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La nascita della Dea

Un'immagine di donna conservata per circa 20 mila anni in una caverna tempio, ci descrive la
mente dei nostri primi antenati.
E' molto piccola ed è stata intagliata nella pietra, è una delle cosìdette Veneri trovate un po'
ovunque nell'Europa preistorica, dai Balcani al lago Baikal in Siberia, e in occidente da
Willendorf, vicino a Vienna, alle Grotte du Pape in Francia. Insieme ai dipinti murali, alle
caverne-tempio e ai luoghi di inumazione, queste statuette sono degli importanti documenti
psichici delle popolazioni del Paleolitico.

Contemporaneamente al primo manifestarsi della coscienza del rapporto tra l'individuo e gli
altri esseri umani, gli animali e il resto della natura, deve essere sorta anche la consapevolezza
del mistero, e dell'importanza pratica del fatto che la vita abbia origine da un corpo femminile.
Sembrerebbe che il punto centrale sia l'associazione della donna con il potere di donare e di
sostenere la vita.
La più antica rappresentazione delle parti del corpo femminile - seni, glutei, ventre, vulva -
risale al tempo in cui i popoli, non avendo ancora capito il processo biologico della riproduzione
(l'accopiamento come causa di gravidanza), dovettero darsi una divinità che fosse l'estensione
macrocosmica del corpo femminile. Si tratta di una Creatrice cosmica, dispensatrice della vita e
della nascita. A queste parti del corpo femminile fu attribuito il potere miracoloso della
procreazione. La misteriosa umidità del sesso e i labirintici organi uterini divennero la magica
fonte della vita.

Molto lontane dall'essere pura espressione dell'erotismo maschile, queste figure rivelano che
fin dall'inizio, la volontà di vita dell'essere umano si espresse e trovò conforto in un gran
numero di miti e di rituali, che denotano il nesso tra la donna e i poteri che governano la vita e
la morte. Sembra che la colocazione rituale di conchiglie a forma di vagina intorno e sopra il
morto, quanto la pratica di ricoprirle con pigmento rosso ocra (che simboleggia il potere
vivificante del sangue), facessero parte di un rituale funebre inteso a fare ritornare il defunto
tramite una rinascita. Esistono anche prove che pare servissero a propiziare la fecondità delle
piante e degli animali selvatici che erano il mezzo di sustentamento della gente e, nel rifuggio
di roccia di Cogul, in Catalogna, è raffigurata una scena di donne che danzano intorno ad una
piccola figura maschile svestita, in quella che sembra essere una cerimonia religiosa.

Compare nel Paleolitico Superiore la rappresentazione della Dea Dispensatrice di Vita, nella
posizione di partoriente o dalla vulva come pars pro toto; tali simboli continuarono ad essere
presenti nel Neolitico e anche in epoche successive.
La Dea è collegata alle madri molto giovani nelle forme di animali quali l'orso, la cerva, il
daino, e, nel Paleolitico Superiore, come bisonte femmina o giumenta. La continuità di tali
immagini nella tarda preistoria e perfino in epoca storica si può spiegare non solo con
l'indistruttibilità di simboli, collegati alla nascita e alla maternità, fortemente radicati, ma anche
come memoria profonda assorbita di un sistema matrilineare, in un'epoca in cui la paternità
era difficile da stabilire. Anche i simboli della fertilità e della gestazione affondano le radici nel
Paleolitico Superiore, comparendo già allora la Dea Gravida, in origine forse divinità lunare
(perchè tonda come la luna piena). Era centrale l'evidente timore reverenziale e la meraviglia
per la nascita che s'incarna nel corpo della donna.

Con il passaggio all'economia neolitica si produssero notevoli innovazioni.


La nostra coscienza della preistoria progredì moltissimo grazie alla scoperta delle città
Neolitiche di Çatal Huyuk e Hacilar, nella Turchia centrale. Secondo James Mellaart, che diresse
gli scavi per conto del British Institute of Archeology di Ankara, "il fatto più interessante è che
gli scavi in questi due siti rivelano una stabilità e una continuità dello sviluppo, durato forse
diverse migliaia di anni, delle culture sempre più avanzate che adoravano la dea"..." Si può
dimostrare una continuità religiosa da Çatal Huyuk e Hacilar fino alle grandi "Dee Madri" di
epoca arcaica e classica" e che "l'interpretazione dell'arte del Paleolitico Superiore incentrata
sul tema di un complesso simbolismo femminile (sotto forma di animali e simboli), mostra forti
somiglianze con le immagini religiose di Çatal Huyuk e Hacilar".
Sebbene si parli molto poco di questo, i numerosi scavi neolitici in cui sono state trovate
statuette e simboli della dea coprono una vasta area geografica, che va ben oltre il Vicino e
Medio Oriente, come dall'India fino all'Isola di Malta, nel Mediterraneo, per esempio. Insomma,
quasi ovunque, i luoghi dove avvennero i grandi progressi sociali e materiali della tecnologia
hanno il culto della Dea come caratteristica comune.

Risale probabilmente a questo primissimo periodo neolitico l'origine del concetto della Dea
Dispensatrice di Vita e di Nascita come Fato, poichè decide della durata della vita, della felicità
e della salute, e come filatrice o tessitrice perfino dell'esistenza umana (il primo animale
addomesticato, l'ariete, divenne sacro alla Dea Uccello e la Dea divenne così associata alla
tessitura e alla tosatura).

Contemporaneamente, la scoperta della ceramica aprì altri orizzonti verso la creazione di


nuove forme scultoree, e verso un nuovo modo di raffigurare i simboli attraverso la pittura su
ceramica. Apparvero quindi i vasi antropomorfi a forma di donna-uccello (chiamati askoi) e
motivi decorativi come corsi d'acqua, triangoli, bande decorate a rete, spirali, serpenti e spire
serpentine divennero predominanti.

Nella nuova economia agricola, la Dea Gravida del Paleolitico fu trasformata in una divinità
della Fertilità della Terra diventando simbolo del ciclo vitale della vegetazione (nascita,
fioritura, morte). Acquistarono grande importanza gli aspetti legati alla fecondità di uomini e
animali, l'abbondanza dei raccolti, la fioritura delle piante e i processi della crescita e
dell'ingrassamento (la scrofa divenne sacra a questa Dea per le sue capacità di crescita veloce
e di ingrassamento). La rappresentazione del mutamento delle stagioni si intensificò,
manifestandosi nei rituali estivi/invernali o primaverili/autunnali e nella comparsa
dell'immagine di una madre/sorella e di un Dio maschile, spirito della vegetazione che nasce e
muore.
Ora sappiamo che l'agricoltura - non solo l'addosmesticamento degli animali, ma anche delle
piante selvatiche - risale ad un'epoca molto più antica di quanto si credeva in precedenza. I
primi segni di quella che gli archeologi definiscono la rivoluzione agricola, o del Neolitico,
iniziano a manifestarsi tra il 9000 e l'8000 a.C., e ciò significa più di diecimila anni fa.

Nel corso della preistoria le immagini della morte non sono predominanti su quelle della vita,
ma sono combinate con i simboli della rigenerazione. Anche la Messaggera e la Reggitrice di
Morte sono coinvolte nella rigenerazione. Questo motivo appare molto spesso: teste di
avvoltoio sono poste tra i seni; fauci e zanne di feroci cinghiali sono coperte di seni (come nei
santuari del VII millennio di Çatal Huyuk); le immagini della Dea Civetta dell'Europa
occidentale sulle pareti delle tombe megalitiche e sulle stele hanno i seni oppure il loro corpo
interno è un labirinto creatore di vita, con una vulva nel centro. La Dispensatrice di Vita può
trasformarsi in una spaventosa immagine di morte oppure essendo rappresentata come un
nudo rigido con uno sproporzionato triangolo pubico in cui comincia la trasformazione della
morte in vita. Questa raffigurazione del Paleolitico Superiore, è l'antenata dell'antico nudo
rigido europeo in marmo, alabastro, pietra di colore chiaro od osso: materiali che hanno il
colore della morte.

Durante il Neolitico, tombe e templi presero la forma dell'uovo, della vagina e dell'utero della
Dea, o del suo intero corpo. Le tombe a corridoio megalitiche dell'Europa occidentale
simboleggiavano con grande probabilità la vagina (corridoio) e il ventre gravido (tholos,
camera rotonda) della Dea. La forma di una tomba è simile alla collina naturale con un
omphalos (pietra che simboleggia l'ombelico) sulla sommità, simbolo universale del ventre
gravido della Dea Madre con il cordone umbelicale, come si riscontra nel folclore europeo.

Serpenti antitetici o teste a spirali riempiono l'antica decorazione europea fatta con argilla con i
loro movimenti e torsioni. Vortici, croci e una varietà di segni quadrangolari sono simboli di
dinamismo nella natura che assicura la nascita della vita e muove la ruota del tempo ciclico
dalla morte alla vita, perchè la vita si perpetui.

La spiegazione tradizionale delle statuete femminili può essere considerata più una proiezione
di steriotipi che un'interpretazione logica di un'osservazione.

Come scrive la Eisler, "Sembra del tutto plausibile che l'evidente dimorfismo, cioè la differenza
di forma tra le due metà dell'umanità, abbia avuto un profondo effetto sui sistemi di fede del
Paleolitico. Sembra altretanto logico che la costatazione che la vita umana e quella animale
sono generate dal corpo femminile, e che il corpo della donna, come le stagioni e la luna,
segue dei cicli, abbia portato i nostri progenitori a considerare femminili, anziché maschili, i
poteri del mondo che danno e mantengono la vita."

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Marija Gimbutas
vita e opera

Marija Gimbutas nacque a Vilnius, in Lituania, nel 1921.


Nel 1949, scappando dal regime sovietico, si rifugiò negli Stati Uniti dopo aver conseguito nel
1946 il dottorato in Filosofia dell’Archeologia presso l’Università di Tubingen in Germania. La
sua preparazione era interdisciplinare, comprendeva le basi di studi linguistici, etnologia e
storia delle religioni, cosa poco comune tra gli archeologi.Per la sua vasta conoscenza delle
lingue europee, Marija fu scelta dalla Harvard University per fare ricerca e per scrivere testi
sull’Europa preistorica (molti dei documenti sul Est europeo erano indecifrabili dai suoi colleghi
più anziani).

Rimase a Harvard per tredici anni dove divenne anche oratrice alla facoltà di Antropologia. Nel
1955, Marija Gimbutas fu fatta membro del Havard’s Peabody Museum. Nel 1956, Marija
presentò la sua "ipotesi dei Kurgan" in una conferenza internazionale a Filadelfia. Con questa
teoria, fu la prima studiosa a mettere insieme la conoscenza linguistica e archeologica al fine di
risolvere il problema delle origini del linguaggio dei popoli proto-indoeuropei (a cui ha dato il
nome di "Kurgans" dopo la scoperta dei loro particolari tumuli sepolcrali) e ad aver tracciato le
loro migrazioni in Europa. Questa ipotesi e l’atto di collegare le discipline, ha avuto un impatto
significativo sulla ricerca riguardante la cultura Indoeuropea.

Marija Gimbutas ricevette nel corso della sua vita molti premi prestigiosi incluso il The
Outstanding New American Award nel 1960, il Humanities Endowment Award nel 1967, il Los
Angeles Woman of the Year Award nel 1968, il titolo di membro della Fulbright e della
American Academy of Sciences, e borse di studio dalla Smithsonian Institution, dalla National
Science Foundation, ed il sostegno di importanti istituzioni. Fu scelta per essere membro del
Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences (centro di studi avanzati delle scienze
del comportamento) alla Stanfor University, per l’anno accademico 1961-62, dove ha redatto il
suo immenso tomo chiamato Bronze Age Cultures of Central and eastern Europe (culture
dell’Età del Bronzo nel centro e est europeo) (Moulton, 1965).

Nel 1963, fu invitata ad insegnare alla University of California a Los Angeles, dove rimase
come professoressa ordinaria fino al suo ritiro nel 1989. Durante quegli anni molto attivi le fu
assegnata la cattedra dell’European Archeology dove ha stimolato lo sviluppo degli studi
indoeuropei; diventò membro del consiglio d’amministrazione del Old World Archeology al
Cultural History Museum (museo della storia culturale), e mantenne un’enorme attività
produttiva di pubblicazioni mentre viaggiava e teneva conferenze in tutto il mondo. Ha
collaborato costantemente con giornali e enciclopedie Lituane e fu una figura importante negli
studi Baltici. La cosa più importante è che divenne direttrice progettuale in cinque principali
scavi di siti neolitici nel sudest europeo, tra il 1967 e il 1980.

Questi scavi effettuati nell’ex Jugoslavia, Macedonia, Grecia e Italia le hanno dato la possibilità
di concentrarsi sull’indagine inerente al periodo Neolitico (che ha chiamato "Europa Antica")
per comprendere lo sviluppo culturale antecedente all’influenza Indoeuropea. Il suo lavoro
preliminare risultò nella pubblicazione del Gods and Goddesses of Old Europe (Thames and
Hudson, 1974, ripubblicato nel 1982 con il titolo originale Goddesses and Gods of Old Europe),
scritto durante la sua permanenza in Olanda come membro del Netherlands Institute for
Advanced Study in the Humanities and Social Sciences (Istituto Olandese per gli studi avanzati
in scienze sociali e umanistiche), 1973-74.

Nonostante sia considerato sbagliato interpretare,in materia di archeologia tradizionale,


l’ideologia delle società preistoriche, per Marija diventò ovvio che ogni aspetto della vita
dell’Europa Antica rivelasse un sofisticato simbolismo religioso. Di conseguenza, si dedicò ad
uno studio approfondito delle immagini e simboli neolitici per scoprire il loro significato sociale
e mitologico. Per realizzare ciò dovette allargare l’ambito dell’archeologia descrittiva per
includere la linguistica, la mitologia, le religioni comparate e lo studio di documenti storici. A
questo approccio interdisciplinare ha dato il nome di archeomitologia.

Dopo anni di ricerca solitaria i temi principali dell’arte e della religione dell’Europa Antica furono
presentati nel The Language of the Goddess (Harper, 1989). Marija osservò che la forma
femminile era presente in migliaia di immagini, riflettendo la centralità della donna nella vita
religiosa e culturale. Immagini di dee, di dèi maschili, entrambi antropomorfi e zoomorfi,
esprimevano una sacra participazione nei grandi cicli naturali della fertilità e della nascita, della
morte e rigenerazione.

Con il libro The civilization of the Goddess, fu la prima studiosa a dare una panoramica
generale delle culture neolitiche in una larga scala europea (includendo modelli di abitazione,
struttura sociale, arte, religione e alfabetizzazione) e che ha articolato le differenze tra i
sistemi dell’Età del Bronzo, matrilineari dell’Europa Antica e quelli patriarcali indoeuropei.

Marija ha incoraggiato con entusiasmo i linguisti, archeologi e altri studiosi a fare ricerca sulla
transizione del periodo Neolitico e dell’Età del Bronzo in Europa. Con questo intento, organizò
diverse conferenze internazionali per stimolare la ricerca interdisciplinare. Prima di presentare
le proprie idee sull’ibridazione dell’Europa Antica e sugli elementi dello sviluppo culturale
Indoeuropeo, pochissimi studiosi la pensavano come lei. Ciò nonostante è estremamente
significativo ai nostri giorni la comprensione della trasformazione radicale in Europa verso una
struttura sociale patriarcale e bellicosa.

E’ morta a Los Angeles il 2 febbraio del 1994. Verrà ricordata per il suo brillante intelletto, per
la sua generosità e visione appassionata e originale. Marija Gimbutas ha avuto il coraggio di
parlare secondo le proprie percezioni e così di allargare le frontiere della prorpria disciplina.

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Malta e i suoi templi di pietra


di Marirì Martinengo
Tratto da http://www.url.it/donnestoria/testi/creta/malta7.htm

Recentemente ho fatto un viaggio a Malta, Gozo e Comino e sono rimasta affascinata ed


emozionata alla vista degli antichissimi templi del primo neolitico, dedicati alla Grande Madre
mediterranea. Le antiche civiltà dell'arcipelago maltese lasciarono alcuni dei più stupefacenti
templi neolitici, dei veri capolavori artistici: il loro ambiente naturale ispirò le loro tradizioni
architettoniche. Queste isole sono formate da coralli e roccia calcarea globigerina: materiali
facilmente estraibili e malleabili, ma abbastanza resistenti. Usando questi materiali, le
popolazioni maltesi del neolitico riuscirono a esprimere le loro credenze religiose (Marija
Gimbutas, Le dee viventi, p. 142).
Tre sono le tipologie degli edifici dedicati al culto: i templi edificati con enormi massi squadrati
allineati e intersecati fra loro, a sviluppo orizzontale, i templi costruiti con massi di dimensione
inferiore, disposti a formare un insieme di absidi semicircolari, che riproducono nel disegno
architettonico, il corpo della Dea e infine templi scavati nella roccia come il famoso ipogeo di
Hal Saflieni, recentissimamente restaurato e aperto al pubblico.
Uno dei templi ad absidi si trova a Ggantija, nell'isola di Gozo, altri, come quelli di Hagar Quim,
di Mnajdra e di Tarxien, nell'isola principale. I grandi templi di superficie contengono all'interno
delle varie sale statue, are, idrie, vie sacre; vi figurano decorazioni a spirali o a picchiettature
regolari di scalpello. A volte i templi ad absidi, come quello di Ggantija sorgono a due a due e
sono circondati da un muro perimetrale.
I templi megalitici, dell'una e dell'altra tipologia, sono numerosi nell'arcipelago maltese, alcuni
meglio conservati di altri. L'ipogeo di Hal Saflieni è "uno dei più importanti monumenti della
preistoria… ed è a tutti gli effetti un tempio sotterraneo, dal momento che la sua sala
principale assomiglia alle facciate dei templi maltesi di superficie (ibidem, p.102- 103)". I
grandi pilastri verticali sono sormontati da filari di costoloni orizzontali, disposti a gradoni
aggettanti verso l'epicentro, in modo tale da suggerire l'esistenza di una forma di cupola, ora
crollata. L'ipogeo di Hal Saflieni, con le sue molte camere disposte a vari livelli, si spinge
profondamente nel sottosuolo e rappresenta la vagina e l'utero sacralizzati. "La forma a uovo
delle singole camere simboleggia il fenomeno della rigenerazione (M.Gimbutas, op.cit.)": nelle
profondità del tempio infatti si celebravano i riti della vita, della morte e della rigenerazione.
Gli scavi (effettuati purtroppo così frettolosamente da compromettere la lettura complessiva
del monumento) "portarono alla luce una delle più famose sculture maltesi La signora
dormiente. Si tratta di una figura femminile, placidamente sdraiata su un fianco, con una mano
che regge la testa, riprodotta nello stile tipicamente maltese della donna obesa".(ibidem)
Altre statue sono vestite con gonne pieghettate, con elaborate acconciature, altre sono scolpite
in coppia, sedute su un divano, probabilmente rappresentano la madre e la figlia o l'alternarsi
della vita e della morte o quello delle stagioni Nel 2500 a.C. circa la civiltà dedita al culto della
Grande Dea scomparve dall'arcipelago maltese e ad essa subentrarono altre popolazioni, che
utilizzarono gli edifici megalitici per scopi diversi.
Bibliografia
Marija Gimbutas, Le dee viventi, Milano, Medusa, 1999
Marija Gimbutas, Il linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea
Madre nell'Europa neolitica (1989), Milano, Longanesi, 1990
Anthony Bonanno, Malta. Il fascino dell'archeologia, eleborazioni di
Joseph Bonanno, fotografie di Mario Mintoff, Interprint lim.ed,
Malta, 2000

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Storia di Creta e il culto della Dea


Madredi Donatella Massara
http://www.url.it/donnestoria/testi/creta/deamadre.htm

LA CIVILTA’ MINOICA E’ LA CULLA DELLA CIVILTA’ EUROPEA.


E’ STATA SCOPERTA DALLE RICERCHE ARCHEOLOGICHE ALLA FINE DEL XIX SECOLO.
LE TESTIMONIANZE SU CRETA RISALGONO ALLE FONTI DEI POEMI OMERICI
SUBITO LA RICERCA HA AVVERTITO LA PRESENZA FEMMINILE E IL CULTO DELLA DEA MADRE
LE RICERCHE ARCHEOLOGICHE DI MARIJA GIMBUTAS INIZIATE NEGLI ANNI '80 HANNO
APERTO LA VIA A UNO STUDIO CHE VEDE IL PESO DI QUESTE SCOPERTE

Chi è la Dea Madre e perché interessa alla storia?


I soggetti di questi affreschi in miniatura sono religiosi.
Le sacerdotesse sedute guardano la cerimonia e conversano: l’una con l’altra; in una posa di
comunanza e reciprocità. Va confrontato con le tre Dame in blu. Nell’una e nell’altra
raffigurazione le donne parlano fra loro.
Ambientati nella vita religiosa l’uno e nella vita sociale l’altro. Le dame sollecitano l’idea di un
pubblico. Le sacerdotesse sono in attesa di qualcosa che dovrebbe avvenire. Come
sottolineano i commenti: è l’epifania della Dea che attendono, rappresentata nella Regina ?
La regina è la dea dei serpenti, dei monti e della vegetazione. La ierofania, la rappresentazione
della sacra dea è probabilmente anche raffigurazione di potenza regale, identificata dai simboli
che la decorano e la accompagnano.
La dea madre è arrivata fino a noi attraverso statue piccole tanto che l’archeologia ha definito
'giapponesi del Mediterraneo' gli artisti cretesi.
E’ molto significativo che statuette del dio non esistano. Come se in carne ed ossa il potere
sacro non avesse idola maschili.
La potenza della dea è nella fecondità della natura, in ogni donna. E questa potenza avvolgeva
la regina. Signora su una popolazione che aveva mantenuto intatta la capacità e il simbolo
della civiltà in mezzo a popolazioni che da essa avevano imparato. A navigare e commerciare,
a costruire, a amare l’arte e coltivare la pace.
Marija Gimbutas ha visto la fondamentale caratteristica femminile della civiltà europea nella
sua origine.
Non è stata l’unica. L’archeologa ha levato la storia della dea madre mediterranea alla
banalizzazione delle cose scontate.
Lo studio della civiltà cretese è quindi necessità di cambiare il modo di pensare la storia e di
interpretarla. La storia dell’occidente è tutt’altro che la catena di vittorie e sconfitte di popoli
che il tempo trasmette attraverso i documenti storici. Oppure non è solo questo. E’ invece
stata per Gijmbutas il risultato dello scambio fra i sessi e poi lotta contro i popoli che a queste
culture, femminile e maschile, si ispirano. Interpretazione stimolante, oltre lo sguardo curioso
e erudito delle manifestazioni di genere, capace di accogliere la ricerca storica rilanciando
significati che dovrebbero interessare tutti, sia le donne che gli uomini.
Storia di Creta

Le prime testimonianze storiche a Creta risalgono al neolitico. Sono di questo periodo i resti di
tombe collettive che rispecchiano l’evoluzione dei gruppi famigliari che da estesi diventano
mononucleari.
Intorno al 2000 a.C. si colloca la prima età palaziale. Grandi complessi edilizi senza mura di
cinta sono individuati a Cnosso, Festo, Haghia Triada, Mallia e in altre località.
In queste città - palazzo vivevano centinaia di persone al servizio di una regina e di un re.
Essendo città, l’attività prevalente era quella artigianale e artistica o comunque agricola
affidata ai vasti terreni coltivati che cingevano il palazzo. Gli antichi palazzi sorgevano nei
luoghi migliori della fertile isola. Come Festo che domina dall’alto di una collina la pianura della
Messarà.

I caratteri architettonici riconducono alla tipica costruzione mediterranea. I tetti erano piani
come nelle case intorno e nelle calde notti d’estate si poteva abitarli per dormire.
I megaron che portavano alle stanze dei regnanti erano immediatamente raggiungibili e
scaldati dai bracieri mobili. Sono i caratteri abitativi della civiltà mediterranea. La cultura
micenea porterà dalla tradizione nordica il braciere centrale fisso, il megaron al fondo delle
stanze a corridoio.
I palazzi seguendo uno schema planimetrico libero crescevano aggregando una stanza vicino a
un’altra apparentemente senza un ordine prefissato. Come un labirinto.

Nella grande corte del palazzo di Festo vediamo che nei sotterranei erano collocati i magazzini
dove erano custoditi grandi pithoi pieni di olio, cereali, olive.

A Festo vicino ai magazzini c'è l'appartamento della Regina. E' stata ritrovata la vasca da
bagno nel piccolo servizio visibile nel fondo della stanza.

Un corridoio con scala divide la stanza della regina e la stanza del re. Questa è la più vicina
all’ingresso del palazzo distante dalla grande corte retrostante dove probabilmente si
svolgevano le cerimonie pubbliche e religiose.

La stanza della regina si affaccia su un cortile più vicino alla grande corte.

Questi primi palazzi vennero distrutti intorno al 1700 a.C. secondo alcuni come sir Arthur
Evans dal terremoto secondo altri da effetti combinati. Gustav Glotz ritiene che la distruzione
sia venuta in seguito a un terremoto interpretato in chiave divinatoria e che gli autori della
divinazione siano stati gli stessi cretesi dei gruppi impoveriti che abitavano le zone piu’
degradate dell’isola.
I palazzi vengono ricostruiti ancora piu’ grandiosi.
E’ Evans che seguendo scavi di archeologi che l’avevano preceduto alla ricerca dei tesori dei
micenei si accorse dopo pochi giorni di scavi che essi portavano a una civiltà molto piu’ antica,
che chiamarono Minoica dal nome del re Minosse, una figura oltre che mitologica,
probabilmente un nome che sta a indicare il sovrano medesimo.
Dopo la grande civilizzazione minoica dal 1700,1600 A.C. la civiltà micenea ha avuto il
sopravvento. La popolazione micenea aveva tuttavia appreso da Creta quasi tutto quello che
mancava a una cultura nordica e guerriera. La capacità di navigare ,anzitutto e quindi le arti
:l'oreficeria, la ceramica, poi la scienza e la tecnologia che si conserva nelle condutture
idrauliche fornitrici d'acqua alle città-palazzo : Festo, Cnosso …
Dopo questo primo periodo di confronto i micenei soppiantano le reggenze minoiche nel
governo delle città. Le ceramiche diventano piu' affrettate e di maniera. Pochi secoli e una
nuova popolazione achea proveniente dal Nord, i Dori soppianta minoici e micenei
distruggendo la civiltà minoica-micenea. I palazzi vengono distrutti. Gli effetti sono letali e
similmente all'eruzione del Vesuvio che coprì di lava Pompei, i resti ritrovati di un artigiano
intento al lavoro mostrano che uomini e donne sono stati colti all'improvviso dalla violenza di
invasori che diedero il fuoco ai palazzi.
Nel periodo che segue cade il silenzio . E' il Medioevo ellenico la scrittura arretra, le tracce di
civiltà sono scarse e incredibilmente regredite. La storia ricomincia a parlare verso il IX secolo,
periodo nel quale dovrebbero essere stati scritti i poemi omerici, una fra le tante epopee
probabilmente, piu' nota e forse bella di altre.
Gli abitanti di Creta dopo le prime invasioni nel frattempo sono emigrati e hanno portato in giro
le abilità artigiane, le tecniche e un gusto. La storia di Creta prosegue nei secoli successivi
collegata alla storia della Grecia arcaica e classica. E' a Gòrtina dove è stato ritrovato il primo
codice scritto della storia europea. Scolpito sulle mura dell'Odeon secondo la scrittura
bustrofedica ( che segue circolarmente i due sensi da sinistra verso destra e da destra verso
sinistra ) è stato ritrovato in uno scavo italiano nel XIX secolo.
Creta diventa parte dell'impero romano e sempre a Gòrtina e dintorni si trovano i resti di
questa importante città. Si tratta di scavi che nel 2000 sono ancora aperti e che toccano km e
km di estensione, sparsi fra la campagna e la collina testimonianze di periodi differenti. C’è
l'acropoli dell'età arcaica, l'Odeon con il codice delle leggi, la basilica di san Tito dell'epoca
bizantina, i templi dell'epoca romana . Il Pretorio dove si svolgevano i processi della vita civile,
affianca il tempio dedicato al culto della dea egizia Iside e di Serapide, e spostandosi di
qualche metro si incontra il tempio dedicato al culto di Apollo. Sempre nella stessa area di
fronte ai resti dell'Odeon ci sono le rovine del ninfeo e proseguendo per le strade interne con
l'automobile si possono raggiungere, in mezzo ai campi coltivati di olivi e inframezzati di serre,
altre testimonianze di epoca romana fino a ritrovare i resti di due fra le piu' antiche e ben
costruite tombe minoiche, caratteristiche per la forma a thòlos ( rotonda). Recintate dal filo
metallico sono custodite - piazzate come sono nel mezzo di una fattoria - da donne e uomini
che coltivano la terra.
Dopo l'epoca bizantina gli arabi nel X secolo riuscirono a ottenere il dominio dell'isola.
In seguito arrivarono i veneziani ma siamo già nella storia moderna quando i turchi ottennero il
dominio dell'isola. Dopo il riconoscimento dell'indipendenza della Grecia, agli inizi del
Risorgimento europeo, è il 1912 - quando la Libia è assegnata all'Italia, sottratta all'ormai
fatiscente Impero Ottomano, che Creta si congiunge definitivamente i con la Grecia.
La Dea Madre a Creta IL DIBATTITO: GLI STUDI SU CRETA E IL CULTO DELLA DEA La
presenza femminile e il significato altamente simbolico e divinizzato che aveva la donna a
Creta è riconosciuta da tutti gli studi sicuramente in Gustav Glotz e altri studi apparsi intorno
agli anni ’20,’30.Non si tratta tuttavia di un sistema di riferimenti imprescindibili, come la
rivoluzione copernicana è in astronomia . Piuttosto è diventata una introiezione, come si dice in
psicologia. Ma se ha cambiato qualchecosa lo vediamo nella storia così come è. Ancora poco le
donne e gli uomini sfruttano la potenza originatrice di conoscenza e di simbolico (unione di vita
e di cultura dei segni) che deposita in noi una storia delle donne letta per modificare noi
stesse/i e lo stato del nostro sapere. Il culto della Dea Madre lungo un arco temporale che va
dal paleolitico al neolitico. Fra i più antichi reperti troviamo i templi di pietra e le statuette
steatopigie di Malta. (cfr.Malta e i suoi templi di pietra). E' presente in segni energetici e
vitalistici. Come hanno dimostrato gli studi di Marija Gimbutas, su centinaia di reperti raccolti
in luoghi differenti e lontanissimi. Questo culto persevera in epoche successive ed è forse
ancora rilevabile nel culto contadino della Signora che resuscita gli animali morti, rilevato in
età medievale e moderna.. A Creta il culto della Dea madre permane durate la civiltà minoica e
diventerebbe secondario con l’irrompere degli dei della guerra importati dalla popolazione
micenea. E’ una interpretazione che appartiene alla tragedia. Enunciata nelle Eumenidi, la
tragedia finale del mito raccontato nell’Orestea, ha trovato in Luce Irigaray una lettura di
grande interesse per la storia non solo femminile.La interpretazione di Riane Eisler e di Marja
Gimbutas rintraccia la cultura pacifica del culto della Dea madre nei simboli dell’antica Europa.
Un materiale abbondante ma – scrive l’archeologa – sul quale «scarsa è stata invece
l’attenzione ad esso dedicata». Le due studiose usano il termine gilania, coniato da Riane
Eisler. E' una parola composta dalle radici greche della parola donna e uomo, unite dalla l
come legame tra le due parti dell’umanità, per spiegare la struttura sociale ‘egualitaria’ di
popolazioni matrifocali. Questa cultura si trasforma con le incursioni dei popoli
protoindoeuropei fra il 4300 e il 2800 a.C.«Le regioni dell’Egeo e del Mediterraneo e l’Europa
occidentale si sottrassero piu’ a lungo al processo; in isole come Thera, Creta, Malta e
Sardegna, l’antica cultura europea fiorì dando luogo a una civiltà creativa e invidiabilmente
pacifica fino al 1500 a.C.» (M.Gimbutas op.cit)Tuttavia fra gli studiosi c’è già stato un dibattito
nella prima metà del XX secolo. Glotz per esempio ritiene che il culto della dea madre rimanga
e abbia testimonianze successive. L'archeologa Luisa Banti che faceva parte della missione
archeologica italiana a Festo, negli anni ’30, è stata in disaccordo con alcune interpretazioni del
culto della dea madre.Contro l’interpretazione piu’ condivisa e ritenuta più sicura Luisa Banti
argomentò per sottoporla a revisione. E’ proprio certo - chiedeva - che il culto reso ai morti
nelle necropoli sia necessariamente passato per la grande divinità femminile?In questi anni
Marja Gimbutas e Riane Eisler sono state lette, anche se in ritardo, avviando studi di
femministe italiane.DEA MADRE E REPERTI All'origine di questi culti femminili troviamo le
statuette steatopigie.Decine e decine di simulacri di divinità sono raffigurate in piedi: con le
braccia incrociate davanti - individuabili dai due segni orizzontali che attraversano la figura- e i
seni. Sono - secondo Marija Gimbutas - «simboli di morte», annoverati fra i Nudi rigidi « I
celebri idoli in marmo rinvenuti nelle tombe cicladiche e cretesi del 3500-2500 a.C. circa
continuano la tradizione del Neolitico/Età del Rame: vulva piu’ grande del naturale,
atteggiamento rigido con braccia piegate o assenti, gambe rappresentate schematicamente o
assenti, collo cilindrico con o senza maschera e una cresta in rilievo come naso».Ape, toro e
farfalla, uccello, zig-zag, il segno M, il tre, seni e corsi d’acqua, occhi, ariete e motivo a rete,
vulva, cervo e orso, serpente, i doppi, l’uovo, triangolo, zampe d’uccello, la barca, rana,
porcospino e pesce, spirale, ciclo lunare, uncino, ascia, vortice, pettine, spazzola, mani e piedi
della dea, menhir e cerchi sono simboli del potere rigenerante della dea madre. Nei periodi
protopalaziale e neopalaziale i soggetti femminili visibili negli affreschi recuperati e esposti al
Museo di Iraklion sono alcuni fra i piu’ noti esempi di arte antica( I delfini della sala della
regina a Cnosso, le Dame in blu, la Parisienne, la sacerdotessa del sarcofago di Haghia
Triada).La presenza femminile è però straordinariamente percepibile anche in decorazioni,
simboli, nella conservazione di moltissimi reperti di vita civile, i vasi, i gioielli, centinaia di sigilli
con i quali artisti e artiste marcavano le loro opere perché restassero originali.Le donne
avevano uno speciale significato per la vita di Creta. Riconoscibili anche per il colore bianco
della pelle mentre gli uomini, forse perché si esponevano al sole, sono colorati di rossiccio.
Elegantissime vestivano abiti particolarmente vistosi, rivisitabili osservando la la dea dei
serpenti. Il seno scoperto, è segno di una presenza sacra alla fertilità e alla vita di pace, esce
da un corpetto stretto. La vita sempre sottolineata da una serte, sia nelle donne che negli
uomini, dava il movimento circolare alle ampie gonne a balze, uno dei motivi piu’ caratteristici
della moda femminile a Creta. Distinguono i khefiu’- i cretesi nella lingua egizia - il ciuffo,
portato sia dalle donne che dagli uomini, i lunghi capelli e il cappellino a cono a volte indossato
da entrambi.Queste donne le ritroviamo, giovani atlete che gareggiano con i tori e un
compagno nelle scene delle taurocatapsie.Così nelle scene religiose sono sacerdotesse. Ma
ritornano protagoniste della vita sociale e lavorativa; le donne in alcuni sigilli sono raffigurate
come artigiane. Sono visibili nel Museo di Iraklion. Erano quindi le autrici di qualche opera.
Queste artigiane del sigillo cretese non sono le uniche che conosco dell'età antica. Nella mostra
di Milano Eroi e dei dell’antichità tra Museo Archeologico e Palazzo Reale era visibile la kalpis
attica a figure rosse del Pittore di Leningrado (470-450 a.C.) dove un' artigiana è intenta a
plasmare un vaso. Le nikai incoronano gli artigiani delle restanti parti del cratere, mentre lei è
ignorata. Non è un caso, quindi, se queste raffigurazioni non ci sono note.I sigilli ritrovati a
Creta appartenevano a chi svolgeva un lavoro artigianale specializzato avendo a disposizione il
forno per i vasi o attrezzi quali gli strumenti per cesellare di cui sono rimaste le matrici. Sono
ceselli, martelletti, bulini necessari tanto per la glittica che per l’oreficeria. Una tecnologia che
veniva curata e arricchita proprio per il valore speciale che aveva l’arte a Creta. Un' abilità che
insegnerà a tutta la civiltà egea gusto e raffinata inventiva dalla quale le popolazioni
continentali erano ancora lontane. Un rapporto e un insegnamento visibile se confrontiamo i
pezzi della ceramica minoica con quella delle dee post-palaziali interessanti documenti del culto
della dea ma anche proposte di artigiani minoici che hanno ormai dimenticato la lezione
artistica originaria.E' a Gòrtina dove in epoca greca sono state rintracciate le manomissioni di
schiavi ( la libertà data agli schiavi era un atto proibito alle donne nella Grecia continentale) da
parte di donne. Vale a dire che una tradizione di indipendenza femminile si ritrova dove
evidentemente c’è stata e ha avuto un seguito.

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Intervista a Marija Gimbutas

David: Che cosa ha inizialmente inspirato il tuo interesse per la dimensione archeologica e
mitologica delle religioni dell’Europa Antica orientate sulla Dea?

Marija: Penso che abbia a che fare con tutta la mia vita. Sono sempre stata una pecora nera.
Ero molto indipedente. Anche mia madre era molto indipendente. Lei fu una delle prime
studentesse di medicina in Svizera e Germania, quando non c’erano altre ragazze che
studiavano. Sono nata in Lituania quando ancora il 50% della popolazione era pagana. Ho
avuto parecchi legami con le dee. Durante la mia infanzia erano ovunque. La Dea Laima stava
li, ti poteva chiamare nella notte e guardarti attraverso le finestre. Quando una donna
partorisce lei appare, e la nonna sta sempre vicino ad organizzare le cose. La nonna ha dei
regali per la Dea, tovaglie e stoffe tessute disposte per lei, perchè la Dea tesse la vita, lei è la
filatrice. Oggi la Dea Laima potrebbe essere sul punto di scomparire, ma 50 anni fa era ancora
molto viva nella tradizione pagana.

Rebecca: Quando dici "pagani" ti riferisci alle persone che vivono in campagna, vicino alla
natura?

Marija: Si. La Lituania fu cristianizzata solo nel XIV secolo e anche allora ciò non significava
molto perchè la cristianizzazione fu fatta da missionari che non comprendevano la lingua, e la
campagna rimase pagana per almeno altri due o tre secoli. Poi, nel XVI secolo, arrivarono i
Gesuiti che iniziarono a convertire la gente.
In alcune zone, fino al dicianovesimo e ventesimo secolo, c’erano ancora vive credenze in Dee
e in tutti tipi di esseri. Quindi, nella mia infanzia, sono stata esposta a molte cose che erano,
direi, quasi preistoriche. Quando ho studiato archeologia, fu più facile per me afferrare il
significato di queste sculture che per un’archeologo nato a New York, il quale non sa niente
circa la vita di campagna in Europa. (ride)
Prima ho studiato linguistica, Etnologia e Folclore. Ho preso Folclore quando stavo alle Scuole
Superiori. Avevo sempre una domanda in testa: quale è la mia cultura? Avevo sentito molto
sugli Indoeuropei e che la nostra lingua, il lituano, era una lingua Indoeuropea molto antica e
tradizionale. Ero interessata a questo. Ho studiato la lingua Indoeuropea e gli studi comparativi
Indoeuropei, e a quei tempi non c’era nessun interrogativo su come fossero le cose prima degli
Indoeuropei. Era sufficiente sapere che gli Indoeuropei già stavano lì.(ride) La questione su
che cosa potesse esserci prima di loro, arrivò molto dopo.
Allora, perchè c’era la guerra, sono dovuta scappare dalla Lituania. Ho studiato in Austria, a
Vienna, ed ho ottenuto il dottorato in Germania. Ero ancora molto interessata alla mia antica
cultura lituana, e ho aggiunto degli studi a quegli che avevo già fatto ufficialmente. Facevo
ricerca sul simbolismo e ho raccolto materiale dalle biblioteche. Questa è una mia tendenza ed
interesse: religione antica, religione pagana e simbolismo. La mia tesi di laurea fu anche
collegata con questo; scrissi sui riti funerari e sulle credenze nella vita dopo la morte, ed è
stata pubblicata in Germania nel 1946.
Quando sono venuta negli Stati Uniti, ho avuto la possibilità di iniziare gli studi di archeologia
dell’Est europeo, e nel 1950 sono diventata ricercatrice per la Harvard rimanendovi per 12
anni. Ho dovuto imparare da zero perchè non c’era nessuno in tutti gli Stati Uniti che fosse
bene informato sui tempi preistorici in Russia o Unione Sovietica. Allora, mi invitarono a
scrivere un libro sulla preistoria nell’Est europeo e ho passato quasi 15 anni a farlo.

Rebecca: Hai previsto l’interesse incredibile che questa ricerca avrebbe suscitato?

Marija: No. A quel tempo ero solo un’archeologa intenta a fare il suo lavoro, studiando tutto ciò
che potevo. Dopo di ché, arrivarono gli studi sull’Età del Bronzo, che mi hanno chiarito un altro
aspetto di questa cultura Indoeuropea. Nel mio primo libro scrissi sull’archeologia dell’est
europeo, iniziai la mia ipotesi sulle origini degli Indoeuropei in Europa, la quale ancora funziona
senza aver subito molti cambiamenti.

Rebecca: Puoi descrivere la tua ipotesi?

Marija: Questi popoli Indoeuropei arrivarono in Europa dal sud della Russia, introdussero la
cultura Indoeuropea, ibridando la cultura europea. L’antica cultura si mischiò ai nuovi
elementi: le Steppe, gli elementi pastorali e patriarcali. Così, già 30 anni fa, avevo intuito che
c’era qualcos’altro prima degli Indoeuropei. Ma ancora non focalizzavo affatto sulla Dea, sulle
sculture, sull’arte o sulle ceramiche dipinte. Sapevo solo che esistevano, ma non avevo avuto
ancora l’opportunità di immergermi nel campo.
L’occasione arrivò quando sono venuta all’UCLA nel 1963, iniziando gli scavi nel sudest
europeo nel 1967, in Jugoslavia, Grecia ed Italia, facendo questo lavoro per 15 anni. Quando
sono stata in Europa a visitare musei, mi ero già fatta una conoscenza di come potesse essere
stata questa cultura prima degli Indoeuropei, prima ancora del patriarcato. Questo, per me, é
sempre stato un punto interrogativo: come sarà stata? E’ talmente diversa. Ceramiche dipinte,
per esempio, ceramiche bellissime. E poi le sculture. Nessuno stava effettivamente scrivendo
qualcosa a riguardo. C’erano tanti di questi reperti, a centinaia. Ed ho iniziato a scrivere ciò
che costattavo. Allora, ho iniziato i miei scavi da sola e ho trovato, per lo meno, centinaia di
sculture.

Rebbeca: A quale profondità hai dovuto scavare?

Marija: Dipende. A volte un sito del V secolo a.C. stava in cima. Potevi caminare tra le case di
7.000 anni fa! Altre volte, dovevi scavare in profondità per raggiungerle. Normalmente, si
scavano siti che sono già esposti, che sono conosciuti e dove la gente trova degli oggetti di
grande interesse. Molte cose sono state distrutte in questo modo. Alcuni scavi di rilevante
interesse sono stati effettuati, specialmente in Grecia, e ho iniziato a capire sempre di più sulle
sculture. Non so dire come ne quando, ma ad un certo punto fui in grado di distinguere alcuni
tipi di sculture dalle loro copie. Per esempio, la dea-uccello e la dea-serpente, che sono le più
semplici da distinguere.
Così, lentamente, ho aggiunto sempre più informazioni. Il mio primo libro si intitolava
"Godesses and Gods of Old Europe" (Dee e Dei dell’Europa Antica). Veramente, la prima
edizione si intitolava "Gods and Godesses of Old Europe" solo che allora non mi è stato
permesso di usare "Godesses" prima di "Gods".

David: Chi non lo ha permesso? L’editore?

Marija: Si. L’editore non me lo ha permesso. Dopo otto anni è apparsa una seconda edizione
con il titolo originale, "Godesses and Gods of Old Europe".

Rebecca: Quella prima edizione varrà molto un giorno. (ride) Il tuo lavoro interessa un vasto
pubblico, e anche se queste persone non hanno una preparazione accademica, spesso
intuiscono bene ciò di cui parli.

Marija: Le persone intuitive sono sempre le prime a capirlo. Poi per ultimo anche l’ambiente
universitario riesce ad afferrare qualcosa perchè sono le persone meno intuitive. (ride)
Rebecca: Ci puoi descrivere brevemente le maggiori differenze tra le tradizioni dell’antica
cultura della Dea e il patriarcato Indoeuropeo che è venuto a dominare, e quali aspetti della
cultura patriarcale hanno causato la volontà di dominare quella matrifocale?

Marija: Sono sistemi simbolici molto differenti. Tutto questo riflette la struttura sociale.
La struttura sociale Indoeuropea è patriarcale, patrilineare e la forma mentis è guerriera. Ogni
dio è anche un guerriero. I tre principali Dei Indoeuropei sono il Dio del Cielo Splendente, il Dio
degli Inferi e il Dio del Tuono. Le divinità femminili sono solo delle spose, moglie o fanciulle
prive di alcun potere, prive di alcuna creatività. Stanno solo lì, sono delle bellezze, sono delle
Veneri, come vergini dell’alba e del sole.
Il sistema da cui proveniva la cultura di matrice materna antecedente agli Indoeuropei, era
molto diverso. Dico di matrice materna e non matriarcale perchè quest’ultima desta sempre
idee di dominio, ed è semanticamente contrapposta al patriarcato. Quella era una società
equilibrata, non è vero che le donne fossero talmente potenti da usurpare tutto ciò che fosse
maschile.
Gli uomini occupavano le loro legittime posizioni, facevano il proprio lavoro, avevano i loro
compiti e avevano anche il loro potere. Ciò è riflesso nei loro simboli dove si trovano non solo
dee ma anche dei. Le dee erano creatrici, creavano da se stesse. In un tempo così lontano
come il 35.000 a.C., dai simboli e dalle sculture, possiamo osservare che le parti del corpo
femminile erano parti creative: seni, ventre e natiche. C'era una visione differente dalla nostra,
che non aveva niente a che fare con la pornografia.
La vulva, per esempio, è uno dei primi simboli incisi, ed è simbolicamente collegato alla
crescita, e al seme. A volte, vicino ad essa o anche al suo interno c’è un ramo o un motivo di
pianta. Questo tipo di simbolo è molto duraturo, persiste da almeno 20.000 anni. Tuttoggi, in
alcuni paesi, la vulva è un simbolo che offre una sicurezza di creatività, di continuità e di
fertilità.

Rebecca: Perchè la cultura patriarcale ha scelto di dominare?

Marija: La questione sta nella cultura in sé. Loro avevano armi e avevano cavalli. Il cavallo è
apparso solo con gli invasori che arrivavano dal Sud della Russia, perchè nell’Europa Antica
non c’erano armi, niente pugnali, niente spade. C’erano solo strumenti per la caccia. Le
abitazioni erano molto diverse. Gli invasori erano un popolo semi-nomade mentre in Europa
c’era un popolo di agricoltori, che vivevano in una determinata zona per periodi molto lunghi,
prevalentemente nei posti più belli.
Quando arrivarono questi guerrieri, si stabilirono in cima alle colline spesso in posti di
difficilissimo accesso, perciò sono dell’opinione che gli antichi europei non avrebbero potuto
sviluppare la loro cultura in condizioni di patriarcato e di guerra. Sarebbe stata una forzatura.
Abbiamo delle prove archeologiche che queste due culture si scontrarono. E poi, chiaramente,
chi cominciò a dominare? Quegli che avevano cavalli e armi, che avevano piccole famiglie e
che si potevano muovere di più.

Rebecca: Come pensi sia stata la vita quotidiana delle persone nella società matrilocale?

Marija: La religione aveva una parte enorme e il tempio era una specie di fulcro della vita. I
manufatti più belli si facevano per il tempio. Erano molto riconoscenti per tutto ciò che
avevano. Dovevano ringraziare sempre la Dea, farle offerte, ed apprezzarla. Le gran
sacerdotesse e le regine erano un’unica persona e c’era una sorta di gerarchia di sacerdotesse.

David: La religione della Dea era, sostanzialmente, monoteista?

Marija: E’ molto difficile rispondere a questa domanda. Era monoteista o non lo era? C’era una
sola Dea o no? Verrà il tempo in cui sapremmo di più, ma per il momento non possiamo
andare più a fondo nella preistoria. Quello che vedo, è che sin da molto presto, sin dai tempi
del Paleolitico Superiore, abbiamo già tipi diferenti di dee. Dunque, queste sono dee diverse o
sono diversi aspetti di un’unica Dea?
Prima di 35.000 o 40.000 anni a.C. non esiste quasi nessun tipo di arte, però il tipo di
rappresentazione della Dea con grandi seni, natiche e ventre voluminoso esiste già all’inizio del
Paleolitico Superiore. Ma in un periodo più tardo, ad esempio, nella cultura Minoica a Creta,
abbiamo una Dea che tende ad essere più un’unica Dea piuttosto che diverse. Anche le dee
serpenti che esistono a Creta, sono collegate moltissimo alla Dea principale che viene
raffigurata seduta su di un trono o venerata in queste cripte sotterranie. Forse, in tempi molto
remoti, c’era anche una stretta interrelazione tra i diferenti tipi di rappresentazione di essa.
Forse arriveremo alla conclusione che questa era già una religione monoteista anche se
tendiamo a chiamarla "la religione della Dea". Dobbiamo solo ricordare che c’erano molti tipi
diversi di dee.

Rebecca: Vedi tracce della religione della Dea in diverse religioni attuali nel mondo?

Marija: Si, mi sembra così. La Vergine Maria è ancora estremamente importante. Lei è l’erede
di molti tipi di dee, veramente. Lei rappresenta quella che dà la vita, ed è anche la
rigeneratrice e la madre terra insieme. Troviamo traccie di questa madre terra molto in
profondità nella preistoria; lei è la madre gravida e continua ad esserlo per, forse, 20.000 anni,
ed è molto bene preservata in quasi tutta Europa como anche in altre parti nel mondo.

David: Vedi l’ipotesi di Gaia come una rinascita dell’originale religione della Dea?

Marija: Penso che ci sia qualche collegamento, probabilmente in un senso Junghiano. Questa
cultura è esistita così profondamente e così per tanto tempo che non può essere ininfluente nel
nostro pensiero.

Rebecca: Deve aver condizionato le nostre menti per un lungo periodo. Come rispondi alla
critica frequente che vede la religione della Dea unicamente come un rito della fertilità?

Marija: Come rispondo a tutte queste critiche sciocche? (ride) La gente che lo dice, in genere ,
non è bene informata e non ha mai studiato la questione. La fertilità era importante per la
continuità della vita nella terra, ma la religione riguardava la vita, la morte e la rigenerazione.
I nostri antenati non erano primitivi.

David: Hai avuto molte resistenze da parte della comunità accademica circa le tue
interpretazioni?

Marija: Non direi tantissime, ma alcune sì. E’ naturale. Per decadi gli archeologi raramente
hanno toccato il problema della religione.

Rebecca: Dici per così tanto tempo?

Marija: Beh, gli archeologi accettavano, probabilmente, l’esistenza di una religione del
Paleolitico Superiore e del Neolitico, ma l’istruzione era tale che gli studenti non avevano
l’occasione di essere esposti a questo tipo di questioni. Non c’era nessun insegnamento
riguardo la religione preistorica. Solo in alcuni posti, come all’Università di Oxford, sessanta o
settanta anni fa, il Professore James faceva un corso sulla Dea. Nessuno a quei tempi faceva
resistenza. Adesso abbiamo più resistenze perchè alcune persone non accettano
automaticamente l’idea di una religione della Dea.
Critiche di questo tipo (il rifiuto della Dea) per me non hanno senso. Ciò che è vero è vero, e
ciò che è vero rimarrà. Forse ho commesso alcuni errori nel decifrare i simboli, ma cercavo
continuamente di capire di più. Oggi so di più rispetto a quando scrivevo trent’anni fa. Il mio
primo libro non era completo, e così ho dovuto produrre un’altro libro e un’altro libro ancora
per dire sempre di più. E’ un lungo processo.

Rebecca: E’ vero che fu incredibilmente difficile trovare fonti e riferimenti scritti per la tua
ricerca?

Marija: C’era talmente poco, era sbalorditivo! C’erano dei libri buoni negli anni 50. Nel 1955 fu
pubblicato un libro sulla dea madre dal psicologo Junghiano Eric Neumann.
Rebecca: Quando ho cercato di ottenere alcuni dei tuoi libri in biblioteca erano già tutti presi, e
il bibliotecario ha detto che era sempre così, segno che i lavori su questo argomento sono ora,
effettivamente, molto richiesti.

Marija: Non me lo sarei mai sognata una cosa del genere. Ma ho sempre pensato che i libri di
archeologia non fossero, generalmente, letti e che uno scrivesse solo per i propri colleghi.

David: Ti sei mai sentita sorpresa, durante i tuoi scavi e anche di quegli altrui, dal design
avanzato delle dimore e degli insediamenti nella cultura della Dea?

Marija: Si, fui molto sorpresa. E' stata una rivelazione vedere che la cultura successiva fosse
molto meno avanzata di quella iniziale. L’arte è incomparabilmente inferiore rispetto a ciò che
era prima, ed è esistita una civiltà di 3.000 anni, circa, prima che fosse distrutta.
Quello ci ha dato una prospettiva riguardo la durata di queste culture, e si poteva vedere un
magnifico sviluppo, dal più semplice al più sofisticato, nell’architettura e nella costruzione di
templi. Alcune case e templi erano a due piani e avevano le pareti dipinte. Catal Huyuk fu una
grandiosa scoperta in Anatolia. I muri dipinti furono pubblicati solo nel 1989, venticinque anni
dopo gli scavi effettuati da Myler. Centoquaranta muri dipinti - e gli archeologi non ci volevano
credere perché questi dipinti erano talmente sofisticati. E pensare che sono del settimo
millennio!
Da trent’anni a questa parte abbiamo la possibilità di datare gli oggetti usando la datazione
con carbonio 14. Quando ho iniziato a fare la mia ricerca, la cronologia era molto poco chiara e
lavoravamo duramente per capire a quale periodo potesse appartenere un oggetto. Poi, negli
anni sessanta, tutto diventò molto più semplice. Ho passato molto tempo a fare cronologia che
è un lavoro molto tecnico.

Rebecca: Pensi che la società matrilocale possa avere sostenuto delle città, o la natura della
religione e dello stile di vita ha solo permesso di sostenere dei piccoli centri generalmente non
più grandi di piccoli villaggi?

Marija: Avrebbe sostenuto delle città. Iniziò a svilupparsi in una cultura urbana, soprattutto in
una zona della civiltà Cucuteni, che è oggi la Romania e la parte ovest dell’Ucraina. Lì abbiamo
delle città da dieci a quindici mila abitanti in torno al 4.000 a.C. Quindi, lo sviluppo urbanistico
iniziò ma fu troncato.

Rebecca: Hai detto di pensare che il significato dell’arte e della religione preistorica possa
essere decifrato e che dobbiamo analizzare le prove dal punto di vista dell’ideologia. Pensi che
lo possiamo effettivamente fare senza farci influenzare troppo dai pregiudizi delle nostre
ideologie?

Marija: E’ sempre difficile. La maggior parte degli archeologi ha estrema difficoltà nell’accettare
che la vita fosse così diversa. Per dirti, uno scavatore pubblica la mappa di un villaggio a
pianta circolare con le case distribuite a forma di cerchio concentrico nel cui centro c’è anche
un'altra casa. La spiegazione immediata è che quella al centro è la casa del capo intorno a cui
si dispone la sua scorta, e l’ultimo cerchio corrisponde alle case di chiunque altro. Poi, quando
analizi il materiale è proprio il contrario. Il cerchio più ampio di case corrisponde a quelle più
importanti, con le case più grandi fornite di pavimenti migliori e così via, poi in ordine
crescente verso l’interno del cerchio ci sono le case più piccole. Allora puoi scrivere aneddoti
sulla loro interpretazione perchè vediamo solo dal prisma del ventesimo secolo.

David: Che cosa indica la tua ricerca circa lo status sociale delle donne nella cultura
preindoeuropea?

Marija: Le donne erano esseri ugualitari, questo è certo, e forse anche di più, forse anche più
onorate perchè erano molto influenti nella vita religiosa. Il tempio era gestito da donne.

Rebecca: E per quanto riguarda la vita politica?


Marija: Chiaramente è tutto un’ipotesi, non puoi ricostruire facilmente, puoi solo giudicare da
quello che rimane e da ciò che ancora esiste nella mitologia, perchè entrambe le cose sono il
riflesso della struttura sociale. Le mie scoperte suggeriscono che la vita politica fosse
strutturata con il sistema "avuncular". I governanti del paese sono la regina, che è anche la
gran sacerdotessa, insieme a suo fratello o zio. Il sistema viene così chiamato "avuncular" che
deriva dalla parola in inglese "uncle" (zio). L’uomo, il fratello o lo zio, era molto importante
nella società e, probabilmente, c’era parità tra donne e uomini. Nella mitologia troviamo le
coppie di sorella-fratello di dee femmine e di dei maschi.
E’ sbagliato dire che questa fosse una cultura di solo donne, in cui esisteva una sola dea ma
nessun dio. Nell’arte il maschio è meno rappresentato, è vero, ma non c’è alcun dubbio
sull’esistenza di dei maschili. In tutte le mitologie, per esempio in Europa, nella Germanica o
Celtica o Baltica, troverai la terra madre o la dea terra e il suo compagno maschio (o
equivalente) accanto a lei. Ci sono anche altre coppie come la dea della natura, rigeneratrice,
che appare in Primavera e da la vita a tutti gli animali della terra, agli esseri umani e alle
piante. Lei è Artemide nella mitologia greca. Viene chiamata la Signora degli Animali, e esiste
anche la sua controparte maschile dello stesso tipo chiamato Signore degli Animali. La
rappresentazione di questo appare a Catal Huyuk nel VII millennio a.C. e si trovano ovunque
nella preistoria, di tal modo che non dovremmo assolutamente trascurare questo aspetto. C’è
un equilibrio tra i sessi ovunque, sia nella religione che nella vita.

David: Esistono prove che la presa di potere sia stata violenta e di quanto la gente abbia
cercato di difendersi?

Marija: Fu violenta, ma è difficile stabilire il quanto abbiano cercato di diffendersi. Ma furono


sconfiti. Esistono prove di emigrazione e di fuga da questi avvenimenti violenti e molta
confusione, moltissi cambiamenti di popolazione. La gente iniziò a fuggire verso posti come
isole e foreste e zone collinari. Negli insediamenti abbiamo prove di omicidi.

Rebecca: E per quanto riguarda i Kurgan, la cultura invadente, furono sempre patriarcali?
Quando è che inizia il patriarcato?

Marija: Questa è una questione molto seria alla quale gli archeologi ancora non possono
rispondere. Possiamo osservare che il patriarcato esisteva, di sicuro, già intorno al V millennio
a.C e che i cavalli sono stati adomesticati non più tardi di questo periodo.

Rebecca: Pensi che siano venuti da una cultura matrilineare?

Marija: E’ molto probabile. Il problema è che proprio lì, nel sud della Russia, non abbiamo delle
prove. Non abbiamo vasti scavi nella zona di siti anteriori al 5.000 a.C.

Rebecca: La "sacra scrittura" che hai tradotto dalla cultura della dea, si sviluppò mai, che tu
sappia, in frasi o proposizioni?

Marija: Di nuovo, sta al futuro decidere. E’ possibilie che sia stata una scrittura sillabica e che
si sarebbe probabilmente sviluppata in qualcosa se non ci fosse stata la distruzione della
cultura. La scrittura è scomparsa in quasi tutta l’Europa ed è nel centro e ovest europeo che
troviamo conservati la maggior parte dei segni.
Nell’Età del Bronzo, a Cipro e a Creta, la scrittura persisteva, cosa che ha molto a che fare con
ciò che esisteva prima del V millennio a.C.. Qualcosa è stato preservato ma non abbiamo
ancora dei collegamenti molto chiari per causa del cambiamento di questa cultura.
Gli studiosi stanno facendo ricerche al riguardo e spero che, in qualche modo, venga decifrato.
Il problema consiste nel fatto che questa lingua preindoeuropea viene studiata molto poco. La
gente studia i sostrati della lingua in Grecia, in Italia, ma prevalentemente ciò che riesce a
ricostruire sono nomi di posti come Knosso, che è un nome preindoeuropeo. La parola per
"mela", per esempio, è preindoeuropea e quindi i linguisti piano piano, parola per parola,
hanno scoperto quali parole non sono indoeuropee. I nomi per i semi di vari alberi, piante e
animali, sono facilmente ricostruibili. Esistono anche diversi nomi preindoeuropei attribuiti alla
stessa cosa (come ad esempio per il maiale) e si usano tutti; alcune lingue usano nomi
preindoeuropei, altre usano nomi indoeuropei, o entrambi.
Questo è un campo di ricerca che dovrebbe essere ulteriormente sviluppato nel futuro, e in
questo senso penso di esercitare una certa influenza. E’ estremamente importante avere una
ricerca interdisciplinare. A lungo nelle università esistevano tante facoltà e nessun
collegamento tra loro. Succedeva questo soprattutto in Archeologia, che non aveva legami con
gli studi linguistici ne con la mitologia ne con il folclore.

Rebecca: Hai parlato della necessità di creare un campo di archeo-mitologia.

Marija: Si. Quando non ignori le altre discipline ti si apre un mondo. E’ una tale rivelazione
vedere nella mitologia veri elementi antichi che possono essere applicati all’archeologia. Per
molti archeologi questa non è scienza, e vabbene, lasciamo che non sia scienza! Non ha
importanza come la chiami. (ride)

Rebecca: Molte persone credevano che il linguaggio fosse iniziato con l’uomo cacciatore, ma
ora c’è più inclinazione verso l’idea di che sia iniziato dentro casa. Secondo te, quando e come
inizialmente si è sviluppato il linguaggio?

Marija: Molto, molto presto, nel Paleolitico Inferiore. E si sviluppò nella famiglia. Alcuni linguisti
stanno eseguendo una ricerca sulle prime parole conosciute, e alcune informazioni mostrano
che certe parole sono molto, molto antiche e che esistono in tutto il mondo.

David: Hai raccolto molte leggende popolari europee. Poichè i miti sulla creazione si trovano in
quasi tutte le culture del mondo, hai mai trovato alcuno attinente a questo tema?

Marija: Si. Come quello del uccello di acqua e l’uovo cosmico. Il mondo inizia con un uovo e
l’uccello di acqua lo sta portando, poi l’uovo si spacca e una parte di esso diventa terra e l’altra
cielo.

David: Hai mai trovato nelle fiabe lituane un collegamento con Adamo e Eva?

Marija: No. Ma è interessante notare che la prima moglie di Adamo fu Lilith. E chi era Lilith?
Lilith era un’uccello predatore, la Dea Avvoltoio della Morte e Rigenerazione, era estremamente
potente. Era colei che fu trasformata in una figura demoniaca per aver osato rifiutare la
sottomissione ad Adamo. Ed é volata via. Adamo non la poteva controllare. Cosí, gli è stata
data una seconda moglie, Eva, che fu creata da una sua costola per assicurare, naturalmente,
l'ubidienza al proprio uomo. Gli rimase accanto per sempre. (Ride)

Rebecca: Nella mitologia e nel folclore ci sono tante trasmutazioni della dea che si sviluppa da
una figura positiva in una negativa. Vedi questo come un tentativo consapevole di
deformazione della figura femminile?

Marija: Si lo è. Questo è proprio il modo di fare della cristianità...hanno avvertito il pericolo.


Hanno demonizzato colei che era più potente. Colei che poteva realizzare molte cose, che era
collegata ai fenomeni atmosferici, alle pioggie e alle tempeste. Così era la Dea che governava
sulla morte e sulla rigenerazione, colei che diventò la strega. Quindi era molto potente e nei
giorni dell’Inquisizione viene descritta come davvero pericolosa.
Da varie descrizioni puoi percepire che c’era paura. Lei poteva controllare la sessualità
maschile, per esempio, lei poteva tagliare la luna e fermarle la crescita, lei era chi manteneva
l’equilibrio del potere della vita. Questa dea poteva fare molti danni. Ma devi capire perchè
faceva tutto questo. Non poteva permettere alle cose di crescere per sempre, doveva fermarle,
causando la morte in modo da ricreare il ciclo dall’inizio. Lei è la principale rigeneratrice del
mondo intero, di tutta la natura.

Rebecca: Allora la cultura patriarcale dovette spaventare la gente in relazione alla dea in modo
che l’abbandonassero.
Marija: Si. Nel XV e XVI secolo, che sono critici per questo cambiamento, lei divenne un
demonio, un mostro. Questa immagine è ancora con noi. Viene più o meno preservata in ogni
paese. Nei Paesi Baschi è ancora molto viva. E’ l’avvoltoio, vive in caverne. E a volte i pastori
predispongono delle croci cristiane per tenere lontani gli avvoltoi. (ride)

David: Sei ampiamente responsabile per il riemergere della coscienza della Dea nell’emisfero
occidentale. Come ti senti per il modo in cui questa prospettiva viene socialmente e
politicamente interpretata?

Marija: L’interpretazione della Dea a volte è un po eccessiva. Non vedo in che modo possa
essere ricostruita, così come era, e ritornare nelle nostre vite, ma dobbiamo cogliere il meglio
di quello che riusciamo ad afferrare. La migliore comprensione è della divinità stessa. Il Dio
cristiano punisce ed è adirato e non si adatta per niente ai nostri tempi. Abbiamo bisogno di
meglio, di qualcosa di più vicino, che possiamo toccare con mano. Abbiamo bisogno di un po di
compassione, di amore e anche di un ritorno alla natura delle cose.
Attraverso una comprensione di ciò che era la Dea, possiamo comprendere meglio la natura e
possiamo costruire le nostre ideologie di forma che ci sia più facile vivere. Dobbiamo essere
contenti di quello che abbiamo, e di tutta la bellezza che c'è. La Dea è esattamente questo. Lei
è la natura stessa. Penso che ciò debba essere restituito all’umanità. Non credo che la
cristianità continui ancora per molto, ma è come il patriarcato, non è facile liberarsene, (ride)
ma in qualche modo ci si sta riuscendo.

Rebecca: Il patriarcato esiste da circa 5 mila anni rispetto alla cultura della Dea che è durata
forse milioni di anni. Perchè è durata così tanto?

Marija: Per i motivi di cui ho parlato. Era naturale avere questo tipo di divinità ed è
assolutamente innaturale creare un dio punitore e degli dei guerrieri che stimolano i nostri
istinti peggiori.

David: Molti dei temi affrontati da te come il dare vita, il rinnovo della terra eterna, la morte e
la rigenerazione, l’energia che si espande, sono temi archetipi molto conosciuti che capitano
durante un’esperienza psichedelica. Sono curioso di sapere se pensi che le culture orientate
sulla Dea facessero uso di funghi o di qualche tipo di pianta psicoattiva nei loro rituali, e se
prendi Terence Mckenna sul serio quando dice che l’uso di sostanze psichedeliche fu il segreto
perduto a Catal Huyuk?

Marija: Sono sicura che l'avessero. Questa conoscenza esiste ancora in rituali come Eleusis in
Grecia dove si sa perfettamente che l’uso di sostanze psichedeliche era ricorrente. Dalla
descrizione dei funghi forse puoi giudicare che fossero sacri, ma forse è un’aspetto poco
importante. Nelle incisioni dei sigilli minoici, per esempio, abbiamo spesso indicati dei
papaveri. Inoltre, in insediamenti neolitici furono trovati semi di papavero. Quindi ne erano
coscienti, raccoglievano, usavano e forse coltivavano papaveri come le altre piante
domestiche.

David: Pensi che questo abbia influenzato la cultura?

Marija: Si. Dai rituali Dionisiaci in Grecia, che possono andare indietro fino a tempi molto
remoti, si trovano tutti questi balli, l’eccittazione sempre al limite, una frenesia, quasi ai limiti
della pazzia. Ciò accadeva perfino nell’epoca paleolitica, suppongo, ma che cosa usassero è
difficile da ricostruire. Si, abbiamo i semi di papavero, e vabbene. Funghi? Forse. Che altro? La
prova inconfutabile non fu preservata nelle testimonianze archeologiche. E’ scomparsa.

Rebecca: Quali pensi siano le differenze significative tra una cultura, come quella della Dea,
che ha un concetto di tempo ciclico, in confronto a una cultura come la nostra che vede il
tempo lineare, progressivo verso un futuro?

Marija: E' molto più facile vivere quando tieni conto della ciclicità della vita. E' folle pensare ad
uno sviluppo lineare come nelle credenze europee sulla vita dopo la morte.
Rebecca: Questo aspetto della cultura della dea, l'idea che le cose si muovano in cicli. Pensi
che questo li abbia reso molto più filosofici circa la vita?

Marija: Molto più filosofici. Ed é un'ottima filosofia. L'intera evoluzione si basa molto su l'idea di
rigenerazione della vita e di stimolazione delle forze vitali. La cosa che ci interessa
maggiormente é proprio la preservazione della forza vitale, svegliandola in ogni primavera, e
vedere che continua e che la vita prospera.

David: Quanto pensi sia importante rispetto ai problemi attuali, la comprensione del nostro
passato più remoto?

Marija: Penso che sia arrivato il momento di essere più pacifici, di calmarsi (ride), e questa
filosofia di vita in qualche modo ci riappacifica, portandoci ad una qualche armonia con la
natura in cui possiamo apprendere il reale valore delle cose. E' importante sapere che sono
esistite, durante molto tempo, culture senza guerra, soprattutto perché la maggior parte della
gente del XX secolo crede che le guerre siano sempre esistite.
Ci sono molti libri che ancora affermano cose folli come questa o come l'idea che l'agricoltura e
la guerra siano nate contemporaneamente. Dicono che quando i villaggi iniziarono a crescere si
doveva difendere la proprietà, ma questo non ha alcun senso! Non c'era un concetto di
proprietà per come lo intendiamo oggi; c'era la proprietà ma era una proprietà comune. In
effetti, c'era una specie di comunismo, nel miglior senso del termine. Cosa che non protrebbe
esistere oggi nel ventesimo secolo. Inoltre, credevano che tutti fossero uguali in relazione alla
morte. Mi piace molto questa idea. Non sei nessuno, ne regina ne ré, quando le tue ossa sono
raccolte insieme ad altre ossa. (ride)

David: Siccome la rinascita costituisce uno dei grandi temi del tuo lavoro, cosa senti,
personalmente, che succeda alla coscienza umana dopo la morte?

Marija: Forse la stessa cosa che pensavano gli antichi europei. L'energia vitale continua ad
un'altro livello, che non scompare. Le forme individuali scompaiono.

David: Credi che parte della tua individualità persista?

Marija: Ma é quello che lascio intorno a me, la mia influenza, ciò che ho detto nei miei libri -
tutto questo continuerà per un po'. In qualche modo non morirà del tutto.

Rebecca: Ti senti ottimista all'idea che possa sorgere nuovamente una società di tipo mutuale?

Marija: Non so se sono ottimista. Da una parte forse sì, altrimenti sarebbe difficile vivere. Ma
in ogni caso lo sviluppo sarà lento, è chiaro. Dipende molto da chi è il governo. La nostra vita è
così piena di immagini di guerra. I bambini vengono insegnati dall'inizio a sparare e ad
uccidere. L'educazione deve cambiare, i programmi televisivi devono cambiare. Sembra che ci
sia una tendenza verso un cambiamento di questo genere. Forse uno dovrebbe essere
ottimista.

David: Se potessi riassumere tutto il lavoro di una vita in un messaggio elementare, quale
sarebbe questo messaggio?

Marija: Insomma, non so se potrei dirlo in una frase, ma il mio maggiore contributo è forse la
ricostruzione del significato e della funzione della dea. E' successo a me e non a qualcun altro.
Fu solo il fato - Laima - che mi ha condotto. (ride)

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