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Le Fuck News sono notizie perfette che fanno salire l’indignazione degli utenti e che
ricondividiamo e amplifichiamo senza alcun approfondimento e verifica.
Sono storie utili alla nostra indignazione e al nostro posizionamento.
Attribuiamo una crescita del nostro valore sociale alla segnalazione internettiana di altrui vizi
e nostre virtù e ci adeguiamo a offrire la nostra solidarietà identitaria, condannare qualcuno
con più forza, segnalare il nostro presunto impegno, pronti a difendere la libertà di parola
purché uguale alla nostra : incisivi si, ma con chi è già dentro.
Brand e politici hanno stabilito nuovi patti di relazione con i consumatori e si sono adeguati
alla velocità dei feed ; e in mezzo a noi, quelli che tra un lavoro, un amore è un drink stanno
sui social, i bar del futuro.
Da una parte possiamo eliminare quello strato di complessità che ci rende umani e ci
permette di migliorare,finendo per trasformare i post nati per raccontare i nostri segreti in
posti che finiscono per raccontare i nostri segreti; dall'altra possiamo sfruttare la bellezza
commovente della rete: possiamo abbracciare la complessità, sforzarci di capire un pensiero
che riteniamo indifendibile, consultare più fonti, trasformando i social e noi stessi in un
accrocchio di difetti e imperfezioni.
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Dalle fake alle fuck news
Il primo giornale a sbarcare sul web era stato il “fort worth star Telegram”, un giornale texano
che nel 1991 aveva iniziato a pubblicare la sua versione cartacea su un sito; dopo di lui,
erano arrivate le edizioni online dei grandi “time”, “the New York Times”, “national
geographic”. Tutti i giganti avevano investito. Era una bolla di illusione che si dissolse nel
2001, quando vennero giù le torri gemelle.
Gli ingredienti della viralità sono già tutti negli esperimenti di Peretti: indignazione,
immedesimazione, divertimento.
Sulla base della sua teoria, Peretti fonda BuzzFeed, un sito web d'informazione tra i più
visitati al mondo, (gestito dall'omonima società statunitense) che distribuisce articoli attinti
dalla rete internet. BuzzFeed Inc. Sfruttando la tecnologia web feed, il sito raccoglie notizie
dalla rete, come titoli di giornali online, articoli dai blog, video blog e podcast.
A inizio 2020, la contaminazione oltre che estetica diventa anche tematica: il feed inizia ad
ospitare il mondo, oltre che noi stessi (Dal cibo instagrammabile a servizi di cronaca).
A marzo arriva la storia: è la morte di George Floyd, ripresa da più angolazioni, semplice da
comprendere, dotata di un audio universale (i can’t breathe), diventa la storia di cronaca
nera più virale di tutti i tempi.
Il feed si sporca, ospitando immagini dure e concrete. Instagram diventa la piazza di
discussione politica e sociale più popolare del mondo: è la via di mezzo tra Twitter e
Facebook.
Durante la quarantena i grandi gruppi editoriali iniziano a creare contenuti pensati per il
social e progetti di informazione nati i sui social nascono anche in Italia.
In mezzi ci sono quelli che rischiano di arrendersi all’autocensura, la tentazione per evitarla
è rinunciare alla complessità.
Le fuck news
La rinuncia alla complessità avviene per paura, conformismo o convenienza.
Tutte cose alla base delle fuck news che aumentano indignazione e rabbia in temi politici e
sociali.
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Dal capro espiatorio si linciaggi social
La storia di una battuta venuta male
Ci sono tre dinamiche tipiche dei linciaggi social:
1. I colpi si fanno più forti, numerosi e intensi man mano che il linciato si accascia a
terra, niente compassione o grazia.
2. Più il linciato è a terra, più l’obiettivo del linciaggio si allarga, vogliamo togliergli tutto.
3. Mai avere dubbi.
Tra i personaggi illustri del passato messi alla gogna ci fu Daniel Defoe che scrisse il suo
Inno alla gogna in cui sbeffeggia le barbarie della folla. Nel testo, saluta la gogna come
antica macchina di stato, inventata per punire i pensieri degli uomini.
L’umiliazione della gogna spegne nella vittima il desiderio di redimersi e preclude la
speranza nella società che qualcuno possa tornare alla via dell’onorabilità.
Più di trecento anni dopo, sui social rischiamo di introdurre un nuovo sistema : nessun
processo, solo la condanna pubblica.
Guia Soncini, scrittrice del libro ‘L’era della suscettibilità’, sostiene che si è iniziata a formare
la dittatura della fragilità: se reclamavi per te l’etichetta di vittima allora eri invincibile, se ti
sottraevi eri il nemico.
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Dalla damnatio memoriae alla cancel culture
Quanta vivacità intellettuale ci stiamo perdendo, soffocata dalla paura che una nostra frase
presa sia diffusa senza contesto sui social.
La giornalista afroamericana Alexi McCammond, direttrice di teen vogue, è stata costretta a
farsi da parte per una serie di tweet considerati xenofobi, scritti dieci anni prima.
C’è chi parla di De- platforming, togliere a una persona che non la pensa come noi la
piattaforma per esprimere le sue idee.
La cancel culture da per scontato che chi ha fatto una battuta razzista dieci anni fa sia la
stessa persona di oggi, eppure nessuno di noi è immutabile e perfetto. Nessuno di noi è
definito da come appare nei social o da una singola frase. Siamo tutti umani e la cosa più
saggia che possiamo fare è abbracciare la compassione.
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Da Genova 2001 al Black Live Matter
Eppure aprì la strada a l’autonarrazione dei movimenti, uno strumento di autodifesa contro la
narrazione esterna (i poliziotti). Nessun processo fino ad allora si era avvalso di così tante
fonti di prova documentali (audio, video, immagini) grazie alle prime linee internet.
Due mesi dopo arrivò qualcos’altro di cui parlare : due aerei fecero cadere le torri del World
Trade Center a New York, L’America invase prima l’Afghanistan e poi l’iraq ; milioni di
manifestanti contro le multinazionali iniziarono a mescolarsi a milioni di manifestanti contro
la politica militare di George W. Bush.
Dieci anni dopo con l’avvento dei cellulari sono i ragazzi Arani a filmare le proprie proteste
per aggirare la censura dei regimi.
Malcolm Gladwell sul New Yorker, ha parlato di legami deboli tra partecipanti e movimenti
nati sui social; Facebook funziona perché ci spinge e ci permette di fare la cosa meno
impegnativa di tutte quando non abbiamo voglia di fare ovvero, mettere like anziché uscire a
manifestare. Eppure, se prima dei social la distinzione era partecipo/ non partecipo, ora il
sistema di partecipazione è più fluido.
Black Lives Matter sfruttando una combinazione di legami deboli e azioni più impegnative:
mettere like ad un contenuto, condividerlo, associarsi alla comunità, riadattare dei contenuti,
finanziare, produrre contenuti propri, dare vita a proteste e influenzare.
Ci sono tre tipi di solidarietà: sociale, che si basa sull’esperienza comune, quella civica, che
si basa sull’obbligo morale verso una comunità e quella politica, che si basa su un impegno
condiviso verso una causa.
Ma i social portano un nuovo tipo di solidarietà: quella di identità, ci incoraggiamo esprimere
solidarietà mettendo in mezzo la nostra identità perché Internet porta L’io il tutto e quindi, il
modo più efficace per esprimere solidarietà è quello di mettersi in mezzo, raccontando le
esperienze e le ferite personali che ci accomunano ad altri.
L’hashtag ha fatto intrecciare solidarietà, visibilità, identità e auto promozione ma sono le
differenze tra le storie delle donne a illuminare i vettori che portano a un mondo migliore.
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Da Nino Manfredi a Fedez, l’attivismo delle celeb
Star “schierate”
Ogni epoca ha avuto personaggi famosi che si sono esposti su temi precisi: magic Johnson
trasforma la sua sieropositività in una battaglia contro lo Stigma dell’HIV.
In Italia, il dibattito si concentra in occasione di eventi specifici come i referendum su
determinati diritti. Le celebrity vengono ospitate all’interno di piani di comunicazione di altri e
usano come piattaforma di distribuzione dei loro contenuti i social, parlando di temi di
attualità perché lo sentono, perché glielo chiedono i follower, perché parlare solo di se stessi
annoia, e perché parlare di attualità è un modo ottimo per raccontare se stessi.
Le cause abbracciate sono varie, ma si possono ricondurre a quattro filoni:
1. Diritti civili
2. Empowerment
3. Razzismo
4. Cambiamento climatico
Grazie a loro il dibattito si democratizza ancora di più a tal punto che alcuni temi arrivano a
raggiungere fette di lettori altrimenti raggiungibili. Il rischio è sempre quello di eliminare
quello strato di complessità che ci rende umani e ci permette di migliorare.
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Dalla croce rossa al brand activism
Effetto Greta
In un mondo dominato da sfiducia e disinformazione, riponiamo speranza nell’economia,
l’unica istituzione che vista sia come etica che come competente. Il mondo delle aziende è
ritenuto più affidabile di quello politico. L’86% delle persone vuole che i Ceo assumano una
qualche forma di leadership sui problemi sociali, che si esprimono sulla pandemia, sulla crisi
del lavoro, su tematiche locali. Se fanno questo, le ricerche dicono che come consumatori
siamo disposti a pagare di più i loro prodotti.
I ricercatori e gli analisti parlano dell’effetto Greta: i cittadini che sentono parlare di lei
sviluppano una preoccupazione per l’ambiente molto superiore rispetto alla media e sono
più propensi a intraprendere azioni collettive. Una delle maggiori preoccupazioni in aumento
per i ragazzi della Gen Z diventa quella per il climate Change. Qualcun altro parla di
Shadow time: la sensazione di vivere contemporaneamente in due differenti e temporali.
Gli australiani parlano di solastalgia : il sentimento di nostalgia che si prova per un luogo che
si abita ancora ma che sta venendo alterato da mutamenti.
Bill Maher, rivolgendosi alla generazione Z, fa notare quella che definisce una dissonanza
cognitiva tra l’autonarrazione della generazione Z impegnata e i suoi comportamenti: Greta
ha 13 milioni di follower su Instagram, Kylie Jenner ne ha 279. Chi è la vera influencer di
questa generazione?
I giovani dicono di essere più preoccupati del clima rispetto ad altre generazioni, ma non si
comportano come se lo fossero.
Simon Mainwaring nel suo ‘we first’ parla di brand nation: le aziende diventano aperte e
collaborative, cercano di creare una comunità di consumatori tutto il mondo che credono nel
loro brand. La forza di un brand non si misura con il numero dei suoi sostenitori ma tramite
l’intensità e la lealtà con cui ogni consumatore condivide crede nei valori dell’azienda.
Un’intensità e lealtà resi possibili dai social.
Le categorie dell’attivismo dei brand sono sei, individuate da Philip kotler: sociale,
ambientale, lavorativa, politica, economica e giuridica.
Ogni brand gioca la sua partita cercando di pubblicizzare nel modo più diretto ma privo di
contraccolpi possibile.
La svolta arriva nel 2016 con l’elezione di Trump: quei lavoratori fino ad allora fedeli alle loro
aziende convinti sostenitori della cultura aziendale vedono improvvisamente i propri dirigenti
confrontarsi con il nuovo presidente, l’uomo che rappresenta la distruzione di ogni loro
valore e iniziano a mettere in discussione l’intero sistema. Le rivendicazioni sono di tre tipi:
1. Le condizioni salariali
2. Gli ambienti di lavoro
3. La rivendicazione
Attivismo o censura?
La rivendicazione riguarda l’impatto che l’azienda può avere sul mondo con i suoi prodotti, le
sue strategie e riguarda gli impiegati a tempo pieno della società; l’ossatura dell’azienda
stessa.
Con l’avvicinarsi delle elezioni 2020 e la nascita di nuovi movimenti i dipendenti della Silicon
Valley iniziano a protestare contro l’impatto che le aziende per cui lavorano possono avere
sul mondo e sulla società. Centinaia di impiegati di Twitter e Facebook pressano per mesi
loro capi perché sospendono l’account di Trump e centinaia di lavoratori Amazon si
rivolgono a Bezos perché spenga i server a cui si appoggia il social media parler: una
piattaforma popolare tra i conservatori americani, considerata alternativa Twitter. In seguito
alla rivolta venuta a Washington a inizio 2020, l’app viene bloccata dai Place Thor di Google,
sospesa dall’App Store di Apple, e vede i suoi server di Amazon bloccati dalla stessa
Amazon.le tre big tech la fanno fuori nel giro di un giorno, senza nessuna accusa specifica.
Quando le società usano il loro potere sul mercato per stabilire delle regole sociali minano il
diritto di altri cittadini di avere la propria voce in una democrazia. È un triangolo che
comprende:
- consumatori che chiedono sui social azioni di wokeness alle aziende, come il
licenziamento di qualcuno che ha detto o fatto qualcosa di negativo.
- aziende che attuano la censura.
- azionisti che incitano i ceo a fare ancora di più.
Sarebbe illusorio e ingiusto considerare le aziende come il motore del cambiamento su temi
sociali e civili. Le aziende potranno essere sempre un riflettore di cambiamenti che
potrebbero essere invocati dei cittadini o dei loro dipendenti in determinate aree del mondo
ma difficilmente traineranno scelte in base a loro impedì di giustizia. La palla ce l’abbiamo
sempre noi.
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Da Einaudi ai politici Snapchat
Ogni volta che un nuovo mezzo irrompe nella società, azzera o riduce ogni rendita di
posizione preesistente. Con l’avvento dei social, ricambio tutto. L’elemento più capace di
fare la differenza è di rendere un politico più penetrante è la personalità.
Perdono complessità ma guadagnano velocità e con quella cercando di fluire al ritmo del
feed, inserendo ogni tanto elementi per esprimere la loro personalità.
Tra i cinque stelle la folla cederà il passo a una struttura di potere centralizzata, tuttavia è un
fatto che Meet app siano stati il mezzo che ha permesso di creare in Italia una demo
dinamica (teorizzata da Lévy) : la sfida di un politico e accrescere le potenzialità del popolo,
agevolando il suo apprendimento collettivo e la sua partecipazione.
Obama e il potenziamento del popolo
Uno dei migliori a potenziare il suo popolo è stato Obama che in America diventa il simbolo
del nuovo potere basato sulla distribuzione. Egli usa la prima persona plurale, a partire dallo
slogan “Yes we can”. L’infrastruttura principale è myBarack Obama.com, una piattaforma
che permette ai sostenitori di organizzarsi, fare volontariato e trovare finanziamenti. La
struttura è decentralizzata: ogni leader locale a responsabilità e autonomia per sviluppare le
proprie squadre. Le parole d’ordine per accrescere un movimento politico sono:
decentralizzazione, auto organizzazione è un brand riconoscibile. Come grillo, anche
Obama abbandona quel movimento regredendo al vecchio e finisce per incorporare
l’infrastruttura e i suoi 13 milioni di membri all’interno del comitato democratico nazionale
decretandone la morte. Alle elezioni del 2012 deve la sua rielezione ai big data, ad alcuni
successi legislativi e al suo carisma individuale.
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Da Mario bros al metaverso
Tutti i social, prima o poi, devono confrontarsi con l’informazione, le fake news, le Fuck
news, l’intolleranza e la violenza. Una delle azioni più efficaci è quella di offrire alla
community strumenti per pensare, scoprire e ideare contenuti in un tono di voce
possibilmente positivo. È stato il grande errore di Twitter, il social non ha mai ispirato,
stimolato o orientato la narrazione, la produzione di contenuti al suo interno in una maniera
positiva. i social del futuro avranno due strade: stimolare le discussioni positive o ridurre
totalmente le discussioni.
Sul social è partita la fase ribelle che si chiama alt TikTok, quell’amico che ci passava CD
dei Nirvana ed è la versione alternativa dello Straight TikTok, la parte più ufficiale il social,
fatta di balletti e Creator che pubblicizzano partnership con i brand.
Sempre più persone iniziano a trovare il loro pezzo di mondo; l’unicità del social è che non è
solo comunicazione, è espressione. Non è un mezzo per vedere cosa sta succedendo nel
mondo ma per capire come le persone si stanno sentendo.
La Ovide scrive che il social potrebbe reinventare l’intrattenimento dando alla prossima
generazione di attivisti nuovi modi per raccontare storie e a chi vuole, di ascoltare la sua
storia preferita.
Fuga dall’universo
Un misto tra Matrix e una puntata di Black Mirror, il metaverso sarà sempre aperto,
accessibile e decentralizzato: non avrà un inizio e una fine e sarà una piattaforma delle
piattaforme, il cui sviluppo sarà affidato alle piattaforme istituzionali private.
Valerio bassan afferma che se esisterà un meta verso, esisterà anche un media verso nello
stesso spazio in cui condivideremo esperienze legate allo shopping o al gaming, potremmo
viaggiare, visitare, comprendere meglio e imparare anche quello che succede nel nostro
pianeta reale. Se avremo la possibilità di esperire il mondo in prima persona, forse saremo
in grado di sviluppare maggiore empatia verso gli altri. Potremmo costruire altre vite,
potremmo fuggire digitalmente dal nostro mondo esistente oppure, ancora una volta,
potremmo finire per replicarlo, rispecchiando le sue disuguaglianze e le nostre umanissime
imperfezioni.
È nelle nostre mani il futuro dei social, dell’attivismo, dei brand, della politica e del nostro
essere umani. Alcuni consigli:
- recupera il contesto, prima di usarlo per giudicare
- Consulta almeno tre fonti
- Quando ti sembra troppo bella per essere vera, non è vera
- Sentirsi offesi non significa avere ragione
- Ascolta la versione dell’accusato
- Riguarda i tuoi post degli anni passati prima di lanciare qualcuno per il suo passato
- Diffida dei perfetti
- Sostituisci la cancel culture con la compassion culture, provando a soffrire insieme
all’accusato
- Coltiva il dubbio specie quando non ce l’abbiamo
- Trova il coraggio di condividere il tuo pensiero e di far valere i tuoi principi
Seguendo questi consigli la nostra permanenza sui social potrebbe essere più divertente e
avventurosa, facendoci scoprire mondi inesplorati e rendendoci più positivi nei confronti
della vita. C’è sempre una storia che merita di essere raccontata sui social o al bar.