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Sintesi letteratura tedesca 2

Letteratura Tedesca
Università degli Studi di Palermo
17 pag.

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LETTERATURA TEDESCA II
Realismo, definizione e contesto storico
Dopo il 1848 la borghesia, che si era finalmente rafforzata economicamente grazie
all’inizio dell’industrializzazione anche in Germania, cominciò a guardare al futuro con
ottimismo e con molta fiducia nel progresso scientifico e tecnologico. Modificò anche il
suo atteggiamento nei confronti della realtà che venne considerata una dimensione
concreta e priva di ogni legame metafisico. Cominciò anche a farsi strada l’idea che i
sistemi idealistici costituiti nell’Ottocento non fossero più al passo con i cambiamenti
scientifici. Ludwig Feuerbach, nel saggio “Essenza del Cristianesimo”, sostiene che il
bisogno religioso è una costante antropologica della psiche e che Dio non è altro che
una proiezione dell’immaginazione umana. Ma Feuerbach non afferma che l’uomo non
debba credere in qualcosa di spirituale, per questo afferma che il sentimento religioso
debba sfociare nel panteismo. Fu chiaro che un sistema di valori universale per tutti
non fosse più valido in quanto molti diventarono atei.
La fede nel progresso illuminista fu ripreso in Francia dopo la Rivoluzione. Il filosofo
August Comte sosteneva che il sapere doveva risiedere nell’utilità pratica e doveva
avere l’obiettivo di far progredire l’intera società. Da questo atteggiamento
“positivista” nascono diverse visioni del mondo materialiste ma in Germania questo
positivismo si scontrò con le visioni idealistiche del romanticismo la cui visione
spirituale non fu più considerata. Si credeva adesso che dietro la realtà non ci fosse
alcun principio spirituale ed era spiegabile soltanto attraverso i dati di fatto. Leopold
von Ranke, fondatore della scienza storica moderna in Germania, ha applicato nella
ricerca storica i metodi del positivismo della verifica delle fonti affermando che si può
capire il mondo solo conoscendo le origini e i fatti che hanno determinato alcuni
avvenimenti.
Si è diffusa, nella seconda metà dell’Ottocento, una visione “storicista” secondo la
quale tutti i fenomeni sono causati da processi storici. Si diffuse a tal punto che furono
scritti molti romanzi a fondo storico. Si diffuse lo storicismo anche nelle arti figurative
che dovrebbero essere rivolte alla sperimentazione e all’innovazione.
Sul piano politico la Prussia, per rafforzare la propria egemonia sulla Germania aveva
necessariamente bisogno che la visione della sua storia la mostrasse come unica
erede del Sacro Romano Impero fondato da Carlo Magno e che il Reich che stava
formando fosse la resurrezione del primo, per questo il nome “Secondo Reich”. Per
fare ciò si impadronì di della mitologia germanica appena scoperta dal Romanticismo
facendola diventare eredità di tutto il mondo tedesco. Rivendica in particolare il
possesso dei Nibelunghi presentando Sigfrido come l’eroe senza macchia e senza
paura che combatte contro la perfidia “latina” (per la Prussia “francese”) e che cade
solo perché tradito dai suoi.
il rapporto tra Realismo tedesco e il recente tardo Romanticismo fu molto turbolento in
quanto il Realismo non riuscì ad emanciparsi dalle visioni idealista e storicista
sviluppatesi in seguito alla travagliata unificazione. Si parlò infatti di “Realismo
Poetico”. Questa definizione fu data da Otto Ludwig per identificare il connubio tra
realtà oggettiva e soggettività della coscienza umana. Il poeta non deve dare una
visione naturalistica della realtà ma trovare una via di mezzo e rendere la realtà più
dolce ma senza troppi merletti. Questo programma portò ad un rifiuto del
soggettivismo romantico, del Vormarz e dell’idillio del Biedermeier. A causa di questi
principi però mancano nel Realismo Poetico i grandi romanzi a sfondo sociale che si
potessero confrontare con quelli dei grandi scrittori europei come quelli di Balzac,

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Zola, Stendhal. Mentre i russi Tolstoj e Dostoevskij creavano i loro affreschi il Realismo
Poetico si rifugiò nella novella campestre.
Mancava fondamentalmente uno Stato nazionale tedesco con metropoli vivaci che
potessero ispirare gli scrittori, infatti solo Fontane, che soggiornò per molti anni in
Inghilterra e poi visse a Berlino creò un’opera che si potesse avvicinare alla visione del
realismo europeo. Per compensare questa mancanza gli scrittori si concentrarono sul
tema dell’estraniazione dell’uomo dai grandi problemi sociali del tempo, che
sconoscevano del tutto in quanto vivevano in provincia.
Il realismo europeo e il programma del naturalismo erano molto simili e per questo
andavano d’accordo. Non fu lo stesso per il realismo poetico tedesco che si scontrò
invece con il naturalismo. In tutta l’Europa il naturalismo si occupò di
industrializzazione e urbanizzazione e metropoli come Parigi e Londra davano gli
spunti necessari per scrivere. In Germania mancavano città di questo calibro; solo
Berlino sotto la fondazione del Reich si trasformò piano piano in metropoli, e la
letteratura tedesca riuscì in qualche modo a recuperare il distacco dal resto
dell’Europa.
La difficile trasformazione della Germania in nazione è legata a due fattori legati tra
loro: il ritardo storico e quello dell’industrializzazione. Dal 1848 la frammentazione in
piccoli stati e il dominio della Prussia non permettevano lo sviluppo di un sentimento
nazionale, infatti rimase a lungo la mentalità feudale sebbene la nobiltà tedesca
avesse promosso la transizione a stato di tipo capitalista. Inoltre la Prussia rafforzò il
suo potere e affermò una volta per tutte chi comandava. Con la soluzione
“Kleindeutsch” (piccola Germania) voleva eliminare l’Austria.
Durante la fondazione del Reich vi fu un periodo florido sotto il punto di vista
economico che però durò poco in quanto, dopo l’unificazione, i frenetici Grundjhare
(anni della fondazione), seguì una depressione economica e il divario tra ricchi e
poveri fu incolmabile tanto da provocare varie rivolte operaie di ispirazione marxista
che vennero repressi con la violenza.
Il partito socialdemocratico fondato nel 1869 fu presto considerato nemico dello stato
in quanto si unì alle associazioni operaie. Lo stesso Cancelliere Bismark non rimase
indifferente a questo affronto e si scagliò contro il partito usando la diffamazione. In
seguito a due attentati all’imperatore che non avevano a che fare con le lotte
politiche, Bismark emanò le “Sozialistengesetzen”, le ordinanze anti-socialiste.
In questo periodo la “germanicità” fu esaltata al massimo mentre tutto ciò che non era
tedesco veniva disprezzato. Il pensiero del filosofo Nietzsche fu strumentalizzato dalla
follia nazionalista facendo nascere ideologie razziste disastrose che portarono la
Germania a precipitare nella barbarie.
Grazie alle opere di Nietzsche le certezze della borghesia colta furono smantellate.
Nietzsche crede che l’uomo debba dotarsi di una maggiore consapevolezza artistica in
quanto concepisce l’arte come un “mezzo per vivere”. Distrugge il mito della Grecia
classica nel saggio “La nascita della tragedia” in cui sostiene la duplicità
dell’esistenza: vi sono due principi, quello “dionisiaco”, cioè la felicità, la gioia ma
anche la paura dell’annientamento; abbiamo poi il principio “apollineo” che serve a
contenere quello dionisiaco. Egli criticava la concezione socratica secondo cui il
principio dionisiaco si potesse dominare grazie alla ragione in quanto, con l’uso della
ragione la coscienza perde il senso di questa duplicità, cosa che porta a conseguenze
negative.

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Nell’opera “Umano troppo umano” egli eliminò ogni sorta di spiegazione metafisica
affermando che il mondo è privo di essenza. Nell’opera “La gaia scienza” afferma che
“il mondo non ha senso, però ha infiniti sensi”.
Nell’opera “Così parlò Zarathustra”, in cui Zarathustra è il profeta che profetizza
l’arrivo dell’Ubermensch, il super uomo che è in grado di sopportare
l’insensatezza del mondo e di abbandonarsi totalmente alla visione dionisiaca della
vita in seguito alla “morte di Dio”.

Sviluppo della letteratura nell’età del Realismo


Come abbiamo già visto all’inizio dell’Ottocento, assistiamo dal 1848 (Rivoluzione di
marzo) al 1871 (fondazione del Reich) all’esplosione del mercato editoriale per cui il
consumo di libri e riviste crebbe a dismisura. Le riviste più importanti fondate in
questo periodo furono: “Gartenlaube”, (La Pergola), fondata nel 1853, nella quale
erano propagandate le virtù borghesi della disciplina, dello zelo e dell’obbedienza; la
rivista “Deutsche Rundschau” (Panorama Tedesco) in cui troviamo opinioni e temi di
carattere letterario e politico-culturale. Fu fondata nel 1874 e vi scrissero i maggiori
esponenti del realismo tedesco come Keller, Storm e Fontane. Il Gartenlaube poteva
essere acquistato anche dai ceti meno abbienti. Il feuilleton letterario fu distribuito
come supplemento ma ebbe un’importante ruolo per la diffusione di opere e autori.
Solo una piccola parte della popolazione poteva permettersi di comprare i libri. Fu così
che nacque un’importante innovazione: le biblioteche con servizio di prestito, tra cui la
più importante, la Universalbibliotheck.
Tra il 1847 e il 1848 Schmidt e Freytag assunsero la direzione della rivista “Die
Grenzboten” (I corrieri del confine) e formularono un nuovo ideale letterario che fu
definito “realismo programmato”. Secondo questo nuovo realismo, il poeta è un
cittadino normale che deve seguire la sua vocazione con lo stesso impegno di un
commerciante o di un artigiano. Lo stile non deve essere troppo elevato o troppo
basso così da potersi rivolgere a tutto il popolo. Niente azioni estreme, niente pazzie o
dolori cosmici, solo una sobria fedeltà al reale. Schmidt sostiene che lo scrittore deve
dipingere un affresco ideale e che solo l’insieme dei dettagli della realtà farebbe
intravedere il quadro complessivo. Il genere più usato in questo periodo è il romanzo
storico nel quale veniva inserita anche una predica morale. L’opera di Freytag fu la più
letta del periodo; si intitola “Dare e avere” e racconta la carriera di Anton Wohlfahrt
(che significa “benessere”). Lavorando sodo diventa socio di una casa commerciale e
sposa la sorella del direttore. Alla figura di Anton si contrappone quella dell’ebreo Itzig,
le cui orrende speculazioni verranno scoperte.

Friedrich Hebbel
Viene da un’umile famiglia della Germania settentrionale e riuscì a studiare e viaggiare
grazie al sostegno finanziario delle persone che credevano nel suo talento. Dopo le
iniziali difficoltà gli si aprirono le porte della celebre Burg e, con Grillprazer divenne
l’autore più rappresentato dell’epoca. La sua opera più importante è il dramma “Maria
Maddalena” che racconta la storia di Klara, sulla quale si abbatte un crudele destino.
È stata sedotta e abbandonata da Leonhard, un cacciatore di dote senza scrupoli. Il
suo primo fidanzato non riesce a liberarsi dai meschini giudizi morali. È ferito dal
tradimento di Klara ed è anche disposto a punire Leonhard. Non riesce comunque a

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sposarla per evitarle la vergogna e il disonore. La madre abbandona Klara al suo
destino in quanto teme la reazione del marito. Suo fratello è sospettato di essere un
ladro. Klara non vede più via d’uscita e decide di gettarsi nel pozzo per “espiare” le
sue colpe (da qui il titolo). Il dramma si chiude con le lamentele del padre Anton per il
fatto di aver perso la facciata della convenienza borghese.
Dopo gli avvenimenti del 1848 Hebbel si ritirò dalla vita politica e il suo pessimismo si
trasformò in una vera e propria visione tragica della vita. I suoi drammi seguenti,
“Erode e Marianna”, “Gige e il suo anello” e “I Nibelunghi” sono pervasi da una
profonda disperazione che fa apparire anche l’eroismo di un individuo di grande
integrità morale privo di senso. Ogni azione, che sia imprudente o profondamente
etica, si trasforma in colpa esistenziale che porta alla morte o alla distruzione.

Gottfried Keller
Nasce a Zurigo nel 1819. Dopo anni di sacrificio è costretto a rinunciare al sogno di
diventare pittore ma entra in contatto con i poeti del Vormarz che lo aiutano a scoprire
il suo talento narrativo. Nel 1861 assume la carica di Stadtschreiber, una carica
amministrativa molto importante e con ampia autonomia e muore nel 1890.
La sua opera più importante è “Enrico il Verde” considerata uno dei romanzi più
importanti del realismo. Si tratta di un Bildungsroman ispirato al Meister di Goethe e
presenta anche caratteri autobiografici. A differenza di Wilhelm che rinuncia
volontariamente alla sua vocazione artistica per mettersi al servizio della società,
Enrico (considerato alter ego di Keller) si cimenta in tutte le arti possibili, senza
ottenere però alcun risultato. È figlio di gente comune e può seguire le sue vocazioni
artistiche solo grazie a duri sacrifici. Non riesce comunque ad adattarsi alla realtà e
dubita del suo talento. Ernico vive grazie alla madre che lo sostiene economicamente
ma, dopo la sua morte, rinuncia all’arte e non riesce neanche a integrarsi nella società
e muore precocemente nella miseria e nella sofferenza.

Keller scrive un’altra versione della fine della storia che finisce però positivamente:
Enrico rinuncia alla sua carriera artistica però trova un piccolo impiego e si accontenta
di una vita tranquilla e semplice.
Keller scrisse anche molte novelle in cicli; del primo ciclo “La gente di Seldwyla” fanno
parte le novelle “L’abito fa il monaco” e “Romeo e Giulietta nel villaggio”. Il villaggio di
Seldwyla serve a Keller per criticare gli aspetti negativi di Zurigo, come i principi
borghesi del senso civico e lo zelo operoso, in cui però vivono personaggi un po’
permalosi e tonti. In questo quadro di apparente perfezione però il fato è pronto a
sconvolgere tutto.
“L’abito fa il monaco” racconta la storia di un sarto di nome Wenzel che i cittadini di
Seldwyla scambiano per un conte a causa dei suoi modi raffinati e dei suoi bei vestiti.
si invaghisce di lui Nettchen, la figlia del sindaco a cui non dispiacerebbe diventare
una contessa. Inoltre i cittadini pensano di poter ricavare vantaggi dalla presenza di un
conte nel proprio villaggio. Pian piano però Nettchen si innamora davvero di Wenzel e,
sebbene la mascherata sia andata a monte e i cittadini sono sdegnati dall’uomo,
Nettchen prende la sua dote e decide comunque di sposare Wenzel. Conducono infine
una vita tranquilla e dignitosa.
Abbiamo un secondo ciclo di novelle intitolato “Novelle zugheresi”, di cui fa parte la
novella “Il balivo di Greifensee”, in cui il tema principale è l’amore che salva il

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protagonista che riconosce saggiamente che ogni sogno è imperfetto e riesce ancora
ad avere fiducia nell’uomo e amore per il prossimo.
L’amore è anche il tema centrale del ciclo “L’epigramma” e diventa l’unico mezzo per
comprendere l’essenza della persona. Solo grazie all’amore si può essere felici.

Theodor Storm
Nasce a Husum, una città costiera del Mare del Nord, nel 1817. Si trasferisce a Berlino
per studiare giurisprudenza e, diventato un avvocato, torna alla città natale. Nel 1853
protesta contro l’annessione della regione di Holstein alla Danimarca, ed è costretto a
lasciare la sua città. Vi ritornerà nel 1864 come prefetto. Muore nel 1888.
Se nel sud della Germania si sviluppò la poesia contemporanea grazie a Meyer, nel
nord fiorì il Lied romantico di Storm. Fu un grande poeta ma, poco a poco Storm
sviluppò anche un tono narrativo severo e sobrio, uno stile aspro e realistico grazie al
quale è considerato uno dei maggiori rappresentanti del realismo (“poetico”, perché le
sue opere possono essere considerate del periodo tardo romantico; non avevano nulla
a che fare con il realismo europeo). Si trasferì a Berlino che, durante la fondazione del
Reich, si trasformò in metropoli, ma non si trovò a suo agio e non si accorse nemmeno
dei cambiamenti che stavano accadendo in città. Nelle sue opere, infatti, non troviamo
riferimenti a questioni sociali. Tra le novelle più importanti di Storm troviamo:
“Immensee”, “Il burattinaio Paolo”.
L’ultima novella si intitola “L’uomo dal cavallo bianco”, in cui troviamo un’intensa
atmosfera drammatica e una suggestiva rappresentazione del paesaggio costiero del
nord. La novella racconta la storia di un giovane bracciante, Hauke Haien, che grazie
alla sua tenacia diventa Deichgraf, sovrintendente degli argini, una figura molto
importante in quella città in quanto si occupava del controllo degli argini e delle dighe
con cui contenere le maree del Mare del Nord. Haien assolve il suo compito con
diligenza e conquista anche il cuore della figlia del suo predecessore. Il progetto di una
nuova diga non convince i cittadini che provano nei confronti di Haien rispetto ma
anche paura in quanto si presenta come una figura austera sul suo magro cavallo
bianco. La nuova diga viene costruita ma, nel frattempo, viene trascurata la
manutenzione della vecchia diga che cede provocando l’inondazione della città. Haien
è costretto a veder morire sua moglie e sua figlia. Si lancia egli stesso tra le onde per
unirsi al destino degli altri ma la nuova diga resiste alla furia del mare salvando molti
cittadini. Da quel momento si racconta la leggenda del sovrintendente, l’uomo dal
cavallo bianco, che nelle notti di tempesta si sposta tra le dighe avvertendo la gente di
una loro possibile e imminente rottura.
La novella è carica di significati simbolici, come la diga che dura per secoli e
simboleggia il trionfo dell’ingegno umano che riesce a dominare la natura. Haien
potrebbe ricordare il Faust goethiano a causa del suo comportamento risoluto che alla
fine, però, porta al progresso; disprezza l’opinione altrui e sacrifica la felicità degli altri
per raggiungere i suoi scopi. I cittadini sono l’emblema dell’ignoranza e della
superstizione ma, a tratti, anche della saggezza in quanto ogni lavoro, anche il più
nobile, ha il suo prezzo. Il mondo si regge su un sottile equilibrio e ogni intervento
della natura può essere pericoloso come quello del mare nella novella, che può
scintillare sotto i raggi del sole o assumere un aspetto tempestoso.

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Theodor Fontane
Al contrario di Storm, Fontane è un uomo metropolitano e un acuto osservatore; fu
l’unico scrittore ad avvicinarsi al realismo europeo. Nasce nel 1819 nella città di
Neuruppin nel Brandeburgo e veniva da una famiglia di ugonotti francesi che fuggirono
in Prussia dopo le persecuzioni religiose. Iniziò a lavorare come farmacista ma dal
1855 al 1859 ha vissuto in Inghilterra. Al suo rientro entrò nella redazione di una delle
riviste più importanti dell’epoca, la “Kreuzzeitung”. Morì a Berlino nel 1898.
Fu un attento osservatore dei rapporti tra le classi sociali che fanno da sfondo ai suoi
racconti. Si interroga costantemente sul destino dell’uomo, senza però prendere una
precisa posizione al riguardo. Arrivato in età avanzata scrisse dei capolavori in cui
descrive con impressionante precisione la società della sua epoca.

Spicca la novella “Schach von Wuthenow”, ambientata nel 1806 dopo la sconfitta di
Jena. Il capitano di cavalleria Schech, un ufficiale di bell’aspetto e di buone maniere, è
stato notato dalla signora Carayon e da sua figlia Victoire, la cui bellezza è stata
compromessa dalle cicatrici sul suo volto causate dal vaiolo. Schach inizialmente
affascinato dalla madre, nota in seguito la figlia con la quale ha un’appassionante ma
breve relazione. I suoi compagni lo prendono in giro per aver scelto una donna brutta
pur avendo la possibilità di ottenere i favori della bella madre. Schech lascia Victoire
che però è incinta. La madre, offesa, obbliga Schech a sposare la figlia. Egli la sposa e
riconosce il bambino ma la stessa notte si uccide senza lasciare alcuna spiegazione. La
spiegazione di questo suicidio è affidato all’intellettuale Bulow che spiega che in
questo periodo si parla spesso di onore. Questo onore tuttavia è falso perché dipende
dall’opinione altrui, confonde le idee e porta a scelte sbagliate, infatti Schech ha dato
importanza al giudizio dei suoi compagni e non a Victoire, una donna di rara
intelligenza. L’opinione sociale ci porta a sacrificare i principi più sacri.
Scrive il romanzo “La signora Jenny”, una commedia burlesca. La vicenda narra con
apparente serietà l’ascesa sociale della protagonista Jenny dalla piccola borghesia alla
nuova borghesia d’argent. Ma quando sembra essere giunta l’occasione d’oro, suo
figlio si innamora della figlia di un colto professore ma povero, e la madre fa di tutto
per evitare questa unione economicamente e socialmente inadeguata.
L’opera più importante di Fontane è “Effi Briest”, opera che regge il confronto con i
grandi romanzi del realismo europeo ed è simile a Madame Bovary di Flaubert.

Effi è una giovane donna piena di voglia di vivere e molto affascinante. Viene


promessa in matrimonio dal padre ad un uomo maturo e rigido, il consigliere Instetten.
Vivevano nella tenuta di Kassin, in Pomerania, dove la ragazza si annoiava e,
sentendosi trascurata dal marito, inizia una relazione con il maggiore Crampas, senza
esserne innamorata. Quando questa avventura finì, lo dimenticò velocemente. Si
trasferiscono a Berlino e lì il marito trova un plico di lettere del maggiore indirizzate ad
Effi, che ella non aveva distrutto. Secondo la tradizione dell’epoca Instetten doveva
sfidare a duello Crampas, e così fece. Lo uccide e divorzia da sua moglie. Inoltre
rivendica la custodia della figlia in quanto considerava la moglie indegna di educarla.
In seguito a questi eventi Effi si ammala gravemente e il medico convince i genitori a
riprenderla nella casa paterna. Inizialmente sembra riprendersi dalla malattia ma
ormai è tardi: muore e si spegne come un fiore al quale è stato tolto il sole. Il tema
centrale potrebbe sembrare l’adulterio di Effi; in realtà è il rito del duello, un gesto
assurdo ed inutile necessario solo a causa delle convenzioni sociali del tempo. Lo
stesso Instetten si rende conto dell’assurdità di quel gesto ma non è in grado di
opporsi ad un rigido sistema di valori basato unicamente sull’apparenza.

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Il suo ultimo romanzo “Stechlin” parla dello stesso tema, l’odine sociale. Il protagonista
è il barone Dubslav von Stechlin, che osserva in modo distaccato la trasformazione di
Berlino da vecchia città a metropoli. Entra in contatto con persone di diversa
estrazione sociale, ma ogni discorso che intrattiene con queste persone nasconde
un’opprimente solitudine. I rapporti sono regolati da leggi e convenzioni alle quali non
si può sfuggire. Vi sono personaggi che diventano un tutt’uno con il loro ruolo sociale.
Altri individui vorrebbero liberarsi da queste convenzioni ma si rendono conto che il
margine di libertà di ognuno è molto limitato. Il mondo migliore, reso tale
dall’industrializzazione, si è trasformato in una realtà oppressa da rigide convenzioni
sociali.

Adalbert Stifter
Nasce in un piccolo villaggio della Boemia. La descrizione della struggente nostalgia
per le foreste e le colline della Boemia diventa un Leitmotiv che ritroviamo in tutte le
sue opere. Vede la rivoluzione del 1848 come un “peccato originale”, una violazione
dell’ordine divino. Era contro ogni forma di violenza e confidava in un cambiamento
graduale. Nel 1850 diventò ispettore scolastico e si occupò a fondo di questioni
pedagogiche. Si ammalò e nel 1868, in preda alla depressione, si tolse la vita.
Scrisse la raccolta di novelle “Studi”. In questa raccolta crea dei veri e propri paesaggi
che evocano una nuova immagine dell’uomo e della natura ispirati all’idillio dei
Biedermeier. Analizzando più attentamente questa serenità idilliaca presenta alcune
crepe e Stifter cerca di chiuderle con la “Legge mite”; si tratta della convinzione che la
chiave per la comprensione del mondo sia nella crescita tranquilla e nel cambiamento
graduale. Non servono azioni appariscenti ma la vera grandezza sta nella vita
quotidiana.
Il suo romanzo più importante è “Tarda estate”, un Bildungroman. Il geologo Enrico, di
origini borghesi, durante un viaggio si ferma nelle Prealpi dove conosce il barone
Risach. Negli anni successivi arriva gradualmente a una consapevolezza sempre più
profonda dell’ordine dell’universo e delle sue leggi. Alla fine di questo processo di
formazione riesce anche a superare la prova del fuoco della passione erotica e può
sposare Natalia. Questo processo di formazione non è scosso da nessuna crisi. È un
romanzo povero d’azione, ma lo è ancora di più il romanzo successivo, “Witiko” in cui
descrise meticolosamente uno stato ideale.
A causa dell’insistente idealizzazione del mondo, l’inserimento di Stifter all’interno del
realismo è problematico. Potrebbe stare nel periodo compreso tra Biedermeier e
Vormarz. Tuttavia con la sua ossessione per i dettagli fornisce un quadro preciso e
realistico.

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Naturalismo

nel contesto europeo il Naturalismo fu una variante del Realismo che si distingueva da
esso soltanto per la scelta del soggetto, la questione sociale, mentre i realisti si
concentravano sulla situazione della borghesia. Lo stile dei naturalisti era più crudo in
quanto riproducevano la realtà nel modo più naturale possibile. Nel contesto europeo il
passaggio dal realismo al naturalismo avvenne senza rotture. Non avvenne la stessa
cosa in Germania dove la diffusione del naturalismo provocò la nascita di
un’avanguardia aggressiva.

I centri di sviluppo dei giovani scrittori furono inizialmente le riviste. La prima fu la


rivista “Die Gesellschaft” (La Società), fondata a Monaco nel 1885, che si proponeva
appunto di diffondere il naturalismo. I membri di questa rivista furono, però accusati di
essere dipendenti dagli stranieri, accusa equivalente a quella di alto tradimento.
L’editore della rivista, Conrad, si convertì a un nazionalismo letterario e promosse la
nascita di un “naturalismo tedesco”.

Anche Berlino fu un importante centro della nuova avanguardia. Qui i fratelli Hart
avevano fondato la rivista “Kritische Waffengänge” (Campagne critiche).
Un’altra rivista berlinese fu la “Freie Buhne” (Teatro Libero) che svolse il ruolo di
intemediario tra realismo europeo e quello tedesco. Organizzavano delle
rappresentazioni private, così che non potessero essere censurate. In particolare i
drammi di Ibsen e Strindberg. La rivista fu poi ribattezzata e chiamata “Die neue
Rundschau” (Il nuovo panorama).

Lo scopo principale in questo periodo era quello di riprodurre la realtà nel modo più
fedele possibile. Anche temi sconvenienti come alcolismo, povertà o miseria, vizi ed
eccessi erano descritti con precisione scientifica.
Arno Holz
Pubblica il saggio “L’arte. La sua essenza e le sue leggi”. Partendo dalla tesi che “è
legge che ogni cosa abbia una legge”, conclude che anche l’arte ha delle leggi precise
riassumibili nell’equazione <arte₌ natura-x> ovvero l’arte è uguale alla natura meno la
soggettività dell’artista. L’obiettivo più alto dell’artista è quello di imitare la natura. Ma

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lo stesso Holz si rese conto che questa affermazione era assurda quindi spostò il suo
interesse sulla lingua che è un dato naturale che si può osservare con precisione.
Nonostante i giovani autori avessero giurato di descrivere con precisione la realtà non
produssero nulla di buono nel campo della prosa. Solo Holz, insieme a Schalf, pubblicò
nel 1889 tre racconti, tra cui il più importante “Papà Amleto” in cui l’azione è ridotta
all’essenziale. Il protagonista è un vecchio attore di teatro che vive nella miseria, in
una soffitta sporca che condivide con altre persone che vivono nella sua stessa
condizione. Il racconto narra la desolazione, l’alcolismo, la decadenza sociale. Ciò che
caratterizza questo racconto è lo stile; il narratore è scomparso e al suo posto
troviamo descrizioni concise e frammenti di conversazioni. È un racconto che tende a
“mostrare”, non a “dimostrare”. Anche i più piccoli rumori vengono descritti con
precisione secondo il Sekundenstil (stile a ritmo di secondo).
Holz e Schlaf volevano criticare la rigidità formale della novella ma, da queste
sperimentazioni non nacque il romanzo sociale che essi volevano scrivere ispirandosi
a Zola. Nell’opera “La famiglia Selicke”, cercano di rinnovare i mezzi artistici del
dramma: il tempo scenico coincide con quello reale, viene abolita la suddivisione in
atti e scene e il linguaggio è scurrile, uso quindi di parolacce e bestemmie.

Hauptmann
Inizialmente voleva diventare pittore. A Berlino entrò in contatto con i naturalisti e nel
1889 ottenne un grande successo con il suo primo dramma “Prima del sorgere del
sole”. L’opera creò scandalo e durante la rappresentazione vi furono varie interruzioni
per risse. Hauptmann non credeva nell’idea dell’imitazione della natura ma sapeva
cavarsela bene con la rappresentazione dei conflitti. Al centro della vicenda compare
una famiglia in decadenza tra alcolismo, brama sessuale e cinismo.
Scrive il dramma “I tessitori” che riprende il tema, già esposto da Heine, della rivolta
dei tessitori slesiani del 1844. In questa opera i problemi del quarto stato costituiscono
il centro dell’azione. Il tema era ancora attuale in quanto la situazione non era
cambiata molto, e gli operai lavoravano ancora in condizioni misere. La classe
dominante vide il pericolo e vietò la rappresentazione del dramma. I timori erano
fondati in quanto che la prima messa in scena pubblica suscitò reazioni turbolente.
Hauptmann critica aspramente il capitalismo disumano e la corruzione della chiesa
che fornisce addirittura una giustificazione allo sfruttamento dei lavoratori. Il
capopopolo Jager guida la rivolta ma non ha un carattere limpido e positivo. Il vecchio
tessitore Hilse invece rifiuta la violenza e tiene all’etica cristiana dell’adempimento al
dovere. È proprio lui a cadere vittima dei disordini.
Compone l’opera “La pelliccia di castoro”, una delle poche commedie della letteratura
tedesca. La figura della mamma costituisce uno studio brillante sul carattere della
piccola gente che tenta di restare a galla attraverso piccoli sotterfugi e con arguzia.
La tragedia “L’ascesa al cielo di Hannele” segna il distacco evidente dal programma
naturalista.
La sua prima novella di un certo valore è “Il casellante Thiel” che presenta evidenti
tracce del naturalismo ma che va anche al di là di esso, in quanto questo semplice
casellante cade nella pazzia.

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Hauptmann entra presto in contatto con il simbolismo che si stava sviluppando alla
fine del secolo.

Fin de siécle
Negli anni tra il 1880 e il 1914 la molteplicità di correnti letterarie che si incrociavano
tra loro, espressionismo, simbolismo, estetismo, fu posta sotto un unico nome, periodo
della fin de siécle; questo periodo venne anche definito Decadentismo o Jugendstil
oppure, soprattutto nel campo dell’architettura, Neoclassicismo o Neoromanticismo.
Il concetto di “decadence” fu elaborato inizialmente in Francia. Nell’area tedesca
assunse un ruolo differente, diventò una vera e propria avanguardia e che presto fu
messa al bando in quanto espressione inferiore, di sangue non tedesco.
Si differenzia da Realismo e soprattutto dal Naturalismo in quanto i nuovi criteri di
osservazione del mondo non sono più il reale o il fantastico, ma il “bello” e il “brutto”.
L’arte non ha più nulla a che fare con la “Darstellung”, la rappresentazione oggettiva
della realtà, ma con la “Vorstellung”, l’immagine che noi abbiamo di essa; il problema
che si pongono gli autori in questo periodo è quello della “percezione” dell’arte.
Osservando le opere degli autori di questo periodo vediamo una chiara influenza di
molti stili senza che però ognuno di essi ne rappresentasse una in particolare: ad
esempio Schnitzler fornì meravigliosi esempi della Nervenkunst (l’arte dei nervi), quelli
di Hoffmannsthal sono di stampo decadente. Possiamo vedere la molteplicità di stili
anche nell’arte figurativa che vedeva il nascere dei Fauves in Francia, il cui maggiore
esponente era Matisse; gli espressionisti del gruppo Die Brucke fondato a Dresda, o il
nascente cubismo ad opera del simbolista Picasso e del fauvista Braque.
(Per quanto riguarda il contesto storico ci troviamo nella Germania “guglielmina”.
L’imperatore Guglielmo II aveva incentrato su di sé ogni potere eliminando anche la
figura del Cancelliere. Costruì un impero bellico e praticò una politica di espansione
aggressiva. Capì che per sostenere le spese belliche aveva bisogno dell’appoggio dei
socialdemocratici per cui abolì le leggi anti-socialiste e, pian piano, li convinse a votare
per l’approvazione della Wehropfer, la tassa patrimoniale per coprire le spese militari.
Era chiaro che la guerra era imminente. L’intolleranza fu il sentimento che caratterizzò
la Germania guglielmina. L’amore e la fedeltà alla patria si trasformarono in
patriottismo aggressivo che mostrava il carattere tedesco con l’odio e il rifiuto delle
culture dei paesi vicini.)
La fin de siécle è il risultato della vivacità delle metropoli. Ormai la letteratura era
uscita fuori dalla provincia in cui vivevano gli autori del realismo poetico che
scrivevano solo novelle formali. La letteratura del Decadentismo, a differenza del
Naturalismo, non si occupò della critica sociale. La convinzione che la decadenza della
propria cultura fosse imminente provocò un sentimento di stanchezza e declino nei
confronti della vita risvegliando l’interesse per la malattia e la morte.

L’interesse per questi temi è strettamente legato allo sviluppo della psicoanalisi ad
opera del filosofo Freud. In particolare la scoperta della differenza tra processi consci
ed inconsci, suscitò un grande interesse negli scrittori. Anche l’ipotesi freudiana
dell’origine sessuale delle strutture psicotiche fu molto interessante. La figura della
donna cambiò radicalmente dal periodo realista. Ora abbiamo due figure
contrapposte: la Famme Fatale che con il suo fascino crudele rovina ogni uomo che le

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capita a tiro, contrapposta alla Famme Fragile, con la sua innocenza e natura infantile.
Questo contrasto rappresenta il carattere ambivalente di questo periodo.
L’eccessiva sensibilità può portare anche ad un vero e proprio culto maniacale dell’io.
Nasce così in Germania la figura del “dandy”, un raffinato perdigiorno che non ha
nessuna professione se non quella dell’eleganza. Questa figura esisteva già nella
letteratura francese e inglese ma con un altro ruolo, quello di “dilettante colto”. Le
caratteristiche del dandy e quelle del dilettante colto si fondono nella figura principale
del Decadentismo, quella dell’esteta i cui metri di giudizio sono appunto il bello e il
brutto e non i valori morali del bene e del male.
(la figura dell’esteta è al centro dell’opera di Hoffmannsthal “Il folle e la morte”, in cui
però il protagonista si rende conto che il suo atteggiamento di non curanza verso i veri
valori della vita è sbagliato.)
Il culto della bellezza dell’estetismo è legato anche alla nascita dello Jungendstil, un
movimento artistico che si è diffuso in tutta l’Europa. Proponeva il distacco cosciente
di un’atmosfera non realistica e si presentò come rifiuto al naturalismo. Ciò che lo
caratterizzava è l’uso di motivi ornamentali come fiori o piante stilizzati.
Il 1914 segnò la fine di questo periodo, sebbene autori come Hoffmannsthal, Schnitzler
e Rilke continuarono a scrivere le loro opere mature fino agli anni Venti, periodo in cui
già Kafka aveva scritto le sue prime opere che erano molto distanti dalla cultura della
fin de siécle, seppure contemporanee.

Hugo von Hoffmannsthal


Fu figlio di un direttore di banca e già dai primi anni di scuola dimostrò una maturità
precoce e pubblicò con uno pseudonimo componimenti poetici già formalmente
perfetti. Si interessò anche ad altre forme artistiche come la musica e fondò insieme al
compositore Strauss i “Salzburger Festspiele”, il celebre Festival di Salisburgo. (con
Strauss scrive anche l’opera “Il cavaliere della rosa, commedia per la musica” nel 1911
che si basa sulla questione “essere o non essere”). Inizia la sua attività letteraria
componendo liriche e poesie dalla musicalità perfetta ma piene di malinconia. Le sue
poesie giovanili sono considerate il culmine della produzione simbolista tedesca.
Conobbe George e molte liriche di Hoffmannsthal apparvero nella rivista di George,
“Blatter fur die Kunst”.
Anche il dialogo lirico “La morte di Tiziano” fu pubblicato in quella rivista nel 1892.
L’opera contiene un’appassionante discussione sui temi fondamentali dell’estetismo di
fine secolo, i valori estetici del bello e del brutto. In una villa nei pressi di Venezia gli
allievi di Tiziano sono raccolti attorno al maestro morente, discutendo di quale sia il
segreto dell’arte del loro maestro. Dai loro discorsi, però, emerge il fatto che non sono
in grado di raccogliere l’eredità artistica del loro maestro.
Già con quest’opera vediamo il distacco e lo scetticismo di H. nei confronti del fin de
siécle.
Scrive il dramma lirico “Il folle e la morte”, che lo ha reso famoso. Il protagonista è
Claudio, l’esteta dedito al gioco. È affacciato alla finestra contemplando il paesaggio e
cercando di godere di ogni tipo di bellezza. In quel momento gli si avvicina la Morte
che lo invita a seguirla. Egli non le dà ascolto e pensa di poter “giocare” con lei e con il
suo potere assoluto. Allora la Morte prende il suo violino e inizia a suonare le sue note

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e, appaiono di fronte a Claudio tutte le persone che lo hanno amato e che sono morte,
la madre, un amico di gioventù e l’amante che lo accusano di sfrenato narcisismo e gli
danno del folle perché ha amato il bello dell’arte più della bellezza della vita. Assalito
dai sensi di colpa Claudio capisce di aver dato importanza a cose senza senso come la
smodata ricerca del piacere estetico. Ammutolito segue la Morte e afferma che “solo
ora che muore si sente vivo”. Il dramma ci vuole fare capire che la ricerca del piacere
sfrenato non è sintomo di raffinatezza e di cultura, ma semplicemente una follia.
Dopo l’iniziale fase simbolista, Hoffmannsthal imbocca nuove strade rappresentando la
morte come una dimensione demoniaca che può soltanto ispirare orrore.
Nel 1901 scrive il celebre saggio “Una lettera”, scritto in forma epistolare. Il
personaggio principale e immaginario Lord Chandos scrive una lettera al filosofo
Bacone scusandosi di non potersi più occupare di scienze e filosofia perché gli è
successo qualcosa di inspiegabile. Egli afferma che ogni cosa si spezzettava in tante
parti e le parole fluttuavano attorno a lui. Si tratta di una “crisi linguistica”. Chandos
ha perduto la fiducia nella capacità espressiva della lingua, e non è più certo che il
mondo sia dotato di senso. Le singole parti appaiono come segni misteriosi e
inquietanti e anche la parola più bella, ricercata o preziosa può riuscire ad allontanare
la paura del nulla. È un chiaro rifiuto del simbolismo estetico della fin de siècle.
Dopo il 1900 Hoffmannsthal non scrisse più poesie in quanto iniziò a nutrire una sorta
di diffidenza verso la parola bella. Cominciò a cercare nuove forme poetiche che non si
affidassero solo alla lingua; si dedicò quindi al teatro che utilizza anche altre forme
espressive come la musica, la danza e la scenografia. Inizialmente si ispirò alla
tragedia greca e scrisse “Elettra”, “Edipo re” ed “Edipo e la sfinge” dove vediamo il
chiaro interesse di H. per la psicoanalisi freudiana. Poi sperimentò le forme barocche
ispirandosi all’opera di Calderon del la Barca e riprendendo il suo dramma “La vita es
sueno” che aveva già affascinato Grillprazer. Scrive “Il Grande Teatro salisburghese nel
mondo” in cui il mondo è visto come un grande palcoscenico in cui l’uomo recita il
ruolo che gli ha assegnato Dio.

Arthur Schnitzler
Fu Schnitzler a creare la figura del “dandy”, l’elegante perdigiorno che vive solo di
donne e amori facili e senza troppi pensieri. È nell’opera “Anatol” che vediamo questa
figura. Il protagonista, Anatol, si trova a contatto con diversi tipi di donne con le quali
intreccia brevi relazioni. L’amico Max non è d’accordo con il suo comportamento
superficiale e finto. Il suo impegno alla sincerità non è mai autentico e non viene
preso sul serio in quanto oscilla tra autoanalisi e autoinganno. Non possono esistere
sentimenti sinceri in una società che considera la vita come un gioco di ruolo.
Scrive un ciclo di dialoghi, “Der Reigen” (Il girotondo) in cui vediamo una
rappresentazione più cinica del mondo. Il titolo si riferisce alla composizione
dell’opera. Nelle dieci scene si confrontano a turno figure maschili e femminili. Di volta
in volta uno dei partner viene scambiato fino all’ultima scena che si chiude con la
coppia iniziale. Questa danza leggera del girotondo è sinonimo dell’eterno ritorno delle
stesse cose e diventa un’allusione alla noia della vita. Inoltre i personaggi non hanno
dei nomi ma sono etichettati come tipi: il poeta, il soldato, la ragazza facile.
Quest’opera fu immediatamente censurata e, per molto tempo, Schnitzler fu
considerato sovvertitore dei buoni costumi.

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Era molto interessato alla filosofia di Freud tanto da essere considerato dallo stesso
Freud un suo “sosia” in campo letterario.
I temi preferiti da Schnitzler sono l’amore e la morte che, secondo lui, sono del tutto
separati in quanto l’amore ha a che fare con il desiderio di vivere, e la morte con la
paura e il terrore. Ciò emerge nella novella “Streben” (Morire) in cui Marie ama suo
marito Felix. Viene a sapere di una brutta malattia del marito e giura di seguirlo nella
morte. Felix ha molta paura di morire e si attacca alla vita in modo disperato anche sul
letto di morte. All’ultimo momento Marie non mantiene la promessa di morire con lui.
Fugge alla morte per seguire il richiamo della vita.
Egli crede che quando l’amore porta alla morte si tratti di un malinteso come nel
dramma “Amoretto”. Secondo il protagonista Theodor, si deve cercare la felicità in cui
l’inizio non è difficile, e la fine senza tormenti, riferendosi all’amore nascente
dell’amico Fritz con una ragazza di periferia e di umili origini di nome Christine. La
ragazza non ha cultura o denaro ma è sincera ed è proprio questo che la porta alla
rovina in quando non riesce a rispettare le “regole del gioco” della società del tempo.
L’opinione pubblica sdegnata da qualche scena d’amore chiede l’intervento della
censura.
La sua opera più importante fu la novella “Il sottotenente Gustl” che comportò
all’autore la perdita del suo grado militare. L’onore del sottotenente è stato offeso da
un fornaio che gli ha dato del ragazzaccio stupido. Il codice d’onore degli ufficiali
impedisce al sottotenente di sfidare il fornaio a duello. È costretto allora a togliersi la
vita per salvare il proprio onore. L’opera è un monologo interiore che riporta i pensieri
e i sentimenti di Gustl nell’ultima ora della sua vita prima del suicidio. Vediamo che la
sua vita è fatta di vuoti interiori e sembra che per un attimo Gustl prenda coscienza
della sua situazione. Per caso però viene a sapere che il fornaio è improvvisamente
morto e di conseguenza il suo suicidio non è più inevitabile. Immediatamente il
sottotenente ricade nel suo solito atteggiamento superficiale, pronto a riprendere la
sua vita di sempre.
La monarchia asburgica vide nella figura di Gustl un uomo fragile e ciò era una grave
offesa per la dignità dell’esercito. Nell’opera troviamo una nuova tecnica narrativa:
abbiamo la riproduzione diretta del flusso di coscienza del protagonista. È un
monologo interiore in cui gli avvenimenti si compongono a poco a poco associandosi
agli stati d’animo del protagonista.
Troviamo la tecnica del flusso di coscienza anche nell’opera “La signorina Else”, una
donna affetta da grave nevrosi.
Nella novella “Doppio sogno” unisce i suoi due temi prediletti, l’amore e la morte
associandoli al motivo del sogno. I coniugi Albertine e Fridolin conducono una vita
tranquilla ma per gioco, e per scacciare la noia, studiano i desideri dell’altro. Albertine
confessa al marito di sognare una sfrenata soddisfazione degli istinti ma allo stesso
tempo avere la certezza che egli continui a rimanerle fedele. Fridolin si sente tradito
(solo in sogno) e si abbandona a sogni ad occhi aperti fino al punto di trovarsi nel
mezzo di un’orgia dall’atmosfera macabra in cui sta per essere sacrificato in un rito.
Interviene una donna con una maschera nera che offre la sua vita per salvarlo.
Involontariamente egli identifica la donna mascherata con sua moglie e capisce che
nei suoi desideri più profondi c’è solo lei. Albertine riesce a mantenere questi desideri
a livello onirico mentre Fridolin si sta perdendo nei meandri del sogno in quanto vuole
scoprire l’identità della donna mascherata. Queste indagini non portano a nulla e
l’uomo crede di aver fatto semplicemente un sogno e vuole tornare alla sua vita

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tranquilla. In quel momento però trova sul letto la maschera nera che aveva sognato,
messa lì appositamente dalla moglie per fargli capire di non proseguire la ricerca della
verità nel sogno perché nessun sogno è solo un sogno.

Reiner Rilke
A differenza di Hoffmansthal il giovane Rilke era un autore alla moda per niente
maturo e autonomo. Fu la novella lirica “Il canto d’amore e di morte dell’alfiere
Christoph Rilke” a renderlo famoso all’improvviso. Lentamente però riuscì a superare
questa fase iniziale infatti già nell’opera “Libro delle immagini” vediamo il passaggio
alla perfezione della Dinggedicht.
Nasce a Praga ed è figlio di un impiegato. È fortemente legato alle tendenze artistiche
del suo tempo, allo Jugendstil. Viaggiò molto nei paesi scandinavi come la Svezia, che
ispirarono il suo unico romanzo, “I quaderni di Malte Laurids Brigge”.
Rilke è un poliglotta, e la sua apertura verso la cultura europea ha caratterizzato la sua
arte. Tuttavia era indifferente nei confronti della vasta cultura europea che egli in gran
parte sconosceva. Questo poeta riuscì a distaccarsi dall’estetismo grazie ad un’altra
arte, la scultura. La scultura si deve confrontare con materiale reale, formule
matematiche e con il problema di riprodurre nella materia grezza la forma desiderata
dall’artista. Grazie a queste riflessioni matura la convinzione che bisogna osservare il
mondo con precisione. La parola per il poeta deve essere uno strumento, come lo
scalpello per lo scultore. Le “Nuove Poesie” sono il risultato di queste riflessioni. Solo
delle Dinggediche, letteralmente “poesie-oggetto” che implicano l’utilizzo di un
linguaggio poetico nuovo. Gli stati d’animo in queste poesie non vengono descritti in
modo soggettivo, ma come “dati di fatto”. Rilke si serve infatti di metafore e
assonanze sorprendenti.
La ricerca di nuove metafore è legata anche all’opera “I quaderni di Malte Laurids
Brigge” in cui il protagonista Malte è un giovane danese di nobili origini che scrive in
un diario le sue esperienze e i suoi vissuti. Descrive le sue paure e i suoi desideri.
Troviamo un forte legame tra mondo interiore ed esteriore che sembra costituire
un’anticipazione del Surrealismo.
Scrive le “Elegie” dal contento oscuro ma che sono importanti soprattutto per la forma
in quanto le dieci elegie formano un ciclo in cui si fonde l’immagine visionaria
dell’unione della vita e della morte. La chiave di questa unione è la figura mitica
dell’angelo che non ha nulla a che fare con l’idea cristiana di un angelo. Nella seconda
elegia in particolare, l’angelo è simbolo della scissione tra soggetto e oggetto e anche
mediatore di una nuova sintesi, tra il mondo terreno e quello ultraterreno.
(Le affinità di Rilke con il fascismo sono dimostrate. Tuttavia egli si interessò poco di
politica e non prese mai una posizione di fronte ai problemi sociali del tempo).

Stefan George
Proviene dall’alta borghesia tedesca. Nasce nella città di Bingen. Intraprende lunghi
viaggi per allargare i suoi orizzonti culturali. Visitò l’Italia e andò anche in Francia, dove
conobbe i simbolisti che si riunirono attorno a Mallarmé. Ma l’incontro più importante
per la sua vita artistica fu quello con Baudelaire, secondo il quale il modo è fatto di
“corrispondences”, come egli chiamava le relazioni simboliche. Tornò in Germania

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dove fondò la rivista “Blatter fur Kunst”, dove Hoffmannsthal pubblicò alcuni scritti e il
cui programma era un chiaro rifiuto del naturalismo tedesco che secondo George non
rappresentava la realtà. Secondo lui l’arte, per rappresentare la vera realtà doveva
rendere conto solo a se stessa ed essere autonoma, (stesso concetto dell’art pour
l’art). Molti scrittori si radunarono attorno a lui e le loro opere furono in parte
strumentalizzate dal nascente nazionalsocialismo. Tuttavia l’atteggiamento di George
verso il mondo politico e sociale era di disinteresse. Egli disprezzava il
nazionalsocialismo in quanto “movimento di massa”, (era aristocratico). Non è un caso
che Stauffenberg, l’autore dell’attentato a Hitler nel 1944 facesse parte della sua
cerchia. Egli era ispirato dall’idea di una “rivoluzione conservatrice” che si proponeva
di rinnovare la cultura occidentale rivalutando l’eredità storica europea.
Egli mise a frutto la sua straordinaria padronanza delle lingue; tradusse in tedesco da
molte lingue europee. Abbiamo traduzioni dei simbolisti francesi, ma anche dei sonetti
di Shakespeare e della Divina commedia di Dante.
Per lui la forma è molto più importante di qualsiasi contenuto. Il suono conta quanto il
significato vero e proprio della parola. Considerava importante anche l’aspetto visivo
per cui abbinava la grafica, il colore e le decorazioni. Nelle sue poesie troviamo cose
belle ma anche allusioni all’amoralità e alla perversione, temi cari nel periodo della fin
de siècle. Troviamo tracce di questa mescolanza nell’opera “Eliogabalo” in cui
troviamo il parallelismo tra il re Ludovico II di Baviera e l’imperatore del tardo Impero
romano Eliogabalo che George vede come un dio onnipotente, che esercita il suo
potere con crudeltà. Vive in un mondo sotterraneo sempre alla ricerca della bella
forma che per lui è più importante della vita e anche della morte; la natura è bandita.
George supera l’estetismo nella raccolta “L’anno dell’anima”, in cui si trova la poesia
“Dopo la vendemmia”, una delle più belle sul tema dell’autunno.
Dopo il 1900 la sua poesia si arricchì di elementi mistici che la avvicinavano alla
religione.
Egli ha una vera e propria ossessione per la forma rigorosamente perfetta che
dimostra nelle opere “La stella dell’alleanza” ed “Il nuovo regno”.

Frank Wadekind
La sua opera più importante è “Il risveglio della primavera, tragedia giovanile”, in cui
si fa beffe del naturalismo, della critica sociale. Questo dramma fu accolto con
entusiasmo dagli esponenti dello Jugendstil. Il dramma critica aspramente la morale
sessuale contorta del periodo della fin de siècle: l’ipocrisia dei genitori e degli
insegnanti confondono gli adolescenti nella fase puberale, alle prese con i primi
problemi amorosi. I tormenti interiori spingono un ragazzo al suicidio mentre una
studentessa incinta muore durante l’aborto organizzato dalla madre. Wadekind
inserisce in quest’opera elementi grotteschi e surreali. Il mondo dei figli, sano e
ingenuo viene contrapposto al mondo degli adulti rappresentati come delle caricature.
Wadekind segue il modello di Buchner e non dà una struttura al dramma. Troviamo
dialoghi comici in un contesto tragico e non abbiamo un nesso preciso nella
successione delle scene. Wadekind è fortemente influenzato dalle arti minori, il
cabaret e il circo. Entra in contatto con il mondo circense a Zurigo. Nell’arte circense
trova il connubio tra linguaggio dei gesti, danza e tensione nervosa che si adattano
perfettamente alla sua idea di teatro. Da ciò deriva il dramma “Lulu”, ambientato in un

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circo equestre. Nei caffè berlinesi invece conobbe l’arte del cabaret. Quest’arte
riprendeva la tradizione dei cantastorie accentuando però la satira politica e il
grottesco.
L’opera “Lulu, tragedia mostruosa” è composta da due parti: “Lo spirito della terra” ed
“Il vaso di Pandora”. Gli interventi della censura hanno costretto l’autore a ritoccare
l’opera svariate volte. L’opera è composta da quadri singoli presentati da cantastorie
e saltimbanchi che girano per le fiere improvvisando canzoni e dialoghi. Il tutto è
legato insieme solo dalla figura di Lulu, la “femmina primigenia” che nella lotta tra i
sessi fa fuori un uomo alla volta. Alla fine arriva a Londra ed è ridotta a misera
prostituta, viene abusata e trucidata brutalmente dal leggendario killer Jack lo
Squartatore. Le figure di questo dramma sono come dei burattini appesi a dei fili. Lo
stile è triviale ma ad esso si unisce un eccesso di allegorie. L’opera provocò uno shock
e venne accolta con sdegno e ostilità.

Heinrich Mann
Proviene dalla borghesia patrizia di Lubecca. Non portò a termine gli studi, come suo
fratello. Si trasferirono per un periodo a Palestrina, vicino Roma. Le impressioni di
questo soggiorno sono evidenti nell’opera “La piccola città”. Si interessa alla
letteratura tedesca ma anche a quella europea, in particolare quella della décadence
francese. Heinrich si staccò prima di Thomas dall’estetismo in quanto si legò alla
politica della sinistra liberale. Il contrasto con il fratello che era più conservatore portò
ad una rottura nel 1914.
Scrive il saggio “Lo spirito e l’azione” in cui si scaglia contro i letterati tedeschi che si
vantavano del loro disinteresse politico e sociale e che evitavano ogni contatto con il
popolo. Questi attacchi erano rivolti anche al fratello che gli rispose con l’opera
“Considerazioni di un impolitico” in cui accusava Heinrich di essere un
Zivilisationliterat, un letterato dedito alla civiltà, e di tradire il mondo dell’arte.
Troviamo qui l’opposizione di civiltà e arte. I due si riconciliano nella lotta contro il
nazionalsocialismo in ascesa. Durante il periodo della Repubblica di Weimar Heinrich
ebbe un importante ruolo politico ma, con la presa di potere del nazionalsocialismo, fu
costretto all’esilio. Si recò inizialmente in Francia e poi negli Stati Uniti, dove fu
dimenticato. Heinrich venne riscoperto soltanto dopo la guerra e la divisione della
Germania. Venne convocato dalla Repubblica Democratica Tedesca per ricoprire la
carica di direttore dell’Accademia delle Belle Arti della Germania Orientale. Egli però,
ormai gravemente ammalato e depresso, morì prima di poter tornare in Germania.
Scrive il romanzo “Il professor immondizia”, in cui troviamo una critica alla società
dell’autoritarismo e dell’ottusità. Il protagonista è il professor Rath. Egli disprezza i
giovani indisciplinati e che non rispettano la legge. I suoi alunni lo chiamano appunto
Professor Unrat. Il suo mondo fatto di ferrei principi crolla nel momento in cui si
innamora di una cantante di varietà e cede al suo fascino. È considerato uno zimbello
ormai, e viene licenziato. Continua però a disprezzare l’intera popolazione creando
scompiglio anche nella piccola città in cui vive. Alla fine viene arrestato dalle autorità.
Scrive il romanzo “Il suddito”, una cupa satira sociale della Germania guglielmina.
Nell’opera la società appare dominata da un potere piramidale e gerarchico a cui tutti
gli ambiti, familiare, economico, obbediscono con zelante gioia. Questo potere è
incarnato nella figura grottesca dell’Imperatore secondo il quale ogni uomo è un
suddito. La figura del suddito in questo caso è un imprenditore di nome Diederich

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Hessling, un arrivista senza scrupoli che vuole accaparrarsi la sua fetta di potere ad
ogni costo. Il suo antagonista è Napoleone, leader degli operai, che non è migliore di
lui in quanto pensa alla sua “carriera politica” e non alla difesa dei diritti degli operai.
Abbiamo anche diverse figure femminili; le donne nella Germania guglielmina non
aveva diritti civili e politici. Queste donne sono madri, sorelle e mogli che partecipano
dietro le quinte agli intrighi tralasciando il rispetto dei valori tipicamente femminili
come la sensibilità e il rispetto. Questi uomini sacrificano i propri valori pur di entrare
a far parte della società che disprezza e calpesta la dignità umana.
“La giovinezza del re Enrico IV”, “Maturità e destino del re Enrico IV”. Questo re era
inizialmente protestante ma successivamente si è convertito al cattolicesimo
mettendo fine alle sanguinose guerre di religione e garantendo un periodo di pace. Si
tratta di una vera e propria parabola da contrapporre al fascismo. Nel primo volume
“La giovinezza del re Enrico IV”, H. Mann presenta la figura del re sullo sfondo delle
tragiche guerre di religione. Nel 1572 durante la tragica notte di San Bartolomeo,
Enrico era stato invitato a Parigi da Caterina de’ Medici, che vuole fargli sposare sua
figlia Margherita. Durante il periodo di pace in seguito all’accordo stipulato dal re con
gli ugonotti, i cattolici formano una Lega Santa capeggiata dal duca di Guisa, che
viene proclamato dai cattolici “re di Parigi”. Dopo la morte di Enrico III, Enrico diventa
re con il nome Enrico IV. Nel secondo volume H. Mann racconta la nascita del mito del
re, amato per la sua umanità e intelligenza. Il re diventa il simbolo della resistenza al
nazionalsocialismo. Tuttavia viene assassinato da un gesuita fanatico. Il romanzo
finisce con il discorso del re che esprime i suoi ideali umanistici che faranno da
modello ai posteri.
L’obiettivo di H. Mann non era quello di descrivere in modo perfetto gli avvenimenti
passati, ma quello di delineare la figura del governante perfetto e valido moralmente.

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