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L'ILLUMINISMO

Utilizziamo la parola Illuminismo con riferimento a quel periodo storico che ebbe patria in Francia, dove ebbe massima diffusione, ma che si verificò
anche altrove. È la cultura che caratterizzò il ‘700, anche se già a fine del XVIII secolo vi erano tracce di Romanticismo. L’Illuminismo è caratterizzato da
una forte innovazione culturale e pedagogica, che era già cominciata nel ‘600 con Copernico, Galileo e Newton, i cui frutti si raccolsero nel ‘700,
quando la pedagogia venne fatta propria e divulgata: nacque un tipo di letteratura divulgativa, grazie anche alle Gazzette che veicolavano ad un
pubblico più vasto contenuti nell’ambito di una cultura nuova .Possiamo fissare l’inizio dell’Illuminismo già negli ultimi anni del ‘600, quando in Francia si
sviluppa la cosiddetta “querelle des ancientes et modernes” (“disputa degli antichi e dei moderni”), nata negli ambienti di corte in ambito letterario e
da cui emerge il concetto di “progresso”. L’ambito trattato è quello del rapporto con i classici: alcuni autori esaltava la modernità legata al periodo
dominato dalla grande figura di Luigi XIV, epoca caratterizzata dal progresso e dal nuovo modo di argomentare logico, analitico e cartesiano. Dalla
parte degli antichi si riteneva che un’opera letteraria che inseguisse il presente non avesse respiro, un’opera per essere grande doveva essere
all’altezza dei grandi classici, non seguire le mode. In realtà il sovrano ebbe un gusto classico ed ebbe in grazia personaggi come Boileau e Racin,
fautori degli antichi. Tra i moderni vi era l’immagine secondo cui gli antichi sono dei giganti, noi siamo dei nani, ma siamo nani sulle spalle dei giganti,
quindi riusciamo ad andare oltre (idea di Giovanni di Salisbury), quindi possiamo avvalerci di ciò che è stato fatto prima e perfezionarlo, possiamo
andare più avanti dal punto di vista letterario e della conoscenza. Ricordiamo Charles Perrault, favolista e Bernard Fontnelle, che scrisse la
“digressione sugli antichi e sui moderni”. Si afferma l’idea che la storia umana sia caratterizzata dalla tensione al futuro, al progresso e ciò porta a
migliorare.
PIER BAYLE
Un secondo fenomeno che viene fissato all’inizio dell’Illuminismo fu la pubblicazione dell’opera del francese Pier Bayle, nato nel sud della Francia, nei
Pirenei, poi si recò a Tolosa dove da ugonotto si convertì, al cristianesimo. Egli si trasferì a Ginevra, per poi ritornare in Francia e, infine, per una
maggiore libertà di espressione, andò in Olanda, dove inizialmente fece l’insegnante ma poi fu accusato di diffondere l’ateismo e si mantenne
vendendo il suo giornale, “Novelles de la Republic de lettres”, dove esponeva il suo pensiero, per cui riscosse molto successo, ma anche polemiche
sia da parte dei cattolici che dai calvinisti cui ufficialmente apparteneva. Lo ricordiamo per due opere: “ Pensieri diversi sulla cometa” del 1682 e il
“Dizionario storico-critico” del 1695. Nella prima prende di mira alcune credenze superstiziose, come quella secondo cui il passaggio di una cometa
sia portatore di disgrazie dimostrando che non è vero. Da lì prende di mira la superstizione che deve essere assolutamente abbandonata alla luce di
tutte le nuove scoperte. L’altra opera vuole essere un’indagine su alcune dottrine del passato per appurare la fondatezza del modo con cui esse ci
sono state tramandate. Quindi Bayle elabora il principio e l’esigenza di uno studio scientifico\ della storia, affermando il principio dell’acribia storica,
cioè l’esame ragionato delle fonti, sulla loro attendibilità. Lo storico è un po’ come un giudice che ascolta tutti i testimoni, prende atto di prove ed indizi,
valuta la loro consistenza, scarta le fonti inattendibili e valorizza quelle che risultano attendibili. Nasce il modo diverso di fare storia, un metodo più
scientifico; non a caso il più celebre degli Illuministi, Voltaire, considererà Bayle come il suo maestro. Le affermazioni di Bayle lo portarono ad un certo
isolamento. Si scagliò contro la revoca dell’Editto di Nantes, prendendosela però con gli Ugonotti: scrisse un panflè, “Avviso ai rifugiati”, in cui invita gli
Ugonotti a farsi un esame di coscienza dal momento che elogiavano Luigi XIV quando si scagliava contro la Chiesa e il gallicanesimo, invece ora che
se la prendeva con loro non gli andava più bene. Questo ci fa capire che il sui criterio è quello dell’obiettività. Bayle, pur considerandosi un credente,
affermava la possibilità dell’ateo virtuoso, cioè teorizza che la virtù possa essere perseguita anche da atei e sgancia quindi la vita dalla fede. La
morale è indipendente dalla fede, l’esperienza ci insegna uomini che credono in una religione spesso si sono macchiati di crimini, mentre è
possibilissimo che l’ateo si comporti in maniera virtuosa. Bayle in effetti sostiene che gran parte delle azioni sia dovuta all’impulso e non ad una
riflessione, quindi credere o no non c’entra nulla. Proprio perché la sua è una posizione molto isolata, l’ateo virtuoso è comune in ambiti letterari solitari,
bisogna avere coraggio nel scegliere una visione anticonformista rispetto alla gran parte della popolazione.
VOLTAIRE
L’esponente maggiore dell’Illuminismo fu Voltaire, figlio di un ricco notaio parigino, cominciò a frequentare ambienti letterari e filosofici e riuscì a farsi un
nome nei salotti. Un incidente lo costrinse a passare diversi anni in Inghilterra: venne aggredito dai servi di un nobile con cui aveva avuto un contrasto;
sfidò questo nobile, ma la famiglia di quello spinse per farlo imprigionare, quindi Voltaire scappò a Londra. Il soggiorno in Inghilterra lo portò a scrivere
le “lettere inglesi” o “filosofiche”, in cui mette in luce le differenze tra Francia e Inghilterra, a favore della seconda, dove si era realizzato un grande
progresso, con Newton si era del tutto affermato il metodo scientifico, mentre in Francia rimaneva il Cartesianesimo; mise in luce come in Inghilterra le
istituzioni funzionassero e le leggi venissero rispettate, come ci fosse una larga tolleranza religiosa al contrario della Francia; mostrò apprezzamento
per la teoria gnoseologica di Locke. Quest’opera, scritta in inglese e poi tradotta in francese, diede a Voltaire successo in entrambe le nazioni. Tornò in
Francia, dove continuò la sua attività di divulgazione scientifica e, aiutato dalla compagna Madame de Chatelet, scrisse un’esposizione della dottrina di
Newton. Sono gli anni in cui Maupertuis fece un esperimento crucis andando ai poli per accertare la teoria di gravitazione universale di Newton. Voltaire
preferì allontanarsi da corte perché si era fatto molti nemici,accettò l’invito di Federico II di Prussia e si recò nella sua corte vicino Berlino, ma i due,
avendo personalità molto forti, cominciarono a litigare, così Voltaire tornò in Francia senza risiedervi stabilmente per salvaguardare la sua libertà e si
stabilì appena oltre il confine, in Svizzera, nella città di Ferney, dove diventò il principale riferimento della cultura illuminista. Ritornò in patria per
rappresentare un’opera teatrale e poco dopo morì e le sue c’è eri furono traslate al Pantheon di Parigi. Voltaire si batte strenuamente a favore della
tolleranza religiosa e scrisse “Il trattato sulla tolleranza un occasione della morte di Jean Calas”, prendendo ispirazione da un fatto realmente
accaduto, avvenuto a Tolosa, regione pirenaica caratterizzata da una divisione tra ugonotti e cattolici intransigenti. Ad un certo punto il figlio maggiore
dell'Ugonotto e ricco mercante Jean Calas, Marc Antoine, fu trovato impiccato e da lì cominciò a diffondersi, soprattutto tra i cattolici, la voce secondo
cui egli fosse stato ucciso dalla famiglia per non farlo convertire al cattolicesimo. Senza alcuna prova Jean Calas fu giustiziato e il resto della famiglia
imprigionato in attesa del processo. Voltaire dimostrò l’infondatezza del processo e riuscì a farlo riaprire, salvando dalla condanna la madre e i fratelli
più piccoli di Marc Antoine. Da questo episodio scaturisce il discorso di Voltaire, che dice che la tolleranza è la risorsa della società, tutti possiamo
sbagliare e proprio per questo ognuno di noi deve essere tollerante per gli errori degli altri per vedere i nostri sbagli tollerati. Voltaire è il più importante
fautore di quello che è definito deismo, la dottrina della religione naturale contrapposta alla religione positiva. La religione positiva è una religione
istituita e gestita da una casta sacerdotale, i deisti criticano la religione positiva perché essa divide gli uomini in quanto è la base su cui una casta
sacerdotale esercita il proprio potere e salvaguarda i propri privilegi, pervertendo la religione naturale. Se proprio devono esserci religioni è meglio che
ce ne siano tante come in Inghilterra piuttosto che solamente due come in Francia. L’uomo naturalmente, scrutando la propria anima, mettendo in moto
la ragione, arriva a capire che esiste un Dio, causa del mondo, che garantisce il premio per i giusti e le pena per gli ingiusti e che per onorario bisogna
essere giusti nei confronti del prossimo, tutto il resto (liturgie…) appesantisce inutilmente il culto.
ATEISMO
Oltre al deismo emerge anche una minoranza di un dichiarato e aperto ateismo. Le due dottrine sono accumunate dalla critica nei confronti della
religione positiva, ma gli atei non ammettono nessun tipo di divinità. Fino ad allora il mondo dei dotti è degli eruditi rappresentava un cerchia molto
ristretta della società, invece a partire dal ‘700 questi diventarono molti di più, pur rimanendo una minoranza. Per questo si diffusero molti luoghi di
ritrovo come i salotti e soprattutto, in Francia, i caffè, luoghi pubblici di ricreazione e discussione (in particolare il Cafè Procope, diventato, fondato dal
siciliano Francesco Procopio dei Coltelli).La polizia, l’ancienregim, cercarono di bloccare la diffusione dei testi riguardanti deismo e ateismo, con scarsi
risultati. Tra i pensatori atei ricordiamo: - Il medico francese La Mettrie, di formazione cartesiana, ma nello stesso tempo ne modifica qualcosa,
elaborando l’idea dell’uomo-macchina (Cartesio ha teorizzato che gli animali e le piante si muovono come macchine, mentre nell’uomo c’è
compresenza di anima e corpo; per La Mettrie si può fare benissimo a meno della res cogitans: così come gli animali hanno movimenti meccanici,
possiamo immaginare lo stesso per l’uomo, perché anche se l’uomo si muove diversamente non possiamo escludere che i meccanismi che
compongono le membra umano siano più perfetti di quelli animali e questo spiegherebbe la superiorità dell’uomo sulla bestia). - altro importante
personaggio, il filosofo Helvetus, che pubblicò l’opera latina “Sullo Spirito”, partendo da Locke riducendo tutto al corpo e alla sensazione, persino il
giudizio conoscitivo viene ridotto da lui alla sensazione (si differenziano da Locke che riduce a sensazione e riflessione, mentre per lui la riflessione è un
prodotto della sensazione). La sensazione non è neutra, nel senso che è sempre portatrice di piacere o dispiacere. La morale deve consistere nel
“calcolo dei piaceri”: fermo restando che l’uomo è portato a seguire il piacere, bisogna favorire i piaceri duraturi a quelli effimeri, quindi chiama il piacere
duraturo l’utile (Rinuncio a mangiare troppo favorendo a lungo termine la salute). Dal punto di vista sociale il politico deve essere educatore, deve
educare gli individui in modo tale che coltivano l’utile individuale conciliandolo con l’affermazione dell’utile collettivo. - Il barone d’Holbach,scrisse il
“Sistema della Natura”, nel quale spiega che la Natura procede in modo spontaneo e l’uomo più conosce il funzionamento delle leggi della Natura,
meno sarà portato a ricorrere a Dio e a temere le punizioni divine. Si dice che l’ateismo porti all’immoralità ma d’Holbach afferma che la morale sussiste
in ogni caso, essa è l’esigenza di regolare razionalmente i rapporti umani e non dipende in alcun modo dall’esistenza o dall’inesistenza di Dio (richiamo
a Spinoza).
MONTESQUIEU
Un personaggio simile a Voltaire nell'attitudine, ma diverso sotto diversi aspetti,Montesquieu, diede un'identità teorica ben precisa alla suddivisione
dei poteri. La differenza con Voltaire dipende dal diverso sfondo culturale di provenienza: Voltaire era figlio di un notaio e riuscì addirittura ad
arricchire il già vasto patrimonio familiare, ma aveva una forte avversione nei confronti dei privilegi di aristocrazia e clero, nonostante guardasse con
occhio favorevole alla monarchia inglese; Montesquieu, invece, veniva dalla provincia, da una piccola città vicina a Bordeaux, espressione per
eccellenza della ricca Francia provinciale. Ad accumunare i due è l'ammirazione per il sistema inglese (Bordeaux era una città anglofona, mentre
Voltaire era stato esule in Inghilterra); Montesquieu era un nobile di toga ma in ogni caso era diffidente nei confronti del potere monarchico parigino. I
due non si apprezzarono molto e, anche se li accomunava l'anglofilia, il talento letterario e la capacità di alimentare il dibattito. Montesquieu, dopo aver
ricoperto la carica di presidente del Parlamento di Bordeaux, decise di vendere tale carica e si dedicò alla gestione delle sue proprietà, così passava
parte dell'anno a Bordeaux e l'altra a Parigi per partecipare ai dibattiti. Fu un grande viaggiatore in quel periodo si diffuse l'idea di viaggio come
esperienza formativa. Ebbe successo già a 29 anni con il romanzo "Le lettere persiane", scritto in forma epistolare, in cui immagina che due ricchi
persiani, Rica e Usbek, abbandonino la Persia per recarsi in Occidente per una ricognizione sui costumi occidentali. I persiani ci servono come
specchio, è un espediente per mettere la società francese di fronte a se stessa ed è un'occasione per criticare il ruolo del Papa, della corte e del
sovrano. Motivo di successo fu anche l'orientalismo che caratterizza la seconda parte dell'opera in cui si narra di una rivolta messa in atto dai servi e
dagli eunuchi (uomini svirilizzati) dell'harem (luogo dove stavano le donne) di uno dei persiani mentre questo era assente, rivolta che poi viene domata
(grazie alla traduzione di alcune novelle di "Mille e una notte", il pubblico aveva cominciato ad apprezzare molto l'immagine data dell'Oriente come
luogo magico).Ricordiamo Montesquieu principalmente per due opere: "La voce e il gusto" dell'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert e "lo Spirito delle
Leggi".
LO SPIRITO DELLE LEGGI
Montesquieu è fautore della ragione universale, ma anche se essa accomuna tutti gli uomini, luoghi e circostanze storiche e geografiche varie fanno sì
che gli uomini finiscano per diversificarsi. Lo spirito delle leggi va inteso in senso lato, anche come in senso di istituzioni e di costumi. Montesquieu
come tutti gli illuministi crede in un aragione umana universale che accomuna tutti gli uomini, e tuttavia le diverse cicorstanze storiche, ambientali,
geografiche queste fanno si che gli uomini finiscano per diversificarsi , all’interno di queste differenze possiamo cogliere delle grandi tipologie. Per
montesquieu ci sono 3 grandi istituzioni politiche che regolano la vita associata: il dispotismo, la monarchia e la repubblica. Dispotismo: i regimi
dispotici sono i regimi dove un despota (padrone assoluto dello stato) comanda a sua totale discrezione. storicamente sono i regimi presenti nel
continente asiatico, il despota è considerato divino semidivino e la sua parola è legge e non è frenato da nulla.Per montesquieu il dispotismo è
intrinsecamente corrotto dal punto di vista morale, il principio su cui si regge il dispotismo è la paura dei sudditi. Monarchia: monarchia e dispotismo
non sono la stessa cosa perché, il monarca occidentale sono gli eredi dei re barbarici che non erano dei padroni assoluti, erano dei primi interpares
(capi militari eletti nelle assemblee degli arimanni, uomini liberi che guidavano il popolo in guerra supportato da un comitatus di aristocratici). poi con la
cristianizzazione la chiesa e il suo potere limitava quello del monarca. Il principio su cui si regge la monarchia è quello dell’onore. L’onore è un concetto
che nasce sul terreno militare, la capacità di farsi valere, di mantenere l’ordine pubblico cosa che condivide con il ceto aristocratico.  Repubblica:può
essere aristocratica o oligarchica, nonostante montesquie apprezzasse delle repubbliche ancora esistenti aristocratiche (stato veneziano). Il principio
su cui si deve fondare la repubblica è la virtù: non va intesa come la virtù morale, la virtù di montesquieu e la dedizione all’interesse collettivo, bene
pubblico,la capacità ci anteporre l’interesse colletttivo a quello privato. Nella repubblica si comanda e si obbedisce in nome della legge. Il modello della
repubblica è davvero alto, di difficile realizzazione, per funzionare bene deve avere una buona dose di senso civico . Qual’è il regime migliore per
montesquieu?  Da un punto di vista realistico è la monarchia all’occidentale, quello che lui chiama il governo gotico( metafora per indicare un
monarca costituzionale, ha dei limiti)perché la monarchia all’occidentale è nata dalle assemble dei goti (barbari). il sovrano primo fra pari che per
governare si serve degli aristocratici come corpo medio che coadiuva il sovrano nelle funzioni di governo. miglior esempio di governo gotico presente al
suo tempo è quello inglese. Il governo migliore è quello dove nessuno ha da temere che qualcuno lo possa accusare ingiustamente, un governo che
salvaguarda la libertà regolata dalla legge. Come nel caso di locke siamo in un governo di tipo liberale e per far sì che questi si realizzi ci deve essere
la divisione dei poteri, non devono essere accentrati nelle stesse mani. Chi applica le leggi non deve fare le leggi, chi fa le leggi non deve applicarle e
soprattutto tutte e due non devono avere il potere giudiziario. quindi potere giudiziario, legislativo e esecutivo non devono stare nelle stesse mani. 
ENCICLOPEDIA
El’opera simbolo dell’Illuminismo legata a due personaggi che sono Da Lambert e Diderot(protagonista principale in assoluto). Oltre all’enciclopedia,
entrambi hanno una fama rilevante, Da lambert ha una fama puramente scientifica, Diderot ha una fama a 360 gradi, si occupa di scienza, di critica
letteraria e pittorica e anche scrive opere molto pregevoli dal punto di vista letterario. A metà del 700, momento in cui era già venuta fuori la necessità
di divulgazione e la pedagogia ed essendo cambiato il paradigma culturale,nasce l’idea di un opera che non trattasse di un argomento
specifico. Vennel’idea di tradurre un’opera di un inglese di nome Chambers che era un’enciclopedia delle arti e dei mestieri. Fu contatto per la
traduzione di quest’opera Diderot, il quale non era ancora all’apice della sua fortuna, ma aveva già tradotto altre opere dall’inglese. Nello stesso tempo
però si cominciarono a vedere i limiti e l’inadeguatezza di questa opera di Chambers, che appariva datata e modesta così anziché tradurla decisero di
farne una nuova. Fu proprio proposto a Diderot di occuparsene, il quale decise di accettare condizione che per la parte fisico-matematica lui avesse la
collaborazione di Da Lambert. Da Lambert era un figlio del peccato, cioè era il figlio di una dama con un ufficale fuori dal matrimonio, la madre non lo
riconosce e provvede ad affidarlo a una famiglia che lo crebbe. Dopo la morte del padre naturale, la famiglia del padre provvide a finanziare gli studi del
ragazzo, entrò nel collegio Mazzarino,gestito dai Gesuiti e ebbe una buona formazione. All’età di 20anni si era contraddistinto per studi importanti in
ambito fisico e si era già fatto un nome, gia da giovane era considerato uno dei più grandi scienziati che avesse la Francia.  Da Lambert accetta la
condizione di Diderot e cosi inizia la stesura dell’opera. Diderot scrive il “Prospectus” cioè un piano generale dell’opera (quanti dovevano essere i
volumi, la data di uscita, gli argomenti ecc). Il Prospectus fu distribuito al pubblico al fine di involgiare i lettori interessati a sottoscrivere
un’abbonamento. L’enciclopedia fu molto innovativa sotto questo punto di vista, fu probabilmente la più importante opera editoriale che fosse mai stata
fatta. Grazie a questo Prospectus, l’interesse del pubblico aumentò e gli abbonamenti si moltiplicarono. L’opera andò incontro a due interruzioni,la
prima nel 52 quando un giovane teologo della Sorbona di idee progressiste per conto degli enciclopedisti scrisse alcuni articoli di natura teologica che
furono giudicati pericolosi e non perfettamente ortodossi dai gesuiti. Quest’ultimi chiesero che le pubblicazioni dell’enciclopedia fossero bloccate.
Tuttavia sia i redattori che lo stampatore cercarono di premere sul potere politico perchè questa decisione fosse revocata. Si arrivò alla revoca grazie
all’intervento di Malesherbes colui che aveva il controllo di tutti i libri che venivano stampati nel regno, il quale era di idee illuministe e che quindi cercò
di far rievocare questo blocco di pubblicazione dell’opere. A favore degli enciclopedisti intervenne anche Madame De Pompadour, l’amante di Luigi
XV. L’opera continuò per alcuni anni, con grande successo, però nel 59 c’è un’altra interruzione: il Parlamento di Parigi dominato dai giansenisti,
chiese il rogo pubblico dell’opera di Helvetius e anche dell’enciclopedia. Da Lambert decide di ritirarsi, e Diderot decide di continuare e andare avanti
anche perchè dagli ambienti governativi gli fecero capire che se lui avesse agito con discrezione, avrebbe potuto continuare a pubblicare i volumi. Fu
allora che si affermò l’editoria in senso moderno,dove l’editore dove l’editore non si limita solo a pagare la stampa dell’opera,ma cura anche gli aspetti di
diffusione, di pubblicità dell’opera e anche i diritti di autore.  Diderot e Rhiciardon furono i primi autori a vivere di questo.
CONTENUTO DELL’OPERA 
Gli autori di quest’opera sono Da Lambert, Diderot e non solo.L’opera prima era intitolata “Dizionario ragionato delle arti e dei mestieri” perchè aveva
un’impostazione di trattazione degli argomenti in ordine alfabetico. L’opera aveva questo carattere innovativo, cioè dopo la pubblicazione dei testi veri e
propri dove erano trattate tutte le voci, venivano pubblicate delle tavole illustrative che illustravano le principali arti e i principali mestieri, attraverso delle
interviste agli artigiani per sottolineare le tecniche e i mezzi da loro utilizzati. Da Lambert scrisse il Discorso Preliminare dove illustra l’impostazione e i
criteri dell’opera cominciando a trattare la genesi del sapere. Come l’uomo cominicia a costruirsi il sapere? Da dove originano le conoscenze?
L’impostazione di Da Lambert è rigorosamente empirista, il sapere comincia dai sensi, ma non si parla di sensibilità in senso neutro, ma si mette il
luce come il sapere sia legato ai bisogni umani, pratici di autoconservazione dell’uomo.Partendo dai sensi, gli uomini vanno via via costruendosi un
sapere, Da Lambert mostra come dall’astrarre vengano prodotte importanti discipline come la fisica che ha a che fare con l’estensione dei corpi,mentre
prescindendo dall’impenetrabilità dei corpi e guardando solo alla loro superficie, ricaviamo il concetto di spazio e le figure che compongono lo spazio,
quindi la geometria. Dai rapporti tra i vari punti dello spazio abbiamo l’aritmetica. Fisica e meccanica e geometria e aritmetica sono ciò che noi
ricaviamo dall’astrarre e dal nostro rapporto diretto e sensibile con il mondo. Ma siccome non possiamo andare all’ infinito nell’individuazione
delle cause del movimento, dobbiamo fermarci ad una causa prima,generatrice del movimento, che è ovviamente Dio, oggetto della teologia. Se ci
concentriamo sui principi fondamentali delle scienze e su ciò che le accomuna dal punto di vista del loro sviluppo e del loro andamento discorsivo,
troviamo un’altra disciplina, cioè la logica, che ci fa scoprire la dimensione della lingua. La lingua, ci porta a concentrarci sugli aspetti regolari della
lingua, che sono studiati dalla grammatica, con la lingua noi comunchiamo attraverso i discrosi. Non ci sarebbe un sapere operante se questo non fosse
comunicato. La lingua serve anche per comunicare passioni e emozioni. Una comunicazione efficace è quello di cui si occupa l’eloquenza o retorica
anche a scopo persuasivo. Da Lambert dice: “ Non ci basta vivere con i nostri contemporanei e donimarli, animati dalla curiosità e dall’amor proprio,
cercando per naturale avidità di abbracciare simultanemante il passato, il presente e l’avvenire, noi desideriamo nello stesso tempo, vivere con coloro
che ci seguiranno e aver vissuto con coloro che ci hanno preceduti. Ecco da dove nasce lo studio della storia che da un lato ci unisce ai secoli passati
facendocene vedere i vizi, le virtù, le conoscenze, gli errori e chedall’altro trasmette quanto noi compiamo ai secoli futuri. La cronologia e la geografia
sono i due germogli e i due sostegni della scienza storica.”
FACOLTÀ UMANE E CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE 
Un assetto importante dell’opera è rappresentato dal criterio con cui devono essere classificate le scienze, che Dallambert e Diderot desumono da  
Bacone, che aveva suddiviso le scienze in storiche, incentrate sulla memoria , scienza naturale,  basata sulla ragione e le discipline artistiche,
incentrate sull’immaginazione e la fantasia . La suddivisione di Bacone è nuova, rispetto a quelle di matrice antica (Platone,Aristotele). Non si guarda
più a una presunta struttura oggettiva della realtà(astronomia,fisica,metafisica) ma si guarda alle facoltà umane; per Bacone l’uomo è
essenzialmente memoria, che ci da le scienze storiche, immaginazione, che ci da le scienze artistiche, e la ragione, che ci da la scienza vera e
propria, quella della natura.  Gli illuministi accettano questo criterio baconiano, ma con una innovazione, mentre nel piano baconiano prima viene
la memoria, poi l’immaginazione poi viene la ragione, per gli illuministi ragione e immaginazione si devono scambiare di posto. Perché prima
acquisiamo/memorizziamo i contenuti, poi cominciamo a riflettere sui nessi e le relazioni tra le cose razionalmente e infine immaginiamo cose nuove.
L’immaginazione da nervo alla logica della scoperta scientifica ma anche artistica. L’immaginazione ci da la spinta per andare oltre dopo aver riflettuto e
immagazzinato razionalmente. Ma perché Dallambert dice che, Bacone e altri hanno invertito questo rapporto tra memoria e immaginazione? Secondo
lui è dovuto a ragioni storiche, essendo subentrato il medioevo in cui anche parte del sapere antico era stata persa, si è cominciato a studiare
attentamente gli antichi e i loro testi in modo più scientifico e filologico . E’ sorto questo bisogno di ripristinare il passato nella sua autenticità rispetto al
passato del medioevo che era corrotto, alterato e parziale. Quindi dopo la fase umanistica della memoria,molti sono stati invogliati a fare arte,
prendendo a modello i grandi classici e i grandi autori del passato motivo per cui viene anteposta l’immaginazione alla ragione. Adesso però non c’è più
questa necessità storica e possiamo quindi attenerci ad uno schema più rispettoso del naturale sviluppo delle facoltà umane, più attendibile. Alle
scienze storiche corrispondono gli eruditi, alle discipline razionali i pensatori o filosofi e infine per l’immaginazione   gli artisti. Dallambert fa questa
osservazione e dice  dice: gli eruditi a volte appaiono antipatici e stucchevoli  perché tendono a sopravvalutare se stessi, mentre gli altri i filosofi e gli
artisti  hanno pure ragione a ritenersi superiori, perché la loro attività intellettuale  è più creativa però se da un lato filosofi e artisti hanno ragione a
ritenersi superiori dei semplici eruditi , d’altra parte non dobbiamo dimenticare quello che dobbiamo agli eruditi, poiché abbiamo preso tutti quei
contenuti che poi abbiamo  rielaborato alla luce della ragione e dell’immaginazione; del resto gli antichi sostenevano che le muse fossero figlie della
memoria (nemosine) ; in ultimo abbiamo voluto valorizzare le tecniche, il lavoro artigianale ovvero le arti meccaniche considerate inferiori alle arti
liberali. Ma Dallambert dice che dobbiamo liberarci da questo pregiudizio perché le arti meccaniche sono talmente utili tanto che abbiamo sentito il
bisogno di dover di codificare le tecniche, utilizzate per i lavori artigianali e le fasi; cosi come  noi facciamo bene a celebrare i grandi uomini dal punto di
vista intellettuale dell’umanità, riflettiamo su quanto siamo debitori anche a coloro che hanno fatto questo lavoro di codificazione e perfezionamento
delle tecniche artigianali che hanno dato la base alla nostra vita e all’umanità.  Non a caso gli ultimi volumi sono delle stampe che si dedicano
interamente all’illustrazione  del lavoro artigianale, infine Dallambert celebra gli eroi culturali e intellettuali di questa fase dell’umanità che ha consentito
poi di spiegarsi e l’accendersi dei lumi, quindi si compiace di tessere l’elogio a importanti personaggi come   Bacone, Locke, Newton, Cartesio, Galilei,
Pascal, di cui mette in luce i loro meriti ma anche i loro limiti, ma comunque celebrandoli con un’espressione di gratitudine.
SAGGIO SUI COSTUMI 
Con illuminismo  si afferma il modo attendibile e moderno di scrivere la storia, prima spesso veniva confusa con il mito, adesso nasce questa esigenza.
Con Beyle e Volterre. Volterre scrisse delle opere storiche,che ce lo presentano come uno storiografo moderno. Tra le sue opere abbiamo Il secolo di
Luigi XIV ma soprattutto un’opera monumentale dedicata alla sua compagna che morì di parto, Saggio sui costumi. In quest’opera mostra un tratto di
modernità dovuta a due aspetti: il fatto che tende a fare storia a 360, anche concentrandosi sui fatti culturali; l’altro aspetto e dato dall’essere una storia
universale che non ci concentra esclusivamente sul mondo occidentale, sull’Europa e in un’ottica crtistianocentrica, ma anche di civiltà extra europee. In
questo senso Volterre polemizza con un personaggio che aveva già scritto una storia universale in Francia, un vescovo poi predicatore di corte presso
Luigi XIV, il vescovo Bossuet, la cui storia aveva un ottica ristretta centrato sulla rivelazione del messaggio divino al popolo ebraico   e si concludeva con
Carlo Magno. Infatti Volterre retrodata di molto la comparsa dell’uomo sulla terra appoggiandosi anche agli studi recenti di antropologia, geologia,
mentre gli altri storici che si rifacevano alla Bibbia facevano comparire l’uomo sulla terra sei mila anni prima di Cristo, non privilegia soltanto l’Occidente
europeo, ma guarda anche ad esempio l’antica India e l’antica Cina. Quindi vi è un ampliamento sia dal punto di vista temporale che spaziale. Guarda
anche con attenzione alcune civiltà autoctone come quella degli indiani di America che guarda senza disprezzo. Per Volterre c’è una tendenza al
progresso e auspica che chiusa la fase delle guerre di religione il continente europeo possa continuare nel sentiero della pace e della tolleranza; spera
nel consolidamento del progresso ma non ne ha la sicurezza. Il progresso è per lui una possibilità, e guardando l’Europa, sostiene che ci sono state
quattro epoche del progresso, età auree: l’età di Pericle ad Atene, l’età di Cesare e Augusto a Roma, l’umanesimo e il rinascimento italiano e infine
l’epoca di Luigi XIV in Francia ma anche in tutta Europa con la nuova scienza, la fioritura del gusto e della arti. Volterre guarda con sfavore al medioevo
dov’è prevalso un dispotismo dei preti e il fanatismo religioso è un epoca negativa. Non capì la grandezza di Dante, diede un giudizio molto severo su
ciò che stato prodotto nel medioevo, giudizio poco fondato. Si deve a questo la leggenda che si diffuse in Italia nel 900 di un illuminismo antistorico. È
vero tutto il contrario. Questo pregiudizio deriva dal fatto che il romanticismo tedesco tenderà invece ad una grande valorizzazione del medioevo,
siccome Volterre ed altri storici tendono a non valorizzarlo, si è sviluppata l’idea di un illuminismo antistorico.
CONTORCE E TURGOT
Condorcet e Turgot, due personaggi che avranno un importante ruolo politico. Condorcet sarà una vittima della rivoluzione, di una delle tante lotte delle
fazioni per la lotta al potere. Il secondo sarà nominato da Luigi XVI controllore generale della finanze. Turgot cercò di varare un ventaglio di riforme che
avrebbero portato la Francia all’avanguardia del dispotismo illuminato. Poi Luigi XVI gli volterà le spalle perché volle assecondare gli ambienti di corte
che avevano manifestato ostilità verso queste riforme varate da Turgot. Quindi i personaggi che vediamo non hanno neanche un ruolo politico,
possiamo dire in senso lato che anche Voltaire lo ebbe (riuscì a far riaprire il processo religioso) mentre Condorcet e Turgot ebbero un ruolo politico
anche in senso tecnico. Ad esempio Condorcet varò una costituzione che però non fu approvata. 
La posizione di Turgot: scrisse i due discorsi sulla storia universale. Interpreta la storia universale alla luce del progresso spiegandosi certi aspetti
della storia. Vale la pena ricordare due aspetti: il primo è "che cos’è che frena il progresso?" Per Turgot non è il fanatismo religioso come sosteneva
Voltaire, ma il dispotismo. Dice che se l’impero turco è molto più arretrato ora dei principali paesi europei, questo si deve meno alla religione,quanto
piuttosto al dispotismo, che paralizza le menti. Nei paesi dispotici normalmente la donna è sottomessa poiché sono quei paesi dove vige la poligamia,
dove c'è il maschio padrone e le donne a sua disposizione. Ora Privarsi dell’apporto della donna dal punto di vista culturale frena il progresso perché
rinunciamo all’apporto di metà della popolazione. Lui non ha quella visione negativa del medioevo, mette in luce come il cristianesimo sia degenerato
nel fanatismi, ma abbia svolto un lavoro di ingentilimento nei costumi dei barbari, quindi gli attribuisce anche un ruolo positivo.  Ma soprattutto secondo
lui il progresso è continuo, non è una possibilità realistica fondata come in Voltaire, c’è una tendenza irreversibile verso il progresso. Nel senso che le
epoche dal punto di vista della qualità della convivenza umana e dal punto di vista del gusto, della qualità dei prodotti artistici, possono presentare livelli
molto differenti, cioè che ad a una fase di altissimo livello letterario può subentrare una fase di decadenza o può regredire, allo stesso modo dal punto di
vista della convivenza umana ci possono essere epoche dove questa avviene in modo più armonioso e epoche invece di regresso, però un c’è una
cosa che avanza sempre. Dice che le arti meccaniche, quindi le tecniche che gli uomini si sforzano di perfezionare per aumentare la comodità della vita,
una volta che sono commercializzate, sono destinate a mantenersi e a perfezionarsi sempre di più. Quindi dal punto di vista della convivenza umana e
della condizione politica e dello splendore artistico e letterario, si possono fare, dopo epoche importanti, anche dei passi indietro. Quello che però non
regredisce è lo sviluppo della tecnica. Una volta che le tecniche vengono inventate ed entrano in commercio non ci sarà regresso, perchè si avrà
sempre la spinta a perfezionarle. Quindi lo sviluppo della tecnica, che entra nel mercato, e una volta entrata tutti hanno interesse di comprarla e d'altra
parte gli inventori hanno tutto l'interesse di perfezionarla per arricchirsi loro stessi, garantisce comunque la continuità del progresso.
Condorcet: fu un rivoluzionario. Però ad un certo punto rimarrà vittima dei contrasti che ci saranno all’interno della fazione repubblicana vincente. Fu
anche segretario di Voltaire. Fu un uomo molto brillante intellettualmente, un matematico di vaglia, il primo a teorizzare la statistica. Si occupò di
educazione e quando era in prigione aspettando la ghigliottina, scrisse il quadro dei progressi dello spirito umano in cui ha una visione sua della storia
alla luce del progresso. La sua idea: per lui il progresso è qualcosa di necessario, qualcosa che è scritto nella storia stessa. Non è una possibilità come
sosteneva Voltaire, ma una necessità. L’umanità è naturalmente votata al progresso, è una legge della storia. Lui suddivide la storia dell’umanità in
dieci epoche, dove ci sono dei momenti fondamentali. Gli uomini cominciano da una situazione di barbari, per cui vivono in organizzazioni tribali, poi
c’è la pastorizia, poi l’agricoltura ed infine la scrittura. In questa fase storica dominano i sacerdoti (dei quali ha una visione ambivalente, cioè che sono
stati la prima classe intellettuale dell’umanità e a loro si devono i primi progressi culturali, però successivamente la classe sacerdotale gelosa dei suoi
privilegi sociali, tende a bloccare lo sviluppo della scienza, quindi da fattore di progresso poi diventa un fattore di freno. Tuttavia questo non impedisce
lo sviluppo di un logos autonomo che si manifesta dall’epoca greca a quella romana. Poi abbiamo la decadenza, le invasioni barbariche, la corruzione
della civiltà classica che era arrivata ad un certo splendore, questi sono i secoli bui del medioevo dove prevale il fanatismo religioso. Condorcet ha una
visione negativa del Medioevo, differenziandosi da Turgot e si approssima a Volatire. La svolta si ha in età moderna con l’umanesimo e il
rinascimento italiani, e un altro importantissimo fatto è l’invenzione della stampa che ha diffuso e moltiplicato il sapere. Ma non basta, poiché infine c’è
la nona epoca, l’epoca presente, dove i popoli anglosassoni, prima gli inglesi e poi gli americani e più recentemente il popolo francese, hanno superato
il dispotismo, hanno creato sistemi che favoriscono la partecipazione politica della popolazione e tutto questo è protonico alla decina epoca, che ancora
deve venire. Lui profetizza che sarà caratterizzata dalla diminuzione delle differenza sociali, economiche e culturali all’interno della popolazione di uno
stato e delle differenze sociali, economiche e culturali fra gli stati, cioè verrà generalizzato un certo di livello di benessere, di ricchezza e di cultura sia in
uno stato, che in più stati. Così ci sarà un livellamento all’interno di una stessa nazione. E profetizza anche che ci sarà un forte allungamento della vita
umana. Su questo punto insiste anche Diderot, dice che la felicità umana non è semplice da definire perché spesso si migliora da un lato e si peggiora
dall'altro. Dice la somma dei beni e dei mali varia tra gli individui, ma la felicità e la sventura ha un limite che non può oltrepassare, e forse i nostri sforzi
producono tanti inconvenienti quanti vantaggi. Tuttavia non dubita che la vita media di un civile sia più lunga della vita media di un selvaggio, pur
essendo difficile stabilire il rapporto tra felicità e progresso, in ogni caso un segno di felicità e progresso è la durata della vita media. Un posto in cui la
vita media dura poco non può essere un posto civile, un posto in cui la vita media dura tanto pur con inconvenienti sarà sicuramente più felice
LA SITUAZIONE NELLE COLONIE AMERICANE
La cultura illuministica si riversa,sulle grandi rivoluzione che avvengono a fine 1600: rivoluzione americana e inglese,entrambe sono chiamate
rivoluzioni atlantiche. Le colonie americane, che erano tredici, avevano dato nella guerra dei sette anni un apporto non trascurabile alla vittoria della
Gran Bretagna sulla Francia, era una guerra contro il papismo. Le colonie americane erano interessate a un’espansione territoriale, che sarebbe stata
fatta a danno degli indiani, indigeni che si erano schierati con i francesi. La madre patria inglese tendeva a mantenere le colonie tra di loro separate, e
in ognuna di esse c’era un governatore con un’assemblea scelta in loco. Le colonie si affacciano sull’Atlantico, ed erano eterogenee, possiamo
suddividerle in nord centro e sud.  Quelle del nord,le più antiche e prevalevo l’elemento puritano, tra cui il Connetticat, Massaschuttes,il New England
con 7 puritane, prevalentemente inglesi protestanti; sotto abbiamo le colonie del centro con New York fondata dagli olandesi, New Jersey, la
Pennsylvania, con i quaccheri, setta dissidente che accentuava il lato mistico della religione; fondata da William Pen con capitale Philadelphia. Le
differenze tra il nord e il centro non è tanta, prevale in entrambe la dissidenza religiosa; dal punto di vista etnico invece nel New England prevale il
ceppo inglese,nel centro oltre all’elemento britannico c’è un elemento proveniente anche dalla Svizzera, Germania, Francia e Scandinavia. Dal punto di
vista economico c’era un’accentuazione bancaria. Il nord è più industriale vero e proprio con pesca e siderurgia; al centro attività imprenditoriali anche
di tipo commerciale bancario, in entrambi dal punto di vista agricolo c’era l’agricoltore. Il sud dal punto di vista religioso si seguiva l’episcopalismo,il
peso della dissidenza religiosa era minore, dal punto di vista etnico prevalevano coloro che provenivano dalle isole inglesi, più legati all’anglicanesimo,
prevaleva la grande proprietà con la mano d’opera schiavizzata, grandi piantagioni di tabacco cotone e indaco, una società meno dinamica, più
patriarcali e tradizionali.
RIVOLUZIONE AMERICANA
Tutte queste colonie avevano maturato un certo orgoglio, per cui dovendosi l’Inghilterra riprendere economicamente dalla guerra, pensarono di farle
pagare alle colonie, imposero loro dei monopoli commerciali, e ciò non piacque. Furono varate alcune imposte giudicate particolarmente odiose, nel
1766 fu varata dal Parlamento Inglese la “Stamp Act”. Ci fu una protesta fortissima, così il Parlamento la cancellò, ma emanò il “Declaratory Act”,
ovvero il diritto per il Parlamento Inglese di tassare le colonie. Nel frattempo si erano formate delle associazioni patriottiche, i figli della libertà, che
premevano per la parificazione delle colonie alla madre patria, chiedevano di essere inglesi a tutti gli effetti, volevano mandare i loro rappresentati al
Parlamento di Londra. Gli inglesi si dimostrano sordi anche perché le redini del parlamento erano tenute da Giorgio III. La figura del primo minsistro è
nata per circostanze particolari dell’Inghilterra, poiché i re non erano in grado di tenere il potere esecutivo. Pur non abolendo questa figura, Giorgio III
voleva essere il dominus della politica inglese, contrario al riconoscimento degli americani al pari degli inglesi. Venne emanato il “The Act”, si imponeva
agli americani di rifornirsi di te solo inglese. Nel 1773 avvenne un primo fatto clamoroso, il cosiddetto detto The Boston Party: un gruppo di figli della
libertà nel porto di Boston attacca alcune navi inglesi cariche di te e ne buttano a mare il carico. L’anno successivo, nel 1774, ci fu il primo congresso
continentale a Philadelphia dove le varie colonie si riunivano per discutere sul da farsi. Gli americani premevano per avere una rappresentanza,ma non
la ebbero e cominciarono ad esserci degli scontri armati veri e propri: prima a Lexington e poi Bunker Hill. Lo scontro di Lexington fu poco
significativo, mentre il secondo fu più importate: qui gli inglesi costrinsero gli americani a ritirarsi e durante il ritorno, al forte di Boston delle truppe
inglesi, gli americani fecero un’azione di cecchinaggio (800 feriti e 200 morti) e il restante esercito inglese fu costretto a rinchiudersi nel forte. Nel 1776,
di fronte al fatto che le due parti non si accordano, cominciano operazioni belliche. Nel 4 luglio del 1776 si ebbe la dichiarazione di indipendenza: gli
americani si rivolgono al mondo dicendo che avendo deciso di staccarsi dalla madrepatria inglese vogliono chiarire questo fatto. Sostennero, infatti, che
continuare a far parte della colonia inglese avrebbe violato alcuni diritti fondamentali come la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Si arriva allo
scontro: adesso gli inglesi si impegnano secondo l’impegno militare, mentre gli americani creano delle milizie di volontari e al comando mettono un
ricco piantatore della Virginia che combatté nella guerra dei sette anni, George Washington. Però c’era una sproporzione di forze in campo perché gli
americani non avevano soldati di professione; perciò, Washington non poteva combattere a campo aperto. Poi dall’Europa vennero uomini d’armi
disposti non solo a combattere al loro fianco ma anche ad insegnare agli americani a combattere: il più famoso fu un nobile francese marchese De La
Fayette. Nonostante questo, le cose non andarono particolarmente bene per gli americani e fra la fine del 1776 e l’inizio del 1777 gli inglesi
occuparono Philadelphia, New York e Brooklyn e cercano di occupare anche il sud come la Carolina del Nord ma non ci riuscirono. Finalmente gli
americani riuscirono ad ottenere una prima grande vittoria a Saratoga. Ma quello che fece fare il salto di qualità è il fatto che stabilirono dei contatti
diplomatici soprattutto con la Francia: dove abbiamo la missione diplomatica di Benjamin Franklin, mandato in Europa dove riuscì a convincere Luigi
XVI a dichiarare guerra agli inglesi affianco agli americani. In precedenza, dei volontari francesi avevano aiutato gli americani e finanziato l’invio di armi.
Successivamente la Francia scende in campo a favore degli americani seguita dalla Spagna mentre la zarina Caterina II si fa promotrice della “Lega
dei Neutrali”, associazione di stati che si proclamavano neutrali. Negli ultimi anni della guerra 80-81 sembrava che gli inglesi potessero ottenere
successo perché avevano occupato la Georgia, la Carolina del Sud pensando che da lì potessero puntare più in alto, se non che si faceva sentire molto
l’appoggio dei francesi, gli inglesi vanno incontro ad una sconfitta definitiva a York Town: le truppe del generale inglese duca di Cornwallis furono
attaccate dall’ entroterra e di contro, dalla parte del mare, era arrivata la flotta francese. Questa fu l’ultima grande battaglia per cui gli inglesi dovettero
ammettere la sconfitta. Quella minoranza che era contro la guerra in parlamento, visto il pessimo andamento della guerra, diventò una maggioranza e
allora il parlamento per la prima volta votò la sfiducia al premier in carica.Nel 1783 abbiamo la pace di Parigi, venti anni dopo la pace che aveva
concluso la guerra dei sette anni: questa volta la Francia aveva vinto, in realtà i risultati per l’Inghilterra non furono disastrosi perché i francesi riuscirono
a riprendersi il Senegal e alcune isole importanti dal punto di vista economico, come la Guadalupa, ma non riuscirono a riprendersi il Québec che
rimase agli inglesi. Per altro molti americani lealisti, che non avevano appoggiato l’insurrezione contro gli inglesi, si trasferirono in Canada e rimanere
sotto la corona britannica. L’Inghilterra esce sconfitta ma non umiliata, la Francia pagherà a caro prezzo questa vittoria perché lo stato francese risulterà
molto indebitato (sarà il casus belli della Rivoluzione francese).
NUOVO ASSETTO POLITICO
Le colonie americane cominciano a discutere sull’assetto istituzionale che dovevano prendere: durante la guerra erano stati varati i cosiddetti articoli di
confederazione. La confederazione è un accordo tra stati diversi che decidono di mettere in comune qualcosa mantenendo la loro specificità.
Cominciò un dibattito: se mantenere la confederazione, che risultava la scelta meno votata, e coloro che volevano un’unione più stretta, un’unione
federale. Ma qual è la differenza tra confederazione e federazione? La federazione è più stretta rispetto alla confederazione; mentre nella
confederazione si mettono in comune alcune cose e poi ognuno se le regola come vuole, nella federazione si creano due livelli di governo, un livello
centrale, detto federale, ed un livello locale di amministrazione con materie concorrenti, definito statale. L’unione federale ha un governo centrale
che si occupa di moneta, difesa e di altre cose, però gli altri aspetti, che tratta anche il governo federale, vengono trattati a livello locale. Ci sono quindi
questi due livelli con materie concorrenti, nel senso che concorrono entrambe. Si decide di passare alla federazione, chi furono i fautori? Scrissero un
opuscolo chiamato “the federalist”, il più importante è Alexander Hamilton che fu un collaboratore di Washington era un banchiere e finanziere e
sosteneva il federalismo perché voleva arrivare ad un un’unica moneta che avrebbe creato un ampio mercato favorendo l’attività manufatturiera alla
attività commerciale. Chi era contrario? I sudisti non erano convinti, si voleva mantenere più libertà di movimento ai vari stati. Alla fine,il federalismo
passò perché i federalisti del nord e del centro trovarono l’appoggio dei piantatori della Virginia. Si crearono due partiti:
- il partito federalista con a capo di Hamilton il quale poco dopo morì in un duello;
- il partito repubblicano con a capo Thomas Jefferson, il quale cercò di dare una versione federalista meno forte.
Queste istituzioni federali prevedevano un congresso che si divide in camera dei rappresentati e senato: nel senato sedevano due senatori per stato
indipendentemente dalla consistenza demografica. La camera dei rappresentanti titolare del potere legislativo, manda rappresentanti
proporzionalmente alla consistenza demografica dello Stato. Il potere esecutivo è nelle mani del presidente, eletto direttamente dal popolo (Dapprima
queste elezioni erano a suffragio stretto poi universale). Il presidente nomina i membri della corte suprema, ovvero l’equivalente della nostra corte
costituzionale, interviene sulla costituzionalità delle leggi,regola i conflitti che possono insorgere tra potere federale e locale,può cassare una legge,ha
veto sospensivo sulle leggi di congresso. Il potere giudiziario prevede un procuratore generale eletto dal popolo o dal ministro della giustizia.
RIVOLUZIONE FRANCESE
Nella rivoluzione francese, in stato ebrionale, c’è di tutto: democrazia,fascismo,socialismo. In Francia era maturato un dibattito culturale e intellettuale
molto intenso, ma in questo ferrone culturale non era corrisposta un incisività riformatrice come era accaduto negli altri stati. Gli ultimi anni del regno di
Luigi XV furono attraversati da una certa tensione tra il mondo parlamentare e il sovrano, durante il regno il sovrano aveva ridotto il potere dei
parlamenti dal punto di vista del controllo politico limitandosi a fare solo i giudici. Dopo la fronda dei parlamentari la tensione si era
stemperata,adesso si era riaccesa, a partire dal parlamento di Bretagna: il presidente del parlamento di Bretagna fu imprigionato accusato di ribellione.
Il parlamento di Bretagna ebbe l’appoggio di quello di Parigi e di altri parlamenti, ma Luigi XV in un discorso che fece ai parlamentari che convocò a
Versailles ribadì il potere del sovrano e accusò con parole molto dure i parlamentari di voler usurpare i poteri che spettavano al sovrano. Un suo
ministro, il cancelliere Meaupou, eliminò la penalità della cariche: i parlamentari erano stipendiati dallo stato e non potevano ricevere i soldi dai privati, i
magistrati erano nominati solo dal re. Il diritto di rimostranza fu molto limitata nel parlamento di Parigi. L’età di Luigi XV è chiamata l’età
dell’assolutismo debole. Nonostante la debolezza nominó come controllore generale delle finanze Terray il quale riuscì a ridurre fortemente il reddito
pubblico, diminuì le tasse e prebende (incarico che richiede uno scarso impegno però laudamente retribuito)
LE ORIGINI DELLA RIVOLUZIONE
Alla morte di Luigi XV e succede il nipote Luigi XVI,che salì al trono molto giovane: era molto diverso rispetto dai suoi predecessori perché questi erano
amanti della vita mondana ed erotica, mentre Luigi XVI erano timido, non portato alla vita mondana, devoto alla chiesa,a disagio in compagnia di
donne, abile costruttore e riparatore di orologi , faceva anche lavoro di ferramenta. Come Luigi XIV era dirigente sul piano amministrativo, appena salito
al trono azzerò tutte le riforme di Meaupou e Terray. Si sposò con una figlia di Maria Teresa d’Austria: Maria Carolina di Napoli e Maria Antonietta di
Francia.Il loro matrimonio fu lento e difficile perché lei voleva divertirsi data la giovane età e si creò all’interno della corte un suo spazio dove
organizzava feste circondandosi da giovani nobili. Dopo alcuni anni non era nato nessuno erede, così Giuseppe II lo invitò a dare un erede alla
Francia, finalmente arrivò. La Francia aveva bisogno di un processo riformatore e chiamò al governo di Francia nel 1775-76 Turgot, uomo brillante
intellettualmente è abile amministratore locale, intendeva varare un ampio piano di riforme. Cominciò liberalizzando il commercio dei cereali anche se
non fu fortunato perché l’annata era stata poco proficua .Questo aveva lo scopo di garantire che nella regione ci fossero i cereali per sfamarsi di contro
però non incentivava la produttività. Nello stesso periodo l’agricoltura inglese era molto più produttiva rispetto alla Francia e Turgot pensando a quello
che faceva l’Inghilterra voleva stimolare la produttività, ma dato il periodo comportò un rialzo dei prezzi.Nello stesso tempo come controllore
generale delle finanze pensava di varare un programma che avevano fatto gli asburgo: rendere possibile il matrimonio civile (protestanti-cattolici),
pensò di varare una riforma politica che prevedeva a livello locale al posto delle vecchie assemblee di ceto, delle assemblee elettive su base
censitaria. Queste riforme furono osteggiate dagli ambienti nobiliari e dal clero. Abbandonò questo progetto e si concentrò sull’economia che
interessava maggiormente: varo un progetto simile a Giuseppe II : Propose l’abolizione delle corvée reali e in cambio questi lavori sarebbero stati
retribuiti con una tassa fondiaria, i nobili e il clero dovevano pagarla e pensò di istituire un catasto. Ci fu una grande ribellione anche da parte dei
ministri che lo avevano appoggiato. Turgot venne licenziato da Luigi XVI. La Francia era in crisi e il sovrano chiama a corte un banchiere svizzero,
calvinista e protestante chiamato jaques necker,per svolgere la funzione di controllore delle finanze, ma non ebbe il titolo ufficiale in quanto calvinista.
Necker prese in mano la situazione e ottenne dei successi: alle spese di guerra che lui frenò, face dei prestiti dai privati e razionalizzò la riscossione
delle imposte e questo faceva risparmiare perché la ferma era difficile da controllare,in quanto i fermieri erano tanti. Ma riuscì a far avere più soldi
allo stato, ma ad un certo punto Luigi xvi licenzia necker. Questo si prende la sua vendetta rendendo pubblico l’elenco di coloro che beneficiavano
delle sinecure e prebende(uomini che stavano a corte e venivano pagati per fare niente). In seguito alla guerra contro la Gran Bretagna il debito era
cresciuto, c’era il problema di pagare i creditori. Sostituisce necker con Robert de Calon, si rese conto che il debito andava ridotto, ma non si
potevano mettere altre tasse e quindi vara il progetto di una sovvenzione territoriale, una tassa fondiaria,che anvrebbero dovuto pagare tutti. Nello
stesso tempo chiese al re di istituire una commissione di notabili che dovevano collaborare con lui. L’idea della sovvenzione territoriale venne
bocciata e il sovrano licenzia Calon, nominando come controllore delle finanze l’arcivescovo di Tolosa, Lovenie de Brienne che era stato il
coordinatore dell’assemblea di notabili. Ripropone la sovvenzione territotiriale. Allora furono convocati gli stati Generali,che erano gli unici ad avere
la legittimità per cambiare.La richiesta viene discussa e nel frattempo però bisognava risolvere i problemi finanziari, quindi Luigi XVI richiama necker il
quale è costretto a fare dei prestiti forzosi, per cui i nobili si opposero e nello stesso tempo il re irritatao dall’atteggiamento poco collaborativo dei
parlamentari nel Maggio del 1788 abbiamo una riforma dove molti poteri dei parlamentari vengono ridotti e questi poteri vengono dati a dei baliaggi in
tutta la Francia. Fino a questo momento l’opposizione al sovrano veniva dai nobili e dall’alto clero che volevano ridurre l’assolutismo e volevano
riprendersi quelle prerogative che avevano prima, il terzo stato voleva il raddoppio della rappresentanza agli stati. Necker era favorevole, il raddoppio
del terzo stato era significativo però più decisiva era la modalità di voto: se si votava per ceto andava a sfavore del terzo stato, se si votava per testa il
terzo stato aveva più possibilità,questo punto non fu deciso. Il 1 maggio del 1789 furon convocati gli stati generali, nell’attesa si svolgeranno le elezioni
e chi veniva eletto doveva redigere i quaderni di doglianza, cun elenco di quelle cose che dovevano essere cambiate. L’eletto aveva il mandato
imperativo,doveva fare ciò che era scritto nel quaderno. La cerimonia di apertura fu il 5 maggio, gli Stati si riunirono separatamente, ma nel terzo stato
durante la verifica dei poteri qualcuno lanciò l’idea che la riunione per ceti fosse anacronistica e si dovesse creare un’unica assemblea, alcuni membri
del clero e nobiltà accettarono e si riunirono con il terzo stato. Altri invece andarono subito a protestare con il re che decise di intimidire coloro che
avevano preso questa iniziativa, il 20 giugno chiuse la sala in cui si teneva l’assemblea ma gli eletti non accettarono l’imposizione e si riunirono allora
nella sala della palla a corda, decisero di trasformarsi in assemblea costituente e di non sciogliersi finché la Francia non avesse avuto una nuova
costituzione. A questo punto il re fu costretto ad accettare.Comincia quindi un processo costituente adesso ci si orienta, come nel caso della Gran
Bretagna e degli Stati Uniti, verso nuove istituzioni parlamentari.Cominciarono le operazioni dell’Assemblea costituente. Durante questo periodo, nelle
campagne francesi si era diffuso il mito, nota come “la grande paura dell’89”, secondo cui gli aristocratici avrebbero assoldato bande di briganti per
intimorire i contadini e i coloni,per impedire che le istanze del mondo contadino fossero rappresentate a Versailles. In realtà non c’era nulla di vero, però
raggiunsero comunque Parigi, dove si diffuse la voce che il re volesse licenziare Necker (fatto ritenuto negativo perché Necker aveva sostenuto
l’importanza degli Stati Generali) e che il ministro di polizia del sovrano, il Barone de Breteuil, avesse raggruppato delle truppe si Parigi e su Versailles
per porre fine alla nascente esperienza rivoluzionaria. Allora, proprio nel momento in cui si riteneva che Versailles fosse circondata dall’esercito del
Barone e che il sovrano volesse licenziare Necker, ci fu una rivolta popolare il 14 luglio del 1789: la Presa della Bastiglia. La Bastiglia era il carcere
borbonico in cui i re facevano imprigionare gli oppositori politici, che in quel giorno venne assaltata e i prigionieri liberati, e fu proclamata così la
Comune di Parigi: Parigi si ergeva a comune autonomo ed eleggeva liberamente il proprio sindaco. La Presa della Bastiglia fece capire al sovrano che
non poteva più opporsi al processo costituente. Il processo va avanti, tanto che nell’agosto del 1789 vengono prese alcune decisioni epocali: nei primi
giorni fu abolito il feudalesimo, in termini di diritti feudali personali ma non di diritti feudali reali: i contadini e i coloni non erano più tenuti agli  obblighi
tradizionali nei confronti del signore, cioè le corvees il pagamento dei censi, ma non per questo diventavano i proprietari del fondo rustico, se lo
volevano per loro dovevano acquistarlo, oppure continuavano a lavorare come salariati o affittuari (contemporaneamente una legge, la Legge Le
Chapelier, vietava le associazioni di lavoratori). In un secondo momento, la notte tra il 25 e il 26 agosto, si ebbe la proclamazione ufficiale dei diritti
dell’uomo e del cittadino (diritto alla libertà personale, alla proprietà, all’incolumità e il diritto di resistenza all’oppressione). Il sovrano, obtorto collo, fu
costretto ad accettare il processo costituente. Il grande limite di Luigi XVI fu quello di essere rimasto a metà, era tirato da una parte dai costituenti e
dall’altro dalla nobiltà e dal clero reazionario e conservatore, non prese una decisione su chi appoggiare. Tutto questo si vide a settembre, quando i
decreti di agosto dovevano essere controfirmati dal sovrano; lui prese tempo, fino a quando il 5 ottobre, una grande massa di popolani (quelli che
avevano assaltato la Bastiglia), fecero una marcia da Parigi fino a Versailles per obbligare il re a firmare questi decreti. Il sovrano a questo punto fu
costretto a firmarli e però si decide di trasferire tutto a Parigi, nel Palazzo delle Tuileries.

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