Sei sulla pagina 1di 43

INTRODUZIONE

L’obbiettivo di questo libro è capire se è possibile individuare correlazioni stabili fra


sistemi politici e sistemi di comunicazione e quindi delineare differenti modelli
professionali di giornalismo che diano conto di queste stabili correlazioni. Questo tra
l’altro era stato l’obbiettivo di un classico degli studi sulla comunicazione di massa e
sul giornalismo in particolare, Four Theories of the Press(Siebert, Peterson,
Schramm).

Cap1: Concetti e modelli

Tenteremo di identificare le maggiori variazioni sviluppatesi nelle democrazie


occidentali nella struttura e nel ruolo politico dei mezzi di comunicazione, e
proporremo alcune idee per spiegare queste variazioni con l’obbiettivo di valutarne le
conseguenze per la vita democratica. L’analisi comparativa è fondamentale, in primo
luogo, nell’investigazione sociale poiché ci porta a comprendere la variazione e la
somiglianza; ha la capacità di rendere visibile l’invisibile; la comparazione può
sensibilizzarci alla variazione ma anche alla somiglianza e anche questo può
spingerci a riflettere su come potremmo spiegare i sistemi di comunicazione; inoltre
consente in molti casi di verificare le ipotesi sulle interrelazioni sui fenomeni sociali
(“confrontare i casi dove certi fenomeni sono simultaneamente presenti o assenti”
Durkheim). L’intento è sviluppare un quadro di riferimento per la comparazione dei
sistemi d’informazione giornalistici in particolare e di quelli mediali in generale, e
proporre una serie di ipotesi su come questi siano legati strutturalmente e
storicamente allo sviluppo del sistema politico. Crediamo che non si possano
comprendere i mezzi d’informazione senza comprendere la forma dello Stato, il
sistema dei partiti politici,il modello dei rapporti tra interessi politici ed economici e
lo sviluppo della società civile tra gli altri elementi della struttura sociale. Su un
punto c’è una visione differente tra Hallin\Mancini e gli autori di Four Theories of
the Press. Secondo quest’ultimi i media costituiscono la variabile dipendente nei
confronti del sistema di controllo sociale che essi riflettono. Secondo Hallin\Mancini
invece le istituzioni dei media hanno un proprio impatto su altra strutture sociali.
Proporremo 3 modelli di sistema d’informazione: 1)modello liberale o nord-
atlantico, che prevale in Gran Bretagna, Irlanda e Nordamerica, caratterizzato dalla
predominanza delle logiche di mercato e dei media commerciali; 2)modello
democratico-corporativo o dell’Europa centro-settentrionale, che prevale
nell’Europa continentale, caratterizzato da una coesistenza storica di mezzi
d’informazione commerciali e mezzi legati a gruppi politici, e da un ruolo dello Stato
relativamente attivo ma giuridicamente limitato; 3)modello pluralista-polarizzato o
mediterraneo, che prevale nei paesi mediterranei dell’Europa meridionale,
caratterizzato dalla sovrapposizione tra mass media e politica, da un debole sviluppo
dei media commerciali e da un forte intervento dello Stato. Vanno cmq fatte delle
precisazioni: l’Italia chiaramente è molto diversa dalla Spagna pur essendo nello
stesso modello; la Francia è un misto tra modello pluralista-polarizzato e
democratico-corporativo. I modelli inoltre non vanno intesi come descrizione statica
dei sistemi mediali xchè essi sono sottoposti ad un continuo processo di mutamento.
La globalizzazione e la commercializzazione dei mass media hanno portato a una
considerevole convergenza dei sistemi di comunicazione.

Cap2: Una proposta per l’analisi comparativa

4 criteri principali attraverso cui i sistemi di comunicazione dell’Europa occidentale e


del Nordamerica possono essere paragonati: 1)lo sviluppo dei mercati della
comunicazione, con particolare attenzione allo sviluppo della stampa a circolazione
di massa; 2)il parallelismo politico, ovvero il grado e la natura dei legami tra media e
partiti politici; 3)lo sviluppo della professionalità giornalistica; 4)il grado e la natura
dell’intervento statale nel sistema di comunicazione.

Lo sviluppo della stampa di massa: In alcuni paesi i giornali di massa si sono


sviluppati tra l’800 e il 900. In altri questo non è avvenuto. Questa differenza storica
produce ancora oggi grande differenze nei livelli di diffusione dei giornali (un
massimo di 720 copie ogni mille abitanti in Norvegia, un minimo di 78 ogni mille
abitanti in Grecia). Alti livelli di circolazione dei giornali nell’Europa settentrionale,
bassi invece nell’Europa meridionale. I quotidiani dell’Europa meridionale si
rivolgono perlopiù a piccole elite ben educate e politicamente attive. I giornali qui
sono stati spesso sovvenzionati da attori politici, un fatto che ha importanti
implicazioni per quanto riguarda il grado di parallelismo politico e di professionalità
giornalistica. I quotidiani nord-europei e nord-americani tendono invece a rivolgersi
ad un pubblico di massa non necessariamente coinvolto nella vita politica. Si ha
anche una disparità di genere nei lettori dei quotidiani dell’Europa meridionale:
poiché qui i media sono strettamente legati alla politica e le donne sono state
storicamente sempre escluse da questa sfera, la lettura dei quotidiani non si è mai
sviluppata tra loro. Nei paesi dove i quotidiani di massa sono assenti, il pubblico si
affida ai media elettronici per l’informazione in generale. Inoltre alcuni paesi (Gran
Bretagna, Italia, Spagna) sono dominati da una stampa a circolazione nazionale, altri
invece (Stati Uniti, Canada, Svizzera) dalla rilevanza delle testate locali, altri ancora
(Germania e Francia) hanno una combinazione di entrambi.
Parallelismo politico: Fin dall’inizio dell’era della stampa la legittimazione politica
rappresentò un funzione centrale dei mezzi di comunicazione. Il ruolo del giornalista
politico era quello di influenzare l’opinione pubblica in nome di una causa politica e
in molti casi i giornali sono stati fondati su iniziativa di partiti politici o altri attori
politici. Dalla fine del XIX secolo cominciava a configurarsi un modello diverso di
giornalismo politico, un cui il giornalista era visto come un arbitro neutrale della
comunicazione politica, un professionista che forniva informazioni non macchiate da
partigianeria. Questo modello è stato perlopiù connesso allo sviluppo della stampa
commerciale che era finanziata dalla pubblicità anziché dalle sovvenzioni degli attori
politici. Chiaramente i media in alcuni paesi manifestano orientamenti politici
distinti, mentre in altri ciò non avviene. Parallelismo politico = rapporto tra media e
partiti. Pluralismo esterno = la tendenza dei diversi mezzi di comunicazione a
riflettere punti di vista politici o ideologici distinti. Pluralismo interno = casi in cui i
media non dimostrano di avere orientamenti politici definiti, ma di rappresentare una
serie di differenti punti di vista all’interno dello stesso giornale, programma o canale
(livello intermedio di parallelismo politico). Un’altra componente legata al
parallelismo politico è la tendenza degli operatori del settore dell’informazione a
esercitare u ruolo attivo nella vita politica, essendo spesso impegnati in partiti o altre
organizzazioni sociali. Il parallelismo politico inoltre si manifesta nella partigianeria
della audience, con circuiti di diffusione connessi appunto al partito o all’ideologia di
appartenenza. Anche questo, però, è sempre meno comune oggi.

Parallelismo politico nella regolamentazione delle televisioni: Si possono


distinguere 4 modelli principali nella gestione delle televisioni pubbliche: 1)Modello
governativo: la televisione pubblica è la televisione di Stato, è controllata
direttamente dall’esecutivo o dalla maggioranza politica (televisione francese di De
Gaulle). Questo tuttavia esiste ancora più o meno nelle democrazie più recenti
dell’Europa occidentale (Grecia, Portogallo, Spagna); 2)Modello professionale: il
caso classico è la Bbc, la televisione deve essere isolata dal controllo politico e deve
essere retta da professionisti (presente anche in Canada e negli Stati Uniti);
3)Modello parlamentare o di rappresentanza proporzionale: il controllo della
televisione pubblica è diviso tra i partiti politici in modo proporzionale. Esempi sono
il sistema italiano con la lottizzazione (l’esempio più classico è la Rai degli anni 80,
dove consiglio d’amministrazione nominato secondo rappresentanza popolare, e i tre
canali divisi tra i partiti); 4)Modello civico o corporativo: simile al modello
parlamentare perché il controllo della televisione pubblica è distribuito tra i vari
gruppi sociali e politici, ma si differenzia da questo perché la rappresentanza è estesa
oltre che ai partiti, anche ad altri tipi di gruppi socialmente rilevanti: sindacati,
organizzazioni religiose ecc.. (il sistema olandese a pilastri, in cui la televisione è
gestita direttamente da associazioni che hanno radici in diversi gruppi ideologici, è il
più tipico esempio di questo modello). I modelli 2), 3) e 4) sono tutti tentativi di
soluzione al problema di evitare che la televisione pubblica cada sotto il controllo
della forza politica più forte non riuscendo così più a rispondere ai bisogni di una
società pluralistica. Per quanto riguarda il livello di parallelismo politico, il modello
professionale presenta il grado più basso, il modello governativo quello più alto, gli
altri due modelli si collocano in posizione mediana.

Professionalizzazione: Il modello ideale di professionalizzazione è basato sulla


storia delle professioni liberali più classiche, come quelle del diritto e della medicina.
Il giornalismo si allontana da questo tipo ideale in quanto non ha un tale corpo
sistematico di conoscenza o di dottrina. L’accesso alla professione giornalistica non è
formalmente regolato. L’unica eccezione nel mondo occidentale è l’Italia, dove per
diventare membri dell’Ordine dei giornalisti si deve superare un esame che è
obbligatorio per poter esercitare la professione, ma nonostante ciò il livello di
professionalizzazione è particolarmente basso. 3 sono i criteri strettamente collegati
di professionalizzazione: 1)Autonomia: elemento fondamentale, è una delle ragioni
chiavi per cui molte occupazioni cercano di professionalizzarsi, per giustificare così
un maggior controllo sul loro stesso processo lavorativo. I giornalisti lavorono in un
settore in cui la produzione di massa è la norma. La professionalizzazione del
giornalismo inizia quando appaiono i primi reporter salariati e la figura de giornalista
inizia a differenziarsi da quella del proprietario di testata o politico; 2)Norme
professionali distinte: esistenza di una serie di norme condivise che sono specifiche
di una determinata professione. La professionalizzazione del giornalismo si manifesta
così in criteri comuni di notiziabilità su cui i giornalisti concordano aldilà degli
orientamenti politici diversi (ad esempio obbligo di proteggere le fonti confidenziali
ecc..); 3)giornalismo come servizio pubblico: principio secondo il quale le
professioni giornalistiche sono orientate verso un’etica di servizio pubblico. Questa
rappresenta un’acquisizione storicamente determinata in merito al ruolo del
giornalista nella società (una delle più chiare manifestazioni dello sviluppo di
un’etica del servizio pubblico è l’esistenza di meccanismi di autoregolamentazione
giornalistica, che in alcuni sistemi è formalmente organizzata).

Strumentalizzazione: il controllo dei media da parte di attori esterni (partiti, politici,


gruppi sociali) che sono alla ricerca di influenza politica, e quindi usano i media per
intervenire nel mondo della politica. Se i mezzi di comunicazione vengono
strumentalizzati, la professionalizzazione sarà bassa e i giornalisti saranno privi di
autonomia e i media serviranno interessi particolari piuttosto che fungere da servizio
pubblico. Professionalizzazione e parallelismo politico: queste due dimensioni sotto
strettamente correlate. La professionalizzazione è sinonimo di obiettività e neutralità
politica. In un sistema in cui i mezzi di comunicazione sono legati a gruppi politici e
sociali organizzati, è per definizione un sistema in cui la professionalizzazione è
debolmente sviluppata. (Teoria della differenziazione, Bordieu, un alto grado di
professionalizzazione giornalistica significa che il giornalismo è considerato
un’istituzione e una pratica differenziate da altre istituzioni e forme di azione, inclusa
la politica.)

Il ruolo dello Stato: la forma più importante di intervento statale è rappresentata dal
servizio radiotelevisivo pubblico, che è presente in ogni paese dell’Europa
occidentale. In molti paesi lo Stato è anche proprietario di agenzie di stampa,
quotidiani o altre imprese legate ai mezzi di comunicazione, sia direttamente che
attraverso aziende controllate. I sussidi alla stampa sono un’altra delle caratteristiche
dello Stato. Possono essere sussidi diretti/indiretti, sia verso organizzazioni mediali
che verso i singoli giornalisti (agevolazioni fiscali ecc..). Altre forme di intervento
statele: -leggi sulla diffamazione, la privacy, il diritto di replica; -leggi
sull’incitamento all’odio; -leggi sul segreto professionale dei giornalisti (che tutelano
la confidenzialità delle fonti); -leggi che regolano l’accesso alle informazioni
governative; ecc.. Si possono così distinguere tra sistemi di comunicazione
relativamente liberali (Stati Uniti, dove il First Amendment limita molte delle forme
di regolamentazione che sono invece comuni in Europa), in cui l’intervento statale e
limitato e i media sono lasciati alle forze di mercato, e sistemi in cui le tradizioni
socialdemocratiche si manifestano attraverso un ruolo dello Stato più importante
nella proprietà, nel finanziamento e nella regolazione dei media. Lo Stato inoltre
esercita una funzione rilevante come fonte d’informazione giornalistica con un
enorme potere di influenza sull’agenda della discussione pubblica.

Cap3: Mass media e contesto politico

In alcuni periodi le forze politiche dominano il sistema di comunicazione, in altri il


sistema di comunicazione è più indipendente e può esercitare un influenza autonoma
sul mondo politico.

Interazione con variabili economiche: I media sono sicuramente un’istituzione


politica, ma essi sono anche un’impresa commerciale e sono influenzati in modo
profondo da molti fattori economici. Pilati “ in Europa i mercati hanno dimensioni
nazionali e quindi assai inferiore a quelli americane”. Un altro fattore rilevante è il
grado di concentrazione dei capitali. Dove il capitale è altamente concentrato, li
esisterà un livello alto di interrelazione tra Stato e proprietari dei mezzi di
comunicazione, tanto attraverso sussidi e regolamenti quanto sotto forma di patti
clientelari o alleanze.

Il ruolo dello Stato: I differenti ruoli che lo Stato può ricoprire come proprietario,
regolatore e finanziatore dei mass media sono radicati in differenze più generali del
ruolo dello Stato nella società. Una distinzione può essere posta tra democrazie
liberali (Stati Uniti) e democrazie di Welfare State, che predominano in buona parte
d’Europa. Ruolo limitato dello Stato oltre atlantico, invece, tradizioni europee di
intervento statale più marcato. In Europa lo Stato si fa carico del finanziamento della
televisione e, in molti casi, anche della stampa. Al contrario la tradizione giuridica
statunitense assegna ai proprietari dei mass media margini di autonomia molto
elevati. Ad esempio i paesi europei regolano la comunicazione politica: molti
proibiscono la pubblicità politica a pagamento; alcuni limitano la durata delle
campagne elettorali. Negli Stati Uniti queste regole sarebbero oggetto di ricorso alla
giustizia in quanto infrazioni al First Amendment.

Democrazie consensuali e democrazie maggioritarie: il modello maggioritario


(prevalente nei sistemi liberali) vede il giornalista come servitore neutrale del
pubblico piuttosto che portavoce di un particolare indirizzo politico, e lo associa alla
nozione di pluralismo interno piuttosto che esterno (la stampa britannica si discosta
da questo schema). Nel sistema maggioritario i partiti competono non per guadagnare
una maggiore quota di potere, ma per il diritto a rappresentare l’intera nazione
(sviluppo dei partiti pigliatutto). Il modello governativo di regolamentazione delle
trasmissioni è tipico dei sistemi maggioritari (Spagna, Portogallo e Grecia) ; i sistemi
consensuali sono tipicamente sistemi multipartitici e il pluralismo esterno è più
frequente e si realizza insieme ad altre caratteristiche proprie del parallelismo
politico. Caratteristica fondamentale del sistema consensuale è la condivisione del
potere (per quanto riguarda ad esempio la gestione della televisione pubblica sia
nell’applicazione parlamentare di Italia e Belgio, sia nell’applicazione
civico/corporativa di Olanda e Germania). Dove i sistemi maggioritari applicano il
modello governativo di servizio pubblico, tendono a spostarsi verso il sistema
professionale dato che i partiti capiscono che a causa dei frequenti cambi di
maggioranza, impadronirsi completamente del sistema mediale, alla successiva
tornata elettorale in caso di sconfitta, può trasformarsi in una monopolizzazione da
parte degli avversari quindi preferiscono evitare tale rischio confidando
nell’autonomia ed equilibrio dei professionisti dell’informazione.

Pluralismo individuale vs pluralismo organizzato. Liberalismo vs


corporativismo: nei sistemi di pluralismo individualizzato la rappresentanza politica
è concepita e strutturata in termine di relazione fra istituzioni governative e singoli
cittadini, con una molteplicità di interessi individuali in competizione con scarso
livello di istituzionalizzazione; nei sistemi di pluralismo organizzato i gruppi
d’interesse occupano un posto centrale nel processo decisionale. Questi sistemi sono
caratterizzati da gruppi sociali fortemente istituzionalizzati che rappresentano i
diversi segmenti della popolazione (struttura a pilastri olandese nella prima metà del
900 in cui le diverse subculture protestante, cattolica, sociale sviluppavano le loro
infrastrutture). Questo tipo di struttura sociale viene definito pluralismo segmentato.
L’integrazione formale di gruppi sociali nel processo politico è conosciuta come
corporativismo contraddistinto da 3 fattori : -un ideologia di collaborazione sociale a
livello nazionale; -sistema di gruppi d’interesse centralizzato e concentrato; -
coordinamento volontario di obbiettivi contrastati attraverso contrattazione politica
tra gruppi d’interesse. Il corporativismo democratico è utile per comprendere i
sistemi di comunicazione dell’Europa settentrionale e centro-occidentale. Dove il
pluralismo organizzato è sviluppato, i media sono stati sempre integrati all’interno
delle istituzioni rappresentative dei gruppi che lo compongono (i pilastri della società
olandese ad esempio avevano i loro giornali e i propri canali televisivi). Il pluralismo
organizzato è dunque associato al pluralismo esterno nel sistema dei media e al
parallelismo politico e di conseguenza si affermano più intensamente mezzi di
comunicazione legati ai partiti politici, ai sindacati e alle Chiese.

Autorità razionale-legale e clientelismo: L’istituzione caratteristica di un sistema


razionale-legale, secondo Weber, è la burocrazia, un apparato amministrativo
autonomo da partiti, individui e gruppi sociali che agisce secondo procedure
prestabilite ed è concepito come servizio per l’intera società. Il reclutamento dei
funzionari deve essere basato sul merito e bisogna rispettare regole procedurali
formali. L’autonomia della burocrazia ha origine negli Stati Uniti e in Europa nel
XVII secolo. Oltre alla burocrazia , l’altra istituzione fondamentale dell’ordine
razionale-legale è un sistema giudiziario autonomo. La presenza di autorità razionale-
legale la si rintraccia nell’organizzazione della televisione pubblica, nella
regolamentazione delle trasmissioni private, nei sussidi alla stampa ecc.. Dove
l’autorità razionale-legale è radicata, tutte queste istituzioni sono relativamente
autonome dal controllo del governo, dei partiti ecc.. essendo governate da regole e
procedure standardizzate che non consentono favoritismi. Al contrario, nei paesi in
cui quest’autorità è meno efficace (Europa meridionale) il controllo dei partiti e la
loro penetrazione nelle tv pubbliche tendono ad essere più accentuate e profonde. La
strumentalizzazione dei media è meno probabile in sistemi con una forte autorità
razionale-legale e sarà dunque più frequente la professionalizzazione del giornalismo
(la professionalizzazione ha inizio in Europa e Nordamerica nel XIX secolo). Il
clientelismo politico è rimasto dominante nell’Europa meridionale per gran parte del
XX secolo. Questa è legato a un organizzazione sociale in cui l’accesso alle risorse
sociali è controllato da padrini e assegnato a clienti in cambio di varie forme
d’appoggio. Le relazioni personali sono cruciali. Mentre l’autorità razionale-legale
implica una cultura politica che si fondi sul bene comune e pubblico interesse, in un
sistema clientelare la tendenza è verso interessi particolari. Il clientelismo è
associato alla strumentalizzazione dei media, sia pubblici che privati. Nel caso dei
mass media pubblici le nomine sono fatte sulla base della lealtà politica più che per
criteri professionali. Dunque il parallelismo politico è alto dove c’è la tradizione del
clientelismo e la professionalizzazione del giornalismo chiaramente bassa. Ciò
contribuisce al fenomeno della deregolamentazione selvaggia , essendo le autorità di
regolamentazione incapaci di imporre regole valide per tutti. La comunicazione
politica qui tende ad essere utilizzata per il processo di negoziazione tra elite anziché
a fornire informazioni per un pubblico di massa.

Pluralismo moderato vs pluralismo polarizzato: nel pluralismo moderato le


differenze ideologiche tra partiti sono meno marcate e c’è una maggiore accettazione
della forma fondamentale dell’ordine politico. Questo conduce all’affermazione di
media commerciali e/o professionali con un minor livello di parallelismo politico e
minore strumentalizzazione; nel pluralismo polarizzato secondo Sartori, le spaccature
sono profonde, c’è distanza ideologica. È caratterizzato dalla presenza di partiti anti
sistema (in Italia quello neofascista e comunista sono stati importanti). I partiti
tendono ad avere ideologie distinte e contrapposte (Italia, Quarta Repubblica
francese, Repubblica di Weimar). La polarizzazione si è sviluppata in quei paesi dove
l’opposizione al liberismo è stata forte e la transizione alla democrazia liberale è stata
appunto più lunga e conflittuale. Le società a pluralismo polarizzato sono
caratterizzate da aspri conflitti politici e i media sono stati usati comunemente come
armi di battaglia in questi conflitti. Il pluralismo polarizzato è unito ad un alto grado
di parallelismo politico: i quotidiani di solito si identificano con i diversi orientamenti
ideologici, e la tradizione di partigianeria e di giornalismo incline al commento è
spesso forte. Come il clientelismo, il pluralismo polarizzato tende a penalizzare una
concezione di bene comune.

Radici storiche: le istituzioni politiche europee si sono sviluppate in seguito a


conflitti radicati in trasformazioni sociali: la Riforma protestante, la rivoluzione
industriale, la rivoluzione democratica. In gran parte dell’Europa settentrionale gli
interessi terrieri erano deboli e le forze liberali sono riuscite a consolidare la propria
egemonia abbastanza presto. Dove si è imposto questo modello si trovano il
pluralismo moderato e un forte sviluppo dell’autorità razionale-legale combinati a
una capillare presenza dei mass media ed elevati livelli di professionalità
giornalistica; nell’Europa meridionale invece gli interessi terrieri e la Chiesa cattolica
erano molto più forti. Il pluralismo polarizzato, il clientelismo e lo statalismo ne sono
il larga parte la conseguenza. Ritardato dall’autoritarismo politico e da una debole
articolazione del mercato, il mercato della stampa si è affermato molto più tardi.
Sebbene i paesi liberali del Nord Atlantico (Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti e
Canada) condividano molte caratteristiche con i paesi dell’Europa settentrionale,
dove le istituzioni liberali si sono affermate presto, essi divergono da questi ultimi per
quanto riguarda la loro successiva storia politica e la storia dei mass media.

Cap4: Tre modelli di giornalismo

1)Mediterraneo o pluralista-polarizzato = Francia, Grecia, Italia, Portogallo e


Spagna; 2)Europeo centro-settentrionale o democratico-corporativo = Austria,
Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera;
3)Nord-atlantico o liberale = Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Irlanda.

Bisogna chiaramente tener presente che i gruppi di paesi in ogni modello sono
eterogenei per molti aspetti. Ad esempio Stati Uniti e Gran Bretagna sono definiti
sistemi liberali ma sono diversi tra loro. La Francia è un caso misto tra modello
pluralista-polarizzato e democratico-corporativo. La Germania stessa cosa, xchè
condivide con il modello pluralista-polarizzato una storia di aspro conflitto
ideologico e i partiti politici giocano un ruolo importante nella vita sociale, così come
nei media, ma come i sistemi liberali, mancano in Germania sussidi alla stampa.
Nella maggior parte dei sistemi, la stampa e la televisione operano secondo logiche
diverse: la stampa sarà spesso caratterizzata da pluralismo esterno, mentre la
televisione da pluralismo interno.

Il modello mediterraneo o pluralista-polarizzato: è caratterizzato da una stampa


d’elite con una diffusione abbastanza limitata e dunque una centralità dei media
elettronici. La libertà di stampa e lo sviluppo dell’industria commerciale dei media
arrivano tardi. Parallelismo politico alto. Stampa caratterizzata da un forte interesse
per la vita politica; pluralismo esterno con giornalismo schierato e orientato al
commento. Strumentalizzazione dei media da parte del governo e dei partiti politici;
autonomia ridotta. Lo stato ha un ruolo importante come proprietario, regolatore e
finanziatore dei media nonostante la sua capacità di regolamentazione limitata; molti
paesi mediterranei sono contraddistinti dalla transizione dal controllo statale alla
televisione commerciale, la quale assume la forma di una deregolamentazione
selvaggia. L’avvio ritardato del capitalismo è connesso al ruolo forte dello Stato nella
società, al forte ruolo dei partiti politici, al notevole peso del clientelismo e a un
debole sviluppo dell’autorità razionale-legale. In questo modello la Francia
rappresenta un’eccezione importante, infatti questa si è caratterizzata da
un’industrializzazione più importante e da una presenza più intensa della stampa di
massa e dell’autorità razionale-legale.

Il modello dell’Europa centro-settentrionale o democratico-corporativo: è


caratterizzato da un precoce avvento della libertà di stampa e una sua diffusione
molto alta. Nello stesso tempo ha una solida tradizione di giornalismo di partito e altri
media legati a gruppi sociali organizzati. Parallelismo politico alto, con un moderato
livello di pluralismo esterno uniti però a un enfasi crescente di un modello neutrale di
informazione. La professionalità giornalistica è infatti elevata. La libertà di stampa è
accompagnata da una regolamentazione che interviene su molti aspetti del mondo dei
media. Il monopolio pubblico radiotelevisivo tende a seguire il modello parlamentare
o civico-corporativo, con partiti e gruppi sociali organizzati coinvolti nella gestione
delle trasmissioni, ma nonostante ciò l’autonomia professionale nelle televisioni è
ancora elevata. Una cosa che colpisce nel modello democratico-corporativo è la
coesistenza di caratteristiche che in altri modelli sono assolutamente contrapposte
(le 3 compresenze). Oggi i paesi di questo modello sono caratterizzati da pluralismo
moderato, lo Stato sociale è forte e anche l’autorità razionale-legale è ben
consolidata.

Il modello liberale o nord-atlantico: come il modello democratico-corporativo, è


caratterizzato da un precoce sviluppo della libertà di stampa e della stampa di massa.
Prevalgono i giornali commerciali, il parallelismo politico è basso e il pluralismo
interno predomina (ad eccezione della stampa britannica significativamente
schierata). La professionalizzazione del giornalismo è forte anche se priva
dell’organizzazione formale che c’è nei paesi democratico-corporativi. L’autonomia
giornalistica è parzialmente limitata più dalle pressioni commerciali che dalla
strumentalizzazione politica (sebbene quest’ultima sia abbastanza diffusa in Gran
Bretagna). Il giornalismo d’informazione predomina e il ruolo dello Stato è
contenuto. Tutti i paesi del modello liberale sono caratterizzati da un pluralismo
moderato e tendono verso il sistema maggioritario e in nessuno agiscono quei gruppi
sociali organizzati che sono così importanti nell’Europa continentale. L’autorità
razionale-legale è molto sviluppata in tutti i paesi liberali.

Differenziazione e de-differenziazione: Potremmo sintetizzare le differenza tra i


vari modelli dicendo che nei paesi liberali i media sono più vicini al mondo
dell’economia e più distanti dalla politica. Nei sistemi pluralisti-polarizzati i media
sono integrati nel mondo politico, mentre nei paesi democratico-corporativi hanno
avuto forti legami sia con il mondo politico che con quello economico, sebbene con
un allentamento dei legami politici negli ultimi anni (tendenza generale verso la
commercializzazione dei media, convergenza verso il modello liberale). Per quanto
riguarda l’idea che il sistema liberale sia più moderno e che la convergenza verso tale
modello sia intesa come modernizzazione diamo un’occhiata alla teoria della
differenziazione formulata da Durkheim e passata attraverso la teoria dei sistemi di
Parsons. Durkheim= parlava della separazione delle professioni come di un tipo di
differenziazione della società; la complessità crescente della società richiede
differenziazione funzionale di ruoli sociali e istituzioni. Parsons= definisce la
differenziazione come la divisione di una struttura o di un’unità di un sistema sociale
in due o più unità o strutture che differiscono nelle loro caratteristiche e descrive un
processo di cambiamento sociale dalle società primitive a quelle moderne nelle quali
funzioni sociali inizialmente confuse, successivamente si separano: ad esempio la
politica si è differenziata dalla religione e dall’economia. Secondo lui le società
progrediscono verso una condizione di specializzazione. I sistemi di comunicazione
sono fondamentali per collegare tra loro i vari sottosistemi. Secondo Luhmann= c’è
una distinzione tra regole di attenzione e regole di decisione, le prime appartenenti al
campo della comunicazione mentre le seconde alla decisione politica. Attraverso i
mass media i temi della comunicazione sono portati all’attenzione, poi analizzati e
infine proposti al sistema politico. L’opinione pubblica focalizza l’attenzione su
problemi importanti, il sistema politico deve decidere in merito a questi problemi: i
media e il pubblico discutono ma non decidono. Per Alexander= una società può
essere considerata moderna se il suo sistema d’informazione giornalistica è autonomo
dagli altri sistemi sociali. Secondo lui la differenziazione progressiva dei mezzi
d’informazione è la conseguenza di 3 forze maggiori: -la richiesta d’informazione dei
nuovi gruppi sociali contro forme di giornalismo schierato; -la crescita di norme
professionali e l’autoregolamentazione, che portano allo sviluppo dell’autonomia
giornalistica; -il grado di universalismo nelle culture nazionali(autonomia e sviluppo
di culture politiche globali, legate all’autorità razionale-legale, al pluralismo
moderato ecc..). Invece ci sono anche 2 teorie critiche sul ruolo dei media nel sistema
sociale. Per Habermas= la storia della sfera pubblica è caratterizzata non dalla
differenziazione ma dalla de-differenziazione: la sfera della volontà collettiva, dove le
questioni pubbliche più importanti potevano essere dibattute e si poteva creare
un’opinione pubblica, è scomparsa, quando si sono sviluppati i media commerciali e i
partiti politici che hanno iniziato a controllare i processi di comunicazione sociale.
Habermas la chiama colonizzazione del mondo ad opera del potere politico ed
economico. Bourdieu= condivide con Habermas alcune critiche alla teoria della
differenziazione. Per Bourdieu il campo è una sfera d’azione sociale con proprie
regole del gioco. Lui preferisce chiaramente l’autonomia di questi campi. Distingue
tra due tipi di campi: tra campi autonomi e campi eteronomi indicando con i secondi
quelle parti del campo che sono più influenzate da altri campi. Per esempio
applicando la teoria di Bourdieu a ciò che è successo alla Francia contemporanea ne
viene fuori che il campo dei media è diventato molto più lontano dal campo politico,
ma più vicino al campo dell’economia. Secondo Lhumann, Alexander e Bordieu i
mass media sono diventati sempre più importanti nella società, ma con la
conseguenza per Bourdieu, che altri campi culturali hanno perso autonomia, dal
momento che risultano sempre più influenzati dai mass media.

Cap5: Il modello mediterraneo o pluralista-polarizzato

Ciò che distingue l’Europa meridionale dal resto dell’Europa occidentale e dal
Nordamerica è il fatto che le istituzioni liberali si sono sviluppate più tardi rispetto ad
altri paesi. Nell’Europa meridionale le forze dall’Ancien Regime (aristocrazia
terriera, Stato assolutista, Chiesa cattolica) erano più forti, e il liberalismo ha trionfato
solo dopo un lungo conflitto politico protrattosi fino al XX secolo. Qui l’espansione
dei media commerciali è stata abbastanza contenuta, lasciando spesso i media in una
condizione di dipendenza dallo Stato, dai partiti politici, dalla Chiesa, impedendo
così la professionalizzazione e lo sviluppo dei media come istituzioni autonome. Per
quanto riguarda i mass media c’è stata sempre una forte tendenza a considerarli mezzi
di espressione ideologica e di mobilitazione politica. (Oggi le forze della
globalizzazione, la commercializzazione e la secolarizzazione stanno trasformando i
media in tutta Europa). La Francia è un caso limiti e si colloca a metà strada tra il
modello pluralista-polarizzato e quello democratico-corporativo. È stato collocato in
questo modello per la tendenza dei media ad esser dominati dalla sfera politica; e
perché come altri paesi dell’Europa meridionale furono le conquiste napoleoniche a
portare il moderno giornalismo in Italia e nella penisola iberica.

Le radici politiche letterarie del giornalismo: I media si sono sviluppati


nell’Europa meridionale come istituzione del mondo letterario e politico più che del
mercato. Lo sviluppo della borghesia era debole e i primi giornali erano legati
all’aristocrazia , la cui ricchezza era basata sulla terra più che sul commercio. Una
vera stampa a circolazione di massa non è mai emersa completamente in nessun
paese mediterraneo, eccetto che in Francia dove però è arrivata più tardi (oggi in
Francia la circolazione dei giornali è più alta che in tutti gli altri paesi del
Mediterraneo ma più bassa che nel resto dell’Europa occidentale). Il primo avvento
della libertà di stampa in Francia si ebbe in corrispondenza della rivoluzione francese
e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Sebbene la loro diffusione
fosse vasta, la stampa commerciale non sostituì quella d’opinione come avvenne nei
paesi liberali. In Italia e nella penisola iberica la stampa cominciò a crescere sulla
scia delle conquiste napoleoniche. In Italia emerse una vigorosa stampa d’opinione
che esercitò una funzione importante nell’istituzione dello Stato liberale nel
Risorgimento italiano: i leader politici di prima grandezza, Cavour e Mazzini in Italia
erano giornalisti politici e i giornali erano essenzialmente strumenti per
l’organizzazione dei movimenti che guidavano. Anche se l’espansione dell’economia
di mercato era limitata e le percentuali d’alfabetismo basse (eccetto che in Francia,
dove lo Stato giocava un ruolo considerevole nella diffusione dell’istruzione). In
Spagna e Portogallo lo sviluppo della stampa fu bloccato dalla dittatura per molti
decenni. Insomma nei paesi dell’Europa meridionale la stampa commerciale è stata
una realtà molto limitata e si è anche sviluppata in ritardo rispetto a quanto avvenuto
in altri paesi. Qui, al contrario, all’inizio del XX secolo si è sviluppata una forte
stampa di partito. Il partito Comunista italiano né è stato un chiaro esempio:
disponeva di una fitta rete di istituzioni che coinvolgeva i cittadini nella vita
organizzativa e culturale (“l’Unità”, l’organo del Pci, fondata da Gramsci ha svolto
un ruolo centrale nella subcultura politica). Il partito era fondamentale per il successo
del giornale provvedendo non solo al finanziamento ma anche alla distribuzione.
Altri giornali rilevanti erano “il Popolo” della Democrazia cristiana e “l’Avanti” dei
socialisti. Una forte stampa di partito si è sviluppata anche in Francia con
“l’Humanitè”, il giornale del partito comunista, ancora oggi una significativa voce
politica. In Spagna e Portogallo lunghi periodi di dittatura soffocarono lo sviluppo dei
partiti di massa, e anche della stampa di partito. In Grecia per questioni legate al
clientelismo politico, i partiti di massa e una vera stampa di partito non si
svilupparono in maniera consistente. I media legati alla Chiesa hanno giocato un
ruolo significativo nei paesi del Mediterraneo (così come nei Paesi Bassi). Il giornale
cattolico “Ya” in Spagna, “la Croix” in Francia, importanti emittenti radiofoniche in
Spagna e Portogallo. I quotidiani cattolici sono ancora più importanti in Italia:
“l’Osservatore romano” giornale ufficiale della Chiesa cattolica, “l’Avvenire” era il
quotidiano dei vescovi italiani. Comunque i giornali dei paesi mediterranei sono
sempre stati rivolti a un’elite interessata alla vita politica (Enzo Forcella, giornalista
italiano, intitolò un saggio “millecinquecento lettori” proprio per intendere che un
giornalista politico nel nostro paese può contare solo su questo numero di lettori). A
partire dagli anni 70/80 tutti i paesi del Mediterraneo hanno visto uno spostamento
verso una stampa più orientata al mercato. “La Repubblica” in Italia, “Liberation” in
Francia, hanno cercato di espandere la circolazione con forme di giornalismo che
combinassero l’interesse alla politica con interessi più concreti: più servizi speciali,
una migliore presentazione grafica ecc.. la circolazione dei giornali comunque rimane
la più bassa di tutta l’Europa. Le differenza di genere nella lettura dei giornali sono
marcate e riflettono lo stretto collegamento della stampa con il mondo politico e la
tradizionale esclusione delle donne da quest’ultimo. Il ruolo della stampa popolare è
in parte sostituito da giornali sportivi o pubblicazioni settimanali focalizzate sulle star
dello spettacolo. Anche la stampa locale è scarsamente sviluppata (eccetto in
Francia). I solo veri mass media nell’Europa meridionale sono quelli elettronici, e la
loro importanza per la formazione dell’opinione pubblica è particolarmente
significativa.

Parallelismo politico: nei paesi mediterranei i media sono fortemente politicizzati e


il parallelismo politico è alto. Lo stile del giornalismo tende a privilegiare il
commento e la valutazione. I giornali tendono a rappresentare distinti orientamenti
politici. Anche la televisione pubblica di solito è politicizzata dai partiti. Sia i
giornalisti che i proprietari hanno legami o alleanze politiche, ed è comune per i
giornalisti diventare uomini politici o viceversa (la Grecia è un esempio eccellente di
ciò con i giornali spesso legati allo Stato o ai partiti che fornivano sussidi finanziari;
ma anche il giornalismo francese che da la precedenza alla valutazione e al
commento piuttosto che alla sintesi o al reportage). Anche in Italia le prime
esperienze di stampa politicizzata furono rafforzate prima dal fascismo (Mussolini
stesso era giornalista) e poi dalla Liberazione con i giornali antifascisti. Il giornalismo
di commento era la regola. Anche il giornale “la Repubblica” per quanto stesse nel
mercato aveva un orientamento politico di sinistra. Negli anni 90 nacquero
“l’Indipendente”(lega Nord) e “il Giornale”(Forza Italia), ma anche loro avevano
comunque delle posizioni politiche ben precise. I giornali italiani in questo senso
svolgono anche una funzione di mobilitazione rispetto a fatti ed eventi politici, un
ruolo simile in pratica a quello degli organi di partito. Nei paesi del Mediterraneo
anche i sistemi televisivi pubblici mantengono stretti rapporti con i partiti politici
prefigurando quel modello definito “la politica sula televisione” (la Francia fa
eccezione). Infatti De Gaulle considerava il controllo televisivo essenziale per il
governo, e rappresentava il caso tipico di modello governativo. Ma nel 1989, con la
formazione del Conseil superieur de l’audiovisuel la Francia si allontanò dal
controllo del governo, in quanto il ruolo del Csa limita le possibilità del governo di
intervenire nella gestione delle reti. In Grecia, Portogallo e Spagna la maggioranza
politica esercita un controllo effettivo sulla televisione pubblica. Francia, Grecia,
Spagna e Portogallo sono tutti essenzialmente sistemi maggioritari, l’Italia è un
sistema consensuale e la politicizzazione della televisione ha assunto una forma
diversa. Il controllo della Rai è passato dal governo al Parlamento e la Rai è stata
sempre più sottoposta a un processo di lottizzazione per mezzo del quale i partiti
hanno continuato ad avere una posizione dominante. Negli anni 80 così si impose un
sistema di spartizione tra rai1, rai2 e rai3 rispettivamente assegnati alla Dc, partiti
laici e opposizione comunista. La lottizzazione ha riguardato anche le nomine di gran
parte del personale. In questo sistema c’era un mix di pluralismo esterno (diverse
forze politiche avevano canali propri) e pluralismo interno (ogni canale aveva
impiegati e giornalisti di partiti diversi). Nei primi anni 90, l’indebolimento del
sistema partitico italiano ha mutato in vari modi questo sistema (il consiglio di
amministrazione della Rai ora ha 5 membri, 3 della maggioranza e 3 dell’opposizione
e in un certo senso riflette la logica maggioritaria). Non c’è più una divisione netta tra
i canali anche se i vari direttori continuano ad essere coinvolti nella politica.
Possiamo dire che nei paesi mediterranei la politica tende a rivestire il ruolo
principale nella televisione, di conseguenza l’agenda dell’informazione non è dettata
da giudizi puramente giornalistici su ciò che fa notizia, ma è il frutto di una
determinata linea politica.

Professionalizzazione: Nei paesi mediterranei i giornali tipicamente valorizzavano


assai più scrittori, politici e intellettuali, e il giornalismo era un occupazione
secondaria, mal pagata e alla quale spesso si aspirava come trampolino di lancio per
una carriera politica. Le radici politiche e letterarie del giornalismo erano più
profonde e i collegamenti politici persistettero molto più a lungo. L’intervento statale,
particolarmente nei periodi di dittatura, interruppe l’evoluzione del giornalismo come
professione, di conseguenza, il livello di professionismo rimase più basso nei paesi
del Mediterraneo (questo però non significa che i giornalisti qui siano meno colti che
in altri paesi, anzi la qualità della scrittura e la finezza dell’analisi politica sono più
elevate qui che nei giornali americani). In Francia e Spagna le organizzazioni
professionali e i sindacati dei giornalisti sono deboli, mentre in Italia il sindacato è
diventato una forza molto importante e ha avuto un ruolo centrale nei recenti tentativi
di stabilire un codice etico (in questo senso l’Italia è più vicina ad alcuni dei paesi
democratico corporativi). Nel 1963 venne istituito in Italia, l’Ordine dei giornalisti,
dando ai giornalisti uno status legale simile a quello di avvocati e altri professionisti.
Tutti i giornalisti devono appartenervi per esercitare la professione. In generale, però,
nei paesi Mediterranei tentativi di stabilire codici etici hanno certamente avuto luogo,
ma non sono diventati comuni né sono stati istituzionalizzati nella cultura e nella
pratica giornalistica.

Autonomia giornalistica vs strumentalizzazione: Il debole consenso sugli standard


giornalistici e lo sviluppo limitato dell’autoregolamentazione professionale riflettono
il fatto che il giornalismo nella regione mediterranea non si è affermato in quanto
istituzione autonoma ma è stato regolamentato da forze esterne, principalmente dal
mondo della politica e degli affari. Pansa, giornalista italiano parla di “giornalista
dimezzato”, nel senso che il giornalista italiano appartiene per metà a se stesso
essendo l’altra metà appannaggio di poteri esterni al giornalismo: proprietari dei
media, finanziatori e politici. Una delle prassi più diffuse nell’area mediterranea è
l’uso dei media come strumenti per intervenire nel mondo politico. Anche la
televisione pubblica è stata subalterne allo Stato sia nel promuovere la cultura
nazionale (come in Francia), sia nel favorire il pluralismo politico e il compromesso
(come nel caso della Rai con la lottizzazione). La forma più significativa di
strumentalizzazione, comunque, è l’uso dei media da parte delle imprese, sia private
che pubbliche, per esercitare influenza nel mondo politico. In Italia i giornali non
producevano profitti ed erano mantenuti in vita dagli imprenditori in primo luogo
come mazzi per influenzare la politica. Il caso più eclatante è quello della televisione
privata con l’impero Berlusconi. Un ovvio correlato della strumentalizzazione è il
basso livello di autonomia giornalistica (appunto “il giornalista dimezzato”). Solo
giornali come “le Monde” e “Liberation” si sono dati una forma di controllo da parte
della redazione, rimanendo un grande esempio inusuale di autonomia giornalistica.
“Le Monde” ad esempio ha seguito una politica di limitazione del flusso di entrate
pubblicitarie come protezione del giornale da influenze esterne. Comunque in
generale nei paesi mediterranei l’autonomia giornalistica è bassa. I giornalisti italiani
ricevono pressioni dai propri caporedattori e a volte gli articoli vengono modificati
per motivi politici. Anche nella tv pubblica il ruolo del giornalista subisce limitazioni.

I media e lo Stato: Lo Stato ha sempre svolto una funzione importante nelle società
dell’Europa meridionale e la sua presenza nei sistemi di comunicazione non fa
eccezione. Spesso però la sua capacità d’intervento è limitata data la mancanza di
risorse e di consenso politico, nonché da rapporti di clientelismo che impediscono la
possibilità di un’azione unitaria. In generale il diretto controllo autoritario degli anni
della dittatura è passato, ma alcune tracce restano anche nel periodo democratico. Ad
esempio la legge francese conferisce allo Stato il diritto di bloccare le pubblicazioni
in determinate circostanze, come anche in Grecia. In Spagna le pressioni sui
proprietari continuano ad essere un importante strumento d’intervento politico. Come
nel resto d’Europa, la televisione è stato quasi sempre sotto il controllo statale, ma lo
Stato ha anche avuto un significativo ruolo di proprietario della carta stampata.
L’Italia e la Francia hanno i più alti livelli di sussidi statali alla stampa in Europa.
Sostegni diretti sono andati innanzitutto a giornali economicamente marginali, per
mantenere livelli accettabili di pluralismo politico. Sussidi indiretti sono stati forniti
invece a tutta la stampa sotto forma di riduzione delle tasse e ci sono anche
sovvenzioni alla categoria dei giornalisti come ad esempio biglietti aerei o ferroviari
a prezzi ridotti e, attraverso l’Ordine dei giornalisti, pensioni e assistenza medica
superiori alla media. Al pari di altri paesi europei e in contrasto con il modello
liberale degli Stati Uniti, i sistemi mediterranei concepiscono i media come istituzioni
sociali legittimamente soggette a una sostanziale regolamentazione nell’interesse
pubblico. Un aspetto rilevante nella recente storia politica dei paesi mediterranei è
l’esplosione degli scandali politici, un elemento che riflette cambiamenti nella
relazione tra media e Stato. Il ruolo centrale dello Stato nei sistemi mediali del
Mediterraneo ha limitato la tendenza dei media a giocare quel ruolo di watch dog così
valorizzato nella teoria liberale dei mezzi di comunicazione. Uno Stato altamente
centralizzato non disponibile a quella fuga di notizie che caratterizza il sistema
americano e la cronaca investigativa o la divulgazione di corruzione erano rare. Tra
gli anni 80/90, però, in seguito ai vari scandali politici, è cambiata la situazione. In
Italia tangentopoli ha determinato un mutamento radicale della struttura politica, con
la scomparsa di quasi tutti i partiti e l’arresto di molti leader politici. I media
divennero meno obbedienti e le loro relazioni con le elite politiche più conflittuali.
Gli scandali sono emersi più per iniziativa dei magistrati che per i giornalisti, ma
grazie all’attenzione e al supporto dei media, i giudici furono capaci di produrre
cambiamenti che sarebbero stati inconcepibili in un’epoca precedente.

“Deregolamentazione selvaggia”: Traquina, a proposito dei mutamenti nel sistema


della comunicazione di massa in Portogallo negli anni 80/90 parla di una
“deregolamentazione selvaggia” in quanto il Portogallo ha introdotto le televisione
commerciali in modo incontrollato, senza imporre vincoli di servizio pubblico e
senza protezione di quegli interessi che la televisione pubblica si supponeva dovesse
servire: fornire informazioni ai cittadini sugli avvenimenti pubblici, permettere
l’accesso ad una pluralità di punti di vista politici ecc.. I modelli di sviluppo della
televisione differiscono tra i 5 paesi considerati ma la “deregolamentazione
selvaggia” si applica all’intera area mediterranea, eccetto la Francia. Il diluvio
commerciale è arrivato nell’Europa mediterranea con meno limiti che nell’Europa
settentrionale. L’Italia condivide con i paesi democratico-corporativi una lunga
tradizione di concezione della televisione come servizio pubblico, anche se questa
nozione è stata spesso snaturata dall’intensità del controllo dei partiti. La Corte
costituzionale italiana spezzò il monopolio Rai nel 1976, ma fino al 1990 l’Italia non
ebbe alcuna legge per regolare la televisione commerciale. Un caso, appunto, di
deregolamentazione selvaggia. In Spagna, come in Grecia e Portogallo, una
televisione pubblica nel senso pieno della parola non è mai esistita. La nozione di
deregolamentazione selvaggia non può essere estesa anche alla Francia, in quanto il
Conseil superieur de l’audiovisuel è un’agenzia di regolamentazione molto attiva che
segue standard mondiali. Essa ha un potere sostanziale anche sulla programmazione
delle emittenti private.

Storia politica, struttura e cultura: la libertà di stampa fu introdotta in Italia e nella


penisola iberica con le conquiste napoleoniche. L’industrializzazione e il mercato si
affermarono solo in misura limitata. La vita culturale era dominata dalla Chiesa. Le
forze sociali che avrebbero dovuto costituire la base politica del liberalismo,
borghesia industriale e commerciale e classi medie urbane,erano sostanzialmente
deboli. La debolezza delle istituzioni liberali, sociali ed economiche ha limitato lo
sviluppo della stampa a circolazione di massa. Anche l’instabilità politica e la
repressione ostacolarono la crescita dei media commerciali.

Pluralismo polarizzato: la resistenza delle forze conservatrici nell’Europa


meridionale ha determinato un sistema politico nettamente polarizzato e conflittuale.
I sostenitori del vecchio ordine sono riusciti a resistere per lungo tempo alla
modernizzazione liberale. Così quando la democrazia liberale si è consolidata, tardi,
nell’Europa meridionale ha assunto la forma di pluralismo-polarizzato: i tanti partiti
politici nettamente distinti per orientamento ideologico includono anche partiti
antisistema, a destra e a sinistra. Francia e Italia avevano i più grandi partiti comunisti
dell’Europa occidentale, ma anche significativi partiti di destra. Lo sviluppo dei mass
media è stato influenzato dai modelli politi del pluralismo-polarizzato. I giornali, e
anche i media elettronici hanno partecipato attivamente alle lotte fra i diversi campi
ideologici. La radicalità delle divisioni ideologiche hanno ostacolato il sorgere di una
cultura professionale indipendente dalla politica. In particolare in Italia, è dato ampio
spazio alla cronaca politica, e c’è un giornalismo indirizzato agli stessi attori della
politica piuttosto che al pubblico di massa. In un sistema multipartitico come quello
dei paesi pluralisti-polarizzati, il cuore della comunicazione politica è il processo di
negoziazione che ha luogo tra partiti, fazioni e a altri attori sociali ad esse collegati.
Inoltre, e soprattutto in contrasto con i paesi democratico-corporativi, il processo di
negoziazione non ha nessun riferimento forte a una concezione condivisa
dell’interesse generale: la cosa più importante è l’interesse particolare del gruppo al
quale ciascun mezzo di comunicazione è legato.

Il ruolo dello Stato: il ritardato decollo del liberalismo nell’Europa meridionale è


legato anche alla forte presenza dello Stato. Con un mercato scarsamente sviluppato,
lo Stato ha esercitato un ruolo centrale nell’accumulazione capitalistica; ugualmente,
in assenza di una solida borghesia e di società civile, esso ha esercitato la propria
influenza anche organizzando la vita sociale della modernità. In Francia e in Italia si è
configurato un energico Stato sociale, simile a quello delle società democratico-
corporative. Soprattutto in Italia ciò si è manifestato in politiche di sostegno alla
stampa e nel tentativo di costruire la televisione di servizio pubblico come arena
aperta a tutti i gruppi politici e sociali. Però questi ideali, sono stati confusi con una
cultura politica più incline al particolare che all’interesse generale e così il risultato
raggiunto è stato diverso rispetto ai paesi democratico-corporativi. In Spagna,
Portogallo e Grecia lo Stato sociale è più debole.
Clientelismo e autorità razionale-legale: il ritardato sviluppo di istituzioni liberali
nell’Europa meridionale è legato anche all’importanza del clientelismo e a
un’affermazione limitata dell’autorità razionale-legale. Il clientelismo è un modello di
organizzazione sociale nel quale l’accesso alle risorse è controllato da padrini e
trasmesso a clienti in cambio di vari tipi di sostegno. La Francia è un’eccezione a
questo modello di relazioni clientelari e di debolezza dell’autorità razionale-legale.
Questa è una delle motivazioni principali per cui abbiamo descritto la Francia come
caso limite, tra il sistema pluralista-polarizzato e quello democratico-corporativo. La
Francia ha una forte tradizione culturale dello Stato come personificazione della
volontà generale e una lunga storia di amministrazione professionalizzata,
producendo un’elite amministrativa selezionata con criteri meritocratici piuttosto che
politici, dotata di autonomia sostanziale. Sicuramente in tutti i paesi qui considerati il
clientelismo si è indebolito in anni recenti per diversi motivi: la crescita economica;
l’importanza assunta dalle istituzioni europee; lo sviluppo della formazione
professionale nel giornalismo. Una delle differenze chiave tra i paesi mediterranei e i
sistemi liberali o democratico-corporativi è che le istituzioni di governo sono
maggiormente permeate dai partiti politici. Stessa cosa vale per la burocrazia e la
magistratura. Il clientelismo e la mancanza di autorità razionale-legale quindi sono
motivi importanti del tardivo sviluppo della professionalizzazione giornalistica
nell’Europa meridionale.

Conclusioni: nell’Europa meridionale la lunga e conflittuale transizione verso il


capitalismo e la democrazia borghese ha prodotto un sistema di comunicazione
intimamente legato al mondo politico. Una volta consolidata la democrazia, ha
prevalso un alto livello di parallelismo politico, con i media che servivano a
rappresentare la vasta gamma di forze politiche che si contendeva il potere. La
stampa commerciale non si è sviluppata in maniera massiccia;la circolazione dei
giornali è rimasta bassa mentre i media elettronici assumono una posizione di
centralità (solo la Francia si allontanava da questo modello). La professionalizzazione
giornalistica è meno pronunciata e la strumentalizzazione dei media da parte dello
Stato, dei partiti e di privati con legami politici è abbastanza comune. I media dei
paesi mediterranei differiscono dalla norma liberale dominante del professionismo
neutrale e dal modello watch dog. I partiti politici hanno grande importanza in tutti i
paesi del Mediterraneo e questo risulta dalla storia del conflitto politico, dal forte
ruolo dello Stato e da un’articolazione tradizionalmente più debole della società
civile.
Cap6: Il modello dell’Europa centro-settentrionale o democratico-corporativo

Quello che chiamiamo modello democratico-corporativo si è sviluppato


principalmente nell’Europa centro-settentrionale: Scandinavia, Paesi Bassi,
Germania; Austria e Svizzera. L’influenza reciproca dei modelli culturali e politici
sono stati molto forti tra alcuni paesi: fra Austria, Svizzera e Germani; fra i paesi
Scandinavi; fra Belgio e Paesi Bassi. L’interazione fra questi paesi è stata spesso
conflittuale ma anche il conflitto è rapporto sociale. Il conflitto ha accresciuto il
bisogno di strumenti organizzatevi e tecnologici per far circolare le idee e orientare
l’opinione pubblica: i giornali sono stati centrali in questo processo. Anderson perla
di una “colossale guerra di propaganda religiosa” che iniziò con la sfida di Lutero alla
Chiesa e venne combattuta in larga parte attraverso la carta stampata. La guerra dei
Trent’anni che seguì la Riforma svolse un ruolo importante nel creare una cultura e
una sfera pubblica condivise nei paesi dell’Europa centro-settentrionale. La neonata
carta stampata fu soprattutto veicolo d’espressione di radicate subculture religiose e
politiche in conflitto. All’inizio del XX secolo questi paesi adottarono modelli politici
che implicavano il compromesso e la condivisione del potere tra le maggiori forze
organizzate della società e una rilevante espansione dello Stato sociale. Le forze
conservatrici della Chiesa cattolica e dell’aristocrazia terriera erano invece molto più
deboli che nei paesi dell’Europa meridionale. In questi paesi comunque, nonostante
rilevanti differenze, i loro sistemi di comunicazione condividono importanti tratti
comuni: caratteristiche specifiche dei paesi democratico-corporativi 3 compresenze
caratteristiche che potremmo ritenere incompatibili, ma che sono stati invece presenti
contemporaneamente in questi paesi. 1°compresenza: alto grado di parallelismo
politico, ma anche una forte tendenza dei media ad esprimere parzialità con una
stampa a circolazione di massa molto consistente. Sono sorti in questi paesi solidi
mercati della comunicazione con elevati livelli della circolazione dei giornali (i paesi
democratico-corporativi sono i primi in Europa per la circolazione di giornali). Ad
eccezione del Belgio che infatti si trova a metà tra il modello democratico-
corporativo e pluralista-polarizzato. 2°compresenza: l’alto livello di parallelismo
politico è coesistito con un alto livello di professionalizzazione giornalistica, con
l’idea della responsabilità verso l’interesse pubblico e con un alto livello di
autonomia da altri poteri sociali. I sistemi democratico-corporativi condividono
alcuni elementi del modello pluralista-polarizzato (alto grado di parallelismo politico,
pluralismo esterno e partigianeria nella stampa) e altri del modello liberale (forte
sviluppo del mercato dei media e della professionalità). 3°compresenza: ha a che
fare con il ruolo dello Stato. Tranne che in Germania e Austria le istituzioni liberali si
sono affermate presto. In questo senso va rilevata una prassi consolidata di
limitazione del potere dello Stato di cui lo sviluppo della libertà di stampa è una delle
manifestazioni principali. Elemento che distingue i paesi democratico-corporativi da
quelli liberali è il coinvolgimento del settore pubblico nella sfera dei media.

Le radici antiche della carta stampata: i paesi dell’Europa settentrionale sono stati
all’avanguardia per quanto riguarda lo sviluppo della libertà di stampa e dei principi
di pubblicità che caratterizzano la democrazia parlamentare. In molti casi la nascita
dei primi giornali fu legata al capitalismo mercantile, in altri a lotte politiche o
religiose. L’espansione dei media connessi alla nascente borghesia colta è centrale
per la storia della comunicazione di massa in tutti gli Stati democratico-corporativi
(eccetto in Germani e Austria a causa di uno Stato assolutista più forte e duraturo).
Negli altri paesi i mercanti, i cui estesi interessi commerciali li hanno resi i primi
consumatori di giornali, hanno svolto un ruolo molto importante nel processo di
mutamento sociale. Il primo giornale moderno svedese, 1830, “Aftonbladet” non solo
conteneva pubblicità e notizie politiche e commerciali utili in un mercato emergente,
ma esprimeva anche il desiderio della nuova borghesia di riforme liberali, politiche
ed economiche. La Svezia anticipò tutta l’Europa, e perfino il resto del mondo,
stabilendo i principi della pubblicità e della libertà di stampa. La sua Costituzione del
1766 riconobbe il diritto d’accesso a documenti ufficiali e la libertà di stampa,
partecipazione dei cittadini alla vita politica e libera circolazione delle informazioni
determinanti per lo sviluppo della stampa. La libertà di stampa arrivò più tardi in
Austria e Germania finchè in quest’ultima Bismarck eliminò la precedente censura e
rese possibile la nascita di giornali nazionali. Lo sviluppo della stampa qui fu
connesso alla nascita dell’autorità razionale-legale. La crescita enorme di un mercato
di massa per la stampa si fondava su un fattore chiave, ossia la precose crescita
dell’alfabetismo. Inizialmente i progressi dell’alfabetismo nell’Europa settentrionale
furono connessi alla Riforma protestante che sancì “studiare per leggere e vedere con
i propri occhi ciò che Dio offre”. Un altro elemento collegato allo sviluppo della
stampa di massa fu l’espansione del sistema postale. Lo sviluppo dell’alfabetismo e
del sistema postale è strettamente legato all’avvio dell’industrializzazione e alla
crescita delle istituzioni di mercato che contribuirono all’aumento della stampa di
massa. Le fasi dell’evoluzione della stampa nei paesi democratico-corporativi sono
parallele a quelle dei paesi liberali o della Francia. Inoltre anche il “patriottismo
locale” può essere un’altra possibile ragione dell’alta circolazione di giornali nei
paesi nordici: perfino nei centri più piccoli, i cittadini volevano avere un proprio
giornale locale.

Fra mercato e partigianeria: oltre che nel commercio la crescita dei primi giornali
affonda le proprie radici nei conflitti religiosi che seguirono la Riforma protestante e
nelle lotte politiche che accompagnarono la nascita dello Stato-nazione. Il giornale fu
allo stesso tempo istituzione del mercato e attore della dialettica politica, fonte
d’informazione per i commercianti e mezzo per formare e mobilitare l’opinione
pubblica. La coesistenza tra partigianeria e circolazione di massa dei media che
caratterizza la storia dell’Europa centro-settentrionale ha chiaramente origine nel
protestantesimo. Il protestantesimo fu il primo movimento, religioso o laico, a usare
la stampa per la propria propaganda e la critica contro un’istituzione egemone,la
Chiesa cattolica romana. Il protestantesimo aveva grande affinità con l’illuminismo in
quanto entrambi sostenevano la ragione individuale e il dibattito aperto opposto alla
fede incondizionata. Data la netta divisione in subculture politiche e culturali, il
modello di organizzazione sociale venne definito “pluralismo segmentato”(non solo
Paesi Bassi ma anche Austria, Svizzera e Belgio). Le istituzioni, come i partiti
politici, si sono radicate in queste subculture diffondendo la tradizione di una stampa
pluralista con forti funzioni di mobilitazione. La società olandese era un esempio di
pluralismo segmentato con movimenti sociali, associazioni di volontariato e partiti
politici che ricalcavano le divisioni religiose e ideologiche. Ogni subcultura è dotata
di propri canali di socializzazione e di comunicazione (nel caso olandese i pilastri
erano le subculture protestante, cattolica e socialista e ogni gruppo aveva anche la
propria stampa). In Germania la polarizzazione politica del periodo di Weimar e le
sue conseguenze videro anche la creazione dell’impero commerciale, ma
contemporaneamente altamente politicizzato. La strumentalizzazione della stampa
tedesca (da parte di Hugenberg, sostenitore del nazismo e leader dell’ala di estrema
destra) è sicuramente simile per molti aspetti a quanto si riscontra nei sistemi
pluralisti-polarizzati, sebbene con la differenza che questi giornali furono
commercialmente di successo raggiungendo livelli di circolazione di gran lunga
maggiori rispetto a quelli della regione mediterranea. Questa forma estrema di
pluralismo polarizzato durante il periodo di Weimar, non si è riproposta in Germania
dopo la seconda guerra mondiale. Comunque il parallelismo della stampa di partito
ha molte dimensioni: può manifestarsi nel possesso dei mezzi d’informazione, nelle
appartenenze dei giornalisti, dei proprietari e dei manager, nella tipologia dei lettori e
nel contenuto dei media. Ciascuna di queste dimensioni è stata storicamente presente
nei paesi democratico-corporativi. Contemporaneamente alla nascita dei giornali di
partito, nell’Europa centro-settentrionale si stava configurando una forte stampa
commerciale a circolazione di massa, ma soprattutto una stampa indipendente e di
qualità. Nei sistemi democratico-corporativi i tabloid (giornali di strada
sensazionalistici) contano su un pubblico di lettori medio borghese. Nei sistemi
democratico-corporativi è pratica frequente leggere sia un giornale di qualità sia un
tabloid. L’espansione dei giornali commerciali omnibus, che segue il declino della
stampa politica, è uno dei tratti salienti dei mass media in questi paesi del XX secolo
(in Danimarca i quotidiani avevano raggiunto picchi del 100% dall’inizio del 900).
Oggi in questi paesi i giornali commerciali sono nettamente dominanti.

Lo Stato e i media: lo Stato ha alcune responsabilità nei confronti dei mass media.
Deve assicurare che la libertà di espressione e di stampa siano formalmente e
realmente garantite. Ai giornalisti deve essere garantito il diritto di ricercare
informazioni. Il liberalismo trionfò presto nell’Europa settentrionale, ma tuttavia,
proprio lo sviluppo del corporativismo democratico all’inizio del XX secolo ha
modificato la tradizione liberale. Il corporativismo democratico è nato da un processo
di contrattazione tra differenti interessi sociali, degli imprenditori, degli operai ecc..
Un elemento chiave di quella contrattazione è stata l’espansione dello Stato sociale,
caratteristica significativa dei paesi dell’Europa centro-settentrionale. Questa
espansione rappresenta una delle differenze più importanti nella struttura politica e
nella cultura dei paesi democratico-corporativi e di quelli liberali. È anche qualcosa
che i paesi democratico-corporativi condividono con alcuni Stati mediterranei,
Francia e Italia. Tutti gli Stati democratico-corporativi, tranne Svizzera e Germania,
forniscono sussidi diretti alla stampa. Tutti inoltre prevedono sovvenzioni indirette, di
solito sotto forma di esenzioni fiscali. Tuttavia, in tutti i paesi i sussidi economici non
sono stati in grado di ribaltare il successo della stampa commerciale, seppure abbiano
consentito ad alcuni giornali politici di mantenersi in vita, contribuendo alla difesa
del pluralismo. Molti ritengono però che il sistema dei sussidi potrebbe esporre i
giornali a pressioni dello Stato rendendoli meno propensi ad esercitare il previsto
ruolo di guardiani del potere. Ma la crescita del professionismo critico nel
giornalismo dell’Europa del Nord è avvenuta, nel periodo in cui i sussidi sono stati
più ingenti. Infatti questi sono stati accordati secondo criteri trasparenti, compatibili
con il funzionamento dell’autorità razionale-legale che rende difficile la
manipolazione dei sussidi per farne uno strumento di pressione sui giornali. Nei paesi
democratico-corporativi si tende a combinare un’articolata legislazione a favore della
libertà di stampa con un elevato livello di regolamentazione dei media (ad esempio la
pubblicità politica a pagamento in televisione è proibita in Belgio, Danimarca, Svezia
e Svizzera) che conferma ancora l’ipotesi per cui esse sono un’istituzione sociale e
non semplicemente un affare privato. Nel caso della carta stampata lo Stato interviene
per modificare i meccanismi del mercato, ma il sistema predominante è liberale,
basato sulla proprietà privata e sul mercato. Nel caso della televisione, invece, il
ruolo dello Stato è dominante. La televisione è concepita come istituzione la cui
influenza sulla società è troppo grande per essere lasciata sotto il controllo di interessi
privati. I paesi democratico-corporativi si distinguano per la grande popolarità di cui
gode il servizio pubblico.
La gestione della televisione pubblica: esistono differenze fra i paesi democratico-
corporativi per quanto riguarda la televisione pubblica. Rispetto ai 4 modelli di
gestione della televisione pubblica (governativo, parlamentare, civico, professionale),
in questa regione si trovano varie combinazioni degli ultimi tre. Data la grande
importanza attribuita al consenso tra i vari gruppi politici che caratterizza il
corporativismo democratico, ciascun paese si discosta dal modello governativo che
invece prevale in molti contesti pluralisti-polarizzati. Nei paesi democratico-
corporativi i professionisti della tv godono di livelli di autonomia alti, e in questo
senso tali paesi sono simili a quelli che rientrano nel modello professionale,
l’esempio classico è la Bbc. Ma paragonati ai sistemi liberali, i paesi democratico-
corporativi assegnano un ruolo più ampio, nella gestione della televisione pubblica, a
forze politiche organizzate, sia partiti politici (come avviene nel modello
parlamentare) sia a gruppi socialmente rilevanti (come avviene nel modello civico). Il
caso olandese è abbastanza inusuale, ma anche esemplare in quanto basato sulla
rappresentanza di gruppi sociali organizzati. Il sistema olandese era basato su una
forma di pluralismo esterno, con organizzazioni televisive distinte in rappresentanza
dei diversi gruppi sociali. In altri paesi invece si preferiva il pluralismo interno, cioè
dentro ogni singola organizzazione si tentava di accogliere i diversi gruppi espressi
dalla società. I sistemi televisivi dei paesi democratico-corporativi differiscono da
quelli liberali. Il modello professionale della Bbc è basato sulla rigida separazione
della televisione tanto dal governo quanto dai partiti e da altre forza sociali
organizzate. Il pluralismo in teoria è raggiunto escludendo la politica dalla gestione
della tv, lasciata ai professionisti responsabili di rappresentare la complessità della
società. I paesi democratico-corporativi, al contrario, prediligono un modello nel
quale il pluralismo è perseguito assicurandosi che una molteplicità di forze politiche e
sociali sia inclusa nel governo stesso della tv. Questo modello definito la politica nel
sistema televisivo si manifesta in modo particolare in Germani, Austria, Belgio,
mentre i paesi nordici tendono di più verso il modello professionale. Il sistema
tedesco è dunque, insieme a quello olandese, il classico esempio di sistema televisivo
civico, basato sulla rappresentanza oltre che dei partiti politici anche delle varie
organizzazioni della società civile (la critica a questo modello è che spesso i partiti
politici dominano, anche perché gli esponenti dei gruppi socialmente rilevanti sono
spesso schierati politicamente, e in questo caso si sfocerebbe nel modello
parlamentare di gestione televisiva). Inoltre in Germania la Corte costituzionale
federale ha un ruolo molto importante nel monitoraggio della televisione dovuto
anche ad una consolidata tradizione di autorità razionale-legale. Questa ha esercitato
la proprio influenza proteggendo l’indipendenza della televisione quando il governo
cercava di piegarla a un controllo più completo da parte dell’esecutivo. Fra tutti i
paesi democratico-corporativi, il Belgio è il più vicino al modello pluralista-
polarizzato per quanto riguarda il carattere politico del suo sistema televisivo. I paesi
nordici tendono maggiormente verso il modello professionale, cioè un sistema in cui
la televisione è concepita come istituzione non politica al servizio dell’intera società.
La proprietà pubblica e il pluralismo interno, la compresenza dei rappresentanti di
diversi gruppi sociali nella stessa organizzazione, limitano la possibilità di esprimere
punti di vista chiaramente faziosi. Il modello della Bbc indipendente e neutrale è stato
influente ovunque, anche se nell’Europa centro-settentrionale la sua attuazione è stata
spesso condizionata dal forte ruolo dei partiti e dei gruppi sociali.

Professionalizzazione: i media nei paesi democratico-corporativi hanno sempre


avuto radicati rapporti con le forze politiche organizzate, ma nonostante ciò questi
paesi sono caratterizzati da un precoce e intenso sviluppo del professionismo
giornalistico. L’alta circolazione dei giornali ha permesso alle imprese giornalistiche
di accumulare risorse economiche e quindi di offrire ai giornalisti compensi tali da
rendere non necessaria la ricerca di introiti integrativi. Sono così nati giornalisti a
tempo pieno. La formazione delle prime associazioni professionali in Norvegia nel
1883 precedette di 7 anni l’Institute of Journalists in Gran Bretagna. Come altre
organizzazioni nei paesi democratico-corporativi, i sindacati dei giornalisti oggi sono
di solito unitari, senza divisioni politiche, con alti tassi di affiliazione (come per
esempio in Germani e Paesi Bassi). Queste istituzioni hanno avuto molto importante
nel dibattito sui concetti di etica professionale e di libertà di stampa e anche a
proposito di questioni meramente economiche. In tutti questi paesi esistono sistemi di
autoregolamentazione della stampa formalizzati e abbastanza influenti. Dappertutto,
tranne in Belgio, è previsto un press council. Tale organizzazione gode di un livello
elevato di legittimazione tra i giornalisti e gli editori. Questi (press councils) sono
stati creati proprio per loro iniziativa, e non dallo Stato, sebbene in alcuni casi la sua
partecipazione alla definizione delle norme sia stato importante. La loro funzione si
esplica soprattutto nella formulazione dei codici etici seguiti dai giornalisti e dalle
organizzazioni degli editori. Il livello di autonomia giornalistica comunque è
abbastanza elevato. I giornalisti tedeschi si lamentano meno di tutti che i pezzi da
loro scritti subiscono modifiche al’interno delle redazioni. L’alto livello di
professionalizzazione nei paesi democratico-corporativi significa che la nozione di
strumentalizzazione dei media non è un argomento centrale. C’è addirittura meno
attenzione a questo argomento in questi paesi che in quelli liberali. La svolta verso il
professionismo critico è avvenuta sia nella carta stampata che nella televisione, sia
nella stampa commerciale che in quella di partito. La coesistenza di parallelismo
politico e professionismo è una delle caratteristiche peculiari di questo modello: il
giornalista è un professionista che rispetta le regola stabilite dalla professione e che
insiste sull’autonomia della pratica giornalistica dall’interferenza politica. Allo stesso
tempo egli mantiene un’identità politico-ideologica, come individuo e come parte di
una redazione e, in molti casi, aspira a intervenire attivamente nel mondo politico.

Declino e persistenza del parallelismo politico: la vera e proprie stampa di partito


nei paesi democratico-corporativi oggi è quasi completamente scomparsa, e il livello
di parallelismo politico dell’intero sistema dell’informazione è diminuito molto. La
depoliticizzazione dei giornali è avvenuta insieme ad un processo di secolarizzazione
della società. Questo processo di secolarizzazione si è accentuato in seguito al diluvio
commerciale dovuto alle televisioni private ed estesosi anche alla carta stampata, che
ha ulteriormente indebolito i legami fra mass media e i sistemi politici. I telespettatori
o i lettori non sono più visti come sostenitori di un particolare ordine sociale e
religioso ma come consumatori individuali. Nonostante ciò persiste un grado
significativo di pluralismo esterno nei media tedeschi, e anche in quelli svedesi,
sebbene con altrettanti forti valori professionali soprattutto per quanto riguarda la
separazione fra notizie e commento. Mentre i programmi televisivi risultano
abbastanza vicini al centro (anche per l’esigenze di pluralismo interno), i giornali
variano molto in base alle loro tendenza politiche. In altre parole il pluralismo esterno
nella stampa resta significativo in tutti i paesi democratico-corporativi, almeno per i
giornali nazionali. Comunque nonostante questo la forma di pluralismo esterno che
esiste oggi nei paesi democratico-corporativi è diversa da quelli dei paesi pluralisti-
polarizzati, dove il commento e l’informazione si sovrappongono spessissimo.

Storia politica, struttura e cultura: Katzenstein sostiene che i sistemi del


corporativismo democratico si svilupparono in Scandinavia, Paesi Bassi e Svizzera
intorno al 1930 a causa di una serie di compromessi politici, nel momento in cui
questi paesi cercavano di affrontare la crisi economia della Grande Depressione e di
evitare la polarizzazione e il crollo della democrazia come era avvenuto in Germania
e Austria, e come sarebbe successo in Spagna e Italia. Questi compromessi
riguardano accordi industriali, accordi tra le classi sui piani per la stabilizzazione
politica ed economica, ampie coalizioni politiche che incorporavano sia la destra che
la sinistra: un coordinamento volontario e informale di obbiettivi conflittuali
attraverso la contrattazione continua fra gruppi d’interesse, burocrazia statale e partiti
politici. Anche per questo nei paesi democratico-corporativi ci sono molti partiti
politici e un sistema consensuale piuttosto che maggioritario. Generalmente il
governo è sostenuto da ampie coalizioni in cui nessun partito dispone della
maggioranza assoluta e vige un sistema di suddivisione del potere fra diversi gruppi
d’interesse e differenti subculture politiche.
La centralità dei gruppi sociali organizzati: una delle caratteristiche più importati del
sistema democratico-corporativo è il ruolo centrale dei gruppi sociali organizzati, che
comprendono partiti politi, sindacati, comunità religiose ecc.. Il sistema corporativo è
fondato sull’esistenza di organizzazioni solide e unitarie che possono rappresentare
gli interessi dei propri membri nella contrattazione con altri gruppi. Qui il fatto è che
la tradizione di società civile non era confinata alle città ma si estendeva anche nelle
campagne; la frattura urbano/rurale che caratterizzò i paesi mediterranei,non esisteva
in modo così marcato al Nord. Questo processo di comunicazione, in cui i partiti e
altri gruppi sociali organizzati sono fondamentali è vicino a ciò che Curran chiama
sfera pubblica radicale democratica (simile ai paesi mediterranei, in particolare
l’Italia). Ci sono due aspetti principali del ruolo dello Stato nei paesi democratico-
corporativi. La tradizione di autonomie locali e il precoce trionfo delle istituzioni
liberali significano che c’è una filosofia consolidata sui limiti del potere statale.
Questa cultura è stata rafforzata dalla valorizzazione delle funzioni delle
organizzazione sociali che spesso si assumono responsabilità che altrimenti
ricadrebbero sullo Stato. Nel caso dei mass media ciò è molto evidente per la
televisione pubblica olandese,la cui gestione è stata delegata ai pilastri attraverso le
loro istituzioni televisive, sia per il sistema di autoregolamentazione della stampa,
condiviso da quasi tutti i paesi che rientrano in questo modello. Nonostante ciò tutti i
paesi democratico-corporativi sono caratterizzati da uno Stato interventista, e questa
caratteristica generale si manifesta in una forte televisione pubblica e in sistemi di
sussidio alla stampa. Questa è una differenza fondamentale tra il modello
democratico-corporativo e quello liberale dove lo Stato, sia come finanziatore che
come regolatore, ha un ruolo molto più debole.

Professionalizzazione giornalistica, “ideologia della collaborazione sociale” e


autorità razionale-legale: uno dei tratti distintivi del sistema di comunicazione
democratico-corporativo è la coesistenza del parallelismo politico e professionismo
giornalistico. Il parallelismo politico è strettamente legato alla forza dei partiti e delle
organizzazioni sociali; il professionismo giornalistico rimanda “all’ideologia della
collaborazione sociale” descritta come caratteristica centrale del corporativismo
democratico. Il corporativismo democratico ha anche generato una propensione dei
paesi democratico-corporativi verso il pluralismo moderato anziché verso quello
polarizzato, dal momento che i vari segmenti della società sono pervenute a una
comune definizione delle regole del gioco. Una delle differenza principali tra il
modello pluralista-polarizzato, dove il professionismo è poco sviluppato, e i modelli
democratico-corporativo e liberale, nei quali è più diffuso, è che la cultura politica
generale, nel primo caso, offre minore sostegno all’idea di interesse generale che
trascenda particolari gruppi e ideologie. A sua volta tutto ciò si collega alla forte
presenza dell’autorità razionale-legale in queste società, fattore che precede il
corporativismo democratico. Il concetto di autorità razionale-legale fu introdotto da
Max Weber. Uno degli elementi chiave di un sistema di autorità razionale-legale è la
presenza di un corpo amministrativo selezionato attraverso il merito anziché il
clientelismo, retto da regole prestabilite, svincolato da controlli esteri e, almeno in
teoria, al servizio dell’intera nazione. Un modello di autorità razionale-legale rende
più difficile quella strumentalizzazione che invece di frequente caratterizza i sistemi
pluralisti-polarizzati. L’esistenza di procedure amministrative e legali certe serve da
punto di riferimento comune e facilita lo sviluppo di norme condivise di
comportamento e un’ideologia di servizio pubblico. Un simile collegamento lo si può
trovare anche nei paesi liberali.

Conclusioni: i paesi dell’Europa centro-settentrionale si distinguono per una serie di


caratteristiche dette le 3 compresenze che mettono in luce somiglianze e differenze
rispetto ai modelli liberale e pluralista-polarizzato: 1°= sviluppo contemporaneo di
media commerciali a circolazione di massa e di media legati a gruppi sociali e
politici; 2°= parallelismo politico associato a professionismo giornalistico; 3°= una
consolidata storia di libertà di stampa unita a una tradizione di forte interevento
statale nei media, visti come istituzioni sociali e non come imprese private. Il
corporativismo democratico è connotato dalla presenza di una vasta gamma di partiti
e gruppi organizzati, con distinti interessi e ideologie radicate nelle storiche divisioni
sociali, e da un solido accordo sulle regole del gioco per cui questi gruppi
condividono il potere, risolvono i loro contrasti e giungono a decisioni collettive sul
bene comune. Il potere statale è stato storicamente limitato e ciò si è riflesso nel
precoce avvento della libertà di stampa e di altre componenti di una sfera pubblica
aperta. Allo stesso tempo la negoziazione democratica-corporativa ha
istituzionalizzato un saldo Stato sociale contraddistinto anche da un’ideologia di
responsabilità collettiva per il benessere comune e la partecipazione di tutti i gruppi e
di tutti i cittadini. Nel campo dei media, diffuso consenso sull’idea che lo Stato debba
giocare un ruolo positivo come garante di pari opportunità nella comunicazione per
tutte le parti sociali organizzate che perseguono appunto il bene comune.

Cap7: Il modello nord-atlantico o liberale

Esistono differenze sostanziali tra gli Stati Uniti, che rappresentano un esempio di
sistema liberale puro, e la Gran Bretagna, dove l’intervento dello Stato, il
corporativismo liberale e la democrazia sociale sono più forti che oltreoceano. Inoltre
tutti questi paesi hanno forti differenze interne, come nel caso della Gran Bretagna ad
esempio, con la sua marcata divisione tra stampa di qualità e tabloid, o differenze tra
sistemi di governo della televisione e della stampa. In ciascuno di questi paesi la
stampa commerciale è nata abbastanza presto ed è cresciuta con un intervento
limitato dello Stato, marginalizzando i giornali dipartito, quelli sindacali e religiosi.
In tutti questi paesi si è imposto uno stile giornalistico orientato all’informazione e la
neutralità politica tende ad essere forte, sebbene la stampa britannica rappresenti un
importante eccezione. In tutti questi paesi la professionalità giornalistica è fortemente
sviluppata. La televisione commerciale, tranne in Irlanda, ha giocato un ruolo più
importante che nella maggior parte dell’Europa continentale, benché esista una
differenza marcata tra gli Stati Uniti, dove il servizio televisivo pubblico è sempre
stato marginale, e gli altri tre paesi (Gran Bretagna, Canada e Irlanda) in cui esso è
stato centrale nella storia dei media.

Il liberalismo e lo sviluppo della stampa commerciale a circolazione di massa: lo


spirito imprenditoriale finalizzato al guadagno insieme ai conflitti politici che hanno
guidato lo sviluppo della democrazia parlamentare e la nascita della sfera pubblica,
sono state le forze alla base della precoce affermazione della stampa in Gran
Bretagna. Come nei paesi democratico-corporativi, il protestantesimo è stato
importante nell’iniziale espansione dell’alfabetismo. L’espansione del mercato e delle
classi sociali ad esso legate è stato cruciale per lo sviluppo della stampa. Nel 1642
iniziò la guerra civile inglese, nata a causa di conflitti religiosi e della lotta fra
interessi nel mondo contadino e interessi finanziari. Un numero altissimo di pamphlet
politici venne prodotto per combattere la guerra di propaganda. All’inizio del XVIII
secolo il sistema politico inglese cambiò in modo fondamentale. Il re o la regina
potevano governare solo tramite una maggioranza in Parlamento che controllava la
finanza pubblica (prima non separabile dalla Casa reale). Si iniziò ad usare la stampa
in modo consistente per mobilitare l’opinione pubblica e fare pressione sulla corona,
e di risposta ci fu anche una contro-propaganda. Inizialmente l’abolizione del
Licensing Act diede luogo ad una proliferazione di giornali, ma successivamente le
limitazioni alla stampa furono rafforzate dalla paura delle classi dominanti che
l’espansione della stampa avrebbe condotto ad una ribellione politica delle classi più
povere. Queste restrizioni ritardarono lo sviluppo della stampa commerciale a
circolazione di massa in Gran Bretagna fino al 1850. Con la rivoluzione americana
gli Stati Uniti mossero importanti passi in avanti verso la libertà di stampa e in
seguito il primo emendamento alla Costituzione americana rese la libertà di stampa
un principio fondamentale. La caratteristica principale della storia dei media dei paesi
nord-atlantici è lo sviluppo precoce e massiccio dei giornali commerciali. Il successo
di giornali come “World” di Pulitzer e “Daily Mail” produsse la figura del lettore di
massa che attraversa tutte le classi sociali. La circolazione dei giornali diminuì nei
paesi liberali a seguito dell’introduzione della televisione. Infatti oggi ci sono indici
di circolazione inferiore a quelli dei paesi democratico-corporativi, ma superiori a
quelli dei paesi del modello pluralista-polarizzato. La commercializzazione
comunque non ha solo ampliato la circolazione, ma ha trasformato i giornali da
imprese su scala ridotta, gran parte delle quali veniva assistita da sussidi di partiti
politici o dello Stato, in aziende con ingenti capitali e notevoli profitti. Di
conseguenze il valore crescente dei giornali come mezzi pubblicitari permise loro di
liberarsi gradualmente dal controllo del governo e dei partiti e diventare voci
indipendenti dell’opinione pubblica. L’interrogativo che ci si pone è se la
commercializzazione implichi autonomia del sistema d’informazione dalla politica, al
contrario, colonizzazione della sfera pubblica da parte del sistema economico. Di
certo si può dire che la commercializzazione ha emancipato i giornali dei paesi
liberali dalla dipendenza dai sussidi politici e statali, che erano i mezzi abituali di
finanziamento della stampa. La commercializzazione non ha però significato per la
stampa perdere tutti i legami con i partiti politici, piuttosto ha spinto tutto il sistema
dei media e i suoi operatori a divenire attori politici indipendenti. In questi paesi ad
esempio non ci sono mai stati giornali di partito come quelli che si sono sviluppati
nell’Europa continentale nel tardo 800, vale a dire organi direttamente controllati dai
partiti politici (unica eccezione il comunista “Daily Worker” in Gran Bretagna).
Neanche i giornali religiosi hanno giocato un ruolo significativo. I giornali etnici
hanno sempre fatto parte invece degli Stati Uniti e del Canada: la maggior parte sono
stati e sono tutt’ora ibridi che sopravvivono nel mercato anche grazie all’appoggio
politico. Sebbene il precoce sviluppo dei giornali commerciali a circolazione di
massa sia comune a tutti i paesi liberali, la struttura del mercato della stampa
contemporanea si è configurata in modi diversi. In Gran Bretagna c’è una netta
separazione trai giornali di qualità, con lettori appartenenti alla classe media e media-
alta, e i tabloid, sensazionalisti nello stile, che si differenziano ulteriormente in “di
mercato borghese” e “di mercato di massa”. Negli Stati Uniti e in Canada al
contrario, predominano testate locali con lettori appartenenti a diverse classi sociali.
Solo il mercato di New York, con il “Post” e il “Daily News” è paragonabile al
mercato dei giornali britannici. ( Cmq nel mercato britannico predominano i tabloid).

Parallelismo politico: la stampa commerciale si è sviluppata in modo massiccio in


Nordamerica e in Gran Bretagna. I giornali commerciali hanno posto in primo piano
le notizie, a scapito della retorica politica e del commento che avevano dominato la
stampa in precedenza. Tendenza alla neutralità politica e una forte stampa
commerciale significa anche basso livello di parallelismo politico. Negli Stati Uniti,
Canada e Irlanda la neutralità politica è diventata la regola fondamentale del
giornalismo. Anche la televisione in tutti e 4 i paesi è caratterizzata dalla neutralità e
dal pluralismo interno. La stampa britannica, al contrario, è caratterizzata da
pluralismo esterno, infatti la Gran Bretagna, nonostante il carattere commerciale, la
stampa ha sempre rispecchiato rigorosamente le divisioni dei partiti politici. Non è
possibile invece caratterizzare i giornali americani in base alle loro posizioni
politiche, perché il campo in realtà è molto ristretto fra il Partito democratico e quello
repubblicano. Qui comunque il principio di neutralità è molto evidente durante i
periodi di campagna elettorale, durante la quale i giornali americani prestano grande
attenzione all’equilibrio tra i due maggiori partiti. A tutti i maggiori giornali degli
Stati Uniti, Canada e Irlanda è assegnata una collocazione centrista, a metà strada
cioè tra repubblicani e democratici. Nonostante questo trend generale verso un
decrescente parallelismo politico, gli orientamenti politici dei giornali britannici sono
oggi marcati come in qualsiasi altra parte d’Europa. Il modello liberale include quindi
esempi alti (Gran Bretagna) e bassi (Stati Uniti, Canada e Irlanda) di parallelismo
politico. Per quanto riguarda invece la tv, contrariamente alla stampa, tutti e 4 i paesi
vantano forti tradizioni di neutralità politica e di pluralismo interno (in Gran Bretagna
soprattutto la Bbc, ma anche le televisioni Itv). Questa tendenza alla neutralità
politica ha avuto successo in tutti e 4 i paesi, conferendo alle televisioni un livello di
prestigio e credibilità non posseduto dai giornali.

Professionalizzazione: la professionalizzazione del giornalismo è molto sviluppata


nei paesi liberali. È nata infatti una comunità di professionisti con un proprio sistema
di valori e propri standard operativi, radicati all’interno di un ideologia di pubblico
servizio, e dotata di un significativo livello di autonomia. (Ciononostante ci sono
molte contraddizioni e ambiguità all’interno di questo processo). In Nordamerica la
professionalizzazione si è abbinata al progressivo sviluppo di giornali politicamente
neutrali e la forma dominante di pratica professionale è stata costruita intorno alla
nozione di obbiettività, e intorno all’idee che le notizie potevano e dovevano essere
separate dalle opinioni, includendo sia quelle dei giornalisti che quelle dei proprietari.
Grazie a queste trasformazioni la strumentalizzazione dei media diminuita. La svolta
verso giornali politicamente neutrali è derivata dal passaggio di un modello di stampa
retto dagli introiti provenienti dalla vendita del prodotto giornale a una stampa
sovvenzionata essenzialmente attraverso la pubblicità. I pubblicitari cominciarono ad
esprimere una chiara preferenza per il contenuto dei giornali che focalizzavano
l’attenzione sul lato bello della vita ed evitavano controversie politiche che avrebbero
potuto allontanare i lettori e vanificare l’effetto della pubblicità. In Gran Bretagna il
parallelismo politico invece è rimasto per lungo tempo, ma nonostante ciò il
giornalismo è fortemente professionalizzato. Ciò dipende in Inghilterra dallo sviluppo
della stampa come industria: i giornalisti cominciarono a fare cronaca politica
secondo le loro esigenze ed interessi, trattando gli argomenti in base alle proprie
prospettive e valori professionali. L’organizzazione formale della professione
giornalistica non si è delineata in modo evidente nei paesi liberali, almeno se
paragonata ai sistemi democratico-corporativo; l’autoregolamentazione
professionale avviene perlopiù in modo informale, è interna alle singole testate
giornalistiche e si sostanzia anche in una più vasta cultura giornalistica. Gli
americani dicevano che i giornalisti europei non erano professionali perché tropo
politicizzati, e inserivano sempre le proprie opinioni nelle loro cronache. Gli europei
consideravano i giornalisti americani non professionali perché troppo legati alle
procedure d’equilibrio e di obbiettività da non esprimere i propri giudizi.

Il ruolo dello Stato: i paesi liberali sono quelli in cui il ruolo dello Stato nella società
è piuttosto limitato e invece quelli del mercato e del settore privato abbastanza estesi.
Le istituzioni di mercato e l’ideologia liberale si sono imposte in misura notevole
anche nel campo dei mass media, manifestandosi nel precoce avvento dell’industria
mediale e della teoria liberale di una stampa libera, radicata nella società civile e nel
mercato. I sussidi statali alla stampa sono stati minimi in tutti e 4 i paesi liberali. La
televisione commerciale ha sempre rappresentato la forma dominante negli Stati
Uniti e, anche se in grado minore, in Gran Bretagna e in Canada. Ad ogni modo il
ruolo dello Stato non può essere ignorato, infatti ha rivestito un ruolo significativo
nello sviluppo della società capitalistica. Negli Stati Uniti ad esempio, esso ha
realizzato l’infrastruttura comunicativa iniziale (il sistema postale) che ha reso
possibile l’espansione della stampa ed ha anche incentivato la crescita dell’istruzione
pubblica. C’è anche una differenza netta del sistema d’informazione statunitense
dalla maggior parte di quelli europei facendo si che molti tipi di regolamentazione sui
media diffusi in Europa (norme sulla privacy, sulla pubblicità ecc..) siano
politicamente e legalmente impraticabili negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono stato
l’unico paese industrializzato ad aver realizzato un sistema televisivo ad assoluta
predominanza commerciale. La regolamentazione statale ha modellato in maniera
significativa il settore televisivo commerciale degli Stati Uniti. Si potrebbe affermare
che gli Stati Uniti sono intervenuti attivamente contro la concentrazione nel settore
dei mass media come ha fatto la maggior parte degli Stati europei. La Gran Bretagna
invece, non avendo una Costituzione scritta, la libertà di stampa resta certamente un
assunto culturale fondamentale ma non ha la stessa pervasività che negli Stati Uniti.
È nel mondo della televisione comunque che le differenze tra Stati Uniti e Regno
Unito sono più marcate, con la Gran Bretagna che ha creato il prototipo del servizio
pubblico radiotelevisivo. La Bbc si è basata su un’ideologia che rifiutava sia le forze
di mercato che le politiche in favore dell’efficienza e progettava uno sviluppo
controllato anche da esperti. La relazione tra Stato e mass media non coinvolge
solamente la regolamentazione, i finanziamenti e la proprietà, ma implica anche un
flusso continuo di informazioni. Sebbene la retorica dei paesi liberali tenda a
sottolineare un rapporto antagonistico fra media e Stato, è importante puntualizzare
che questo non significa che lo Stato abbia meno influenza sul processo di creazione
delle notizie. Un atteggiamento di critica e controllo nei confronti di coloro che
ricoprono cariche pubbliche fa certamente parte della cultura del giornalismo dei
paesi anglo-americani: esso si manifesta nello sviluppo della cronaca investigativa e
nella copertura giornalistica degli scandali, che è andata crescendo negli Stati Uniti,
specialmente a partire dal Watergate. La stretta relazione fra Stato e mezzi
d’informazione è stata notevolmente influenzata dallo sviluppo dell’idea di sicurezza
nazionale. Ambedue hanno una storia di cooperazione in tempo di guerra tra i media
e lo Stato. A volte ci sono state tensioni fra i media e lo Stato su eventi concernenti la
sicurezza nazionale,e lo Stato ha risposto con una serie di limitazioni e pressioni sui
media e sul flusso d’informazione. Tra le democrazie occidentali la censura ha
colpito più volte Gran Bretagna e Stati Uniti rispetto ad altri paesi. Ciò probabilmente
è dovuto al fatto che la Gran Bretagna condivide con gli Stati Uniti lo status quo di
potenza mondiale, e in Gran Bretagna la censura è molto più frequente anche perché
ha un governo più centralizzato (rispetto gli Stati Uniti) e mancano i limiti
costituzionali alla censura governativa presenti invece negli Stati Uniti.

Il controllo della televisione: in contrasto con i sistemi europei continentali, in cui il


pluralismo politico si presume richieda la presenza fisica dei partiti in televisione, la
convinzione dominante nei sistemi liberali è che il sistema televisivo debba essere al
servizio di una società pluralista, debba essere separato dai partiti politici e
organizzato da professionisti neutrali senza legami di partito. La Bbc è il classico
caso di modello professionale di gestione della televisione: il direttore generale e il
consiglio d’amministrazione sono nominati dal Consiglio della regina con il consenso
dell’opposizione; i membri del consiglio di amministrazione della Bbc sono scelti
come rappresentanti non dei partiti politici ma dell’intera società, desiderosi di
incoraggiare e difendere l’indipendenza della televisione britannica contro le
pressioni politiche, e hanno notevole autonomia. La televisione pubblica statunitense
invece ha una struttura complessa a causa della sua dipendenza sia da donazioni
private sia da sovvenzioni pubbliche. È stata più soggetta della Bbc a pressioni
politiche in quanto istituzione più marginale. Com’è noto negli Stati Uniti la maggior
parte della televisione è commerciale e i network commerciali americani godono di
autonomia dal controllo politico, ma non sono completamente liberi da pressioni
politiche.

Storia politica, struttura e cultura: la rivoluzione borghese è nata innanzitutto in


Gran Bretagna. Il precoce sviluppo della democrazia parlamentare e del mercato,
insieme all’alto livello di alfabetismo associato al protestantesimo, determinarono il
precoce avvento della libertà di stampa e della stampa stessa. Le istituzioni liberali
britanniche inclusa la libertà di stampa, furono quindi trasferite all’Irlanda e alle
colonie nord-americane. Gli Stati Uniti furono sin dall’inizio una società liberale e
videro uno sviluppo precoce dei partiti di massa.

Pluralismo moderato: a proposito dell’Europa continentale il pluralismo polarizzato


tende ad essere associato a un giornalismo orientato al commento, a livelli più alti di
parallelismo politico e di interconnessione fra sistema politico e mass media, mentre
il pluralismo moderato contribuisce maggiormente al successo di media commerciali
e del professionismo neutrale. I paesi dell’Europa meridionale sono più vicini al
modello pluralista-polarizzato. I paesi democratico-corporativi sono più orientati al
pluralismo moderato, e i paesi liberali lo sono ancora di più. Il pluralismo polarizzato
tende a realizzarsi dove l’Ancien Regime è stato forte e il conflitto sull’introduzione
delle istituzioni liberali più recente. Il pluralismo moderato prevale invece nei paesi
(come questi 4) in cui il liberalismo ha trionfato presto. Negli Stati Uniti non si sono
configurate le grandi fratture ideologiche che caratterizzano la politica europea. Il
liberalismo non è stato mai in competizione con un’opposta ideologia conservatrice
radicata nel feudalesimo. Il sistema partitico americano è imperniato su due partiti
centralisti pigliatutto, entrambi portesi verso una cultura politica liberale che è
fondamentalmente condivisa. In Gran Bretagna invece si affermarono sia il
feudalesimo che un forte movimento socialista. Questa maggiore caratterizzazione
ideologica è senza dubbio una delle cause per cui il parallelismo politico è
tradizionalmente più alto nella stampa britannica. Inoltre il fatto che il mercato dei
giornali britannico sia nazionale e concorrenziale piuttosto che locale e monopolistico
può anche incoraggiare il pluralismo esterno nella stampa.

Pluralismo individualizzato: la rappresentanza politica nei sistemi liberali tende a


esser vista più in termini di rapporto e di responsabilizzazione del governo nei
confronti dei singoli cittadini che come coinvolgimento di gruppi sociali organizzati o
partiti nel processo politico. Gli Stati Uniti rappresentano il caso estremo, mentre la
Gran Bretagna si avvicina di più ai modelli dell’Europa continentale. Gli Stati Uniti
hanno molti gruppi sociali organizzati che giocano un ruolo importante nel processo
politico. Questi gruppi però non godono di forte legittimazione come attori politici e
non sono formalmente integrati nel processo politico come avviene nelle società
democratico-corporative. La Gran Bretagna invece ha una tradizione più rilevante di
corporativismo, così com’è più radicata una consuetudine di governo di partiti.

Sistema maggioritario: tutti e 4 i paesi liberali tendono verso una formula elettorale
maggioritaria. Il sistema Westminster britannico è il classico esempio di meccanismo
maggioritario. Ci sono pochi partiti politici e ogni sistema è dominato da due grandi
partiti pigliatutto. Negli Stati Uniti il maggioritario è modificato dal federalismo e
dalla separazione dei poteri. Come per altri aspetti dei sistemi liberali, il
maggioritario implica la condivisione di un’idea di interesse pubblico che in qualche
modo è al di sopra degli interessi particolari: i partiti non competono per una più
grande o più piccola divisione del potere, ma per rappresentare la nazione in quanto
tale. Il maggioritario tende a privilegiare il modello professionale. In un sistema
maggioritario, la divisione del potere non è possibile e così la televisione, o è
controllata interamente dalla maggioranza o è immune all’influenza politica con una
forte responsabilizzazione dei professionisti che vi operano. Qui i media
rappresentano dunque l’interesse generale della società e in questo senso il sistema
maggioritario tende a essere associato alla professionalizzazione dei media, a una
loro più precisa distinzione da particolari gruppi sociali e alla norma dell’obbiettività.

L’autorità razionale-legale: fino alla metà del XIX secolo il sistema politico in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti era basato sull’intera diffusione del clientelismo.
C’era però anche una forte presenza della borghesia raziocinante che determinava la
tendenza verso un’amministrazione neutrale e professionalizzata. La riforma della
burocrazia statale risale al 1870 in Gran Bretagna e un po’ più tardi negli Stati Uniti.
Entrambi questi paesi oggi hanno sistemi consolidati di amministrazione neutrale
fondati sulla meritocrazia, sulla promozione e sulla separazione della burocrazia dai
partiti politici. Inoltre un sistema legale autonomo e dotato di poteri rilevati è parte
importante dell’autorità razionale-legale dei paesi liberali. Lo sviluppo dell’autorità
razionale-legale ha molte conseguenze per il sistema dei mass media. Il processo di
professionalizzazione infatti del giornalismo ha iniziato a delinearsi
contemporaneamente alla professionalizzazione dell’amministrazione pubblica e alla
crescita dell’autorità delle corti. Inoltre l’esistenza di autorità razionale-legale
consente la disponibilità di fonti d’informazione autorevoli che possono essere
considerate politicamente neutrali e che determinano le basi del mondo
dell’informazione che prevale negli Stati Uniti.

Conclusioni: il veloce consolidamento delle istituzioni liberali in Gran Bretagna e


nelle sue colonie (precoce industrializzazione, ruolo limitato dello Stato, forte
autorità razionale-legale, pluralismo moderato e individualizzato,sistema
maggioritario), si collegano a specifiche dimensioni del sistema mediale: -grande
espansione della stampa commerciale e sua prevalenza su altri tipi di stampa; -
sviluppo rapido delle televisioni commerciali; -professionalizzazione del giornalismo;
-consolidamento di una tradizione di cronaca incentrata sui fatti e del concetto di
obbiettività. Il sistema britannico condivide importanti caratteristiche con i sistemi
europei continentali, in particolare con quelli dei paesi democratico-corporativi. Ciò
si manifesta soprattutto nella forza della televisione pubblica e nella persistenza del
parallelismo politico nella stampa britannica. Ci sono anche molte contraddizioni nei
sistemi d’informazione liberali: fra l’etica del professionismo giornalistico e le
pressioni della commercializzazione, fra la tradizione della libertà di stampa e il peso
del controllo governativo in società in cui le esigenze della sicurezza nazionale siano
forti. Cmq il modello liberale di giornalismo è un esempio ideale in tutto il mondo. Si
può dire che la Bbc meriti la propria reputazione come modello di sistema televisivo
pubblico, con un’indipendenza politica salda e un sufficiente equilibrio tra sensibilità
ai gusti del pubblico e orientamento di servizio. Altre caratteristiche dei sistemi
liberali però sono un po’ meno positive: ci sono bassi livelli di diffusione dei giornali
rispetto alla maggior parte dei paesi democratico-corporativi; la stampa britannica è
contraddistinta da partigianeria abbastanza radicata e da un alto grado di
strumentalizzazione, e la stampa statunitense da un basso grado di differenziazione.
Tanto la stampa britannica quanto la tv americana sono contrassegnate da alti tassi di
commercializzazione che mettono a dura prova l’etica giornalista.

Cap8: I punti di forza ei limiti dell’omogeneizzazione

Le differenze tra i modelli e in generale il grado di diversificazione tra gli Stati sono
diminuiti nel tempo. Una cultura internazionale dei media è diventata comune a tutti i
paesi studiati.

Il trionfo del modello liberale: il modello liberale è divenuto chiaramente


dominante in Europa così come in Nordamerica, e senza dubbio in gran parte del
mondo. I giornali di partito e gli altri media legati ai gruppi sociali organizzati i cui
propositi principali erano la mobilitazione e l’intervento nella sfera pubblica, sono
progressivamente scomparsi a fronte dello sviluppo dei giornali commerciali, spesso
pigliatutto. Un modello di professionalità giornalistica basato sui principi
dell’obbiettività sta diventando sempre più predominante. Nel campo della
televisione, il diluvio commerciale degli anni 80 e 90 ha sostituito i monopoli del
servizio pubblico e quindi la tv si è trasformata da istituzione politica e culturale, in
cui le forze del mercato svolgevano un ruolo marginale, in un’industria in cui esse
sono centrali. Si sono trasformati anche i modelli di comunicazione politica nella
direzione di modelli basati sui mass media attraverso quali partiti e leader si
propongono a una massa di singoli consumatori. I partiti politici tendono a diventare
partiti pigliatutto. I sistemi mediali europei, sia democratico-corporativi che
pluralisti-polarizzati tendono ora a separarsi dalle strutture politiche. Differenziazione
significa anche che il sistema dei media opera sempre più secondo una propria logica,
sostituendo progressivamente la logica della politica. Quali forze spingono verso
l’omogeneizzazione dei sistemi d’informazione e la loro confluenza verso il sistema
liberale? Americanizzazione, modernizzazione, globalizzazione, commercializzazione,
secolarizzazione.

Forze esogene di omogeneizzazione: l’americanizzazione e lo sviluppo di una


cultura globale del giornalismo: (forze esogene = forze esterne alle società europee
che hanno spinto in direzione della convergenza con il modello liberale) non solo i
media europei e i metodi di comunicazione tendono sempre più ad assomigliare ai
modelli americani, ma anche le forme della cultura, dell’intrattenimento e del
giornalismo americano furono ampiamente imitate. L’influenza americana si è
intensificata ancora di più dopo la seconde guerra mondiale. Lo scopo principale era
riportare la democrazia nei paesi europei che avevano sperimentato il fascismo e
contenere l’influenza del modello politico sovietico. Importante è stata l’influenza
esercitata dagli Alleati sul sistema d’informazione in Germania, Austria e Italia
durante l’occupazione. L’Associazione mondiale dei giornali fondata nel 1948 e oggi
composta da 71 associazioni nazionali di giornali. L’Associazione persegue
determinati obbiettivi attraverso programmi, conferenze e intervenendo sulle
organizzazioni internazionali e sui governi. Questa prevede : -principio basilare della
libertà di stampa; -bisogno di imparzialità; -separazione delle notizie dal commento; -
indipendenza della stampa da ogni pressione esterna, sia dal governo, dai partiti
politici, da interessi commerciali. La simbiosi tra politica e giornalismo è chiaramente
negata dall’industria globale della stampa commerciale, in favore di un emergente
senso comune liberale della libertà dei media. Inoltre è molto importante lo sviluppo
di una cultura mediatica globale, i quanto i giornalisti interagiscono tra loro in diverse
parti del mondo sulla copertura di eventi di portata mondiale o di istituzioni
sovranazionali e ciò comporta la diffusione di tecniche, attività e valori comuni.

Il ruolo della tecnologia: la tecnologia può essere considerata un’altra forza esterna
che spinge verso l’omogeneizzazione. Tutti sono indotti ad assumere il
comportamento, le forme, le strutture e le procedure di comunicazione associati alla
nuova tecnologia, e questa influenza spesso produce pratiche comuni che travalicano
i diversi contesti sociali. Chiaramente l’influenza della tecnologia non può essere
separata dal contesto sociale in cui le tecnologie vengono adottate e messe in atto. Il
processo comunque di omogeneizzazione è collegato anche all’innovazione
tecnologica. Anche lo sviluppo della formazione professionale nel giornalismo è
ovviamente legato al cambiamento tecnologico. Ovviamente l’omogeneizzazione
prodotta dall’innovazione tecnologica coinvolge maggiormente i professionisti più
giovani che sono più sensibili ai mutamenti e che possiedono un’adeguata
preparazione.
Forze endogene di cambiamento:modernizzazione, secolarizzazione e
commercializzazione: le influenze esterne sui sistemi di comunicazione europei
hanno svolto un ruolo importante, ma non è plausibile sostenere che potessero essere
trasformati senza significativi cambiamenti interni alla politica e alla società di ogni
singolo paese. Uno dei modi per capire questi profondi processi di mutamento si
incentra sul concetto di modernizzazione. La modernizzazione implica il bisogno di
una classe professionale di comunicatori. Lo sviluppo di comunicatori
professionalizzati è collegato al bisogno di un punto di vista obiettivo, analitico e non
fazioso. La professionalizzazione è un elemento centrale in questo processo.

Mass media e secolarizzazione: la nozione di secolarizzazione è stata fondamentale


per comprendere la modernità. Quello che intendiamo qui è la progressiva
distanziazione dei cittadini dal rapporto con fedi religiose e ideologiche, e il
conseguente declino delle istituzioni basate su quelle fedi che una volta
determinavano una pluralità di aspetti della vita sociale europea. Come la religione,
ugualmente i partiti, i sindacati e altre istituzioni che organizzavano l’ordine pubblico
non sono più in grado di egemonizzare il corso della vita dei cittadini. Con la
decadenza generale di queste istituzioni, i mass media sono diventati
progressivamente più autonomi da esse, e hanno cominciato ad assumere il controllo
di molte funzioni una volta esercitate da altri sistemi. (La depillarizzazione della
società olandese è forse il classico esempio di questo cambiamento: una volta la
popolazione era suddivisa in subculture organizzate fondate sull’appartenenza
politica e religiosa, successivamente il cittadini olandese medio è diventato un
consumatore individuale piuttosto che appartenente ad un particolare gruppo o
settore). Una simile trasformazione avvenne anche in Italia, dove una volta
predominavano la scena due subculture politiche, cattolica e comunista, ma oggi le
loro organizzazioni hanno perso importanza. Il declino dei partiti politici inoltre è
collegato a questo processo di secolarizzazione ed è particolarmente importante per
comprendere il cambiamento nei sistemi giornalistici (in quanto i partiti
controllavano i giornali e i giornalisti di conseguenza avevano il dovere di diffondere
le idee del partito al quale erano legati). Infine la globalizzazione e l’integrazione
economica hanno indebolito ulteriormente i partiti politici spostando i luoghi della
decisionalità al di fuori delle sfere politiche nazionali prima da essi dominate. Le
decisioni che riguardano i cittadini sono ora prese a livello sovranazionale,
allontanando il potere dallo Stato e perciò da partiti politici, organizzazioni e lobby.

Cambiamenti nel sistema dei media: causa o effetto? i cambiamenti nel sistema
dei media in Europa, in particolare la svolta verso media pigliatutto, verso modelli di
professionismo giornalistico basati sulla neutralità politica, sono sicuramente legate a
questo processo di secolarizzazione. Ma è anche chiaro che gli stessi processi di
cambiamento abbiano contribuito al processo di secolarizzazione.

La televisione come terreno comune: per molti anni in Europa la televisione è stata
organizzata sotto il controllo del sistema politico, e spesso incarnava i principi di
rappresentanza proporzionale assunti proprio dal mondo politico. Tuttavia è servita
anche da terreno sociale e politico comune e ha avuto qualche ruolo nell’indebolire le
distinte subculture ideologiche. Gran parte della programmazione era rivolta a tutto il
pubblico, senza tener conto della suddivisione in gruppi. La produzione di notizie era
generalmente legata a principi di neutralità politica e di pluralismo interno, che
distinguevano il giornalismo televisivo dalle tradizioni di commento schierato così
frequenti nella stampa.

La competenza critica del giornalismo: la diffusione della televisione ha coinciso


anche con l’affermarsi di una nuova cultura giornalistica (competenza critica).
Nell’Europa occidentale e in Nordamerica ci fu un significativo passaggio da una
forma di giornalismo rispettosa delle elite e delle istituzioni, verso una più attiva di
giornalismo indipendente. Questa trasformazione avvenne sia nei media elettronici
che nella carta stampata. Questa trasformazione fu abbastanza generalizzata nei
modelli democratico-corporativi e pluralista-polarizzato da produrre la nascita di un
discorso giornalistico diverso da quello dei partiti e dei politici, l’idea dei media
come watch dog collettivo del potere pubblico e del giornalismo come rappresentante
di un’opinione pubblica generalizzata. Questi nuovi giornalisti criticano gli errori del
governo e hanno una piena conoscenza delle questioni. Essi contestano i politici in
nome dell’0opinione pubblica e delle sue richieste, o in nome di valori come la
moralità, la modernità e lo spirito europeo. Non solo il giornalismo, ma tutta la
cultura mediale è stata coinvolta da questa trasformazione grazie anche a una serie di
fattori interni: -livelli più elevati di istruzione dei giornalisti; -agenzie d’informazione
sempre più grandi, quindi maggiore specializzazione; -disponibilità di nuove
tecnologie (ad esempio il sondaggio); - l’aumentato prestigio dei giornalisti, in
seguito appunto a tutti i punti precedentemente indicati.

La commercializzazione: la forza più potente di omogeneizzazione dei sistemi


mediali è la commercializzazione che ha trasformato sia la stampa sia i media
elettronici in Europa. Per quanto riguarda la stampa, l’ultima parte del XX secolo è
stata caratterizzata da un declino dei giornali di partito. Si sono così avuti la crescente
predominanza di giornali commerciali omnibus e il progressivo allontanamento dei
giornali dal mondo politico. Ancora più traumatica è stata la trasformazione della
televisione europea da sistema di servizio quasi esclusivamente pubblico, a sistema in
cui la televisione commerciale è nettamente dominante. Il diluvio commerciale
cominciò in Italia in seguito ad una sentenza della Corte costituzionale del 1976 che
invalidò il monopolio legale della televisione pubblica, permettendo alle stazioni
private di trasmettere all’interno di aree locali. Sono emerse forme competitive di
televisione che hanno sottratto audience alle reti pubbliche, facendo diminuire la loro
autorevolezza, e contribuendo ad un cambiamento nella percezione della
programmazione televisiva che ha perso la sua immagine di istituzione sociale, per
essere percepita invece come bene di consumo che può essere scelta da singoli
consumatori. Un’altra spinta verso la televisione commerciale è venuta dai
movimenti sociali (movimenti studenteschi, sindacati ecc..) che cercavano nuove
opportunità e mezzi per esprimere i propri punti di vista fuori dai circuiti di
comunicazione istituzionalizzati. Infine la globalizzazione economica, in particolare
la globalizzazione nell’industria dei media, ha giocato un ruolo importante, nel
contesto di una forte tendenza alla liberalizzazione dei servizi commerciali.

Le conseguenze della commercializzazione: la commercializzazione sta


palesemente spostando i sistemi mediali europei dal mondo politico verso quello
dell’economia. Ciò cambia anche la funzione del giornalismo, dato che adesso il
giornalista non deve più diffondere idee e creare consenso sociale, ma deve produrre
intrattenimento e informazione che possano essere venduti con successo a singoli
consumatori. Questo contribuisce all’omogeneizzazione rompendo quella pluralità e
quella differenziazione dei sistemi d’informazione radicati in sistemi politici
particolari. Perfino la tv pubblica, che aveva sempre mirato a dar voce ai gruppi
sociali e ai modelli culturali che determinano l’identità nazionale, deve seguire in
modo sempre crescente la logica delle industrie culturali globali. La
commercializzazione ha anche importanti implicazioni sul processo di
comunicazione politica. I media commerciali infatti creano nuove e potenti tecniche
di rappresentazione e di conquista dell’audience che i partiti e i politi devono adottare
per prevalere nel contesto della nuova arena pubblica. Inoltre, mentre le prime
tradizioni di giornalismo europeo erano incentrate sulle prospettive dei rappresentanti
ufficiali dei partiti, dei gruppi organizzati e dello Stato, adesso con il passaggio al
sistema commerciale dei mass media la prospettiva dei cittadini singoli è diventata
prevalente. Il senso comune viene privilegiato rispetto alla cronaca politica. I media
sono sempre più centrali nel determinare l’agenda della discussione pubblica.
Un’importante aspetto è anche l’accresciuta tendenza verso gli scandali politici che si
può trovare sia in Europa che in Nordamerica (collegate alla crescita di un
professionismo critico). Una delle questioni più difficili da definire è se la
commercializzazione abbia incrementato o ridotto il flusso della comunicazione e
della discussione politica.
Limiti e controtendenze del processo di omogeneizzazione: senza dubbio i fattori
di omogeneizzazione sono forti, e una considerevole convergenza ha avuto luogo
soprattutto in direzione del modello liberale. Anche se sono molti gli studiosi che
dubitano che una completa omogeneizzazione (verso il modello liberale) possa
costituire l’esito di questo processo. Non c’è ragione d presumere ad esempio che
l’assolutismo del primo emendamento che caratterizza il sistema legale statunitense
possa espandersi in Europa. E questa differenza può avere infinite conseguenza per i
sistemi mediali. Sembra verosimile, per esempio, che la comunicazione elettorale
continuerà a essere più regolamentata in Europa, con lo spazio televisivo ripartito
secondo criteri politici e pubblicità a pagamento limitata (Belgio, Danimarca,
Francia, Norvegia, Portogallo, Spagna , Svizzera e Regno Unito attualmente
proibiscono la pubblicità politica a pagamento in televisione). Ancora potremmo dire
che ad esempio in molti paesi, sono sorti nuovi partiti di destra, accomunati
dall’opposizione all’immigrazione, alla multiculturalità e all’integrazione europea, e
sono cresciuti a sinistra i partiti ambientalisti e ci sono indicatori che fanno pensare
alla possibile nascita di nuove formazioni estremiste. Ancora potremmo dire che nei
paesi europei persistono alcune forme di giornalismo schierato e ne stanno
cominciando a moltiplicarsi nuove tipologie. Se esiste dunque una convergenza, non
procede solo in una direzione.

Differenziazione e de-differenziazione: come abbiamo visto nel capitolo 4


Alexander ha affermato che tre sono state le forze maggiori che hanno determinato il
processo di differenziazione dei media: richieste di un’informazione più
universalistica sostenute dai nuovi gruppi sociali contro forme di giornalismo
schierato; la crescita di norme professionali e di autoregolamentazione che hanno
condotto allo sviluppo dell’autonomia giornalistica; il grado di universalismo nelle
culture civiche nazionali correlato all’autorità razionale-legale. Ma anche in rapporto
alle istituzioni dello Stato i processi di differenziazione hanno messo in luce molte
ambiguità. Infatti, sempre di più i mass media dipendono da fonti statali (governo,
Parlamento, amministrazione pubblica) per l’approvvigionamento di notizie. Lo
sviluppo degli uffici stampa, la pratica delle pubbliche relazioni, hanno in parte eroso
l’autonomia dei media facendoli appunto dipendere da tali fonti d’informazione.
Insomma, riteniamo che l’ipotesi della differenziazione sia una buona teoria per
capire i mutamenti intervenuti nel sistema della comunicazione di massa. Nello stesso
tempo, però, essa non è in grado di dar conto in maniera esaustiva di tutti i
cambiamenti intervenuti che, spesso, presentano aspetti contraddittori e ambigui.

Conclusioni: All’inizio di questo volume ci siamo domandati se fosse possibile


identificare stabili connessioni tra i sistemi mediali e i sistemi politici. Abbiamo
proposto un insieme di 4 dimensioni principali per confrontare i sistemi mediali: 1) la
struttura dei mercati dei media, incluso il livello di circolazione della stampa; 2) il
grado e la forma del parallelismo politico; 3) lo sviluppo della professionalizzazione
giornalistica; 4) il livello e la modalità dell’intervento statale nei sistemi giornalistici.
Abbiamo anche argomentato che esistono importanti nessi tra i modelli di sviluppo
dei sistemi mediali e certe caratteristiche chiave del sistema politico. Tra quest’ultime
includiamo: 1) il ruolo dello Stato nella società; 2) la presenza di un sistema politico
maggioritario o consensuale; 3) le modalità di organizzazione dei gruppi d’interesse,
inclusa la distinzione tra i sistemi più frammentati e quelli più orientati al
corporativismo; 4) la divisione tra pluralismo moderato e pluralismo polarizzato; 5)
lo sviluppo dell’autorità razionale-legale in contrasto con forme clientelari di
organizzazione sociale. Abbiamo inoltre osservato che è possibile identificare nei 18
paesi analizzati in questo studio 3 distinti modelli di sistema mediale. Il sistema
pluralista-polarizzato si distingue per un alto livello di politicizzazione, con lo Stato
e i partiti politici cheintervengono energicamente su molti aspetti della vita sociale,
con gran parte dei cittadini che rimane legata a ideologie politiche spesso molto
distanti l’una dall’altra. Un esteso scetticismo su una qualsiasi idea di bene comune, e
con una relativa assenza di regole e norme condivise. I sistemi pluralisti-polarizzati si
distinguono per un consumo ineguale d’informazione, con una divisione netta tra la
popolazione politicamente attiva, che divora il commento politico della stampa, e una
cittadinanza politicamente inattiva che consuma poca informazione politica e si
rivolge invece a quella televisiva. I mezzi d’informazione sono caratterizzati da alto
pluralismo esterno, per cui essi sono visti come esempi di contrastanti ideologie
politiche. Connessione stretta tra giornalisti e attori politici, lo Stato interviene
attivamente nel settore dei media e i giornali enfatizzano il commento. Il modello
democratico-corporativo è contraddistinto dall’importanza del ruolo dei gruppi
sociali organizzati nella società, ma, contemporaneamente da un forte impegno verso
il bene comune e verso norme e regole accettate al di la delle divisioni sociali. Una
grande importanza è assegnata al libero flusso dell’informazione e allo Stato è
affidato il compito di promuovere tale flusso. Alto consumo di informazione. La
cultura dei media è segnata da un altrettanto consolidata tradizione di partigianeria,
che vede i media come veicoli per l’espressione dei gruppi sociali e delle diverse
ideologie. Nello stesso tempo, però, esiste anche un forte e diffuso coinvolgimento in
norme e procedure comuni. L’intervento statale nei media è accettato, ma altrettanto
rilevante è l’autonomia dell’informazione. Il modello liberale è improntato a una
concezione di rappresentanza più individualistica, in cui il ruolo dei gruppi sociali
organizzati è meno enfatizzato rispetto agli due sistemi ed è spesso visto in termini
negativi, come se implicasse la difesa di interessi particolari rispetto al bene comune.
Anche il ruolo dello Stato è visto in modo negativo e infatti il libero flusso
dell’informazione presuppone la limitazione del coinvolgimento dello Stato.
L’importanza del consumo d’informazione, considerato essenziale dalla cittadinanza,
è in parte contraddetta dalla presenza di un forte individualismo che tende a
privilegiare la vita privata su quella pubblica. Il ruolo dei media è concepito meno in
termini di rappresentanza di gruppi sociali, ma più come fornitore di informazioni ai
cittadini-consumatori e come watchdog del governo. Una cultura professionale
comune del giornalismo è piuttosto sviluppata, nonostante non sia formalmente
istituzionalizzata come nei sistemi democratico-corporativi. Un forte accento è posto
sulla limitazione dell’intervento del governo nella sfera dei media. Questi ultimi
hanno come target il pubblico di massa.

In questo volume abbiamo dato importanza alla storia in quanto crediamo sia
fondamentale per comprendere come i media funzionino oggi risalire tanto alle
origini della stampa quanto a quelle del sistema politico. Inoltre abbiamo osservato
che i mutamenti nella struttura politica ed economica, insieme all’influenza della
tecnologia e della commercializzazione dei sistemi di comunicazione hanno portato
ad un processo di omogeneizzazione che determina un indebolimento dei vincoli che
legavano i media, nei sistemi pluralisti-polarizzati e in quelli democratico-corporativi,
ai partiti politici e ai gruppi sociali organizzati, e uno spostamento verso le strutture e
le procedure del professionismo neutrale che sono caratteristiche del sistema liberale.
Allo stesso tempo abbiamo identificato i limiti e le controtendenze che suggeriscono
cautela nel concepire il trionfo totale del modello liberale. Inoltre abbiamo detto che
il processo di commercializzazione, sebbene possa incrementare la differenziazione
dei media dalle istituzioni politiche, tende cmq a subordinarli alle logiche di mercato
e alla competizione per ampie quote di mercato, subordinandoli dunque agli
imperativi dell’economia. In questo senso i media si distinguono sempre più dalle
istituzioni politiche, ma altrettanto spesso si sovrappongono a quelle economiche.
Dunque per concludere ci domandiamo se lo spostamento dei sistemi di
comunicazione verso il modello liberale rende il flusso di comunicazione più aperto e
uguale o, al contrario, lo limita, poiché i media finiscono esclusivamente sotto il
controllo dell’economia?

Potrebbero piacerti anche