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GEOGRAFIA DELLE COMUNICAZIONI E DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Alcuni concetti chiave: •SPAZIO •TERRITORIO/ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE •AMBIENTE


•SCALA GEOGRAFICA •TEMPO
La geografia analizza tutti i fenomeni nel contesto spaziale
La geografia fino a poco tempo fa andava a vedere a geografia degli oggetti nello spazio:
longitudine latitudine  e li rappresentava sulla carta geografica faceva riferimento ad un’ idea
di spazio assoluto identificando la posizione degli oggetti geografici  geografia nozionistica  in
realtà di assoluto nello spazio c’è poco
Concetto di distanza distanza funzionale  una distanza che non si misura più in termini di Km
ma si misura in termini di tempi di percorrenza o in termini di costo del trasporto
Oggi la geografia non si occupa degli oggetti geografici in sé ma delle relazioni tra questi spazi
oggi studiamo lo spazio geografico  spazio geoeconomico

 i flussi collegano tutte le diverse parti del nostro


pianeta ma ci sono zone con dei flussi commerciali più concentrati anche flussi turistici quindi di
persone flussi commerciali collegano un po’ tutto il pianeta ma ci sono aree con flussi molto più
densi e concentrati  relazioni orizzontali flussi finanziari si spostano in maniera immateriale :
spostamenti immateriali anche flussi di notizie
Relazioni verticali o relazioni ecologiche legano un oggetto geografico(impresa) al luogo in cui
è localizzata dall’insieme di queste due relazioni (orizzontali e verticali) che noi veniamo a
definire qualcosa di più dello spazio geografico Organizzazione territoriale  es.

Organizzazione territoriale 
Ambienteè un componente del territorio  ambiente parliamo di ecosistema relazioni
verticali e orizzontali
Scala geografica tutti i fenomeni di cui abbiamo parlato ora non canno visti solo in relazione allo
spazio ma anche in relazione alla scala geografica  è il rapporto tra una lunghezza che io misuro
sulla carte e quella reale ogni fenomeno ha una sua scala o più scale
Tempo quello che è oggi l’organizzazione territoriale della nostra città dipende anche
dall’utilizzo di altri mezzi di comunicazione eccspazio-tempo sono strettamente collegati tra loro
La Globalizzazione: “annullamento” Spazio-Tempo si stia manifestando una sorta di
annullamento di spazio e tempo ( giorno d’oggi) la distanza sicuramente si riduce ma spazio e
tempo non si annullano  Diffusione globale di prodotti  soprattutto delle grandi multinazionali
QUANDO PENSIAMO ALLA GLOBALIZZAZIONE•«ANNULLAMENTO SPAZIO-TEMPO» PER EFFETTO
DELLE NUOVE TECNOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE •DIFFUSIONE GLOBALE DI PRODOTTI E
SERVIZI •PRODOTTI «SIMBOLO» DI GRANDI MULTINAZIONALI: COCA-COLA ,MCDONALD’S, APPLE,
MA ANCHE NUTELLA, BENETTON, LENOVO … •OMOGENEIZZAZIONE DEI GUSTI E DELLE CULTURE
E FORMAZIONE DI «NON LUOGHI» (AUGE’) luoghi che sono tutti un po’ delle fotocopie dove ci
sono grandi masse di persone ma che hanno poco scambio
M. McLuhan (1964) Metafora del «Villaggio globale»
T. Levitt (1983) Integrazione economica su scala mondiale entrambe queste due definizioni
sono oggi un po’ superate nella globalizzazione non c’è solo la dimensione economica 
•«Cambiamento di scala nell’organizzazione di molti fenomeni…Ampliamento, intensificazione e
accelerazione delle relazioni tra soggetti localizzati in differenti aree del pianeta, che coinvolge più
dimensioni (economica, ambientale, culturale …) Esito di un percorso storico ….» (Dematteis et al)
 globalizzazione non è un fenomeno completamente nuovo è il risultato di un processo
storico molto lungo fattore tempo importante  diverse fasi di globalizzazione  oggi
addirittura alla 3° 1° dopo la rivoluzione industriale  si è aperto un primo spazio commerciale
molto importante (enorme)  lungo periodo di continua crescita dei flussi commerciali 
all’inizio solo 1 soggetto: ovvero l’impero britannico  andando al 900’  2° fase di
globalizzazione si lega alla nascita e al progressivo sviluppo del fordismo e la nascita delle imprese
multinazionali  la fase che parte dagli ultimi decenni del 900’ e che arriva fino ad oggi
strategie di multinazionali diventano strategie anche di imprese di media dimensione  sviluppo
telecomunicazione ecc.. processi di liberalizzazione  accessi ai mercati  meno barriere
•«Aumento delle interdipendenze territoriali in cui giocano un ruolo rilevante la scala globale e
quella locale» (Veltz, 1998)  la globalizzazione non ha portato solo ad un’ omogenizzazione 
ma anche a delle contrapposizioni  per certi aspetti ha spinto la scala locale  contaminazione
del locale e globale • «Il fenomeno della globalizzazione può essere interpretato come
un’esperienza sociale: compressione spazio-temporale» (Harvey, 1989)  c’è una parte del
mondo che anche non è ancora esattamente entrata in questa riduzione spazio-tempo
esperienza soggettiva
Le diverse dimensioni della globalizzazione Economia •fenomeno urbano •flussi: migrazioni
.. turismo •geo-politica
. •scienza-tecnologia •ambiente
…… •modelli culturali
Globalizzazione economica  all’interno della quale si inserisce il commercio internazionale
andiamo alla ricerca di indicatori e dati statistici che ci consentono dimostrare empiricamente
l’esistenza di questo fenomeno  commercio internazionale 
LA GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA: MISURAZIONE E CHIAVI DI LETTURAOBIETTIVI DIDATTICI
Comprendere attraverso quali indicatori si descrive/misura la globalizzazione dell’economia
Acquisire un quadro generale della geografia del commercio mondiale e degli investimenti diretti
esteri e della loro evoluzione nel tempo Comprendere le cause che spiegano la globalizzazione
economica, e lo sviluppo del commercio internazionale in particolare, utilizzando come chiave di
lettura il concetto di divisione internazionale del lavoro Saper collegare: globalizzazione
economica, sviluppo del commercio internazionale ed evoluzione dei trasporti e delle
comunicazioni
 al centro il concetto di divisione
internazionale del lavoro frammentazione della produzione  ha a che fare soprattutto con gli
scambi commerciali e con il commercio estero perché frazionare la produzione vuol dire che poi i
prodotti/pezzi/materiali ecc.. si muovono nello spazio globale e vanno ad incrementare il
commercio internazionale  non è l’unica causa che spiega la crescita degli scambi commerciali
altro fattore molto importante sono i trasporti e le nuove tecnologie  informatica e
telecomunicazioni importantissime sono anche le politiche di liberalizzazione hanno aperto il
sistema degli scambi  dietro questi processi ci sono degli attori  dietro ad esempio ai trasporti
vi è l’innovazione tecnologica  dietro la divisione internazionale del lavoro vi sono le grandi
imprese multinazionali dietro le politiche di liberalizzazione vi sono le organizzazioni
sovranazionali
Flussi del commercio internazionale noi li vediamo statisticamente rappresentati tramite i
paesi in realtà tramite le imprese (es. distrettuali) sul nostro territorio
Ciò che caratterizza la globalizzazione dell’economia è la crescita di tutti e tre questi indicatori 
espansione degli scambi commerciali, crescita degli Investimenti diretti esteri e crescita dei flussi
finanziari 
Scambi commerciali All’inizio le società umane scambiavano tramite il baratto i teorici delle
globalizzazioni sostengono che sia tramite la rivoluzione industriale che si ha avuto un’apertura
degli scambi commerciali internazionali questo processo poi prosegue nella prima metà 900
commercio mondiale inizia a crescere in maniera significativa dopo la 2° guerra mondiale nel
secondo dopo guerra che iniziano a crescere i flussi commerciali soprattutto mano a mano che
ci avviciniamo alla fine del 900  fase di globalizzazione dell’economia soprattutto negli ultimi
2 decenni del 900 il commercio internazionale cresce mediamente del 6% l’anno mentre il pil del
3%  cresce il doppio del pil  negli anni successivi al 2° dopoguerra  cambia anche quella che
è la composizione dell’esportazione di merci anni 50 si esportavano soprattutto prodotti
dell’agricoltura  artigianato percentuale bassa nei flussi del commercio internazionale dal 2°
dopoguerra ad oggi ciò che si nota è la perdita significativa della percentuale d’esportazione
dell’agricoltura  perdita d’importanza dell’agricoltura in molte economiesoprattutto nei paesi
più sviluppati  aumenta invece la quota dei prodotti manufatturieri
Altro aspetto dentro al 70% prodotti manufatturieri oggi non ci sono soltanto prodotti finiti
dentro la tipologia dei prodotti manufatturieri  anche pezzi che si scambiano le imprese per poi
comporre i prodotti finiti
Ciò che è evidente è che oggi man mano che ci avviciniamo ai nostri anni non siamo più in grado di
vedere un brand unico di crescita es. dopo 2008 brusca caduta delle esportazioni  2008/2009
grave caduta/perdita poi crescita poi perdita ecc questo andamento del commercio
internazionale è il segnale che il commercio internazionale stia un po’ rallentando si sta
contraendo  secondo alcuni autori si, secondo la WTO nola caduta del commercio
internazionale dal 2005 al 2016 la WTO la spiega facendo riferimento anche alla grossa caduta che
ha avuto in quegli anni il prezzo del petrolio e i prezzi di molti beni  sull’espansione degli scambi
commerciali pesano anche queste nuove guerre commerciali Stati Uniti-Cina  Stati Uniti---
Europa  minacce da parte degli USA di alzare i dazi doganali  sia nei confronti dei prodotti
cinesi sia europei ciò blocca un po’ lo scambio anche gli altri paesi di conseguenza fanno la
stessa cosa prima periodo di apertura del commercio degli scambi fino a qualche anno fa il
quadro mondiale sembrava abbastanza fisso ora sembra muoversi negli ultimi anni
Anche i servizi  all’interno del commercio internazionale sono cresciuti moltissimo negli ultimi
anni  flussi dei servizi  commercio dei servizi  condizioni ben diverse negli ultimi anni ha
superato i 5 miliardi di dollari il trend è lo stesso anche se numeri diversi crescita crescita
caduta e poi assestamento piccola caduta e ripresa
Geograficizzare questi trend quali sono le aree che gestiscono le esportazioni mondiali di
merci 3 macroaree gestiscono ciò che sono le esportazioni mondiali di merci

controllano quindi il commercio internazionale


da un punto di vista geografico il commercio internazionale si polarizza attorno ad una triade
che è costituita dall’Unione Europea, Asia Orientale (soprattutto Cina e Giappone) e dall’America
Settentrionale (soprattutto USA)  all’interno di questa triade che controlla il commercio
internazionale osserviamo che all’interno ci sono spostamenti  e notiamo che sia UE che USA
con gli anni hanno perso quote di mercato (riduzione) aumenta invece la quota dell’Asia
Orientale attraverso questi dati leggiamo quindi uno spostamento del baricentro dell’economia/
degli scambi /della produzione verso l’Asia  Asia Orientale
Se andiamo a vedere per paesi quali sono i maggiori esportatori mondiali di merci sempre in
termini di quote di mercato  i primi 10 soprattutto Cina vede crescere le sue esportazioni tra
2003 e 2018  diminuiscono quasi tutte le quote di mercati dei paesi più sviluppati anche quota
di mercato Italiana si è ridotta
Flussi degli scambi globali di beni  più intensi tra i poli della triade più forte intensità di scambi
Investimenti diretti esterisono flussi di investimenti che soggetti che chiamiamo investitori
realizzano in paesi diversi rispetto a quello in cui ha sede la loro attività e che sono finalizzati
all’acquisizione di una partecipazione durevole in un’impresa estera o alla costituzione di una
filiale Partecipazione durevole vuol dire che l’investitore non ha un interesse solo speculativo
ma ha un interesse anche in quella che è la gestione dell’impresa e il management dell’impresa
che va ad acquisire  investimento che in genere è pensato nel medio o nel lungo periodo  in
termini concreti si parla di essa quando l’impresa acquisisce almeno il 10% delle azioni ordinarie
della nuova società che va ad acquisire azioni che hanno diritto di voto o una quota analoga di
diritto di voto nel caso di aziende che non sono società per azioniquesta tipologia: l’acquisizione
di una partecipazione durevole fanno riferimento fusioni o acquisizioni e vengono chiamati anche
investimenti brownfields mentre dall’altra parte investimento diretto estero tramite la
creazione di una filiale all’estero investimenti greenfields  vado su un terreno ancora
inesplorato  statisticamente gli investimenti sono misurati come flussi di esportazione ed
importazione investimenti diretti esteri in entrata ed uscitainvestimenti diretti esteri sono
l’espressione più significativa dell’attività delle imprese multinazionali e sono accanto al
commercio estero una delle dimensione della globalizzazione perché vengono fatti?  per quali
motivi vengono fatti investimenti diretti esteri  all’inizio venivano fatti per l’acquisizione di
materie prime e risorse energetiche  ora invece questi investimenti sono orientati all’ingresso in
nuovi mercati investimenti di tipo orizzontale questi hanno rapporto diretto con il commercio
estero perché sostituiscono i flussi di esportazione  impresa che vuole entrare in un mercato
estero o esporta o va a produrre direttamente là  in questo modo sostituisce il flusso di
esportazione ridurre anche il prezzo di trasporto-ridurre tutti i rischi causati dall’esportazione-
baipassare barriere con i dazi-adattarsi meglio al mercato locale essendo lì si conosce meglio il
mercato locale e si può adattare la propria produzione
Investimento diretto estero può essere realizzato per acquisire quelli che si chiamato degli asset
strategici  es. una tecnologia che noi non abbiamo
Altra modalità di investimento andare all’estero per abbassare i costi di produzione
delocalizzazione produttiva
Si frazionano gli imput e questo va poi ad incrementare il commercio estero  sono processi ben
diversi che hanno rapporti diversi con il commercio estero
L’impresa ha solo l’investimento diretto estero per entrare nel mercato estero
come fanno le piccole-medie imprese che non hanno capacità finanziarie o risorse sufficienti  Si
può entrare all’interno del commercio estero senza investimenti diretti esteriRicorrendo alle
subforniture internazionali affidare parte della produzione ad un subfornitore localizzato
all’estero per abbassare i costi di produzione ma senza fare nessun investimento è un contratto
e le due imprese rimangono giuridicamente indipendenti ed è un rapporto che può essere reciso
Gli investimenti diretti esteri esplodono negli ultimi decenni del 900’
Ultimo anno caduta verticale degli investimenti diretti esteri secondo gli analisti sono
responsabili ancora gli Stati Uniti  Trump politica degli investimenti
Principali investimenti si dirigono (in entrata) verso UE, America Settentrionale e Asia Orientale 
verso l’unione europea tendono a diminuire negli ultimi anni anche negli usa mentre in Asia
tendono ad aumentare molto
Stati Uniti condizionano questa caduta verticale degli investimenti diretti esteri nell’ultimo anno
non investono più verso l’esterno  aumentano invece nell’Asia Orientale (anche UE
diminuiscono però non tanto quanto USA)
Cina nel 2008 è luogo di investimenti ma investe poco  oggi la Cina non è più solo la fabbrica del
mondo ma è anche un paese che investe settori in cui investono prevalentemente
inizialmente nel settore dell’energiaora la Cina investe un po’ in tutti i settori2018:primo anno
in cui USA non appaiono nei primi 10 paesi per volume degli investimenti diretti esteri in uscita
Differenza tra investimenti diretti esteri e flussi finanziaritutti quei flussi che riguardano lo
scambio di monete-titoli azionari-obbligazioni e che sono però diversi dagli ide hanno
principalmente una carattere di tipo speculativo  anche i titoli azionari carattere più
finanziario che economico
Rivoluzione dei trasporti Innovazioni sui trasportiQuel complesso di innovazioni sia di
carattere tecnologico che innovativo che si sono susseguite nei primi decenni del secondo dopo
guerra e che hanno contribuito ad abbassare i costi di trasporto sulle lunghe distanze e a ridurre
i tempi di percorrenza quando parliamo di grandi innovazioni organizzative parliamo soprattutto
dell’intermodalità e della logistica e degli effetti che hanno avuto a scala territorialequeste
innovazioni sul territorio cambiano anche le strutture che regolano i flussi di trasportonascono
anche strutture nuove interporti secondo analisi società tedescaprimo interporto
d’Europa Verona  quadrante Europa
I trasporti sono un argomento molto importante perché i trasporti sono un settore portante di
tutte le economie nazionali soprattutto nei paesi economicamente avanzati sono un settore che
concentra investimenti che contribuisce al pil e contribuisce all’occupazione: ci sono tanti
posti di lavoro sono un settore estremamente articolato alla filiera dei trasporti partecipa una
grande quantità di attività e di funzioni che comprendono anche la stessa industria circolazione -
gestione di tutti quelli che sono i nodi ovvero le infrastrutture che organizzano i flussi di
trasporti: stazioni-aeroporti le attività di costruzioni di mezzi e reti manutenzione sia dei
mezzi che delle reti tutte le attività collegate alla logistica organizzazione di cicli di trasporto
sempre più lunghi  filiera dei trasporti complessa
Ruolo tra trasporti e sviluppo del territorio lo classifichiamo nell’ambito del settore terziario ma
viene chiamato settore trasversale  l’economia vive di mobilità  grande attenzione ai trasporti
da parte delle politiche  connessione tra trasporti-organizzazione dei trasporti e sviluppo del
territorio  nel momento in cui crescono le attività economiche questo genera a sua volta la
necessità di sviluppo dei trasporti movimento circolareinnovazione trasporti e comunicazione
cambiato sviluppo del territorio non trascurabile però il ruolo delle politiche dei trasporti  nel
campo di relazioni spaziali e orizzontali tutta questa sequenza di innovazioni e l’intervento delle
politiche hanno contribuito a intensificare le relazioni spaziali  le relazioni orizzontali dentro le
quali ci sono i nostri flussi commerciali trasporti alla base della crescita dei flussi commerciali
Convergenza spazio-temporale  però ci sono anche dei territori che rimangono ai margini 
anche se c’è stata una riduzione della distanza spazio-temporale
Trasporti settore più responsabile dell’inquinamento e riscaldamento climatico
Tra gli obbiettivi non solo quello di innovare trasporti ma anche quello di rendere il sistema dei
trasporti sempre più sostenibile  carattere positivo e negativo
Retisistema di infrastrutture fisiche su cui si muovono i beni
Nodi punti in cui le reti si incrociano ci riferiamo sia alle infrastrutture (interporti porti..) ma
anche ci riferiamo anche alla città/all’area in cui sono situate queste grandi infrastrutture
Assi sono le strade o i tratti ferroviari ciò che connette due nodi quando questi sono
particolarmente importanti: strategici nell’ambito dei sistemi dei trasporti  parliamo di corridoi
e direttrici  assi che collegano importanti nodi europei
Trasporti legato profondamente allo sviluppo dell’economia
Trasportifa parte delle politiche di sviluppo del territorio sono il tramite che permette lo
sviluppo di tutte le attività economiche  senza sviluppo delle reti dei trasporti
Nesso tra sviluppo dei trasporti e impatti ambientale grande impatto ambientale grandi
emissori di gas serra soprattutto certe tipologie di trasporti come quello stradale
Dalla seconda metà del 900’  innovazioni  tecnologiche e tecnico-organizzative

Trasporto navale per definizione è il


trasporto più lento ancora oggi anche il trasporto navale ha diminuito il suo tempo di
percorrenza  e aumentato capacità di carico economie di scala diminuzione di costi
Innovazioni tecnico-organizzative
Intermodalità è proprio il caso di una rivoluzione di carattere organizzativo che parte da una
innovazione di carattere tecnologico
Innovazione fondamentale nel trasporto merci  Sistemi standardizzati per confezionare la
merce Container diffuso dalla metà degli anni 60  innovazione piuttosto moderna 
organizzare i carichi con questi container con dimensioni uguali e standardizzate  costi di
trasporto a metà degli anni 50 costavano molto e pesavano sulle disponibilità dell’impresa
Primi Containers partiti dal porto del New Jerseymetà anni 50 al punto di arrivo venivano
messi direttamente sul camion senza scarichi e deconfezionamenti
Standardizzati questi carichi e anche i mezzi  li riconduciamo a poche dimensioni fondamentali
Va ad impattare su quella che è la forza lavoro non servono più queste grandi quantità di forza
lavoro il porto diventa una sorta di terminal trasferire una container da un mezzo all’altro ci
sono voluti una decina d’anni per introdurre questa innovazioneInternational Organization for
Standardization (ISO)standard esistono un po’ per tutti i prodotti  anche gli standard fanno
parte della globalizzazione diversi container hanno diverse caratteristiche nel corso del tempo
invenzione che ha avuto le sue innovazioni
Containerizzazione – conseguenze
•Unitizzazione dei carichi: organizzazione dei carichi in pezzi uguali o almeno riconducibili ad
alcune dimensioni fondamentali standard container solitamente 20/40piedi
•Velocizzazione operazioni di carico/scarico delle merci eliminato deconfezionamento e
riconfezionamento
•Intermodalità: utilizzo integrato dei singoli sistemi di trasporto per consentirne l’uso ottimale,
sfruttando le caratteristiche specifiche di ciascuno di essi.  un nuovo modo di pensare al
trasporto non più solo come pezzi/segmenti autonomi ma come un circolo integrato in cui si
sfruttano le caratteristiche di ciascuna tipologia innovazione di carattere organizzativo nuovo
modo di pensare al trasporto  caratteristiche trasporto intermodale• Trasporto mediante
unità di carico standardizzata (ISO-container, casse mobili ….) che non viene aperta se non a
destinazione finale o per ispezioni doganali (no freight handling) •L’unità di carico deve essere
trasferita da una modalità a un’altra almeno una volta tra l’origine e la destinazione •La tratta
principale deve avvenire utilizzando una delle seguenti modalità: ferroviaria, fluviale, marittima
(trasporto combinato) nel trasporto combinato è stabilito che la tappa principale deve essere
fatta tramite tratta ferroviaria -fiuviale o marittima e non stradale  nelle tratte più brevi è
consueto utilizzare la strada Ciclo di trasporto combinato

Trasporto combinato 1.trasporto combinato non accompagnatoin cui sostanzialmente


viaggia solo l’unità di carico 2. combinato accompagnato viaggia il mezzo- carico e l’autista
Intermodalitàvantaggi economici e non •Maggiore efficienza del trasporto e riduzione dei
costi grazie allo sfruttamento di economie di scala derivanti dall’uso ottimale di ciascuna modalità
•Riduzione sprechi derivanti dall’utilizzo di veicoli per periodi o volumi ridotti •Minori costi di
investimento in mezzi di trasporto •Minore transit time •Minore rischio di danneggiamento del
contenuto •Maggiore sostenibilità del trasporto
Insieme all’intermodalità di solito la logistica •Insieme delle attività che, nell’azienda, riguardano
l’organizzazione, la gestione e il controllo dei flussi di materiali e delle relative informazioni dalle
origini presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita
(definizione AIL) •Just-in-time produrre in base alle richieste del consumatore così vengono
ridotte le scorte L’intermodalità ha fatto
nascereGli interportisorgono più spesso all’interno  sono nati sulla scorta di collegare gli
internodi  Interporto: “per interporto si intende un complesso organico di strutture e servizi
integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque
comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento
con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione” (art. 1 L. 240/1990 in eterna revisione)
la sua vocazione principale è quella di promuovere i trasporti intermodali •Promuovere il
trasporto intermodale soprattutto ferroviario •Aumentare l’efficienza e la competitività delle
imprese del settore trasporti/logistica attraverso la concentrazione in un’unica struttura
•Aumentare la competitività del sistema produttivo attraverso l’offerta di servizi specializzati
•Velocizzare i flussi e ridurre la congestione in ambito urbano Oggi tutte queste imprese si
vanno a localizzare qui
IntermodalitàSparite molte mansioni di carattere dequalificato-lavoro manuale ma ha fatto
nascere molti lavori di tipo tecnico
Dal punto di vista delle imprese che esportano  avere vicino un’infrastruttura come un
interporto è un importante vantaggio che aumenta la competitività dell’impresa  infrastruttura
che è presente a Verona  da un vantaggio competitivo nella globalizzazione  strategia è
quella della differenziazione  queste infrastrutture regolarizzano anche i trasporti che si dirigono
verso il trasporto urbano negli interporti più organizzati questi gestiscono anche quella che è la
City Logistics
Servizi offerti da un interporto  •Servizi alle merci: terminal intermodale, dogana,
magazzinaggio, controllo qualità, etichettatura, imballaggio …
•Servizi alle imprese: uffici di spedizionieri, imprese di trasporto, banche e assicurazioni, uffici di
rappresentanza di imprese e grossisti
•Servizi agli automezzi: rifornimento di carburante, officine per la manutenzione e riparazione dei
veicoli e delle unità di carico, aree di manovra e sosta temporanea, parcheggi, sorveglianza
•Servizi alla persona: banche, uffici postali, centri congressi, hotel, Ristorazione, servizi informatici
e telematici
I primi due sono i più importanti e fondamentali
In Italia gli interporti sono più o meno 25 la maggioranza a Nord La regione Lombardia ha
fatto scelte strategiche differenti quella di costruire terminal intermodali più piccoli ma più
diffusi sul territorio
Gli interporti sono nati prima della legge per impegno dei locali es Verona : anni 80
Consorzio Zai  primo obbiettivo ricostruire Verona dopo la guerra posizione geografica 
importante porta verso la Germania  si trattava di recuperare l’Agricoltura in chiave moderna
 consorzio Zaiultima grande realizzazione quadrante Europaposizione geografica
particolarmente fortunata tra i principali corridoi europei vicino a incroci autostradali-
ferroviari ecc.  primo interporto su scala europea  e italiano per volumi di traffico

TRASPORTO MARITTIMO E PORTI Porto di Rotterdam innovazioni tecnologiche e


organizzativetecnologiche•aumento stazza navi •aumento velocità navi •specializzazione navi
organizzative intermodalità
Trasporto marittimo rimane ancora oggi la modalità più lenta non è un trasporto veloce ne per
quanto riguarda le merci ne per quanto riguarda le persone
Aumento specializzazione delle navi es petroliere oggi es. navi porta container
Attraverso queste innovazioni•Incremento dei traffici commerciali •Riorganizzazione delle
strutture portuali
Due modalità nel trasporto combinato marittimo Trasporto RO-RO (Roll on- Roll Off)  il
veicolo sale sulla nave tramite rampe e non vi è rottura di carico  senza scarico questo tipo di
trasporto richiede più spazi perché le unità di carico non sono sovrapponibili : traghetti
Trasporto LO-LO(Lift on-Lift off) l’unità di carico viene caricata sulla nave tramite apposite
gruIl veicolo non segue il carico  nave portacontainer
Volumi di traffico container tra macroaree : 1990-2012TEUTwenty foot equivalent unit 
unità usata per misurare le misure di un container  1 TEU =20 piedi 2 TEU=40 piedi unità di
misura dei flussi di traffico la TEU ha sostituito la tonnellata (unità di misura usata prima)
Man mano che ci avviciniamo al 2012  aumento dei traffici tra i 3 poli della triade  aumento di
traffici container tra Asia e Europa e tra Asia e America
Primi 10 porti container nel mondo (2004 e 2006)1° 2004Hong Kong porti europei sono
Rotterdam e Amburgo (7-9° posto) 2016 solo 1 porto occidentale : Los Angeles  Rotterdam e
Amburgo sono scomparsi dai primi 10
L’industria della navigazione le prime 10 compagnie di navigazione controllano l’87% della
capacità mondiale di navi portacontainer tutte le principali compagnie operano sul mercato
attraverso 3 grandi alleanze 2M,Ocean Alliance, The Alliance  1° MOELLER MAERSK 2° MSC 3°
CMA-CGM 4°COSCO 5° EVERGREEN
Trasformazioni recenti dei porti •Selezione dei porti polivalenti o polifunzionali •Porti
specializzati: gateway e di trasbordo; per prodotto sia in riferimento all’intermodalità sia per
prodotto  anche alcuni piccoli porti hanno scelto questa strategia gateway  porti situati in
luoghi strategici  porti di trasbordo accolgono le grandi navi di container e poi trasferiscono i
container su navi più piccole che hanno rotte regionali e meno importanti •Spazi e strutture
sempre più artificiali ed estesi prima si sviluppavano in un’insenatura naturale •Trasformazione
delle funzioni dei porti e del rapporto con la città •Emergere di ampi spazi dismessi  spesso
sono stati costruiti porti accanto a porti già esistenti per bisogno di altri spazi  spesso i vecchi
porti sono anche stati trasformati in altre strutture
Cambiato anche il rapporto tra porto e città  c’erano tanti posti di lavoro all’interno dei porti 
lavori manuali di carico-scarico che ora non servono più per la presenza di container
Attività e soggetti che operano nei porti italiani  Funzioni di controllo, indirizzo ,
amministrazione -Autorità di Sistema Portuale -Capitanerie di porto-Guardia costiera -Agenzie
delle dogane -Sanità marittima e veterinari -Polizia di frontiera -Presidi Guardia di Finanza,
Carabinieri , Vigili del Fuoco Attività core -Imprese che svolgono operazioni di carico/scarico,
stivaggio -Operatori dell’autotrasporto, della logistica, spedizionieri -Imprese ferroviarie -Operatori
servizi tecnico-nautici -Imprese che effettuano servizi di interesse generale
Porto di Rotterdamessa sviluppa queste attività portuali perché riceveva carichi dall’ Inghilterra
e li trasportava in Germania punto di connessione tra due potenze (paesi)  durante seconda
guerra mondiale porto completamente distrutto  e poi ricostruito completamente  prodotti
petroliferi e chimici cambia con l’avvento dei container  porto va verso l’estero/mare
costruzioni di tipo artificiale  grandi navi portacontainer accolte solo nella zona marittima
Porto di Rotterdam  caratteristiche •80km di banchine •8 terminal container• 7 terminal
Ro-ro •20 terminal per rinfuse liquide •Retroterra che arriva fino alla Pianura Padana Rotterdam
è diventata un grande Gateway
TRASPORTO AEREO E AEROPORTIevoluzione del trasporto aereo Deregulationsviluppato
soprattutto dopo la 2° guerra mondiale prima utilizzato molto per trasporto militare poi per
trasporto di civile tranne USA che già prima della 2° guerra mondiale praticava trasporto di
civili per merci che non sono particolarmente ingombranti che hanno un particolare valore
aggiunto e che devono raggiungere il mercato molto velocemente es. farmaci-pezzi di
macchine-primizie dell’agricoltura-fiori-posta e soprattutto nel trasporto delle persone è
soprattutto con gli ultimi decenni del secolo scorso si aumenta l’utilizzo degli aerei per trasporto
persone anche abbassamento delle tariffe  Deregulation nascita compagnie Low Cost
companies riorganizzazione sistemi aeroportuali alleanze tra compagnie aeree porta ad una
abbassamento delle tariffe  Deregulationeffetti• abbattimento barriere concorrenza
•eliminazione controlli tariffe  molte compagnie private moltiplicazione numero compagnie
aeree e voli  abbassamento tariffe  aumento della mobilità e dei viaggi
Prima compagnie di bandiera  controllavano la maggior parte dei voli ex. Alitalia  tra due
paesivigevano accordi bilaterali  con essi si compartivano le rotte
Ma è sempre stato un mercato protezionistico fino ad un certo momento questo mercato non è
stato liberalizzato  fino al Deregulation act (1978)
Negli USA era già diverso negli USA ad un certo punto liberalizzazione è stata veloce e ha
portato nuovi entranti di piccole dimensioni che via via sono scomparse e acquistate dalle
compagnie più importanti
In Europa la liberalizzazione si è sviluppata lentamente e sono state ostacolate dalle compagnie di
bandiera  ora siamo in una fase di avanzata liberalizzazione
Compagnie Low Cost •Eliminazione dei servizi catering a bordo •Standardizzazione velivoli
•Massimizzazione carico attraverso aumento densità posti •Collegamenti point-to-point operati su
scali secondari  quindi non nei grandi aeroporti quindi con tasse aeroportuali minori •Biglietteria
on-line  eliminazione intermediari •Riduzione dei “tempi morti” in aeroporto Alta
mortalità di queste compagnie falliscono più spesso
Sistemi aeroportuali  modelli organizzativi  a hub airport is the most efficient way of
connecting many points Hub or Point-to-Point hub uno snodo  complesso sistema di flussi
in arrivo e in partenza dagli hub ad esempio in Europa gli aeroporti che svolgono questa
funzione sono Francoforte (hub) Londra Heathrow (hub) Charles de Gaulle (hub) 
Italiahub Roma FiumicinoMalpensa non è esattamente uno hub  Germania tende ad
avere due hub Monaco e Francoforte aeroporti hub sono stati selezionati sul territorio con
caratteristiche ben precise  sono aeroporti che hanno innanzitutto una grande accessibilità 
devono essere collegati a tutti i sistemi di trasporto situati vicino a aree metropolitane o grandi
città  perché un area metropolitana mi assicura una domanda di trasporto in aggiunta rispetto a
quella che di solito gravita su quell’aeroporto una grande area metropolitana genera in sé una
grande domanda di trasporto  sono aeroporti che devono avere una grande capacità di traffico
efficienza nei sistemi di decollo e atterraggio e devono essere concepiti per agevolare il
trasferimento dei passeggeri da un aereo all’altro (terminal all’altro) Aerostazioni concepite per
agevolare il trasferimento dei passeggeri da un aereo all’altro tutto deve funzionare sulla
velocità  hub and spokssi riducono i tempi di trasporto per molte tipologie di trasporto fare
scalo in uno hub richiede comunque più tempo che un collegamento point to point  però è più
economico  utilizziamo questa metodologia  però il tempo di percorrenza non è automatico
Liberalizzazione entrano le compagnie private  trasformazione di carattere organizzativo
soprattutto aeroporti
Point to point collegamenti diretti è ancora utilizzato soprattutto dalle low cost  con il loro
modello di business riescono a contenere i costi
Riescono a sostenere anche grandi flussi di traffico  hub and spoks punto di interconnessione
il sistema funziona perché vengono create queste ondate di coincidenze ondate di partenze e
arrivi  numeri molto consistenti di viaggiatori
Alleanze anche tra compagnie per assicurarsi il controllo sulle rotte principali si alleano con
delle compagnie minori compagnia più grande che controlla una sorta di costellazione di
compagnie minori
Impatto economico infrastrutture aeroportualiImpatto diretto: occupazione, reddito e valore
aggiunto generati dalle attività direttamente connesse alla gestione aeroportuale impatto
diretto sull’occupazione soprattutto lavori legati alle compagnie aeree(28%) 14% ground
handling+ attività di Retail + Security+ Airport ATC +
Impatto indiretto: attività che si collocano a valle della filiera della gestione aeroportuale e
dell’aviazione in generale sono generate da attività che sono alla base della filiera
dell’aeroporto in generale es vicino all’aeroporto o nella città stessaattività di tipo turistico 
attività di rifornimento carburante affetta il settore avio in maniera indiretta
Impatto indotto: impatto generato dal reddito prodotto dagli occupati del settore avio sugli altri
settori economici
Impatto catalitico: ampio ventaglio di benefici economici connessi alla presenza su un territorio di
scali aeroportuali efficienti (commercio, investimenti, turismo e produttività).  impatto di
carattere più generale connesso con l’attività di scali aeroportuali

Tramite questi aeroporti  agli scali Ci sono anche tanti viaggi di manager
imprenditoriimpatto collegato alla funzione che queste persone hanno  sviluppo commercio
estero per gli individui  che vanno in un paese per intenzioni commerciali ed economiche 
non sviluppo tramite commercio merci trasporti aereo è ancora quello meno usato
Sviluppo turismo i turisti raggiungono i posti tramite aerei  più comodo

Gli aeroporti hanno un peso piuttosto


importante sull’economia europea
ICT E COMMERCIO ELETTRONICO Trasferimento immateriale di dati-immagini-denaro 
avvento di internet ha dato un impulso alla fase di globalizzazione dell’economia  effetti
geografici  differenze nell’accesso alle nuove tecnologie che diventano spaziali e territoriali

E-Commerce
Nell’ambito più strettamente economico hanno avuto un impatto
Assieme alla deregulation liberalizzazione del mercato dei capitali sviluppo economia e
finanza
TELECOMUNICAZIONI E SPAZIO sviluppo delle telecomunicazioni da un lato 
Intensificazione convergenza spazio-temporale  dall’altro Digital divide divario digitale
intendiamo le differenze nell’accesso alla nuove tecnologie che riguardano singoli individui
soggetti pubblici e i territori in cui essi si trovano differenza che riguarda dei soggetti  anche
territori in cui non c’è la stessa possibilità di accesso alle nuove tecnologie  tranne per l’élite
Indicatori che misurano il Digital divide  1. Indice di teledensità Rapporto tra numero di
abbonamenti telefonici (telefonia fissa e mobile) e abitanti 2. Utilizzo di pc Numero di computer
ogni 100 abitanti 3. Diffusione di internet  Numero utenti internet ogni 100 abitanti
Asia distribuzione digitalenon è uniforme grandi centri sviluppati ma altrettanti non sviluppati
 users mondiali di internet sono aumentatiInternet World Penetration RatesWorld: 54,4%
DEFINIZIONI DI E-COMMERCE «Vendita o acquisto di beni e servizi, effettuati da un’impresa, un
individuo, un’amministrazione o qualsiasi altra entità pubblica o privata, attraverso l’impiego di
una rete internet » (UNCTAD, WTO)
«Svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica comprendenti attività
diverse quali la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica, la distribuzione online di
contenuti digitali, l’effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie in borsa, gli appalti
pubblici per via elettronica e altre procedure di tipo transattivo della Pubblica Amministrazione»
(Commissione Europea, 1997)
Tipologie di E-Commerce tipo di bene/servizio  E-commerce indiretto (beni materiali)  è
soltanto l’ordine – solo la transazione che è fatta per via telematica perché il trasferimento del
bene viene effettuato tramite distribuzione fisica E-commerce diretto (beni digitali e
immateriali) tutta la transazione fino al pagamento e l’ “arrivo” del bene al consumatore viene
fatto per via telematica solo per beni che sono contenuti digitali o che hanno una parte digitale
come dei servizi come file audio-file video-e-book  distanza e tempo si annullano  nel
momento in cui io ho effettuato il pagamento ho il mio bene  servizi con parte digitale
(prenotazioni per viaggi ec.. tramite internet )
Tipologie di E-commerce -Attori  •B2B (Business-to-Business) •B2C (Business-to-Consumer)
•C2C (Consumer-to-Consumer) •B2G (Business-to-Government)
BUSINESS-TO-BUSINESS(B2B) •Attori le imprese •Vantaggi Raggiungere ampio numero
acquirenti e fornitori -Entrata più rapida in nuovi mercati -Piccole imprese: entrare in VC nazionali
o globali -Razionalizzazione flussi aziendali  tipologia più incisiva dal punto di vista economico
BUSINESS-TO-CONSUMER(B2C) •Attori le imprese e i consumatori  è quella che forse
conosciamo di più perché ci coinvolge  meno importante dal punto di vista economico seppure
la più conosciuta •Vantaggi Imprese: accesso a un mercato globale di consumatori
Consumatori: accesso a un’ampia offerta di prodotti
CONSUMER-TO-CONSUMER (C2C) •Attori Consumatori  Forma di e-commerce che si è
sviluppata grazie alla nascita e diffusione di siti di aste online (e-bay)
BUSINESS-TO-GOVERNMENT(B2G) •AttoriOperatori del mercato e pubbliche amministrazioni
CONSUMER-TO-BUSINESS (C2B)•Attori Consumatori e imprese Particolarità: gli utenti
stabiliscono quanto sono disposti a pagare per un prodotto o servizio
E-COMMERCE-VANTAGGI CONSUMATORI: vantaggi in termini di tempo e di spazio
CONSUMATORI: vantaggi in termini di prezzo, assortimento, acquisto consapevole
IMPRESE: filiere produttive corte, riduzione costi (lavoro, affitto, magazzino …); facilita la
partecipazione delle imprese alle reti produttive internazionali
E-COMMERCE-IMPRESE MARKETPLACE: aziende commerciali online che svolgono il ruolo di
intermediatori e operano sia nei beni che nei servizi; orizzontali (Amazon, Alibaba); verticali
(Zalando, Booking) SITI DI VENDITE PRIVATE (FLASH SALE): aziende commerciali online che
propongono una selezione dell’offerta di produttori/brand noti e organizzano campagne di vendita
brevi a prezzi scontati (Privalia, Vente-privee) RETAILER TRADIZIONALI (CLICK-AND-MORTAR):
imprese che hanno adottato la strategia della vendita online accanto a quelle di vendita
tradizionale (Walmart, Tesco) INDUSTRIE MANIFATTURIERE: solo acquisti/vendite online o
gestione della supply chain attraverso la rete
Queste aziende commerciali onlineo hanno proprie strutture logistiche che effettuano le
consegne o si appoggiano a delle compagnie esterne che effettuano le consegne
Dato Eurostatcontinuo sviluppo del numero di persone che effettuano acquisti online minore
sviluppo Italia che Europa

La politica dei trasporti europei

per anni rimane così nazionale


caratteristiche tecniche ed operative che sono spesso molto diverse tra i vari stati vanno quindi
a limitare l’integrazione dei vari paesi ogni paese si fa la propria politica dei trasporti e vi sono
delle differenze perché all’inizio l’attenzione era tutta sulle azioni di carattere politico  nel 1987
cambiano le cose con l’Atto unico europeo  istituzione dell’unità europea  si pone il problema
di sanare/integrare le differenze strutturali tra i paesi entranti e i paesi fondatori che passa
anche attraverso le infrastrutture  in seguito si giunge al trattato di Maastricht qui il i trasporti
entrano a pieno titolo nell’ambito delle politiche dell’unione europea  2011 libro bianco
Assegna i finanziamenti, controlla che gli obbiettivi politici che l’unione si è posta vengano
rispettati politica dei trasporti diventa parte delle priorità politiche dell’unione europea coloro
che vanno a connettere o accompagnano lo sviluppo dei corridoi che vanno poi ad integrare
l’UE pilastri su cui poggiano le reti infrastrutturali PILASTRI
DELLA POLITICA COMUNITARIALIBERALIZZAZIONE andare avanti con questo processo che ha
avuto inizio negli anni passati e che cerca nell’ambito dei diversi trasporti di mantenere qual’è il
ruolo dello stato includiamo quei pacchetti di norme comunitarie che hanno liberalizzato i
trasporti aerei vi è una separazione tra quella che è la gestione delle reti e quella che è la
fornitura dei servizi - INTEGRAZIONE/ INFRASTRUTTURAZIONE ha assunto nuovo vigore 
allargamento rispetto agli anni 80’  sforzo notevole di integrazione e di infrastrutturazione nei
paese entrati nella UE nel 2004 ecc come Europa centrale e orientale  corridoi estesi alla
parte est dell’unione in modo da includere i nuovi paesi entranti  AMBIENTE uso eccessivo del
trasporto stradale comporta un livello elevato di congestione  soprattutto nelle principali
direttrici di traffico ma ciò comporta anche un forte impatto ambientale  nel libro del 2011
vengono fissati dei punti per diminuire l’impatto ambientale direttive comunitarie prevedono
es. livelli da essere raggiunti entro 2030 e obbiettivi da essere raggiunti entro 2050 entro
2030 ridurre le vetture che fanno ricorso ai carburanti tradizionali prospettiva di emissioni 0
entro il 2050 esclusivamente carburanti non legati ai combustibili fossili  riduzione totale 
nelle percorrenze superiori ai 300 Km spostare 30% carico merci su ferrovia ridurre nel
trasporto navale gli oli tutta una serie di obbiettivi per contrastare l’effetto dei gas serra e
l’effetto del cambiamento climatico STANDARD TECNOLOGICIadattarli a scala europea 
adattare gli scartamenti delle ferrovie e rotaie  non c’è più un ostacolo tariffario ma tecnico
LE MULTINAZIONALI E LA NUOVA DIVISIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO L’impresa
multinazionale non esiste ne definizione unica ne giuridica  impresa che coordina e controlla
queste fasi delle catene localizzate in diversi paesisi avvantaggia delle differenze geografiche
nella distribuzione
Si distingue in base a tre caratteristiche: 1. Coordinamento e controllo di varie fasi della catena di
produzione localizzate in diversi paesi
2. Capacità di trarre vantaggio dalle differenze geografiche nella distribuzione dei fattori di
produzione e nelle politiche nazionali
3. Potenziale flessibilità: capacità di mutare o intercambiare forniture e operazioni tra le varie
località geografiche, su scala globale
Soggetto estremamente complesso su scala globale
Problema si presenta quando cerchiamo di capire quante sono le multinazionali e quali sono i
criteri diventano estremamente diversificati da una giurisdizione ad un’altra
Quando possiede il 15% di una filiale estera
Le imprese multinazionali nel mondo (UNCTAD) -82.000 IMPRESE MULTINAZIONALI - 807.000
FILIALI STRANIERE - 77 MILIONI DI OCCUPATI

Molto più restrittivi i dati di Mediobanca


La localizzazione delle prime 500 aziende per fatturato  Nord America-Europa-Estremo Oriente
 Nord est Stati Uniti maggior concentrazioni di multinazionali  maggiore multinazionale
degli Stati Uniti Walmart colosso con sede in Arkansas  in Europa  Germania, Inghilterra,
Olanda  Asia  Cina  Pechino, Shangai, Hong Kong  Giappone  South-Korea
Al vertice delle classifica per quanto riguarda il profitto e il fatturato  principali aziende 
Walmart molte imprese nel settore petrolifero
Fasi della multinazionalizzazione  1. Periodo coloniale  logica approvvigionamenti
2. 1950-1980 investimenti orizzontali guidati dal mercato- fattori di costo  in questo periodo
sono soprattutto le multinazionali americane si creano le filiali  che replicano un po’ la casa
madre  realizzano gli stessi prodotti però orientati a questi nuovi mercati queste grandi
imprese vanno all’estero per abbattere i costi di produzione  delocalizzazione produttiva  che
all’inizio solo grandi imprese  poi anche piccole e medie
3. 1980  impresa transnazionale globale le filiali non replicano più la casa madre ma hanno
una propria autonomia, delle proprie logiche e il tutto è molto più complesso perché non si ricorre
soltanto alla creazione di filiali o acquisti ma si affida anche parte della produzione a sub
fornitori e si lasciano a degli associati alcune produzioni
Modello di produzione fordista (1950-73) • Produzione di beni standardizzati destinati a un
consumo di massa •Organizzazione scientifica del lavoro incentrata sulla catena di montaggio
•Lavoro dequalificato, gerarchie rigide, sindacalizzazione •Gigantismo industriale e
multinazionalizzazione cresce la grande impresa cresce la multinazionalizzazione •Grandi
regioni urbano-industriali •Crescita illimitata e uso illimitato di risorse non rinnovabili suo
periodo di massimo utilizzo  secondo dopo guerra soprattutto in Europa  crescita di grandi
regioni industriali
1973 data della prima crisi petrolifera
Dal fordismo al post-fordismo: cause della crisi del modello fordista•Aumento dei costi di
produzione: materie prime e trasporti (crisi energetica); lavoro •Saturazione del mercato dei beni
standardizzati (automobili, elettrodomestici …) •Cambiamenti della domanda verso beni non
standardizzati, più sensibili alla moda •Innovazioni nel campo dell’elettronica e dell’informatica
che modificano l’organizzazione della produzione e la distribuzione dei prodotti •Concorrenza
crescente di paesi con costi di produzione più bassi
Dal fordismo al post-fordismo: conseguenze nei paesi economicamente avanzati  per la prima
volta dalla rivoluzione industriale le città non crescono più ma perdono popolazione verso metà
anni 70 questo legame di industrializzazione =sviluppo città e aumento popolazione si ferma 
•Deindustrializzazione e declino urbano
•Riorganizzazione flessibile della produzione con esternalizzazione (decentramento
l’esternalizzazione avviene in ambito nazionale o delocalizzazioneesternalizz. avviene all’estero)
•Emergere di sistemi produttivi specializzati di piccole e medie imprese (distretti industriali) es.
in Veneto emergono delle piccole-medie imprese che crescono mentre contemporaneamente la
grande impresa va in crisi
•Terziarizzazione delle economiele economie si legano soprattutto al settore terziario
Nel periodo tra 1950 a 1980 vede periodi diversi tra loro e vede la crisi della grande impresa
in questo periodo passiamo da  «VECCHIA» DIVISIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO Paesi
produttori di materie prime e paesi produttori di beni industriali a «NUOVA» DIVISIONE
INTERNAZIONALE DEL LAVORO Frammentazione del ciclo produttivo dei beni industriali tra tanti
paesi che si specializzano non nella produzione di specifici beni ma nella fornitura di componenti e
nello svolgimento di un ruolo specifico all’interno di grandi catene di produzione globali che
racchiudono poi non soltanto attività di tipo industriale ma anche servizi  tutta l’organizzazione
che precede la logistica al di là della produzione industriale  la letteratura riguardo alle forme
che assumono queste catene di produzione globale  2 modelli teorici

 ci sono anche tante realtà che sono molto


più sfumate catene guidate dal produttoresono quelle che riguardano ad esempio la
produzione di beni del settore dell’alta tecnologia in cui abbiamo delle reti che sono meno estese
spazialmente e sono controllate da pochi grandi produttori che sono quelli che poi controllano
anche i mercati mondiali  primo caso  settore delle automobili
Nelle catene guidate dal consumatore Si vanno a configurare queste grandi reti di
delocalizzazione e di esternalizzazione perché le imprese che in questo caso controllano queste
reti si concentrano esclusivamente in alcune fasi del ciclo produttivo ovvero nella fase della
progettazione, del design, del marketing e della distribuzione e affidano la produzione vera e
propria a estese reti di subfornitori questo modello arriva all’estremo di quelle che vengono
chiamate imprese senza stabilimento ovvero imprese che di fatto non producono niente
imprese svuotate della fase di produzione ed è questa una modalità che è molto praticata dalle
imprese del settore dell’abbigliamento e calzature  ovvero di quello che è il settore moda 
produttori che di fatto ora non sono più produttori es. Nike non produce più nulla al proprio
interno delegano tutto a subfornitori imprese senza stabilimento sono anche questo per la
loro natura quelle imprese multinazionali del settore della grande distribuzione  ad esempio
Walmartimpresa senza stabilimento non produce nulla per lo stesso settore in cui l’impresa
opera però controlla queste reti estremamente estese di subfornitori viene in ogni caso a
contribuire alla formazione di queste grandi catene del valore su scala globale
Es. Aereo  Boeing global supply chain fornitori globalizzati in tutto il mondo
Ancora più concentrate sono le reti nel caso della produzione automobilistica per auto più
ricercate es. Audi R8 produttore deve essere altamente specializzato
DIVISIONE DEL LAVORO E NUOVI SPAZI PRODUTTIVI Le nuove economie industrializzate del
Sud-Est asiatico ci riferiamo sostanzialmente in principio alle 4 tigri asiatiche  Corea del
Sud- Taiwan- Hong Kong( all’epoca in cui è nato il suo sviluppo ancora non faceva parte della Cina)
– Singapore ( un po’ come una città stato)  quattro paesi che sono partiti per primi  poi anche
Indonesia- Filippine sviluppo veramente sorprendente  Corea del Sud paesi che fino agli anni
60 avevano solo economia agricola ed erano estremamente poveri e nel giro di pochi decenni
hanno visto un sviluppo senza precedenti  verso metà anni 80 impennata del Pil  1997 crisi
 ma poi crescita continua  anche ad Hong Kong
LE ECONOMIE DEL SUD-EST ASIATICO: FATTORI DI SVILUPPO
•Forza lavoro a basso costo e poco protetta socialmente poco scolarizzata  però non basta
per spiegare questo sviluppo così forte anche in altri posti basso costo del lavoro
•Protagonismo dei governi: sostegno all’industria e attrazione di investimenti stranieri («Zone
Economiche Speciali») i governi di quei paesi l’hanno voluto hanno fortemente voluto lo
sviluppo dell’industria e hanno fortemente voluto l’attrazione di investimenti stranieri hanno
creato le condizioni per uno sviluppo industriale
•Inserimento nelle reti di divisione internazionale del lavoro in un contesto internazionale di
crescente liberalizzazione degli scambi e diminuzione dei costi di trasporto sistemi di incentivi
per attrazione investimenti stranieri questi paesi riescono ad inserirsi in reti di divisione
internazionali del lavoro
•Passaggio graduale da una produzione caratterizzata da lavoro intensivo e ripetitivo (tessile-
abbigliamento) a una a più alto valore aggiunto (elettronica), con processi di decentramento
produttivo interni all’area hanno ottenuto vantaggio di sviluppo dell’industria attraverso
multinazionali riescono a costituire una massa critica di domanda entrando in queste reti di
produzione  è stato questo il passaggio costruirla sfruttando i processi di delocalizzazione
delle multinazionali processo di delocalizzazione parte dall’industria del tessile-abbigliamento
americane soprattutto e europee fine anni 70  spostano fasi di produzione in Asia  iniziano
ad attrarre investimenti anche da parte di industrie di prodotti con maggiore valore aggiunto poi
arrivano anche multinazionali giapponesi dell’industria dell’elettronicavia via si raggiungono
anche altri paesi più poveri processo di industrializzazione per filtraggio perché procede da un
punto di paesi (le 4 tigri) e poi via via filtra verso paesi più poveri  chi prima e chi doponon si
forma la concorrenza perché fanno cose diverse ciò porta anche alla formazione di industrie
nazionali  la migliore a farlo è stata la Corea del Sud  lo notiamo anche dalle esportazioni 
prima settore abbigliamento pesava molto sulle esportazioni di queste quattro tigri  ora non
più sistema di filtraggio
«ZONE ECONOMICHE SPECIALI»: PRINCIPALI CARATTERISTICHE  zone che hanno questi nomi a
porti franchi  •Parti del territorio nazionale formalmente delimitate (non aperte) e caratterizzate
da un regime normativo diverso rispetto al resto del paese in tema di investimenti, tassazione e
lavoro  nella maggior parte dei caso hanno una normativa economica speciale per quanto
riguarda le esportazioni e hanno anche normativa diversa per quanto riguarda il lavoro ( per
quanto riguarda salari, orari di lavoro lavoratori non tutelati)
•Struttura di governance dedicata istituzioni locali che controllano e dirigono queste zone
economiche specialihanno un’autonomia che in altre zone non hannoregolare gli investimenti
•Dotazioni infrastrutturali di buon livello o comunque superiori rispetto al resto del paese, a
supporto delle attività delle imprese e dei soggetti economici che operano al loro interno
economie esterneparliamo delle infrastrutture del trasporto immobili ad uso produttivo e
commerciale
A cosa servono le zone economiche speciali per creare dei motori di industrializzazione e
sviluppo economico dalla quali partire poi per innescare un processo di sviluppo economico  in
alcuni casi anche come valvole di sfogo la disoccupazionesi dice anche che abbiano assunto un
po’ un ruolo di laboratorio testare qui dei modelli economici che potevano poi essere espansi
anche negli altri paesi  in alcuni contesti si dice non abbiano contribuito ad aiutare ma abbiano
contribuito allo sviluppo/aumento dei divari economico-territoriali
In senso stretto le ZES esistevano già fanno risalire la nascita delle ZES  Nascita e diffusione
delle ZESalla Operazione Bootstrap – Puerto Rico (1948) particolari incentivi di carattere
economico speciale per gli americani fatta per sviluppare l’industria a Puerto Rico  fatto per
diversificazione dell’economiaprima era solo economia agricola + Zona franca di Shannon –
Irlanda (1959) anche incentivi fiscali + Sud-est asiatico + Cina+ Maquiladoras messicane + Russia,
Est Europa + Africafino alla metà degli anni 70 erano poche queste zone economiche speciali
questa formula ha avuto un enorme successo nei paesi del Sud-Est asiatico  anche in Cina 
modello però presente un po’ in tutto il mondo anche se maggiormente in Asia  relatività anche
in base alla dimensione  da 1.3 Km2 a dimensioni di anche 300 Km2  dimensioni che non sono
paragonabili alle nostre aree industriali
LE MAQUILADORAS MESSICANE impianti localizzati a partire dagli anni 60 soprattutto nel
settore dell’elettronica • IMPIANTI MANIFATTURIERI DI PROPRIETA’ STRANIERA LOCALIZZATI
LUNGO IL CONFINE TRA USA E MESSICO E NEL MESSICO CENTRALE •IMPORTANO MATERIALI,
SEMILAVORATI E MACCHINARI ESENTI DA DAZI, ASSEMBLANO ED ESPORTANO •FORTE
ESPANSIONE TRA IL 1994-2000 PER EFFETTO DEL NAFTA (NORTH AMERICAN FREE TRADE
AGREEMENT)creazione di zona di libero scambio tra Canada- Stati Uniti e Messico 
Programma Braceroper permettere agli Stati Uniti di usufruire di lavoratori messicani che
andavano a vivere negli Stati Uniti per lavorare per periodi limitati di tempo  dopo 2° guerra
mondiale però solo per programmi agricoli  poi viene abolito nel 1964 nato nel 1942
LE ZONE ECONOMICHE SPECIALI IN RUSSIA per sviluppare parte della zona interna meridionale
 zona ai margini del processo di sviluppo  specializzate per settore queste ZES  alcune nel
settore industriale, altre nel settore della ricerca e della tecnologia, altre nel settore del turismo e
altre della logistica sono state create in generale per investitori  non solo per investitori
stranieri  che usufruiscono di agevolazioni es. fiscali ecc. devono presentare alle autorità
locali un business plan
LA CINA: FATTORI DI SVILUPPO •Riforme economiche di Deng Xiaoping (1978): «Politica delle
Quattro Modernizzazioni», «Politica della porta aperta» e istituzione delle «Zone Economiche
Speciali» prima era un’economia autarchica  solo produzione interna e soprattutto
nell’industria pesante  dopo invece Deng vuole sviluppare l’agricoltura - l’industria - settore
della ricerca e tecnologia e difesa per tecnologia grande passo da fare  differenziale
importante con le altre economie più sviluppate quella che più ci interessa è : «Politica della
porta aperta»  fa parte del ciclo di riforme inaugurate da Deng per la prima volta viene fatto
un tentativo di aprire delle parti della Cina agli investimenti stranieri  questa apertura avviene
proprio attraverso l’apertura delle zone economiche speciali nel 1980 si inizia solo con quattro
ZES la Cina all’inizio vede ciò come una sorta di esperimento verrà poi ampliato all’inizio
venivano chiamate isole di capitalismo  c’erano un po’ tutti i settori economici in queste ZES che
riservavano dei vantaggi come sui dazi, agevolazioni fiscali ecc.  e poi esportavano i loro prodotti
 dedicate all’esportazione  all’inizio in alcune aree non c’era niente  ora grandi aree
sviluppate  hanno messo in moto anche dei flussi migratori interni alla Cina  perché offrivano
molti posti di lavoroapertura via via graduale nel campo di molti settori  anche servizi 
processo di apertura in cui però la Cina non ha aperto indiscretamente le porte ad investimenti
esteri  i Cinesi si sono garantiti una quota all’interno di queste aziende che aprivano in Asia
•Forte differenziale salariale rispetto ai paesi avanzati, basso costo delle materie prime, normative
elastiche in tema di protezione ambientale; ampia manodopera con buon livello di scolarizzazione
 non si poneva grande attenzione all’ambiente sembrava ci fosse spazio per tutti  estrema
popolarità degli investimenti cinesi
•Potenziale mercato di grande estensione
•Forte popolarità degli investimenti in Cina e strategie imitative la Cina e i paesi del Sud-Est
asiatico ci dimostrano che questi processi non sono avvenuti così per caso ma sono stati
fortemente volutie sono stati costruiti questi vantaggi da questi governi
Economia cinese è ancora un paese molto industriale (maggior parte del Pil è dato dall’industria)
 contribuzione dell’agricoltura al Pil è diminuita  la contribuzione dei servizi al Pil è
aumentatoValore medio è abbassato dal fatto che le popolazioni centrali in Cina non hanno
contribuito a questo sviluppo del Pil  pro-capite  perché non sono state incluse in questo
sviluppo dell’economia
Spazi di nuova industrializzazione buona parte dello sviluppo dell’industrializzazione è avvenuto
attraverso le zone economiche speciali isole di capitalismo  prima erano 4 e ora siamo arrivati
a 200 di diverse tipologie non più soltanto zone miste alcune sono diventate anche zone
specializzate soprattutto nel settore dell’alta tecnologia sono state proprio le zone
economiche speciali ad attrarre investimenti diretti esteri gran parte dello sviluppo economico è
rimasto circoscritto alla zona costiera e ad una fascia interna adiacente alla zona costiera se
guardiamo però l’evoluzione di queste carte che vanno dal 1990 al 2010 partiamo da una
situazione molto circoscritta geograficamente soprattutto zone costiere ad attrarre
investimenti diretti esteri  ma andando avanti nel tempo espansione della zona costiera anche
un po’ verso l’interno  grazie a questi investimenti stranieri si sono sviluppate queste città
costiere e soprattutto i porti  Shangai ( già esistente) + altre città nate dal nulla  nel 2010 
flussi di investimenti aumentano rafforza Pechino e ancora città costiere rimane fuori più o
meno tutto ciò che è la Cina interna paese talmente grande e diverso con regione interna così
estesa che con questi investimenti si sono creati anche dei grossi squilibri tra le diverse aree a
partire da un certo momento però la Cina non diventa solo un paese in cui aziende straniere vanno
ad investire ma cambia anche un po’ il ruolopaese che a sua volta attraverso le sue imprese
 questi grandi colossi (spesso ancora proprietà dello stato) va ad investire negli altri paesi  gli
investimenti Cinesi sono prevalentemente diretti verso l’Europa  anche se ultimamente è stata
posta molta attenzione ad investimenti che vanno verso l’Africa  sembra quasi da certe analisi
che la Cina stia conquistando l’Africa  investimenti si concentrano soprattutto dal 2000 in avanti
 anche se un certo rapporto tra Cina e Africa c’è sempre stato infatti  già a metà degli anni
50 imprese Cinesi vanno in africa a realizzare grandi infrastrutture idroelettriche(dighe) ,
infrastrutture di trasporto, infrastrutture industriali  non erano investimenti diretti esteri ma
collaborazioni  portava quella che era una volta la sua tecnologia  poi dal 2000 in poi ha visto
nell’Africa il suo grande serbatoio di materie prime e ha visto anche grandi spazi liberi picco nel
2008  grande acquisizione del 20% di una banca africana da parte della Industrial and
Commercial bank of China  che ha portato alla crescita del flusso in quell’anno  dove
investono prevalentemente le imprese cinesi in che paesi  Algeria, Nigeria, Ghana, Repubblica
del Congo… ricchi di materie prime soprattutto petrolio, rame, materiali preziosi usati anche
dall’alta tecnologia  la Cina investe nell’ambito delle infrastrutture di questi paesi ancora molto
carenti e in cambio si assicura l’accesso a queste risorse  oltre all’Africa il progetto cinese più
importante è quella che viene chiamata la nuova via della seta  ovvero La “Belt and Road
Initiative” Un grande progetto che è stato lanciato dal presidente cinese nel 2013 e che è un
progetto di integrazione economica e commerciale tra Cina ed Europa  progetto che dovrebbe
accrescere l’interscambio commerciale tra questi due blocchi ma che di fatto va a coinvolgere
anche molti dei paesi che si trovano in mezzo tra questi due blocchi  prevede la costruzione e
rafforzamento di infrastrutture già esistenti  rivolte a creare queste due grandi rotte una rotta
terrestre che parte dai porti cinesi e arriva all’Europa occidentale  Cina- Kazakistan – Mosca-
Germania e poi si arriva direttamente alla Spagna questa rotta ha poi tutta una serie di corridoi
che collegano ad esempio la Cina con l’Iran, la Turchia, la Grecia e di nuovo Germania e Nord-
Europa altro importante corridoio che parte da Mosca e va verso il Mar Baltico
Una seconda rotta  è quella marittimaparte sempre dai porti della Cina meridionaleva verso
il Vietnam passa attraverso lo stretto passa da India Pakistanpoi una va verso l’Iran, l’altra verso
l’Africa e qui attraverso il canale di Suez e la Turchia va verso i porti del Mediterraneo
Altro rotta ipoteticarotta articache potrà prendere piede se ci sarà quello scioglimento dei
ghiaccipassaggio Nord-Ovestche al momento non è possibile intraprendere ma che forse in
un futuro non molto lontano potrebbe essere possibileal momento le due direttrici sono queste
C’è interesse e timore verso
questo progetto della Cina progetto di grandissima portata coinvolge circa 65 paesi e 1/3 del
Pil mondiale  prevede lo stanziamento nei prossimi 10 anni di 1800 miliardi di dollari per la
sua grande portata è stato paragonato al piano Marshall ma in realtà è molto di più  è circa 12
volte la portata del piano Marshall  dalla parte dei paesi occidentali ma anche dagli altri coinvolti
c’è interesse ma anche timore  c’è interesse perché tutti i paesi (es. europei)coinvolti nel
progetto vedono la possibilità di incrementare gli scambi commerciali con la Cina questo
interesse riguarda anche l’Italia perché se guardiamo le nostre esportazioni in Cina è circa la
metà di quello che importiamo  c’è un ampio margine per sviluppare le nostre esportazioni
verso la Cina c’è interesse anche da tanti altri paesi toccati da queste rotte vedono possibilità
di catalizzare investimenti, sviluppare la propria economia
Contemporaneamente c’è però timoreperché la Cina sta entrando in maniera molto pesante in
queste infrastrutture dei paesi occidentali e non solo progetto molto controllato dalle imprese
cinesi che lasciano poco spazio alle imprese degli altri paesi timore in sostanza è che non sia solo
un progetto commerciale ma che sia un progetto attraverso il quale la Cina voglia esercitare la sua
influenza geo-politica diventare di fatto la prima potenza mondiale  molte perplessità 
esempio Stati Uniti tagliati fuori  queste vie non sono state ancora completate definitivamente
 però sono già stati fatti grossi investimenti  realizzate già importanti infrastrutture terrestri
Cina sta potenziando i principali porti  ha fatto anche una serie di acquisizioni di (nei) porti 
clamorosa acquisizione Porto del Pireo entrata nel 2008  con progetti e successivamente è
arrivata a controllare il 67% di questo porto Pireo grazie ad investimenti cinesi è diventato uno
dei principali porti di container del mediterraneo il suo traffico forte incremento  quasi
completamente in mano cinese acquisizioni anche in porti spagnoli es. Valencia- Bilbao 
anche in Italia hanno acquisito il 40% della società di gestione del porto di Vado Ligure porto un
po’ oscurato inizialmente  entrati i cinesi con grossi investimenti la capacità di questo porto
sta decisamente aumentando  i cinesi  ma quali imprese? in questi processi di acquisizione
è entrata uno dei colossi cinesi  la COSCO  che abbiamo già incontrato parlando del porto di
Rotterdam una delle principali società di navigazione ma anche società che fa pesanti
investimenti nelle infrastrutture portuali europee e non solo
Prestiti anche a paesi più poveri in via di sviluppo  incrementare debito pubblico di quel paese
 nel momento in cui quel paese non riesce a restituire il prestito con gli interessi  tutto cade in
mano cinese  questi sono gli accordi già successo per lo Sri Lanka  proprio per questo che
paesi come la Malesia vedendo quello che è successo hanno rinegoziato questi finanziamenti
temendo di cadere in mano cinese
C’è un forte interesse per le infrastrutture portuali (rotta marittima) ma non soloanche sulla
rotta terrestre  stanno di fatto nascendo dal nulla enormi interporti proprio in quelle aree che
hanno una posizione strategica tra questi grandi corridoi  in cui c’è un po’ di tutto  trasporto
ferroviario, stradale, gas ..  uno dei punti nodali di questi corridoi terrestri è il Kazakistan sorto
enorme interportoporto secco= interporto=centro nodale posizione strategica tra corridoi che
vanno verso la Russia e verso l’Europa  è stata realizzata in quest’area anche una zona
economica speciale merci possono essere scambiate senza dazi  un’area in mezzo al deserto
dove non c’era nulla è diventata un interporto  chi ha investito nella realizzazione di questo
interporto?  innanzitutto le ferrovie del territorio Kazako attraverso un suo fondo sovrano
( controllo del 51%)  mentre il restante 49% appartiene alla COSCO e ad un’altra impresa cinese
Conclusione oggi siamo di fronte ad una nuova geografia della produzione globale che vede
sempre più come protagonisti i paesi asiatici, in particolare la Cina, e sempre meno protagonisti i
paesi che erano fulcri dell’industrializzazione nei decenni passati  ovvero US e Europa

 riduzione non solo per diminuzione su scala globale


ma anche per crisi economica del 2008
Trasferimento centri produttivi in paesi con costi di produzione più bassi

 punto d’incontro tra curva agricoltura e


curva dei servizimomento di passaggio da un’economia fordista fondata sull’industria ad un’
economia post-fordista basata principalmente sui serviziSpeculare rispetto alla curva
dell’agricoltura è la curva dei servizi  agricoltura con ancora un 5% di occupazione è molto
elevato rispetto a paesi che non arrivano neanche al 2%  servizi aumentati fino al 70% ed oltre
le nostre economie sono oggi principalmente terziarizzate  economia centrata soprattutto nel
settore dei servizidal punto di visto occupazionale si concentra soprattutto nel campo dei servizi
MODELLI DI PRODUZIONE FLESSIBILE: I DISTRETTI INDUSTRIALIessi sono sempre un’altra faccia
dello stesso processo che noi abbiamo visto il nostro punto di partenza è sempre la crisi del
fordismo e da questa crisi vi è la nascita di modelli di produzione flessibile uno di questi modelli
è quello che viene portato avanti dalle imprese globali e porta alla formazione di queste Global
Commodity Chains  l’altro è quello che porta all’emergere di quelli che si chiamano sistemi locali
di imprese  sistemi d’imprese fortemente localizzati sul territorio fortemente concentrati che
assumono poi nella realtà diverse caratterizzazioni una di queste è il nostro distretto industriale
un’altra sono ad esempio i : Cluster distretti dell’innovazione/tecnologici
Distretti industriali Fanno riferimento proprio alla nostra realtà
Distretto industriale (Becattini)verso metà anni 70 quando già iniziavano ad emergere le
prime crisi del fordismoguardando le realtà vicino a lui «Entità socio-territoriale caratterizzata
dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente
determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali» Comunità
di persone Popolazione di imprese industriali sono queste le due dimensioni fondamentali
del distretto che nella descrizione di Becattini presentano alcune caratteristiche particolari1°
dimensioneuna comunità di persone che incarna un sistema di valori omogeneo  sistema di
valori  ci riferiamo a valori di carattere socio-economico  quando parliamo di sistema di valori
parliamo di una comune propensione ad esempio: attitudine al rischio, spirito di imprenditorialità,
cultura del lavoro tutti elementi che sono nati come conseguenza di quello che è il radicamento
territoriale di queste comunità di personeche lavorano e vivono da/per tanto tempo nello
stesso luogo2° dimensione  una popolazione di imprese industriali  prevalentemente di
piccola e media dimensione specializzate nella produzione di un bene manifatturiero che
dividono il lavoro tra di lorosono specializzati per fase  questa idea del distretto industriale
non è del tutto originale  Becattini la prende(riprende) in realtà da un altro economista 
ingleseMarshallaveva già parlato di distretti industriali già alla fine dell’800  perché aveva
osservato un fenomeno curioso in alcune parti dell’Inghilterra e in alcune aree in Europa ovvero
La persistenza di nuclei di imprese di piccole dimensioni spesso artigiane che dividevano il lavoro
tra di loro e che persistevano nonostante i sistemi produttivi dei loro rispettivi paesi andassero
verso la grande dimensione d’impresa sul finire 800 in tutti questi paesi l’industria stava
crescendo e andando verso le grandi dimensioni però persistevano questi nuclei di imprese
artigiane  sembravano un controsenso lo stesso Marshall le aveva descritte mettendo in
evidenza quello che era il vantaggio di queste piccole concentrazioni di imprese  diceva proprio
attraverso la divisione del lavoro queste imprese riuscivano ad ottenere dei vantaggi che erano
paragonabili a quelli della grande impresa completamente integrata dei vantaggi legati a quelle
che si chiamano economie esterneeconomie esterne all’impresa ma interne ad un determinato
territorio all’epoca però gli economisti non avevano dato tanta importanza a queste analisi di
Marshall perché questi sistemi di impresa erano considerati un’anomalia destinata a scomparire
man a mano che avanzava lo sviluppo della grande impresa Becattini guardando il territorio in
cui lavorava e operava (Toscana soprattutto) riscontra delle analogie tra il modo in cui era
organizzata la produzione in alcune di queste aree (prendiamo l’area di produzione tessile di
Prato) e questi distretti industriali che Marshall aveva descritto a fine 800 ed è da qui che deriva
la denominazione distretto industriale è da Marshall che prende questa denominazione
Becattini prende da Marshall proprio il concetto di economie esterne ovvero il meccanismo
che secondo Marshall fa funzionare il distretto Economie
esterne  uno dei concetti fondamentali della geografia economica che spiega la concentrazione
spaziale di attività economiche  distinzione tra economie interne ed economie esterne
quando parliamo di Economie interne ci riferiamo esclusivamente alle economie interne
all’impresa es. economie di scala riduzione del coste medio di produzione all’aumentare della
dimensione dell’impianto Parliamo di
Economia esterna ogni volta che il comportamento di un soggetto economico condiziona il
comportamento di un altro soggetto economico in positivo e in negativo  esternalità positive
ma anche esternalità negative
Esempio di un’esternalità negativa  impresa produzione bevande alimentari uso ampiamente
acqua  accanto impresa di prodotti chimici industria produce e inquina le falde acquifere
dalla mia vicinanza con questa impresa ho un’esternalità negativa perché viene a condizionare
negativamente la mia produzione viene ad interferire sui costi mi fa sostanzialmente un
danno una particolare famiglia di economie esterne ed è queste che sono interessanti
importanti per la geografia e nell’analisi territoriale in ogni caso  sono le cosiddette economie di
agglomerazioneovvero dei vantaggi in termini di riduzione dei costi di produzione, di aumento
dell’efficienza, di aumento della produttività che le imprese realizzano localizzandosi
spazialmente vicine vantaggio che non deriva soltanto dalla vicinanza con un altro operatore
( come prima nell’esternalità) ma dalla concentrazione spaziale di tante imprese-tanti operatori
economici in uno stesso territorio ed è proprio questo meccanismo delle economie esterne di
agglomerazione che ci spiega poi lo sviluppo di queste concentrazioni territoriali che noi troviamo
nei diversi territori
Le economie di agglomerazione a loro volta si distinguono in 2 tipologie  1. Economie di
urbanizzazione Le economie di urbanizzazione sono quella tipologia di economia di
agglomerazione che si mettono in moto quando in un’aerea si concentrano soggetti che
appartengono a settori economici diversi  è la condizione che si verifica principalmente nelle
città le città crescono e si sviluppano proprio grazie a questa caratteristica il fatto che vi siano
spazialmente vicine attività economiche che appartengono a tanti settori  quali sono i vantaggi
 es. creazione nelle città di un ampio mercato del lavoro una serie di vantaggi che spiegano la
concentrazione il perché via via le città sono cresciute ed aumentate
2. Economie di localizzazione qui il vantaggio è dato dal fatto che le attività economiche si
concentrano nello stesso settore produttivo o comunque nella stessa filiera  nelle economie di
urbanizzazione il Vantaggio è dunque legato alla diversificazione qui il vantaggio invece è legato
alla specializzazioneed è questa la condizione che si verifica sostanzialmente nei distretti
industrialiè questo anche il Meccanismo di funzionamento che Marshall vedeva alla base dei
distretti industriali e che è stato ripreso da Becattinimeccanismo delle economie esterne di
localizzazione
Da queste definizioni siamo poi arrivati a definire quali sono le principali caratteristiche dei
distretti industriali (tradizionali) Distretti industriali: principali caratteristiche
•Piccola dimensione geograficaquesti distretti si sviluppano in un territorio che è ristretto che 
è autocontenuto limitato da un punto di vista geografico è una dimensione che è a metà tra
quella che è la dimensione del comune (troppo piccola) e quella della provincia (che è invece
troppo grande) di solito vanno a condividere una quindicina di comuni  solitamente di piccola
dimensioneperché il settore privilegio di questi distretti industriali non è l città ma piccoli centri
•Forte vocazione settoriale specializzazione in una filiera produttivasettori produttivi in cui è
concentrato il nostro made in Italy e tutto sistema moda-casa- produzione macchinari che poi
sostengono anche le nostre esportazioni
•Prevalenza di imprese di piccole e medie dimensioni, tra loro indipendenti e specializzate per
fasepiccole unità produttive giuridicamente indipendenti e specializzate per fase una delle
caratteristiche fondamentali del distretto industriale caratteristica/tratto saliente se non c’è
non è un distretto industriale
•Forte cultura del lavoro e dell’imprenditorialità, identità riconoscimento rispetto al proprio
territorio, un radicamento nel territorio
•Rete di istituzioni nel territorio, coinvolte con le dinamiche delle imprese spesso reti
d’istituzioni che sostengono lo sviluppo delle impresese sono radicate da tanto tempo nel
territorio quando sono cresciutianche banche
•Compenetrazione tra vita sociale e vita economica del territorio persone che vivono e lavorano
da tempo in questi distretti
Principali tipologie di imprese che noi ancora per certi aspetti troviamo in un distretto industriale
nonostante tutti i cambiamenti 

•Imprese rivolte al mercato finale


quelle imprese che si concentrano nelle fasi a monte e a valle  ideazione-di concezione del
prodotto - nella fase di assemblaggio e in quella di distribuzione
•Imprese monofase imprese specializzate in una singola fase intermedia del ciclo produttivo o
nella produzione di anche una sola componente
•Imprese sussidiarieimprese che appartengono alla filiera perché contribuiscono alla
realizzazione del prodotto finito del distretto o perché comunque contribuiscono al funzionamento
del distretto, ma non al suo settore principale di specializzazione  Es. distretto della concia 
nate anche industrie che producono prodotti chimici utili per la concia contribuiscono allo
sviluppo del settore della concia ma non direttamente a produrre il prodotto principale di
specializzazione  oppure anche Imprese che producono macchinari per produrre poi prodotti
finiti es. marmo  oppure anche imprese che si occupano della logistica ma non direttamente
della produzione del prodotto Origini dei
distretti industriali ci accorgiamo della loro esistenza verso la metà anni 70 quando l’attenzione
si sposta dalla grande impresa ad imprese di piccole dimensioni ma essi nascono ben prima degli
anni 70  •Nascita “spontanea” su preesistenze artigianali è nato prima un nucleo di
preesistenze artigianali traiettoria tipica del distretto industriale all’origine c’è un tessuto
artigianale ovvero un nucleo di imprese artigiane che a partire da un certo momento si uniscono e
formano un distretto •Nascita da
processi di decentramento produttivo/ristrutturazione di grandi imprese nati in un secondo
momento imprese di grandi dimensioni che sia in un momento in cui volevano espandere la loro
capacità produttiva ma senza aumentare le dimensioni dell’impianto invece di crescere
internamente hanno esternalizzato alcune fasi di produzione a imprese di piccola dimensione
(crescita attraverso l’esternalizzazione piuttosto che la crescita interna)quindi ancora prima
della crisi della grande impresa (es. anni 60) oppure più avanti anche quando c’è un processo
di ristrutturazione delle grandi imprese e si vogliono diminuire i costi di produzione 
decentramentomolti distretti si sono formati così si sono formati tessuti di piccole imprese
attorno a grandi imprese industriali questi nuovi imprenditori erano spesso ex-operai che si
sono messi in proprio e che hanno acquisito una serie di conoscenze e competenze e che spesso
sono stati sollecitati proprio dai proprietari dell’impresa principale  che a volte se n’è andata ed
ha lasciato un tessuto di piccole imprese che ha continuato con le sue gambe
•Presenza di particolari risorse naturali che vengono sfruttate spesso è grazie alla loro
presenza  es. anche solo acqua  una volta per muovere dei macchinari
•Capacità imprenditoriali diffusel’importante è che ci sia  ed è così che poi può passare da un
settore all’altro  es. nell’agricoltura e nell’industria
L’industria si sviluppa se c’è una domanda di prodottinon solo se ci sono delle situazioni favorev
Fattori che hanno consentito lo sviluppo dei distretti
•Congiuntura economica favorevole del secondo dopoguerraè proprio la situazione esterna
del contesto ovvero quella congiuntura economica tipicamente favorevole che si viene a creare
nei decenni seguenti al 2° dopoguerrafavorevole èla domanda di beni a cui rispondono un po’
tutte le imprese  in quegli anni vi sono delle carenze di beni che le imprese vanno a soddisfare
mano a mano che procede poi lo sviluppo economicoe che aumenta il reddito e il benessere
della popolazione questa domanda cresce ed ecco allora che questa crescita traina anche
l’industria anche una serie di condizioni favorevoli che trainano un po’ lo sviluppo industriale 
come la liberalizzazione e apertura dei Mercati
•Carattere prevalentemente artigianale delle piccole imprese volte a soddisfare bisogni specifici
e di nicchia bisogni specifici di nicchia che la grande impresa non ha interesse a produrre
•Basse barriere all’entrata per prodotti tradizionali periodo in cui l’impresa riesce bene ad
entrare nel mercato
•Economie di localizzazione si vengono a determinare mano a mano che si formano queste
concentrazioni industriali
•Ruolo della famiglia tante imprese distrettuali nascono come imprese familiari
•Ruolo delle banche locali e delle istituzioni locali che aiutano lo sviluppo dell’impresa sono
sostanzialmente i nuclei che poi sono diventati dei grandi nuclei bancari con una proiezione
fortemente territoriale la cui funzione era inizialmente finanziare le iniziative imprenditoriali del
territorio  es. nucleo quella che era la cassa di risparmio  era nata come banca locale ed è il
nucleo di quella che poi è diventa l’Unicredit  grandissimo gruppo bancario  poca attenzione
ora sul territorio  rivolte e dimensioni globali
Ormai siamo arrivati ad una fase in cui i distretti hanno subito dei grandi cambiamenti influenza
della globalizzazione ha influito anche la crisi economica :ciclo di vita dei distretti industriali

1. Specializzazione di fase questa


fase si colloca nella maggior parte dei distretti negli anni 50 e 60 de secolo scorsofase che vede
la formazione del distrettoper formazione intendiamo questo meccanismo di divisione del
lavoro che prende le mosse o da un tessuto artigianale o da processi di decentramento da parte
della grande imprese è una fase in cui si forma una prima fase di divisione del lavoro che vede
da una parte le imprese committenti (si occupano delle fasi produttive a valle e a monte ) e
imprese sub-fornitrici (terziste) che vanno a specializzarsi nelle fasi intermedie del ciclo produttivo
 fase prettamente industriale  ci sono pochi servizi alle imprese in questo periodo periodo
in cui l’impresa cresce ma non vediamo una vera e propria esplosione del settore industriale 
partono da piccole imprese artigiane formazione industriale direttamente sul lavoro  poi
molte produzioni da artigianali si industrializzano
2. Area sistema integrataanni 70  in questo periodo crescono un po’ tutte le dimensioni  in
alcuni distretti crescono in maniera esponenziale le imprese -l’occupazione- la produzione-le
esportazioni- i distretti diventano sempre più improntati sull’esportazionequesta fase si chiama
area sistema integrata perché  questa organizzazione/divisione del lavoro prima incentrata su
soli due livelli: su una impresa committente e una subfornitrice viene a complessificarsi
ulteriormentespesso troviamo impresa committente che affida una fase produttiva ad un sub
fornitore e questo a sua volta attiva un altro sub fornitore (anche piccola impresa) sistema su un
doppio livello questo meccanismo della divisione del lavoro viene ad articolarsi in maniera più
complessa su più livelli fase di forte crescita sia per le imprese sia per i territori che le
ospitano fase che porta un aumento del reddito anche per luoghi che prima avevano una
forte componente rurale  trasformato non solo l’economia ma anche la società e l’ambiente 
impatto ambientale di questi modelli di industrializzazione diffusa
Comincia a svilupparsi anche una componente terziaria servizi che riguardano tutto  in senso
stretto la produzione e anche logistica e trasporto aumentano le proiezioni internazionali dei
soggetti questi processi di divisione del lavoro  negli anni 70 sono ancora autocontenuti
cioè circoscritti all’interno di questi distretti industriali
Sono modelli che utilizziamo come chiave di lettura  non sono modelli specifici da cui
partiamo per analizzare poi i singoli casi
3. Maturità  fase che si colloca tra anni 80 e 90 del 900 troviamo non cresce più
l’occupazione, rimane forte il settore dell’esportazione problema è più sui costi distretti
hanno messo in atto strategie difensive e offensive  strategie difensive delocalizzazione
produttiva e riposizionamento nella nuova divisione internazionale del lavoro ciò ha portato
molti distretti a delocalizzare parte delle loro produzione in paesi con basso costo del
lavororiduzione della produzione e allungano geograficamente le loro filiere  le loro
retidelocalizzazione produttiva molte imprese vanno ad appoggiarsi a reti di divisione del
lavoro spesso si affidano ad un sub fornitore estero che abbassa i costi di produzione  altri
invece lo fanno per entrare in nuovi mercati (internazionalizzazione)  spesso paesi est Europa
questa delocalizzazione effetti positivisulle imprese ha permesso di rimanere sul mercato,
di rimanere competitiva  sul territorio ha invece avuto un impatto negativa riduzione numero
di imprese, riduzione posti di lavoro, tanti fallimenti  strategie offensive  strategie di
concentrazione  hanno acquisito loro stesse delle imprese di sub fornitori  imprese politica di
acquisizione all’estero di altre imprese  e hanno creato una serie di reti e di alleanze senza fare
acquisizione ma che hanno potato comunque all’acquisizione di asset strategici  sono uscite un
po’ da quella che era l’orbita esportazionale
Strategie di diversificazione produttiva e di nicchia-InnovazioneInnovare per rimanere
competitivi  continuare a farlo per mantenere vivi questi distretti
Cambiamenti sociali Su questo scenario che già era di mutamento  anni 2000  su questa si è
innestata la grande crisi mondiale del 2008
I distretti dopo la crisi  •Trasformazione della base produttiva, con forte ridimensionamento in
termini numerici soprattutto nei settori maturi (imprese e occupati)
•Cambiamento della composizione settoriale: aumento imprese specializzate nella fornitura di
macchinari, tecnologie e servizi imprese impegnate nello sviluppo delle nuove tecnologie molto
specializzate produzioni di macchinari specializzati qui la crisi ha colpito molto meno e hanno
avuto una grande crescita in questo periodo alcuni settori si sono sviluppati più che altri
•Crescita delle relazioni esterne e indebolimento della relazioni locali dopo la crisi economica è
diventato ancora più difficile l’accesso al credito  ciò ha penalizzato molto le imprese locali
•Sforzo nell’applicazione delle innovazioni di prodotto e processo  ciò che ha salvato molte
imprese è stato invece investire nell’innovazione
•Maggiore attenzione alla qualità dei prodotti  maggiore qualità  puntando su essa sono
comunque riuscite a sopravvivere  anche con aumento prezzi
•Crescente ricorso a leve strategiche: marchi, brevetti, certificazioni di qualità anche dal punto
di vista ambientale nostre imprese brevettavano poco  ora vediamo aumentare i brevetti
•Digitalizzazione dei processi produttivi
•Arrivo multinazionali straniere e reshoring di alcune capofila dopo avere ristabilizzato le
imprese sono rientrate in sede domesticarientrate a produzione che rimangono ad alto livello
mantiene più strategie  es. Calzedonia alcune fasce di prodotti le produce all’estero in paesi
a basso costo (Es. Etiopia ) altre fasce le fa made in Italy ( a Trento)  fanno rientrare delle parti
produttive  Calzedonia continua a produrre una parte all’estero delocalizzazione produttiva e
una parte della produzione la fanno rientrare nel paese d’origine fenomeno che si sta
manifestando
Specializzazioni distrettualiSono principalmente tre • Sistema moda: abbigliamento,
calzature, borse, occhiali … •Sistema casa: mobili, oggettistica, arredamento …
•Meccanica  soprattutto produzione di macchinari industriali  componente più forte delle
nostre esportazioni macchinari •Turismooggi si parla addirittura di distretti turisti e •Cultura
distretti culturali
Diversi sono gli indicatori per individuare i distretti
Normativa nazionale: Legge 317/1991, art.36•Definizione di distretto industriale: “aree
territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare
riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla
specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese”.  in questa definizione rispetto a
Becattini manca l’elemento della divisione del lavoro
•Ruolo delle Regioni nella individuazione dei distretti sulla base di criteri stabiliti a livello
ministeriale erano criteri troppo specifici e non si riuscivano a riconoscere i distretti industriali
•Finanziamento, da parte delle Regioni, di progetti innovativi riguardanti più imprese localizzate
nei distretti.
Prima non veniva riconosciuto il distretto  prima c’era solo piccola impresa per la prima volta
il distretto viene riconosciuto come strumento di distribuzione industriale  anche se ora questo
articolo non è più in vigore  la legge 317 viene superata  viene sostituita da Normativa
nazionale: Legge 140/1999 1. Si definiscono sistemi produttivi locali i contesti produttivi
omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e
medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna.
2. Si definiscono distretti industriali i sistemi produttivi locali di cui al comma 1, caratterizzati da
una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di
sistemi di imprese.
3. Ai sensi.. del D. Lgs n.112/1998, le Regioni … provvedono alla individuazione dei sistemi
produttivi locali nonché al finanziamento dei progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi
locali, predisposti da soggetti pubblici o privati.
Con la riforma costituzionale del 2001 sono le regioni loro determinano i loro decreti per
identificare un distretto industriale  modello prevalente è quello che vede le regioni ad utilizzare
dei criteri dall’alto o dal basso  dall’alto  è la regione a decretare i parametri per identificare i
distretti industriali Mentre in quelli dal basso  sono i distretti a decretare i parametri per
identificare i distretti industriali  anche lo stato ora influisce sui settori industrial  qui le regioni
però hanno finalmente la piena autonomia
Situazione successiva alla riforma costituzionale del 2001Leggi finanziarie 2006, 2007
Decreto Legge 5/09 «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi
Legge 180/2011 «Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese» (art.5)
Distretti: contesti produttivi omogenei, caratterizzati da un’elevata concentrazione di imprese,
prevalentemente di micro, piccole e medie dimensioni, nonché dalla specializzazione produttiva di
sistemi di imprese
Distretti tecnologici: contesti produttivi omogenei, caratterizzati dalla presenza di forti legami con
il sistema della ricerca e dell’innovazione
Meta-distretti tecnologici: aree produttive innovative e di eccellenza, indipendentemente dai
limiti Territorialilegami molto forti tra il mondo della ricerca(uni) e le innovazioni tecnologiche
Distretti del commercio: aree produttive e iniziative in cui cittadini, imprese, formazioni sociali,
liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di valorizzazione di tutte le risorse di
cui dispone il territorio
Reti di impresa: aggregazioni funzionali tra imprese che rientrano nelle definizioni del Decreto
Legge 5/2009 e successive modifiche
LE POLITICHE REGIONALI PER I DISTRETTI INDUSTRIALI: IL CASO DEL VENETO
In Veneto si parte da un individuazione dal basso  parte dai distretti industriali
La legislazione del Veneto sui distretti industriali •Legge regionale n. 8/2003 •Legge regionale
n. 5/2006 •Legge regionale n. 13/2014 quella attualmente in vigore  da una legge all’altra
cambia proprio l’approccio  ritorno all’approccio dall’alto
L.R. 5/2006 Distretto produttivo: espressione della capacità di imprese tra loro integrate in un
sistema produttivo rilevante e di altri soggetti (art.4) di sviluppare una progettualità strategica che
si esprime in un patto per lo sviluppo del distretto (almeno 100 imprese e 1000 addetti)  si parla
di distretto produttivo e non industriale  il senso di questa legge è quello di non mettere
parametri di tipo quantitativo per l’identificazione di un distretto ma di lasciare che siano le
imprese e i soggetti locali a riconoscersi come distretti
Questa normativa ha avuto un enorme successo  tanto cheprimo triennio dall’emanazione di
questa legge Distretti produttivi veneti: sintesi triennio 2003-2005 •46 distretti riconosciuti,
con 8.136 imprese coinvolte e 203.118 addetti •356 progetti finanziati , per un ammontare di
contributi regionali di oltre 54 milioni di euro e un investimento complessivo di circa 173 milioni
la differenza sta nel fatto che la regione non finanzia completamente  cofinanzia e
l’investimento avviene dopo l’avvio del progetto
Spesso distretti che già esistevano  ma che vengono poi regolarizzati da questa norma  la
regione in questa fase normativa non usa il termine distretto industriale ma distretto produttivo 
perché lascia degli ampi margini di riconoscimento anche alle attività che sono al di fuori del
settore industriale es.  appartenenti al settore turistico, logicistica ed intermodalità
Distretti approvati nel periodo 2006-09 (numero imprese e addetti) riforma della prima
normativa legge n. 5 del 2006 si pone in continuità con quella precedente  perché ha lo stesso
tipo di approccio ovvero lascia che siano le imprese e le istituzioni locali a riconoscersi come
distretto  numero consistente in questo periodo  soggetti che si sono aggregati in questa
seconda fase della normativa

Elementi di innovazione della legge regionale veneta•Principio di auto-organizzazione


elemento di innovazione più importante ovvero il fatto che la legge si ispiri ad un principio dal
basso  che possiamo chiamare di auto-organizzazione lasciare che il riconoscimento non
avvenga attraverso dei parametri- indicatori quantitativi che sono misurati sul territorio 
“imposti dalla regione”  ma lasciare che emerga una congettualità che emergano delle forme
di collaborazione /delle aggregazioni su progetti che siano quindi i distretti stessi ad individuare
quali siano i punti di debolezza da fortificare nei progetti oppure i punti di forza del distretto da
rafforzare con progetti una delle poche regioni italiane a fare così  le altre hanno preferito
partire fin da subito da un principio dall’alto  partito dallo stato
•Supera il principio della contiguità geograficale imprese non sono per forza costrette ad
essere vicine  ciò porta alla difficoltà di individuarli spazialmente questi distretti sul territorio
•Estende il concetto di distretto alle attività non manifatturieredistretti della logistica, termali..
•Reversibilità dei programmi e degli accordi non ci sono vincoli di carattere giuridico per le
imprese  le imprese si aggregano per realizzare questi progetti attraverso delle forme flessibili
 ad esempio Associazione temporanea d’imprese Una volta che il progetto è terminato tutti
sono liberi non ci sono contratti con vincoli giuridici di carattere formale finito il progetto
un’impresa può anche legarsi ad un’altra coalizione
Problemi emersi Problemi segnalati da un lato dalla regione stessa e da un lato dagli
imprenditori che hanno partecipato a questi bandi  segnalata
•Cultura individualista degli imprenditori che era il limite che questa legge voleva sistemare 
manca un po’ una collaborazione sui progetti  di sicuro questa legge ha aiutato però questo
atteggiamento un po’ tipico dell’imprenditore veneto che si è fatto da solo e non è abituato a
collaborare con gli altri  questa cultura secondo la regione persiste
•Comunicazione tra imprese e istituzioni  altri limiti segnalati da parte delle imprese 
difficoltà di comunicazione con la regione  nonostante la presenza di una struttura presente
proprio per la gestione dei distretti industriali
•Complessità delle procedure amministrative soprattutto per quanto riguarda la
documentazione delle spese  per avere una volta terminato il progetto il finanziamento 
procedure troppo complesse  alcune imprese hanno fatto i progetti e speso soldi ma poi il
finanziamento non è stato erogato ma proprio perché non sono riuscite a fare le pratiche
amministrative che la regione richiedeva
•Società di consulenza sono un po’ sputante come funghi quando è stata emanata questa legge
 che però non erano riconosciute dalle regioni queste si prendevano una parte di
finanziamento
•Troppi distretti e patti riconosciuti si è prodotto un po’ un effetto opposto la regione voleva
concentrare cose in progetti ristretti  ma sono stati riconosciuti troppi patti e ciò ha ridotto la
possibilità di finanziare progetti
Dopo questa esperienza normativa verso il 2012 è stato fatto un po’ un monitoraggio della
precedente esperienza normativa  tenendo conto anche dei punti di debolezza di questa
esperienza ma anche tenendo conto dei cambiamenti  2006 era ancora un periodo di sviluppo e
di crescita ma dopo il 2008 invece è iniziato un periodo di crisi economica  anche a causa di
questo si è vista necessaria un’ innovazione normativaanche dovuta alle trasformazioni
avvenute in quel periodo (es. tecnologiche)  tenendo conto di tutto ciò è stata emanata una
nuova normativa  legge regionale n. 13 del 2014
Legge regionale 13/2014: definizioni (art.2) per prima cosa cambia un po’ quella che è la
definizione di distretto industrialeistituisce un po’ tre istituti  tre soggetti che rispondono
proprio a quella esigenza di cambiamento a quelle trasformazioni  nel tessuto produttivo
regionale e rispondono a quella che è ormai una differenziazione  presenza articolata di più
soggetti che hanno caratteristiche diverse tra di loro
Primo soggetto quello che più ci interessa  Distretto industriale: sistema produttivo locale,
all’interno di una parte definita del territorio regionale, caratterizzato da un’elevata
concentrazione di imprese manifatturiere industriali e artigianali, con prevalenza di piccole e
medie imprese, operanti su specifiche filiere produttive o in filiere a queste correlate rilevanti per
l’economia regionale.  esplicito riferimento a imprese manifatturiere industriali e artigianali 
non più di tutti i settori si torna ad un’idea più tradizionale di distretto industriale manifattu
Altro soggettoRete innovativa regionale: sistema di imprese e soggetti pubblici e privati,
presenti in ambito regionale ma non necessariamente territorialmente contigui, che operano
anche in settori diversi e sono in grado di sviluppare un insieme coerente di iniziative e progetti
rilevanti per l’economia regionaleesigenza di andare incontro alle diversità che noi troviamo nel
tessuto produttivo regionale da un lato c’è il riconoscimento che ancora nel nostro tessuto
produttivo ci sono ancora distretti manifatturieri tradizionali quindi dobbiamo andare ad
intervenire su questi distretti attraverso le politiche regionali  dall’altro però nell’arco di questi
anni il tessuto produttivo della regione è cambiatoemersi soggetti che operano nell’ambito della
nuove tecnologie e non più solo dell’industria manifatturiera la definizione è un po’ più elastica
 i soggetti non soltanto imprese ma anche soggetti pubblici (es. Università, camere di
commercio) si liberano anche dal vincolo della vicinanza spaziale  non per forza imprese che
lavorano su progetti innovativi sono vicine tra loro possono essere fisicamente lontane ma
vicine per tipo di prodotto su cui si lavora  sviluppare insieme di iniziative e progetti che sono
rilevanti per l’economia della regione  altro aspetto che differenzia i due soggetti è il tipo di
approccio che porta poi al loro riconoscimento  il distretto industriale non viene più riconosciuto
dal basso ma è la regione che riconosce il distretto industriale (attraverso criteri che vedremo
poi) mentre nel caso della rete innovativa regionale  rimane il riconoscimento dal basso 
regione da unicamente alcuni criteri ma lascia che siano queste aggregazioni di soggetti a
richiedere il riconoscimento di rete  a presentare i progetti e auto riconoscersi come tali
Altro soggetto Aggregazione di imprese: insieme di almeno 3 imprese che si riuniscono al fine di
sviluppare un progetto strategico comune, nelle forme di cui all’art.5.  questo è un tentativo per
sollecitare la collaborazione tra le imprese e finanziare anche quei piccoli progetti, con poche
imprese, che non hanno i numeri per diventare un distretto industriale e sono lontane da essere
delle reti innovative  tre tipologie diverse di soggetti distretto-innovative+ uni – piccole associ
Criteri di individuazione del distretto industriale (art.3) Caratteri di tipo quantitativo che la
ragione impone quelli che ci portano ad un’individuazione dall’alto
1° criterio Concentrazione di imprese manifatturiere per riconoscere un distretto bisogna che
ci sia una concentrazione di imprese manifatturiere la regione individua una serie di parametri
di carattere quantitativo e statistico e misura poi questi parametri sul territorio un distretto
deve soddisfare questi parametri che la regione pone non è la regione stessa ad individuare
questi criteri lo fa l’Università di Padova  e poi la regione li emana 2°
criterioStoricità del distretto ci dice ancora di più che la regione nell’ individuazione dei
distretti torna un po’ alle origini distretto è quella formazione che ha anche una sua storicità alla
base che si è sviluppato nel corso del tempo che persiste da tanto tempo su un territorio 
come si dimostra la storicità di un distretto?  documentata indirettamente prendendo anche
informazioni da centri di documentazione (studio) che hanno raccolto testimonianze della storia
produttiva del distretto se non ci sono questi centri studi si cerca attraverso la letteratura 
quindi in ogni caso c’è bisogno che ci sia una traccia di questa storicità del distretto
3° criterio Competitività del sistema in ambito di innovazione e internazionalizzazione
distretti che devono essere competitivi sia come innovazione e competitivi in ambito di
internazionalizzazione  distretti presenti all’estero che esportano
Questi sono i 3 criteri base più importanti  poi ce ne sono altri due  sono un po’ aggiunti e
non discriminanti  come gli altri tre  1. Marchio di distretto 2. Presenza di istituzioni formative,
centri di ricerca, soggetti istituzionali di supporto all’economia locale Criteri di
individuazione della rete innovativa regionale (art.4) criteri sono più elastici non sono criteri
quantitativi in senso stretto che la regione va a verificare 1.
Estensione sul territorio regionale queste coalizioni che si propongono di essere riconosciute
come rete innovativa devono essere almeno ampie ben articolate  devono presentare un
buon numero di soggetti al proprio interno  l’estensione non si intende tanto come estensione
fisica ma come numero di soggetti che si aggregano a queste coalizioni  non c’è un numero
ben preciso  ma devono essere sufficientemente ampie a riempire i progetti che queste reti
fanno abbiano comunque un’ impatto sul territorio regionale non siano progetti che riguardano
soltanto alcune imprese
2. Imprenditorialità nuova o innovativapresentare delle forze imprenditoriali nuove o
innovative  non presenti molto nei distretti tradizionali
3. Settori nuovi o innovativitestimoniare di essere reti che fanno riferimento a settori nuovi o
innovativi ( alle nuove tecnologie)
Sia i distretti che le reti innovative devono individuare un soggetto responsabile soggetto
giuridico che deve rappresentare il distretto o la rete nei rapporti con la regione e con le altre
amministrazioni pubbliche è il soggetto che poi presenta quelli che sono i progetti e che si
occupa (controlla) che siano realizzati nel caso dei distretti industriali  i distretti individuano
dunque un loro soggetto rappresentante e questo poi viene riconosciuto con un decreto proprio
da parte regione nel caso delle reti il soggetto non è solo colui che fa da intermediario con la
regione ma è anche quello che presenta le istanze di riconoscimento delle reti stesse  in questo
caso il soggetto precede le reti stesse
Quindi  Rappresentanza dei distretti industriali e delle reti innovative regionali (art.6) 
•Le imprese aderenti a ciascun distretto industriale e i soggetti aderenti a ciascuna rete innovativa
regionale individuano, in una delle forme previste dal codice civile, il soggetto giuridico preposto a
rappresentare il distretto o la rete innovativa regionale nei rapporti con la Regione e le altre
amministrazioni pubbliche;
•Il soggetto di cui al comma 1, debitamente riconosciuto dalla Giunta regionale, raccoglie le
istanze delle imprese aderenti a ciascun distretto industriale e dei soggetti aderenti a ciascuna rete
innovativa regionale e presenta i progetti di intervento alla Regione ai sensi dell’articolo 7. Progetti
di intervento finanziabili (art.7)  quali sono i progetti realizzabili  in generale i progetti (non fa
distinzione tra distretti e reti ) •Ricerca e
innovazionesia nell’ambito d’innovazione di prodotto che di processo
•Internazionalizzazione progetto su cui intervengono un po’ tutti  progetti legati
all’internazionalizzazione
•Infrastrutturesia tradizionali sia digitali digital divide  che esiste anche tra imprese
•Sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientalead esempio finanziamento di progetti che nel
loro processo produttivo portano al risparmio energetico, all’utilizzo di energie rinnovabili, alla
realizzazione di prodotti che sono ecosostenibili
•Difesa dell’occupazione e sviluppo di nuova occupazione
•Sviluppo di imprenditoria innovativa e di nuova o rinnovata imprenditorialità  facciamo
riferimento ad esempio alle start-app
•Partecipazione a progetti promossi dall’Unione Europea, anche in materia di cluster un’altra
forma di sistema produttivo localealternativa al distretto industriale
•Ogni ulteriore iniziativa finalizzata al rafforzamento competitivo delle imprese
ELENCO DISTRETTI RICONOSCIUTI DALLA REGIONE VENETO (L.R. 13/2014)
1. Calzatura della Riviera del Brenta 2. Concia di Arzignano 3. Meccanica dell'Alto Vicentino 4.
Mobile del Livenza 5. Occhialeria Bellunese 6. Orafo Vicentino 7. Calzatura tecnica ed articoli
sportivi (Sportsystem) di Asolo e Montebelluna 8. Ceramica artistica di Nove e Bassano del Grappa
9. Elettrodomestici ed inox di Conegliano e del Trevigiano 10. Condizionamento e refrigerazione
del Padovano 11. Giostra del Polesine 12. Ittico del Polesine e del Basso Veneziano 13. Marmo e
pietra del Veronese 14. Mobile classico della Bassa Veronese 15. Prosecco di Conegliano e
Valdobbiadene 16. Vetro artistico di Murano e vetro del Veneziano 17.Vino della Valpolicella e
Soave
Sono anche scomparsi alcuni distretti  alcuni sono andati in contro ad una forte
deindustrializzazione  la regione ha creato più elenchi di distretti  quelli che soddisfano tutti i
criteri sono questi 17 poi ci sono anche altri distretti che soddisfano solo parzialmente i criteri
Esistono diversi tipi di siti di riferimento per analisidiverse tipologie di analisi che analizzano
dati diversi  che ci consentono poi di confrontare questi distretti 1.Intesa Sanpaolo «Economia
e finanza dei distretti industriali», «Monitor dei distretti» 2.Istat, Distretti industriali 2011
Tutti i riferimenti sui distretti industriali, sulle retti, sulla politica regionale del settore dell’Industria
li troviamo su questo sitoRegione del Veneto - distretti industriali (www.venetoclusters.it) I
distretti sono riconosciuti dalla regione  devono presentare un piano operativo ogni distretto
mi individua poi le linee di sviluppo dei progetti
CASO STUDIO: IL DISTRETTO DELLO SPORTSYSTEM DI MONTEBELLUNAUno dei distretti più
dinamici e più vitali del Veneto  uno dei più maturi e dei più evoluti applichiamo ciò che
abbiamo appreso  chiave di lettura modello del ciclo di vita del distretto industriale Sapere
applicare a un caso studio quanto appreso nell’analisi teorica-Verificare l’aderenza del caso studio
al modello del ciclo di vita del distretto-Collegare caso studio e normativa regionale di riferimento
Produzione Calzatura sportiva un po’ tutto il comparto della calzatura e dell’abbigliamento
sportivo 
In Veneto sono sostanzialmente tre i distretti storici delle calzature 1. Distretto di Montebelluna
2.Distretto della riviera del Brenta 3. Distretto Veronese i primi due sono riconosciuti anche
dalla legge regionale  rientrano nei parametri  il terzo è ancora parzialmente un’area di
produzione di calzature ma li separiamo comunque questi distretti mettiamo insieme i primi due
perché hanno una storicità in comune  partono da un nucleo di imprese artigiane che si forma
già nell’800 formazione di questo substrato di imprese artigiane da cui poi il distretto
evolveràvivranno poi una fase di incubazione del distretto  e poi entrambi passano al sistema
di fabbrica hanno anche un percorso evolutivo simile  sono però molto diversi per il tipo di
prodotto che producono Montebelluna si occupa di calzatura sportiva mentre Riviere del Brenta
si occupa di calzatura prevalentemente femminile ed elegante rivolta anche ad una fascia di
mercato alto (prezzo elevato) e le imprese ricevono richieste dalle grandi case della moda 
Verona nasce anni 50  nella prima fase soprattuttoterziste per imprese tedesche  poi
nell’area veronese è un tipo di prodotto di livello medio-basso in seguito sono sopravvissuti i
calzaturifici abbastanza alti come qualità è resistito alla crisi e alla fase di delocalizzazione
produttiva perché è un prodotto che poggia sulla qualità sul made in Italy

Distretto di MontebellunaDistretto che comprende 16 comuni dei quali  15 localizzati nella


provincia di Treviso e 1 nella provincia di Belluno
Principali indicatori  indicatore molto utilizzato in geografia economica  per individuare
proprio le concentrazioni industriali e in particolare le specializzazioni industriali è quello che
viene chiamato Quoziente di localizzazione o indice di specializzazione  che possiamo
calcolare prendendo in considerazione dati relativi agli addetti o dati relativi alle imprese più
consueto prendere in considerazione dati relativi agli addetti questo quoziente si calcola come
addetti al settore di specializzazione sul totale di un’area, sul totale degli addetti all’industria
manifatturiera di quella stessa area diviso per gli addetti al settore di specializzazione di un’area
più ampia (che noi prendiamo come riferimento) fratto gli addetti al totale dell’industria
manifatturiera di questa stessa area
Formula Addetti al settore di specializzazione di un’area (es. unità spaziali di carattere
amministrativo : comune X) addetti al settore sportsystem del nostro comune (Montebelluna)
sul totale degli addetti all’industria manifatturiera sempre del nostro comune X  fratto gli addetti
al settore di specializzazione di un’unità più ampia (la provincia del nostro comune X )  fratto gli
addetti al totale dell’industria manifatturiere di questa provincia Rapportando
quello che ho ad una realtà più grande riesco a capire quello che ho  più di quanto mi direbbe
una semplice percentuale senza un’unita di riferimento  quando quindi statisticamente il
quoziente di localizzazione è considerato significativo quando diciamo che è presente una
specializzazione ? quando il quoziente di localizzazione assume valore maggiore di 1  quando
è maggiore di uno diciamo che c’è effettivamente una specializzazione nel settore
625:1045 /3000 : 10 000=QL  1,99  ha una
specializzazione nel settore dello sportsystem Comuni che superano questa soglia possiamo
dire che hanno una specializzazione nel settore dello sportsystem
È significativo nel momento in cui QL è maggiore di uno  ma la regione ha messo anche una
soglia per selezionare ulteriormente per quei distretti che hanno un quoziente molto alto ha
messo una soglia di 1.30 per le unità locali e 1.60 per quanto riguarda gli addetti  Montebelluna
supera ampiamente queste soglie QL  specializzazione di 3.48(per Unità locali) e 5.6 (per
Numero addetti) Verona non è riuscita a superare queste soglie  quindi non è considerata
distretto (1.30 e 1.60)

 documentazione sulla storicità dell’Industria è


indubbia e per questo ampia  tantissimi studi su questo distretto  non c’è dubbio che questo
distretto sia una delle realtà più importanti del Veneto
Fattore che fa un po’ da filo conduttore nel distretto è l’innovazione  fin da subito 
propensione ad innovare e propensione alla diversificazione e progresso
Fasi evolutive del distretto di Montebelluna
1800-1900Lunga fase di incubazione: laboratori artigiani  già esisteva un piccolo nucleo di
imprese artigiane perché proprio qui si sono concentrati questi laboratori? Quali sono i fattori di
localizzazione che spiegano questa concentrazione Montebelluna: fattori all’origine della
localizzazione •Posizione geografica ottimale: zone di approvvigionamento delle materie prime
e luoghi di consumo dei prodotti finitiin una prima fase  materie come anche il legno per le
suole preso dai boschi erano scarpe molto grezze scarpe acquistate da contadini e montanari,
le pelli  pellami prodotti da botteghe conciarie limitrofe •Mercati di commercializzazione dei
prodotti di tradizione secolare area molto dinamica dal punto di vista commerciale •Tradizione
dei maestri calzaturieri della Repubblica Veneta •Capacità imprenditoriali diffuse  fase dell’800 :
fase d’incubazione artigianale laboratori e botteghe artigiane  tutto realizzato a manonon
c’è una trasmissione formale delle competenze il lavoro si impara sul campo nell’800 non
diventa essa un’area industrialequella di questa zona rimane ancora una base agricola come
tracce sul territorio non è rimasto niente tutto assorbito dalle fasi successive
1900-1950Transizione al sistema di fabbricaPrima diversificazione produttiva •nascita
aziende storiche del distretto primo input viene dalla 1° guerra mondiale •Forniture ai comandi
militari locali •Transizione al sistema di fabbrica •Diffusione alpinismo e aumento domanda scarpe
da roccia •Specializzazione scarpe da montagna •Prima diffusione sport sciistico diventato
disciplina olimpionica •Prima diversificazione produttiva: scarpone da sci monouso non più
come prima scarpe da attaccare allo sci entrare nel mercato con prodotti completamente nuovi
•Aumento gamma prodotti anche altri tipi di calzature un po’ per tutti gli sport •Impatto
contenuto sulla base economica locale e sul territorio •Domanda statica •Banca locale (1890) 
sostiene il territorio dal punto di vista finanziario  le imprese locali
1950-1969 Formazione del modello distrettuale  è qui che si definisce una vera e propria
specializzazione di fase che caratterizza poi il distretto •Aumento domanda di attrezzature
sciistiche •Effetto trainante di importanti eventi sportivi (K2, Olimpiadi Cortina) •Introduzione
macchinari per la fabbricazione delle calzature •Organizzazione distrettuale fasi intermedie
affidate a dei subfornitori •Nuova imprenditorialità per fenomeni di spin-off fenomeno
tipicamente distrettuale fenomeno che avviene tutto all’interno dell’area una sorta di
autoproduzione- auto generazione di imprenditorialitàex dipendenti che creano delle
sottoproduzioni •Apprendimento per learning by doing non c’è una formazione specifica
•Scarpone da sci: comparto strategico
1969-1980Seconda diversificazione produttiva-Destrutturazione e riorganizzazione del distretto-
Forte sviluppo  riorganizzazione e crescita del distretto (area sistema integrata) • Innovazioni
tecnologiche •Aumento domanda •Sponsorizzazioni sportive •Seconda diversificazione
produttiva: lo scarpone in plastica la plastica avrebbe cambiato un intero comparto a ciò ci
arrivano prima gli americani nel 1955 ma perché questa creazione viene attribuita ai
montebellunesi?perché sono essi a compiere una innovazione incrementalemodifica nel
processo produttivo che poi si mostrerà vincente  iniezione delle materie plastiche direttamente
nello stampo processo anche più economico innovazione che si affermerà poi tra i
produttori per questo si dice siano loro i creatori ma come innovazione incrementale 
aumento domanda prodotto •Destrutturazione e riorganizzazione del distretto •Modello
organizzativo del “decentramento a cascata” alcune fasi affidate ad un subfornitore ed esso si
affida ancora ad un subfornitore più piccolo •Sviluppo settori contigui e evoluzione verso il
distretto plurispecializzato es. produzione di doposci •Forte vocazione export
Anni 80’Maturità: crisi, strategie difensive e competitive crisi e strategie di risposta (maturità)
• Fenomeni di saturazione del mercato •Aumento costo delle materie prime e del lavoro
•Scarso innevamentoaspetto legato al cambiamento climatico  ripercussioni sul settore
turistico e produttivo •Aumento competizione internazionale andate all’estero e abbassato il
costo di produzione •Prime due crisi: 1980-82 e 1987 •Delocalizzazione produttiva che riguarda
grandi- medie imprese e subfornitori che le seguono all’estero abbassando anche loro stessi il
costo del lavoro le aziende di Montebelluna vanno soprattutto nell’Est- Europacon
destinazione privilegiata la Romania anche in Africa Tunisia e Marocco in Sud-America e in
Asia  strategia difensiva •Innovazioni  imprese continuano ad innovare qui viene creata la
scarpa Geox innovazione acquisita anche da altre imprese •Diversificazione produttiva in
settori contigui •Entrata multinazionali, processi di concentrazione aziendale
Poi fase attualeGlobalizzazione e crisi economica
Abbigliamento casual sportivo molto importante
. il distretto oggi: le produzioni
Struttura dimensionale

Alcuni progetti realizzati con i Patti (L.R 8/2003 e 5/2006)c’è poca collaborazione  uniche
cose fatte  perché erano necessarie normalizzazione standardizzazione dei prodotti per
poter usufruire dell’intercambiabilitàesempio sono stati creati
•Creazione di osservatori, banche dati e centri studi di distretto
•Progetti di ricerca e trasferimento tecnologico
•Portale di distretto
•Partecipazione a fiere nazionali e internazionali
Chi ha partecipato a questi patti?  Il Patto 2009: soggetti sottoscrittori •Imprese private (111
per oltre 5200 addetti) principalmente •Enti pubblici locali (12 comuni) quasi tutti •Altri enti:
associazioni di categoria, Fondazione Museo dello Scarpone, Università di Padova, agenzie camera
di commercio, centri di formazione
Legge regionale 13/2014 •Soggetto giuridico: UNINT Consorzio per le integrazioni fra imprese
di cui fanno parte un’industria di Treviso, la Confindustria di Padova •Programma di sviluppo
2017-2020  cercare di capire quali linee di intervento volevano sviluppare 1. Ricerca e
innovazione relativa ai processi produttivi e ai prodotti (Industria 4.0; sostenibilità ambientale) 2.
Internazionalizzazione (soprattutto Pmi) è ancora molto all’attenzione delle piccole imprese e
molto meno all’attenzione delle grandi 3. Formazione capitale umanodovranno avere una
conoscenza di questi nuovi strumenti tecnologici
Presente e futuro -Reshoring: Diadora, Aku, Fitwel, Gufo -Innovazione: Industria 4.0
-Sostenibilità: processi produttivi e prodotti -Capitale umano: STS Sportsystem Talent School,
Politecnico Calzaturiero?
Il recupero della memoriaper la storicità dell’impresaIl Museo dello Scarpone di
Montebelluna
CLUSTER E CLUSTER HIGH-TECH. IL CASO SILICON VALLEY
Porter per spiegare queste concentrazioni di attività spaziali utilizza questa categoria concettuale
che è quella del cluster (simile ma diverso dal distretto)
Cluster (Porter, 1990, 1998: due articoli) parte dal concetto di vantaggio competitivo quasi in
ogni paese le imprese che sono più competitive all’interno dei propri settori tendono
normalmente a concentrarsi in alcune regioni che ospitano propri dei cluster ovvero 
•“Concentrazione geografica di imprese, fornitori di beni e servizi specializzati e istituzioni,
fortemente interconnessi, che competono ma anche collaborano tra loro in un particolare settore”
 che sono in stretta interdipendenza tra di loro un po’ una conseguenza della specializzazione
 definizione molto simile alla definizione di distretto industriale sono così simili che alcuni
studiosi li usano come se fossero un po’ dei sinonimi ma in realtà ci sono molte differenze tra
loro  Cluster è  •Categoria più ampia rispetto al distretto industriale dal punto di vista
anche delle attività che vengono riconosciute come appartenenti ai cluster tanto che questa
categoria perde un po’ poi la sua capacità/unicità di analisi ci sono anche attività economiche
che hanno ben poco a che fare con l’industria o comunque con la visione tradizionale di distretto
industriale  è una concentrazione di imprese specializzate ex. New York  anche i servizi
tendono a fare cluster come servizi finanziari- editoria-media  tendenza che comprende un
po’ tutte le attività economiche •Confini meno definiti, prende forma a più scale geografiche  il
cluster viene individuato a più scale geografiche che hanno poco a che fare con l’idea di una
piccola scansione geografica come è alla fine il distretto grandissimi o anche molto piccoli  per
fare i cluster secondo la visione di Porter non è tanto la vicinanza tra questi soggetti e queste
istituzioni che sono tra loro interconnesse ma l’estensione delle reti prescinde dalla vicinanza fisica
dei singoli soggetti che le compongonovolendo vedere questa categoria assomiglia un po’ di più
alle reti d’impresa che si stanno sviluppando al giorni d’oggi che ai nostri distretti
•Presenza fondamentale di istituzioni  istituzione ad esempio l’università, le istituzioni
pubbliche nei distretti è importante la presenza delle istituzioni soprattutto in questa fase di
forte trasformazione  es. regione Veneto che è intervenuta negli investimenti nei distretti 
però diciamo che il distretto non è nato con l’idea di queste istituzioni al suo interno quindi fermo
restando che ci sono delle similitudini tra cluster e distretto ci sono anche queste differenze che in
realtà non ci consentono di considerarli interscambiabili
Un tipo particolare di Cluster  legati all’industria dell’alta tecnologia  anche le attività nuove
tendono spesso a clusterizzareovvero a svilupparsi fisicamente vicine
Industria High-tech ed industria innovativaspesso si tendono anche qui a confondere i due
termini diciamo che tutte le attività economiche in particolare quelle industriale posso essere
innovative anche quelle più tradizionali e consolidate (es. anche Montebelluna) quando
parliamo di un’industria high-tech in realtà ci riferiamo ad un timo di industria particolare che
hanno delle precise caratteristiche Industria high-tech industria ad alta tecnologia
caratteristiche•Intensità di ricerca e sviluppo: quota considerevole di investimenti destinata alla
ricerca e sviluppo •Impiego di forza lavoro qualificata: ricercatori, tecnici, ingegneri •Investimenti:
consistenti, a redditività differita nel tempo e ad alto rischio •Settori: aerospaziale, robotica,
biotecnologie, nanotecnologie, elettronica, informatica, telecomunicazioni, farmaceutica
Queste industrie tendono a creare dei cluster concentrazione spazialeConcentrazioni spaziali
industria high-tech•Silicon Valley (California) •Cambridge (Regno Unito) •Grenoble (Francia)
•Trieste, Etna Valley (Italia)  Alcuni cluster tra i più noti per quanto riguarda la ricerca nel settore
della fisica •Bangalore (India) per quanto riguarda la produzione di software, come la Silicon Vall
Cluster high-tech: caratteristiche comuni• Elevato numero di imprese tecnologiche e di
laboratori di ricerca & sviluppo di grandi imprese •Presenza di università e centri di ricerca di
livello internazionale •Presenza di servizi avanzati, in particolare venture capital (servizio
finanziario)  maggior rilievo i servizi finanziari)  tutte quelle imprese che sostengono le nuove
iniziative imprenditoriali attraverso il capitale di rischio •Infrastrutture di rango elevato
solitamente localizzati lì •Buona attrattività del luogo anche dal punto di vista della qualità della
vita •Centri di ricerca e sperimentazione militari •Politiche territoriali per lo sviluppo dei
cluster non solo gli incentivi che possono essere dati alle imprese ma soprattutto la creazione di
esternalità contesto attrattivo per questa imprese
Fattori di sviluppo dei cluster high-tech 

Per lo sviluppo di questi cluster è fondamentale la


presenza di Università e centri di ricerca Perché ha una funzione di produzione di conoscenza
per quanto riguarda la ricerca di base quindi si genera e si produce la conoscenza  ha una
funzione poi di trasferimento tecnologico questa avviene attraverso la ricerca applicata che
porta poi alla formazione di nuovi prodotti e innovazioni che entrano poi nel settore produttivo e
che vengono poi commercializzate affinché ci sia questo trasferimento alla base ci devono
essere dei legami tra impresa e università  funziona se ci sono legami tra impresa e università 
in Italia questo legame non è così fluido e non è così scontato  altra funzione la produzione di
capitale umano  sia studenti che ricercatori arrivano da tutto il mondo in queste università 
essa mette a disposizione capitale umano che poi serve alle imprese specializzati che poi vanno
a lavorare nei cluster  se l’università crea le imprese  già questi fattori di contesto fungono
come fattori di attrazioni verso quest’area  sviluppo di questi cluster a partire anche da imprese
che vengono dall’esterno  creazione anche di startup anche rischiose create spesso da
giovani che hanno bisogno di sostegno finanziario
Venture Capital A partire da questi cluster noi vediamo tutta una serie di imprese che
investono in attività innovative e rischiose richiedono investimenti consistenti e specializzati
Infrastrutture di rango elevato  velocità dei collegamenti e apertura esterna
Cluster per eccellenza area da cui sono nate moltissime delle innovazioni che è appunto la 
Silicon Valley  parte meridionale dell’area di San Francisco

Quest’area è stata scoperta negli anni 70  ha visto un


fenomeno un po’ simile ai nostri distretti  perché la presenza di questo cluster di imprese ad alta
tecnologia è diventato visibile negli anni 70 è stato scoperto da un giornalista americano che ha
visitato l’area che innanzitutto ha dato il nome a quest’area Silicon Valleyprima si chiamava
Santa Clara Valley (nome geografico) l’ha chiamata Silicon Valley mettendo in evidenza la
presenza di tutte queste imprese che avevano alla base il silicio  settore elettronicoquesta
concentrazione così com’è successo nei nostri distretti non nasce negli anni 70 ma emerge negli
anni 70  forte sviluppo in quegli anni ma le condizioni di questa nascita si formano prima 
fin dagli anni 30 sono due i fattori che determinano lo sviluppo di questo cluster 

Il governo americano decide di stabilire in quest’area la


base della marina americana  questo produce subito un indotto di imprese che lavorano al
servizio della base militare e che lavorano soprattutto nell’elettronica imprese che non si
originano lì ma che all’inizio arrivano dall’esterno e che si rilocalizzano in quest’area attratte
proprio dalla presenza della base militare
In questo periodola nascita delle prime imprese del primo settore dell’elettronica ex. Hewlett-
Packard (HP)  nato in un garage  nasce da un professore dell’università di Stanford Sterm
che sponsorizza l’idea di due studenti che vogliono commercializzare il progetto di tesi di laurea di
uno dei due studio teorico di un oscillatore volevano passare alla produzione di un prodotto
commerciale ma mancavano i finanziamenti e la domanda per questo tipo di prodotto Sterm
il prof cerca investitori e investe lui stessoall’inizio produce queste strumentazioni
elettroniche sempre su impulso dell’Università e di questo professore molto attivo 
nasceranno poi altre imprese che operano nel settore dell’elettronica si crea un primo nucleo di
imprese che operano nel settore dell’elettronica  cambiano un po’ la conformazione dell’area
prima questa era un’area agricola ma fino agli anni 40 rimarrà comunque prevalentemente
agricola la conformazione di quest’area si svilupperà poi  cosa fa da volano?  soprattutto la
2° guerra mondiale e poi anche la guerra fredda perché è durante il periodo della seconda
guerra mondiale e quello precedente che arrivano dei finanziamenti ancora più consistenti per
quanto riguarda lo sviluppo di tecnologie belliche e non arrivano soltanto alla base militare ma
anche all’università di Stanford per sviluppare tecnologie militari la 2° guerra mondiale fa la
fortuna dell’HP ma anche di altre imprese  poi con guerra fredda ancora forti finanziamenti
Silicon Valley: la transizione verso il moderno cluster• Stanford Industrial Park (1951)Area in
cui si localizzano queste imprese  e poi a queste imprese giovani danno dei servizi  imprese
incentivate a insediarsi all’interno del parco con costi quasi zero parco che cresca nel
tempoquasi una emanazione/ propagine di Stanford  anni 50 rimane ancora legato alle
commesse militari •Tra gli anni 1950 e 1960 i contratti federali vengono incanalati sempre più
verso la Valle il cluster rimane ancora fortemente legato alle commesse militari •Negli anni ’60
le commesse cambiano progressivamente struttura passando alla commercializzazione privata
momento di cambiamentovia via si è svincolata dalle commesse statali ed è andata verso il
settore privato •1960: le commesse statali assorbono ancora il 50% della domanda di
semiconduttori •1970: le commesse statali si sono ridotte al 10%, è nata un’economia in grado di
auto-sostenersi nato un cluster di fatto autonomocol passare del tempo la base militare se ne
era andata  la transizione è legata al continuo spostamento dalle commesse militari ai contratti
privati legata alle traiettorie tecnologiche  continue innovazioni che vengono introdotte 
sono innovazioni radicali prodotti nuovi che cambiano le traiettorie commerciali di interi settori

Shockley Transistor Corporationnasce nell’area di


Boston stava andando male e si trasferisce nella Silicon Valley e da li comincia la sua fortuna 
tipico del Cluster creazione di nuove aziende partendo da imprese precedenti  poi diventa
Fairchild Semiconductors che è la mamma poi di tantissime imprese della Silicon Valley si
creano da essa molti spin-off aziendali  anche spin-off secondari  una forte proliferazione di
attività imprenditoriali  una rete che costituisce l’essenza della Silicon Valley che ha portato
ad uno sviluppo così consistente sviluppo microprocessori e pcinizia ad acquistare importanza
un’altra grande impresa: Apple poi sviluppo di internetsviluppo nuove traiettorie tecnologiche
 e grazie ad esso arriviamo alle innovazioni più recenti 1. Dispositivi mobile 2. Social
Network 3. Startup sharing economy rBnB, Uber…  passaggio al web punto zero  passaggio
da quello statico a quello dinamico

Dato negativo agli inizi degli anni 2000


perché coincide con una battuta d’arresto del cluster legata a quella che è stata la bolla
speculativa legata al settore dell’alta tecnologia poi ripresa anni successivi  anche dopo la crisi
del 2008 altri momenti di crisianni 80 per la nascita della concorrenza dei produttori
giapponesi questi prodotti della high-tech hanno comunque il loro ciclo di vita  questi nuovi
prodotti che nascono nell’ambito dell’high-tech quando arrivano alla massima produzionepoi
subiscono un declino porta poi alla delocalizzazione dei posti di lavoro c’è un ciclo di vita
Silicon Valley: occupazione per settori 2018•49,7% Community Infrastructure & Services
•26,1 % Innovation and Information Products and Services •16,1%  Business Infrastructure &
Services  se non guardiamo il settore dei servizi urbani alla popolazione e alla comunità notiamo
una netta prevalenza di occupazione nel settore di specializzazione di questo cluster
Silicon Valley: andamento brevetti per settore 1997-2017Area in cui si brevetta tantissimo
altra differenza rispetto ai nostri distretti

Silicon Valley: fattori di successo• Investimenti settore militare – sistema produttivo


autonomo  è stato determinante aver catalizzato questi investimenti nel settore militare per un
tipo di ricerca che si è poi via via svincolato dall’ambito militare ed è poi diventato un sistema
autonomosi è sviluppato a partire da questa specializzazione
•Università in primis Stanford poi anche altre università  1. Produzione Forza lavoro
specializzata 2. Finanziamento iniziative imprenditoriali
• Propensione spin-off aziendale e micro-iniziative
•Venture capital non è nato con il cluster  è un settore che nasce e si sviluppa
progressivamente a partire dagli anni 60  si sviluppa mano a mano con le iniziative di
investimento  normalmente non sono banche normali specializzate in ciò finanziano ad alto
rischio  ma se il risultato è positivo, se hanno successo)  alta redditività il guadagno è
decisamente maggiore
•Ambiente dinamico, informale, creativo, multiculturale ambiente in cui si sviluppano queste
iniziative sia un ambiente molto dinamico, spesso informale un ambiente he già di per se
stimola l’innovazione e la creatività spesso affari e accordi avvengono fuori dall’ambito di
lavoro avvengono negli spazi comuni dell’area  ci sono anche zone d’ombra  che in questo
caso riguardano in particolar modo il mercato immobiliare lo sviluppo di quest’area ha portato
ad un boom del mercato immobiliare non solo l’area è satura e ciò ha portato a dei
meccanismi distorti del mercato immobiliareperché il numero di alloggi non è cresciuto col
crescere della Silicon Valley prezzi altissimi che a volte nemmeno questi lavoratori che lavorano
nel settore dell’high-tech possono permettersi
Nelle zone in cui ci sono grandi ricchezze si accompagnano delle situazioni di forte povertà
sono realtà spesso vicine le une alle altre  un po’ tutte le città degli Stati Uniti presentano ciò
13. LA LIBERALIZZAZIONE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE: IL MULTILATERALISMO E LA WTO

ora tratteremo del terzo non esiste l’una senza l’altra


organizzazioni sovranazionali  WTO la liberalizzazione del commercio internazionale è
avvenuta attraverso due fenomeni •Multilateralismoprocesso che ha portato ad un
progressivo abbattimento a livello mondiale (su scala internazionale) delle barriere che ostacolano
il trasferimento di beni e servizi parliamo in questo caso della liberalizzazione in senso stretto
 di un processo che ha agito su scala globale in questo ambito è dal 1995Ruolo della WTO
 questo processo di liberalizzazione è guidato dalla WTO e prima da altri soggetti
Regionalismo Accordi regionali per il commercio ci riferiamo alla situazione in cui due o più
paesi si accordano per ridurre o abbattere le barriere al trasferimento di beni e di servizi
escludendo da questo vantaggio i paesi che non fanno parte dell’accordo Accordi regionali
Accordi stipulati tra due o più paesi es. di accordo regionale (evoluto)  quello che esiste tra
paesi dell’unione europea  non parliamo di accordi tra regioni ma accordi tra paesi
BARRIERE AGLI SCAMBI • TARIFFARIE Modificano direttamente i prezzi dei beni scambiati
tramite introduzione di una imposta Esempio: dazi
•NON TARIFFARIE  Influenzano solo indirettamente i prezzi dei prodottiEsempi:
contingentamenti, barriere sanitarie e di standard, sussidi spesso chiamate anche barriere occulte
 queste barriere non sempre sono individuabili con chiarezza  e sono queste che oggi
soprattutto si cerca di contenere in sede WTO
Dopo la seconda guerra mondialecon questi accordi c’è la volontà di superare il protezionismo
che aveva caratterizzato il periodo intermedio tra la prima e la seconda guerra mondiale 
alzavano i dazi per aumentare la produzione interna e contemporaneamente svalutavano la
moneta per riuscire a esportare di più se tutti fanno così si crea una situazione di blocco 
commercio internazionale crollato del 63%  tra crisi 1928 e primi anni 30  creano una serie di
accordi bilaterali  gli USA anche dal presidente  per questa grave situazione  1944 
cambioall’inizio paesi alleati  perché era in corso il conflitto poi per tutti  solo il dollaro
può essere convertito in oro  oggi sistema di Bretton Woods non esiste più  ciò che rimane
della conferenza sono tre organizzazioni internazionali che regolano questo sistema economico
globale fondo monetario internazionale la banca mondiale e la WTO(International Trade
Organization che poi è diventata WTO)
Fondo monetario internazionale quando è stato creato aveva essenzialmente 3 compiti 
1.Regolare questo sistema monetario ideato de Bretton garantire una stabilità monetaria 2.
promuovere commercio internazionale 3. Quello di finanziare paesi che avevano problemi con la
bilancia dii pagamenti  ora si occupa soprattutto della 3° missione sistema che include tutte le
transazioni che i cittadini di un paese fanno verso l’estero  1. bilancia commerciale attivo e
passivo  per sistemare questione devono ricorrere ad acquisti di valuta aumentando
sostanzialmente il debito estero 2. Bilancia in conto capitale che riguarda invece tutti gli scambi di
azioni, obbligazioni e transizioni che riguardano gli immobili devono sottostare a queste regole
 i paese che conferiscono più denaro hanno maggior importanza nel voto
Prima la Banca Mondiale si chiamava Banca per la ricostruzione e lo sviluppo nata
essenzialmente per ricostruire i paesi usciti dalla seconda guerra mondiale aiutare questi paesi
nella loro ricostruzione economica europei e Giappone  poi cambia rotta dopo decenni dalla
fine seconda guerra mondiale si dedica a costruzione porti, aeroporti  oggi la missione
fondamentale è quindi questa azioni al contrasto della povertà progetti molto più efficaci e
mirati es. sostegno alle piccole imprese nei paesi poveri perché è da li che spesso si mette in
moto una dinamica di sviluppoiniziative rivolete all’educazione ambientale, creazione pozzi
d’acqua  operazioni più piccole ma più mirate-> diritti di voto 1 paese un voto ma in alcuni
casi i paesi che conferiscono più denaro alla banca hanno più peso sul voto possono aumentare
il loro voto dato dal paese=1 voto
International Trade Organizationaccordo  General Agreement on Tariffs and Trade (GATT
1947)  questo accordo è importante perché dal 1948 alla creazione WTO è ciò che è stato alla
base del commercio internazionale è all’interno di questo accordo che vengono fissate tutte le
riduzioni delle barriere tariffarie tariffe doganali e di frontiera 8 negoziati chiamati rounds
 negoziati durante i quali quelli che fanno parte del GATT abbassano nuovamente le tariffe
doganali Uruguay Round
Di fronte a grandi casi di deindustrializzazione i paesi  alzano Barriere non tariffarie  negli anni
80 cresciuta molto anche commercializzazione dei servizi anch’essi erano fuori dalla GATT
negoziati partono e finalmente nel 1994 si trova un accordo WTO del 1995  nuovi round
negoziali in cui vengono definite ulteriori abbassamenti delle barriere tariffarie

SIGNIFICATO DEL GATT 1947 Che fine ha fatto il GATT? La WTO ha sostituito il GATT nel ruolo di
organizzazione internazionale, ma il GATT ancora esiste come accordo che nella WTO regola il
commercio dei beni (GATT 1994)
Il GATT ha contribuito a stabilire un sistema commerciale multilaterale che è diventato sempre più
aperto attraverso i negoziati che hanno portato alla nascita della WTO GATT 1947 è stato molto
importante anche se ora non esiste più
La WTO, dal 1995, ha assunto il ruolo svolto dal GATT di cui ha recepito i principali accordi e
costituisce il massimo organismo in materia di commercio internazionale
La creazione della WTO è considerata la più importante riforma del commercio internazionale
dopo la Seconda guerra mondiale
PRINCIPALI DIFFRENZE TRA GATT 1947 e WTO GATT 1947 •Accordo intergovernativo  quelli
che ne facevano parte erano parti contraenti non partecipanti •Regolava gli scambi di beni (solo)
•Solo accordi in materia tariffaria barriere tariffarie  ovvero dazi di abbattere i dazi
WTO •Organizzazione internazionale •Regola anche gli scambi di servizi e i diritti di proprietà
intellettuale  diritti di proprietà intellettuale •Non-trade: ambiente, appalti pubblici, trasparenza
regole, condizioni di lavoro …. •Dispute Settlement Body organismo a cui si riferisce un paese
che ha subito un torto da un altro paese che non ha seguito gli accordi pattuiti la WTO autorizza
il paese che è stato danneggiato ad emettere delle sanzioni una sorta di tribunale a cui si
riferisce un paese che pensa di aver subito un danno da un altro paese membro della WTO •Forte
espansione geografica praticamente tutto il mondo tranne alcuni paesi osservatori  che
vogliono essere ammessi nella WTO periodi di adesione dipende dal paese es. Cina periodo di
negoziato più lungo 15 anni 22 paesi osservatori anche stato del Vaticano
Finanziamenti della WTO vengono dai paesi membri  in base al peso che ogni paese ha
nell’ambito del commercio internazionale in base alla loro importanza nel commercio
internazionaledipende il loro contributo ciò non ha a che fare con il diritto di voto Commercio
multilaterale commercio che si svolge tra i paesi membri della WTO Commercio
globale inteso tutti i paesimembri con anche non membri WTO PRINCIPI
CHE GUIDANO L’AZIONE DELLA WTO •NON
DISCRIMINAZIONE: i paesi non possono discriminare tra i loro partner commerciali e tra prodotti
simili di diversa provenienza caratterizzato da due clausole
CLAUSOLA DELLA NAZIONE PIU’ FAVORITA: ciascun paese ha l’obbligo di estendere a tutti gli altri
membri della WTO le migliori condizioni che concede a uno di essi
TRATTAMENTO NAZIONALE: non devono esistere politiche diverse tra prodotti simili, nazionali ed
extra-nazionali
•LIBERALIZZAZIONE: processo graduale e attraverso negoziati multilaterali finalizzati a
incoraggiare gli scambi e di ridurre gli ostacoli al commercio internazionalees.  i paesi non
possono mettere delle restrizioni quantitative , es. non si possono sfiorare i dazi massimi imposti
 il paese ha un ambito di intervento che non può superare però questo limite massimo a
protezione della salute e a protezione dell’ambiente non vale il principio di liberalizzazione
FUNZIONI PRINCIPALI DELLA WTOnata come risultato di negoziati e tutto ciò che fa è risultato di
negoziatifunziona attraverso il meccanismo del consenso  ovvero quando si deve prendere
una decisione si richiede che tutti i paesi che sono presenti a quella determinata riunione non si
oppongano alla decisione  si richiede una non opposizione  si può opporre solo chi è presente
a questa decisione  paesi più deboli non hanno sempre la possibilità di partecipare alle decisioni
1. FORUM NEGOZIALE PER LA DISCUSSIONE DELLA NORMATIVA DEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE si incontrano spesso in riunioni più piccole ed informali  è qui che si crea
questo consensopoi in sede formale le cose di fatto sono già praticamente decise esiste la
possibilità di operare in maniera diversaovvero ricorrere al voto di maggioranza quando non si
riesce ad arrivare ad un accordonella WTO non si è mai arrivati al voto di maggioranza si
preferisce allungare all’infinito i negoziati piuttosto che introdurre la prassi del voto di
maggioranza, che è segreto fasi lunghe dei negoziati
2. SISTEMA DI REGOLE CONDIVISE (ACCORDI) CHE DISCIPLINANO IL COMMERCIO
INTERNAZIONALE AL FINE DI LIBERALIZZARE GLI SCAMBI IN AMBITO GLOBALEgarantisce un
insieme di regole condivise che regolano il commercio internazionale per regolarizzare gli
scambiaccordi che i paesi hanno negoziato, firmato e sottoscritto e si impegnano a rispettare gli
accordi sottoscritti  negoziazione e accordi
3. ORGANISMO PER LA RISOLUZIONE DELLE DISPUTE INTERNAZIONALI SUL COMMERCIO (DISPUTE
SETTLEMENT BODY)  risolvere le controversia internazionali sul commercio interviene
quando ci sono delle guerre commerciali un paese che ritiene di essere stato danneggiato da un
paese che non ha rispetto gli accordi presi in sede WTO si dirige a questo organismo il paese
chiamato in causa ha diritto di fare ricorso  se questo paese non si adatta questo organismo
autorizza il paese che ha denunciato il torto a mettere in atto delle ritorsioni es guerra
commerciale delle banane  tra Stati Uniti e Unione Europea partita dagli anni 90 finita nel
2006  ha visto vincitrice gli Stati Uniti altra guerra commerciale quella sulla carne e gli
ormoni tra Stati Uniti ed Unione Europea
BASE DEL SISTEMA WTO: GLI ACCORDI
•ALLA BASE DELLA WTO CI SONO GLI ACCORDI NEGOZIATI E SOTTOSCRITTI DAI PAESI MEMBRI, I
QUALI COPRONO BENI, SERVIZI E PROPRIETA’ INTELLETTUALE
•SPIEGANO I PRINCIPI DELLA LIBERALIZZAZIONE E LE ECCEZIONI CONSENTITE
•INCLUDONO GLI IMPEGNI DEI SINGOLI PAESI AD ABBASSARE LE TARIFFE DOGANALI E ALTRE
BARRIERE
•STABILISCONO LE PROCEDURE PER COMPORRE LE DISPUTE
•STABILISCONO IL TRATTAMENTO SPECIALE PER I PVS
•RICHIEDONO AI GOVERNI DI RENDERE TRASPARENTI LE LORO POLITICHE
PRINCIPALI ACCORDI MULTILATERALI RATIFICATI A CONCLUSIONE DELL’URUGUAY ROUND
•General Agreement on Tariffs and Trade (GATT 1994): versione aggiornata del precedente GATT
(GATT 1947)•General Agreement on Trade in Services (GATS)•Trade-Related Aspects of Intellectual
Property Rights (TRIPS) Esempi: copyright, trademark, brevetti, indicazioni geografiche…
Beni e servizi sono estremamente diversi tra loro  dazio consolidato per le merci è più facile da
capire ma applicato ai servizi è più difficile TRIPS per impedire quelle azioni di pirateria
LA WTO: IN SINTESI uno dei principale obbiettiviprogressiva liberalizzazione del commercio
internazionale  attraverso stipulazione di accordi essa stessa è frutto di un negoziato tutto
ciò che fa è il risultato di negoziati  al centro della WTO ci sono gli accordi  negoziati firmati
dalla maggior parte dei paesila WTO in certi casi permette anche di mantenere delle barriere al
commercio  per tutelare persone o ambiente in questi casi sono ammesse Obiettivo della
WTO: progressiva liberalizzazione del commercio internazionale da realizzarsi con lo strumento
della negoziazione di accordi commerciali tra i governi dei paesi membri
La WTO è nata come risultato di negoziati e tutto ciò che fa è il risultato di negoziazioni
Al centro della WTO ci sono quindi gli accordi, negoziati e firmati dalla maggioranza dei paesi
La WTO non agisce solo in funzione della liberalizzazione commerciale, in alcuni casi le sue regole
sostengono il mantenimento di barriere al commercio: a protezione dei consumatori, della salute
pubblica o dell’ambiente
A FAVORE DELLA WTO  •EFFETTIVO ABBASSAMENTO DELLE BARRIERE AL COMMERCIO
COMPROVATO DAI DATI  effettivamente più evidente nei paesi in via di sviluppo perché i
paesi avanzati avevano già negoziato prima un abbassamento delle tariffe •CRESCITA
ECONOMICA GLOBALE E AUMENTO DELLA OCCUPAZIONE •VANTAGGI PER I CONSUMATORI IN
TERMINI DI PREZZI E STANDARD DI VITA ha migliorato anche gli standard di vita  i
consumatori hanno a disposizione una gamma più ampia di prodotti  di fatto però ciò è grazie
alla liberalizzazione commerciale •FAVORIRE LA DISTENSIONE POLITICA INTERNAZIONALE la
liberalizzazione ne favorisce la distensione laddove le economie sono strettamente integrate
eventuali conflitti (armati) diventano meno vantaggiosi e molto più costosi
CONTRO LA WTOMovimento no-globalEconomisti (premio Nobel Stiglitz)
•STRUTTURA ISTITUZIONALE: processo decisionale in particolare il meccanismo del «consensus»
 si arriva spesso con decisioni già prese  decisioni prese nei salotti verdi  decisioni prese di
regola alla presenza del direttore generale
•POCA TRASPARENZA ESTERNA: documenti e informazioni difficili da interpretare anche dagli
esperti  scarsa chiarezza dei documenti
•RAPPORTI CON LA SOCIETA’ CIVILE: scarso peso dei cittadini nelle decisionii cittadini sentono
queste decisioni come decisioni prese sopra la loro testa nessun tipo di intervento e nessuno
diritto decisionale anche gli stati stessi hanno poco potere decisionale in queste grandi
organizzazione soprattutto i paesi in via di sviluppo  paesi poveri soprattutto
•RUOLO PVS: scarso peso dei PVS nei processi decisionali
•AMBIENTE, DIRITTI DEI LAVORATORI, LAVORO MINORILE, QUALITA’ DEI PRODOTTI
teoricamente gli accordi in ambito WTO dovrebbero comprendere anche degli aspetti del lavoro
minorile, dei diritti ecc.  ma solitamente non è così
14. LA LIBERALIZZAZIONE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE: GLI ACCORDI REGIONALI
Contemporaneamente all’azione della WTO noi notiamo anche la crescita del regionalismo
sviluppo di una serie di accordi regionali  punti critici nel rapporto tra queste due che sembrano
in netto contrasto l’una con l’altra
Gli accordi regionali e la WTO•Sono in contrasto con il «principio di non discriminazione», in
particolare con la «clausola della nazione più favorita», ma sono ammessi dalla WTO come
«eccezioni speciali» (art.24)anche gli accordi vengono seguiti dalla WTO
•Abolizione vista come una soluzione difficilmente proponibile al momento della costituzione della
WTO coesistenza di questi due
•Regionalismo tappa intermedia verso il multilateralismo  è più facile per questi paesi
aggregarsi e liberalizzare gli scambi e poi questo porterebbe ad un’apertura verso l’esterno: alcune
di queste aggregazioni hanno il potere di catalizzare altri paesi ed ampliare l’area degli scambi
•Regionalismo dettato da motivazioni anche politiche all’interno di queste aree di accordi
regionali la forte integrazione economica scarseggia conflitti politici e militari
•Regionalismo come risposta ai negoziati lunghi e complessi in sede WTOsoluzione più veloce
rispetto a quei negoziati lunghissimi che si portano in campo in sede di WTO  accordo regionale
 i paesi sono di meno e spesso sono più affini è più facile prendere delle decisioni
Tipologie di accordi regionali: criterio del grado di integrazioneClassifichiamo gli accordi
regionali in base a due criteriPrimo criteriogrado di integrazione
Integrazione bassa

Integrazione alta
Unioni doganali hanno eliminato le barriere doganali tra i paesi membri e hanno un’unica tariffa
con i paesi esterni livello di integrazione deve essere abbastanza avanzato non sono accordi
che si trovano da un giorno all’altro
Mercati comuni che a questi due aspetti che abbiamo appena visto aggiungono la libera
circolazione dei fattori produttivi  merci-beni-capitali e lavoro (quindi anche persone)
Unioni economiche  A tutte queste caratteristiche si aggiunge l’armonizzazione di più ampie
politiche economiche  al momento non esistono altre aree che abbiano raggiunto questo livello
di integrazione  l’unica è  L’UE
L’UE ha attraversato tutti questi stadi  non è nata proprio come unione doganale perché il
nucleo embrionale dell’UE è la Comunità Europea del carbone e dell’acciaio trattato di Parigi 
firmato da Francia, Germania occidentale, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo

1952CECA si cercava di stabilizzare


l’utilizzo di armamenti bellici tramite questo controllo area carbone-acciaio L’Italia anche se
non aveva un interesse commerciale così immediatovuole entrare in questa comunità perché si
capisce che questa CECA sarà in futuro un nucleo doganale che porterà al libero commercio e
scambio e unione tra i paesi europei  effettivamente nascerà poi da qui l’Unione Europea 
come la conosciamo noi oggi  come un accordo regionale che ha eliminato i dazi al proprio
interno ma che nasce fin dall’inizio con una politica commerciale verso l’esterno nasce quindi
come unione doganale  eliminazione delle barriere al proprio interno e politica commerciale
comune nei confronti dell’esterno 1987 con Atto Unico Europeo creazione del mercato
comune europeo libera circolazione di merci ma anche di capitali e persone Unione Europea
 come unione economica 1993  Unione economica che ha come caratteristica
l’armonizzazione di più ampie politiche economiche  + soppressione della Comunità Europea

Quando è nata era essenzialmente un accordo Nord-Nord


nasce e si diffonde soprattutto in una prima fase  anni 60-70 e nasce sulla scorta del successo
che ha avuto la comunità europea quando parliamo di accordi orizzontaliintendiamo accordi
nord-nord o sud-sud  riunisce paesi che hanno strutture produttive abbastanza simile  inizio
UE  nord-nord poi si sviluppano anche accordi sud-sud sulla base di questi accordi
Vantaggi accordi nord-nord vantaggi di carattere economico vantaggi di ordine politico per
garantire la pace
Nel caso degli accordi sud—sud c’erano anche altri vantaggi come ad esempio una strategia di
sostituzione delle importazioni questi paesi pover del sud del mondo pensavano abolendo le
barriere commerciali tra di loro e creando un mercato comune pensavano di liberarsi della
dipendenza dai paesi industrializzati utilizzando beni di produzione interna  questa
sostituzione delle importazione non sempre ha avuto successo alcuni poi tradivano i termini
dell’accordo e continuavano a commerciare anche con i paesi industrializzati altro motivo per
cui non ha funzionato è che questi paesi erano specializzati nella produzione degli stessi beni  il
commercio funziona se i paesi non solo non producono gli stessi beni ma sono complementari 
accordi sud-sud per acquisire una posizione di difesa nei confronti dei paesi ricchi  obbiettivo
era la riduzione delle barriere tariffarie
Poi anche accordi Nord-Sud  regionalismo verticale es. Canada-Stati Uniti e Messico qui non
riguardano più solo i dazi ma anche barriere non tariffarie e scambio servizi
Gli accordi regionali iniziano a crescere proprio dopo che viene costituita la WTO oggi tutti paesi
partecipano ad almeno un accordo regionale  dal 2016 in cui la Mongolia (ultimo stato senza
accordi regionali) è entrato a fare parte di un accordo regionale
Nell’ultimo periodo si sono sviluppati Gli accordi di «nuova generazione» dell’Unione Europea
 accordi che sono promossi soprattutto dall’UE che dal 2006 ha inaugurato nuova stagione di
accordi che riguardano l’UE nel suo complesso con altre aggregazioni di accordi regionali o con
singoli paesi  il CETA con il Canada  Nord-America  Stati Uniti situazione in stallo invece
hanno messo in dubbio tutto oppure ad esempio con il Sud-America  accordo tra
aggregazione di accordi regionali (Merco Sur) e altra aggregazione di accordi regionali (UE) 
anche accordi con Africa e Asia  tutti questi spesso non riguardano solo i dazi ma anche tutta
una serie di normative  come anche quelle dell’ambientenegozi in cui si stipulano anche
vantaggi
Comprehensive Economic and Trade Agreement tra UE e Canada (CETA) •Trattato di libero
scambio tra UE e Canada di alta portata poichéprevede di eliminare il 98% dei dazi presenti
(Europarlamento 2017; in attesa di ratifica paesi UE) al momento è in vigore parzialmente  in
attesa di ratifica da parte di paesi ma anche di accordi regionali
•Semplificazione degli investimenti •Riconoscimento reciproco dei titoli professionali e
interscambi •Nuove regole per la protezione dei marchi (clausola per la tutela dei prodotti
agroalimentari)  nodo problematico del CETA  se effettivamente i prodotti agroalimentari
europei siano tutelati
Transatlantic Trade and Investment Partenership (TTIP)• Trattato di liberalizzazione
commerciale transatlantico che vuole abbattere le barriere commerciali (tariffarie ma soprattutto
non tariffarie) tra UE e Stati Uniti
•Accordo molto importante e di grande portata  coinvolge Circa 820 milioni di cittadini coinvolti
•PIL Stati Uniti + PIL Unione Europea = 45% PIL mondiale
•Negoziati avviati ufficialmente nel 2013
•Luglio 2015: il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sul TTIP aveva firmato Obama
•Negoziati in fase di stallo successivamente i trattati sono entrati in una fase di stallo perché il
presidente Trump ha messo in discussione questo accordo  perché riteneva che le aziende e le
industrie americane non fossero sufficientemente tutelate
Il TTIP ha suscitato anche proteste in Europa non solo negli Stati Uniti  proteste contro questo
trattato  problema principale  sono gli standard di carattere tecnico e sanitario che il TTIP
vorrebbe omologare ed uniformare paura che agendo sulla barriere non tariffarie quelli
standard alti che l’unione europea ha messo a tutela dei consumatori vengano abbassati
negoziati in fase di stallo  si vedrà nei prossimi anni
I PRINCIPALI ATTORI DEL SISTEMA ECONOMICO GLOBALE
-Organismi internazionali usciti da Bretton Woods •Fondo monetario internazionale •Banca
mondiale •Organizzazione mondiale del commercio (WTO)
-Imprese multinazionali
-Agenzie di rating finanziarioPochissime a livello globale ma hanno un potere enorme 
parliamo ad esempio di Standard and Poor , di Moodies  queste agenzie di rating sono dei
soggetti privati che hanno un potere enorme perché sono quelle che danno le valutazioni sulle
azioni di imprese private e banche e sulle obbligazioni degli stati danno una valutazione sul loro
grado di stabilità  sono quelle valutazioni che orientano gli investitori
15. LE ATTIVITA’ UMANE E L’AMBIENTE
Tutte le attività economiche e umane hanno un impatto sull’ambiente rapporto uomo-ambiente
 tantissimi inquinamenti e impatti ambientali  ci concentriamo su un aspetto della questione
ambientale che è quello più combattuto oggi  problema del cambiamento climatico 
dimensione economica e dimensione climatica strettamente legate
Abbiamo a disposizione delle risorse che sono limitate e tutto ciò che produciamo e poi scartiamo
rimarrà lì  una parte viene riciclata dalla terra stessa ma tutti quei rifiuti che non vengono
assorbiti dai processi naturali o riciclati dall’uomo rimangono sulla terra  ci sono diversi modelli
di sviluppo, diversi modi per intendere il rapporto uomo ambiente  diversi modi di concepire le
politiche ambientali ed economiche in senso amplio dietro al modello del cowboy c’è quello che
chiamiamo  MODELLO DI SVILUPPO ECONOMICO DOMINANTEmodello che vede come 
•Obiettivo: produzione ricchezza materiale •Politiche: massimizzazione del Pil •Progresso motore
società ed economia •Visione antropocentrica rapporto uomo-ambiente •Natura: strumentale alla
produzione di ricchezza •Uso illimitato delle risorse (non rinnovabili)  alla base delle nostre
economie e produzioni c’è di solito l’uso di risorse non rinnovabili  carbone e petrolio
Economia del cowboy ha funzionato finché le trasformazioni che l’uomo portava all’ambiente
erano limitate e reversibili  cioè fino alla rivoluzione industriale  con essa aumentano a
dismisura le capacità dell’uomo di intervenire sull’ambiente  questa capacità ha raggiunto il suo
culmine nel periodo del fordismo  dagli anni 50 alla metà degli anni 70 del secolo scorso
sviluppo di queste grandi catene di produzionebasate sull’utilizzo di energie non rinnovabili in
occidente nell’ultimo periodo si è iniziato a pensare all’utilizzo del modello economico della
navicella spaziale e non del cowboy  mentre nei paesi meno sviluppati  processi di sviluppo di
questi paesi si è concentrato negli ultimi decenni  impatto ambientale è stato ancora più
pervasivo e forte perché in tempi molto più stretti di noi hanno ripercorso le stesse tappe di
sviluppo economico  oggi ci rendiamo conto che tanti dei problemi che un tempo si generavano
su scala locale ora si generano su scala globale
Di per sé la terra è in grado di assorbire in parte i nostri cambiamenti e le trasformazioni che
imponiamo ma quando queste trasformazioni si fanno particolarmente pervasive, forti e
ravvicinate si crea questo sfasamento  la terra non è più in grado di assorbire l’impatto delle
trasformazioni umaneproblema di sfasamento tra i tempi dell’uomo e i tempi della natura  è a
questo che stanno cercando di porre un limite le politiche
Oggi si sta ripensando a quello che è il modello di sviluppo dominante e ci si sta avvicinando al
modello dell’economia della navicella spaziale ovvero pensare al sistema economico e pensare a
tutto sistema economico inserito dentro alla biosfera che assume un modello di funzionamento
non più lineare ma circolare  tutto ciò che è rifiuto per quanto possibile riciclarlo e farlo
rientrare nel sistema economico ciò che è rifiuto  diventi materia prima per altri processi
L’aspetto più evidente della problematica ambientale  ciò che assume una rilevanza su scala
globale  è quello che viene chiamato il cambiamento climatico  legato all’effetto serra e al
problema del surriscaldamento aumento temperatura terrestre
L’Atmosfera terrestre costituita per la maggior parte di Azoto (78%), ossigeno (21%) e 1% da
questa piccola percentuale di gas  chiamati gas serra anidride carbonica, metano..  quelli
che regolano il clima e la temperatura terrestre
Effetto serra e global warming

 effetto serra è naturale  che in teoria consente alla terra di


mantenere costante la temperatura sulla terra permette alla temperatura della terra di non
scendere sotto delle soglie che permettono la vita sulla terra il problema si pone quando andiamo
ad alterare questo stato di gas serra quando andiamo ad aumentare la presenza di gas serra
nell’atmosfera in seguito alle nostre attività ad es. CO2  aumento della temperatura
terrestre e cambiamento climatico  il responsabile è l’aumento gas serra uomini principale
dei gas serra  anidride carbonica  per oltre 81% responsabile di emissioni dei gas serra nel
mondo  deriva ancora dall’utilizzo del carbone come fonte di energia o per altri usi  per il
resto dei gas tossici per via dell’utilizzo del petrolio  oltre anidride carbonica  11% gas serra è
dovuto al metano dovuto all’allevamento di bestiame per digestione dei ruminanti nel
processo di digestione producono metano e anche agricoltura  es. del riso  5% monossido
di azoto dovuto a processi di combustione  2% Idrofluorocarburiemessi principalmente
dagli impianti di refrigerazione
Settori principali della produzione di gas serra  settore dell’energia

Emissioni di CO2 per paese (valori percentuali)


Unione Europea Area che ha il complesso di politiche ambientali più strutturate da questo
punto di vista  ora l’emergenza è la Cina
Aumenti di temperatura tali da causare catastrofi naturali anche se di per sé non è troppo
l’aumento in gradi  problema è che l’aumento è concentrato negli ultimi decenni  è questo
che fa parlare di una situazione anomala e patologica  paura principale  riduzione di ghiacciai
o addirittura scioglimento dei ghiacciai che porta poi all’innalzamento del livello delle acque 
altri effetti legati al cambiamento climatico riduzione di biodiversità tante specie animali e
vegetali scompariranno altra conseguenza  ci saranno profughi ambientali  intere
popolazioni costrette a lasciare le proprie terre per l’incompatibilità con quel territorio
Effetto serra non è prodotto solo dalle nostre emissioni delle attività economiche ma dovuto anche
al fatto che ampie porzioni della superficie terrestre in particolare quelle occupate dalla foreste
stanno andando incontro alla deforestazione  ci riferiamo alle grandi foreste della fascia
equatoriale e tropicale e sono queste che soprattutto hanno un effetto di mitigazione dei
cambiamenti climatici temperature  i polmoni della terra perché hanno la capacità di 1.
sintetizzare l’anidride carbonica e rilasciare ossigeno  agiscono da elementi mitigatori del clima e
stabilizzatori dei livelli di anidride carbonica2.Anche effetto di smorzare le precipitazioni con i
loro rami fitti3. Inoltre le foreste sono un bacino di biodiversità non solo danno ambientale
ma anche danno economico  es. farmaci derivati da prodotti di piante nella zona delle foreste
UN NUOVO TIPO DI RIFIUTO:LA SPAZZATURA ELETTRONICA rifiuti RAEE rifiuti da
apparecchiature elettriche ed elettroniche che prevedono uno smaltimento differenziato non
devono andare con i soliti rifiuti urbani rifiuti pericolosi  tutti i materiali utilizzati dall’industria
elettronica si sbancano intere aree  hanno un basso tenore  poca parte di un materiale ci
serve  spesso utilizziamo moltissima acqua  prodotti con ciclo di vita breve  fenomeno di
fosforescenza programmata  durata di 2 o 2 anni e mezzo  prodotti della moda siamo
portati a buttarli ancora prima che si esaurisca il loro ciclo di vita parte di questi rifiuti prende la
via dello smaltimento illegale  spesso nei paesi poveri enormi discariche di prodotti
tecnologici e dell’elettronica in paesi poveri bambini vanno a mani nude a recuperare le parti
preziose dei prodotti nella discarica
I primi segnali di emergenza già lanciati negli anni 60 del secolo scorso a livello di scienziati
cominciamo a porci il problema ambientale negli anni 70 a livello di opinione pubblica ed
istituzioni già nati nella seconda metà dell’800parchi naturali nati per preservare delle aree-
superfici terrestri da quello che era l’impatto umano dagli anni 70 non è più un discorso di
preservare  ma considerare la preservazione ambientale su tutto il pianeta  non era ancora
nata quella che intendiamo noi oggi come ecologiacome studio delle problematiche ambientali

1972 conferenza ONU quindi diventa un problema globale


 in questa conferenza non viene ancora deciso il modello principale- dominante  conferenza
suscita molti contrasti al suo interno  soprattutto tra paesi ricchi e paesi poveri
Club di Roma si chiede quando arriverà il collasso  è un’associazione non-profit cenacolo di
pensatori riunisce – scienziati – filosofi - imprenditori - capi di stato che si incontrano per
riflettere su problemi di carattere globale  nel 1972 problema globale riscontrato era il
problema ambientale  chiedono di fare un calcolo matematico sulla previsione del collasso
definiscono che se si continua così sarà attorno agli anni 2000  per la prima volta in termini
scientifici si è posto il problema del limite delle risorse rispetto a quella che era la crescita delle
attività umane  non si parla ancora di sviluppo sostenibile esso appare per la prima volta più
tardi  emerge per la prima volta nel rapporto della commissione dell’ONU nel rapporto
Bruntland  Il percorso dello sviluppo sostenibile: il Rapporto Bruntland (1987)  Compare per
la prima volta in forma ufficiale il concetto di sviluppo sostenibile: “sviluppo che soddisfi i bisogni
del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”

Un’idea di coniugare quella che è la crescita economica con l’integrità


dell’ecosistemaun’idea di sostenibilità socialelasciare un ecosistema integro alle generazioni
future essere consapevoli che le risorse hanno un limite un’idea equità sociale che riguardi
tutti i popoli e tutti i diversi paesi nell’ambito di quello che è il sistema economico contemporaneo
 il problema si pone nel momento in cui andiamo a porre in atto queste idee
1992 Conferenza di Rio (Vertice della terra)  pensato come un incontro dal quale dovevano
uscire una serie di indicazioni e linee guida da seguire per tutti i paesi pe implementare questo
concetto di sviluppo sostenibile obbiettivo molto ambizioso che di fatto non si è concretizzato
 comunque convenzioni importanties. convenzione sul clima limitare emissioni CO2 altro
documento che ha avuto più impatto sulle azioni delle varie istituzioni  Agenda 21conteneva
delle indicazioni di carattere pratico da mettere in atto a diversi livelli di governo un po’ in tutte le
aree in cui è presente l’azione umana indicazioni molto semplici e molto pratiche a cui diversi
tipi di governo si potevano attenere
Conferenze delle parti  COP  conferences of parties con il numero accanto ora quasi una
all’anno si sono concentrate sul problema ambientalenon più sui problemi ambientali ma sul
problemail cambiamento climatico  su questo si discute in queste COP  da esse vengono
introdotti vari limiti ai paesi viene chiesto di rispettarli  non più solo sul piano teorico
La prima importante COP  è la COP3  COP 3: il Protocollo di Kyoto (1997) da questa è uscito
il primo vero trattato in tema di cambiamento climatico conosciuto come Protocollo di Kyoto 
non parliamo più solo di convenzioni e di dichiarazioni ma di un vero e proprio trattato
internazionale che è stato sottoscritto nel 1997 ed entrato poi in vigore nel 2005  perché questo
lasso di tempo?  entrerà in vigore quando verrà ratificato da almeno 55 paesi tra i sottoscrittori
e questi 55 paesi devono essere responsabili di almeno il 55% delle emissioni globali di CO2
questa clausola viene soddisfatta quando anche la Russia ratifica il protocollo nel 2004 ed è per
questo che l’anno successivo il protocollo entra in vigore  •Trattato
internazionale in tema di cambiamento climatico sottoscritto nel 1997 ed entrato in vigore nel
2005 •Obiettivo:
riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, entro il 2012, del 5,2% rispetto al 1990 •Problemi:
non stabilisce obblighi di riduzione delle emissioni per i PVS; rifiuti alla ratifica da parte di paesi
altamente inquinanti
Ad ogni stato è stato assegnata un percentuale di riduzione di gas serra diversa  al fine di
raggiungere una riduzione del 5,2% globale  ad esempio all’Italia è stata assegnata una riduzione
del 6,5%  se guardiamo i valori dei vari paesi  gli obbiettivi sono stati raggiunti  ma il
problema è che a livello globale una riduzione delle emissioni di gas serra non è stata raggiunta ed
è continuata  dovuta anche a dei limiti contenuti nel protocollo stesso  esso non stabiliva degli
obblighi di riduzione dei gas serra per i paesi in via di sviluppo  quindi esso aveva 3 allegati
1. Quello che riguardava i paesi sviluppati, 2. Quello che riguardava i paesi in transizione 
soprattutto paesi dell’est-Europa, e 3. Un terzo allegato che riguardava i paesi in via di sviluppo
come ad esempio Cina e India che non erano tenuti al rispetto degli obbiettivi  in più ci sono
stati paesi che nonostante il protocollo di Kyoto si sono ritirati e non hanno rispettato gli obbiettivi
C’è stato poi un Post-Kyoto  poiché non era riuscito a contemperare tutti gli obbiettivi COP15
di Copenhagen non viene deciso nulla di importante ma è da questo momento che L’Unione
Europea intensifica quelle che sono le sua azioni di politica ambientale  in maniera ancora più
decisiva rispetto al passato
COP21: Accordo sul Clima di Parigi (2015)molto ambizioso•Contenere l’aumento della
temperatura media globale al sotto della soglia critica di + 2°C rispetto ai livelli dell’era
preindustriale •Mettere in atto tutti gli sforzi necessari per non superare +1,5° nella prospettiva di
raggiungere l’obiettivo zero emissioni •Impegni nazionali e revisione periodica •Trasparenza nella
comunicazione •Aiuti finanziari ai PVS 100 mlrd l’anno •Hanno aderito 195 paesi uno dei
problemi prima gli Stati Uniti l’hanno sottoscritto dopo si sono ritirati (l’aveva firmato Obama)
 poi Trump si è ritirato dall’accordo  però ogni stato confederato è a sé  quindi non
consideriamo gli Stati Uniti solo nel suo insieme ma anche come singoli stati che hanno preso delle
precauzioni e provvedimenti per la situazione ambientale e climatica attuale
MODELLI DI SVILUPPO SOSTENIBILE 

Alcune definizioni di Green Economy «Un modello economico finalizzato a migliorare il


benessere umano e l’equità sociale, riducendo allo stesso tempo i rischi ambientali e la scarsità di
risorse» (United Nations Environment Programme, 2011)
«Una economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà investendo e salvaguardando
le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta» (Commissione
Europea, 2011)
I pilastri della green economy 
•Utilizzare le fonti energetiche rinnovabili e non utilizzare più le fonti energetiche fossili
sostanzialmente energia solare, idroelettrica, eolica, energia ricavata dalle cosiddette biomasse 
un tipo di energia che già esiste da tempo  energia eolica  non è solo un tipo di energia nuova
 anche quella solare veniva usata già prima e non è nuova ma ora viene sfruttata molto di più
ciò che è cambiato oggi è che abbiamo degli strumenti che ci permettono di utilizzare queste
energie in maniera attiva e non passiva Biomasse es. rifiuti umidi, e infine energia geotermica
•Risparmiare energia: ridurre la domanda utilizzando l’energia in modo efficiente e riducendo gli
sprechi
•Contenere le emissioni  aumentando la quota di energie rinnovabili e utilizzando le nuove
tecnologie più efficienti  meno emissioni
•Sviluppo di nuovi prodotti ecosostenibili
•Riciclare per quanto possibile, imitando il funzionamento del sistema Terra
•Creare nuova imprenditorialità e nuovi posti di lavoro attraverso le tecnologie applicate alle
energie rinnovabili, alle azioni di risparmio energetico e allo sviluppo di nuovi prodotti
ecosostenibili
•Valorizzazione delle risorse locali
•Leve: nuove tecnologie, misure economiche, legislative e di educazione ambientale a tutti i
livelli unione europea insiste molto sull’educazione ambientale  ciò che riesce a cambiare i
micro-comportamenti  che se poi diventano collettivi cambiano le cose
Economia circolare
 esatto opposto della absolescenza
programmata  quanto più i cicli sono frazionati tanto più entrano in circolo gli input  più
trasporti  consumo responsabile del consumatore  oppure evitare di acquistare e condividere
dei prodotti in modo tale che diventino dei servizi  Sharing economy  obbiettivo fondamentale
 far rientrare i prodotti nel processo produttivo anche se ci sono comunque dei rifiuti residui
che dovranno essere poi smaltiti Consumo
globale di energia  oggi ancora in maggior parte da materia fossile

In Italia
Blue Economy «Nuovo modello di business finalizzato alla creazione di un ecosistema
sostenibile, il quale si basa sull’imitazione dei sistemi naturali quindi sul riutilizzo delle risorse per
arrivare a un obiettivo zero rifiuti e zero sprechi» (Pauli, 2010)
«Tutte le attività umane che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per attività
industriali e per lo sviluppo di servizi all’interno di un obiettivo di sostenibilità» (Commissione
Europea, 2012)
INDUSTRIAL ECOLOGY  •Studia le interazioni di tipo fisico, chimico e biologico che avvengono
tra i sistemi ecologici e i sistemi industriali, con l’obiettivo di definire una metodologia in grado di
individuare gli effetti dell’industria sull’ambiente e di implementare strategie per ridurre tale
impatto, in un’ottica di sostenibilità
•Presupposto: per analogia tra il funzionamento degli ecosistemi e dei sistemi industriali, le
strategie di riduzione degli impatti ambientali dovrebbero assumere come modello i meccanismi di
riciclo della materia che avvengono all’interno degli ecosistemi
•Dimensione operativa: parchi eco-industriali sono dei sistemi localizzati  sono tutta una serie
di sistemi e rapporti tra attività vicine  scambio di scarti dei loro processi produttivi e di
emissioni  ciò che diventa scarto di un processo produttivo diventa input di un altro processo
produttivo  chiamati a cascata o processi che funzionano secondo la simbiosi industriale
Parco eco-industriale di Kalundborg è un po’ l’esempio principale gli altri parchi hanno preso
spunto da questoperò rimane comunque unico nel suo genere è nato in maniera non
pianificata attraverso una sorta di autoorganizzazione attraverso poche imprese che hanno iniziato
questo meccanismo-organismo di simbiosi industriale  primi esperimenti nei primi anni 60’

hanno iniziato a scambiarsi dei sottoprodotti della


loro produzione  ad esempio gas, vapore ..  poi hanno inserito altre imprese che si
occupano di altre produzioni e attività  questo è un esperimento riuscito
I numeri delle imprese green in Italia •355.000 imprese hanno investito nel green nel 2011-
2016 (27% delle imprese) •3.000.000 green jobs (13,3% occupazione nazionale) •Regioni con il
maggior numero di imprese green: Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana  sono
misurazione su campione
IL GREEN E’ DI MODA …. ATTENZIONE!!!!  diventa una strategia aziendale e di marketing dietro
al quale non sempre ci sono prodotti che sono sostenibili
Utilizzo disinvolto dei dati da parte di media/politici …
Rischio greenwashing: pubblicizzazione di falsi comportamenti e/o prodotti ecosostenibili da parte
di aziende/istituzioni
Green geograficamente selettivo: rischio legato alla frammentazione spaziale della produzione
Effetti collaterali del green: esempio biocarburanti
16. ECONOMIA CIRCOLARE E PROCESSI PRODUTTIVI: IL CASO DEL TESSILE-ABBIGLIAMENTO
Secondo settore più inquinante dopo la petrolchimica Negli ultimi anni questo settore ha subito
un grande ridimensionamento in Italia anche se comunque molto importante per la nostra
economia  settore che supporta molto le nostre esportazioni  uno dei settori più diffusi
nonostante ridimensionamento nazionale  anche se con concentrazioni nei distretti industriali

Problema un po’ di tutto il ciclo dell’abbigliamento è che si usano grandi quantitativi di energia
elettrica ma anche termica (lavaggio tessuti e tintura) richiedono alte temperatura  forte
consumo d’acqua  soprattutto per quelli che sono i filati naturali (es. acqua)
Riciclo di questi beni del settore moda continua ad aumentare
Fattori che facilitano od ostacolano l’adozione di modelli produttivi circolari nel settore

 una spinta viene anche dall’innovazione


tecnologica e anche nuovi strumenti di finanziamento per le startup
Fast fashion ciclo breve di vita  usati per poco e poi buttati via  si è diffuso soprattutto dagli
anni 90 marchi del low-cost che imitano quelli che sono i prodotti delle grandi produzioni 
collezioni durante l’anno i prodotti sono continuamente sostituiti e a basso costo  invogliano il
consumatore a continuare a comprare e buttare via
Normative che ostacolano il riutilizzo dei rifiutiSpesso catalogati come altro tipo di rifiuto e di
fatto per problemi di carattere burocratico fanno fatica a rientrare nel processo produttivo

 estendere il ciclo di vita per quanto possibile


COP24 di Katowice (2018): Fashion Industry Chart for Climate Change in questo incontro
avvenuto in Polonia non solo i marchi della grande produzione ma anche quelli della produzione
low-cost hanno firmato e sottoscritto una carta nella quale si impegnano : alla
•decarbonizzazione nelle fasi di produzione uso di materie prime rinnovabili (ed energie)
•scelta di materiali sostenibili;
•utilizzo di modalità di trasporto a basse emissioni di carbonio;
•creazione di un dialogo con i clienti al fine di sensibilizzare i consumatori;
•instaurazione di una cooperazione con le comunità finanziarie e i responsabili politici al fine di
individuare soluzioni e incoraggiare l’economia circolare.
Orange Fiber impresa nuova creata da due giovani imprenditori siciliani a partire dagli scarti
dell’industria agricola  utilizzare uno scarto di un’altra filiera come materia primascarto di una
filiera che non ha niente a che fare con il settore moda  infatti: settore alimentare  parte da
una tesi di laurea utilizzare gli scarti dalla produzione dei succhi di frutta cellulosa delle arance
 utilizzare residuo umido che si chiama pastazzo che costa molto da smaltire  ci sono anche
altri modi per riciclarlo  mangime per animali, fertilizzante, biogas ma è talmente tanto come
quantità che avanza estrarre la cellulosa dal pastazzo  da questa cellulosa si arriva poi alla
filatura e dal filato poi al tessuto  questo sottoprodotto prende nuova vita realizzazione di
abiti con questo tessuto  assomiglia a tessuti naturali come raso e seta
Orange Fiber: tessuto dagli scarti dell’industria agrumicola

 riguarda due regioni (Sicilia e


Lombardia) e la spagna

Capacità di quest’impresa è stata quella di usufruire di un mix di investimenti finanziamenti


pubblici, finanziamenti di privati e banche e finanziamenti che derivano dalla vincita di premi
Finanziamenti di carattere pubblico Hanno bisogno di finanziamenti  infatti la sede operativa
all’inizio è Rovereto all’interno del distretto manifattura bisogno di appoggiarsi ad un incubatore
Partecipazione ad un bando  fondi pubblici  Bando smart e start di Invitalia agenzia per
l’attrazione dei finanziamenti e lo sviluppo  che è partecipata al 100% dal ministero dello
sviluppo economico questa linea di finanziamento riguarda proprio startup e finanziamenti di
questo tipo innovativo
Vinto dei premi  istituiti da grandi gruppi  come HeM  negli anni successivi altri premi 
questo premio (denaro) è servito per specializzare i prodotti e il processo produttivo e per
accedere a delle consulenze specializzate  ovviamente però fondi pubblici e fondi derivati da
premi non bastano  i finanziamenti pubblici sono sempre cofinanziamenti e sono finanziamenti
che avvengono sul rendiconto delle spese  prima bisogna fare il progetto e poi viene rimborsato
 quindi servono degli investimenti da parte di privati  banche è stato Unicredit  ma i
finanziamenti garantiti dal Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico  sono
interventi anche  FONDI DI BUSINESS ANGEL  che sono spesso dei soggetti ex- imprenditori
o finanziatori e che hanno disponibilità economiche per investire in questi progetti innovativi che
sono ad alto rischio ma anche a prospero ritorno futuro  raccolti fondi attraverso Business Angel
L’impresa si è avvalsa anche di questi investimenticampagna crowdfunding  forme di
finanziamento collettivo che partono dal basso e che sono rese possibili dalle piattaforme web 
raccolte fondi lanciate attraverso la rete e che servono per diversi motivi non solo per finanziare
nuove imprese anche finanziare progetti nell’ambito culturale
Fattori che hanno portato al successo quest’impresacapacità di catalizzare tutti questi
finanziamenti di origine diversa mettere insieme tanti finanziamenti di origine diversa
Capacità di creare delle relazionidelle collaborazionies. inizialmente con il politecnico di
Milanonel momento in cui c’è bisogno di ricerca intervengono le Università (come abbiamo vist)
 Capacità di creare collaborazioni anche con altre imprese imprese siciliane per le materie
prime  Con case di moda o altre imprese sartorie
Le idee sono molte e le tecnologie sono tante  però non è facile ci vogliono dei finanziamenti
consistenti  e bisogna saperli utilizzare bene  e anche conoscere le possibilità di finanziamento
 e anche capacità di fare relazioni  questo è un caso di successo  ma ci sono anche casi
insuccessi e delusioni e fallimenti
Vegea: ecopelle dalla vinaccia altro esempio di impresa che ha recuperato uno scarto di un
prodotto per renderlo materia prima di un altro per abiti, accessori, borse, nell’ ambito
arredamento e nell’ambito anche dell’automotive  es. per i sedili delle automobili  in questo
caso si è appoggiato all’università di Firenze
Aquafil: nylon rigenerato da reti da pesca (e altro) uno dei principali produttori mondiali di fili
sintetici  nylon  c’è da molti più anni rispetto alle altre due  e non vengono utilizzate
materie prime di scarto  però materie prime rigenerate  soprattutto nylon reti da pesca 
rigenera nylon delle reti da pesca e genera tessuti
Esempi di imprese circolari
17. Trasformazioni dell’industria e nuovi assetti della geografia della produzione
Oggi si dice che siamo nel pieno di una 4° globalizzazione
«Nuove tendenze» della geografia della produzione
Reshoring/backshoring: fenomeno per cui si riportano in patria produzioni manifatturiere (o soli
sezioni della filiera produttiva) precedentemente delocalizzate in paesi esteri. «Strategia d’impresa
– deliberata e volontaria – orientata alla rilocalizzazione domestica (parziale o totale) di attività
svolte all’estero, direttamente o presso fornitori» (Fratocchi) Casi: Apple, Ford, General Electric,
Caterpillar, Walmart ….  questo fenomeno è diventato un po’ un fenomeno di carattere generale
che si è presentato un po’ in tutti i paesi più sviluppati  e ha contribuito a riportare l’interesse
verso l’industria anche nei paesi “vecchi” si è capito che è importante  all’industria sono
legate le esportazioni  il reshoring ha catalizzato di nuovo l’interesse verso l’industria  un
modo per contrastare la deindustrializzazione dei propri paesi ne hanno fatto uno strumento di
politica nazionale suggerimenti dell’unione europea per incentivazioni industria  politiche di
incentivazione  in Italia in alcune regioni Lombardia, Veneto..  questo fenomeno è stato
studiato anche scientificamente  ed è stato denominato in diversi modi  Reshoring o back 
fenomeno per il quale vengono riportate in sede domestica produzioni manifatturiere che
precedentemente erano state delocalizzate in paesi con basso costo del lavoro  strategia partite
in maniera non pianificata  affinché vi sia reshoring bisogna che vi sia stata delocalizzazione  e
che i beni ritornino verso i nostri mercati  se non è così sono semplicemente se disinvestimenti
che ci sono sempre stati
Near-shoring: fenomeno con cui si trasferiscono in paesi «vicini» produzioni manifatturiere
precedentemente delocalizzate in paesi esteri molto lontani Si considerano sia i casi di produzioni
svolte all’interno dell’azienda sia i casi di produzioni esternalizzate  es. negli US  dalla Cina al
Messico sempre produzioni a basso costo ma si avvicinano
Fattori che hanno spinto le imprese al reshoring  Strategie di reshoring si sono intensificate nel
2008 quindi legame con la crisi economica
1. Riduzione differenziali salariali tra paesiCambiamenti dei costi di produzione su scala
globale in particolare quelli che riguardano il costo del lavoro aumento dei salari,
aumentata la conflittualità e aumentata la protezione dei lavoratori
2. Logistica: time to marketRagione che rientrano nel campo della logistica
Avvicinamento al mercato essere sul mercato in tempi più flessibili e veloci
3. Effetto «made in», qualità, immaginequalità del made in, sostenibilità produzioni
4. Scarsa qualità delle produzioni delocalizzateAll’epoca la bassa qualità era compensata
dal basso costo del lavoro  quindi rimaneva vantaggioso
5. Ecosistema locale
6. Incentivi governativi
7. Industria 4.0 innovazione tecnologia  le imprese rientrano  ma quanto lavoro creano
le nuove imprese che rientrano?  creano posti di lavoro o non ne hanno più bisogno
perché hanno sviluppato innovazioni ?
8. Errori di valutazione
Ad esempio in Italia è stato molto importante puntare sull’effetto/fattore made in  ha influito
molto nelle decisioni di reshoringin altri paesi sono stati più importanti altri fattori sono
tornati in Italia per puntare soprattutto sull’effetto made in

I numeri del reshoring


Reshoring Initiative (USA)  non solo le contano e le analizzano, ma hanno anche incentivato
queste operazioni di reshoring
Posti di lavoro generati dalle operazioni di reshoring in Europa  i dati USA sembrano un po’
incredibili da credere

non sono tantissimi i posti di lavoro che si vengono a formare


Imprese italiane protagoniste di processi di reshoring questi sono solo i casi di imprese più
conosciute ci sono anche operazioni di reshoring finite male  fallite  es. Benetton

 operazione di reshoring tanto pubblicizzata ma


andata a finire male  mentre ad esempio Calzedonia ha fatto un’operazione di reshoring
limitatamente ad un tipo di prodotto  prodotto Falconeri  prodotto di alta qualità
Quindi queste operazioni di reshoring non sono inversione di tendenza non ci sono i numeri
sufficienti per considerare questo fenomeno  un’inversione  ogni operazione è a sé e fatta in
maniera diversa come nel caso di Calzedonia
Paesi da cui rientrano le imprese italiane La maggior parte delle imprese che rientrano 
rientrano dalla Cina ma anche est-Europa

La 4°rivoluzione industriale


 robot sempre più presenti
Per stampe 3D si possono utilizzare un po’ tutti i materiali gesso, terra, anche materiali per
produrre gli alimenti
I possibili impatti della stampa 3D

alcuni vedono questa come la fine della produzione


di massa e del commercio internazionale  ma è improbabile  è più probabile che questo tipo
di produzione rafforzi un po’ quello che è la vocazione della piccola impresa produrre prodotti
specializzati  non come produzione di massa  vantaggi per le piccole imprese
Non ci sono più materiali e ci sono pochissimi scarti o non ci sono
La stampa 3D non basta dire che sia più sostenibile ma bisogna pensarla ancora nel concetto di
economia circolare perché si usano lo stesso materie plastiche..  riusciamo ad utilizzare
materie prime seconde in queste produzioni 3D? dal punto di vista tecnico si si può riportare
alla materia prima originaria e quindi farle rientrare nel processo produttivo fermo restando che
sono processi ad alto calore e i materiali plastici sopportano solo un numero limitato di riciclo e
riutilizzo va bene però se il tutto è inserito in un contesto circolare
Teoricamente si questo tipo di produzione è più sostenibile  ma dipende sempre da che uso ne
facciamo
18. IL FUTURO DEL SISTEMA COMMERCIALE MULTILATERALE? -Segnali di un indebolimento del
sistema multilaterale? Effetti sul commercio internazionale e lo stesso processo di globalizzazione -
Il neoprotezionismo degli Stati Uniti e le «guerre commerciali» con la Cina e l’Unione Europea -Lo
stallo dei negoziati e il futuro della WTO
tutti questi problemi li
ricolleghiamo alla crisi  anche movimenti nazionalisti ceti medi nei paesi avanzati hanno
dovuto affrontare dei problemi economici  diseguaglianze all’interno di paesi avanzati
Segnali che il sistema del multilateralismo sta un po’ entrando in crisi non solo per il
protezionismo attuato dagli USA anche il fatto che dopo la crisi sono aumentate le barriere non
tariffarie  più difficili da individuare
Indebolimento stallo dei negoziati che ruolo ha ora la WTO  meccanismo del consenso 
che porta all’allungamento dei negoziati anche i paesi avanzati sono sempre meno d’accordo

 soprattutto nei confronti del Messico perché


USA dice che il fatto che il Messico abbia dei costi di produzione così bassi alla fine ciò va a
penalizzare gli americanianche negoziati con UE sono in stallo
Quello che si contesta alla WTO è il fatto di essere troppo debole nei confronti della Cina 
violazione dei diritti di creazione plagio
La guerra dei dazi tra USA e Cina: le tappe principali  un’economia di stop and go
Questa guerra inizia nel 2018 giustificandoli con motivi che hanno a che fare con la sicurezza
nazionale dazi su acciaio e alluminio
Le ragioni alla base della politica commerciale americana
Riduzione del deficit commerciale americano
Contrastare l’ascesa della Cina al rango di superpotenza economica e politica mondiale:
Made in China 2025  piano di sviluppo industriale con cui la Cina vuole entrare sempre di più in
quello che è il settore dell’ high tech
Artificial Intelligence 2030  in cui vuole entrare sempre di più nel settore dell’intelligenza artifici
Belt and Road Initiative  nella via della seta
Cina si è ormai ritagliata in questi settori un ruolo importante nell’ambito delle nuove tecnologie e
non più solo nel manifatturiero
La guerra tra USA e UE è una conseguenza della disputa relativa agli aiuti di stato forniti
rispettivamente a Boeing e Consorzio Airbus guerra ormai pluridecennale
USA ha accusato l’UE al tribunale della WTO di aver sostenuto il Consorzio Airbus quindi
aumento dazi
Stessa cosa UE ha accusato USA di aver sostenuto Boeing 

 creare un clima di incertezza è quello che


più scoraggia gli investimenti
Possibili domande 
1) Ti trovi d’accordo con chi sostiene che la globalizzazione determina l’annullamento del
tempo e dello spazio? Motiva la tua risposta
2) Quali attori (non paesi) governano l’attuale scenario della globalizzazione economica? Con
sintetica descrizione
3) Quali sono i principali indicatori che descrivono la globalizzazione economica? Elencarli e
darne una sintetica descrizione

1. La distanza sicuramente si riduce ma spazio e tempo non si annullano totalmente, non si


può parlare di annullamento. Le differenze geografiche ancora sono importanti
2. Le grandi organizzazioni internazionali  sono loro che hanno la governance del
commercio internazionale  fondo monetario internazionale, banca mondiale e WTO
3. Flussi commerciali, investimenti diretti esteri

4) Quali innovazioni tecnico-organizzative hanno caratterizzato il sistema dei trasporti a


partire dal dopo guerra?
5) Quali effetti ha prodotto il fenomeno della deregulation nel settore del trasporto aereo ?

4. Intermodalità e logistica Invenzione dei container


5. Abbattimento barriere alla concorrenza Ha prodotto una maggior accessibilità al trasporto
aereo

6) Cosa sono le zone economiche speciali e dove sono diffuse


7) Che cos’è un distretto industriale?
8) Che strategia ha messo in campo il distretto di Montebelluna nella fase di maturità ?

6. Le zone economiche speciali sono aree con un regime economico e una giurisdizione
speciale create per avvantaggiare lo sviluppo di quelle zone  avvantaggiando gli
investimenti esteri e  collocate in Cina e paesi asiatici, Russia
7. Un distretto industriale  principale caratteristica divisione del lavoro tra le imprese
( poi definizione Becattini o caratteristiche
8. Delocalizzazione  + diversificazione

6 domande in un’ora

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