Sei sulla pagina 1di 36

2° lezione 29/09/2021

STORIA ECONOMICA

Non è erudizione, è la storia dei fatti, degli eventi economici, degli snodi che hanno una portata economica, delle
persone e delle comunità viste tramite la lente di ingrandimento dell’economia. → Spazio ampio, non ci sono limiti.

Storia→ intesa innanzitutto come cronologia, in visione prospettica, è il susseguirsi di momenti particolari di
cambiamento da inserire in un contesto storico-economico più vasto. →si parla contemporaneamente di inclusione
e specificità prospettica

Quando comincia la storia economica? Esiste da SEMPRE, ma in particolare si iniziano a considerare due momenti
che gli storici economici definiscono come fatti economici importanti:

 Scoperta del fuoco: scaldarsi, difendersi, potersi riprodurre


e non sparire, se sopravvive si fa storia inizio simbolico della
 Invenzione ruota: mobilità, spostamenti, collegamenti tra storia economica
popolazione e cercare aree più floride allo sviluppo

Ha lunga durata sotto il profilo metodologico, permette di comprendere grazie a strumenti


critico-analitici gli eventi passati e quelli presenti.

È fatta di continuità e fratture, il mondo cambia grazie a eventi specifici (es battaglia di waterloo, una giornata) che
possono avere una durata molto breve, ma è importante comprendere i processi che portano a questi momenti
culminanti. La continuità è precedente e successiva alla frattura.

Analisi dei processi globali: un determinato evento è frutto e generatore di processi di cambiamento, sebbene gli
eventi possano essere simili i contesti sono sempre differenti, per questo la storia non si ripete.

Gli snodi sono momenti che portano a mutamenti dello scenario globale della storia economica.

Temporalità e spazialità: si deve tenere conto dello spazio in cui hanno luogo gli eventi, ma con riferimento ad una
prospettiva globale, si va dal locale al globale senza limiti spaziali.

Storia economica= GLOBALITÀ approccio macro

Approccio micro: microstoria.

La storia economica è un deposito progressivo di piccoli cambiamenti. Gli storici economici analizzano la cultura
materiale per ricostruire i contesti storico, tramite le abitudini, le tradizioni, tempo libero, vita sociale, di una
comunità, per comprendere la ricchezza e le decisioni economiche.

Per ricostruire e comprendere la storia economica è necessario considerare molti ambiti: statistica, cultura, religione,
personaggi, demografia, pensiero economico…

3° lezione 29/09/2021
ASSETS E OBIETTIVI
Obiettivo principale della storia economica: capire come si crea ricchezza e prosperità e come questa sia distribuita
tra la popolazione.
In un determinato contesto storico-economico si sviluppano dei processi che portano alla creazione di ricchezza, o
che al contrario determinano una carenza di prosperità

ASSETS: elementi che creano/non creano ricchezza:

 Risorse naturali: acqua, carbone, petrolio, paesaggio a sostegno dell’attività economica, le risorse naturali
rappresentano una fonte di ricchezza in base alle richieste di mercato di uno specifico momento, la
produzione industriale porta allo sfruttamento di determinate materie prime (es minerali per hardware,
computer ecc.), caratterizzano e modificano l’economia mondiale,
 Energia: eolico, idrico, elettrico, fossile
 Conoscenza: risorse umane
 Mobilità: es ruota ha inciso enormemente nel tempo per lo sviluppo delle comunità, sistemi di mobilità
urbana, scambi commerciali, una mobilità scarsa a ostacola lo sviluppo economico.
 Geografia: questione ambientale interconnessa all’economia
 Clima: non è detto che un clima migliore comporti maggiore sviluppo e ricchezza, ma conta la gestione
economica delle risorse (es New York)
 Popolazione: demografia, salute, benessere, un paese come l’Italia in calo demografico perde forza
economica e consumatori; il regime economico della sussistenza determinato dall’incertezza finanziaria
genera immobilismo economico che non incentiva lo sviluppo.

Arretratezza e progresso sono due facce della stessa medaglia, gli squilibri dipendo da scelte errate nel tempo che
portano al declino.

Alcuni istituti internazionali si occupano di creare misure per determinare la ricchezza, i parametri sono in continuo
mutamento (es 30 anni fa non c’era internet, oggi un paese senza acceso a internet è povero). Le misure sono
necessarie e orientare le decisioni economiche e intervenire al fine di risolvere i problemi della società.

05/10/2021

 Punto di inizio→ seconda metà del Quattrocento

Tramite grandi esplorazioni permesse grazie a un migliore equipaggiamento e struttura delle navi, equipaggi più
preparati, prime mappe, strumenti geodetici più avanzati, investimenti nel commercio

viene meno l’asse economico prevalente per secoli circoscritto al Mediterraneo→ allargamento della prospettiva.

Prepararsi era un’operazione economica, si inizia a ragionare in termini capitalistici, si investe affinché l’operazione
renda (termini imprenditoriali), grazie alle esplorazioni (es. colonizzazione oceano Indiano, America) → apertura ad
un nuovo commercio globale, espansione dell’asse commerciale favorito fino ad allora (zona Mediterraneo) → ottica
di modernità

Segna una svolta alla storia economica → prospettiva capitalistica (rispetto al commercio) indice di modernità,
dinamismo

Si comincia a pensare in termini di accumulazione, tramite l’attività economica si accumula capitale da investire in
nuove operazioni→ la ricchezza viene dal capitalismo commerciale, non è più un’economia statica che non creava
ricchezza e rimaneva nelle mani di pochi
Quando nasce il sistema capitalistico? Il capitalismo commerciale è la prima forma di capitalismo, si sfruttano
economicamente le risorse marittime aprendosi a una nuova prospettiva più ampia (non si può parlare di scoperte di
nuovi territori, quei continenti erano già formati e abitati)

Si stabiliscono relazioni commerciali stabili tra Europa e continenti americano e asiatico, è necessario sottolineare
che quei paesi erano già sviluppati allo stesso livello dei paesi occidentali, non erano economicamente o
istituzionalmente organizzati in modo peggiore rispetto ai paesi europei.

 Nel Seicento

Prende corpo il concetto di Stato-nazione, non è solo un fatto politico decisivo, interessa anche l’ambito economico
→ nasce una nuova unità di riferimento per lo sviluppo economico, cambia il percorso dei singoli Paesi che iniziano ad
interagire nel mercato comune colonialismo→ dibattito ancora attuale.

 Il sistema economico agricolo

è stato quello prevalente nel corso della storia, in una chiave di autoconsumo e di sussistenza (relazioni economiche
immobili, statiche, prive di innovazioni) mettiamo l’accento su un fenomeno di evidente stabilità e di produzione che
però non porta al cambiamento.

Quando l’agricoltura in chiave di autoconsumo viene meno, con il subentrare dei rapporti economici commerciali
irrompe la modernità, un’ottica più dinamica, grazie a innovazioni tecnologiche aumenta la produzione e quindi si
rompe la catena di immobilismo della sussistenza, cambiano i rapporti di produzione e il sistema economico, il
mercato si evolve grazie a scambi internazionali

 La storia economica si è sempre nutrita della tecnologia → es bussola in Cina nel 500, polvere da sparo…

Ciò che incide realmente è il momento in cui si inizia a parlare di tecnologie di produzione, le innovazioni
tecnologiche vengono applicate alle produzioni economiche, non cambiano solo le quantità ma anche i rapporti
economici, contaminazione globale.

06/10/2021

Rivoluzione industriale e rivoluzione industriosa


La rivoluzione industriale non è l’unica, in realtà siamo ancora oggi in presenza di grandi rivoluzioni industriali. Es.
Cina: industrializzazione rapida e intensa, mentre l’Italia va verso una progressiva deindustrializzazione.

Gli economisti si interessano in modo particolare agli Stati che potranno industrializzarsi nel giro dei prossimi anni,
che promettono business. Es: Stati dell’Asia centrale.

Da una ventina di anni, riconoscendo il carattere rivoluzionario del grande passaggio determinato dalla rivoluzione
industriale tra l’inizio dell’800 e la fine del 700, alcuni studiosi si sono concentrati sul versante della continuità e non
della rottura, percorso che si snoda nei secoli: il termine industrioso indica proprio il processo graduale tramite cui si
arriva a questo momento, una visione che preferisce l’accumulazione al salto economico, tecnologico e sociale, un
grande cambiamento che attiene a qualunque parte della vita quotidiana di milioni di persone.
Dobbiamo considerare non solo il tempo (i processi industriali non si sviluppano nello stesso momento in qualsiasi
area), ma anche lo spazio. I primi processi di industrializzazione si sviluppano prevalentemente nei paesi occidentali,
ma a inizio ‘800 anche nei Paesi del continente nordamericano.

Eccezionalismo britannico
In particolar modo c’è uno stato-nazione che sia avvantaggia più degli altri e diventa il driver industriale di questi
anni, ci sono anche altre aree all’interno di alcuni Stati (in certe aree dell’Italia del nord già a inizio 800 si iniziano a
manifestare i primi processi di industrializzazione effettivi, l’Italia a inizio Ottocento non esisteva nemmeno quindi
non è l’Italia che comincia a industrializzarsi ma solo alcune aree sul territorio). Quindi da una parte individuo uno
stato nazione cioè la Gran Bretagna, nel quale i processi si sviluppano prima e meglio, parallelamente con le stesse
tempistiche anche altre aree minori che riescono ad arrivare a rendersi autonome grazie alla circolazione delle
conoscenze, producendo emulazione, i collegamenti sono fondamentali.

L’eccezionalismo vale? la Gran Bretagna è indubbiamente la prima a sviluppare questi processi perché possedeva
alcune caratteristiche che molti altri non avevano, un paese inclusivo, in cui le istituzioni sono forti ed aperte molto
più che altrove, in cui il diritto è certo e vale per tutti, ci si può basare su un sistema giuridico riconosciuto che
permette a chi vuole promuoversi sotto il profilo economico di farlo, permette di crescere e arricchirsi, in processi di
accumulazione di ricchezza sono favoriti laddove il contesto politico è incluso e democratico, lo stato non pensa a
chiudersi a corte, ma apre le università per distribuire conoscenza a coloro che ne hanno la possibilità. Per molti versi
è eccezionale, indubbiamente avanzato su tantissimi versanti, anche la flotta ben armata e organizzata, il che
favorisce i commerci e si traduce anche in un sistema internazionale era ben organizzato.

Dire eccezionalismo britannico ha un senso, però la rivoluzione industriale britannica si fonda anche sulla capacità di
sfruttare le risorse altrui per il proprio sviluppo. → Capacità di industrializzarsi sull’incapacità degli altri paesi a farlo.

Es gli inglesi si rifornivano di cotone in India, era sotto controllo e sfruttato economicamente sin da metà del
Settecento, gli inglesi importavano il cotone e poi lo lavoravano nelle prime fabbriche, questo è uno dei grandi
settori dello sviluppo di quegli anni.

Ogni paese seguirà il modello britannico, dovendo fare i conti con le proprie condizioni e risorse.

La Cina aveva caratteristiche che potevano rappresentare presupposti per il processo di industrializzazione, l’india
aveva le materie prima, bisogna capire come mai questi paesi non sono arrivati con le stesse tempistiche ai processi
di sviluppo.

Liberoscambismo
Riferimento scientifico teorico, fondatore dell’economia politica: Adam Smith “La ricchezza delle nazioni”1776, Gran
Bretagna. Capisce dove sta andando il mondo e gli dà una prima sistematizzazione, costruisce per la prima volta una
teoria economica moderna che sarà la base della rivoluzione industriale, perché contiene tutte le prescrizioni di
fondo affinché le nazioni si possano arricchire tramite i primi processi di industrializzazione (area di riferimento della
prima industrializzazione Liverpool, Manchester, Londra). L’epoca globale inizia con l’industrializzazione.

Smith è anche il padre del liberoscambismo, il centro del sistema economico è il mercato dove si incontrano
domanda e offerta stabilendo il prezzo ed è necessario garantire libertà a chiunque si avvicini, il mercato è la mano
invisibile, quel soggetto che muove tutto e fa tornare tutto il sistema, che si basa su scambi continui che vengono
effettuati su un mercato a cui si accede liberamente, lunga durata di questa visione, il mercato da solo per via
naturale sistema tutto. Secondo Smith lo Stato deve rimanere fuori da qualunque dinamica che si svolge all’interno
di un sistema liberoscambista fondato sul mercato, perché intervenendo andrebbe a incidere sul funzionamento
della mano invisibile che è in grado di garantire l’equilibrio generale, al di fuori di qualsiasi visione sociale, solo
rispetto all’interesse del singolo; solo se lo stato si limita alle proprie prerogative strette ed extraeconomiche le
nazioni saranno ricche.
Fonda il modo di vedere l’economia che arriva fino ad oggi, il dibattito tra Stato e mercato è ancora attuale.

Le fabbriche e le macchine, imprenditori e operai


La figura dell’artigiano e la sua bottega anticipa la produzione industriale (prefigura), infatti l’obiettivo è sempre la
produzione di un manufatto

Ma ciò che cambia è l’idea che i beni di produzione non debbano avere
necessariamente un valore artistico, i beni possono essere uguali→ Il salto è la produzione industriale in serie. Ciò
comporta dei vantaggi, cioè minori costi e maggiore scambio con altri Stati.

Naturalmente sono necessarie le macchine, si perde così il protagonismo dell’artigiano, il lavoratore diventa sempre
più legato alla macchina, spersonalizzando il prodotto finale.

Si passa dalla logica dispersiva dell’agricoltura autonoma alla concentrazione degli operai, si lavora insieme
condividendo esperienze ed emozioni.

Il tema dell’energia è fondamentale, pre-rivoluzione le fonti energetiche erano primariamente il fuoco, l’acqua per i
mulini, gli asini nei frantoi. Con la rivoluzione industriale subentra l’energia delle macchine che è continua e costante,
quindi la produzione non deve fermarsi.

La messa a punto della macchina a vapore di James Watt è fondamentale: si produce vapore tramite l’acqua in
ebollizione e grazie al legno e il carbone che bruciano e danno l’impulso alle macchine per funzionare. L’Inghilterra
era ricca di carbone e quindi sono numerose le sperimentazioni, anche in collaborazione con altre nazioni.

12/10/2021

Gradualità e diffusione dell’industrializzazione


La fabbrica diventa il punto di accumulazione che poi irradia cambiamento e innovazione, diventa il veicolo di un
cambiamento profondo che investe tutto il paese in ogni ambito, illimitato. Capacità di diffusione che prende corpo
gradualmente, non solo rispetto alla Gran Bretagna che è la culla dell’industrializzazione. (non solo nel continente
europeo, es aree del subcontinente indiano).

La diffusione comincia a prendere parte anche al di fuori, esistevano già delle aree non identificabili con un paese,
ma che riescono a tenere abbastanza la velocità del cambiamento che avviene in Gran Bretagna, mentre per la Gran
Bretagna è il paese che si industrializza, altrove questo processo avviene in ritardo (late comers). Queste aree
presentano analogie rispetto alla Gran Bretagna, ma non si identificano con un paese (aree della Francia
settentrionale, settentrione italiano, est della Germania, Boemia, Catalogna) presentavo gli strumenti per avviare i
primi strumenti per avviare il processo di industrializzazione sul modello inglese, sulla base di un mercato che va
ampliandosi, questa diffusione non tiene conto della bandiera (del paese), anche perché sono le istituzioni a favorire
questi processi.

Stato-nazione aree all’interno dello Stato-nazione città

Città→ l’industrializzazione riguarda la dimensione urbana, dove nascono le prime fabbriche e dove si concentrano i
lavoratori

La città vive in virtù dei processi di industrializzazione una rivoluzione rispetto alla staticità dei secoli precedenti,
allargamento delle piante urbane.

La popolazione urbana cresce e sorgono nuovi problemi: mobilità, disponibilità di alloggi, sovraffollamento,
condizioni igieniche delle abitazioni, rifornimento idrico.
Prendono corpo le abitudini della modernità industriale che permangono anche nella contemporaneità. Nascono i
turni nelle fabbriche, la vita nella fabbrica è scansionata da una persona estranea da te, qualcuno suddivide la tua
giornata sulla base di impegni e obblighi che sono comuni a tutti lavoratori. Nascono le fogne, aumenta il livello
complessivo dell’igiene, migliore stile di vita, prime forme di energia a gas pubblica e privata.

Le persone si spostano dalle mura cittadine in cui abitavano verso i centri anche grazie alla nascita delle ferrovie che
portano persone, merci, verso i centri.

Dal 1825 rivoluzione nella mobilità, l’ottica economica è prevalente sin dall’inizio (non sono solo giri turistici, ma si
trasportano utili) rendendo più fluido il sistema economico grazie alla velocità degli scambi, rappresenta un motivo
di impulso per il sistema industriale. (prodotto e fattore di sviluppo della rivoluzione industriale)

Cambiano gli stili di vita, la nuova classe operaia porta a une serie di beneficio sociali e maggiore prosperità, si ha un
maggiore accesso al mercato, nascono nuovi consumatori, una società che consuma come stile di vita e prende
scelte economiche quotidianamente diventando protagonista del nuovo cambiamento.

Migliore igiene e nuove abitudini (es sapone prodotto i serie e accessibile a tutti) → migliori aspettative di vita,
maggiore produzione di ricchezza per sé e per il sistema.

Concorrenza→ nutrimento dello sviluppo economico

Innovazioni scienza e tecnologia → specializzazione professionale, occorreva un sistema educativo che preparasse
figure professionali specializzate, era necessario un sistema generato dalle istituzioni e che poi si alimentasse,
nascono delle figure preparate secondo settori specifici (locomotiva, funzionamento e implementazione delle
macchine). Conoscenza utilizzata per la produzione economica

Great Exhibition: trasferimento tecnologico e industriale diffusione delle conoscenze, emulazione rispetto al modello
più avanzato

1830-40 nascono i primi telegrafi, in America e Gran Bretagna, per poi arrivare negli altri Paesi tramite processi
emulativi. Comunicazioni nuove e innovative che impattano anche l’ambito economico (circolano più velocemente
notizie finanziarie, sugli investimenti, commerciali), è possibile sovvertire le basi economiche del sistema.

1851 a Londra viene organizzata la prima grande Esposizione Universale, per mostrare le grandi innovazioni del
Paese. (macchine agricole, industriali, tutto ciò che significava futuro).

1861 nuova Esposizione

13/10/2021

Modelli di industrializzazione; trazione e comunicazioni


Modelli di industrializzazione: la collocazione nel mercato è diversa per ogni Stato

Istituzioni, mercato e risorse differiscono rispetto le varie aree, quindi non è possibile seguire un unico modello
economico (quello inglese).

Mercato dell’energia, il carbone che era una grande risorsa allora anche oggi continua a rappresentare una fonte
importante per la produzione, vedi Cina che ha riaperto le miniere di carbone.

L’avvio del processo industriale è legato indubbiamente al liberoscambismo, ma non dappertutto il liberoscambismo
puro è preso come modello, c’è molta contaminazione tra Stato e mercato altrove (Germania, Belgio, Svizzera,
Giappone, Argentina che iniziano più tardi i processi di industrializzazione), non c’è un unico modello ma differiscono
in base alla combinazione Stato-mercato.
Germania anni 70, leader industria chimica, industria elettrica anni 80, nuovi settori strategici in cui i nuovi paesi che
iniziano a industrializzarsi diventano sempre più forti, investono nella conoscenza, nella sperimentazione in questi
nuovi settori, se prima gli inglesi avevano l’egemonia industriale, in un secondo momento altri paesi riescono a
diminuire il divario che li separa dalla Gran Bretagna e riescono addirittura a superarla in alcuni settori, la sfera della
competizione è sempre in crescita nei vari settori industriali che si moltiplicano, ciò rende più vivace e dinamico il
mercato e cambia la gerarchia globale, tra gli Stati.

Le nuove gerarchie globali e la prevalenza dell’occidente


Le gerarchie economiche e industriali cambiano, si ristrutturano le gerarchie sulla base dell’industria che concede nei
fatti il potere, che si gioca tramite la diplomazia e gli scambi.

L’800 in complesso è un periodo abbastanza pacifico, il comparto bellico però è sempre in crescita.

Proiezione internazionale, apertura dei mercati globali, di flussi nuovi di merci, di informazioni, di conoscenza,
tecnologia, circolazione di idee che cominciano ad attraversare il mondo. Prima globalizzazione (la nostra sarebbe
la seconda), quest’epoca aveva molte caratteristiche simili alla nostra, il grande motore di allora e anche attuale è il
commercio globale (e la tecnologia).

Ultimi decenni dell’800 l’industrializzazione raggiunge la sua piena realizzazione, in America nasce la grande impresa
e avevano già carattere multinazionale, grandi innovazioni sotto il profilo organizzativo.

Scienza e tecnologia a servizio dell’industria. Idea di rete, connessione.

Il polo dell’industrializzazione è l’Occidente, si rafforza il paradigma capitalistico occidentale (contrapposto ai modelli


di sviluppo dei paesi emergenti di oggi, si parla di via alternativa orientale) consegnando le chiavi del potere globale
ai paesi occidentali.

Tecnologia e dominazione
Altro aspetto su cui poggia la prevalenza del mondo capitalistico occidentale, tutto questa si sviluppa anche grazie al
dominio politico e coloniale, oltre ai fasti dobbiamo pensare al ruolo che rivestono la dominazione politico-
economica e bellica di molte aree nel mondo non è sola l’epoca della pima industrializzazione ma anche l’epoca
dell’imperialismo, sono aspetti inscindibili, l’industrializzazione è permessa grazie al dominio occidentale nel mondo.

Es. una delle industrie di fine 800 è quella della gomma (pneumatici, nuove produzioni), la gomma è industria
strategica su cui si doveva investire, quei paesi che avevano alberi di gomma vengono conquistati per avere accesso
diretto e disponibilità di quella materia prima necessaria all’industrializzazione, questo non avviene tramite scambi
internazionali ma con le armi, dominio di violenza e sopraffazione. Le colonie sono paesi in cui la razza bianca è
considerata più avanzata, anche gli autori più democratici dell’epoca arriveranno a dichiarare che la razza bianca ha
una missione civilizzatrice, soggiogando queste nuove popolazioni instaurando un rapporto di sopraffazione
dell’occidente sulle colonie.

L’industrializzazione amplia il divario tra i paesi industrializzati e qui paesi a cui sono state tolte le risorse (cotone
preso in Cina dall’Inghilterra che aveva i macchinari per la produzione tessile), è su questo che si basano le fortune
dei paesi coloniali. → L’imperialismo si nutre di conquiste coloniali che hanno come ultimo obiettivo lo sfruttamento
economico

Spartizione dell’Africa tra i paesi occidentali per sfruttarne le risorse, diventa un continente completamente
colonizzato.

A questo processo partecipa minormente l’America. Dopo il 1865 (guerra civile che ha obiettivi economici,
abrogazione della schiavitù), nord e sud si dividevano in termini di progetti economici, il nord aveva compreso che gli
USA aveva la stoffa per diventare un grande paese industriale, in questo senso la popolazione nera sarebbe servita
da manodopera; mentre il sud sperava di poter basare la propria ricchezza sulla produzione agricola pagando 0 la
manodopera e guadagnando tramite le esportazioni, con costo 0 di manodopera il guadagno era sicuro, mantenendo
la schiavitù quando questa viene meno salta tutto il sistema, tutt’oggi gli sati più poveri americani sono quelli a Sud.)
Conquista della Libia da parte dell’Italia, operando da colonialista esattamente come gli altri, macchiandosi di
numerosi misfatti.

Non avevano bisogno di colonie, c’era una grande prosperità di terre nell’America occidentale (Go West), bisognava
sterminare i nativi per fare questo. Non significa che non siano attivi sul piano internazionale, guerra di Cuba 1898
per cacciare gli spagnoli, in vista dell’unità territoriale. Nel corso dell’800 l’America latina vive la sua grande fase di
decolonizzazione (colonizzazione risalente al 500), Garibaldi combatte a fianco dei patrioti contro gli spagnoli; questi
territori acquistano nuova identità nazionale e autonomia economica, proponendosi all’interno della grande rete
internazionale, in questo modo si instaureranno rapporti tra Europa e America latina.

Russia non sarà un paese colonialista, per motivi analoghi all’America, la Russia vive una forma di colonizzazione
interna verso l’Oriente, la capacità della Russia è quella di poter operare su scenari diversi (1905n rovinosa guerra
con il Giappone).

L’imperialismo è una questione europea, questi paesi avevano bisogno di dominare i territori coloniali per avere le
materie prime.

Oggi formalmente le colonie non ci sono più, il principio di autodeterminazione die popoli è inscalfibile (arriverà
dopo il 1945).

19/10/2021

Integrazione economica e prima globalizzazione: un’unica società globale

flussi, circolazione, scambi →informazioni veloci, sistema delle comunicazioni: telefono, telegrafo

circolazione della conoscenza ai fini dello sviluppo economico→ trasferimento tecnologico

permette la standardizzazione e la partecipazione a vicende economiche che nei secoli precedenti erano esclusivo
appannaggio di pochi, la disponibilità ampia aumenta la competizione sul mercato.

Brevetti per le invenzioni, nascono a Venezia, tramite il pagamento del brevetto si poteva usufruire di quel prodotto,
era accessibile a tutti e poteva essere preso come modello, sistema dell’emulazione.

Sistema dei trasporti: mezzi a vapore per mare e terra cambiano il sistema internazionale dei prezzi, qualunque bene
industriale e risorsa primaria, incidendo sugli sviluppi economici di quell’area.

Commercio internazionale giunge all’apice. Collegamenti intercontinentali, i trasporti indirizzano lo sviluppo


economico, in queste aree arrivano interessi economici, società, imprese, benessere… si ridisegna il mondo
unificandolo, ci si riconosce come identità comune; si creano dei modelli finanziari comuni, ma non significa che ogni
paese raggiunge lo stesso livello di sviluppo, ma lo spazio comune di sviluppo economico diviene standardizzato.
(Uniformazione delle scelte economiche sul mercato, omologazione del gusto).

Industria bellica, settore di punta dei paesi avanzati→ la concorrenza e competizione in ogni settore stimolano una
produzione sempre migliore, però può prendere la forma di conflitto diverso rispetto al semplice misurarsi sui
mercati (fortuna di una potenza a discapito dell’altra, supremazia economica) e sfociare in una guerra.

È un periodo storico di progresso e prosperità (miglioramenti salariali, migliore condizione dei lavoratori, maggiori
diritti, miglioramento delle condizioni di vita della società).

Contraddizioni contrasti: le ombre del conflitto fra nazionalismo e competizione economica

La grande guerra: cause economiche

Le tensioni industriali, la competizione sul mercato tra UK e Germania sfocia in un conflitto armato, oltre alla
produzione di pace molto sviluppata anche l’industria bellica produce nuove armi tecnologicamente avanzate
(armamenti pesanti, armi chimiche, bomba atomica). La Germania inventa i gas chimici, è il più avanzato
tecnologicamente in questo settore. (vedi oggi Cina e Stati Uniti che ambiscono alla supremazia economica oggi).

Lo sviluppo di progresso della società mondiale è permesso anche dal fatto che non ci sono conflitti tra le grandi
potenze mondiali, l’armonia economica a livello globale viene mantenuta tramite la pace relativa tra i grandi Paesi.

Tedeschi e inglesi avevano molti interessi, affari, investimenti comuni, era tutto compartecipato, e, nonostante ciò, si
ritrovano in conflitto su due fronti opposti.

La definizione del più forte economicamente deve ricorrere alle armi. Il nazionalismo si diffonde in tutta Europa,
questo concetto era soffocato dalla presenza degli imperi, ci sono problemi legati all’identità nazionale, si incrociano
anche termini economici (es. Trieste era il principale porto dell’impero austroungarico, era un obiettivo sia per
raggiungere l’unità nazionale italiana, ma era anche un punto strategico).

Si sfalda la comunità unica globale di quegli anni a causa di interessi economici, identità nazionali, patriottismo,
supremazia economica, tutte motivazioni intrecciate inevitabilmente. Grandi contraddizioni, sviluppi tecnologici
formidabili e persone senza patria e sottomesse coesistono.

Alla guerra partecipano i paesi che rientravano nell’impero coloniale impiegati nell’esercito delle grandi potenze
europee, anche se viene combattuta in Europa, il termine mondiale rende il senso della partecipazione di popoli
lontani dall’Europa ma che erano sottomessi alle potenze europee.

Dopo aver partecipato al conflitto, queste persone tornano nei loro paesi con una nuova consapevolezza della
propria identità nazionale, che porterà a processi futuri per raggiungere l’autonomia delle colonie.

La Germania sconfitta sarà costretta ad arretrare, le limitazioni più forti non le subirà dal punto di bista territoriale
(da impero a nazione), ma le limitazioni atteranno allo sviluppo industriale, chiusura di molte fabbriche, controllo
della produzione da parte della Gran Bretagna, si limitano le potenzialità industriali del nemico da cui sorgeva la
ricchezza, il benessere e il rischio che potessero ripartire e che si ripresentasse una situazione simile (20 anni dopo
accade, senso di rivalsa, volontà popolare di risorgere e affida il potere a Hitler).

20/10/2018

Gli anni Venti e Trenta: dalla rivoluzione bolscevica al keynesismo


Ridisegnando gli Stati vedo escluse o incluse certi fonti primarie di ricchezza. Nel 1918/19 il mondo cambia faccia, e
ciò ha un significato economico evidente.

Conseguenze della grande guerra → problemi economici che finiranno per condizionare in maniera decisiva tutto ciò
che avverrà dopo.

Non si riesce a dare una risposta alle tante questioni aperte (es. irredentismo), e sorgono anche nuovi problemi.

Lo stravolgimento territoriale, economico, esistenziale è immenso, le insoddisfazioni sono enormi per la


sistemazione post-bellica; i tedeschi dal punto di vista economico e industriale vengono limitati, forte sentimento
improntato alla vendetta e alla rivalsa nei confronti delle altre potenze che hanno impedito alla Germania di
progredisce industrialmente, il dopoguerra produce molta povertà.

Nel secondo dopoguerra l’atteggiamento verso gli sconfitti sarà diverso

Wilson è tra tutti i governanti dei paesi vincitori che vanno al tavolo delle trattative era il più moderato, ma ancora
l’America non era molto presente in Europa. Le posizioni riflettono ancora le gerarchie economiche vecchie,
cambiano le relazioni economiche e politiche a livello globale.

Tra i risultati dello sforzo bellico ci sono anche passi avanti in molti settori, vi è uno sforzo enorme in tuti settori e
grazie alla sperimentazione tecnologica si fanno grandi passi avanti in diversi ambiti come l’industria chimica.

Tutta l’industria è basta sulla produzione bellica che porta anche a dei frutti in ambito tecnologico ed economico (es.
motori; fiat); in vista della guerra nascono anche i primi aerei (per vedere i nemici dall’alto), quando l’industria
bellica viene convertita alla produzione di pace nascono invece i primi aerei per il trasporto merci. Parallelamente
alle battaglie si combatte anche una guerra industriale.

La miseria del dopo guerra porterà a risvolti drammatici. Hitler verrà democraticamente eletto dal popolo come
portavoce di rivalsa e rinascita di una grande Germania, l’insoddisfazione è il caso più eclatante, di una società che
soffre la povertà. Ma l’insoddisfazione è anche delle potenze vincitrici, la guerra ha impoverito tutti i Paesi.

Tutti i Paesi, vinti e vincitori, alla fine sono indebitati con l’America, la ricostruzione costa moltissimo, servono fondi,
dovunque la guerra distrugge bisogna rimettere insieme quanto raso al suolo (ponti, sistemi elettrici, di trasporto
ecc.). la guerra si è combattuta in Europa, gli Stati Uniti rimangono fuori dal raggio della distruzione; Italia, Francia,
Germania e in generale tutte le potenze europee hanno subito grandi perdite. Il fatto che l’America sia l’unico paese
che possa fornire soldi, ha in mano tutti i debiti, porta a riscrivere l’assetto globale → declino europeo dal punto di
vista economico, marginalizzazione economica europea.

Per la prima volta i paesi occidentali che sono stati all’apice per secoli iniziano e perdere, per la prima volta un paese
non europeo ha la preminenza economica in Europa pur non essendo un Paese europeo.

Subito dopo la fine della Prima guerra mondiale si parla di isolazionismo americano, invece di prendere le redini del
mondo, l’America preferisce isolarsi.

Una delle reazioni in ambito politico è la deriva totalitaria degli anni Venti e Trenta, che portano l’economia a
crescere in mano allo Stato. I Paesi fascisti sono molti, bisogna analizzare il nuovo ruolo dello Stato nell’economia dei
paesi totalitari, abbandonano la teoria del liberalismo, l’intervento dello Stato nella prospettiva sia politica che
economica è pesante, abbandonando il concetto di democrazia capitalista che permane solo in UK e USA.

Il Giappone tra gli anni 20 e 30 diventa un colosso economico,

La guerra investe anche territori al di fuori dell’Europa. Si combatte tra colonie di Paesi diversi, dovunque vengano a
contatto le potenze europee scatenano anche fuori dai confini europei la guerra. L’impero ottomano viene
frammentato con la nascita di nuovi Paesi accompagnati dai paesi europei che ridisegnano anche la geografia dei
territori oltre l’Europa. Le colonie iniziano a prendere coscienza della propria identità e iniziano a desiderare
l’indipendenza.

Cambia l’equilibrio tra i poteri, il livello industriale diventa il timone della storia economica, il livello industriale
diventa il criterio fondamentale per determinare la potenza dei vari Paesi.

26/10/2021

Rivoluzione bolscevica
Instabilità economica

1917 rivoluzione bolscevica, è una rivoluzione politica ma ha un rilievo economico straordinario. È la prima volta che
il credo marxista, lotta di classe, insorge la classe operaia, diventa una dottrina di stato. I rivoluzionari guidati da
Lenin conquistano lo Stato e la dottrina di stato diviene quella marxista, dal 1917 in poi fino al 1989 (caduta muro di
Berlino).

Questa prospettiva si scontra con quello considerato come unico sistema possibile, cioè il capitalismo liberale; il
1917 segna l’ingresso di un sistema economico totalmente diverso, i mezzi di produzione vanno nelle mani dello
Stato, significa negare qualunque tipo di incentivo economico per la man o privata, il mercato, il sistema economico
viene pianificato dallo Stato, si parla di economia pianificata→ Lo stato si fa garante del massimo egualitarismo

La Russia era poco industrializzata sotto il regime zarista rispetto agli stati dell’Occidente o dell’America dove la
classe operari era cosciente e avanzata, e secondo Marx era in un paese con una forte classe operaria che sarebbe
dovuta avvenire la rivoluzione, però i socialisti operavano in un’ottica di confronto democratico, non si ribellano. In
Russia non c’era uguaglianza, democrazia, la maggior parte di popolazione era povera; i contadini mandati in guerra
senza equipaggiamenti e preparazione si ribellano contro la classe dominante, si genera insoddisfazione, è un disagio
sociale diffuso, è la miseria che provoca la ribellione, sebben la classe operaria non fosse forte.

Sul piano economico l’economia pianificata è l’unico sistema che si contrapporrà al capitalismo occidentale, e otterrà
anche supporto da altri Paesi.

Gli Usa sono l’unico Paese che esce dalla grande guerra con crediti invece dei debiti, posizione di vantaggio, iniziano
a profilarsi come la più grande potenza economica del mondo, riuscirà ad arrivare al vertice delle nuove gerarchie
che si ridisegnano nel dopoguerra.

Nel corso degli anni 20-30 “roaring tenie”, l’unico Paese che riesce a crescere è l’America, è il decennio in cui avviene
il sorpasso di tutte le altre potenze occidentali, non è più la Gran Bretagna il Pase guida a livello economico-
industriale.

21esimo secolo vede l’ascesa cinese, la Cina si batte per il ruolo di più grande potenza con l’America, sono due
sistemi economici differenti che si contendono il titolo di più grande potenza industriale.

Alcuni Paesi cominciano ad acquisire una prima consapevolezza in termini di una possibile futura indipendenza, non
solo sul piano politico ma anche economico.

Colonialismo potenze occidentali, i popoli delle colonie sono costretti alla coscrizione obbligatoria, combattono una
guerra che non sentono come propria. I paesi occidentali risultano indeboliti, e questo porta ad una crescita dei
movimenti indipendentisti nelle colonie (vedi India con Ghandi).

Con la crisi del colonialismo nel periodo tra le due guerre, Africa, India ecc cercano la propria indipendenza,
l’opinione pubblica mostra la propria contrarietà alle colonie.

Il mondo tra le due guerre assume una fisionomia completamente diversa, è in atto un cambiamento complessivo
dal punto di vista dei rapporti di forza, economici e politici.

La speculazione finanziaria in America nel 1929 porta al crollo di Wall Street (differenze crollo economico del 2008),
sarà una crisi che si propagherà nel mondo, crisi globale.

La crisi del 1929 secondo molti economisti è la pietra tombale della teoria economica liberale classica, l’economista
Keynes propone una nuova teoria economica per uscire dalla crisi, sempre all’interno dell’ottica capitalistica,
l’economia di mercato rimane viva, ma occorre affiancare al mercato lo Stato, economia mista. Il presidente
Roosevelt si affida a Keynes che suggerisce l’intervento dello Stato in economia, ricostruzione nel corso degli anni 30
tramite il New Deal. → Stato protagonista in combinazione con il mercato

Negli anni 30 l’America riesce a risollevarsi meglio rispetto all’Europa, anche a causa della virata totalitaria,
traducendo i totalitarismi in sistemi economici incapaci di garantirsi un rilancio, si traduce in protezionismo
economico, chiusura autarchica e nazionalistica.

Il keynesismo sarà la prospettiva dominante dopo il 1945, lo Stato assume un ruolo di rilevanza crescente in
combinazione con il mercato rispetto alle esigenze (anche il Pnrr oggi per uscire dalla crisi covid).

02/11/2021

La Seconda guerra mondiale

I bombardamenti arei provocano distruzioni economiche infinitamente più gravi di quanto non avessero fatto le
battaglie di terra, si bombardano città, la guerra è totale e colpisce tutti. Le guerre sono sempre state combattute da
eserciti militari, nella Seconda guerra mondiale anche i civili rimangono colpiti dalle bombe, la guerra è totale dal
punto di vista delle vittime.

La guerra modifica le gerarchie economiche; dà impulso alle innovazioni tecnologiche, la bomba atomica è frutto di
una grandissima sperimentazione tecnologica, anche i gas chimici in Germania.

La Seconda guerra mondiale riproduce molte delle questioni che si erano presentate nella prima, ma le risolve in
maniera diversa. Nel 1945 coloro che sono chiamati a prendere decisioni economiche en politiche erano già presenti
nel 1919 e, avendo visto quanto accaduto in precedenza, cercano di prendere delle scelte differenti secondo un
programma definito, pensando a come risolvere il conflitto ed evitare che si ripeta.

Yalta e Bretton Woods: si prepara il nuovo mondo

Nel ventennio tra le guerre gli Stati Uniti superano la Gran Bretagna e quindi al tavolo dei vincitori hanno un peso
maggiore rispetto ai Paesi occidentali, sono il Paese guida nel prendere decisioni per il dopoguerra che ridisegnano le
gerarchie economiche.

Nel luglio del 1944, guerra ancora in corso, gli americani indicono un incontro a Bretton Woods con gli alleati,
l’America vuole preparare il dopoguerra per ridisegnare un mondo diverso partendo dall’economia, (sebbene Usa e
Russia siano alleati nella 2 guerra mondiale alla fine del conflitto il mondo si divide in due blocchi, occidentale
orientatale, si afferma una divisione radicale fra capitalismo e quindi mercato aperto, e comunismo cioè economia
pianificata) per realizzare questo obiettivo pianificano un nuovo sistema economico, capitalista di mercato, due
aspetti sono nuovi: la riedizione di un sistema monetario stabile, che rilanci l’economia, in un’ottica di ripresa degli
scambi commerciali questo funge da supporto, gli USA si assumo la responsabilità economica, il sistema monetario
sarà garantito dalla moneta americana, il dollaro, devono quindi garantire un equilibrio monetario, si prendono
interamente carico di questo.

L’altra decisone cardine è quella di creare istituzione economiche sovranazionali per rilanciare i commerci, cioè
soggetti che chiamano a raccolta le Nazioni (inizialmente 40 Nazioni, non partecipano la Russia e in generale i Paesi
comunisti), il commercio dovrà fungere da leva per la ripresa economica→ firmano l’Accordo generale sulle tariffe e
sul commercio, abolisce il protezionismo e le tariffe protezionistiche, garantisce apertura dei mercati tra i Paesi
firmatari (oggi quasi tutti) l’incremento del commercio internazionale garantisce la crescita economica, è un’ottica
MULTILATERALE, bisogna garantire le stesse condizioni a tutti coloro che appartengono alla comunità economica
internazionale; è la chiave della ripresa. Si riesce a immaginare in una prospettiva di lungo periodo un nuovo mondo,
la nostra società e il nostro sistema economico provengono da questi accordi. Sarà una scelta che orienterà la nuova
comunità economica internazionale da quel momento in poi, è uno spartiacque. Si apre una pratica commerciale
multilaterale che non è mai finita (vedi G20 oggi, anche ora per superare la crisi covid si punta sui commerci e sugli
investimenti, su un’economia aperta e internazionale, in ottica multilaterale).

Nelle Conferenza di Yalta Stati Uniti e Unione Sovietica (alleati per vincere la guerra) si spartiscono il mondo tra l’area
occidentale di influenza americana e quella orientale ad influenza sovietica, una divisone non solo geografica ma
anche economica tra capitalismo e comunismo.

La Russia e i suoi Paesi satelliti non partecipano alle Conferenze di Yalta e Bretton Woods, inizia così la Guerra fredda
(dal 1945 al 1989) → Il mondo si divide in due prospettive economiche incompatibili, guerra di propaganda continua
tra due sistemi economici radicalmente opposti; è una sfida sul piano politico ed economico, non si combatte sul
campo di battaglia. Con la caduta del muro di Berlino finisce questa guerra, una conclusione pacifica che determina
anche la fine dell’economia pianificata. L’economia globale che inizia dal 1989 si rifarà al sistema economico
capitalistico, la logica dell’economia pianificata sparirà.

Bilateralismo e commercio internazionale, le nuove istituzioni economiche internazionali

Il commercio internazionale e le nuove istituzioni economiche internazionali contribuiscono in modo determinante


alla ripresa, è una logica di pace e di sviluppo economico che si impone muovendosi in un’ottica di democrazia che
coinvolge tutti Paesi. I conflitti vengono risolti sulla base della negoziazione, la distribuzione dei benefici avviene per
tutti, la moltiplicazione delle opportunità viene offerta a tutti e non su base selettiva; le altre organizzazioni
economiche internazionali che nascono e operano ancora oggi hanno un ruolo decisivo sull’economia globale (il
Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale alimenteranno la ripresa economica dopo il 1945 e fino ad
oggi).

Il mondo basato sulla competizione feroce tra Nazioni ha portato a due guerre mondiali, per questo occorre che ci
siano delle istituzioni internazionali che svolgano una funzione di intermediazione, negoziazione, stimolo, la
concorrenza economica è importante e non va eliminata, ma il nazionalismo economico porta a conflitti inevitabili
per questo sono necessarie istituzioni che riescano a stabilire un equilibrio, dei principi guida, una regolamentazione
che tutti i Paesi sono chiamati a seguire (nel 2001 anche la Cina aderisce a questi accordi).

Anche la crisi del 29 si risolve con un rilancio dell’economia, affiancando al mercato lo Stato, nasce l’economia mista,
il sistema economico, specialmente nei momenti di crisi, ha bisogno di un intervento strutturato dello Stato per
rilanciare l’economia. La guerra porta impoverimento economico, distrugge gli assets; nel 1945 i Paesi scelgono di
scommettere sull’economia mista per il rilancio del mercato grazie agli interventi statali, lasciando comunque campo
libero all’iniziativa privata (anche nel corso degli anni 50 e 60 si parla di visione economica mutuata da Keynes).

Il sistema misto garantirà crescita economica ai paesi occidentali di influenza americana, anche ai Paesi che avevano
combattuto contro gli Usa come l’Italia, Giappone e la Germania (paesi che avevano sistemi nazifascisti) dopo la
transizione democratica; quindi, hanno la possibilità come le forze alleate di crescere, vengono inclusi nella direzione
del progresso e della ricostruzione (nella Prima guerra mondiale la Germania era stata esclusa da tutto). L’alternativa
è l’economia pianificata, totalmente opposta all’economia mista, è una scelta netta tra due schieramenti
radicalmente diversi e inconciliabili.

03/11/2021

L’esperienza comunista: l’economia pianificata


La Russia nel 1917 era un Paese arretrato e non aveva le caratteristiche che Marx aveva immaginato nel Paese da cui
sarebbe iniziata la rivoluzione proletaria.

La Russia è il Paese che perde il maggior numero di vite umane, esce vincitore dal conflitto e insieme all’America e si
dividono il mondo, la Russia prende un’area di influenza alla fine del conflitto, in particolar modo l’area orientale che
aveva liberato durante la guerra. Dopo la Seconda guerra mondiale la Russia rivendica la parte orientale dell’Europa
perché è stata lei a liberare quei paesi dal nazismo, dal fascismo e dai regimi alleati a Hitler e Mussolini  per questo
rivendica questi territori come un suo diritto.

La parte orientale del mondo arrivava fino alla città di Gorizia  Italia paese cerniera
L’Italia, essendo l’ultimo paese occidentale prima del “confine”, avrà sempre protezione da parte degli USA.
Inoltre l’Italia durante la guerra fredda avrà un ruolo fondamentale anche sotto il punto di vista economico, sempre
per il suo ruolo di paese cerniera.

Lo Stato pianifica l’economia, determina i bisogni statali, l’obiettivo era diventare un grande Paese industriale che
compete con le altre potenze industriali, e così nel corso degli anni 20 e 30 inizia questo processo intensivo di
industrializzazione. Quando nel 1941 entra in guerra è già un Paese industrializzato, dà un contributo in termini di
armamenti da grande Paese industriale qual era.

All’interno del mondo orientale si diffonde il sistema economico comunista dell’URSS.

Nel ’45 non si sapeva chi avrebbe vinto tra USA e URSS, era una partita aperta a qualsiasi scenario.

 I valori della collettività, dell’egualitarismo, della sussidiarietà sociale ed economica sono propri della
“dittatura del proletariato”, del comunismo
 I valori della libertà, del mercato libero, della democrazia, ecc… sono propri del mondo occidentale
Entrambe le visioni del mondo facevano propaganda per sostenere il proprio sistema economico e per affossare
quello avversario.
Già dalle scuole elementari i bambini vengono indottrinati secondo l’idea del disprezzo verso il sistema economico
opposto. (nell’URSS si insegnava che il mercato è sbagliato, ecc…)

Idea comunista  le basi del mercato sono sbagliate perché non dà garanzie a tutti, dà possibilità a tutti ma non per
forza tutti saranno soddisfatti.
Nei momenti di difficoltà il sistema comunista pareva essere più efficace perché lo Stato è l’unico che può garantire
aiuti a tutti. Al contrario del mercato che invece faceva emergere i più “forti” e poi sarebbero stati loro, se avessero
voluto, a mettere a disposizione ricchezze per i più poveri.

Ciò porta ad un ampio consenso del modello comunista, quantomeno inizialmente, fino agli anni ’60, perché erano
gli anni dell’immediato dopoguerra caratterizzati dalla ricostruzione (momento di difficoltà, in cui l’autorità statale
sembrava essere l’unica soluzione possibile).

Cina: Nel 1949 il Partito Comunista cinese vince la guerra civile ed instaura un regime di tipo comunista  prima
reazione da parte dei cittadini è positiva, in quanto erano in gran parte poveri e vedevano nel comunismo una via
d’uscita tangibile.

Competizione spaziale: era un settore fondamentale  chi vince in questo settore è migliore dell’altro in maniera
quasi automatica.

In Russia c’erano grandissimi scienziati che si occupavano di sviluppo delle armi (in caso di passaggio da guerra
fredda a guerra calda), si occupavano della competizione spaziale:
non solo mostrare i muscoli, ma anche testare nuovi materiali, nuove tecniche  benefici in termini industriali ed
economici.

Investimenti enormi sia da parte dell’URSS che da parte degli USA nel campo spaziale.

Primo uomo nello spazio è russo: Jurij Alekseevič Gagarin  occidentali si spaventano e reagiscono gli USA
fondano la NASA e iniziano un processo che porterà l’uomo sulla Luna nel 1969.
Sulla Luna ci sarà una bandiera a stelle e strisce.

L’origine dell’insoddisfazione nell’oriente spesso è più economica che politica:

 Nel 1956 a Budapest e nel 1968 a Praga inizia a farsi spazio l’idea che serve un cambiamento nel modello
comunista per cambiarlo in meglio.

Ungheria e Cecoslovacchia non vogliono diventare occidentali ma vogliono riformare il comunismo dal punto
di vista economico e politico.

Nel ’56 la “contro rivoluzione” andò male nella capitale ungherese e fu repressa in maniera cruenta.

Dopo 12 anni di insoddisfazioni, a Praga si rivendicano le stesse idee ma anche in questo caso la riforma fallì
(in maniera meno cruenta).

In Occidente le sinistre guardavano con occhio diverso il modello comunista: portavano avanti gli ideali socialisti nel
mondo occidentale.
Le sinistre speravano nelle rivoluzioni di Budapest e di Praga per raggiungere un “punto di accordo” tra i due sistemi
ma, come visto, furono due fallimenti pesantissimi.

Il messaggio definitivo dato nel ’68 a Praga è che il sistema del comunismo è irriformabile.

Negli anni ’70 lo slancio del comunismo inizia ad affievolirsi  la gente non crede più nell’utopia del comunismo.

Gorbačëv (o Gorbaciov) (Segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica) fa la “rivoluzione” solo nel
1985: ormai è troppo tardi.
È giusto riformare il sistema sovietico perché sta andando alla deriva, soprattutto dal punto di vista economico  il
popolo è stanco perché non ha più nulla da mangiare a causa dell’insistenza di produzione di armi in vista di una
guerra con gli USA.

Nell’ ’85 la partita ormai è chiusa (il comunismo non ha mantenuto le sue promesse fatte nel ’17 e nel ‘45)  ha
vinto il mondo occidentale.
Chiama il Presidente degli USA (prima volta dall’inizio del comunismo) per eliminare il nucleare sul territorio
europeo.

Con la caduta del muro di Berlino (1989) l’esperienza del comunismo è finita.
È una fine indolore dopo gli ultimi anni di fatica ed impoverimento  il sistema è imploso dal punto di vista
economico.

09/11/2021

Il mondo occidentale, crescita economica e nascita della società dei consumi

Tre mondi: capitalistico, comunista, paesi che stanno in mezzo e diventando indipendenti cioè le colonie che
riescono a raggiungere l’autonomia

Il mondo occidentale fa una scelta di fondo comune e segue due principi fondamentali: Logica di ricostruzione;
Economia mista, guardare all’esperienza storica del New Deal degli anni 30, stato e mercato devono trovare un
equilibrio.

I Paesi occidentali seguono uno schema condiviso, si oppongono al blocco comunista, e si basano sui principi di
libertà e democrazia.

Stato e mercato, mercato internazionale

Periodo post-bellico nel mondo occidentale rappresenta una nuova combinazione tra Stato e mercato, sul modello
keynesiano, ma sempre in mutamento. A partire dagli anni 50 e soprattutto 60 inizia la fase di ripresa dei paesi
occidentali e crescita economica, cosiddetto rimbalzo. L’unico Pase in grado di favorire una crescita erano gli Stati
Uniti. Gli Usa diventano un modello politico ed economico, cominciano dal 45 ad insegnare come mettere in piedi
una società capitalistica, dagli anni 50 si parla di società dei consumi, costruiscono un mercato che diviene sempre
più moderno.

Le grandi imprese mandano i loro manager nelle aziende degli Usa per studiare i modelli economici e poi riportare
quanto appreso. Anche il Giappone, unico Paese orientale, segue il modello occidentale dal punto di vista delle
scelte economiche, sarà il Paese che riuscirà maggiormente l’America, si americanizzerà più degli altri, pur
mantenendo la propria identità; è l’unico paese che diventa una potenza industriale rimanendo nella sfera
occidentale; il Giappone è l’avamposto capitalistico del mondo occidentale in Asia.

I paesi occidentali hanno identità diverse ma seguono tutti il modello americano.

Nel 1960 all’Italia viene assegnato l’oscar della lira, un premio insistente, ma rappresentava un benvenuto nel tavolo
dei grandi paesi capitali occidentale nonostante l’esperienza del fascismo e imperialismo; nel 1960 le olimpiadi si
svolgono a Roma, questo rappresenta un riconoscimento importante, l’Italia viene riconosciuto come paese liberale
e democratico.

Dopo Bretton Woods, a partire dagli anni 50 si vengono a creare progressivamente condizioni di integrazione
economica. A differenza dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti non impongono scelte politiche ed economiche al
mondo occidentale, l’URSS impedisce moti rivoluzionari, reprime le iniziative economiche e politiche dei Paesi
satellite; mentre negli stati uniti si impone una logica inclusiva, democratica, liberale, che punta sullo scambio
internazionale con riferimento costante al multilateralismo che permette di aprirsi non solo ai Paesi che sono
integrati nel ondo occidentale, ma a livello globale, nonostante non si raggiunga l’equità assoluta il mondo
occidentale offre opportunità, si svilupperanno forme di miseria nel mondo capitalistico, ma le possibilità offerte
sono sicuramente superiori rispetto la mondo comunista.

Il welfare state

Puntare sull’industria è la parola d’ordine, la ripresa dei processi industriali risposta la prosperità, che garantisce
occupazione, crescita, il traino industriale è decisivo nel mondo occidentale, com’era stato a partire dal secondo
Ottocento (un processo che si era fermato con l’esperienza delle guerre, si sceglie di percorrere nuovamente quella
strada). Non si parla soltanto di industrializzazione e scelte economiche, a livello sociale si impone la logica di
welfare state, occorre, in un’epoca di crescita economica, cercare di lasciare indietro meno gente possibile, e quindi
costruire una rete sociale di garanzie che tenga conto dei bisogni di tutti. Stato sociale occorre predisporre una
rete di previsioni sociali che rendano effettiva una crescita armonica, senza squilibri sociali, uno sviluppo economico
deve riflettersi anche su uno sviluppo sociale che prevedano garanzie per permettere una crescita equilibrata.

Garantire a tutti i cittadini, a prescindere da condizioni economiche, religiose, sociali, delle garanzie sociali, per avere
una comunità giusta, che possa stimolare la crescita. Welfare state, previsioni sociali molto inclusive, che
accompagnano il cittadino “dalla culla alla bara” → innanzitutto sistema scolastico libero, educazione e conoscenza
portano ad uno sviluppo economico, quindi ricchezza e prosperità; sistema sanitario che garantisca le cure a
chiunque; sostegni e garanzie ai lavoratori; previsione pensionistica. Lo Stato deve farsi carico di alcune questioni
sociali, il welfare state rappresenta una conquista di civiltà.

Il welfare state non è unico ma si sviluppa diversamente in base ai vai Paesi. Lo stato sociale scandinavo è quello che
si sviluppa meglio, nei Paesi scandinavi la rete di garanzie sociali è molto funzionale, occorre però che i lavoratori
siano leali fiscalmente, perché da questo lo Stato trae i finanziamenti per la rete sociale, alla base ci deve essere
questa trasparenza fiscale, patto fiscale. I Paesi scandinavi pagano tasse molto alte, in questo modo lo Stato
garantisce alla comunità un ampio sistema di previsioni sociali, alta fiscalità significa alta protezione sociale. Il
principio che fonda lo stato sociale è la garanzia di pari opportunità, che non significa che tutti raggiungeranno gli
stessi risultati, ma la base di partenza deve essere equa.

Meno protezione sociale ed equidistribuzione economica e sociale significa meno peso fiscale, gli Stati Uniti sono
all’opposto rispetto all’esperienza scandinava negli Usa la sanità non è accessibile a tutti, la presidenza Obama ha
previsto un’estensione della previsione sanitaria; in Italia a partire dagli anni 60 la sanità è pubblica. La fiscalità
determina il sistema di garanzie sociali.

10/11/2021

L’ONU e il principio di autodeterminazione dei popoli


A partire dal periodo post-bellico verranno create istituzioni economiche internazionali. La collaborazione a livello
internazionale è importante. L’ONU è la più grande organizzazione del mondo e la più generale, si interessa anche di
economia ma non è un’istituzione economica internazionale ma di tipo politico. Viene creata con l’obiettivo di
mantenere la pace nel mondo e venire in aiuto a chi subisce conflitti. Fu creata alla fine delle guerre con l’obiettivo
principale è cercare di risolvere le questioni in un altro modo piuttosto che con le guerre. L’ONU si conquista
autonomamente una forte autorevolezza, partecipano quasi tutti i paesi. Capiscono che quello è il luogo dove si
decidono le cose, se non si dice qualcosa si potrà solo sentire. I paesi considerati i più autorevoli (quelli che hanno
vinto la guerra) hanno il diritto di veto, io metto il veto su questo quindi non si decide. I paesi grandi hanno voluto
mantenere questo privilegio. La autorevolezza fu conquistata. Ad un certo punto, (una delle prime cose che fa, forse
il passo più importante), dice “I POPOLI SI DEVONO AUTODETERMINARE”, questo è un diritto alienabile di ogni
popolo. È giusto che tutti i paesi abbiamo gli stessi diritti. Non si fanno differenze, tutti hanno diritto di
rappresentanza e di parola. Questa è una decisione che ha anche un’importanza economica, si gestiscono i costi.
Questa è una bomba che viene fatta scoppiare portando allo smantellamento completo di quel sistema coloniale e
imperialistico. Fino al 1945, nonostante le proteste, nei fatti il sistema coloniale rimane. All’Italia verranno tolte le
colonie conquistate da Mussolini. Ne gli USA ne l’URSS non hanno mai avuto colonie, anche se hanno avuto un
atteggiamento imperialistico. L’ONU vuole smantellare questi sistemi in modo che nascano nuovi paesi indipendenti
anche sotto il profilo economico.

L’indipendenza indiana
Nell’agosto del 1947 la Gran Bretagna lascia la sua colonia storica, l’India. India diventa indipendente. Quello che è
successo all’india deve succedere anche gli altri paesi, come Africa. Questo fenomeno vede tutti sullo stesso piano.
India è troppo importante, infatti costituisce un modello. Si apre a quel punto un processo di decolonizzazione.

Il processo di decolonizzazione
Quello indiano è un modello, però il processo di decolonizzazione sarà diverso, in certi casi sarà pacifico, in altri
sanguinoso, in altri sarà caratterizzato da guerriglie. Le ultime colonie furono degli spagnoli e dei portoghesi. I popoli
avevano gli stessi obiettivi: liberarsi e fare scelte autonomamente. A seconda di come si svilupperà il processo di
transizione si fisseranno anche i rapporti politici ed economici, se ci si lascia bene si instaurano nuovi rapporti.
Risentono quelle che sono state le fasi del processo di decolonizzazione, per esempio alcune periferie parigine sono
abitate da discendenti di popolazioni delle colonie francesi che mantengono problemi di inserimento e di
discriminazione. Oppure i rapporti tra Italia e Libia che era una colonia italiana. Nel 1970 con Gheddafi al potere,
molti italiani vengono mandati via perché discendenti di quelli che hanno reso nel 1911 Libia una colonia. La
memoria non è sparita.

Nuovi attori nella comunità internazionale


Nuovi attori entrano nella comunità internazionale come soggetti autonomi. Nel secondo dopo guerra diventano liberi
tutti. Il Ghana che produce cacao, ad esempio, finalmente può entrare sulla scena del commercio internazionale e può
vendere direttamente i suoi prodotti. A est dell’India sia francesi che inglesi continuarono a dividersi paesi. Nel 1954 il
Vietnam diventa indipendente liberandosi dai francesi con la guerra.

Guardando a Mosca e Washington


Russia e USA possono garantire aiuto agli altri paesi per mantenere i flussi economici e commerciali. C’è chi si lega
più strettamente a Mosca e chi si lega a Washington. Il caso Cuba, formalmente adotta ancora un’economia
pianificata, entra nelle grazie dei sovietici, nel 1960 l’URSS dispiega missili a Cuba in risposta a quelli statunitensi
schierati in Turchia, Italia e Gran Bretagna nelle vicinanze della frontiera con l’URSS.

I Paesi non allineati


Intorno alla metà degli anni 50 prende forma questo movimento dei paesi non alleati, ovvero dei paesi che non
volevano schierarsi a fianco delle superpotenze della guerra fredda (USA e URSS) o che non volevano esserne
influenzati. Si inventano una terza posizione/via, i paesi non allineati hanno buoni rapporti con l’URSS ma anche con
l’USA. Vogliono fare un gruppo coeso, che ha in comune il rifiuto di stare sotto un potere. Il loro sistema economico
guarda al socialismo e al capitalismo, sono pronti a collaborare. Basta questo dualismo fra USA e URSS, bisogna
pensare ad una forza alternativa. Il fallimento non è colpa di uno solo.

Il terzo mondo: speranze e delusioni


La definizione di terzo mondo viene usata anche in senso dispregiativo. Negli anni 50-60 le aspettative dei popoli del
terzo mondo erano altissime.

16/11/2021

Il processo di integrazione economica europea. Dal federalismo alla Ceca a Roma senza la Gran Bretagna
Europa oggi significa parlare di un processo di integrazione economica europea che inizia dopo la Seconda guerra
mondiale, più precisamente anche durante la guerra alcuni personaggi, che poi saranno protagonisti della storia
europea, erano già proiettatati al futuro, pensavano che si potesse dare una forma più compatta e pacifica
all’Europa. Altiero Spinelli uno dei padri del processo di integrazione economica europea, era in carcere perché
antifascista, in quegli anni comincia a pensare all’Europa domani una volta finita la guerra.

Si inizia a guardare al sistema europeo in una logica di democrazia, pacifista, di libertà nei commerci, apertura delle
frontiere, istituzioni sovranazionali, integrazione economica, multilateralismo (gli stessi principi di Bretton Woods
che permetteranno la ripresa dell’occidente). Era difficile trovare un compromesso perché al tavolo delle trattative si
ritrovano ex nemici, coloro che erano in schieramenti opposti, mettersi al tavolo anche con la Germania nazista, con
l’Italia fascista, non era semplice, la storia non si può cancellare; ma la scommessa era forte, bisognava recuperare
questi Paesi alla democrazia, si scommette sui principi di libertà, democrazia, apertura delle frontiere ecc., anche
questi Paesi hanno la possibilità di ripartire e percorrere una nuova strada.

Anche l’Unione sovietica mette in atto un processo di integrazione economica ma solo con i Paesi satellite. Il
processo di integrazione economica europea fino al 1989 sarà una questione occidentale, si sapeva che non sarebbe
stato possibili integrare anche i Paesi comunisti, rifiutando qualunque tipo di commistione, sono due mondi che
viaggiano in parallelo (da un lato il comunismo dell’Unione Sovietica; dall’altro i paesi occidentali sono tutti sullo
stesso piano, non c’è un Paese guida, sono in una situazione di parità, stessi diritti e doveri).

La lenta costruzione e i benefici del mercato comune


Italia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda (Paesi fondatori), non si parla di politica, bisognava trovare
dei punti in comune dal punto di vista economico, un accordo politico sarebbe stato più complesso, un accordo
economico con benefici concreti, immediati e tangibili era più semplici, si parlava di interessi economici comuni
(c’erano anche progetti politici, sorge l’idea del federalismo, ma è un’idea che non prenderà corpo).

Interessi in comune per trovare un accordo subito, la guerra era finito da poco, i processi politici avevano bisogno di
tempo; nel 1948 iniziano le trattative, si decide di partire da alcuni aspetti dell’economia di ricostruzione che erano
indispensabili per tutti, per poi implementare man mano la prospettiva. Carbone (significa energia) e
acciaio(industria) erano indispensabili per tutti, si punta sull’industria per la ripresa economica, si inizia a creare un
mercato comune per carbone e acciaio, che vada oltre il protezionismo del sistema economico che era dominante, il
carbone e l’acciaio avrebbero potuto muoversi liberamente sul mercato, senza tariffe aggiunte. La Ceca è il primo
accordo economico nella storia del processo di integrazione economica europea del 1950-51, in soli sei anni i Paesi
occidentali aderiscono a dei principi comuni, e prendono un accordo economico che vada oltre la frontiera del
singolo paese in vista di interessi comuni. La Ceca è operativa dal 1951 e funziona, si inizia a comprender la logica
dell’integrazione, della collaborazione, dell’apertura, i 6 Paesi fondatori sono un modello per l’occidente, portano lo
spirito di Bretton Woods in Europa (il mondo di Bretton Woods è riportato in occidente).

Anche la mentalità della popolazione doveva cambiare, la comunità doveva aderire a questi nuovi principi, per
affrontare tutte le difficoltà del dopoguerra. Carbone e acciaio (rientrava in qualsiasi progetto di ricostruzione) sono
due pilastri dell’integrazione economica europea, alla fine degli anni 40 la fonte energetica principale era il carbone,
non erano sostenibili costi alti per acquistare questa fonte energetica.

L’unico Paese che poteva ritenersi “vincitore” dalla Seconda guerra mondiale era la Gran Bretagna, quello più
industrializzato, più organizzato, era il Paese di riferimento, aveva ancora una posizione di preminenza benché fosse
stata indebolita dalla guerra. I britannici inizialmente non aderirono perché ritenevano come loro asse di riferimento
gli Stati Uniti, fino al 1973 la Gran Bretagna rimarrà fuori (la Brexit del 2016 fa pensare già ad una certa propensione
degli UK contro l’UE), rinunciando ai benefici economici connessi.

Comincia a maturare anche un’identità europea, un grande spazio comune in cui la circolazione di persone, merci,
servizi, idee, tecnologia ecc. è libera con grandi benefici economici di cui beneficeranno tutti i Paesi che man mano si
uniranno, una prosperità economica che si propaga. All’interno del concetto di integrazione economica ci sta tutto e
un’identità europea che ha origini più economiche che politiche, che poi si allarga modellando anche una nuova
dimensione politica. Fino agli anni 70 il mondo occidentale trae dal processo di integrazione economica linfa vitale
per la propria crescita economica che viene progressivamente distribuita.
La lunga marcia della moneta unica: dal sistema monetario europeo all’euro
Fino alla fine degli anni 70 ognuno aveva la sua moneta in ambito europeo e anche internazionale grazie alla stabilità
monetaria garantita a Bretton Woods, però c’erano variazioni tra le monete. Inizia ad esserci l’esigenza di un nuovo
sistema monetario per cercare di fondare un sistema di garanzia e stabilità a livello europeo (alla fine degli anni 70 il
sistema di Bretton Woods si stava indebolendo), la necessità di un sistema monetario nasce dalla ricerca di un
equilibrio monetario tra i Paesi europei che limiti svalutazioni e rivalutazioni per contenere le oscillazioni, l’equilibrio
monetario è fondamentale per la crescita economica. Non si pensava ancora all’euro, ma il sistema monetario
europeo getta le basi, comincia un percorso lento di costruzione che culminerà nel 2002 con l’euro, e dopo vent’anni
di trattative e pratica si arriverà alla maturazione di un’unica moneta comune.

L’euro è il punto di arrivo di una storia monetaria a livello europeo che coglie un obiettivo fondamentale che molti
anni più tardi riuscirà a portare alla moneta comune.

17/11/2021

Dal miracolo alla crisi: gli anni Settanta


Gli storici economici parlano di cicli, cioè momenti legati tra loro.

Il trentennio 45-75 nel mondo occidentale è caratterizzato da una grande crescita, i francesi parlano di trenta
gloriosi, sono fra i momenti più espansivi della storia dell’occidente. Questa spinta si inizia a contrarre, si partiva da
un punto talmente in basso, cioè la fine della guerra, da cui si poteva solo risalire, il rimbalzo è normale (come
succede ora nella pandemia, la crescita economica che si registra per ora è normale, dopo la compressione della
pandemia si verifica il rimbalzo, per cui la crescita è inevitabile).

Le condizioni di emergenza del 20esimo secolo sono confrontabili con oggi e la pandemia, dal punto di vista
economico le condizioni di massima emergenza sono confrontabili, la crisi economica a cui segue una ripartenza.

I trenta gloriosi sono decenni di grande espansione, il benessere era anche distribuito tra le persone, distribuzione
alla base della società, non solo di un’élite ristretta, in quei decenni cambia la vita di milioni di persone (capitalismo
non significa egualitarismo, ma opportunità distribuite a tutti).

Ad un certo la spinta comincia a rallentare, la spinta iniziale era data dall’emergenza, dopo anni di crescita
considerevole viene meno perché i mercati tendono alla saturazione, se un mercato è “vergine” la gente compra
tutto perché dispone di un reddito sempre più elevati e contribuisce a comprare beni che aumenteranno la
produzione, si crea un ciclo virtuoso in cui si è produttori e consumatori, finché funziona si produce si consuma
sempre più, in questi anni il contesto nazionale e internazionale è stabile.

La fine del sistema di Bretton Woods e lo shock petrolifero


I mercati iniziano a saturarsi quindi bisogna guardare ai mercati esteri, tutte le opportunità che vengono offerte nei
primi anni della ripresa economica vengono sfruttate e se ne presentano sempre meno, il ciclo tende verso il ribasso.
I trenta gloriosi sono il successo clamoroso del sistema occidentale e quindi del capitalismo, ma comincia a mutare il
contesto; si parla di crisi degli anni Settanta, significa che il sistema cambia, gli equilibri vanno ridiscussi e si
ridisegnano le gerarchie.

All’inizio degli anni Settanta si aggiungono due traumi che mutano l’equilibrio economico che fino a quel momento
aveva funzionato, costringono il capitalismo a guardare verso una nuova direzione.

Il sistema di Bretton Woods si fondava su due pilastri: le organizzazioni economiche internazionali (che hanno
funzionato e continuano ad esistere avendo una forte importanza nell’economia globale) e il sistema monetario per
garantire la massima stabilità occidentale che aveva permesso la crescita dei trenta gloriosi, ma questa garanzia era
nelle mani degli Stati Uniti che quindi si garantivano anche la leadership. Quando gli Stati Uniti non riescono più ad
assicurare questa garanzia.

La guerra del Vietnam iniziata nel 1965, una delle guerre più terribili della decolonizzazione, sarà terreno di
battaglia per 10 anni tra occidente e oriente, tra capitalismo e comunismo, terreno della guerra fredda il Vietnam del
nord era finanziato dai Paesi comunisti, gli Stati Uniti devono affrontare un grande impegno economico che riesce a
metterli in difficoltà, ed è per questo che non riescono più ad essere garanti del sistema internazionale.

È un trauma enorme, il sistema monetario aveva costituito un terreno di garanzia forte per la crescita dell’occidente,
anche grazie al sistema dei cambi fissi, i cambi venivano fissati, non oscillavano, il prezzo sul mercato internazionale
in dollari era fisso, e rappresentava una grande garanzia, senza rischi. Il dollaro non è più il garante ultimo del
sistema monetario europeo e i cambi fissi non esistono più, si passa ad un sistema di cambi flessibili (e lo siamo
tutt’oggi), queto determina instabilità complessiva, incide sull’andamento del sistema economico globale.

L’altro trauma non è meno impattante sulla stabilità del sistema economico internazionale. Nel 1973 Israele e una
coalizione di paesi arabi si ritrovano sul campo di battaglia per la quarta volta, la Guerra del Kippur che sarà
favorevole a Israele molto meglio organizzato che ne uscirà rafforzata e un’umiliazione per i Paesi arabi.

I paesi arabi erano già a quell’epoca i principali produttori di petrolio, in quest’epoca il petrolio sostituisce il carbone
come fonte energetica, e quindi questi paesi del Medioriente che producono ed esportano il petrolio dettano le
regole del mercato internazionale dell’energia.

La conseguenza della Guerra del Kippur è che i Paesi arabi che gestivano il mercato internazionale del petrolio, per
ripicca nei confronti dell’occidente che aveva sostenuto Israele, aumentano il costo del petrolio, cioè
l’alimentazione fondamentale della produzione industriale. La produzione comincia a ridursi per i costi elevati
dell’energia, la gente deve pagare di più l’energia quindi si ritrova meno soldi e non compra tutti quei beni di prima,
produzione e consumo decrescono. L’aumento del prezzo petrolio influisce sul sistema dei prezzi globali, cioè
inflazione (aumento generalizzato dei prezzi), quindi si genera incertezza assoluta, il sistema economico perde le sue
fondamenta forti che avevano permesso la crescita.

Stagflazione, declino della grande impresa, saturazione industriale, crisi dell’intervento dello Stato: i guai
dell’Occidente

Dal 1973 in poi, la grande impresa non regge più, declina ovunque e si devono ridurre le dimensioni. La
combinazione fra la produzione e il consumo che si riducono e l’inflazione che cresce, fa coniare agli economisti una
nuova categoria, cioè la stagflazione, era abituati a vedere che quando la produzione e i consumi aumentano anche i
prezzi crescevano ma anche l’occupazione cresceva quindi c’era comunque equilibrio.

Viceversa, quello che succede negli anni 70 porta ad una combinazione disastrosa, si riduce il consumo e anche
l’occupazione, si parla di disoccupazione per la prima volta, i trenta gloriosi erano caratterizzati da piena occupazione
perché l’economia era in espansione. I Paesi occidentali sono quelli che soffrono di più, perché da un lato gli Usa
producevano internamente il petrolio coprendo il proprio fabbisogno, dall’altro lato l’Unione Sovietica (grande
produttore di petrolio e gas anche oggi) garantiva i suoi Paesi satellite l’energia, il ricatto energetico sarà un motivo
in più che salderà il mondo comunista, sulla base di una posizione di preminenza dell’Unione Sovietica.

Il vero sconfitto degli anni 70 è l’Occidente, è il primo schieramento politico-economico a soffrire per la crisi, il
sistema che aveva permesso la crescita va rivisto, anche l’intervento dello Stato (mercato misto sistema keynesiano)
aveva contribuito alla crescita, la crisi rimette tutto in discussione. I costi dell’energia non erano sostenibili quindi era
necessario ridurre la produzione industriale, il consumo di energia e le dimensioni dell’impresa, bisognava iniziare ad
investire in tecnologia per andare oltre a quei sistemi di produzione industriale che fino a quel momento erano
andati bene, ma con la crisi andavano rivisti e con il sistema di produzione lo stesso ruolo dello Stato.
Il neoliberismo della scuola di Chicago: Keynes al tramonto
Si va verso una nuova riscoperta del mercato, dal punto di vista accademico (università di Chicago) tutti quei luoghi e
laboratori di pensiero economico dove economisti, accademici analizzano il sistema occidentale, cercavo una nuova
strada per evitare che il mondo comunista prenda il sopravvento, per riproporsi come guida del mondo occidentale.

Recuperare le grandi virtù del primo sistema liberale dell’800 britannico che aveva sostenuto la prima rivoluzione
industriale, era un sistema forte di mercato, sono i neoliberisti che si allontanano dal modello keynesiano. Si parla di
rivoluzione neoliberale che porta ad una rivalorizzazione del mercato come non era più da quasi un secolo, si fanno
protagonisti di questa rivoluzione i paesi anglosassoni, particolarmente colpiti dalla crisi dell’occidente, da un lato gli
Usa perché pensano di perdere la leadership e perdere la sfida con il comunismo, dall’altro gli UK che avevano perso
25 anni di benefici dell’integrazione economica europea, e significava retrocedere dal punto di vista economico, la
Gran Bretagna negli 70 è un Pease che ha sofferto dal punto di vista economico industriale, ha bisogni di farsi
protagonista della rivoluzione liberale che comincia a prendere corpo prima nelle stanze dell’accademia grazie agli
economisti, e poi comincia ad entrare nei progetti dei politici per rilanciare economicamente i Paesi particolarmente
in crisi.

Thatcher e Reagan: la rivoluzione della deregulation


Questi due politici si fanno portabandiera del nuovo verbo economico neoliberale, le loro scelte di politica
economica segneranno un’epoca, tutte le regole che amministravano la gestione del precedente sistema vanno
cancellate.

Agli inizi degli anni 80 Margaret Thatcher, Primo ministro inglese, Ronald Reagan, Presidente Usa, cominciano a
parlare di deregulation, occorre che ci siano meno regole, che l’economia sia più libera, per lasciare più autonomia
agli imprenditori, al mercato per sviluppare l’economia, perché altrimenti la situazione non sarebbe potuta
cambiare, quindi lo Stato doveva farsi nuovamente da parte in modo che la mano privata prevalga su quella
pubblica, non si parla più di Stato sociale, il debito è un appesantimento per la crescita economica.

Lo Stato durante l’economia mista era divenuto imprenditore, gestiva sotto il profilo economico grandi aziende
pubbliche, l’industria automobilistica britannica per la crisi era stata interamente assorbita dallo Stato che la
manteneva in vita, Margaret Thatcher sarà Primo ministro per 16 anni, riuscirà a cambiare il Paese, l’industria
automobilistica deve tornare in amnio ai privati anche se questo significa che molte persone perderanno il lavoro.

La Thatcher dirà che le miniere di carbone sono inefficienti e sceglie di chiuderle, diventa una sfida con i lavoratori
che farà epoca, ci saranno scioperi dei miniatori inglesi che dureranno anni e diventeranno un modello di lotta
sindacale, ma alla fine perderanno e non prevede che i miniatori siano riallocati in altri settori, rendendo dinamico il
sistema economico era convinta che chi perde un lavoro poi avrebbe trovato altre occupazioni. La deregulation
significa che alcuni faranno soldi e molti diventeranno poveri.

In questi anni Usa e UK ricevono stimolo economico da questa nuova visione, ma vedono una fortissima
polarizzazione al proprio interno, o si era ricchi o poveri, il nuovo sistema dà la possibilità di diventare ricchi ma
riduce molti in povertà; la logica dello Stato sociale era stata quella di evitare la polarizzazione e mantenere
l’equidistribuzione delle risorse, puntando soprattutto sui ceti medi, facendo comunque salvi gli incentivi di mercato.
Il neoliberismo spinge verso una divaricazione sociale, non c’è lo stato che si fa garante della previdenza sociale, il
neoliberismo cancella la logica sociale. la Thatcher durante un’intervista disse “la società non esiste; quindi, una
visione sociale non ha senso, esistono solo individui che non costituiscono una comunità, contano le decisioni dei
singoli che sono indifferenti agli interessi degli altri”, è una rivoluzione rispetto agli anni del welfare state.

Nello Stato sociale il patto fiscale era molto chiaro, i cittadini pagavano le tasse sulla base della propria ricchezza,
indipendentemente dalla tasse pagate era possibile per tutti accedere ai servizi garantiti dallo Stato, la Thatcher,
seguita poi da Reagan, sceglie di non applicare più la regola progressiva al sistema fiscale perché così non si dava
alcuno stimolo al sistema economico, si diminuiscono le tasse, taglio alle tasse e conseguentemente nessun servizio
offerto dallo Stato, ma non vengono diminuite allo stesso modo per tutti, per stimolare il sistema economico il carico
fiscale va alleggerito a chi può contribuire alla crescita economica, quindi agli imprenditori, ai ricchi che faranno
circolare quei soldi facendo impresa, lo stato non aiuta più fiscalmente i poveri.

In questo modo Usa e UK si riprendono, l’economia riparte a scapito però dei più poveri, di chi avendo meno
opportunità e capacità rimane sempre più indietro, e questo rimane uno tratto della società inglese e americana.

Rappresenteranno anche un modello, i sistemi economici occidentali risentiranno della spinta neoliberista, solo in
questi due paesi si avrà una piena applicazione di queste idee, ma entreranno nel modo di pensare l’economia questi
aspetti che, se anche non portati all’estremo, rimarranno a lungo nei sistemi economici. Oggi in UE c’è lo stato
sociale, in Europa si parla di regolamentazione dei mercati che è il contrario di deregulation, ma rimangono dei punti
di forza di quell’esperienza neoliberale che ancora troviamo nel nostro presente.

23/11/2021

Le nuove gerarchie globali, l’Occidente si riorganizza


Gli anni sono un incubatore di molte trasformazioni. I trent’anni gloriosi sono anni che seguono una determinata
direzione fino alla metà degli anni 70; la trasformazione degli anni 70 comincia a preparare il terreno per la
globalizzazione.

Gli anni 70 fanno crollare l’equilibrio tra blocco occidentale e blocco orientale, si può parlare di rinnovamento delle
gerarchie globali. L’Occidente è costretto a riorganizzarsi a seguito dei cambiamenti degli anni 70 che rompono
l’equilibrio, si è costretti a rivedere il senso dei propri sistemi economici, anche la spinta del neoliberismo costringe a
rivedere tutto ciò; a questo si aggiunge la disgregazione del sistema monetario, non si può più contare sul sistema di
cambi fissi che rimettono in discussione la stabilità del sistema internazionale. Il costo dell’energia per molti anni
rimane contenuto grazia alla standardizzazione della produzione del petrolio.

In questi anni l’inflazione raggiunge livelli molto elevati e anche questo influisce sulla stabilità economico-sociale. lo
Sato comincia a privatizzare molti ambiti.

Le imprese italiane, dicono gli economisti, sono “nane”, l’Italia è un Paese che non regge la sida globale in quanto
non in possesso di grandi imprese: anche in settori come chimica e produzione di acciaio, in cui le grandi imprese
italiane erano riuscite a imporsi su scala internazionale, con il passare del tempo si sono persi, non hanno saputo
rinascere a seguito della crisi che a partire degli anni 70 investe l’occidente, e il non saper reagire ha portato
l’Occidente ad una deindustrializzazione che inizia a rendersi visibile a partire dagli anni 80, i Paesi occidentali
avevano scommesso sul potere dell’industria che era riuscita a portare la produzione a livelli altissimi, ma quel
potere comincia a venire a partire dagli anni 80; in nostro Paese è paradigmatico come esperienza, ma in generale in
Europa si riduce sempre più il potere economico, il mondo occidentale contribuisce sempre meno all’economia
globale.

I Paesi produttori di petrolio


Emergono i Paesi produttori di petrolio in Medioriente, dal 73 i loro guadagni grazie al petrolio aumentano a
dismisura, si ritrovano molta liquidità. Questo fa sì che questi Paesi si arricchiscano ed entrino nella scena economica
internazionale. Soggetti economici di peso in quell’area non ce n’erano mai stati, e si ha un allargamento del potere
della sfera economica, questi Paesi entrano nella logica competitiva internazionale.
L’enorme liquidità che cominciano ad avere in quell’epoca non diminuirà mai, e tutt’oggi sono i Paesi produttori di
petrolio che si permettono comportamenti economici su scale globale di grande espansività, grandi spese, sono
sistemi economici che ruotano intorno ad un solo prodotto.

Nel giro di pochissimi anni ci si ritrova con mercati finanziari molto più ricchi prima, porta ad un cambiamento
enorme, la finanziarizzazione dell’economia, oggi ci scambia di più su base finanziaria che beni materiali, un’enorme
quantità di denaro, che proviene dai Paesi produttori di petrolio, in cerca di una destinazione, la nuova destinazione
sarà la finanza internazionale. Le prime crisi finanziarie cominciano a svilupparsi dagli anni 80, durante i Trenta
gloriosi tutto era stabile, c’erano pochi dubbi e incertezze; sono crisi che travolgono il mondo, si diffondono sempre
più rapidamente, la finanza ha questa tendenza alla globalità e interdipendenza, tale che se si guadagna il guadagno
è complessivo, ma se la speculazione è talmente forte da impattare sui mercati finanziari e mandarli in crisi ha
effetto su tutti i mercati a livello globale, non solo rispetto ad un’area circoscritta.

Si entra nella logica dell’incertezza e del rischio, quel mondo che finisce con gli anni 70 era caratterizzato da
sicurezza, infondeva fiducia, spingeva verso gli investimenti, c’era un sistema ben equilibrato che non minacciava
crolli e collassi; con l’estendersi delle attività finanziarie fino alla finanziarizzazione dell’economia, tutto questo viene
meno. Si prepara il mondo nel quale viviamo.

Le tigri dell’estremo Oriente


Durante i Trenta gloriosi, in Oriente, solo il Giappone aveva conosciuto lo sviluppo industriale e d entra nella logica
dello sviluppo economico, grazie all’occidentalizzazione (a livello economico), riuscendo a tenere testa agli USA, e
rimarrà a lungo la seconda potenza mondiale.

La Cina si era chiusa nel sistema comunista, e gli altri paesi non avevano la forza per emergere. Le nuove condizioni
che si vengono a creare con la fine degli anni 70, che vedono un forte indebolimento dei Paesi occidentale, di cui
approfittano questi soggetti che non erano mai stati forti sotto il profilo economico-industriale. Questi Paesi
vengono definiti come tigri dell’estremo Oriente, questa definizione dà l’idea di una nuova aggressività economica,
portatori di una logica economica orientale e cominciano a gettare il guanto della sfida, sono Paesi piccoli come
Taiwan, Korea del Sud, Singapore. In virtù di una spiccata disinvoltura sui sistemi internazionali, e una forte presenza
dello Stato sui mercati, anche in termini autoritari, lanciano un modello in cui lo Stato si fa promotore della presenza
disinvolta e aggressiva della mano privata sui mercati globali. Conta molto di più la crescita economica rispetto alla
libertà; a questo modello sistema economico orientale si rifaranno la Cina e poi altri Paesi emergenti più grandi, che
promettono di unirsi al fronte asiatico orientale per arrivare alla conquista economica del mondo. È un sistema
basato sugli scambi internazionali, sull’individualismo, un sistema alternativo a quello orientale, che riesce a
conquistare quegli spazi che il mondo occidentale non riesce più a controllare.

Cominceranno a specializzarsi nei settori dell’hardware, cominciano a scoprire e conquistare settori economici, in cui
riescono e svolgere un ruolo più dinamico ed efficiente rispetto alle potenze occidentali; il mondo occidentale non
riesce più a controllare i mercati e subisce sempre più la concorrenza.

Non è l’alternativa dell’economia pianificata a indebolire l’Occidente, quella sfida la vince; sono i Paesi portatori di
un modello economico diverso, in grado di rimettere in discussione la potenza, che sembrava indiscutibile, del
mondo occidentale.

Il mondo Occidentale non guiderà mai più il mondo da solo, come nei Trenta gloriosi, l’economia globale è in mano
ad altri Paesi.

I regimi autoritari dell’America latina


Un continente che si era illuso di poter seguire la strada del mondo occidentale, credendo di poter diventare un
protagonista dell’economia globale a fianco dei Paesi occidentali, questi paesi però sono caratterizzati da tracolli,
insuccessi, impoverimenti, che si tradurranno sotto il profilo politico in dittature sanguinarie (Cile, Argentina),
laddove il Pease non riesce a d emergere sotto il profilo economico e si produce povertà e scontentezza, si rinuncia
alla democrazia e alla libertà pensando che l’autoritarismo possa rimettere in piedi il Paese.

Non sarà mai la libertà della democrazia un veicolo di crescita economica, libertà, democrazia e mercato aperto sono
un insieme inscindibile che porta al successo economico, l’inclusione e non l’autoritarismo.

24/11/2021

Guerra fredda e informazione: l’inizio di un percorso


Terza rivoluzione industriale, è quella che si apre immediatamente dopo il 1945 e procede fino quasi alla nostra
epoca, tanto che oggi si parla di quarta rivoluzione industriale.

Gli storici individuano come aspetto maggiormente caratterizzante della seconda rivoluzione industriale (fine 800) il
sistema di montaggio, fordista, la produzione in serie, la grande impresa e l’occupazione; Ford detta le regole della
seconda rivoluzione industriale.

Il sistema industriale alla base dell’economia capitalista e dell’economia pianificata era lo stesso, la catena di
montaggio e quindi il sistema fordista. In questo mondo muovono i primi passi alcune sperimentazioni che sono
stimolate e sostenute finanziariamente, che hanno alla base un’idea forte e nuova di gestione dei sistemi informativi,
che avviene innanzitutto in ambito militare.

La guerra fredda si svolge negli spazi della sperimentazione della ricerca, piuttosto che sul campo di battaglia, per
ottenere la supremazia dei sistemi informativi, decriptazione dei codici segreti. Quando finisce l’esigenza di dover
decriptare i messaggi delle unità militari, si erano fatte molte sperimentazioni e quando si torna ai tempi di pace
alcune di quelle sperimentazioni e ricerche danno una spinta verso l’innovazione.

La marina militare americana cerca di ottenere la supremazia in quest’ambito riguardo alla qualità e alla quantità
delle informazioni e gestione dati, il controllo dei dati dà sicurezza e controllo politico sugli avversari. Occorre
inventarsi delle macchine che comincino a fare questo, che riescano a svolgere questi compiti nei tempi più rapidi e
in grado di gestire una grande quantità di dati; vengono costituti i primi elaboratori elettronici per un utilizzo in
ambito politico-militare.

Uno strumento con quel tipo di obiettivo e che riusciva a cogliere questi risultati non si era mai visto, si può parlare di
una forte discontinuità tecnologica, inizialmente aveva grandi dimensioni. La riduzione delle dimensioni delle
macchine diventerà uno dei grandi obiettivi, anni e anni di ricerca, e anche la riduzione del consumo di energia.

Grazie alle nuove tecnologie, negli anni Novanta, si produrranno le armi intelligenti, bombe capaci di colpire in punti
prescelti. La terza rivoluzione industriale ha in sé una componete militare.

I Russi capiscono che la contrapposizione con gli Usa deve essere scientifica e tecnologica, mostrano i loro grandi
ospedali, si investe nella medica e anche nella gara spaziale, già dal 56 sono i Russi che dominano fino all’allunaggio
americano. Su quella che diventerà la strada maestra per la trasformazione industriale i Russi però registrano
un’incomprensione storica, e non capiscono che il cambiamento passa per l’innovazione tecnologica, la guerra
fredda era anche una sfida tecnologico-scientifica, iniziano così a perdere terreno.

Negli Usa durante la guerra si trasferiscono numerosi scienziati che lavoreranno a servizio degli Stati Uniti che
diventano un approdo tecnico -scientifico di alto livello, negli Usa queste menti trovano lavoro e soddisfazioni,
c’erano i mezzi per questo tipo di valorizzazione e la comprensione dell’importanza di questo settore.

Silicon Valley, il microchip, la rivoluzione informatica: dai laboratori al mercato


Si comincia a immaginare un luogo dedicato alla sperimentazione tecnologica, prima limitata al Pentagono e
all’ambito militare, si sceglie di investire in un grande luogo destinato a questo, mettere insieme risorse di tipo
pubblico per la gestione dell’informazione, con un’attrazione costante nei confronti.
Silicon Valley è un punto di sperimentazione, cercando di attrare anche la mano privata, in quell’area vengono
avviati grandi progetti universitari e al tempo stesso si promuove la sperimentazione tecnico-scientifica e vengono
chiamate anche le aziende private per partecipare alla sperimentazione.

Federico Faggin, ingegnere italiano, si trasferisce nella Silicon Valley e nel 1971 inventa il microchip, questa
invenzione riesce a risolvere due problemi di fondo della sperimentazione ai fini della traduzione economica di
mercato di tutto quello che era stato fatto fino a quel momento, occorreva ridurre le dimensioni e il consumo di
energia per produrre degli oggetti che potessero passare alle stanze della sperimentazione, passaggio dal laboratorio
al mercato.

I grandi marchi che esistono ancora oggi nascono negli anni 70, l’idea di Silicon Valley è stata riprodotta anche
altrove.

Un computer su ogni tavolo


Diffusione di un bene che sarà comune, i Personal Computer, un bene che sconvolgerà il mercato e permetterà a
milioni di persone ad una conoscenza che prima era preclusa, la prima volta che due computer si parlano è il 1997.

A partire dagli anni 80 le tigri dell’Oriente iniziano a produrre beni elettronici, in Silicon Valley vengono prodotti i
software mentre i Paesi dell’oriente si occupano della produzione dell’hardware.

L’automazione e il tramonto del modello fordista, la disoccupazione tecnologica, produzione snella e


mercato flessibile
La terza rivoluzione industriale imbotta sui sistemi di produzione industriale, il sistema fordista arriva al tramonto,
risponde anche alle esigenze dell’imprese, si ha forte riduzione della necessità di braccia umane e dell’occupazione al
tempo spesso un aumento delle conoscenze richieste ai lavoratori, l’epopea dei lavoratori despecializzati, senza
grandi conoscenze, essi chiedevano di essere messi alle attività di montaggio a svolgere attività semplici e ripetitive,
nel sistema fordista questo funzionava, ma con la terza rivoluzione industriale il lavoratore despecializzato non trova
più spazio, sono richiesti meno lavoratori ma molto più competenti, si sviluppa il fenomeno della disoccupazione
tecnologica. Le dimensioni dell’impresa non possono essere più così grandi, meno lavoratori, più conoscenze
tecnologiche, si deve andare oltre la rigidità e la standardizzazione del sistema fordista, l’uniformazione del prodotto
permetteva di abbassare i costi di produzione e quindi i prezzi sul mercato.

Negli anni 90 si comincia a parlare dell’introduzione necessaria di una logica di riconversione delle proprie funzioni,
le funzioni manuali devono transitare all’ambito tecnologico.

Si entra nell’ottica di un mercato flessibile, la produzione diventa più snella, non ci sarà bisogno di tutti quegli
addetti, materie prime di cui c’era bisogno prima; secondo Ford è l’offerta che creava e condiziona la domanda, con
la terza rivoluzione industriale avviene un totale ribaltamento, è la domanda del mercato a dettare le regole.

Le tecnologie si sposteranno anche in direzione dei servizi, il grado di sofisticazione tecnologica sarà l’indice di
quanto la società sia avanzata e si ponga in un’ottica di frontiera, rispetto ai Paesi che faticano a mettere in atto
questa trasformazione.

Cambia il mondo dei lavoratori rispetto alla propria rappresentanza, i sindacati erano attori principali nel sistema
fordista, mentre perdono sempre più importanza con la terza rivoluzione industriale, si lavora in piccoli gruppi,
attraverso i computer, l’opposizione tra padroni e lavoratori viene meno.

30/11/2021
La caduta del Muro di Berlino e la fine della storia. Verso un sistema economico globale
Declino di una filosofia/ideologia politica, quella comunista, segna anche l’inizio di una nuova epoca.

Nasce una nuova economia realmente globale, che punta a tutto il mondo, non più suddiviso nei due blocchi
comunista e capitalista. La notte del novembre 1989 rappresenta un momento simbolico, chiave del XX secolo.

Porta con sé enormi cambiamenti positivi, ma anche problemi difficilmente risolvibili, che ci portiamo ancora dietro.

Il libro più dibattuto che dà l’idea della difficoltà di capire ciò che stava avvenendo è “La fine della storia”, la caduta
del Muro è intesa come fine della storia tra contrapposizione tra est e ovest, tra due sistemi economici contrapposti,
e segna l’inizio di un nuovo capitolo in cui vengono superate le differenze tra i due blocchi e accettare l’esistenza di
un unico sistema economico, vince il capitalismo che dimostra di essere un sistema più efficiente e duraturo, capace
di produrre ricchezza e poterla distribuire. Questo non significa che il capitalismo si afferma come sistema
economico a livello globale, il sistema economico unico globale non è solo il capitalismo, ha ereditato tanto ma è
qualcosa di nuovo e diverso, si basa su principi diversi e trova nuove strade di sviluppo determinando impatti
differenti.

Cambiano il contesto, gli attori, le logiche, i principi, si chiude una pagina di storia, e inizia una nuova epoca.

Integrazione e interdipendenza economica


Le due guerre sono due esempi di disintegrazione economico, l’integrazione è sempre esistita, ma per la prima volta
dopo il 1989 si parla di integrazione economica che comprende tutto il globo, a partire dagli anni 90 il mondo è
interamente connesso grazie alla tecnologia, integrazione economica e digitale procedono in parallelo,
sovrapponendosi, il mondo inteso come un grande, con la tecnologia si arriva ovunque e arrivano anche gli effetti dei
cambiamenti economici, impattando differentemente nelle diverse aree.

Durante la guerra fredda c’era integrazione nel mondo occidentale, ma era limitata a questa area; per la prima volta
dopo il 1989 non di cono più differenze, mentre i paesi dell’est erano obbligati all’integrazione con la madre patria,
ora tutti Paesi del mondo partecipano al nuovo sistema, seppur con effetti diversi nelle varie aree rispetto alla risorse
a disposizione, le nuove possibilità offerte da questo sistema sono alla portata di sempre più persone, nessuno è
escluso da questo processo dirompente di integrazione economica; in questa nuova dimensione l’inclusione
economica si attua con la massima espansione (nel 1989 Cina e India sono ancora catalogati come Paesi arretrati,
dove prevaleva la miseria).

L’integrazione fa crescere l’interdipendenza, significa che crescita e crisi coinvolgono tutti, il mondo si muove
insieme (anche la pandemia dà idea di cosa significhi integrazione e interdicenda; così come il virus, circolano nel
mondo idee, conoscenze, finanze, merci, tecnologia).

Rottura degli equilibri precedenti: i nuovi attori globali


La guerra fredda garantiva un equilibrio, “equilibrio del terrore” fondato su minacce di guerra; anche dal punto di
vista rappresentava una certa garanzia, il mondo era assestato in quell’equilibrio, nel 1989 tutto questo crolla.
Cambia il contesto ed emergono nuovi attori globali, le tigri dell’estremo Oriente si fanno avanti sui mercati
internazionali, sfidando gli occidentali. Il Giappone soffre la concorrenza rispetto ai paesi emergenti, essendo stato
l’unica potenza in Oriente per anni.

Quando vengono i meno i vincoli della Guerra Fredda, i mercati internazionali possono essere sfidati da chiunque,
nuovi Paesi cercano una collazione le mondo e sul mercato internazionale, nei mercati sempre meno regolamentati
ci sono maggiori possibilità per diversi Paesi, che diventano i nuovi attori dell’economia globale, questi sono definiti
come Paesi emergenti. Gli equilibri economici negli ultimi trent’anni sono completamente mutati, l’economia globale
ha ribaltato le gerarchie. Il continente asiatico è il vincitore di questi 30 anni di sviluppo, anche i Paesi dell’Europa
dell’est, prima sotto il giogo dell’Urss, hanno assunto un ruolo emergente; anche l’Africa nel giro di pochi anni cresce.
Multilateralismo, regolamentazione, sovranità economica: le istituzioni economiche internazionali
Organizzazione mondiale del commercio, il mondo diventa multilaterale, nasce quest’organizzazione che
regolamenta i commerci e promette di poter raggiungere livelli di crescita per molti Paesi.

La rivoluzione industriale più potente, che è in grafo di cambiare con un grande impatto la storia, è quella di oggi,
capace di avviare l’economia in modo più rilevante rispetto alle altre rivoluzioni industriali in prospettiva storica, in
Oriente milioni di persone passano dalla totale miseria al benessere grazie alla scommessa industriale.
L’industrializzazione nel corso di trent’anni si è totalmente spostata verso l’Oriente, mentre l’Italia si deindustrializza,
altri paesi crescono enormemente, si riduce la potenza dei Paesi occidentali, sono sempre più i Paesi dell’Oriente a
produrre tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Si ha continuità nella centralità della potenza industriale e garantire crescita economica, ma si ha altrettanto forte
discontinuità perché le potenze industriali non sono più quelle occidentali, predomina l’Oriente, la produzione
industriale è stata decentralizzata, è un processo irreversibile, il potere eco nomico e industriale non troverà mai più
l’epicentro in Occidente.

Anche in ambito finanziario si hanno dei mutamenti, si parla di finanziarizzazione del mondo, grandi spostamenti di
capitale che possono portare a speculazione e quindi cresi, la crisi del 2008 nasce in America e per il principio di
integrazione arriva in qualsiasi area del mondo, stiamo ancora pagando l’effetto delle crisi finanziarie e che si sono
trasformate in crisi economiche.

01/12/2021

La lunga strada dell’integrazione economica europea: verso il mercato unico


Due fasi della storia europea: dal 45 all’89 ; dopo il 1980 si apre una nuova fase, è una svolta per la logica europea
che aveva debuttato con uno sguardo esclusivo volto unicamente al mondo occidentale, è costretta ad abbondonare
questa visione perché il mondo non risulta più diviso in due blocchi, una volta caduto il Muro, i paesi dell’Europa
orinatale cominciano la loro lunga marcia verso l’acquisizione di nuove forme di governo democratiche,
smantellando il sistema comunista e costruire sulla base del modello europeo occidentali i nuovi sistemi politici, e
anche a livello economico si guarda all’Occidente.

Nel primo quarantennio attraverso le scelte già descritte, del mercato comune europeo, portano a sviluppo e
ricchezza, quindi la ricostruzione dei paesi dell’Est avviene guardando a quest’esperienza. La costruzione dei sistemi
democratici dei Paesi dell’Europa orientale e del sistema di mercato è più rapida con questo modello e i contributi
dei Paesi occidentali, mentre costruire il sistema di economia di mercato e i nuovi governi, dopo la Seconda guerra
mondiale, per l’Occidente era stato un processo più complicato. L’uniformazione al modello occidentale alla fine
funziona, benché siano necessari anni. Si va verso una nuova Europa, inglobando in una grande idea di novità
sempre più Paesi.

Maastricht
Il Trattato di Maastricht rinnova il Trattato di Roma del 1957, la CECA era un accordo puramente economico limitato
ad acciaio e carbone, l’orizzonte poi si apre e si va oltre con il Trattato di Roma, che mette le basi per la nuova
Europa, vale per 35 anni; nel frattempo cambiano i rapporti e le relazioni economiche, in generale cambia il mondo.
Arriva il momento di un rinnovo, quel Trattato, che continua ad essere la colonna portante dell’Europa, va rafforzato
e reso idoneo ai nuovi tempi.

Il Trattato di Maastricht viene firmato subito dopo la caduta del Muro di Berlino, è una scommessa puntare su
questa nuova prospettiva, di inclusione. Con questo trattato si vogliono includere anche i Paesi ex comunisti per la
costruzione di una nuova Europa. L’uniformazione politica ed economica agli standard dei Paesi dell’Europa
occidentale è difficile da raggiungere, è un percorso di rinnovamento che richiede tempo.
La moneta unica
Il sistema europeo riesce a dare ai rapporti tra le monete dei Paesi appartenenti al mercato comune europeo, quella
forza e stabilità che deriva dalla garanzia di non avere svalutazioni e rivalutazioni eccessive dovute ai cambi flessibili.
Il sistema europeo è una risposta al venir meno di quelle garanzie date dal sistema di scambi fissi di Bretton Woods,
che una volta crollato genera instabilità (anche se Bretton Woods era un accordo che riguardava un numero
maggiore di Paesi). Si riescono ad evitare le fluttuazioni per recuperare la stabilità necessaria per crescere,
rappresenta di un momento di stabilizzazione e spinta alla crescita economica per i Paesi membri.

Una progressiva uniformazione in vista dell’adozione della moneta unica è una strada difficile da percorrere, anche
dal punto di vista politico, nessun Paese vuole essere penalizzato; bisogna trovare il cambio che vada bene a tutti.
Nella storia economica, secoli e secoli, non era mai successa l’adozione di una moneta unica, significa accettare di
perdere la propria moneta per confondersi insieme agli altri. Si tratta anche di un dato politico e simbolico, la
moneta storicamente fa parte dell’identità di un Paese, è un processo lungo vent’anni, ci vuole tempo anche perché
certi cambiamenti economici devono essere condivisi anche dalla gente, che deve essere preparata gradualmente a
questo, è necessario confrontarsi.

Il 2002 è l’anno dell’adozione dell’euro.

L’allargamento
Il 2004 è un altro momento importante, viene definito come l’allargamento. Gli UK entrano nel 1973, nel frattempo
si sono aggiunti altri paesi come Austria, Finlandia, Danimarca; nel 1986 anche Spagna e Portogallo (il problema era
politico, erano regimi autoritari, non soddisfacevano i requisiti di democrazia necessari per far parte dell’UE).

La grande ondata del 2004 rappresenta l’allargamento del raggio dell’integrazione economica, il mercato unico
comincia ad avere molti più attori, si moltiplica il commercio, l’apertura delle frontiere, si irrobustisce il soggetto di
Europa, cresce e si rafforza nel corso degli anni. Chi entra nell’UE acquisisce subito gli stessi diritti e gli stessi doveri,
pari opportunità rispetto agli altri membri. Con gli anni l’identità del soggetto Europa diventa sempre più multiforme,
non è più un semplice accordo economico.

Nel 2004 entrano a far parte dell’UE i Paesi ex-comunisti che hanno soddisfatto i requisiti necessari (vedi problemi
oggi in Ungheria e Polonia per il rispetto dei diritti umani), all’epoca quest’entrata significava anche sottrarre questi
Paesi alla Russia, per evitare che diventasse nuovamente un riferimento economico-politico per l’Est, anche per
questo furono d’accordo. Il Trattato di Maastricht prepara un nuovo tipo di convivenza economica che quello di
Roma nel 57 non avrebbe potuto prevedere; il Trattato firmato nel 92 guarda ad un nuovo percorso, un futuro di
espansione.

La crisi del 2008 e la tragedia greca. Il senso dell’Europa


Nel 2008 la crisi finanziaria americana dei subprime investe tutto il mondo, per molti economisti non è solo una crisi
ma un cambio di paradigma. Per quanto concerne il contesto europeo il 2008 significa un ulteriore passo verso un
peggioramento delle condizioni economiche del continente, la potenza economica dell’Europa è sempre minore.

Questa crisi economica rimette in discussione gli equilibri globali complessivi ed ha ripercussioni negative soprattutto
per l’Europa, che nell’ultimo trentennio si era molto indebolita.

A seguito del 2008 un momento particolarmente difficile per l’UE è la crisi greca, e nel 2010 la Grecia fa bancarotta,
in seguito a dei comportamenti criminali, i responsabili della politica e della finanza falsificano i bilanci statali. In
quegli si apre una riflessione che va a incontrare il senso dell’Europa, in questa situazione cosa deve fare l’UE?

Tutti i Paesi membri si impegnano per pagare i debiti della Grecia, anche se qualcuno credeva che bisognasse lasciare
il Paese al proprio destino e far uscire la Grecia dall’UE; il senso dell’Europa alla fine ha prevalso, tutt’oggi la Grecia è
ancora commissariata e deve restituire il debito, ma alla fine il Paese è stato salvato. È stato il dibattito più
drammatico dell’UE dalla sua fondazione, nonostante idee e prospettive molto diverse; ha prevalso il senso
dell’Europa che non ha abbondonato al proprio destino un Paese fratello.

Anti EU e anti Euro


Negli ultimi anni si è registrato un ulteriore declino dell’UE, questo si è tradotto in un sentimento di insoddisfazione
crescente sfociato nell’antieuropeismo e anche verso l’euro. Questo è un dibattito attuale, alcuni sovranisti vogliono
uscire dall’UE e abbandonare la moneta unica.

Nel 2016 viene eletto Trump, un forte antieuropeista, anche questo è un ulteriore indebolimento; dal 2017 inizia il
processo democratico che porterà nel 2020 all’uscita ufficiale degli UK dall’UE, la Brexit, che ha rafforzato le idee
anti-Ue ed è stato sicuramente un duro colpo per l’Unione europea.

Laddove le performance economiche non sono come nelle aspettative e portano ad impoverimento generalizzato e
alti livelli di disoccupazione, è normale che questo porti a rivedere l’idea di Europa e alimenti l’antieuropeismo.

Nuovi membri
Tutto questo ha rallentato quel processo di allargamento che dopo il 2004 prometteva di portare in UE altri Paesi.
Molti Paesi avevano iniziato a prepararsi per entrare in Ue, la storia dell’Europa ha cambiato direzione, mentre prima
attirava sempre più Paesi che premevano per entrare a farne parte e godere dei benefici, ora invece molti rivedono
le proprie idee e forse non appare più come una scelta conveniente. Il processo di allargamento si è bloccato.

Caso turco, molti volevano che la Turchia fosse ammessa, ma una volta dentro l’Ue avrebbe avuto una maggiore
rappresentanza in proporzione della sua popolazione, e questo si trasforma in scelte economiche e politiche.

07/12/2021

BRICS, MINT: i Paesi emergenti, l’iperconcorrenza. La nuova geografia globale


Per secoli i paesi dominanti sono sempre stati gli stessi, l’economia globale si connota per un cambiamento radicale,
è la prima volta in cui si parla di un ribaltamento delle gerarchie economiche, si fanno vanto i Paesi emergenti, che
non erano mai stati alla guida dell’economia internazionale. È un processo di cambiamento dinamico che non è mai
finito e va ancora oggi avanti, la logica dell’emersione economica e del cambiamento non è mai finita.

BRICS e MINT sono due acronimi coniati dagli economisti negli anni 90’, BRICS indica quei grandi Paesi che emergono
in maniera più veemente negli anni 90 riuscendo a ribaltare gli equilibri e questi Paesi sono Brasile, India, Cina,
Russia, Sudafrica. (Paesi che hanno una rappresentatività regionale)

La Russia dopo la caduta del Muro prende una strada diversa, dal fallimento economico del progetto dell’economia
pianificata, ad un nuovo percorso economico, è un paese che vuole essere un’economia di riferimento cercando di
approfittare della propria forza che gli deriva dal possedere l’energia. Il Brasile rimarrà il Paese dell’America latina più
brillante sotto il profilo economico.

Questi Paesi rappresentano aree di riferimento, India e Cina indicano quell’area estremorientale (tigri), questo
processo si allarga ad aree di riferimento sempre più vaste, Indonesia, Vietnam.

Gli economisti osservando come questa dinamica sia continua hanno coniato un altro acronimo MINT, che designa il
Messico, ricco di petrolio, si sta imponendo nell’economia globale come aveva fatto il Brasile in precedenza,
Indonesia, Nigeria che nel giro di pochi anni arriva a 500 milioni di abitanti più dell’Europa, la demografia è una leva
di potere economico, ma porterà con sé anche squilibri e problemi; Turchia a lungo ha fatto anticamera all’UE, da
alcuni accettato e da altri rifiutato, un grande Paese che fa da ponte tra Europa e Asia, oggi sembra aver
abbandonato la volontà di entrare in UE e si avvicina ad un’affermazione individuale del potere.
C’è un mondo che si muove sempre di più, e anche una controparte che emerge sempre meno, il continente
europeo, soffre il fatto che l’economia globale brulichi di queste realtà che cercano di imporsi, dall’altra parte ci sono
realtà statiche e, anzi, l’Europa rischia di arretrare.

Questi Paesi portavano aventi una strategia di iperconcorrenza, cioè portare una concorrenza sempre più rude e
selvaggia nei mercati internazionale, cercando la sfida con i Paesi occidentale che detenevano il potere storicamente,
questo investe anche il Giappone che risente della forza dei Paesi emergenti in Oriente.

Viene costruita una nuova geografia globale, ha cominciato a cambiare e tutt’ora continua a cambiare, è mutevole e
destinata ad essere variabile.

Commercio internazionale ed equità


L’apertura massima che ha vissuto l’economia globale in questi trent’anni, accedendo ad una libera circolazione di
merci, capitali, persone, si è tradotta in una nuova dimensione del commercio che possiamo, oggi, definire
realmente globale, l’Organizzazione mondiale del commercio raggruppa quasi tutti i Paesi del mondo e riflette quindi
questa realtà.

In questi trent’anni questo è stato uno strumento per sviluppare l’iperconcorrenza e acquisire sempre maggiore
potere, le regole del commercio internazionale hanno permesso a sempre più Paesi di emergere, è pur sempre un
contesto fortemente regolamentato, è uno strumento di ricchezza e cambiamento economico che non è lasciato a se
stesso; le regole dovrebbe portare ad una equidistribuzione delle opportunità e uniformazione dei comportamenti
economici su scala planetaria, la regolamentazione è unica per tutti, non ci sono differenze sulla base del potere
economico, e questo è indubbiamente un tratto democratico, non ci sono differenze a seconda delle ricchezza dei
vari Paesi.

Il commercio non riguarda solo le materie prima, ma anche servizi, tecnologia, brevetti industriali, beni immateriali
che fanno riferimento a sevizi tecnologicamente avanzati.

Al tempo stesso però tenere ferma la logica dell’uniformazione, un’unica regolamentazione per tutti, ha portato ad
un ampliamento delle disuguaglianze economiche, possiamo dire che in generale anche i Paesi più poveri sono
riusciti ad accedere a nuove opportunità per crescere, d’altro canto i Paesi più potenti e capaci a sfruttare le
opportunità economiche si sono avvantaggiati di più rispetto ai più poveri, i grandi Paesi hanno migliorato le loro
condizioni molte volte di più rispetto ai più poveri (es. la Germania c he crea camere di commercio tedesche in Ciane
per stabilire un ponte con l’Oriente).

Si è posto un problema di equità commerciale, alcuni economisti hanno ipotizzato che sarebbe più equo e darebbe
la possibilità di diminuire le disuguaglianze economiche tra i vari Paesi un trattamento differenziato, tra Paesi più
potenti e Paesi più poveri.

Gran parte del cambiamento passe tramite il commercio internazionale, oggi ormai del tutto del globale, grazie al
cambiamento che si è verificato nel corso degli anni.

Dalla manifattura alla tecnologia


La Cina è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, creando degli squilibri. La Cina non produce
solo beni manifatturieri di uso comune (penne, quaderni ecc.), molto basici quindi produzioni facili, quella è stata la
prima fase della loro imposizione, ed è ancora la prima fase degli altri Paesi emergenti che sanno di poter battere la
concorrenza in questo ambito avendo costi di produzione più bassi rispetto all’Occidente.

Però emergono sempre nuovi Paesi capaci di produrre a costi sempre inferiori , e questa rappresenta una spinta a
specializzarsi a spostarsi in nuovi settori con maggiori investimenti, la Cina è diventata la “manifattura del mondo”
anche grazia a beni di facile riproduzione, è stata per anni capace di arricchircisi in questo modo, questi Paesi
emergenti sono stati costretti a specializzarsi sempre più in nuovi settori, al logica dell’iperconcorrenza porta ad una
logica di crescita costate, arriva sempre qualcuno che riesce a prendere quel posto.
Si inizia a competere su mercati più avanzati, che richiedono maggiori conoscenze, in ambito tecnologico e nuove
innovazioni.

I Paesi dell’Occidente riescono a tenere nelle loro mani i prodotti dei beni strategici, che necessitano know-how, i
beni tecnologici, per

Un nuovo mercato del lavoro globale: corsa ala ribasso e sfruttamento, precarietà
Questa corsa all’iperconcorrenza, al ribasso, ristruttura il mercato globale del lavoro, spostando quantità di
occupazione verso il mondo che emerge, togliendo occupazione al mondo occidentale che invece rallenta.

Ci si sfida dal punto di vista dei costi, il mercato del lavoro si è totalmente stravolto, con uno spostamento della forza
e dell’industria verso questi Paesi e quindi anche dell’occupazione. Questo porta a disoccupazione nei Paesi che non
riescono a stare al ritmo dei Paesi emergenti.

Questa corsa al ribasso, che richiede minori costi di produzione sempre più si traduce in una corsa allo sfruttamento,
il costo del lavoro rientra in questi costi che devono essere compressi. I salari dei paesi emergenti rischiano di essere
sempre più bassi e le condizioni di lavoro sempre peggiori, senza protezioni e tutele. Si rischia che il mercato del
lavoro diventi una giungla, sfruttando il lavoro dell’operaio perché la corsa al ribasso dei costi di produzione ha delle
vittime, che sono i lavoratori. L’Organizzazione internazionale del lavoro controlla i diritti e le condizioni dei
lavoratori, e in queste aree c’è lo sfruttamento, è una questione aperta, ma anche nel nostro continente,
l’esperienza dei riders si rifà a questo, sono lavori nuovi, precari, non tutelati.

Il tema delle disuguaglianze economiche


Oggi milioni di persone catalogate come povere hanno migliorato le loro condizioni, lo stato globale delle
disuguaglianze economiche è migliorato nel mondo, non solo rispetto alla ricchezza personale, ma anche rispetto ad
altri indicatori come il tasso di alfabetizzazione, la connessione a internet, accesso all’acqua potabile.

Il problema naturalmente non è risolto, è una questione molto centrale a cui tutt’oggi lavorano gli economisti, e il
quesito è “la globalizzazione ha migliorato o peggiorato le condizioni di disuguaglianze? Si riuscirà a risolvere questo
problema grazie all’economia globale?”

L’economia globale è stata in grado di permettere, negli ultimi trent’anni, di emanciparsi economicamente entrando
nei cosiddetti ceti medi, riducendo l’area della povertà che prima era più ampi. D’altro canto, ha acuito la povertà dei
Paesi che non sono riusciti ad emergere, il gap tra le persone che riescono a migliorare le proprie condizioni e chi
invece non è riuscito a sfruttare queste opportunità è sempre maggiore, ci sono meno poveri ma chi è povero si
impoverisce sempre più. Per la prima volta questo tipo di polarizzazione si sposa a delle condizioni di fondo che sono
migliorate, ma d’altra parte chi è povero continua a perdere.

Migranti
L’economia globale significa libera circolazione, mercato aperto di tutto, tutto ha la massima mobilità. Questa
circolazione libera deve interessare anche le persone umane, parlando di un mondo “piatto” dove ci si può spostare
e ogni tipo di merce circola liberamente, come si fa a mettere vincoli ed impedire all’essere umano di circolare
liberamente come i beni che produce, i capitali che investe, questo mondo piatto che permette la libera circolazione
a tutto ha portato anche ad una quantità di spostamenti enormi che non c’erano mai state, e questo ha portato a
sconvolgimenti enormi.

Quello che sta avvenendo adesso è un dato stabile che ci sarà sempre, non si tratta ad un’emergenza destinata ad
essere superata, questa sarà la condizione stabile del mondo per i prossimi decenni, dobbiamo fare i conti con
umanità che si sposta, (cervelli in fuga, quindi un’emigrazione di alto livello, in cerca di opportunità migliori, poi c’è
l’emigrazione di basso livello, di coloro che sfuggono alla guerra, alle dittature, che scommettono sulla propria vita
cercando di migliorala altrove).

14/12/2021

Due giganti con storie diverse, Civiltà millenarie: il comunismo di Mao e l’indipendenza dagli inglesi
Cina e India, sono civiltà millenarie, ed erano molto avanzate mentre in Occidente c’era ancora arretratezza. Vengo
da una storia che li ha viste tra le aree del mondo più avanzate. Quando Alessandro Magno va in India scopre una
civiltà che riesce a colpirlo per la sua raffinatezza e grande sviluppo. Marco Polo in Cina riporta le cose straordinarie
di questa civiltà.

La Cina a partire dal 1949 entra nel mondo comunismo con Mao Zedong, i cinesi danno una spinta allo sviluppo del
comunismo nella metà del XX secolo, un sistema che si allinea rispetto ai criteri di economia pianificata dell’Urss,
negando i principi dell’economia di mercato.

È stato un fallimento per le promesse che il comunismo aveva diffuso e l’incancrenimento delle difficoltà del Paese
che non saranno a lungo risolte. Nel 1980 il Paese è ancora un Pese dalle grandi potenzialità che il comunismo non
riesce a far decollare, anzi ha portato ad un isolamento economico e politico del Paese.

Nella seconda metà del 900 l’India che si trova in una situazione simile, è il Paese più popoloso e dalla sua
indipendenza nel 1947 diventa una nazione autonoma, “la più grande democrazia del mondo”, è il primo grande
passo della decolonizzazione. La Gran Bretagna lascia un’impronta democratica nell’India, nel 1947 non cambia la
sua impostazione politica e anche economica.

Sono due storie che per certi versi coincidono, ma percorrono strade diverse, regime del comunismo e autonomia
dalla madre patria coloniale e avvento della democrazia.

Fino agli anni 80 sono due Paesi che non fanno parte delle grandi potenze, sono Paesi in cui si vive in miseria, stanno
ai margini della storia, i protagonisti sono est e ovest Urss e Usa, sono fuori da queste dinamiche.

Deng e il distacco indiano dall’Urss


Alla fine degli anni 80 il successore di Mao è un altro funzionario comunista, Deng, è un rivoluzionario, capisce che è
necessario avere rapporti con le altre potenze per emanciparsi dalle condizioni economiche arretrate. Per la prima
volta apre il paese ad investimenti esteri che permettano al Pease di avviarsi sulla strada dell’industrializzazione. La
Cina di Mao è un paese agricolo che fatica a mantenere la sua popolazione, per la quale si prospetta una vita di
miseria e di difficile sopravvivenza economica.

Occorre superare la prevalenza dell’agricoltura e aprirsi agli altri Paesi, e avvia degli esprimenti sulla base di aree che
sono quelle oggi più avanzate, quelle zone della parte orientale della Cina, quella più economicamente vivace del
paese (come Shangai), offendo un serbatoio di manodopera formidabile e invitando le aziende ad impiantarsi queste
opere, Deng apre le porte alle imprese dell’Occidente, offre di pagare poche tasse, niente questioni ambientali, e
tanta manodopera (anche se gli operai non avevano conoscenza e bisognava istruirli).

Deng vuole che le imprese portino la rivoluzione industriale nel Paese, i settori industriali dopo il 1980 iniziano a
fiorire in Cina. È la nascita della delocalizzazione che porta disoccupazione in Occidente, le imprese occidentali si
spostano in Cina, con costi bassi, minori costi di produzione e manodopera, i paesi dell’Occidente perdono peso
industriale perché lo trasferiscono alla Cina. Un paese così enorme, sulla base di un intervento esterno.

Impostano l’inizio della propria rivoluzione industriale su una produzione più semplice, la gente comincia a confluire
in quelle aree di riferimento in cui si concentrano i primi investimenti, dalla fine degli anni 80 il Paese si è voluto, il
Paese ha raggiunto una piana industrializzazione.

La rivoluzione comincia dalle manifatture semplici a cui anche gli operai inesperti riescono ad adeguarsi; man mano
che imparano il know-how si specializzano e diventano in gradi id produrre beni più sofisticati sotto il profilo
tecnologico, la Cina oggi ha alcune tra le migliori università al mondo e competono con le grandi università
americane. È stato un arco di crescita che ha toccato tutti i settori.

Dal punto di vista sociale nasce il più grande ceto medio del mondo, lento adeguamento di milioni di persone agli
standard di vita occidentali. L’immagine della Cina cambia in un tempo molto breve. Tante case automobilistiche
mondiali hanno aperto una filiera di produzione in Cina o addirittura si sono trasferite in questo paese perché hanno
un maggiore guadagni, i ceti medi di quel Paese sono in grado di assorbire la produzione, i mercati occidentali sono
più saturi di quelli dei Paesi emergenti.

In trent’anni il Paese è riuscito a dominare la prospettiva economica futura, esempi di una tale rapida crescita
economica e significativa dal punto di vista del successo economico, nell’intera storia economica casi del genere non
ce ne sono.

La Cina oggi sotto il profilo economico ha assunto tutti i parametri dell’economia capitalistica, estremizzando lo
sfruttamento industriale, dopo il 1980 la Cina sposta definitivamente una prospettiva economica capitalistica. Nel
2001 entra nell’Organizzazione mondiale del commercio. Le porte che Deng ha aperto sono sempre rimaste aperte.

Il Paese però dal punto di vista politico non ha mai cambiato strada, è ancora un Paese comunista. La Russia e i Paesi
dell’Est con la caduta del Muro abbandonano il regime comunista e l’economia pianificata. La Cina ha inventato un
sistema e dei valori diversi dalla storia del capitalismo occidentale, un Paese che rifiuta libertà e democrazia è aperto
sotto il profilo economico, la storia del capitalismo occidentale è una stoia di democrazia e libertà politica ed
economica, ma questa non è la storia della Cina.

È nato un sistema politico economico diverso con i Paesi emergenti.

Coesione Han e conflitti etnici indiani, la nuova strada della seta Bangalore: prospettive divergenti
L’India è un enorme Paese in cui i conflitti etnici e religiosi giocano un ruolo importante, rispetto alla coesione cinese,
e questo impatta dal punto di vista economico.

Anche l’India ha attirato investimenti economici e tecnologici, a Bangalore l’india ha emulato la Silicon Valley
americana, gli indiani hanno scommesso sulla tecnologia, e gli ingegneri tecnici e i medici indiani sono tra i migliori
del mondo.

Alla fine Chindia?


Se un domani Cina e India, si unissero (sul modello dell’integrazione economica europea), mantenendo le proprie
identità ma integrando i mercati, la popolazione di Cina e India insieme raggiunge abbondantemente i 2 miliardi.
Diventerebbero i protagonisti dell’economia globale.

15/12/2021

Subprime crisis settembre 2008: come il 1929?


Nel settembre 2008 succede qualcosa che dalla gran parte degli osservatori fu sottovalutato, è un momento
preoccupante perché una serie di grandi imprese americane falliscono, di solito si fa riferimento ad una grande
corporation finanziaria la Lehmann Brothers (15 settembre), diventa il simbolo del crollo americano del settembre
2008. Una grande impresa che aveva investito male ritrovandosi con quelli che, da questo momento poi, verranno
definiti come titoli “tossici”; non era però un caso unico, infatti in parecchi stavano chiudendo, non è la crisi di
un’unica impresa.

Non è semplicemente una crisi finanziaria come ce n’erano già state, perché c’era un problema alle spalle, cioè i
subprime (oggi c’è un meccanismo di prestito consolidato in USA per far studiare i figli nei college, e oggi gli
americani pensano che questo possa creare una bolla finanziaria pronta ad esplodere come nel 2008). La crisi del
2008 riguarda i mutui immobiliari (subprime), la gente non riesce più a pagare i prestiti, di fronte ad un
apprezzamento del dollaro, i valori cambiano e di conseguenza anche le rate del mutuo che mettono in difficoltà la
gente e questo diventa un problema delle banche, questa si trasforma in una vera e propria crisi finanziaria cui le
banche non sono riuscite a reagire.

Non è un problema che nasce nel 2008, ma si sviluppa negli anni, questo problema unito alla logica degli
investimenti finanziari tossici erano anni che appesantiva il circuito finanziario americano, e quindi quello mondiale.
Alcuni studiosi hanno messo in risalto come questo si potesse capire o addirittura evitare.

Molti hanno pensato ad analogie rispetto al 1929, la crisi di Wall Street che ha portato a grandi cambiamenti
(Roosevelt, Keynes).

Un punto di rottura: la seconda fase della globalizzazione


Da una crisi finanziaria americane nasce una grande crisi economica che rappresenta uno spartiacque. Secondo molti
rappresenta l’inizio della seconda fase della globalizzazione, globalizzazione iniziata cona la caduta del Muro di
Berlino, e sarebbe già arrivata alla seconda fase successivamente al 2008, non è una stata solo una parentesi, non si
può più tornare indietro, bisogna guardare ad un futuro diverso. (anche il 2001 rappresenta un momento di crisi,
l’attentato militare causò anche problemi dal punto di vista finanziario, ma quella crisi fu assorbita dall’economia
globale).

Deregolamentazione finanziaria, speculazione, ci rimettono sempre i poveri


I primi a rimetterci sono i poveri in un mondo fatto di deregolamentazione finanziaria e speculazione finanziaria che
portano al 2008, è un mondo che viene dalla svolta neoliberista degli anni 80, che porta alla nascita di una finanza
aggressiva che combinata agli strumenti che la rivoluzione informatica mette a disposizione di chi vuole investire in
borsa fa aumentare la speculazione che fa esplodere il mondo finanziario (crisi degli anni 80, 90), con grandi
guadagni e grandi rovine, però i rischi pesano sempre sulle spalle dei più deboli.

Il 2008 produce un enorme quantità di nuovi poveri, non solo chi non riesce più a pagare il mutuo e perde la casa, i
più deboli risentono degli effetti che il neoliberismo apporta al mercato, la deregolamentazione che porta agli eccessi
di una finanza selvaggia. Non è tutto negativo, una parte dell’idea di deregolamentazione ce la siamo portati dietro
trasformandola in liberalizzazione dei mercati, un’idea democratica e di modernità, progresso per arrivare ad una
giusta e libera competizione però secondo una regolamentazione per poter aver avere le stesse opportunità e gli
stessi diritti.

Il 2008 è il punto massimo al quale arriva la corsa del neoliberismo fino al crollo (come il 1929 che rappresenta la fine
della grande stagione liberale, di stampo smithiano, dopo si apre la nuova stagione dell’economia mista), la
deregolamentazione finanziaria (definita anche come “casinò economy”) arriva ad un punto di arrivo, con il 2008
termina una stagione iniziata negli anni 80. La finanza non può essere un gioco d’azzardo, ma deve essere il circuito
che alimenta l’economia, nel 2008 tutto questo viene meno.

Come tornare a crescere: ruolo dello Stato, austerity, quantitative easing


In America, subito dopo la crisi, si sviluppa un nuovo dibattito, in America ci sono delle imprese talmente grandi che
non si possono far fallire “too big to fail”, altrimenti si arriverebbe ad una crisi insostenibile. Alcune grandi imprese
vengono salvate dallo Stato (come nel 29’, è un evento raro, gli americani hanno da sempre il culto del mercato
libero, dell’individualismo; il presidente democratico Clinton negli anni 90 cancella una legge di Roosevelt per
contenere i rischi finanziari, eleminando un vincolo alle speculazioni finanziarie, aprendo una stagione di azzardi
finanziari che culminano nel 2008).

Il 2008 crea grandi disuguaglianze che sopravvivono tutt’oggi (fra il 2010 e il 2011 fallisce anche la Grecia). Con il
2008 cambia significativamente il ruolo dello Stato, che nella fase neoliberista era stato accantonato, e che adesso
viene rivalutato, è necessario un intervento statale per recuperare la situazione critica che segue il 2008.
Quindi il 2008 rappresenta anche da questo punto di vista un momento di rottura rispetto alla fase neoliberista, e
che porta ad una riscoperta forte dello Stato.

Negli anni immediatamente successivi si impone la politica economica dell’austerity, cioè di fronte alla crisi si cerca
di limitare le spese, dall’altro lato però, se nessuno spende si arriva ad un ristagno dell’economia, si ha un taglio ai
debiti ma non si riesce neanche a dare un incentivo all’economia.

Si sceglie di rischiare un minimo aumentando la liquidità, per dare sostegno all’economia. La BCE (corrispettivo
europeo delle varie banche nazionali, Banca d’Italia, Deutsche Bundesbank, Banque de France, Federal Reserve che è
la banca centrale americana, una guida non scritta dell’economia mondiale) detta i principi a livello europeo; quando
Draghi diventa Presidente della BCE inverte la rotta dando un taglio alla politica dell’austerity per favorire la crescita
economica. Draghi sperimenta il “quantitative easing” che avrà successo, consiste aumentare la liquidità del sistema
economico (l’imprenditore va in banca e chiede 5000 euro per mettere su un’impresa, con il regime di austerity
questo viene impedito e significa anche non permettere di creare prosperità), affinché si comincino a ricreare nuove
opportunità economiche, ovviamente senza rischi eccessivi.

Un problema occidentale. Forgotten men e crisi del ceto medio: le nuove disuguaglianze
Soprattutto dentro alle società avanzate si registra un aumento della povertà a seguito della crisi del 2008, persone
che fino a quel momento non avevano vissuto in condizioni di povertà, quelli che vengono chiamati “forgotten men”,
coloro che vengono lasciato indietro, persone che avevano una casa che perdono per insolvenza del mutuo, quelli
che avevano un lavoro e che la competizione globale schiaccia contro il muro della disoccupazione.

Deindustrializzazione dell’occidente, si apre una questione occidente, sono i blue collars, cioè gli operai che soffrono,
non c’è più bisogno di loro perché le produzioni si spostano verso l’Oriente (es. produzione dell’acciaio che da
Pittsburgh si sposta a Chongqing in Cina), per un Paese che emerge un altro inizia a perdere, è la crisi del ceto medio,
persone che venivano da una situazione di relativa prosperità, la prosperità di una classe che se l’era guadagnata
negli 50, 60, con la prima occupazione industriale, viene meno anche la forte identità di quella classe che aveva
contribuito allo sviluppo.

Populismo, neoprotezionismo, sovranismo, rancore


Lo Stato non può salvare tutte le imprese che si trovano in difficoltà, questa nuova situazione di crisi genera rancore,
porta a rivolgersi verso nuove soluzioni protezioniste, sovraniste, di chiusura, questo significa anche tagliare i
rapporti internazionali. E questo sicuramente non porterebbe ad un nuovo sviluppo economico, è l’integrazione che
porta alla prosperità.

L’unica esperienza di protezionismo esasperato si ha negli anni 30-40, gli anni della Seconda guerra mondiale, e
rappresentò un momento di drammatico impoverimento.

Queste nuovi orientamenti derivano da motivazioni economico sociali, dalle difficoltà delle persone, impoverimento
dovuto alla decrescita economica, una società in difficoltà.

Il Covid: globalizzazione finita?


La pandemia ha generato una situazione di crisi, di nuove chiusure, si deve pensare ad un sistema economico
diverso. Il sistema economico deve incorporare al suo interno anche le misure per fronteggiare una pandemia.

Potrebbero piacerti anche