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Premessa:
Il termine fake news, che secondo la Treccani indica ‘’notizie false’’, con
particolare riferimento a quelle diffuse mediante la Rete, non solo viene
usato per scrivere le numerose notizie false che circolano nei social
media, ma viene anche utilizzato come un’arma con cui accusare i rivali
di ogni colpa.
La maggior parte di questi siti crea le fake news per un motivo molto
semplice: denaro.
Infatti, le fake news sono delle vere e proprie esche da click (clickbait)
in grado di arricchire i creatori attraverso i proventi della pubblicità.
1) In primo luogo alla scienza delle reti, una nuova disciplina il cui
obiettivo è quello di comprendere le proprietà delle aggregazioni
sociali e le modalità con cui queste si trasformano.
2) In secondo luogo, alle riflessioni della ciberpsicologia; il suo
obiettivo è l’analisi dei processi di cambiamento attivati dai nuovi
media, inclusi i social media. In particolare, la psicologia dei nuovi
media ha come obiettivo lo studio, la comprensione, la previsione e
attivazione dei processi di cambiamento che hanno la loro
principale origine nell’interazione con i nuovi media comunicativi.
CAPITOLO PRIMO: FAKE NEWS, UN NUOVO FENOMENO?
Il termine fake news nasce alla fine del XIX secolo, negli stati uniti, per
descrivere una storia inventata, di solito in ambito politico, utilizzata per
danneggiare una persona o una istituzione.
Questi dati suggeriscono che la storia delle moderne fake news è legata
a quella di una tecnologia: i social media. In particolare, le fake news
hanno utilizzato le proprietà di questa tecnologia sia per modificare la
percezione della realtà del soggetto, sia per influenzarlo fino al punto da
spingerlo a condividerle in tempo reale in maniera spontanea e
partecipata.
Esempio:
Il risultato finale è che le fake news sono in grado non solo di modificare
la percezione della realtà del soggetto ma di influenzare il soggetto fino
al punto da spingerlo a condividerle in tempo reale in maniera spontanea
e partecipata. Probabilmente questo è l’elemento che caratterizza
principalmente le fake news moderne: la capacità di impattare sui
soggetti e sui gruppi sociali con una velocità e un coinvolgimento mai
visti prima nella storia della disinformazione.
I troll
I bot.
Nel mondo di internet, il termine TROLL viene usato per indicare gli
utenti aggressivi che intervengono sui social e nelle chat con commenti
provocatori e radicali creati per generare conflitto e divisione. I troll che
compongono le cybertruppe hanno lo stesso obiettivo ma sono creati in
maniera più sofisticata, in modo da generare interesse ed emulazione da
parte di amici e follower.
I chatbot sono sempre più utilizzati dalle aziende in sostituzione dei call
center in ambito commerciale e nel supporto ai clienti.
Se i troll sono utenti dei social media che hanno l’obiettivo di intervenire
sui social e nelle chat generando conflitto e divisione, i bot e i chatbot
sono invece falsi profili controllati da programmi di intelligenza
artificiale che hanno il compito di condividere (bot) o commentare
(chatbot) le fake news.
Per cui, anche se non ho capacità particolari ma quello che faccio per
qualche motivo attrae un gruppo di seguaci, posso comunque essere
un social influencer e diventare famoso.
Per esempio, dato che la comunità non avrebbe mai votato Trump per i
suoi comportamenti troppo libertini, creo una fake news in cui affermo
che Hillary Clinton partecipa a messe nere. E faccio in modo che gli
influencer con i loro commenti esprimano una forte disapprovazione nei
confronti delle conseguenze di questo evento per il gruppo. Alla fine di
questo processo saranno i membri della comunità stessa a supportare e
a difendere la verità delle fake news.
Per questo motivo, un primo passo deve essere compiuto dalle istituzioni
attraverso la regolamentazione dei meccanismi che permettono ai social
di chiuderci in una gabbia e di buttare la chiave dopo aver passato al
persuasore di turno i nostri dati.
- Il sondaggio Demos-Coop
- Il sondaggio Doxa
Hanno cercato di esplorare il rapporto con le fake news nel nostro
paese. In entrambi i casi almeno il 50% degli intervistati ha
considerato come vera nell’ultimo anno almeno una notizia letta su
internet e sui social network che poi si è rivelata falsa.
Perché questo? : da una parte dedichiamo sempre meno tempo
all’analisi dei diversi post che affollano le bacheche dei nostri
social. Dall’altra rimaniamo chiusi all’interno dei silos sociali creati
dai social media.
** Lo scandalo dei dati Facebook-Cambridge Analytica[1] è stato uno dei maggiori scandali politici
avvenuti all'inizio del 2018, quando fu rivelato che Cambridge Analytica aveva raccolto i dati personali
di 87 milioni di account Facebook senza il loro consenso e li aveva usati per scopi
di propaganda politica.[2] È stato definito come un momento di spartiacque nella comprensione pubblica
del valore dei dati personali e di conseguenza, provocando un forte calo del prezzo delle azioni di
Facebook, si è chiesto una regolamentazione più rigorosa sull'uso dei dati personali da parte delle
aziende tecnologiche.[3]
La raccolta illecita di dati personali da parte di Cambridge Analytica è stata segnalata per la prima volta
nel dicembre 2015 da Harry Davies, giornalista di The Guardian. Ha riferito che Cambridge Analytica
stava lavorando per il senatore degli Stati Uniti Ted Cruz utilizzando i dati raccolti da milioni di account
Facebook senza il consenso dei rispettivi utenti.[4] Facebook ha rifiutato di commentare la storia in
quanto sosteneva di stare già indagando. Ulteriori rapporti sono stati aggiunti nella pubblicazione
svizzera Das Magazin di Hannes Grasseger e Mikael Krogerus (dicembre 2016), (successivamente
tradotto e pubblicato da Vice), Carole Cadwalladr in The Guardian (a partire da febbraio 2017) e
Mattathias Schwartz in The Intercept (marzo 2017). Facebook ha rifiutato di commentare le
affermazioni di tutti gli articoli pubblicati.Lo scandalo scoppiò a marzo 2018 a causa delle rivelazioni di
un whistleblower, un ex dipendente della Cambridge Analytica, Christopher Wylie