 n..
Giovanni Marita, 204,
Giovanni XXIII. papa. 86.

Giusti Giuseppe, 208.


Gobetti Paolo, 31, 151,331 n.,
Godard Jean-Luc, 33, 37. 39, 65,
167. 168, 169, 170. 191. 197, 212,
Godwin William, 267, 317, 345 n.,
Goethe Wolfgang J.. 54, 250,
Goldberg Whoopi, 203,
Gold Jack, 178, 201,
Goldwyn Samuel, 175,
Gonini Luciano, 56,
Goodman Paul, 246,

Gorris Marleen, 201.


Governale Francesco Paolo, 284,
P ier P aolo Pasolini/ir'cinem a <•. . orp o

Granata Graziella, 82,


Grant Cary. 176.
Granville Bollita, 175,
Grasso, padre, 95.
Grazzini Giovanni, 115. 193. 240, 251. 315, 316, 340 n., 343 n., 344 n.,
Gregoretti Ugo, 67, 151,341 n..
G riffi P atroni G iuseppe, 199,
Griffith David W., 129, 169, 274,
Griffith Hugh, 272,
Grifi Alberto, 153,
Grimaldi Alberto, 245, 246, 263, 274. 275, 320. 321. 322, 324, 325,
Grimaldi Aurelio, 201,
Grosz Georg, 77, 218, 219, 221,
Guanda, editore, 44,
Guaresehi Giovanni, 76, 77, 79,
Guarnicri Ennio, 233.
Guattari Felix, 132, 133, 134, 161, 162. 210. 222. 337 n „ 339 n., 340 n.
Guedifi ISasr-Eddin, 152,
Guerra Ruy, 154, 215,
Guevara "‘Che” Ernesto, 86, 154,
Guglielmino Gian Maria. 234,
Guidi Paola, 29,
Guiducei Roberto, 238, 240, 339 n., 343 n.,
Guillaume, 221,
Gutenberg, 259,
Gutierrez Gustavo, 101, 335 n., 341 n.,
Gutman Amos, 205,
Guttuso Renato, 77, 107,

H
Hakuin, 157,
Hammer Barbara, 204,
llampton Christopher, 201,
Hangmann Stuart, 215.
Ila ni Su s u it i u. 152,
Hardy Codfrey, 271,
Hardy Oliver, 174,
Haselwood, 86,
Hayworth Rita, 52.
Hegel, G.W.F., 87, 254,
Heidegger Martin, 120, 152, 221, 331 n., 336 n.,
Heine IL, 205, 230,
Ilelfer Renzo, 50,
Henry Emile, 312.
Henze Jurgen. 147,
llepburn Katharine, 176,
Hermosillo Jaimc llumherto, 205,
Herzog Werner, 127.
Heschei .Abraham, 254,
flesse Hermann, 38, 335 n.,
Ileywood Anne, 203,
Hilbers Raul, 315, 347 n..
F in o B ertelli

Hillman James, 31, 56, 57, 92, 169, 179. 190. 270, 285, 331 n.. 339 n., 345 n.
Hirszman Leo, 152. 156,
Hitchcoek Alfred. 176, 215, 333 n.,
Hitler Adolf, 92, 199, 218. 305, 315,
Holbein, 276,
Honegger. 26.
Hopkins Miriam, 175,
Horkheimer Max. 87, 246, 309,
Huillet Daniele, 154, 160.
Huston John. 154.
Hutt Rohvn. 204.
Huysmans Joris-Karl, 308. 311.

1
Iannelli Salvatore, 275.
Idris Giana, 288.
Ingrassia Cieeio. 145, 147,
Interlenghi Franco, 34.
Irazoqui Enrique, 104. 105, 320,
Irigaray Luce, 283, 346 n.,
I saia,
* r* r»

Ivanov Vjaceslav, 133, 134, 337 n..


Ivens Joris, 152, 1560.
Ivory James, 177, 202.

J
Jackson Peter. 205,
Jacobs Hai, 183,
Jacobs Ken. 153,
Jacopone da Todi, 70.
Jakobson Roman. 129. 337 n.,
Jancsó Miklós, 215. 317,
Janouch Gustav, 159,
Jarman Derek, 178. 180,
Jefferson T., 21,
Jevvell Keala, 47, 18. 332 n.. 340 n.,
Jodorowsky Alcjandro, 285,
Jones Ernst. 31,
Jordan Neil. 203,
Jorn Asger, 87, 341 n.,
Joslin Tom, 203,
Jung Cari G., 16, 26. 42, 57, 126, 161, 173, 188. 225, 231. 268. 270, 271. 345 n.
Jiinger Ernst. 19. 36. 112, 120, 331 n., 336 n., 345 n.,
Junghans Cari, 37,
Jutkievic Sergej, 221,
Jutzi Piel. 37,

K
Kafka Erantz, 116, 159.
Kaige Chen, 205, *
Kanievska Marek, 202,
Kar Wai Won, 178.
Pier Paoìo PasoBiù/U cm em à in co rp o

Kaufman Philip, 202.


Keaton Blister, 75, 92, 115, 119. 144, 169. 174, 232, 258, 341 n.,
Keats John. 48,
Kennedy John F., 86.
Kerouac Jack, 86, 104, 127, 150, 341 n.,
Kertész André, 54,
Kezieh Tullio, 50, 335 n., 346 ri.,
Khayati Musthapha, 151, 183, 338 n.,
Kieslowski, 127,
King Martin Luther, 150, 213,
Klee Paul, 39,
Klein William, 1526,
Klossowsky Pierre, 310,
Kluge Alexander, 167, 169, 200, 215,
Kramer Robert, 152, 154,
Kramer Stanley, 215,
Kropotkin Pétr A., 126, 221, 259,
Kruseev, 78, 86,
Kubrick Stanley, 39, 215, 253,
Kurosawa Akira, 169, 215, 274,

L
Lacan Jacquea ,31,161, 331 n.,
Lakhdar Mohannned, 152,
Lama Luciano, 302,
Lamberti Mariano, 201,
Lampedusa, di Tornasi, 28,
Landauer Gustav, 20, 280,
Landi Mario, 25, 44,
Lang Fritz. 215, 221,
Laterza Nicola, 261,
Latour, 276,
Lattuada Alberto, 89, 148, 156,
Laurei Stan, 174,
Lauro Achille, 123,
Lawrence I). IL, 255,
Leacock Richard, 152,
Léaud Jean-Pierre, 218, 221,222, 224.
Lee Ange, 205,
Lefebvre Henri, 149, 154,
Léger F., 122,
Leigliton Margaret, 203,
Lelouch Claude, 152,
Lenin, 78, 87, 96, 107, 154, 216, 302, 339 n., 341 n.,
Leonardi Alfredo. 152, 153,
leeone Giovanni, 217, 313,
Leone!ti Francesco, 25, 4-4, 45, 103, 120, 145, 146, 164,
Leoni Donalo, 210,
Leoni Luigi, 142,
Leopardi Giacomo, 48, 127, 318,
Leslie Alfred, 153,
Levi Carlo, 61, 111,
P in o B ertelli

Lévy-Bruhl, 225, 231,


Lévy-Strauss, 132, 231,
Linder Max, 174,
Lionello Alberto, 206. 218, 221.
Lizzani Carlo, 27, 156, 212.
Loach Kenneth, 154, 215,
Lodovichetti Augusto, 262,
lom bardi Roberto, 262.
Lombroso Cesare, 312, 3 4 7 n.,
Longanesi Leo, 28,
lunghi Roberto, 25, 59. 62, 71.279. 333 n..
Longo Pietro, 185,

lZ 157’ * * 258' 2« 5* 324- 340 344 345


Lorenzini Ennio, 152, 324,
Losey Joseph, 3 9 ,
Lowen Alexander, 179, 273, 3 4 5 n.,
Loy Nanni, 89,
Loyola Ignazio, 79, 259,
Lozano Margherita, 218, 2 2 1 ,
Lualdi Antonella, 82, 83,
Luce .Angela, 248,
Lucidi Maurizio, 103.
Lueini, 48,
Ludd Ned, 267,
Luhrmann Baz, 203,
Lukàcs Cvòrgy, 87, 125,
Lutero Martin. 246, 250, 279, 341 n.,
Luzi Mario, 25, 46,
Lyons Cren, 236,

M
Maeciocehi Maria Antonietta, 40, 41,
MaeDonald Ilettie, 77, 205,
Machiavelli Niccolò, 301,
Maggenti Maria, 204,
Maggiorani Lamberto, 5 7 ,
Magnani Anna. 52. 54. 56, 58, 5 9 , 62. 63. 64, 66, 196.
JVlagubane Peter, 5 4 ,
Mai Ottavio, 2 0 1 ,
Majakovskij, 127,
Malacarne Rosa, 263,
Malaparte Curzio, 216,
Malatesta Erricro, 125. 221.295. 302, 3 4 7 n .
Malatesta Guido, 199,
Malcolm x, 8 6 , 213,
Mallarmé, 48,
Malie Luis, 152,
Mancini Lamberto, 260,

**- >«• >«• ■ ». ■ «. m . 2o,, 247


Vfankiewicz Joseph, 176,
Mann Anthony, 215,
Mann Thomas, 180,
INIantenna, 57, 60,
Mantello Joe, 203,
Maraini Dacia, 155. 288.

» . i». •«. >«•»». 2“ -26f" *■


Maresco, 105,
Marino Leonardo, 262,
Marker Chris, 152, 156,
Markopoulos Gregory, 153,
Marotta Giuseppe, 49, 50, 60. 332 n „ 333 n.,
Marquéz Garcia, 308,
Martinet, 131,
Marx (fratelli), 178,

i ! r , E T V 5 . » . s i . 46, 48, 50. 50. 77. 80- 87. 407, 114, 125, 152. 154, 156. 1 » . 166.
241.246, 251,263, 267. 279, 295, 305. 309, 310. 316. 332 344 n..
Masaccio, 25, 35, 39, 54, 55, 57, 60, 70, 71, 29.3,
Maschi Francesco, 89, 206, 222, .341 n.,
Masetti Otello, 45,
Masi Pino, 260,
Masini Pier Carlo, 312, 34* n.,
Masolino, 25,
Massobrio Lionello, 206, 222,
Masters Lee Edgar, 49, 3.32 n.,
Mastroianni Marcello, 168,
Mathias Sean, 2 0 1 g 9 5 .9 6 .9 7 ,9 8 ,1 0 1 ,1 0 2 ,1 0 3 , 104,105,107,108, 109,
Matteo, santo, a0, (u , . 6 , 89, 91, 9.., ’ Tìn n
111, 112, 211.212. 245, 247, 253, 286, 28 „ 320, 33d 336 n., 339 n.,
Mauri Silvana, 43,
Mainino Ferdinando (“ Carlino” ), 41, 332 n.,
Maybury John, 204,
Me Giure, 8 6 ,
McCrea Joel, 175,
McLaughlin Sheila, 204,
McLean Steve, 204.
MeLuhan Marshall, 136, 3.37 n.,
McYeigh Joe, 207, 342 n.,
Meacliam Anne, 203,
Mead Taylor, 153.
Meieran David, 204,
Mckas Adolfas, 152,
Mekas Jonas, 152, 153,
Méliès Georges, 55, *5,
Melio Marcello, 237,
Melli Elio, 25,
Melville J .P*? 1 ^ ’
Menghi Jenner, 187,^
Menzel Jiri, 134, 215,
Mercouri Melina, 203,
Merli Franco, 283,

85
Pino Bertelli

Metz Clirislian. 91. i l i , 129, 130, 131. 133. 134. 337 n..
Mezzanotte Luigi, 155.
Micciehé Uno. 115, 151, 323, 336 n.,
Michel Louise, 261. 345 n..
Milani I/orenzo. 101. 151. 183. 213. 335 n., 342 n.,
Miller Henri. 8 6 . 150. 319.
Millet Kate. 163, 267. 339 n..
Minello Gianni. 201,
Minerba Giovanni, 201. 339 n..
Ming-liang Tsai. 205.
Mingozzi Gianfranco. 152,
Mittler Leo. 37.
Mizoguehi, 30. 37. 61. 223. 232. 276. 341 n.,
Modotti Tina. 58.
Modugno Domenico, 122. 145. 146. 147.
Moglierini Flavio. 71.
Molière. 119.
Molinari Luigi. 230.
Molinaro Kdouard, 177, 202.
Mondadori Alberto. 28.
Moni celli Mario, 55, 89. 144. 148. 154,
Monroe Marilyn. 52. 78. 178. 341 n..
Montagnana Mario. 41,43.
Montaldo Giuliano. 202,
Montale Eugenio, 25. 82. 309.
Montana. 8 6 ,
Montanelli Indro. 123. 302. 346 n..
Muore Marianne. 308.
Moorhouse Joeelyn. 202.
Morandi Rodolfo, 111,
Morandini Morando. 97, 134. 223. 308. 331 n., 339 n.,
Morante Elsa, 29. 45. 103. 124. 187. 233. 308.
Morante Marcello, 103.
Moravia Alberto. 17. 27. 30. 38. 44. 45, 46. 65. 71, 73. 79. 82. 83. 84. 98. 105. 111. 115, 155,
166, 169. 173, 187, 208, 222. 223. 240. 254. 255, 276. 295. 318. 331 n.. 333 n.. 336 n.. 339 n..
342 n.. 343 n.. 344 n.. 345 n., 347 n..
More Thomas, 136. 259. 337 n.. 345 n..
Morclly. abate. 185. 241. 339 n..
Morgia Piero. 64. 145.
Morigi Casini Tatiana, 256, 289. 290. 314.
Morii» Edgar, 152.
Moro Aldo.302, 303. 306,
Moroni Primo. 184. 339 n.,
Morrieone Ennio. 122, L55. 256, 289.
Moscati Italo, 208, 209, 342 n..
Move Donald E., 237,
Mozart V. Amadeus. 104, 164. 189, 194, 208.
Muel Bruno. 152,
Mugliini Gianpiero, 264.
Muhamcd (.amara, 205.
Miintzer Thomas. 109, 246.
Murnau F.W., 125. 2 2 1 , 232.

386
Murray Yvonne, 237. 238.
Murri Serafino, 67. 146. 2 1 2 . 218. 336 n.. 343 n.. 346 n..
Musatti Cesare, 82. 83. 84.
Muscelta Carlo, 27,
Mnsil Robert. 309.
Mussolini Benito, 72. 185. 209. 262.

N
Nauti uzzi Armando. 221,
Nappa Bruno. 187. 260.
Nazimova Alla. 175.
Necaev Sergej, 280.
Negri Antonio ( Ioni). 87.
Nenni Pietro. 73.
Neumann Erieli, 173, 273. 339 n.. 345 ri..
Niblo Fred. 105,
Nichols Mike, 202.
Nietzsche W. Friedrich. 16. 20. 23. 24. 25. 48. 50. 51, *0 . 71. 72. 8 6 . 8 8 . 92. 9 9
152, 154. 156. 157, 181. 196. 221. 224. 2 16. 248. 250. 251.253. 273. 274. 308. 31 f 317 3 9 -
331 n.. 333 11.. 335 n., 338 n.. 341 n., 344 n., 345 11.. ' * 1 — '>*

O
O’ Gonnell Jack. 152.
Oberon Merle. 175,
(Icone Knzo. 261.
Olmi Ermanno. 89. 151.
Ono Yoko, 153.
Orioli Luisa. 56.
Orioli Raniero. 99, 335 n..
Orsini Valentino. 206. 215. 341 11..
Osliima Nagisa. 202,
Oswald Richard. 174.
Ousniane Samhène. 154.
Owen Vi.. 317.
Ozon Francois, 201.
Ozpetek Ferzan. 201,

P
Pahst G.W., 175.
Pampaioni Geno. 48.
Panagonlis .Alessandro, 217.
Panzieri Raniero. 87.
Paolo Vi. papa. 207,
Paolo, santo. 51.211.226. 265, 307.
Parini Ermes (Paria). 25.
Parlanti Luciano. 262,
Panneggiarti Luigi. 312.
Pascal Blaise, 6 8 . 122.
Pascoli Giovanni. 25, 47.
Pasolini Pier Paolo (il nome di Pier Pachi Pasolini è citato in «piasi ogni pagina di questo atu
dio, pertanto ci è parso non opportuno inserirlo nelJ’ iudiee).
Passanante Giovanni. 312.
Pino Bertelli

Pastit Franca. 29,


Palane Vincenzo, 2 0 0 , 340 n.,
Patella Luca, 153,
Pavese Cesare, 46, 111,
Pcckinpah Sani. 213,
Pedriali Dino. 320,
Pellarin Fabio, 260,
Pellegrini Ines, 283,
Polloni Giorgio, 237,
Pelosi "Pino*’ Giuseppe (detto "la rana"). 324,
Penn Arthur, 213,
Penna Sandro, 27. 28, 43. 44.46. 127, 163, 164, 180, 181, 208. 256. 285, 309,320,
Pennehaker Don Allan, 156,
Pennelli Aldo. 93,
Péret Benjamin. 117,
Perr llervev. 201.
»

Perry Frank. 154.


Petraglia Sandro, 31.85, 138, 188, 191, 192. 229. 230, 334 n., 335 n.. 337 n., 340 n. . 342 n.
Petrarca Francesco, 47. 222,
Petras James, 183,
IVt colini. 149,
Petrovic Aleksandar, 215,
Petruccioli Claudio, 216.
Picasso Pablo. 39, 276.
Piero Della Francesca, 39, 98, 293,
Pictrangeli Antonio, 89,
Pietrostefani Giorgio, 262.
Pinchi "Pino" Giuseppe. 261, 262, 263, 264, 341 n., 345 n..
Pini Vittorio, 312,
Pinoli Giuseppe, 262,
Pintore Gianfranco, 264,
Dio XII. papa, 78.
Piovenc Guido. I l i ,
brandello Luigi. 309,
^isacane Carlo (attore), 145, 147,
Jisaeane Carlo, 125. 137, 337 n., 341 n.,
^iseator. 147, 155,
^scieelli Salvatore. 202,
Catania Franco, 262.
hath Sylvia, 121,
’latone. 47. 70, 155, 232, 259, 345 n..
Mutarco. 63.
’oe Edgar A., 127, 318, 319,
‘olidor, 29. 174.
’ollack Sharon, 204,
olonski Abraham, 215,
ontecorvo Gillo. 39. 89, 154. 214, 246, 324,
ontorno, 55, 60. 69. 70, 71.293.
onzi Maurizio, 71, 85. 212, 260. 333 n., 334 n., 335 n., 344 ri.,
ottcr Sally, 203,
ound Kzra, 111, 127. 308,
ratolini, 1 1 1 ,
Pier Puolo Pasolini/II cinem a m co rp o

Preminoci* Otto. 39,


Prokof ev Sergej, 104,
Prono Franco. 72, 333 n.,
Proudhon Pierrc-Joseph, 2 l, 125, 154. 221. 280. 346 n.,
Proust Marcel. 54. 193, 309, 311.
Puccini Gianni, 27, 35, 89.
Puccioni Marco. 2 0 ],
Pudovkin Vaevolod, 37,
Puglisi Aldo, 212,

Q
Quasimodo Salvatore, 25, 217,
Quintavalle Uberto Paolo, 310,

R
Rachedi Ahnied, 152,
Radiguet Raymond, 51,332 n., 333 n.,
Raggliianti Carlo L., 92, 335 n.,
Ramhov a Natasha, 175,
Rame Franca, 309,
Ravachol (Claudius Francois Koeningstein), 312,
Rav Man, 320,
Ray Nicholas, 176, 215,
Rebelais, 214.
Reclu.s Elisée, 126,
Reed Rex, 326,
Reich Wilhelm, 26, 126, 154, 161,273, 345 n.,
Reisz Karel, 152. 154,
René Norman, 203,
Renoir Jean, 25, 67, 89, 232,
Resilais Alain, 39, 152. 154,
R ilici ro Darcv, 211,
Rice Ron, 153,
Ridiardson Tony, 154, 276,
Riesrnan David, 309,
Righelli Gennaro, 52,
Rilkc Rainer Maria, 54. 157, 181. 188, 190. 236, 256. 257. 285, 317, 340 n „ 344
Rimbaud Arthur, 25, 48, 52. 127. 157, 1781, 189, 190, 198, 271, 285, 317, 340 n
Rinaldi Antonio, 25.
Risi Dino, 55, 156,
Risi Marco, 201,
Risi Neh», 214,
Rivette Jacques, 39. 105, 152, 215,
Roherts Alice. 175,
Rocha Glauber, 118, 125, 129, 154, 167, 168, 172, 214, 285. 318, 339 n.,
R ogni ni Licia. 263,
Rogosin Idonei, 152,
Rohmer Eric, 215,
Rolandi, 262,
Romano Angelo, 45,
Rondi Gian Luigi, 223, 308,
Ruoks Conrad, 154,
P in o B ertelli

Rosa Cuimareas, 254,


Rosai Ottone, 1 1 1 ,
Rosi Francesco, 55, 89, 142, 324,
Ross Herbert. 202.
Rossanda Rossana, 307,
Rosselli ni Franco. 196. 206.
Rosolim i Roberto, 32, 33. 39. 52. 53, 55. 51. 58. 67. 94, 105. I 16 122. 125
, 129, 1
156, 169, 194. 199. 215, 308.
Rossi Franco, 27, 35, 89.
Rossi Giovanili, 95.
Rossif Fréderie, 152, 156.
Rosso fiorentino, 69. 70, 71,
Rosi agno Mauro. 87, 8 8 , 184, 334 n., 339 n..
Rotolo Pasquale, 260,
Rotunno Giuseppe. 144. 147,
RouchJean, 152, 156,
Rousseau Jean-Jaqucs, 236, 267,
Rousseau, il doganiere, 293,
Roversi Roberto, 25, 44, 45. 264,
Rowlands Gena, 203,
Rozena Patricia, 204,
Rozier Jacques, 152.
Rubin Jerry, 183,
Russell Bertrand, 47, 8 6 , 332 n.,
Russell Ken. 177, 215,
Rustichelli Garlo, 61, 71,
Ruzzolini Giuseppe, 168, 193. 2 1 2 . 221,289.

S
Saba Umberto, 46.
Saint-Just, 1 2 1 ,
Saint-Simon, 154,
Sala Vittorio, 199,
Salee Luciano, 89,
Salerno Enrico Maria, 105,
Salgari Emilio, 25,
Salinari Carlo, 46, 332 n.,
Saloni6 Andrea-Lou, 271.345 n.,
Saltarelli Saverio, 260,
Samperi Salvatore, 90, 2 0 2 , 215,
Sander August. 54, 58,
Sanguinoti E., I l i ,
Sangui net ti Gianfranco, 87, 341 n.,
Sanjines Jorge, 154,
Sansoni, editore, 27, 4 4
Sanvitale Francesca, 293, 332 n.,
Sapienza Salvatore, 284,
Saraceni Paulo Cesar, 152,
Sartre Jcan-Paul, 42, 87. 96, 97, 152. 153, 151, 212, 266, 324, 335 n.. 341 n •*
Saura Carlos, 154.
Savage Archie, 237, 238,
Saville Philip, 205,
' - v\a in cor|»u
P ier PaoTtf

Savie? John, 202.


Sealia Gianni, 45, 1 1 1 ,
Scarlatti, 70,
Schepisi Fred, 203,
Schiaecianoce Luigi, 104. 122, 168, 1 70,
Schiaffini Alfredo, 46,
Schifano Mario, 153,
Schmiechcn Richard, 202,
Schneider Paul A. M., 103,
Scholem Gershoni O., 185, 345 n.,
Schopenhauer, 223,
Schwartx Barrii David, 38. I l i , 121, 226, 233 2455, 285, 308. 332 n., 334 n., 344 n „ 34a n.,
Scialoja Mario, 185, 339 n.,
Sciascia Leonardo, 44, 26-4,
Sciascia, editore, 44,
Scola Ettore, 201,
Scott Ridley, 202,
Segni Antonio, 45,
Segre Bruno, 340 n.,
Segre Cesare, 134,
Segre Daniele, 201,
Sennetl Mack, 143, 274,
Sereni, 25, 44, 45,
Serra Luciano, 25,
Serreau Coline, 202,
Sestili Otello, 103,
Sexton Anne, 51, 121,
Shahn Ben, 77,
Shakespeare W., 145, 149, 173, 191, 277,
Sharman Jim, 177,
Shellev Bisshe Percev, 48, 191, 203, 268, 332 n.,
Siciliano Enzo, 69, 103, 155, 181, 293, 310, 339 n., 348 n.,
Siciliano Flaminia, 122,
Silone Ignazio, 7, 41,
Sira Àleph Beth D Ben, 228,
Siti Walter, 25, 179, 331 n.,
Sjoman Vilgot, 215,
Skolimowski Jerzj, 215,
Slezak Walter, 175,
Smaragdis Jannis, 205.
Smith Alexis, 203,
Smith Jack, 153,
Smith 'Ionimie, 185,
Smith, 8 6 ,
Snow Michael, 153,
Socrate Mario, 103,
Socrate, 124, 137, 271, 28.), 288,
Sofocle, 160, 161, 164, 166, 168, 169, 170,
Sofri Adriano, 87, 8 8 , 261, 262, 264, 345 n.,
Solanas Fernando E., 215,
Soldati Mario, 27,
Sollers P., 310,

39 L
Pino Bertelli

Sonego Rodolfo, 50.


Sordi Alberto. 308.
Sorgi Claudio, 194, 206. 340 n..
Soublette Cruz Andres José. 1.89. 208.
Spengler Oswald, 47. 332 n..
Spielberg Steven, 177,
Spottiswoode Roger, 203.
Squitieri Pasquale, 324,
Stalin. 92. 107, 185. 255. 315,
Stallone Syivester, 203,
Stamp Terence. 189, 194, 196. 197, 198, 199, 200, 208,
Steiner Rudolf. 188.
Stendhal (Henry Bey le), 82. 219,
Steno (Stefano Vanzina). 144. 148, 202,
Stirner Max, 125, 221,331 n., 336 n..
Straub Jean-Marie, 105, 118, 125, 127, 129, 154, 160, 167. 168. 169, 193, 215, 223, 231, 31
Strauss-Levi, 132, 231,
Streitfeld Susan. 202,
Strindberg August, 308.
Stroheim Krieh von, 61, 89. 125. 169,
Surgère llélène, 31L, 314,
Swift J.,271,

l
Tabio Carlos Juan, 178. 205,
Talbot Dan, 152.
Tambroni Fernando. 45, 49,
Taranto Nino, 199,
Tarkovskij Andrej. 134, 160, 337, n.,
Tasso Torquato, 25,
Iati Jacques. 169. 215, 258.
Taviani Paolo. 89. 154, 211.
Taviani Vittorio. 89. 154. 214,
Taylor Lily, 203,
Techiné André, 203,
Tedesco Paola. 103,
Telinoli Sergio. 25,
Termine Liborio, 132, 133, 134, 337 n.,
Terzieff Laurent, 233,
Thoreau Henry David., 35, 126, 317,
Thurman l ’ina, 203,
Tito. 26.
Togliatti Palmiro, 27, 41,43. 76, 78, 86. 112. 113, 114. 115, 185.
Tognazzi Ugo, 219, 221,
Tommaso, santo, 279,
Tonge Roger. 205,
Torquato Tasso. 25.
Torres Camilo, 78, 88. 152, 184. 213, 341 n..
Tosi Enzo, 262,
Tosi Piero. 144. 233.
loti Gianni, 105,
Tutù, 12. 105, 113, 114. 115. 116, 118, 119, 121. 122, 123, 124, 138. 142, 143, 144, 145.
P ier P a o lo Pasolini/Il cin em a in c o r p o

146, 147. 148, 149. 178, 199, 336 n., 337 n., 338 n.,
Tourncs And rèe, 234,
Trentin Bruno, 302,
Tretti Augusto. 89,
Treut Monika, 204,
Truche Rose, 203, 204,
Trombadori Antonello, 73,
Tronti Mario, 8 i,
Trotsky L., 87,
Truffaut Francois, 37, 308,
Tse-tung Mao, 87,
Tucker Benjamin, 126

U
Uccello Paolo, 276, 279,
Ungaretti Giuseppe, 25, 27, 45, 46, 82, 83, 332 n.,
Urbani Giovanni, 97, 335 n.,

V
Vailati Bruno, 199,
Vaillant Edouard, 312,
Valentino Rodolfo, 1*5,
Valiani Leo, 295,
Valitutti Pasquale, 264,
Valletti Aldo, 310,
Valli Alida, 165,
Val ma rana Paolo, 1*0, 339, n.
Valpreda Pietro, 262,
Vaticini Florestano, 27, 35, 55, 89, 125, 308,
Vaneigem Raoul. 87, 117. 151.273, 279, 336 n., 338 n „ 341 n., 342 n.,
Varda Agnès, 152, 215,
Vauter Bene, 152,
Vecchiali Paul, 203,
Verdi Giuseppe, 85,
Vergine Lea, 214, 342 n.,
Vermeer, 208,
Veronese, 57,
Verri Alessandro, 47,
Verstappen Vini, 154,
Vertov Dziga, 317,
Viale Guido, 87, 183,
Vidal Gore, 176,
Vidali Vittorio, 41,
Vidor Charles, 52,
Vigo Jean. 13. 37, 55, 65, 118, 125, 127, 129, 169, 317,
Visconti Luchino, 32, 39, 52, 55, 58, 66, 88. 100. 121, 142. 154, lo6. 1
215. 245. 253. 308.
Vishniac Roman, 54, 58,
Vitale Tony. 201,
Vitti Monica, 107,
Vittorini, 111,
Vivaldi Antonio, 61,
P in o B ertelli

Volontè G ian M aria, 168,


Volpi Gianni. 206, 210. 331 n., 342 n..
Volponi Paolo, 7, 45, 56. 256.
Voltaire, 85,
Vygotskij V., 134,

W
Waagcnaar Sani. 62, 333 n.,
Wajda Andrej, 215,
Walsli Baoul, 39, 215,
Warhol Andy, 153, 177, 203. 215. 333 n.,
Watkins Peter, 152,
Wayne John, 178,
Weber Max, 246, 344 n.,
Webern von Anton, 104,
Weil Simone, 124,
Weinberg Jack, 183,
Weir Peter, 203,
Weiss Luigi, 210,
Weitling Wilhelm, 126,
Welles Orson, 33, 37, 61,68, 71. 72, 73, 75, 89, 125, 127, 160, 215, 221, 251,333
Wellman William A., 215,
West Mae, 178,
Whale James, 76, 176,
Whitman Walt, 46. 49, 86. I l i , 121, 126, 127, 217. 309, 317. 332 n., 341 n..
Wiazemsky Anne, 189. 196, 197, 218. 221, 340 n.,
W iderberg Bo , 215.
Wilcoek Rodolfo M., 103,
Wilde Oscar, 23, 111, 126, 164. 181, 201,217, 255, 256, 261, 288, 317,
Wilder Billy, 203. 314.
Williams Tenne sse, 176,
Willis Bruce, 203,
Winterbottom Michael, 178,
Winters Shelley, 203,
Wise Robert, 215,
Wollstonecraft Mary, 267, 268, 345 n.,
Wyler William, 175,

Y
Yeats William Butler, 255,
York Susan, 203,
Young Flizabeth, 176,
Yuan Zliang, 205,

Z
Zac Pino. 144,
Zampa Luigi, 156,
Zanelli Dario, 234,
Zanni Federico, 187,
Zanzotto Andrea, 308,
Zavattini Cesare, 156, 206, 222, 341 n.,
Zeffirelli Franco, 123, 253,
Zengarli Giuseppe, 41,
Zitara Nicola, 264.
Zarlini Valerio, 89, 214,
m m -

Ogni parola, frase o frammento di questo pamphlet


possono essere copiati, manipolati o déturnati
senza l’obbligo di citare né l'autore né l'origine del saccheggio.
Il primo atto di libertà è nato con il primo atto di disobbedienza
La sovversione non sospett<i del migliore dei libri,
cioè il valore d’uso che contengono
è quella della carta da parati e le pagine più riuscite
di ogni adulatore del pensiero riciclato
si prestano bene per incartare patatine fritte
o alimentare il fuoco dei guitti in amore
dispersi sulle spiagge d’inverno o sulla via delle nuvole.
Siamo di quelli che hanno debuttato della propria fine...
che hanno conosciuto ilfascino degli estremi
e si sono ferma ti a parlare con le stelle,
tra baci al profumo di tiglio e l’odore della dinamite.
Per la libertà come per Vamore non ci sono catene,
solo passioni, desideri, sogni indecenti
che figurano Varborescenza di un’epoca
dove ciascuno è all’altezza della propria mediocrità .
C’è più verità tra le gambe aperte di uria puttana dabbene
che in tutti i libri di filosofia, di politica, di psicologia
ammucchiati nelle teste di questi maestri succhiacazzi
che bivaccano nei cessi profumati delle università
o vomitano lacrime di sangue benedetto
dietro gli altari maggiori della terra.
\..a mio p a rere, // cinema è
sostanzialmente. naturalmente poetico
perché ha il carattere del sonno, perché è
cicuta ai sogni, perché è una sequenza
cinematografica e la sequenza di un
ricordo o di un sogno - e itoti solo tpiesto.
ma le cose in se stesse - sono
profondamente poetiche. un albero
fotografato è poetico. i//# ro//o umano
fotografato è poetico perché la fisicità è
poetica in sé. perché è un 'apparizione
pietta di mistero, piena di ambiguità,
pregna di significati polivalenti, perché
anche un albero è un segtto appartenente
ad ttn sistema linguistico. Ma chi parla
attraverso un albero? Dio. la realtà
stessa. (Jaitali l'albero come segno ci
mette in comunicazione con un
interlocutore misterioso. Perciò il
cinema, grazie alht riprodnziitne diretta
e fìsica degli <tggetti. è sostanzialmente
p oetico...

...P er cuiJàre film è essere poeti.'

Pier Paolo Pasolini

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