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“L’OPINIONE PUBBLICA” di Vincent Price

I CAPITOLO: IL CONCETTO DI OPINIONE PUBBLICA

Introduzione Il concetto di opinione pubblica è molto usato nelle scienze sociali ma trova
applicazione nel campo della comunicazione, sia nella ricerca teorica che empirica. Key sottolinea
la difficoltà di definire l’opinione pubblica come oggetto di studio empirico affermando che
“parlare con precisione di opinione pubblica è impegno non dissimile dall’avere a che fare con lo
spirito santo”.

Per gli studiosi ogni tentativo di dare un’unica e chiara definizione del concetto di opinione
pubblica si dimostra inefficace. Davison notava infatti che di “opinione pubblica” non esiste alcuna
definizione generalmente accettata.

Origini dell’ideaIl concetto di opinione pubblica è fondamentalmente un prodotto


dell’Illuminismo, infatti l’idea è strettamente congiunta alle filosofie politiche liberali della fine del
17°-18° secolo e in particolare alla teoria democratica del 19° secolo. Per quanto riguarda le prime
concettualizzazioni del termine opinione, ci furono due significati distinti della parola “opinione”,
ancora oggi validi:

1. Il primo è epistemologico e deriva dall’uso di distinguere tra questioni di giudizio e


questioni di fatto o tra qualcosa di incerto e qualcosa di conosciuto per vero, sia per
dimostrazione sia per fede. Questo concetto deriva dal latino “opinio” e in questo senso si
ricollega essenzialmente a uno stato conoscitivo, a una forma inferiore di conoscenza.
2. Il secondo, più moderno, equipara la parola “opinione” alla condotta, alla morale e alla
consuetudine. In questo caso l’enfasi viene posta sul ruolo dell’opinione popolare in quanto
agente di pressione sociale e di controllo sociale. L’opinione viene equiparata alla
reputazione, alla stima e alla considerazione degli altri ed è di grande interesse perché
vincola il comportamento umano. Questo significato si riscontra in Locke che identificava 3
leggi generali che governano la condotta umana: la legge divina, la legge civile e la legge
dell’opinione o della reputazione (che egli chiama legge del costume). Questo tipo si
opinione si concentra sull’approvazione sociale o censura, è un modo di condonare o
condannare informalmente. L’opinione è in generale soggetta al pregiudizio e non razionale,
è affine al sentimento che è opposto alla ragione.

Per quanto riguarda le prime concettualizzazioni del termine pubblico, esso deriva dal latino
“publicus”, che molto probabilmente deriva da “populus” cioè il popolo, ma ci sono 2 diverse
rappresentazioni dell’idea di popolo.

1. In un primo significato la parola “pubblico” si riferiva all’accesso comune, come


nell’espressione “luogo pubblico”. Secondo Habermas, “res publica” era qualunque bene
accessibile alla popolazione, e le piazze in epoca feudale erano considerate facenti parte del
pubblico perché la fontana e il mercato erano d’accesso comune. Il concetto fondamentale è
qui quello di apertura e disponibilità, come esprime il verbo pubblicizzare, che si riferisce al
processo di rendere qualcosa generalmente disponibile.
2. In un secondo significato l’uso del termine “pubblico” venne in seguito a riferirsi a questioni
di interesse generale e in particolare a questioni di governo e di stato. Qui ci si concentra
quindi sull’interesse comune o il bene comune. Il termine pubblico venne in seguito a
riferirsi in generale allo stato quando esso progredì in un’entità che ha un’obiettiva esistenza
al di sopra e rispetto alla persona del governante.

Evoluzione del significato di “pubblico” secondo Lincoln: del popolo (riferito al comune accesso),
per il popolo (riferito al bene comune) e dal popolo (portato avanti dalla gente comune).

La nascita dell’opinione pubblica L’unione di “pubblico” e “opinione” in una sola locuzione


utilizzata per riferirsi ai giudizi collettivi che influenzano l’agenda politica, si verifica in Europa
dopo l’operare su larga scala di tendenze di carattere sociale, economico e politico. I francesi
vengono spesso considerati come gli inventori e i divulgatori di questo concetto. Tale processo
viene fatto risalire al 15° secolo con l’avvento della stampa a caratteri mobili. Questa nuova
tecnologia permise la diffusione della letteratura e l’espansione dell’alfabetizzazione, che ebbe forte
impulso dalla Riforma protestante, la quale stimolò il sorgere di un vasto pubblico di lettori. La
professionalizzazione delle arti portò autori e artisti a dipendere dal sostegno popolare per il loro
sostentamento. Si formò una società di lettura in cui prosperava la letteratura morale e politica. Ma
oltre all’effetto della circolazione della letteratura, la Riforma dimostrò di poter essere incisiva in
numerosi altri campi e radicava una nuova concezione individualistica della persona, cioè che ogni
individuo è padrone del proprio destino. Il protestantesimo si evolse in filosofie liberali che
affermavano che gli individui dovevano essere liberi di seguire le proprie predilezioni in tutti gli
aspetti della vita, economico, politico e religioso.

Habermas sostiene che tali tendenze storiche, legate allo sviluppo del capitalismo e alla supremazia
della borghesia europea, sfociarono in una sfera pubblica criticamente razionale. Nel 17°-18°
secolo acquistarono rilevanza una varietà di nuove istituzioni sociali come i salotti e i caffè, ovvero
dei luoghi di riunione dove si parlava molto di arte e letteratura e dove era importante l’autorità
dell’argomento e non del titolo. Il libero scambio d’informazioni e la libertà di critica e
ragionamento divennero gli strumenti di un’autoaffermazione pubblica della borghesia nelle
questioni politiche. L’opinione pubblica emerse come una nuova forma di autorità politica pronta a
sfidare il governo assoluto. Egli sottolinea inoltre la razionalità e l’egualitarismo propri
dell’opinione pubblica durante l’illuminismo. Questa discussione è “pubblica” nel senso che essa
aspira a determinare il bene generale o il bene pubblico e “aperta” a livello di partecipazione. È
autonoma ed egualitaria perché opera indipendentemente dallo status sociale ed economico, dando
la precedenza al valore delle idee piuttosto che al potere politico. L’analisi di Habermas tuttavia,
pur essendo importante, è stata anche contestata in merito alla sua interpretazione marxista della
sfera pubblica. Per Rousseau il bene comune è percepibile solo attraverso la continua partecipazione
dei liberi individui che discutono le scelte collettive; egli non sosteneva il conflitto tra gli interessi
individuali. Al contrario, credeva che i membri del pubblico, nel decidere insieme il meglio per la
loro comunità, rinunciassero ai loro interessi e affari privati per il benessere comune. Per molti
scrittori l’opinione pubblica non era l’opinione di una moltitudine, ma era invece un tribunale
anonimo e impersonale, una sorta di corte di giustizia che aveva le stesse qualità dell’autorità
assolutista, ovvero l’infallibilità, l’unità e l’esteriorità. Molti sostengono che la nozione di opinione
pubblica fece presa come conseguenza del graduale dissolvimento dell’autorità assoluta francese.

Benché i caffè e i salotti dell’Illuminismo avessero dato origine all’idea di opinione pubblica, gli
scrittori del 18° secolo lasciarono per molti aspetti il concetto non chiarito, infatti riferivano
l’opinione pubblica al comportamento sociale o al suo impatto ma non spiegavano i meccanismi
attraverso i quali essa avrebbe dovuto influenzare la condotta governativa. L’opinione pubblica era
legata alla discussione e al libero flusso di informazioni, si supponeva riflettesse il bene comune ed
era descritta come un nuovo e potente tribunale per controllare l’operare dello stato. A differenza di
Rousseau, gli studiosi Mill e Bentham sostenevano che il comportamento dei singoli obbedisce alla
necessità di soddisfare i propri desideri ed evitare il dolore. La società è quindi formata da individui
che cercano di massimizzare i propri interessi e il proprio utile. Era perciò necessario un
meccanismo che armonizzasse questi interessi diversi. La risposta al problema di risolvere interessi
diversi e confliggenti fu il governo della maggioranza, stabilito attraverso regolare elezione e
plebiscito. L’opinione pubblica sotto questo punto di vista maggioritario, veniva compresa come gli
interessi agglomerati degli uomini della collettività. Lo stato doveva avere il ruolo di arbitro su
individui e gruppi che competono per massimizzare i loro interessi attraverso la concorrenza
economica e il libero scambio. I primi pensatori liberali (come Rousseau) videro l’opinione
pubblica come un modo di realizzare la volontà comune, individuata nel continuo coinvolgimento
popolare sotto forma di discussione razionale ed egualitaria. Nella più recente formulazione,
l’opinione pubblica è al contrario determinata dalla funzione massimizzante di distinte volontà
individuali, vale a dire attraverso il governo della maggioranza. Il pubblico dei primi scritti definito
come i membri delle classi colte che frequentavano i caffè e i salotti, in questo nuovo sistema è
identificato con l’elettorato eleggibile.

L’opinione pubblica come oggetto di studio Durante il 19° secolo l’opinione pubblica era vista
come la voce della classe media illuminata, come la protezione contro il malgoverno, e come un
agente di progresso e quindi potenzialmente pericolosa per i conservatori, era studiata quindi sotto il
punto di vista politico e filosofico, ci si interrogava su come trasformare volontà individuali in
volontà dello stato. Verso la fine del 19° secolo, l’opinione pubblica fu oggetto di analisi
sistematiche di segno empirico caratteristiche del percorso delle scienze sociali. Gli studiosi erano
affascinati dalla nuova forza dell’opinione pubblica all’interno della società, che sembrava
guadagnare potere espandendosi a quasi tutte le classi sociali grazie ai miglioramenti dell’istruzione
e all’emergere di mezzi di comunicazione di massa più efficienti. Gli studiosi con l’avanzare delle
scienze sociali nel 1900 cominciarono a studiare l’opinione pubblica dal punto di vista psicologico e
sociologico facendo delle ricerche sul comportamento collettivo, sull’atteggiamento psicologico
sociale, sulla propaganda, ci si concentrava sulla funzione, sui poteri e sui mezzi attraverso i quali
poteva essere modificata o controllata. Insomma avvicinandosi al 1900 c’è un cambiamento nello
studio dell’opinione pubblica, si passa da atteggiamenti politici/filosofici (es. trasformare volontà
individuali separate nella volontà dello stato) a interessi psicologici/sociologici (es. aspetti sociali e
comportamentali, ricerche d’atteggiamento e d’opinione, ricerche di comunicazione di massa).

Problemi relativi all’opinione pubblica Sebbene pensato principalmente nei termini di


discussione informata e di governo della maggioranza, il concetto di opinione pubblica aveva in sé
altri significati importanti. Vennero esplorati anche gli aspetti non razionali ed emotivi infatti
nell’ultima parte del XIX secolo molti scrittori prestarono attenzione al comportamento pubblico
imitativo e al contagio emozionale nelle folle e per far ciò alcuni pensatori istituirono spettacoli
pubblici e celebrazioni nazionali volte a suscitare sentimenti patriottici invece di una risposta
meditata. L’analisi si organizza attorno a 5 problemi base relativi all’opinione pubblica che
assillano il pubblico contemporaneo:
1. MANCANZA DI COMPETENZA: le riserve circa la capacità del pubblico di guidare la
vita politica risalgono a Platone. Ma le principali accuse relative a un governo dell’opinione
popolare risalgono a Lippmann. Secondo lui la dottrina democratica chiedeva troppo ai
semplici cittadini, chiedeva cioè loro di comportarsi come legislatori attivi e coinvolti in
tutte le questioni del giorno. Per Lippmann parte del problema era la generale disattenzione
del pubblico oltre che la mancanza d’interesse alla politica (è stato notato che le questioni
pubbliche sono al 4°postotra gli interessi della vita). Il problema era aggravato dal modo in
cui le opinioni si sviluppavano, infatti la conoscenza degli affari pubblici è irraggiungibile
per il comune cittadino a causa della complessità degli affari politici e della grandezza del
mondo industriale e quindi i cittadini formano le proprie idee da resoconti incompleti,
avendo poco contatto con gli eventi reali e filtrando tutto attraverso i propri pregiudizi
(Lippmann definisce il cittadino come uno spettatore sordo in ultima fila). Un altro
problema era la stampa che contribuiva ai mali dell’opinione popolare, infatti i giornali
falliscono nella traduzione della vita pubblica e c’è una scarsa partecipazione pubblica in
democrazia. Per far sì che l’opinione popolare incompetente facesse dei progressi Lippmann
immaginava un’organizzazione di studiosi di scienze politiche che avrebbero dovuto rendere
comprensibili i fatti invisibili ai responsabili delle decisioni e immaginava inoltre una rete di
agenzie per la raccolta delle informazioni.
2. MANCANZA DI RISORSE: Dewey sosteneva che il problema non era tanto la mancanza di
competenza del pubblico quanto la mancanza di modalità sufficienti per la comunicazione
pubblica. Non è necessario che le persone abbiano la conoscenza e la capacità di effettuare
indagini per qualunque interesse comune, ma solo che abbiano la capacità di giudicare le
informazioni fornite dagli esperti relativamente a interessi specifici. Le scienze sociali
dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella vita dello stato democratico diffondendo le loro
valutazioni al pubblico attraverso la loro divulgazione ad arte nella stampa popolare.
Essenziale è quindi il miglioramento delle modalità e delle condizioni del dibattito, della
discussione e della persuasione. Il problema del pubblico sta nel ricercare un nuovo modo di
parlare. Bisogna dotare il pubblico di risorse adeguate, infatti gli individui sono capaci di
sopravvivere nel mondo moderno imparando ciò che hanno bisogno di comprendere e
ignorando quanto non hanno bisogno di conoscere. Non è necessario che i cittadini siano
coinvolti in tutti gli aspetti quotidiani dell’attività di governo. Quando necessario, cioè
quando i loro affari o interessi sono in gioco, essi vengono naturalmente coinvolti dal
conflitto. La soluzione sta nell’offrire al pubblico risorse migliori attraverso i mass media.
3. TIRANNIA DELLA MAGGIORANZA: la preoccupazione per gli analisti dell’opinione
pubblica è il pericolo che prevalga una sorta di mediocrità nell’opinione creata e mantenuta
dalla pressione della maggioranza. Il pericolo è che di fronte a maggioranze ampie,
importanti punti di vista minoritari fondati, non verranno fatti valere con forza. Già
Tocqueville nel XIX secolo avvertiva che in una società di eguali, gli individui facenti parte
di una minoranza sarebbero rimasti soli e senza protezione di fronte a una maggioranza
dominante. Noelle-Neumann parlava della “spirale del silenzio” cioè l’arretrare della
minoranza di fronte alla pressione della maggioranza. Molti analisti ritenevano che il potere
della maggioranza potesse diventare un problema sempre più grande andando avanti.
Quanto più a lungo l’opinione pubblica governa, tanto più l’autorità della maggioranza
diventa assoluta, tanto meno probabile è che emergano le minoranze e tanto più i politici
obbediscano alla maggioranza. Per evitare ciò si dovrebbero socializzare e formare
democraticamente i cittadini per garantire così la tutela anche degli interessi della
minoranza. Nella democrazia è importante l’individualità dei cittadini.
4. INFLUENZALITA’ E PERSUASIONE: questa preoccupazione riguarda l’influenzabilità
del pubblico, soprattutto rispetto ai richiami emozionali e non razionali. Il formarsi di una
volontà generale da una massa di volontà separate consiste nell’uso di simboli che
aggregano le emozioni dopo che esse sono state separate dalle loro idee ed è una cosa bel
conosciuta dai leader politici. Significativo è il fatto che pian piano lo studio dell’opinione
pubblica e della propaganda sono andati di pari passo, infatti la possibilità dei media di
causare un comportamento d massa repentino e irrazionale era notevole, basti pensare al
successo dei regimi fascisti che puntarono molto sulla comunicazione.
5. DOMINIO DA PARTE DELLE ELITE: un altro problema è la crescente passività da parte
del pubblico, che porta in modi diversi al suo dominio da parte di élite governative ed
economiche. Mills vide la società americana come formata da 3 livelli gerarchici: il 1° una
ristretta fascia di élite detentrici di potere, il 2° un insieme stabile di forze politiche che si
controbilanciano, il 3° una grande e sempre crescente massa di cittadini senza potere.
Secondo lui la società americana è stata trasformata in un mercato che consuma piuttosto
che in un pubblico che produce idee e opinioni.

II CAPITOLO: IL PUBBLICO

L’idea di opinione pubblica più comune oggi la identifica con un’aggregazione di opinioni
individuali. All’inizio del XX secolo l’opinione pubblica era considerata come un fenomeno
collettivo e superindividuale o come un prodotto cooperativo di comunicazione e influenza
reciproca. In genere ai primi del ‘900 l’opinione pubblica era considerata come uno speciale tipo di
prodotto sociale, non un insieme di opinioni pubbliche separate ma al contrario l’opinione di un
pubblico. Alla svolta del XX secolo gli studiosi erano affasciati dalle imponenti manifestazioni di
comportamento collettivo tipiche dell’epoca: folle spontanee, dimostrazioni di massa, sommosse e
guardavano anche al ruolo che i moderni mezzi di comunicazione di massa sembravano svolgere
nel dar forma e nel guidare la psicologia delle masse. Le prime concezioni del pubblico tendevano a
identificare l’opinione pubblica con il comportamento collettivo e si concentravano nello spiegare la
natura sociologica del pubblico come un gruppo a carattere transitorio debolmente strutturato. Il
punto di forza di questa analisi sta nell’idea che l’opinione pubblica può essere vista come parte di
un più ampio processo sociologico, come un meccanismo attraverso il quale le società si adattano
alle mutate circostanze grazie alla discussione e al dibattito. Il pubblico quale entità sociale in
evoluzione, forma se stesso nel tempo attraverso il dibattito spontaneo, la discussione e
l’opposizione collettiva su una data questione. Gli studiosi più tardi si sono riferiti a tale concezione
del pubblico come al modello discorsivo che evidenzia il fatto che l’opinione pubblica sia per sua
natura comunicativa.

Folla, pubblico e massa La moderna psicologia sociale può farsi risalire alle preoccupazioni sorte
nel XX secolo circa la massificazione della società e i suoi mali quali esplosioni di violenza e
panico di massa. Il mistero da risolvere si cui si occupa Le Bon era come individui civili potessero
trasformarsi in una folla incollerita e eccitata.
FOLLA: nell’approccio allo studio scientifico delle folle, Le Bon notava che il sorgere delle classi
popolari nella vita politica era l’evoluzione più significativa della società moderna. Egli vide la folla
come uno dei principali meccanismi attraverso i quali queste classi imponevano le loro
rivendicazioni politiche con violenza e distruzione. Le Bon parla di “legge sull’unità mentale delle
folle” richiamandosi ai concetti di ipnosi e di suggestionabilità inconscia. Le Bon individua 3 cause
del comportamento della folla:

1. L’anonimato garantito dalla folla allentava gli abituali vincoli gravanti sugli istinti più
profondi degli individui;
2. L’emozioni e le azioni si diffondevano rapidamente attraverso il contagio e l’imitazione
spontanea;
3. Per influsso della folla la personalità cosciente svanisce e l’individuo si ritrova sottoposto
alla persuasione e suggestionabilità inconsce, cioè viene ipnotizzato dal volere collettivo
della folla. È questo stato ipnotico che permette a una folla di agire all’unisono. La folla
porta l’individuo a non avere coscienza.

In seguito, con lo svilupparsi dello studio del comportamento collettivo, vennero prese in
considerazione non solo le folle ma altre forme analoghe, come le mode passeggere, le manie e i
movimenti sociali, dai quali emergono i modi di azione sociale.

PUBBLICO: per Park folla e pubblico erano molto simili per un aspetto: entrambi rappresentavano
meccanismi per l’adattamento e il cambiamento sociale, cioè forme sociali transitorie assunte dai
gruppi sociali per trasformarsi in nuove organizzazioni. Entrambi sono vie iniziali verso la
creazione di entità sociali del tutto nuove. Folla e pubblico sono guidati da una volontà collettiva e
non possono ancora considerarsi società, inoltre rappresentano stadi empirici preliminari nel
processo della formazione del gruppo. Per quanto riguarda le differenze, la folla è segnata
dall’esperienza emotiva, si sviluppa in risposta ad emozioni condivise e per entrarvi è richiesta solo
la capacità di sentire e identificarsi, mentre il pubblico è caratterizzato dal discorso razionale, si
organizza in risposta a un problema e per unirvisi è richiesta la capacità di pensare e ragionare con
gli altri. Per Blumer il termine “pubblico” è utilizzato per riferirsi ad un gruppo di persone che si
confrontano con un problema e che hanno concezioni diverse su come affrontarlo e che si
impegnano a discutere del problema per giungere e una soluzione. Discussione e disaccordo
riguardo ad un problema danna vita al pubblico. I suoi individui mancano di norme, tradizioni e
regole che dettino in modo chiaro il tipo di azione da intraprendere. Il pubblico è una specie di
gruppo amorfo in cui dimensioni e appartenenza variano al variare del problema. Secondo Blumer
argomentazione e contro-argomentazione diventano i mezzi attraverso i quali prende forma
l’opinione pubblica ed è quindi necessario un linguaggio comune di vocaboli di base ovvero un
universo di discorso. Il pubblico è costituito da un lato da gruppi d’interesse che partecipano
attivamente e dall’altro da un gruppo più distaccato simile a uno spettatore.

MASSA: per Blumer è composta da individui anonimi ed è caratterizzata da una scarsa interazione
o comunicazione tra i suoi membri. Estremamente eterogenea, comprende individui di tutte le classi
e estrazioni sociali. Dal punto di vista geografico è dispersa ed è organizzata in maniera molto
debole tanto che i suoi membri sono incapaci di agire insieme. Ciò che tiene insieme la massa è un
centro comune di interesse o di attenzione che porta chi ne fa parte oltre i limiti della sua
esperienza. L’oggetto dell’interesse della massa è qualcosa che attrae l’attenzione degli individui
lontano dalla loro cultura e sfera d’interessi volgendola verso un universo più vasto non definito da
norme e aspettative. Questa attenzione condivisa è il solo legame comune tra i membri della massa,
i quali vengono quindi lasciati agire separatamente. La massa consiste in un’aggregazione di
individui che sono separai, divisi e anonimi e che agiscono in risposta a personali bisogni. Il
comportamento di massa diveniva sempre più significativo nella moderna società industriale e
urbana, in quanto la crescente mobilità, i mass media e l’istruzione hanno operato nel senso di
distaccare gli individui dai loro ancoraggi tradizionali spingendoli in un mondo più ampio. Per
Mills le condizioni moderne apparivano più favorevoli alla massa che all’opinione pubblica per 4
ragioni:

1. In una massa coloro che esprimono opinioni sono meno numerosi di quanti ne ricevono (la
comunità è un insieme astratto che riceve impressioni dai mass media);
2. In una massa l’individuo non riesce a controbattere efficacemente e rapidamente alle
comunicazioni che prevalgono essendo quest’ultime molto organizzate;
3. L’inveramento dell’opinione pubblica in azione è controllato da autorità che organizzano e
coordinano i canali di tale azione;
4. La massa non ha alcuna autorità rispetto alle istituzioni. In essa penetrano agenti delle
istituzioni che riducono qualunque autonomia che possa creare un’opinione pubblica
attraverso la discussione;

I pubblici e il dibattito dei problemiLa concezione sociologica considera il pubblico come una
collettività debolmente organizzata che nasce nel corso di una discussione relativa a un problema. Il
pubblico è caratterizzato dalla risoluzione collettiva di un problema tramite argomentazione e
contro-argomentazione. Sono state individuate da Foote e Hart 5 fasi collettive nella formazione
dell’opinione pubblica:

1. Fase del problema: in questa fase una qualche situazione viene determinata come
problematica da una particolare persona o gruppo. Il problema e i suoi esiti sono
caratterizzati da una mancanza di definizione e il pubblico è indeterminato. Pubblico e
problema emergono insieme nel corso dell’interazione, un’interazione rudimentale e
provvisoria perché gli individui spesso non sanno cosa vogliono da una certa situazione.
Alla fine il problema si cristallizza in una questione riconosciuta e gli individui hanno una
qualche comprensione di ciò che possono volere.
2. Fase propositiva: sono formulate una o più linee potenziali di azione per rispondere al
problema. Il processo può essere ambiguo perché molte idee vengono considerate e poi
scartate. Questa fase comprende ancora comportamenti tipicamente collettivi come
emozioni fugaci, movimenti di prova, voci incontrollate, influenza e clamore disorganizzato.
Alla fine i membri del pubblico avvertono collettivamente le dimensioni del problema e
sono in grado di proporre uno o più modi per risolverlo.
3. Fase politica: meriti e debolezze delle proposte vengono dibattuti. È il mondo del discorso
pubblico in cui i membri più attivi del pubblico cercano il sostegno da parti di quanti sono
meno coinvolti, tentando di costruire un consenso intorno alle loro proposte. Dopo che gli
intervistatori monitorano le opinioni riguardo al problema e i media esprimono i pro e i
contro, la fase termina con la decisione di intraprendere un certo piano d’azione.
4. Fase di programma: viene posto in essere il corso d’azione approvato.
5. Fase della valutazione: intessuta delle considerazioni relative all’efficacia della politica
intrapresa, svolta soprattutto dalle minoranze scettiche.

ATTORI E SPETTATORI: per tutte queste fasi di sviluppo il pubblico cambia di dimensione e
anche in composizione, espandendosi. Lippmann parla di natura duplice del pubblico, considerando
elementi attivi e passivi, cioè parla di attori e spettatori. Gli attori sono coloro che tentano di
influenzare direttamente il corso delle vicende politiche. Essi identificano i problemi, propongono
soluzioni e tentano conquistare gli altri al loro punto di vista. Gli spettatori seguono le azioni degli
attori con diverso interesse e atteggiamento, costituendo un’audience per questi ultimi.
L’appartenenza allo stadio di attore e spettatore cambia in base al problema in esame.

Allargamento del dibattito pubblico Il successo nel conquistare un’audience più ampia è dovuto
agli sforzi concertati dagli attori di rendere pubblici i loro contrasti e disaccordi. La politica consiste
in gran parte nella creazione e nella soppressione di problemi da dibattere, cioè nel reclutamento di
pubblici sulla base di certe problematiche, o in una definizione di alcuni problemi tale che il
pubblico non possa formarsi attorno ad essi. Ciò che accade in politica dipende dal modo in cui le
persone si dividono in fazioni, partiti, gruppi e classi. Gli attori spendono notevoli energie per dar
forma al conflitto nel modo che serve meglio i loro interessi. Tuttavia i problemi non nascono
esclusivamente in seguito agli sforzi degli attori. Vengono fatti milioni di tentativi, ma un problema
viene elaborato solo quando si dà battaglia. Le possibili linee di divisione politica all’interno
dell’elettorato sono numerose e la costellazione di divisioni possibili contribuisce a determinare se
infine un certo problema stimola e divide l’elettorato. Molti potenziali conflitti non si trasformano
in problemi perché eliminati da antagonismi più forti, ma altri problemi sono essi stessi in grado di
attivare l’insieme di divisioni parallele nella medesima dimensione generale. Le stesse
caratteristiche di un problema, come la sua complessità, il significato sociale o le conseguenze di
lungo termine, possono anche incidere sulla probabilità che esso possa allargarsi dalla cerchia di
quanti sono originariamente interessati a un più ampio pubblico. La chiave del successo politico, sta
nei modi in cui gli attori definiscono un problema e i percorsi alternativi d’azione. Dopo la
soluzione di un problema una volta che un problema sia stato discusso e deciso, il suo pubblico si
allontana in seguito al logoramento e alla ridotta comunicazione. Ma i rapporti, gli schieramenti e le
divisioni formatisi attraverso la risposta del pubblico a un particolare problema rimangono. Le
tracce pubbliche di un problema formano così il materiale grezzo per nuovi problemi e nuovi
pubblici.

Dopo la soluzione di un problema Una volta che un problema sia stato discusso e deciso, il suo
pubblico si allontana in seguito al logoramento e alla ridotta comunicazione. Ma i rapporti, gli
schieramenti e le divisioni formatisi attraverso la risposta del pubblico a un particolare problema
rimangono e gli elementi più attivi e organizzati dei pubblici, una volta formati, possono continuare
ad agire per lungo tempo acquistando alla fine uno status paraistituzionale. Le tracce pubbliche di
un problema formano così il materiale grezzo per nuovi problemi e nuovi pubblici.

Osservazione del pubblico Il pubblico è un’entità difficile da identificare con precisione.


Debolmente organizzato dalla comunicazione relativa a un problema, include strati sia attivi che
passivi, cambia, nell’evolversi, per dimensioni e forma, e acquista o meno esistenza in relazione a
un determinato problema. I primi ricercatori che si occuparono sistematicamente dello studio
empirico dell’opinione pubblica finirono con lo scartare il modello discorsivo, cioè la
considerazione del pubblico come un’unità cangiante e amorfa propria del modello sociologico e
con lo svilupparsi negli anni ’30 dei sondaggi di opinione passarono sempre più a una concezione
aggregata, cioè un pubblico inteso come “una persona, un voto”, cioè come un aggregato di
opinioni egualmente pesate di individui disparati, concezione decisamente più pratica e sostenuta
dal metodo dell’indagine demoscopica (=ricerca statistica realizzata con la finalità di accertare le
opinioni, gli orientamenti e le caratteristiche di un determinato universo). Tuttavia il modello
sociologico non fu mai del tutto abbandonato, benché sia vero che oggi comprendiamo l’opinione
pubblica come ciò che i sondaggi cercano di misurare. Oggi alcuni analisti identificano il pubblico
con quegli individui e gruppi che partecipano attivamente al dibattito pubblico su particolari
questioni; altri possono considerare il pubblico più in generale come quel settore della popolazione
che appare informato della, o attento alla, vita politica in generale; altri ancora possono identificare
il pubblico in generale con l’elettorato o persino in maniera ancora più ampia con l’intera
popolazione.

PUBBLICO GENERALE: una concezione comune è che il pubblico corrisponde ad una data
popolazione nella sua interezza. Allport sosteneva che qualunque idea del pubblico non totalmente
inclusiva risulta ambigua e concepiva il pubblico come una popolazione definita dalla geografia,
dalla comunità, dalla politica o da altri criteri. Le opinioni sono per lui reazioni degli individui.
Quest’identificazione del pubblico con l’intera popolazione si impose e rappresenta il concetto
sottostante all’attuale indagine demoscopica, tuttavia secondo altri questa definizione non era
corretta poiché il pubblico generale non corrisponde all’intera popolazione perché, come
dimostrano anni e anni di ricerca demoscopica, la maggior parte della popolazione rimaneva
disinteressata e disinformata su tante questioni pubbliche (politica, volto nelle elezioni ecc) e molte
delle opinioni raccolte in sondaggi erano frutto di risposte date senza riflettere, fornite senza una
precedente discussione. Le opinioni che spesso vengono date agli intervistatori sono “opinioni di
massa” superficiali emerse dalla somma delle opinioni degli individui.

PUBBLICO VOTANTE: l’elettorato, cioè un collettivo su vasta scala e indifferenziato (ma che
rappresenta di solito il 70% della popolazione americana), è una delle più comuni definizioni
operative del pubblico, e i risultati elettorali sono l’espressione più visibile dell’opinione pubblica
nella società americana. Data la variabilità nella partecipazione al voto nelle diverse elezioni,
emerge il problema di identificare quale settore in particolare della popolazione probabilmente
voterà. L’atto di votare è una chiara espressione comportamentale dell’opinione, e può persino
essere considerato come una forma di partecipazione al dibattito pubblico. Tuttavia, il fatto che una
persona abbia votato in un’elezione non dovrebbe affatto essere considerato come un’indicazione
che essa è attivamente impegnata a prendere in considerazione i temi sul tappeto. La ricerca indica
che molti elettori vanno alle urne senza una particolare informazione che li guidi nella scelta, cioè
l’elettore spesso non ha una particolare conoscenza di chi o cosa egli deve votare ed è politicamente
disinteressato e inattivo.

PUBBLICO ATTENTO: Almond affermava che per ottenere risposte realistiche sul come
l’opinione pubblica dà forma alla politica vera bisogna guardare a un corpo più ristretto di cittadini,
poiché di solito solo il 50% è attento alla vita politica. Egli definiva il pubblico attento come un
gruppo informato e interessato dei problemi di politica estera e che costituisce l’ambiente e
l’audience per le élite della politica estera. Coloro che seguono attentamente e con continuità le
notizie politiche sono uno strato della popolazione ristretto, ma stabile e che varia di dimensione a
seconda del resoconto. Il pubblico attento viene riconosciuto di solito in base ad alcuni criteri:
interesse per la politica in generale, interesse per le campagne elettorali nazionali, abitudine alla
discussione politica, esposizione alle notizie politiche dei giornali e letture di notizie a carattere
politico sulle riviste e inoltre influiscono molto le variabili socioeconomiche sul far parte o meno di
questo gruppo.

PUBBLICO ATTIVO: è un gruppo molto più ristretto e rappresenta il 15 % del pubblico attento.
L’impegno di questo gruppo nella vita politica comprende sia mezzi formali di partecipazione
politica (contributi monetari, appartenenza alla macchina di partito e presenza alle manifestazioni)
sia una partecipazione informale attiva (discussione pubblica, dibattito con altri). Per riferirsi a
questi membri particolarmente attivi del popolo viene usato il termine “élite”. Per Key l’élite
politica media tra il mondo degli eventi remoti e complessi e la massa del pubblico, per Almond
invece l’élite si riferisce allo strato articolato di portatori di istanze politiche all’interno della
popolazione che dà struttura al pubblico. Quest’ultimo distingue tipi diversi di élite: la leadership
politica ufficiale (élite politiche), i membri dei corpi professionali che godono di particolari poteri a
causa della loro famigliarità e contatto con il governo (élite burocratiche), quelle rappresentative di
gruppi privati politicamente orientati (élite d’interesse) e le élite della comunicazione, che
comprendono non solo quanti lavorano nei mass media ma anche opinion leader che utilizzano
canali interpersonali, ecclesiastici, leader di club o confraternite. Almond e Key identificano
l’opinione dell’élite politica con l’opinione reale. Il pubblico attivo è più direttamente responsabile
nel dar forma all’azione governativa, infatti chi mobilita le élite mobilita il pubblico. A causa della
loro vasta influenza in molte decisioni politiche, la divisione interna e la competizione tra le élite
risultano essenziali per il funzionamento del governo democratico. L’eterogeneità e il pluralismo
delle élite sono quindi fondamentali per garantire possibilità di alternativa.

-All’interno del pubblico attento e attivo si trovano i cosiddetti pubblici tematici e pubblici speciali,
ovvero strati più generali individuati da crescenti livelli d’interesse, attenzione e partecipazione alla
vita politica in ordine a un vasto insieme di problemi. C’è una considerevole diversità nella
dimensione e composizione dei differenti pubblici per differenti problemi. Interesse e attività del
pubblico aumentano e diminuiscono rispetto a specifici problemi e le fluttuazioni nelle dimensioni
del pubblico si accompagnano a fluttuazioni nella sua composizione. Segmenti diversi della
popolazione possono risultare impegnati nel risolvere differenti problemi. C’è una popolazione
complessa di pubblici speciali la cui attenzione si concentra con maggiore o minore continuità su
specifici organismi pubblici o settori della politica. L’importanza di problemi politici diversi è
variabile per gruppi diversi all’interno della popolazione generale. Tutti questi gruppi sono spesso
composti diversamente in relazione a problemi diversi.

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