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ILLUMINISMO

L’illuminismo è punto di arrivo di un processo storico che passa attraverso tre fasi.
Una delle cose che hanno fatto gli umanisti è stato iniziare a mettere in discussione la visione
lineare e provvidenziale della storia.
L’illuminismo recupera e porta alle estreme conseguenze la critica che già gli umanisti avevano
fatto alla visione cristiana della storia.
-La Critica al principio di autorità, è già un elemento presente negli intellettuali umanisti che non
accettano più quella visione della scolastica medievale. La critica al principio secondo cui noi
dobbiamo dipendere da una o più autorità. Gli illuministi prendono anche questo elemento e lo
portano alle estreme conseguenze.
-Impegno civile e politico degli intellettuali. Gli intellettuali umanisti hanno questa idea per cui
l’intellettuale deve emettersi a disposizione della collettività. Ci furono umanisti che ebbero anche
incarichi politici. L’intellettuale non deve limitarsi a pensare e a fare teoretica, come facevano nella
scolastica, ma deve sporcarsi le mani, essere impegnato politicamente per dare contributo al
progresso sociale. Quest’idea del impegno civile e politico dell’intellettuale viene ripreso e
amplificato anche qui dagli illuministi.
-Questo elemento si collega al primato della vita attiva su quella contemplativa. Nella filosofia
cristiana medievale, la scolastica, c’era l’idea della superiorità della vita contemplativa su quella
attiva. Gli umanisti iniziano a mettere in discussione quest’idea medievale e dicono che la vita
contemplativa è importante ma deve tradursi in vita attiva e quindi la vita deve essere attiva.
Gli umanisti si richiamavano alla classicità latina e greca, gli studia humanitatis, mentre quello che
stava tra loro e gli antichi era considerato un’epoca buia, di barbarie e la chiamavano medioevo,
media età in senso spregiativo. La classicità è stato qualcosa di straordinario, poi sono arrivati dei
secoli bui e adesso arrivano gli umanisti che rifacendosi alla classicità daranno di nuovo lustro
all’umanità superando le barbarie. L’illuminismo eredita l’ idea del rifiuto del medioevo.
-Idea umanistica della dignità dell’uomo. Mentre nel medioevo c’è quest’idea del mondo come
valle di lacrime, uomo come creatura destinata all’ignoranza; nell’età umanistica c’è una
valorizzazione dell’essere umano e della sua dignità. La dignità dell’uomo sta nell’essere capace di
plasmare il proprio futuro, capace di chiedersi il perché della propria esistenza. Valorizzazione
dell’essere umano è un tratto tipico degli umanisti che gli illuministi recuperano amplificandolo.
-L’idea umanistica della concordia delle fedi, della libertà di culto. Già in età umanistica con
Erasmo, Cusano e altri intellettuali, pur essendo cristiani parlano di concordia tra le fedi, dicono
che è assurdo farsi le guerre per motivi religiosi, che tutte le religioni hanno qualcosa in comune e
siamo tuti fratelli. Questa battaglia per la libertà di culto non ancora vinta, poi verrà ripresa da altri
fino a quando con gli illuministi verrà portata alla vittoria.
Ci sono cose che gli illuministi non accettano o comunque vanno oltre l’umanesimo:
-L’umanesimo è ancora legato alla religione e a dio, seppur in maniera critica; l’illuminismo è un
secolo antireligioso, in cui la critica alla religione diventa molto forte e quindi c’è un
allontanamento che ancora in età umanistica non c’era. Mentre gli umanisti avevano il culto per
l’età classica, gli illuministi superano qualsiasi culto del passato. Gli illuministi, a proposito di uso
libero e critico della ragione, portano tutto dinanzi al tribunale della ragione.
-I temi della rivoluzione scientifica sono ad esempio la fiducia nei confronti della scienza, la visione
scientifica del mondo e gli illuministi sono figli di tale rivoluzione. Newton, galilei e gli scienziati
seicenteschi sono un punto di riferimento per gli umanisti. Bacone, a proposito di rivoluzione
scientifica, parlava degli idoli, i pregiudizi che ciascuno ha e a cui bisogna fare attenzione per noi
allontanarsi dalla verità.
Gli illuministi recuperano la critica al principio di autorità e la teoria degli idoli di bacone
approfondendo questa critica radicale verso tutto. Gli illuministi vedranno bacone come un padre
e gli dedicheranno l’enciclopedia e altri saggi importanti.
-La rivoluzione scientifica fa anche critica alla tradizione e al dogmatismo, una cosa non è giusta
perché si è sempre fatta ma bisogna esaminarla e se sembra razionale può essere valida. Fiducia
nella scienza, lotta per la laicità.
-Nella filosofia cristiana medievale la metafisica è al centro, dio al centro invece piano piano si va
allontanando e con la rivoluzione scientifica il discorso metafisico viene messo da parte, non del
tutto.
-Gli illuministi riprendono anche la critica alla metafisica.
Illuministi prendono questi temi e li portano alla vittoria. Il liberalismo ha trasmesso all’illuminismo
l’esaltazione della ragione, Locke sottolinea l’importanza della ragione quale nostra guida però allo
stesso tempo dice che la ragione non è assoluta, non va idolatrata ed è legata all’esperienza.
Locke continua la battaglia per la libertà di culto iniziata prima di lui e scrive un saggio e anche
un’epistola sulla tolleranza in cui si batte per la tolleranza, libertà e separazione tra stato e chiesa,
dunque laicità dello stato. Oggi sembra scontato ma prima dell’illuminismo non esistevano stati
laici ma confessionali, stati in cui le chiese influenzavano la politica. Locke aveva già spiegato che
se le due sfere non sono separate è un problema. poi si è battuto per i diritti civili, battaglie che gli
illuministi riprendono dando ulteriore forza perché riuscivano anche a divulgare le idee.
L’illuminista vuole divulgare il sapere ed estenderlo per trasformare il mondo.

Illuminismo e religione
L’età umanistico rinascimentale è un’età che comporta un allontanamento dal medioevo anche se
non c’è un allontanamento dalla religione o da dio tanto è vero che gran parte degli intellettuali
umanisti sono cristiani. Questo allontanamento cresce fino ad arrivare all’illuminismo, infatti il 700
è considerato perlopiù un secolo antireligioso.
La realtà è dialettica, è complessa, ci sono delle sfumature e l’illuminismo come gli altri movimenti
non è un blocco monolitico ma ha delle sfumature al suo interno, è eterogeneo.
Sul piano religioso l’illuminismo comporta un allontanamento ulteriore dalle religioni tradizionali.
Iniziano a diffondersi in Francia in particolare, epicentro, l’attacco ai profeti delle tre grandi
religioni monoteistiche, Mosè Gesù e Maometto vengono attaccati. C’è un atteggiamento di
sfiducia verso le religioni positive, le religioni storiche. Non tutti gli illuministi sono contro le
religioni positive ma ci sono anche, sebbene in minoranza, degli illuministi che sono in posizioni
TEISTE, cioè credono nelle regioni positive, come Kant, molto religioso e cristiano.
-Le posizioni maggioritarie in ambito religioso sono due. Il primo filone che chiamiamo moderato è
quello deista. DEISMO, è l’idea di una religiosità razionale. I moderati, tra cui Voltaire, dicono che
sul piano storico sono esistite e esistono diverse religioni ma in realtà queste hanno una cosa in
comune e questa cosa è:
a) l’idea di un dio che ha creato il mondo, dio creatore grande orologiaio o grande architetto. Dio
creatore che da un impulso iniziale ma poi non interviene. Secondo loro l’idea di un dio creatore
c’è in tutte le religioni positive e secondo loro è razionale che sia così perché qualcuno deve avere
creato tutto.
b) piano etico e morale, tutte le religioni positive sono concordi nel promuovere una morale
altruistica, l’idea di amare il prossimo di fare il suo bene, di evitare la guerra. La morale altruistica
è un elemento condiviso da tutte le religioni positive.
I deisti considerano questi due fattori, tutto il resto, ovvero i culti, l’idea del peccato sono cose
aggiunte che loro rifiutano perché non razionali che hanno comportato il fanatismo.
Le religioni positive vengono perlopiù condannate dagli illuministi in quanto fonte di fanatismo,
per colpa loro ci sono state guerre di religione. Ognuno è convinto che la propria sia la religione
giusta, che il proprio profeta sia quello giusto e accusano le chiese di aver contrastato il progresso,
e sono moderati.
-Il secondo filone maggioritario, quello radicale, è ATEISMO, quelli che non vogliono proprio
sentire parlare di religione e di dio e quindi condannano totalmente la religione pensando che sia
da buttare e che non ci sia niente da salvare. Sono due visione diverse anche perché fra i moderati
c’è l’idea che bisogna comunque fare riferimento a dio. Esistono anche delle minoranze che sono o
su posizioni TEISTE. TEISMO è il far riferimento a un dio personale, provvidenziali dunque religioni
positive e poi posizioni PANTEISTE che fanno riferimento a un dio che coincide con il cosmo.
Illuminismo e storia
Gli antichi greci avevano una concezione ciclica della storia e del tempo che viene superata con la
filosofia cristiana che arriva alla concezione lineare provvidenziale e necessaria e finalistica
ovviamente perché ha un fine prestabilito che è il giudizio universale.
Gli umanisti avevano già iniziato una riflessione critica e avevano detto omo faber ipsius fortunae,
se l’uomo è dunque fabbro della propria fortuna il provvidenzialismo inizia a inclinarsi.
Gli umanisti avevano introdotto l’idea che per molti versi l’essere umano può forgiare il proprio
destino esercitando la ragione, la virtù. Questa idea con l’illuminismo viene portata alle estreme
conseguenze, pur non mettendo mai in discussione l’idea di linearità la storia assume
caratteristiche ben diverse.
Gli illuministi pongono dinanzi al tribunale della ragione anche la storia, oltre che la religione.
Essi dicono che il passato è stato caratterizzato da una serie di eventi drammatici, oppressioni,
guerre sfruttamenti perché gli esseri umani non hanno fatto uso della ragione. La storia viene
condannata e in particolare viene condannato il medioevo. Già gli umanisti avevano forgiato il
concetto di medioevo e lo avevano fatto negativamente. Gli illuministi riprendono questa critica
contro il medioevo dicendo che la storia è stato un disastro, è stato il trionfo dell’irrazionalità e in
particolare il medioevo è il peggio del peggio, paradigma di ciò che l’umanità non dovrà mai più
essere.
-La storia per gli illuministi non è provvidenziale, loro rifiutano il provvidenzialismo inteso come
idea di dio che interviene nel mondo decidendo le sorti della storia. Recuperano l’idea è l’uomo
che fa la storia e dunque se l’uomo usa la ragione la storia sarà razionale se l’uomo non la usa sarà
un disastro. La storia non è necessaria, anzi dicono che i cristiani dicendo che la storia è necessaria
hanno impigrito gli esseri umani perché se gli esseri umani sanno che dio è il motore della storia,
loro sono solo strumenti e che tutto quello che accade deve accadere perché tanto è tutto scritto.
-La storia non è finalistica, è problematica nel senso che l’esito della storia non dipende da nessun
disegno divino e questo lo pensano anche i deisti che credono in dio ma in un dio creatore che non
decide le sorti della storia, persino i moderati sono su questa concezione. A fare la storia sono gli
uomini. Se è vero che il processo della storia finisce male, che la storia è condannata quasi in
blocco e c’è un rifiuto del passato, è pur vero che, nonostante il pessimismo nei confronti del
passato, c’è un ottimismo rispetto al futuro. Credevano che arrivando loro, facendo questa
battaglia di idee, avrebbero contribuito al progresso del mondo, molto ottimisti rispetto al futuro.

ILLUMINISMO E POLITICA
In questa fase c’è una grande fioritura di pubblicistica politica, testi politici che vengono divulgati e
di questo intenso dibattito politico gli illuministi sono in prima fila. È la fase storica in cui nascono i
giornali periodici, le gazzette e i primi quotidiani, periodici con cadenza quotidiana. Anche in Italia
c’è un intenso dibattito culturale, ci fu la pubblicazione della famosa rivista il caffe dei fratelli verri,
il caffe perché questo era il tipico luogo dove si discuteva tra illuministi, anche donne dell’alta
borghesia.
Il viaggio è una componente essenziale della formazione del filosofo ma in epoca illuministica
questo è ancora più vero. Altra usanza era il grand tour, i giovani dell’alta borghesia e aristocrazia
imborghesita usavano in quella fase storica fare dei viaggi in tutto il continente, era un momento
di formazione essenziale.
-Obiettivi politici degli illuministi. Movimento riformista e non rivoluzionario. Ispira la rivoluzione
francese perché mentre diversi sovrano europei accettarono le idee illuministiche e con delle
riforme le misero in pratica, in Francia, che paradossalmente era stata l’epicentro dell’illuminismo,
i Borbone non volevano ascoltare e ci fu una rivoluzione che sposò le idee illuministiche
applicandole con la forza. L’illuminismo ha cambiato il mondo.
-Diritto alla vita. Gli illuministi, sulla scia di Locke e dei liberali, parlano di diritti NATURALI, non è
una cosa da poco, vuol dire che per natura, sin da quando nasciamo, abbiamo questi diritti
inalienabili, che nessuno ci può togliere e non li abbiamo per gentile concessione del sovrano ma
in quanto esseri umani. Cesare Beccaria, per quanto riguarda questo diritto, si è battuto contro la
pena di morte proprio perché vuole tutelare questo diritto.
-Diritto all’integrità fisica. I monarchi assoluti non avevano molto rispetto né della vita ne
dell’integrità fisica. La pratica delle torture era molto diffusa e Beccaria si batte contro questa.
Dietro tutto ciò cè naturalmente l’idea illuministica secondo cui la filosofia non deve essere
meramente teoretica ma funzionale alla pratica politica. Recuperano quell’impegno civile e
politico che era stato già degli umanisti.
-Diritto alla felicità. Soddisfazione dei propri bisogni materiali e intellettuali. Altre correnti
filosofiche avevano negato la possibilità che si potesse essere felici sulla terra. Gli illuministi si
battono contro l’ascetismo cristiano dicendo che è possibile essere felici qui, anche se la storia è
stata un disastro, loro vogliono costruire un futuro migliore in cui la gente sia felice. Questo diritto
lo troviamo nella dichiarazione d’indipendenza americana di Jefferson del 1776.
-Pacifismo. Illuministi vivevano in un’epoca di guerre e volevano mettere un punto, lavorare per
costruire la pace.
-Cosmopolitismo. Recupero di un’antica idea greca, di Democrito, dei sofisti, per cui gli illuministi
dicevano di essere cittadini del mondo. Si tende a vedere tutto ciò che accomuna le diverse nazioni
e popolazione piuttosto che vedere ciò che le distingue. Pacifismo e cosmopolitismo sono due
facce della stessa medaglia, con i romantici ci sarà però un’opposizione.
-Eguaglianza giuridica. Secondo loro gli uomini devono essere eguali giuridicamente dinanzi alla
legge. Per gli illuministi gli uomini devono essere uguali giuridicamente, non dal punto di vista
politico e nemmeno dal punto di vista economico. Chi si batte per l’uguaglianza giuridica è un
liberale, chi si batte anche per l’uguaglianza politica non è solo un liberale ma liberal democratico
e ricordiamo che gli illuministi non erano democratici, tranne rare eccezioni come Rousseau, ma
l’idea dominante è l’idea liberale, gli illuministi non sono per il suffragio universale, e nemmeno
per l’uguaglianza economico sociale.
-stato di diritto, stato in cui a governare non sono gli uomini ma la legge. Stato che si basa sulla
legge, sull’ordinamento giuridico e non c’è un singolo che decide cosa fare. Stato di diritto va di
pari passo con territorialità di diritto, l’idea secondo cui la legge deve valere in tutto il territorio
nazionale e per tutti
-Diritto alla proprietà privata. Quello che ho prodotto è mio e nessuno può prendermelo. Locke
aveva detto che ciò che è frutto della mia fatica è mio.
-Tolleranza religiosa e libertà di culto, rispetto delle minoranze religiose. Stato laico, stato in cui la
politica non subisce interferenze dalle chiese, diverso dallo stato confessionale in cui le chiese
influenzano l’agenda politica. Battersi per la tolleranza religiosa significa battersi per lo stato laico,
stato in cui non ci sono interferenze delle chiese in ambito politico. Fino al 700 gli stati erano
confessionali, stati in cui la religione ha un’influenza politica.
-Principio della separazione giuridica, separazione dei poteri. nell’assolutismo i poteri si
concentravano nelle mani del sovrano, invece per i liberali illuministi i poteri devono essere
separati per evitare che ci siano degli abusi. La libertà dall’assolutismo implica anche la libertà di
riunione, associazione, poter fare quello che i sovrani assoluti non permettevano.
-Libertà economica. Nell’epoca dell’assolutismo la politica economica che perlopiù veniva
applicata dai regimi assolutistici era quella mercantilista, politica interventista. Lo stato interviene
nella politica economica. Con l’ascesa della borghesia e dell’illuminismo, ideologia borghese,
questa cominciò a rivendicare la libertà economica e non è un caso se proprio nel 700 nasce
l’economia come disciplina autonoma e nascono delle importanti teorie economiche liberiste.
La borghesia voleva il libero commercio e nascono delle ideologie che supportano con argomenti
questa esigenza. Il liberismo entrerà seriamente in difficoltà nella parte finale dll’800, si
affermeranno perlopiù delle linee politiche e economiche protezionistiche.
ROMANTICISMO
Movimento che si diffonde in Europa alla fine del 1700 ma la massima fioritura si ha nella prima
parte del 1800 e ha come baricentro la Germania.
Il romanticismo è il punto di approdo di un percorso di allontanamento dall’illuminismo. Il
passaggio tra i due è mediato da una serie di passaggi come lo Sturm und drang, il neoclassicismo.
L’illuminismo era stato un movimento che aveva grande fiducia nei confronti della ragione che
avrebbe portato a un futuro di progresso. In realtà gli intellettuali tra fine 700 e inizio 800
facevano un bilancio di quelle che erano state le promesse degli intellettuali illuministi e il bilancio
era molto negativo. Loro parlavano di lume della ragione, di progresso e ottimismo per il futuro
però le idee liberali e illuministiche hanno portato ad es. alla rivoluzione francese, a una guerra
che ha coinvolto tutta l’Europa, guerre civili, il terrore, il bonapartismo di napoleone e poi la
restaurazione.
Gli intellettuali romantici dicono che l’illuminismo ha tradito le aspettative, quello che hanno detto
loro non si è realizzato e addirittura la borghesia che era stata promotrice del movimento e si era
presentata come progressista, adesso si sta avvicinando a posizioni conservatrici; c’è una sfiducia
nei confronti dell’illuminismo. Sul piano storico-politico la critica è questa.
Il romanticismo è un movimento artistico e letterario caratterizzato dall’esaltazione del
sentimento, che ha avuto il suo centro di radiazione nel famoso circolo della città tedesca di Jena,
circolo di Jena sul finire del 700. Fu un circolo che aveva come principali esponenti gente come i
fratelli von Schlegel e Novalis. È possibile dare un’accezione del concetto di romanticismo, una
seconda accezione che non si limita a concepire il romanticismo come un movimento letterario,
artistico e essenzialmente poetico ma tende a concepirlo più in generale come un’atmosfera
culturale, un movimento culturale che non si esaurisce in ambito artistico-letterario ma che
abbraccia anche la politica, la filosofia.
La critica verso l’illuminismo, storico-politica, riguarda anche l’approccio degli illuministi e la realtà.
Quello che i romantici criticano è la fredda ragione illuminista che non solo ha tradito le promesse
e le attese, ma che viene accusata di limitarsi alla sfera empirica, fenomenica mentre gli
intellettuali romantici hanno la grande ambizione di evadere dal recinto fenomenico per attingere
l’infinito, l’assoluto.
-Il denominatore comune del romanticismo in tutte le sue varianti è la polemica nei confronti della
fredda ragione illuministica, l’intelletto di Kant perché è una ragione arida, mentre i romantici sono
assetati di infinito e si sentivano limitati. L’illuminismo era stato un movimento antimetafisico,
della ragione ancorata all’esperienza e si volevano negare le cose al di là del fenomenico. Ma ora,
proprio perché i romantici si sentono soffocati dalla realtà fenomenica, vogliono evadere, vogliono
attingere l’infinito.
-I musicisti, i poeti, i filosofi di questa atmosfera culturale hanno in comune la volontà di uscire
dalla ristretta cerchia fenomenica all’interno della quale gli illuministi vogliono confinare gli esseri
umani, per mettersi in contatto con il vero essere, la vera realtà, con l’infinito.
L’800 al contrario dell’illuminismo, tende a recuperare il fenomeno religioso e a vederlo
positivamente, come strumento utile e privilegiato per mettersi in contatto con l’assoluto.
-Hanno in comune il volere evadere dal mondo sensibili e la differenza è che usano strumenti
diversi.
La loro è filosofia del finito. I romantici recuperano anche la religione e alcuni pensano, tipo Hegel,
che è vero che bisogna rifiutare la fredda ragione illuministica, l’intelletto kantiano cioè, ma
secondo lui questa evasione dal fenomenico per attingere la vera realtà ha uno strumento
privilegiato che è la ragione, una ragione diversamente usata rispetto a come la usavano gli
illuministi, relegandola alla realtà finita. La ragione Hegel la chiama dialettica.

RELIGIONE (romanticismo)
Se l’illuminismo è tendenzialmente antimetafisico e antireligioso, il romanticismo nella misura in
cui sente soffocante questa chiusura nel recinto fenomenico ha come obiettivo la ricerca di una via
privilegiata verso l’assoluto, è chiaro che i romantici tendono a recuperare la religione e quindi le
posizioni maggioritarie sono altre due, quelle che erano minoritarie per gli illuministi:
-panteismo, è una posizione antica, viene rielaborata e significa coincidenza fra finito e infinito. Il
panteismo, nella misura in cui sovrappone finito e infinito è una posizione immanentistica. È un
dio che non resta al di fuori ma è nella realtà. Abbiamo diverse versioni di panteismo, uno è il
panteismo naturalistico, quello di Spinoza e panteismo spiritualistico. La maniera in cui si realizza il
panteismo in ambito romantico, nel 800, è prevalentemente spiritualistico e infatti Hegel parla di
questo, spiritualistico vuol dire che dio si identifica con lo spirito che si identifica con l’umanità, dio
coincide con l’umanità.
-i romantici sono Teisti, concezione secondo cui dio è un’identità unica trascendente e personale
intendendo personale dotata di volontà e conoscenza. Dio è onnisciente, è dotato di volontà ma
conosce alla massima potenza. Dio è un’identità trascendente e non immanente (trans scendere
dal latino stare oltre). Dio crea la realtà sensibile ma rimane separato da essa. Nella visione teista
dio è un’entità separata da ciò che ha prodotto, pur manifestandosi in qualche maniera. il
romanticismo è una reazione nei confronti dell’illuminismo, di una ragione che per i romantici
soffocava gli intellettuali.
STORIA
Per quanto riguarda la filosofia della storia romantica nel 800 si ha un cambiamento di prospettiva
e la concezione della storia è legata alla concezione della politica e della religione.
Nel romanticismo abbiamo una visione che recupera l’impostazione cristiana.
-Una visione della storia provvidenziale perché gli intellettuali romantici sono convinti che esista e
che i fili della storia apparentemente sono mossi dagli uomini ma in realtà la storia è mossa da
un’entità sovraumana, dio, lo spirito, la provvidenza e quindi motore della storia non è l’uomo.
-È una storia provvidenziale in cui gli esseri umani tornano ad essere gli strumenti. È una storia
necessaria, tutto quello che accade, dirà Hegel, deve accadere, tant’è vero che le opere di Hegel
sono piene di attacchi dagli illuministi. Questa visione della religione, storia e politica implica una
diversa visione della filosofia. Se ciò che accade deve accedere l’essere umano non è il motore
della storia ma si illude di esserlo.
I romantici e Hegel dicono che la storia di per se è un processo positivo, non è altro che il percorso
progressivo dello spirito, dell’umanità che per andare avanti deve necessariamente passare tutta
una serie di fasi necessarie.
-È una storia finalistica della progressione dell’umanità, l’umanità che si rende libera.
Il romanticismo è caratterizzato dallo storicismo, dal culto per la storia. Anche sulle tradizioni c’è
una differenza: da un lato l’anti tradizionalismo illuministico, l’idea di porre le tradizioni sotto il
giudizio della ragione e dall’altro lato un romanticismo che, proprio perché ha il culto della storia,
ha anche il culto di quelle istituzioni che si sono storicamente affermate, la famiglia, lo stato, la
chiesa -, istituzioni verso cui gli illuministi erano critici in maniera. I romantici al contrario, siccome
hanno il culto della storia e della religione, rivalutano quelle istituzioni e rivalutano la storia in
toto, incluso il medioevo che gli illuministi avevano demonizzato.
Il medioevo è l’epoca della fantasia, non superstizione, qualità apprezzata dai romantici come
strumento di evasione. Il medioevo è l’epoca in cui sono nati i primi stati nazionali, le lingue
neolatine. Nel medioevo poi la religione aveva un impatto molto forte e per i romantici questo è
positivo, non è sinonimo di superstizione.
Illuministi: lotta per i diritti civili, riformisti, cosmopolitismo, pacifismo
Per i romantici non c’è alcuna lotta da fare ma c’è da comprendere come funziona il mondo e non
trasformarlo. Lo stato secondo Hegel è una sorta di manifestazione di dio nel mondo, è
un’istituzione massima al di sopra della quale non c’è niente, quindi lui capisce che gli illuministi
condannano la storia perché piena di guerre. La guerra è ad un certo punto l’unico strumento per
risolvere le controversie, fa parte dell’ordine delle cose.
Per i romantici viene meno il pacifismo, il cosmopolitismo e anzi dal punto di vista politico il
romanticismo è caratterizzato da un forte sentimento nazionalista. Gli illuministi si sentivano
cittadini del mondo e pur vedendo le differenze tra i vari popoli tendevano più a vedere ciò che li
accomuna piuttosto che ciò che li distingue. Per i romantici invece il cosmopolitismo è superato e
c’è una forte carica nazionalista in tutti i paesi.
ROMANTICISMO E POLITICA
In politica in epoca romantica c’è in contrasto all’anti tradizionalismo illuministico, il recupero delle
tradizioni e la valorizzazione e la valorizzazione delle istituzioni. Rispetto delle istituzioni
tradizionali, la chiesa, la famiglia e lo stato.
Nella visione romantica lo stato è etico, incarna il bene e il singolo non può fare la morale allo
stato ma semmai è questo che lo fa. Il discorso politico abbraccia il discorso esistenziale, nella
storia della filosofia sempre ci si è chiesti qual è il senso dell’esistenza e ognuno ha dato una
propria risposta.
Nell’ambito romantico proprio perché lo stato è tutto, è ritenuto superiore alle parti allora è la
parte che deve adeguarsi al tutto ed evitare di fare moralismo. È una polemica ricorrente, molto
attuale.
In ambito romantico c’è il superamento del pacifismo e cosmopolitismo tipicamente illuministico e
al pacifismo fa da contraltare nel romanticismo la giustificazione della guerra.
Lo stesso hegel dice, se lo stato è quanto di più alto ci possa essere un conflitto tra due stati non
può essere evitato, una volta finita la diplomazia non essendoci un arbitro, un mediatore resta la
guerra come soluzione delle controversie. Non significa sperare nella guerra ma giustificarla
razionalmente che è molto diverso da quello che dicevano gli illuministi.
- I romantici al cosmopolitismo contrappongono il particolarismo, il nazionalismo che affonda le
proprie radici proprio nell’800, l’idea di nazione è tipicamente ottocentesca. Nel 700 si preferisce
parlare di popolo che è un insieme di individui che vogliono stare insieme e va al di là delle
questioni etniche e implica il volere stare insieme.
Il concetto di nazione è diverso, la nazione è un insieme di persone che non scelgono di stare
insieme ma devono, come fosse una necessità, perché accomunate da caratteristiche strutturali,
l’etnia, il sangue. Parlare di nazione significa parlare di qualcosa di diverso rispetto al popolo. Se
una nazione non è unita l’obiettivo è quello di unificarla in modo che coloro che hanno la stessa
etnia stiano insieme. Qualcuno dice che il concetto di nazione in Germania nell’800 assume dei
tratti più aggressivi.

HEGEL biografia e pensiero giovanile


i temi principali del pensiero giovanile Hegeliano sono quello religioso e quello politico.
Aveva una cultura grandissima, fuori dal comune. Nei 4 anni in cui sta a Berna ma anche dopo a
Francoforte, compone quelli che sono passati alla storia come gli scritti giovanili, scritti che
rimasero inediti, scriveva ma non pubblicava, tanto è vero che la pubblicazione avverrà quando lui
era morto all’inizio del 900. I più noti di questi scritti sono, “la religione popolare e il
cristianesimo”, “la vita di Gesù”, “la positività della religione cristiana”. Questi scritti ci aiutano a
vedere quella che è stata l’evoluzione nel tempo del pensiero di Hegel.
Hegel riprenderà e apprezzerà il pensiero di Eraclito secondo cui ognuno di noi non è un’entità
monolitica e statica, siamo soggetti a trasformazione e partendo da lì elaborerà il suo concetto di
dialettica.
Sono scritti di argomento teologico politico perché il giovane Hegel è ancora convinto che sia
possibile una rigenerazione politica, lui ovviamente era molto critico rispetto all’attualità. Per lui
una rigenerazione politica era possibile ma doveva passare da una rigenerazione etico religiosa. Lui
attribuiva alla religione un ruolo importante, la religione può contribuire a migliorare le coscienze
degli uomini, a realizzare una rivoluzione che potrà poi portare a un miglioramento reale della
politica.
È proprio su questo punto che Hegel parte con la sua critica, soprattutto nel primo dei tre testi “la
religione popolare e il cristianesimo”. È un testo in cui Hegel intanto fa una distinzione fra una
religione oggettiva e una soggettiva. Questa argomentazione ci fa capire che Il giovane Hegel, per
quanto presenti già delle caratteristiche tipiche dell’atmosfera romantica, allo stesso tempo è
ancora influenzato dalle idee illuministiche e di Kant in particolare.
-Lui dice che la religione oggettiva è una religione imposta in maniera autoritaria dal clero, una
religione che resta a livello dottrinale, dogmatico. Mentre la religione soggettiva è una religione
che riesce a tramutarsi in moralità, in comportamento morale, altruistico.
Il giovane Hegel che la religione non si può condurre interamente alla sfera razionale, una religione
che sia solo razionalità non può appagare le esigenze più profonde delle persone. C’è dunque un
recupero dell’idea illuministica ma in modo critico.
Il giovane Hegel attribuisce allo stato un ruolo importante, lo stato dovrebbe favorire il passaggio
da una relazione oggettiva a soggettiva.
Per Hegel il cristianesimo, in quanto religione oggettiva e che non è diventata popolare, è qualcosa
che non favorisce la coesione sociale ma che al contrario disunisce. Si cimenta in maniera
interessante anche sulla figura di Gesù. Quando lui scrive “la vita di Gesù”, scrive che Gesù è un
personaggio storico dotato di una grandezza unica ma è un personaggio storico che non ha niente
a che fare con ciò che poi i suoi seguaci gli hanno costruito sopra.
L’idea di Hegel è che in realtà il cristianesimo come religione storica si sia allontanato dalla figura
di un grandissimo uomo che voleva trasmettere un insegnamento morale, l’idea dell’amore verso
il prossimo e che secondo lui sarebbe stato “manipolato” e questo concetto esce poi da altre
opere del giovane Hegel, fino a “lo spirito del cristianesimo e il suo destino” in cui oltre a parlare di
cristianesimo parla anche di ebraismo mettendo a confronto la religione cristiana con quella
ebraica e con quella degli antichi greci.
Ne “La positività della religione cristiana” Hegel dice che la natura dell’uomo è qualcosa di
estremamente vario, complesso, che si sviluppa nel tempo, a seconda della cultura dei popoli. Qui
Hegel dichiara la sua insoddisfazione verso il progetto illuminista di riforma della religione, come
se solo loro sapessero che cosa è morale e cosa no. Il concetto di religione non si esaurisce in un
principio di ragion pura, ma comprende una serie di usanze, culti e credenze che dipendono dalle
circostanze storiche e dai costumi di un popolo. Ogni religione realmente esistente contiene in sé
l’universale e il particolare. Quindi va criticato il fatto che una religione tende a mettere sullo
stesso piano gli aspetti contingenti e quelli spirituali.
Ai primi del 1797 si trasferì a Francoforte, dove lavorò sempre come educatore privato presso
un’agiata famiglia borghese. Proseguì e proprie riflessioni sulla religione, “Lo spirito del
cristianesimo e il suo destino”, e diede una prima organizzazione alle sue idee filosofiche, nel
“Frammento di sistema”.
Per Kant il cristianesimo aveva gettato le basi di un’etica puramente razionale, in quanto aveva
svelato la capacità dell’uomo di darsi da sé le leggi per il suo comportamento, e quindi di
contrastare i propri impulsi egoistici. Ma Hegel fa notare una profonda differenza fra l’etica
kantiana e quella di Gesù:
• Kant considerava insuperabile il conflitto di ragione e sensibilità;
• per Gesù era possibile armonizzare il pensiero razionale con le inclinazioni naturali. Gesù aveva
invitato gli uomini a trasformare il proprio modo di essere, per compiere il bene spontaneamente
e non perché costretti dal senso del dovere. Gesù non parla di etica del dovere, ma di etica
dell’amore, l’amore del prossimo.
A differenza della legge morale kantiana, che è un mero contenuto di pensiero fatto valere a
prescindere dalle situazioni particolari, il messaggio di Gesù esalta la concretezza dei rapporti
umani.
Negli scritti giovanili di Hegel si può definire uno schema a tre elementi:
1. religione greca: unità immediata, inconsapevole, tra il divino e l’umano;
2. religione ebraica: rottura dell’unità tra Dio e il mondo;
3. religione di Gesù: nuova unità mediata dall’amore e frutto di scelta consapevole.
Ne “Lo spirito del cristianesimo e il suo destino” (1798-1800), il superamento dell’etica del dovere
da parte dell’etica dell’amore costituisce il primo esempio dell’argomentazione dialettica che
diverrà il nucleo del pensiero hegeliano.
Ciò che Kant aveva chiamato dovere o legge morale, argomenta Hegel, è un universale astratto,
cioè esiste solo nel pensiero, ma una particolare situazione può chiamare in causa allo stesso
tempo una grande varietà di virtù e doveri distinti. Per questo Hegel distingue due tipi di unità:
l’unità del concetto e l’unità vivente. Hegel arriva così a mettere in discussione l’idea che la
conoscenza filosofica sia costruita su concetti universali. La verità è qualcosa di concreto, è
un’unità vivente, vita, e non si può esprimere con le categorie dell’intelletto.
Il “Frammento di sistema” (1800) si apre con una serie di riflessioni sui concetti di vita e di
organismo. La vita è considerata una pluralità infinita di esseri finiti. Ogni individuo vivente, ossia
ogni organismo, è contemporaneamente opposto e unito alla totalità degli elementi: opposto,
perché è distinto dal resto del vivente, e unito, perché partecipa alla totalità della vita.
Il pensiero che si sforza di afferrare la realtà utilizza i concetti della riflessione che sono strumenti
inadeguati e lasciano sempre qualcosa fuori di sé. La verità non può essere un contenuto di
pensiero astratto, ma un’unità o un intero “vivente”.
Principi fondamentali del suo pensiero
Capisaldi pensiero hegeliano:
• identità fra realtà e razionalità
• funzione della filosofia
• risoluzione del finito nell’infinito
• dialettica
• filosofia della storia
Identità fra realtà e razionalità
La filosofia di Hegel afferma l’identità di realtà e razionalità: la ragione non è una semplice facoltà
mentale, ma è l’ordine immanente alla realtà.
Per Hegel pensiero e realtà non sono separati, come per gli empiristi e per Kant: noi conosciamo il
mondo, ben più che con i sensi che si contraddicono, ma con il pensiero, che ci permette di
scoprire le leggi nei fenomeni che ci circondano. Quindi la realtà è razionale, in quanto governata
da leggi universali; e la ragione è reale, cioè è immanente alla realtà e non si riduce a una mera
facoltà mentale. Il pensiero permette di scoprire le leggi presenti nella realtà che la distinguono da
ciò che è contingente.
Hegel riabilita l’idea greca del logos, che è sia l’ordine razionale della realtà, sia il ragionamento, il
discorso umano sulla realtà.
Quindi il pensiero non è qualcosa di puramente soggettivo, come per gli empiristi e per Kant, bensì
immanente alla realtà. Egli dice “ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale, è razionale”. “Ciò che
è razionale è reale” vuol dire che la razionalità che si cerca sta nella realtà. Quando parla di realtà
non vuole arrivare a una banale accettazione di tutta l'esistenza, di ciò che è accidentale, ma di ciò
che è necessario. Egli cercò di spiegare perché era necessario che ogni grande avvenimento
accadesse. L'accidente è ciò che è ma potrebbe non essere. Quindi quando parla di reale parla di
ciò che è necessario.
L’obiettivo degli illuministi era la trasformazione della realtà. Per loro la storia è qualcosa di
irrazionale, perché l'essere umano nel corso della storia non ha usato la ragione. Invece per Hegel
la storia è il dispiegarsi dello spirito dell'umanità. Ma lo spirito dell'umanità per progredire deve
passare delle fasi necessarie.
Funzione della filosofia
Hegel, respingendo l’impostazione empiristica e kantiana, ritiene che la realtà ultima sia
accessibile al pensiero umano e condivide la posizione di Schelling, che aveva sostenuto la
possibilità di conoscere l’Assoluto. Tuttavia il principio dell’identità su cui si fondava il pensiero di
Schelling, era troppo semplice e povero per poter dare una risposta soddisfacente alle domande
fondamentali della filosofia, perché:
• non riusciva davvero a spiegare l’esistenza di una natura contrapposta al pensiero;
• non spiegava come avviene la conoscenza, perché per conoscere non basta l’identità, serve
anche la differenza.
Quando conosciamo qualcosa lo riportiamo a dei contenuti universali, ma ne cogliamo anche gli
aspetti unici. Così per capire un fenomeno della natura, dovremo riportarlo ai principi e alle leggi
che ne regolano l’esistenza e tener conto delle sue caratteristiche specifiche. Quindi la filosofia
deve rendere conto sia dell’unità che della ricchezza del reale.
Hegel paragona la filosofia alla nottola di Minerva, un rapace notturno, che inizia il suo volo sul far
della sera, a fine giornata. Ciò significa che il filosofo studia la realtà quando essa è compiuta,
quindi non può far altro che comprendere quanto è accaduto. L'astuzia della Ragione
(Provvidenza, Assoluto) usa le persone per modificare il corso della storia in direzione del
progresso, e quando la persona non serve più viene liquidata, perché aveva assolto al proprio
compito. Come ad esempio Napoleone, che doveva asportare i diritti civili in Europa.
Secondo Hegel, l’errore della filosofia precedente consiste nell’aver pensato il fondamento della
realtà come una sostanza immutabile anziché come un principio attivo e intelligente.
Hegel criticava sia la soluzione kantiana che vincolava la conoscenza alle sensazioni senza riuscire a
indicare l’unità profonda della realtà, sia la metafisica tradizionale che aveva posto il fondamento
primo dell’essere in un’entità eterna e impersonale: la sostanza. Hegel sostiene che il principio
assoluto è sì una sostanza unica, identica, come per Schelling e prima di lui Spinoza, ma al tempo
stesso è “soggetto”, cioè “spirito assoluto”, e come tale esso produce da sé le proprie
determinazioni.
Risoluzione del finito nell’infinito
Ogni finito non può esistere in sé stesso, ma solo in un contesto di rapporti. Per porre sé stesso è
obbligato a opporsi a qualcos’altro, cioè a entrare in quella trama di relazioni che forma la realtà e
che coincide con il tutto infinito di cui esso è parte o manifestazione.
La dialettica rappresenta la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nell’infinito. La dialettica
ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni. Ma molteplicità e opposizione
sono solo momenti di passaggio. Il negativo sussiste solo come momento del farsi del positivo.
Poiché ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi, la dialettica sembra essere un
processo aperto. In verità, Hegel pensa che così si avrebbe il trionfo della “cattiva infinità”. Quindi
egli opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè una dialettica che ha un ben preciso punto
di arrivo.
La realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale
organismo coincide con l'Assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo
manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Pertanto il finito è un'espressione parziale
dell'infinito. Il finito esiste unicamente nell’infinito e in virtù dell’infinito. Quindi il finito è lo stesso
infinito.
L'hegelismo si configura quindi come una forma di monismo panteistico, cioè come una teoria che
vede nel mondo (nel finito) la manifestazione o la realizzazione di Dio (l'infinito).
La realtà per Hegel non è sostanza, ma soggetto, cioè un processo di auto-produzione che soltanto
alla fine, cioè con l'uomo (lo spirito) e le sue attività più alte (arte, religione e filosofia), giunge a
rivelarsi per quello che è veramente.

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