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INSTAGRAM, TWITTER E …
PENSATE
DAVVERO DI
CONOSCERLI?
Ecco come usarli e non far(si) danni
Printed in Italy
LE NUOVE CONNESSIONI, PER LA CRESCITA
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Facebook, Instagram, Twitter e …
Nicola Saldutti
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Facebook - 31
Instagram - 25
Linkedin - 15
Snapchat - 3,5
Twitter - 2,80
Fonte: We Are Social - Hootsuite 2021
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IL NOME UTENTE
Il nome deve essere in linea con il brand personale, quindi nome
e cognome se normalmente è così che l’utente è riconoscibile; il
nickname con cui è già conosciuto su altre piattaforme o tramite
altri mezzi di comunicazione (televisione, radio, editoria) o an-
cora il nome dell’azienda, se il profilo è associato a un marchio
commerciale.
LA FOTO PROFILO
La foto profilo deve aiutare un potenziale follower a dare un volto
all’utente o a renderlo riconoscibile. Se si parla di una persona,
un ritratto in primo piano è l’ideale, dato che sui social il volto
di un utente ha un valore di engagement più alto. Importante: se
abbiamo un profilo su social network diversi è consigliabile usare
sempre la stessa foto profilo.
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LA BIO
La biografia deve far capire chi siamo e di cosa ci occupiamo, sen-
za risultare insipida. Quindi sì a link a siti web e menzioni di pro-
fili che siano coerenti e che allo stesso tempo possano arricchirla e
renderla più interessante.
I CONTENUTI
Ogni social ha un suo linguaggio, ma ci sono regole che vanno
bene per tutti. Il filo rosso che lega ogni contenuto è lo storytel-
ling. Cosa vogliamo postare? Come vogliamo farlo? Al netto
delle differenze tra le piattaforme, possiamo pubblicare foto, te-
sti brevi o lunghi, caroselli (più contenuti in un unico post, che
siano tutte foto, video o un mix dei due), video, post con link.
A questi si aggiungono le dirette: video live con cui l’utente può
interagire con i propri follower. Ogni social ha una sezione de-
dicata alla creazione di contenuti, da cui si possono selezionare
foto, video, aggiungere testo o link (quest’ultimo è possibile solo
su Facebook, Twitter e LinkedIn) e confezionarli prima di pub-
blicarli. Per esempio si possono modificare le foto e i video ag-
giungendo filtri, scegliere l’ordine dei contenuti di un carosello,
inserire emoticon e hashtag.
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facilmente post per i social: Canva, per citarne uno, è utile e com-
pleto anche nella sua versione gratuita (canva.com). L’obiettivo:
essere sempre riconoscibili.
A COSA SERVE?
La community è come un circolo virtuale in cui incontrare perso-
ne che hanno i nostri stessi interessi e con cui scambiarci pareri,
idee e novità su un determinato tema. Per chi lavora con i social,
avere una community di riferimento è essenziale: molte aziende
oggi puntano ai «micro-influencer» (dai 10 mila ai 100 mila fol-
lowers) e addirittura ai «nano influencer» (dai mille ai 10 mila fol-
lower) proprio perché hanno community piccole ma molto forti e
omogenee, spesso focalizzate su temi di nicchia.
COME SI CREA?
Il primo passo è decidere su quali temi specializzarsi e a chi ri-
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COME SI MANTIENE?
Con costanza, restando attivi sia nella creazione e condivisione
di contenuti che nell’interazione con i membri della communi-
ty. Con coerenza: non bisogna per forza bloccarsi su determinati
temi, ma è importante tenere presente perché la community ci
segue e cosa si aspetta da noi. Con trasparenza e onestà: chieden-
do sempre il permesso di ripostare commenti e messaggi privati;
menzionando o taggando i contenuti altrui che ricondividiamo;
se si lavora con delle aziende ricordandosi sempre di specifica-
re se i contenuti sono #gifted o #suppliedby (regalati), #affiliated
(quando, per esempio, si promuove un codice sconto ricevendo in
cambio una percentuale), #adv, #inpartnershipwith o #incollabo-
razionecon (a pagamento, cioè l’azienda ha pagato un content cre-
ator per pubblicare quel contenuto in particolare e sponsorizzare
il proprio prodotto o servizio). Ricordiamoci sempre: facciamo
parte di altre community e comportiamoci sempre come vorrem-
mo che gli altri si comportassero con noi.
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TIKTOK
Se l’obiettivo è parlare alla generazione Z – (le persone nate tra la
metà degli anni Novanta e la fine dei Duemila, di cui parliamo nel-
le prossime pagine), la scelta migliore è TikTok. L’età media degli
utenti è più bassa rispetto a quella delle altre piattaforme e il lin-
guaggio mescola divertimento e attivismo: si alternano trend iro-
nici con video che riportano messaggi come la lotta per la parità
di genere, la denuncia di abusi, l’importanza della salute mentale
e la difesa del Pianeta. Nell’estate del 2021 TikTok ha superato un
miliardo di utenti attivi al mese (secondo We are social, nell’aprile
2021 erano 732 milioni).
LINKEDIN
Vogliamo trovare un lavoro o connetterci con persone per sentir-
ci stimolati dall’apporto di idee, riflessioni e spunti professionali?
Nulla è più indicato di LinkedIn. Il social di proprietà di Micro-
soft dichiara 774 milioni di iscritti, ma non bisogna pensare che
sia utile solo per cercare lavoro (e si possa quindi dimenticare di
avere un profilo quando non si è alla ricerca di un’opportunità). Il
profilo LinkedIn è una vera e propria vetrina professionale, dove
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YOUTUBE
Siamo musicisti, cantanti, attori o divulgatori – o semplicemen-
te lavoriamo con la nostra immagine? YouTube ha contribuito a
far conoscere migliaia di creator – le persone che guadagnano con
i contenuti che postano online – che hanno iniziato caricando sul
proprio canale video girati nella loro cameretta. Ha oltre due miliar-
di di utenti attivi ed è una piattaforma di video sharing che consente
di caricare e fruire di filmati di varia durata. Vi si trovano recensioni,
video di esibizioni, notizie, live streaming e di base è gratuito (con
alcune limitazioni): c’è poi la possibilità di iscriversi alla versione
Premium, che consente di guardare i video senza pubblicità, scari-
care i filmati per guardarli offline e riprodurli in background. Utenti
attivi al mese: oltre 2,2 miliardi (fonte: We are social, aprile 2021).
TWITTER
Twitter è molto usato da chi commenta l’attualità, specialmente
politici, comunicatori e giornalisti. È un social più «di nicchia»
rispetto agli altri: conta 396 milioni di utenti al mese (fonte: We
are social, aprile 2021). Consente di condividere brevi messaggi di
testo (tweet, ndr), video, foto e link, per un conteggio massimo di
280 caratteri. Si possono usare gli hashtag (#qualcosa) per tagga-
re un nostro tweet in un contenitore più ampio, le menzioni per
inserire un altro profilo nel tweet, scrivere un pensiero più lungo
e articolato concatenando più tweet insieme a formare un thread.
INSTAGRAM
Instagram è la piattaforma prediletta dagli amanti della fotogra-
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FACEBOOK
Ultimo, ma non per importanza, Facebook: fondato nel febbraio
2004, oggi conta oltre 2,7 miliardi di utenti attivi al mese (fonte:
We are social, gennaio 2021). Rimane un porto sicuro per chi
vuole muovere i primi passi su un social, sia per costruirsi una
community, aderire a una già esistente, riallacciare i rapporti
con persone lontane o fare business. Consente di aprire profili
singoli, pagine aziendali, gruppi aperti o chiusi per riunire più
persone, vendere su Marketplace. Come Instagram, dà la pos-
sibilità di postare varie tipologie di contenuti, dalle fotografie ai
video, ma anche caroselli, link, post di testo, story, condividere
«stati d’animo» e «attività», dialogare in «stanze» private (che
altro non sono che degli spazi per effettuare videochiamate tra
utenti).
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inoltre piattaforme che siano sempre più attente a non far acce-
dere i minori a contatti, relazioni e linguaggi che hanno altre età
e ad altre esperienze emotive».
COSA FARE
La prima cosa da tenere in conto è il fatto che la creazione di un
profilo sulla maggior parte delle piattaforme dovrebbe essere ri-
servata agli over 13 e che le piattaforme stesse non sono autorizza-
te a trattare i dati dei cittadini europei di età inferiore ai 14 anni.
Genitori, insegnanti, fratelli e sorelle maggiori dovrebbero vigila-
re sul rispetto di questi limiti. E adoperarsi per acquisire le infor-
mazioni necessarie per affiancare i più piccoli nella navigazione
(che può avvenire anche senza creare per forza un profilo): come
funzionano i social, chi sono i personaggi più noti, quali sono le
trappole.
Ci sono alcuni strumenti utili per fare un monitoraggio un po’
più attivo. Su tutti Family Link, un’app di Google disponibile sia
per Android sia per iOS che permette di gestire le app del minore,
bloccare il suo smartphone da remoto o rintracciare la posizione
in cui si trova.
Anche TikTok consente di associare il proprio profilo a quello del
minore e di gestire il tempo trascorso sull’applicazione o limitare
o disattivare la ricezione di messaggi privati.
Su Instagram, invece, tutti i profili degli under 18 sono automati-
camente impostati come privati. Questo vuol dire che devono ac-
cettare l’eventuale richiesta di utenti che vogliono vedere e com-
mentare i loro post, Storie o Reel o aggirare del tutto l’ostacolo
decidendo di passare alla modalità pubblico. Il consiglio è di vigi-
lare su queste e sulle altre impostazioni dei profili. E di informarsi
e aggiornarsi: l’unica vera arma è il dialogo.
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A COSA SERVONO
Gli algoritmi sono i motori invisibili dei cosiddetti «feed», cioè le
porzioni dei social dove possiamo vedere i contenuti degli «amici»
(su Facebook), degli account che abbiamo deciso di «seguire» (su
Instagram e Twitter) e della nostra «rete di collegamenti» (su Lin-
kedIn). In origine, i social mostravano tutto ciò che era stato po-
stato, dai contenuti più recenti fino a quelli più vecchi, ma tra 2014
e 2017 il «feed cronologico» è stato gradualmente abbandonato.
Oggi un algoritmo passa al setaccio i materiali, seleziona ciò che
ritiene più «rilevante» per noi e ce lo propone nel feed, penalizzan-
do il resto. Ma su che base? Qui sta il punto: ci arriveremo. Prima,
però, completiamo il quadro. C’è un algoritmo anche dietro Explo-
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COME FUNZIONANO
Gli algoritmi sono protetti da segreto industriale, dunque solo gli
ingegneri dei social sanno nel dettaglio come funzionano. Certo,
l’esperienza aiuta a captare alcuni trend e a capire quali buone pra-
tiche garantiscono migliori risultati. Online si trovano centinaia
di guide «definitive» agli algoritmi social che promettono di inse-
gnare a creare contenuti potenzialmente «virali», dunque in grado
di conquistare grande visibilità. Queste guide possono essere utili,
ma vanno prese cum grano salis. Anche perché l’algoritmo non è
statico. Nel biennio 2015-16, ad esempio, quello di Facebook dava
maggior rilevanza ai contenuti video rispetto a foto e testi, ma nel
2018 il social ha fatto una parziale marcia indietro. Fu un brusco
risveglio per le testate giornalistiche Usa che avevano optato per
un deciso - e improvvido - «pivot to video».
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LA VOSTRA NICCHIA
Sui social, tutti sognano la viralità assoluta. Ma, da svegli, è meglio
puntare alle nicchie. Lo stesso contenuto può risultare poco interes-
sante se proposto a un pubblico generico, ma esplosivo se indirizza-
to alle persone giuste. L’intervista a un regista sarà commentatissima
su una pagina Facebook dedicata al cinema, ma può passare quasi
inosservata se proposta al pubblico di una pagina dedicata al giardi-
naggio. L’algoritmo lo sa: propone contenuti agli iscritti (anche) sul-
la base dei loro interessi, sia quelli dichiarati esplicitamente (ad es.
l’utente X segue tanti profili dedicati alla moda), sia quelli deducibili
dai suoi comportamenti (ad es. l’utente X ha interagito molto di più
con foto con l’hashtag #fashionweek che con quelle con l’hashtag
#serieA). È bene ricordarlo, comportandosi di conseguenza.
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COSA FARE
Quando si parla di social network, i primi responsabili della pri-
vacy e della sicurezza delle nostre informazioni siamo noi. Ormai
tutte le principali piattaforme permettono di limitare la visione
di post e contenuti a una cerchia ristretta di persone, e soprat-
tutto per quelli privati o con dettagli privati (un’immagine da cui
si capisce dove viviamo di preciso, per esempio) conviene farlo.
Riflettiamo sempre: cosa è troppo rischioso pubblicare in Rete? E
ancora: consideriamo con attenzione le impostazioni cosiddette
di default, ovvero quello che i vari Instagram o TikTok ci propon-
gono nel momento dell’apertura del profilo. È sempre opportuno
leggere le opzioni che vengono proposte, soprattutto quelle ine-
renti aspetti delicati, come per esempio il riconoscimento facciale.
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VIETATO SOTTOVALUTARLI
Nonostante tutte le sue fragilità, però, la Z non è una generazione
sconfitta. Anzi. Gli zoomer hanno visto fratelli e sorelle maggio-
ri – i Millennial – patire a causa del precariato, e sembrano aver
imparato a destreggiarsi nel mondo del lavoro con maggior flessi-
bilità. La loro disaffezione alla politica (che, secondo il Rapporto
Giovani 2020 dell’Istituto Toniolo, riguarderebbe circa il 20% dei
giovani italiani) non va letta necessariamente come un disinte-
resse rispetto al bene comune. Il 12,5% dei giovanissimi fa volon-
tariato regolarmente, per esempio, e le oceaniche manifestazioni
dei Fridays for Future mostrano che gli zoomer sono disposti a
scendere in piazza per i temi che più gli stanno a cuore.
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