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L'ILLUMINISMO

Capitolo 1. Che cos'è l'Illuminismo?


L'illuminismo, un movimento nato nel Settecento, è stato definito in modi diversi. A seguito
di una domanda partita da una rivista berlinese, furono molti gli illustri pensatori dell'epoca
che parteciparono al dibattito e risposero alla domanda, per esempio Mendelsshon, kante
altri. Il primo sostenne che l'illuminismo fosse un percorso per educare l'uomo all'uso della
ragione, un processo incompleto ma da cui nessuno doveva essere escluso. Kant credeva
invece che l'illuminismo fosse l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli imputava
sempre a se stesso attraverso l'uso della ragione, senza la guida di altri. Non a caso il suo
"Sapere aude" divenne il motto dell'illuminismo; l'uso della ragione deve essere il più ampio
possibile, nonostante minacciasse di far sprofondare l'ordine sociale nel caos, infatti
differenzia l'uso della ragione tra la sfera pubblica e quella privata: in quest'ultima, non
essendo vincolati agli obblighi imposti dalla propria condizione, si è liberi di parlare e
scrivere liberamente; nella prima i sudditi del sovrano, avevano il dovere di fermare il
proprio pensiero per rafforzare la volontà e il potere del sovrano. I dibattito sull'llluminismo fu
ripreso anche in tempi più moderni, per esempio negli anni
Sessanta vediamo il contributo di Gay; egli ritenne che l'illuminismo fosse un fenomeno
unitario e defini il suo programma in alcuni punti fondamentali, quali:
• l'ostilità verso la religione; • la ricerca della libertà e del progresso attraverso l'uso critico
della
ragione per modificare il rapporto dell'uomo con se stesso e con la società.
Gay fu anche uno dei primi a collegare l'illuminismo alle colonie inglesi in America e alla
Dichiarazione di Indipendenza, prendendo in considerazione le personalità di Franklin e
Jefferson, in particolare la sua proclamazione del diritto di vita, libertà e ricerca della felicità.
L'illuminismo fu ripreso da molti autori, soprattutto durante l'epoca nazista e fascista,
quando i pensatori non riuscivano a capacitarsi del regresso dell'umanità; non a caso nel
corso degli anni Settanta alcuni scrittori presentarono l'illuminismo come fautore delle
barbarie degli esseri umani che avevano acquistato sovranità verso gli altri esseri viventi;
l'esclusivo utilizzo della ragione aveva dunque portato a risolvere i conflitti con la forza e
dunque, essendo l'illuminismo riconducibile alla razionalità, la ragione diede all'uomo un'
unica possibilità sfociando nel terrore politico.
Al contrario pensatori come Habermas credevano che l'illuminismo fosse stato
fondamentale per la cultura e l'informazione e per restituire identità ai suoi ideali, tanto da
portare all'emancipazione degli individui di tutte le classi sociali
con la diffusione delle informazioni. Questa divulgazione fu portavoce di una ricerca di ideali
comuni come la pace, la libertà e la giustizia e la nascita di una sfera pubblica contraria al
pensiero delle forze tradizionali. Da questo punto di vista l'illuminismo fu descritto come un
movimento molto positivo e ciò è condiviso anche dai pensatori odierni, a maggior ragione
perché influenzò anche il commercio e l'economia.
Capitolo 2. I caffè e i loro clienti.
Ovviamente è necessario e fondamentale per la ricerca storica concentrarsi sul contesto
sociale, culturale e politico in cui furono prodotte, raccolte e diffuse le idee illuministiche.
Storici come Danton, Chartier e Muchemblend hanno infatti esaminato la penetrazione delle
idee illuministiche nelle classi sociali, dalla più alta alla più bassa, studiando anche come
queste abbiamo a volte influenzato la fondazione in tutta Europa di nuove istituzioni e
organizzazioni, come quelle massoniche. I caffè, le biblioteche, le conferenze ed i libri furono
le principali vie di diffusione del sapere. Questo portò a una produzione massiccia di giornali,
riviste e materiale cartaceo a un miglioramento dell' economia , l' aumento delle vendite da parte
degli artigiani e la nascita di grandi aziende industriali.in Europa occidentale e nell'America del
Nord il 18 secolo coincide con l'urbanizzazione e con
la prima rivoluzione industriale, con diverse gradazioni e tempi a seconda dei diversi paesi a
partire dalla Gran Bretagna, e l'espansione economica favori il miglioramento della vita e lo
sviluppo demografico. Grazie alla divisione del lavoro ogni processo produttivo divenne più
veloce ed efficace ed aumentarono la produzione e la produttività. La colonizzazione e il
colonialismo, in particolare tra i paesi europei e le loro colonie nelle Americhe, nei Caraibi e
in India, permisero lo sviluppo di un sistema di traffici commerciali a doppio senso, con
importazioni in Europa di caffè, zucchero e varie materie prime mentre nelle colonie ci fu
una diffusione di nuove idee e nuovi sistemi culturali. Il colonialismo quindi provoca degli
sconvolgimenti nell'illuminismo europeo, dato l'abbattimento di barriere culturali e religiose
tra popolazioni europee ed indigene; da questo punto di vista possiamo vedere che
avvennero un'omogeneizzazione del mondo.
La facilità di trasporto di libri e opuscoli portò ad un aumento dell'alfabetizzazione che però,
secondo Danton, nell'Europa cattolica si espanse per rendere le persone capaci di seguire la
messa in latino. Vi fu un aumento delle vendite di riviste e giornali e della creazione di
biblioteche aperte al pubblico (Parigi) che diede maggior familiarità al ceto popolare con la
parola scritta. Il passaggio da una lettura di pochi libri (Bibbia, almanacchi, pilgrims
progress) all'interno delle famiglie di basso ceto sociale a una lettura
di tipo estensivo (giornali, libri di viaggio, storia) portò a una rivoluzione della lettura, come
fu definita dallo studioso Engelsing.il Settecento fu dunque un momento di svolta dal punto di vista
della lettura e della cultura
in tutte le classi sociali; questa facilità di accesso a questi beni aventi prezzi abbordabili fu
promotrice della nascita di una Repubblica indipendente e formata da talento e pensiero, la
Repubblica delle Lettere, formata da scrittori ed editori poco famosi (che sopravvivevano
grazie alla vendita dei loro libri destinati alla popolazione rurale) considerati però possessori
di un potere uguale a quello delle istituzioni politiche. Questi scrittori formarono una
comunità chiamata Grub Street, indipendente dal mecenatismo e possessori di una minore
ricchezza rispetto a scrittori famosi come Diderot e D'Alembert, che apprezzarono tale
comunità, il cui prestigio letterario, secondo Danton, faceva rodere l'élite letteraria.
Questa Repubblica delle Lettere si può constatare caratterizzata da una poca uguaglianza di
ricchezza e da una forte disuguaglianza tra i sessi: le donne furono considerate incapaci di
produrre idee, aventi le uniche funzioni di compagna dell'uomo e di riproduttività. Tutto ciò
portò a considerarle una minaccia per la Repubblica delle Lettere. La stessa concezione della
donna come creatura fisicamente condizionata e finalizzata alla sola riproduzione fu ripresa
anche da Rousseau nell'Emile. L'illuminismo su questo versante non è caratterizzato da un
completo universalismo.in Gran Bretagna i bassi livelli di analfabetismo e la presenza id una
classe media di
professionisti e commercianti portarono alla creazione di logge massoniche, nelle quali
erano accettate anche le donne, che furono condannate dalla chiesa cattolica, soprattutto in
quei casi in cui i massoni, sotto il nome di illuminati, istituirono società segrete con lo scopo
di costruire una nuova classe di governo. Le logge massoniche divennero però fondamentali
per il popolo in quanto risvegliarono nell'opinione pubblica la convinzione di poter produrre
un cambiamento sociale e politico. Nacquero anche istituzioni di diverso tipo grazie alla
diffusione delle idee illuministiche, tra le più importanti troviamo la società letteraria e
filosofica a Manchester e la società lunare (industriali, intellettuali e scienziati) a Birmingham.
Gli storici della letteratura hanno infatti bollato questa diffusione come letteratura
d'evasione, differenziando i rapporti tra l'alta cultura e la cultura di popolare e di massa.
Michembeld individuo alla fine del Settecento una fase di convergenza culturale tra il ceto
medio-basso e la l'alta cultura; l'illuminismo fu un'epoca di cambiamenti sensazionali in fatto
di produzione ed accessibilità delle idee, attraverso una cultura sempre più mercificata in cui
si rendevano accessibili i
canali di informazione e di dibattito che portarono alla nascita dell'opinione pubblica intesa
come forza non trascurabile.
Capitolo 3. L'illuminismo e il potere. continuità e innovazione.
Nel periodo illuminista si pone centrale il rapporto tra conoscenza, riflessione critica e
sapere; Kant si chiese più volte fin dove potesse spingersi l'illuminismo e fino a che punto le
idee illuministiche avrebbero influenzato la politica. La riposta la diedero Koser e Roscher,
che parlarono di assolutismo illuminato, ovvero una forma di monarchia fortemente
influenzata dalle idee illuministe nella quale il sovrano si considera il primo sostenitore del
popolo; il perfetto esempio lo si ritrova in Federico II di Prussia. Roscher sostenne che
l'assolutismo illuminato fosse lo stadio finale dell'evoluzione della forma monarchica dopo le
lotte cinquecentesche. Per quanto comunque i monarchi potessero rivendicare la loro
autorità assoluta, un despota non era stato ancora trovato; il dispotismo illuminato, termine
coniato dopo la prima guerra mondiale e fortemente criticato dopo la Seconda, non
permetteva di distinguere atti di governo dovuti da principi illuministi da atti dettati dalla
ricerca del tornaconto personale, ma venne appunto discusso in quanto nessun sovrano del
Settecento governò senza freno dalla legge e dall'ostacolo di gruppi di élite.
Docu
Venturi sottolineò l'importanza delle idee illuministiche nell'elaborazione delle politiche e
degli atteggiamenti di governo, in quanto fu fondamentale per sorvolare sui contrasti di
valori e interessi e nella distinzione tra classi sociali maggiori e minori. Nel Seicento koselleck
aveva affermato che l'ordine fu ripristinato dall'ideale di tolleranza religiosa ancorché
limitata, dai tempi di Hobbes che aveva subordinato l'affermazione morale individuale alla  nascita
dell' opinione pubblica . Marx vide invece nell' illuminismo come un' ideologia borghese e pensó
che l' assolutismo esistesse per difendere gli interessi dell' aristocrazia feudale .Il problema per il
'700 nasce in parte dal modo in cui l'illuminismo fu definito, owero come
un corpus autonomo di pensiero, e dalle circostanze in cui si sviluppo, in particolare per il
suo rapporto con la monarchia. I rapporto tra potere e illuminismo fu diverso a seconda
dell'estensione dello stato e della sua forma di governo. Nelle aree europee di lingua tedesca
e austriaca comprese Svezia, Danimarca e Russia si istaurò il cameratismo: il sovrano doveva
regolare le vite dei sudditi per dare forza, sanità, lealtà al proprio popolo e si cercava di
giustificare e rendere scientifiche la burocrazia e la monarchia. La diffusione del pensiero
camerista fu assicurata dalla nascita di nuove università e scuole di formazione nelle quali
alcuni insegnanti
possedevano cariche con poteri governativi, questo portò ad un'omogeneità del pensiero
amministrativo e ad una limitazione del potere governativo.
In paesi come la Francia invece l'illuminismo sembrava ridursi a un mero espediente
attraverso il quale le diverse fazioni cercavano di avvantaggiarsi l'un l'altra, infatti il potere restó
maggiormente nelle mani dell' aristocrazia che instaurò scarsi rapporti con gli intellettuali : ci furono
divisioni all' interno del governo poiché alcuni ambivano alla diminuzione dei poteri della Corana  e
chi ambiva a un suo aumento per mantenere una coesione maggiore all' interno dello stato . Nel
pensiero camerista la responsabilità della monarchia nei confronti dei sudditi era
fondata non solo sul dogma cristiano ma anche sul diritto naturale; il cameratismo consenti
anche la costruzione di una base teorica per l'attuazione della riforma agraria senza il
consenso dell'aristocrazia, garantendo da una parte una continuità con il periodo pre-
illuministico ma spianando dall'altro lato la strada per la realizzazione degli obiettivi
dell'illuminismo.
Molto importanti furono le idee economiche di Adam Smith: la divisione del lavoro divenne
fondamentale nelle industrie, così come la sua esaltazione del libero mercato, quello che
guidato da una mano invisibile avrebbe portato all'autoregolamentazione dello stesso
mercato senza il bisogno di un intervento esterno ed era convinto che la ricerca del
benessere individuale portasse a quello collettivo e che la ricchezza di una nazione derivasse
dal lavoro dei suoi abitanti; la divisione del lavoro avrebbe incrementato la produttività.

L'illuminismo dunque pone degli interrogativi di fondo sulla monarchia, la forma di governo
più comune in Europa. Locke sosteneva che non era il diritto divino a legittimare il governo
civile, ma un contrasto tra governanti e sudditi. Fu per questo che gli stati europei si
impegnarono in programmi di riforma che comportarono delle novità, dei mutamenti
sostanziali ed erano in grado di ottenere consenso anche attraverso l'educazione. Fu
fondamentale dunque per le riforme e diede ai sudditi nuove aspirazioni, favorendo la
nascita dell'opinione pubblica.
In molti stati europei si praticava la tolleranza, con l'obiettivo di assumere il controllo del
sistema educativo per trasferire la lealtà dovuta al papa al sovrano; la tolleranza minava
dunque il rapporto tra la chiesa e lo stato, alla base della monarchia austriaca, e la
coinvolgeva in una radicale ridefinizione dei suoi poteri e della sua legittimità. Furono attuati
anche movimenti di
riforma religiosa come il giansenismo, che permise al sovrano Guglielmo I di Prussia di
legittimare programmi di riforma della Chiesa nell'interesse della monarchia.L'obiettivo del
giansenismo era il ritorno alla semplicità di vita e fu gradito ai governi in
quanto potevano ridimensionare il potere della Chiesa cattolica attuando una riduzione del
numero eccessivo di monaci e suore e la chiusura mi molti istituti religiosi considerati
improduttivi. Alla fine del Settecento il monarca non fu più considerato l'agente di Dio in
terra (anche se alcuni mantennero questa figura come Luigi XVI) giacché si diffuse l'idea che
gli esseri umani avessero diritti non ignorabili dal governo ma che fu ritenuta inapplicabile al
tempo. In sostanza pose dei limiti alle monarchie e fu di grande importanza per le riforme.
Capitolo 4. Economia politica: scienza dello stato e del mercato.
È nel corso del Settecento, risentendo dunque anche dell'influenza dell'illuminismo, che si
sviluppa l'economia politica, come scienza del comprare e del vendere ma anche come
scienza dei rapporti tra queste attività, che ne analizza le leggi e le consuetudini dello stato,
essendo dunque connessa ai cambiamenti politici. L'economia acquista una formazione più
matematica con Pietro Verri compiendo però un salto in avanti proprio in epoca
illuministica; la crescita demografica e l'anelasticità della produzione agricola erano problemi
seri per l'Europa, soprattutto per la Francia, date le penurie alimentari causate.
Docur
Le pressioni della concorrenza internazionale e della modernizzazione indussero i governi a
un maggior intervento nell'economia finalizzato alla massimizzazione delle rispettive risorse;
secondo i fisiocratici, tra i quali ritroviamo nomi quali Riquetì, Quesnay e De Nerrours
(talmente uniti da essere considerati una setta) il principale agente dell'incremento del
prodotto netto era la monarchia. Essi, convinti che l'economia francese dovesse basarsi sul
libero mercato e sull'agricoltura essendo il settore primario più produttivo delle manifatture
e del commercio, troppo legati all'importazione di materie prime, invocavano l'instaurazione
di un dispotismo legale, una sorta di autorità monarchica libera dall'ingerenza di corpi
intermedi come i Parlements.
I fisiocratici volevano sostituire ad un'agricoltura inefficiente delle piccole aziende basate sul
capitalismo agrario, sollecitando in particolare la monarchia ad abolire i controlli sul
commercio, in particolare sul grano, essendo il commercio di questo molto importante in
quanto il prezzo del pane determinava l'ammontare dell'eccedenza su cui applicare la
tassazione; spesso l'aumento del prezzo del pane si presentava come grande nemico
dell'ordine pubblico, ci furono infatti molte rivolte (guerre des farines). In questi momenti
caratterizzati da crisi di sussistenza e di ordine, la monarchia era poco convinta che il sistema del
laissez favore potesse davvero risolvere i problemi legati all' economia .Piuttosto il persistere e
l'intensificarsi delle crisi di sussistenza stimolarono un movimento
antifisiocratico, già interno agli stessi Parlements; il patto tra il re e il popolo era stato rotto
dalla liberalizzazione del grano dato che il governo doveva alleviare crisi e penuria
alimentare. Le crisi danneggiavano, secondo Galliani, anche le industrie dato che riducevano
il potere di acquisto. Secondo Kaplan invece la liberalizzazione sosteneva la modernizzazione
che passava per l'espansione economica.
Nemici ideologici dei fisiocrati furono gli stati cameralisti tedeschi che, non possedendo
colonie, avevano individuato la soluzione alle crisi nel rafforzamento dello stato come unità
amministrativa con la regolazione degli scambi grazie alle barriere doganali e ai divieti di
esportazione. I cameralisti vedevano nell'economia un gioco a somma zero in cui i profitti di
uno stato corrispondevano alle perdite dell'altro. Il mercantilismo, presente invece negli stati
aventi colonie, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, decretavano il monopolio sulla
produzione di materie prime nelle colonie e vigeva l'obbligo di commercio con la
madrepatria la quale, rivendendo in altri paesi, ne traeva i profitti maggiori. Adam Smith,
considerato il più grande economista nel periodo illuminista, sostenne che il mercantilismo
avesse favorito una forte crescita sia in Gran Bretagna sia nelle colonie ma che la crescita
della madrepatria fosse stata inferiore a causa delle leggi sulla navigazione. Inoltre egli si
opponeva al controllo monopolistico della manodopera implicito nelle leggi sull' apprendistato,
considerando il lavoro come la proprietà più sacra dell' individuo.Smith critico i fisiocratici circa la
teoria di una sola tassa e sul concetto di sterilita della
manifattura e del commercio, credendo inoltre che il laissez faire fosse violato dalla
relazione mercantilistica tra madrepatria e colonie; credeva inoltre che i fisiocratici avessero
invocato un dispotismo legale in cui la società commerciale poteva orientare la domanda
verso il lusso ei mercantilisti credevano che il lusso provocasse un aumento generale dei
salari tale da innalzare i costi di produzione e ridurre dunque la competitività della nazione
nel commercio internazionale.
Smith considerava la divisione del lavoro un elemento chiave dell'economia, anche se
provoca la perdita della lucidità dell'operaio, tanto che si deve applicare al processo del
ragionamento filosofico: la filosofia si divide in rami nei quali ogni filosofo si colloca e diventa
esperto del suo particolare ramo. Secondo Smith però la divisione del lavoro era ostacolata
dall'estensione del mercato. L'attività economica secondo Smith era totalmente
indipendente dalla moralità e che infatti si agiva solo per la convenienza generale; infine vece
commercio e manifatture come colonne portanti dell'ordine e del buon governo, portatori di
libertà e sicurezza individuale.
Le idee di Smith furono criticate da Ferguson perché la società commerciale non genera
libertà bensi un desiderio di tranquillità ed efficienza che può favorire il dispotismo. Un'altra
riflessione fu fatta da Hirshman nei confronti della concezione pessimistica di Smith della
natura umana nella quale opera l'avarizia ed il desiderio di guadagno opera in tutti tempi,
uomini e luoghi divenendo dunque le passioni che rendevano possibile l'attività economica,
con un'accezione positiva dunque (al contrario di come presentata dalla chiesa, è infatti uno
dei sette vizi capitali). Secondo Hume tutto il mondo si acquista con il lavoro, causato dalle
passioni.
L'illuminismo deve però essere considerato anche nei suoi rapporti con la politica, infatti
Mokyr sottolinea che lo scambio di idee e tecniche fosse più agevole in una società
relativamente tollerante come quella britannica, che si era liberata dalle tariffe interne e da
un regime fiscale iniquo, visti come ostacoli alla crescita economica; la Gran Bretagna
divenne la prima nazione ad essere dedita a livelli di consumo crescenti, tanto che Mokyr
sostenne qui inizio la crescita economica moderna dato che lo scambio di idee e tecniche
era più agevole in una società cosi tollerante rispetto per esempio alla monarchia francese.
Capitolo 5. Esplorazioni e contatti interculturali: l'ambivalenza dell'illuminismo
1 Settecento fu un secolo di grandi esplorazioni e scoperte geografiche finalizzate ad
accrescere le conoscenze scientifiche circa l'uomo e l'ambiente, diversamente dai secoli
precedenti quando avevano come obiettivo il saccheggio ed il bottino, e che portarono
anche a contatti tra culture molto diverse. Molto importanti furono i viaggi condotti da Cook
e dal suo accompagnatore Forster per il Pacifico, che fu infatti chiamato il Nuovo Mondo del
Settecento, passando per Tahiti, Cook scopri le coste della Nuova Zelanda e dell'Australia e
successivamente le Hawaii e l'Antartico, confutando anche l'esistenza del continente
australe. Dopo aver esplorato l'oceano in tutte le sue parti, fu possibile allargare
ulteriormente i commerci e gli scambi di prodotti nuovi, come l'olio di balena o il tè cinese.
Oltre a finalità pratiche e commerciali, gli esploratori dovevano raccogliere informazioni
precise, anche se l'ostacolo della lingua era molto evidente e dunque non tutte le
informazioni ricevute potevano essere sicure, dato che nella maggior parte dei casi si
utilizzavano l'intuito o i gesti (lo stesso Cook con i maori). Quest'assenza di linguaggio ha
portato a casi di violenza tra le diverse popolazioni come quello di Cook, il quale fu ucciso
nelle Hawaii. Le descrizioni del Pacifico, dei suoi luoghi e abitanti avevano spesso poco a che
fare con il mondo reale, ma i racconti dei viaggi avevano venduto sempre più di ogni altrogenere
letterario, ad eccezione dei romanzi, e dunque ciò era ben poco importante,
soprattutto dal punto di vista economico, meno da quello scientifico. Cook era consapevole
di questi problemi tanto che non volle che nel suo racconto vi fossero inseriti racconti
fantasiosi, anche se ciò accadde. Il libro ebbe molto successo in quanto i lettori avevano
bisogno di credere in un mondo utopico in cui si vivesse in pace e senza un governo
oppressivo e distinzioni di ricchezza sociale.
L'ampliamento delle conoscenze delle parti del mondo appena scoperte fecero strada a
dibattiti incentrati sugli effetti del contatto tra le popolazioni indigene e quelle europee:
Cook, come quasi tutti i filosofi illuministi era convinto che le prime venissero corrotte dalle
seconde, che le portavano a nutrire bisogni mai provati prima e dunque facendo perdere
loro lo stato di innocenza che le caratterizzava. Diderot vedeva i tahitiani come una sorta
dimacchina del tempo, affermava che i selvaggi riportavano la cultura europea alle sue origini;
è da lui che parte infatti il mito del buon selvaggio. Le società primitive e quelle europee
erano opposte, le prime sembravano essere proprio una replica delle seconde; egli
condivideva la visione del Pacifico come un paradiso terrestre, giudicando i nativi più felici e
migliori poiché più naturali degli europei che li avevano scoperti.
L'incontro tra indigeni ed europei sollevò la questione di umanità e di razza, pur non
toccando mai i livelli che si erano riscontrati durante l'età vittoriana on la classificazione degli
esseri umani in base all'aspetto e all'anatomia; alcuni naturalisti come Buffon affermavano
che la razza umana era un'unità e alcuni esseri erano diversi da altri a causa dei fattori
contingenti, per esempio la pelle nera derivata dalla continua esposizione al sole causata dal
clima ferocemente tropicale, altri come Linneo divisero la razza umana in quattro gruppi,
ovvero europei di pelle bianca, americani di pelle rossa, africani di pelle nera ed asiatici di pelle
gialla .Cook comunque era consapevole dei vantaggi che ne ricavavano le popolazioni primitive
nell'essere scoperte e colonizzate; ovvio che queste considerazioni si riversarono anche sul
fenomeno del colonialismo; alcuni credevano che lo
sfruttamento delle risorse della terra fosse obbligatorio da parte degli europei, altri vi erano
contrari. In particolare Rousseau affermò che la schiavitù ed il colonialismo non solo
acuivano le disuguaglianze, ma erano anche in contrasto con gli ideali di uguaglianza tipici
del periodo.
Raynal affermò che la ragione e l'equità non consentivano di legittimare la colonizzazione ma
che questa poteva essere giustificata nel caso di regioni del globo precedentemente
disabitate per diffondere la civiltà o permettere un più efficiente sfruttamento delle risorse
naturali; egli credeva anche che le popolazioni indigene più vicine alla natura erano più felici
e più innocenti, oltre che moralmente superiori a quelle europee e condannava la schiavitù;
nonostante questo nessuno si spingeva a richiederne l' immediata abolizione .Alla fine del
decennio l'idea utopistica delle isole e delle popolazioni del pacifico fu
rimpiazzata da una visione contaminata le cui società rischiavano l'estinzione in conseguenza
delle importazioni di malattie europee. Ciò provenne in particolare da Herder, che cominciò
a esplorare l'impatto europeo sulle società esotiche nel quadro di una critica complessiva
all'illuminismo, egli riteneva che i nobili spiriti illuminati avessero prodotto idee che
giustificavano il dominio di una cultura su altre, infatti l'idea illuministica di un solo grande
movimento di progresso come motore della storia umana oscurava il concetto di entità
culturali diverse. Le reazioni degli illuministi ai mondi e ai popoli esotici furono molto
contraddittorie; ciò nonostante, gli atteggiamenti europei in terre indigene durante il
periodo illuminista aprirono la strada al processo di globalizzazione fortemente presente nei
giorni nostri.
Capitolo 6. Il problema della schiavitù nell'illuminismo.
La schiavitù è la forma estrema del lavoro asservito e durante il corso della storia è stata a
lungo un argomento di forte dibattito, anche perché è esistita nella maggior parte delle
società umane. Sin dai tempi di Aristotele, lui stesso infatti considerava la schiavitù una
condizione naturale di alcuni uomini, in molti avevano chiesto un trattamento più umano
degli schiavi ma soltanto dopo il 1770 la compassione per le sorti degli schiavi cominciò a
ispirare la formazione di gruppi organizzati, come la Société des amis des Noirs, oppure nei
giovani Stati Uniti i quaccheri della Pennsylvania e del Massachusetts rifiutarono di
possedere schiavi, mentre nel 1788 Connecticut, Pennsylvania, Massachusetts e New York
dichiararono illegale il traffico di schiavi, così come nei possedimenti britannici nei Caraibi
(1834); negli Stati Uniti il possesso di schiavi fu dichiarato illegale nel 1865.
Eppure nonostante la diffusione dei temi di uguaglianza e libertà, paradossalmente la
schiavitù perdurava, soprattutto si faceva uso di schiavi neri in alcune colonie europee.
Nonostante si sollevassero in quel periodo anche le questioni riguardo il concetto di
persona, la schiavitù si presentava quasi come necessaria nei possedimenti europei,
soprattutto in quelli inglesi e francesi, dato che qui c'erano piantagioni molto redditizie di
canna da zucchero, tabacco, caffè e indaco che richiedevano un tipo di agricoltura intensivo,
praticata ovviamente da una forza lavoro composta da schiavi privi di legami con la società e
sotto il pieno potere dei padroni; il commercio di schiavi era inoltre molto proficuo, sia per i
piantatori coloniali che per gli schiavisti, essendo questi consapevoli del fatto che i neri,
spesso prigionieri di guerra, venivano acquistati e pagati immediatamente. La schiavitù e il
commercio di schiavi furono quindi componenti essenziali per l'economia globale, ma
spalancò anche degli enormi problemi morali ed intellettuali che si presentarono da subito
come difficilmente risolvibili.Tali problemi risultavano essere anche piuttosto ambigui, ancor di più
dal punto di vista
dell'abolizione. Un primo fattore di ambiguità era dato dal Nuovo e dall'Antico Testamento
della Bibbia perché in essa si dice che i patriarchi come Abramo possedevano schiavi e
Cristo non vietò la schiavitù ma lasciò comandamenti per regolare i rapporti tra servo e
padrone. Per capire quanto muoversi in ambito religioso per giustificare le proprie posizioni
sia a favore che contro la schiavitù significasse camminare su un campo minato si può fare
l'esempio della Virginia; nell'entroterra virginiano gli schiavi lavoravano a fianco dei loro
padroni nelle loro fattorie e proprietà.Si presentò una forte contraddizione tra uguaglianza spirituale
e condizione giuridica degli
schiavi ma anche nelle donne, che per esempio erano battezzate ma non conferiva loro gli
stessi diritti dell'uomo; uguaglianza era una parola piuttosto sfuggente cosi come lo era
libertà. Eppure da qui derivò il nesso tra schiavitù e razza in quanto per gli illuministi l'anima
non era considerata come un criterio di definizione per l'essere umano, infatti nel corso del
Settecento era diventato un luogo comune affermare che gli africani di pelle nere
formassero una razza con caratteristiche tali da predisporli alla schiavitù; non è un caso che
alcuni illuministi discussero molto le teorie cartesiane secondo le quali le caratteristiche
degli uomini erano definite da Dio, credendo piuttosto che queste venivano modellate dal
clima e dalla geografia. Montesquieu e Buffon per esempio credevano che l'aspetto, l'indole e
il temperamento erano modellati proprio da questi due fattori e che gli stessi due
determinassero il colore della pelle; in particolare erano convinti che la razza umana in
origine era stata bianca e che le popolazioni di pelle scura si fossero formate per effetto dell'
esposizione a climi caldi . Montesquieu comunque si era fatto beffa di  coloro che credevano che le
caratteristiche fisiche degli africani ne giustificassero la servitù .Camper e Blumenbach si
concentrarono invece non sulle caratteristiche esterne come il
colore della pelle, ma sulle strutture interne del corpo come il cranio e lo scheletro; le prove
delle differenze scheletriche furono impiegate proprio a dimostrazione di alcune differenze
tra le persone, per esempio che le donne avendo cavità craniche più piccole degli uomini
erano naturalmente inferiori dal punto di vista intellettuale; questo studio più anatomico
dell'uomo portò anche, indirettamente, a un maggior sostegno allo schiavismo, data anche
la revisione delle teorie di Aristotele, lette in modo che alcuni uomini erano in accordo con la
loro natura umana solamente essendo schiavi. La nuova anatomia trasformava in oggetti
della scienza tutto ciò che poteva essere osservato e studiato dallo scienziato; il naturale in
questo ambito diventa solo un altro modo per differenziare le classi di esseri umani laddove the
la tassonomia non riusciva ad arrivare. Nel periodo illuministico ci si chiedeva cosa fosse
l'uomo ma rispondere a tale domanda diventava sempre più difficile; allo stesso tempo le
idee del secolo facevano dell'essere umano il depositario di quei diritti e di quell'identità
legale che agli schiavi veniva negati. Non è un caso che non in pochi credono che l' illuminismo sia
stato  anche la culla del razzismo dell' eugenetica . Anche Jefferson, terzo presidente degli Stati
Uniti, redigendo la Dichiarazione d'indipendenza
nel 1776 aveva originariamente inseritovi delle clausole che abolivano la schiavitù e il traffico
degli schiavi; egli sosteneva che l'emancipazione degli schiavi dovesse essere
immediatamente seguita dalla loro deportazione per evitare che intrecciassero rapporti
amorosi o sessuali con individui di razza bianca; infatti le specie non venivano definite solo
sulla base della rassomiglianza fisica ma anche della loro capacità di incrociarsi, come
dichiara nella sua opera Notes on the State of Virginia il linea con la crescente autorità della
scienza acquisita; il suo pensiero si rivelò però a tratti conflittuale: credeva che opporsi alla
schiavitù non significasse credere nell'uguaglianza dei neri rispetto ai bianchi e continuò a
possedere schiavi. Ma gli Stati Uniti furono comunque da subito pieni di contraddizioni sulla
questione della schiavitù, infatti i suoi fondatori rivendicavano la libertà come diritto
inalienabile ma la negavano ai loro schiavi, anche se battezzati, dato che l'uguaglianza delle
anima non garantiva la libertà civile.
La situazione non è meno complessa se si considera il modo in cui il pensiero illuminista
accosta gli schiavi al concetto di proprietà. La libertà e il diritto di proprietà erano concetti
non solo strettamente connessi ai principi illuministi ma anche sincronici giacché la seconda
aveva effetti stabilizzanti in campo sociale ed economico e preveniva il caos che avrebbe
privato tutti della libertà. Dopo le guerre civili inglesi e l'esperienza della Fronda francese ciò
sembrava essere necessario; non a caso Rousseau, che vedeva nella proprietà la causa di
una pericolosa disuguaglianza tra gli uomini, creati uguali per natura, non ebbe molto
seguito. Si può fare un esempio con l'episodio dello schiavo Somerset che fuggi dalla
piantagione di Stuart, che lo fece catturare ed imprigionare; il
giudice però sentenziò il rilascio dell'uomo dando vittoria agli antischiavisti, in quanto non
poteva essere trattato come un oggetto inanimato. Questo caso, pur non abolendo la
schiavitù fu un successo pubblicitario per il partito antischiavista in Gran Bretagna, dove già
dal 1770 si manifestava per l'abolizione della schiavitù.Eppure in un periodo in cui in tutta Europa i
governi competevano tra di loro nel tentativo di
espandere le loro proprietà e ricchezze, tali temi risultavano essere molto delicati. Questo
episodio attirò però l'attenzione del leader metodista Wesley ispirando il risveglio dei
metodisti contro la schiavitù, che dimostrava quanto si fosse lontani dal conseguire gli ideali
dell'illuminismo, che mirava a creare un soggetto umano universale dotato di razionalità e di
libertà; a poco a poco però questa pratica divenne sempre meno accettabile e sempre più
problematica. La svolta antischiavista dei metodisti si inserisce in una mobilitazione generale
dell'opinione pubblica in Gran Bretagna e, anche se in maniera più limitata, nelle colonie
nordamericane.Alcuni addirittura credevano che la schiavitù fosse un problema per la
sopravvivenza delle
società non schiaviste. Il cammino nell'abolizione degli schiavi fu irregolare, per esempio nel
1802 i francesi la reintroducano nella Guadalupa e poi in tutte le loro colonie dopo averla
abolita nel 1794. La diffusione delle idee che valorizzavano il sentimento, l'umanità e la
benevolenza ebbero un ruolo fondamentale per questo processo di stampo
prevalentemente inglese, dato che l'abolizionismo di massa fu un fenomeno che interessò in
primis la sola Gran Bretagna, ma la questione rimarrà aperta ancora per molto e ci sono casi
in cui fa discutere ancora oggi.

Capitolo 7 L'illuminismo e l'identità di genere.


Nel tentativo di definire le differenze tra i sessi, molti illuministi si concentrarono sulla
concettualizzazione dell'identità sessuale e nel definire il concetto di femminilità, arricchendo
le loro discussioni con il contributo di scienza e medicina, dunque considerando anche la
costituzione fisica del corpo femminile e l'importanza del loro ruolo materno, oltre la
credenza che la donna fosse una specie separata del genere umano avente il ruolo di
custode della morale e della religione in ambito domestico. Una delle prime personalità ad
affrontare in una sua opera le contraddizioni interne all'illuminismo in materia di ruoli
sessuali fu Mary Wollstonecraft, considerata la fondatrice del femminismo liberale e morta a
causa della setticemia contratta dopo aver partorito la sua seconda figlia, la futura famosa
scrittrice Mary Shelley.
La Wollstonecraft equiparó la negazione dei diritti delle donne a quella degli schiavi,
sottolineando anche la concezione di uno status inferiore della donna da parte di pensatori
illustri come Rousseau la quale, secondo l'autrice,riproduceva nella vita domestica un sistema
politico basato sul privilegio e sul potere
arbitrario, come quello dei monarchi sui sudditi o dei padroni sugli schiavi. Diverse erano
anche le concezioni di virtù per i due sessi; se infatti lilluminismo era basato sulla ragione e
sulla virtù, lunica virtù possilbile per le donne era quella intesa in ambito sessuale. Se sono
razionali devono però partecipare alla stessa vita morale e intellettuale dell'uomo; le
contraddizioni interne allilluminismo ci sono dungue, in questo caso derivate dal modo in
cui lilluminismo stesso metteva in rapporto la discussione dellidentità sessuale con il
concetto ambiguo di natura.
Rousseau infatti voleva definire la femminilità come naturale, inteso nel senso di giusta.
Naturale poteva significare molte cose ma, se I'illuminismo aveva creato un collegamento tra
naturalee buono, nel caso della donna il suo legame con la natura non la rendeva né
superiore né uguale all'uomo ma anzi la sua vicinanza alla natura assume un carattere
problematico dato che la condizionava nell'emotività e quindi la rendeva incapace di
ragionare con obiettivita. Sostenere l'emancipazione attraverso i valori illuministici era
impossibile.Laquer ha asserito che tra il Sei e il Settecento la definizione di maschio e femmina
aveva
cominciato ad essere rielaborata sotto l'influsso delle definizioni mediche del corpo
Sessuato; l'antica idea che il corpo femminile fosse una versione diversa di quello maschile,
secondo la quale gli organi riproduttivi fossero concepiti come omologie di quelli maschili, fu
sostituita dall'idea che gli stessi corpi fossero completamente differenti. Gli studi anatomici
sul cervello inoltre appurarono che essendo quello delle donne di dimensioni inferiori le
rendeva inadatte a occupazioni intellettuali. Idee simili erano state anche espresse da
Rousseau nell'Emile; egli credeva che le occupazioni femminili dovessero essere limitate a
quelle domestiche e riproduttive.
Se una volta inoltre le differenze tra uomo e donna non erano limitate a quelle anatomiche
ma toccavano anche quella di preparazione, educazione e aspettative sociali, oggi la società
è più omologata anche da questo punto di vista. Laquer afferma comunque che non
sapremo mai con certezza quante persone realmente credessero alle teorie scientifiche e
mediche proposte per definire la femminilità.Molti storici hanno individuato la causa prima
dell'evoluzione dei ruolo sociali femminili nel
grandi cambiamenti avvenuti in ambito industriale, con l'industrializzazione e la divisione
sessuale del lavoro la sfera domestica infatti diventa riservata alle donne. L'idea che la sfera
femminile coincidesse con il mondo domestico apparteneva anche a epoche precedenti;i
teorici di questa idea s'interessarono alla pratica dell'affidamento dei neonati a madri
adottive perché li allattassero e curassero, che era molto diffusa in Europa occidentale,
sopratutto tra le classi più povere. Questa pratica venne criticata da Rousseau, che diceva
che le madri che lasciavano che del loro figli si prendesse cura qualcun altro rifiutavano i
doveri della maternità.
Nonostante questi pregiudizi, il Settecento vide l'affermarsi di un numero notevole di donne
che si guadagnavano da vivere attraverso forme di produzione culturale eppure le capacità
intellettuali delle donne e i loro lavori continuavano ad essere messi in discussione, anzi gli
uomini erano piuttosto restii ad accettare le donne nei ranghi degli intellettuali indipendenti,
timorosi che su di loro potesse cadere il marchio della dipendenza e dell'irrazionalismo che
secondo Rousseau e altri era un elemento intrinseco del carattere femminile.La Wollstonecraft
aveva sollevato una questione molto importante sua dal punto di vista
filosofico che da quello politico; si era chiesta se la razionalità fosse una caratteristica umana
universale o solo maschile. Il mercato delle idee sembrava essere di prerogativa maschile;
ma in ambito illuministico molto importanti furono i saloni, sviluppatisi come ambienti
intellettuali nella Francia del Seicento, e che garantivano un palcoscenico sociale a quella che
spesso era una produzione letteraria e intellettuale di gruppo situata all'interno dell'elite; la
donna ha non poca importanza in questo contesto, essendo la padrona di casa infatti offriva
il locale, sceglieva i componenti del salotto e ne presiedeva le riunioni, controllando anche
l'agenda intellettuale del gruppo; era infatti chiamata preziosa. Nel Settecento però i salotti
erano anche organizzati da donne di ceto modesto, ma che espiravano a una posizione
d'elite, dunque i salotti si estendono in un ambiente estraneo all'elite, anche se alcune
funzioni rimano immutate.Frequentando i salotti, gli intellettuali guadagnavano un pubblico per le
loro opere,
acquisivano l'accesso a delle relazioni sociali che potevano consentirgli di mettersi in mostra
ma, dato che aumentavano i salotti non aristocratici, permisero anche l'ampliamento degli
orizzonti intellettuali. Viene da chiedersi perché furono le salonnières, le donne, a emergere
dai salotti: il loro ruolo di organizzatrici ed agevolartici gli condente di inserirsi in una
comunità intellettuale dalla quale sarebbero state altrimenti precluse a causa del loro sesso.
grandi nomi dell'epoca ovviamente discussero di ciò; Rousseau ne risultò molto adirato, a
causa del predominio dell'elemento femminile e della decadenza della cultura cortigiana.
Altri importanti filosofi francesi, come Voltaire, Diderot e Montesquieu avevano idee diverse
da quelle di Rousseau; essi notarono la discrepanza tra le norme di legge che vietavano alle
donne di ricoprire qualsiasi carica pubblica e la quantità di potere che erano in grado di
gestire le donne. Secondo Diderot tra uomo e donna non c'erano grandi differenze, ma solo
caratteristiche più diffuse in un sesso che non in un altro. Voltaire credeva che le donne fossero
capaci delle stesse
cose delle quali erano capaci gli uomini, dicendosi contrario al fatto che il marito dovesse
essere padrone della casa e affermando che la maternità non riassumeva l'intera natura
femminile, definendolo un aspetto temporaneo della vita.
Il dibattito illuminista sull'identità sessuale fu condotto con molta energia in quanto
contraddiceva e metteva in discussione i principi centrali del pensiero illuminista, nel caso
delle donne con concetti chiavi quali natura, ragione e virtù. Mettendo in discussione le
capacità intellettuali femminili, i dibattiti illuministici provocarono delle fratture nella
repubblica delle lettere e nell'opinione pubblica; gli stessi pensatori illuministi credevano che
le donne fossero titolari di alcuni diritti ma che a causa dell'irrazionalità attribuita loro non
potevano partecipare alla vita politica. Anche durante la rivoluzione francese infatti, seppure
la politica risulto legata al genere maschile, si lotto per l'emancipazione delle donne e alcune
avranno dei ruoli importanti.
Capitolo 8. Scienza e illuminismo: l'ordine divino e l'intelletto umano.
Nel 21 secolo è la scienza la componente più potente della cultura, incidendo anche
sull'ambiente, sull'economia e sulla tecnologia e sul controllo di esse. Nel Novecento quasi
ogni settore della scienza era sovvenzionato con fondi pubblici; nel Settecento la scienza e le
sue organizzazioni istituzionali avevano un carattere debole, come deboli erano i suoi
rapporti con l'economia e il potere, senza considerare che lo statuto intellettuale della
scienza veniva contestato. Nel periodo illuminista comunque la scienza ha un ruolo
importantissimo, anche come anticipatrice della successiva espansione e infatti Foucault ha
avanzato l'ipotesi che lo sviluppo della scienza illuministica sia stata fondamentale per i
cambiamenti di tutti i tipi di struttura del periodo; affronta inoltre questioni quali il rapporto
tra l'uomo e la natura, la possibilità di conoscere il mondo esterno e il modo migliore per
conoscere e per organizzare la conoscenza acquisita. La natura spesso viene definita norma
etica dell'illuminismo dato che identificavano ciò che era naturale con il buono e il razionale;
con quest'ultimo termine si intendeva il pensiero oggettivo e verificabile.Le parole scienza e
scienziato vennero coniate dopo il 1830 in Inghilterra, prima di allora si
utilizzava l'espressione di filosofia naturale, appunto il ruolo di chi vuole conoscere; science
in francese significava conoscenza ma non era
necessariamente collegata alla natura. La scienza stessa, che non costituiva ancora un
proprio corpo di conoscenze, quindi non era distinta da altri ambiti intellettuali, infatti nel
Settecento in quasi tutti i paesi europei lo studio della scienza aveva luogo all'interno di altre
discipline raggruppate sotto l'etichetta collettiva della filosofia naturale e l'oggetto di studio
erano la natura ed il mondo in quanto creazioni divine, per spiegarli come incarnazioni e
segni della potenza di
ia. Que nesso tra filosofia naturale e teologia non era facilmente
cancellabile in quanto la prima era per lo più prerogativa del clero, soprattutto nei paesi
protestanti.La natura comincia però ad assumere nel corso del secolo un altro significato; infatti
essendo la natura espressione di Dio ed essendo ordinata, essa doveva rispondere a
determinate leggi. Inoltre naturale prende il significato di buono, incorrotto, incontaminato;
nelle
opere di Rousseau e altri contemporanei per estensione il termine passa a designare
una condizione opposta a quella della civiltà corrotta e artificiale. Ma se la natura doveva
fungere in questo senso da norma etica era necessario che la filosofia naturale spiegasse
come fosse possibile conoscere la natura.Molti nomi ancora oggi importanti si espressero al
riguardo; Vico per esempio sostenne che
la filosofia naturale non fosse una forma sicura del sapere e si dovevano prendere in
riferimento le cose create dall'uomo, altrimenti trattando di entità delle quali non si può
avere esperienza diretta e sono dunque completamente estranee allo studioso e che
dunque la conoscenza della natura, chiamata nel periodo illuministico scienza fisica, non
toccava quel livello di superiorità toccato invece, secondo Vico, dalla storia. La filosofia
sosteneva che vi fosse una limitata possibilità da parte degli uomini di raggiungere una
conoscenza profonda delle cose nonostante vi fosse un nesso tra la filosofia naturale e la
teologia, la regina delle scienze, ma presto questo si sarebbe rotto.Hume sosteneva che il balzo
dalle impressioni sensoriali a quelle del mondo naturale
derivasse dall'abitudine degli uomini e che il collegamento di eventi in termini causali fosse
dato dalle esperienze precedenti a questioni analoghe: questo non ci garantisce una verità
assoluta ma collega la coerenza alle apparenze. Contesta quindi la convinzione cartesiana
della verità garantita da Dio. I dubbi che scrittori come Hume esprimono circa la pratica
concreta della ricerca scientifica contribuiranno ad allontanare la filosofia naturale dalle
finalità teologiche.
Un contributo fondamentale per la scienza fu dato dalle teorie di Newton, anche perché
furono diffuse nella maggior parte dei paesi europei grazie all'opera di volgarizzatori che
animarono il mercato della divulgazione scientifica, in crescita. Newton descrisse l'universo
in termini matematici per
spiegare le leggi fisiche del moto e in particolare come l'universo veniva tenuto in esistenza e
in movimento; la causa prima non era Dio. Il teologo Bentley lo accusò non a caso di
incoraggiare l'eresia e l'ateismo.I risultati di Newton ebbero pero poco da dire circa la natura degli
esseri viventi e le relazioni
tra di essi, inseriti in una catena da partita da Dio e dai suoi angeli, passava per l'uomo per
arrivare in ordine discendente di complessità alle specie più semplici. I filosofi naturali
illuministi presero ad ignorare le parti più alte della catena per concentrarsi solo sull'uomo e
sulla natura. Per esempio Linneo distinse gli esseri viventi dai non viventi e le scienze della
terra (geologia, mineralogia) da quella della vita (botanica, zoologia); con un approccio
astorico, Linneo ipotizzò anche che piante e animali potessero essersi sviluppati nel corso
del tempo. Le sue idee furono contestate da un altro noto e influente naturalista, Leclerc,
conte di Buffon; in particolare egli contesto la possibilità di classificare gli esseri umani,
credendo però che la natura avesse una storia; sosteneva infatti che la vita e il mondo
fossero più antichi di quanto scritto nella Genesi.Diderot, e con lui altri, studiò l'essenza della vita
elaborando una concezione di essa come
forza costitutiva della natura; alla fine del secolo la concezione calma e stabile della natura
condivisa da molti teologi era diventata insostenibile e anche il posto dell'uomo nella natura
divenne oggetto di discussione; l'uomo era la suprema creazione di Dio ed era al di sopra
dell'ordine naturale, creato per il suo consumo e per il suo profitto. Le specie erano mutabili
e non erano una creazione della mano di Dio. Secondo Foucault questa teoria diede la spinta
alla teoria darwiniana e la visione della natura come una serie di processi evolutivi.Gli interrogativi
sulla storia della natura determinarono molte spaccature tra la storia della
natura e la concezione teologica della natura; questo processo fu agevolato da mutamenti
sociali che riguardavano la scienza stessa, infatti se anche il suo insegnamento o la pratica
della scienza erano ancora limitate questa divenne più visibile e accessibile. Si parlò infatti di
età dell'oro delle società scientifiche; vengono tenute conferenze e create accademie
scientifiche sia pubbliche che private (soprattutto in Italia, Francia, Olanda e Gran Bretagna),
vengono fondati dei giornali scientifici e aperti al pubblico giardini zoologici e botanici; gli
aspetti tecnologici della scienza cominciarono a destare l'interesse dei governi che
cercavano di portare l'ambiente naturale e scientifico sotto il proprio controllo; se all'inizio
dei Settecento i libri più venduti erano quelli di teologia, alla fine dello stesso secolo ad
essere più venduti erano i romanzi e i testi di divulgazione scientifica. La scienza acquisisce
sempre maggiore successo tra il pubblico e sempre maggiore importanza come strumento
di controllo e di sfruttamento in mano ai governi.
Capitolo 9. La nascita del paganesimo moderno? Religione e illuminismo.
Alcuni conservatori ottocenteschi videro nell'illuminismo numerosi tentativi di attacco alla
fede e alle organizzazioni religiose, arrivando persino ad incoraggiare gli atteggiamenti
antireligiosi; molti storici si interessarono all'argomento. In particolare Thomas sostenne che
questa alterazione dei valori religiosi abbia avuto conseguenze molto importanti; se prima
Dio era visto come un potere, in un secondo momento veniva messo in risalto il suo modo
ordinato di agire attraverso cause naturali inaccessibili all'indagine umana; il cambiamento
nelle concezioni religiose secondo Thomas fu radicale, come sottolineato anche da Vovelle,
che rilevò un lento declino religioso definito come scristianizzazione.Thomas e Vovelle, ma anche
Gay, si trovano ad essere accomunati dall'affermazione
secondo la quale l'Illuminismo vide un declino assoluto della fede religiosa, anche se non si
tratta di un'interpretazione del tutto nuova. Nel corso dell'Ottocento non furono pochi gli
storici che indagando il rapporto tra illuminismo e rivoluzione francese infatti trovano
derivanti dalla loro connessione i tentativi di sradicare la fede cristiana in Francia per
produrre nuove forme di religione razionale o naturale. La stessa analisi però sarà condotta
da un grande filosofo, Hegel.Secondo Hegel i cambiamenti introdotti dall'illuminismo furono proprio
conseguenza delle
questioni religiose; egli credeva che attraverso l'illuminismo i philosophes volessero
continuare la riforma luterana in una forma differente, cioè con l'obiettivo della libertà
spirituale dell'uomo. Secondo il filosofo l'illuminismo aveva sbagliato strada affermando che
la fede dovesse essere convalidata dalla ragione e che le idee autentiche provenissero
dall'esperienza dei sensi; Hegel temeva che questa visione avrebbe distrutto l'intera fede,
che avrebbe messo in discussione il rapporto dell'uomo con l'assoluto e lo spirituale. Hegel
credeva che l'illuminismo non avesse rimpiazzato la fede ma l'aveva relegata a un mondo
solo parzialmente conoscibile dall'uomo, creando anche un'ossessione per la sua utilità e
quindi assimilandola ai bisogni e all'intelletto umano. Hegel, così come anche kant, vedeva
nell'illuminismo un processo incompiuto di libertà intellettuale e spirituale ma a causa della
natura dell'uomo, spogliato dell'aspirazione religiosa e incapace di stringere rapporti con
altri (autosufficienza dell'uomo), aveva tradito la sua missione.Voltaire era contro ogni forma di
religione organizzata e altri come lui credevano che la
religione fosse utile alla sola stabilità sociale; dal punto di vista economico invece Smith
credeva che gli individui piuttosto che la salvezza cercassero di fare il loro interesse
egoistico. Eppure lilluminismo porto importanti novità in campo religioso, la maggiore fu
forse la tolleranza. Fu particolarmente importante in due circostanze:
1. in Inghilterra con i Tolleration Act ci fu la riduzione delle pene per coloro che non
appartenevano alla chiesa d'Inghilterra;
2. in Francia vi fu una riduzione delle sanzioni per i protestanti. Le controversie religiose
incisero molto sullo sviluppo storico del periodo, in particolare perché l'illuminismo ereditò
anche i conflitti militari e politici scatenati nel Cinquecento dai tentativi di Lutero di riformare
la chiesa cattolica e ai quali erano seguiti forti periodi di intolleranza religiosa in diversi paesi
d'Europa, contro i quali gli illuministi si schierano contro. Eppure bisogno attendere il 1648 e
la pace di Westfalia per vedere terminare questa serie di conflitti religiosi; essa pose fine alla
Guerra dei Trent'Anni e alla lotta tra cattolici e protestanti, e in particolare riconfermò la
pace di Augusta (1555), fu estesa la tolleranza anche ai calvinisti e fu stabilito che i sovrani
dovessero rispettare le minoranze religiose e che i beni ecclesiastici in possesso dei
protestanti fino al 1624 non fossero restituiti alla Chiesa cattolica. Fu vietata la persecuzione
religiosa in Germania.Nel Settecento gli Stati si erano trovati spesso di fronte al problema di
decidere
se
continuare a battersi per l'uniformità religiosa nei loro confini o se tollerare la diversità
religiosa; mentre prendeva piede l'idea che la religione, la fede e la spiritualità fossero dei
fatti interiori e che non dovevano essere sottomesse al potere esterno, la tolleranza
sollevava problemi circa il destino dello stato e della monarchia. Ci sarebbe stato un periodo
di transizione dall'idea di uno stato monarchico e unito nella fede dei sudditi a uno
impersonale, dove la fedeltà allo stato era distinta da quella religiosa; si possono fare due
esempi, quello di Federico II di Prussia che segui la seconda via e quello di Maria Teresa
d'Austria, che portò avanti la prima dimostrandosi disposta a deportare i sudditi protestanti
in Boemia per creare uno stato prevalentemente cattolico. Ella sembrava quasi ancora
legata all'ideale di cristianità unita che era stato infranto dalla Riforma luterana; Federico di
Prussia invece nel 1750 se anche non concesse agli ebrei la piena tolleranza, fece ottenere
loro il diritto di essere processati in base alle loro leggi e il diritto di possedere scuole,
sinagoghe e cimiteri. Attraverso scambi e negoziati tra il 1740 e il 1765 circa riuscì a riunire in
un unico blocco territoriale i paesi tedeschi.Dopo il 1648 non terminarono solo i conflitti
internazionali per motivi religiosi ma anche le
lotte intestine tra le varie confessioni; molti cominciarono anzi a costruire versioni della loro
fede tali da risultare accessibili alla ragione umana e dunque comprensibili a tutti gli uomini,
che dovevano essere persuasi senza il ricorso alla forza. Il cristianesimo ragionevole
comportava però altri problemi; in particolare metteva in discussione il prestigio e l'autorità
della Bibbia caratterizzata da episodi irrazionali o inspiegabili, come i miracoli di Cristo. La
rivelazione veniva sminuita a vantaggio della ragione; avendo inoltre i misteri della religione
cristiana delle analogie in altre religioni, si cominciò uno studio
più approfondito di queste (teologia comparata) e alla definizione della religione come
creazione umana e non più come rivelazione divina.Un ulteriore elemento di difficoltà per la
religione fu dato dall'avanzare della scienza, in
particolare dalle opere astronomiche di Copernico e Keplero, che avevano dimostrato che il
pianeta terra compiva una rivoluzione intorno al sole, che era solo una delle molte stelle
dell'universo; dobbiamo ricordare però che già da Galilei la religione era stata messa in
difficoltà, tanto che fu costretto ad abiurare e poi all'esilio. Fu l'opera di Newton ad avere
però particolare influenza sull'illuminismo, dato che sembrava fornire le basi per rispondere
alla questione di quale tipo di interesse Dio mostrasse per la sua creazione. Newton stesso
concepiva un cosmo ordinato da leggi matematiche ma messo in movimento dal suo
creatore, oltre che potenzialmente bisognoso di interventi che ne correggessero le
irregolarità. La sua opera fu non a caso usata dai deisti per sostenere le loro tesi.La scienza
comunque contribui in maniera contraddittoria allo sviluppo del pensiero
religioso illuministico; mettevano infatti in discussione i principi fondamentali del
cristianesimo, quali la natura divina di Cristo, il suo sacrificio per la redenzione umana; il
problema di pose a partire da un'opera di Hume, il Saggio sui miracoli; l'autore credeva che
l'esistenza di un ordine naturali e delle leggi dell'universo non rivelavano nulla circa l'essenza
del loro creatore e non dimostravano nemmeno la loro esistenza. La spiegazione che
Newton aveva dato dell'universo escludeva la possibilità di miracoli; Hume credeva che se
anche le prove dei miracoli di Cristo contenute nei Vangeli fossero le più adatte per
stabilirne la veridicità, essendo la testimonianza umana necessaria a fare ciò, nel caso del
Vangelo potevano essere le meno affidabili in quanto tali episodi erano contraddetti sia
dalle leggi della natura che dall'esperienza umana ordinaria.Mentre la concezione della storia
intesa come il manifestarsi delle intenzioni divine nel
mondo veniva meno, i miracoli continuavano ad essere presi di mira da pensatori
antireligiosi come Holbach, e da coloro che volevano costruire una religione ragionevole;
tante volte si insisteva nel voler trovare a tutti i costi una soluzione a quelle questioni che si
erano sempre presentate problematiche per la dottrina cristiana; l'ottimismo era tale che
Leibniz parlò di teodicea. Entrato in crisi tale ottimismo, era ovvio che la fede cristiana
avrebbe vacillato ancora.
Una prima soluzione sarebbe potuta essere il deismo e il suo rifiuto della rivelazione, una
seconda il pietismo e il suo accantonamento della religione razionale per tornare a una
religione che mettesse in risalto la fede; il pietismo fu un movimento di rinascita religiosa
che si diffuse negli stati protestanti tedeschi in seguito alla Guerra dei Trent'Anni, da essi
considerata un terribile castigo inflitto da Dio alla Germania per i suoi peccati. I primi pietisti
erano infatti interessati a lavorare all'interno della chiesa luterana per riformarla.Federico
Guglielmo utilizzò il pietismo per indebolire i legami un tempo saldissimi tra la
chiesa luterana prussiana e la nobiltà; se il luteranesimo aveva il suo contro nel pietismo, il
cattolicesimo lo aveva nel giansenismo e l'anglicanesimo nel metodismo.
I sovrani dell'epoca erano comunque consapevoli della funzione sociale della religione, per
questo eventuali allontanamenti li spaventavano. I sovrani volevano però che la gerarchia
ecclesiastica fosse più dipendente da Roma per evitare conflitti; molti monarchi cattolici,
come Giuseppelle Carlo III di Spagna, attaccarono la chiesa; molti consiglieri infatti dicevano
loro che poiché le terre erano per la maggior parte di appartenenza ecclesiastica la
produttività agricola e il mercato fondiario erano limitati, senza considerare che la chiese e
gli ordini monarchici sottraevano reclute potenziali alla forza-lavoro e all'esercito. I dibattiti
sulla religione dunque ebbero anche delle conseguenze sul piano politico, sia per il tema
della tolleranza che per la legittimazione del potere politico, da fondare appunto su qualcosa
di diverso. Gli storici hanno definito infatti tale fenomeno desacralizzazione.
Capitolo 10. La fine dell'Illuminismo:cospirazione e rivoluzione?
Con lo scoppio della Rivoluzione francese nel 1789, la nazione interessata fu interessata da
un sanguinoso periodo di cambiamenti che videro la rifondazione dello stato, la caduta della
monarchia, il passaggio per la repubblica. Nel 1793 la situazione per il paese era
particolarmente delicata; oltre alla rivoluzione e alle guerre civili era in guerra con diversi
stati vicini; secondo alcuni storici la rivoluzione, e con essa le sue conseguenze, fu figlia delle
idee illuministiche, pur essendoci incertezza in quale misura. Potrebbe esserlo stata poiché
le idee illuministiche erano state perseguite con troppa forza o, viceversa, con forze
insufficienti. Ciò pone un altro interrogativo, ovvero se la rivoluzione fosse implicita
nell'illuminismo o causata da fattori più contingenti all'interno del paese.Eppure tale rivoluzione in
un certo senso condizionò l'atteggiamento verso i fenomeni simili;
se Habermas, uno storico del Novecento, considero positivamente l'illuminismo come
movimento emancipatore, Taine, del secolo precedente, lo vide come fattore scatenante di
rivoluzioni. La più nota delle interpretazioni conservatrici fu quella dell'ex gesuita Barruel,
che sosteneva che le violenze in Francia fossero causate da una cospirazione dei
philosophes illuministi riuniti in organizzazioni segrete come gli illuminati in Germania e i
massoni, compito poi portato avanti dai giacobini che, durante il Terrore, nient'altro
volevano che distruggere la società civile. Egli aveva anche dei
motivi personali per detestare i principi illuministici, in quanto avevano contribuito alla
caduta del suo ordine e al suo conseguente esilio in Russia; l'opera di Barruel non fu
importante solo nell'ambito della definizione dei rapporti tra illuminismo e rivoluzione, ma
anche per definire come tali temi vennero percepiti dal pubblico.Tale cospirazione fu paragonata
alleresia protestante da un periodico facente capo al
gruppo di Freron, che seppe sfruttare molto bene i timori dell'epoca, come l'auspicare la
caduta della monarchia e della società civile, tanto che in Francia ci fu una ripresa
dell'intolleranza religiosa, che culminò nel famoso caso Calas, un protestante ritenuto
colpevole nel 1762 dell'assassinio del figlio, seppur senza prove consistenti. Altri oltre a
Barruel comunque effettuarono dei collegamenti tra l'illuminismo e la rivoluzione, per
esempio Tocqueville.
Egli era convinto di una continuità tra il Settecento e la Rivoluzione che però non dipendeva
dalla cospirazione dei philosophes, che erano per lui pensatori utopistici e senza esperienza,
quanto dal potere dello stato centralizzato che a suo modo di vedere aveva continuato a
rafforzarsi senza incontrare ostacoli nel passaggio dall'ancien regime alla rivoluzione: questa
poteva avere un duplice effetto: soffocare la libertà oppure i folli eccessi di potere (ciò che
non erano stati in grado di fare i philosophes mentre il potere si rafforzava fino a diventare
un potere soffocante e dittatoriale).La ricerca contemporanea riprese in alcuni casi le teorie di
Tocqueville, per esempio Darton
pone enfasi sugli scritti di opposizione della Grub Street interpretandoli come uno dei fattori
che indebolirono l'autorità alla fine del secolo; Buker credeva che la repubblica delle lettere
funse non solo da surrogato del dibattito politico ma anche da prototipo della politica della
sfera pubblica rivoluzionaria. La vita politica fu violentemente spinta nella letteratura e gli
scrittori per questo spesso si trovarono a ricoprire dei ruoli che normalmente non gli
sarebbero spettati.
Le interpretazioni moderne comunque si distaccarono da quelle di Tocqueville sotto un
spetto importante: queste, piuttosto che essere rivolte alle critiche verso l'antico regime, lo
erano verso le forme di associazione dei philosophes e di questi intellettuali principianti; allo
stesso tempo non rispondono alle accuse mosse da Barruel, secondo il quale a danneggiare
la chiesa e la monarchia era stato il contenuto anti regime del loro pensiero.
La continuità tra le forme sociali della repubblica delle lettere e quelle politiche della
rivoluzione lascia senza risposta la questione dell'impatto degli scritti dei philosophes;i
rivoluzionari spesso alludevano a Voltaire e a Rousseau, anche se il loro pensiero e le loro
gesta spesso procedevano in direzione opposta rispetto quanto espresso dalle idee degli
intellettuali che utilizzavano per giustificare le
loro azioni. Comunque di certo c'è che come l'illuminismo non fu un fenomeno unitario,
neanche la rivoluzione lo fu e nessuno avrebbe potuto prevedere i suoi effetti nel giro di cosi
poco tempo; nel 1792 si era giunti a cambiamenti molto più profondi di quelli auspicati allo
scoppio della rivoluzione.Nel cambiamento della concezione della rivoluzione francese molto
importante è stata
l'opera di Furet;egli non considera la rivoluzione secondo la concezione marxiana, quindi
come lotta di classe, ma come fenomeno politico guidato da una cultura e da un discorso
politico del tutto particolari e le cui origini illuministiche sono poco chiare; effettivamente gli
scrittori illuministi non produssero un corpo unitario di pensiero tale da influenzare la
rivoluzione, inoltre il pensiero dei rivoluzionari era comunque diverso da quello degli
illuministi.I termini chiave del discorso politico rivoluzionario, ovvero nazione e rappresentazione,
erano nate nel Seicento ma introdotte solo in seguito in quanto l'illuminismo non fu chiuso
da una rivoluzione ma ne accompagno diverse per esempio la rivoluzione delle colonie
americane contro il dominio britannico, tra i vari motivi perché nel Parlamento inglese non
avevano rappresentanti. Tra gli altri motivi l'impossibilità nella società inglese, per lo meno
nelle colonie, di costruire un ordine politico basato sulla totale uguaglianza dei diritti; in
contraddizione con l'illuminismo, nelle colonie era diffusa la schiavitù.

Dunque, la storiografia definendo l'illuminismo come un fenomeno puramente francese ha


di conseguenza posto la rivoluzione come punto terminale dell'illuminismo; eppure non fu
cosi, infatti un periodo di pace come l'illuminismo non fu chiuso da un'improvvisa
rivoluzione, anzi si può dire che questo fosse nato con la gloriosa rivoluzione inglese del
1688, che pose infatti le premesse per l'affermazione della filosofia con la quale Locke
discusse le nuove idee sul rapporto tra governante e governati.Poiché molto spesso tali rivoluzioni
sono state definite, da Palmer per esempio,
democratiche, quella che meglio incarna tale definizione può essere considerata quella
americana dato che questa si presenta anche come l'evento in cui meglio si manifestò il
connubio tra le idee illuministiche e un violento mutamento di regime, anche se motivi di
risentimento tra le colonie e la madrepatria esistevano nonostante le idee illuministiche.
I Grande Risveglio degli anni 1730/1750, una sorta di rinascita religiosa che accompagno le
idee illuministiche di progresso, ottimismo e fede nella ragione umana, portò nelle colonie la
diffusione di un'ideologia che presentava la natura dell'uomo come intrinsecamente
peccaminosa. Gli americani credevano, in virtù del repubblicanesimo, in una società semplici
e nella quale gli individui tenevano tanto alla loro indipendenza quanto al bene comune, ma
che i cittadini dovessero essere uniti da un contratto; anch'essi però siscontrarono con uno dei
problemi di fondo dell'illuminismo, ovvero l'impossibilità di
costruire un ordine politico basato sull'uguaglianza dei diritti, possibile solo in un ordine
sociale iniquo. Dunque l'importanza di tale rivoluzione è legata al fatto che coloro che
recepirono gli ideali illuministici si applicarono per il cambiamento, ma i limiti di tali ideali
rimasero.
Prima della rivoluzione francese c'erano comunque stati altri tentativi di rovesciamenti di
regime, per esempio in Toscana dopo la partenza del granduca Pietro Leopoldo, chiamato a
Vienna a succedere al fratello Giuseppe nel ruolo di imperatore d'Austria; non fu questo
l'unico caso ma in generale i sovrani fecero marcia indietro sui programmi di riforma
illuministici. Iluminismo e rivoluzioni dunque andarono di pari passo, alcune furono
accettate come parti integranti dell'illuminismo, altre (come quella in Toscana) scoppiarono
in opposizione ai programmi illuministici.Se per gran parte del secolo si parla di rivoluzione
intendendola nel suo senso meccanico e
astronomico (la rivoluzione della terra attorno al sole), nel contesto politico il termine
assume il significato di cambiamento che ripristina uno stato delle cose conosciuto in
precedenza; e fu infatti questo il significato di rivoluzione che a partire da quella americana e
quella francese accompagno tutti i successivi movimenti per il cambiamento. Rimaneva
comunque aperto l'interrogativo su come le idee illuministe potessero portare a tale
cambiamento; nei paesi europei in cui furono abbracciate lo scopo era stabilizzare la società
e la monarchia.
L'illuminismo dunque non può essere circoscritto alla sola Francia come movimento di idee
che portò a una violenta rivoluzione; tanto più si può dire che i problemi economici della
monarchia, l'instabilità del paese, la passività delle elite, ecc. furono le cause della rivoluzione
e le premesse per lo sviluppo delle critiche illuministiche e dei commenti ragionati di
Voltaire, Rousseau, Raynal e degli altri.Secondo Koselleck furono proprio le contraddizioni interne
all'illuminismo a determinare la
situazione rivoluzionaria, in quanto esse erano diventate talmente tanto forti da paralizzare
lo sviluppo della monarchia e dunque il cambiamento era possibile solo smantellando le
basi della stessa monarchia. Oppure la rivolta toscana o i tumulti nei Paesi Bassi nel 1789,
che testimoniano come nell'Europa centrale l'illuminismo determino rivolte contro le
politiche illuminate e per restaurare lo stato delle cose precedente; i vari progetti di stampo
illuminista furono comunque molto diversi tra di loro.
Israel individuo nell'illuminismo due correnti di pensiero separate ed incompatibili, ovvero
quello radicale e quello moderato.

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