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. BIBLiO .EJA 1
NORBERTO BOBBIO
Centro Studi Piero Gobetti
BOBBIO
GARIN
JEMOLO
SPIRITO
I N C O N T R I DI C U L T U R A B R E S C IA
BOBBIO
Q u aledem
ocrazia ?
100 zioni reali di cui la sua ideologia dovrebbe essere una specie di
I risoluzione prescrittiva. La cultura italiana è ancora malata, BOBBIO
è incredibile dirlo dopo tante finestre aperte sul mondo di pae-
| si più progrediti, in questi quindici anni, di ambizione specu-
' lativa. Si comincerà dalla scuola a cercar qualche rimedio con
un insegnamento più aderente alla realtà e aU’esperienza? Lo
spero, per quanto basti gettare uno sguardo sullo stile dei libri
di lettura delle scuole elementari per essere sfiduciati. Ma pur
con la più grande fiducia nel fatto che si sia cominciato e si sia
cominciato bene, è chiaro che se dobbiamo aspettarci i benefici
effetti sull’orientamento di tutta una cultura dalla riforma sco
lastica, dobbiamo essere rassegnati ad aspettare per un pezzo.
Il mio discorso è troppo scoraggiante? Credo di no. La de
mocrazia è in travaglio; ma proprio perchè è in travaglio, dob
biamo sentirci maggiormente impegnati a salvarla. Del resto
i guai della democrazia non sono soltanto italiani. Non ho biso
gno di richiamare la vostra attenzione su quello che è acca
duto, e su quello che continua ad accadere, nella vicina Francia.
L ’Unione Sovietica non è uno stato democratico; eppure Lenin
era convinto di istituire uno stato m ille volte più democratico
di quelli occidentali. Gli Stati Uniti sono un paese democra
tico: da Toqueville in poi sono agli occhi degli Europei il mo
dello della democrazia. Ma ogni tanto nel paese ideale della
democrazia le istituzioni democratiche sono insidiate (si pensi
al maccartismo) o almeno non funzionano come dovrebbero (si
pensi al problema negro), senza contare che salta fuori ogni
tanto qualche enfant terrible (penso al libro recentemente tra
dotto in italiano di Wright M ill, sulle Élites al potere), a solle
vare qualche dubbio sulla corrispondenza della realtà al mo
dello ideale.
Ma vi è un motivo più profondo per non scoraggiarsi. Le
difficoltà della democrazia non derivano soltanto da una parti
colare situazione in cui si trovi l ’Italia o la Francia o la Russia
o l ’America. Ci sono difficoltà intrinseche alla stessa forma del 101
regime democratico. La democrazia è certamente la più perfetta
delle forme di governo, o almeno la più perfetta tra quante
gli uomini siano riusciti ad escogitare e in parte a realizzare;
ma appunto perchè è la più perfetta, è anche la più difficile.
Il suo meccanismo è il più complicato; ma, appunto perchè è
il più complicato, è anche il più fragile. La ragione per cui là
democrazia è il regime più desiderabile, ma insieme è anche
il più difficile da far funzionare e il più facile a guastarsi, è
questa: essa si propóne il compito di conciliare due cose con
trastanti come la libertà e il potere. Non è possibile uno stato
senza un solido potere organizzato. Ma un solido potere si
organizza tanto più facilmente quanto meno tien conto del con
senso e della libertà. La difficoltà della democrazia sta nel tro
vare una soluzione soddisfacente a questa tensione dramma^
tica tra la vocazione dell’uomo alla libertà e la necessità asso
luta in cui si trova, se vuol sopravvivere, di istituire una so
cietà con un potere efficiente. Il tallone di Achille della demo
crazia è, in una parola, l’efficienza del potere. Il metodo'dèmo-
cratico ci r isolve egregiamente il problema della l egittimità
del potere. Ma non basta che il potere sia legittimo. È neces
sario anche che sia efficiente. Un potere legitimo che non fosse
efficiente finirebbe, presto o tardi, di non essere più “un potere.
D ^ S o ' ca^ò,'~ un^poÌCTÓ 'efficiente /finisce, presto o tardi, in
ragione della^sua stessa efficienza, di diventare legittime. Ora
la storia ci insegna che quanto più un potere è fondato sulla
libertà e non sulla soggezione, tanto più la sua stabilità e la
sua efficacia sono continuamente messe in questione. La for
mula del regime democratico potrebbe essere riassunta in que
sta massima : fare in modo, per un verso, che la libertà con
cessa ai singoli cittadini non sia tanto ampia da rendere im
possibile l’unità del potere, e per l ’altro verso, che l ’unità del
potere non sia tanto compatta da rendere impossibile l ’espan-1
sione della libertà. Ma, appena pronunciata, questa formula BOBBIO
mostra la sua astrattezza: l’attuazione è problema delicatissi
mo di equilibrio sempre instabile, di compromesso sempre in
soddisfacente, di dosatura mai definitiva.
Istituzionalmente, il problema del rapporto fra legittima
zione democratica ed efficienza del potere è stato risolto in due
modi. I l primo modo è quello dettato dalla celebre, sempre di
scussa ma non mai tramontata, teoria della separazione dei
poteri: la separazione netta del potere esecutivo da quello legi
slativo, quale è attuata nel regime presidenziale degli Stati
Uniti, rendendo il governo indipendente dalle maggioranze par
lamentari, gli dà la stabilità necessaria per prendere decisioni
durature e realmente trasformatrici (com’è avvenuto, ad esem
pio, con la politica del N ew Deal di Roosevelt). L ’altro modo
non è stato elaborato a tavolino dai teorici della politica, ma
è il risultato di una lunga tradizione storica formatasi in un
paese che è diventato maestro a tutti di vita civile: è il siste
ma parlamentare dei due partiti. Dove ci sono due partiti, uno
dei due ha necessariamente la maggioranza e il governo, ema
nazione di quella maggioranza, non corre il rischio di essere
rovesciato, almeno per tutta la durata della legislatura. La pri
ma condizione dell’efficienza, per un governo, è la stabilità.
Dove ci sono due partiti, la stabilità è assicurata; dove ve ne
sono molti, siccome difficilmente uno di essi riesce ad avere
la maggioranza assoluta, il governo nasce sempre da alleanze
tra partiti maggiori e minori, e abbiamo visto troppo spesso
che queste alleanze durano lo spazio di un mattino. Non da
oggi, il maggior nemico della democrazia è l ’instabilità del go
verno, cui fanno corona i vizi della fiacchezza, della sterilità,
dell’immobilità, della mancanza di audacia nelle riforme, del
rimandare a domani quello che si è sicuri di non poter farè
oggi- 103
•■'ISTITUTO D! Ti??®
'BQQBIO I l problema principale della nostra democrazia sempre va
cillante è di trovare la formula della stabilità. E l ’unica for
mula buona in un regime parlamentare è, piaccia o non piaccia,
il sistema dei due partiti. Arrivo sino a dire che là dove ci sono
più partiti, il regime democratico è un regime sempre provvi
sorio, una fortunata e casuale pausa tra due dittature. I l regi
me parlamentare per funzionare ha bisogno di due partiti, So
che non è una definizione ortodossa : ma sarei tentato di defi
nire il regime parlamentare come il regime dell’alternativa di
due partiti. Dove ce n’è uno solo, la democrazia non c’è; dove
ce ne sono troppi, la democrazia non c’è stata o non ci sarà.
Concludo: tra i due estremi dell'effìcienza senza consenso
e del consenso senza efficienza, la democrazia cerca -una via
intermedia. Ma le vie intermedie sono le più incerte e più
grave è il pericolo di smarrirle. Se incerta è la strada su cui
ci troviamo, in Italia, non dobbiamo peraltro abbandonarci ad
una completa disperazione. Meglio essere incerti sulla via buo
na, che sicuri, come eravamo vent’anni fa, su quella cattiva.
Ma v i è un altro aspetto della democrazia di cui devo anco
ra parlarvi. Col termine « democrazia » com’è noto, intendia
mo tante cose diverse, ma soprattutto due che dobbiamo tener
ben distinte, perchè dalla loro confusione nascono discussioni
oziose. Intendiamo in primo luogo un complesso di istituzioni
o di tecniche di governo: ed è ciò di cui v i ho parlato sinora.
Suffragio universale, regime parlamentare, riconoscimento dei
diritti civili, principio della maggioranza, protezione della mi
noranza, sono tutte istituzioni caratteristiche di un regime
| democratico. Possiamo su questa base definire il regime demo
cratico come quel regime che si vale, per organizzare la socie
tà, di certe istituzioni piuttosto che di altre. Ma molto spesso,
parlando di democrazia, non ci riferiamo a certe istituzioni
104 ma ad un centro ideale da perseguire, non ai mezzi o ai proce-
dimenti impiegati, ma al fine che con quei procedimenti si BOBBIO
vuole raggiungere. In questo modo il regime democratico vie
ne caratterizzato non tanto per le istituzioni di cui si vale,
quanto per i valori fondamentali che lo ispirano e. a cui tende.
L e istituzioni sono soltanto dei mezzi per raggiungere certi fini.
Ma perchè noi preferiamo certi mezzi ad altri? Perchè, per
esempio, preferiamo il sistema elettivo a quello ereditario?
Evidentemente, perchè crediamo che certi mezzi siano più adat- **
ti a raggiungere il fine desiderato. E allora è chiaro che se vo
gliamo non soltanto capire che cos’è la democrazia, ma darne
una giustificazione, passare, come direbbe un filosofo, dal giu
dizio di fatto al giudizio di valore, dobbiamo, dopo aver discorso
dei mezzi, discorrere, se pur brevemente, anche del fine. Il fine
da cui siamo mossi quando vogliamo un regime organizzato
democraticamente è, in una parola sola, l ’eguaglianza. Così
possiamo definire la democrazia, non più rispetto ai mezzi, ma
rispetto al fine, come il regime che mira a realizzare, quanto
più è possibile, l ’eguaglianza tra gli uomini.
Soltanto ora ci rendiamo conto perchè tutti, e le persone
semplici in primo luogo, capiscono ciò che è la democrazia. Es
se, parlando di democrazia, pensano al fine piuttosto che ai
mezzi. E l’eguaglianza è uno di quei valori supremi che non
si discutono, ma si credono. Non è che gli uomini siano eguali.
Sarebbe un’imperdonabile 'ingenuità, da parte di chi si è pre
sentato come portatore di esigenze realistiche e ha fatto dinan
zi a voi la parte del machiavellico più di quanto in verità gli
si addica, venirvi a dire che l’eguaglianza di cui si parla per
giustificare la democrazia sia un punto di partenza. L ’egua
glianza è un punto di arrivo. Non è, ripeto, che gli uomini siano
■eguali. Gli uomini devono essere eguali. L ’eguaglianza non è
un fatto da constatare, ma un dovere da compiere. Purtroppo.,
se consideriamo la democrazia in Italia anche da questo punto
di vista, dobbiamo convenire che il nostro paese è ancora ben 105
BOBBIO lontano dall’essere una società democratica. L ’Italia è un paese
dove vi sono enormi disuguaglianze. Qualche armo fa, scriven
do l ’introduzione a Banditi a Partinico di Danilo Dolci, dissi
che quelle pagine, dov’era documentata senza veli la miseria
scandalosa di un paese della Sicilia, avrebbero potuto essere
considerate come una iniziazione allo studio della vita politica
in Italia. Volevo parlare della democrazia come ideale, come
idea dell’uguaglianza, di cui quelle pagine erano la più cru
dele confutazione. Anche rispetto a questo modo di intendere
la democrazia, il cammino che dobbiamo percorrere è ancora
lungo, e nessuno creda di poterlo percorrere bruciando le tappe.
Parlandovi della democrazia non più come di una tecnica
di governo, ma come ideale, vi faccio anche una professione
di fede. Sono democratico perchè credo, anzitutto, che l’egua
glianza fra gli uomini sia un ideale nobile, in secondo luogo
credo che una diminuzione delle disuguaglianze sociali (ed
entro certi limiti anche di quelle naturali) sia, attraverso l ’ope
ra dell’uomo, possibile. .
Se la politica non servisse a migliorare la condizione uma
na, sarebbe pura espressione di potenza. Non interesserebbe
minimamente nè me nè voi. Ciò che ci spinge alla vita politica,
nonostante le delusioni, le amarezze, le quotidiane stanchezze,
è la coscienza che la politica non è soltanto intrigo e spirito di
dominio. Non abbiamo perso tutte le speranze che la politica
serva anche alla giustizia, a combattere il sopruso del più ric
co, a resistere alla prepotenza del più forte, a mortificare la
libido dominando, e non soltanto, come si crede, ad eccitarla.
Mi avete detto che Carlo Bo vi ha tenuto una conferenza la
settimana scorsa intitolata: Quale fede? Anch’io ho posto una
domanda. Ma una domanda con la quale mi sentirei di rispon
dere alla domanda di Bo: la democrazia è una fede. Dunque,
106 quale fede? La fede nella democrazia, s’intende, se democrazia
significa eguaglianza. Parlo di fede mondana, della fede che BOBBIO
ci sorregge nella costruzione del mondo umano.
Si dice che viviamo in un mondo senza ideali, e i giovani
sono scontenti e spietati. Eppure viviamo in un’epoca storica
che ha dinanzi a sè il compito straordinario di attuare la de
mocrazia in tutto il mondo abitato. Quale ideale più alto, quale
fede più battagliera e creatrice? Se ci mettiamo dal punto di
vista di una filosofia generale della storia, e ci chiediamo : « La
storia umana ha una direzione che dia un senso all’immenso
travaglio di secoli di lotte, guerre, sangue e stragi? E se ha
una direzione, qual’è? », mi pare che non si possa dare che una
risposta: la storia umana va verso una sempre più progressiva
eguaglianza tra gli uomini, tra classe e classe, tra nazione e
nazione, tra razza e razza, tra uomo e uomo. M i sono interro
gato più volte intorno a questa domanda, ma non riesco a tro
vare altra risposta che questa: il senso della storia è l’egua
glianza fra gli uomini. Se non ha questo senso, è un’assurda
follia. Quando si fanno paragoni tra epoche antiche e l’epoca
moderna, quando distinguiamo società barbare da società ci
vili, ciò che ci colpisce profondamente è la diminuzione delle
disuguaglianze. Il segno infallibile a cui riconosciamo il pro
gresso civile è il livellamento degli ordini estremi della società,
la limitazione del dominio dell’uomo sull’uomo. Oggi viviamo
in un’epoca in cui l'umanità potrebbe fare nell’attuazione di
questo compito un passo decisivo, mai prima d’oggi compiuto.
Lo sviluppo tecnico ha assunto tali dimensioni da porci di
fronte a questa alternativa: o la autodistruzione o la democra
zia universale. Basta porre i termini dell’alternativa per capi
re che è un’alternativa soltanto apparente. Nessuno può volere,
infatti, la prima soluzione.
Mi rivolgo ai giovani perchè sono giovani coloro che mi
hanno invitato. A costoro dico che non vedo compito più alto,
oggi nel mondo, che l ’attuazione, nel nostro paese e nei paesi 107
BÓBBIO più arretrati, dell’ideale democratico. È un ideale che ha dietro
di sè tutta la parte migliore della storia dell’uomo e ha di
nanzi a sè la possibilità di attuare quella direzione dello svi
luppo storico, per cui la nostra storia è storia di uomini e non
dei « bestioni » vichiani. Per questo, concludendo, v i dico : qua
le fede? La fede nella democrazia. Quale democrazia? La de
mocrazia come ideale di eguaglianza e compito di giustizia.
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