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L’antropologia: è la scienza delle diversità sociali e culturali, è la scienza umana in

società.
Per definire l’antropologia il primo elemento da considerare è il suo PROGETTO:
pensare il rapporto tra l’unità e la diversità del genere umano, pone al centro le
differenze per le quali le società e le culture si distinguono. il suo progetto è quello
di pensare l’altro e il medesimo sotto diversi aspetti.

Uno dei principali interrogativi dell’Antropologia è: come fare a non privilegiare una
dimensione rispetto ad un’altra?
IO e l’Altro sono termini che devono illuminarsi reciprocamente e ciò comporta che
la riflessione oltre che altrove sia anche qui: si è ALTRO solo agli occhi di qualcuno,
la categoria dell’Altro è sempre inserita in una RELAZIONE
Per l’antropologo è necessario rimanere esterno all’Altro: avvicinarsi abbastanza
senza identificarmi completamente, di comprendere la cultura senza immergermi in
essa totalmente.
L’oggetto dell’antropologia è dinamico, è dialettico nel senso che mette in rapporto
sistematicamente il locale e il globale l’Antropologia tenta di illuminare
contemporaneamente i due livelli nonché l’insieme degli scambi tra loro

Augè: Il procedimento antropologico assume come oggetto d’indagine unità sociali di piccola
ampiezza a partire dalle quali tenta di elaborare un’analisi di portata generale, cogliendo la
totalità della società in cui queste unità si inseriscono1

Questa definizione fa intervenire contemporaneamente:


- UN LUOGO (unità sociale concreta): queste unità sono ristrette nel senso che
corrispondono a piccole comunità in cui le relazioni sociali sono concrete e
direttamente osservabili
- UN APPROCCIO (un punto di vista,): la scelta di queste unità deve consentire
di illuminare la totalità.
- UN METODO (il decentramento): osservare la società maggioritaria a partire
da gruppi ristretti vuol dire osservarla fuori dai suoi punti di riferimento il
punto di vista sarà così più critico e oggettivo.
- UNA FINALITA’ ANALITICA (cogliere delle logiche sociali): la posizione di
decentramento e di osservazione partecipante permette all’antropologo di
estrapolare il globale a partire dal locale.
L’antropologia si interessa alla modernità perché lo sguardo che continua a
rivolgere al tradizionale consiste nel valorizzare le mutazioni che agiscono nelle
società contemporanee

2. PROCEDIMENTO, INDAGINE E METODI DELL’ANTROPOLOGIA: DAL PARTICOLARE AL GENERALE OVVERO


L’ANTROPOLOGIA COME SCIENZA DELLE LOGICHE SOCIALI

Uno dei procedimenti fondamentali dell’antropologia è il decentramento-


distanziamento: movimento che consiste per il ricercatore nell’uscire dal suo
universo culturale per poter rendere conto della diversità, nel contempo senza
smettere di interrogarsi sulla società. L’evocazione di una cultura le cui norme non
sono le proprie introduce nello sguardo di chi osserva la prospettiva della messa in
discussione della propria civiltà.
Un secondo procedimento dell’antropologia è l’osservazione – partecipazione che
si traduce nella presenza fisica e di lunga durata del ricercatore sul campo. Questa
particolare relazione con l’oggetto di studio implica l’osservazione in profondità
della realtà e una particolare attenzione alla qualità dei rapporti sociali che
costituiscono il gruppo
Le regole dell’osservazione partecipante devono tener conto di due fattori:
a) l’insieme dei dati esterni e delle determinazioni socio politiche globali che
agiscono su un gruppo dato
b) il rapporto tra l’antropologo e la popolazione presso cui lavor a e il suo ruolo
nell’informazione e nella conoscenza a cui può avere accesso
L’oggetto dell’antropologia dunque non può essere concepito a priori, ma
costituisce un processo di costruzione: l’antropologo costruisce il suo oggetto
- a partire dal rapporto del ricercatore con il campo delimitato
- prendendo in considerazione l’insieme delle influenze esterne e dei dati che
caratterizzano quel campo

Mauss sviluppa la nozione di fenomeno sociale totale a due livelli:


- un principio base: lo scambio sociale che si stabilisce all’interno di istituzioni
così diverse (Kula, Potlach, la festa,…) corrisponde a un sistema di reciprocità
(esiste l’obbligo di restituire il dono) e questo atto è all’origine stessa del
legame sociale
- un secondo livello: per queste ragioni le feste, le istituzioni, i riti devono
essere considerati come un momento privilegiato nella vita della società: essi
fondano il legame sociale e mantengono la coesione sociale
la struttura che sta sotto al contenuto manifesto è il principio di reciprocità: per
comprendere le istituzioni dunque non è mai sufficiente fermarsi alla loro
espressione cosciente e vissuta ma occorre cercare le relazioni nascoste, quelle che
offrono l’intera dimensione di un fenomeno sociale
l’antropologo deve essere attento a distinguere in una cultura gli aspetti espliciti
da quelli impliciti, la funzione esplicita (o manifesta) di un fenomeno da quella
implicita (o latente).

Lo sguardo dell’antropologo è uno sguardo critico. Questo sguardo prosegue un


duplice obbiettivo:
- produrre un effetto di conoscenza sotto forma di concetti e di modelli
interpretativi articolati con dati empirici
- permettere una lettura demistificata della realtà, una lettura del sociale
costruita attraverso la discussione di contenuti, interrogazione di forme,
rilevazioni di senso

3. I CAMPI DI STUDIO DELL’ANTROPOLOGIA: SITUAZIONI E PROBLEMI

definire le suddivisioni interne della disciplina:


 L’ANTROPOLOGIA DELLA PARENTELA. L’analisi della parentela è il filo conduttore e
il campo fondamentale dell’antropologia. Questa importanza primaria si spiega con
il fatto che i rapporti di parentela sono centrali, tutti i linguaggi sociali passano
attraverso la parentela (il linguaggio religioso passa attraverso gli antenati, il
linguaggio economico si traduce in termini di lignaggio e di gruppo locale)

 L’ANTROPOLOGIA DELLA RELIGIONE E DEL SIMBOLICO. Un altro campo di studio


privilegiato è quello dei sistemi di credenze. L’antropologia religiosa è stata
influenzata anche dai lavori del sociologo Durkheim che analizza la religione come
un fatto sociale e come fenomeno sociale totale (il religioso è una cristallizzazione
di comportamenti e istituzioni che partecipano insieme dell’etico, del simbolico,
dell’economico, del politico). Durkheim rimette in discussione la visione passiva che
fino a quel momento si era fatta della religione, considerandola come all’origine
della coesione sociale e del suo mantenimento. Marc Augè analizza i rapporti tra
l’ideologia e le pratiche sociali tentando di pensare l’efficacia dei simboli

 L’ANTROPOLOGIA POLITICA. Fino a poco tempo fa l’antropologia politica è stato


campo di indagine britannico. Questi studi sono all’origine della distinzione tra
società con lo Stato e società senza Stato, inoltre essi hanno rilevato l’importanza
del fattore religioso nella definizione della politica

 L’ANTROPOLOGIA ECONOMICA Grazie agli studi di Malinowski e Mauss assistiamo


alle prime riflessioni dell’antropologia sul campo dell’economia, la loro riflessione ha
permesso di considerare l’economia come inserita nella totalità dei fenomeni
sociali e culturali. Tuttavia l’antropologia economica prende avvio negli anni ’50,
quando si sviluppano le prime ricerche sul campo. Nel campo dell’antropologia
economica troviamo:
- la scuola formalista: prende direttamente in prestito i modelli dell’economia
neoclassica e i valori del mercato (credito, capitale, investimento,…) per
analizzare società storicamente e culturalmente differenti dalla società
industriale
- la scuola sostantivista: (Karl Polanyi) rifiuta tali nozioni e analizza le società
precapitalistiche caratterizzate dai principi della redistribuzione e della
reciprocità
- corrente del materialismo culturale: cerca di spiegare le forme sociali e
economiche a partire dai condizionamenti ecologici e demografici che pesano
sulle culture
- antropologia della significazione: definisce i fenomeni economici come
fenomeni sociali totali. Essa mette sistematicamente in rapporto la società
moderna con quelle tradizionali allo scopo di comprendere i sistemi di
produzione economica a partire da categorie universali.

 L’ANTROPOLOGIA DEL CAMBIAMENTO SOCIALE. interessarsi ai problemi del


cambiamento sociale e culturale derivanti dal contatto tra diverse culture. Si
trattava però di un approccio meccanicistico valutato sempre in rapporto alla
società dominante: si pensava al cambiamento come a un adattamento,
aggiustamento delle società tradizionali alla società moderna. Oggi questa
concezione è messa in discussione tentando di studiare il cambiamento sociale a
partire dalla logica sociale tradizionale che lo fonda e che a sua volta esso esprime.
 L’ANTROPOLOGIA DELL’AMBIENTE URBANO E INDUSTRIALE Fin da tempi recenti
l’antropologia è stata soprattutto rurale, essendosi dedicata esclusivamente alla
società tradizionale. Lo sviluppo dell’antropologia urbana è dato da diversi fattori
quali l’accelerazione dell’urbanizzazione in tutto il mondo, la crescente difficoltà
degli antropologi di fare inchieste nei paesi esotici… Essa deve mostrare in che cosa
lo sguardo che l’antropologo rivolge alla città e all’ambiente industriale (alla
modernità) sia pertinente a comprendere le logiche sociali locali nella loro
articolazione con il globale.

RAPPORTI DELLA ANTROPOLOGIA CON ALTRE SCIENZE


Antropologia - Storia
Per lungo tempo un limite netto ha separato l’Antropologia dalla Storia: la prima si
interessava delle società “esotiche” ritenute società senza storia, mentre la
seconda si interessava del passato storico.
Il confronto proprio dell’antropologo con la memoria orale e mitica delle società
“senza storia” ha permesso a numerosi ricercatori di rinnovare certe domande
relative al rapporto tra storia ed evento, tra la storia e il mito.

Ogni cultura cerca di codificare l’altro a partire da categorie mentali che le


appartengono, questo malinteso produttivo è una dimensione essenziale nella
comunicazione tra le culture: è produttivo perché nessuna delle due parti è in
errore nel guardare l’Altro, ciascuno vede a modo suo.

All’interno di una memoria artificiale che si attualizza con la mediazione del


documento, della traccia dell’evento c’è una memoria locale vissuta. La popolazione
dell’Oasi combina queste due memorie eppure nella memoria vissuta non c’è
rottura tra questi differenti livelli: la storia universale si ritrova nell’evento locale e
viceversa. Questa capacità che ha la memoria vissuta di combinare i due tempi
storici poggia sulla nozione di TRACCIA.

ANTROPOLOGIA E PSICOANALISI
Analogie: sono nate nello stesso periodo; hanno lo steso soggetto di studio, l’uomo.
Differenze: costituiscono entrambe una psicologia ma, mentre la psicoanalisi si
ferma all’espressione individuale di essa, l’antropologia si concentra su quella
collettiva; il disaccordo piu grande riguarda il modo di articolare i rapporti tra
individuo e società.
Esiste un campo in cui si può parlare di netta convergenza tra l’antropologia e la
psicoanalisi: IL SIMBOLICO diventa un sistema di rapporti, efficace nel suo
funzionamento, che modifica il reale, un’altra realtà. Il simbolico come struttura
efficace mobilita gli individui e i gruppi attorno a un’idea o a un’azione.
Un’altra convergenza tra le due discipline consiste nella DISTINZIONE TRA LATENTE
E MANIFESTO, implicito ed esplicito, e nella necessità in entrambi i casi di andare al
di là dei sintomi per decifrarli.
Le due discipline si incontrano anche su un altro piano: LA RAZIONALITÀ NON È
L’UNICA FORMA DI PENSIERO. La psicoanalisi mostra che l’uomo non è un essere
puramente razionale e allo stesso modo l’antropologia mostra che la cultura e gli
uomini non agiscono soltanto secondo criteri di razionalità
Tanto l’antropologia quanto la psicoanalisi sono sensibili all’ALTERITÀ: la prima
tenta di riconoscere e analizzare il pensiero dell’Altro per metterlo a confronto con il
proprio, la seconda tenta di decifrare il discorso dell’Altro in noi

ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA COGNITIVA


le società umane passano ugualmente attraverso una successione di stadi mentali:
- lo stadio dell’intelligenza pratica: operazioni elementari e tecniche come
fabbricare utensili, cacciare,… Stadio caratteristico a tutte le società
- stadio del pensiero simbolico: centrato sull’uomo e sulla sua società, sui suoi
conflitti e paure. Stadio caratteristico delle società primitive
- il pensiero operativo e scientifico, pensiero fondato sulla ragione oggettiva.
Caratteristico delle società moderne
Questa gerarchizzazione dei modi di pensiero e delle società muove diverse critiche
come il fatto che ammettere una differenza tra modi di pensiero non significa che
una forma escluda l’altra, il pensiero simbolico così come quello razionale
coesistono sia nell’individuo che in una società.
STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO
Per designare la disciplina disponiamo di tre termini che designano i tre momenti
successivi del lavoro antropologico:
- ETNOGRAFIA: corrisponde alla FASE 1 del lavoro dell’Antropologo, alla fase
preparatoria, alla raccolta di documenti e della loro prima descrizione sotto
forma di registrazione
- ETNOLOGIA: FASE 2 in cui si analizza, si sintetizza e si interpreta ciò che si
osserva in una data cultura.
- ANTROPOLOGIA: FASE 3 in cui si tenta di definire le proprietà generali di
tutta la vita sociale e culturale.
L’antropologia giunge a generalizzazioni teoriche che consentono di ottenere una
certa forma d’intelligibilità, una certa soglia di comprensione delle forme sociali e
culturali, raggiungere questa comprensione dell’uomo in generale corrisponde a una
necessità culturale di comprensione reciproca tra le società e all’oggetto stesso della
riflessione antropologica: cogliere le diversità ovunque si manifestano
rapportandole all’espressione di ciò che può essere ritenuto come universale.

Malgrado l’eterogeneità di ispirazione, di metodo e di teoria che esiste all’interno


della tradizione antropologica, c’è una unità, oggetto di una stessa storia che si
manifesta nel progetto assegnato alla disciplina: riflettere sul rapporto
unità/diversità dell’umanità con lo scopo di individuare regole o principi adatti a
interpretare le differenze e le analogie osservabili.
Soltanto alcune hanno considerato simultaneamente queste due dimensioni, molte
hanno fatto prevalere l’una all’altra:
- la teoria evoluzionista mette l’accento sulle analogie a scapito delle
differenze, (l’umanità è considerata una e le diversità sono manifestazioni
destinate a scomparire)
L’unità della disciplina si manifesta anche al livello del tipo di sguardo che
caratterizza l’antropologo: questo sguardo è decentrato, esterno.
QUAL È L’IMPORTANZA DI UNA STORIA DEL PENSIERO ANTROPOLOGICO?
- pone in situazione i percorsi attraverso i quali l’uomo è arrivato ad assumersi
come oggetto della propria osservazione, cioè a cercare di conoscere i
processi che lo fondano
- ricostruisce l’emergere della presa di coscienza delle diversità nel tempo e
nello spazio
- ci permette di cogliere il contesto culturale in cui si sono sviluppati il pensiero
sull’alterità e il pensiero antropologico

Perché e quando è nata l’antropologia??


La comparsa degli antropologi corrisponde ad un’esigenza di conservazione: più la
società industriale si faceva conquistatrice di altre culture, più sviluppava il bisogno
di conservare i segni di queste culture. Non è possibile stabilire una nascita precisa
dell’antropologia, si assume come punto di partenza il momento che la tradizione
accademica fissa come inizio della storia della disciplina. L’antropologia come la
conosciamo oggi è nata nella seconda metà del 1800 in Occidente.
Il pensiero sull’alterità non si è progressivamente affinato fino a giungere alla
modernità ma è stato molteplice e ha conosciuto rottura all’interno di una stessa
epoca.
3. L’ANTICHITA’ GRECA E IL MEDIOEVO CRISTIANO
Quando si parla di Antichità greca per fondare la disciplina, si pensa a Erodoto.
Considerato come precursore della sensibilità antropologica, geografica e storica.
Il medioevo cristiano fu aperto alle influenze commerciali ma di ordine intellettuale,
in generale fu un insieme di rappresentazioni organizzate tra le tre figure del
meraviglioso, del magico, del miracoloso. La figura del mostro era uno specchio che
designava la differenza, il mostro ricordava che l’uomo era fatto a immagine di Dio.
4. LA TRADIZIONE GEOGRAFICA E STORICA DEL MEDIOEVO ARABO
Al contrario degli europei del Medioevo, i musulmani di questo periodo non erano
chiusi nei confronti delle differenze umane: segnato dall’universalismo della cultura
islamica da un lato e dall’eterogeneità nazionale, linguistica, etnica, dall’altro, il
mondo arabo musulmano riuniva le condizioni propizie per sviluppare un sapere
sull’uomo che si traduce nel campo della storia e della geografia.
LA GEOGRAFIA ARABA
nata nell’VIII secolo, collocava l’uomo al centro della creazione: il sentimento
dell’alterità e la misura delle differenze furono in larga misura il proposito di questa
geografia, il cui referente universale era costituito dall’islam
- La geografia di viaggio: nata nel IX secolo, era guidata dal tema dello
spostamento, percorrere terre esterne all’Islam costituiva un arricchimento
importante.
- La geografia del meraviglioso: si afferma durante il X secolo e si caratterizza
per il gusto pronunciato per il curioso e il meraviglioso, la descrizione dello
straniero in modo così bizzarro e bestiale serviva a rafforzare l’idea
dell’universalità dell’Islam
- La geografia dei Masalik: successivamente viene praticata più
sistematicamente l’osservazione diretta e personale (iyan) ma questa volta
praticata verso di sé. I Masalik sono la descrizione dell’Islam per l’Islam,
osservano i fatti umani su base scientifica. Il genere dei Masalik è una sorta di
“precursore alla modernità” perché
o assume l’osservazione dei fatti diretta e senza intermediari
o Concepisce l’uomo come esistente solo in relazione al mondo, come in
rapporto con il tutto
o Come finalità ha la descrizione totale della vita degli uomini,
- La geografia regionale e descrittiva della Rihla: consiste in un giornale di
viaggio che si accontenta di registrare e riportare gli avvenimenti osservati
senza più preoccuparsi di una costruzione globale
IBN HALDUN, FONDATORE DELLA SCIENZA STORICA
Nato a Tunisi nel 1332, inventore di una nuova scienza storica consapevole di se
stessa, del suo oggetto, dei suoi metodi. Scienza indipendente il cui oggetto è la
civiltà umana. Con Haldun si assiste per la prima volta a una formulazione scientifica
del procedimento storico: ricercare le cause degli eventi nell’insieme delle
condizioni economiche, sociali e ambientali.

5 . IL RINASCIMENTO IN EUROPA
Il rinascimento in Europa inaugura un nuovo umanesimo. la riflessione sull’Altro si
sviluppò in Europa nel quadro del pensiero teologico: l’Altro acquista una vera
esistenza solo quando viene messo all’interno della sfera della cristianità. Questo
fino alla fine del 1500/1600 quando l’Europa attraversa una crisi di centralità del
pensiero teologico. Ora l’attenzione rivolta agli Altri costituisce solo un pretesto
per discutere della propria società, ci si accontenta spesso di qualche immagine
imprecisa e riduttiva dell’Altro per difendere il proprio punto di vista. Di qui il tema
celebre del “buon selvaggio” e del “cattivo selvaggio”.
LA LETTERATURA DI VIAGGIO
Un campo importante che si sviluppa a partire dal Rinascimento è rappresentato dai
Racconti di viaggio (fino al 1800) redatti da osservatori che visitarono le regioni di
cui parlano (il più noto è “il milione” di Marco Polo). Questo approccio positivista è
ingannevole perché:
- le relazioni di viaggio sono scritte in circostanza storiche date da un autore
spesso legato ad un committente: lo scrittore non è padrone assoluto della
propria osservazione
- l’antropologo deve considerare i racconti e le descrizioni per se stessi , in
quanto testimonianze all’interno di un certo periodo storico

6 . IL SECOLO DEI LUMI


Nel 1700 assistiamo a una nuova era intellettuale che, sebbene non vedrà nascere
l’Antropologia (che apparirà nel XIX secolo), creerà comunque le condizioni del suo
sviluppo. Si presero le distanze dalla cultura europea precedente e si prefigurò la
comparsa di un pensiero filosofico DECENTRATO:
- Il pensiero antiteologico preparò le condizioni per una riflessione decentrata
sull’uomo e sulla cultura. L’affermazione dell’idea del libero arbitrio aprì la
strada a nuove prospettive per lo studio dell’uomo
- Liberandosi dal dogma cristiano della predeterminazione, il 700 introduce
l’idea di una storia evolutiva dell’umanità: si riconosce l’idea del
cambiamento
- Il XVIII secolo scopre la relatività e la dimensione storica delle culture
L’Altro non interviene se non come pretesto per discorrere della propria società e
delle proprie istituzioni uso del “buon selvaggio” per discorrere di sé stessi
affiancato alla figura del “cattivo selvaggio” (lo schiavo nero).
Le acquisizioni intellettuali del 1700 che gettarono lo sviluppo delle scienze umane si
possono considerare rapportate ai seguenti elementi:
- L’emergere dell’idea di evoluzione e di relatività storica: si pensa alla storia
umana nel quadro di uno schema lineare e evolutivo
- Si assiste a un movimento che tende a collocare l’uomo in una sistematica
genealogia che lo apparenta all’ordine naturale
- Tematica del decentramento (soprattutto grazie all’ opera di Rousseau)

7 . IDEE EVOLUZIONISTE E RAPPORTI DI DOMINIO NEL XIX SECOLO


Alla fine del 1700 sembra che ci avviciniamo a un approccio oggettivo, a un nuovo
paradigma:
- l’uomo si concepisce ora come un oggetto sociale, come l’attore di una
storia, come frutto di un’educazione
- La scoperta nel 1836 di asce di pietra risalenti al Pleistocene, punto di
partenza per la concezione scientifica dell’evoluzionismo
- La scoperta della parentela tra il sanscrito e il greco e il latino, fu il punto di
partenza per un’analisi delle evoluzioni e dei contatti tra mondi lontani

LE IDEE EVOLUZIONISTE TRA IDEOLOGIA E SCIENZA


Herbert Spencer postulò che l’evoluzione sociale poteva essere assimilata a quella
organica: Spencer parla di una legge di progresso continuo e inarrestabile che
farebbe passare le società da uno stadio primitivo (struttura omogenea e semplice)
a uno stadio complesso
Charles Darwin autore de “l’origine della specie” cerca di sottoporre
sistematicamente alla valutazione critica dei fatti l’ipotesi della selezione: per
Darwin pensare i fenomeni in termini di evoluzione consisteva nel ricercare una
causalità definibile e osservabile. Egli dimostra che anche l’uomo, come gli altri
organismi viventi, è soggetto alle leggi della selezione naturale
Paul Broca definì per primo l’oggetto dell’antropologia sotto forma di un sapere
sintetico: la descrizione particolare e la determinazione delle razze, lo studio delle
loro somiglianze e dissomiglianze. A partire da tale premessa egli fondò la
craniologia (misurare il grado di civiltà in base alla dimensione del cranio).
Durkheim e Mauss. La critica alla nozione di “razza” verrà dalla scuola
durkheimiana la quale considererà priva di fondamento qualsiasi correlazione tra
carattere anatomico e fenomeni sociali. Questi due studiosi parleranno ora di
CIVILTA’ che riguarda tutti i popoli: non esistono popolazioni non civilizzate,
esistono uomini di diversa civiltà
Lewis Morgan. Morgan può essere considerato il primo vero antropologo ad aver
messo in pratica i principi dell’evoluzione nello studio delle società considerate
come produzioni sociali e culturali:
- è il primo ricercatore che raccoglie i dati sul campo (studia gli indiani
d’America del Nord)
- ricostruisce la storia dell’evoluzione dell’umanità nell’opera la società antica
- distingue le arti di sussistenza dal campo delle istituzioni sociali mettendo in
rapporto questi due livelli
- stabilisce una sequenza di tre stadi per descrivere l’evoluzione dell’umanità:
la selvatichezza, la barbarie, la civiltà
Lo schema di Morgan intende organizzare e classificare con coerenza il caos dei dati
accumulati sino a quel momento
Queasto approccio metodologico (classificazione come comprensione dei fenomeni
sociali) Morgan lo mette in pratica nell’analisi dei fenomeni di parentela, di
matrimonio e di famiglia.

8 . IL PENSIERO EVOLUZIONISTA IN ANTROPOLOGIA


Dalla fine del ‘800 agli anni 20 del ‘900 le scuole evoluzioniste hanno dominato la
riflessione antropologica, queste scuole si sono date come scopo quello di
interpretare le istituzioni dal punto di vista della loro origine (GENETISMO) e della
loro evoluzione (classificazione e comparativismo)
l’evoluzione è considerata come una sequenza unica e lineare di cambiamenti
cumulativi e irreversibili
L’antropologia evoluzionista della fine del 1800, con la sua concezione di storia auto
centrata fornisce una base scientifica al discorso ideologico mirante a legittimare la
necessità e la razionalità della colonizzazione. Essa non seppe evitare il pericolo di
definire ciò che è differente a partire dalla propria esperienza storica e di valutare gli
Altri a propria misura, né quello di pensare la relazione in termini dualistici (il
semplice e il primitivo da una parte e il complesso e l’evoluto dall’altro)
Durante lo stesso periodo si ebbero delle reazioni contro le scuole evoluzioniste:
- la corrente diffusionista che nasce come reazione allo sviluppo unilineare
delle società: il processo di sviluppo culturale non è uniforme ma conosce
variazioni che derivano dai contatti più o meno accidentali tra le civiltà
- intorno a Franz Boas farà seguito una corrente che influenzerà l’emergere
della scuola culturalista americana. Essa rifiuta a priori la stessa possibilità di
scoprire un ordine o un principio organizzatore delle istituzioni, rifiuta l’idea
stessa che ad una cultura possa corrispondere un significato globale

9 . MALINOWSKI E L’ANTROPOLOGIA DI CAMPO


Nuovo sguardo rivolto all’uomo in quanto oggetto di studio: M. pone come
esigenza fondamentale dell’indagine antropologica l’autonomia e la specificità di
ogni configurazione culturale. L’uomo è ovunque un essere razionale e ovunque si
determina in modo libero quanto logico
L’opera di Durkheim consente a Malinowski di considerare l’importanza del
contesto sociologico nella spiegazione dei fatti sociali: invece di spiegare la società
a partire dalla sola storia (come si faceva prima) si tratta di trovare una spiegazione
nella stessa società
- Tentare una spiegazione globale dell’uomo e della sua cultura attraverso
l’insieme delle loro dimensioni
- attenzione alla singolarità
Sul piano del metodo M. rivoluziona la ricerca:
- attribuendo un ruolo fondamentale alla ricerca sul campo combinando
l’inchiesta diretta con la riflessione teorica: il metodo dell’osservazione
partecipazione non contempla solo la presenza dell’etnologo ma anche le
specifiche procedure di inchiesta. La ricerca si vuole dunque dare come
oggettiva basandosi sull’autoreferenzialità (io c’ero).
- Individuando come oggetto l’analisi funzionale che postula quanto i fatti
antropologici siano disposti in rapporto gli uni agli altri all’interno di un
sistema

MALINOWSKI COME PRECURSORE DELL’ANTROPOLOGIA ECONOMICA


Il Principio di reciprocità è alla base di ogni vita sociale a tutti i livelli della realtà
(sociale, religiosa, economica,…). Questo principio lo rileva studiando l’economia
primitiva dove, che si tratti di beni o donne, si dona per ricevere
L’IPERFUNZIONALISMO DI MALINOWSKI: CIRCOLARITÀ, TELEOLOGISMO,
STRUMENTALISMO
La critica che è stata mossa a M. è di essere troppo utilitaristico: secondo lui infatti la
produzione di un oggetto è sempre determinata da un suo impiego, dalla
soddisfazione di un bisogno primario o culturale. Per M. la cultura risponde ad un
adattamento necessario dell’uomo alle condizioni che gli vengono imposte sia
dalla natura che dal suo ambiente. Di conseguenza ogni oggetto materiale, ogni
attività sociale, ogni tratto culturale deve essere indagato in relazione al contributo
che apporta all’insieme culturale. MA….
- Questo approccio funzionale non spiega come possono riscontrarsi differenze
nelle istituzioni.
- il suo discorso è interamente teleologico perché attribuisce ad ogni istituzione
un’intenzionalità sociologica
- la visione della società come una struttura armoniosa è all’origine
dell’incapacità da parte del funzionalismo di prendere in considerazione il
cambiamento sociale a livello delle società primitive (il funzionalismo crede
che queste società primitive possano cambiare non da sole, ma solo se il
cambiamento avviene dall’esterno)
Malgrado gli aspetti criticabili il contributo fu determinante, lavorare in presenza
dell’oggetto di studio diventa preliminare ad ogni attività scientifica. Tutto ciò darà
luogo all’elaborazione di un nuovo genere letterario, la monografia, il cui scopo è
l’analisi intensiva della vita comune. Nella monografia si passa dalla periferia al
centro di una cultura, dal visivo al meno visivo

10 . LEVI-STRAUSS E L’ANTROPOLOGIA STRUTTURALE


Levi Strauss fu il più severo dei critici di Malinowski, secondo lui l’unità funzionale
della società postulata dall’antropologia britannica non è assolutamente verificabile.
Levi Strauss mostra come la nozione di struttura sociale in Radcliffe – Brown resti di
ispirazione biologista, cioè la struttura sociale non si riferisce alla realtà empirica
ma ai modelli costruiti in base ad essa
NATURA E CULTURA, FORMA E CONTENUTO: LA LETTURA DI ROUSSEAU
Nell’opera “Le strutture elementari della parentela” (1949), L.S. apre la questione
sull’opposizione tra la cultura e la natura, tra la legge (naturale) e la regola (istituita).
L’uno e l’altro termine sono presenti nell’uomo articolandosi simultaneamente, non
vi è un passaggio progressivo dalla natura alla cultura. L’abbandono
dell’opposizione tra natura/cultura prende ispirazione da Rousseau che definiva
l’uomo come già inserito nella cultura. Non solo, a lui si ispira per riflettere su una
domanda cara all’antropologia: come riconciliare me stesso e l’Altro? Per Levi le
culture umane si costruiscono l’una in rapporto all’altra in un rapporto di alterità
su un fondo di identità.
Il metodo è dunque quello dello sguardo da lontano, lo stesso che formula lo stesso
Rousseau. Per L.S. è il rispetto di questa regola che permette di passare
dall’etnografia, intesa come descrizione di una società concreta prodotto di una
storia particolare, all’antropologia come tentativo di spiegazione di questa diversità
a livello più generale
LOGICA UNIVERSALE E SPIRITO UMANO: L’ISPIRAZIONE KANTIANA
La società in questa ottica è una costruzione simbolica che deriva da un
determinismo logico particolare. Questa logica universale L.S. la colloca sul versante
dell’intelletto, dello spirito umano. Le istituzioni umane non sono il riflesso di una
meccanica sociale (Durkheim, Radcliffe-Borwn) ma l’espressione delle costrizioni
dello spirito umano e l’antropologo deve scoprire la rete di costrizioni particolari
che rinviano a un fondo comune all’umanità
Con il suo progetto di analisi delle strutture, L.S. intende inserire l’antropologia in
una teoria generale della comunicazione, in una semiologia.

LO STRUTTURALISMO
È un’attività intellettuale che separa il soggetto dalla scienza. Esso elimina ogni
finalità soggettiva o metafisica come Dio, la storia, la morale, l’uomo per cercare di
accedere alle sole FORME
Critica il soggetto: il SENSO non e più nell’oggetto ma esiste nel gioco di relazioni
che questo intrattiene con altri oggetti.
Il sistema di parentela appare come un linguaggio, una struttura di comunicazione
all’interno del quale ogni individuo acquisisce uno status e un ruolo per la posizione
che occupa nella struttura generale dello scambio, i sistemi di parentela sono
formalizzazioni di regole astratte che appartengono all’inconscio.
Che si tratti di mito, di parentela o di pensiero selvaggio, tutti i sistemi di
significazione trovano il loro fondamento comune nella caratteristica simbolica
dell’attività dello spirito umano (la forma precede il contenuto)
L’analisi strutturale mira a identificare questo stampo, così l’interpretazione
antropologica scivola dal concreto all’astratto. Questa propensione all’astrazione
muoverà LE MAGGIORI CRITICHE AL PENSIERO DI L.S.:
- Gli si rimprovera di essere più attento alle forme astratte che non ai rapporti
reali
- Sembra difficile che tutte le variazioni culturali possano procedere da uno
spirito umano invariabile
- Opera una rottura tra società selvagge e società storiche: le prime sarebbero
caratterizzate dal senso, dall’autenticità, dalla trasparenza, le seconde dal
potere, dall’inautenticità, dall’opacità: L.S. introduce una frattura tra la storia
cumulativa (caratteristica delle società calde) e una storia stazionaria (società
fredde)
- Problema epistemologico nel rapporto tra il ricercatore e l’informatore : la
concezione del metodo levistraussiano consiste nel privilegiare un modello
logico della realtà, investendo l’antropologo del potere scientifico e
confinando l’indigeno in secondo piano. Ciò che conta sono le relazioni tra i
termini e non i termini stessi.
- l’approccio di L.S. estromette la storia e il cambiamento, l’antropologia
strutturale non considera le mutazioni sociali

ATTUALITA’ DELL’ANTROPOLOGIA: DALL’ANTROPOLOGIA RISTRETTA


ALL’ANTROPOLOGIA GENERALIZZATA
1 . IL LOCALE E IL GLOBALE
A partire dagli anni ‘50 assistiamo ad una profonda trasformazione dei rapporti tra
le società e delle dinamiche all’interno di esse: gli sconvolgimenti geopolitici, la forte
crescita economica nei paesi occidentali, l’industrializzazione del Terzo Mondo, le
varie crisi ideologiche hanno portato l’antropologia ad un aggiornamento teorico.
Più precisamente si assiste ad un Processo di uniformazione planetaria in tutti i
campi con conseguente egemonia del modello della società industriale
Parallelamente appare un’impennata della rivendicazione della diversità: come
affermazione di principio da parte di organizzazioni internazionali come l’UNESCO.
Di fronte a queste molteplici situazioni qual è l’atteggiamento dell’Antropologia? Di
fronte a una rapida scomparsa dell’Alterità ha comportato uno choc per
l’Antropologia, costretta così a portare avanti una autocritica importante:
- l’antropologia non si è sufficientemente rivolta ai problemi del colonialismo e
della dominazione, prediligendo la descrizione delle società tradizionali
- problema della definizione dell’oggetto del rapporto dell’antropologo col
campo di indagine
Il problema di fondo è essenzialmente quello di rinnovare il quadro della riflessione
antropologica alla luce dei cambiamenti in atto, in modo da integrarvi la storia, il
cambiamento, le nuove pratiche sociali e culturali.
Le società tradizionali devono essere studiate tenendo conto dei molteplici legami
che li uniscono alle società moderne ed è vano pensare di dedicare la propria
riflessione solo a queste senza considerare le altre regioni del globo.
Collocandosi nell’articolazione del locale con il globale il procedimento
dell’antropologia consisterà nel trovare unità sociali pertinenti che possano
funzionare come indicatori della società globale. Gli oggetti dell’antropologia non
sono più dati a priori ma devono essere ogni volta costruiti in funzione del campo e
delle problematiche

2 . STORICITA’ DEGLI OGGETTI TRADIZIONALI DELL’ANTROPOLOGIA


L’allargamento dell’oggetto dell’antropologia presuppone anche la sua
storicizzazione: per comprendere il presente sociologico la storia appare
indispensabile perché rafforza lo sguardo da lontano consentendo così di meglio
decifrare le logiche sociali attuali.
I processi di uniformazione hanno un’origine storica: la società industriale del XIX
secolo il cui perno è costituito da due figure centrali:
 LO STATO – NAZIONE: Storicamente si e costituito in Europa intorno all’idea
di uno spazio geografico e simbolico unificato che garantisce valori e pratiche
comuni: uniformità delle leggi, un unico codice linguistico, omogeneità
culturale, religiosa, etnica
 IL MERCATO Spazio economico che si è aperto nel capitalismo industriale del
XIX secolo e che continua a prosperare, può essere definito come l’incontro di
una domanda e di un’offerta di beni o servizi. Il mercato è per sua natura
unificatore, la logica mercantile impone le sue leggi marginalizzando o
eliminando le altre strutture economiche, sociali e culturali
Interessante notare come a tale processo di imposizione e repressione si
accompagni sempre un movimento di resistenza che conduce o a un rifiuto più o
meno totale della nuova situazione, o ad una rielabora rielaborazione selettiva degli
elementi imposti, oppure ad un’adesione più o meno totale al sistema.

3 . LA DINAMICA DEL CAMBIAMENTO SOCIALE


Il problema della dinamica dei fenomeni di resistenza nelle situazioni di contatto o di
dominazione è stato il più delle volte ignorato dall’antropologia classica, poco incline
all’analisi del cambiamento sociale. Oggi sappiamo che è solo prendendo in
considerazione simultaneamente le strutture globali in cui si inscrivono le unità
locali che si può sperare di illuminare in maniera coerente situazioni di
cambiamento sociale
L’antropologia coglie il problema del cambiamento:
- Studiare i processi contemporanei di uniformazione per valutare in quale
misura le società posso somigliare o identificarsi con uno stesso modello di
organizzazione socio economica
- L’analisi dialettica di queste due dimensioni conduce a riflettere sul modo in
cui le società si pensano e si producono
La prospettiva della dialettica tra locale e globale consente di cogliere i meccanismi
di base che regolano le trasformazioni: tale approccio ci insegna che il processo di
cambiamento non obbedisce a qualche forma di determinismo e non evolve
necessariamente in un senso o nell’altro. Inoltre alle manifestazioni del
cambiamento sociale soggiace una logica di permanenza che l’antropologo deve
scoprire e analizzare di volta in volta, esse sono le reti sociali, la morale della
reciprocità, la comunicazione con il sacro

4. RIFLESSIVITÀ E SCRITTURA DEL TESTO ANTROPOLOGICO


Soffermiamoci ora su un tema che per molto tempo è stato poco considerato dagli
antropologi: il rapporto che l’antropologo instaura con i modi discorsivi, con la
scrittura del testo antropologico. Questo problema è fondamentale in quanto la
scrittura riguarda il modo di rappresentare il reale, se l’antropologia può essere
definita come rapporto con l’Altro, la scrittura antropologica è la formalizzazione di
questo rapporto.
L’impresa antropologica consiste nell’azione compiuta dal ricercatore di
distanziamento tra le cose di cui egli ha pratica nel campo e gli oggetti di sapere che
egli costruisce, di conseguenza il risultato finale è che il testo antropologico si
caratterizza per l’assenza di intersoggettività, il soggetto dell’enunciazione,
l’antropologo, è cancellato a vantaggio di ciò che egli enuncia. Oggi invece si assiste
ad un ritorno della soggettività.
L’ antropologo Clifford Geertz tenta di integrare la testualità in un approccio alle
culture di tipo interpretativo, egli definisce il concetto di cultura come un concetto
semiotico: il rapporto con l’oggetto è un rapporto di scrittura di significati ai quali
l’antropologo accede attraverso la partecipazione e la comunicazione con la gente

IL MODO DI SCRIVERE E LA PRAGMATICA RELAZIONE CON L’ALTRO


Malgrado i suoi meriti, sostiene Paul Rabinow, nello scrivere dei fatti culturali c’è il
pericolo che l’oggetto divenga evanescente: privilegiando troppo la testualità nel
lavoro antropologico si continua a non interrogarsi sulla logica del diverso.
La caratteristica fondamentale del discorso etnologico moderno è consistita finora
nel collocare il proprio oggetto fuori dalla storia per poter meglio parlare al suo
posto, gli antropologi fanno compiere uno spostamento temporale ai loro dati dal
loro contesto storico al presente della scienza e la scrittura è il mezzo attraverso il
quale si realizza questa collocazione fuori dal tempo.
Il genere etnografico standard è la MONOGRAFIA la quale suddivide le culture in
gruppi etnici separati isolati nel tempo e nello spazio e si caratterizza:
- dalla marcata assenza del narratore e dalla predominanza di un “NOI”
scientifico invisibile e onnipresente
- dall’uso del tempo presente che identifica il discorso dell’antropologo come
un discorso neutro e che evidenzia la presenza dell’antropologo sul campo
- dalla “retorica dello sguardo” (descrizione dei fatti culturali osservandoli)
- dallo stile indiretto: costruire descrizioni senza specificare il locutore
(antropologo come portavoce esclusivo)
Nonostante ciò l’antropologia deve essere riflessiva proprio in ragione della natura
dei suoi oggetti che sono simbolici, non realtà fisiche. Al fine di riconciliare
l’antropologia con la sua natura di Scienza gli antropologi ricorrono spesso al
registro dialogico o al romanzo polifonico la cui costruzione è sottesa dalla pluralità
dei personaggi e dalla diversità dei punti di vista.

L’ANTROPOLOGIA DEL TERZO MILLENNIO


1. ANTROPOLOGIA E POSTCOLONIALISMO
Quale Antropologia si può sperare di praticare nel quadro dell’Era della
globalizzazione?
Il progetto antropologico è nato da una duplice trasformazione: la storia diviene
evoluzione e l’alterità differenza storica, sicché l’Altro finisce per rappresentare “la
memoria concreta del nostro passato”.
Lungo l’intero arco del periodo moderno la storia Europea ha continuato a
rappresentarsi e ad operare come mediazione universale di tutte le altre storie al
punto che oggi non si riuscirebbe più a concepire un “al di fuori” da questa storia.
Secondo alcuni basterebbe un movimento di decentramento, basterebbe
provincializzare l’Europa per arrivare a considerare le storie subalterne senza
trasformarle in storie di transizione. Di qui arriviamo agli studi postcoloniali che si
interrogano sul quesito “i subalterni possono parlare? (Spivak). Il “post” sta per “AL
DI LA’”, gli studiosi postcoloniali riflettono sui possibili discorsi dell’al di là delle
logiche eurocentriche

UNIVERSALISMO E RELATIVISMO, UN DIBATTITO NECESSARIO


L’idea di universalismo, così come si è affermata in Occidente a partire dal secolo
dei Lumi, è il metro attraverso cui vengono valutate le produzioni culturali e
storiche, secondo criteri eurocentrici. L’universalismo si nutre di particolarismo,
dunque solo quando viene integrato nell’universalismo occidentale l’Altro acquisisce
la propria identità particolare.
Ma si può davvero concepire un’uscita da questo orizzonte universale che sta a
fondamento del discorso antropologico? Il discorso antropologico è divenuto
possibile dal momento in cui l’Europa ha cominciato ad ammettere la dimensione
culturale degli altri: è perché io postulo un’umanità che ho in comune con l’Altro
che posso osservarlo. Non si tratta di sostenere che tutte le culture si equivalgono,
ma di affermare che non disponiamo di un campione globale per compiere una
valutazione sugli altri: chi parla lo fa sempre secondo la prospettiva di una certa
cultura, l’universalismo non si oppone necessariamente al relativismo.
Il relativismo metodologico consiste nel sospendere provvisoriamente il proprio
giudizio, per essere intelligibili le pratiche e i valori dei popoli devono essere
collocati nel loro contesto. Tuttavia al sapere antropologico non basta soffermarsi su
questo livello, NON BASTA APPURARE CHE DELLE POPOLAZIONI DIFFERENTI
AGISCANO IN MANIERA DIFFERENTE, occorre poi ANDARE AL DI LA’ E SPIEGARE
PERCHE’ ESSE AGISCONO IN MANIERA DIFFERENTE
DIALETTICA TRA PARTICOLARE E UNIVERSALE: è sempre a partire da un luogo
particolare che si costruisce un orizzonte di universalità

2. CULTURA, SOCIETA’ E GLOBALIZZAZIONE


La dialettica dell’universale e del particolare è al centro del concetto di CULTURA. La
relazione tra unità e diversità è ben sottolineata dall’assunto di Morin “non si
conosce la cultura che attraverso le culture”.
Esiste però il rischio di ridurre la cultura al termine “razza”: la cultura è
indispensabile come fattore di costruzione dell’individuo.
La cultura come capace di fabbricare l’uomo nel quadro dei rituali, dei miti, delle
strutture di potere, dei rapporti sociali, dei rapporti di parentela. La cultura si
configura come un concetto operativo che permette agli attori sociali di produrre un
modello di sé e all’antropologo di modellizzare a sua volta il reale

ESISTE ANCORA LA SOCIETÀ?


La nozione di cultura non è l’unica ad essere entrata in crisi nelle scienze sociali,
visto che quella di SOCIETA’ non se la passa meglio. Noi designiamo con questo
termine dei sistemi disordinati, mai di totalità coerenti. Se ci si vuole distanziare da
questo approccio tradizionale bisognerebbe orientarsi verso ciò che Barth chiama
struttura dell’“azione sociale” (1992): un sistema è il risultato delle azioni sociali e
non un’entità preesistente ad esse.
Da una società solida siamo passati ad società liquida (Bauman), i vincoli sociali
sono diventati fluidi. Tale dissoluzione dei contorni è la conseguenza della
GLOBALIZZAZIONE. La globalizzazione diventa un processo di diversificazione
culturale.
3. FRONTIERE, IDENTITA’ E COMUNITA’ IMMAGINATE
La globalizzazione delle istituzioni e delle reti non significa la fine delle appartenenze
e delle precedenti identificazioni. Ci troviamo in una dinamica in base alla quale le
“vecchie frontiere crollate” (la cortina di ferro, il muro di Berlino) cedono il passo a
nuovi muri eretti, come i muri in cemento costruiti da Israele, la barriera metallica
tra il Messico e gli Stati Uniti.
Il termine FRONTIERA richiama l’idea di confine, di limiti e sottolinea la differenza.
Le frontiere corrispondono a uno spazio intermedio, a una zona di contatto tra due
stati. Le frontiere non sono naturali e sono gli attori sociali ad erigerle.

L’identità è paradossale: è la cosa più sentita, più rivendicata eppure la più


sfuggente.
Per avere successo la costruzione identitaria, che crea l’unità a partire
dall’eterogeneità, ha bisogno del lavoro dell’immaginario. Gli IMMAGINARI
COLLETTIVI riguardano gruppi di ogni tipo (le nazioni, le sette, le squadre sportive).
Per costruire la loro identità, le comunità ideali ricorrono ai racconti mitici, alle
leggende eroiche, alla figura degli antenati. Questi luoghi nelle società
contemporanee sono rappresentati da monumenti ai caduti, targhe
commemorative, ma anche dall’idea di Repubblica o da quella di laicità. L’atto di
commemorare legittima le scelte fatte e santifica i valori condivisi dal gruppo,
preserva la coesione del gruppo e la trasmissione dei valori.

4. CAMPI MINATI DELL’ANTROPOLOGIA


RIFUGIATI E MIGRANTI
Oggi ci sono nel mondo più di 50 milioni di profughi, vittime di conflitti interminabili.
Trovandosi in una situazione di esodo e poi di attesa i rifugiati devono confrontarsi
con la crisi della loro identità sociale e culturale. La categoria giuridica del rifugiato
è divenuta oggetto di studio antropologico, i rifugiati sono diventati una nuova
figura dell’alterità.
Altra categoria studiata dall’antropologia sono le organizzazioni umanitarie.
L’umanitario è inteso come una rete nella quale si connettono immagini, campagne
di sensibilizzazione, interventi sul campo, organizzazioni non governative (Ong):
l’umanitario non è più solo un intervento medico ma investe anche altri settori.
Un problema in particolare attraversa tutta la questione dell’umanitario: il rapporto
tra il Loro e il Noi si è indebolito o si reinventa sotto nuove sembianze? L’umanitario
non è forse la gestione della crisi da parte dei più ricchi?
UNA NUOVA ETICA DEL CAMPO
Molti studi antropologici vengono richiesti da parte dell’esercito per rendere
migliore l’intervento militare in una data zona. L’antropologia è sempre coinvolta
nella gestione delle popolazioni e non può costituirsi al di fuori delle contingenze
politiche, economiche e sociali.
Tuttavia la deontologia dell’antropologo prevede che si preservino gli interessi
della società che si osserva, molti antropologi parlano di responsabilità del
ricercatore a impegnarsi nella difesa dei diritti delle popolazioni, a documentare
eventuali repressioni politiche o di diritti. Questo non solo per etica ma proprio
come oggetto dei loro studi.
Contrariamente alla prospettiva tradizionale dell’antropologia, che chiedeva al
ricercatore di disfarsi di se stesso, di tacere qualsiasi emozione per stabilire una
relazione oggettiva, la nuova antropologia vuole integrare i diversi contesti della
produzione del suo sapere e riconoscere l’antropologo come un attore a pieno
titolo nella situazione di indagine: i pregiudizi, le emozioni, il sesso di appartenenza,
i vincoli politici, orientano l’indagine e influenzano la comprensione delle realtà
indagate.

LA DISTANZA TRA SÉ E IL PROPRIO OGGETTO HA BISOGNO OGGI DI ESSERE


RIDISCUSSA, LE CONDIZIONI ETICHE E POLITICHE DEL CAMPO SI SONO
TRASFORMATE: OGGI LE COMUNITÀ STUDIATE PRODUCONO IMMAGINI DI SE
STESSE, SAPERI SULLA LORO IDENTITÀ, RIVENDICAZIONI DEI PROPRI INTERESSI… IN
QUESTO NUOVO CONTESTO L’ETNOLOGO STIPULA CON LE PERSONE UN
CONTRATTO RIGUARDANTE LE TEMATICHE DA ANALIZZARE E LA RESTITUZIONE
DELL’INFORMAZIONE: QUESTA RELAZIONE DI SCAMBIO, DOVE CIASCUNA PARTE SI
AFFERMA COME SOGGETTO, DÀ ALL’ANTROPOLOGO LA POSSIBILITÀ DI FAR MEGLIO
VALERE L’AUTONOMIA DEI SUOI OBBIETTIVI SCIENTIFICI E DI MEGLIO NEGOZIARE LA
COOPERAZIONE CON I SUOI INTERLOCUTORI

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