L'illuminismo dunque pone degli interrogativi di fondo sulla monarchia, la forma di governo
più comune in Europa. Locke sosteneva che non era il diritto divino a legittimare il governo
civile, ma un contrasto tra governanti e sudditi. Fu per questo che gli stati europei si
impegnarono in programmi di riforma che comportarono delle novità, dei mutamenti
sostanziali ed erano in grado di ottenere consenso anche attraverso l'educazione. Fu
fondamentale dunque per le riforme e diede ai sudditi nuove aspirazioni, favorendo la
nascita dell'opinione pubblica.
In molti stati europei si praticava la tolleranza, con l'obiettivo di assumere il controllo del
sistema educativo per trasferire la lealtà dovuta al papa al sovrano; la tolleranza minava
dunque il rapporto tra la chiesa e lo stato, alla base della monarchia austriaca, e la
coinvolgeva in una radicale ridefinizione dei suoi poteri e della sua legittimità. Furono attuati
anche movimenti di
riforma religiosa come il giansenismo, che permise al sovrano Guglielmo I di Prussia di
legittimare programmi di riforma della Chiesa nell'interesse della monarchia.L'obiettivo del
giansenismo era il ritorno alla semplicità di vita e fu gradito ai governi in
quanto potevano ridimensionare il potere della Chiesa cattolica attuando una riduzione del
numero eccessivo di monaci e suore e la chiusura mi molti istituti religiosi considerati
improduttivi. Alla fine del Settecento il monarca non fu più considerato l'agente di Dio in
terra (anche se alcuni mantennero questa figura come Luigi XVI) giacché si diffuse l'idea che
gli esseri umani avessero diritti non ignorabili dal governo ma che fu ritenuta inapplicabile al
tempo. In sostanza pose dei limiti alle monarchie e fu di grande importanza per le riforme.
Capitolo 4. Economia politica: scienza dello stato e del mercato.
È nel corso del Settecento, risentendo dunque anche dell'influenza dell'illuminismo, che si
sviluppa l'economia politica, come scienza del comprare e del vendere ma anche come
scienza dei rapporti tra queste attività, che ne analizza le leggi e le consuetudini dello stato,
essendo dunque connessa ai cambiamenti politici. L'economia acquista una formazione più
matematica con Pietro Verri compiendo però un salto in avanti proprio in epoca
illuministica; la crescita demografica e l'anelasticità della produzione agricola erano problemi
seri per l'Europa, soprattutto per la Francia, date le penurie alimentari causate.
Docur
Le pressioni della concorrenza internazionale e della modernizzazione indussero i governi a
un maggior intervento nell'economia finalizzato alla massimizzazione delle rispettive risorse;
secondo i fisiocratici, tra i quali ritroviamo nomi quali Riquetì, Quesnay e De Nerrours
(talmente uniti da essere considerati una setta) il principale agente dell'incremento del
prodotto netto era la monarchia. Essi, convinti che l'economia francese dovesse basarsi sul
libero mercato e sull'agricoltura essendo il settore primario più produttivo delle manifatture
e del commercio, troppo legati all'importazione di materie prime, invocavano l'instaurazione
di un dispotismo legale, una sorta di autorità monarchica libera dall'ingerenza di corpi
intermedi come i Parlements.
I fisiocratici volevano sostituire ad un'agricoltura inefficiente delle piccole aziende basate sul
capitalismo agrario, sollecitando in particolare la monarchia ad abolire i controlli sul
commercio, in particolare sul grano, essendo il commercio di questo molto importante in
quanto il prezzo del pane determinava l'ammontare dell'eccedenza su cui applicare la
tassazione; spesso l'aumento del prezzo del pane si presentava come grande nemico
dell'ordine pubblico, ci furono infatti molte rivolte (guerre des farines). In questi momenti
caratterizzati da crisi di sussistenza e di ordine, la monarchia era poco convinta che il sistema del
laissez favore potesse davvero risolvere i problemi legati all' economia .Piuttosto il persistere e
l'intensificarsi delle crisi di sussistenza stimolarono un movimento
antifisiocratico, già interno agli stessi Parlements; il patto tra il re e il popolo era stato rotto
dalla liberalizzazione del grano dato che il governo doveva alleviare crisi e penuria
alimentare. Le crisi danneggiavano, secondo Galliani, anche le industrie dato che riducevano
il potere di acquisto. Secondo Kaplan invece la liberalizzazione sosteneva la modernizzazione
che passava per l'espansione economica.
Nemici ideologici dei fisiocrati furono gli stati cameralisti tedeschi che, non possedendo
colonie, avevano individuato la soluzione alle crisi nel rafforzamento dello stato come unità
amministrativa con la regolazione degli scambi grazie alle barriere doganali e ai divieti di
esportazione. I cameralisti vedevano nell'economia un gioco a somma zero in cui i profitti di
uno stato corrispondevano alle perdite dell'altro. Il mercantilismo, presente invece negli stati
aventi colonie, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, decretavano il monopolio sulla
produzione di materie prime nelle colonie e vigeva l'obbligo di commercio con la
madrepatria la quale, rivendendo in altri paesi, ne traeva i profitti maggiori. Adam Smith,
considerato il più grande economista nel periodo illuminista, sostenne che il mercantilismo
avesse favorito una forte crescita sia in Gran Bretagna sia nelle colonie ma che la crescita
della madrepatria fosse stata inferiore a causa delle leggi sulla navigazione. Inoltre egli si
opponeva al controllo monopolistico della manodopera implicito nelle leggi sull' apprendistato,
considerando il lavoro come la proprietà più sacra dell' individuo.Smith critico i fisiocratici circa la
teoria di una sola tassa e sul concetto di sterilita della
manifattura e del commercio, credendo inoltre che il laissez faire fosse violato dalla
relazione mercantilistica tra madrepatria e colonie; credeva inoltre che i fisiocratici avessero
invocato un dispotismo legale in cui la società commerciale poteva orientare la domanda
verso il lusso ei mercantilisti credevano che il lusso provocasse un aumento generale dei
salari tale da innalzare i costi di produzione e ridurre dunque la competitività della nazione
nel commercio internazionale.
Smith considerava la divisione del lavoro un elemento chiave dell'economia, anche se
provoca la perdita della lucidità dell'operaio, tanto che si deve applicare al processo del
ragionamento filosofico: la filosofia si divide in rami nei quali ogni filosofo si colloca e diventa
esperto del suo particolare ramo. Secondo Smith però la divisione del lavoro era ostacolata
dall'estensione del mercato. L'attività economica secondo Smith era totalmente
indipendente dalla moralità e che infatti si agiva solo per la convenienza generale; infine vece
commercio e manifatture come colonne portanti dell'ordine e del buon governo, portatori di
libertà e sicurezza individuale.
Le idee di Smith furono criticate da Ferguson perché la società commerciale non genera
libertà bensi un desiderio di tranquillità ed efficienza che può favorire il dispotismo. Un'altra
riflessione fu fatta da Hirshman nei confronti della concezione pessimistica di Smith della
natura umana nella quale opera l'avarizia ed il desiderio di guadagno opera in tutti tempi,
uomini e luoghi divenendo dunque le passioni che rendevano possibile l'attività economica,
con un'accezione positiva dunque (al contrario di come presentata dalla chiesa, è infatti uno
dei sette vizi capitali). Secondo Hume tutto il mondo si acquista con il lavoro, causato dalle
passioni.
L'illuminismo deve però essere considerato anche nei suoi rapporti con la politica, infatti
Mokyr sottolinea che lo scambio di idee e tecniche fosse più agevole in una società
relativamente tollerante come quella britannica, che si era liberata dalle tariffe interne e da
un regime fiscale iniquo, visti come ostacoli alla crescita economica; la Gran Bretagna
divenne la prima nazione ad essere dedita a livelli di consumo crescenti, tanto che Mokyr
sostenne qui inizio la crescita economica moderna dato che lo scambio di idee e tecniche
era più agevole in una società cosi tollerante rispetto per esempio alla monarchia francese.
Capitolo 5. Esplorazioni e contatti interculturali: l'ambivalenza dell'illuminismo
1 Settecento fu un secolo di grandi esplorazioni e scoperte geografiche finalizzate ad
accrescere le conoscenze scientifiche circa l'uomo e l'ambiente, diversamente dai secoli
precedenti quando avevano come obiettivo il saccheggio ed il bottino, e che portarono
anche a contatti tra culture molto diverse. Molto importanti furono i viaggi condotti da Cook
e dal suo accompagnatore Forster per il Pacifico, che fu infatti chiamato il Nuovo Mondo del
Settecento, passando per Tahiti, Cook scopri le coste della Nuova Zelanda e dell'Australia e
successivamente le Hawaii e l'Antartico, confutando anche l'esistenza del continente
australe. Dopo aver esplorato l'oceano in tutte le sue parti, fu possibile allargare
ulteriormente i commerci e gli scambi di prodotti nuovi, come l'olio di balena o il tè cinese.
Oltre a finalità pratiche e commerciali, gli esploratori dovevano raccogliere informazioni
precise, anche se l'ostacolo della lingua era molto evidente e dunque non tutte le
informazioni ricevute potevano essere sicure, dato che nella maggior parte dei casi si
utilizzavano l'intuito o i gesti (lo stesso Cook con i maori). Quest'assenza di linguaggio ha
portato a casi di violenza tra le diverse popolazioni come quello di Cook, il quale fu ucciso
nelle Hawaii. Le descrizioni del Pacifico, dei suoi luoghi e abitanti avevano spesso poco a che
fare con il mondo reale, ma i racconti dei viaggi avevano venduto sempre più di ogni altrogenere
letterario, ad eccezione dei romanzi, e dunque ciò era ben poco importante,
soprattutto dal punto di vista economico, meno da quello scientifico. Cook era consapevole
di questi problemi tanto che non volle che nel suo racconto vi fossero inseriti racconti
fantasiosi, anche se ciò accadde. Il libro ebbe molto successo in quanto i lettori avevano
bisogno di credere in un mondo utopico in cui si vivesse in pace e senza un governo
oppressivo e distinzioni di ricchezza sociale.
L'ampliamento delle conoscenze delle parti del mondo appena scoperte fecero strada a
dibattiti incentrati sugli effetti del contatto tra le popolazioni indigene e quelle europee:
Cook, come quasi tutti i filosofi illuministi era convinto che le prime venissero corrotte dalle
seconde, che le portavano a nutrire bisogni mai provati prima e dunque facendo perdere
loro lo stato di innocenza che le caratterizzava. Diderot vedeva i tahitiani come una sorta
dimacchina del tempo, affermava che i selvaggi riportavano la cultura europea alle sue origini;
è da lui che parte infatti il mito del buon selvaggio. Le società primitive e quelle europee
erano opposte, le prime sembravano essere proprio una replica delle seconde; egli
condivideva la visione del Pacifico come un paradiso terrestre, giudicando i nativi più felici e
migliori poiché più naturali degli europei che li avevano scoperti.
L'incontro tra indigeni ed europei sollevò la questione di umanità e di razza, pur non
toccando mai i livelli che si erano riscontrati durante l'età vittoriana on la classificazione degli
esseri umani in base all'aspetto e all'anatomia; alcuni naturalisti come Buffon affermavano
che la razza umana era un'unità e alcuni esseri erano diversi da altri a causa dei fattori
contingenti, per esempio la pelle nera derivata dalla continua esposizione al sole causata dal
clima ferocemente tropicale, altri come Linneo divisero la razza umana in quattro gruppi,
ovvero europei di pelle bianca, americani di pelle rossa, africani di pelle nera ed asiatici di pelle
gialla .Cook comunque era consapevole dei vantaggi che ne ricavavano le popolazioni primitive
nell'essere scoperte e colonizzate; ovvio che queste considerazioni si riversarono anche sul
fenomeno del colonialismo; alcuni credevano che lo
sfruttamento delle risorse della terra fosse obbligatorio da parte degli europei, altri vi erano
contrari. In particolare Rousseau affermò che la schiavitù ed il colonialismo non solo
acuivano le disuguaglianze, ma erano anche in contrasto con gli ideali di uguaglianza tipici
del periodo.
Raynal affermò che la ragione e l'equità non consentivano di legittimare la colonizzazione ma
che questa poteva essere giustificata nel caso di regioni del globo precedentemente
disabitate per diffondere la civiltà o permettere un più efficiente sfruttamento delle risorse
naturali; egli credeva anche che le popolazioni indigene più vicine alla natura erano più felici
e più innocenti, oltre che moralmente superiori a quelle europee e condannava la schiavitù;
nonostante questo nessuno si spingeva a richiederne l' immediata abolizione .Alla fine del
decennio l'idea utopistica delle isole e delle popolazioni del pacifico fu
rimpiazzata da una visione contaminata le cui società rischiavano l'estinzione in conseguenza
delle importazioni di malattie europee. Ciò provenne in particolare da Herder, che cominciò
a esplorare l'impatto europeo sulle società esotiche nel quadro di una critica complessiva
all'illuminismo, egli riteneva che i nobili spiriti illuminati avessero prodotto idee che
giustificavano il dominio di una cultura su altre, infatti l'idea illuministica di un solo grande
movimento di progresso come motore della storia umana oscurava il concetto di entità
culturali diverse. Le reazioni degli illuministi ai mondi e ai popoli esotici furono molto
contraddittorie; ciò nonostante, gli atteggiamenti europei in terre indigene durante il
periodo illuminista aprirono la strada al processo di globalizzazione fortemente presente nei
giorni nostri.
Capitolo 6. Il problema della schiavitù nell'illuminismo.
La schiavitù è la forma estrema del lavoro asservito e durante il corso della storia è stata a
lungo un argomento di forte dibattito, anche perché è esistita nella maggior parte delle
società umane. Sin dai tempi di Aristotele, lui stesso infatti considerava la schiavitù una
condizione naturale di alcuni uomini, in molti avevano chiesto un trattamento più umano
degli schiavi ma soltanto dopo il 1770 la compassione per le sorti degli schiavi cominciò a
ispirare la formazione di gruppi organizzati, come la Société des amis des Noirs, oppure nei
giovani Stati Uniti i quaccheri della Pennsylvania e del Massachusetts rifiutarono di
possedere schiavi, mentre nel 1788 Connecticut, Pennsylvania, Massachusetts e New York
dichiararono illegale il traffico di schiavi, così come nei possedimenti britannici nei Caraibi
(1834); negli Stati Uniti il possesso di schiavi fu dichiarato illegale nel 1865.
Eppure nonostante la diffusione dei temi di uguaglianza e libertà, paradossalmente la
schiavitù perdurava, soprattutto si faceva uso di schiavi neri in alcune colonie europee.
Nonostante si sollevassero in quel periodo anche le questioni riguardo il concetto di
persona, la schiavitù si presentava quasi come necessaria nei possedimenti europei,
soprattutto in quelli inglesi e francesi, dato che qui c'erano piantagioni molto redditizie di
canna da zucchero, tabacco, caffè e indaco che richiedevano un tipo di agricoltura intensivo,
praticata ovviamente da una forza lavoro composta da schiavi privi di legami con la società e
sotto il pieno potere dei padroni; il commercio di schiavi era inoltre molto proficuo, sia per i
piantatori coloniali che per gli schiavisti, essendo questi consapevoli del fatto che i neri,
spesso prigionieri di guerra, venivano acquistati e pagati immediatamente. La schiavitù e il
commercio di schiavi furono quindi componenti essenziali per l'economia globale, ma
spalancò anche degli enormi problemi morali ed intellettuali che si presentarono da subito
come difficilmente risolvibili.Tali problemi risultavano essere anche piuttosto ambigui, ancor di più
dal punto di vista
dell'abolizione. Un primo fattore di ambiguità era dato dal Nuovo e dall'Antico Testamento
della Bibbia perché in essa si dice che i patriarchi come Abramo possedevano schiavi e
Cristo non vietò la schiavitù ma lasciò comandamenti per regolare i rapporti tra servo e
padrone. Per capire quanto muoversi in ambito religioso per giustificare le proprie posizioni
sia a favore che contro la schiavitù significasse camminare su un campo minato si può fare
l'esempio della Virginia; nell'entroterra virginiano gli schiavi lavoravano a fianco dei loro
padroni nelle loro fattorie e proprietà.Si presentò una forte contraddizione tra uguaglianza spirituale
e condizione giuridica degli
schiavi ma anche nelle donne, che per esempio erano battezzate ma non conferiva loro gli
stessi diritti dell'uomo; uguaglianza era una parola piuttosto sfuggente cosi come lo era
libertà. Eppure da qui derivò il nesso tra schiavitù e razza in quanto per gli illuministi l'anima
non era considerata come un criterio di definizione per l'essere umano, infatti nel corso del
Settecento era diventato un luogo comune affermare che gli africani di pelle nere
formassero una razza con caratteristiche tali da predisporli alla schiavitù; non è un caso che
alcuni illuministi discussero molto le teorie cartesiane secondo le quali le caratteristiche
degli uomini erano definite da Dio, credendo piuttosto che queste venivano modellate dal
clima e dalla geografia. Montesquieu e Buffon per esempio credevano che l'aspetto, l'indole e
il temperamento erano modellati proprio da questi due fattori e che gli stessi due
determinassero il colore della pelle; in particolare erano convinti che la razza umana in
origine era stata bianca e che le popolazioni di pelle scura si fossero formate per effetto dell'
esposizione a climi caldi . Montesquieu comunque si era fatto beffa di coloro che credevano che le
caratteristiche fisiche degli africani ne giustificassero la servitù .Camper e Blumenbach si
concentrarono invece non sulle caratteristiche esterne come il
colore della pelle, ma sulle strutture interne del corpo come il cranio e lo scheletro; le prove
delle differenze scheletriche furono impiegate proprio a dimostrazione di alcune differenze
tra le persone, per esempio che le donne avendo cavità craniche più piccole degli uomini
erano naturalmente inferiori dal punto di vista intellettuale; questo studio più anatomico
dell'uomo portò anche, indirettamente, a un maggior sostegno allo schiavismo, data anche
la revisione delle teorie di Aristotele, lette in modo che alcuni uomini erano in accordo con la
loro natura umana solamente essendo schiavi. La nuova anatomia trasformava in oggetti
della scienza tutto ciò che poteva essere osservato e studiato dallo scienziato; il naturale in
questo ambito diventa solo un altro modo per differenziare le classi di esseri umani laddove the
la tassonomia non riusciva ad arrivare. Nel periodo illuministico ci si chiedeva cosa fosse
l'uomo ma rispondere a tale domanda diventava sempre più difficile; allo stesso tempo le
idee del secolo facevano dell'essere umano il depositario di quei diritti e di quell'identità
legale che agli schiavi veniva negati. Non è un caso che non in pochi credono che l' illuminismo sia
stato anche la culla del razzismo dell' eugenetica . Anche Jefferson, terzo presidente degli Stati
Uniti, redigendo la Dichiarazione d'indipendenza
nel 1776 aveva originariamente inseritovi delle clausole che abolivano la schiavitù e il traffico
degli schiavi; egli sosteneva che l'emancipazione degli schiavi dovesse essere
immediatamente seguita dalla loro deportazione per evitare che intrecciassero rapporti
amorosi o sessuali con individui di razza bianca; infatti le specie non venivano definite solo
sulla base della rassomiglianza fisica ma anche della loro capacità di incrociarsi, come
dichiara nella sua opera Notes on the State of Virginia il linea con la crescente autorità della
scienza acquisita; il suo pensiero si rivelò però a tratti conflittuale: credeva che opporsi alla
schiavitù non significasse credere nell'uguaglianza dei neri rispetto ai bianchi e continuò a
possedere schiavi. Ma gli Stati Uniti furono comunque da subito pieni di contraddizioni sulla
questione della schiavitù, infatti i suoi fondatori rivendicavano la libertà come diritto
inalienabile ma la negavano ai loro schiavi, anche se battezzati, dato che l'uguaglianza delle
anima non garantiva la libertà civile.
La situazione non è meno complessa se si considera il modo in cui il pensiero illuminista
accosta gli schiavi al concetto di proprietà. La libertà e il diritto di proprietà erano concetti
non solo strettamente connessi ai principi illuministi ma anche sincronici giacché la seconda
aveva effetti stabilizzanti in campo sociale ed economico e preveniva il caos che avrebbe
privato tutti della libertà. Dopo le guerre civili inglesi e l'esperienza della Fronda francese ciò
sembrava essere necessario; non a caso Rousseau, che vedeva nella proprietà la causa di
una pericolosa disuguaglianza tra gli uomini, creati uguali per natura, non ebbe molto
seguito. Si può fare un esempio con l'episodio dello schiavo Somerset che fuggi dalla
piantagione di Stuart, che lo fece catturare ed imprigionare; il
giudice però sentenziò il rilascio dell'uomo dando vittoria agli antischiavisti, in quanto non
poteva essere trattato come un oggetto inanimato. Questo caso, pur non abolendo la
schiavitù fu un successo pubblicitario per il partito antischiavista in Gran Bretagna, dove già
dal 1770 si manifestava per l'abolizione della schiavitù.Eppure in un periodo in cui in tutta Europa i
governi competevano tra di loro nel tentativo di
espandere le loro proprietà e ricchezze, tali temi risultavano essere molto delicati. Questo
episodio attirò però l'attenzione del leader metodista Wesley ispirando il risveglio dei
metodisti contro la schiavitù, che dimostrava quanto si fosse lontani dal conseguire gli ideali
dell'illuminismo, che mirava a creare un soggetto umano universale dotato di razionalità e di
libertà; a poco a poco però questa pratica divenne sempre meno accettabile e sempre più
problematica. La svolta antischiavista dei metodisti si inserisce in una mobilitazione generale
dell'opinione pubblica in Gran Bretagna e, anche se in maniera più limitata, nelle colonie
nordamericane.Alcuni addirittura credevano che la schiavitù fosse un problema per la
sopravvivenza delle
società non schiaviste. Il cammino nell'abolizione degli schiavi fu irregolare, per esempio nel
1802 i francesi la reintroducano nella Guadalupa e poi in tutte le loro colonie dopo averla
abolita nel 1794. La diffusione delle idee che valorizzavano il sentimento, l'umanità e la
benevolenza ebbero un ruolo fondamentale per questo processo di stampo
prevalentemente inglese, dato che l'abolizionismo di massa fu un fenomeno che interessò in
primis la sola Gran Bretagna, ma la questione rimarrà aperta ancora per molto e ci sono casi
in cui fa discutere ancora oggi.