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Relazione verticale: il processo produttivo, cioè le diverse relazioni di una filiera, sono organizzate

all’interno di un’impresa. Quando non si realizza dentro una sola impresa ma si spezzetta per imprese
diverse si parla di disintegrazione verticale.

GEOGRAFIA INDUSTRIALE

La localizzazione industriale è stata storicamente fortemente dipendente da un principio di prossimità:


vicinanza alle materie prime, alla forza lavoro e ai mercati di sbocco. Questo fa sì che per diverso tempo la
geografia industriale si sia sovrapposta alla geografia mineraria e alla geografia urbana. In un periodo nel
quale i trasporti erano poco efficienti e la distanza fisica contava c’era sovrapposizione tra geografia
mineraria, geografia urbana e geografia industriale. Una volta attivato il processo di sviluppo industriale dal
punto di vista storico si è assistito a processi di polarizzazione: concentrazione delle attività in un polo
centrale. I motori della polarizzazione sono 2: le economie di scala (necessità di aumentare le dimensioni
dell’impianto) e le economie di agglomerazione (le imprese possono conseguire delle utilità per il fatto di
localizzarsi vicino ad altre imprese). Storicamente si è assistito ad una concentrazione del fenomeno
industriale che ha privilegiato delle aree geografiche caratterizzate da una serie di fattori attrattivi: regioni
minerarie, aree metropolitane e le regioni portuali. La concentrazione industriale ha favorito, dal punto di
vista territoriale, il fordismo. L’esperienza della grande fabbrica fordista ha avuto delle conseguenze
territoriali significative nella crescita delle città industriali che in alcune situazioni hanno prodotto delle vere
e proprie città fabbrica: Detroit, Torino. Negli anni 60 e 70 questo modello di geografia industriale basato
sulle economie di scala, modello fordista entra in crisi per una serie di motivi: per la rigidità e il gigantismo
che produceva delle strutture pesanti con scarsa flessibilità e dei processi di alienazione del lavoro pesanti,
dal sindacalismo e cambiamento dei mercati: emergono dei mercati di nicchia, si creano prodotti
personalizzati… L’emergere di nuovi competitori enfatizzano la rigidità delle grandi strutture produttive
fordiste. E’ questo il periodo in cui iniziano ad emergere le forme di economia periferica: attività industriali
legate alle piccole imprese e all’artigianato. La prima ragione del modello basato sull’industria fordista è
legata alla crisi legata alla rigidità e al gigantismo legate al cambiamento dei mercati e al cambiamento
geoeconomico. Il secondo fattore è il ruolo delle diseconomie esterne: quando le attività economiche
corrono verso il centro oltre un certo livello l’organizzazione spaziale e territoriale entra in crisi. Negli anni
70 si avvia un processo di deconcentrazione spaziale: attività economiche ma anche popolazione iniziano a
lasciare il centro delle città metropolitane e avviano un processo di sviluppo periferico.

DECONCENTRAZIONE

Un’impresa che prima era localizzata in un centro, adesso privilegia delle localizzazioni alternative. Ci sono 2
tipi di logiche: decentramento territoriale o decentramento produttivo. Entrambi producono lo stesso
risultato ma diverse sono le logiche. Nel decentramento territoriale la leva principale è rappresentata da
esternalità negative: si abbandona il centro per il traffico, inquinamento, oppure perché i terreni costano
troppo e ci si sposta in due modi diversi: o ci si sposta e si resta vicini (decentramento a corto raggio:
decentramento suburbano o periferico, ci si sposta in periferia dove si riduce il peso negativo delle
esternalità ma si continua a beneficiare della vicinanza al polo centrale.) o ci si sposta e si va molto lontano
( decentramento ad ampio raggio: esternalità negative che hanno un impatto forte che porta a rilocalizzarsi
in altri paesi). Il decentramento produttivo consiste nello spostamento delle attività economiche da un’area
centrale a una periferica per il fatto che l’innovazione tecnologica e il cambiamento dei mercati non rende
più conveniente o necessaria la grande dimensione dell’impianto. Non si fa riferimento quindi alle
diseconomie esterne ma ai cambiamenti tecnologiche e di mercato che non rendono più necessaria e
conveniente la grande dimensione dell’impianto. La filiera quindi diventa molto più complessa.

Questo processo ha visto l’emergere di nuovi paesi industriali e che si è nutrito dal crescente dinamismo di
imprese multinazionali. Un ruolo chiave l’ha giocato la Cina e quei paesi che venivano chiamati le nuove
tigri asiatiche. Un elemento fondamentale è stato la realizzazione delle zone economiche speciali.
GEOGRAFIA INDUSTRIALE E FORME D’IMPRESA

Non esiste un unico modello di sviluppo perché la globalizzazione si nutre di diversità. L’attore più
importante dell’economia mondiale è la grande impresa che è il motore della crescita economica e dei
processi. Storicamente l’impresa è cresciuta ‘’mangiando’’ altre imprese, internalizzando funzioni. Un ruolo
chiave è stato svolto dalle imprese multinazionali, cioè grandi imprese che dal punto di vista geografico
coordinano, organizzano e controllano attività economiche in diversi paesi. Le leve di queste trasformazioni
sono le innovazioni tecnologiche e i cambiamenti del mercato. Le caratteristiche essenziali delle imprese
multinazionali. Si parla di multinazionali quando si riconosce l’investimento diretto estero: l’acquisizione del
controllo di almeno il 10% del capitale di un’impresa. I tre punti fondamentali che devono essere richiamati
quando si parla di multinazionali: ruolo essenziale delle relazioni laterali: la filiera è frammentata in vari
paesi e questa va controllata, gestita e organizzata attraverso dei sistemi complessi che si basano
sull’efficienza dei sistemi di trasporto e di gestione delle informazioni; la multinazionale frammentando la
filiera consente di valorizzare la diversa concentrazione di fattori produttivi che caratterizzano i diversi
contesti geografici; le scelte delle multinazionali sono prese a scala globale ricercando la massima
flessibilità: le imprese multinazionali sono sempre meno dipendenti dalle singole economie nazionali e per
gli stati nazione è sempre più difficile controllare il comportamento localizzativo delle imprese
multinazionali. Un altro problema è come queste imprese multinazionali vengono tassate.

Gli elementi che hanno guidato, dal punto di vista geoeconomico, il grande sviluppo delle imprese
multinazionali negli ultimi decenni sono: il ruolo delle grandi organizzazioni internazionali (maggiore libertà
nel movimento dei capitali..). I modelli classici di internazionalizzazione sono 2: il commercio internazionale
e la mobilità dei capitali. Quando un’impresa vuole internazionalizzarsi ha 2 scelte: vendere di più all’estero
e quindi aumentare le esportazioni o aprire stabilimenti in paesi esteri (mobilità dei capitali). In questo
secondo caso si ha un investimento diretto estero che apre un’affiliata in cui viene prodotto e venduto un
bene. Il ruolo delle organizzazioni internazionali: FMI hanno sostenuto un ruolo chiave per sostenere
l’aumento dei flussi del commercio internazionale prima e poi per aumentare la mobilità internazionale dei
capitali e quindi la scelta multinazionale. Un secondo elemento che ha svolto un ruolo chiave per la
diffusione delle imprese multinazionali è l’innovazione tecnologica che ha coinvolto diversi ambiti, come
quello dei trasporti o come quello dei settori produttivi. La standardizzazione ha reso possibile scomporre i
processi produttivi e portarli anche in quei paesi nei quali la manodopera era poco qualificata. Le
innovazioni che hanno caratterizzato il sistema dei trasporti, in particolare di quelli marittimi, comprende la
containerizzazione dei carichi (introduzione dei container) e lo sviluppo del ciclo intermodale. Questi
elementi hanno reso più efficiente il ciclo di trasporto e soprattutto lo ha reso meno costoso. Lo sviluppo di
un sistema di trasporto più efficiente ha reso possibile spostare pezzetti della filiera produttiva in quelle
aree geografiche dove le esternalità rispetto ai diversi segmenti della filiera produttive erano più
significative. Un’altra innovazione tecnologica che ha fortemente favorito lo sviluppo delle multinazionali è
l’innovazione tecnologica nel campo delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni che hanno reso
possibile il controllo delle diverse fasi produttive. Lo sviluppo delle ICT ha reso possibile il controllo della
filiera che localizzava le diverse fasi del processo produttivo in diverse parti del pianeta.

Un altro elemento importante che ha favorito lo sviluppo delle multinazionali è stata la rivoluzione verde.
La rivoluzione verde è stata un grande processo messo in atto dalle organizzazioni unite come la FAO, la
Banca Mondiale, Nazioni Unite e da un insieme di imprese multinazionali che operavano nei settori dei
prodotti agricoli volo da un lato a contrastare la fame attraverso delle politiche volte a garantire la food
security, dall’altro lato l’obiettivo di integrare i mercati internazionali dei paesi poveri e in via di sviluppo
dentro ai mercati internazionali. Il risultato è stato un fortissimo aumento della produttività del lavoro in
agricoltura. Ci sono state anche delle importanti riforme agrarie (cosiddette riforme agrarie all’incontrario:
per favorire il processo di meccanizzazione, l’uso della chimica si dovevano avere dei grandi appezzamenti
di terreno e quindi si sono accorpati piccoli appezzamenti in grandi proprietà fondiarie). Il risultato
congiunto di questi 2 processi ha prodotto nelle aree rurali un eccesso di manodopera, che è stata l’origine
di un flusso di migrazione interne che ha definito una ampia sacca di manodopera a basso costo. La riforma
agraria ha avuto grande successo in Asia ed esiti alterni in altri Paesi. Il grande sviluppo dell’impresa
multinazionale, a seguito della rivoluzione verde, ha generato la nuova divisione internazionale del lavoro.
Nella visione tradizionale della divisione internazionale del lavoro c’è un rapporto tra economie nazionali
ricche e povere e c’è un modello che vede i paesi più ricchi esportare prodotti industriali e importare
materie prime e prodotti agricoli dai paesi più poveri, definiti la periferia del mondo. Con lo sviluppo delle
multinazionali, c’è un modello diverso in cui si hanno delle aree povere nei paesi ricchi ( perché i processi di
decentramento e di ristrutturazione industriale producono delle sacche di marginalità economica sociale
anche nei paesi ricchi ) e allo stesso tempo grazie ai fenomeni di delocalizzazione ci sono delle aree
dinamiche, ricche e che esportano prodotti industriali anche nelle economie nazionali tradizionalmente
povere. Lo sviluppo delle multinazionali quindi è stato un elemento chiave nella trasformazione da un
mondo organizzato sulla base della divisione internazionale del lavoro (paesi ricchi e paesi poveri) ad un
mondo organizzato sulla base del paradigma della rete dove si hanno aree ricche nei paesi poveri e aree
povere nei paesi ricchi.

L’IMPRESA GLOBALE

I processi più importanti dal punto di vista della geografia industriale sono la disintegrazione verticale. Per
rispondere alla complessità dei mercati e per articolare le filiere globali si esternalizza sempre di più, si
ricerca la maggiore flessibilità. Questo fa sì che l’impresa multinazionale classica diventi un’impresa globale:
rete globale di imprese di diverse dimensioni che operano in diversi settori e in diversi continenti. L’impresa
globale è l’impresa che meglio risponde alla necessità di maggiore flessibilità. Quindi non si cresce più
incorporando altre imprese, ma esternalizzando e strutturando reti complesse con un insieme di imprese
che operano in aree geografiche e settori diversi. La nascita dell’impresa globale riflette anche l’evoluzione
sempre più complessa della tecnologia: ad esempio le multinazionali dell’agricoltura sono perfettamente
integrate con quelle della chimica e dell’energia. Quindi si definiscono delle imprese globali che operano in
settori completamente diversi. L’impresa globale nasce e si sviluppa attraverso delle partnership, cioè delle
alleanze strategiche che hanno come obiettivo la condivisione dei rischi quando lo sviluppo tecnologico è
uno sviluppo molto complesso e molto incerto. La conseguenza dal punto di vista della geografia industriale
è che lo sviluppo di queste imprese rende difficile identificare i confini geografici delle grandi imprese
multinazionali. L’impresa multinazionale è cresciuta nel corso del tempo mangiando altre imprese,
internalizzando e diventando progressivamente più grandi. Il contesto oggi è così complesso dal punto di
vista dei mercati, della tecnologia e delle dinamiche geoeconomiche che l’impresa multinazionale si sta
trasformando nell’impresa globale. L’elemento chiave dell’impresa globale è esternalizzare le funzioni,
stabilendo delle parterships strategiche, dei network che coinvolgono imprese di diversa dimensione che
operano in diversi settori e in diversi contesti geografici. Il rischio tecnologico e la complessità dei mercati
impongono alle imprese multinazionali di trasformarsi in imprese globali attraverso strategie di
disintegrazione e riorganizzazione sulla base di paradigmi organizzativi molto più flessibili.

L’IMPORTANZA DEI PST

PST: Parchi scientifici e tecnologici. Scienza e tecnologia sono degli ambiti sempre più complessi e i PST
sono uno strumento per fare in modo che questi due elementi si avvicinino al mondo delle imprese e per
far sì che le strutture produttive diventino più competitive attraverso il sostegno dell’innovazione
tecnologica. Le esperienze di riferimento sono quegli degli USA, giapponesi e del Regno Unito. I PST sono
delle aree in cui le università, imprese pubbliche e private e centri di sviluppo tecnologico si mettono
insieme con l’idea di fertilizzare competenze. Un esempio classico è quello della silicon valley con lo
sviluppo dell’innovazione informatica. L’esperienza del Giappone è molto importante perché è il primo
paese che intuisce come le politiche industriali pubbliche non debbano essere più delle politiche di sussidio
o supporto alle entrate in nuovi mercati, ma delle politiche che si concentrano sull’innovazione tecnologica.
Quando si parla di PST si può far riferimento a una serie di modelli diversi. Si possono identifica 2 tipologie
di PST di carattere generale: le esperienze di tipo costitutivo e le esperienze di tipo organizzativo. Le prime
sono quelle esperienze nelle quali si creano processi di innovazione attraverso il concorso di capitali
pubblici e privati. Molto più successo hanno avuto le esperienze di tipo organizzativo, che sono quelle
esperienze nelle quali si mettono in rete delle competenze che sono già esistenti. Nel primo caso quindi si
crea qualcosa di nuovo, nel secondo caso invece si cerca di organizzare delle competenze che già esistono. I
PST possono avere delle finalità diverse, soprattutto è molto diverso il rapporto che questi parchi possono
stabilire con il contesto territoriale (es: parco a Trieste che è un parco scientifico fortemente orientato alla
ricerca che però ha una proiezione globale di tipo orizzontale, ma gli impatti sul contesto territoriale locale
non sono così significativi). Il rapporto che esiste tra PST e processi di rigenerazione urbana ( riutilizzazione
delle aree industriali dismesse, nelle quali grazie ai finanziamenti dell’UE si mettono in moto dei processi
che hanno lo scopo di creare dei PST che assumono la veste di incubatori, l’obiettivo è la nascita di nuove
impresse che sappiano rigenerare il contesto urbano e locale). TEDA è un PST che è nato a Thian Gin, il
porto di Pechino. Nasce grazie ad alcuni accordi tra governo cinese e grandi investitori che negli anni 90
localizzano in quell’area le filiali di imprese manifatturiere e imprese di servizio. Si localizzano in quell’area
grazie anche alla definizione di una zona economica speciale. Nel corso del tempo TEDA si è trasformato ed
ha iniziato a raccogliere sempre più centri di ricerca fino ad arrivare oggi a costituire una delle aree più
dinamiche e produttive nel campo della ricerca dell’economia circolare.

Legame tra PST e sviluppo locale: con lo sviluppo locale si devono avere delle risorse locali che ho io e solo
io e che non sono facilmente riproducibili altrove in tempi brevi, deve esistere un attore collettivo (rete
locali di attori pubblici e privati che condividono una visione di sviluppo e che hanno lo scopo di mettere le
risorse locali che io ho dentro alle reti globali). Un PST può essere inserito all’interno del concetto di
sviluppo locale perché un insieme di attori si uniscono per avviare dei processi di sviluppo locale.

LE IMPRESE MULTINAZIONALI

Ancora oggi la maggior parte delle multinazionali ha sede nei paesi del tradizionale nord del mondo (paesi
più ricchi: UE,USA e Giappone). Negli ultimi anni si sta assistendo ad un riequilibrio: paesi come la corea del
sud, la Cina.. stanno diventando degli attori sempre più importanti in questa riorganizzazione dello spazio
economico multinazionale. I paesi in via di sviluppo restano fortemente caratterizzati da un processo di
polarizzazione. La Cina rappresenta il secondo paese al mondo per investimenti diretti esteri. All’inizio
questi investimenti diretti esteri erano di tipo verticale, cioè si andava in Cina perché si voleva beneficiare di
costi di lavori più basso, perché c’erano zone economiche speciali e perché si poteva inquinare di più. Man
mano che la Cina si sviluppa gli investimenti diretti esteri diventano riconducibili al modello di tipo
orizzontale. I fattori chiavi che hanno favorito la mole di investimenti diretti esteri verso la Cina sono: buona
scolarità, basso costo lavoro, buone infrastrutture, ‘blanda’ regolamentazione, tanti potenziali consumatori,
elevanti investimenti in ricerca

GEOGRAFIA URBANA

Le città oggi sono delle realtà che stanno vivendo un periodo delicato per la pandemia. Le città sono il cuore
degli scambi, delle iterazioni tra le persone e delle attività economiche. L’impatto della pandemia sulle città
è difficile da valutare, gli effetti possono essere diversi. Le città sono un concentrato di una serie di problemi
che caratterizzano l’economia e la società contemporanea. Ciò nonostante le città rappresentano il motore
della vita economico sociale e politica che conosciamo. Le città sono la leva dello sviluppo e della crescita
economica perché costituiscono i contesti più dinamici dal punto di vista della manifattura di elevata
qualità, della concentrazione di servizi qualificati e della concentrazione delle diverse attività che
costituiscono la cosiddetta economia di conoscenza. Le città sono degli organismi territoriali complessi e
costituiscono il concentrato di una serie di problemi sociali ed economici, ma al tempo stesso restano il
cuore dell’economia e della politica contemporanea. Un ruolo chiave è giocato dalle grandi città che
costituiscono il cuore del fenomeno urbano. Nel corso del tempo sono diventate sempre più ampie perché
la crescita della città è avvenuto attraverso un processo di suburbanizzazione, cioè le città sono diventate
degli organismi spazialmente sempre più vasti e queste grandi città vengono definite come metropoli. Le
metropoli multicentriche o policentriche sono grandi città integrate tra loro che definiscono assieme una
metropoli policentrica ( es: area del veneto centrale, non c’è una città che spicca rispetto alle altre dal
punto di vista dimensionale ma ci sono padova, venezia e treviso che sono ben collegate tra loro, separate
da un tessuto di piccole città con degli spazi verdi all’interno. Un altro centro è Randstad holland, cioè
quella rete di città olandesi che mette assieme Amsterdam, rotterdam, utrecht e Den haag). Il livello di
connessione di trasporti, una gestione coordinata dell’uso dei suoli e la specializzazione funzionale fanno di
queste reti un sistema. Le aree metropolitane monocentriche o policentriche sono il cuore dell’offerta di
servizi, di competenze qualificate, sono qualificate da ottime infrastrutture e da un mercato del lavoro vario
e articolato. Quando si parla di aree metropolitane si fa riferimento a bricks (:mattoni, si fa riferimento alla
dotazione che le aree metropolitane hanno di infrastrutture: buon sistema autostradale, buoni
insediamenti industriali, aree di sviluppo dei servizi..) and clicks (: fare click, rappresenta il fatto che nelle
realtà metropolitane (banda larga) c’è un sistema di infrastrutture che consente di essere un nodo ben
connesso dentro alle rete globali). La megalopoli è una grande metropoli (tokyo, pechino, san Paolo, New
York). Si fa riferimento ad un sistema differenziato al suo interno, che mette insieme diverse aree
metropolitane con città medie e piccole e separate tra loro da spazi verdi di vario genere: aree rurale
destinate alla produzione agricola di qualità, spazi verdi i termini di green areas: parchi, aree protette e
naturalistiche di pregio. Quando si parla di megalopoli si fa riferimento a un sistema di metropoli connesse
tra loro con città medie piccole e con delle oasi al loro interno ( es: costa nord orientale USA, megalopoli
renana, megalopoli padana (parte da torino fino all’area del veneto centrale con un innesto fino all’area di
trieste e di lubiana, la seconda propaggine importante è quella che da Milano porta a Bologna) , pechino-
tianjin.

Le città come attori economici e politici

Le città per tantissimi decenni sono stati il cuore dal punto di vista territoriale dell’economia industriale.
Negli anni più recenti alcune funzioni industriali tornato nelle città: industrie ad elevata intensità di
conoscenza del capitale umano che non hanno bisogno di grandi spazi. Queste vanno in città per motivi di
immagine e perché le città sono un luogo fondamentale per le economie di agglomerazione. Le città sonno
il luogo del potere e sono il luogo in cui si concentra il potere economico, finanziario, politico e culturale
cioè la capacità di generare nuove idee. Il fatto che le città siano il luogo in cui si concentrano questi poteri
implica che le città hanno la capacità di strutturare territori a diverse scale: le decisioni che vengono prese
nelle città hanno delle conseguenze che vanno al di fuori della città, quello che viene deciso nella città ha
delle conseguenze fondamentali per la vita di territori diversi alle diverse scale geografiche: scala locale,
regionale, nazionale e internazionale. Più importante è la città e gli attori della città e più vasta sarà la scala
alla quale si riverberano, si trasferiscono gli effetti delle decisioni prese. Quando si parla di città si ha come
modello culturale di riferimento la città chiusa su se stessa, invece oggi è dappertutto molto difficile cosa è
città e cosa non lo è. Le città si espandono lungo gli assi di trasporto. La gestione delle città diventa molto
più complessa. Le città non vivono mai in maniera isolata dalle altre città, ma si rapportano con altre città
definendo delle reti urbane. Il motore della definizione di queste reti è il livello e la qualità delle
infrastrutture di trasporto. Le città sono delle reti di condivisione economica, finanziaria e tecnologica. Ci
sono città produttive, cioè che svolgono un ruolo molto importante nella manifattura, città che sono dei
poli culturali di eccellenza, città direzionali (grandi metropoli), le attività che le città offrono sono legate a
servizi per la cura, il benessere e l’ambiente, le città ricettive e turistiche e il settore quaternario (cioè un
terziario qualificato). La portata di una città è il raggio d’azione, lo spazio d’influenza delle decisioni e delle
funzioni urbane. C’è un raggio d’azione che può essere locale o regionale, macroregionale o globale. Ci
possono essere città che sono specializzate in una o in poche funzioni, ma per queste funzioni queste città
possono avere una portata globale. Quando una città è specializzata in tutte le diverse funzioni e in tutte le
attività e le esplica a un mercato globale si parla di città globali. Tipicamente le città globali per definizioni
sono 3: new york, londra e tokyo.

Industria culturale e conoscenza

Nelle città si realizza l’incontro tra i diversi tipi di conoscenza, c’è una conoscenza generale e astratta, una
applicata e una formale. I grandi contesti metropolitani e alcuni tipi di città sono realtà in cui si trovano
un’elevata concentrazione di conoscenza generale e astratta. La conoscenza applicata è la capacità di
tradurre la conoscenza generale e astratta in utilità per il sistema economico e produttivo. Le città sono
importanti anche perché costituiscono il luogo di eccellenza per la conoscenza non formale: conoscenza
che è incarnata nelle persone. L’intersezione di questi tre tipi di conoscenza rende molte volte le città dei
milieu innovatori. Si è spesso parlato di città come ecosistema nel quale prende forma la creatività urbana,
che è considerata come la base delle innovazioni tecnologhe, organizzative e culturali che danno sostanza
al concetto di competitività. Le città sono il motore della creatività perché sono spazi aperti a nuove idee, a
nuove pratiche culturali. La creatività non è prevedibile e non è programmabile, infatti lo studio sulla
creatività urbana è sempre ex post. Ci sono degli elementi che permettono di individuare se un cotesto è
creativo: il grado di apertura all’esterno (ci si attende che la creatività si sviluppi in contesti che sono ben
connessi al mondo esterno, conta quindi la quantità e la qualità delle reti fisiche e immateriali, fisiche cioè
che il contesto deve essere ben connesso dal punto di vista delle infrastrutture dei trasporti, quindi vi deve
essere una buona connettività: qualità del sistema di trasporto dentro al sistema urbano (treni locali,
presenza di piste ciclabili..) e accessibilità: reti lunghe (reti ferroviarie ad alta velocità ) come il sistema
urbano è connesso ad altri sistemi urbani. Un altro elemento importante è la vivacità del contesto sociale e
culturale e la presenza di una classe creativa. Tutti questi elementi possono essere misurati, si possono
rappresentare. Cultura, come elemento fondamentale di processi di innovazione e competitività, ha una
duplice valenza: la prima come capacità di innovare, mentre il secondo è perché le diverse attività culturali
definiscono un’industria culturale, molto importante per l’immagine urbana e come elemento di attrazione
turistica.

Le smart cities , città intelligenti, rappresenta una metafora per rappresentare un fenomeno che consiste
nel ritenere che alcune città siano in grado di mettere assieme diversi elementi: che siano competitive dal
punto di vista economico, delle città dove c’è una buona qualità di vita e dell’ambiente e dove c’è un
dinamismo culturale e sociale importante. Una delle caratteristiche di questi concetti è di essere molto
facilmente definibili, tuttavia quanto si parla di smart cities si ha degli elementi di riferimento. Si deve far
riferimento a 6 dimensioni: smart economy ( quanto la città è competitiva), smart people (qualità del
capitale umano ), smart governance ( come la città è investita e la misura in cui la città è governata in modo
trasparente e tramite dei meccanismi partecipati), smart mobility ( gestione informazioni) smart
environment ( qualità delle risorse naturali) e smart living. Bisogna vedere se c’è spirito innovativo, il livello
di imprenditorialità, l’immagine del contesto economico, la produttività, la flessibilità del lavoro e la
proiezione internazionale. Quando si fa riferimento al concetto di smart people ci si riferisce al capitale
sociale e umano: qualificazione, istruzione, programmi di life long learning (programmi che si mettono in
atto per la formazione che durano tutta la vita), la pluralità etnica, la flessibilità, la creatività, l’orientamento
cosmopolita e la partecipazione alla vita pubblica.

Traporti, turismo

Si considera il tema dei trasporti in relazione al tema della globalizzazione. Dal punto di vista economico il
tema chiave è la forte riduzione dei costi di trasporto che si è determinata negli ultimi decenni. Questa
riduzione è stata determinata dal concorso di 2 fattori: innovazione tecnologica che ha reso disponibili
sistemi più efficienti dal punto di vista delle infrastrutture e dei vettori, e il gigantismo: l’applicazione di un
principio di economia di scala degli impianti (infrastrutture o vettori). La riduzione dei costi di trasporto ha
avuto come effetto fondamentale la riduzione della distanza funzionale, che però non è una caratteristica
che ha coinvolto i territori allo stesso modo. La riduzione selettiva della distanza funzionale ha favorito i
processi di decentramento, quindi le strategie di rilocalizzazione. Quando il trasporto diventa più efficiente
e la distanza funzionale si riduce, le imprese sono più libere di adottare strategie di localizzazioni
alternative, vengono cambiati i confini di mercato. Senza questo miglioramento dell’efficienza dei trasporti
la stessa articolazione transnazionale delle filiere, quindi le stesse relazioni laterali, avrebbero trovato
maggiori difficoltà a prendere forma. Tutti i trasporti quindi sono diventati più efficienti, ma le innovazioni
principali sono quelle che hanno coinvolto il trasporto marittimo e il mondo portuale, sia dal punto di vista
della gestione degli spazi, sia dal punto di vista dei terminal portuali. Le innovazioni tecnologiche hanno
causato una forte riduzione dei costi e l’emergere di nuovi sistemi organizzativi. La containerizzazione dei
carichi è stata una innovazione tecnologica nel modo di gestire la merce. Prima dell’introduzione del
container le merci erano imballate e trasportate in una molteplicità di forme, dopo invece questa
diversificazione viene meno. L’intermodalità invece è la conseguenza della containerizzazione e deve essere
intesa come un’innovazione organizzativa, cioè un’innovazione nel modo di gestire il ciclo di trasporto
favorendo l’integrazione di diverse modalità. L’introduzione del container come processo di
standardizzazione nella gestione dei carichi ha favorito il processo di gigantismo navale (sono aumentate le
dimensioni delle navi). Maggiori sono le dimensioni delle navi e minore è il costo di trasporto. Quando
aumenta la dimensione delle navi, i porti diminuiscono lo spazio a disposizione. In generale per effetto del
gigantismo navale i porti hanno cercato nuovi spazi e si sono progressivamente allontanati dalle città.
Alcuni porti si sono adattati bene, altri invece meno bene. Molti porti quindi sono stati abbandonati, le
autorità portuali hanno cercato nuovi porti in spazi più facilmente gestibili dal punto di vista portuale, in
termini di disponibilità di spazio, profondità dei fondali, efficienza delle infrastrutture e nelle vecchie città
portuali gli spazi che sono stati abbandonati sono stati restituiti alla città che vi ha innestato delle funzioni
nuove e turistiche (es: genova nel porto vecchio). La containerizzazione dei carichi e il gigantismo navale
hanno prodotto quindi delle conseguenze fondamentali nel waterfront: spazi di connessione tra terra e
acqua che hanno caratterizzato per secoli la dinamica delle principali città portuali al mondo. I principali
porti al mondo sono in cina e in asia. Il mediterraneo sta diventando sempre più importante, suez ha un
ruolo chiave nel trasporto marittimo alla scala globale.

Turismo

Nasce in europa ed è legato all’esperienza del Grand Tour. Si trattava di un turismo elitario, viaggio in cui si
cresceva come persona, una vera e propria esperienza formativa, che si basava sulla conoscenza e
approfondimento dell’arte e della cultura dei luoghi che si visitavano. Il turismo diventa un fenomeno di
massa nel 20 secolo, nel periodo tra le due guerre mondiali quando aumento il reddito disponibile e i
modelli culturali. Il turismo inizia a diventare un fenomeno di massa tra le 2 guerre sia per fattori economici
sia per fattori culturali. Quando si parla di domanda turistica si fa riferimento al turista e le determinanti
fondamentali della domanda sono: le condizioni economiche (ricchezza e reddito), lo stress e disagio
urbano-metropolitano, la disponibilità di tempo libero, la cultura e il grado di organizzazione dell’offerta
(più l’offerta è organizzata e più la domanda turistica aumenta). La componente principale del turismo è il
turismo interno (es: cina).

Turismo e sviluppo economico e sociale

Ci sono due diverse modalità: il primo modello vede il luogo turistico come uno spazio che è separato da
tutto quello che c’è intorno e poco in grado di attivare dei processi endogeni di sviluppo e di crescita
economica. E’ un modello che vede il turismo come un settore separato dall’economia locale e regionale
(villaggi vacanza nei paesi del sud del mondo, che quando avviano il turismo lo fanno con capotali esterni e
operano poca manodopera locale e poco qualificata ed è un villaggio turistico la cui filiera logistica è
internazionale, quindi ci sono scarse relazioni con prodotti e agricoltura locale. E’ una tipologia che vedeva il
villaggio turistico separato da tutto il resto). Questo tipo di turismo sta cambiando perché ci si rende conto
che è un modello di tipo predatorio, è un modello che concentra i profitti nelle multinazionali e produce
degli impatti limitati nell’economia locale, è un modello in crisi perché si parla sempre di più al turismo
responsabile, sostenibile.. All’opposto si trova la considerazione del turismo come possibilità di sviluppo
locale e regionale, quindi un turismo che contribuisce allo sviluppo e alla crescita del contesto locale. In
generale il turismo è considerato una leva di sviluppo anche per i paesi poveri perchè hanno delle dotazioni
di risorse originarie.: ambiente, paesaggi, cultura, alterità ( andare a vedere qualcosa di diverso, modi di
vivere diversi ecc). il turismo è un settore caratterizzato da un’ elevata intensità del lavoro, è un’attività
generalmente caratterizzata da stagionalità ed è un insieme di prodotti complessi. Generalmente il turismo
segue un ciclo di vita: c’è una fase in cui non esiste il turismo, la località viene poi conosciuta, poi c’è una
fase di crescita, poi una di maturità che è caratterizzata dal turismo di massa e poi una fase di declino o una
fase di restiling.

Ruolo dei grandi eventi

I grandi eventi sono degli elementi importanti per il turismo: es. giochi olimpici a barcellona, sidney e
pechino ma anche i giochi olimpici invernali. Rappresentano un fattore fondamentale per attrarre nuovi
investimenti, turisti e tali eventi favoriscono il cambiamento urbano e possono anche avere degli effetti
positivi sul senso di appartenenza dei cittadini, soprattutto quando l’evento si caratterizza per il recupero di
una dimensione storica della città. La gentrification è il ricambio sociale della città, uno dei problemi di
questi eventi è che la loro realizzazione determina quasi sempre un aumento del costo della vita e dei valori
immobiliari. Quindi queste aree vengono abbandonate dalla gente più povera della città e vengono
ripopolate dai ceti più abbienti. Un altro elemento importante di questi grandi eventi è la forte concorrenza
tra città, queste infatti competono tra loro per organizzare questi eventi. Queste infrastrutture sono:
ambientalmente sostenibili, flessibile (organizzare grandi eventi le cui infrastrutture possono essere usate
in un periodo medio lungo dai residenti della città) e fare in modo che i cittadini beneficano degli effetti di
questi eventi. Gli effetti negativi indotti dal turismo sono: l’omologazione culturale (il turismo di massa è un
fattore che può favorire la perdita delle tradizioni locali), l’emulazione ( la popolazione locale imita lo stile di
vita del turista), diffusione di stereotipi (molte volte le località turistiche fanno tutto il possibile per
soddisfare l’immagine desiderata dal turista), mercificazione della cultura ( per soddisfare la domanda
turistica molte località stoppano i processi di cambiamento), la rottura degli equilibri sociali e familiari.. si
parla sempre più spesso di turismo sostenibile.

Risorse e energia

I minerari metallici sono importanti in molti settori industriali grazie all’elevata resistenza al calore e agli
agenti chimici (ferro, rame, zinco, alluminio e stagno). I minerari non metallici sono diffusi nella crosta
terrestre e trovano impiego nell’industria, in agricoltura come fertilizzanti e poi ci sono i minerari energetici
(carbone, petrolio, uranio). Gran parte delle materie prime è disponibile in giacimenti (cumuli di materiali
umidi) le quali possono avere dimensioni e conformazioni diverse e a causa di queste di possono essere
diverse modalità di estrazione. I depositi possono avere un valore economico superiore o inferiore in
ragione della quota del materiale utile. Fino agli ultimi decenni il modello dominante di sviluppo economico
si è basato sull’idea che le risorse terrestri fossero limitate o non completamente sfruttabili e che fosse
possibile tramite lo sviluppo tecnologico rinvenire altre fonti per sostituire quelle esaurite. Si assiste nel
tempo ad una variazione della stima della riserva in ragione del miglioramento delle tecnologie.
Determinano da sottoporre a sfruttamento un giacimento fattori come: la massa minerario, il tenore, la
profondità, la posizione geografica. Nei primi decenni dopo la rivoluzione industriale la localizzazione dei
depositi minerari ha rappresentato una precisa condizione per lo sviluppo regionale: se aree di estrazione
mineraria e approvvigionamento energetico rappresentavano la naturale sede di concentrazione industriali
venuti meno gli impedimenti tecnici dovuti alla diffusione delle attività produttive si è creata una sorta di
separazione tra regione industriale e mineraria. La regione mineraria è un’area di esportazione di materiali
utilizzati altrove in cui la sua organizzazione territoriale poggia su un sistema efficiente di trasporto e di
infrastrutture specializzate. Tra le fonti energetiche si distinguono quelle rinnovabili: fonti non esauribili o
che tendono a rigenerarsi in tempi utili per l’uomo. Tra le fonti rinnovabili ci sono anche le fonti alternative
(geotermico). Le fonti non rinnovabili sono quelle per cui lo stock può solo diminuire (come il petrolio, che
ha il vantaggio di essere molto flessibile nel suo utilizzo e per la sua facilità nel trasporto, gas naturale che
per il suo trasporto sono necessarie infrastrutture che hanno un costo molto elevato e il carbone). L’uso di
fonti alternative ha dei limiti perché sono altamente consumatrici di spazi e per l’impatto ambientale
diretto.

Agenzia internazionale dell’energia creata nel 1974 per creare risposte riguardo lo shock petrolifero del
1973.

Il petrolio è una fonte energetica non rinnovabile, ha elevata flessibilità nell’utilizzo e facilità nel trasporto,
è facilmente immagazzinabile e trasportabile con una pluralità di mezzi. Il carbone ha una localizzazione
meno rigida rispetto ad altre fonti in quanto si può trasportare però la sua diffusione è limitata da fattori
come tempi lunghi di attivazione dei giacimenti, elevato inquinamento ambientale, minor contenuto
calorico rispetto ad altre fonti.. Sempre tra le fonti rinnovabili c’è anche il gas naturale che presenta
notevoli difficoltà di immagazzinamento ed è trasferibile tramite tubazioni.

Se si osservano le fluttuazioni dei prezzi nel lungo periodo si vede che negli anni precedenti al 45 i prezzi
internazionali erano elevati, dal secondo dopo guerra fino agli anni 70 i prezzi reali delle materie prime ed
energetiche sono rimasti bassi, il che portò ad un uso estensivo delle stesse e scambi internazionali
intensificati. Nel 1973 prodotti minerari ed energetici coprivano l’80% del valore delle importazioni. Nel 73
si ha una brusca limitazione dei prezzi che inizieranno a scendere nel 78. Gli attori del mercato delle
materie energetiche fino agli anni 70 erano poche grandi imprese di prevalenza anglosassone che
dominavano la commercializzazione. Grazie agli elevati profitti le imprese in condizioni migliori avevano
potuto realizzare tassi di crescita elevati, inoltre gli elevati costi per la valorizzazione dei giacimenti e i tempi
lunghi per il ritorno dei capitali investiti richiedevano un’anticipazione finanziaria possibile solo per le grandi
imprese. Negli anni 60 e 70 molte imprese di stato sia dei paesi produttori che consumatori entrano in
contatto per negoziare accordi di protezione e fornitura. Fra i paesi cominciò ad affermarsi il principio di
sovranità degli stati e la priorità del capitale nazionale sulle proprie riserve. Si passa all’industria petrolifera,
prima dominata dalle grandi imprese private a un settore misto dove il capitale pubblico controlla una
quota consistente dell’industria estrattiva di prima trasformazione. Ci fu una nazionalizzazione delle
partecipazioni statali e delle concessioni, la modificazione delle condizioni fiscali e legislative secondo le
quali i paesi di provenienza estera potevano sfruttare le risorse nazionali. L’OPEC dal 1973 riuscì ad imporre
una politica dei prezzi alti grazie al contenimento dell’offerta, i paesi importatori dovettero ridurre i
consumi, sfruttare le fonti di approvvigionamento ad alto costo. Date queste condizioni le imprese
minerarie ed energetiche hanno continuato a praticare un ruolo decisivo nella prestazione di servizi,
consulenza tecnica… si assiste a una crescente diversificazione produttiva e geografica.

L’africa detiene il 9% della produzione del petrolio, quindi è uno spazio geografico di grande interesse per la
continua scoperta di giacimenti. Il petrolio africano è di interesse per la cina, che non solo lo importa ma
vede anche la presenza di molte imprese cinesi in suolo africano. In passato la cina ha sostenuto in africa le
lotte di liberazione con leader locali. La cina inoltre fornisce aiuti economici a governi africani a tassi
vantaggiosi. I paesi africani sono dipendenti dalle esportazioni e risentono delle fluttuazioni del prezzo del
petrolio determinando talvolta tagli ai settori sociali. L’obiettivo strategico del governo cinese è quello di
incrementare gli scambi commerciali ed economici all’interno del continente euroasiatico ma anche
nell’africa (BRIE).

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