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I CARDINI DELL’ILLUMINISMO

Il termine Illuminismo deriva dalla centralità che veniva attribuita alla ragione, ovvero una
qualità che tutti gli uomini possiedono che agisce come un lume naturale. Il centro
dell’Illuminismo è la Francia, infatti il francese sostituirà il latino, come lingua franca, nella
comunicazione culturale. Non c’era un unico movimento filosofico, anzi molti si
contraddicevano fra di loro, ma avevano gli stessi principi di base. Tra questi ci sono la
fiducia nella ragione, usata come spirito critico; il sapere, empirico in quanto si poteva
raggiungere unendo ipotesi e dati, e pragmatico, poiché aveva lo scopo di migliorare la vita
degli uomini; e la fiducia nel progresso , con una concezione ottimistica della vita umana.
Inoltre fu molto chiara la polemica contro la religione, infatti il movimento illuminista fu
principalmente laico, oppure i filosofi sostenevano una religione basata sul sapere e sulla
ragione. Per quanto riguarda invece l’ambito politico si opposero all’assolutismo ed erano
invece a favore del riformismo.
Il principale centro di diffusione dell’Illuminismo fu la massoneria, un luogo in cui inizialmente
si raggruppavano gli artigiani con lo scopo di aiutarsi nel momento del bisogno (mutuo
soccorso). Con il passare del tempo gli obiettivi che si pose furono quelli di rigenerazione
della politica e della società. Era composta da logge, ovvero gruppi indipendenti a cui si
accedeva con un rito di iniziazione. Contribuì alla diffusione degli ideali illuministi,
nonostante la segretezza e la misteriosità.

RELIGIONE E RAGIONE
Gli illuministi volevano sottoporre ogni aspetto della realtà a un esame razionale, per questo
motivo ci fu un grande dibattito sulle questioni di fede, che erano ritenute in grado di
condizionare il comportamento individuale e collettivo, favorendo o mettendo a repentaglio la
coesione sociale. Non tutti arrivarono però alla stessa conclusione, molti sostenevano infatti
che la religione non fosse inconciliabile con le istanze della ragione e chi invece riteneva il
contrario. C’erano infatti diversi illuministi atei, che non credevano all’esistenza di un dio, e
altri deisti, che credevano nell'esistenza di un dio che però aveva le caratteristiche della
ragione. Voltaire ad esempio sosteneva che l’Essere Supremo (dio) andasse inteso come un
ente razionale che non doveva entrare nel mondo della superstizione.
La maggior parte degli illuministi sosteneva che eliminare l’esistenza di Dio fosse un errore,
perché la religione ha portato anche una grande funzione morale. Era infatti necessario
tollerare le religioni, soprattutto se diverse dalla propria. Questo è il pensiero di cui ci parla il
filosofo tedesco Lessing. Secondo lui le religioni avevano anche una funzione pedagogica,
di educare quindi il popolo e di vivere insieme secondo dei valori condivisi all’interno della
società.

LA CULTURA NELL'ETÀ DEI LUMI


I filosofi sostenevano l’importanza di far girare le informazioni per aumentare la conoscenza,
questo perché volevano diffondere all’interno della società il sapere, sia letterario che
scientifico. Inoltre volevano ricoprire un ruolo nella mobilitazione dell’opinione pubblica
tramite un libero dibattito; tutti gli intellettuali si riconoscevano nei valori principali
dell’Illuminismo, nonostante sostenessero ideali differenti.
Per diffondere le idee era necessaria la comunicazione, per questo i filosofi si riunivano nei
salotti aristocratici, al riparo da censure e dalle discriminazioni per le classi sociali. A Parigi
la maggior parte dei salotti si svolgeva a casa di nobili dame, infatti le donne avevano
spesso un ruolo attivo durante le discussioni. Vennero poi costruite diverse accademie
scientifiche, in cui si parlava dei libri pubblicati o se ne scrivevano di nuovi. Le proposte
politiche venivano discusse all’interno di club o circoli. I caffè ebbero invece un ruolo
fondamentale per la diffusione dell’Illuminismo, divennero infatti delle vere e proprie sedi di
discussione e confronto delle idee.
Gli illuministi iniziarono a diffondere il loro sapere anche attraverso i libri, le gazzette,
pubblicate periodicamente a cui ci si abbonava, e i pamphlet, piccoli libri meno costosi per
un pubblico più vasto.
Il libro più grande e simbolo dell’Illuminismo è l’Enciclopedia, di Diderot e d'Alembert. I due
filosofi decisero di fare una sintesi del sapere della loro epoca, che costituì un’impresa
culturale d’avanguardia, dato che superò la distinzione tra cultura alta e sapere meccanico e
perché affrontò liberamente tutti gli argomenti, anche quelli più delicati. Si fondava sul
principio alfabetico, che permetteva l'unione di temi sacri e temi profani. Venne imposto il
paradigma scientifico, chiave indispensabile per la comprensione del mondo, infatti nel 1700
venne riconosciuta l’importanza delle scienze come la chimica e la biologia. Fu inoltre una
straordinaria sfida alla censura da parte del governo francese, e per questo molti studiosi
decisero di abbandonare la stesura.
L’Illuminismo rappresentò il culmine di un processo che prevedeva l’allontanamento degli
uomini di chiesa dalla scienza. Nacque infatti la figura dell’intellettuale, tra questi Diderot,
D’alembert. Voltaire, Rousseau, Montesquieu. Voltaire in particolare ebbe un grande
successo, per la sua capacità di rappresentare a pieno la cultura dell’illuminismo. Si
interessò principalmente di filosofia, storia, scienza e politica, diffondendo in Francia le
scoperte di Newton e promuovendo gli ideali di libertà civile.
Montesquieu, così come Voltaire, sosteneva la critica contro la società e la cultura francese,
apprezzando quelle inglesi. Esprime questa critica nelle “Lettere persiane” con i mezzi della
satira, parla infatti di due viaggiatori persiani in giro per Parigi che disprezzano le leggi e lo
stile di vita dei francesi. Un trattato importante che scrisse è “Lo spirito delle leggi”, in cui
afferma che la storia non è frutto del caso o della divina provvidenza, ma delle azioni degli
uomini. Parla poi di uno spirito generale, che ispira le leggi. Esamina inoltre i tre sistemi
politici (dispotismo, repubblica e monarchia) sostenendo che sono tutti validi in base al
paese in cui si applicano. Non significa però che siano giusti, infatti esprime una polemica
sul dispotismo, ritenendo che la libertà politica può applicarsi solo alla monarchia e alla
repubblica, in entrambi casi solamente se avviene una separazione dei poteri fondamentali
dello stato.

L’ILLUMINISMO E LE RIFORME IN ITALIA


In Lombardia ci furono grandi riforme culturali. I principali intellettuali furono Pietro <verri,
esperto di storia, economia e politica, e Cesare Beccaria, che diventò famoso con la sua
opera “Dei delitti e delle pene”, in cui condannava gli episodi di tortura e la pena di morte.
Venne poi fondata la rivista “Il Caffè”. Fu fondamentale l’introduzione di un registro catastale,
sotto la direzione di Pompeo Neri, in cui furono introdotte misure per facilitare i commerci, tra
cui l’eliminazione dei dazi.
In Toscana Pietro Leopoldo I nel 1786 approvò un codice penale che aboliva le torture e la
pena di morte, che prevedeva il diritto degli imputati di avere un avvocato e l’obbligo per i
tribunali di rendere le sentenze pubbliche.
Nel Regno di Napoli invece Bernardo Tanucci fece redigere un catasto e istituì una Giunta di
commercio, per rilanciare le attività economiche.
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE BRITANNICA
ORIGINI
Si tratta di un processo di trasformazione radicale che interessò principalmente le strutture
produttive tradizionali e le forme dell’organizzazione sociale. Viene definita rivoluzione
perché sottolinea l’aspetto profondo e irreversibile del cambiamento. Il termine industriale si
riferisce invece alle attività del settore secondario che hanno subito un cambiamento. La
rivoluzione avvenne dal 1770 al 1830 e in Gran Bretagna; riguardò principalmente la
produzione tessile. Si verificò proprio in Inghilterra perché l’80% della produzione era basato
sull’agricoltura, mentre gli altri settori erano ancora poco sviluppati. Nel 1700 però la sua
economia iniziò a crescere per diversi motivi. Innanzitutto la monarchia parlamentare portò
un periodo di stabilità al governo, insieme all’affermazione del partito “whig”, che promosse
diversi provvedimenti con fini economico-commerciali. Tutto ciò incoraggiò la nascita di una
nuova mentalità, molti aristocratici presero in considerazione l’idea di diventare imprenditori.
Inoltre l’impero coloniale britannico era molto vasto e questo permise di avere una posizione
dominante nei commerci, anche esteri. Infatti le spedizioni d’oltremare venivano finanziate
dal sistema finanziario inglese, nel 1684 nacque quindi la Banca d’Inghilterra.
Grazie alle innovazioni aumentò decisamente la produzione agricola, questo fece sorgere
esigenze logistiche e accumulare grandi capitali. Furono costruite nuove strade e canali
navigabili per migliorare le vie di comunicazione, in modo tale da velocizzare il commercio di
beni che si potevano deteriorare. Tutto ciò favoriva una crescita dei consumi.
Nel frattempo arrivò anche la riflessione sullo stato da parte dei filosofi, tra cui Adam Smith,
padre dell’economia classica moderna. Smith sosteneva che lo stato dovesse stabilire le
imposte, occuparsi della sicurezza pubblica, amministrare la giustizia e garantire i servizi
pubblici. Il sistema economico era in grado di regolarsi autonomamente; infatti nel libro
mercato, basato sulle leggi della domanda e dell’offerta, una mano invisibile avrebbe
armonizzato le relazioni tra i soggetti. Trattò questi argomenti all’interno del suo saggio
"Indagine sulla ricchezza delle nazioni”, in cui analizza i cambiamenti dell’industrializzazione
e il possibile effetto sull’economia. Queste idee divennero un punto di riferimento per i nuovi
imprenditori. Descrisse inoltre per primo i vantaggi della divisione del lavoro, visualizzati
nella costruzione di uno spillo. Afferma che per uno spillo sono necessarie 18 operazioni, e
se una sola persona deve occuparsi di tutte non riuscirà a fabbricarne una quantità
necessaria. Posizionando invece una o due persone per ogni singola operazione, la
produzione pro capite aumenta e questo sistema è quindi più produttivo.

LA SVOLTA TECNOLOGICA
Il progresso tecnico e l’avvento del sistema della fabbrica determinarono il vero e proprio
cambiamento. La rivoluzione non sarebbe infatti stata possibile senza un’innovazione
tecnologica e senza la costruzione di nuove macchine; non era però possibile aumentare i
volumi di produzione senza gli operai, per questo bisognava aumentare la produttività del
lavoro umano. Tutti gli avanzamenti tecnologici erano interdipendenti fra di loro. Ci furono
moltissime innovazioni che vennero brevettate. I principali protagonisti della rivoluzione non
furono più gli scienziati, ma operai e artigiani che potessero trovare soluzioni pratiche.
Venne inventata la spoletta volante, in grado di spostare autonomamente il filato da una
parte all’altra del telaio, che velocizzò la produzione tessile. Inoltre una serie di nuove
macchine consentì la meccanizzazione completa della filatura; fu la tessitura che dovette
adeguarsi ai ritmi di filatura, per questo vennero introdotti i telai meccanici. La produzione di
cotone aumentò notevolmente, le stoffe inglesi erano infatti richieste a livello mondiale.
Infine James Watt ideò la prima macchina a vapore, utilizzata in diversi settori grazie alle
grandi quantità di carbone presenti sul suolo inglese.

IL SISTEMA IN FABBRICA
Gli imprenditori avevano bisogno di stabilimenti più grandi vicino a fonti di energia, infatti le
prime fabbriche sorsero vicino a fonti d’acqua o a miniere di carbone. Nacque una nuova
categoria di lavoratori, gli operai, che avevano un impiego e una mansione, questo grazie
alla divisione del lavoro ideata da James Smith. Non avevano però tutele in caso di infortuni,
malattie o mancanza di lavoro. Si lavorava quindi anche 16 ore al giorno con ritmi malsani in
ambienti pericolosi. Molto importante fu il ruolo di donne e bambini, che in quanto più docili e
costando meno, convenivano.
Ci fu poi un impatto sul paesaggio, infatti sorsero dei quartieri vicino alle fabbriche, come
alloggi per i lavoratori, creando così una netta divisione sociale tra operai e borghesi. Le
nuove macchine toglievano posti di lavoro e abbassavano i salari. Inizialmente le condizioni
di vita dei lavoratori peggiorarono. Iniziarono quindi a protestare, distruggendo i macchinari;
nonostante ciò il governo cercò di reprimere in tutti i modi queste rivolte.

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