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Scienze Umane:

la voce dei classici

mile Durkheim
Le forme elementari
della vita religiosa
a cura di
Lino Rossi e Lorena Lanzoni

FONDAMENTI
DEL PENSIERO RELIGIOSO

TOTEM

DIO

RELIGIONE
rivela la trasfigurazione
della SOCIET
lumanit adora una
REALT COLLETTIVA
importanza sociologica dello
studio del TOTEMISMO

ANALISI DEL FENOMENO RELIGIOSO


TOTEMISMO e
SISTEMI DEI
CLAN

trib australiane e
trib dei nativi
americani

teoria su
ORIGINE ed
ESSENZA
DELLA
RELIGIONE

interpretazione
SOCIOLOGICA
del PENSIERO
SIMBOLICO

sociologia della
conoscenza

significato profondo del


TOTEMISMO

teoria generale della


RELIGIONE

sua manifestazione nella


REALT INDUSTRIALE

significato SOCIOLOGICO
dellindagine

La nostra ricerca non


interessa per solamente
la scienza delle religioni.
Ogni religione ha infatti un
aspetto per cui essa
esorbita dallambito delle
idee propriamente
religiose, e perci lo studio
dei fenomeni religiosi offre
un mezzo per riproporre
problemi che finora erano
stati dibattuti soltanto tra
filosofi (p. 75).

LA RELIGIONE COSA SOCIALE


La conclusione generale di questo libro che la
religione cosa eminentemente sociale.
Le rappresentazioni religiose costituiscono
rappresentazioni collettive che esprimono realt
collettive; i riti costituiscono modi di agire che sorgono in
mezzo a gruppi costituiti e sono destinati a suscitare, a
mantenere o a riprodurre certi stati mentali di questi
gruppi.
Ma allora, se le categorie sono di origine religiosa, esse
devono partecipare alla natura comune di tutti i fatti
religiosi: devono essere anchesse cose sociali, cio
prodotti del pensiero collettivo (p. 75).

Rappresentazione religiosa sulle pareti della roccia di


Uluru (Ayers Rock), Northern Territory, Australia.

LA RELIGIONE COSA SOCIALE


Vi sono daltronde casi in cui questo carattere sociale risulta
manifesto.
In Australia e nellAmerica settentrionale esistono societ in cui lo
spazio concepito sotto forma di un cerchio immenso, perch
laccampamento ha anchesso una forma circolare, e il cerchio
spaziale esattamente diviso come il cerchio della trib e ad
immagine di questo.
Vi sono tante regioni distinte quanti sono i clan nella trib, ed il
posto occupato dai clan allinterno dellaccampamento determina
lorientamento delle regioni.
Ogni regione si definisce secondo il totem del clan al quale
assegnata (p. 76).

IL SOPRANNATURALE
Una nozione che viene considerata
generalmente caratteristica di tutto
ci che religioso, quella del
soprannaturale. Con questo termine
si intende ogni ordine di cose che
superi la portata del nostro intelletto:
il soprannaturale il mondo del
mistero, dellinconoscibile,
dellincomprensibile. La religione
sarebbe dunque una speculazione
concernente tutto ci che sfugge alla
scienza, e pi generalmente al
pensiero distinto (p. 77).

Un Aborigeno dipinge immagini


sacre sulla roccia di Uluru.

IL SOPRANNATURALE
Le concezioni religiose hanno come scopo anzitutto
quello di esprimere e di spiegare non gi ci che c di
eccezionale e di anormale nelle cose, ma ci che esse
hanno di costante e di regolare. Il pi delle volte gli dei
servono a rendere conto non tanto delle deformit, delle
bizzarrie, delle anomalie, quanto del cammino abituale
delluniverso; del movimento degli astri, del ritmo delle
stagioni, del germoglio annuale dei vegetali, delle
perpetuit delle specie (p. 79).
A partire dalle religioni pi semplici a noi note, essi hanno
avuto per compito essenziale quello di mantenere in modo
positivo il corso normale della vita (p. 80).

Il serpente arcobaleno, da cui secondo gli aborigeni


hanno avuto origine tutte le cose, un simbolo
religioso ricorrente sulle rocce australiane.

SACRO E PROFANO
Tutte le credenze religiose conosciute,
siano esse semplici o complesse, hanno
uno stesso carattere comune: esse
presuppongono una classificazione delle
cose reali o ideali che si rappresentano gli
uomini, in due classi o in due generi
opposti, definiti generalmente con due
termini distinti tradotti abbastanza bene
dalle designazioni di profano e di sacro
(p. 80).
Esistono parole, espressioni, formule che
possono essere pronunciate soltanto dalla
bocca di persone consacrate; esistono
gesti e movimenti che non possono essere
eseguiti da chiunque (p. 81).

CREDENZE RELIGIOSE E RITI


La cosa sacra per definizione quella che il profano non deve
e non pu impunemente toccare. Senza dubbio questa
interdizione non potrebbe spingersi fino a rendere impossibile
ogni comunicazione tra i due mondi; se il profano non potesse
mai entrare in relazione col sacro, questo non servirebbe a
nulla.
Le credenze religiose sono rappresentazioni che esprimono la
natura delle cose sacre e i rapporti che esse hanno tra loro e
con le cose profane. I riti sono infine regole di condotta che
prescrivono il modo in cui luomo deve comportarsi con le cose
sacre (p. 82).

I riti consentono al profano di entrare in relazione con


il sacro, individuando le regole di condotta affinch ci
si verifichi in modo adeguato.

MAGIA E RELIGIONE,
elementi in comune

La magia costituita anchessa da


credenze e da riti. Come la
religione, essa ha i suoi miti e i suoi
dogmi, che sono soltanto pi
rudimentali perch, perseguendo fini
tecnici e utilitari, essa non perde
tempo in pure speculazioni.
Anchessa ha le sue cerimonie, i
suoi sacrifici, le sue lustrazioni, le
sue preghiere, i suoi canti e le sue
danze. Gli esseri che invoca il
mago, le forze che egli mette in
opera, non soltanto hanno la stessa
natura delle forze e degli esseri a
cui fa appello la religione, ma
spesso sono del tutto identici (p.
83).

MAGIA E RELIGIONE,
elementi in comune
Cos, nelle societ inferiori, le anime dei morti sono cose
essenzialmente sacre ed oggetto di riti religiosi; ma in pari
tempo hanno assolto una funzione importante nella
magia. Tanto in Australia quanto in Melanesia, tanto in
Grecia quanto presso i popoli cristiani le anime dei morti,
le loro ossa, i loro capelli figurano tra gli intermediari di cui
si serve spesso il mago. I demoni sono anchessi uno
strumento abituale dellazione magica; e i demoni sono
esseri circondati da interdizioni, che vivono separati in un
mondo a parte, cosicch spesso difficile distinguerli
dagli di propriamente detti (p. 83).

MAGIA E RELIGIONE,
differenze
Le credenze propriamente religiose sono sempre comuni a una collettivit
determinata, che fa professione di aderirvi e di praticare i riti ad esse solidali.
Esse non sono soltanto ammesse a titolo individuale da tutti i membri di questa
collettivit, ma sono cosa del gruppo e ne costituiscono lunit. Gli individui che
la compongono si sentono legati gli uni agli altri per il semplice fatto di avere
una fede comune (p. 83).
Le credenze magiche hanno sempre una certa generalit: esse sono spesso
diffuse tra larghi strati di popolazione, ed esistono anche parecchi popoli in cui
non hanno seguaci in numero minore della religione propriamente detta. Ma
esse non producono leffetto di legare gli uni agli altri gli uomini che vi
aderiscono, e di unirli in un medesimo gruppo che viva una stessa vita. Non
esiste una chiesa magica. Tra il mago e gli individui che lo consultano, come
tra questi ultimi, non sussistono vincoli durevoli che ne facciano i membri di
uno stesso corpo morale, comparabile a quello che formano i fedeli di uno
stesso dio, o i seguaci di uno stesso culto (p. 84).

MAGIA E RELIGIONE,
differenze
Il mago non ha alcun bisogno, per
praticare la sua arte, di unirsi ai suoi
confratelli. Egli piuttosto un isolato; in
genere, anzich cercar la societ, egli la
fugge. Anche di fronte ai suoi colleghi
egli conserva sempre la sua parte (p.
84).
La religione invece inseparabile
dallidea di chiesa. Una religione un
sistema solidale di credenze e di
pratiche relative a cose sacre, cio
separate e interdette, le quali uniscono
in ununica comunit morale, chiamata
chiesa, tutti quelli che vi aderiscono (p.
85).

LANIMISMO
Lidea di anima sarebbe stata suggerita alluomo dallo spettacolo
male interpretato della doppia esistenza che egli conduce
normalmente nello stato di veglia e durante il sonno.
Questo duplicato riproduce naturalmente tutti i tratti essenziali
dellessere sensibile che gli serve da involucro esteriore; ma in
pari tempo se ne distingue per diversi caratteri. Esso pi mobile,
perch pu percorrere in un istante vaste distanze. pi
malleabile e pi plastico, perch per uscire dal corpo bisogna che
possa passare per gli orifizi dellorganismo, specie il naso e la
bocca. Lo si rappresenta perci come costituito di materia,
indubbiamente, ma di una materia molto pi sottile e eterea di
quelle che conosciamo empiricamente. Questo duplicato
lanima (p. 85).

Ecco dunque spiriti staccati da ogni organismo, e lasciati in libert attraverso lo


spazio. Aumentando col tempo il loro numero, si forma cos intorno alla
popolazione vivente una popolazione di anime (p. 86).

I Wandjina sono divinit primitive che seguendo un sogno di creazione, plasmarono


il mondo e tutti gli esseri viventi. I dipinti degli aborigeni australiani risalgono a un
periodo compreso tra i 50 mila e i 40 mila anni fa.

IL NATURISMO
Agni, il fuoco

Ma quali sono le sensazioni generatrici del pensiero religioso?


Questa la domanda che lo studio dei Veda doveva aiutarci a
risolvere.
Qui i nomi degli di sono generalmente o nomi comuni ancora
adoperati come tali, o antichi nomi comuni di cui possibile
ritrovare il senso originario. Ma gli uni e gli altri designano i
principali fenomeni della natura. Cos Agni, nome di una delle
principali divinit dellIndia, significava allinizio il fatto materiale del
fuoco come lo percepiscono i sensi, e senza alcuna aggiunta
mitologica. Anche nei Veda esso ancora usato sotto questa
accezione; ad ogni modo, che questo significato fosse primitivo
chiaramente mostrato dal fatto che esso si conservato in altre
lingue indo-europee: il latino ignis, il lituano ugnis, lantico slavo
ogny sono evidentemente parenti prossimi di Agni (p. 91).

Cercate di trasportarvi con il pensiero a questo stadio della vita primitiva, a cui
bisogna necessariamente riportare lorigine e anche le prime fasi della religione
della natura; voi potrete facilmente raffigurarvi limpressione che dovette fare sullo
spirito umano la prima apparizione del fuoco (p. 91).

Il rituale vedico del fuoco su una collina di granito nel sud dellIndia: il polline
rimanda alla creazione, il riso nutrimento, mentre il fuoco il simbolo della
distruzione e della trasformazione del mondo.

IL TOTEMISMO
Poich n luomo n la natura hanno da soli carattere
sacro, vuol dire che lo ricevono da unaltra fonte. Al di fuori
dellindividuo umano e del mondo fisico deve dunque
esserci qualche altra realt rispetto a cui questa specie di
delirio che , in un certo senso, ogni religione, assume un
significato e un valore oggettivo.
In altri termini, oltre a ci che si chiamato naturismo e
animismo deve esserci un altro culto, pi fondamentale e
primitivo, di cui i primi sono probabilmente soltanto forme
derivate o aspetti particolari.
Questo culto esiste, infatti, ed quello a cui gli etnografi
hanno dato il nome di totemismo (p. 93).

I LUOGHI DELLA RICERCA

Arunta
Warramunga

IL TOTEMISMO AUSTRALIANO
Ecco perch, con la riserva che sar ulteriormente indicata, ci
proponiamo di limitare la nostra ricerca alle societ australiane. Esse
adempiono a tutte le condizioni che abbiamo enumerate. Esse sono
perfettamente omogenee; bench si possano distinguere tra loro certe
variet, queste appartengono a un medesimo tipo. Lomogeneit anzi
cos grande che gli schemi dellorganizzazione sociale non soltanto sono
gli stessi, ma sono anche designati con nomi identici o equivalenti in
moltissime trib, talvolta assai distanti le une dalle altre.
Daltra parte il totemismo australiano quello su cui abbiamo i documenti
pi completi. Infine, ci che ci proponiamo anzitutto di studiare in questo
lavoro la religione pi primitiva e pi semplice che sia possibile attingere.
Non esistono societ che presentino questo carattere in un grado pi alto
delle trib australiane. La loro organizzazione la pi primitiva e
semplice che si conosca; quella che abbiamo chiamato altrove
organizzazione a base di clan (p. 95).

I LUOGHI
DEI POPOLI

CLAN E TOTEM
Ogni clan ha il suo totem, che gli appartiene in proprio;
due clan diversi di una stessa trib non potrebbero avere
lo stesso. Infatti si fa parte di un clan, perch appunto si
porta un certo nome. Tutti quelli che portano questo
nome ne sono quindi membri allo stesso titolo: comunque
siano disposti sul territorio della trib, essi hanno tutti, gli
uni con gli altri, i medesimi rapporti di parentela. Di
conseguenza due gruppi che abbiano lo stesso totem
possono essere soltanto due sezioni dello stesso clan.
Certamente accade spesso che un clan non risieda
interamente in ununica localit, ma abbia rappresentanti
in luoghi diversi (p. 96).

TOTEM
Gli oggetti che servono da totem appartengono, nella maggioranza
dei casi, al regno vegetale o al regno animale, ma soprattutto a
quest`ultimo: le cose inanimate sono impiegate molto pi raramente.
Su oltre cinquecento nomi totemici rilevati da Howitt fra le trib
dellAustralia sud-orientale ce n soltanto una quarantina che non
siano nomi di piante o di animali; e sono le nubi, la pioggia, la
grandine, la brina, la luna, il sole, il vento, lautunno, lestate, linverno,
certe stelle, il tuono, il fuoco, il fumo, lacqua, locra rossa, il mare. Si
osserver il posto limitato fatto ai corpi celesti ed anche, in genere, ai
grandi fenomeni cosmici, che pure erano destinati a una cos grande
fortuna nel successivo sviluppo religioso. Di tutti i clan di cui parla
Howitt, ve ne sono soltanto due che hanno per totem la luna, due il
sole, tre una stella, tre il tuono, due i lampi. Soltanto la pioggia fa
eccezione: essa infatti molto frequente. (p. 97)

TOTEM

Trib Warramunga,
totem del vento.

TOTEM
Normalmente il totem non un individuo, ma una specie o una
variet; non quel canguro, quel corvo, ma il canguro o lem in
generale (p. 97).

CLAN E TOTEM
Un altro clan Warramunga porta il nome di un serpente favoloso e
mostruoso, chiamato Wollunqua, e di cui il clan ritenuto discendente.
In ogni caso abbastanza
facile scorgere ci che
accaduto. Sotto linfluenza di
cause diverse, in virt dello
sviluppo stesso del pensiero
mitologico, il totem collettivo e
impersonale scomparso
dinanzi a certi personaggi
mitici, che sono passati al
primo posto e sono divenuti
essi stessi totem (p. 97).

Warramunga del clan Wollunqua: i dipinti sui corpi riproducono le spire


striate del serpente e limmagine sul terreno costituisce il totem, la
raffigurazione simbolica dellanimale di cui il clan ritiene di rappresentare la
discendenza.

TOTEM
trasmissione matrilineare o patrilineare
In un gran numero, e si pu anche dire nel maggior numero di societ, il figlio
ha per totem quello della madre, per diritto di nascita: ci accade tra i Dieri e
gli Urabunna del centro dellAustralia Meridionale; tra i Wotjobaluk e i
Gournditch-Mara di Victoria; tra i Kamilaroi, i Wiradjuri, i Wonghibon, gli
Euahlayi del Nuovo Galles del Sud; tra i Wakelbura, i Pitta-Pitta, i
Kurnandaburi del Queensland, per citare solamente i nomi pi importanti.
Un gruppo di trib in cui la religione totemica ancora praticata ed in cui
tuttavia la trasmissione del totem avviene in linea paterna: sono i
Warramunga, gli Gnanji, gli Umbaia, i Binbinga, i Mara e gli Anula.
Una terza combinazione quella che si osserva tra gli Arunta e i Loritjia. Qui il
totem del fanciullo non necessariamente n quello della madre n quello del
padre; quello dellantenato mitico che, secondo procedimenti che gli
osservatori ci riferiscono in maniere diverse, venuto a fecondare
misticamente la madre al momento della concezione (p. 98).

IL MARCHIO TOTEMICO
Ma il pi delle volte sul corpo medesimo che viene impresso il
marchio totemico: c qui un modo di rappresentazione che
alla portata anche delle societ meno progredite.
Presso gli Arunta lestrazione dei denti praticata soltanto nel
clan della pioggia e dellacqua; e secondo la tradizione
questoperazione avrebbe lo scopo di rendere le fisionomie simili
a certe nuvole nere, con i bordi chiari, che si ritiene annuncino
larrivo prossimo della pioggia e che perci sono considerate
come cose della stessa famiglia. Ci prova che lindigeno stesso
consapevole del fatto che queste trasformazioni intendono
conferirgli, almeno convenzionalmente, laspetto del suo totem
(p. 100)

IL MARCHIO
TOTEMICO

Il marchio totemico viene


impresso sul corpo: presso gli
Arunta (clan della pioggia) il rito
diniziazione prevede la rottura
dellincisivo superiore destro, per
somiglianza con le nuvole nere
che portano acqua.

SACRALIT DEL TOTEM


Le figure di ogni specie che rappresentano il totem
sono circondate da un rispetto molto superiore a quello
ispirato dallessere di cui queste raffigurazioni
riproducono la forma. I churinga, il nurtunja, il waninga
non debbono mai essere maneggiati dalle donne o dai
non-iniziati, che sono autorizzati a intravederli soltanto
eccezionalmente e a rispettosa distanza.
Invece la pianta o lanimale di cui il clan porta il nome
possono essere visti e toccati da tutti.
I churinga sono conservati in una specie di tempio, sulla
cui soglia tacciono tutte le voci della vita profana: esso
il dominio delle cose sante.
Invece animali e piante totemiche vivono sul terreno
profano e sono mescolati alla vita comune (p. 103).

ANIMALI TOTEMICI
Lanimale totemico chiamato lamico, il fratello maggiore dei
suoi congeneri umani. In definitiva, i legami che esistono tra essi
e lui assomigliano molto pi a quelli che uniscono i membri di
una stessa famiglia: animali e uomini sono fatti della stessa
carne, come dicono i Buandik.
Per via di questa parentela, luomo considera gli animali della
specie totemica come benefattori associati, sulla cui assistenza
crede di poter contare. Egli li chiama in suo aiuto, ed essi
vengono a guidare i suoi colpi alla caccia, ad avvertirlo dei
pericoli che pu correre.
In cambio egli li tratta con riguardo e non li maltratta; ma le cure
che ha per essi non assomigliano affatto ad un culto (p. 105).

ANIMALI TOTEMICI

TOTEM, significato sociale


La maniera migliore di attestare a se
stesso e agli altri lappartenenza ad uno
stesso gruppo quella di imprimersi sul
corpo uno stesso segno distintivo. Che
proprio questa sia la ragion dessere
dellimmagine totemica provato dal fatto
che come abbiamo dimostrato essa
non cerca di riprodurre laspetto della cosa
che si ritiene voglia rappresentare: essa
costituita di linee e di punti a cui attribuito
un significato del tutto convenzionale. Essa
ha il compito non gi di raffigurare e di
ricordare un determinato oggetto, ma di
testimoniare che un certo numero di
individui partecipano ad una stessa vita
morale (p. 109).

TOTEM, significato sociale


Un clan anzitutto una riunione di individui che portano lo
stesso nome e che si raccolgono intorno a uno stesso segno.
Togliendo il nome e il segno che lo materializza, il clan non pi
nemmeno rappresentabile. Poich esso era possibile soltanto a
questa condizione, ci si spiega la istituzione dellemblema e il
posto occupato da questo emblema nella vita del gruppo (p.
110).

ANIMA E CORPO

La cerimonia del fuoco, o Nathagura, parte dei riti di iniziazione presso i


Warramunga e gli Aranda, associa lanima al fuoco: gli iniziati siedono
allinterno del riparo di frasche (in primo piano), mentre altri uomini danzano
con grandi torce e al culmine del rito lasciano cadere frammenti
incandescenti sugli iniziati.

ANIMA E SACRO
Quando lAustraliano esce da una cerimonia religiosa, le
rappresentazioni che la vita comune ha svegliate o risvegliate in lui non
si estinguono in un sol colpo.
Le figure dei grandi antenati, le imprese eroiche di cui i riti
commemorano il ricordo, le grandi cose di ogni specie a cui il culto lha
reso partecipe, insomma gli ideali diversi che egli ha elaborato
collettivamente, continuano a vivere nella sua coscienza e, in virt delle
emozioni che vi sono connesse e dellascendente speciale che
esercitano, si distinguono nettamente dalle impressioni comuni suscitate
in lui dal rapporto quotidiano con le cose esterne.
Le idee morali hanno lo stesso carattere: la societ che le ha impresse
in noi, e dal momento che il rispetto che essa ispira si comunica
naturalmente a tutto ci che ne deriva, le norme imperative della
condotta si trovano, per la loro origine, investite di unautorit e di una
dignit che gli altri nostri stati interni non posseggono; cos noi
assegniamo loro un posto a parte nellinsieme della nostra vita psichica
(p. 117).

ANIMA E SACRO

I sentimenti collettivi prendono forza attraverso le azioni esteriori e


condivise che li simboleggiano: gli Aranda praticano la cerimonia AlkiraKiuma, un rito di iniziazione che prevede il lancio in aria delliniziato da parte
degli uomini della trib.

RITI DI INIZIAZIONE
Le feste delliniziazione comprendono alcune pratiche fondamentali
come lestrazione di denti, la circoncisione, la subincisione ecc.
che nella stessa trib non differiscono secondo i totem. Luniformit
su questo punto pi facilmente stabilita in quanto liniziazione ha
sempre luogo alla presenza della trib, o almeno davanti a
unassemblea alla quale sono stati convocati clan differenti.
Infatti liniziazione ha lo scopo di introdurre il neofita nella vita
religiosa non soltanto del clan in cui nato, ma di tutta la trib;
dunque necessario che gli aspetti diversi della religione della trib
siano rappresentati davanti a lui, passando in qualche maniera sotto
i suoi occhi.
In questa occasione si afferma pi fortemente lunita morale e
religiosa della trib (p. 123).

RITI DI INIZIAZIONE

Il rito della subincisione presso i Warramunga


(Alice Springs, 1904).

LA VOCE DEGLI ANTENATI


Quando si fa risuonare il bull-roarer, si
dice che si fa sentire la voce dellantenato.
Ma precisamente perch ognuno di questi
eroi si confonde con il culto che si ritiene
abbia istituito, lo si crede attento al modo in
cui viene celebrato.
Egli soddisfatto soltanto se i fedeli
adempiono esattamente ai loro doveri; e
punisce quelli che sono negligenti.
Egli quindi considerato il custode del rito
oltre che il suo fondatore, e per questo
motivo si trova investito di unautentica
funzione morale (p. 124).

LA VOCE DEGLI
ANTENATI
Il bull-roarer uno strumento
musicale sacro per gli aborigeni.
Insieme al dijiridoo, rappresenta
la base sonora delle cerimonie
religiose e dei riti: costituito da
un pezzo di legno leggero a forma
romboidale od ovaloide, legato ad
una estremit con un filo, per
mezzo del quale viene fatto
roteare in aria. Il suono che se ne
ricava un fruscio intenso e
modulabile, molto evocativo e
misterioso.

SACRALIT DEI SUONI


La parola unaltra maniera di entrare in relazione con le persone
o con le cose. Il fiato emesso determina la comunicazione;
qualcosa di noi che si diffonde al di fuori: perci ai profani proibito
rivolgere la parola esseri sacri, o semplicemente parlare in loro
presenza.
In generale vi sono presso gli Arunta, durante le grandi cerimonie,
momenti in cui il silenzio dobbligo.
Si tace da quando i churinga sono esposti; oppure, se si parla, a
bassa voce e a fior di labbra.
Oltre le cose sacre vi sono parole e suoni che hanno lo stesso
carattere; essi non debbono n trovarsi sulle labbra dei profani, n
colpire le loro orecchie. Vi sono canti rituali che le donne non
debbono ascoltare, sotto pena di morte.
Esse possono udire il rumore dei bull-roarers, ma soltanto a
distanza (p. 127).

LA MAGIA SIMPATICA
Diversamente accade per i riti che ci interessano: essi
presuppongono non soltanto lo spostamento di uno stato o di
una qualit dati che passano da un oggetto ad un altro, ma
anche la creazione di qualcosa di interamente nuovo.
Il solo fatto di rappresentare lanimale d origine a questo
animale e lo crea; imitando il rumore del vento o dellacqua
che cade, si inducono le nuvole a formarsi ed a sciogliersi in
pioggia, e cos via.
Senza dubbio la somiglianza ha una funzione in entrambi i
casi, ma molto differente. Nel maleficio essa non fa che
imprimere una direzione determinata allazione che si
esercita; essa orienta in un certo senso unefficacia che non
proviene da essa. Nei riti di cui si parlato essa agisce di per
s, ed direttamente efficace (pp. 129-130).

LA MAGIA SIMPATICA

Gli aborigeni della trib Kakadu ritengono che la malattia sia lesito di un maleficio,
realizzato attraverso il contatto con un osso o un bastone avvelenato. Il trattamento
curativo prevede che lo stregone guardi fissamente il malato, proiettando attraverso i
suoi occhi i cristalli del suo potere; quindi rimuove il veleno succhiandolo a poco a poco
dal corpo del paziente.

I RITI MIMETICI
(simpatici o simpatetici)
Gli uomini che si riuniscono in occasione di questi riti credono realmente
di essere animali o piante della specie di cui recano il nome. Essi si
sentono di una natura vegetale o animale, ed essa costituisce ai loro occhi
ci che vi di pi essenziale e di pi eccellente in loro.
Una volta riuniti, il loro primo movimento deve essere dunque di
proclamare gli uni agli altri questa qualit che essi si attribuiscono, e in
base alla quale si definiscono. Il totem il loro segno di raccolta: per
questo motivo come si visto essi se lo disegnano sul corpo; ma non
meno naturale che cerchino di assomigliargli con i gesti, le grida,
latteggiamento. Essendo em o canguri, essi si comporteranno come
animali dello stesso nome.
Con questo mezzo essi si testimoniano reciprocamente di appartenere
alla stessa comunit morale, ed assumono coscienza della parentela che
li unisce. Il rito non si limita ad esprimere questa parentela, ma la crea o la
ricrea (pp. 129-130).

I RITI PIACULARI
IL LUTTO
Il malato non mor che tardi nella serata. Appena ebbe reso
lultimo respiro, si ripet la stessa scena; ma questa volta i gemiti
erano ancora pi acuti. Uomini e donne, colti da una vera frenesia,
correvano, si agitavano, si ferivano con coltelli o con bastoni
acuminati; le donne si colpivano tra loro, senza che nessuna
cercasse di ripararsi dai colpi. Dopo unora, infine, si svolse una
processione alla luce delle torce, attraverso la pianura, fino
allalbero tra i cui rami fu deposto il corpo.
Quale che sia la violenza di queste manifestazioni, esse sono
strettamente regolate dalletichetta. Gli individui che si fanno
incisioni sanguinose sono designati dalla consuetudine: essi
devono avere determinati rapporti di parentela con il morto (p.
134).

CERIMONIA KULUNGARA

La cerimonia
Kulungara, presso
la trib dei
Warramunga,
prevede che alcuni
parenti del defunto
il nonno materno, lo
zio materno e il
cognato si
producano ripetute
e profonde incisioni
sulle cosce.

I RITI PIACULARI
IL LUTTO
La cerimonia descritta apre una lunga serie di riti, che si
susseguono per settimane e mesi. Essa si rinnova i giorni
seguenti, sotto forme diverse.
Gruppi di uomini e di donne stanno seduti per terra, piangendo,
lamentandosi, abbracciandosi in determinati momenti. Questi
abbracci rituali si ripetono frequentemente durante il lutto.
Gli individui provano, a quanto sembra, il bisogno di accostarsi
e di comunicare pi strettamente; li si vede stretti gli uni contro
gli altri e avvinti al punto da formare una sola ed unica massa,
da cui partono gemiti profondi. Nel frattempo le donne
ricominciano a ferirsi il capo e, per esasperare le ferite che si
fanno, giungono perfino ad applicarvi punte di bastone
arroventate al fuoco (p. 134).

I RITI PIACULARI
IL LUTTO
I riti relativi al lutto
accomunano le trib
aborigene e si
succedono per mesi:
gruppi di donne sedute
a terra piangono e si
lamentano, colpendosi a
pi riprese la testa con i
bastoni, a volte
arroventati. Il lutto
secondo Durkheim un
dovere imposto dal
gruppo.

I RITI PIACULARI
IL LUTTO
Il lutto non lespressione spontanea di emozioni individuali. Se i
parenti piangono, si lamentano, si colpiscono, non perch si sentano
personalmente toccati dalla morte del loro prossimo. Certamente pu
accadere, in casi particolari, che il dolore espresso sia realmente
provato.
Ma il pi delle volte non c alcun rapporto tra i sentimenti provati ed i
gesti eseguiti dagli attori del rito.
Se nel momento in cui quelli che piangono sembrano pi oppressi dal
dolore, si rivolge loro la parola per intrattenerli in merito a qualche
interesse temporale, accade spesso che essi mutino subito
espressione e tono, prendano unaria allegra e discutano nella maniera
pi gaia.
Il lutto non un movimento naturale della sensibilit privata, scossa da
una perdita crudele; un dovere imposto dal gruppo. Ci si lamenta non
soltanto perch si tristi, ma perch si obbligati a lamentarsi (p.
136).

I RITI PIACULARI
interpretazione sociologica

Donde viene questo obbligo?


Etnografi e sociologi si sono generalmente accontentati della
risposta che gli indigeni stessi danno a questa domanda. Si
dice che il morto vuole essere pianto e che, rifiutandogli il
tributo di rimpianto a cui ha diritto, lo si offende: il solo mezzo
per prevenire la sua collera di conformarsi alle sue volont.
Da parte sua lindividuo, quando fermamente attaccato alla
societ di cui fa parte, si sente moralmente tenuto a
partecipare alle sue tristezze e alle sue gioie: il disinteresse
sarebbe la rottura dei vincoli che lo uniscono alla collettivit,
la rinuncia a volerla e a contraddirsi (p. 137).

I RITI PIACULARI
la vendetta

Se ogni decesso attribuito a qualche sortilegio magico, se


per questo motivo si crede che il morto debba essere
vendicato, ci avviene perch si prova il bisogno di trovare
ad ogni costo una vittima su cui possano scaricarsi il dolore
e la collera collettivi.
Questa vittima si va naturalmente a cercarla al di fuori;
perch un estraneo un soggetto minoris resistentiae; non
essendo protetto dai sentimenti di simpatia che si hanno
verso un parente o un vicino, non c nulla in lui che
respinga e neutralizzi i sentimenti cattivi e distruttivi che la
morte ha destato (p. 137).

I RITI PIACULARI
la vendetta

Gli aborigeni non


ritengono la morte un
evento naturale, ma il
frutto di un sortilegio. Per
questo i Warramunga
ispezionano la tomba di
un parente, posta su un
albero, per trovarvi
tracce di qualche
animale, che
indicherebbe il totem di
chi ha provocato la
morte, verso il quale
potrebbe cos scatenarsi
una violenta vendetta,
sentimento distruttivo
destato dalla morte del
congiunto.

RELIGIONE E SOCIET
Se la religione ha generato tutto ci che c di essenziale
nella societ, perch lidea della societ lanima della
religione.
Le forze religiose sono quindi forze umane,
forze morali.
Senza dubbio, dato che i sentimenti collettivi possono
prendere coscienza di s solamente fissandosi su oggetti
esterni, esse non hanno potuto costituirsi senza trarre dalle
cose qualcuno dei loro caratteri: esse hanno cos acquisito
una specie di natura fisica
(p. 140).

RELIGIONE E SCIENZA
Ci che la scienza contesta alla religione non il diritto
di essere, ma il diritto di dogmatizzare sulla natura delle
cose, la specie di competenza particolare che essa si
attribuiva per conoscere luomo e il mondo.
Infatti essa non conosce neppure se stessa: essa non sa
n di che cosa fatta, n a quali bisogni risponde. essa
stessa oggetto di scienza; e perci ben lontana dal poter
imporre leggi alla scienza!
E dato che fuori del reale a cui si applica la riflessione
scientifica non esiste un oggetto proprio sul quale verta la
speculazione religiosa, evidente che questa non
potrebbe esercitare in avvenire la stessa funzione che nel
passato (p. 143).

IL RUOLO DELLA SOCIOLOGIA


riflessioni conclusive
Perci la sociologia sembra chiamata ad aprire una nuova via
alla scienza delluomo. Finora si era di fronte a questa
alternativa: o spiegare le facolt superiori e specifiche delluomo
riconducendole alle forme inferiori dellessere la ragione ai
sensi, lo spirito alla materia il che voleva dire negare la loro
specificit; oppure collegarli a qualche realt soprasperimentale che veniva postulata, ma di cui nessuna
osservazione pu stabilire lesistenza.
Ma dal momento in cui si riconosciuto che al di sopra
dellindividuo c la societ, e che questa non un essere
nominale e razionale, ma un sistema di forze operanti, diventa
possibile un nuovo modo di spiegare luomo. Per conservargli i
suoi attributi distintivi non pi necessario collocarli al di fuori
dellesperienza (p. 144).

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