Sei sulla pagina 1di 19

Principi di scienza politica

Clark, Golder, Golder;

CAP. 5 CONCETTUALIZZARE E MISURARE LA DEMOCRAZIA


“Se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla” Lord Kelvin.

5.1 democrazia e dittatura in prospettiva storica


Noi diamo per scontato che la democrazia sia un valore, ma non è sempre stato cosi.

Furono Platone e Aristotele i primi a pensare alle diverse forme che potevano assumere i regimi:
nella Repubblica Platone sostiene che il processo decisionale politico deve essere basato sulle
competenze e che, se in una democrazia consentisse a tutti di governare, si avrebbe come
risultato un “governo della plebe”, quindi per il losofo solo gli esperti statisti avrebbero dovuto
guidare la nave dello stato. La parola demos infatti si riferiva alla gente comune, economicamente
debole e ignorante politicamente, quindi Platone pensava che la democrazia non fosse il governo
del popolo ma il governo dei poveri e degli ignoranti contro i ricchi e istruiti. Credeva anche che la
massa ignorante sarebbe stata facilmente vittima della demagogia, portando cosi a democrazie
di breve durata in cui il popolo cede rapidamente il potere ad un tiranno. 

Aristotele, allievo di Platone, era in disaccordo con il suo maestro: per lui la volontà di molti
avrebbe potuto essere più o ugualmente saggia della volontà di pochi.

Aristotele distingueva tra forme bene che di governo, cioè Monarchia (un governante),
Aristocrazia (pochi governanti) e Politeia (molti governanti) e le rispettive forme degenerate,
cioè Tirannia (un gov.), Oligarchia (pochi gov.) e Democrazia (molti gov.).

Per Aristotele il governo con la forma di corruzione meno pericolosa è la aristocrazia.

Nel passato la democrazia non era legata come oggi ad elezioni e ad un governo rappresentativo,
invece era spesso legata ad un sorteggio o ad una assemblea con tutto il popolo. Il concetto di
rappresentanza era legata più all’aristocrazia, che mandava i propri rappresentati davanti al
sovrano.

Solo dopo la rivoluzione americana e francese il governo rappresentativo e la democrazia


cominciano a coincidere.

Qual’è la di erenza tra le moderne democrazie e le antiche città stato? La di erenza è nelle
dimensioni in termini di popolazione: sarebbe impossibile applicare il modello antico alle moderne
democrazie, perché i costi decisionali sarebbero altissimi (un assemblea con 60 milioni di persone
sarebbe burocraticamente ed economicamente impossibile). Un altro aspetto importante è che le
società contemporanee, rispetto a quelle antiche, sono caratterizzate da una maggiore divisione
del lavoro: in passato le attività lavorative erano meno speci che: ora bisogna passare la gran
parte del proprio tempo per imparare un lavoro e per esercitarlo (un chirurgo non ha molto tempo
per fare il politico), e cosi anche la cosa pubblica richiede molta specializzazione e molto tempo.
Questi aspetti hanno reso necessario il passaggio dalla democrazia diretta alla democrazia
rappresentativa.

Domande sulla democrazia:


- Perché sorgono, quali fattori le favoriscono e le fanno sopravvivere?

- Quali sono le conseguenze sullo sviluppo economico?

5.2.1 la prospettiva di Dahl sulla democrazia


Prima di rispondere dobbiamo però capire cos’è la democrazia e come si misura. La de nizione
più accreditata è quella di Robert Dahl, che respinge una visione sostanziale della democrazia
(cioè sulla base dei risultati prodotti) per adottare una visione “procedurale”, che classi ca i regimi
in base alle loro istituzioni e procedure.

Per Dahl la democrazia è un metodo per selezionare i rappresentanti.

Dahl identi ca due dimensioni particolarmente importanti per classi care i regimi:

1) Il livello di competizione: ci dice la misura in cui i cittadini sono liberi di organizzarsi per
cercare di ottenere le politiche e i risultati che vogliono raggiungere.

2) Il livello di inclusione: ci dice chi partecipa al processo democratico. Ad esempio: i regimi


politici in cui le barriere che ostacolano la naturalizzazione degli immigrati sono basse e il
su ragio elettorale è esteso a tutti i cittadini adulti avranno un alto indice di inclusione.

T.Bachi Pagina 1 di 19
ff
fi
ff
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
Ciascuna delle due dimensione può essere misurata grazie ad una lista di diritti (libertà di stampa,
libertà di associazione, etc.): 

Cosa emerge dall’incrocio di questi fattori?
Ad esempio l’Unione Sovietica aveva alti livelli di partecipazione, perché tutti avevano diritto di
voto, ma bassi livelli di competizione, perché c’era un solo partito; la Cina invece ha bassi livelli di
competizione e anche bassi livelli di inclusione perché non ci sono elezioni e c’è un solo partito,
questo tipo di regime è chiamato egemonia chiusa; ci sono regimi dove il livello di competizione
è alto ma l’inclusione è bassa, perché non tutta la popolazione è rappresentata, questi tipi di
regimi sono chiamati oligarchie competitive, tra l’altro proprio da un sistema simile si è
sviluppato in Inghilterra un allargamento dell’inclusione, attraverso i reform acts, grazie ai quali
sempre più fasce di popolazione sono state rappresentate; un altro tipo di regime è quello delle
egemonie inclusive, come le dittature moderne, nel quale l’inclusione è praticamente obbligata
ma la competizione è inesistente (U.R.S.S./ nazismo). In ne ci sono le poliarchie, cioè quei regimi
politici in qui sia il livello di partecipazione che quello di competizione sono ad un alto livello.

Ovviamente esistono dei livelli intermedi tra questi sistemi, quindi Dahl non classi ca
univocamente i regimi, grazie al suo diagramma vediamo che esistono regimi che si collocano in
vie intermedie.


5.2.2 tre misure di democrazia


Ci sono parecchie misure di erenti per la democrazia, noi ci so ermiamo sulle 3 principali:

1) PACL (Przeworki, Alvarez, Cheibub, Limongi), il sistema PACL de nisce un regime


democratico quello “in cui coloro che governano vengono scelti mediante elezioni
competitive”. Gli autori che hanno costruito questo sistema forniscono quattro regole
fondamentali per operazionalizzare ciò che per loro è il concetto di democrazia, se solo una di
queste regole non è rispettata allora il regime non è democratico. Le quattro regole sono:

- il capo dell’esecutivo viene eletto.

- il legislativo viene eletto.

- c’è più di un partito che compete alle elezioni.

- c’è stata un’alternanza al potere sotto identiche regole elettorali.

Come si vede, le elezioni sono fondamentali per il riconoscimento di una democrazia, ma gli
autori riconoscono anche che le elezioni non sono su cienti per distinguere una democrazia
da una autocrazia.

Questo sistema si fonda al pensiero di Dahl per due aspetti: in primo luogo corrisponde alla
visione minimalista di Dahl non prendendo in riferimento i risultati conseguiti dai diversi
Regimi, in secondo luogo si basa molto sulla nozione di competenza di Dahl. La di erenza da
Dahl è che questo sistema non prende assolutamente in considerazione l’inclusione (gli autori
si giusti cano dicendo che nell’arco di tempo preso per riferimento (1946-2000) i diversi paesi
considerati non mostrano variazioni rilevanti nel livello di inclusione, nel 1946 infatti quasi tutti
gli stati avevano introdotto il su ragio universale. In ne l’ultima di erenza con Dahl è che il
sistema PACL tratta i regimi in modo dicotomico (democrazia o dittatura), mentre Dahl li
sistema lungo un continuum, ai cui estremi si trova da un lato la dittatura e dall’altro la
democrazia.

2) POLITY IV Questo sistema assegna un punteggio, da 1 a 10, di democrazia e autocrazia a


ciascun paese; a partire da queste due misure viene poi costruito un indicatore sintetico
(polity score) calcolato, per ogni paese, sottraendo il punteggio di autocrazia a quello di
democrazia. Se il valore è inferiore a -6 il paese è autocratico, se il punteggio è superiore a 6 è

T.Bachi Pagina 2 di 19
fi
ff
ff
fi
ffi
fi
ff
fi
ff
fi
ff
democratico, tra -6 e 6 il sistema è misto. Questa misura prende l’idea di Dahl di sistemare i
regimi lungo un continuum.

3) FREEDOM HOUSE Tecnicamente non è un indicatore di democrazia ma viene usato come


tale. Il punteggio Freedom House si basa su due dimensioni che indicano il livello di tutela dei
diritti politici e dei diritti civili di un paese. Il grado di libertà lungo i diritti politici viene
misurato con 10 domande, ciascuna delle quali ottiene un punteggio da 0 a 4. Qualunque sia il
punteggio ottenuto, questo viene poi convertito in una scala da 1 a 7. Il grado di libertà lungo
i diritti civili viene misurato invece con una serie di 15 domande, ciascuna delle quali riceve
un punteggio da 1 a 4. Anche questo punteggio viene poi convertito in una scala da 1 a 7. Il
punteggio totale nale di ogni paese viene ottenuto facendo una media dei due punteggi
parziali. Freedom House è coerente con l’impostazione di Dahl anche rispetto alla
rappresentazione concettuale di una democrazia nei termini della sua collocazione lungo un
continuum che va da a:

Regime più dittatoriale<————————————>regime più democratico.

Tutte e tre le misure convergono di fatto negli stessi risultati.

CAP. 6 LE DETERMINANTI ECONOMICHE DELLA DEMOCRAZIA

6.1 teoria classica della modernizzazione


Venne originariamente adottata da economisti e storici dell’economia, ma fu ripresa alla ne degli
anni 50 da Seymour Lipset, scienziato politico. I teorici della modernizzazione sostengono che
quando una società passa dall’essere immatura o “tradizionale” all’essere matura o “moderna” ha
bisogno di dotarsi di un tipo di governo più adatto. Se le dittature sono sostenibili in società
immature, non lo sono in società mature e sviluppate economicamente. In e etti dalla democrazia
nasce la dittatura grazie allo sviluppo economico.

Nonostante Przeworski sottolinei la tesi della modernizzazione secondo cui un paese diventerà
democratico appena si svilupperà economicamente, Lipset sostiene che la teoria della
modernizzazione implica anche che la democrazia avrà maggiori probabilità di sopravvivere in
paese sviluppati economicamente.

Per riassumere, la teoria classica della modernizzazione dice che lo sviluppo economico aiuterà
sia la democrazia ad emergere sia a sopravvivere.

Una delle implicazioni centrali della teoria della modernizzazione è che dovrebbe esistere una
relazione stretta tra il livello di sviluppo economico di un paese e il fatto che esso sia o meno una
democrazia: prendendo per esempio la Cina, se questo paese diventerà ricco e moderno a tutti
gli e etti probabilmente ci sarà una forte spinta verso la democrazia, questo secondo Lipset, per
Przeworski invece non è così.

6.2 una variante della teoria della modernizzazione


Una critica spesso avanzata alla teoria della modernizzazione è che manca di un forte nesso
causale tra sviluppo economico e democrazia. Questa variante della teoria classica invece
sostiene che non è la ricchezza di per se a favorire la democrazia ma piuttosto i cambiamenti
della struttura socioeconomica di un paese che accompagnano lo sviluppo economico. Questa
variante della teoria incorpora una visione predatoria dello stato e aiuta a mostrare perché alcuni
governanti condividono il potere o limitano le loro attività di estrazione delle risorse (democrazia),
mentre altri non lo fanno (dittatura). Questa variante non soltanto spiega perché la democrazia ha
maggiori probabilità di emergere e sopravvivere nei paese ricchi, ma aiuta anche a spiegare
perché paese con abbondanti risorse naturali, come petrolio, diamanti o minerali, tendono a non
essere democrazie.

Una delle caratteristiche centrali della teoria della modernizzazione è l’idea che tutte le società
attraversino una serie di fasi economiche e politiche simili. Quando una società attraversa queste
fasi, la sua struttura di fondo si modi ca. Un cambiamento strutturale chiave ha a che vedere con
la dimensione relativa dei “settori” dell’economia. Secondo questa prospettiva tutte le economie
possono essere suddivise nello stesso insieme di settori.

T.Bachi Pagina 3 di 19
ff
fi
fi
ff
fi
Teoria della “maledizione delle risorse”
È una teoria supportata da molti studi empirici, la quale ci dice che paesi con abbondanza di
risorse naturali tendono ad avere cattiva amministrazione, bassi livelli di sviluppo, guerre civili e
dittature. La teoria sostiene che lo stato è sensibile ai bisogni dei proprietari di beni liquidi (risorse
come il denaro contante, i depositi bancari, e altri beni simili, che possono essere facilmente
convertite in altre risorse) e piuttosto indi erente rispetto ai proprietari di beni ssi (risorsa che
non può essere facilmente convertita in denaro contante), anche nel caso in cui dipenda da
entrambi. Questo suggerisce che quando gli stati dipendono dai proprietari di beni liquidi per
investimenti e risorse, essi saranno più propensi ad accettare limiti al proprio comportamento
predatorio. Questa inferenza è supportata da molti studi empirici che mostrano come la
democrazia emerge e sopravvive più di cilmente nei paesi in cui i proprietari di beni ssi sono
prevalenti. Per esempio, molti studi hanno mostrato che la democrazia ha minori probabilità di
emergere e sopravvivere laddove la produzione di petrolio è centrale per l’economia. Altri studi
hanno mostrato che la democrazia è meno comune e meno stabile in paese che fanno
a damento su altre risorse primarie, come i minerali e i diamanti, o la cui economia è dominata
da grandi proprietari terrieri. È da notare che l’esistenza di dittature ricche in virtù dell’abbondanza
di risorse naturali contraddice la tesi della teoria classica della modernizzazione secondo cui
l’aumento di ricchezza produce democrazia.

Mentre le risorse naturali come il petrolio sono considerate dannose per la democrazia, Bates e
Rogowski hanno entrambi sostenuto che quando il capitale umano diventa il motore dello
sviluppo in un’economia, gli stati sono costretti a scendere a patti con i proprietari di questi beni
in un modo che rende la democrazia quasi inevitabile.

6.2.2 aiuti allo sviluppo


Abbiamo capito che la democrazia ha scarse probabilità di emergere quando lo stato è
autonomo, cioè quando non dipende dalle elite economiche o, più in generale, dai suoi cittadini.
Questo suggerisce che qualsiasi cosa riduca la dipendenza dello stato dai suoi cittadini
danneggerà le prospettive democratiche, e solleva una questione interessante sull’uso degli aiuti
allo sviluppo. Fornendo aiuto allo sviluppo a uno stato, si riduce presumibilmente la dipendenza di
quello stato dai suoi cittadini. In molti casi, si riduce anche l’incentivo per lo stato a produrre
buone riforme economiche, rendendo cosi la vita del cittadino medio più misera e rendendo
ancora più necessari gli aiuto allo sviluppo in futuro. Un implicazione del nostro argomento,
quindi, è che fornire aiuti alle dittature -almeno quando gli aiuti ne riducono la dipendenza dai
cittadini- può in e etti inibire l’emergere della democrazia. Anche se è triste vedere i cittadini di un
altro paese vivere in condizioni di miseria sotto un pesante regime dittatoriale, cercare di
alleviarne la situazione fornendo aiuti allo sviluppo ai loro governi può, in determinate circostanze,
risultare in un prolungamento delle loro so erenze.

CAP. 7 LE DETERMINANTI CULTURALI DELLA DEMOCRAZIA


Gli argomenti di matrice culturalista sulla democrazia rientrano tipicamente in due categorie:
primordialisti e costruttivisti:

1) primordialisti: gli argomenti primordialisti trattano la cultura come qualcosa di oggettivo ed


ereditato; qualcosa che è stato ssato in un periodo “primordiale”. La cultura è un attributo
permanente e irriducibile dell’individuo. La cultura viene prima dell’interazione politica e non
viene modi cata, invece è la cultura a modi care e in uenzare il comportamento politico.

2) Costruttivisti: per i costruttivisti la cultura è qualcosa che viene “costruito” o “inventato”,


piuttosto che ereditato. La cultura è un processo relazionale di attribuzione dei signi cati,
attivato in speci ci contesti storici e sociali. Come i primordialisti, anche gli argomenti
costruttivisti a ermano che la cultura ha un e etto causale e che una cultura democratica è
necessaria per l’emergere e il prosperare della democrazia. Tuttavia i costruttivisti riconoscono
che le culture sono malleabili, e non sono date una volta per tutte, perché possono cambiare
in risposta ai comportamenti di attori sociali, politici ed economici.


ci sono due punti problemi a proposito degli approcci culturalisti:

- Quali parti della cultura sono importanti? Spesso i culturalisti non speci cano quali elementi
della cultura sono più importanti (linguaggio, religione, arte, etc.)

- Quali sono le relazioni causali? La cultura è una delle cause delle istituzioni democratiche? È
anche la causa dello sviluppo economico? Se la cultura è una causa della democrazia, è una
causa necessaria o su ciente? È una causa che favorisce l’emergere o solo la sopravvivenza
della democrazia? (Es. dopo la 2WW in Germania non c’era una cultura democratica, si è
T.Bachi Pagina 4 di 19
ffi
fi
ff
fi
ff
ffi
fi
ffi
ff
ff
fi
ff
fl
fi
fi
fi
fi
instaurata forzatamente la democrazia grazie agli alleati).

Tutto ciò è ancora oggetto di discussione

7.2. la democrazia richiede una cultura civica?


Gabriel Almond e Sidney Verba hanno riaperto il dibattito su cultura e democrazia negli anni 60
con il loro libro “la cultura civica”:

i due hanno svolto un indagine empirica, hanno studiato le attitudini medie della popolazione in
rapporto alle istituzioni politiche e hanno constatato quali sono le culture tipiche dei paesi più
stabili democraticamente, e quali solo le culture tipiche dei paese meno stabili dal punto di vista
della democrazia. Hanno scoperto che esistono alcune caratteristiche della cultura politica che
sono più appropriate per la nascita e il mantenimento della democrazia; questi elementi, tipici
delle culture civiche sono: la credenza di poter in uenzare le decisioni politiche, orientamenti
positivi ( ducia) verso le istituzioni politiche, elevati livelli di ducia interpersonale, preferenze per il
cambiamento graduale.

Esistono culture nelle quali non si trovano questi valori: sono le cosiddette culture suddite,
tipiche di quei paesi che necessitano di un leader autoritario, e le culture parrocchiali, tipiche dei
paesi nei quali la popolazione non è interessata alle istituzioni politiche, l’interesse è rivolto ai
propri a ari ristretti, questa cultura non alimenta il senso civico della popolazione.

Quindi secondo Almond e Verba, la cultura politica è determinata da come gli individui pensano e
sentono rispetto al sistema politico.

Anche nel lavoro dei due studiosi riscontriamo alcuni problemi: non è ancora chiara l'esatta
relazione causale tra cultura, sviluppo economico e democrazia. A tal proposito Barry sostiene
che studiosi come Almond e Verba abbiano invertito la direzione causale, e che sia altrettanto
plausibile pensare che l'esperienza con la democrazia favorisca l'emergere di una cultura
democratica quanto lo sia sostenere che una cultura civica sia la causa della democrazia.
Quindi per Brian Barry, il nesso è tra democrazia e cultura, è la democrazia che per Barry aiuta il
nascere e il mantenimento della cultura, in questo caso è la cultura che diventa la variabile
dipendente, tutti questi aspetti sono oggi ancora molto dibattuti e studiati.

Un limite dei sondaggi di Almond e Verba è che al massimo catturano il modo in cui la cultura
in uenza la stabilita democratica, ma non sono adatti per a rontare il problema del se una certa
cultura favorisce l’emergere delle democrazie: dovrebbero essere condotti fra le popolazioni dei
regimi autoritari (spesso i cittadini dei regimi autoritari dissimulano le loro vere preferenze). Un
altro limite dei sondaggi è che gli individui possono comprendere le stesse domande in modi
diversi. Le persone, sopratutto, tendono a concepire la democrazia in modi diversi in paesi
diversi: per esempio, la democrazia potrebbe evocare immagini di uguaglianza economica e
politica in alcuni, ma per altri potrebbe semplicemente signi care il sistema in cui si svolgono
elezioni competitive. D'altronde se neanche gli esperti riescono ad accordarsi sul signi cato del
termine democrazia, perché dovremmo aspettarci che individui diversi in paesi diversi abbiano in
mente lo stesso concetto quando rispondono alle domande di un sondaggio? Inoltre, è possibile
aspettarsi che la storia nazionale in uenzi il modo in cui gli individui valutano la democrazia.

7.3. religione e democrazia


Gli argomenti culturali hanno a rontato la questione del se la religione in uisca sull'instaurazione
e/o sulla stabilità della democrazia.

7.3.1. alcune religioni sono incompatibili con la democrazia?


Diversi studiosi hanno sostenuto che alcune religioni favoriscono il mantenimento della
democrazia, mentre altre no.

A tal proposito Weber è spesso ritenuto lo studioso che ha fornito il primo argomento sul legame
tra protestantesimo e democrazia nel suo libro L’etica protestante e lo spirito del capitalismo:
infatti il protestantesimo ha incoraggiato lo sviluppo economico, che ha sua volta ha creato una
borghesia la cui esistenza è stata sia un catalizzatore che una condizione necessaria per la
democrazia. Diversamente dal protestantesimo, il cattolicesimo è stato tradizionalmente visto
come antitetico alla democrazia. Ad esempio Lipset ha sostenuto che l’enfasi del cattolicesimo
verso una sola chiesa e una sola verità sia incompatibile con il bisogno della democrazia di
accettare come legittime varie ideologie diverse e concorrenti. Inoltre la chiesa cattolica ha
apertamente sostenuto l’italia fascista, la Spagna autoritaria di Franco e si è dimostrata
indulgente verso molte dittature in Sud America.

T.Bachi Pagina 5 di 19
fl
ff
fi
ff
fl
fl
fi
ff
fi
fl
fi
In anni più recenti il confucianesimo e l’islam sono arrivati a essere visti come ostacoli ancora
più grandi del cattolicesimo alla creazione della democrazia. Il confucianesimo perché sostiene il
rispetto dell’autorità, il comunitarismo e il consenso a scapito dei diritti individuali e della
competizione. L’islam perché ha una vena violenta che predispone all’autoritarismo, inoltre ha
l’incapacità di separare la sfera religiosa e politica, ed è propenso a un diseguale trattamento delle
donne.

Il professore sostiene una tesi diversa: tutte le religioni presentano elementi compatibili con la
democrazia e altri che non lo sono. Quindi è una questione empirica determinare se certe religioni
pongono particolari di coltà per l’instaurazione e la sopravvivenza della democrazia. Cosa ci dice
l’evidenza empirica? L’evidenza empirica suggerisce che è inopportuno considerare particolari
religioni come incompatibili con la democrazia in modo permanente. È probabile la tesi che la
posizione di diverse religioni nei confronti delle istituzioni politiche spesso dipende non tanto dal
contenuto della dottrina religiosa ma dagli interessi dei leader religiosi.

Possiamo quindi dire che tutte le religioni sono state compatibili con una varietà di istituzioni
politiche.

Alcune stime empiriche:

1) i paesi mussulmani sono ostili alla democrazia più per il fatto che sono poveri che per il fatto
di essere mussulmani, infatti ci sono paesi prevalentemente di religione mussulmana, come
l’Albania, i quali sono democratici seppur mussulmani.

2) Le diversità etniche non pregiudicano l’emergere delle democrazie, ma le rendono meno


stabili. Paesi dove coesistono grandi di erenze etniche hanno più possibilità di far emergere
con itti al loro interno, rendendo instabile la democrazia.

CAP. 8 TRANSIZIONI DEMOCRATICHE


Il numero di paesi indipendenti nel mondo è cresciuto da 67 nel 1946 a 190 nel 2000. Questo
aumento nel numero di paesi indipendenti è stato per la maggior parte il risultato del rapido
processo di decolonizzazione imposto le potenze europee negli anni 50 e 60 e del crollo
dell'unione sovietica nei primi anni 90.

Nonostante ciò nel 1977 c'erano 2,6 dittature per ogni democrazia e solo il 28% dei paesi del
mondo era democratico. La metà degli anni 60, tuttavia, segna l'inizio di un'era di
democratizzazione che Samuel Huntington chiama la terza ondata di democratizzazione.

Ci sono due modalità di transizione verso il modello democratico:

8.1 transizione dal basso


Uno dei più impressionanti esempi di transizione democratica dal basso avvenne in Germania est,
nel novembre 1989 quando proteste per le strade di Lipsia e Berlino hanno costretto il governo ad
aprire il muro di Berlino e consentire a libere elezioni. Il risultato fu la nascita di una Germania est
democratica e, alla ne, la riuni cazione della Germania nel 1990. Questi fatti furono molto
scioccanti per gli osservatori dell'epoca: la Germania est appariva ben lontana dall'essere sull'orlo
del collasso nel 1989. Il collasso che si veri cò ebbe più a che vedere con l'elezione di Mikhail
Gorbaciov a segretario generale del partito comunista l'11 marzo del 1985, Gorbaciov aveva
ereditato l'unione sovietica in crisi: l'economia che andava così bene nel periodo postbellico
aveva iniziato a stagnare nella metà degli anni 80 e, nel 1979 l'invasione sovietica dell'Afghanistan
per appoggiare un governo comunista contro i ribelli islamici, stava consumando importanti
risorse. Nell’89 il disastro di Chernobyl rivelò la natura disfunzionale dello Stato sovietico
profondamente sclerotico e segreto: come nota Hitchcock, il direttore dell'impianto nucleare di
Chernobyl “reagì all'esplosione in uno stile tipicamente sovietico: al sicuro mosca sul fatto che,
nonostante l’incidente, i livelli di radiazione erano normali; Poi ordinò che le linee telefoniche
venissero tagliate”.

Gorbaciov rispose a questa crisi con due politiche di riforma chiamate perestrojka e glasnost.
Perestrojka era una politica mirata alla liberalizzazione dell'economia; glasnost era una politica
concepita per aumentare l'apertura politica e incoraggiare la libertà di espressione. La speranza
del segretario era che le riforme introdotte salvassero l'unione sovietica; di certo non si aspettava
che avrebbero facilitato il suo collasso.

La transizione dal basso avviene quando una mobilitazione popolare porta a rovesciamento di un
regime autoritario. La transizione che arrivò in Germania nel 1989 non è l'unico caso di transizione
dal basso, ci sono molti altri casi: poche settimane dopo la caduta del muro di Berlino, ad
esempio, le proteste di massa portarono a rovesciamento del governo comunista in
Cecoslovacchia in quella che divenne poi nota come la rivoluzione di velluto perché non fu
violenta; poche settimane dopo, nel dicembre del 1989, la folla giocò un ruolo essenziale nella
T.Bachi Pagina 6 di 19
fl
fi
ffi
fi
ff
fi
rimozione della dittatura di Nicolae Ceausescu in Romania.


8.1.2 Teoria dell’azione collettiva


L'azione collettiva si riferisce al perseguimento di un obiettivo da parte di un gruppo di individui.
Tipicamente, gli obiettivi sono una qualche forma di bene pubblico.

Un bene pubblico a due caratteristiche:

- la non escludibilità: un bene è non escludibile se non si può impedire alle persone che non
hanno contribuito alla sua fornitura di usufruirne.

- La non rivalità: un bene è non rivale se il suo consumo, da parte di un individuo, non riduce
l'ammontare di bene disponibile per essere consumato dagli altri.

non è facile attivare l’azione collettiva, spesso i singoli membri di un gruppo sono poco
incentivati a contribuire alla fornitura di un bene pubblico che andrebbe a bene cio di tutti i
membri del gruppo. Le azioni collettive comunque hanno il problema che, paradossalmente,
hanno minor possibilità di successo quando il numero dei membri del gruppo è inferiore al
numero di persone che traggono bene ci dall’azioni, quindi i leader avranno maggiore successo
se diranno ai loro seguaci che il successo dipende dall’azione di tutti, piuttosto che di alcuni. La
dimensione del gruppo è importante perché in uenza la probabilità che ci si ritenga cruciali al
successo dell’azione collettiva. Le dimensioni in uenzano la capacita di “monitoraggio” e
“punizione”: gruppi grandi caratterizzati da alti livelli di non partecipazione, mentre gruppi
piccoli sono più e caci nell’organizzare l’azione collettiva.

In molti casi il problema dell’azione collettiva spiega la stabilita dei regimi autoritari anche quando
sono impopolari: non è facile instaurare un azione collettiva contro un regime autoritario.

8.1.3 modelli di ribaltamento


Nei sistemi autoritari c’è anche un altro problema: quello della dissimulazione delle preferenze:
è di cile sapere qual’è il livello reale di opposizione al regime in una dittatura perché
pubblicamente le persone non esprimono il loro reale livello di gradimento. Esiste pero un livello di
individui, denominato soglia rivoluzionaria, che spinge un singolo individuo a partecipare ad una
protesta (ad es. io potrei partecipare ad una protesta solo se so che altre 100 persone protestano,
allora 100 è la mia soglia rivoluzionaria). Ovviamente la soglia rivoluzionaria cambia in ogni
individuo: alcune persone sono molto coraggiose e sono disposte a opporsi alle regole dittatoriali
a dispetto di ciò che fanno gli altri, per esempio, Andrej Sacharov era un dissidente politico che
s dò lo stato di polizia e le politiche sovietiche sugli armamenti nucleari, a di erenza di Sacharov,
molti potrebbero essere spaventati e non disposti a mostrare pubblicamente il proprio dissenso
alla dittatura a meno che non lo facciano anche molte altre persone.

La distribuzione delle soglie rivoluzionarie può dipendere dal periodo e dal contesto: talvolta
anche solo un lieve spostamento di una sola persona più avere e etti signi cativi sulle dimensioni
e sulla probabilità di successo di una protesta: ciò può provocare una cascata rivoluzionaria.

Modello di Kuran (importanza della distribuzione delle soglie rivoluzionarie)

1) piccola modi ca che determina un grande cambiamento:

- A1= (0,2,2,3,4,5,6,7,8,10)> solo uno partecipa, perché il secondo elemento, che ha la soglia 2,
partecipa solo se partecipano due persone, e qua ne partecipa solo una.

- A2= (0,1,2,3,4,5,6,7,8,10)> in questo caso la soglia del secondo individuo è a 1, in questo modo
allora tutti si mobilitano; abbiamo una cascata rivoluzionaria!!


2) piccola modi ca che non cambia le cose:

- B1= (0,2,3,3,4,5,6,7,8,10)> solo un soggetto partecipa, cioè quello che ha la soglia al livello 0

- B2= (0,1,3,3,4,5,6,7,8,10)> solo due soggetti partecipano, quello con la soglia a 0 e quello con
la soglia a 1, quello che ha la soglia a 3 non partecipa, perché avrebbe bisogno di 3 persone a
protestare, ma ce ne sono solo 2.

3) quando fattori potenzialmente scatenanti non innescano, data una certa distribuzione delle
soglie, una cascata rivoluzionaria:

C1= (0,2,2,2,2,2,2,2,2,10), in questo caso, se il secondo individuo non abbassa la sua soglia di 1
elemento, allora rimarrà soltanto un grande malcontento (perché hanno tutti una soglia bassa), ma
non si scatenerà nessuna protesta.

T.Bachi Pagina 7 di 19
fi
ffi
fi
fi
ffi
fi
fl
fl
ff
fi
ff
fi
Le soglie possono cambiare per motivi come: la recessione, l’introduzione di una politica
repressiva, le crisi rendono le rivoluzioni più probabili, ma non inevitabili.

Un vantaggio delle democrazie è che essendo più trasparenti e competitive ci consentono di


capire meglio gli stati di umore della popolazione, prima che sia troppo tardi.

8.2 transizione dall’alto


Alcune transizioni verso la democrazia non si veri cano grazie un processo dal basso come
accade in Germania est, invece, le transizioni democratiche sono il risultato di una politica di
liberalizzazione da parte delle stesse élite autoritarie.


le transizioni dall’alto spesso emergono da una distinzione tra riformisti e conservatori dentro un
regime autoritario.

Mentre i conservatori sono soddisfatti dallo status quo, I riformisti preferiscono la liberalizzazione
e l’ampliamento della base sociale della dittatura nel tentativo di guadagnare alleati e ra orzare la
loro posizione nei confronti dei conservatori. Una politica di liberalizzazione comporta un'apertura
controllata dello spazio politico che potrebbe includere la formazione di partiti politici, l'indizione
di elezioni, la stesura di una costituzione e l'istituzione di un sistema giudiziario etc. Ovviamente
l’obbiettivo dei riformisti non è l’istituzione della democrazia, ma l’inclusione di vari gruppi di
opposizione nelle istituzioni autoritarie, per creare una “dittatura allargata”. (Vale la pena notare
che le dittature allargate caratterizzate da istituzioni apparentemente democratiche, come le
elezioni, i partiti e le legislature, sono sempre più di use nel mondo).

Le liberalizzazioni possono in alcune circostanze migliorare la stabilita del regime, tuttavia, i


riformisti non possono garantire questo esito, poiché il processo di liberalizzazione è
intrinsecamente instabile.

Se i riformisti liberalizzano, l’opposizione ha due opzioni:

1) accettare le concessioni e entrare nelle istituzioni autoritarie;

2) Trarre vantaggio delle nuove libertà per organizzarsi e mobilitarsi contro il regime;

Come mai le élite riformiste accettano questo gioco, magari scon ggendo la componente
conservatrice del regime autoritario, sapendo anche che questo potrebbe portare alla
trasformazione del regime che loro non vogliono?

Nonostante il rischio noi sappiamo che le transizioni verso la democrazia dall'alto avvengono se i
riformisti sono incerti del tipo di opposizione (debole o forte) che devono a rontare.

Gioco a informazione incompleta (i riformisti non sanno se l’opposizione è forte o debole):


Se i riformisti pensano di giocare il gioco in cui l'opposizione è debole, allora sceglieranno di
liberalizzare e aprire lo spazio politico perché si aspettano che l'opposizione entri in una dittatura
allargata. Ma cosa succede se riformisti hanno credenze sbagliate sulla forza dell'opposizione
democratica, cosa succede se l'opposizione è in realtà forte? In questo caso l'opposizione
democratica forte sceglierà di continuare a mobilitarsi quando i riformisti apriranno, e non appena
i riformisti vedranno l'opposizione organizzarsi si renderanno conto di aver commesso un errore
perché sapranno che solo un’ opposizione forte intraprenderebbe un'azione del genere, mentre
un’ opposizione debole entrerebbe in una dittatura allargata… Ora che sanno che l'opposizione è
forte, sanno che la repressione avrà un esito negativo e quindi l’unica soluzione è quella di
permettere un ulteriore democratizzazione. Alla ne il risultato è una transizione democratica
dall'alto.

Se il gioco è a informazione completa gli unici due esiti possibili sono una “dittatura allargata” o
lo “status quo”: se l’opposizione è debole i riformisti possono tentare l’apertura; se è forte,
anch’essi preferiscono lo status quo.

Se il gioco è informazione incompleta e i riformisti non sanno che tipo di opposizione hanno di
fronte (se debole o forte): allora i riformisti possono avere credenze o informazioni sbagliate. Se le
opposizioni sono forti può avviarsi una transizione democratica (Gorbaciov ad esempio non
voleva rovesciare il regime sovietico, voleva riformarlo, allargarlo e ra orzarlo, ma sottovalutò
l’opposizione, capace di mobilitarsi grazie a questo allargamento, e di rovesciare il regime).

T.Bachi Pagina 8 di 19
fi
fi
ff
fi
ff
ff
ff
CAP. 11 CLASSIFICARE LE DEMOCRAZIE PARLAMENTARI, PRESIDENZIALI E MISTE
Quali sono le di erenze fondamentali tra i tipi di democrazie?

- Distinzione in base alle forme di governo: parlamentari, presidenziali e miste.

- Una democrazia presidenziale è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo non
dipende da una maggioranza legislativa.

- Una democrazia parlamentare è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo dipende
solo da una maggioranza legislativa.

- Una democrazia mista è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo dipende sia da
una maggioranza legislativa sia da un presidente eletto in modo indipendente.

Possiamo porci tre domande basilari per poter classi care le democrazie:

11.1.1 Il governo è
responsabile di fronte a
un legislativo eletto?

La responsabilità
legislativa implica che
una maggioranza
legislativa abbia il potere
costituzionale di destituire
il governo dal suo incarico
senza una giusta causa.
Nelle democrazie in cui vige la responsabilità legislativa, Il meccanismo per il quale il legislativo
può destituire il governo è il voto di s ducia.
in alcuni paesi vige l’istituto della s ducia costruttiva, per ridurre l’instabilità del governo, ciò
signi ca che per aprire una crisi devi avere già disponibile una alternativa di governo. La s ducia
costruttiva consente di ridurre i casi in cui piccoli partiti fanno cadere il governo senza poter
provvedere a trovare una alternativa. La s ducia costruttiva rende impossibili le crisi al buio, che
fanno cadere i governi senza avere una alternativa,

La stabilita di governo è importante perché consente ai politici di attuare politiche lungimiranti,


senza dover badare troppo al consenso giornaliero, quindi molti studiosi e scienziati politici
sostengono l’utilità della s ducia costruttiva.

In alcuni paesi si dispone anche del voto di ducia, proposto dai governi (es. italia), che è una
mossa per compattare un partito o una coalizione divisi e per far passare un provvedimento
sgradito. Infatti se non passa il voto di ducia il governo si scioglie. Spesso il voto di ducia è
legato a leggi speci che: se un governo è incerto riguardo alla propria capacità di ottenere un
adeguato sostegno per fare approvare una legge, può decidere di trasformare il voto su questa
legge in un voto sulla sopravvivenza del governo stesso

11.1.2 C’è un presidente eletto in modo indipendente?

"Eletto in modo indipendente" si riferisce all'indipendenza del presidente rispetto al legislativo. Il


presidente è eletto per restare in carica un tempo pre ssato e non può essere destituito dal
legislativo. I presidenti possono essere eletti direttamente, se gli elettori votano per il candidato
che desiderano scegliere, o eletti indirettamente, sì gli elettori votano per eleggere un'assemblea il
cui compito consiste nell'eleggere un presidente, come in Italia.

I presidente eletti in modo indipendente possono esistere in tutti i tipi di democrazia: nelle
democrazie presidenziali (U.S.A), parlamentari (italia, Germania, Grecia) e miste (come in Finlandia
prima del 1999).

Il titolo di presidente, però, non è necessario né su ciente a quali care la democrazia come
parlamentare, presidenziale o mista. La caratteristica distintiva di un regime presidenziale infatti
non è che ci sia un presidente eletto in modo indipendente, ma, piuttosto, che non ci sia la
responsabilità legislativa. Infatti i presidenti eletti in modo indipendente possono esistere in tutti e
tre tipi di democrazia come abbiamo visto.

Anche se la presenza di un presidente eletto in modo indipendente non è condizione necessaria


né su ciente per distinguere tra i tre tipi di democrazia, possiamo dire che qualunque democrazia
prevede la responsabilità legislativa, ma non un presidente eletto in modo indipendente, è
parlamentare. Eppure, come abbiamo visto, alcune democrazie parlamentari hanno presidenti

T.Bachi Pagina 9 di 19
fi
ffi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
eletti in modo indipendente.per distinguere tra queste democrazie parlamentari e le democrazie
miste dobbiamo porre una terza domanda:

11.1.3 Il governo è responsabile di fronte al presidente?

I governi sono responsabili di fronte ad un presidente in modo diretto se il presidente può


sciogliere, in modo unilaterale, il governo nella sua interezza o destituire un ministro alla volta,
tipico delle democrazie presidenziali. In modo indiretto se il presidente può destituire il governo
sciogliendo il legislativo, tipico delle democrazie parlamentari.

- Le democrazie in cui il governo è responsabile sia di fronte a un legislativo che a un presidente


eletto in modo indipendente sono miste.

- Le democrazie in cui il governo è responsabile solo di fronte al legislativo sono parlamentari.

11.2 Democrazie parlamentari


Nelle democrazie parlamentari il governo è costituito da un primo ministro e un gabinetto
(equivalente ad un Consiglio di amministrazione di un paese). Il primo ministro è il capo politico
dell’esecutivo e il leader del governo, la posizione del primo ministro è indicata con titoli diversi
nei vari paesI. Primo ministro, presidente del consiglio etc.

In teoria sussiste una responsabilità ministeriale, signi ca che i ministri devono assumersi la
responsabilità ultima di ciò che accade nel loro ministero, tuttavia in genere i ministri del gabinetto
sono vincolati alla responsabilità collettiva del gabinetto.

11.2.2 formazione del governo


In alcuni paesi è necessario il “voto di investitura”, in altri i governi devono godere almeno del
“sostegno implicito” della maggioranza. Se un partito controlla la maggioranza si forma un
governo di maggioranza a partito unico (cosiddetto “party government”), altrimenti si forma un
governo di coalizione.

Qual’è il ruolo del Capo dello stato nella formazione del governo?
Il capo di Stato presiede il processo di formazione del governo ed è lui che, in ultima analisi,
investe un governo con l'autorità costituzionale per entrare in carica.

In alcuni stati designa il formatore, cioè la persona designata a formare il governo (spesso il
formatore è il Primo Ministro), in altri è invece più vincolato e deve scegliere necessariamente il
leader del partito più forte (come in U.K.), in altri meno e può scegliere più liberamente, come in
Irlanda e in Rep. Ceca.

In altri paesi svolge il ruolo di informatore, cioè esamina le colazioni politicamente fattibili e
nomina il formatore.

Nei sistemi pluripartitici si devono solitamente formare governi di coalizione: ma come si possono
prevedere le coalizioni più probabili?

Esistono dei modelli che fanno delle previsioni in base al fatto che i partiti siano orientati alle
cariche o orientati alle politiche:

A) se i partiti sono orientati alle cariche si veri cherà la cosiddetta legge di Gamson: i partiti
otterranno un numero di ministeri in numero strettamente proporzionale al numero dei seggi. Si
a ermeranno le coalizioni minime vincenti, cioè le coalizioni che contengono solo i partiti
strettamente necessari per la formazione del governo.

B) se i partiti sono orientati alle politiche, non solo cercheranno di ottenere più ministeri possibili,
ma vorranno garantirsi esiti il più vicini possibile ai propri valori, per fare questo i partiti dovranno
coalizzarsi con altri partiti ideologicamente vicini agli ideali del proprio. Potremo prevedere quindi
che a parità di connessione e vicinanza politica sarà più probabile che si formino colazioni
connesse minime, cioè una coalizione in cui i partiti membri si collocano uno accanto all’altro
nello spazio politico.

In realtà i partiti sono interessati sia alle cariche che alle politiche: un politico interessato alle
politiche avrà infatti bisogno di cariche per attuare i suoi piani, e viceversa, un politico interessato
alle cariche dovrà attuare delle politiche e caci per vincere ed ottenere le cariche.

11.2.4 diversi tipi di governo


T.Bachi Pagina 10 di 19
ff
ffi
fi
fi
Sappiamo che, in una democrazia parlamentare, un governo deve controllare la maggioranza
legislativa per salire al potere e per rimanere in carica. Finora abbiamo assunto che i governi
debbano comprendere un numero su ciente di partiti in modo da controllare esplicitamente una
maggioranza di seggi. Tuttavia ci sono casi in cui si veri cano tali eccezioni:

- governi di minoranza: si veri cano quando il partito o i partiti al potere non dispongono
esplicitamente di una maggioranza dei seggi legislativi. Possono essere a partito unico e a
coalizioni di minoranza. I governi di minoranza rimangono in carica perché l’opposizione è
abbastanza grande da poter destituire il governo ogni volta che vuole farlo. Un governo di
minoranza può esistere solo nche l’opposizione non lo fa cadere. I governi di minoranza sono
facilitati dalla forza delle commissioni parlamentari: quando le commissioni parlamentari
hanno un potere di in uenza sulle politiche, allora le opposizioni possono farsi valere e avere un
in uenza sulle politiche dentro le commissioni, quindi possono lasciare il governo alla
minoranza e far valere le proprie politiche nelle commissioni parlamentari. Un’ altra facilitazione
è data dal corporativismo, che si veri ca quando le forze politiche e sociali organizzano dei
tavoli negoziali sui quali impostano molte politiche pubbliche, in questo caso essere dentro il
governo non è importante, perché si può essere rilevanti anche ai tavoli negoziali.

Un’altra spiegazione per la presenza di governi di minoranza, l’ipotesi del partito forte, si
concentra sulle divisioni politiche all'interno dell'opposizione: un governo di minoranza è in
grado di sopravvivere e di essere stabile se i partiti di opposizione non riescono ad accordarsi
su chi dovrebbe sostituirlo (come successe spesso per i DC in italia). Questi partiti riuscirono
spesso a formare governi di minoranza, essendo partiti relativamente grandi e situati al centro
dello spazio ideologico, con partiti di opposizione su entrambi i lati. Questi partiti, spesso
de niti partiti "forti", rivendicarono per sé la possibilità di governare da soli, perché i loro
avversari non riuscirono a mettersi d’accordo su un governo alternativo.

Sono state proposte numerose teorie per spiegare l'enigma del perché esistano governi di
minoranza, tutte queste teorie sottolineano l'importanza delle politiche nel processo di
formazione del governo. Se i politici si preoccupassero solo delle cariche, sarebbe di cile
capire perché un partito non governativo dovrebbe scegliere di non far parte del gabinetto,
quando hai il potere di imporre la propria partecipazione al gabinetto stesso.

- Governi a maggioranza soprannumeraria: si veri cano quando la maggioranza è data da più


partiti di quanti ne sono necessari. Questo accade per svariati motivi: 

a) periodi di crisi economica o militare, in Inghilterra, durante la 2WW si formò un governo di
coalizione tra i laburisti e i conservatori, anche in italia ci furono dei governi di coalizione tra DC
e PCI per a rontare il terrorismo e la crisi; 

b) approvazione di leggi a maggioranza quali cata; 

c) presenza di partiti che ricattano: per prevenire il fenomeno di partiti che ti ricattano
minacciando di uscire dalla coalizione il governo può assicurarsi di essere più numeroso dello
strettamente necessario, in questo modo, anche se i partiti minacciassero di uscire dalla
coalizione, il governo continuerebbe ad avere la certezza di governare.

Tutte queste possibili spiegazioni sottolineano l'importanza delle politiche nel processo di
formazione del governo (come nei governi di minoranza): se i politici fossero esclusivamente
interessati alle cariche sarebbe di cile capire perché dovrebbero formarsi i governi a
maggioranza soprannumeraria, dato che richiedono agli attori politici di rinunciare alle cariche
quando non è necessario.

11.2.5 Coalizioni pre-elettorali


Le coalizioni pre-elettorali sono insiemi di partiti che non competono in modo indipendente
durante le elezioni. I partiti possono formare una coalizione pre elettorale con un altro partito (o
con altri partiti) prima delle elezioni, nella speranza di governare insieme in caso di successo alle
urne, o possono competere in modo indipendente e sperare di formare una coalizione di governo
dopo le elezioni. Molti studiosi hanno ignorato le coalizioni pre-elettorali, concentrando
l'attenzione sulle coalizioni di governo. Un'eccezione è Golder, il quale ha dimostrato che le
coalizioni pre-elettorali sono comuni e che inoltre la loro presenza in uenza i risultati delle elezioni
E ha un grande impatto sulle politiche e sulle normative. Esistono diversi tipi di coalizioni
preelettorali in base al grado in cui i partiti coordinano le loro strategie elettorali,

In ordine di impegno:

1. Impegno pubblico a governare insieme;

T.Bachi Pagina 11 di 19
fl
fi
ff
fl
fi
fi
ffi
ffi
fi
fi
fi
fi
fl
ffi
2. Istruzioni per il trasferimento di voto;

3. Istruzioni per il doppio voto (quando gli elettori sono



invitati a esprimere un voto per il loro candidato e un 

secondo voto per un candidato del partito di coalizione);

4. Liste comuni;

5. Accordo sulle nomine;

11.2.6 Durata dei governi


In base a quali fattori i governi durano di più o di meno?

-Durano più a lungo i governi di maggioranza rispetto a quelli di minoranza;

-Durano più a lungo i governi composti da un unico partito;



-Durano meno a lungo i governi quando ci sono molti partiti in parlamento;

-Durano meno a lungo quando è richiesto il voto di investitura.


11.3 Democrazie presidenziali
Nelle democrazie parlamentari non c’è la responsabilità legislativa.

Anche nei sistemi presidenziali quindi il presidente può essere interessato a formare governi di
coalizione. Se il presidente ha forti poteri legislativi si possono anche insediare al governo molti
tecnici, perché il presidente non ha un rapporto di dipendenza dal parlamento, se invece i poteri
legislativi del presidente sono deboli aumenta la presenza di ministri parlamentari.

11.3.1 il processo di formazione del governo


Il governo in una democrazia presidenziale è composto dal presidente e dal suo gabinetto. In un
sistema presidenziale, il presidente è il capo politico dell'esecutivo e il leader del governo; è
anche il capo di Stato. Il processo di formazione del governo nelle repubbliche presidenziali è in
molti punti diverso rispetto a quello delle democrazie parlamentari: un primo punto è che nei
sistemi presidenziali i governi non devono mantenere il sostegno della maggioranza legislativa,
come devono farlo nei sistemi parlamentari. In secondo luogo, a di erenza di quanto avviene nella
maggior parte dei sistemi parlamentari, nelle democrazie presidenziali si è certi riguardo
all'identità del formatore. Infatti, il presidente è sempre il formatore. In ne, il fatto che il presidente
è sempre il formatore signi ca che il partito del presidente deve essere incluso in ogni gabinetto, a
prescindere dal suo numero di seggi in parlamento.

11.3.2 le dimensioni dei gabinetti presidenziali.


Ovviamente, i presidenti formano gabinetti di maggioranza quando il loro partito controlla la
maggioranza dei seggi legislativi, ma cosa succede quando il partito del presidente non è un
partito di maggioranza? La risposta è che i presidenti non hanno alcun obbligo costituzionale di
formare gabinetti di maggioranza -sono liberi di formare un gabinetto di minoranza. Alcuni di
questi governi presidenziali di minoranza governano con il sostegno di una maggioranza
legislativa implicita: cioè uno o più partiti di opposizione legislativo sostengono il governo senza
ricevere incarichi nel gabinetto.

11.4 Democrazie miste


Nelle democrazie miste il governo dipende sia dal presidente che dal parlamento.

Il governo in una democrazia mista comprende un Primo Ministro e un gabinetto come in una
democrazia parlamentare. Tuttavia, mentre in una democrazia parlamentare il ramo esecutivo e il
governo sono la stessa cosa, non è così in una democrazia mista. In quest'ultima infatti il ramo
esecutivo comprende il governo e un presidente -Il presidente fa parte del ramo esecutivo, ma
non fa parte del governo. Sia il presidente sia il Primo Ministro sono coinvolti nella quotidiana
amministrazione dello Stato.il modo speci co in cui il potere esecutivo è diviso tra presidente e
Primo Ministro varia da una democrazia mista all'altra (di solito però il presidente ha più in uenza
in materia di politica estera, mentre il Primo Ministro ne ha di più in materia di politica interna).

Non c'è nulla che in questo tipo di democrazia garantisca che il presidente e il Primo Ministro
provengono dallo stesso partito. I periodi in cui politici di diversi partiti detengono le posizioni di
presidente e di Primo Ministro sono spesso de niti come periodi di coabitazione. Ma, nelle
democrazie miste, spetta quasi sempre al presidente nominare il primo ministro, quindi perché
mai il presidente dovrebbe nominare un Primo Ministro di un altro partito politico? La risposta ha
a che fare con il fatto che il governo (Primo Ministro e gabinetto) deve godere del sostegno di una
maggioranza legislativa per restare in carica. Così, può essere necessario che un presidente
nomini un Primo Ministro di un partito di opposizione, quando il partito del presidente non
controlla una maggioranza dei seggi legislativi. La Francia, ad esempio, ha sperimentato tre
T.Bachi Pagina 12 di 19
fi
fi
fi
ff
fi
fl
periodi di coabitazione, a partire dal 1986. La coabitazione avrebbe potuto veri carsi anche prima,
nel 1981, quando un presidente socialista (Mitterrand) fu eletto dagli elettori francesi per un
mandato di sette anni; a quel tempo il legislativo era controllato da una coalizione di destra.
Entrando in carica, però, Mitterrand usò il proprio potere costituzionale per sciogliere il legislativo
e indire nuove elezioni legislative nelle quali il partito socialista ottenne la maggioranza assoluta
dei seggi, evitando la coabitazione.

Anche altre democrazie come lo Sri Lanka hanno fatto esperienza di coabitazioni: nel 2001 la
presidentessa Chandrika Kumaratunga, dell'alleanza del popolo, fu costretta a nominare il suo
avversario politico, Ranil Wickremasinghe, del Partito Nazionale unitario, come primo ministro,
dopo il successo del UNP alle elezioni legislative. Questi due politici avevano posizioni
completamente opposte in merito alla necessità di negoziare con le Tigri per la liberazione della
patria Tamil, per porre ne alla decennale guerra civile. Prima del 2001, la presidentessa aveva
adottato un approccio strettamente militare, ma il Primo Ministro avviò immediatamente dei
negoziati e, alla ne, rmò un cessate il fuoco permanente nel 2002. Nel 2003, dopo aver indicato
che era pronta a destituire il Primo Ministro se avesse fatto troppe concessioni, la presidentessa
sospese il parlamento e dispiegò le truppe per prendere il controllo del paese mentre il Primo
Ministro era in visita negli USA. Il periodo di coabitazione, si concluse quindi con la dichiarazione,
da parte della presidentessa, dello stato di emergenza.

CAP. 13 FRATTURE SOCIALI E SISTEMI DI PARTITO


I partiti sono “gruppi di funzionari o aspiranti funzionari che sono legati a un gruppo consistente di
cittadini tramite un organizzazione; uno degli obbiettivi principali di queste organizzazioni è fare in
modo che i loro funzionari conquistino potere e lo conservino”.

13.1. Quali sono le funzioni dei partiti?


1) Strutturano il mondo politico sia per le élite sia per le masse. Immaginiamo un mondo in cui
ogni parlamentare sia privo di qualunque legame istituzionalizzato con gli altri parlamentari, in
questo contesto ci sarà un dissenso su quali siano le politiche più appropriate da prendere; I
partiti contribuiscono a superare questi problemi coordinando le azioni dei singoli legislatori e
sempli cando lo spazio politico.

2) Reclutamento, selezione e socializzazione delle élite politiche. Questo aspetto, ai giorni


d’oggi, sta sminuendo: con la crisi dei partiti recente, questa funzione si è ridotta e se ne
possono osservare le conseguenze.

3) Mobilitazione delle masse: i partiti politici sono strumenti di primaria importanza per la
mobilitazione delle masse. Ciò è particolarmente importante in fase elettorale, quando i
comuni cittadini vanno incoraggiati a recarsi alle urne. Una vasta letteratura in scienza politica
dimostra che i cittadini non sono naturalmente inclini a votare, perché presentarsi ai seggi è
costoso -ci vuole tempo, hanno altro da fare, e cosi via-. La capacità di mobilitare le masse
può essere importante anche quando non si tengono le elezioni: per esempio, nel 1978 il
presidente Charles de Gaulle uso il partito gollista per mobilitare i sostenitori contro le proteste
degli studenti e degli operai. Quella che in origine era una protesta studentesca limitata sfugge
di mano al governo nel momento in cui la polizia usò i gas lacrimogeni, Gli arresti di massa e
le manganellate per disperdere gli studenti. La protesta si trasformò rapidamente in una crisi
sociale e De Gaulle, che aveva tenuto no a quel momento un pro lo basso, tenne un
discorso radiofonico che faceva leva sulla storica paura dei francesi per una possibile
rivoluzione comunista. Disse che avrebbe sciolto l'assemblea nazionale e che il paese
rischiava una dittatura comunista. Invitò anche i cittadini a schierarsi in difesa della
Repubblica contro gli studenti e gli operai “comunisti”. Come osserva Hitchcock: "entro
un'ora dal discorso di De Gaulle, cominciarono a radunarsi delle folle in Place de la Concorde,
circa mezzo milione di persone si riversò nelle strade e marciò lungo gli Champes-Elysée
dietro i leader del partito gollista e dei partiti di destra”. Questo spiega come si potrebbero
usare i partiti per mobilitare le masse a sostegno di un regime, ma anche contro un regime.

4) Legame tra governanti e governati: i partiti creano un collegamento tra i governanti e i


governati: per la maggior parte degli studiosi della democrazia, i governi democratici
dovrebbero ri ettere le preferenze dei loro cittadini. Come abbiamo visto, il partito politico è il
mezzo principale per assicurare che le preferenze dei cittadini si ri ettano nella politica
governativa. Anzi, la funzione principale di un partito politico in una democrazia è
probabilmente quella di rappresentare, formulare e promuovere gli interessi e le cause
politiche dei suoi sostenitori.

T.Bachi Pagina 13 di 19
fi
fl
fi
fi
fi
fi
fl
fi
fi
I partiti sono, in ultima istanza, fondamentali, ma spesso non assolvono alle loro funzioni e non
sono adeguati al loro ruolo.

13.2 i sistemi di partito


Possiamo identi care cinque tipi diversi di sistema di partito:

1) Sistema apartitico: sistema dove non esistono partiti politici u ciali;

2) Sistema a partito unico: esiste solo nei sistemi autoritari, in questo sistema un solo partito è
legalmente autorizzato a detenere il potere (partito comunista nella Russia sovietica);

3) Sistema dominato da un solo partito: È quello in cui potrebbero operare legalmente più
partiti, ma solo un determinato partito ha realistiche probabilità di salire al potere;

4) Bipartitico: È quello in cui solo due grandi partiti politici hanno una realistica probabilità di
detenere il potere, come quelli inglesi e americani.

5) Multipartitico: è quello in cui più di due partiti hanno una realistica probabilità di detenere il
potere

La maggior parte delle democrazie è multipartitica.

Con quali criteri contare? Il sistema più accreditato (indice di Laasko e Taagepera) usa la
percentuale dei seggi e il numero e ettivo dei <<partiti legislativi>> (si guarda non solo al numero,
ma anche alla dimensione dei partiti).

13.3 origine dei partiti


Gli scienziati politici hanno in proposito due prospettive: primordiale e strumentale:

1) primordiale: questa prospettiva vede nei partiti i rappresentanti naturali di persone che hanno
interessi comuni. Questa prospettiva da per scontata l’esistenza di divisioni naturali all’interno
della società. Con il formarsi di gruppi intorno a queste fratture, i partiti politici emergono e si
evolvono per rappresentare questi interessi. È il cosiddetto approccio dal basso (bottom up).

2) Strumentale: questa prospettiva considera i partiti come squadre di persone interessate a


ottenere cariche pubbliche e si focalizza sul ruolo delle élite politiche e degli imprenditori
politici. Stando a questo approccio dall’alto (top down), i partiti politici verrebbero creati da
persone che, forse a causa di veri vantaggi informativi e del possesso di risorse aggiuntive,
sono in grado di discernere la possibilità di rappresentare gli interessi non ancora
rappresentati.

Queste due prospettive ricordano quelli che gli economisti chiamano fattori della domanda e
fattori dell'o erta: la prospettiva primordiale dà per scontata la domanda di rappresentazione di
determinati interessi e spiega l'esistenza dei partiti politici come risposta a questa domanda; per
contro la prospettiva strumentale a erma che l'o erta crea una sua domanda.

13.4. fratture sociali


Sono state utilizzate dagli scienziati politici per analizzare la struttura dei sistemi di partito nel
mondo, queste fratture sono:

1) Frattura tra società urbana e rurale: il con itto tra queste due società è uno dei più vecchi
esistenti al mondo. Il punto di con itto più importante, nell’antichità, tra interessi delle società
urbane e rurali riguardava il prezzo delle risorse alimentari: gli abitanti delle città erano
consumatori, non produttori, di risorse alimentari, e quindi vedevano migliorare il proprio
tenore di vita quando il prezzo degli alimenti diminuiva. Gli abitanti delle campagne invece
erano prevalentemente produttori, quindi traeva i bene cio dall’aumento dei prezzi.

2) Frattura confessionale: è un altro con itto sociale che agita e ha agitato molti paese. Il
con itto sulle divergenze religiose è emerso nei paese europei durante la riforma protestante
nel XVI secolo. La conseguenza dei con itti fu che chi confessava di credere in una
determinata forma di cristianesimo si ritrovava spesso in con itto con i credenti di altre
congregazioni. Le modalità speci che di questo con itto variavano da una paese all’altro: ad
esempio in Inghilterra esistevano due fronti di battaglia religiosi, da una parte nacquero i
con itti tra i sostenitori della chiesa di Inghilterra e i non conformisti, dall’altra parte insorsero
invece i con itti tra i sostenitori della chiesa di Inghilterra e i giacobiti cattolici (sostenitori di
giacomo II esiliato)

3) Laici/clericali: il con itto tra laici e clericali, cioè tra uno stato in crescita che aspirava al
predominio, e la chiesa che tentava di mantenere i suoi diritti storici, si è inasprito molto nel
tempo. Questo con itto era molto sentito in Francia, dove la cooperazione tra nobiltà e il clero
cattolico aveva contribuito a mantenere al potere la monarchia Borbone, n dal 16 secolo; un
un'altra dimostrazione del con itto tra laici e clericali ci è data dalla costituzione e
T.Bachi Pagina 14 di 19
fl
fl
ff
fl
fi
fl
fl
fl
fi
fl
ff
ff
fl
fl
fl
ff
fl
fi
fl
ffi
fi
cooperazione di partiti religiosi in molti paesi di Europa: in Olanda, ad esempio, i partiti
protestanti e cattolici erano separati, ma dalla ne del XIX secolo hanno fatto quasi sempre
causa comune contro i partiti “secolari".

4) Frattura di classe: Lipset ha de nito le fratture citate no ad ora "fratture pre-industriali".


Questa de nizione si pone in contrasto con le fratture di classe, che hanno assunto rilevanza
durante la rivoluzione industriale alla ne del XIX secolo. La frattura di classe contrappone gli
attori sociali in base a interessi economici con ggenti, come la frattura tra società rurale e
società urbana, ma, mentre la frattura tra società urbana e società rurale implica dei con itti
orizzontali tra diversi settori della società, la frattura di classe implica dei con itti verticali
all’interno dei settori, tra attori che si guadagnano da vivere con il proprio lavoro e attori che si
guadagnano da vivere con lo sfruttamento delle proprietà e del capitale.

5) Frattura tra valori materiali e post-materiali: Lipset e Rokkan hanno a ermato che il
sistema di partito europeo fu "congelato" con l'introduzione del su ragio universale negli anni
20. Le strutture sociali, a questo punto, potevano modi carsi, come avevano fatto in passato,
ma non c'era più nessuna base elettorale non sfruttata da mobilitare i nuovi partiti. L'ipotesi
del congelamento è stata usata per spiegare perché le dimensioni ideologiche di quasi tutti i
sistemi di partiti europei erano simili: il tipico sistema partitico europeo di metà novecento
aveva due partiti di sinistra (socialista e comunista) , Un partito conservatore (spesso
cristiano-democratico) e un partito liberale a destra. A partire dagli anni 60 sono emerse in
Europa due possibili contraddizioni all'ipotesi del congelamento: una è l'a ermazione negli
anni 60 e 70, di nuovi partiti politici de niti partiti "della sinistra libertaria". Questi partiti sono
diversi dalla "vecchia sinistra" perché sono meno legati al proletariato industriale e privilegiano
temi come l'ambientalismo e l'immigrazione, che si possono ritenere in contrasto con gli
interessi della classe lavoratrice. Inglehart a erma che questi nuovi partiti rispondono al
mutamento di valori nelle democrazie industriali avanzate, che passano da valori "materialisti"
a valori "post materialisti". A suo giudizio, questi nuovi partiti sono una risposta al declino
della rilevanza di fratture tradizionali, come quelle viste in precedenza, e all’emergere di una
nuova frattura post-materialista. Le nuove generazioni, infatti, sono cresciute in un ambiente di
benessere in cui la sicurezza esistenziale è data per scontata, e per questo motivo danno la
priorità all’espansione della libertà umana.

La seconda contraddizione all'ipotesi del congelamento viene dal successo che hanno
ottenuto i partiti di estrema destra in alcuni paesi europei, negli anni 80 e 90. Molti studiosi
hanno collegato l'a ermazione di questi partiti alla stessa frattura tra valori pre e post
materialisti. In e etti, questi studiosi considerano successo dei partiti populisti di estrema
destra una reazione diretta al programma della sinistra libertaria. Diversamente da
quest'ultima, i partiti populisti dell'estrema destra enfatizzano valori tradizionali e accusano
l'immigrazione di minacciare l’identità, la cultura tradizionale e i posti di lavoro dei lavoratori
indigeni.

6) Fratture etniche/linguistiche: in vari paesi del mondo le fratture etniche e/o linguistiche
rappresentano un’altra fonte importante di con itto. Data la rilevanza di questo tipo fratture nel
mondo, non è sorprendente che in molti paesi esistano dei partiti etnici, cioè partiti che
promuovono gli interessi di una categoria etnica o di una serie di categorie etniche a
esclusione di altre, e fa dell’esclusione una componente centrale della propria strategia di
mobilitazione.

CAP. 14 ATTORI ISTITUZIONALI CON POTERE DI VETO

14.1 Federalismo
Gli scienziati politici distinguono a volte tra Stati unitari e Stati federali. Riguardo gli stati federali
rimane però una notevole incertezza in merito alle speci che caratteristiche. In letteratura ci sono
molte de nizioni, tutte piuttosto vaghe, di federalismo. Ciò crea un problema, perché gli elenchi
degli Stati federali compilati dagli studiosi non coincidono quasi mai tra loro. La fonte della
confusione si può far risalire in larga misura all'idea che un paese debba essere federale nella
struttura (de iure) e federale nella pratica (de facto) per considerarsi veramente tale. Noi crediamo
che sia utile mantenere una distinzione concettuale tra federalismo de iure e federalismo de facto.
Solo mantenendo questa distinzione gli scienziati politici possono capire perché alcuni Stati
federali sulla carta si comportano come tali mentre altri no.

T.Bachi Pagina 15 di 19
fi
fi
ff
ff
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fl
fi
fi
fi
ff
ff
ff
fl
fl
14.1.1 Federalismo nella struttura (de iure)
Per essere considerato federale, un paese deve soddisfare tre criteri strutturali:

A) Divisione geopolitica: il paese deve essere suddiviso in governi regionali che sono legittimati
dalla costituzione e non possono essere aboliti unilateralmente dal governo nazionale o
centrale.

B) Indipendenza: i governi regionali e il governo nazionale devono avere basi indipendenti di


autorità. Questa indipendenza viene stabilita di solito a livello costituzionale, facendo in modo
che i governi regionali e il governo nazionale vengano eletti indipendentemente gli uni
dall’altro.

C) Governance diretta: l'autorità deve essere condivisa tra i governi regionali e il governo
nazionale; ognuno di essi governa direttamente i propri cittadini, per cui ogni cittadino è
governato da almeno due autorità. Inoltre, ogni livello di governo Deve avere l'autorità
necessaria per agire indipendentemente dall'altro almeno in un ambito di politica pubblica,
questa sovranità politica deve essere sancita dalla costituzione.

Le unità regionali di uno Stato federale assumono nomi diversi a seconda del paese in questione
(in Germania si chiamano Lander, cantoni in Svizzera, province in Canada, stati in Australia e negli
Stati Uniti, e regioni in Belgio). Nel loro insieme, i tre criteri indicano che lo Stato federale è quello
in cui la sovranità viene ripartita costituzionalmente tra almeno due livelli territoriali. Il federalismo
è relativamente raro nel mondo, nel 2000, solo il 10% dei paesi indipendenti del mondo erano
federali. In linea generale, i paesi federali tendono essere relativamente grandi.

Esistono due sottocategorie del federalismo nella struttura:

A) Federalismo congruente: si veri ca quando le unità territoriali di uno Stato federale hanno
una composizione demogra ca (etnia, cultura, lingua, religione etc.) Simile.in uno stato
federale perfettamente congruente, ognuna delle unità territoriali ri ette in miniatura il paese
nella sua totalità. Tra gli esempi di Stato federale congruente ci sono gli Stati Uniti e il Brasile.

B) Federalismo incongruente: si veri ca quando la composizione demogra ca delle unità


territoriali di erisce da un'unità all'altra e dal paese nella sua totalità. Tra gli esempi di Stato
federale incongruente gurano la Svizzera e il Belgio: in entrambi i paesi le unità territoriali
di eriscono l'una dall'altra sul piano linguistico.

14.1.2 decentralizzazione: Federalismo nella Pratica (de facto)


La decentralizzazione indica la misura in cui il potere e ettivo di determinare le politiche pubbliche
sta nel governo centrale o nei governi regionali di un paese. La maggioranza degli scienziati
politici considerano la decentralizzazione una questione scale: maggiore è la quota del gettito
scale complessivo che va al governo centrale meno decentralizzato è lo stato. Il più delle volte la
costituzione di uno Stato federale de nisce esattamente gli ambiti politici in cui possono operare il
governo centrale e i governi regionali. Anche se è un riferimento importante, si deve considerare
che avere l'autorità di agire in un ambito di politica pubblica è molto diverso da avere la
capacità pratica di agire: immaginando ad esempio un paese in cui governi regionali sono
autorizzati a gestire la politica sanitaria o educativa, ci rendiamo conto che se non hanno anche la
capacità di aumentare il proprio getto scale, questi si ritroveranno ad avere dei vincoli
signi cativi quando vogliono attuare una politica in quelle aree. Di conseguenza, prendere a
riferimento alla costituzione, in uno stato federale piuttosto che in uno Stato unitario, può risultare
fuorviante se si vuole capire in che misura quel paese centralizzato o decentralizzato nella pratica.

T.Bachi Pagina 16 di 19
fi
ff
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fl
fi
CAP. 15 CONSEGUENZE DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE

“la rappresentanza proporzionale creerà perciò una situazione in cui ognuno vedrà rappresentata
esattamente la propria volontà, ma in cui non verrÀ attuata la volontà di nessuno” Dankwort A.
Rustow


15.1 combinare le istituzioni: democrazia maggioritaria o basata sul consenso?


Quando progettano le istituzioni, i costituenti si trovano di fronte a un trilemma istituzionale:
possono soddisfare solo due di queste tre caratteristiche auspicabili:

1) Transitività di gruppo: garantire che un gruppo di individui sia in grado di e ettuare scelte
stabili e coerenti;

2) Ammissibilità universale: garantire a questi individui la libertà di sviluppare delle preferenze


personali;

3) Non dittatorialità: far in modo che le preferenze sviluppate dagli individui in uenzino le
decisioni di gruppo;

I costituenti hanno risposto al trilemma in due modi alternativi: creando istituzioni che
distribuiscono il potere o creando istituzioni che lo concentrano. Le istituzioni che distribuiscono il
potere si chiamano democrazie consensuali, le istituzioni che concentrano il potere si chiamano
democrazie maggioritarie.

15.1.1 visione maggioritaria e visione consensuale della democrazia:


Nelle democrazie contemporanee le decisioni politiche non vengono prese direttamente dai
cittadini, ma dai loro rappresentanti. Quindi le elezioni possono essere considerate il “principale
strumento della democrazia”, in quanto consentono ai cittadini di partecipare al processo di
formazione delle politiche.

A questo proposito l’in uenza che i cittadini dovrebbero poter esercitare sulle decisioni politiche
prese dai suoi rappresentanti eletti si può considerare sotto la visione maggioritaria o sotto la
visione consensuale:


1) secondo la visione maggioritaria, le elezioni sono eventi nei quali i cittadini possono scegliere
tra due squadre alternative che competono per formare il governo. La squadra che conquista
la maggioranza elettorale può formare il governo. In questa concezione maggioritaria, i
cittadini sanno che la squadra a cui viene dato l’incarico di formare il governo è responsabile
delle politiche attuate (e non attuate) durante il suo mandato. Di conseguenza i cittadini
possono valutare la performance politica per decidere se rivotare o meno i governanti alle
prossime elezioni. Una delle idee fondamentali della visione maggioritaria è che la politica
dovrebbe fare quello che la maggioranza dei cittadini vuole, quindi i cittadini che hanno votato
le forze minoritarie del paese non dovrebbero in uenzare la formazione delle politiche in
nessun modo. Il potere quindi non dev’essere distribuito tra i vari attori politici, perché una
situazione di questo tipo coinvolgerebbe i rappresentanti della minoranza.

2) Secondo la visione consensuale, le elezioni sono eventi in cui cittadini scelgono i propri
rappresentanti da una gamma il più possibile basta di gruppi sociali, dopo di che i
rappresentanti eletti negoziano all’interno del parlamento per formare un governo. In questa
visione le lezioni danno semplicemente ai cittadini la possibilità di scegliere dei rappresentanti
che ritengano possano difendere i loro interessi nei negoziati politici che iniziano dopo le
elezioni. Uno degli obiettivi principali delle elezioni, nella visione consensuale, è produrre un
parlamento che ri ette in miniatura la società nel suo complesso. Questo tipo di parlamento,
le cui preferenze ri ettono quelle della nazione nella sua totalità, a una lunga storia nella teoria
democratica perché risale almeno al XVII secolo: Burke, nel 1770, scriveva che “la virtù, lo
spirito e l'essenza" di un parlamento stanno "nella sua capacità di riprodurre i sentimenti della
nazione”. Bisogna sottolineare che nella visione consensuale, i rappresentanti non vengono
eletti per attuare delle politiche precisamente identi cate, ma vengono eletti per negoziare tra
di loro sulle politiche da attuare. Questo comporta frequentemente il determinarsi di
maggioranze mutevoli.


15.1.2 Istituzioni maggioritarie e consensuali
Più proporzionale è il sistema elettorale, più distribuisce il potere e più concretizza la visione
consensuale della democrazia. Anche la dimensione del sistema di partito può essere
concettualizzata lungo il continuum maggioritario-consensuale: per esempio, il potere è
concentrato nei sistemi bipartitici, perché in parlamento ci sono due partiti dominanti (gli unici che
T.Bachi Pagina 17 di 19
fl
fl
fl
fl
fi
ff
fl
hanno una probabilità di detenere il potere), mentre è disperso nei sistemi multipartitici, perché in
parlamento ci sono vari partiti e più di due hanno una probabilità di ottenere il potere: più partiti ci
sono, più il potere è disperso. Anche il sistema di governo che regge un paese si integra bene
nel concetto di continuum dal maggioritario al consensuale: per esempio, il potere è concentrato
nelle mani di un singolo partito nei governi a maggioranza monocolore, ma è disperso tra i partiti
nei governi di coalizione di minoranza.

Queste tre istituzioni sono tutte legate da una relazione causale: I sistemi elettorali maggioritari
tendono ad associarsi a sistemi di partito piccoli, mentre i sistemi elettorali proporzionali tendono
ad associarsi a sistemi di partito grandi. Inoltre, la dimensione del sistema di partito in uenza il
tipo di governo che viene a formarsi, in particolare, i governi a maggioranza monocolore hanno
molte più probabilità di formarsi quando ci sono pochi partiti, perché i sistemi di partito piccoli
aumentano la probabilità che un singolo partito conquisti la maggioranza. Quindi la scelta dei
costituenti di adottare un determinato tipo di sistema elettorale (maggioritario o proporzionale)
implica anche l'adozione di un determinato tipo di sistema di partito e di governo.

15.1.3 Valutare la visione maggioritaria e la visione consensuale


Esaminiamo alcune caratteristiche che sono particolarmente importanti per il sistema di governo
democratico e valutiamo come le diverse soluzioni istituzionali soddisfano queste caratteristiche:
in linea generale, le democrazie maggioritarie antepongono la responsabilizzazione e i mandati di
governo alla rappresentanza, mentre le democrazie consensuali fanno il lavoro opposto.

A) responsabilizzazione e mandati di governo: la responsabilizzazione (accountability) indica la


misura in cui gli elettori possono premiare o punire i partiti per le politiche che attuano mentre
sono al governo. Molti considerano la responsabilizzazione importante perché induce i
governanti a seguire le politiche che soddis no gli elettori. La responsabilizzazione comporta
che cittadini valutino il comportamento tenuto in passato da un partito di governo per
decidere se premiarlo o meno alle prossime elezioni: questo comportamento degli elettori
prende il nome di voto retrospettivo. La misura in cui i cittadini possono responsabilizzare i
governi varia da un paese all'altro: le democrazie consensuali tendono ad avere livelli bassi di
responsabilizzazione, questo è dovuto al fatto che in questi paesi gli elettori non scelgono
quasi mai direttamente al governo, mentre nelle democrazie maggioritarie se i cittadini sono
insoddisfatti della performance del partito al potere, si limitano a votare per l’opposizione in
modo da sostituirlo. Un concetto legato alla responsabilizzazione è quello di chiarezza della
responsabilità: la chiarezza della responsabilità si riferisce alla capacità dei cittadini di capire
chi è responsabile delle politiche che vengono attuate (o non attuate). Anche la chiarezza della
responsabilità varia da un paese all’altro: un fattore che incide sulla chiarezza è il tipo di
governo che esiste in un paese, per esempio, è molto alta nei paesi in cui il potere è
concentrato nelle mani di un governo di maggioranza monopartitico, perché cittadini sanno
esattamente con chi prendersela al momento delle elezioni, mentre è meno alta nei paesi in
cui il potere è distribuito tra i vari partiti che compongono il governo: tutti i partiti della
coalizione sono responsabili in ugual misura della performance il governo? Oppure alcuni
partiti sono più responsabili di altri? In ne la chiarezza è ancora più bassa nei governi di
minoranza, in cui cittadini possono non sapere chi tiene il governo al potere, e quindi chi è il
responsabile delle politiche implementate. 

Come la responsabilizzazione, anche i mandati di governo sono estremamente importanti
nella visione maggioritaria, ma non nella visione consensuale: il mandato è una politica, o un
insieme di politiche pubbliche, che il governo è sia autorizzato sia obbligato ad attuare quando
è al potere. Nella visione maggioritaria, i partiti che si impegnano ad attuare politiche in
campagna elettorale sono autorizzati e obbligati ad attuarle quando vanno al potere. La
visione consensuale invece non apprezza i mandati perché rispettarli signi ca ignorare le
preferenze della minoranza che non è al potere. I governi di tutto il mondo dichiarano di aver
ricevuto un mandato al momento delle elezioni, ma che cosa occorre perché il governo abbia
mandato? In teoria il governo dovrebbe poter dichiarare di avere un mandato solo se si può
dire che gli elettori lo hanno votato, ciò presuppone che gli elettori possono identi care le
diverse alternative di governo al momento del voto. La misura in cui gli elettori sono in grado
di identi care le alternative di governo per cui votano alle lezioni è chiamata identi cabilità
del governo. Un fattore che incide sul grado di identi cabilità del governo e lo scenario atteso
riguardo la formazione del governo: l'identi cabilità è massima nei paesi in cui ci si aspetta
che si formi un governo maggioritario monopartitico (UK), mentre più bassa nei paesi in cui si
dovrebbe formare un governo di coalizione.

T.Bachi Pagina 18 di 19
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fl
B) Rappresentanza: la rappresentanza si può concettualizzare in termini di reattività e
congruenza. La reattività indica con quanto e cace i rappresentanti eletti rispondono ai
cambiamenti che si determinano nelle preferenze dell’elettorato. La congruenza de nisce
l'e cacia con cui i rappresentanti eletti ri ettono le preferenze statiche dell’elettorato.

La reattività è molto importante sia per la visione consensuale che per la visione maggioritaria,
ma, nonostante ciò, il modo esatto in cui viene concettualizzata è molto diverso tra le due
visioni della democrazia: le democrazie consensuali si avvicinano i loro ideali di reattività per
alcuni aspetti, ma non per altri. Da una parte, il fatto che le democrazie consensuali
impieghino regole elettorali proporzionali favorisce una connessione tra la percentuale di voti
che un partito ottiene alle lezioni e la percentuale di seggi parlamentari che conquista.
Dall'altra, la natura complicata del processo di formazione del governo fa sì che vi sia un
legame debole tra la percentuale dei voti che riceve un partito e la sua quota di potere
governativo, per esempio, non è sempre detto che il partito più rappresentato in parlamento
faccia parte del governo ( anche se le democrazie consensuali non concentrano il potere solo
nelle mani del governo: per esempio, attribuendo alle commissioni parlamentari, in cui sono
presenti i partiti di opposizione, un ruolo importante nel processo di formazione delle politiche
pubbliche).

Mentre la reattività è una misura dinamica della rappresentanza, la congruenza è una misura
statica. Il modo più semplice per concettualizzare la congruenza è immaginare rapporti tra un
singolo cittadino e un singolo rappresentante. In questa situazione, non è altro che la misura
della vicinanza o della distanza tra le posizioni ideologiche del cittadino e del rappresentante,
più vicino è il rappresentante alla posizione del cittadino, più è alto il livello di congruenza.
Teoricamente, si potrebbero ottenere alti livelli di congruenza sia nelle democrazie
maggioritarie sia nelle democrazie consensuali. In una democrazia consensuale, il partito più
vicino all'elettore medio dovrebbe avere un ruolo importante nel processo di formazione del
governo e quindi avvicinarne la politica alla posizione ideologica dell’elettore medio. Tuttavia,
la maggior parte degli studi indicano che i governi sono più congruenti con le preferenze
ideologiche dei cittadini nelle democrazie consensuali che nelle democrazie maggioritarie.

T.Bachi Pagina 19 di 19
ffi
fl
ffi
fi

Potrebbero piacerti anche