Sei sulla pagina 1di 31

SCOPRIRE LA SOCIOLOGIA: TEORIE E TEMI ESSENZIALI

prima parte: del teoria/pensiero sociologico classico, 20/30 nozioni - esame scritto 3 domande aperte
con tre nozioni della lista - 15-20 righe a domanda con definizione della nozione, accompagnata da
esempi+inquadramento della nozione (quando siamo, dove, con chi) sintesi

INTRODUZIONE:
LA SOCIOLOGIA NASCENTE
La sociologia studia il nostro essere con altri, come le persone stanno insieme, come non stanno
insieme, studia le relazioni micro, studia le relazioni tra pochissime persone, ovvero quelle di coppia,
triade, e le relazioni macro, ovvero quelle tra società, ovvero la parte della sociologia che studia le
interazioni su scala globale.
Inoltre, va ad analizzare quali possano essere i legami tra queste due dimensioni, con tutte le vie di
mezzo possibili, per esempio la famiglia, organizzazioni, gruppi sociali…
L’ambito della sociologia è vastissimo - ci sono tanti tipi di sociologia e tante branche - per esempio,
una sociologia del consumo molto simile al marketing; oppure una sociologia dell’ambiente, che studia
le relazioni tra cultura e natura; oppure una sociologia della vita quotidiana, che studia le routine, come
cambia il nostro occupare il tempo quotidiano da quando ci sono le tecnologie della comunicazione;
sociologia dei media, studio della comunicazione; sociologia economica, che si occupa delle relazioni
tra economia e società.
Il pensiero sociologico è un pensiero molto composito - tanti temi e tante prospettive su questi temi:
perciò sullo stesso fenomeno sociale si possono avere diversi punti di visti. Lo stesso fenomeno sociale
può essere visto con le lenti di una certa corrente sociologica e definito in un modo; oppure studiato da
un’altra corrente sociologica e definito in tutt’altro modo — questo rende aperta ed interessante la
disciplina—> esempio: nozione di devianza: per la prospettiva funzionalista la devianza è considerata
pericolosa e da reprimere; da un’altra prospettiva, la devianza che può portare al conflitto è considerata
naturale e positiva —>esempio: stratificazione sociale per i conflittualisti è vista come frutto di privilegi e
ingiustizie- frutto di meccanismi economici e sociali ingiusti (Marx massimo esponente dei
conflittualisti), invece, per i funzionalisti la stratificazione sociale è in realtà frutta di una selezione
meritocratica dei membri all’interno di una società- fenomeno giusto e buono, è giusto che i migliori
occupino le posizioni più alte e che siamo maggiormente retribuiti, in quanto contribuiscono
maggiormente al benessere sociale.
Le prime teorie elaborate tra Ottocento e Novecento (XVIII e XIX) dai cosiddetti “classici” della
sociologia, ovvero i padri fondatori/ alla base del pensiero sociologico, ruotavano attorno ai
cambiamenti che investivano le società occidentali in quel periodo: pensiamo, ad esempio, alla
rivoluzione industriale, alle migrazioni di masse di persone dalle campagne alle nuove città,
all'organizzazione del lavoro in fabbrica, alla nascita di nuove classi sociali, quale, per esempio, la
borghesia, che lottava per ottenere più potere politico, alla nascita dello Stato moderno nazionale
centralizzato, con un’autorità, precisi confini territoriali, burocrazie… Questi fenomeni producono
cambiamenti/mutamenti nel modo di vivere, nei legami sociali, nelle organizzazioni sociali. La
sociologia è una disciplina giovane - siamo nei primi del 900. Nasce proprio in questo periodo in quanto
si stava verificando un grandissimo cambiamento per la società dell’epoca, ovvero la rivoluzione
industriale Marx, Durkheim, Simmel, Weber, Parsons: sono i classici della sociologia classica, del
pensiero classico. Tutti questi autori stanno a cavallo tra 800-900. Essi si interrogano sui cambiamenti
che la rivoluzione stava portando nell’occidente, ponendosi una domanda ovvero “Cosa sta cambiando
e cosa sta rimanendo uguale, invariato?”- vedono che c’è un cambiamento in atto, che è in corso un
mutamento sociale, iniziando cosi ad interrogarsi su questo. Con la rivoluzione industriale cambia
l’organizzazione della società, cambia proprio come la societa è organizzata —> esempio:
l’urbanizzazione, ovvero masse di persone che si spostano dalle campagne alla città, a lavorare nelle
fabbriche. Stravolgimento dell’organizzazione dovuto alla rivoluzione industriale
nascita —> Il termine "sociologia" fu coniato da Auguste Comte, uno dei precursori della sociologia e
fondatore del positivismo, nella prima metà dell’Ottocento. Egli vuole applicare alla società le stesse
leggi dure delle scienze naturali, come fare di questa disciplina, ovvero la sociologia, una fisica sociale.
Quindi, un piccolo gruppo di protosociologi si lancia alla ricerca di leggi universali. Cosi come per la
fisica vi è la legge di gravità, cosi anche per la sociologia è necessario trovare delle leggi dure per la
convivenza. Ed è proprio qui che la sociologia inizia a prendere un nome, ovvero sociologia come
scienza che studia i fatti sociali empirici, quindi riscontrabili, e cerca di formulare delle leggi.
La sociologia inizialmente nasce come disciplina autonoma all'interno del clima positivista europeo
della seconda parte dell’Ottocento.

La sociologia si è istituzionalizzata e imposta come disciplina accademica solo a partire dalla fine
dell'ottocento in Europa e in America.
Oltre a Comte, un altro filosofo positivista, Herbert Spencer, si approccia allo studio storico delle
società. Egli parla di evoluzione delle società attraverso un paragone tra organismi biologici e società:
così come gli organismi da monocellulari diventano pluricellulari e sviluppano organi diversi che
svolgono ciascuno una propria funzione, così anche le società si evolvono per adattarsi all'ambiente
sviluppando diverse funzioni, come per esempio sistema politico, sistema economico, sistema
educativo. —> Metafora: società come organismo complesso i cui organi svolgono svariate funzioni.
Questa metafora ha influenzato molto la prospettiva funzionalista.
Rimanendo sempre in epoca positivista, nello stesso periodo in cui stava nascendo il pensiero
funzionalista, in contrapposizione nasce un'altra corrente del pensiero sociologico, che privilegia lo
studio del mutamento sociale: il conflittualismo, il quale è con il pensiero di Marx che hai raggiunto
l’apice. Precisiamo che, però, il pensiero sulla società ha origine antichissime, che non si limitano solo
all’occidente, ma anche al di fuori dell’Occidente - esempio: Khaldun, famosissimo scrittore e sociologo
arabo del 1400, che ha scritto molto su come la società sta insieme. Altro esempio, Montesquieu,
siamo in epoca illuminista, quando compara diverse società e il loro vario modo di vivere, si sta
chiedendo come le persone stanno insieme. Ancora altro esempio, Rosseau, con il libro “Il contratto
sociale”, oppure Adam Smith che parla di uomini come essere sociali. Noi parliamo di sociologia
classica tra 800-900 perché proprio in quel periodo che si istituzionalizza, ovvero si hanno le prime
cattedre, come disciplina in Europa e America. Prima era rintracciabile solo nella filosofia,
nell’economia, scienza politica.

CAPITOLO 1:
TEORIE FUNZIONALISTE
Il funzionalismo si considera una delle prospettive più importanti/influenti nella teoria sociologica
americana tra gli anni ’40 e ’60 del Novecento. Sarà oggetto di critiche da altre correnti teoriche, tra cui
il conflittualismo, l'interazionismo simbolico e la scelta razionale.
- corrente neofunzionalista: Niklas Luhmann
- il fondatore del funzionalismo: Emilè Durkheim

Talcott Parsons: fu il primo a fornire una teoria onnicomprensiva della società come sistema di parti
interrelate, ognuna delle quali svolge una funzione utile per la sopravvivenza del sistema. In
precedenza, già Durkheim, parlò di società come un organismo vivente, ovvero essa è formata da tante
parti che si relazionano tra di loro, tenendola in vita, così come avviene per i diversi organi che formano
un corpo umano.
- sguardo sulla società come un tutto, con un’esigenza generalizzante: tratto/caratteristica alla base del
funzionalismo

- “Come fa un sistema sopravvivere, continuare a esistere nel tempo? Cosa tiene legate le varie parti di
un sistema sociale?”: la prospettiva funzionalista si basa proprio su questo quesito, è il cuore del
funzionalismo, ovvero il come si produce l'ordine sociale nonostante i cambiamenti mutamenti che
investono nel tempo ogni società.
Emilè Durkheim: fatto sociale, coscienza collettiva e tipi di solidarietà. I suoi studi ruotano intorno a
questioni economiche e culturali che tengono unite le persone in diversi tipi di società.
Talcott Parsons: egli ritiene l'integrazione sociale un requisito funzionale molto importante affinché la
società continui a esistere: istituzioni come la famiglia e la scuola portano gli attori sociali a
interiorizzare i valori, norme sociali, i ruoli, i comportamenti della società in cui vivono. Può mettere a
rischio la riproduzione del sistema un qualsiasi tipo di comportamento deviante, il quale va a spezzare
l’equilibrio, presupposto per l’esistenza di una società.
Auguste Comte-> equilibrio+omeostasi: egli fu il primo a parlare di equilibrio legandolo al concetto di
omeostasi, ovvero così come, in biologia, gli organismi viventi tendono a mantenere in equilibrio le
proprie caratteristiche in base al variare di fattori esterni, riescono, così, ad autoregolarsi; allo stesso
modo un sistema, di fronte a fattori esterni/cambiamenti, che lo perturbano, risponde con un'azione
volta a ripristinare l'equilibrio del sistema stesso.
presupposto di equilibrio + forte attenzione verso l'ordine sociale: quest’unione fa sì che si possa
attribuire un’altra denominazione per questa prospettiva trattata (in opposizione con la teoria del
conflitto)= teoria del consenso

EMILE’ DURKHEIM
1858-1917 - fatto sociale, coscienza collettiva e tipi di solidarietà

FATTI SOCIALI E SACRO


Nel funzionalismo la societa è un’insieme di parti interrelate, cioè legate tra loro, e ogni parte svolge
una funzione, un compito, per la sopravvivenza dell’insieme. Un po come gli organi del corpo umano,
ogni organo svolte una funzione, affinché il corpo sopravvive.
La domanda attorno cui ruota tutto il funzionalismo, domanda alla quale i funzionasti danno risposte
sempre diverse per quasi cent’anni, è la seguente: “Cosa tiene insieme queste varie parti? Cosa tiene
insieme le diverse parti della società? Cos’è che garantisce l’ordine sociale? Come fanno queste parti a
stare insieme?”
Prima risposta che analizziamo è quella di Durkheim: egli è francese, positivista. Scrive un testo molto
importante nel 1895, intitolato "Le regole del metodo sociologico”. All’intero di questo testo egli sostiene
che serve un metodo scientifico per fondare la sociologia. Afferma anche che l’oggetto di studio della
sociologia sono i fatti sociali. Segue l'idea positivista che la sociologia sia una disciplina autonoma, da
fondare applicando il metodo scientifico. Egli ritiene estremamente importante verificarne
empiricamente l’ipotesi. Afferma che l'oggetto della sociologia siano i fatti sociali (denominati anche
istituzioni, da Durkheim) alla base dell’interazione. Sono fatti sociali convenzioni, regole morali,
credenze, pratiche, leggi, rituali.
Sono fenomeni sociali perché sono determinati dalla collettività, che vanno studiati metodologicamente
come cose, osservando le loro manifestazioni oggettive, vale a dire, ciò che i soggetti si scambiano con
il nome di valore. Non sono fatti psicologici, non sono nella testa dell’individuo - esempio: quando vado
ad un compleanno e porto un regalo, questo fatto non sta nella mia psiche, bensì è una regola sociale,
qualcosa che la collettività ha costruito, non è di invenzione propria personale.
Questi sono coercitivi, ovvero si impongono all'individuo come esterni, dettati dalla collettività. Non sono
psicologici, sono realtà costruite dalla società, sono dettati all’individuo dalla società - esempio: le leggi
sono fenomeni sociali, determinati dalla collettività, e si impongono a me in modo coercitivo, subisco la
legge, altrimenti vengo punito.
Il sociologo deve spiegare i fatti sociali ricorrendo esclusivamente ad altri fatti sociali. In relazione a ciò,
vediamo, come per esempio, Durkheim riconduce il suicidio, un'azione apparentemente personale e
intima, a cause sociali, come il grado di coesione della società in cui si verifica, andando così ad
eliminare qualsiasi possibile fattore psicologico che possa aver portata a tale azione estrema. studio
famosissimo di Durkheim sul suicidio , solitamente il suicidio riguarda la sfera privata, personale, un
atto spinto dalla psiche dell’individuo. Per Durkheim afferma che il tasso di suicidi, nelle società da lui
studiate, varia a seconda di fattori sociali. Ricorre a cause sociali per spiegare fatti sociali.

fenomeno religioso: fonte primaria di integrazione sociale per Durkheim. Egli tratta la religione come un
fenomeno sociale fondativo, perché istituisce la differenza tra sacro e profano. Secondo Durkheim, la
religione è un sistema condiviso di credenze e di riti relativi a cose sacre, ovvero separate e interdette
(vietate, proibite) le quali uniscono tutte le persone che vi aderiscono sotto un'unica comunità, ovvero la
chiesa. Gli uomini trovano come possibile risposta alla forza che la società esercita su di loro proprio la
religione, in quanto non riescono a trovare/ad identificare la fonte nella società stessa -> questa forza li
sovrasta, ed essi la nominano indicando cose sacre come divinità, totem, re, sovrani. Durkheim dice
che la società esercita un potere enorme sul singolo - affermazione alquanto negativa. La società è una
forza coercitiva - cosa di cui noi però non ce ne accorgiamo. Noi non ci accorgiamo di quanto la società
sia coercitiva. Non ce ne accorgiamo, non la vediamo perché noi trasferiamo questa forza della società,
noi spostiamo questa forza su qualcos’altro, ovvero sulle norme. Noi non vediamo che dietro la forza
delle norme c’è la forza della società. Noi lo spostiamo sulle norme, sulle pratiche, sull’idea, sul rituale,
sulle credenze, senza renderci conto che in realtà sono tutti prezzi che la società ci chiede di pagare
per stare insieme, per l’ordine sociale.
- esempio del totem, simbolo di una pianta o di un animale, venerato dalle società primitive: Durkheim
mostra che ogni totem rappresentava un clan. Gli appartenenti al clan veneravano il totem, che in realtà
era il simbolo del clan stesso. Spostavano quindi sul totem il rispetto/la devozione che avvertivano
verso il clan.
- esempio della Rivoluzione sociale: certe idee, come patria, libertà, ragione, sono state sacralizzate,
mostrando la venerazione degli uomini per la società.
Attraverso il fenomeno religioso si celebra il carattere sacro del gruppo: promuove la solidarietà interna
al gruppo, rafforza l'adesione dei singoli
Fatti sociali + sacro: sono alla base dell’integrazione sociale

COSCIENZA COLLETTIVA E TIPI DI SOLIDARIETÀ’


Per Durkheim è di importanza capitale l'insieme di norme, idee e valori che appartengono a una
collettività. A questo insieme egli attribuisce il nome di coscienza collettiva, definendola come totalità

delle credenze e dei sentimenti comuni ai membri della società. Tanto più forte è il ruolo della religione
e della tradizione (nelle società primitive giocavano un ruolo centrale nella coesione sociale) quanto più
forte sarà la coscienza collettiva.
Alla base della coscienza collettiva, che caratterizza le società primitive, le quali poi si trasformeranno/
si evolveranno in società moderne, vi è la religione e la tradizione.
Secondo Durkheim, il passaggio da società primitive a società moderne è dovuto al cambiamento nella
divisione del lavoro portato dall’aumento del volume e della densità fisica (ovvero il numero di persone)
e morale (ovvero l’intensità degli scambi tra individui).
Società primitive: sono tenute insieme da una forte coscienza collettiva. Tutti svolgevano attività simili,
solidarietà meccanica, con una forte coscienza collettiva, leggi di stampo repressivo, ovvero un reato,
come per esempio il furto, era considerato un attentato ai sentimenti morali dell'intera collettività
Società moderne: contemporanee a Durkheim, le quali sono tenute insieme dalla divisione del lavoro.
Vige la differenziazione (chi coltiva il grano, chi lo macina, chi sforna il pane)/la specializzazione delle
funzioni garantisce una differenza tra gli individui, garantendo maggiore dipendenza gli uni dagli altri
per le attivita della vita quotidiana. Come forma di coesione sociale prevale una solidarietà organica,
Data dalla differenziazione del lavoro, che rende gli individui indipendenti gli UNI dagli altri sul piano
produttivo, mentre si verifica un forte indebolimento nei confronti di credenze e sentimenti collettivi ->
coscienza collettiva. Si indebolisce la fonte di integrazione. A questo indebolimento supplisce il lavoro e
la sua divisione/differenziazione, per cui le persone hanno bisogni degli altri, dipendono gli uni dagli
altri, ognuno ha bisogno del lavoro dall’altro - esempio: se io faccio il fornaio, ho bisogno di qualcuno
che coltivi il grano, un’altro che mi porti il grano, che qualcuno mi macini la farina, che qualcuno mi
fornisca l’acqua. Rende interdipendenti le persone anche di culture diverse - in poche parole, il
commercio. Per Durkheim, l'indebolimento della coscienza collettiva significa, sul piano sociali, anomia,
ovvero mancanza di norme e i valori condivisi. Sul piano individuale, hanno l'anomia è la mancanza di
riferimenti precisi stabili che indichino all'individuo il comportamento da tenere.
La forza morale della solidarietà organica non è riconosciuta all'interno di queste società. Questo tipo di
solidarietà è impersonale e razionale. Prevalgono le leggi restitutive che individuano il danno come
questione privata e perciò chiedono forme di riparazione, di solito in denaro, solo per le persone
direttamente coinvolte.

punizione: Durkheim afferma che la sua funzione è di difendere i sentimenti collettivi, quelli che i
funzionalisti chiamano valori condivisi.
Alla base della prospettiva funzionalista come tematica vi è la trasgressione delle norme e la sua
sanzione. Trasgressione= devianza
Per Durkheim, l’indebolimento della coscienza collettiva significa, anomia, ovvero mancanza di norme e
di valori condivisi, dal punto di vista sociale.
Invece dal punto di vista individuale, l’anomia è la mancanza di riferimenti stabili che indichino il
comportamento da tenere. durante una profonda insicurezza

TALCOTT PARSONS
1902-1979 funzionalismo
ORDINE SOCIALE: ruoli e variabili strutturali
Egli, formula negli anni 50, una teoria, con la quale spiega il funzionamento della società considerata
come sistema: partiamo affermando che il sistema è un insieme di parti interdipendenti che svolgono
ognuno ha una particolare funzione necessaria alla sopravvivenza del sistema stesso.
Parsons fa partire il suo ragionamento da una domanda: “come è possibile la società, come è possibile
l'ordine sociale?”. Un ruolo è un insieme di aspettative, un insieme di modelli di azioni considerati
appropriati. Ad ogni posizione sociale corrisponde un ruolo. Ad un certo status, ad una certa posizione
che l’individuo occupa all’interno della scala sociale, corrisponde un ruolo, cioè delle aspettative di
comportamento - esempio: allo status di insegnante corrispondono certe aspettative di comportamento,
tipo presentarsi a lezione, esprimersi in un certo modo, atteggiamenti corretti, trattare con rispetto gli
studenti, relazionarsi com colleghi, rispondere a mail, domande, adottare un certo tipo di abbigliamento,
essere puntuale a lezione…Se si rispettano le aspettative di ruolo, la vita sociale ha un ordine. Altro
esempio: anche allo status di studente, corrispondono delle aspettative di ruolo, tipo essere puntuali,
prendere appunti, ascoltare la lezione senza ballare, cantare, fare domande, rispetto per gli altri. Cosi
l’interazione è ordinata, cosi vi è ordine sociale - quindi, Parsons dice che la società è costituta, in
questo modo, da queste interazioni tra ruoli.
Gli attori sociali sono motivati e orientati a adottare il comportamento appropriato alla situazione, in
modo da ottenere una gratificazione sociale ed evitare una sanzione, il sistema sociale, secondo
Parsons, è costituito da interazioni fra ruoli. I ruoli mantengono stabili le interazioni sociali. In questo

modo le persone verranno ricompensate-gratificate: l’insegnate verrà remunerato, gli stendenti


otterranno titoli idi studio, senza sanzioni — siamo, dunque, secondo Parsons incentivati a seguire le
aspettative di ruolo perché c’è in gioco un premio, una gratificazione, una ricompensa — siamo
motivati. Per Parsons la devianza è tradire le aspettative di ruolo, fare qualcosa che in quel ruolo che
hai non puoi fare. Precisiamo che non ovunque la stessa azione sia considerata deviante — esempio:
una certa religione vieta l’assunzione di un certo tipo di carne- quindi sarà una devianza, ma in altra
ancora non lo è, è normale
Esempio— per una certa religione sposarsi con più persone viene ritenta azione deviante, per altre
religioni assolutamente no Quindi da un gruppo, da una società un certo tipo di azione è considerata
deviante, da un’altra parte no
Secondo Parsons, il comportamento deviante, si discosta dal ruolo, perturba l'ordine sociale e per
questo viene sanzionato. Istituzioni come tribunali svolgono la funzione di controllo sociale e di
ripristino dell’ordine sociale.
Nella teoria di Parsons gli attori, posti davanti alla questione di come comportarsi nelle interazioni della
vita quotidiana, essi tendono ad agire sulla base/in conformità con un senso condiviso dell'azione che
definisce quale sia la scelta appropriata alla situazione in una data società. Così, Parsons, inizia a
studiare svariate interazioni in piccoli gruppi, arrivando ad individuare cinque coppie di orientamenti
culturali tra loro alternativi, chiamati variabili strutturali, conseguenze di ruolo, che definiscono le scelte
di comportamento appropriato una determinata società. Ogni coppia ha un tipo di comportamento e il
suo opposto. A seconda del tipo di società, vi era un certo tipo di comportamento:
Sono le seguenti:
- affettività /neutralità affettiva: mi comporto in un certo modo perché attendo una gratificazione affettiva
o strumentale? Per esempio, il medico, in una società moderna avrà un rapporto con il paziente sulla
base di una neutralità affettiva, perciò, la ricompensa che gli aspetterà sarà il salario, non una relazione
personale con il paziente.
- ascrizione / acquisizione: valuto qualcuno sulla base di caratteristiche ascritte (nascita, genere, etnia)
o sulla base di risultati che ottiene? Per esempio, un datore di lavoro, in una società moderna, sceglierà
il candidato sulla base di risultati che ha raggiunto e il più meritevole -> acquisizione
- diffusione / specificità: prendi in considerazione una persona nella sua totalità o considero solo alcune
abilità necessarie per svolgere un determinato compiuto? Per esempio, una persona, in una società
moderna, si rivolgerà allo specialista che si occupa dello specifico problema di cui l’interessato ha
bisogno e solo su quel tema lo consulta -> specificità
- particolarismo / universalismo: si applicano le stesse regole per tutti oppure vi sono differenze? In una
società moderna, la legge uguale per tutti -> universalismo
- orientamento verso l’io / orientamento verso la collettività: mi comporto in vista di interessi collettivi o
in vista di un tornaconto personale? In una società moderna, prevale l'orientamento verso la collettività.
Verso l’io = non c’erano tanti lavori pubblici - es: mercato, orafo - non era prestatore di servizi, ma
legato al bene. Verso la collettività = es: bibliotecario, vigile urbano- gestione orientata verso la
collettività, più lavori pubblici anziché commerci privati

Nelle società tradizionali/primitive prevale la prima alternativa di ogni coppia, nelle società moderne la
seconda.
In conclusione, Parsons considera le società tradizionali/primitive caratterizzate da legami stabili e
comunitari tra le persone, le società moderne caratterizzate da relazioni più precarie e strumentali,
definite da neutralità affettiva.

SCHEMA AGIL (paradigma parsoniano - modello)


Parsons formula una teoria finalizzata a spiegare i meccanismi generali che rendono possibile
l'esistenza e il mantenimento di qualsiasi sistema, e a qualsiasi livello dal macro (Stato) al micro
(interazione tra attori). Afferma che ogni sistema punta all'equilibrio, senza il quale crollerebbe tutto.
Parsons sostiene che qualsiasi sistema, per riprodursi e preservare i propri confini rispetto all'ambiente,
debba soddisfare quattro bisogni, detti imperativi funzionali, ovvero:
(A) adaptation: adattamento all'ambiente esterno -> un sistema deve adattarsi all'ambiente esterno al
fine di estrarre da esso risorse sufficienti per sopravvivere
(G) goal: conseguimento degli scopi -> un sistema deve stabilire/prefissarsi degli scopi e adoperarsi/
impegnarsi per raggiungerli
(I) integration: integrazione -> un sistema deve coordinare e regolare le unità che lo compongono
(L) latency: latenza -> un sistema deve gestire le tensioni, esempio, una società, deve trasmettere i
valori che dettano comportamenti conformi ai fini

Le iniziali di lingua inglese dei quattro imperativi funzionali formano l’acronimo AGIL o anche LIGA.
Questo schema ha attirato numerose critiche da diverse prospettive. Questo sistema Parsons lo
applica a qualsiasi tipo sistema (dalla famiglia alla società nel suo complesso) — questo schema è
come una matrioska - perché quello che è un sistema può essere sottosistema di un sistema più
grande- è infinito: partiamo dalla società, sistema macro, la quale sarà composta da sottosistemi più
piccoli che si occupano ciascuno di alcuni di questi imperativi.
Ad ogni imperativo corrisponde un sottosistema: il sistema sociale è composto da quattro sottosistemi,
ovvero:
(A) il sistema economico
(G) il sistema politico
(I) la comunità societaria
(L) il sistema fiduciario

ESEMPIO DI SCHEMA AGIL


Esempio: una famiglia per vivere, mantenersi, garantire sostentamento, ha bisogno di fare quattro
cose:
- la prima è l’adattamento: si deve adattare all’ambiente esterno, cioè da esso deve trarre le risorse
per sopravvivere. Per esempio—>se vuole mangiare deve coltivare il campo
- la seconda è goal, ovvero obiettivi: si deve dare e conseguire, raggiungere, degli obiettivi.
Raggiungimento di obiettivi che si prefigge —> per esempio: riuscire a prendere casa
- la terza è integrazione: coordinamento tra i membri che compongono la famiglia
- la quarta è la latenza: cultura - mantenimento dei valori che permettono di gestire le tensioni e
raggiungere i fini

ROBERT K. MERTON
1910-2003
LA REVISIONE
Partendo da Parsons, Merton rimodella/ dà una sua lettura delle teorie parsoniane. funzionalista
contestatore, un pò conflittualista. Morto 2003, si avvicina molto al contemporaneo. Ammorbidisce la
teoria di Parsons, considerata troppo rigida.
Funzionalismo di Merton, rispetto a quello di Parsons, è più flessibile.
Merton muove delle critiche al funzioniamo, vediamole di seguito:
Le critiche interne al funzionalismo che Merton muove sono:
- dice che un’istituzione può essere disfunzionale: ricordiamo che Parsons diceva che ogni istituzione
svolgeva una funzione utile alla società, Merton dice che un’istituzione può essere disfunzionale,
precisando, che questo lo può essere solo per alcuni e funzionale per altri — esempio l’istituzione della
schiavitù: è funzionale ai padroni, ma disfunzionale agli schiavi.
- esistono delle alternative strutturali: vuol dire che non c’è un unico modo per rispondere ad un
bisogno. Ad esempio se devo motivare dei collaboratori, posso farlo attraverso ricompensa economica
oppure ricompense simboliche.
- Esistono delle conseguenze latenti, nel senso di non visibili, non evidenti: esempio —> il consumo
vistoso di alcune classi sociali la cui funzione non evidente era quella di distinguersi dalle classi che
non potevano permettersi un consumo cosi ostentatorio, cosi forte. Quindi la funzione del consumo
vistoso è quella di aumentare il proprio prestigio sociale — funzione non evidente
- Ad ogni status può essere associato un insieme di ruoli: esempio — donna: può essere madre,
lavoratrice, presidente di un associazione. Dunque, potrebbero sorgere dei conflitti tra tutti questi ruoli
che una persona si trova a vivere. Questi ruoli possono entrare in conflitto tra loro

- A Merton si deve l'idea che a uno status sia associato non un ruolo, ma un complesso di ruoli e la
possibilità che ci sia un conflitto tra essi: per esempio, una donna riveste sia il ruolo di madre che quello
di lavoratrice.
- iniziatore della sociologia della scienza: Robert K.Merton

- teorie di medio raggio: è concetto di Merton. Intendiamo teorie specifiche, applicate a serie limitate di
dati, non onnicomprensive e le cui ipotesi sono verificabili empiricamente. Esempio di teorie di medio
raggio sono: il suicidio di Durkheim e l'analisi sul comportamento deviante di Merton.

classifica il comportamento deviante: comportamento non conforme alle aspettative sociali, che
trasgredisce/infrange i fini definiti dalla società (mete culturali) e i mezzi che la società stessa offre per
raggiungerli (mezzi o norme istituzionalizzati). Individua diversi tipi di comportamento deviante dando

diverse spiegazioni della devianza. A tal proposito, Merton parla di anomia -> ovvero tensione tra fini e
mezzi. L’anomia di Merton è diversa da quella di Durkheim perché quest’ultimo la definisce come
mancanza di regole, mentre Merton la definisce come la discrepanza tra mezzi e fini, che può
verificarsi, per esempio, quando la società pone molta attenzione sui fini, per esempio il successo
economico, ma non offre i mezzi per raggiungerli, come la possibilità di una buona istruzione. In questo
caso, coloro che appartengono a ceti con maggiori difficoltà, privi di mezzi istituzionali, sarebbero
maggiormente incentivati a raggiungere la ricchezza tramite altri mezzi, per esempio attività illegali.
Questo fa di me deviante, ma non perché non condivido/accetto i fini della società, anzi, però sono
carente di mezzi/risento della mancanza dei mezzi che la società di dovrebbe dare. Pur di arrivare a
quel fine ricorro a mezzi illeciti. A questo punto, la devianza non è più il problema del soggetto, non è
più la psiche del soggetto deviate, bensì è il problema che la società non dà a tutti, in egual modo, i
mezzi per raggiungere i fini che promuove.
Una delle possibili combinazioni è la conformità ovvero l'adattamento dell'individuo sia ai mezzi che ai
fini dalla società stabiliti.

CAPITOLO 2:
TEORIE CONFLITTUALISTE
In sociologia, per "approcci conflittualisti" si intende l'assenza del conflitto, non la sua presenza. La
pluralità di attori, la contrapposizione degli interessi, i diversi orientamenti culturali e valoriali, le
differenze di potere, l'esistenza di confini di gruppo sono fattori con potenziale natura conflittuale. A
seconda delle condizioni, il conflitto emerge in forme e con intensità diverse, implicando la
contrapposizione tra soggetti (individuali e collettivi), la cui posta in gioco è l'acquisizione di risorse
sociali come la ricchezza, prestigio, potere e trasformazione dei rapporti di dominazione vigenti.
Il conflitto può essere interpretato come:
- effetto emergente delle interazioni sociali tra individui e gruppi in competizione
- portato della struttura sociale caratterizzata da una diseguale distribuzione delle risorse che determina
rapporti di sovraordinazione e subordinazione, i quali sono incarnati in una forma di stratificazione
sociale.

- prospettiva funzionalista: considera il conflitto uno squilibrio del sistema


- prospettiva conflittuale: comprende le dinamiche della riproduzione e del mutamento sociale sulla
base della teoria che chi detiene il potere, tende a voler conservare la posizione di dominio, invece, chi
si trova in posizione di subordinazione aspira al potere che non possiede. I principali teorici del conflitto
sono: Lewis A. Coser, Ralf Dahrendorf, Randall Collins.

Identifichiamo:
tradizione critica -> fonde teoria e prassi, si interessa alla spiegazione per la valutazione e la
trasformazione della realtà, rifiutando l'idea di Weber e affermando, con Marx, che l'analisi della realtà
deve essere finalizzata al miglioramento della società e alla lotta nei confronti delle disuguaglianze
teoria del conflitto -> è mossa da interessi analitici (attenta/precisa valutazione) di comprensione e
spiegazione del conflitto e delle dinamiche connesse al conflitto.

KARL MARX
1818-1883
Marx - prospettiva diversa da quella funzionalista, ovvero è la prospettiva conflittualista, per la quale il
conflitto è un elemento normale e fisiologico per la società.
MATERIALISMO STORICO E CONFLITTO DI CLASSE
La maggior parte degli approcci conflittuali trova il punto di origine e di confronto nel pensiero di Marx.
Marx + Engels = comunismo
pensiero marxiano = formato dalla fusione di teoria+prassi
Il concetto di materialismo storico che Marx avanza è al centro della questione del conflitto. Per Marx la
storia del mondo è storia del lavoro, letta con un doppio senso: da una parte, il lavoro è il mezzo
attraverso il quale gli esseri umani si garantiscono le condizioni materiali dell’esistenza (sopravvivenza-
sostentamento); dall'altra parte, l'essere umano esprime la propria essenza attraverso il lavoro e
manifesta/esprime concreatamene il lavoro attraverso i suoi prodotti. Dunque, Marx afferma che
l'essere umano realizza la propria essenza attraverso le forme sociali che assume, di volta in volta, il
lavoro (caccia, pesca, artigianato) al fine di catturare alla natura i mezzi di sussistenza necessari. È
l'esistenza sociale che determina la coscienza umana, ovvero gli uomini fanno la propria storia non in
modo arbitrario, non con scelte che partono da loro stessi, bensì dalle circostanze che essi si trovano
davanti a sé.

- le circostanze che definiscono l'esistenza sociale: modi di produzione (feudale, capitalista).


- forze produttive + rapporti di produzione = modi di produzione
- mezzi di produzione (impianti, macchine, mezzi) + forza-lavoro = forze produttive, ovvero ciò che è
necessario al processo produttivo
- relazioni che si vengono a instaurare tra gli uomini nel processo produttivo = rapporti di produzione,
che dal punto di vista giuridico si esprimono nei rapporti di proprietà e costituiscono la struttura della
società.
- mutamento storico: si verifica quando insorge una contraddizione (divario/discrepanza) tra forze
produttive e rapporti di produzione. Più precisamente quando la suddivisione della proprietà dei mezzi
di produzione non corrisponde più a livello di sviluppo che le forze produttive hanno raggiunto, si
produce una rivoluzione sociale che rovescia i rapporti di produzione e necessita di un nuovo modo di
produzione. Il fulcro del materialismo storico di Marx è il conflitto come risultato ottenuto dall'evoluzione
dei modi di produzione, è effetto della diseguale produzione e distribuzione delle risorse e diviene
motore della trasformazione sociale. Per Marx, il soggetto di questa trasformazione sociale è colui che
riconosce la distribuzione negativa della proprietà dei mezzi di produzione e si oppone. Ed è cosi che
Marx parla di conflitto tra classe dominata e classe dominante.

Alienazione: rottura delle naturali interconnessioni tra le persone che producono, tra esse (tra persone
che producono) e tra i prodotti che queste persone producono. Sinonimo sconnessione
Egli si concentra ad analizzare/studiare il conflitto di classe nel capitalismo -> per Marx il capitalismo è il
modo di produzione più evoluto e la borghesia, come sua rappresentante, è celebrata come forza
rivoluzionaria.
L'ideologia borghese che sostiene il capitalismo si dipana nel seguente modo: dietro la sovrastruttura
della società borghese, fondata sull’universalismo dei valori di libertà, uguaglianza, del lavoro
formalmente libero, si nasconde, in realtà, una relazione di dominazione che, sfruttando la classe
lavoratrice, estrania/aliena l'uomo dalla propria natura/dalla propria essenza di uomo. Questa è la prima
dimensione dell’alienazione che caratterizza il lavoro salariato (l’operaio). Vediamo che altro genera il
sistema capitalistico: i rapporti di produzione nel capitalismo prendono la forma della dicotomia
(divisione/suddivisione) tra:
classe borghese: i capitalisti che possiedono i mezzi di produzione
classe lavoratrice: i proletari che non possiedono altro che la loro “prole”. Marx puntualizza il fatto che,
non è propriamente cosi, in quanto il proletario possiede anche la forza-lavoro e mette in vendita sul
mercato del lavoro la sua essenza che diventa mezzo per la sua esistenza (la sua vita).
In sintesi, il capitalismo si fonda sulla divisione tra una classe dominante, che possiede i mezzi di
produzione, e una classe dominata che è espropriata dai mezzi di produzione, alienata dalla propria
natura, in quanto deve vendere la propria forza lavoro come una qualsiasi merce. Il capitalismo è
crudele/malvagio in quanto estrania il lavoratore dalla propria natura e anche perché si fonda su una
spirale di arricchimento della classe borghese e di pauperizzazione della classe proletaria. Nel
capitalismo, i lavoratori sono sfruttati dai capitalisti attraverso l'estraniazione del plusvalore del loro
lavoro: questo soprappiù di valore genera quella parte di profitto che viene reinvestito nel processo
produttivo, secondo la logica di accumulazione del capitale. Il sovrappiù di denaro deriva dallo
sfruttamento del lavoro nel processo produttivo, durante il quale il lavoratore è separato dal frutto della
sua attività (il prodotto= gli oggetti che produce), dato che il prodotto diventa una merce di proprietà del
capitalista, che successivamente sarà venduta supermercato e genererà profitto -> seconda
dimensione dell’alienazione.

terza dimensione dell’alienazione -> il lavoratore è separato dalla sua stessa attività lavorativa (lavoro
stesso), in quanto il processo produttivo viene sezionato diviso in una serie di attività minute e ripetute
(per esempio premere un bottone). Questo fa sì che il lavoratore viene distanziato allontanato dalla
globalità del processo e dunque dall'intero senso collettivo. Altro esempio è “La fabbrica degli spilli” di
Adam Smith

quarta dimensione dell’alienazione -> il lavoratore è separato dai suoi compagni, dagli altri lavoratori,
che sono collocati nella catena di montaggio, ma non lavorano insieme

Quindi, in modo riassuntivo, affermiamo che il lavoratore è alienato dalla sua natura/essenza di uomo,
dagli oggetti che produce, dal processo produttivo (lavoro) e dalla comunità dei suoi simili.

Marx utilizza due espressioni per definire la condizione dei lavoratori rispetto al sistema capitalista:
classe in sé, indicando gli individui che si trovano nella stessa posizione e condizione sociale, ma non

riconoscono di appartenere a una stessa classe portatrice di interessi comuni. Invece con l'espressione
classe per sé, riferito a quando questi individui prendevano coscienza di avere degli interessi comuni e
di appartenere alla stessa classe.
Il passaggio alla coscienza di classe (quindi: da classe in sé arriviamo a classe per sé), attiva il conflitto
e avviene nel momento in cui si verificano alcune condizioni che provengono dalle contraddizioni del
modo di produzione capitalista, come per esempio: produce una maggiore concentrazione dei
lavoratori nelle città e nelle fabbriche, determinando un movimento di presa di coscienza della
condizione comune che si oppone al processo di alienazione. Inoltre, esso contribuisce ad accentuare
sempre di più la condizione di miseria della classe lavoratrice. Secondo Marx, il capitalista per
aumentare il profitto continua incessantemente a puntare sullo sfruttamento del lavoro, da cui, a mano
a mano, con il tempo, riesce a estrarre sempre meno valore, secondo quella che Marx definisce la
legge della caduta tendenziale del saggio di profitto.
Quindi, fattori quali l’aggregazione spaziale (nelle città), l’immiserimento dei lavoratori e un continuo
arricchimento della borghesia, fanno si che gli operai si rendano conto della situazione, prendono
coscienza della loro condizione di classe, riconoscendo che la ricchezza prodotta da tutti quanti loro è
appropriata privatamente dai proprietari dei mezzi di produzione. Tutto questo non fa altro che
trasformarsi in un conflitto, il quale si verifica per effetto delle contraddizioni tra forze produttive e
rapporti di produzione, che in quale modo esplodono, diventando ingestibili.

MAX WEBER
1864-1920
Conflittualista per metà, in quanto si trova a cavallo anche con un’altra corrente, ovvero quella
dell’interazionismo simbolico. Sociologo classico tra 800/900. Anch’egli parla di potere e capitalismo,
però in modo diverso da Marx.
SOCIOLOGIA DEL DOMINIO
Karl Marx fu molto importante per lo sviluppo del pensiero di Weber.
Nel pensiero di Weber possiamo individuare: da un lato, l'elaborazione di una sociologia del dominio
che analizza le forme e i mezzi della lotta per il potere, la sua distribuzione all'interno degli ordinamenti
sociali e i suoi meccanismi di legittimazione. Questi saranno tutti i temi trattati e ripresi dalla teoria del
conflitto, in particolar modo da Dahrendorf. D'altro lato, il problema del processo di razionalizzazione e
del dominio della razionalità strumentale come il risultato della meccanizzazione del capitalismo,
successivamente ripreso dalla teoria critica, in special modo dalla scuola di Francoforte.

Weber definisce la lotta come relazione sociale in cui l’agire ha come obiettivo quello di affermare il
proprio volere nei confronti di altri individui che pongono resistenza. La lotta, quando non utilizza la
violenza fisica, è, come definita da Weber, una ricerca pacifica di un proprio potere di disporre di
possibilità a cui aspirano anche altri individui.
Weber si trova in comune con Marx nella definizione di conflitto come elemento fondante della vita
sociale, caratterizzata da una diseguale distribuzione delle risorse. Allo stesso tempo però si discosta
da Marx perché non ritiene che le risorse economiche siano le uniche decisive per strutturare i rapporti
di sovraordinazione e subordinazione all'interno della società. A questo proposito, Weber afferma che
anche l’onore sociale, fondato sulla valutazione positiva di qualità condivise da un gruppo di uomini,
ovvero il ceto, e anche il potere politico, sulla base del quale si formano i gruppi sociali, definiti partito,
sono risorse fondamentali da cui dipendono le varie forme di stratificazione sociale.

Per quanto riguarda l'istituzionalizzazione degli ordinamenti sociali e le forme di legittimazione del
potere (ambito giuridico), Weber individua una distinzione concettuale tra:
- potere come potenza: espressione con la quale si intende la possibilità di far valere all'interno di una
relazione sociale la propria volontà, anche di fronte ad un’ opposizione. Weber afferma che il potere
come potenza è sociologicamente amorfo (senza caratteristiche ben definite) in quanto in esso non è
presente una qualche forma di relazione tra dominanti e dominati, che sta alla base di un rapporto di
dominio
- potere come dominio: noi oggi chiamiamo autorità, si intende la possibilità/capacità di trovare
obbedienza da parte di determinate persone a un comando che abbia un determinato contenuto

Le fonti di validità della legittimità del potere danno vita a tre tipi di dominio:
- il potere può essere legittimato per via tradizionale, dando forma al dominio tradizionale -> si basa
sulla credenza nel carattere sacro delle tradizioni e nella legittimità del diritto di comandare di coloro
che possiedono l’autorità —> es: re (trasmissione ereditaria della corona per tradizione), vecchio del
villaggio..

- il potere può essere legittimato per via carismatica, dando forma al dominio carismatico -> fondata
sulla dedizione incondizionata al capo —> es: capo di una setta, despota, profeta
- il potere può essere legittimato per via razionale, dando forma al dominio legale -> fondato sulla
credenza nella legalità degli ordinamenti statuiti e nel diritto al comando da parte di coloro che sono
chiamati esercitarlo. Un esempio, nelle società moderne, è quella dello Stato che esercita, attraverso la
burocrazia, il monopolio legittimo della violenza.

CAPITOLO 3:
TEORIE DELL’ATTORE
Alcune correnti sociologiche studiano, comprendono, spiegano la vita sociale a partire dalla
considerazione dell'uomo come soggetto agente, come attore sociale, ovvero soggetto attivo nel dare
forma la società.
Tra i sociologi classici, i principali esponenti di questa prospettiva sono: Max Weber e Georg Simmel.
Weber ha posto i fondamenti di una sociologia dell'azione: per comprendere i fenomeni sociali,
qualsiasi sia la natura, è necessario ricondurli ad azioni individuali basate su interessi ideali e materiali
che sono alla base della società.
Simmel considera importante come punto di partenza per la comprensione del sociale la tensione tra
dimensione individuale e dimensione sociale e, tra dimensione istituente dell'agire individuale e
dimensione istituita del sociale.

Nel corso del novecento diverse correnti di pensiero e diversi autori condividono la visione di centralità
del soggetto agente inserito in un contesto e in una rete di relazioni e interazioni sociali.
Nel corso del secondo dopoguerra, entra in crisi il paradigma di Parsons (modello AGIL) ed emergono
correnti sociologiche come:
- l’interazionismo simbolico: George Herbert Mead e Herbert Blumer
- la fenomenologia: Alfred Shutz, Peter Ludwig Berger e Thomas Luckmann
- l’approccio drammaturgico: Erving Goffman
- l’etnometodologia: Harold Garfinkel

MAX WEBER
1864-1920
AZIONE SOCIALE e i TIPI DI AZIONE
Secondo Weber l'essere umano vive nell'ambiente sociale che egli stessa creato in cui è capace di
determinare una differenza con l'aiuto delle proprie azioni. Weber afferma che l'oggetto della sociologia
è l'agire sociale. Egli dà una definizione di “agire” ovvero un atteggiamento umano al quale l'individuo
che agisce o gli individui che agiscono associano ad esso un senso soggettivo. Per Weber l’agire
sociale è proprio oggetto di studio della sociologia.
Quindi, secondo Weber, l’azione è quel comportamento al quale il soggetto che agisce attribuisce un
senso soggettivo.
L’agire diventa “sociale”.
Webber ci dice che l'essere umano dispone di autodeterminazione. Nella sua azione, il soggetto è
mosso da interessi che possono essere materiali (successo, fortuna, salute) e ideali (valori,
prospettive). Inoltre, il soggetto è intenzionale, perciò nell'azione possono fondersi volontà, ragione,
emozioni, affetti, compassione, ecc…
L’ agire lega il soggetto agente + contesto culturale. Da questo contesto il soggetto estrapola significati
per poi farli propri.
Ed è così che l'agire si trasforma in uno spazio dove dimensione individuale + dimensione sociale si
incontrano e si intrecciano.
Weber distingue quattro categorie analitiche utili per intendere l'agire sociale:
- finalità razionale
- valutazione razionale nei confronti dei valori
- carico emozionale
- tradizionalità

tipo-ideale o idealtipo —> modelli messe a punto dallo scienziato sociale per leggere la realtà/per
interpretare l’agire sociale. Permette di classificare, generalizzare e ridurre la grande varietà di
fenomeni sociali a un insieme di categorie che ne facilitano la comprensione e la comparazione. Nella
vita sociale, di solito, possiamo trovare forme ibride.
I diversi tipi di azioni, classificati dal livello più basso, sono i seguenti:

10

- il tipo di azione tradizionale prevede che l'agire del soggetto sia dettato da modi di pensare e di
comportarsi acquisiti dentro le catene intergenerazionali (tra le varie generazione diverse), nei vari
contesti culturali, da reazioni a stimoli abitudinari (un cristiano quando entra in chiesa si fa il segno della
croce)
- il tipo di azione affettiva, per quanto riguarda un'azione guidata da impulsi, emozioni, stati d'animo, per
esempio la gioia, la vendetta, l’affetto. Sono azioni che hanno senso per se stesse, ma che non fanno
riferimento le conseguenze (abbraccio e bacio)
- il tipo di azione razionale rispetto al valore, che vede in campo l'autonomia del soggetto. Weber, con
questo tipi di azione, intende le azioni che sono orientate da un determinato riferimento valoriale
(giustizia, pace, solidarietà), il quale spesso è definito all'interno di una cornice culturale più ampia che
sovrasta il singolo. L'idea di razionalità si riferisce ai valori che il soggetto, selezionandoli tra quelli
esistenti, ha fatto propri, attraverso una scelta soggettiva —> es: marcia per la pace se ho/ se assumo il
valore della pace contro la guerra
- il tipo di azione razionale rispetto allo scopo (un tipo di azione strumentale), dove l'elemento razionale
diventa prevalente per quanto riguarda la scelta dei mezzi, gli scopi, costi-benefici. Lo spazio di
autonomia del singolo individuo nei confronti del contesto sociale aumenta (un imprenditore) —> es: se
devo comprare un paio di scarpe, consulto tutti i siti per trovare il miglior prezzo, dove costano meno
compro. Agisco in base a ciò che mi conviene.
Nella realtà, le azioni concrete degli attori sociali possono presentare simultaneamente elementi
dell'uno o dell'altro di questi tipi, si intrecciano e si confondono agli occhi dello stesso agente.
gabbia di acciaio —> profezia di Weber: la razionalità strumentale tende ingabbiare il comportamento
umano, restringendone la varietà e orientandolo esclusivamente nella direzione funzionale, indifferente
significati, valori, alle dimensioni vitali - l’individuo crede di poter agire liberamente, e che invece lo
blocca e lo rinchiude. In Occidente prevale maggiormente l'agire razionale rispetto allo scopo. La
società moderna è investita dal processo di razionalizzazione.

GEORG SIMMEL
sociologo che studia il rapporto tra individuo e società. Secondo lui, la realtà è una rete di relazioni di
influenza reciproca tra elementi, che possono essere individui, gruppi, società…Per Simmel la società è
reciprocità - c’è una forma di scambio tra persone, gruppi che prendono parte alla società. Questo
scambio/reciprocità tra individui assume delle forme, che si stabilizzano, come es: una coppia che nel
tempo si stabilizza. Queste forme non sono mai chiuse, restano sempre aperte alla trasformazione.
Forma: tipo di relazione che si instaura tra due elementi. Per esempio la coppia, triade, sono tipi di
relazioni.
Es—> straniero si trova in una forma di relazione diversa rispetto al gruppo. Egli è esterno al gruppo,
ma vicino al gruppo
Simmel va ad analizzare la forma della relazione, quello che c’è tra le persone, quelle che ci sta in
mezzo
Egli è il padre dell’interazionismo simbolico, assieme a Weber.
- Forme: Simmel
- Interazionismo simbolico: Blumer
Tra Simmel e Blumer c’è Mead —> egli inizia a studiare l’interazionismo simbolico, il quale verrà poi
successivamente sistematizzato da Blumer

INTERAZIONISMO SIMBOLICO
Concetto che nasce con Herbert Blumer 1900-1987. Siamo attorno agli anni 30 del novecento, ma si
svilupperà maggiormente nel clima degli anni 50, quando verrà dato risalto alla dimensione
intersoggettiva e all'esperienza soggettiva della vita quotidiana.
L'idea è quella di studiare come l'individuo partecipa alla vita di gruppo, prendendo le distanze dal
comportamentismo, secondo il quale il comportamento umano è determinato da stimoli esterni al
soggetto, il quale risponde in modo automatico.
A tutto ciò, si oppongono i cosiddetti comportamentisti, in quanto, per quest’ultimi, si parte da uno
stimolo, dal quale poi si genera una risposta (stimolo-risposta). Gli interazionisti affermano che le
interazioni sociali sono più elaborate in quanto tra stimolo e risposta, in mezzo, vi è l’interpretazione.
Tra stimolo e risposta, la persona interpreta. es—> io sono con un’amica, lei per scherzo mi dà una
spinta scherzosa, io interpreto che lei sta giocando, e allora reagisco in modo scherzoso anch’io con
una pacca. Nel caso non interpretassi in questo modo, la mia reazione sarebbe più violenta, o negativa.
SCHEMA: S-I-R =stimolo, interpretazione, risposta

- Interazionismo è qualitativo

11

- Comportamentismo è quantitativo
Alla base dell'interazionismo simbolico vi sono i seguenti aspetti:
- l’interazione tra gli individui in particolari situazioni
- i simboli che caratterizzano la realtà microsociale nella quale siamo inseriti, in base quali agiamo e
reagiamo nei confronti degli altri
Gli interazionisti evidenziano come gli esseri umani agiscano verso le cose e le persone sulla base del
significato che queste hanno per loro.
Le radici dell'interazionismo simbolico possono essere fatte risalire a Simmel e Weber.
interazionismo simbolico è una prospettiva che si occupa della teoria dei significati e dei simboli delle
interazioni nella vita quotidiana. Nella vita quotidiana ci sono degli scambi relazionali, quando ci
rivolgiamo agli altri è interazione, la nostra vita è tutta una interazione. Gli interazionisti si occupa
proprio di questo: studiano i significati e i simboli che sono in gioco in queste interazioni quotidiane.
Essi si chiedono il significato sulla base del quale gli uomini agiscono verso le persone e verso le cose.
Nelle nostra interazioni ci sono dei significati e dei simboli che sono oggetto di studio degli
interazionisti. Questi simboli e significati richiedono un’interpretazione da parte delle persone, ed è
perciò, che in primo luogo, gli interazionisti si interessano alle capacità interpretative delle persone.
I simboli: sono significati condivisi da una collettività. Il simbolo è qualcosa che rimanda a qualcos’altro
—> es: la fede che rimanda al matrimonio/unione di coppia; se una persona sventola un fazzoletto
bianco dalla macchina, rimanda ad un’emergenza; bandiera Italiana, crocifisso, il velo delle donne,
bandiera di calcio dei tifosi sono tutti simboli
Quando due persone interagiscono cosa succede?
Secondo gli interazionisti simbolici, nell’interazione tra due agenti (due individui) ognuno coordina la propria
azione a seconda dell’interpretazione che dà dell’azione altrui. Quest’interpretazione prende la forma di un
dialogo che io faccio con me stessa — dialogo con me stesso, mi interrogo “Cosa vuole dirmi l’altro?”

Blumer, ritenuto l'ispiratore e l'iniziatore dell'interazionismo simbolico, è stato allievo di Georg Herbert
Mead.

INTERAZIONISMO DI BLUMER
Sarà proprio lui a dare forma alla prospettiva dell’interazionismo simbolico. Egli individua tre premesse
dell’interazionismo:
- l’importanza del significato nell'agire umano
- il significato delle cose che emerge dall'interazione sociale
- i significati attribuiti alle cose/situazioni che vengono elaborate attraverso un processo interpretativo
durante il quale entrano in scena idee che il soggetto estrapola da esperienze precedenti
Questo processo interpretativo si pone tra lo stimolo che riceviamo dall'esterno (un'azione di qualcuno i
nostri confronti) e la risposta che diamo. L'altro, di conseguenza, risponde in base al significato che ha
individuato nella nostra risposta alla sua precedente azione. Si tratta di un'interazione significativa: qui, i
soggetti orientano in modo reciproco il corso dell'azione senza che si possa darne per scontati i
comportamenti, ognuno è in dialogo con se stesso —> autoindicazione, termine che designa il
processo secondo il quale indichiamo a noi stessi lo stimolo che riceviamo e forniamo l'interpretazione
adesso.
Questa è una delle differenze fondamentali tra interazionismo e funzionalismo.
L’interazionismo sostiene che non si possa prevedere quale sarà il comportamento dell'attore sociale
ed è un'interazione tra persone non tra ruoli.

L’azione associata: è un tipo di azione in cui convergono le linee di comportamento di singoli


partecipanti (cerimonia, gioco) e le diverse posizioni definite dalla struttura. L'andamento di tale azione
può essere colpito da interruzioni, cambiamenti, imprevisti in seguito a nuove interpretazioni costruite
dagli attori agenti coinvolti in cui le azioni.

Blumer pone grande attenzione, attenta analisi, alla dimensione metodologica, di tipo induttivo e
qualitativo al fine di analizzare sul campo, nei migliori modi possibili, l’agire. Partendo da un obiettivo,
ovvero comprendere e spiegare i fenomeni sociali, i ricercatori assumono il metodo dell’esplorazione e
dell’ispezione.
L’esplorazione: coincide con la fase in cui il ricercatore sociale inizia a conoscere la porzione di realtà
che intende studiare, approfondendo le peculiarità e a mettere a fuoco l’indagine.
Il ricercatore procede in modo aperto, ovvero adattare i punti di osservazione a prendere direzioni che
non aveva in programma.

12

Le tecniche che mette in campo possono essere: osservazione diretta, intervista qualitativa, ascolto
delle conversazioni, lettura di testi e materiali raccolti in precedenza, consultazione di archivi a
resoconti di storie di vita, lettere e diari.
Con l'ispezione, il ricercatore passa all'analisi in senso stretto, mettendo in campo concetti che
rappresentano la guida per affrontare il caso empirico e offrono una linea guida da seguire per
l’indagine.
Per Blumer sono importanti alcuni fattori, come per esempio: l'ingresso nell’area di vita analizzata e la
capacità di comprensione immaginativa. Visto che il fulcro degli interazionisti verte sull'attenzione verso
le interazioni sociali tra le persone e i significati, occorre avvicinarsi alle persone e ai fenomeni sociali,
osservando le situazioni e i problemi, al fine di comprendere come le persone li interpretano e li
gestiscono.

APPROCCIO DRAMMATURGICO
Nello studio della vita quotidiana un contributo molto importante fu quello di Erving Gofmann
(1922-1982). Il suo lavoro si basa su un approccio definito drammaturgico. Per Gofmann, è importante
il riferimento all'attore, ovvero chi agisce e chi recita una parte: il teatro diventa quindi metafora della
vita quotidiana letta come una rappresentazione scenica dove i soggetti, come gli attori sul
palcoscenico, recitano copioni socialmente costruiti.
- scena: è il luogo in cui l'attore recita sulla base di un copione, con l'obiettivo di produrre nel pubblico
impressioni e reazioni
- retroscena: l'attore si prepara recitare, si confronta con il regista e con gli altri attori. Inoltre, è il luogo
in cui egli prende le distanze dalla scena, esce dal copione e si riposa
Anche nelle interazioni della vita quotidiana, ognuno di noi agisce sulla base del ruolo che riveste e
delle aspettative, si sforza di sostenere al meglio quel ruolo e di produrre certe impressioni, per essere
considerato e riconosciuto. Anche nella vita sociale/quotidiana vi è un retroscena, in cui ci togliamo la
maschera del ruolo: è la sfera intima nella quale prendiamo le distanze dal ruolo sociale, si preparano
nuove azioni e performance. Per esempio il cameriere al ristorante -> il suo retroscena è la cucina dove
si sfoga quando succede qualcosa con i clienti.
Come accade per l'attore quando in scena, così l'attore sociale cerca di controllare le impressioni che
susciterò, evitando tutto ciò che possa risultare in appropriato rispetto al copione, rispettando il ruolo
che esercita.
Per esempio: quale chirurgo entrerebbe in sala operatoria con in mano una bottiglia di whisky?
Così anche nella vita quotidiana ogni situazione è inquadrata in un frame, una cornice che circonda e
sorregge un disegno. Se questa cornice viene intaccata da una serie di imprevisti che il rompono sulla
scena, gli attori sociali cercano di ripristinare la scena in modo da segnalare che la situazione sotto
controllo.
A differenza degli interazionisti simbolici, Gofmann non prende in considerazione l'interazione con se
stessi, bensì, il suo interesse principale rimane quello di studiare il modo in cui l'attore riesce a
manipolare il contesto in una determinata situazione per ripristinare la cornice.
Frame: accordo che fa da cornice che inquadra la situazione. Questa cornice dà l’idea di normalità.
Per Goffman c’è solo il ME. Egli afferma che il Sè è un effetto drammaturgico che emerge dalla scena.
È un apparenza emergente sulla scena, è effimero, cambia scena cambia sé.
Per Gofmann la produzione del sé e dell'ordine sociale avviene proprio in questo caso. A tal proposito
egli afferma che il sé è un prodotto di una scena che viene rappresentata. Definisce il sé come effetto
drammaturgico/effetto della rappresentazione drammaturgica che si forma sulla base di regole
provenienti dall’ordine dell’interazione.
Ogni interazione ha sue regole e gli attori sociali riconoscono e mettono in scena: la società diventa
quindi il risultato di tutto questo. Le regole servono per facilitare le interazioni che altrimenti sarebbero
completamente prevedibili.
Questo trova concretezza, per Gofmann, dentro le istituzioni totali dove il soggetto è costretto ad
assumere un unico copione (—> esempio: manicomio = pazzo) o anche nel momento in cui la
“maschera” di un attore sociale diventa un marchio/uno stigma che egli non può facilmente togliere da
dosso —> (per esempio quando si viene ingabbiati in una categoria sociale in senso spregiativo).
Nonostante ciò, l’attore sociale resta attivo. Questo viene dimostrato da Gofmann quando condusse
degli studi all'interno di un ospedale psichiatrico nel quale si fece assumere per un anno come
infermiere per osservarne il funzionamento. Da questo studio mostrò come, in condizioni esistenziali
negative, i degenti fossero comunque in grado di inventare, di creare, strategie per preservare un
senso di identità e non arrendersi al ruolo imposto dall'istituzione totale.

13

Sociologia drammaturgia che deriva dall’interazionismo simbolico, guarda alle interazioni, siamo
nell’ambito di micro interazioni nella vita quotidiana - prospettiva/corrente micro, a differenza del
funzionalismo, conflittualismo che sono macro.

GARFINKEL - ETNOMETODOLOGIA
Il termine “etnometodologia” è stato coniato da Harold Garfinkel (1917-2011) per indicare l'analisi delle
conoscenze, dei modi e dei metodi, con i quali gli individui danno un senso alle loro attività quotidiane,
molte delle quali sono date per scontate, e non sorge il problema da parte degli individui di attribuirvi un
senso.
Gli individui vengono considerati situati all'interno di contesti particolari con caratteristiche culturali ben
precise: per tale motivo il termine “etno” che si riferisce a “membri di un gruppo”- “popolo”- “gente”.

esperimenti in aula —> Garfinkel condusse una seire di esperimenti etnometodologici con gli studenti.
Egli stendeva A sorpresa fogli di giornale sul pavimento, poi invitava gli studenti a fare prove simili,
come per esempio: andare in giro a parlare con tutti mettendosi a pochi centimetri di distanza dal volto
dell'altro, interrompere il discorso di qualcuno chiedendogli in modo insistente di spiegare cosa
intendeva dire con quell’espressione — > dunque, una serie di gesti inusuali.
Il senso di disagio emergeva da questi esperimenti di interruzione della normalità.

Garfinkel intendi considerare problematico ciò che viene dato per scontato, affinché si possa
comprendere la realtà quotidiana di senso comune, vale a dire tutte le conoscenze/l’insieme delle
conoscenze alle quali le persone fanno riferimento abitualmente per dare significato alle interazioni
quotidiane.

Gli esercizi proposti agli studenti sono degli esperimenti di rottura dell'ordine delle cose, al fine di
rendere problematica, la situazione scontata —> l'esercizio in cui gli studenti dovevano chiedere alla
gente il significato preciso di qualcosa che era stato comunicato poteva mostrare come le spiegazioni
offerte dagli attori sociali non fossero garanzia del fatto che il significato fosse certo inteso dai loro
ascoltatori/osservatori proprio nello stesso modo in cui veniva pensato e comunicato al soggetto
agente. Gli studenti per questo dovevano insistere affinché le persone chiarissero il significato delle
proprie frasi di senso comune, affermando "Cosa intendi con questa parola, questo termine, questa
espressione?” Domanda alla quale ottenevano come risposta la seguente "Che domanda assurda?” —
> Es: —> Garfinkel affida ai suoi studenti un compito, ovvero essi dovevano andare a casa e
comportarsi come se non fosse realmente casa loro, bensì un hotel, e avere un atteggiamento con
genitori, amici, parenti distaccato, come se stessero parlando ed interagendo con sconosciti, con
affermazione del tipo: “Buonasera, buongiorno, posso utilizzare la toilette?”. Alla fine, gli studenti
dovevano prendere nota delle reazioni dei genitori.

CAPITOLO 5:
SOCIALIZZAZIONE
Processo tramite il quale un individuo diventa parte della società circostante, la quale trasmette nel
tempo il proprio patrimonio culturale, favorendo così la continuità tra le generazioni.
La socializzazione è un processo universale in quanto l'agire umano si basa prevalentemente su
conoscenze e abilità apprese, però i contenuti sono soggetti a cambiamenti da società a società.
Si tratta di un processo che riguarda il rapporto tra individuo e società, che è un negoziato costante
durante il quale, da un lato, la socializzazione cambia l'individuo, dall'altro canto l'individuo cambia e
influenza la società attraverso le sue scelte e le sue prese di posizione.
Perciò, possiamo definire la socializzazione come un condizionamento della società nei confronti
dell'individuo, e allo stesso tempo, come uno spazio dove l'individuo può costruirsi una propria identità
ed instaurare relazioni.
La socializzazione ha diverse caratteristiche, varie dimensioni.
Le principali agenzie di socializzazione sono:
- famiglia
- scuola
- gruppi
- media
- organizzazioni

14

PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE
La competenza sta alla base della vita sociale, durante la quale bisogna imparare a muoversi.
L'uomo vive in un mondo già creato - la società vive molto più a lungo rispetto agli individui che la
popolano.
L'individuo per poter vivere all'interno della società deve conoscerla, deve conoscere tutte le regole, i
ruoli, le posizioni che formano una società e sono alla base della sua nascita.
Durante il processo di socializzazione, l'individuo crea un rapporto con il mondo cercando di trovare il
giusto equilibrio tra le esigenze di identificazione, ovvero conformità con il gruppo, adesione alle regole
e ai valori, riconoscimento delle gerarchie, apprendimento di tecniche e costumi, e le esigenze di
differenziazione, tipo distinzione dagli altri e il riconoscimento delle proprie qualità e caratteristiche
specifiche.
George Herbert Mead analizza i vari processi di socializzazione. Ai suoi lavori, si rifarà, in futuro,
Herbert Blumer, esponente della corrente sociologica dell'interazionismo simbolico.
Secondo Mead, l'uomo ha la capacità di valutare le proprie azioni guardandosi dall'esterno. Partendo
da questa affermazione, egli analizza il rapporto tra le componenti che stanno alla base del Sé, ovvero
il Me e l'Io.
L'Io è costituito dagli elementi non sociali della personalità (per esempio il corredo genetico di cui
ciascuno è portatore). L'insieme di tali elementi fa si che ogni individuo abbia caratteristiche ben
precise/determinate, modi di agire alle situazioni, di affrontare le difficoltà, i problemi, gestire le
emozioni.
Il Me è l'immagine che noi costruiamo di noi stessi in base ai riscontri che ci provengono da chi ci sta
intorno, sia da parte di partenti, familiari, ma anche da persone più in generale, ovvero gli altri membri
della società.
Secondo Mead, dato che noi riusciamo a percepire come gli altri ci vedono/considerano, il Me è la parte
della personalità dell'individuo di derivazione sociale.
Il Me si forma nel processo di assunzione, da parte del soggetto, dei vari modelli di comportamento,
atteggiamenti e valori diffusi nella società.
Il Se è la combinazione tra IO + ME, ed è un prodotto complesso non deterministicamente dato.
La sua formazione influenza tutte le fasi della vita e dell'esperienza sociale, dipanandosi secondo
alcune tappe:
- Fase di imitazione: il bambino copia il comportamento degli adulti, senza capire quello che stanno
facendo
- Fase del gioco semplice libero (play): il bambino agisce come un altro; gioca a far finta di essere il
padre, la madre, il dottore, il vigile, il pilota…Agire come qualcun altro richiede un'operazione mentale
nuova, ossia l'assunzione del ruolo dell’altro, ed implica cominciare a vedersi dal punto di vista degli
altri. Ogni volta che il bambino si vede con gli occhi dell'altro, si fa un'idea del proprio Sé, si esercita a
reagire a questa impressione, costruendosi così un Me
- Fase del gioco organizzato (game): il bambino impara ad assumere i ruoli di diverse persone
contemporaneamente e controlla la propria azione in relazione ad esse. In questa fase il bambino
interiorizza a lungo andare le reazioni degli altri nei confronti delle sue azioni (esempio: gioco di
squadra). Qui impara a relazionarsi a un gruppo

Tutto questo crea quello che Mead definisce l’altro generalizzato: mediante ciò, il bambino capisce che
tutti coloro che prendono parte allo stesso gioco devono rispettare regole ben precise e sviluppare
abilità particolari. Nel processo di crescita sociale dell'essere umano è importante il passaggio dall'altro
significativo (mio padre) all'altro generalizzato (il padre). Avviene cosi la cosiddetta standardizzazione
(tipizzazione) delle figure sociali circostanti.

Tra i concetti di Mead che stanno alla base dell'interazionismo simbolico vediamo:
Sè—> nozione ideta da Mead, filosofo americano che parla del sé dell’individuo come formato da due
componenti:
- io: tratto originale, imprevedibile, personale, che mi caratterizza. Può portare ad un cambiamento
sociale. È una parte autentica
- Me: quello che ho appreso durante la socializzazione. Cioè quello che la società mi ha insegnato, a
partire dai genitori, scuola. Il Me è quello che ho appreso dai contesti di riferimento, dalle figure di
riferimento
Il sè è una relazione/un dialogo tra l’Io e il Me che avviene quando io dialogo con me stessa. Quando io
ho questo dialogo, posso pensare a me stessa come ad un oggetto - io mi posso vedere dall’esterno.
Mead dice “il soggetto diventa oggetto a se stesso” - cioè io sono capace di interagire, non solo con gli
altri, ma anche con me stessa.

15

Possono andare in conflitto — l’ IO e il ME possono andare in conflitto - ci può essere una ribellione
dell’IO al ME. Si crea squilibrio.
Sè : rappresenta la capacità di interagire che io ho con me stesso e tiene insieme il me sociale e l’io,
che è una parte più originale.
Come si sviluppa il Sè?
Tramite il gioco, il gioco infantile
Nelle primissime fasi dell’infanzia, c’è il gioco che Mead chiama play, in cui il bambino imita un altro
significativo, es—> gioca a fare il papà
Man mano che il bambino cresce passa al gioco cosiddetto game, cioè egli riesce a rappresentare nella
propria mente i ruoli di più persone contemporaneamente (mamma, papà, zia) capisce che c’è un
gruppo, con tante persone, tanti ruoli e tante aspettative
Mead parla di altro generalizzato, ovvero le aspettative di tutto il gruppo. È il ME — quando io
interiorizzo tutte le aspettative che l’intero gruppo ha di me, io formo un ME.
Il ME è l’altro generalizzato, dunque tutte le aspettative di tutto il gruppo che io interiorizzo

Lawrence Kohlberg (1927-1987) parla di sei stadi di sviluppo morale Durante l'arco della vita. Castigo
e premio indicano i primi due stadi, che ricoprono i primi due anni di vita del bambino. Questi
rappresentano gli unici motori dell'agire morale infantile. Queste due fasi sono pre convenzionali.
Esempio di premio—> a livello del bambino se fai i compiti, ti do una caramella; a livello dello studente,
se studi tanto, superi l’esame con ottimi livelli; a livello del lavoratore, se fai tante vendite, ti do un
bonus.
La terza fase è rappresentata dal desiderio di compiacere gli altri: il bambino è mosso dalla ricerca di
approvazione; durante questa fase iniziano a formarsi le prime idee riguardo a ciò che è giusto e ciò
che è sbagliato. Questo pone le basi per la quarta fase, ovvero la consapevolezza morale, durante il
quale il soggetto guadagna la cognizione di come comportarsi con gli altri in società/ interiorizzazione
della norma
Esempio di consapevolezza morale —>se trovo una collanina smarrita, la porto presso l’ufficio oggetti
smarriti perché ho interiorizzato la norma che non si ruba. Seguo la regola come convenzione, a
prescindere dal mio guadagno.
La quinta fase è rappresentata dalla capacità di fornire giudizi autonomi sulle situazioni, vale a dire
riflettere e agire in base a un pensiero.
es—> dilemma di Heinz e la medicina : un bambino sta morendo perché in farmacia non gli erogano
una certa medicina. Se potesse avere quella medicina sopravviverebbe. Il bambino molto piccolo,
fermo al quarto stadio, direbbe non si ruba, ha interiorizzato la norma che non si ruba, e quindi, agisce
di conseguenza; invece, l’adulto, se si trova al quinto stadio, dice si la rubo perché è il male minore. È
vero che c’è la regola di non rubare, però io la trasgredisco eccezionalmente in nome del salvare la vita
di una persona. es—> siamo in una situazione di emergenza, magari con un genitore che sta male, è
svenuto, abbiamo per legge il diritto di impossessarci del primo mezzo disponibile per poterci recare al
pronto soccorso. Se qualcuno è in pericolo di vita io posso trasgredire la norma — è uno stato
d’eccezione. C’è un bene superiore in nome del quale io posso trasgredire una regola minore.
es—> fare la spia: non è corretto fare la spia, però se io assisto ad un episodio di bullismo, è giusto e
doveroso segnalarlo.
Infine vi è la sesta fase, quella dei principi etici universali e coerenti, la quale si trova soprattutto in
specifiche personalità dall'elevata statura morale, per esempio Gandhi. In questa fase secondo
Lawrence Kohlberg l'agire è privo/esente di interesse personale perché ho come unico fine il bene
universale. Non tutte le persone però riescono a raggiungere gli ultimi gradini dello sviluppo morale.
5 e 6 sono post convenzionali.

LA SOCIALIZZAZIONE CONTINUA
Il processo di socializzazione prosegue per tutta la vita - ed è questo che noi intendiamo con l’uso del
termine socializzazione continua. In questo processo, Erik H. Erikson pone attenzione al tema delle
crisi, o sfide, che la persona affronta nel processo di socializzazione. La teoria di Erikson si divide in
otto fasi di sviluppo psicosociale che si susseguono fino alla vecchiaia e coprono tutto l'arco della vita di
un individuo.
- fiducia/sfiducia: poli che caratterizzano la prima infanzia. Il bambino è ancora dipendente dalle cure
genitoriali, sviluppa sicurezza o in sicurezza in se stesso a partire dall’affidabilità, dalla qualità delle
attenzioni, dalla presenza o assenza da parte dei caregiver - figure, anche familiari, che occupano un
ruolo di cura, attenzione, supporto, vicinanza

16

- autonomia/vergogna e dubbio: caratterizza i primi anni di vita (attorno ai 3 anni). In questo caso, il
bambino sviluppa stima di sé e impara a rapportarsi con gli altri, a patto che le aspettative dei genitori
non siamo troppo (o poco) pressanti
- iniziativa/senso di colpa: fase che va dai 4 ai 5 anni. Qui il bambino inizia a intraprendere azioni
proprie attraverso il gioco, anche di natura trasgressiva, che se non sufficientemente sostenute o,
viceversa, troppo incentivate, rischiano di infondere senso di colpa
- intraprendenza/inferiorità: il bambino entra nel mondo scolastico, dove inizia fare i conti con risultati
conseguiti e con rapporti che instaura con i propri compagni. Questa fase permette al bambino di
misurarsi con i compiti che gli vengono assegnati ed imparare quali sono alla sua portata e quali no
- identità/confusione di ruoli: periodo adolescenziale. Il giovane è chiamato a prendere decisioni
importanti riguardo agli studi, al lavoro, alla scelta di amici
- intimità/isolamento: entriamo nella fase adulta. Qui si iniziano a intraprendere relazioni salde e ben
radicate sulla fiducia, importanti per la costruzione di un futuro lavorativo, una famiglia… Tutto ciò, pone
le basi per la fase successiva
- generatività/stagnazione: fase fondata sulla virtù della cura e della responsabilità verso la società e le
generazioni successive. Questa fase rappresenta la separazione/distinzione tra l'adulto ancora
immaturo e l'adulto nel pieno delle proprie facoltà, in grado di comprendere che il senso delle proprie
azioni risiede nel dotare gli altri degli strumenti affinché possano compiere un processo di
soggettivazione e non soddisfacimento egoistico
- integrità/disperazione: ultima fase che rappresenta l’età adulta avanzata. La distinzione è
rappresentata, in questo caso, dal giudizio sulla vita trascorsa come positiva- negativa, generativo -
stagnante

La socializzazione prosegue anche nella vecchiaia. Importante è l'atteggiamento assunto di fronte alla
morte, rimosso nelle società moderne. Oggi giorno, rispetto al passato, la morte degli anziani è ormai
radicata dal contesto familiare/comunitario per essere presa in considerazione da istituzioni con
procedure formali. Dal modo in cui si affronta questo passaggio dipende anche la considerazione
personale che ognuno ha quando si pone la domanda se la propria vita sia stata pienamente vissuta
fino al suo ultimo istante. Negli ultimi decenni, soprattutto nei paesi occidentali, si è verificato un
processo di delega progressiva del lavoro di cura a figure esterne alla famiglia, come donne immigrate
che ricoprono un ruolo di colf, babysitter e badanti.

SOCIALIZZAZIONE PRIMARIA E SECONDARIA


Sono in stretto legame/rapporto i processi di socializzazione con la costruzione dell'identità individuale.
La formazione di questo legame richiede due direzioni:
- dal soggetto verso l’esterno - espressa attraverso istanze della differenziazione e dell'identificazione
integrazione
- dall’esterno verso il soggetto - espresso nell'istanza di riconoscimento da parte di altri.
Queste direzioni prendono forma dentro i processi di socializzazione che si distinguono in primari e
secondari.

La socializzazione e lo sviluppo della personalità sono processi che durano per tutta la vita. Si
distinguono due fasi:
- socializzazione primaria: si apprendono le competenze di base per vivere in una società e relazionarsi
con diversi ruoli. Si concentra soprattutto nei primi anni di vita del soggetto però questo processo non è
mai definitivo. Può accadere che anche un adulto debba mettere in atto un processo di socializzazione
primaria venendosi a trovare in un contesto del tutto nuovo. Questo è sempre più frequente nell'epoca
della globalizzazione per esempio una persona per motivi lavorativi deve confrontarsi con culture
diverse dalla propria. La socializzazione primaria include tre dimensioni:
1. dimensione cognitiva: familiarizzazione con la conoscenza accumulata, la memoria collettiva e i
criteri di interpretazione del mondo
2. dimensione normativa: assimilazione di valori e di norme che orientano il comportamento sociale e
stabiliscono le condotte accettabili
3. dimensione espressiva o simbolica: apprendimento dei segni delle modalità comunicative
appropriate per l'interazione
- socializzazione secondaria: l'individuo apprende le competenze e i contenuti specifici necessari per
muoversi all'interno della società, in contesti come per esempio la scuola, ambienti lavorativi,
associazioni, aggregazioni collettive. Essa si focalizza sull'interiorizzazione dei ruoli richiesti dalle
posizioni occupate in tali ambiti. Essa ha un carattere provvisorio e incompleto, lento e graduale,
interattivo e multidirezionale, dove è molto importante la negoziazione tra attore e contesto sociale.

17

Essa può essere sia formale sia informale: oltre a riguardare la collocazione dell'individuo all'interno di
istituzioni, la socializzazione può avvenire anche in contesti dove vi è una certa ricchezza di stimoli ed
opportunità che il soggetto può far proprie, elaborandole in maniera creativa. La socializzazione
secondaria un carattere volontario: essa si accompagna a processi di costruzione e ridefinizione
dell'identità dove il soggetto sceglie - per esempio di partecipare a certi gruppi piuttosto che ad altri, a
certe tradizioni piuttosto che ad altre.

processi - termine con il quale si indica qualcosa che non si chiude.


Importante è il passaggio da una fase all'altra della vita. Questi passaggi portano spesso a crisi
dell'identità individuale, portando di conseguenza ad avviare qualche adattamento. Quando vengono
superate, queste crisi attivano una nuova fase del processo di socializzazione dove si elaborano nuove
capacità, nuove risorse cognitive e interpretative, e si apprendono nuovi valori.
Il processo di socializzazione non è uguale per tutti, ci sono delle differenze sociali che influiscono sul
processo di socializzazione.
Le differenze sono le seguenti:
- differenze etniche: socializzazione dei Black people è più orientata alla regola
- differenze religiose: le madri cattoliche danno più valore all’obbedienza dei figli rispetto alle madri
protestanti
- differenze sociali: i genitori di classe media incoraggiano di più all’autonomia i bambini rispetto ai
genitori di ceto popolare che sono più supportivi rispetto alle scelte conformiste
- differenze di genere rispetto all’educando: le bambine femmine vengono incoraggiate alla prudenza,
riflessività, i bambini maschi alla sperimentazione. Pensiamo ai giochi — i giochi destinati ai maschi
sono giochi incentrati di più sul movimento, invece quelli femminili sono disegni, bambole, cucina
- differenze culturali: tra paesi del mondo, per esempio la socializzazione di un bambino giapponese
(essi non vengono mai lasciti soli un solo istante. Ricevono cibo ogni qualvolta che lo richiedono), da un
bambino europeo (noi sulle confezioni abbiamo scritto le ore e le quantità di assunzione)

LE AGENZIE DI SOCIALIZZAZIONE
Fondamentali nelle fasi della socializzazione sono le agenzie di socializzazione, ovvero enti, luoghi,
istituzioni e gruppi all'interno dei quali i soggetti imparano a essere membri competenti della società. Il
rapporto tra queste agenzie può anche essere conflittuale, soprattutto nelle società moderne le quali
sono differenziate e complesse, dove ognuna di esse tende a fare riferimento sistemi valoriali specifici.

istituzione: tutte le istituzioni possono essere considerate agenzie di socializzazione. Il termine


“istituzione” può essere definito come l'esito di interazioni che si specificano in modelli di condotta e che
servono da guida per azioni reciproche. Le istituzioni, che alcuni sociologi intendono come norme in sé,
possono essere considerate anche come configurazioni sociali che prendono forma in seguito a
processi di istituzionalizzazione in cui le azioni e le relazioni si stabilizzano. Le istituzioni influenzano le
nostre interpretazioni del mondo: trasmetto le esperienze, facilitano la soluzione di problemi,
alleggeriscono la routine quotidiana…
Le istituzioni sociali definiscono regole di comportamento socialmente stabili e durature in grado di
coordinare un numero molto alto di esseri umani. Esse possono essere considerate come:
- sistemi di significato condivisi e cornici cognitive che interpretano la realtà e rendono possibile
l'interazione ordinando la realtà
- modelli di comportamento, ovvero particolare i modi di agire e pensare che vengono adottati più volte
nel corso del tempo dai membri della società, così da consentire la prevedibilità delle azioni sociali
- vincoli di carattere normativo che definiscono prescrizioni per i comportamenti individuali, quindi
questo significa che non tutti i sistemi di significato sono istituzioni, bensì solo quando i comportamenti
vengono vincolati
- processi regolativi meccanismi di comando, formali e informali
- distribuzione di potere tra i diversi elementi che costituiscono una società, visti i caratteri normativi e le
capacità di determinare le condotte dei soggetti

I principali caratteri delle istituzioni sono:


- estrinsecità: esse vengono percepite come realtà esterne all’individuo
- storicità: hanno un'esistenza sovra individuale nel tempo
- obiettività: derivante dall'accordo sull'esistenza e consistenza di un dato ordine
18

Il grado di formalizzazione raggiunto da un'istituzione può essere diverso: per esempio una famiglia è
diversa da un ente pubblico.
L'importanza dei processi di formalizzazione delle istituzioni avviene al massimo grado con lo Stato
nazionale, burocrazia e fabbrica: all'interno di queste istituzioni, i comportamenti sono regolati, i ruoli
seguono una linea gerarchica, le norme esplicitate, i criteri di entrate di appartenenza definiti.

Istituzioni totali - Goffman


Sono istituzioni che tutelano l’interesse della società. Sono un luogo di lavoro e di residenza per gruppi
di persone separate dalla società.
es—> carceri, ospedali psichiatrici, caserme, monasteri
Le caratteristiche dell’istituzione totale sono:
- c’è un’autorità che sorveglia qualsiasi attività svolta dal gruppo separato de degenti, sorvegliati
- c’è una risocializzazione quando si entra in queste istituzioni - vieni spogliato da tutto ciò che eri
prima, oggetti, nome, del tuo Sè, dei ruoli che ricoprirvi primi, e vieni risocializzato ad una nuova realtà,
dove assumi un altro Sè. Quando sei a forte di una socializzazione secondaria molto forte/radicale,
dove devi riapprendere dal principio delle basi sul come muoversi in un determinato contesto
- Ci sono delle routine che scandiscono al giornata — attività molto standardizzate, regole ferree

- Risocializzazione alla rovescia — avviene quando le nuove generazioni risocializzano le vecchie, es—
> all’uso delle nuove tecnologie
- Risocializzazione anticipata — quando una persona assume i comportamenti di un gruppo del quale
desidera partecipare ma del quale non ne fa ancora parte. Si comporta come se fosse appartenente ad
un gruppo

FAMIGLIA
Costituisce una prima e importante agenzie di socializzazione. In ogni società è il primo e il più diretto
contesto dello sviluppo fisico, emotivo e sociale delle persone. Sii può definire come un'istituzione che
unisce persone in gruppi cooperativi per la cura reciproca, a partire dai bambini. Nella famiglia
avvengono una prima maturazione affettiva (riconoscimento, approvazione, gratificazione), la
socializzazione di genere (distinzione tra uomo e donna), il riconoscimento di quelle che sono le varie
fasi della vita (matrimonio, figli, adolescenza, giovinezza, vita adulta). In essa si mescolano valori interni
e valori provenienti dall'ambiente esterno che ne determinano le dimensioni, le funzioni e
l'organizzazione. La famiglia può essere il luogo dell'amore, cura, affetto, senso di appartenenza, ma
anche conflitto, potere, violenza, tensione.
Le varie prospettive sociologiche si sono concentrate sia sull'aspetto armonico della famiglia, sia
sull'aspetto conflittuale.
- aspetto conflittuale: i teorici del conflitto osservano i rapporti di potere che possono essere esercitati,
all'interno della famiglia, sulla base delle differenze (genere, età e di opportunità tra i membri),
relazionando questi aspetti a quelli economici e culturali (la disuguaglianza tra donne e uomini).
Secondo la teoria femminista, la famiglia è una struttura patriarcale, creata e sostenuta dei maschi.
aspetto armonico: preso in esame dalla prospettiva funzionalista che si rifà a Parsons. Egli vede nella
famiglia l'unione di ruoli complementari, maschile e femminile, che svolge un ruolo positivo nei confronti
della società. Premettiamo che Parsons formula la propria teoria a metà del novecento quando la
famiglia nucleare stava vivendo il suo massimo splendore. Secondo Parsons, la famiglia nucleare
(formata da marito, moglie e figli che abitano una casa di proprietà) permetteva ai membri la mobilità
necessaria nella società industriale, rispetto alle famiglie tradizionali tipiche della società contadina. La
famiglia nucleare era funzionale alle esigenze di quella società, grazie alla distinzione dei ruoli tra:
“espressivi”, ovvero quelli femminili, e “strumentali”, ovvero quelli maschili. Questa teoria intende per
famiglia, il tipo tradizionale di famiglia dove l'uomo si occupa del sostentamento della moglie e dei figli,
mentre la donna si occupa della casa e dell'educazione dei figli.
Questo modello però entrerà in crisi nelle società occidentali, a causa di una serie di cambiamenti/
trasformazioni economiche, sociali e culturali, a partire dalla fine degli anni sessanta. Tra questi
importanti trasformazioni ricordiamo: la nascita di un'economia postindustriale meno centrata sulla
fabbrica, l'opportunità per le donne di costruirsi un percorso, di tipo professionale, al di fuori della
famiglia grazie anche all'opportunità di un'istruzione più elevata, la nascita di pari opportunità. Tutto
questo ha colpito la netta divisione dei ruoli fondati sul genere: oggi giorno uomini e donne sono più
19

emancipati dai ruoli di genere e possono instaurare rapporti più egualitari/sullo stesso piano. Occorre
precisare che nelle famiglie in cui lavorano entrambi i partner spesso la donna mantiene un carico di
lavoro domestico e di cura superiore a quello dell’uomo: questo rende più difficile conciliare vita privata
e vita lavorativa.
Oltre alla famiglia tradizionalmente intesa, oggi si parla anche di famiglie al plurale. Alcuni esempi sono:
- famiglie monoparentali: nate in seguito alla rottura di un matrimonio, l'allontanamento dalla casa
coniugale di uno dei coniugi. Soprattutto in Occidente e in Italia è molto diffusa a causa
dell'innalzamento del tasso di divorzi.
- famiglie in cui il genitore non è residente, a causa di motivi lavorativi guerra oppure incarcerazione
- famiglie ricostruite o ricomposte: nuclei che si generano in seguito alle nozze di due adulti già
precedentemente sposati e che si portano con sé la prole
- famiglie gay o lesbiche: fondate da due partner dello stesso sesso e ufficialmente riconosciute a
partire dal 2000
- convivenza: una coppia che convive una stessa casa e un letto senza essere legalmente sposata.
Varia da paese a paese, e da classe sociale a classe sociale. In passato era spesso associata alle
fasce povere che non potevano permettersi un matrimonio, attualmente la convivenza è preparatoria/
introduttiva oppure alternativa al matrimonio.
Accanto alle famiglie monogamiche, troviamo altre varianti in base alle varie culture di riferimento:
poligamia: un marito e più mogli
poliandria: una moglie più mariti
promiscuità: più mariti e più mogli

SCUOLA
È la prima istituzione sociale in cui il soggetto impara a svolgere ruoli con obiettivi precisi.
A scuola aumenta il numero delle persone che entrano in contatto con il bambino, cambia la natura
delle relazioni. La scuola si focalizza sull'acquisizione di capacità cognitive e percettive,
sull'apprendimento dell'uso di lettere e numeri, sulla conoscenza di regole più complesse. A scuola
l'individuo subisce un processo di progressiva spersonalizzazione: egli viene sottoposto ad un sistema
di valutazione formale. La scuola è un meccanismo di selezione fondato sulla competizione. La scuola
esercita il suo ruolo di socializzazione attraverso programmi e contenuti, e attraverso la messa in atto di
comportamenti, ruoli e aspettative che compongono la vita quotidiana della scuola stessa. È il luogo in
cui, da un lato entrano in scena le differenze sociali legate ai contesti di provenienza, d’altro lato si
pongono le basi per nuove forme di differenziazione sociale.
Per quanto riguarda il concetto dell’istruzione, diverse sono le prospettive che prendono parte a questi
studi. Alcuni studiosi pongono l'accento sul ruolo positivo della scuola, che ha il compito di insegnare
agli individui ad affrontare la vita nella società, ad interiorizzare le norme da seguire, così da formare
ogni singolo studente con l'obiettivo di spronarlo a intraprendere un percorso di specializzazione, in
vista di una buona posizione all'interno del mondo del lavoro.
Secondo Robert Dreeben la scuola incoraggia lo studente all’indipendenza, permettendogli così di
abbandonare il mondo di provenienza, il quale potrebbe ostacolarlo. Questo perché, in ambito
scolastico, il singolo viene valorizzato a partire dal conseguimento degli obiettivi preposti e non sulla
base di uno status (figlio, figlia, fratello, cugina, di …). Questo gli permette di maturare la
consapevolezza di essere un membro di categorie sociali generali differenti rispetto alla particolarità
della famiglia.
Questa visione positiva della scuola/ questa considerazione positiva di sistemi scolastici è portata
avanti dai struttural-funzionalisti, che ritengono queste istituzioni utili al buon funzionamento della
società.

Al contrario, in opposizione alla visione positiva precedentemente trattata, troviamo i teorici del conflitto.
Essi mettono in luce il fatto che l'istruzione spesso produce disuguaglianze sociali. Ottimo esempio è la
teoria di Bourdieu. Secondo questi autori, nel mondo scolastico le differenze di classe sociale possono
essere spinte al punto di arrivare a un livello di intensità molto alto/estremo: per esempio, studenti delle
fasce medio-basse hanno maggiori probabilità di frequentare scuole in cui il percorso educativo si
fonda su un apprendimento ripetitivo e di rispetto delle norme, tralasciando aspetti (per esempio la
creatività) che possano permettere l'edificazione di una personalità indipendente. Viceversa, avviene

20

per i figli delle classi superiori che hanno più probabilità di sperimentare curricula più complessi, in
grado di conferire loro competenze necessarie per rivestire ruoli altamente qualificati, ruoli
professionali, tipici della classe dirigente. Secondo Collins, l’aumentare/ la forte espansione/sviluppo di
certificazioni professionali e l'espansione dei processi formativi, è data/è dovuta grazie al livello di
istruzione legato alle posizioni di status elevato.
Gli obiettivi di mobilità verso l'alto vengono perseguiti sia dai gruppi sociali di status inferiore, sia dei
gruppi sociali di status superiore. I gruppi di status elevato puntano su credenziali educative maggiori
per difendere il loro posizioni a scapito dei gruppi di status inferiore, per i quali raggiungere le stesse
credenziali risulta difficile. Questo causa una sorta di inflazione di queste credenziali e una perdita del
loro valore, visto che il sistema rimane bloccato nella sua stratificazione.

A prendere in esame gli aspetti micro della scuola è la prospettiva interazionista. Per aspetti micro,
intendiamo le interazioni all'interno della classe e anche tra insegnanti e alunni. Su queste interazioni
sono stat coniati concetti importanti, tra cui quello di etichettamento, ovvero definizioni da parte degli
insegnanti nei confronti degli alunni, spingono questi ultimi ad assumere atteggiamenti conformi a
queste definizioni. L'etichetta di "deviante", "pericoloso", oppure "bravo ragazzo", conduce i docenti e i
compagni a interagire con lo studente etichettato sulla base di quella definizione, seppur smentita da
dati/fatti concreti (empirici).
Possiamo fare riferimento alla profezia che si auto avvera .
Oppure al teorema di Thomas, che afferma che ciò che definiamo reale lo è nelle sue conseguenze.
Ha delle conseguenze reali
es—> io vengo definita malvagia, cattiva, antipatica, scontrosa, gli altri si comporteranno nei miei
confronti avendo in mente questa definizione, anche se magari può essere non vera
es—> tutti definiscono un ragazzo bravo, diligente, magari non lo è, ma tutti lo definiscono cosi. Di
conseguenza, nel mio trattare con lui, sarò influenzato da ciò, e allora lo tratto da bravo ragazzo
A scuola il bambino impara un ruolo con obiettivi precisi e c’è un processo di progressiva
spersonalizzazione , c’è una valutazione formale. La presenza di una valutazione può portare ad una
competizione. Sistema di aspettative sia da parte degli adulti sia da parte dei pari.
I funzionalisti la considerano un’istituzione positiva sotto tutti gli aspetti
I conflittualisti, invece, affermano che la scuola produce disuguaglianze sociali inaccettabili — es: è più
probabile che un laureato sia figlio di laureati piuttosto che di non laureati

GRUPPI
Altro agente di socializzazione importante all'interno del processo di socializzazione, sia primaria sia
secondaria. Il termine "gruppo" rimanda all'idea di un soggetto collettivo, dunque, ad un insieme di
individui cui si attribuiscono elementi comuni in grado di condurre a forme di agire unitario. Questo
termine assume molteplici definizioni, molto diverse tra di loro, accezioni molte vaste. Questo termine
può essere utilizzato per definire grandi aggregati sociali che condividono qualità comuni ma non
necessariamente un'interazione sociale: il gruppo, in questo caso, coincide con l'espressione stessa di
"categoria sociale” per esempio il gruppo/la categoria delle donne/dei giovani.
Inoltre, il gruppo può essere inteso come una collettività che condivide valori comuni, solidarietà,
obbligazione morale. In questo caso ci si sente membri di una collettività e si è definiti tali da altri sulla
base di quegli elementi. Il gruppo viene quindi definito dal senso dell'appartenenza e dalla costruzione
dell'identità sociale degli individui. In questo caso comporta una costruzione del rapporto IO+NOI,
dunque (soggetto-gruppo), e anche del rapporto NOI+VOI, ossia di un'identità che differenzia in-group,
out-group.
All’interno del gruppo si definisce una regolare interazione. Essa cambia per intensità, frequenza e
modalità a seconda dei vari aggregati sociali: le interazioni possono avvenire con intensità diversa (per
iscritto, faccia a faccia, mezzi di comunicazione informatici) oppure può verificarsi un’interdipendenza
tra membri (qualcosa di più che va oltre la semplice interazione).
Robert K. Merton definisce il gruppo come un certo numero di persone che interagiscono secondo
modelli stabiliti.
Il criterio oggettivo di definizione del gruppo viene affiancato ad altri due criteri soggettivi:
l'autodefinizione da parte del soggetto di appartenenza al gruppo e la definizione analoga formulata da
altri che possono essere membri di quel gruppo oppure no. Quando questi tre criteri (criterio oggettivo +

21

i due criteri soggettivi) si verificano completamente coloro che partecipano a queste interazioni sono
identificabili come gruppi costituiti - quindi come gruppi che hanno dei confini chiari tra appartenenza e
non-appartenenza.
Questi confini variano in modo dinamico in base alla frequenza delle interazioni e a specifici contesti
situazionali (entrate e uscite dal gruppo). I gruppi variano sulla base di altri fattori, come: le dimensioni,
le formalità definite per l'ammissione al gruppo, natura e forma del legame sociale, diverso grado di
impegno dei membri, livello di formalizzazione interna, diversi gradi di coesione sociale.

Cooley distingue tra:


- gruppo primario composto da un insieme ristretto di persone, alto grado di interazione, intenso
coinvolgimento emotivo e forte senso di solidarietà
- gruppo secondario di ampie dimensioni, regole formali e razionali, freddezza di rapporti, ovvero le
relazioni tra gli individui sono di carattere strumentale

Altra tipologia di gruppo è il gruppo dei pari: al suo interno, il rapporto fra i membri è di tipo paritario e
simmetrico, condividono alcune condizioni comuni, come per esempio l'età, ruoli, interessi, genere e
condizioni sociali.
I gruppi possono essere più o meno formali e gerarchici (nel caso sia presente un leader), sono
strutturalmente paritari, ovvero manca la subordinazione tipica della famiglia e della scuola. Questo
offre la possibilità, soprattutto nelle generazioni giovani, di ridefinire i contenuti della socializzazione
appresi nelle realtà istituzionali, dove prevalgono modelli predefiniti.
È una fase importante nella quale gli attori sociali divengono fisicamente e intellettualmente maturi e
possono sperimentare ruoli di tipo affettivo, lavorativo, intellettuale…Nelle società moderne questa fase
ha acquisito importanza soprattutto nella fase dell'adolescenza e della giovinezza. Si tratta di una fase
in cui i processi di socializzazione diventano più diffusi e ampi, si affievolisce l'influenza della famiglia e
della scuola, si scelgono i gruppi di appartenenza. Le appartenenze di gruppo comportano anche la
manifestazione della propria identità, per esempio l'adozione di una musica specifica, di certo
abbigliamento… Spesso in questi gruppi sorgono controculture o subculture giovanili che, nella loro
diversità, sono accomunate dal fatto che si distaccano dalla società. Tendono a prevalere i valori della
spontaneità e dell'autenticità, a differenza del mondo degli adulti dove prevalgono formalità e
convenzionalità.

MEDIA
I mass media fanno parte degli agenti di socializzazione nella società digitale contemporanea. In modo
particolare le ICT, ossia information and communication technologies. Arricchiscono il quadro dei segni,
delle immagini, dei prodotti culturali, delle idee che garantiscono un punto di riferimento per gli individui,
cambiano le coordinate spaziotemporali dell'esperienza soggettiva e travalicano i confini nazionali. La
comunicazione digitale è l'esito di un lungo processo di innovazione tecnologica, iniziato con la fase
orale, passato con la scritta per poi arrivare a quella tipografica, elettronica ed ora virtuale.
I mezzi di comunicazione di massa storici, come la televisione e la radio, avevano agevolato
l'unificazione culturale nei vari Stati.
Oggi le ICT annullano i confini locali e aprono nuovi canali di interazione. Internet e i dispositivi mobili
stanno inglobando i media tipici del novecento (radio, televisione, cinema e giornali) in un unico
strumento che è allo stesso tempo informazioni, intrattenimento, pubblicità, business e marketing. Ed è
così che prende vita ciò che Marshall McLuhan aveva prospettato, ovvero il villaggio globale, figura
ossimorica per descrivere quel particolare (non) insediamento umano che è diventato il mondo
nell'epoca della globalizzazione, fondato sulla rapidità, interconnessione e avanzamento tecnologico
della comunicazione. Nel mondo il numero di coloro che possono accedere a Internet tramite un device
è in costante crescita, anche grazie ai costi di connessione sempre più minori e al costante avvento di
nuove tecnologie che permettono l'abbattimento di costi di gestione.
Ciò che stiamo vivendo attualmente conferma la tesi della non neutralità dei media di McLuhan: a
partire dal modo in cui essi si organizzano, ne deriva sia la loro essenza, sia loro impatto sulla società e
sulle culture che vengono trasformate dei mezzi attraverso i quali queste comunicano se stesse. Il
medium, ossia il mezzo attraverso il quale viene veicolato il messaggio diventa il messaggio stesso.
Vediamo, per esempio Internet: la mescolanza l'unione tra mezzi messaggio e massima, tanto da
diventare difficile distinguere tra lo strumento e i contenuti, tra piattaforme e ruoli, con implicazioni sugli
equilibri della società e sui percorsi di socializzazione più facilmente frammentati (è il problema anche
delle fake news). Molti studi pongono oggi particolare attenzione alle ambivalenze di cui la rete è
portatrice. Essa è un luogo democratico in cui tutti possono aggregarsi generando cambiamento
22

sociale dal basso ma, allo stesso tempo, è il luogo in cui si concentrano grandi interessi, anche poteri
economici e culturali in cui la divulgazione dell'informazione rischia di diventare propaganda.

ORGANIZZAZIONI
La vita sociale è costellata di forme organizzate: vi sono organizzazioni di produzione e distribuzione di
beni servizi, protezione comunicazione, lavoro, organizzazioni politiche, professionali, religiose,
culturali, militari, umanitarie. All'interno delle organizzazioni, gli individui vengono socializzati a codici
culturali sociali specifici, appartenenti a quel determinato contesto: questi codici incidono sulla
formazione e sulla riconfigurazione della personalità degli attori sociali durante la loro vita. Le
organizzazioni sociali sono unità sociali deliberatamente e formalmente costituite per il raggiungimento
di un obiettivo specifico. Sono gruppi secondari definiti come sistemi di azione cooperativa che, per
esistere, devono affrontare determinate questioni: ottenere il consenso da parte di tutti gli individui che
vi partecipano così da poter raggiungere tutti gli obiettivi comuni fissati dall'organizzazione, raggiungere
un efficace divisione del lavoro tra i partecipanti, essere in grado di distribuire delle ricompense
adeguate tra coloro che partecipano, selezionare in modo di quoti propri membri, raccogliere risorse
dell'ambiente farle rifluire al proprio interno.
Le organizzazioni hanno una dimensione formale ma al tempo stesso anche informale: formali per
esempio la burocrazia dove all'interno vengono definiti con precisione i compiti, i ruoli, le procedure, i
criteri di accesso. Invece, per esempio, un’organizzazione non governativa ricopre livelli di informalità,
questo perché non tutti gli aspetti di organizzazione possono essere deliberatamente programmati.
L’organizzazione è un sistema cooperativo in cui occorre cercare l'equilibrio tra contributi e incentivi e
dove la socializzazione degli individui ai fini organizzativi è un processo sempre aperto. I diversi tipi di
incentivi consentono di classificare le organizzazioni nel seguente modo:
- organizzazioni utilitaristiche: es- le imprese, che offrono incentivi materiali denaro e remunerazioni
materiali
- organizzazioni solidaristiche: es-i circoli socioculturali, che offrono incentivi immateriali status prestigio
rapporti gratificanti
- organizzazioni normative: es-di tipo religioso, che offrono incentivi immateriali impliciti per esempio
una condivisione tra membri e organizzazione di valori e scopi.

La differenza tra istituzione e organizzazione sta nel fatto che istituzione è un insieme di regole di
comportamento, organizzazione invece fini specifici

CAPITOLO 6:
POTERE
Il potere di individui e gruppi è una tematica centrale nel pensiero sociologico. Una prima definizione di
potere la ritroviamo in Max Weber, il quale afferma che il potere di individui e gruppi è la capacità di
imporre la propria volontà ad altri individui o gruppi, nonostante le varie resistenze.
Il potere quindi, va inteso non solo come una risorsa o un mezzo di interscambio, ma anche come
capacità, ovvero come poter fare, far fare o impedire, sulla base di altre risorse.
Il potere per la sociologia un tema trasversale, in quanto si ricollega con altre tematiche, pensiamo al
legame del potere con la comunicazione o con la politica, con il controllo e la sorveglianza, con le
trasformazioni che il mondo ha vissuto negli ultimi decenni.
Andremo, quindi, ad analizzare la relazione tra potere e struttura sociale tramite concetti quali
stratificazione sociale, mobilità, disuguaglianza nelle sue diverse dimensioni e cambiamento sociale,
facendo attenzione ai vecchi e nuovi movimenti sociali.

LA STRATIFICAZIONE SOCIALE
È la distribuzione di individui o gruppi su una scala gerarchica di posizioni sociali, o strati, distinti tra
loro in base al possesso di:
- risorse economiche (ricchezza, reddito, occupazione)
- risorse politiche (potere)
- risorse simboliche (prestigio)
Ricchezza, potere e prestigio sono tra loro correlati: chi gode di molto potere, quasi sicuramente godrà
anche di ricchezza e prestigio.
Ralf Dahrendorf afferma che potrebbe risultare più difficile collocare un individuo sulla scala sociale, in
particolare se la stessa persona potrebbe occupare un ruolo subordinato all'autorità in un ambito, ma
detenere l'autorità in un altro: per esempio un operaio ma che sia anche presidente di un importante
associazione.

23

classe sociale: si intende l'insieme degli individui (e delle famiglie) che occupano posizioni simili sul
mercato e nella divisione del lavoro e che godono di simili “chances di vita”. Su questo ha influito
moltissimo l'analisi della stratificazione offerta da Max Weber, che ha distinto tre tipi di stratificazione:
- stratificazione basata sulle classi: si fondano non solo sulla proprietà di beni economicamente
rilevanti, ma anche sulla base delle condizioni occupazionale (reddito da lavoro, posizione di lavoro
dipendente o autonomo, le possibilità di carriera. Classi diverse, come per esempio la borghesia, le
classi medie, le classi operaie, garantiscono differenti chances di vita nella sera del consumo.
- stratificazione basato sui ceti: si fondano sulla valutazione sociale di individui o gruppi, quindi su
onore, stima e prestigio. Secondo Webber coloro che hanno lo stesso status sociale condividono un
determinato stile di vita, norme e consumi. La nozione di ceto (status) è di Weber.
- stratificazione basata sul potere: Weber attribuisce in particolare alla classe politica o di partito. Per
indicare il gruppo al vertice della stratificazione sociale (ovvero al punto massimo della piramide
gerarchica), altri autori parlano di elites.

L'approccio funzionalista alla stratificazione sociale deve molto alla visione di Parsons del sistema
sociale, ovvero insieme integrato di status-ruoli: lo status è la posizione sociale dell'individuo, il ruolo è
l'insieme delle caratteristiche/particolarità e delle aspettative connesse a quello status. Per esempio: lo
status di insegnante comporta alcune prerogative, come tenere le lezioni, non fare discriminazioni,
aggiornarsi, percepire il salario, valutare gli alunni. Ci si aspetta che chi possiede lo status di
insegnante soddisfi queste aspettative formali, ma anche delle aspettative informali, per esempio
l'utilizzo di un linguaggio adeguato. I funzionalisti classici propongono una visione positiva/armoniosa
della divisione del lavoro da cui deriva la stratificazione sociale. La divisione del lavoro nella prospettiva
funzionalista porta all'integrazione sociale, perché gli individui hanno bisogno delle prestazioni degli altri
per soddisfare le proprie necessità. Per esempio: per ricevere cure il fornaio al bisogno del medico, il
medico ha bisogno del fornaio per avere il pane.
I funzionalisti riconoscono le differenze di ricompense sociali correlate alla stratificazione sociale, per
esempio di reddito, perché ritengono che alcune posizioni siano più importanti di altre per il buon
funzionamento della società. L'attribuzione di maggiori risorse a chi ricopre queste posizioni in alto nella
stratificazione serve incentivare coloro che risultano più adatti a occuparle (anche a fronte dei lunghi
sforzi/impegni/percorsi di formazione che sono richiesti, per esempio per diventare medico).

L’approccio conflittualista mostra altre obiezioni nei confronti della stratificazione sociale. In questo
caso, viene considerata come risultato rapporti di dominio e come fattore di possibili disintegrazione
sociale. L'approccio conflittualista definisce “disuguaglianze” come differenze nelle ricompense che
risultano dalla stratificazione sociale, per evidenziare l'aspetto di ingiustizia che esse comportano.
Secondo Marx la stratificazione sociale comprende due strati: la classe borghese la classe proletaria.
Queste classi si distinguono sulla base della proprietà dei mezzi di produzione e del capitale. La fonte
della stratificazione, in tal caso, è data dai fattori economici, mentre la relazione tra le classi è lo
sfruttamento.
I neomarxisti contemporanei considerano come fonte di stratificazione sociale, oltre al controllo sui
mezzi di produzione e capitale, anche il controllo sul lavoro, espresso dalle relazioni di autorità e dalle
competenze professionali. I conflittualisti includono, tra le dimensioni che determinano la
disuguaglianza sociale, non solo reddito da lavoro e la ricchezza, ma anche il genere e l'etnia.
Possiamo dunque dire che molte analisi conflittualiste contemporanee, si focalizzano sulla critica alla
stratificazione sociale di genere, dove le donne occupano una posizione inferiore agli uomini, e la
stratificazione etnica, in cui alcuni gruppi amici non hanno lo stesso ciò risorse sociali.

LA STRATIFICAZIONE SOCIALE POSTINDUSTRIALE


Alcuni autori hanno proposto schemi delle classi sociali che tengono conto delle trasformazioni che le
società occidentali postindustriali hanno vissuto negli ultimi decenni, nel campo del lavoro.
I fenomeni che hanno maggiormente colpito la stratificazione sociale sono:
- internalizzazione dei commerci
- diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
- l’espansione del settore dei servizi
Lo schema di Giddens un noto esempio (vedi pag.119). Questo schema introduce nuovi fattori di
stratificazione sociale che caratterizzano le attuali società postindustriali. In primis, si può notare che lo
schema riporta tre gruppi ulteriori rispetto agli schemi delle società industriali tradizionali: gli specialisti
di tecnologie dell'informazione e altre tecnologie avanzate, gli operatori al computer e i lavoratori a
bassa qualificazione nel terziario (es: gli inservienti del McDonald's).

24

Nelle società postindustriali attuali, oltre una persona su due rientra in una di queste tre classi, che
superano la percentuale della classe operaia industriale.
La conoscenza delle tecnologie appare come nuovo fattore di stratificazione sociale: la possibilità di
accesso alle tecnologie è considerata un settore fondamentale della stratificazione globale attuale.le
conoscenze detenute dalle persone, non solo in ambito tecnologico, risultano sempre più importanti nel
dare forma alla stratificazione contemporanea nei paesi avanzati.
I gradini bassi della stratificazione sono occupati da occupazioni poco remunerate e precarie presenti
oggi molti paesi a industrializzazione avanzata. Queste occupazioni sono state raggruppate in una
nuova categoria, ovvero quella dei lavoratori poveri, coloro che, pur avendo un’occupazione, rischiano
esclusione sociale e povertà.
Al vertice della stratificazione, Giddens colloca le elites cosmopolite del governo, degli affari e delle
professioni. Possiamo definire “elites” il gruppo sociale di vertice, che detiene una sproporzione di
poteri rispetto al resto della popolazione. È quella parte di popolazione colta, raffinata, con molto
prestigio, autorevole. L'aggettivo “cosmopolita” suggerisce l'importanza del raggio del potere, che può
essere locale, sovranazionale o globale, esercitato da un elite in un mondo globale ed include
l'importanza della mobilità come fattore di stratificazione sociale.

MOBILITÀ SOCIALE
mobilità: intesa come possibilità di muoversi. Viene considerata come un nuovo e fondamentale fattore
di stratificazione sociale. La mobilità sociale di un individuo è il suo cambiamento di posizione nella
stratificazione sociale. Essa può essere:
- verticale ascendente: se l'individuo va a occupare una posizione sociale superiore alla precedente
- verticale discendente: se va a occupare una posizione inferiore alla precedente (per esempio un
tecnico specializzato che diventa un operaio).
Il cambiamento può anche lasciare immutato lo status dell'individuo: per esempio una commessa in un
negozio di abbigliamento che diventa una commessa in una profumeria. In questo caso parliamo di
mobilità orizzontale, in quanto l'individuo si sposta nello spazio sociale senza salire neppure scendere
nella stratificazione sociale.
La mobilità può anche essere:
- intragenerazionale: riferita alle diverse posizioni sociali che un individuo occupa nel corso della vita
- intergenerazionale: (tra due o più generazioni) se confrontiamo, per esempio, la posizione sociale di
un padre e un figlio

Le analisi sulla mobilità intergenerazionale considerano la posizione dei figli adulti (destinazione)
rispetto alla posizione che occupavano i loro genitori quando questi figli erano adolescenti (origine).

I dati che vengono raccolti nelle analisi sui diversi tipi di mobilità sociale (talmente su base nazionale)
sono indicatori molto importanti per capire il grado di fluidità/apertura di una società e all'opposto di
immobilità/chiusura. Una società è immobile se presenta un tasso di mobilità scarsissimo, per esempio
nella società indiane tradizionale, in cui il passaggio dell'individuo dalla classe in cui nasce (status
ascritto) ad un’altra (status acquisito) è molto limitato. Il tipo più estremo di stratificazione sociale chiusa
è la schiavitù in vigore ancora in alcune aree del mondo, come la schiavitù infantile nel sud-est asiatico.
A questa forte chiusura, si oppone il modello delle società democratiche moderne che registrano tassi
di mobilità superiori rispetto alle società aristocratiche tradizionali del passato, dove difficilmente si
poteva cambiare posizione sociale —> chi nasceva servo aveva molte probabilità di restarlo per tutta la
vita.

Purtroppo, però, anche le società contemporanee più aperte presentano dei meccanismi di chiusura,
come per esempio:
- ai vertici della stratificazione: la trasmissione ereditaria di risorse di diverso tipo
- la più parte bassa della stratificazione: la trasmissione intergenerazionale di svantaggi.
Nelle societa contemporanee, i canali di mobilità tradizionali comprendono l'istruzione, organizzazioni
professionali, matrimonio con persone di diverso strato sociale, istituzioni religiose.
Il passaggio di un individuo da una classe ha un'altra comporta la sua risocializzazione alla nuova
classe di appartenenza, che può essere inferiore o superiore alla precedente.
Tra le caratteristiche ascritte che permangono nelle società avanzate come fattori che influenzano la
possibilità di mobilità degli individui vediamo, per esempio, all’influenza che nelle società industriali
contemporanee hanno il luogo di nascita, il genere, l’età, etnia e le risorse economiche, sociali e
culturali delle famiglie in cui si nasce. Per esempio il figlio di un operaio ha probabilità minori di
diventare dirigente, rispetto al figlio già di un dirigente.

25

Il tasso di mobilità varia sia tra società diverse sia all'interno della stessa società in periodi di tempo
diversi. Il tasso può essere influenzato da molti fattori, per esempio numero e efficacia dei canali di
mobilità (boom economico, crollo dell'economia, guerra, certe politiche).
I singoli strati sociali possono subire nel tempo variazioni di dimensioni molto significative, per esempio
una classe raddoppi di numero, influenzando il tasso di mobilità assoluta, ovvero la consistenza dei
flussi di individui che si spostano una classe all’altra.
Quando si vuole misurare il grado di uguaglianza delle possibilità, ovvero l'influenza della classe di
origine sulla possibilità di raggiungere una certa classe di destinazione, occorre eliminare/rimuovere il
dato complessivo dalle variazioni di dimensioni delle singole classi. In questo caso parliamo di tasso di
mobilità relativa.

DISUGUAGLIANZA
È data dalle differenze nella distribuzione di ricompense ambite/aspirate, come il denaro, il potere e il
prestigio tra individui e tra gruppi sociali. Essa esiste in ogni società, ma le sue basi e i suoi meccanismi
possono cambiare da una società all’altra.
Definire come “disuguaglianze” le differenze oggettive nel possesso nella possibilità di accesso alle
risorse significa considerare in giuste queste differenze.
La prospettiva conflittualista considera le disuguaglianze come frutto della volontà di chi controlla le
risorse sociali, ricchezze e potere, di conservare i propri privilegi.

Le differenze di reddito considerate negli schemi classici delle classi sociali non sono l'unica base delle
disuguaglianze nelle società contemporanea. Variabili molto influenti sulle chances di vita delle persone
sono anche il genere, l’etnia, la razza, la ricchezza della famiglia di origine. Le variabili di genere, etnia,
razza e ricchezza della famiglia di origine sono caratteristiche che l'individuo presenta alla nascita
(status ascritto) e che insieme a ciò che egli consegue nel percorso della propria vita (status acquisito),
possono concorrere a definire lo status di un individuo e il suo accesso a ricchezza, potere e prestigio.
La disuguaglianza è un fenomeno multidimensionale, non riconducibile alle sole differenze di classe
sociale: per una stessa persona le dimensioni della disuguaglianza si intersecano tra di loro —> una
donna nera è doppiamente svantaggiata rispetto a un maschio bianco. —> chi è svantaggiato perché
vive in un ghetto avrà anche maggiori probabilità di essere discriminato sotto il profilo dell'istruzione e
dell’occupazione.
Le disuguaglianze possono riprodursi da una generazione alla successiva, attraverso la trasmissione di
risorse o di svantaggi sociali che promuovono o ostacolano la mobilità sociale.
Le analisi dei conflittualisti si concentrano su come si verificano questi meccanismi di riproduzione delle
disuguaglianze di diverso tipo e nei diversi ambiti. Le disuguaglianze influiscono su tanti aspetti della
vita delle persone, anche la durata della vita stessa.

DISUGUAGLIANZE E DISCRIMINAZIONI
Movimenti come quello per i diritti civili, femminismo, post colonialismo e multiculturalismo hanno
contribuito a mettere a fuoco diverse dimensioni della disuguaglianza, tra cui genere, razza ed
etnia. Molte analisi mostrano che nelle attuali società avanzate, donne, gruppi etnici e razziali,
omosessuali, occupano ancora una posizione subordinata nella stratificazione rispetto alla
maggioranza, tipicamente formata da maschi bianchi autoctoni.
La discriminazione è il trattamento ineguale di alcuni membri della società ed è spesso causato da
pregiudizi, ovvero da giudizi basati su stereotipi negativi. La discriminazione inserisce barriere
all'accesso a risorse sociali aspirate: in questo modo essa crea e riproduce disuguaglianze.
Per esempio, sul mercato del lavoro, in tutte le società contemporanee avanzate, la possibilità che una
donna raggiunga una posizione a livelli alti, in una grande organizzazione, è inferiore a quella di un
uomo, con stesso pari livello distruzione. Questo fenomeno prende il nome di "soffitto di cristallo": la
discriminazione delle donne funziona come un tetto invisibile che blocca la mobilità ascendente delle
donne. Vi sono ostacoli per le donne, ovvero arrivate ad un certo grado di carriera, arrivano fino ad una
certa posizione, e non arrivano ai vertici ultimi, da li in poi si trovano molto spesso solo uomini. C'è una
discriminazione di genere per cui le donne hanno più ostacoli, più difficoltà rispetto ai maschi per poter
raggiungere i vertici di certe organizzazioni
Il lavoro delle donne si basa su attività definite "femminili" e non particolarmente remunerative, come
l'educazione e la cura degli altri (segregazione orizzontale).
All'interno della famiglia, il lavoro di cura e domestico non è distribuito in maniera omogenea tra i
membri della famiglia, bensì pesa di più sulle donne , spingendole a cercare lavoro flessibili o part-time.

26

Il conflittualisti attribuiscono molte cause diverse a questa disuguaglianza di genere, per esempio i
modelli di socializzazione delle bambine al genere fin dalla prima infanzia.

- stratificazione di genere: I dati che ci permettono di affermare quanto detto prima sono:
1. il guadagno delle donne: le donne guadagnano meno rispetto gli uomini, nonostante spesso
ricoprano le stesse mansioni
2. le donne hanno un carico di lavoro molto superiore rispetto agli uomini: oltre al lavoro fuori casa,
devono dedicarsi alle cure della famiglia, figli, casa - in numero di ore per giorno
3. Non raggiungono, come invece succede agli uomini, posizioni di vertice nel lavoro che svolgono
questo è prova di sessismo
Con il covid, a perdere il lavoro sono state maggiormente le donne

- stratificazione etnico/razziale: stereotipi negativi, che criticano con asperità i membri di una minoranza
etnica o razziale. Per esempio, nonostante le leggi americane formalmente vietano la discriminazione,
diverse ricerche mostrano che negli Stati Uniti i neri e le altre minoranze etnico razziali (ispano-
americani e vietnamiti) sono ancora di fatto penalizzati: nel lavoro, nel settore abitativo e nell’istruzione.
Hanno meno probabilità che i loro curricula siano selezionati, pur avendo le stesse competenze dei
bianchi. Le occupazioni che svolgono sono concentrate ai piani bassi della stratificazione, viceversa per
i maschi bianchi che occupano i vertici. La loro residenza è spesso collocata nei quartieri di più
deprivati di risorse. Il cosiddetto “razzismo istituzionale” opera all'interno delle istituzioni, come la
scuola, anche senza che gli operatori siano pienamente consapevoli: per esempio, l'insegnante che
non si rende conto di quanto certi test standardizzati, i cui contenuti sono familiari agli alunni bianchi
delle classi medie, sottostimano le capacità dei bambini appartenenti ad altri gruppi etnici e per questo
fine la stima e l'interesse per la scuola.
Pregiudizi, stereotipi, etnia, razza e genere possono incidere sulle chances di vita delle persone e sono
costruzioni sociali.
Sono proprio questi elementi (genere, colore della pelle, appartenenza culturale, colore degli occhi) a
costruire dei gruppi sociali.

ETNICO-RAZZIALE - ci sono delle discriminazioni anche rispetto a persone che appartengono a determinati
gruppi etnici.
Differenza tra:
- gruppo etnico: quando i membri si considerano e sono considerati appartenenti a una comune cultura
- gruppo razziale: a cui sono attribuite socialmente alcune caratteristiche fisiche e biologiche, reali o
presunte

Se io ho un punto di vista etnocentrico - definisco i gruppi etnici diversi dal mio come culturalmente inferiori
Etnocentrismo è l'accusa di gruppi etnici diversi che culturalmente sono inferiori e diversi dal mio.
Il razzismo è il considerare altri gruppi inferiori biologicamente. Questo porta, ai gruppi discriminati, a farli
ritrovare in condizioni di svantaggio

MUTAMENTO SOCIALE E MOVIMENTI SOCIALI


È il cambiamento nell'organizzazione della struttura sociale. Tema centrale della sociologia, che nasce
proprio interrogandosi sui cambiamenti che le società occidentali stavano attraversando all'epoca
dell’industrializzazione.
Pensiamo alla teoria marxiana della lotta di classe, o anche alla teoria di Weber, secondo il quale è il
mutamento culturale a determinare il mutamento nelle strutture, come per esempio nel caso della
diffusione dell'etica protestante (calvinisti) che ha incentivato lo sviluppo del capitalismo in alcuni paesi.
Anche la teoria di Weber riguardo al passaggio da società tradizionale e società industriali può essere
considerato un esempio di teoria del mutamento derivante dalla differenziazione nella divisione del
lavoro.
Molte teorie contemporanee si concentrano sui cambiamenti, positivi-negativi, che si verificano nel
passaggio dalla società moderna alla società di età tardomoderna. Queste teorie mostrano
l'ambivalenza che ogni mutamento porta con sé: mutamento non coincide con l'evoluzione. Il
mutamento all'interno delle varie società può seguire varie strade, come per esempio la
modernizzazione, ovvero l'insieme dei cambiamenti che la società affronta quando inizia il processo di
industrializzazione.

mutamento: nozione molto ampia. Le cause del mutamento sociale si dividono in genere in fattori
esogeni (cause esterne alla società considerata) ed endogeni (cause interne alla società). Esempi di
fattori esogeni sono: la guerra, aumenti o diminuzioni di popolazione, sviluppo tecnologico, nuovi

27

orientamenti culturali. Tra le cause del mutamento sociale, molto importanti, nelle società
contemporanee, sono i movimenti sociali.

movimento sociale: un tipo di comportamento collettivo in cui l'azione collettiva di un gruppo


organizzato ha l’obiettivo di promuovere un cambiamento sociale o di ostacolarlo

comportamento collettivo: azione collettiva al di fuori delle istituzioni, opposta all'azione di routine.
Esempi di comportamento collettivo sono: movimenti sociali, le folle, ovvero composte dalla
compresenza di molte persone (es: il pubblico di un concerto) e le masse, composte da molte persone
non compresenti ma che condividono uno stesso oggetto di attenzione. Altri comportamenti collettivi di
massa sono gli scioperi oppure seguire certe mode.
Le diverse teorie del comportamento collettivo sono ricondotte a tre gruppi principali:
- teorie del contagio: il comportamento collettivo è una sorta di epidemia psichica in cui gli individui, per
incitamento, diventano imitatori irrazionali dei comportamenti altrui. Questa ipotesi è stata formulata tra
il settecento e l'ottocento da Gustav Le Bon, a fronte dell'irruzione delle masse sulla scena politica
- teoria della convergenza: il comportamento collettivo è messo in moto da coloro che sono predisposti
a esso quando si verificano dei fattori scatenanti, quindi da individui con atteggiamenti, idee e
predisposizioni simili
- teoria della norma emergente: il comportamento collettivo il prodotto norma sociale che emerge in una
situazione particolare e che può essere, inizialmente condivisa da pochi, ma che, se viene accettata, si
diffonde tra molti
- teoria della protesta politica: sostiene che l’azione dei movimenti sia un modo di partecipare alla vita
politica

Queste teorie sottolineano le componenti irrazionali del comportamento collettivo.


“Perché esistono i movimenti sociali?” —> secondo la teoria della deprivazione relativa I movimenti
sociali sorgono in presenza di uno svantaggio percepito da parte della popolazione.
Secondo la teoria culturale i movimenti sorgono solo quando si sviluppa una comprensione comune del
mondo che emotivi e legittimi lezione collettiva. La teoria culturale si interessa alle motivazioni di chi
partecipa, ai simboli che condividono, al senso di comunanza tra i membri e alla costruzione
dell'identità del movimento. Il senso di comunità che i movimenti offrono nella società contemporanea è
importante per comprendere la ragione dei movimenti sociali

organizzazione: il gruppo agente all'interno di un movimento sociale è importante si costruisca una


certa organizzazione, che può variare nelle diverse fasi che il movimento sociale può attraversare:
- fase di "fermento sociale”: caratterizza la nascita di un movimento sociale
- fase di "eccitazione popolare”: iniziano a emergere gli obiettivi dell’azione
- fase "di formalizzazione”: il movimento si tramuta in un'organizzazione formale
- fase di istituzionalizzazione: avviene quando un movimento sociale si trasforma in un'istituzione, per
esempio in un partito
Le caratteristiche richieste al leader o ai leader del movimento possono essere diversi a seconda della
fase:
- carisma è in genere fondamentale nelle prime fasi, quando il movimento è allo stato nascente
- le capacità amministrative dei leader nelle fasi successive

Secondo l'approccio della mobilitazione delle risorse, l’organizzazione di un movimento è fondamentale


per il raggiungimento degli obiettivi, che dipende dalla maniera più efficace possibile di utilizzare i mezzi
a disposizione. Tra i mezzi pensiamo: al denaro, al tempo, alla capacità di fare rete con altri gruppi
organizzati

movimenti sociali possono essere volti a produrre un cambiamento sociale o a ostacolarlo. Per
esempio, pensiamo, ai movimenti per i diritti civili delle persone omosessuali, che ha scatenato un
contromovimento da parte delle famiglie tradizionali, con l'intento di ostacolare il cambiamento.
Es: movimenti a favore o meno dell’aborto- pro life pro choice

I movimenti sociali riguardano importanti temi di interesse pubblico, si rivolgono all'opinione pubblica,
nel tentativo di attivarla a impegnarsi per sostenerli e di influenzare i decisori politici tramite i media/
internet .

28

CLASSIFICAZIONI DEI MOVIMENTI SOCIALI E NUOVI MOVIMENTI


Negli ultimi decenni sono state formulate diverse classificazioni dei movimenti sociali, a seconda delle
variabili.
Alcuni incrociano le modalità d'azione del movimento (pacifico-conflittuali) e il suo livello di opposizione
alle istituzioni (totale o parziale).
Ricordiamo, la classificazione di Aberle che considera come prima variabile, se il cambiamento
coinvolge tutti o individui specifici, e come seconda variabile, se il cambiamento è totale o limitato ad
alcuni aspetti della società. Dall'incrocio tra queste variabili, questa classificazione, inizialmente riferita i
nuovi movimenti religiosi, identifica quattro tipi di movimenti:
- movimenti rivoluzionari: auspicano un cambiamento radicale che coinvolga tutti, per esempio
movimento dell'estrema destra e dell'estrema sinistra
- movimenti alternativi: auspica un cambiamento limitato riguardante alcune persone, movimenti per la
prevenzione e la cura di determinate malattie
- movimenti redentivi: auspicano un cambiamento radicale per alcune persone, tipo i movimenti contro
la violenza sulle donne
- movimenti riformisti: auspicano un cambiamento specifico ma riguardante tutti, per esempio
movimento per il multiculturalismo, che rivendica l'uguaglianza sociale per le persone di ogni razza ed
etnia

Secondo i teorici dei nuovi movimenti sociali, una distinzione importante nel classificare i movimenti, è
quella tra vecchi movimenti sociali, ne è un esempio classico il movimento operaio, e i nuovi movimenti.
I nuovi movimenti sociali nati a partire dagli anni sessanta, nelle democrazie occidentali post industriali,
si centrano su valori postmaterialisti o immateriali, quali possono essere per esempio la libertà, la vita,
rispetto per l’ambiente, uguaglianza. Pensiamo tipo ai movimenti ambientalisti, femministi, animalisti,
pacifisti, per i diritti delle persone omosessuali, movimenti religiosi. A differenza dei vecchi movimenti, i
quali lottavano per rivendicazioni materiali.
I teorici dei nuovi movimenti sociali sottolineano che i loro membri appartengono per lo più alla classe
media, lottando per poter acquisire maggiori possibilità di riconoscimento e di espressione, con una
maggiore qualità di vita. Molti questi movimenti si focalizzano su un tema centrale/specifico e sono
globali.
Nelle democrazie postindustriali, i fattori culturali hanno assunto un ruolo centrale. Negli ultimissimi
anni, più precisamente dall’inizio della crisi economica del 2008, il tema della distribuzione della
ricchezza è stato ripreso da alcuni movimenti che hanno rilanciato il tema delle disuguaglianze tra
l’opinione pubblica.

CAPITOLO 7:
CULTURA
La cultura si può definire come un insieme di significati, un insieme che viene trasmesso storicamente e
incarnato in forme simboliche, per mezzo del quale gli uomini attribuiscono senso a ciò che accade e
comunicano, tramandano nel tempo e sviluppano i loro atteggiamenti verso la vita (Geertz). Nella
dimensione culturale dell'esistenza umana si possono analizzare molteplici direzioni di influenza tra
l'agire dell'essere umano le strutture sociali.
Di seguito vedremo i temi dell'identità, della devianza sociale, della comunicazione e della religione
connessi all'analisi della dimensione culturale della vita sociale.

CULTURA E SOCIETÀ
La cultura riguarda/interessa la dimensione della vita sociale. È l’elaborazione della cultura a rendere
possibile un'organizzazione dell'esistenza umana. L'essere umano è biologicamente carente, limitato
nella sua capacità di reagire agli stimoli derivanti dall'ambiente: a questa carenza, l'essere umano
prova a rimpiazzare/sostituisce attraverso la capacità di mediazione simbolica, che rende possibile una
pluralità infinita di risposte alle sollecitazioni provenienti dal mondo esterno. I simboli essendo elementi
che rimandano a qualcos’altro —> (per esempio l'anello che chiamiamo fede e che rimanda al legame
affettivo del matrimonio), mediano il rapporto tra stimolo e risposta in quanto rendono presente ciò che
sente e permettono all'essere umano di non rimanere vincolato all’accidentalità/occasionalità. La
mediazione simbolica permette di intervenire nel rapporto tra sé e ambiente, trasformando l'ambiente in
un mondo significativo. Attraverso la capacità di attribuire creativamente dei significati alla realtà di ciò
che accade, l'essere umano dà vita alle diverse forme culturali che sono alla base delle molteplici forme
di vita sociale.

29

metafora della fame: per capire il modo in cui dalle varie risposte agli stimoli derivano le diverse culture
alla base delle differenti forme di organizzazione sociale parliamo dell'impulso della fame. In primo
luogo, l'essere umano non è capace di procacciarsi il cibo, ma nel corso della storia ha appreso diverse
forme sociali di risposta ai bisogni di nutrimento: raccolta, caccia, pesca, agricoltura, allevamento.
L'essere umano non si accontenta di mangiare qualsiasi cibo, ma solo determinati gusti e determinate
pratiche di alimentazione alle quali attribuisce diversi significati —> per esempio il pranzo domenicale in
famiglia. Nel corso dei secoli gli esseri umani hanno elaborato diversi contenuti culturali per quanto
riguarda l'alimentazione catalogando i cibi in modo diverso, inventando diversi modi di cucinarli e di
consumarli, dando così vita a tradizioni culinarie. Per esempio gli ebrei non mangiano carne di maiale,
gli indù non mangiano carne bovina, in Occidente si utilizzano le posate —-> questo per dire, così
come Levi Strauss afferma la cultura alimentare di una società arriverà la struttura stessa della
società.
Partendo, quindi, dal caso dell'alimentazione, la cultura è il frutto di costruzioni collettive di gruppi
sociali, religiosi nazionali etici…
La cultura consiste nell'insieme di valori, norme, credenze, simboli espressivi condivisi, comprende
anche i modelli di comportamento, tecniche e oggetti materiali. È costituita da un sistema di significati,
un insieme di pratiche corrispondenti e da artefatti.

- cultura immateriale: l’insieme di tutte le idee, rappresentazioni, credenze schemi interpretativi


condivisi dai membri di una società
- cultura materiale: l'insieme di tutti gli elementi visibili-concreti del processo di produzione culturale

- etnocentrismo: è quel fenomeno per il quale noi osserviamo, giudichiamo gli altri e ciò che ci è
estraneo sulla base delle nostre lenti culturali — è una tendenza naturale
- relativismo culturale: approccio metodologico che si sforza di comprendere e spiegare ogni
manifestazione culturale riconducendola al suo contesto di riferimento

- multienicità: presenza di sempre più soggetti e gruppi provenienti da paesi diversi e di estrazione
etnica diversa
- multiculturalità

Il concetto di cultura si può scomporre in tre concetti più specifici:


- cultura dominante: quando facciamo riferimento agli elementi culturali ampiamente condivisi all’interno
di una società, come per esempio i sistemi di significato, pratiche
- subcultura: è un gruppo portatore di valori, simboli, linguaggi, pratiche, norme diversi dalla cultura
dominante - non in conflitto con esse. Si staccano dalla cultura dominante, ma non entrano in conflitto con
essa
- controculture: nozione molto vicina a quella di devianza - è in conflitto, osteggia la cultura dominante

- devianza: qualsiasi atteggiamento o comportamento considerato dai membri di una società o di un


gruppo sociale come non conforme alle norme di riferimento per il quale sono previste forme di
censura, sanzione o punizione

- devianza primaria: indica un comportamento che, pur deviando oggettivamente da uno standard
normativo generale, non viene sanzionato oppure è ignorato e tollerato
- devianza secondaria: indica quel processo attraverso il quale l’atto deviante viene sanzionato
socialmente ed entra a far parte del processo di identificazione sociale e di auto identificazione
personale del soggetto che lo ha messo in atto, alterando il destino sociale

1. Una delle prime teorie della devianza, la teoria dell’anomia, è stata elaborata da Durkheim. Per il
sociologo francese, il tasso dei suicidi in una determinata popolazione dipende da specifiche variazioni del
contesto sociale di riferimento: un certo tipo di suicidi, definito appunto anomico (caratterizzato da mancanza
di norme), si presenta più di frequente quando le società sono carenti nella regolazione sociale attraverso le
norme.
2. In ottica/prospettiva funzionalista alcune ricerche ci riportano che le persone più integrate
socialmente, che hanno più relazioni familiari, sociali, con diverse realtà, sono più positive, sono meno
propense a commettere atti devianti. I funzionalista sostengono l’importanza dell’integrazione sociale:
le persone sono meno propensi a commettere atti devianti e si stabiliscono e mantengono legami solidi
e stabili nel tempo con vari gruppi di riferimento, come la famiglia, associazioni varie, gruppo dei pari.
Essi affermano che dunque in alcuni casi la devianza deriva da un fallimento dell’integrazione dei
soggetti devianti
30

3. Teoria della tensione Secondo Merton - è una tensione tra mezzi e fini- c’è una discrepanza tra
mezzi e fini. È il risultato di una discrepanza tra mete culturali (scopi/fini che si presentano come
obiettivi per tutti i membri della società) e mezzi istituzionalizzati (ovvero quegli strumenti che sono
considerati legittimamente utilizzabili per il raggiungimento delle mete)
4. Una parte della teoria conflittualista legge la devianza come una forma di opposizione o resistenza
che le classi inferiori attuano nei confronti della dominazione delle superiori

31

Potrebbero piacerti anche