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COMUNICAZIONE POLITICA

DEFINIZIONE
“La comunicazione politica è lo scambio e il confronto dei contenuti di interesse pubblico politico prodotti
dal sistema politico, dal sistema dei media e dal cittadino elettore”. Giampiero Mazzoleni.

La storia della comunicazione politica rappresenta una sorta di crocevia che mette insieme:
• la storia dell’evoluzione degli strumenti di massa;
• la dimensione pubblica del vivere sociale;
• La storia della politica, di come i soggetti politici abbiano utilizzato la comunicazione per i loro
obiettivi.

STORIA DELLA COMUNICAZIONE POLITICA


La comunicazione politica è una disciplina relativamente giovane: compie i primi passi negli Stati Uniti dove,
vista la precoce esposizione della popolazione all’influenza dei mezzi di comunicazione di massa, si sviluppa
l’attenzione degli studiosi per il rapporto tra politica, mezzi di comunicazione di massa e corpo elettorale.
A stimolare l’attenzione è anzitutto il ruolo sociale in quel paese avuto dall’industria dello spettacolo.
Tuttavia, come vera e propria disciplina, nasce sul finire degli anni ’30 del 900 e si sviluppa negli anni ’60 e
’70: è infatti il confronto con l’efficienza comunicativa dei regimi totalitari degli anni ’20 e ’30, che si avvale
di forme pervasive di propaganda in grado di manipolare i comportamenti delle popolazioni, a stimolare la
nascita di una vera e propria disciplina.
Questo è legato al fatto che nel corso del ‘900 le società occidentali hanno sviluppato una dimensione
sempre più di massa caratterizzata da urbanizzazione, alfabetizzazione, fenomeni che hanno imposto anche
alla politica di trovare un rapporto con la comunicazione di massa, strumento decisivo per portare il
messaggio politico alle masse.
La comunicazione politica si sviluppa a pari passo con la nascita della sociologia della comunicazione dalla
quale ha tratto linfa vitale: dalla necessità di comprendere le ragioni del comportamento delle masse e di
spiegare quali fossero le leggi che determinavano i comportamenti delle popolazioni durante e dopo la
Seconda Guerra Mondiale (nuova dimensione della Guerra Fredda, Totalitarismo Stalinista…), le università
americane furono le prime a studiare le teorie relative alla comunicazione di massa legandosi a studi
antropologi, psicologici ecc.

Già negli anni ’50 possiamo ritrovare:


• Studi che, facendo perno sull’interesse per l’uso politico della retorica, si focalizzano sull’analisi dei
messaggi, parole usate e sullo stile della comunicazione sviluppata;
• Studi che, traendo ispirazione dai lavori di Harold Lasswell, a sua volta stimolato dallo sviluppo del
totalitarismo, si dedicano all’analisi scientifica della propaganda;
• Studi di taglio psicologico e antropologico volti ad approfondire le conoscenze sull’influenza della
comunicazione politica nel determinare il comportamento dell’elettore;
• Studi, incoraggiati dal progredire della statistica e dalla capacità di calcolo elettronico,
sull’andamento storico delle elezioni;
• Studi sul rapporto tra istituzioni politiche (potere politico) e organi di informazione (potere
mediatico);
• Studi dedicati all’influsso avuto dai cambiamenti tecnologici nel mondo e in particolare nella
campagna elettorale.
Nello studio della comunicazione politica vi sono quattro differenti approcci, spesso legati a diversi interessi
o nuove teorie rispetto al rapporto tra potere politico e potere mediatico:

1. Studi sulla comunicazione elettorale: studi che prendono origine dalla necessità di esaminare il
momento delle elezioni come momento in cui si fondono le esigenze della politica con le esigenze
della comunicazione di massa: oggi i partiti hanno un rapporto quotidiano con la comunicazione
politica, mentre prima i soggetti politici intrecciavano un rapporto con gli strumenti della
comunicazione politica soltanto nel momento precedente le elezioni.
Gli studi sulla comunicazione elettorale si occupano:
• Del tipo di copertura mediale delle campagne elettorali: quanto i media siano capaci di
diffondersi omogeneamente sull’intero territorio nazionale e quindi siano in grado di studiare
come si evolve la campagna elettorale di un candidato attraverso i mass media.
• Della storia dell’evoluzione dei formati comunicativi: come è cambiato nel corso del tempo
l’uso di un media piuttosto che di un altro all’interno dell’analisi di un media specifico (es. come
è cambiata la narrazione della politica all’interno del giornale con il passare dei decenni,
importanza spot nel determinare le scelte elettorali ecc.)
• Dell’importanza degli spot nell’affermazione di una parte politica rispetto ad un’altra.

2. Studi sul rapporto tra sistema politico e sistema mediale: si occupano soprattutto dell’analisi dei
media e del contributo che questi danno alla costruzione della realtà politica. È ormai acquisito che
i media contribuiscono a definire i temi dell’agenda politica; quindi, decidono cosa sia importante
dibattere nell’area pubblica e realizzare nell’agire politico. Oggi viviamo in un periodo in cui i media
costruiscono la realtà sociale e politica (es. l’immigrazione: i media hanno la capacità per motivi
economici, politici di costruire un'immagine totalmente deformata di quella che è la realtà).

3. Studi che analizzano il tipo di strategie discorsive usate dagli uomini politici: si occupano dell’analisi
del discorso politico, con una particolare attenzione per quello dei leader, le scelte linguistiche
utilizzate, la retorica, le immagini, i miti. Tutti i partiti elaborano delle strategie discorsive che sono
più o meno efficaci nel sostenere le ragioni di una scelta politica piuttosto che un’altra.

4. Studi che si interessano al contributo dato dai media, sia alla costruzione dei processi di
socializzazione politica, sia all’esame di come avviene il processo di elaborazione dell’informazione
da parte dei cittadini: i media hanno un ruolo importante nel creare comunità che seguendo altri
processi non si creerebbero. I cittadini hanno bisogno dei media per conoscere la notizia e
specialmente per capirla, per inquadrarla.

LA FORMAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA NELLO SPAZIO POLITICO MODERNO


Per descrivere come funziona il rapporto tra sistema politico, sistema dei media e cittadini occorre
soffermarsi sul concetto di opinione pubblica o sfera pubblica.
Con “sfera pubblica” si intende quel concetto che pretende di raggruppare e sintetizzare quelle che sono le
convinzioni della maggior parte degli individui.

“L’opinione pubblica è tale non solo perché è l’opinione diffusa fra i più, ma anche perché è tendenzialmente
indirizzata al pubblico. L’opinione pubblica ha come obiettivo quello di costituire un’intelaiatura di valori, un
sistema di credenze sulla cosa pubblica”. Treccani.

L’opinione pubblica, dunque, non è soltanto una sorta di contenitore che raccoglie l’opinione dei “più”, dei
“tanti”, ma ha anche come obiettivo quello di contribuire a formare i valori, le credenze, il modo di
guardare tutti gli elementi che hanno attinenza con la cosa pubblica.
STORIA DELLA NASCITA DELLA SFERA PUBBLICA: I TRE PERIODI DELL’OPINIONE PUBBLICA
L’opinione pubblica non è un qualcosa di esistente da sempre, ma è un processo storico attraverso il quale
si è venuto definendo una sfera pubblica, una sfera di persone che esprimono dei giudizi attorno l’agire
pubblico, politico.
Nella storia di questo rapporto tra mass media e politica, fondamentale per il concetto di opinione
pubblica, individuiamo tre periodi ben distanti in cui si è sviluppata l’opinione pubblica:

1. L’INIZIALE PROTAGONISMO DELLA COMUNITÀ DEI COLTI


I decenni centrali dell’800 sono decenni in cui si forma l’opinione pubblica borghese e si afferma la
concomitanza tra opinione pubblica e opinione della borghesia (il proletariato non ha ancora accesso ai
mezzi di comunicazione pubblica).
All’origine della sfera pubblica occidentale c’è la pratica delle persone colte, appartenenti all’aristocrazia e
alla borghesia, in possesso di una buona cultura e si una sufficiente ricchezza, di riunirsi periodicamente per
discutere insieme attorno a temi che riguardano la collettività (filosofi, scienziati, aristocratici che hanno
mezzi e soldi per acculturarsi).
Questa comunità dei colti tra ‘600 e ‘700 è supportata dallo sviluppo della stampa: assistiamo ad uno
sviluppo della stampa legato a novità tecnologiche che permettono di creare un primo mercato
dell’editoria, del giornalismo: iniziamo ad avere tutta una serie di gazzette, in grado di produrre
discussione.
Con tali strumenti editoriali viene infranto il dominio linguistico del latino verso le lingue volgari,
importante perché contribuisce a definire lo spazio pubblico come uno spazio laico: il latino rimane la
lingua della chiesa e delle università.
Questa comunità dei colti può contare sulla riflessione specifica di alcuni pensatori e intellettuali di
riferimento: gli illuministi, i quali hanno avuto un ruolo fondamentale nel diffondere l’idea di progresso
contro l’oscurantismo dell’Ancien Regime e per dare la prima forma alla sfera dell’opinione pubblica.
In principal modo alcuni pensatori del mondo anglosassone tra cui:

• JOHN LOCKE, principale costruttore dell’idea di sfera pubblica, ritiene che sia opportuno
costruire un regime in cui il governo sia un “governo dell’opinione”: ciò vale a dire che i
legislatori siano in qualche modo spinti a legiferare in un modo dalla presenza di un’opinione
pubblica che ha già riflettuto sui temi e ha già enucleato un pensiero specifico intorno ai quei
temi; e una volta che il legislatore ha legiferato quella stessa opinione pubblica che ha suggerito
i temi e ha suggerito le soluzioni, sia anche il principale supporto di chi governa e di chi ha
prodotto le leggi: secondo Locke questo è l’essenza della democrazia.
• DAVID HUME: impone l’idea della coincidenza tra opinione pubblica e spazio di dialogo delle
eccellenze; per Hume ogni governo si fonda sull’opinione.

2. LA CREAZIONE DI UNO SPAZIO PUBBLICO DI DISCUSSIONE, CHE INFLUENZA IL VIVERE SOCIALE


DELLE CLASSI PIÙ ELEVATE
Seconda fase: gli anni del consolidamento dei movimenti collettivi (sindacati e partiti) che hanno un ruolo
importante nello strutturarsi di una opinione pubblica di tipo popolare caratterizzata dal concetto di classe,
in grado di darsi forme di comunicazione di tipo impersonale e non necessariamente legate al supporto
cartaceo dei giornali, quindi anche in contrapposizione alla classe borghese, e che usa forme di
comunicazione ancora informali (stampa, forme orali…)

In un secondo momento che coincide con i primi decenni dell’800, vengono pensati dei nuovi spazi pubblici,
non più riservati ai soli aristocratici, dove sviluppare discussioni di ogni possibile tema di pubblico interesse.
Durante l’800, il secolo borghese, la borghesia estende tale spazio della socialità colta, portandolo fuori dai
palazzi privati e disseminando di parole l’ambito pubblico: il sistema di pensiero borghese vede sé stesso
come un sistema di libertà definito proprio dalla possibilità di poter discutere liberamente delle cose.
Questi luoghi in cui si costruiscono le ragioni e le opinioni della borghesia sono:
• i salotti ancora di derivazione aristocratica, quasi esclusivamente maschili in cui si discute di quelle
che sono le notizie del giornale (strumenti molto più maturi e consapevoli delle gazzette
settecentesche) e attraverso la discussione prende corpo l’esistenza di un’opinione e pubblica
orientata su una serie di temi;
• caffè e circoli;
• teatri: le rappresentazioni teatrali di maggior successo sono quelle che intercettano i temi del
discorso pubblico e li trasfigurano in linguaggio artistico.

È quindi tra Gran Bretagna e Francia che, tra fine del ‘700, e inizio ‘800, si definisce e si precisa la categoria
dell’opinione pubblica.
➢ Gli illuministi per primi influenzano i modi di pensare e quindi a creare le opinioni attraverso le loro
idee, creando dibattito sulle idee; si muovono inoltre per creare lo spazio pubblico, spazio di coloro
che parlano e discutono sulle idee che gli illuministi espongono.
➢ Accanto agli aristocratici nel corso dell’800 si inseriscono sempre di più i ceti borghesi: la borghesia
ha sempre più ceto, più potere, più accesso alla cultura; quindi, diventa sempre di più la
protagonista del dibattito pubblico.
➢ La Rivoluzione francese crea il concetto di una nazione che per funzionare deve essere
democratica, quindi un popolo in grado di esprimere la propria opinione.
Si produce così per la prima volta un pensiero che arriva a pubblici differenti e che fa soprattutto
riferimento alla cosa pubblica (temi che riguardano la politica).

3. GLI ANNI DELLA MEDIATIZZAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA


Elemento caratterizzante della comunicazione pubblica novecentesca risiede nell’affermarsi della
dimensione comunicativa di massa, a sua volta resa possibile dallo sviluppo di strumenti comunicativi dotati
di un’incredibile capacità di diffusione, penetrazione e condizionamento dell’opinione pubblica.
L’opinione pubblica è sempre più dipendente dal ruolo dei media che diventano sempre più fondamentali
per formare l’opinione pubblica e dare legittimità al soggetto politico.
Allo stesso tempo l’opinione pubblica diventa il soggetto in palio della competizione politica. Poiché
l’opinione pubblica è formata dai media, i media acquisiscono un ruolo critico e fondamentale perché per
vincere in politica occorre saper utilizzare bene i media per poter influenzare l’opinione pubblica.

• Questo processo di formazione dell’opinione pubblica prende accelerazione nel corso dell’800;
nella seconda metà dell’800 si arricchì di un nuovo elemento: le società europee (Europa centro del
mondo) e nordamericane diventano società di massa.
Assistiamo ad un fenomeno che vede il protagonismo delle città che diventano metropoli, grandi
processi di urbanizzazione di massa (contadini diventando cittadini, vengono mutati quelli che sono
i loro interessi, pensieri).

• Influisce anche l’alfabetizzazione: tra la metà dell’800 e inizio ‘900 i paesi europei corrono sul
versante della costruzione degli stati nazionali, non più soltanto uno stato inteso come semplice
amministrazione, ma uno stato inteso sempre di più come comunità nazionale, con determinati
valori, abitudini, credenze e che investono moltissimo sull’alfabetizzazione (perché è fondamentale
avere cittadini consapevoli del proprio essere francesi, tedeschi…).
L’alfabetizzazione diventa quindi un fenomeno di massa sempre più ampia, non solo per l’alta
borghesia; consente, quindi, di dare una forte accelerazione al fenomeno della diffusione della
stampa, uno dei veicoli principali per la diffusione delle idee e per la formazione (attraverso il
dibattito che si ha attorno a tali idee, dell’opinione pubblica). La stampa diventa sempre meno cara,
più diffusa e si fa veicolo di formazione sempre più ampia della sfera dell’opinione pubblica.
• Nel corso dell’800 prendono forma nuovi soggetti politici: i partiti di nuova generazione, i partiti di
massa, che hanno un’ideologia che permette di interpretare i fenomeni sociali e politici che
avvengono attorno a noi, hanno funzionari, propagandisti, persone che leggono il giornale
all’interno di caffè, sale, e quindi fanno opera di politicizzazione che spinge a far crescere l’interesse
per la politica.

NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA


• La prima parte del ‘900 è il periodo che vede la diffusione di nuovi strumenti comunicativi di massa
più complessi: radio, cinema, strumenti che si caratterizzano per entrare all’interno delle case degli
individui; possono diffondere contenuti a ciclo continuo, capaci di manipolare l’opinione pubblica
(non a caso la prima parte del ‘900 è anche caratterizzata dall’esperienza dei regimi totalitari che
usano in maniera cosciente i mass media per creare consenso, mobilitazione…)
• La seconda parte del ‘900 è dominata da un unico strumento di comunicazione di massa efficace
specie dal suo punto di vista del suo rapporto con gli attori politici e con il messaggio politico: la
televisione. La tv riprende molte cose della radio: il principio rivoluzionario di invadere lo spazio
domestico, principio basilare del flusso continuo, si esaltano i fattori emozionali a scapito di quelli
razionali, capacità manipolatoria. La tv è la dominatrice degli anni ‘50 e ‘60, del periodo della guerra
fredda e si lega strettamente a quella che è l’epoca del boom dei consumi.
• Il 21esimo secolo: periodo all’interno del quale la tv continua a mantenere un ruolo importante dal
punto di vista dell’influenza dei processi politici ma vede sempre di più limitata la sua influenza
dall’importanza dei social network. È proprio il formarsi di una rete digitale incorporea che pone gli
studiosi molti interrogativi perché dilata al di là del conosciuto le possibilità di espansione del
concetto stesso di opinione pubblica: noi oggi ci troviamo di fronte a uno spazio pubblico legato a
temi politici dibattuti sul giornale, tv, e una sfera legata al mondo incorporeo di internet.

I PRINCIPALI STUDIOSI DELLA SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE E DELLE SCIENZE MASS-


MEDIOLOGICHE
La capacità dei media di influenzare l’opinione pubblica e il comportamento sociale del pubblico, hanno
dato il via alla riflessione dei sociologi relativamente al rapporto tra mass media e potere politico.
Uscendo dall’esperienza traumatica dei totalitarismi, la riflessione degli studiosi non poteva essere che
molto pessimista:
1. HAROLD LASSWELL: tra i primissimi a riflettere sul funzionamento dei mass media e sull’intreccio tra
politica e mass media, vero e proprio fondatore della sociologia dei media.
Afferma che dalla comunicazione di massa non ci si può difendere: visione negativa legata al
concetto di propaganda: l’idea che la comunicazione di massa di fatto coincida con la propaganda,
ma poiché la propaganda è propria dei regimi totalitari, tutta la comunicazione di massa è
manipolatoria.
Lasswell partendo dall’analisi del sistema sovietico e dagli studi politologici attorno ai totalitarismi,
sostiene che la comunicazione di massa si afferma in maniera immediata, si impone ai destinatari
che risultano indifesi di fronte ai messaggi e ne orienta in maniera subdola le opinioni.
➔ “teoria dell’ago ipodermico”: la comunicazione di massa manipolatoria si inietta in maniera
subdola nel corpo sociale e una volta iniettata non è più visibile, ma, come un veleno, anche se
invisibile agisce deteriorando quelle che sono le funzioni dell’organismo.

2. WALTER LIPPMANN: ritiene che i media consentano alle masse di orientarsi meglio: i media sono
necessari perché il mondo ormai è un mondo molto più complicato e per comprenderlo i media
sono necessari; tuttavia, avverte che espongono le masse a fortissimi rischi di manipolazione.
Secondo Lippmann siamo di fronte ad una situazione per cui l’opinione pubblica, fortemente
trasformata dall’afflusso dei media, ormai è definitamente trasformata.
Lippmann, tra l’altro, scrive dopo la Seconda guerra mondiale, un periodo storico dove questa
manipolazione è stata esercitata in maniera molto pesante dai regimi totalitari.
Afferma che l’esperienza diretta non è più sufficiente per comprendere la realtà delle cose: il
pensiero scientifico di questi anni è quindi molto sospettoso nei confronti dei mass- media in
quanto, se appaiono indispensabili, bisogna diffidarne perché accrescono il rischio di una
sostanziale manipolazione delle masse.
Il contenuto potenzialmente manipolatorio dei media sta nel fatto che sono proprio i media che
scelgono la notizia da darci e costruiscono i modelli di riferimento valoriali (esempio: indignazione
di fronte ad una notizia).
Poiché influiscono sui processi di formazione dell’opinione pubblica, esaltando il ruolo delle
emozioni e della simultaneità, i mass-media possono minare le basi stesse della democrazia perché
esaltano questo carattere simultaneo, legato alla scelta di privilegiare le emozioni piuttosto che la
razionalità, rischiano di compromettere quella che era l’idea stessa di opinione pubblica formulata
dagli illuministi.

Legati alla “teoria ipodermica” e influenzati dalle pessimistiche riflessioni di Lippmann, si diffondono negli
anni seguenti successivi filoni di studio:
• Il determinismo posizionale: esprime la convinzione che l’individuo contemporaneo sia destinato,
vivendo una condizione di sempre maggiore isolamento e alienazione, rinchiuso in casa davanti alla
televisione, a venire sempre più intensamente bombardato dai media;
• Il determinismo testuale: esprime la convinzione della dipendenza della politica dai media;
• Determinismo tecnologico: esprime la convinzione dell’importanza del medium come contenuto
(“il medium è il contenuto” Marshall Mc Luhan); la piattaforma tecnologica non è “neutra” rispetto
al contenuto del messaggio, ma lo influenza in maniera decisiva.

Il potere di “fraintendimento” dei mass-media si suddivide sulla base di tre tipologie:


1. la distorsione della propaganda, dove il fraintendimento è deliberatamente perseguito per
manipolare chi sta ascoltando (attraverso la censura e la distorsione di racconto dei fatti).
2. la distorsione “interna”, che è prodotta sia dalle caratteristiche particolari del linguaggio
giornalistico, sia dalle modalità di organizzazione dell’informazione e dei formati mediali: i media
non sono uno strumento neutro ma quando un’informazione passa attraverso i media in qualche
modo, anche involontariamente, viene trasformato secondo quelle che sono le esigenze di
funzionamento dei media.
3. La distorsione derivante dall’ambiente socioculturale di provenienza, cioè la forza di un punto di
vista che precede l’ascolto della narrazione dei fatti: i mass-media possono, quindi, fabbricare
consenso.

LA REAZIONE DELLE SCIENZE SOCIALI, GLI ANNI 60 E LE TEORIE FENOMENISTE


Negli anni ‘50 la visione nei confronti di media è una visione fortemente negativa, influenzata dalla Seconda
guerra mondiale e dall’uso propagandistico fatto dei media da parte dei regimi totalitari.
Nel corso degli anni ’60 nasce una nuova corrente interpretativa, la corrente “fenomenista”; principali
esponenti sono i pensatori Paul Lazarsfeld ed Elihu Katz, i quali iniziano a introdurre l’idea che gli individui
sono in grado di “filtrare” i messaggi dei media, sia in virtù delle reti di relazioni sociali possedute, sia in
ragione della “mediazione” svolta da vari “opinion leaders” (persone di buona cultura o informazione, che
si trovano in rapporto diretto con i mezzi di comunicazione).
Esiste, secondo i pensatori, un primo flusso, che intercorre in modo gerarchico dai media al pubblico, e un
secondo flusso, che intercorre in modo orizzontale, tra gli individui, un flusso denso di relazioni che
assicurerebbe la difesa degli individui dai chiari intenti manipolatori dei media, agendo da filtro.

Questa stessa posizione sarà negli anni successivi approfondita dagli studiosi del filone dei “Cultural
Studies”, i quali insistono sul fatto che il pubblico non è passivo nel recepire i messaggi veicolati dai media,
ma può mettere in campo una serie di azioni:
o adattarsi al punto di vista del codificatore che propone il messaggio
o opporsi in nome di una interpretazione ideologica antitetica
o mediare tra le due visioni.
PENSIERO CONSERVATORE DI LUHMANN VS PENSIERO NEOILLUMINISTA DI HABERMAS
• Luhmann: sociologo della comunicazione, conservatore, rifiuta la tradizione illuminista,
affermando che l’opinione pubblica non serve a generare la “volontà generale” (Rousseau:
volontà che porta a decidere ogni singolo cittadino cosa fare sulla base di quello che essi, uno
per uno, ritengono sia il modo migliore per promuovere il bene comune); l’opinione pubblica è
solamente una modalità comunicativa, non ha una funzione sociale, è uno strumento che le
classi dirigenti hanno per poter fare al meglio le loro scelte politiche, quindi, ha un ruolo meno
importante rispetto alla costruzione del consenso e della scelta politica: l’opinione pubblica
perde la funzione sociale determinante che l’Illuminismo le aveva assegnato.
• Habermas: rilanciò l’idea della sfera pubblica come l’unico luogo veramente decisivo per la
formazione della volontà democratica.
“la sfera pubblica è il luogo della libera e informata discussione dei cittadini, fondamentale per
determinare la decisione politica”
L’opinione pubblica, secondo il pensatore, è decisiva per poter controllare il potere politico e
per poter indirizzare le scelte del potere politico; per poter rimanere veramente democratica
occorre però una comunicazione responsabile, che dia piena visibilità ai fatti, priva di intenti
manipolatori e non eccessivamente guidata dalla tendenza a trattare l’informazione come un
prodotto commerciale.
(Ancora una volta il discorso cade sulla responsabilità dei media: non devono manipolare i
cittadini e non devono trattare l’informazione come un prodotto ma devono cercare di restare
il più possibile estranei alle logiche di profitto che sono proprie dei media).

SPAZIO PUBBLICO MEDIATIZZATO


Oggi si parla dell’esistenza di uno “Spazio Pubblico Mediatizzato”: i media svolgono un ruolo di perno della
comunicazione, ascendente e discendente, tra pubblico dei cittadini e sistema della politica.

GLI OBIETTIVI DEI MEDIA


1. L’INFORMAZIONE
Il concetto di informazione è un concetto introdotto nel corso dell’800, quando i quotidiani
plasmano la nozione di “notizie” inventando il concetto di informazione e assegnando ai giornalisti
la missione di raccontare quel che succede nell’attualità. È stato poi il giornalismo anglosassone-
americano a modellare l‘ideale dell’obiettività giornalistica rispetto alle notizie (ruolo decisivo ha
avuto il Times quando non ebbe paura di schierarsi contro la linea politica seguita dal governo).
Dopo essersi faticosamente emancipato dal controllo della politica, attorno la fine dell’800 si
afferma una prima fondamentale differenza tra:
- giornalismo europeo-continentale: si converte alle tecniche e ai valori del reportage.
- giornalismo anglosassone-americano: molto più obiettivo, “i fatti sono i fatti”.
Nel corso del ‘900 il giornalismo europeo rimane molto differente da quello anglosassone, e la
distanza sembra cristallizzarsi con il famoso episodio del Watergate, quando il Washington Post
inchioda alle sue responsabilità il presidente Nixon e lo costringe alle dimissioni.
L’inchiesta su Watergate (1974) nobilita il ruolo dell’informazione e glorifica il modello
anglosassone di giornalismo: la superiorità del modello giornalistico americano sembra a quel
punto inattaccabile.
La prima breccia ne monopolio dell’informazione da parte della stampa viene aperta negli anni ’50:
- radiogiornali e i telegiornali non solo entrano direttamente nelle case, ma danno anche la
sensazione di essere gratuite e perennemente disponibili.
- Contestazione accusa il mondo della stampa di offrire un prodotto modellato sulle esigenze,
obiettivi e tendenze della cultura consumistica occidentale, di essere parziale.
- La prepotente ascesa di internet ha infine nuovamente complicato la situazione, costringendo
l’informazione a ridefinire i propri scopi, esigenze e i limiti.
2. IL DIVERTIMENTO
• Fino alla prima meta del ‘900 lo show- business è rappresentato dagli spettacoli di varietà e dal
cinema hollywoodiano:
- Sul finire dell’800 nelle grandi metropoli europee in grandi cabaret-teatri (teatri di varietà)
vengono offerti nuovi modelli di divertimento, spettacoli di qualsiasi genere, di grande
varietà di generi. I teatri di varietà sono quindi una sorta di grandi magazzini del
divertimento, simbolo della rapidità della vita urbana.
Il loro successo si arresta però ai confini del gusto borghese, che intende distinguersi dai
ceti popolari e quindi si ostina a considerare il teatro tradizionale quale unica
rappresentazione degna di una qualche considerazione.
- Il cinema ha aperto la strada all’affermazione di strumenti di comunicazione di massa quali
diffusori di contenuti ludico-ricreativi
• Con la nascita della televisione viene modificato il senso stesso del godere del divertimento, lo
show-business si sviluppa enormemente divenendo entertainment, il quale riuscì ad imporsi
utilizzando strumenti quali l’informazione, l’educazione e la pubblicità.

3. LA COMUNICAZIONE
Con l’affermarsi dei mass media la comunicazione è divenuta “utilitaria”: comunicare non significa
solo instaurare una relazione tra persone, ma anche cercare di influenzare tale relazione (vendere,
inculcare idea…).
- Pubblicità: la nozione moderna di pubblicità come strumento utilitario (esplicitamente
indirizzato alla vendita) nasce con i il successo dei mass media e con le scoperte delle scienze
umane le quali offrono una base teorica (economia avvicina al marketing, sociologia ai
sondaggi, tecniche psicologiche): a partire da questo momento l’evoluzione dei media si
intreccia con quella della pubblicità, sviluppando gli stessi argomenti e invocando gli stessi
valori (la pubblicità, che fa vivere i giornali, i quali a loro volta alimentano l’opinione pubblica, è
fondamentale per assicurare il mantenimento della libertà).
La pubblicità, quindi, abbandona i legami con l’arte e assume le competenze delle discipline
scientifiche.
Tra il 1930 e il 1980, la lunga età dell’oro dei mass media, la forte alleanza tra pubblicità, media
ed economia trasfigura il concetto di pubblicità: la pubblicità diventa comunicazione.
Se inizialmente concepita come strumento in grado di fare meglio apprezzare le qualità di un
bene di consumo, la pubblicità ora si trasforma in simbolo di un’aspirazione collettiva che porta
alla felicità.

4. L’EDUCAZIONE
Con la televisione per la prima volta un mass media sfida le istituzioni educative tradizionali
(famiglia, scuola, religione) mettendone in dubbio la tradizionale autorità presso gli studenti.

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