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Blumler
Mediatizzazione in declino?
Saggi
verso soundbites sempre più brevi, costruiti in base ai valori notizia dei gior-
nalisti; a loro volta, i giornalisti ricostruivano questi contenuti in termini che
si adattavano alle loro narrazioni più che a quelle dei politici; di conseguenza,
gli spettatori sentivano più spesso la voce dei giornalisti che non quello che
i politici volevano dire; inoltre, i politici e i loro consulenti dedicavano enor-
mi quantità di tempo ed energie per escogitare messaggi che (speravano) i
giornalisti avrebbero dovuto accettare; a loro volta i giornalisti, determinati a
non farsi «usare» da questi cacciatori di visibilità, rappresentavano sempre più
spesso la politica in termini definiti da loro stessi, che spesso comprendevano
storie di scandali, gaffe, fallimenti e gli alti e bassi delle schermaglie tattiche
quotidiane. Tutti questi comportamenti erano diventati una ricetta non per
informare il pubblico, ma per renderlo più scettico e disincantato. La «crisi
della comunicazione politica» era una «crisi della comunicazione per la citta-
dinanza». La «mediatizzazione» dominava ma, come Mazzoleni e Schulz (1999)
suggerirono, non era particolarmente salutare per la democrazia.
Da questo punto di vista, si possono forse individuare due aspetti
positivi del sistema di comunicazione politica che sta emergendo. Primo, a
causa della moltiplicazione dei canali e delle piattaforme, potrebbero nascere
opportunità di oltrepassare e indebolire quei legami costrittivi tra politici e
giornalisti che sono prevalsi fino a oggi. I politici potrebbero sempre aver biso-
gno di far passare i loro messaggi nei notiziari dei canali televisivi generalisti,
ma potrebbero anche avere opportunità di presentare versioni più ampie di
ciò che vogliono dire attraverso altri veicoli, come le reti televisive via cavo, i
siti web, i blog, YouTube e così via, senza dover subire la mediazione di gior-
nalisti cinici e sempre pronti a brandire le forbici. In questo caso, gli elettori
potrebbero anche avere maggiore libertà di scegliere autonomamente tra tutti
i contenuti disponibili rispetto a quanto non avvenga con una dieta di seg-
menti informativi fortemente mediati. La recente campagna di Barack Obama
per la Presidenza degli Stati Uniti sembra avere illustrato queste possibilità. I
giornalisti potrebbero opporsi a questi sviluppi, non solo perché la loro presa
sul pubblico verrebbe allentata, ma anche perché in questo modo i politici
potrebbero trovarsi fra le mani troppo potere di fare propaganda senza con-
trollo. Comunque, questa ipotesi non mi sembra molto probabile. Non è che, in
questo nuovo equilibrio, i politici possano monopolizzare con i loro messaggi
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che negli Stati Uniti. Altri potrebbero cercare di conquistare attenzione per le
notizie politiche enfatizzando ancora di più gli eventi drammatici, il conflitto,
gli aspetti spettacolari, gli scandali e i fallimenti. I tentativi di informare appro-
fonditamente sui problemi potrebbero diventare molto pochi e isolati, fino a
sembrare addirittura fuori moda. C’è anche il pericolo che i modelli impoveriti
di comunicazione politica che caratterizzano i media dominanti si infiltrino nel
discorso politico su Internet. Anche la blogosfera potrebbe avvertire la pres-
sione della concorrenza per l’attenzione e cedere a essa, oppure presentare
le notizie con le stesse, apparentemente avvincenti, angolazioni adottate dai
giornalisti professionisti. D’altra parte, la motivazione di informare o di per-
suadere potrebbe essere più rilevante per i gestori di siti web e i blogger. Gli
studiosi dovrebbero cercare di rispondere a queste domande.
Secondo, l’abbondanza di comunicazione comporta sia una fram-
mentazione del pubblico (disperso tra più canali), sia una frammentazione
della ricezione. Mentre in passato la maggior parte delle persone riceveva i
programmi televisivi, compresi quelli di informazione e di politica, su un unico
apparecchio nella propria cerchia familiare, ora i cittadini tendono sempre più
a seguire la politica in modi diversi – in stanze diverse, su Internet, sui telefoni
cellulari e così via. Quali effetti, se esistono, avrà tutto questo sul modo in cui
le persone parlano di politica e confrontano le loro opinioni? La domanda è
importante, perché è stato dimostrato che la discussione con familiari e amici,
soprattutto con i primi, influenza le conoscenze politiche delle persone e la
loro partecipazione politica, compreso l’andare a votare. Questa è un’altra do-
manda a cui la ricerca dovrebbe rispondere.
Infine, un’altra domanda riguarda le tendenze populistiche, dal
basso all’alto, che il sistema emergente della comunicazione politica potrebbe
incentivare. In tutto questo quadro, dove sono la prospettiva e i meccanismi
per deliberare sulle questioni politiche? Il nuovo sistema potrebbe dare più
peso ai reclami, ai problemi, alle lamentele e alle opinioni immediate delle per-
sone, che nascono dalle loro situazioni e sensazioni più vicine. Ma dove sono
la prospettiva e i meccanismi per far sì che tutti questi aspetti siano collegati
ad altre dimensioni della politica, a un’informazione affidabile sulle cause e
sulle diverse soluzioni dei problemi politici e a iniziative e politiche governative
finalizzate a risolverli? Sono convinto che qui ci sia un autentico divario, spe-
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Riferimenti bibliografici
Blumler, J.G. e Coleman, S. (2009). The Internet and citizenship: Theory, practice and policy.
New York: Cambridge University Press.
Blumler, J.G. e Gurevitch, M. (1995). The crisis of public communication. London: Rout-
ledge.
Mazzoleni, G. e Schulz, W. (1999). Mediatization of politics: A challenge for democracy?
Political Communication, XVI, 247-261.
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