Il ruolo dello Stato: la forma più importante di intervento statale è rappresentata dal
servizio radiotelevisivo pubblico, che è presente in ogni paese dell’Europa
occidentale. In molti paesi lo Stato è anche proprietario di agenzie di stampa,
quotidiani o altre imprese legate ai mezzi di comunicazione, sia direttamente che
attraverso aziende controllate. I sussidi alla stampa sono un’altra delle caratteristiche
dello Stato. Possono essere sussidi diretti/indiretti, sia verso organizzazioni mediali
che verso i singoli giornalisti (agevolazioni fiscali ecc..). Altre forme di intervento
statele: -leggi sulla diffamazione, la privacy, il diritto di replica; -leggi
sull’incitamento all’odio; -leggi sul segreto professionale dei giornalisti (che tutelano
la confidenzialità delle fonti); -leggi che regolano l’accesso alle informazioni
governative; ecc.. Si possono così distinguere tra sistemi di comunicazione
relativamente liberali (Stati Uniti, dove il First Amendment limita molte delle forme
di regolamentazione che sono invece comuni in Europa), in cui l’intervento statale e
limitato e i media sono lasciati alle forze di mercato, e sistemi in cui le tradizioni
socialdemocratiche si manifestano attraverso un ruolo dello Stato più importante
nella proprietà, nel finanziamento e nella regolazione dei media. Lo Stato inoltre
esercita una funzione rilevante come fonte d’informazione giornalistica con un
enorme potere di influenza sull’agenda della discussione pubblica.
Il ruolo dello Stato: I differenti ruoli che lo Stato può ricoprire come proprietario,
regolatore e finanziatore dei mass media sono radicati in differenze più generali del
ruolo dello Stato nella società. Una distinzione può essere posta tra democrazie
liberali (Stati Uniti) e democrazie di Welfare State, che predominano in buona parte
d’Europa. Ruolo limitato dello Stato oltre atlantico, invece, tradizioni europee di
intervento statale più marcato. In Europa lo Stato si fa carico del finanziamento della
televisione e, in molti casi, anche della stampa. Al contrario la tradizione giuridica
statunitense assegna ai proprietari dei mass media margini di autonomia molto
elevati. Ad esempio i paesi europei regolano la comunicazione politica: molti
proibiscono la pubblicità politica a pagamento; alcuni limitano la durata delle
campagne elettorali. Negli Stati Uniti queste regole sarebbero oggetto di ricorso alla
giustizia in quanto infrazioni al First Amendment.
Bisogna chiaramente tener presente che i gruppi di paesi in ogni modello sono
eterogenei per molti aspetti. Ad esempio Stati Uniti e Gran Bretagna sono definiti
sistemi liberali ma sono diversi tra loro. La Francia è un caso misto tra modello
pluralista-polarizzato e democratico-corporativo. La Germania stessa cosa, xchè
condivide con il modello pluralista-polarizzato una storia di aspro conflitto
ideologico e i partiti politici giocano un ruolo importante nella vita sociale, così come
nei media, ma come i sistemi liberali, mancano in Germania sussidi alla stampa.
Nella maggior parte dei sistemi, la stampa e la televisione operano secondo logiche
diverse: la stampa sarà spesso caratterizzata da pluralismo esterno, mentre la
televisione da pluralismo interno.
Ciò che distingue l’Europa meridionale dal resto dell’Europa occidentale e dal
Nordamerica è il fatto che le istituzioni liberali si sono sviluppate più tardi rispetto ad
altri paesi. Nell’Europa meridionale le forze dall’Ancien Regime (aristocrazia
terriera, Stato assolutista, Chiesa cattolica) erano più forti, e il liberalismo ha trionfato
solo dopo un lungo conflitto politico protrattosi fino al XX secolo. Qui l’espansione
dei media commerciali è stata abbastanza contenuta, lasciando spesso i media in una
condizione di dipendenza dallo Stato, dai partiti politici, dalla Chiesa, impedendo
così la professionalizzazione e lo sviluppo dei media come istituzioni autonome. Per
quanto riguarda i mass media c’è stata sempre una forte tendenza a considerarli mezzi
di espressione ideologica e di mobilitazione politica. (Oggi le forze della
globalizzazione, la commercializzazione e la secolarizzazione stanno trasformando i
media in tutta Europa). La Francia è un caso limiti e si colloca a metà strada tra il
modello pluralista-polarizzato e quello democratico-corporativo. È stato collocato in
questo modello per la tendenza dei media ad esser dominati dalla sfera politica; e
perché come altri paesi dell’Europa meridionale furono le conquiste napoleoniche a
portare il moderno giornalismo in Italia e nella penisola iberica.
I media e lo Stato: Lo Stato ha sempre svolto una funzione importante nelle società
dell’Europa meridionale e la sua presenza nei sistemi di comunicazione non fa
eccezione. Spesso però la sua capacità d’intervento è limitata data la mancanza di
risorse e di consenso politico, nonché da rapporti di clientelismo che impediscono la
possibilità di un’azione unitaria. In generale il diretto controllo autoritario degli anni
della dittatura è passato, ma alcune tracce restano anche nel periodo democratico. Ad
esempio la legge francese conferisce allo Stato il diritto di bloccare le pubblicazioni
in determinate circostanze, come anche in Grecia. In Spagna le pressioni sui
proprietari continuano ad essere un importante strumento d’intervento politico. Come
nel resto d’Europa, la televisione è stato quasi sempre sotto il controllo statale, ma lo
Stato ha anche avuto un significativo ruolo di proprietario della carta stampata.
L’Italia e la Francia hanno i più alti livelli di sussidi statali alla stampa in Europa.
Sostegni diretti sono andati innanzitutto a giornali economicamente marginali, per
mantenere livelli accettabili di pluralismo politico. Sussidi indiretti sono stati forniti
invece a tutta la stampa sotto forma di riduzione delle tasse e ci sono anche
sovvenzioni alla categoria dei giornalisti come ad esempio biglietti aerei o ferroviari
a prezzi ridotti e, attraverso l’Ordine dei giornalisti, pensioni e assistenza medica
superiori alla media. Al pari di altri paesi europei e in contrasto con il modello
liberale degli Stati Uniti, i sistemi mediterranei concepiscono i media come istituzioni
sociali legittimamente soggette a una sostanziale regolamentazione nell’interesse
pubblico. Un aspetto rilevante nella recente storia politica dei paesi mediterranei è
l’esplosione degli scandali politici, un elemento che riflette cambiamenti nella
relazione tra media e Stato. Il ruolo centrale dello Stato nei sistemi mediali del
Mediterraneo ha limitato la tendenza dei media a giocare quel ruolo di watch dog così
valorizzato nella teoria liberale dei mezzi di comunicazione. Uno Stato altamente
centralizzato non disponibile a quella fuga di notizie che caratterizza il sistema
americano e la cronaca investigativa o la divulgazione di corruzione erano rare. Tra
gli anni 80/90, però, in seguito ai vari scandali politici, è cambiata la situazione. In
Italia tangentopoli ha determinato un mutamento radicale della struttura politica, con
la scomparsa di quasi tutti i partiti e l’arresto di molti leader politici. I media
divennero meno obbedienti e le loro relazioni con le elite politiche più conflittuali.
Gli scandali sono emersi più per iniziativa dei magistrati che per i giornalisti, ma
grazie all’attenzione e al supporto dei media, i giudici furono capaci di produrre
cambiamenti che sarebbero stati inconcepibili in un’epoca precedente.
Le radici antiche della carta stampata: i paesi dell’Europa settentrionale sono stati
all’avanguardia per quanto riguarda lo sviluppo della libertà di stampa e dei principi
di pubblicità che caratterizzano la democrazia parlamentare. In molti casi la nascita
dei primi giornali fu legata al capitalismo mercantile, in altri a lotte politiche o
religiose. L’espansione dei media connessi alla nascente borghesia colta è centrale
per la storia della comunicazione di massa in tutti gli Stati democratico-corporativi
(eccetto in Germani e Austria a causa di uno Stato assolutista più forte e duraturo).
Negli altri paesi i mercanti, i cui estesi interessi commerciali li hanno resi i primi
consumatori di giornali, hanno svolto un ruolo molto importante nel processo di
mutamento sociale. Il primo giornale moderno svedese, 1830, “Aftonbladet” non solo
conteneva pubblicità e notizie politiche e commerciali utili in un mercato emergente,
ma esprimeva anche il desiderio della nuova borghesia di riforme liberali, politiche
ed economiche. La Svezia anticipò tutta l’Europa, e perfino il resto del mondo,
stabilendo i principi della pubblicità e della libertà di stampa. La sua Costituzione del
1766 riconobbe il diritto d’accesso a documenti ufficiali e la libertà di stampa,
partecipazione dei cittadini alla vita politica e libera circolazione delle informazioni
determinanti per lo sviluppo della stampa. La libertà di stampa arrivò più tardi in
Austria e Germania finchè in quest’ultima Bismarck eliminò la precedente censura e
rese possibile la nascita di giornali nazionali. Lo sviluppo della stampa qui fu
connesso alla nascita dell’autorità razionale-legale. La crescita enorme di un mercato
di massa per la stampa si fondava su un fattore chiave, ossia la precose crescita
dell’alfabetismo. Inizialmente i progressi dell’alfabetismo nell’Europa settentrionale
furono connessi alla Riforma protestante che sancì “studiare per leggere e vedere con
i propri occhi ciò che Dio offre”. Un altro elemento collegato allo sviluppo della
stampa di massa fu l’espansione del sistema postale. Lo sviluppo dell’alfabetismo e
del sistema postale è strettamente legato all’avvio dell’industrializzazione e alla
crescita delle istituzioni di mercato che contribuirono all’aumento della stampa di
massa. Le fasi dell’evoluzione della stampa nei paesi democratico-corporativi sono
parallele a quelle dei paesi liberali o della Francia. Inoltre anche il “patriottismo
locale” può essere un’altra possibile ragione dell’alta circolazione di giornali nei
paesi nordici: perfino nei centri più piccoli, i cittadini volevano avere un proprio
giornale locale.
Fra mercato e partigianeria: oltre che nel commercio la crescita dei primi giornali
affonda le proprie radici nei conflitti religiosi che seguirono la Riforma protestante e
nelle lotte politiche che accompagnarono la nascita dello Stato-nazione. Il giornale fu
allo stesso tempo istituzione del mercato e attore della dialettica politica, fonte
d’informazione per i commercianti e mezzo per formare e mobilitare l’opinione
pubblica. La coesistenza tra partigianeria e circolazione di massa dei media che
caratterizza la storia dell’Europa centro-settentrionale ha chiaramente origine nel
protestantesimo. Il protestantesimo fu il primo movimento, religioso o laico, a usare
la stampa per la propria propaganda e la critica contro un’istituzione egemone,la
Chiesa cattolica romana. Il protestantesimo aveva grande affinità con l’illuminismo in
quanto entrambi sostenevano la ragione individuale e il dibattito aperto opposto alla
fede incondizionata. Data la netta divisione in subculture politiche e culturali, il
modello di organizzazione sociale venne definito “pluralismo segmentato”(non solo
Paesi Bassi ma anche Austria, Svizzera e Belgio). Le istituzioni, come i partiti
politici, si sono radicate in queste subculture diffondendo la tradizione di una stampa
pluralista con forti funzioni di mobilitazione. La società olandese era un esempio di
pluralismo segmentato con movimenti sociali, associazioni di volontariato e partiti
politici che ricalcavano le divisioni religiose e ideologiche. Ogni subcultura è dotata
di propri canali di socializzazione e di comunicazione (nel caso olandese i pilastri
erano le subculture protestante, cattolica e socialista e ogni gruppo aveva anche la
propria stampa). In Germania la polarizzazione politica del periodo di Weimar e le
sue conseguenze videro anche la creazione dell’impero commerciale, ma
contemporaneamente altamente politicizzato. La strumentalizzazione della stampa
tedesca (da parte di Hugenberg, sostenitore del nazismo e leader dell’ala di estrema
destra) è sicuramente simile per molti aspetti a quanto si riscontra nei sistemi
pluralisti-polarizzati, sebbene con la differenza che questi giornali furono
commercialmente di successo raggiungendo livelli di circolazione di gran lunga
maggiori rispetto a quelli della regione mediterranea. Questa forma estrema di
pluralismo polarizzato durante il periodo di Weimar, non si è riproposta in Germania
dopo la seconda guerra mondiale. Comunque il parallelismo della stampa di partito
ha molte dimensioni: può manifestarsi nel possesso dei mezzi d’informazione, nelle
appartenenze dei giornalisti, dei proprietari e dei manager, nella tipologia dei lettori e
nel contenuto dei media. Ciascuna di queste dimensioni è stata storicamente presente
nei paesi democratico-corporativi. Contemporaneamente alla nascita dei giornali di
partito, nell’Europa centro-settentrionale si stava configurando una forte stampa
commerciale a circolazione di massa, ma soprattutto una stampa indipendente e di
qualità. Nei sistemi democratico-corporativi i tabloid (giornali di strada
sensazionalistici) contano su un pubblico di lettori medio borghese. Nei sistemi
democratico-corporativi è pratica frequente leggere sia un giornale di qualità sia un
tabloid. L’espansione dei giornali commerciali omnibus, che segue il declino della
stampa politica, è uno dei tratti salienti dei mass media in questi paesi del XX secolo
(in Danimarca i quotidiani avevano raggiunto picchi del 100% dall’inizio del 900).
Oggi in questi paesi i giornali commerciali sono nettamente dominanti.
Lo Stato e i media: lo Stato ha alcune responsabilità nei confronti dei mass media.
Deve assicurare che la libertà di espressione e di stampa siano formalmente e
realmente garantite. Ai giornalisti deve essere garantito il diritto di ricercare
informazioni. Il liberalismo trionfò presto nell’Europa settentrionale, ma tuttavia,
proprio lo sviluppo del corporativismo democratico all’inizio del XX secolo ha
modificato la tradizione liberale. Il corporativismo democratico è nato da un processo
di contrattazione tra differenti interessi sociali, degli imprenditori, degli operai ecc..
Un elemento chiave di quella contrattazione è stata l’espansione dello Stato sociale,
caratteristica significativa dei paesi dell’Europa centro-settentrionale. Questa
espansione rappresenta una delle differenze più importanti nella struttura politica e
nella cultura dei paesi democratico-corporativi e di quelli liberali. È anche qualcosa
che i paesi democratico-corporativi condividono con alcuni Stati mediterranei,
Francia e Italia. Tutti gli Stati democratico-corporativi, tranne Svizzera e Germania,
forniscono sussidi diretti alla stampa. Tutti inoltre prevedono sovvenzioni indirette, di
solito sotto forma di esenzioni fiscali. Tuttavia, in tutti i paesi i sussidi economici non
sono stati in grado di ribaltare il successo della stampa commerciale, seppure abbiano
consentito ad alcuni giornali politici di mantenersi in vita, contribuendo alla difesa
del pluralismo. Molti ritengono però che il sistema dei sussidi potrebbe esporre i
giornali a pressioni dello Stato rendendoli meno propensi ad esercitare il previsto
ruolo di guardiani del potere. Ma la crescita del professionismo critico nel
giornalismo dell’Europa del Nord è avvenuta, nel periodo in cui i sussidi sono stati
più ingenti. Infatti questi sono stati accordati secondo criteri trasparenti, compatibili
con il funzionamento dell’autorità razionale-legale che rende difficile la
manipolazione dei sussidi per farne uno strumento di pressione sui giornali. Nei paesi
democratico-corporativi si tende a combinare un’articolata legislazione a favore della
libertà di stampa con un elevato livello di regolamentazione dei media (ad esempio la
pubblicità politica a pagamento in televisione è proibita in Belgio, Danimarca, Svezia
e Svizzera) che conferma ancora l’ipotesi per cui esse sono un’istituzione sociale e
non semplicemente un affare privato. Nel caso della carta stampata lo Stato interviene
per modificare i meccanismi del mercato, ma il sistema predominante è liberale,
basato sulla proprietà privata e sul mercato. Nel caso della televisione, invece, il
ruolo dello Stato è dominante. La televisione è concepita come istituzione la cui
influenza sulla società è troppo grande per essere lasciata sotto il controllo di interessi
privati. I paesi democratico-corporativi si distinguano per la grande popolarità di cui
gode il servizio pubblico.
La gestione della televisione pubblica: esistono differenze fra i paesi democratico-
corporativi per quanto riguarda la televisione pubblica. Rispetto ai 4 modelli di
gestione della televisione pubblica (governativo, parlamentare, civico, professionale),
in questa regione si trovano varie combinazioni degli ultimi tre. Data la grande
importanza attribuita al consenso tra i vari gruppi politici che caratterizza il
corporativismo democratico, ciascun paese si discosta dal modello governativo che
invece prevale in molti contesti pluralisti-polarizzati. Nei paesi democratico-
corporativi i professionisti della tv godono di livelli di autonomia alti, e in questo
senso tali paesi sono simili a quelli che rientrano nel modello professionale,
l’esempio classico è la Bbc. Ma paragonati ai sistemi liberali, i paesi democratico-
corporativi assegnano un ruolo più ampio, nella gestione della televisione pubblica, a
forze politiche organizzate, sia partiti politici (come avviene nel modello
parlamentare) sia a gruppi socialmente rilevanti (come avviene nel modello civico). Il
caso olandese è abbastanza inusuale, ma anche esemplare in quanto basato sulla
rappresentanza di gruppi sociali organizzati. Il sistema olandese era basato su una
forma di pluralismo esterno, con organizzazioni televisive distinte in rappresentanza
dei diversi gruppi sociali. In altri paesi invece si preferiva il pluralismo interno, cioè
dentro ogni singola organizzazione si tentava di accogliere i diversi gruppi espressi
dalla società. I sistemi televisivi dei paesi democratico-corporativi differiscono da
quelli liberali. Il modello professionale della Bbc è basato sulla rigida separazione
della televisione tanto dal governo quanto dai partiti e da altre forza sociali
organizzate. Il pluralismo in teoria è raggiunto escludendo la politica dalla gestione
della tv, lasciata ai professionisti responsabili di rappresentare la complessità della
società. I paesi democratico-corporativi, al contrario, prediligono un modello nel
quale il pluralismo è perseguito assicurandosi che una molteplicità di forze politiche e
sociali sia inclusa nel governo stesso della tv. Questo modello definito la politica nel
sistema televisivo si manifesta in modo particolare in Germani, Austria, Belgio,
mentre i paesi nordici tendono di più verso il modello professionale. Il sistema
tedesco è dunque, insieme a quello olandese, il classico esempio di sistema televisivo
civico, basato sulla rappresentanza oltre che dei partiti politici anche delle varie
organizzazioni della società civile (la critica a questo modello è che spesso i partiti
politici dominano, anche perché gli esponenti dei gruppi socialmente rilevanti sono
spesso schierati politicamente, e in questo caso si sfocerebbe nel modello
parlamentare di gestione televisiva). Inoltre in Germania la Corte costituzionale
federale ha un ruolo molto importante nel monitoraggio della televisione dovuto
anche ad una consolidata tradizione di autorità razionale-legale. Questa ha esercitato
la proprio influenza proteggendo l’indipendenza della televisione quando il governo
cercava di piegarla a un controllo più completo da parte dell’esecutivo. Fra tutti i
paesi democratico-corporativi, il Belgio è il più vicino al modello pluralista-
polarizzato per quanto riguarda il carattere politico del suo sistema televisivo. I paesi
nordici tendono maggiormente verso il modello professionale, cioè un sistema in cui
la televisione è concepita come istituzione non politica al servizio dell’intera società.
La proprietà pubblica e il pluralismo interno, la compresenza dei rappresentanti di
diversi gruppi sociali nella stessa organizzazione, limitano la possibilità di esprimere
punti di vista chiaramente faziosi. Il modello della Bbc indipendente e neutrale è stato
influente ovunque, anche se nell’Europa centro-settentrionale la sua attuazione è stata
spesso condizionata dal forte ruolo dei partiti e dei gruppi sociali.
Esistono differenze sostanziali tra gli Stati Uniti, che rappresentano un esempio di
sistema liberale puro, e la Gran Bretagna, dove l’intervento dello Stato, il
corporativismo liberale e la democrazia sociale sono più forti che oltreoceano. Inoltre
tutti questi paesi hanno forti differenze interne, come nel caso della Gran Bretagna ad
esempio, con la sua marcata divisione tra stampa di qualità e tabloid, o differenze tra
sistemi di governo della televisione e della stampa. In ciascuno di questi paesi la
stampa commerciale è nata abbastanza presto ed è cresciuta con un intervento
limitato dello Stato, marginalizzando i giornali dipartito, quelli sindacali e religiosi.
In tutti questi paesi si è imposto uno stile giornalistico orientato all’informazione e la
neutralità politica tende ad essere forte, sebbene la stampa britannica rappresenti un
importante eccezione. In tutti questi paesi la professionalità giornalistica è fortemente
sviluppata. La televisione commerciale, tranne in Irlanda, ha giocato un ruolo più
importante che nella maggior parte dell’Europa continentale, benché esista una
differenza marcata tra gli Stati Uniti, dove il servizio televisivo pubblico è sempre
stato marginale, e gli altri tre paesi (Gran Bretagna, Canada e Irlanda) in cui esso è
stato centrale nella storia dei media.
Il ruolo dello Stato: i paesi liberali sono quelli in cui il ruolo dello Stato nella società
è piuttosto limitato e invece quelli del mercato e del settore privato abbastanza estesi.
Le istituzioni di mercato e l’ideologia liberale si sono imposte in misura notevole
anche nel campo dei mass media, manifestandosi nel precoce avvento dell’industria
mediale e della teoria liberale di una stampa libera, radicata nella società civile e nel
mercato. I sussidi statali alla stampa sono stati minimi in tutti e 4 i paesi liberali. La
televisione commerciale ha sempre rappresentato la forma dominante negli Stati
Uniti e, anche se in grado minore, in Gran Bretagna e in Canada. Ad ogni modo il
ruolo dello Stato non può essere ignorato, infatti ha rivestito un ruolo significativo
nello sviluppo della società capitalistica. Negli Stati Uniti ad esempio, esso ha
realizzato l’infrastruttura comunicativa iniziale (il sistema postale) che ha reso
possibile l’espansione della stampa ed ha anche incentivato la crescita dell’istruzione
pubblica. C’è anche una differenza netta del sistema d’informazione statunitense
dalla maggior parte di quelli europei facendo si che molti tipi di regolamentazione sui
media diffusi in Europa (norme sulla privacy, sulla pubblicità ecc..) siano
politicamente e legalmente impraticabili negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono stato
l’unico paese industrializzato ad aver realizzato un sistema televisivo ad assoluta
predominanza commerciale. La regolamentazione statale ha modellato in maniera
significativa il settore televisivo commerciale degli Stati Uniti. Si potrebbe affermare
che gli Stati Uniti sono intervenuti attivamente contro la concentrazione nel settore
dei mass media come ha fatto la maggior parte degli Stati europei. La Gran Bretagna
invece, non avendo una Costituzione scritta, la libertà di stampa resta certamente un
assunto culturale fondamentale ma non ha la stessa pervasività che negli Stati Uniti.
È nel mondo della televisione comunque che le differenze tra Stati Uniti e Regno
Unito sono più marcate, con la Gran Bretagna che ha creato il prototipo del servizio
pubblico radiotelevisivo. La Bbc si è basata su un’ideologia che rifiutava sia le forze
di mercato che le politiche in favore dell’efficienza e progettava uno sviluppo
controllato anche da esperti. La relazione tra Stato e mass media non coinvolge
solamente la regolamentazione, i finanziamenti e la proprietà, ma implica anche un
flusso continuo di informazioni. Sebbene la retorica dei paesi liberali tenda a
sottolineare un rapporto antagonistico fra media e Stato, è importante puntualizzare
che questo non significa che lo Stato abbia meno influenza sul processo di creazione
delle notizie. Un atteggiamento di critica e controllo nei confronti di coloro che
ricoprono cariche pubbliche fa certamente parte della cultura del giornalismo dei
paesi anglo-americani: esso si manifesta nello sviluppo della cronaca investigativa e
nella copertura giornalistica degli scandali, che è andata crescendo negli Stati Uniti,
specialmente a partire dal Watergate. La stretta relazione fra Stato e mezzi
d’informazione è stata notevolmente influenzata dallo sviluppo dell’idea di sicurezza
nazionale. Ambedue hanno una storia di cooperazione in tempo di guerra tra i media
e lo Stato. A volte ci sono state tensioni fra i media e lo Stato su eventi concernenti la
sicurezza nazionale,e lo Stato ha risposto con una serie di limitazioni e pressioni sui
media e sul flusso d’informazione. Tra le democrazie occidentali la censura ha
colpito più volte Gran Bretagna e Stati Uniti rispetto ad altri paesi. Ciò probabilmente
è dovuto al fatto che la Gran Bretagna condivide con gli Stati Uniti lo status quo di
potenza mondiale, e in Gran Bretagna la censura è molto più frequente anche perché
ha un governo più centralizzato (rispetto gli Stati Uniti) e mancano i limiti
costituzionali alla censura governativa presenti invece negli Stati Uniti.
Sistema maggioritario: tutti e 4 i paesi liberali tendono verso una formula elettorale
maggioritaria. Il sistema Westminster britannico è il classico esempio di meccanismo
maggioritario. Ci sono pochi partiti politici e ogni sistema è dominato da due grandi
partiti pigliatutto. Negli Stati Uniti il maggioritario è modificato dal federalismo e
dalla separazione dei poteri. Come per altri aspetti dei sistemi liberali, il
maggioritario implica la condivisione di un’idea di interesse pubblico che in qualche
modo è al di sopra degli interessi particolari: i partiti non competono per una più
grande o più piccola divisione del potere, ma per rappresentare la nazione in quanto
tale. Il maggioritario tende a privilegiare il modello professionale. In un sistema
maggioritario, la divisione del potere non è possibile e così la televisione, o è
controllata interamente dalla maggioranza o è immune all’influenza politica con una
forte responsabilizzazione dei professionisti che vi operano. Qui i media
rappresentano dunque l’interesse generale della società e in questo senso il sistema
maggioritario tende a essere associato alla professionalizzazione dei media, a una
loro più precisa distinzione da particolari gruppi sociali e alla norma dell’obbiettività.
L’autorità razionale-legale: fino alla metà del XIX secolo il sistema politico in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti era basato sull’intera diffusione del clientelismo.
C’era però anche una forte presenza della borghesia raziocinante che determinava la
tendenza verso un’amministrazione neutrale e professionalizzata. La riforma della
burocrazia statale risale al 1870 in Gran Bretagna e un po’ più tardi negli Stati Uniti.
Entrambi questi paesi oggi hanno sistemi consolidati di amministrazione neutrale
fondati sulla meritocrazia, sulla promozione e sulla separazione della burocrazia dai
partiti politici. Inoltre un sistema legale autonomo e dotato di poteri rilevati è parte
importante dell’autorità razionale-legale dei paesi liberali. Lo sviluppo dell’autorità
razionale-legale ha molte conseguenze per il sistema dei mass media. Il processo di
professionalizzazione infatti del giornalismo ha iniziato a delinearsi
contemporaneamente alla professionalizzazione dell’amministrazione pubblica e alla
crescita dell’autorità delle corti. Inoltre l’esistenza di autorità razionale-legale
consente la disponibilità di fonti d’informazione autorevoli che possono essere
considerate politicamente neutrali e che determinano le basi del mondo
dell’informazione che prevale negli Stati Uniti.
Le differenze tra i modelli e in generale il grado di diversificazione tra gli Stati sono
diminuiti nel tempo. Una cultura internazionale dei media è diventata comune a tutti i
paesi studiati.
Il ruolo della tecnologia: la tecnologia può essere considerata un’altra forza esterna
che spinge verso l’omogeneizzazione. Tutti sono indotti ad assumere il
comportamento, le forme, le strutture e le procedure di comunicazione associati alla
nuova tecnologia, e questa influenza spesso produce pratiche comuni che travalicano
i diversi contesti sociali. Chiaramente l’influenza della tecnologia non può essere
separata dal contesto sociale in cui le tecnologie vengono adottate e messe in atto. Il
processo comunque di omogeneizzazione è collegato anche all’innovazione
tecnologica. Anche lo sviluppo della formazione professionale nel giornalismo è
ovviamente legato al cambiamento tecnologico. Ovviamente l’omogeneizzazione
prodotta dall’innovazione tecnologica coinvolge maggiormente i professionisti più
giovani che sono più sensibili ai mutamenti e che possiedono un’adeguata
preparazione.
Forze endogene di cambiamento:modernizzazione, secolarizzazione e
commercializzazione: le influenze esterne sui sistemi di comunicazione europei
hanno svolto un ruolo importante, ma non è plausibile sostenere che potessero essere
trasformati senza significativi cambiamenti interni alla politica e alla società di ogni
singolo paese. Uno dei modi per capire questi profondi processi di mutamento si
incentra sul concetto di modernizzazione. La modernizzazione implica il bisogno di
una classe professionale di comunicatori. Lo sviluppo di comunicatori
professionalizzati è collegato al bisogno di un punto di vista obiettivo, analitico e non
fazioso. La professionalizzazione è un elemento centrale in questo processo.
Cambiamenti nel sistema dei media: causa o effetto? i cambiamenti nel sistema
dei media in Europa, in particolare la svolta verso media pigliatutto, verso modelli di
professionismo giornalistico basati sulla neutralità politica, sono sicuramente legate a
questo processo di secolarizzazione. Ma è anche chiaro che gli stessi processi di
cambiamento abbiano contribuito al processo di secolarizzazione.
La televisione come terreno comune: per molti anni in Europa la televisione è stata
organizzata sotto il controllo del sistema politico, e spesso incarnava i principi di
rappresentanza proporzionale assunti proprio dal mondo politico. Tuttavia è servita
anche da terreno sociale e politico comune e ha avuto qualche ruolo nell’indebolire le
distinte subculture ideologiche. Gran parte della programmazione era rivolta a tutto il
pubblico, senza tener conto della suddivisione in gruppi. La produzione di notizie era
generalmente legata a principi di neutralità politica e di pluralismo interno, che
distinguevano il giornalismo televisivo dalle tradizioni di commento schierato così
frequenti nella stampa.
In questo volume abbiamo dato importanza alla storia in quanto crediamo sia
fondamentale per comprendere come i media funzionino oggi risalire tanto alle
origini della stampa quanto a quelle del sistema politico. Inoltre abbiamo osservato
che i mutamenti nella struttura politica ed economica, insieme all’influenza della
tecnologia e della commercializzazione dei sistemi di comunicazione hanno portato
ad un processo di omogeneizzazione che determina un indebolimento dei vincoli che
legavano i media, nei sistemi pluralisti-polarizzati e in quelli democratico-corporativi,
ai partiti politici e ai gruppi sociali organizzati, e uno spostamento verso le strutture e
le procedure del professionismo neutrale che sono caratteristiche del sistema liberale.
Allo stesso tempo abbiamo identificato i limiti e le controtendenze che suggeriscono
cautela nel concepire il trionfo totale del modello liberale. Inoltre abbiamo detto che
il processo di commercializzazione, sebbene possa incrementare la differenziazione
dei media dalle istituzioni politiche, tende cmq a subordinarli alle logiche di mercato
e alla competizione per ampie quote di mercato, subordinandoli dunque agli
imperativi dell’economia. In questo senso i media si distinguono sempre più dalle
istituzioni politiche, ma altrettanto spesso si sovrappongono a quelle economiche.
Dunque per concludere ci domandiamo se lo spostamento dei sistemi di
comunicazione verso il modello liberale rende il flusso di comunicazione più aperto e
uguale o, al contrario, lo limita, poiché i media finiscono esclusivamente sotto il
controllo dell’economia?