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S. MAIORANO C.SS.R.

CRITERIO-GUIDA DI S. ALFONSO IN TEOLOGIA MORALE

SUMMARIUM

Inter rationes fundamentales theologiae moralis S. Alphonsi magni


momenti est ad praxim immediata utilitas (praticita). Omnia enim opera
eius vitam christianam illustrantia ab experientia originem ducunt et
in ipsa confirmationem suae validitatis habent.
Inde ab institutione tum juridica tum sacerdotali Neapoli renova-
tionem practicam et positivam sec. XVII-XVIII Alphonsus sequitur; ita
praxeos inquisitio in omnibus eius operibus primum locum tenet.
Ex ipsa profluit praesertim visio comprehensiva totius vitae chri-
stianae quae vi baptismatis ad perfectionem charitatis in Christo vocatur.
Ideo principium fundamentale totius theologiae moralis est pro Alphonso
gratia Christi servanda et augenda iuxta exigentias status personalis
christifidelis.
Theologia moralis institutionalis S. Alphonsi non est mere casui-
stiea sed prudentialis ita, scilicet, ut prudentiam personalem et pastoralem
promoveat. In theologia vero morali perfectionis charitas Christi ad vi-
tanduin tum nimium rigorem tum facilem indulgentiam manuducit AI-
phonsum.

Nel prologo del {{ Tractatus Praemnbulus - De actibus huma-


nis in genere}) della sua « Theologia Moralis}}) S. Alfonso pone
sull'avviso il « benevolo lettore» di non aspettarsi un trattato
« scholasticis quaestionibus refertum ». Egli sara breve, ometten-
do tutto do che non e caratterizzato dal valore della « praticita })
e trattando solo cia che e veramente utile e necessario «ad
praxim ». Fare diversamente e per iI Santo perdere il tempo in
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-(< elucubrazioni inutili ». Questo perche la teologia morale « tota


ad praxim est dirigenda » 1.
Questa caratterizzazione di tutto il discorso morale non e
condiviso da Th. Deman: Ie parole del Santo 10 meravigliano.
II ragionamento di Alfonso e per Deman « un raisonnement cu-
rieux )} 2. Come se tutta la teologia morale non si caratterizzasse
proprio per la « praticita», non fosse un discorso per la prassi.
La nota negativa di Deman non sarebbe ingiustificata, se
l' esame critico rivelasse che Ie cose che Alfonso giudicava « inu-
tili » al suo scopo, erano invece necessarie e che percio andavano
esplicitate e poste in evidenza. Veramente i n10ralisti del tempo,
nel trattar degli « atti umani », on1ettevano non poche verita, di
cui Alfonso avvertiva il valore, e ne teneva conto nei suoi giudizi,
anche se in maniera implicita e riflessa.
Ma in realta Ie «cose inutili», aIle quali il Santo fa riferimento,
:sono Ie numerose « quaestiones» antrop'ologiche, COS! come si
ritrovano in dommatici e moralisti scolastici. Esse pero non ap-
paiono « inutili» solo ad Alfonso. Noi oggi Ie giudichiamo non
solo come tali, rna anche come nocive, perche danno dell'atto
umana una visione che non puo portare a una teologia morale
realistica e viva. Bisogna anzi aggiungere che solo oggi, dopo
due secoli, sicerca di dar la teoria di quei valori che si trovano
allo stato applicato in S. Alfonso. E il lavoro non e certamente
dei pili facili.

1 S. ALPHONSUS M. DE LlGORIO, Theoiogia Moralis, Lib. V, Tract. Praeamb.,


Proem.; ed. L. Gaude, II, Romae 1905, 689: «Mens mihi non est, benevole
Lector, scribens de morali theologia, quae tota ad praxim est dirigenda, tracta-
tum de Actibus humanis tibi exhibere, scholasticis quaestionibus refertum;
sed potius, tuae animarumque saluti consulere cupiens, ea tantum seligere
cogito quae in hac materia magis utilia quaeque scitu necessaria ad praxim
existimantur. Nonne, si secus facerem, et ego oleum operamque in elucubrando
perderem, et tu frustra tempus tereres, in hujusmodi inutilia legendo? Nc
igitur, quaeso, tractatum hunc ol);mibus pene numeris absolutum a me exspectes,
,quem utiliora et adhuc satis implicata manent».
2 Th. DEMAN, art.: Probabilisme, DTC, XIII, 582: «On se tromperait du
tout au tout en cherchant ici une morale complete et ordonnee: saint Alphonse
se garde bien d'y pretendre, n'ayant souci, dit-il par un raisonnement curieux"
que du salut de son lecteur ed de celui des ames. Le relief privilegie ainsi
reconnu aux questions de la conscience cons acre ce deplacement de la theologie'
morale que nous avons ci-dessus critique, lors de ses premieres manifestations ».:
119

Si tratta dei valori del personalisma umana e cristiano e


della prudenzialita, valori che oggi riteniamo come Ie portanti
fondmnentali di tutta la teologia morale. Assenti in gran. parte
dei moralisti e dei teologi del Sei-Settecento, tali val~ri ispirano
invece tutta"1' opera morale alfonsiana.
In questa breve studio fermeremo la nostra attenzione sulla
praticita, assunta da Alfonso come criterio guida in tutta la sua
ricerca morale. SianlO infatti convinti che proprio partendo dal-
la praticita giustamente intesa, e possibile avvicinarsi aIle opere
di Alfonso e tentarne una lettura pili comprensiva.
Vedremo come egli si lascio guidare da questa praticita:
1) nella studio della teologia morale; 2) nella continuita
della sua opera come teologia di conversione e come teologia" di
perfezione; 3) nella composizione dei suoi scritti di teologia mo-
rale-spirituale. Con la sua teologia Alfonso ha dato !tree alIa
Chiesa nel secolo XIX, rna ha da dire umi parola autorevole an--
che a noi oggi.

1. Lo STUDIO DELLA TEOLOGIA: RICERCA TEORETICA E PRATICA.

AlIo studio della teologia, S. Alfonso arrivo partendo da


quello del diritto. Fino al1723, anna in cui opto per il sacerdoziq,
egli partecipo attivamente alIa vita del foro napoletano.
La scuola napoletana del diritto si caratterizzava proprio
per la sua praticita. «A ragione della sua immediata aderenza
alla realta, la scuola giuridica napoletana fu sempre prevalente-
mente pratica; il mas italicus iura docendi col suo: ·praemitto,.
scindo, SUlTImO, casumque figuro, perlego, do causas, connoto et
obiicio' vi domino quasi sovrano... Verso la fine del secolo XVII
alIa gloriosa scuola pratica venne ad innestarsi la scuola sto-
rica: questa non soppianto quella, rna solo la rinvigori di una.
erudizione pili solida, e la sfrondo in parte di quell'apparato
superfluo di autorita e di citazioni }) 3.

3 A. FREDA, S. Alfonso universitario, in: Sa1'lt'Alfonso De Liguori - Contributf

bio-bibliografici, Brescia 1940, 98-100.


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II metodo deduttivo, che fondeva teologia e diritto 4, veniva


sostituito, nella studio del diritto, da quello induttivo pratico.
Iniziatore di tale rinnovamento era stato Francesco D'Andrea,
maestro di Domenico Aulisio, titolare della cattedra «primaria
vespertina perpetua}} nel periodo degli studi di Alfonso nel-
l'Universita di Napoli 5.
Quando nel 1723, messo da parte il diritto, passo allo studio
della teologia, Alfonso vi costato un analogo mutamento di me-
todo. II rinnovamento era incominciato fin dal 1646 per opera
del Fondatore dei « Sacerdoti delle Apostoliche Missioni », San-
sone Carnevale, una personalita eminente, il cui influsso incise
fortemente nel clero napoletano.
Di lui scrive uno storico del tempo, G. Sparano: «Diradate
Ie tenebre di una filosofia e di una teologia speculativa, menD
adatta a convincere, erasi dal canonico Sansone Carnevale ... co-
minciato a gettare i semi ill una filosofia pili sana e di una teo-
logia pili conforme a quella dei Padri » 6.
La filosofia e la teologia, patrocinate dal Carnevale, si di-
staccavano dal metodo speculativo scolastico e prendevano un
indirizzo cartesiano e insieme positivo 7. Questa indirizzo si man-

4 Notava nel 1740 il Cardinale Lambertini (Benedetto XIV): «Per ·10


spazio di molto tempo la sacra teologia fu una cosa medesima col diritto
canonico, non essendo in sostanza una gran parte dei canoni che conclusioni
ricavate da principi teologici, come molto bene a nostro proposito considera
Giovanni Gersone: - Canones, si bene inspiciantur, non sunt nisi conclusiones
elicitae ex principiis theologicis, idest ex Evangelio et aliis libris canonicis,
per illos de quibus dicit Christus: Qui vos audit me audit. Nihil igitur admi-
randum si ad eosdem pertinebat cognitio et legislatio conclusionum illarum
eanonicarum, ad quos pertinebat notitia principiorum» (Annotazioni sopra Ie
teste di Nostro Signore e della Beatissima Vergine, Bologna 1740, t. I, XXXI).
5 Cfr. A. FREDA, op. cit., 100ss.

6 G. SPARANO, Memorie istoriche per illustrate gli Atti della S. Napo-


letana Chiesa e gli Atti delle Apostoliche Missioni, Napoli 1768, II, 134.
7 Lo stesso Sparano nota aneora: «Nell'anno 1646 die nuovo metodo per

la teologia e volle ehe i suoi preti avessero eominciato a dettare alcuni eom-
pendii di polemica, molto giovevoli per isbarbare queUe formalita che s'inse-
gnavano tuttavia nelle scuole di quel tempo. E poiche erasi la filosofia aneh'essa
eominciata a dettare con altri principi pili sodi uniti alle dimostrazioni ma-
tematiche, ehe gUt si erano sentite in Napoli sotto la scorta del famoso Tom-
maso Cornelio e di M. Aurelio Severino, ambedue primarii lettori dell'Uni-
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tenne vivo a lungo a Napoli. Ancora 1769 un redentorista, di-


scepolo e compagno di Alfonso, notava che nella congregazione
ognuno era « imbevuto buoni studi nloderni, una spregiu-
dicata filosofia, di una n1etafisica geometricmnente ordinata, delle
regale di una esatta critica e di una pili soda dommatica e sco-
lastica teologia» 8.
II famoso canonico Giulio Torni, membro, al pari del Santo,
della « Associazione delle Apostoliche Missioni », fu illnaestro in
teologia di Alfonso. Ora il Torni univa insieme uno studio in-
tenso di S. Tomnlaso e una erudizione patristica molto solida.
Lo testimoniano la sua predilezione per Estio e Ie annotazioni
eli cui ha arricchito i Commentari di questi aIle « Sententiae » di
Pietro Lombardo 9.
Per quanto riguarda la teologia morale, il Carnevale nel 1646
si era fatto propugnatore del probabiliorismo. Anche in questa
campo il suo influsso fu notevole e il prcbabiliorislno fu il siste-
Ina morale comune nell'insegnamento ufficiale del clero napo-
letano 10.
In una tale atmosfera di rinnovamento caratterizzato dalla
positivita in campo dommatieo e dalla praticita in quello giu-
ridieo-morale, Alfonso non poteva non fonnarsi una mentalita
che mirasse al sodo, rifuggendo da tuttc cia che gli appariva
« inutile» alla vita. Ce 10 testimonia in maniera egregia e con-
cisa 10 stesso biografo del Santo, Antonio Tannoia: «Voleva
(Alfonso per i suoi studenti religiosi), rna senza attenersi a ve-
run partito, che si usassero i migliori autori, che fossero in voga

versita, si andarono anche in questa Facolta a depone gIi antichi pregiudizii


delle scuole e pote il Sansone ai giovani chierici dare a gust are un poco di
Geometria, che prima non si apprendeva» (op. cit., I, 318).
8 Pas so riportato in: D. CAPONE, Dissertazioni e Note di S. Alfonso sulla

probabilitii e la coscienza dal 1764 al 1769, in Studia Moralia, 2 (1964), 139.


9 G. ESTII, In quatuor libros Sententiarum commentari'a quibus pariter

S. Thomae Summae Theologiae partes omnes mirifice illustrantur, Neapoli,


III ed. 1720: la prefazione, Ie note e Ie appendici sono del Torni. Cfr. D. CAPONE,
Primi incontri di S. Alfonso con la filosofia, in: Sant'Alfonso De Liguori
Contributi bio-bibliogmfici... , 168-175.
10 Cfr. G. SPARANO, op. cit., II, 135 e 241-244.
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fra i dotti; ma non voleva questioni inutili 0 quei rancidu11).i un


tempo adottati dalle scuole» 11.
Con il termine « rancidumi il Tannoia indica gli estremi-
}>,

.smi speculativi della scolastica contemporanea, che, specialmente


nel campo della fisica filosofica, osteggiava il metodo della na-
scente scienza positiva e cercava di negare Ie scoperte che essa
andava facendo e provando per mezzo delle osservazioni e del-
l'esperimento. Scriveva Antonio Genovesi, figura di primo piano
dell' ambiente culturale napoletano contemporaneo ad Alfonso:
« S. Tommaso si vuol leggere con giudizio... la sua metafisica
e sodissima, rna vi e molto del peripatetismo e dell'atabismo ...
Pili Scrittura, pili Padri, pili Storia ecclesiastica, pili catechismo;
meno contrasti, menD questioncine... veda di mettere da parte
tutti gli scolastici ed i casisti se vuol essere teologo » 12.
Nel 1726 Alfonso riceveva l'ordinazione sacerdotale. Ma la
sua formazione teologica non conobbe sosta. II forte senso rea-
listico e 10 spirito di osservazione e di esperimento continuano
a nutrire il suo impegno e gli impediscono di accettare come
valide posizioni che, alIa prova dei fatti, non si rivelassero « uti-
li » per la « salute delle anime ».
La sua molteplice e intensa attivita di confessore, direttore
,spirituale, missionario, promotore di associazioni spontanee di
1aici per sostenersi comunitariamente in una vita cristiana pili
autentica, 10 porta a un contatto intenso e immediato con tutte
Ie classi sociali, cominciando dalle pili umili. Alfonso ha COSl
1a possibilita di studiare da vicino e in maniera diretta tanto
1a vita morale che devozionale del popolo.
Le missioni popolari metteranno ben presto in dubbio la sua
fede probabilioristica. Partito in forza della sua formazione, co-
me uno strenuo difensore della « sentenza pili rigida »13, dovet-
te costatare, a contatto con Ie anime, la pratica inattuabilita. della

11 A. TANNOIA, Della vita ed istituzione del V.S. di Dio D. Alfonso M.


Liguori, Napoli 1798, I, 367.
12 A. GENOVESI, Lettere familiari, citato da A. TISI, II pensiero religioso
di A. Genovesi, Salerno 1937, 88-89.
13 Cfr. S. ALFoNSO, Theologia Moralis, L I, t. I, c. III, 11. 82; ed. Gaude, I,
Romae 1905, 62.
123

dottrina probabilioristica .. Ne vaglio aHora attentamente Ie ra-


gioni sia intrinseche che d' autorita. Si convinse che essa non
solo aveva pochi difensori e seguaci, dediti forse pili a110 spe-
culare che alla pratica del confessionale, rna era anche n1eno
probabile nei suoi stessi principi e sempre densa di difficolta,.
angus tie e pericoli 14.
Lascio allora cadere il probabiliorismo ed inclino verso il
sistema della « sentenza benigna»: il probabilismo. Alla sua at-
tenta osservazione non potevano sfuggire pero Ie ambiguita
anche di questa sistema, soprattutto il pericolo, in esso presenter
di una apertura verso il lassismo morale. Ricerco ed esito a
lungo 15.
La tensione verso una giusta soluzione del problema cen-
14 « Fatemur equidem et nos... pro rigida sententia non parum con ten-

disse, antequam auctores legissemus contrariae sententiae. Sed postmodum,


cum ad missionum exercitium intenderemus, benignam sententiam intelleximus
communitel' teneri a quamplurimis magnae probitatis et sapientiae viris, et
precipue ab illustrissimo et doctissimo magistro mea d. Julio Torni; hinc ejus
momenta sedulo perpendimus, et rigidam sententiam animadvertimus, non
solum paucos habere pati'onos et sequaces, et hos magis forsital1 speculationibus,
quam excipiendis confessionibus deditos, sed etiam parum probabilem esse,
attentis principiis, et insuper undequaque difficultatibus, angustiis, ac periculis
vallatam; e converso sententiam benignam, tum communiter recipi, tum oppo-
sita longe probabiliorem esse, imo et probabilissimam, atque juxta plures
non sine valde gravi fundamento moraliter certam deprehendimus. Quapropter
omnia haec a pristina sententia nos detruserunt »: COSl scrive il santo nella
«Dissertatio scholastico-moralis pro usu moderato opinionis probabilis in con-
cursu probabilioris, del 1749 (S. ALFONSO, Dissertationes quatuor pro usu
moderato opinionis probabilis, Torino 1829, 69-70). Cfr. L GAUDE, De morali
systemate S. Alphonsi Mariae de Ligorio, Romae 1894, 11 ss.; D. CAPONE,
Dissertazioni e Note di S. Alfonso sulla probabilita e la coscienza dal 1748
al 1763, in: Studia Moralia, 1 (1963), 270 ss.
15 Questa esitazione gli costa molto, perche doveva pur dire una parola

certa a chi veniva a lui per il sacramento della penitenza 0 per semplice
consiglio spirituale. E bisogna ricordare che una millenaria pratica pastorale
della penitenza, forse particolarmente per necessita socio-culturali, aveva abi-
tuato i fedeli ad una specie di perenne minorita, sicche il sacerdote era da
essi quasi obbligato a sostituirsi aHa lora coscienza e a dire l'ultimo giudizio
sul da fare «qui e ora »: essi l'avrebbero eseguito alla lettera sicuri di fare
la volonta di Dio.
In questo ambiente Alfonso doveva rispondere ai fedeli· che gli chiedevano
il 'da farsi «qui e ora ». Se il probabiliorismo gli appariva falso, il probabilismo~
come era proposto, non gli appariva sicuro ne 10 convinceva del tutto. Di qui Ie
ansieta, fino aHo scrupolo, fino al voto di obbedienza al direttore (dr. L. GAUDE,
De morali systemate ... , p. 12-13). Erano scrupoIi dO'vuti alIa forte sensibilita
124

trale della della coscienza animo incessantenlente


questa sua ricerca teoretica e sperimentale: una ricerca essen-
zialmente leale, corso della quale « plures opiniones - con-
fessa egli stesso - quas aliquando tanquam probabiles habui,
postea non erubui eas reprobari» 16. Dopo circa trenta anni di
studio e di esitazione arrivo a una soluzione personalistica del
grave problema: « .•• persuasus remansi nefas esse conscientias,
cum opiniones sunt aeque probabiles, ad tutiorem sequendam
adstringere, cum periculo in plurimas formales culpas incur-
rendi ... quo diligentius. rationes nostrae sententiae perpendere
sategi, eo magis certae mihi visae sunt» 17. La prassi attenta-
mente meditata e vagliata 10 portava COS! alla giusta soluzione.
Una chiara testimonianza del nletodo con cui Alfonso af-
fronta e risolve la problematica morale (quello di una teologia
nlorale guidata dai valori supremi soprannaturali, ma scrutata,
enucleata, verificata nella prassi), la troviamo gia nella sua dot-
trina sulla maledizione dei morti. Comunemente si affermava
che tale maledizione era peccato mortale, anzi alcuni vescovi
erano arrivati al punto da riservare a se l'assoluzione di tale
bestemmia. Alfonso esamino il caso concreto di coloro che,
presi da collera, finivano in tali escandescenze: si convinse che
tanto l'espressione che la intenzione non costituivano una be-
stenlmia. Scrisse allora, nel 1746, una ({ Lettera ossia disserta-
zione sopra l'abuso di maledire i morti »: fu il primo suo scritto
di teologia morale e fu censurato conle audace, perche osava
mettersi contro teologi ed anche vescovi, lui un povero missiona-
rio di campagna 18.
pastorale, almena in gran parte. Gli agiografi pero Ii han no pill volte inter-
pretati come scrupoli per debolezza psichica. Anche se in qualche parte della
morale di Alfonso affiora 10 scrupolo non solamente pastorale, Ie sue esitazioni
suI probabilismo nascevano dalla spiccata sensibilita pastorale del santo nel
particolare contesto socio-culturale e religioso dell'Europa nel secolo XVIII.
16 S. ALFONSO, Theologia Momlis, 1. I, t. I, c. III, n. 82; ed. L. Gaude, I,
Romae 1905, 62.
17 Ivi.

18 T. Tlh'l:NOIA, Della vita ed istituzione ... , II, cc. 26, 38; M. DE MEULE-
efr.
MEESTER, Bibliographie gemirale des Ecrivains Redemptoristes, I: Bibliographie
de S. Alphonse M. De Liguori, La Haye-Louvain 1933, 61-62; A. SAMPERS, Contro-
versia quam S. Alphonsus sustinuit ann. 1746-48 {{ de maledictione 111.0rtuorum »,
in: Spicilegium historicum C.ss.R. 14 (1966) 347.
125

Fin dai prilni passi della sua attivita di moralista, Alfonso


ha ben chiaro il criterio cui si ispirera in seguito incessantemen-
teo Ed e un criterio decisamente personalistico-pastorale. Cio
che veramente conta e far S1 che Ie anime non cadano in pec-
cati formali. Ora il peccato formaIe scaturisce dalla convinzio-
ne, vera 0 falsa, della persona che facendo tale 0 tal' altra azione
commetta una colpa grave. Se, esaminato in concreto il caso
di chi maledice i morti, non risulta che si tratta di un peccato
mortaIe, continuare a farlo pensare ai fedeli e formare in essi
una coscienza erronea,da cui scaturiranno dei peccati formali.
Non illuminare i fedeli sulla non gravita della maIedizione dei
morti e, ancora piu, continuare a difenderla, non servirebbero
ad altro che a provo care un grave danno aIle anime 19.
L'opera centrale di Alfonso, Ia «Theologia Moralis », na-
.see anch'essa da una ricerca della norma morale condotta es-
senzialmente per via di attenta riflessione sulla prassi. Tra Ie
molteplici ({ opinioni» veniva scelta queIla che alIa prova dei
fatti rivelasse Ia propria « utilita » per la salute delle anime. La
via media tra lassismo e rigorismo veniva indicata dalla prassi
stessa.
La « Theologia Moralis » nacque da note prese da Alfonso
con i suoi compagni durante Ie missioni per aiutare gli stessi
missionari nella loro attivita apostolica 20. Venne fuori nel 1748
a Napoli come semplice riedizione di un compendio di teologia

19 In una copia di lettera del 1746, che forse precedette la dissertazione

citata, Alfonso annotava: «Le bestemmie son tali, 0 perche suonano COSl
appresso tutti, 0 perche COSl Ie intende chi Ie proferisce. Domandate pure
a chi bestemmia i morti, se ha inteso maledir Ie anime sante del Purgatorio
o del cielo, vi dira tosto di no. Dunque se cosl la sente chi dice e chi ascolta,
la bestemmia dov'e? .. seguendosi l'opinione contraria, si vengo:Q.o a facilitare
Ie colpe; perche la gente minuta, preoccupata da tal sentimento, crede, come
ho trovato, dopo che hanno inteso esser peccato mortale, che sia peccato
mortale bestemmiare ai. morti, agli animali, aIle pioggie e venti ecc. I con-
fessori devono impedire i peccati. Seguendo il mio sentimento, se ne impe-
discono moltissimi; perche essendo sl usuale tal bestemmia, oh quanto si
moltiplicherebbero Ie colpe col pubblicar che sia colpa grave! Dunque, perche
non si deve fare e tenere cio che e sl conforme alla ragione?}) (Lettere di
.S. Alfonso Maria de' Liguori, III, Roma s.a. [1890], 2.
20 Cfr. A. TANNOIA, Della Vita ed istituzione... , I, 245.
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morale di un altro autore con aggiunte delle « Adnotationes >>-


del Santo. II compendio era la famosa «Medulla Theologiae"
Moralis» del gesuita tedesco H. Busenbaum, composta nel 1650
eche, dopo solo cento anni, contava gHl circa 200 edizioni, di
cui alcune arricchite di note da celebri moralisti.
Nonostante questa grande diffusione della «Medulla », Al-
fonso, dalla seconda edizione (Napoli, 1753-1755) in poi fino al-·
l'ottava (Bassano, 1779) da lui curata personalmente benche pili
che ottantenne, integra ampiamente l'opera del Busenbaum, fino
a farla diventare come un puro punto di partenza per I'esposi-·
zione delle sue dottrine 21.
La «Medulla» del Busenbaum infatti era troppo succinta
e finiva col cadere nell'empirismo delle Summulae. La « prati-
cita» invece cui mirava Alfonso non era empirismo disorganico
ne superficialita priva di ogni rigore scientifico: e illuminata.
dai principi, sostenuta e avvalorata con serie argomentazioni.
Ne Alfonso e contrario all' empirismo solo in sede di ricerca.
teorico-pratica dei teologi. Con pari vigore 10 avversa e condanna
anche a livello di azione pastorale diretta. Scriveva infatti di
non poter approvare quei confessori che con facilita e superfi-
cialita affermavano probabili Ie varie opinioni. Prima di ab-
bracciare una posizione, anche se gia sostenuta da altri, il con-
fessore doveva vagliarne Ie ragioni intrinseche 22. Pur riconoscen-
do che Ie confessioni dei semplici e dei contadini presentino
meno difficolta, e che in pili Iuoghi vi siano situazioni di estre-·

21 Cfr. l'ampia introduzione di L. Gaude alla edizione da lui curata.


della Theologia Moralis, I, Roma 1905, XII ss.
22 « ••• neque approbare possum eos, qui de facili opiniones sine certo
fundamento tanquam probabiles acclamant. - Confessarius, antequam aliquam
opinionem amplectetur, tenetur utique intrinsecas rationes perpendere; et cum .
ei occurrit ratio aliqua convincens pro tutiori opinione, cui adaequatam respon-
sionem suppetere non aspicit, tunc oppositam minus tutam amplecti non
potest, quamvis plurimorum doctorum auctoritas ipsi faveat: modo aucto-
ritas non sit tanti ponderis, ut videatur ei magis quam rationi apparenti
deferendum, juxta id quod docet S. Thomas: (Aliquis parvae scientiae magis.
certificatur de eo quod audit ab aliquo scientifico, quam .de eo quod sibi
secundum suam rationem videtur' (II-II, 4, 8, ad 2). Sed iste casus valde rarus
erit» (S. ALFONSO, Theologia Moralis, 1. I, t. I, c. III, Alter. cor., n. 82; ed. Gaude
y

I, Romae 1905, 62. L'edizione leonina ha « ab ali quo scientissimo ».


127

llla scarsita di confessori, non ritiene tuttavia che tali motivi


possano giustificare confessori non sufficientemente preparati:
« Sed hoc non sufficit ad excusandos aliquos confessarios qui,
cursim lecta aliqua brevi summa nl0rali, temere ad excipiendas
confessiones se intromittunt» 23.

2. CONTINUITA IN S. ALFONSO TRA MORALE ED ASCETICA, COME VITA


E DOTTRINA DI SANTITA PER TUTTI.

La « praticita }), che abbiamo cercato di indicare come uno


dei criteri-guida della ricerca morale alfonsiana, non deve per-
tanto essere fraintesa e identificata con ascientificita. Si tratta
di una aderenza costante alla vita, di uno studio attento dei fatti,
di una incessante verifica critica suI piano vitale di tutto cio che
si affernlava riguardo alla stessa vita. Se Alfonso e contrario allo
speculare che hatagliato i ponti con la realta concreta della vita,
non e menD avverso a chi volesse contentarsi delle regole spic-
ciole, senza impegnarsi nella riflessione sui principi che Ie fon-
dana e ledanno valore 24. Oltre 1'astrattismo veniva COSl evitato
anche l'empirismo in sede tanto di scienza che di coscienza.
Parallelamente all' empirismo, nella riflessione sulla vita cri-
stiana, dominava il minimisn'w. Cio che maggiormente preoccu-
pava era di arrivare a ben precis are il limite minimo oltre il
quale si sarebbe caduti nell'illecito legale come peccato mortale.
Pili che alIa « altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro
obbligo di apportare frutto nella carita per la vita del mondo »25,
ci si interessava a specificare cio che il cristiano doveva assolu-
tamehte escludere dalla sua vita; meglio: a precisare 1'ambito e
la forza obbligante delle leggi per individuare dove la liberta
dell'uomo dovesse arrestarsi sotto pena di incorrere in peccato
mortale.

23 S. ALFONSO, Praxis Confessarii, c. I, par. III, n.18, in: Theologia Moralis,

ed. L. Gaude, IV, Romae 1912, 537.


24 Una sintesi di tutto cib pub trovarsi nella «Praxis Confessarii, c. I,

par. III, nn. 17-18, in cui il Santo parla dell'ufficio di dottore proprio del
confessore.
25 CONe. VAT II, Decr. Optatam Totius, n. 16.
128

Una volta identificati tali limiti estremi, la teologia morale


aveva anche, come compito specifico, quello di proporli quale
sufficiente norma di azione per i buoni laici cristiani. Teologi,
anche influenti e famosi, avevano sostenuto e sostenevano an-
cora la tesi secondo la quale illaico non e chiamato alIa santita.,
perche in quanto laico non ne ha i mezzi.
E' sufficiente ricordare Ie chiare affermazioni di Suarez. Egli
distingueva un duplice stato di vita cristiana: «Ratio ... duplex
est: quae dam est omnibus fidelibus communis et generalis, quia
est ad salutem necessaria; alia vero esse potest specialior, quae,
praeter ea quae necessaria sunt, plura media complectitur. Et
utraque ratio vivendi in suo gradu habet debitam perfectionem et
stabilitatem; ergo recte inde duplex status consurgit vitae chri-·
stianae, communis et perfectionis »26. II primo si dice comune
« non quia in ino non possint homines opera supererogationis
facere, et in perfectione spirituali crescere, quantum voluerint,
uti que a Deo adiuti; sed quia status ad hoc non obligat, nee
specialia Inedia confert, nee in illo genere opera peculiarem sta-
bilitatem habent» 27. I laici pertanto, purch6 siano veramente
timorati quanta al non cadere in colpe gravi, possono anche vi-
vere « deliciose » 28.
Per tendere alIa santita occorrerebbero una vocazione parti-
colare e mezzi speciali, di cui il semplice battezzato in quanta
tale non sarebbe provvisto.
Di questa vocazione e di questi mezzi speciali la teologia
morale non doveva interessarsi: erano di competenza della teo-

26 F. SUAREZ, De statu per/ectionis et religionis, 1. I, c. II, n.7; Opera


omnia, XV, Parigi 1859, 10.
27 lvi, n.8; Opera Omnia ... , II.

28 lvi, 1. I, c. IV, n.11; Opera Omnia... ; 24; ecco il pas so in maniera pill

completa: « ... ostenditur in multis personis revera timoratis, quoad cavenda


peccata mortalia; unde longo tempore in gratia vivunt, et communia opera
virtutis, ut eleemosynae, orationis, jejunii, et similia faciunt, et frequenter
Sacramenta recipiunt, vel etiam quotidie celebrant; et nihilominus sine gravi
Dei offensione deliciose vivunt, libere loquuntur, vel otiose, vel impatienter
vel cum similibus defectibus operantur. Ac denique quoad opera superero-
gationis imperfecto modo vivunt. In his ergo possent habitus gratiae et cha-
ritatis esse valde intensi, vel ex diuturnitate temporis cum aliquibus bonis
ac meritoriis operibus; vel etiam et maxime ex opere operato propter fre-·
quentem et diuturnum usum Sacramentorum».
129

logia spirituale 0 ascetica fino alIa mistica. Fra la dottrina nlorale


e quella ascetica vigeva una netta discontinuita. La prima doveva
liInitarsi a trattare dei peccati da evitare, senza preoccuparsi
indirizzare in maniera positiva verso la perfezione cristiana. AHa
teologia morale bastava detern1inare il lin1ite minin10 del ledto
I~gale, come punto necessario per evitare l'inferno. Doveva pen-
sare a questa solo.
Tutto cia aveva aHa base un dualismo sempre presente, an-
che se in forme e toni diversi, nella storia e neHa dottrina della
vita cris·tiana 29. I laid erano cristiani di seconda classe: pote-
vano possedere, sposarsi, vivere liberamente e anche « delizio-
samente }}. Essi erano gli hnperfetti tollerati pazientemente dai

29 GHI. Cassiano distingueva i cristiani perfetti (i monaci) dagli altri r

riservando ai primi l'osservanza dei consigli evangelici e ai secondi quella


dei precetti: «Non enim generaliter praecipiendum erat, nec, ut ita dixerim r
canonice ab omnibus exigendum, id quod propter mirificam sublimitatem
non potest passim ab omnibus apprehendi, sed consilio potius provocantur
omnes et gratia: ut hi qui magni sunt, possint virtute perfectionis non
immerito coronaI'i, qui autem parvi sunt et mensuram aetatis plenitudinis
Christi implere non possunt, licet fulgore majorum velut siderum tecti latere
videantur, tamen a tenebris maledictionum quae in lege sunt, alieni, nec
praesentium malorum cladibus abdicantur, nee supplicio plectuntur aeterno ... }}
(Collatio XXI; PL 49, 1176). Nello sfasamento ecclesiale verificatosi nell'eta
post-apostolica, i monaci sarebbero i fedeli continuatori del fervore primitivo:
({ Hi autem quibus adhuc apostolicus inerat fervor, memores illius pristinae
perfectionis, discedentes a civitatibus suis, illorumque consortio qui sibi vel
ecclesiae Dei remissioris vitae negligentiam licit am esse credebant, in locis
suburbanis ae secretioribus eommanere, et ea quae ab apostolis per universum
corpus ecclesiae generaliter meminerant instituta, privatim ac peculiariter
exercere coeperunt ... )} (Collatio XVIII; PL 49, 1096).
Altra testimonianza molto significativa e il testo della Pseudo-Girolamo,
conservatoci nel Decretum Gratiani (Causa XII, q. I, c. VII; PL 187, 884-885)
di cui si serve anche Suarez (op. cit., 1. I, c. II, n.7; Opera Omnia, v. XV, 10).
Ecco il testo della Pseudo-Girolamo: ({ Duo sunt genera Christianorum. Est
autem unum genus, quod mancipatum divino officio, et deditum contemplation!
et orationi, ab omni strepitu temporalium cessare convenit, ut sunt clerici...
id est sorte electi... Aliud vero genus est christianorum, ut sunt laici. Laos
enim graece est populus latine. His licet temporalia possidere, sed non nisi
ad usum. Nihil enim miserius est quam propter nummum Deum contemnere.
His concessum est uxorem ducere, terram colere, inter. virum et virum judicare,
causas agere, oblationes super altaria apponere, decimas reddere; et ita
salvari poterunt, si vitia tamen benefaciendo evitaverint)}. - Cfr. D. CAPONE,
Theologia Spiritualis introductio (Note ciclostilate) Accademia Alfonsiana, Roma
1962·63, I, 24 ss.

5.
130

perfetti. I chierici invece e i religiosi erano i generosi che segui-


vano Cristo con i consigli evangelici e con la carita eroica, an-
ch'essa di consiglio. I laid potevano anche fare gesti di carita
eroica: rna questi trascendevano il loro stato.
S. Alfonso rompe nettamente con tale dualismo. Egli fa sua
la dottrina di S. Francesco di Sales, i1 rinnovatore della spiri-
tualita cristiana contro ogni forma di rigOriSlllO anti-umano. Scri-
veva Alfonso: «Oh quanto s'inganna, dice S. Francesco di Sales,
chi ripone la santita in altro che in amare Dio! Altri, scrive
il santo, pongono la perfezione nell'austerita, altri nelle limosi-
ne, altri nell' orazione, altri nella frequenza de' sagramenti. 10 per
me non conosco altra perfezione che quella di am are Iddio di
tutto cuore; poiche tutte Ie altre virtu senza l'amore non sono
che una massa di pietre. E se non godiamo perfettamente que-
sto santo amore, il difetto viene da noi, perche non finiamo di dar-
ci tutti a Dio )} 30.
Puo percio Alfonso affermare senza mezzi termini: «E' un
grande errore poi quel che dicono alcuni: Dio non vuol tutti
santi. No, dice S. Paolo: Haec est ... voluntas Dei sanctificatio
vestra (I Thess. IV, 3). Iddio vuol tutti santi, ed ognuno nella
stato suo, i1 religioso da religioso, il secolare da secolare, il sa-
cerdoteda sacerdote, i1 maritato da maritato, il mercadante da
mercadante, il soldato da soldato, e cosl parlando d'ogni altro
stato » 31.
La vita cristiana del laico non e pertanto una vita che non
e animata dal desiderio della santita. Essa, in qualunque campo
dell'attivita umana si esplichi, non puo essere illuminata e ispi-
rata da una teologia morale capace solo di precisare i peccati da
evitare e percio minimistica per definizione. La teologia morale
e unica per tutti: essa e incentrata e dinamizzata dalla carita.
Una teologia della carita e appello alIa conversione di risur-
rezione per chi e morto nel peccato, ed e appello incessante a una
risurrezione sempre piu radicale e totale per chi, con il Battesimo
o la Penitenza, e gia risorto dai morti. Scrive percio Alfonso:

30 S. ALFONSO, Pratica di amar Gesu Cristo, c. IV, n.9 in: Opere Ascetiche,

I, Roma 1933, 37.


31 Ivi, c. VIII, ll. 10 in: Opere Ascetic1ze, I, 79.
131

« ...E poiche la carita ama la perfezione, per conseguenza ab-


borrisce la tepidezza colla quale servono taluni a Dio con gran
pericolo di perdere la carita, la divina grazia, l'anima e tutto »32.
Quei difetti che Suarez giustifica nei laici 33, Alfonso non Ii
ammette in nessuno: «B\isogna dunque tremare di tali difetti
deliberati, mentre Dio per quelli restringe la mano a' lumi pili
chiari ed agli aiuti pili forti, e ci priva delle dolcezze spirituali;
e quindi ne nasce che l'anima fa Ie cose spirituali con gran tedio
e pena, e COSl poi con1incia a lasciar l'orazione, Ie comunioni, Ie
visite al Sacramento, Ie novene; ed in fine facilmente lascera
tutto, com'e avvenuto non di rado a tante anime infelici »34,
La vita cristiana considerata come incessante crescita di
carita in carita sempre pill intensa, dalla prima risurrezione dal
peccato fino alla suprema risurrezione nell'incontro svelato con
Cristo e, in lui, con Dio, determina una continuita di oggetto tra
teologia morale di conversione e teologia spirituale di perfe-
zione.
Tale continuita Alfonso l'afferma particolarmente a) propo-
nendo in teologia morale come principio supremo quello della con-
servazione della vita di grazia; b) esortando i1 confessore ad impe-
gnarsi per porre e spronare il penitente per la via della perfe-
zione, intesa come intensificazione della vita in Cristo.

a) La conservazione della vita di grazia.


II porre la « conservazione della vita di grazia» come prin-
cipio-valore fondamentale della dottrina sulla vita cristiana, sca-
turisce naturalmente dall'affermazione che tutti sono chiamati
alla perfezione della carita, ciascuno secondo il proprio concreto

32 lvi, c. VIII, n. 1, in: Opere Ascetiche, I, 73. Nel cap. IV, il Santo scrive:

« Gesu Cristo come Dio merita per se da noi tutto l'amore; rna egli, coll'amore
che ci ha dimostrato, ha voluto metterci per COS! dire in necessita di amarlo
almena per gratitudine di quanta ha fatto e patito per noi. Egli ci ha amati
assai per esser assai da noi amato ... » (n. 1; Opere Ascetiche, I, 32).
33 Cfr. F. SUAREZ, De Statu perfectionis et religion is, 1. I, c. IV, n.11, in:

Opera omnia, XV, 24: efr. sopra nota 28.


34 S. ALFONSO, Pratica di amar Gesu Cristo, c. VIII, n. 5, in: Opere Asce-

tiche, I, 76.
132

stato di vita e senza alcuna necessita di « esorcizzare }) l'attivita


intorno ai beni terrestri 0 la vita matrinloniale.
Per Alfonso non si tratta di un principio « ascetko »: esso
e un criterio di giudizio sulla verita pratica delle norme morali.
Un'opinione rigida, che ponesse in crisi la permanenza di chi e
debole nella grazia, non puo essere adottata concretamente come
norma morale, anche se in se garantisse 1'0sservanza della legge
oggettiva. Scegliere in questi casi l' opinione pili skura e propor~
la in vista di una maggiore sicurezza, costituiscono un grave
errore: {( Instant adversarii - scrive Alfonso - et dkunt: Qui
tutiores opiniones amplectitur tutius incedit. - Respondeo. Ne-
fas quidem est divinarum legum observantiam relaxare plus quam
licet; sed non Ininus est malUlTI divinUlTI jugum plus quam opor-
tet durum aliis reddere. Nimia enim severitas (scribit Cabassu-
tius), dum illos (homines) ad ardua compellit, viam salutis aeter-
nae ... praecludit; salvandos (ut ait D. Bonaventura) damnat, et
conscios propriae infirmatis ad desperationenl adigit. Accidit
enim, ut miserihomines, hac audita rigidiori doctrina, credant
vel dubitent inesse mortalem culpanl ubi nulla est; sed tamen
rei difficultate victi, ex erronea conscientia moraliter peccent et
damnentur » 35.
II caso tipico al quale Alfonso applica questa dottrina e
quello del peccatore, forse da poco convertito, che, in buona
fede, agisce ancora in un modo che oggettivamente non e cor-
retto. Se gli si dice che la sua condotta e oggettivamente scor-
retta, egli perderebbe, in forza della ammonizione, la buona fede;
rna, d'altra parte, perche appena convertito forse dopo anni di
morte spirituale, non avrebbe ancora la forza per agire diversa,.
mente. Conclusione: i peccati prima solo materiali diventerebbe-
ro formali; la vita di grazia in lui ai primi passi si spegnerebbe
del tutto; la nuova personalita che sta per affermarsi cadrebbe,
senza speranza di ripresa, sotto i colpi della scoraggiamento.
Alfonso e deciso: in questi casi il confessore non deve ri-
velare al penitente la scorrettezza materiale del suo agire, se

35 S. ALFONSO, Theologia Moralis, 1. I, t. I, c. III, n.82; ed. L. Gaude, I,


Romae 1905, 61. ~
133

egli e in buona fede e non e scandaloso ne dannoso per gli al-


tri: {{ Et ideo, sicut non licet proximum exponere ad occasionem
in qua positus ille succumberet; ita confessarius, cum praevidet
ex monitione ruinam poenitentis, tenetur ab ea abstinere, esto
poenitens reliquendus sit in peccato materiali: eo quod unum
peccatum fonnale omnibus praeponderat materialibus pecca-
tis}} 36.
Coloro che si preoccupavano pili delle leggi che delle per-
sone, non potevano certmnente approvare Alfonso; anzi non po-
tevano non formarsi di lui, secondo Ie stesse parole del santo,
({ il vile concetto di cervello storto, di lassista, di ridicolo e di
ostinato ... e, per compiInento, d'uomo di mala coscienza »37.
Lo stesso cri terio della conservazione della vita di grazia
gli fa proporre una norma che e rigorosa: rna per premura di
medico che cura la persona perche viva e cresca, non gia per
rigore di giudice che condanna i singoli atti di peccato, perche
hanno inferto un « vulnus)} alIa legge lTIorale, che deve percio
essere vendicata. E' il caso dei peccatori che si espongono vo-
lontariamente all' occasione pros sima di peccato formale. Qui
Alfonso e rigoroso: devono prima lasciare l'occasione 0 promet-
tere di farlo, e poi possono essere assolti: « .•. onlnes isti absolvi
nequeunt nisi postquam occasionem abstulerint, aut saltern nisi
auferre promittant .... »38.

36 S. ALFONSO, Theologia Moralis, 1. VI, t. IV, c. II, dub. 5, n. 110; ed.


L. Gaude, III, Romae 1909, 636. Scrive ancora nella Praxis Confessarii (c. I,
par. II, n.8): «Quod si poenitens tenetur ignorantia inculpabili; tunc, si ea
esset circa media scitu necessaria ad salutem, debet confessarius ab hac
ignorantia eum removere; si erit circa alia, de quibus potest dari ignorantia
invincibilis, licet sit juris divini, et prudenter confessarius existimet admoni-
tionem non esse profuturam poenitenti, tunc abstinendum erit ab admonitione
et poenitens relinquendus in sua bona fide. Et in hoc conveniunt DD. etiam
rigidioris sententiae. Ratio est, quia magis cavendum est a periculo peccati
formalis quam materialis; quia Deus tantum formale punit; siquidem hoc
solummodo in sui offensam habet» (in: Theologia Moralis, ed. L. Gaude,
IV, Romae 1912, 530-531).
37 S. ALFONSO, Dell'uso moderato dell'opinione probabile, Napoli 1765,
c. IX, n. 11.
38 S. ALFONSO, Praxis Confessarii, c. IV, n. 64, in: Theologia Moralis,
ed. L. Gaude, IV, Romae 1912, 561.
134

Ma Alfonso sa bene che molte volte i1 trovarsi in occasione


prossima di peccato e moralmente necessario. In questi casi il
penitente pub essere assolto, purche si impegni per crescere spi--
ritualmente in maniera da rendere soggettivamente remoto il
pericolo: «... tunc periculum per remedia opportuna remotum
evadit; et Deus tunc non se retrahit ab assistendo sua gratia
illi qui vere deliberavit ipsum non offendere »39. Oggi forse tutto
cib si verifica in maniera pili frequente.
A noi qui perb interessava far risaltare il criterio morale
fondamentale di Alfonso. Gli altri si regolavano con i « sistemi
morali», applicandoli in maniera tecnica se non tecnicistica: quan-
do in forza di questa esame tecnico risultava che il peccatore toc_
casionario' poteva essere assolto, 10 si assolveva; quando invece
il risultato dell'esame era negativo, non 10 ~i assolveva. Non si
teneva conto della condizione psicologica e esistenziale della per-
sona che doveva aprirsi 0 crescere nella grazia.
Alfonso aveva una specie di « sistema morale»: l'equipro--
babilismo. Nel Settecento era impensabile una teologia morale
senza « sistema ». Ma l'equiprobabilismo non e mai per Alfonso
qualcosa di rigido e di tecnico: e sempre aperto, vagliato e ani-
mato dai valori-principi del personalismo. II criterio ultimo era
sempre quello del conservare la vita della grazia, di cib che si.
rivelava « utile» alIa salute delle anime.
E questa suo personalismo e realistico, cioe « pratico », te-
nendo conto delle esigenze della grazia e della natura, non astrat-
tamente considerate Ina come concretamente si manifestavano
nella persona. In forza di questa concretezza umana egli non am-·
monisce chi in buona fede non agisce correttamente ed e ancora
troppo deb ole per fare diversamente, e d'altra parte, per rispetto
aIle esigenze della grazia, si mostra rigoroso con chi vuol com--
porre insieme frequenza del sacramento della penitenza e fre-

39 lvi, c. IV, n. 68; Theologia Moralis ... , 564. Subito dopo (n.69) il Santo

ricorda che se il differire l'assoluzione di qualche tempo si realizza concreta-


mente come il mezzo migliore per portare il penitente ad assumere sincera-
mente cio che gli permettera di trasformare il pericolo materialmente pros-
simo in psicologicamente remoto, il confessore. non solo puo ma deve farlo
in quanto medico.
135

,quenza dell' occasione prossinla con pericolo prossimo di peccato


Jormale.
In forza di questa realismo personalistico, rispettoso dei
ritmi di crescita della persona, Alfonso si mostra piu benevolo
con chi pecca in forza di una abitudine cattiva, che non con chi
pecca, perche si espone al pericolo prossimo di peccato. Egli
infatti sa che e piu difficile liberarsi di una cattiva abitudine,
che allontanare da se un pericolo prossimo di peccato. Nel primo
caso percio bisogna sperare che Dio con aiuti piu validi fortifi-:
chi la buona volonta 40 •

b) Il confessore guida verso la perfezione.


L'unita inscindibile della vita cristiana, come crescita della
carita, e, cons eguentemente , la continuita tra teologia morale e
teologia spirituale in Alfonso sono testimoniate anche dalla vi-
.sione che egli ha della missione del confessore. Questi ha come
compito specifico non solo quello di sradicare i vizi dall'animo
del penitente, ma anche di radicarvi Ie virtu: «Quod oHm dixit
Dominus J eremiae: Ecce constitui te hodie super gentes... ut
evellas... et dissipes et aedifices et plantes (I, 10); idem nunc
repetit singulis confessariis, qui non solum debent evellere vitia
ex suis poenitentibus, sed etiam debent in illis virtutes inse-
rere »41.
Per il Santo pertanto spronare e guidare Ie anime verso la
perfezione non sono qualcosa che il confessore puo fare 0 non
fare. Togliere i vizi e seminare Ie virtu formano una unita in-
scindibile. II confessore non puo limitarsi solo al momento ne-
.gativo, se facesse COSl non sarebbe fedele alIa sua missione.

40 «Prava autem consuetudo, cum non habeat objectum extrinsecum


praesens, non ita utique sicut occasio ad peccandum impellit; unde fit ut poe-
nitens minorem vim sibi inferre debeat ad abstinendum a peccato. Praeterea,
cum pravus habitus sit quid intrinsecum et inseparabile a persona, extirpatio
habitus minus quam remotio occasionis ·pendet a propria vol un tate; et ideo
magis sperandum quod Deus bonam voluntatem per majora auxilia adjuvabit
ad perseverandum» (Theoiogia Moralis, 1. VI, tr. IV, c. I, d. II, par. II, n.464;
ed. L. Gaude, III,. Romae 1909, 476).
41 S. ALFONSO, Praxis Confessarii, c. IX, n. 121, in: Theologia Moralis,
ed. L. Gaude, IV, Romae 1912, 596.
136

Conseguenza logica di questa VISlone della luissione del


confessore e la seguente affermazione: «Unde, cum videt con-
fessarius poenitentem vivere immunem a culpis mortalibus,
omnem curmu adhibere debet, ut eum in viam perfectionis et
divini amoris introducat, illi repraesentando meritum quod habet
Deus ut ametur, et gratitudinem quam debemus Jesu Christo,
qui nos amavit usque ad moriendum pro nobis; neenon pericu-
lum, in quo versantur omnes animae, quae vocatae a Deo ad
vitam perfectiorem, illi resistunt » 42.
Tra la conversione iniziale e 1'ulteriore crescita nella carita
non si da alcuna frattura. Ne si richiede una vocazione partico-
lare per la perfezione: chiunque riesce a dare il primo passo
nella via della carita, deve andare avanti fino alIa pienezza, non
puo arrestarsi. Una confessione in cui ne il penitente ne il con-
fessore si preoccupassero di questa incessante apertura in. avanti,
secondo Ie possibilita offerte dal presente grado di crescita del
penitente, non e eonsiderata perfetta da Alfonso.
II Santo ricorda poi dei mezzi per la crescita nella carita,
che i1 confessore non deve stancarsi mai di suggerire: l' orazione
mentale 43, la mortificazione e la frequenza dei sacramenti, par-
ticolarmente della Eucaristia. Riguar'do alla frequenza della eo-
munione, i1 criterio proposto da Alfonso, ci testimonia ancora
una volta i1 suo realistico personalismo: «Unde, ut concluda-
mus, curet confessarius communionem suadere, quoties anima
verum desiderium demonstret et quoties advertat earn in spiritu
profieere beneficio eomn1unionis )} 44.

42 Ivi.
43 Parlando dell'orazione, Alfonso ha queste forti espressioni: «Oh Deus!
Et quantum confessarii afferrent animabus utilitatem adhibendo hanc minimam
diligentiam! Et oh qualem Deo rationem sunt reddituri, si ita non se gerant,
quoniam ipsi tenentur pro curare, quantum in se est, spiritualem progressum
suorum poenitentium! Oh quot animas possent ipsi ad viam periectionis diri-
gere, easque a recidendo in peccata gravia liberare, si adhiberent hanc tenuem
industriam dirigendi eas per viam orationis, et interrogandi postea saltern
sub initiis vitae spiritualis, utrum earn fecerint an non! Quando anima aliqua
se in oratione solidavit, difficillime iterum Deum amittit; et ideo oratio mentalis
insinuanda est non tantum timoratis, sed etiam peccatoribus, qui saepe ob
defectum considerationis redeunt ad vomitum» (lvi, c. IX, par. I, n. 124, in:
Theologia Moralis ... , 597).
44 lvi, c. IX, par. IV, n. ISS, in: Theologia Moralis ... , 616.
137

Naturalmente oggi il rinnovamento della teologia morale,


come dottrina della vita della comunita dei battezzati nel mi-
stero di Cristo, ricca delle numerose conquiste delle scienze an-
tropologiche, e il rinnovamento Hturgico impongono alIa conce-
zione morale-spirituale alfonsiana, tanto nelle componenti teo-
retiche che di pratica pastorale, nuove dimensioni e nuovi ac-
centi. Nessuno prima del Vaticano II ha pensato e detto tutto
cio che il concilio ha detto. Tanto menD uno, come Alfonso, che
e vissuto duecento anni prima.
Ci selnbra pero che, mentre altri teologi, non solo moralisti
rna anche dommatici, devono mutar radicalmente la propria pro-
spettiva, Alfonso non ha bisogno di far cio: egli deve approfon-
dire la propria visione personalistico-cristocentrica. Diciamo
questa quanta alla visione e alla prospettiva di base, perch6 in
settori particolari il rinnovamento biblico, liturgico e pastorale-
esistenziale impongono certamente n1utamenti anche profondi.
In ogni caso crediamo pero che restano confermati la sua
visione anti-dualistica della vita cristiana ed il suo cristocen-
trismo che cerca di comporre esigenze della grazia ed esigenze
della concretezza esistenziale della persona umana; specialmente
in chi e pili debole rna che e tuttavia chiamato alIa pienezza
della carita in Cristo.

3. ATTIVITA LETTERARIA DI ALFONSO NEL CAMPO DELLA TEOLOGIA


MORALE-SPIRITU ALE.

La« praticita» pertanto aveva ispirato Alfonso nella sua


formazione culturale e sacerdotale. Essa, nella riflessione teolo-
gica, 10 aveva portato a una visione realistica della vita cristiana,
sia a Hvello di comunita che di persona, facendogli superare il
dualismo tra chierici e laici, tra perfetti e imperfetti, tra morale
e ascetica. Questa stessa « praticita}> determino e ispiro anche
la sua vasta produzione letteraria.
Delle opere di Alfonso sono state fatte varie divisioni: oltre
Ie lettere, si parla di scritti morali, domn1atici, ascetici, devo-
138

zionali ... 45 • In realta tutte sono motivate e animate da un co-


stante fattore comune: portare Cristo aIle anime e Ie anime a
Cristo. Anni di intensa attivita pastoralesoprattutto infavore-
dei pili abbandonati preparano immediatamente la sua produ-
zione. Ma anche nei momenti in cui attendeva aIle sue opere di
maggior rilievo, Alfonso non smise mai da un generoso in1pegno'
pastorale.
Forse nel 1745 veniva pubblicato il famoso libretto delle
« Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ciascun giorno
del mese» 46. Gia prima pero erano usciti Ie «Massime eterne
cioe Meditazioni per ciascun Giorno della Settimana» ed altri
opus coli non molto estesi 47. Ultimo scritto importante del Santo
e del 1776: «Dissertazioni teologiche-111orali appartenenti alla
vita eterna »48. In questi trent a anni il pensiero del santo a con-
tattocon la realta si rinnovo incessantemente, in maniera da
rispondere meglio aIle necessita contemporanee della Chiesa.
Crediamo che si possa dire senz'altro che ogni opera di
Alfonso fu pensata e scritta per illuminare e sostenere la vita
di fede, messa in crisi 0 in pericolo in pili di un settore da un
insieme di fattori molto complesso. Su questo suo intento Al-
fonso ritorna spesso. Se la vita morale del cristiano e vita di
fede-carita, la visione alfonsiana di essa deve essere ricercata e
desunta da tutti i suoi scritti. Comunque Ie opere specificamente
morali furono di teologia n10rale casistica per i confessori e di
teologia spirituale, anch'essa di tipo casistico.

a. Le opere di teologia morale di conversione.


Si possono raccogliere in tre gruppi: 1. Istituzioni per i
confessori; 2. Dissertazioni e note sulla formazione della co·-
scienza; 3. Opuscoli occasionali su argomenti vari.
Gli opuscoli non sono di grande rilevanza per il nostro

L'elenco completo delle opere di Alfonso ci e dato da M. DE MEULE-


45
MEESTER, op. cit., 48-172. La lorD c1assificazione e aIle pp. 326-333: distinte ill-
dommatiche, morali e ascetiche.
46 Cfr. ivi, 56-61.

47 Cfr. ivi, 48 ss.

48 Cfr. ivi, 168-169.


139

idiscorso ora. Le dissertazioni e Ie note invece sono di grande


importanza. Attraverso di esse e possibile seguire il faticoso
cammino di ricerca e di sistemazione del pensiero del Santo.
Attraverso di esse e
possibile anche cogliere originalita di r
Alfonso: dare al suo COSl detto « sistema morale» soprattutto
un valore prudenziale, Pensiamo che non si possa prescindere
dallo studio attento di queste Note e Osservazioni se si vuol
arrivare al vero pensiero del Santo 49,
Qui ci fermiamo sulle opere istituzionali. Sono quattro:
la ({ Theologia Moralis », la «Pratica del confessore per ben
esercitare if suo lninistero », la «Istruzione e pratica per Ii
confessori» e «Il confessore diretto per Ie Confessioni della
Gente di Campagna », La « Pratica del confessore ... )} fu pubbli-
cata a Napoli nel 1755 e inserita anche nella stesso anno, come
appendice, nella II ed. della « Theologia Moralis »; fu ben pre-
,sto tradotta in latino sotto il titolo di «Praxis confessarii ad
bene excipiendas confessiones »so.
« I struzione e pratica per li confessori}} e un compendio
della Theologia Mo ralis, che il Santo scrisse per i confessori
,cui ({ puzzava» il latino 51, Anch' essa pero fu ben presto tra-
dotta in latino con il titolo «H01110 Apostolicus» 52,
« Il confessore diretto,., » un opus colo completo, pur nella
sua brevita e semplicita scritto per il bene della sua diocesi 53.
E' per noi molto significativo anche perche pone in evidenza

49 Cfr. D. CAPONE, Dissertazioni e Note di S. Alfonso sulla probabilitil


e la coscienzaG I. dal 1748 al 1763, in: Studia Moralia, 1 (1963), 265-343;
II. dal 1764 al 1769, in: Studia Moralia, ? (1964), 89-155; III. dal 1769 al
1777, in: Studia Moralia, 3 (1965), 82-149.
50 Cfr. M. DE MEULBMEESTER, op. cit., 81-84.

51 Scriveva infatti il Santo al Remondini il 15 aprile 1757: «In quanto


al compendio che mi scrive, io gia Ie scrissi che percib io mi metteva a fare
questa fatica, per aiutare i confessori ignoranti, a cui puzza Ia lingua latina»
(Lettere, III, 55).
52 Cfr. M. DE MEULEMEESTER, op. cit., 89-92.

53 «10 nel libro mio, oltre quel che sia pratica del confessore,vi ho poste,

in breve ed in volgare, una bast ante notizia di tutte Ie cose principali della
Morale. Chi sa questo libretto mio, benche breve, pub ben confessare ne' paesi
di fuori; e percib io rho fatto per utile della mia diocesi» (Lettere, III, 179),
,Cfr. M. DE MEULEMEESTER, op. cit., 122-123.
140

gli argomenti che stavano pili a cuore al Santo, in ordine alla


pratica.
La teologia morale che emerge da tutte queste opere ha
una caratteristica fondamentale comune: la prudenzialita.
C. Damen, attento e paziente studioso della dottrina al-
fonsiana, editore dopo 1. Aertnys, di un diffuso manuale di
teologia morale, recentemente riveduto da J. Visser 54, scriveva
nel 1939 che S. Alfonso poteva giustamente chiamarsi « dottore
della cristiana prudenza», ~Itre che «dottore zelantissimo» e
« dottore della preghiera ». L'attribuzione sarebbe motivata non
tanto dalla sua prudenza personale, quanta dalla prudenza « pa-
storale)} che egli ha saputo comunicare .alla sua opera morale,
in maniera che questa e cap ace di essere genera trice di prudenza
in chi da luce di verita morale aIle coscienze 55.
Giustmnente Damen nota che la prudenza e virtu che com-
pete alla persona e non alla scienza morale casistica. Questa pero
aiuta la prudenza personale «directive seu architectonice. seu
r:egulative »56. Sicche, continua i1 Damen, non si puo parlare di
prudenza di una dottrina, rna di prudenzialita, della ragione cioe
e del valore prudenziale: di una sua capacita a sostenere la pru-
denza della persona nella sceIta e nell' attuazione dei mezzi con
i quali conseguire i fini onesti 57,
Fatte queste premesse, Damen pone la questione se la mo-

5~ 1. AERTNYS - C. DAMEN - I. VISSER, Theologia Moralis secundum doctri-


nam S. Alfonsi De Ligorio Doctoris Ecclesiae, ed. XVIII, 4 VV., Torino 1967-1969.
55 «Attamen, sub uno respectu Sanctus noster sese a multis aliis Sanctis

hac in re distinguit; eo scil. quod prudentiam illam nos non tantum opere,
tanquam Sanctus, verum etiam ore, verba nempe scripto, tanquam Sanctus
Ecc1esiae Doctor mirifico modo edocuit. Non tantum lucidum exemplum, verum
etiam egregius Magister prudentiae christianae tam personalis quam pastoralis
est» (C. DAMEN, S. Alfonsus doctor prudentiae, in: Rassegna di morale e di
diritto, 5-6 (1939-1940), nn. 4, 1, p. 1.
56 Cfr. ivi, 5-6. Damen cita qui S. Tomrnaso: Ie citazioni non sernbrano
sempre esatte, rna la dottrina e di chiaro sapore· tommasiano. Darnen dipende
da J. Maritain che riporta anche in nota.
57 {( Hinc proprie quaeri non potest de alicujus doctrinae prudentia, sed

potius de ejus prudentialitate, seu ratione et valore prudentiali seu aptitudine


ad adjuvandum seu instruendum intellectum practicum in prudenter inqui-
rendis, eligendis, applicandis mediis ad fines honestos obtinendos» (ivi,' 6).
141

rale casistica di Alfonso sia prudenziale, se aiuti cioe Ia pru-


denza personale e pastorale.
Sulla morale casistica, presa nel suo complesso, pesa pero
l'accusa non solo di non essere di valido aiuto alla prudenza,
rna di tentare anche di eliminarla 0 almena di renderle la
vita piu difficile.
La prudenza infatti e la virtLl per la quale la persona, nella
concreta situazione in cui vive, riesce a percepire la chiamata
rivoltale, hic et nunc, da Cristo. E piu diffusamente: « La virtu
intellettuale-morale, per la quale l'uomo, deliberando n1.oraI-
mente suI suo agire da persona, qui ed ora, cerca di conoscere
e dirigere la verita del suo atto singolo, come sua realta vi-
tale in sintonia con il fine retto che 10 anima dalla intenzione,
dove affiora Ia sua fede-carita-speranza in Dio, presente nel
suo essere di persona in Cristo)} 58.
Al contrario sembra che Ia casistica tenderebbe a fissare
a priori quali siano Ie situazioni concrete e quali Ie risposte
cristiane autentiche ad esse. La prudenza personale allora non
dovrebbe fare altro che applicare alla concretezza della vita
Ie soluzioni COSl come sono state gia determinate in sede di
scienza lllorale, introducendo tutt'al piu qualche lieve modifica.
Una casistica COSl concepita non puo certamente dirsi che sia
di aiuto alla prudenza, tanto personale che pastorale. Anzi essa
e chiaramente negatrice di ogni prudenza e di ogni agire per-
sonale: la prudenza non sarebbe altro che una tecnica di ap-
plicazione.
E in realta la storia della teologia morale ricorda mora-
listi che hanno preteso di raccogliere nelle loro opere tutti i
casi possibili, dando ad ognuno di essi una risposta soddisfa-
cente suI piano cristiano. Pensavano di aver scritto dei manu ali
che fossero dei veri codici di prudenza scritta. Non bisognava
fare altro che ricordare la pagina in cui si parlava di questa
o di quello.
Tutto cio e vero, pero non dovrebbe farci dimenticare, per
reazione, il valore e l'importanza di una saggia e contenuta

58 D. CAPONE, La coscienza morale neUe discussioni sulla « Hunzanae Vitae }},

(Note ciclostilate), Accademia Alfonsiana, Roma 1969-1970, 95.


142

casistica. Questa dovrebbe essere per la prudenza personale e


pastorale, quello che e per il chirurgo la sperimentazione su
cavie prima di passare agli interventi sulle persone. Un medico
senza esperienza pratica sarebbe certamente di grave pericolo
per la salute dei malati.
Ugualmente un confessore, un consigliere delle coscienze
o un pastore. Se costoro conoscono solo i principi generali 0
anche Ie regole di diritto canonico, rna non hanno mai tentato
di in1n1aginare, per mezzo di una casistica sobria e realistica,
come si possa far sintesi di valori assoluti e di realta esistenziale,
rischiano di danneggiare Ie coscienze in maniera analoga al
chirurgo senza pratica 59.
Non e la casistica in s6 contraria alla prudenza, rna un
certo tipo di casistica. La difficolta sta proprio nel fare una
casistica sobria, realistica, che non pecchi di presunzione: una
casistica «prudenziale ». Essa infatti non attentera ana pru-
denza, personale e pastorale, rna Ie sara di valida aiuto.
Crediamo che la teologia morale di Alfonso sia prudenziale.
Ma per cogliere questa prudenzialita, e necessario arrivare fino
«ad medullam» della «Theologia Moralis », come precisa i1
Damen che trascorse lunghi anni nell' esame di quest' opera. Chi
si fermasse in superficie (<< ad corticem}») non riuscira a co-
gliere l'originalita del pensiero di Alfonso. E' necessario di-
stricarlo di sotto a cib che la «Theologia Moralis» deve al
metodo morale del tempo in cui e stata seritta: un metodo
troppo spesso casistico-giuridistico 60.

59 Scrive Alfonso: «Quis negare potest, omnes casus particulares esse


principiis resolvendos? Sed to tum opus et totus labor est in adaptando ad
casus ,particulares, tam diversis circumstantiis irretitos, principia hujusmodi,
utque discernatur, quodnam principiorum occurrentibus circumstantiis congruat.
Nequit id fieri sine magna discussione rationum, quae pro utraque parte adsunt.
Et hoc est illud quod moralistae effecerunt, cum elaborarunt in explicando,
quibus principiis multi casus particulares resolvi deberent» (Praxis Confessarii,
c. I, par. III, n. 17; in: Theologia Moralis, ed. L. Gaude, IV, Romae 1912, 536).
60 «Jamvero si attente examinamus opera moralia S. Alfonsi, non ad cor-

ticem sistentes, stylum saepe sapientem istius temporis, sed ad medullam eius
penetrantes, tunc videmus elementa ista prudentialia in eis inveniri modo prorsus
singulari; idque in ordine ad prudentiam tam personalem quam pastoralem,
ita tamen, ut ea quae ex se ad prudentiam personalem spectant, de facto su-
bordinentur prudentiae pastorali» (C. DAMEN, op. cit., 8).
143

Con cio non vogliamo affermare che nella « Theologia Mo-


ralis» non vi siano pagine non pili prudenziali per noi oggi:
ve ne sono certamente, rna non dovrebbero meravigliarci, se
abbiamo presente la costante aderenza di Alfonso al suo tempo.
Altra grave carenza e r assenza di una teologia morale fonda-
mentale nell'opera 61. Non va dimenticato pero che questa non
estata ancora scritta da nessun moralista, se si eccettui S. Tom-
maso, bisognoso anch'egli oggi se non altro di essere integrato
e corretto alIa Iuce dei dati che emergono dalla riflessione suI
mistero del Cristo e sulla .storia della salvezza, e di quelli for-
niti dalle moderne scienze dell'uomo.
Queste ed anche altre riserve che e doveroso muovere ana
«Theologia Moralis)} non ne negano il fondamentale valore
della prudenzialita. Si puo senz'altro convenire con il Darnen
nel dire che la teologia morale di Alfonso aiuti la prudenza,.
personale e pastorale, senza tentare minimamente di ridurla
in tecnica giuridistica 0 in conclusione sillogistica impersonale.
La prudenza infatti, come gia notavamo pili sopra, e Ia
,virtli per la quale la persona fa, qui ed ora, sintesi di valori
assoluti, iseritti da Dio nel suo « euore », e di realta esistenziale
conereta nella quale ella e chiamata ad agire. Compito della
easistica e di offrire alIa persona dei paradigmi indicativi che
Ie facilitino tale sintesi viva. Se la casistica propone norme e
soluzioni, che eliminano i valori assoluti, ispirandosi a rei at i-
vismo individualistico, non e pili di aiuto alIa decisione pru-
denziale: si cade nel lassismo morale. Nella stessa maniera, non
e di aiuto alIa prudenza quella casistica ehe, per astrattiSlTIO,
si limitasse a proporre norme e soluzioni « oggettive», inappli-
cabili alla concretezza della realta in cui la persona e impe-
gnata: si cade nel rigorismo che riduce la persona a semplice
oggetto di regolamento apersonificante.
Lassismo e rigorismo: ma Alfonso vuole con la sua opera
proprio aiutare coloro che sono irnpegnati nell'azione pasto-
rale a superare tanto l'uno che l'altro. Scrive nella prefazione,

61 Del resto una tale antropologia :fiondamentale faceva parte, secondo il

piano degli studi di aHora, della teologia dommatica. Su questa problematica


cfr. L. BUIJs, De Theologia morali et SermoneMontano, in: Stlldia Moralia,
2 (1964), 11-41.
144

che esorta il lettore a leggere per l'esatta comprensione di tutta


l'opera: «Cum praecipuum sit intentum minimae Congrega-
tionis SS. Redemptoris missionibus vacare, cumque missiona-
riorum exercitio necessario adnexum sit munus conscientias
hominum instructionibus et confessionibus dirigere: ideo plu-
rimis abhinc annis excogitavi juventuti Sodalitatis nostrae librum
de re Inorali tractantem tradere, qui mediam inter alios aut
nimis rigidos, aut nimis benignos vi am teneret» 62.
Alfonso era un santo e un uomo dotato di buon senso e
praticita: aInava Dio, il Dio di Gesu Cristo 63, ed amava coloro
che Cristo aveva redento. Come santo conosceva Cristo: sa-
peva che bisognava custodire inviolabilmente la vita di fede-
carita-speranza. Abbiamo sopra ricordato che proprio il «con-
servare Ia vita della grazia» costituisce per Alfonso il criterio
centrale di tutta la sua riflessione morale: non transigeva,
quando questa vita era in pericolo per eventuali peccati for-
mali. Come uomo di buon senso e di praticita, non spegneva
il lucignolo ancora fumigante, ne spezzava la canna incrinata:
adattava Ie norme alla persona, finche fosse possibile, senza
viol are il principio della personalita nella grazia.
Quando anche il I\tiagistero riconosce e sottolinea come
caratteristica della n10rale alfonsiana, l'aver evitato gli estremi
del lassismo e del rigorismo, non bisogna pensare a un sem-
plice e accorto dosaggio che controbilancia gli, eccessi di destra
e di sinistra, concedendo accortamente un po' a destra e un
po' a sinistra. La prudenza non e scaltro «saper fare », per
evitare Ie noie degli estremi: essa e sintesi che nasce dalla
vita per una vita pill intensa.

62S. ALFONSO, Theologia Moralis, praefatio; ed. L. Gaude, I, Romae 1905, LV.
63({ Ma stiam persuasi che non mai giungeremo ad acquistare un grande

amore verso Dio, se non per mezzo di Gesu Cristo e se non abbiamo una par-
ticolare divozione verso la sua Passione, colla quale egli ci ha procurato la
divina grazia ... egli ci apre la porta, egli c'introduce al Padre, ed egli, per Ii
meriti della sua Passione, ci ottiene dal Padre il perdono de' peccati e tutte
Ie grazie che riceviamo da Dio. Miseri noi se non avessimo GesLl Cristo! E chi
mai potra abbastanza lodare e ringraziare l'amore e la bonta che questo buon
Redentore ha avuta per noi, poveri peccatori, in voleI' modre per liberarci
dalla morte eterna?» (S. ALFONSO, Riflessioni sulla passione di Gesu Cristo
esposte alle anime divote, c. X, n. 24; in: Opere Ascetiche, V, Roma 1934, 338.
145

Alfonsoci ha dato una teologia morale capace di guidarci


per evitare gli scogli del lassismo e del rigorismo, anche nelle
forme attenuate. Se cioe ci ha dato una teologia morale ca-
pace di sostenere e illun1inare la sintesi della prudenza per-
sonale e pastorale, non 10 ha fatto perche fosse l'uomo dei
cornpromessi, rna perche nel Cristo, uomo-Dio, aveva intuito
come poter avviare i battezzati, anche se deboli, anche se in
peccato, alIa santita, senza tuttavia forzare la concretezza della
realta. II segreto stava nell'introdurre anche il peccatore appe-
na convertito nel dinamismo dell'an10te e nel mantenerlo in
questa dinamismo che intrinsecamente spinge alla santita.
II dinan1ismo della carita di Cristo ispira e anima tutte
Ie norme della casistica alfonsiana, tanto nelle opere di teologia
di conversione iniziale, che in quelle pili propriamente di teolo-
gia di perfezione spirituale.
Ed e per questa che Alfonso scriveva la sua teologia della
vita cristiana, mantenendosi in stretto contatto- pastorale con
i battezzati: sia con quelli che erano all'inizio della vita cri-
stiana, sia con quelli che era no gia nella fase di crescita. Della
sua «Theologia M-oralis}) scrive esplicitamente: «Hinc ego
TheologorUlTI partim lectione edoctus, quos passione quacun1que
spoliatus legere studui; partin1 experientia triginta annorum
confessionum et n1issionum, praefatum opus composui ad in-
structionem Juvenum nostrae congregationis» 64.
Per questa molto spesso Alfonso si appella all' esperienza,
a cia che egli ha personalmente costatato 65 come a criterio
probante di determinate soluzioni. Egli non e un puro empi-
rico: sa bene il val ore e la importanza dell'esame teoretico.
Ma sa anche bene che tutto il discorso morale e un discorso
su e per la vita, e che percia in questa vita deve provarne la
correttezza e la validita.

64 S. ALFONSO, Homo Apostolicus, praefatio, Vesontione-Parisiis 1837, p. V.


65 Cfr. ad esempio, Theologia Moralis, 1. VI, tr. IV, c. I, n. 465, ed.
L. Gaude, III, Romae 1909, 477; Praxis Confessarii, c. IV, n. 69, in: Theologia
Moralis, ed. L. Gaudc, IV, Romae 1912, 564; etc.
146

b. Le opere di teologia morale di perfezione spirituale.


La visione unitaria della teologia morale come dottrina.
della vita in Cristo e 1'incessante contatto pastorale con i vari
settori del popolo di Dio, non potevano limitare l'attivita let-
teraria di Alfonso solo alIa composizione di opere per i con-
fessori. Gli premeva troppo arrivare direttan1ente ai fedeli.
Nacquero COSl opere come la «Uniformita alla volonta di
Dio }) 66, il «Del gran Mezzo della Preghiera per conseguire la
salute eterna e tutte Ie grazie che desideriamo da Dio » 67, «La.
vera Sposa di Gesu Cristo, cioe la Monaca Santa per mezzo
delle virtu proprie d'una Religiosa» 68, 0 infine la «Pratica di
amar Gesu Cristo» 69, « la quale - come dice 10 stesso Santo -
forse, a mio giudizio, verra la piu divota ed utile di tutte·
quante l'altre » 70.
L' amore per il Cristo e un amore per j fratelli non astratto
ma che portava Alfonso ad incontrarli nella concretezza della
vita, spiegano l'origine e il metodo di tutte queste opere. In
esse i riferimenti alla vita quotidiana si susseguono incessan--
temente.E' facile costatare come Alfonso in esse eviti da una.
parte l'idealismo, che parla molto di Dio-deita e, percio, di
virtu concepite astrattamente, e d'altra parte evita il facile
accomodamento che spegne la tensione di crescita della carita.
Sono opere caratterizzate tutte dalla «praticita» ricca di
prudenzialita. Ma bisognerebbe percorrere anche tutto il vasto
epistolario e la biografia scritta dal discepolo e coIlega A. Tan-
noia: si riuscirebbe allora a seguirne la genesi e a individuarne-
Ie motivazioni e gli intenti.
Anche nella teologia lTIorale di perfezione il pun to di sin-
tesi e i1 Cristo: per Alfonso la norma della santita cristiana
e il Cristo e la via che vi conduce e I'amore per lui. Percio
l'idealismo astratto, derivante dall'incentrare il discorso in Dio
concepito come deita, non trova posto nene opere di Alfonso ..

66 Cfr. M. DE MEULEMEESTER, op. cit., 80-8l.


67 Cfr. ivi, 104-107.
68 Cfr. ivi, 107-108.
69 Cfr. ivi, 138-139.
70 S. ALFONSO, Lettere, III, 311.
147

~E viene anche evitato 10 scoraggiamento che potrebbe accom-


.pagnare 10 sforzo ascetico, dato «che se noi siam risoluti di
volere amar Gesu Cristo ad ogni costo, dobbiamo sperarne
ogni aiuto e favore ... »71. La yita spirituale diventa percio piu
che una pratica delle virtu, una « pratica di amare Gesu Cristo }).
Ed e appunto l'amore di Cristo la prima forza e norma vitale
che Alfonso suggerisce al peccatore in via di conversione, come
abbiamo prima ricordato, parlando dell'azione del confessore.
Oggi molti elementi impongono un ripensamento della teo-
logia morale di perfezione cristiana: la riscoperta della sacra-
mentalita e conseguentemente la fondazione della pieta nel
battesimo e nell'eucaristia, il rinnovamento biblico, che ci porta
,a increlnentare in maniera piu decisa la vita cristiana nell'ascol-
to e nella risposta alIa Parola di Dio, Ie nuove scoperte sulla
,complessita della persona, i mutamenti di mentalita e di sensi-
bilita... Tutti questi elementi fanno SI che pagine della teologia
di perfezione e di devozione alfonsiana non siano piu valide per
noi oggi. Non bisogna pero essere radicali. Crediamo che un
lavoro attento e paziente potrebbe scegliere pagine ancora va-
lidissime.
Ma a noi qui interessa porre in luce il criterio che anima
Alfonso nel proporre Ie norme della vita cristiana. Esso cons i-
..ste essenzialmente nel sensibilizzare la persona perche senta in
,se il principio della conversione e della crescita: il Cristo. Quan-
do al peccatore appena- risorto suggerisce la nleditazione sul-
l'amore di Dio e del Cristo e 10 sprona alIa frequenza dei sacra-
menti oltre che alIa mortificazione, Alfonso cerca gia di formare
in lui la via della sintesi, in crescita per forza interiore: cerca di
formare una persona nuova in Cristo, che si incammini verso
]a pienezza.
La persona nuova in Cristo trova in se la norma: il Cristo
stesso per mezzo del suo Spirito. Una casistica che aiuti il bat-
tezzato a fare questa scoperta non puo certamente essere accu-
,sata di tecnicismo apersonificante. E' invece una casistica vera-
mente prudenziale: capace di aiutare e sostenere la persona

71 S. ALFONSO, Riflessioni suZla passione di Gesu Cristo esposte alle anime

.ilivote, c. X, n. 25; in: Ope're ascetiche, V, Roma 1934, 338.


148

nella ricerca e nell'attuazione della sintesi viva della prudenza.,


E questa, secondo S. TOlnmaso, non e altro che la «ministra
della sapienza}} (I-II, 66, 5, ad O. La vera teologia sara aHora
la dottrina che insegna come fare della vita una sapienza cre-
scente per forza di fede-carita in tensione di speranza escato-
logica.

CONCLUSIONE.

In questa breve studio ci eraVaITIO prefissi non di dare un


quadro completo del pensiero di Alfonso e neppure della sua
produzione letteraria. Volevamo solo precisare uno dei criteri
fondamentali che hanno sempre guidato il Santo: la praticita.
Abbiamo cercato di precisare questa praticita, partendo·
dalla sua formazione sia culturale che sacerdotale, per poi pas-
sare ad esaminare come essa ha ispirato la sua attivita di scrit-
tore, sia di opere di teologia morale di conversione che di teo-
logia morale di perfezione.
Abbiamo visto come essa non significhi puro empirismo,
dimentico dei valori e dei principi in cui questi siesprimono.
Per Alfonso essa significa ricercare a contatto con la vita, anzi
nella stessa vita, la prova di tutte Ie affermazioni che si fanno
sulla vita cristiana. La teologia di Alfonso vuole essere una in-
cessante « diakonia» alIa vita cristiana: una vita di fede-carita-
speranza incentrata decisamente in Cristo.
Questa praticita ha portato Alfonso a superare la scissione
della teologia morale dalla teologia ascetica e spirituale, e a for-
mulare una casistica prudenziale.
Crediamo percio che partendo da questa stessa praticita ci
sia possibile avvicinare Ie opere di Alfonso e districare, da cio
che e linguaggio 0 metodo teologico settecentesco, quell a parola
viva e costruttiva che il Santo puo aneora dire alIa nostra vita
di fede-carita-speranza, oggi.

Roma, Accademia Alfonsiana.


JOHN O'RIORDAN C.SS.R

THE SOCIOLOGY OF MORAL THEOLOGY

SUMMARIUM

1. Agitur de sociologia theologiae moralis conficienda, seu de analysi


sociologic a facienda naturae, methodorum, datorum et conclusionum theo-
logiae moralis.
2. Quinam sunt aspectus scientiae theologiae moralis qui analysim
sociologieam requirunt? Sunt duo:
a) Theologia moralis tractat de homine in relatione cum Deo. Iam-
vero homo vivit secundum exigentias diversorum systematum socialium,
ita ut concrete intellegi non possit nisi intellegantur system at a socialia
quae magna ex parte determinant eius vitam. Ad sociologiam autem per-
tinet haec systemata analysi scientificae subieere.
b) Ipse theologus moralis, cum sit et ipse homo, vivit et scribit se-
cundum exigentias nonnullorum systematum socialium. Hoc modo syste-
mata socialia partialiter determinant modum cogitandi subiectivum ipsius
theologi. Quapropter necessarium est ut investigetur eorum influxus in
'subiectivitatem' mius scientiae theologieae quam theologus obiective
profert.
3. Quaenam sunt methodi socio-analytieae quae theologiae morali
applicari possunt et debent? Superanda est idea sociologiam consistere
tantum in investigationibus statisticis circa res sociales faciendis. Socio-
logia moderna est scientia quae intimam naturam et profundiorem opera-
tionem systematum socialium perscrutat.
4. Quaenam veritates theologieae enodantur ope studii sociologici
theologiae moralis?
a) Enucleantur ilIa elementa theologiae moralis quae ab exsistentia
et operatione alieuius systematis socialis dependent.
150

b) Enucleatur recta relatio inter valores morales de quibus theologia


moralis disserit et systemata socialia in quibus illi valores magis minusve
exprimuntur vel saltern exprimi debent.
c) Indicantur limites possibilitatis theologiae moralis adequatae in
determinatis circumstantiis evolvendae.
5. Nonnulla exempla praedictorum ex opere magno S. Alfonsi, Theo-
Zogia Moralis, produntur, praecipue circa modum praeceptivum in quo
me de omnibus rebus moralibus, etiam de sacramentis, in hoc opere dis-
serit. Nam societas christiana aevi S. Alfonsi talem modum theologiae
moralis conficiendae poscebat ob indolel1'l iuridicam systematum socia-
lium contemporaneorum.

The object of this article is to indicate and clarify a con-


ceptual field of study in moral-theological thought which has
hitherto been largely neglected and to offer some illustrations
of this field from the TJzeologia Moralis of St. Alphonsus de
Liguori. The field in question is that of the sociology of moral
theology or the sociological analysis of the nature, methods, data
and conclusions of the theological science of that name.
The first task that confronts us in this connexion is that of
identifying the aspects of moral-theological thought that invite
and indeed require a sociological analysis if the science of Illoral
theology as a whole is to be fully understood in its historical
development and in its conceptual formulations, which have
themselves varied so much in the course of its historical develop-
ment. Secondly, we must consider the question of the legitimacy
of the application of socio-analytic methods of study, as these
are understood nowadays, to those aspects of moral-theological
thought that can properly be identified as sociological in cha-
racter. Thirdly, 'we shall have to point out some of the in1portant
consequences for moral-theological thought itself of the applica-
tion of the techniques of sociological analysis to the sociological
aspects of that thought. And finally we shall see how the Theo-
logia Moralis of S1. Alphonsus can and should be studied afresh
in the light of our findings under the first three heads. No attempt
will be made to investigate the sociology of St. Alphonsus' moral
theology, in the sense in which we understand this subject, in a
complete or even in a thoroughgoing manner. Such a task would
far outstrip the limits of the present article and ,,,,ould in any
151

case involve the further - task of investigating the sociology of


St. Alphonsus' theology in other fields than that of moral theolo-
gy, since, as he himself was well aware and as was in fact his inten-
tion, his moral theology fornlS only one department, though a
particularly important one, of his wider efforts to provide a
practical theology of the Christian life at various levels for the
Church of his own time and place. Accordingly the fourth and
last section of this article will simply aim at exemplifying the
lneaning and importance of the sociology of moral theology
from the seven books (libri) of St. Alphonsus' Theologia Mo-
ralis. Once the nature of this kind of investigation of moral--
theological thought is illustrated from an actual work of moral
theology - and that a 'wurk of the greatest historical importance
in the evolution of moral theology from. the post-tridentine pe-
riod down to our own day - then the way will have been opened
for other and more detailed uses of it in the study of St. Alphon-
sus himself and of other moral theologians both before and
after his time. Indeed the use of it in the study of the present-day
<revolution'l in moral theology would be equally fruitful and
would bring out clearly a number of features in contelnporary
moral-theological thought that are at present only vaguely discer-
nible and consequently not susceptible of scientific analysis and
formulation.

First then, what aspects or areas of moral-theological thought


can properly be categorised and described as being of a socio-
logical nature? Here we must distinguish between two different
though interrelated ways in which sociological factors enter into
any given work or movement in the general field of moral
theology.
1) Right away we observe the fact a moral theologian (or
a whole movement or <school' of moral theology) envisages a
certain kind 9f human society for which his (or their) writings,

1 Cf. R. COSTE, Une morale pour un monde en mutation (Paris 1%9).


152

are intended to have relevance and value. The theologian thinks


and writes with a view to comn1unicating his thought to actual
human beings living in a detenninate fonn of society and with
the further purpose (since he is a nwral theologian) of influenc-
ing their ways of thinking and acting so that the quality of their
Christian lives may be bettered thereby. True, his thought will
focus again and again on questions and problems of individual
life, especially if in one way or another he reaches out to the
consideration of particular situations or cases in moral living 2.
But for the most part he will be concerned with the social imple-
mentation of moral ideals or principles in that he will be think-
ing of « people in general» as the destined recipients of his moral
teaching; and this will be true even if his theology is of the kind
nowadays criticised as excessively ·individualistic' and insuffi-
ciently ·sociar. An obvious exmnple of this fact is the pre-modern
n10ral theology of justice. Admittedly it knows little of social
justice in the modern sense of the term 3 and hardly considers
society as a responsible moral agent of social progress, economic
development, relief and welfare programmes, and other such
n10dern themes in the sphere of human justice. What it is con-
cerned with is the duties and rights of individuals in this sphere.
Yet it is concerned with then1, not in their pure individuality
- since such a point of view would isolate individuals from each
other altogether and thus elin1inate the entire subject of just
relations between them - but according to the place the indi-
'vi duals in question occupy in the structure and functioning of
a particular social system. In other words, the existence of a
social system is assumed not only as a background to but as a
detern1ining factor in just relations between individuals. Or in
still other terms, the just and unjust man of even the most
<individualistic' moral theology of justice exist in and must be
seen as related to the exigencies of a social system. They do not

2 Cf. K. RAHNER, tJber die Frage einer formalen Existenzialethik in Schriften

zur Theologie II (1955), pp. 227-246.


3 Cf. Gaudium et spes, Part II, chap. 5, section 2 and the encyclical Popu-

forum progressio (1967), with the comments of O. VON NELL-BREUNING in


H. VORGRIMLER, ed., Commentary on the Documents of Vatican II, vol. V (1969) ,
pp. 374-381.
153

and cannot exist in just or unjust character, as the case may


be, except in relation to such a system.
The fact that the Inoral theologian when he deen~s it
right to do so in terms of the nonnative science that he expounds,
criticise a given social system is not point at issue here. Many
criticisn1s of existing social systenls can be extracted from the
writings of pre-modern moral theologians of justice precisely on
the ground that they vitiated or at least impeded just relations
between individuals 4, while modern theologians are of course
loud in their criticism of various social systen~s because of the
social injustice inherent in them. What concerns us here is the
fact that justice is a n~oral subject that imlnediately and ob-
viously raises the question of social systems - systems that have
to be empirically studied and understood in their own terms
before moral judgments can be passed on then1. Now the empi-
rical study, analysis and understanding of social systen1s is pre-
cisely V\That the positive science of sociology is all about; and so
the moral thelne of justice presents us straight off with one
aspect or area of Inoral-theological study that is of a sociological
nature.
This, however, is almost too obvious an exanlple of the pre-
sence of sociological factors in the study-area of moral theology.
They are equally if less evidently present in all other areas of it,
including that of fundamentallnoral theology, just because moral
theology is concerned with man in his relationship to God. The
'man' in question is actual hUlnan people and these actual human
people - « people in general}} - live their lives, including their
moral lives, within the framework of various social systems.
These systenls are not extrinsic or nlarginal factors in their
moral lives: they enter determinatively into the cOlnposition of
their moral ideas and the concrete reality ·0£ their moral practi-
ces. This is just as true of a primitive tribesman living within
the social systen~ of his clan as it is of a peasant living in the

4 Cf. the long-standing battle waged by the theologians and the official

Church against the social institution of usury. On this see B.W. DEMPSEY,
Interest and esury (Washington 1943) and J.T. NOONAN, The Scholastic Analysis
of Usury (Cambridge, Mass., 1957).
154

system of the agricultural society to which he belongs or a mo-


dern factory worker living in his type of social system 5. As
human and moral beings they are inseparable from the social
systems that have formed and continue to form their humanity 1

even though of course sociological factors are not the only ones
that make them what they are. Many other anthropological
factors enter also into the making of man - cultural traditions,
individual psychological factors, group-psychological experien-
ces, processes of philosophical or theological reflections, and so
on 6. All this variety of anthropological experience that goes to
the making of man is reflected in the variety of aspects that can
be found in moral theology. It is the sociological aspect of human
life ana experience that concerns us here, and our conclusion
regarding the degree of its presence in the study field of moral
theology is that it is present in the whole of that field, although
,obviously it does not constitute the whole of that field or of
any single area of it. It is present even in the moral-theological
analysis of the nl0st individual of nl0ral situations or cases, as
in the traditional theology of epikeia, since the individual is
considered, in such an analysis, in his position of predicamental
~transcendence' relatively to all ordinary moral norms, including
those belonging to his place in the established social systems,
civil or ecclesiastical, that ordinarily govern his life. His moral
situation is precisely that of being an 'exception' to all that can
be 'systematically' formulated and that very fact means that
systems - theological, philosophical, cultural and social sys-
tems - enter constitutively into his situation, though in this
case as factors determinative not of his conformity to them but
'of his 'transcendence' of them 7.

5 A classic sociological study showing the degree to which human life is


'sociologically conditioned is W.1. THOMAS and F. ZNANIECKI, The Polish Peasant
,in Europe and America, 5 vols. (Boston 1918-1921).
6 Cf. my article, The Nature and Function of Pastoral Psychology in Studia

Moralia I (1%2), pp. 345-387.


7 « Epikija, seu epikia, est exceptio casus ob circumstantias, ex quibus
certo vel saltem probabiliter judicatur legislatorem noluisse ilium casum sub
lege comprehendi... Haec epikija non solum locum habet in legibus humanis,
:sed etiam in naturalibus, ubi actio possit ex circumstantiis a malitia denudari»

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