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Furono Platone e Aristotele i primi a pensare alle diverse forme che potevano assumere i regimi:
nella Repubblica Platone sostiene che il processo decisionale politico deve essere basato sulle
competenze e che, se in una democrazia consentisse a tutti di governare, si avrebbe come
risultato un “governo della plebe”, quindi per il losofo solo gli esperti statisti avrebbero dovuto
guidare la nave dello stato. La parola demos infatti si riferiva alla gente comune, economicamente
debole e ignorante politicamente, quindi Platone pensava che la democrazia non fosse il governo
del popolo ma il governo dei poveri e degli ignoranti contro i ricchi e istruiti. Credeva anche che la
massa ignorante sarebbe stata facilmente vittima della demagogia, portando cosi a democrazie
di breve durata in cui il popolo cede rapidamente il potere ad un tiranno.
Aristotele, allievo di Platone, era in disaccordo con il suo maestro: per lui la volontà di molti
avrebbe potuto essere più o ugualmente saggia della volontà di pochi.
Aristotele distingueva tra forme bene che di governo, cioè Monarchia (un governante),
Aristocrazia (pochi governanti) e Politeia (molti governanti) e le rispettive forme degenerate,
cioè Tirannia (un gov.), Oligarchia (pochi gov.) e Democrazia (molti gov.).
Nel passato la democrazia non era legata come oggi ad elezioni e ad un governo rappresentativo,
invece era spesso legata ad un sorteggio o ad una assemblea con tutto il popolo. Il concetto di
rappresentanza era legata più all’aristocrazia, che mandava i propri rappresentati davanti al
sovrano.
Qual’è la di erenza tra le moderne democrazie e le antiche città stato? La di erenza è nelle
dimensioni in termini di popolazione: sarebbe impossibile applicare il modello antico alle moderne
democrazie, perché i costi decisionali sarebbero altissimi (un assemblea con 60 milioni di persone
sarebbe burocraticamente ed economicamente impossibile). Un altro aspetto importante è che le
società contemporanee, rispetto a quelle antiche, sono caratterizzate da una maggiore divisione
del lavoro: in passato le attività lavorative erano meno speci che: ora bisogna passare la gran
parte del proprio tempo per imparare un lavoro e per esercitarlo (un chirurgo non ha molto tempo
per fare il politico), e cosi anche la cosa pubblica richiede molta specializzazione e molto tempo.
Questi aspetti hanno reso necessario il passaggio dalla democrazia diretta alla democrazia
rappresentativa.
Dahl identi ca due dimensioni particolarmente importanti per classi care i regimi:
1) Il livello di competizione: ci dice la misura in cui i cittadini sono liberi di organizzarsi per
cercare di ottenere le politiche e i risultati che vogliono raggiungere.
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Ciascuna delle due dimensione può essere misurata grazie ad una lista di diritti (libertà di stampa,
libertà di associazione, etc.):
Cosa emerge dall’incrocio di questi fattori?
Ad esempio l’Unione Sovietica aveva alti livelli di partecipazione, perché tutti avevano diritto di
voto, ma bassi livelli di competizione, perché c’era un solo partito; la Cina invece ha bassi livelli di
competizione e anche bassi livelli di inclusione perché non ci sono elezioni e c’è un solo partito,
questo tipo di regime è chiamato egemonia chiusa; ci sono regimi dove il livello di competizione
è alto ma l’inclusione è bassa, perché non tutta la popolazione è rappresentata, questi tipi di
regimi sono chiamati oligarchie competitive, tra l’altro proprio da un sistema simile si è
sviluppato in Inghilterra un allargamento dell’inclusione, attraverso i reform acts, grazie ai quali
sempre più fasce di popolazione sono state rappresentate; un altro tipo di regime è quello delle
egemonie inclusive, come le dittature moderne, nel quale l’inclusione è praticamente obbligata
ma la competizione è inesistente (U.R.S.S./ nazismo). In ne ci sono le poliarchie, cioè quei regimi
politici in qui sia il livello di partecipazione che quello di competizione sono ad un alto livello.
Ovviamente esistono dei livelli intermedi tra questi sistemi, quindi Dahl non classi ca
univocamente i regimi, grazie al suo diagramma vediamo che esistono regimi che si collocano in
vie intermedie.
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democratico, tra -6 e 6 il sistema è misto. Questa misura prende l’idea di Dahl di sistemare i
regimi lungo un continuum.
Nonostante Przeworski sottolinei la tesi della modernizzazione secondo cui un paese diventerà
democratico appena si svilupperà economicamente, Lipset sostiene che la teoria della
modernizzazione implica anche che la democrazia avrà maggiori probabilità di sopravvivere in
paese sviluppati economicamente.
Per riassumere, la teoria classica della modernizzazione dice che lo sviluppo economico aiuterà
sia la democrazia ad emergere sia a sopravvivere.
Una delle implicazioni centrali della teoria della modernizzazione è che dovrebbe esistere una
relazione stretta tra il livello di sviluppo economico di un paese e il fatto che esso sia o meno una
democrazia: prendendo per esempio la Cina, se questo paese diventerà ricco e moderno a tutti
gli e etti probabilmente ci sarà una forte spinta verso la democrazia, questo secondo Lipset, per
Przeworski invece non è così.
Una delle caratteristiche centrali della teoria della modernizzazione è l’idea che tutte le società
attraversino una serie di fasi economiche e politiche simili. Quando una società attraversa queste
fasi, la sua struttura di fondo si modi ca. Un cambiamento strutturale chiave ha a che vedere con
la dimensione relativa dei “settori” dell’economia. Secondo questa prospettiva tutte le economie
possono essere suddivise nello stesso insieme di settori.
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Teoria della “maledizione delle risorse”
È una teoria supportata da molti studi empirici, la quale ci dice che paesi con abbondanza di
risorse naturali tendono ad avere cattiva amministrazione, bassi livelli di sviluppo, guerre civili e
dittature. La teoria sostiene che lo stato è sensibile ai bisogni dei proprietari di beni liquidi (risorse
come il denaro contante, i depositi bancari, e altri beni simili, che possono essere facilmente
convertite in altre risorse) e piuttosto indi erente rispetto ai proprietari di beni ssi (risorsa che
non può essere facilmente convertita in denaro contante), anche nel caso in cui dipenda da
entrambi. Questo suggerisce che quando gli stati dipendono dai proprietari di beni liquidi per
investimenti e risorse, essi saranno più propensi ad accettare limiti al proprio comportamento
predatorio. Questa inferenza è supportata da molti studi empirici che mostrano come la
democrazia emerge e sopravvive più di cilmente nei paesi in cui i proprietari di beni ssi sono
prevalenti. Per esempio, molti studi hanno mostrato che la democrazia ha minori probabilità di
emergere e sopravvivere laddove la produzione di petrolio è centrale per l’economia. Altri studi
hanno mostrato che la democrazia è meno comune e meno stabile in paese che fanno
a damento su altre risorse primarie, come i minerali e i diamanti, o la cui economia è dominata
da grandi proprietari terrieri. È da notare che l’esistenza di dittature ricche in virtù dell’abbondanza
di risorse naturali contraddice la tesi della teoria classica della modernizzazione secondo cui
l’aumento di ricchezza produce democrazia.
Mentre le risorse naturali come il petrolio sono considerate dannose per la democrazia, Bates e
Rogowski hanno entrambi sostenuto che quando il capitale umano diventa il motore dello
sviluppo in un’economia, gli stati sono costretti a scendere a patti con i proprietari di questi beni
in un modo che rende la democrazia quasi inevitabile.
ci sono due punti problemi a proposito degli approcci culturalisti:
- Quali parti della cultura sono importanti? Spesso i culturalisti non speci cano quali elementi
della cultura sono più importanti (linguaggio, religione, arte, etc.)
- Quali sono le relazioni causali? La cultura è una delle cause delle istituzioni democratiche? È
anche la causa dello sviluppo economico? Se la cultura è una causa della democrazia, è una
causa necessaria o su ciente? È una causa che favorisce l’emergere o solo la sopravvivenza
della democrazia? (Es. dopo la 2WW in Germania non c’era una cultura democratica, si è
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instaurata forzatamente la democrazia grazie agli alleati).
Tutto ciò è ancora oggetto di discussione
i due hanno svolto un indagine empirica, hanno studiato le attitudini medie della popolazione in
rapporto alle istituzioni politiche e hanno constatato quali sono le culture tipiche dei paesi più
stabili democraticamente, e quali solo le culture tipiche dei paese meno stabili dal punto di vista
della democrazia. Hanno scoperto che esistono alcune caratteristiche della cultura politica che
sono più appropriate per la nascita e il mantenimento della democrazia; questi elementi, tipici
delle culture civiche sono: la credenza di poter in uenzare le decisioni politiche, orientamenti
positivi ( ducia) verso le istituzioni politiche, elevati livelli di ducia interpersonale, preferenze per il
cambiamento graduale.
Esistono culture nelle quali non si trovano questi valori: sono le cosiddette culture suddite,
tipiche di quei paesi che necessitano di un leader autoritario, e le culture parrocchiali, tipiche dei
paesi nei quali la popolazione non è interessata alle istituzioni politiche, l’interesse è rivolto ai
propri a ari ristretti, questa cultura non alimenta il senso civico della popolazione.
Quindi secondo Almond e Verba, la cultura politica è determinata da come gli individui pensano e
sentono rispetto al sistema politico.
Anche nel lavoro dei due studiosi riscontriamo alcuni problemi: non è ancora chiara l'esatta
relazione causale tra cultura, sviluppo economico e democrazia. A tal proposito Barry sostiene
che studiosi come Almond e Verba abbiano invertito la direzione causale, e che sia altrettanto
plausibile pensare che l'esperienza con la democrazia favorisca l'emergere di una cultura
democratica quanto lo sia sostenere che una cultura civica sia la causa della democrazia.
Quindi per Brian Barry, il nesso è tra democrazia e cultura, è la democrazia che per Barry aiuta il
nascere e il mantenimento della cultura, in questo caso è la cultura che diventa la variabile
dipendente, tutti questi aspetti sono oggi ancora molto dibattuti e studiati.
Un limite dei sondaggi di Almond e Verba è che al massimo catturano il modo in cui la cultura
in uenza la stabilita democratica, ma non sono adatti per a rontare il problema del se una certa
cultura favorisce l’emergere delle democrazie: dovrebbero essere condotti fra le popolazioni dei
regimi autoritari (spesso i cittadini dei regimi autoritari dissimulano le loro vere preferenze). Un
altro limite dei sondaggi è che gli individui possono comprendere le stesse domande in modi
diversi. Le persone, sopratutto, tendono a concepire la democrazia in modi diversi in paesi
diversi: per esempio, la democrazia potrebbe evocare immagini di uguaglianza economica e
politica in alcuni, ma per altri potrebbe semplicemente signi care il sistema in cui si svolgono
elezioni competitive. D'altronde se neanche gli esperti riescono ad accordarsi sul signi cato del
termine democrazia, perché dovremmo aspettarci che individui diversi in paesi diversi abbiano in
mente lo stesso concetto quando rispondono alle domande di un sondaggio? Inoltre, è possibile
aspettarsi che la storia nazionale in uenzi il modo in cui gli individui valutano la democrazia.
A tal proposito Weber è spesso ritenuto lo studioso che ha fornito il primo argomento sul legame
tra protestantesimo e democrazia nel suo libro L’etica protestante e lo spirito del capitalismo:
infatti il protestantesimo ha incoraggiato lo sviluppo economico, che ha sua volta ha creato una
borghesia la cui esistenza è stata sia un catalizzatore che una condizione necessaria per la
democrazia. Diversamente dal protestantesimo, il cattolicesimo è stato tradizionalmente visto
come antitetico alla democrazia. Ad esempio Lipset ha sostenuto che l’enfasi del cattolicesimo
verso una sola chiesa e una sola verità sia incompatibile con il bisogno della democrazia di
accettare come legittime varie ideologie diverse e concorrenti. Inoltre la chiesa cattolica ha
apertamente sostenuto l’italia fascista, la Spagna autoritaria di Franco e si è dimostrata
indulgente verso molte dittature in Sud America.
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In anni più recenti il confucianesimo e l’islam sono arrivati a essere visti come ostacoli ancora
più grandi del cattolicesimo alla creazione della democrazia. Il confucianesimo perché sostiene il
rispetto dell’autorità, il comunitarismo e il consenso a scapito dei diritti individuali e della
competizione. L’islam perché ha una vena violenta che predispone all’autoritarismo, inoltre ha
l’incapacità di separare la sfera religiosa e politica, ed è propenso a un diseguale trattamento delle
donne.
Il professore sostiene una tesi diversa: tutte le religioni presentano elementi compatibili con la
democrazia e altri che non lo sono. Quindi è una questione empirica determinare se certe religioni
pongono particolari di coltà per l’instaurazione e la sopravvivenza della democrazia. Cosa ci dice
l’evidenza empirica? L’evidenza empirica suggerisce che è inopportuno considerare particolari
religioni come incompatibili con la democrazia in modo permanente. È probabile la tesi che la
posizione di diverse religioni nei confronti delle istituzioni politiche spesso dipende non tanto dal
contenuto della dottrina religiosa ma dagli interessi dei leader religiosi.
Possiamo quindi dire che tutte le religioni sono state compatibili con una varietà di istituzioni
politiche.
1) i paesi mussulmani sono ostili alla democrazia più per il fatto che sono poveri che per il fatto
di essere mussulmani, infatti ci sono paesi prevalentemente di religione mussulmana, come
l’Albania, i quali sono democratici seppur mussulmani.
Nonostante ciò nel 1977 c'erano 2,6 dittature per ogni democrazia e solo il 28% dei paesi del
mondo era democratico. La metà degli anni 60, tuttavia, segna l'inizio di un'era di
democratizzazione che Samuel Huntington chiama la terza ondata di democratizzazione.
Gorbaciov rispose a questa crisi con due politiche di riforma chiamate perestrojka e glasnost.
Perestrojka era una politica mirata alla liberalizzazione dell'economia; glasnost era una politica
concepita per aumentare l'apertura politica e incoraggiare la libertà di espressione. La speranza
del segretario era che le riforme introdotte salvassero l'unione sovietica; di certo non si aspettava
che avrebbero facilitato il suo collasso.
La transizione dal basso avviene quando una mobilitazione popolare porta a rovesciamento di un
regime autoritario. La transizione che arrivò in Germania nel 1989 non è l'unico caso di transizione
dal basso, ci sono molti altri casi: poche settimane dopo la caduta del muro di Berlino, ad
esempio, le proteste di massa portarono a rovesciamento del governo comunista in
Cecoslovacchia in quella che divenne poi nota come la rivoluzione di velluto perché non fu
violenta; poche settimane dopo, nel dicembre del 1989, la folla giocò un ruolo essenziale nella
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rimozione della dittatura di Nicolae Ceausescu in Romania.
- la non escludibilità: un bene è non escludibile se non si può impedire alle persone che non
hanno contribuito alla sua fornitura di usufruirne.
- La non rivalità: un bene è non rivale se il suo consumo, da parte di un individuo, non riduce
l'ammontare di bene disponibile per essere consumato dagli altri.
non è facile attivare l’azione collettiva, spesso i singoli membri di un gruppo sono poco
incentivati a contribuire alla fornitura di un bene pubblico che andrebbe a bene cio di tutti i
membri del gruppo. Le azioni collettive comunque hanno il problema che, paradossalmente,
hanno minor possibilità di successo quando il numero dei membri del gruppo è inferiore al
numero di persone che traggono bene ci dall’azioni, quindi i leader avranno maggiore successo
se diranno ai loro seguaci che il successo dipende dall’azione di tutti, piuttosto che di alcuni. La
dimensione del gruppo è importante perché in uenza la probabilità che ci si ritenga cruciali al
successo dell’azione collettiva. Le dimensioni in uenzano la capacita di “monitoraggio” e
“punizione”: gruppi grandi caratterizzati da alti livelli di non partecipazione, mentre gruppi
piccoli sono più e caci nell’organizzare l’azione collettiva.
In molti casi il problema dell’azione collettiva spiega la stabilita dei regimi autoritari anche quando
sono impopolari: non è facile instaurare un azione collettiva contro un regime autoritario.
La distribuzione delle soglie rivoluzionarie può dipendere dal periodo e dal contesto: talvolta
anche solo un lieve spostamento di una sola persona più avere e etti signi cativi sulle dimensioni
e sulla probabilità di successo di una protesta: ciò può provocare una cascata rivoluzionaria.
- A1= (0,2,2,3,4,5,6,7,8,10)> solo uno partecipa, perché il secondo elemento, che ha la soglia 2,
partecipa solo se partecipano due persone, e qua ne partecipa solo una.
- A2= (0,1,2,3,4,5,6,7,8,10)> in questo caso la soglia del secondo individuo è a 1, in questo modo
allora tutti si mobilitano; abbiamo una cascata rivoluzionaria!!
- B1= (0,2,3,3,4,5,6,7,8,10)> solo un soggetto partecipa, cioè quello che ha la soglia al livello 0
- B2= (0,1,3,3,4,5,6,7,8,10)> solo due soggetti partecipano, quello con la soglia a 0 e quello con
la soglia a 1, quello che ha la soglia a 3 non partecipa, perché avrebbe bisogno di 3 persone a
protestare, ma ce ne sono solo 2.
3) quando fattori potenzialmente scatenanti non innescano, data una certa distribuzione delle
soglie, una cascata rivoluzionaria:
C1= (0,2,2,2,2,2,2,2,2,10), in questo caso, se il secondo individuo non abbassa la sua soglia di 1
elemento, allora rimarrà soltanto un grande malcontento (perché hanno tutti una soglia bassa), ma
non si scatenerà nessuna protesta.
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Le soglie possono cambiare per motivi come: la recessione, l’introduzione di una politica
repressiva, le crisi rendono le rivoluzioni più probabili, ma non inevitabili.
le transizioni dall’alto spesso emergono da una distinzione tra riformisti e conservatori dentro un
regime autoritario.
Mentre i conservatori sono soddisfatti dallo status quo, I riformisti preferiscono la liberalizzazione
e l’ampliamento della base sociale della dittatura nel tentativo di guadagnare alleati e ra orzare la
loro posizione nei confronti dei conservatori. Una politica di liberalizzazione comporta un'apertura
controllata dello spazio politico che potrebbe includere la formazione di partiti politici, l'indizione
di elezioni, la stesura di una costituzione e l'istituzione di un sistema giudiziario etc. Ovviamente
l’obbiettivo dei riformisti non è l’istituzione della democrazia, ma l’inclusione di vari gruppi di
opposizione nelle istituzioni autoritarie, per creare una “dittatura allargata”. (Vale la pena notare
che le dittature allargate caratterizzate da istituzioni apparentemente democratiche, come le
elezioni, i partiti e le legislature, sono sempre più di use nel mondo).
2) Trarre vantaggio delle nuove libertà per organizzarsi e mobilitarsi contro il regime;
Come mai le élite riformiste accettano questo gioco, magari scon ggendo la componente
conservatrice del regime autoritario, sapendo anche che questo potrebbe portare alla
trasformazione del regime che loro non vogliono?
Nonostante il rischio noi sappiamo che le transizioni verso la democrazia dall'alto avvengono se i
riformisti sono incerti del tipo di opposizione (debole o forte) che devono a rontare.
Se il gioco è a informazione completa gli unici due esiti possibili sono una “dittatura allargata” o
lo “status quo”: se l’opposizione è debole i riformisti possono tentare l’apertura; se è forte,
anch’essi preferiscono lo status quo.
Se il gioco è informazione incompleta e i riformisti non sanno che tipo di opposizione hanno di
fronte (se debole o forte): allora i riformisti possono avere credenze o informazioni sbagliate. Se le
opposizioni sono forti può avviarsi una transizione democratica (Gorbaciov ad esempio non
voleva rovesciare il regime sovietico, voleva riformarlo, allargarlo e ra orzarlo, ma sottovalutò
l’opposizione, capace di mobilitarsi grazie a questo allargamento, e di rovesciare il regime).
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CAP. 11 CLASSIFICARE LE DEMOCRAZIE PARLAMENTARI, PRESIDENZIALI E MISTE
Quali sono le di erenze fondamentali tra i tipi di democrazie?
- Una democrazia presidenziale è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo non
dipende da una maggioranza legislativa.
- Una democrazia parlamentare è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo dipende
solo da una maggioranza legislativa.
- Una democrazia mista è una democrazia in cui la sopravvivenza del governo dipende sia da
una maggioranza legislativa sia da un presidente eletto in modo indipendente.
Possiamo porci tre domande basilari per poter classi care le democrazie:
11.1.1 Il governo è
responsabile di fronte a
un legislativo eletto?
La responsabilità
legislativa implica che
una maggioranza
legislativa abbia il potere
costituzionale di destituire
il governo dal suo incarico
senza una giusta causa.
Nelle democrazie in cui vige la responsabilità legislativa, Il meccanismo per il quale il legislativo
può destituire il governo è il voto di s ducia.
in alcuni paesi vige l’istituto della s ducia costruttiva, per ridurre l’instabilità del governo, ciò
signi ca che per aprire una crisi devi avere già disponibile una alternativa di governo. La s ducia
costruttiva consente di ridurre i casi in cui piccoli partiti fanno cadere il governo senza poter
provvedere a trovare una alternativa. La s ducia costruttiva rende impossibili le crisi al buio, che
fanno cadere i governi senza avere una alternativa,
In alcuni paesi si dispone anche del voto di ducia, proposto dai governi (es. italia), che è una
mossa per compattare un partito o una coalizione divisi e per far passare un provvedimento
sgradito. Infatti se non passa il voto di ducia il governo si scioglie. Spesso il voto di ducia è
legato a leggi speci che: se un governo è incerto riguardo alla propria capacità di ottenere un
adeguato sostegno per fare approvare una legge, può decidere di trasformare il voto su questa
legge in un voto sulla sopravvivenza del governo stesso
I presidente eletti in modo indipendente possono esistere in tutti i tipi di democrazia: nelle
democrazie presidenziali (U.S.A), parlamentari (italia, Germania, Grecia) e miste (come in Finlandia
prima del 1999).
Il titolo di presidente, però, non è necessario né su ciente a quali care la democrazia come
parlamentare, presidenziale o mista. La caratteristica distintiva di un regime presidenziale infatti
non è che ci sia un presidente eletto in modo indipendente, ma, piuttosto, che non ci sia la
responsabilità legislativa. Infatti i presidenti eletti in modo indipendente possono esistere in tutti e
tre tipi di democrazia come abbiamo visto.
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eletti in modo indipendente.per distinguere tra queste democrazie parlamentari e le democrazie
miste dobbiamo porre una terza domanda:
In teoria sussiste una responsabilità ministeriale, signi ca che i ministri devono assumersi la
responsabilità ultima di ciò che accade nel loro ministero, tuttavia in genere i ministri del gabinetto
sono vincolati alla responsabilità collettiva del gabinetto.
Qual’è il ruolo del Capo dello stato nella formazione del governo?
Il capo di Stato presiede il processo di formazione del governo ed è lui che, in ultima analisi,
investe un governo con l'autorità costituzionale per entrare in carica.
In alcuni stati designa il formatore, cioè la persona designata a formare il governo (spesso il
formatore è il Primo Ministro), in altri è invece più vincolato e deve scegliere necessariamente il
leader del partito più forte (come in U.K.), in altri meno e può scegliere più liberamente, come in
Irlanda e in Rep. Ceca.
In altri paesi svolge il ruolo di informatore, cioè esamina le colazioni politicamente fattibili e
nomina il formatore.
Nei sistemi pluripartitici si devono solitamente formare governi di coalizione: ma come si possono
prevedere le coalizioni più probabili?
Esistono dei modelli che fanno delle previsioni in base al fatto che i partiti siano orientati alle
cariche o orientati alle politiche:
A) se i partiti sono orientati alle cariche si veri cherà la cosiddetta legge di Gamson: i partiti
otterranno un numero di ministeri in numero strettamente proporzionale al numero dei seggi. Si
a ermeranno le coalizioni minime vincenti, cioè le coalizioni che contengono solo i partiti
strettamente necessari per la formazione del governo.
B) se i partiti sono orientati alle politiche, non solo cercheranno di ottenere più ministeri possibili,
ma vorranno garantirsi esiti il più vicini possibile ai propri valori, per fare questo i partiti dovranno
coalizzarsi con altri partiti ideologicamente vicini agli ideali del proprio. Potremo prevedere quindi
che a parità di connessione e vicinanza politica sarà più probabile che si formino colazioni
connesse minime, cioè una coalizione in cui i partiti membri si collocano uno accanto all’altro
nello spazio politico.
In realtà i partiti sono interessati sia alle cariche che alle politiche: un politico interessato alle
politiche avrà infatti bisogno di cariche per attuare i suoi piani, e viceversa, un politico interessato
alle cariche dovrà attuare delle politiche e caci per vincere ed ottenere le cariche.
- governi di minoranza: si veri cano quando il partito o i partiti al potere non dispongono
esplicitamente di una maggioranza dei seggi legislativi. Possono essere a partito unico e a
coalizioni di minoranza. I governi di minoranza rimangono in carica perché l’opposizione è
abbastanza grande da poter destituire il governo ogni volta che vuole farlo. Un governo di
minoranza può esistere solo nche l’opposizione non lo fa cadere. I governi di minoranza sono
facilitati dalla forza delle commissioni parlamentari: quando le commissioni parlamentari
hanno un potere di in uenza sulle politiche, allora le opposizioni possono farsi valere e avere un
in uenza sulle politiche dentro le commissioni, quindi possono lasciare il governo alla
minoranza e far valere le proprie politiche nelle commissioni parlamentari. Un’ altra facilitazione
è data dal corporativismo, che si veri ca quando le forze politiche e sociali organizzano dei
tavoli negoziali sui quali impostano molte politiche pubbliche, in questo caso essere dentro il
governo non è importante, perché si può essere rilevanti anche ai tavoli negoziali.
Un’altra spiegazione per la presenza di governi di minoranza, l’ipotesi del partito forte, si
concentra sulle divisioni politiche all'interno dell'opposizione: un governo di minoranza è in
grado di sopravvivere e di essere stabile se i partiti di opposizione non riescono ad accordarsi
su chi dovrebbe sostituirlo (come successe spesso per i DC in italia). Questi partiti riuscirono
spesso a formare governi di minoranza, essendo partiti relativamente grandi e situati al centro
dello spazio ideologico, con partiti di opposizione su entrambi i lati. Questi partiti, spesso
de niti partiti "forti", rivendicarono per sé la possibilità di governare da soli, perché i loro
avversari non riuscirono a mettersi d’accordo su un governo alternativo.
Sono state proposte numerose teorie per spiegare l'enigma del perché esistano governi di
minoranza, tutte queste teorie sottolineano l'importanza delle politiche nel processo di
formazione del governo. Se i politici si preoccupassero solo delle cariche, sarebbe di cile
capire perché un partito non governativo dovrebbe scegliere di non far parte del gabinetto,
quando hai il potere di imporre la propria partecipazione al gabinetto stesso.
In ordine di impegno:
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2. Istruzioni per il trasferimento di voto;
4. Liste comuni;
11.3 Democrazie presidenziali
Nelle democrazie parlamentari non c’è la responsabilità legislativa.
Anche nei sistemi presidenziali quindi il presidente può essere interessato a formare governi di
coalizione. Se il presidente ha forti poteri legislativi si possono anche insediare al governo molti
tecnici, perché il presidente non ha un rapporto di dipendenza dal parlamento, se invece i poteri
legislativi del presidente sono deboli aumenta la presenza di ministri parlamentari.
Il governo in una democrazia mista comprende un Primo Ministro e un gabinetto come in una
democrazia parlamentare. Tuttavia, mentre in una democrazia parlamentare il ramo esecutivo e il
governo sono la stessa cosa, non è così in una democrazia mista. In quest'ultima infatti il ramo
esecutivo comprende il governo e un presidente -Il presidente fa parte del ramo esecutivo, ma
non fa parte del governo. Sia il presidente sia il Primo Ministro sono coinvolti nella quotidiana
amministrazione dello Stato.il modo speci co in cui il potere esecutivo è diviso tra presidente e
Primo Ministro varia da una democrazia mista all'altra (di solito però il presidente ha più in uenza
in materia di politica estera, mentre il Primo Ministro ne ha di più in materia di politica interna).
Non c'è nulla che in questo tipo di democrazia garantisca che il presidente e il Primo Ministro
provengono dallo stesso partito. I periodi in cui politici di diversi partiti detengono le posizioni di
presidente e di Primo Ministro sono spesso de niti come periodi di coabitazione. Ma, nelle
democrazie miste, spetta quasi sempre al presidente nominare il primo ministro, quindi perché
mai il presidente dovrebbe nominare un Primo Ministro di un altro partito politico? La risposta ha
a che fare con il fatto che il governo (Primo Ministro e gabinetto) deve godere del sostegno di una
maggioranza legislativa per restare in carica. Così, può essere necessario che un presidente
nomini un Primo Ministro di un partito di opposizione, quando il partito del presidente non
controlla una maggioranza dei seggi legislativi. La Francia, ad esempio, ha sperimentato tre
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periodi di coabitazione, a partire dal 1986. La coabitazione avrebbe potuto veri carsi anche prima,
nel 1981, quando un presidente socialista (Mitterrand) fu eletto dagli elettori francesi per un
mandato di sette anni; a quel tempo il legislativo era controllato da una coalizione di destra.
Entrando in carica, però, Mitterrand usò il proprio potere costituzionale per sciogliere il legislativo
e indire nuove elezioni legislative nelle quali il partito socialista ottenne la maggioranza assoluta
dei seggi, evitando la coabitazione.
Anche altre democrazie come lo Sri Lanka hanno fatto esperienza di coabitazioni: nel 2001 la
presidentessa Chandrika Kumaratunga, dell'alleanza del popolo, fu costretta a nominare il suo
avversario politico, Ranil Wickremasinghe, del Partito Nazionale unitario, come primo ministro,
dopo il successo del UNP alle elezioni legislative. Questi due politici avevano posizioni
completamente opposte in merito alla necessità di negoziare con le Tigri per la liberazione della
patria Tamil, per porre ne alla decennale guerra civile. Prima del 2001, la presidentessa aveva
adottato un approccio strettamente militare, ma il Primo Ministro avviò immediatamente dei
negoziati e, alla ne, rmò un cessate il fuoco permanente nel 2002. Nel 2003, dopo aver indicato
che era pronta a destituire il Primo Ministro se avesse fatto troppe concessioni, la presidentessa
sospese il parlamento e dispiegò le truppe per prendere il controllo del paese mentre il Primo
Ministro era in visita negli USA. Il periodo di coabitazione, si concluse quindi con la dichiarazione,
da parte della presidentessa, dello stato di emergenza.
3) Mobilitazione delle masse: i partiti politici sono strumenti di primaria importanza per la
mobilitazione delle masse. Ciò è particolarmente importante in fase elettorale, quando i
comuni cittadini vanno incoraggiati a recarsi alle urne. Una vasta letteratura in scienza politica
dimostra che i cittadini non sono naturalmente inclini a votare, perché presentarsi ai seggi è
costoso -ci vuole tempo, hanno altro da fare, e cosi via-. La capacità di mobilitare le masse
può essere importante anche quando non si tengono le elezioni: per esempio, nel 1978 il
presidente Charles de Gaulle uso il partito gollista per mobilitare i sostenitori contro le proteste
degli studenti e degli operai. Quella che in origine era una protesta studentesca limitata sfugge
di mano al governo nel momento in cui la polizia usò i gas lacrimogeni, Gli arresti di massa e
le manganellate per disperdere gli studenti. La protesta si trasformò rapidamente in una crisi
sociale e De Gaulle, che aveva tenuto no a quel momento un pro lo basso, tenne un
discorso radiofonico che faceva leva sulla storica paura dei francesi per una possibile
rivoluzione comunista. Disse che avrebbe sciolto l'assemblea nazionale e che il paese
rischiava una dittatura comunista. Invitò anche i cittadini a schierarsi in difesa della
Repubblica contro gli studenti e gli operai “comunisti”. Come osserva Hitchcock: "entro
un'ora dal discorso di De Gaulle, cominciarono a radunarsi delle folle in Place de la Concorde,
circa mezzo milione di persone si riversò nelle strade e marciò lungo gli Champes-Elysée
dietro i leader del partito gollista e dei partiti di destra”. Questo spiega come si potrebbero
usare i partiti per mobilitare le masse a sostegno di un regime, ma anche contro un regime.
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I partiti sono, in ultima istanza, fondamentali, ma spesso non assolvono alle loro funzioni e non
sono adeguati al loro ruolo.
2) Sistema a partito unico: esiste solo nei sistemi autoritari, in questo sistema un solo partito è
legalmente autorizzato a detenere il potere (partito comunista nella Russia sovietica);
3) Sistema dominato da un solo partito: È quello in cui potrebbero operare legalmente più
partiti, ma solo un determinato partito ha realistiche probabilità di salire al potere;
4) Bipartitico: È quello in cui solo due grandi partiti politici hanno una realistica probabilità di
detenere il potere, come quelli inglesi e americani.
5) Multipartitico: è quello in cui più di due partiti hanno una realistica probabilità di detenere il
potere
Con quali criteri contare? Il sistema più accreditato (indice di Laasko e Taagepera) usa la
percentuale dei seggi e il numero e ettivo dei <<partiti legislativi>> (si guarda non solo al numero,
ma anche alla dimensione dei partiti).
1) primordiale: questa prospettiva vede nei partiti i rappresentanti naturali di persone che hanno
interessi comuni. Questa prospettiva da per scontata l’esistenza di divisioni naturali all’interno
della società. Con il formarsi di gruppi intorno a queste fratture, i partiti politici emergono e si
evolvono per rappresentare questi interessi. È il cosiddetto approccio dal basso (bottom up).
Queste due prospettive ricordano quelli che gli economisti chiamano fattori della domanda e
fattori dell'o erta: la prospettiva primordiale dà per scontata la domanda di rappresentazione di
determinati interessi e spiega l'esistenza dei partiti politici come risposta a questa domanda; per
contro la prospettiva strumentale a erma che l'o erta crea una sua domanda.
1) Frattura tra società urbana e rurale: il con itto tra queste due società è uno dei più vecchi
esistenti al mondo. Il punto di con itto più importante, nell’antichità, tra interessi delle società
urbane e rurali riguardava il prezzo delle risorse alimentari: gli abitanti delle città erano
consumatori, non produttori, di risorse alimentari, e quindi vedevano migliorare il proprio
tenore di vita quando il prezzo degli alimenti diminuiva. Gli abitanti delle campagne invece
erano prevalentemente produttori, quindi traeva i bene cio dall’aumento dei prezzi.
2) Frattura confessionale: è un altro con itto sociale che agita e ha agitato molti paese. Il
con itto sulle divergenze religiose è emerso nei paese europei durante la riforma protestante
nel XVI secolo. La conseguenza dei con itti fu che chi confessava di credere in una
determinata forma di cristianesimo si ritrovava spesso in con itto con i credenti di altre
congregazioni. Le modalità speci che di questo con itto variavano da una paese all’altro: ad
esempio in Inghilterra esistevano due fronti di battaglia religiosi, da una parte nacquero i
con itti tra i sostenitori della chiesa di Inghilterra e i non conformisti, dall’altra parte insorsero
invece i con itti tra i sostenitori della chiesa di Inghilterra e i giacobiti cattolici (sostenitori di
giacomo II esiliato)
3) Laici/clericali: il con itto tra laici e clericali, cioè tra uno stato in crescita che aspirava al
predominio, e la chiesa che tentava di mantenere i suoi diritti storici, si è inasprito molto nel
tempo. Questo con itto era molto sentito in Francia, dove la cooperazione tra nobiltà e il clero
cattolico aveva contribuito a mantenere al potere la monarchia Borbone, n dal 16 secolo; un
un'altra dimostrazione del con itto tra laici e clericali ci è data dalla costituzione e
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cooperazione di partiti religiosi in molti paesi di Europa: in Olanda, ad esempio, i partiti
protestanti e cattolici erano separati, ma dalla ne del XIX secolo hanno fatto quasi sempre
causa comune contro i partiti “secolari".
5) Frattura tra valori materiali e post-materiali: Lipset e Rokkan hanno a ermato che il
sistema di partito europeo fu "congelato" con l'introduzione del su ragio universale negli anni
20. Le strutture sociali, a questo punto, potevano modi carsi, come avevano fatto in passato,
ma non c'era più nessuna base elettorale non sfruttata da mobilitare i nuovi partiti. L'ipotesi
del congelamento è stata usata per spiegare perché le dimensioni ideologiche di quasi tutti i
sistemi di partiti europei erano simili: il tipico sistema partitico europeo di metà novecento
aveva due partiti di sinistra (socialista e comunista) , Un partito conservatore (spesso
cristiano-democratico) e un partito liberale a destra. A partire dagli anni 60 sono emerse in
Europa due possibili contraddizioni all'ipotesi del congelamento: una è l'a ermazione negli
anni 60 e 70, di nuovi partiti politici de niti partiti "della sinistra libertaria". Questi partiti sono
diversi dalla "vecchia sinistra" perché sono meno legati al proletariato industriale e privilegiano
temi come l'ambientalismo e l'immigrazione, che si possono ritenere in contrasto con gli
interessi della classe lavoratrice. Inglehart a erma che questi nuovi partiti rispondono al
mutamento di valori nelle democrazie industriali avanzate, che passano da valori "materialisti"
a valori "post materialisti". A suo giudizio, questi nuovi partiti sono una risposta al declino
della rilevanza di fratture tradizionali, come quelle viste in precedenza, e all’emergere di una
nuova frattura post-materialista. Le nuove generazioni, infatti, sono cresciute in un ambiente di
benessere in cui la sicurezza esistenziale è data per scontata, e per questo motivo danno la
priorità all’espansione della libertà umana.
La seconda contraddizione all'ipotesi del congelamento viene dal successo che hanno
ottenuto i partiti di estrema destra in alcuni paesi europei, negli anni 80 e 90. Molti studiosi
hanno collegato l'a ermazione di questi partiti alla stessa frattura tra valori pre e post
materialisti. In e etti, questi studiosi considerano successo dei partiti populisti di estrema
destra una reazione diretta al programma della sinistra libertaria. Diversamente da
quest'ultima, i partiti populisti dell'estrema destra enfatizzano valori tradizionali e accusano
l'immigrazione di minacciare l’identità, la cultura tradizionale e i posti di lavoro dei lavoratori
indigeni.
6) Fratture etniche/linguistiche: in vari paesi del mondo le fratture etniche e/o linguistiche
rappresentano un’altra fonte importante di con itto. Data la rilevanza di questo tipo fratture nel
mondo, non è sorprendente che in molti paesi esistano dei partiti etnici, cioè partiti che
promuovono gli interessi di una categoria etnica o di una serie di categorie etniche a
esclusione di altre, e fa dell’esclusione una componente centrale della propria strategia di
mobilitazione.
14.1 Federalismo
Gli scienziati politici distinguono a volte tra Stati unitari e Stati federali. Riguardo gli stati federali
rimane però una notevole incertezza in merito alle speci che caratteristiche. In letteratura ci sono
molte de nizioni, tutte piuttosto vaghe, di federalismo. Ciò crea un problema, perché gli elenchi
degli Stati federali compilati dagli studiosi non coincidono quasi mai tra loro. La fonte della
confusione si può far risalire in larga misura all'idea che un paese debba essere federale nella
struttura (de iure) e federale nella pratica (de facto) per considerarsi veramente tale. Noi crediamo
che sia utile mantenere una distinzione concettuale tra federalismo de iure e federalismo de facto.
Solo mantenendo questa distinzione gli scienziati politici possono capire perché alcuni Stati
federali sulla carta si comportano come tali mentre altri no.
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14.1.1 Federalismo nella struttura (de iure)
Per essere considerato federale, un paese deve soddisfare tre criteri strutturali:
A) Divisione geopolitica: il paese deve essere suddiviso in governi regionali che sono legittimati
dalla costituzione e non possono essere aboliti unilateralmente dal governo nazionale o
centrale.
C) Governance diretta: l'autorità deve essere condivisa tra i governi regionali e il governo
nazionale; ognuno di essi governa direttamente i propri cittadini, per cui ogni cittadino è
governato da almeno due autorità. Inoltre, ogni livello di governo Deve avere l'autorità
necessaria per agire indipendentemente dall'altro almeno in un ambito di politica pubblica,
questa sovranità politica deve essere sancita dalla costituzione.
Le unità regionali di uno Stato federale assumono nomi diversi a seconda del paese in questione
(in Germania si chiamano Lander, cantoni in Svizzera, province in Canada, stati in Australia e negli
Stati Uniti, e regioni in Belgio). Nel loro insieme, i tre criteri indicano che lo Stato federale è quello
in cui la sovranità viene ripartita costituzionalmente tra almeno due livelli territoriali. Il federalismo
è relativamente raro nel mondo, nel 2000, solo il 10% dei paesi indipendenti del mondo erano
federali. In linea generale, i paesi federali tendono essere relativamente grandi.
A) Federalismo congruente: si veri ca quando le unità territoriali di uno Stato federale hanno
una composizione demogra ca (etnia, cultura, lingua, religione etc.) Simile.in uno stato
federale perfettamente congruente, ognuna delle unità territoriali ri ette in miniatura il paese
nella sua totalità. Tra gli esempi di Stato federale congruente ci sono gli Stati Uniti e il Brasile.
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CAP. 15 CONSEGUENZE DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE
“la rappresentanza proporzionale creerà perciò una situazione in cui ognuno vedrà rappresentata
esattamente la propria volontà, ma in cui non verrÀ attuata la volontà di nessuno” Dankwort A.
Rustow
1) Transitività di gruppo: garantire che un gruppo di individui sia in grado di e ettuare scelte
stabili e coerenti;
3) Non dittatorialità: far in modo che le preferenze sviluppate dagli individui in uenzino le
decisioni di gruppo;
I costituenti hanno risposto al trilemma in due modi alternativi: creando istituzioni che
distribuiscono il potere o creando istituzioni che lo concentrano. Le istituzioni che distribuiscono il
potere si chiamano democrazie consensuali, le istituzioni che concentrano il potere si chiamano
democrazie maggioritarie.
A questo proposito l’in uenza che i cittadini dovrebbero poter esercitare sulle decisioni politiche
prese dai suoi rappresentanti eletti si può considerare sotto la visione maggioritaria o sotto la
visione consensuale:
1) secondo la visione maggioritaria, le elezioni sono eventi nei quali i cittadini possono scegliere
tra due squadre alternative che competono per formare il governo. La squadra che conquista
la maggioranza elettorale può formare il governo. In questa concezione maggioritaria, i
cittadini sanno che la squadra a cui viene dato l’incarico di formare il governo è responsabile
delle politiche attuate (e non attuate) durante il suo mandato. Di conseguenza i cittadini
possono valutare la performance politica per decidere se rivotare o meno i governanti alle
prossime elezioni. Una delle idee fondamentali della visione maggioritaria è che la politica
dovrebbe fare quello che la maggioranza dei cittadini vuole, quindi i cittadini che hanno votato
le forze minoritarie del paese non dovrebbero in uenzare la formazione delle politiche in
nessun modo. Il potere quindi non dev’essere distribuito tra i vari attori politici, perché una
situazione di questo tipo coinvolgerebbe i rappresentanti della minoranza.
2) Secondo la visione consensuale, le elezioni sono eventi in cui cittadini scelgono i propri
rappresentanti da una gamma il più possibile basta di gruppi sociali, dopo di che i
rappresentanti eletti negoziano all’interno del parlamento per formare un governo. In questa
visione le lezioni danno semplicemente ai cittadini la possibilità di scegliere dei rappresentanti
che ritengano possano difendere i loro interessi nei negoziati politici che iniziano dopo le
elezioni. Uno degli obiettivi principali delle elezioni, nella visione consensuale, è produrre un
parlamento che ri ette in miniatura la società nel suo complesso. Questo tipo di parlamento,
le cui preferenze ri ettono quelle della nazione nella sua totalità, a una lunga storia nella teoria
democratica perché risale almeno al XVII secolo: Burke, nel 1770, scriveva che “la virtù, lo
spirito e l'essenza" di un parlamento stanno "nella sua capacità di riprodurre i sentimenti della
nazione”. Bisogna sottolineare che nella visione consensuale, i rappresentanti non vengono
eletti per attuare delle politiche precisamente identi cate, ma vengono eletti per negoziare tra
di loro sulle politiche da attuare. Questo comporta frequentemente il determinarsi di
maggioranze mutevoli.
15.1.2 Istituzioni maggioritarie e consensuali
Più proporzionale è il sistema elettorale, più distribuisce il potere e più concretizza la visione
consensuale della democrazia. Anche la dimensione del sistema di partito può essere
concettualizzata lungo il continuum maggioritario-consensuale: per esempio, il potere è
concentrato nei sistemi bipartitici, perché in parlamento ci sono due partiti dominanti (gli unici che
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hanno una probabilità di detenere il potere), mentre è disperso nei sistemi multipartitici, perché in
parlamento ci sono vari partiti e più di due hanno una probabilità di ottenere il potere: più partiti ci
sono, più il potere è disperso. Anche il sistema di governo che regge un paese si integra bene
nel concetto di continuum dal maggioritario al consensuale: per esempio, il potere è concentrato
nelle mani di un singolo partito nei governi a maggioranza monocolore, ma è disperso tra i partiti
nei governi di coalizione di minoranza.
Queste tre istituzioni sono tutte legate da una relazione causale: I sistemi elettorali maggioritari
tendono ad associarsi a sistemi di partito piccoli, mentre i sistemi elettorali proporzionali tendono
ad associarsi a sistemi di partito grandi. Inoltre, la dimensione del sistema di partito in uenza il
tipo di governo che viene a formarsi, in particolare, i governi a maggioranza monocolore hanno
molte più probabilità di formarsi quando ci sono pochi partiti, perché i sistemi di partito piccoli
aumentano la probabilità che un singolo partito conquisti la maggioranza. Quindi la scelta dei
costituenti di adottare un determinato tipo di sistema elettorale (maggioritario o proporzionale)
implica anche l'adozione di un determinato tipo di sistema di partito e di governo.
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B) Rappresentanza: la rappresentanza si può concettualizzare in termini di reattività e
congruenza. La reattività indica con quanto e cace i rappresentanti eletti rispondono ai
cambiamenti che si determinano nelle preferenze dell’elettorato. La congruenza de nisce
l'e cacia con cui i rappresentanti eletti ri ettono le preferenze statiche dell’elettorato.
La reattività è molto importante sia per la visione consensuale che per la visione maggioritaria,
ma, nonostante ciò, il modo esatto in cui viene concettualizzata è molto diverso tra le due
visioni della democrazia: le democrazie consensuali si avvicinano i loro ideali di reattività per
alcuni aspetti, ma non per altri. Da una parte, il fatto che le democrazie consensuali
impieghino regole elettorali proporzionali favorisce una connessione tra la percentuale di voti
che un partito ottiene alle lezioni e la percentuale di seggi parlamentari che conquista.
Dall'altra, la natura complicata del processo di formazione del governo fa sì che vi sia un
legame debole tra la percentuale dei voti che riceve un partito e la sua quota di potere
governativo, per esempio, non è sempre detto che il partito più rappresentato in parlamento
faccia parte del governo ( anche se le democrazie consensuali non concentrano il potere solo
nelle mani del governo: per esempio, attribuendo alle commissioni parlamentari, in cui sono
presenti i partiti di opposizione, un ruolo importante nel processo di formazione delle politiche
pubbliche).
Mentre la reattività è una misura dinamica della rappresentanza, la congruenza è una misura
statica. Il modo più semplice per concettualizzare la congruenza è immaginare rapporti tra un
singolo cittadino e un singolo rappresentante. In questa situazione, non è altro che la misura
della vicinanza o della distanza tra le posizioni ideologiche del cittadino e del rappresentante,
più vicino è il rappresentante alla posizione del cittadino, più è alto il livello di congruenza.
Teoricamente, si potrebbero ottenere alti livelli di congruenza sia nelle democrazie
maggioritarie sia nelle democrazie consensuali. In una democrazia consensuale, il partito più
vicino all'elettore medio dovrebbe avere un ruolo importante nel processo di formazione del
governo e quindi avvicinarne la politica alla posizione ideologica dell’elettore medio. Tuttavia,
la maggior parte degli studi indicano che i governi sono più congruenti con le preferenze
ideologiche dei cittadini nelle democrazie consensuali che nelle democrazie maggioritarie.
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