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Kilani
Kilani: "La retorica della ricerca sul campo è la sublimazione del rapporto coloniale".
Vengono sottoposti a critica tutti gli approcci che tendono a perpetuare la visione esotica degli altri
e dell’oggetto antropologico. Aspira alla costruzione di un’antropologia generalizzata: punto di
vista specifico sul reale nella misura in cui è capace di pensare i rapporti fra locale e globale, fra
continuità e discontinuità, fra unità e diversità; e di analizzare la logica e le trasformazioni culturali
di realtà locali o marginali, cercando nel contempo di spiegare la complessa logica del mondo che le
circonda.
Gli antropologi hanno tutto da guadagnare dall’apertura all’eterogeneità e alla complessità delle
situazioni della modernità, perché in tal modo potranno infine iscrivere i loro oggetti tradizionali in
una storicità che, nella maggioranza dei casi, hanno finora negato, così come potranno meglio
realizzare il progetto universalista di pensare l’umanità nelle sue differenze e nelle sue analogie.
La riflessione antropologica è legata all’evoluzione delle idee e delle mentalità all’interno della
società che l’ha vista nascere, ovvero la società occidentale. Questa riflessione è del pari legata ai
rapporti di scambio e di dominio che hanno caratterizzato la storia delle relazioni fra l’Europa e le
società extra-europee. L’antropologia è nata da questo rapporto di dominio. Essa è il prodotto della
storia che integra le società non-occidentali nel grembo europeo. Perciò la storia dell’antropologia
deve farsi ad un doppio livello: quello dell’evoluzione della stessa società europea e quello
dell’evoluzione del rapporto che essa ha intrattenuto con le altre società.
Secondo Kilani, i termini di locale e globale non rinviano a realtà sociali positive, individuabili
empiricamente, bensì al modo in cui l’antropologo mette in prospettiva livelli diversi della realtà
con i quali si confronta nella ricerca sul campo e nella costruzione dell’oggetto antropologico.
PARTE PRIMA
La tendenza attuale consiste nel non cercare più di rivendicare un termine preciso per designare il
tipo di società cui si rivolge la disciplina. Ormai si tende a negare all’antropologia un unico oggetto
specifico. Essa si presenta e si definisce come la scienza delle diversità sociali e culturali, come la
scienza dell’uomo in società.
Progetto: pensare il rapporto fra l’unità e la diversità del genere umano. L'antropologia è per
eccellenza una disciplina "contrastiva": mentre assume un ampio sguardo prospettico sulle diversità
geografiche e storiche delle società, cerca nel contempo di approdare a generalizzazioni concernenti
l’insieme dei comportamenti dell’uomo in società.
Nella storia della disciplina, il problema del rapporto tra unità e diversità è stato trattato
diversamente a seconda delle teorie: l’evoluzionismo metteva l’accento sull’unità, mentre il
relativismo lo metteva sulle diversità culturali e sociali. Negli anni ‘60, denuncia della collusione
dell'antropologia con il colonialismo. Crisi del ruolo del ricercatore.
Col pretesto di riabilitare il "primitivo" o il "selvaggio", non si fa che invertire i termini della
comparazione classica tra un polo positivo ed uno negativo: si continua a ragionare in maniera
schematica e dicotomica, il che non è altro che etnocentrismo a rovescio, Corrente neo-
evoluzionista: rovescia lo schema evoluzionista: selvatichezza, barbarie, civiltà.
L’alterità non rappresenta un’essenza, una qualità intrinseca che certe popolazioni o certe culture
portano inscritta in se stesse: deve essere considerata come una nozione relativa e congiunturale: si
è "Altro" solo agli occhi di qualcuno. La categoria dell’altro non ha a che fare con una
definizione sostanziale, ma è sempre inserita in una relazione, generalmente di dominazione-
subordinazione.
Il rapporto di esteriorità-identificazione ha come effetto che al mio ritorno, dopo essere stato presso
l’altro, io non sono più lo stesso.
L’oggetto dell'antropologia è dinamico e fa parte integrante della società globale. Le zone marginali
non lo sono che relativamente alla società maggioritaria.
L’oggetto dell'antropologia è dialettico nel senso che mette sistematicamente in rapporto il locale e
il globale.
Iniziative pseudo-culturaliste dei paesi del terzo mondo: riducono la legittimità delle rivendicazioni
d’identità a dei valori mummificati, ricorrendo, per esempio, ad una concezione idealistica della
cultura, concepita come al di fuori della storia e delle contraddizioni sociali e politiche. Ideologia
autoritaria al servizio di un infimo strato sociale al potere in questi paesi. Il riferimento ai valori
tradizionali è molto spesso l’occasione per un esercizio esclusivo del potere.
Questa ipertrofia del sentimento nazionale e dell’identità culturale non è stata soltanto all’origine
della negazione della storia e della dinamica interculturale, ma altresì la fonte di una volontà di
annientamento di altre culture e popoli.
Definizione di antropologia (Augé): "Il sapere antropologico assume come oggetto d’indagine unità
sociali di piccola ampiezza a partire dalle quali tenta di elaborare un’analisi di portata più generale,
cogliendo da un certo punto di vista la totalità della società in cui queste unità si inseriscono".
Quindi antropologia come disciplina che pensa il rapporto fra particolare e generale, che tenta cioè
di analizzare la logica e la trasformazione dei rapporti sociali propri alle unità locali, cercando nel
contempo di spiegare la logica complessa del mondo che le circonda.
Qualche esempio
Agricoltura di montagna nelle regioni alpine della Svizzera: è proprio grazie all’integrazione totale
della modernità da parte delle popolazioni di montagna che è stata possibile la preservazione, o più
esattamente la rielaborazione delle pratiche sociali tradizionali.
Es. stato-nazione / società comunitarie: la nozione di potere politico non si riduce necessariamente
all’utilizzo della violenza armata e alla specializzazione istituzionale, ma può attenere ugualmente
al simbolico e al religioso.
Dal particolare al generale, ovvero l'antropologia come scienza delle logiche sociali
Procedimento del decentramento-distanziamento: uscire dal proprio universo culturale per poter
rendere conto della diversità, nel contempo senza cessare d’interrogarsi sulla propria società.
Per rafforzare l’oggettività, si è spesso pensato che bastasse accentuare il carattere di microcosmo
del gruppo studiato: ma ogni unità sociale fa parte di un sistema più ampio che lo trascende.
Insistere sul carattere "chiuso" di un gruppo significa dimenticare che lo stesso ricercatore è un
intruso e la sua origine, i suoi valori, hanno influenza nella relazione con gli altri.
Le regole dell’osservazione partecipante devono dunque tener conto di due fattori: l’insieme dei
dati esterni e delle determinazioni socio-politiche globali che agiscono su un gruppo dato; il
rapporto fra l'antropologo e la popolazione presso cui lavora.
Costruzione dell’oggetto in antropologia
L’oggetto dell'antropologia non può dunque essere concepito come un dato a priori, ma corrisponde
ad un processo di costruzione, a partire dai due criteri: il rapporto del ricercatore con il campo
delimitato in questione; la presa in considerazione dell’insieme delle influenze esterne.
Agricoltura di montagna come oggetto da costruire, attraverso il quale era possibile leggere:
gli interventi dello Stato (per mantenere la popolazione sul territorio): ragioni di ordine
politico (difesa nazionale) e sociologico (equilibrio tra strutture urbane e strutture
contadine);
l’influenza dell’economia di mercato (per il turismo: funzione di manutenzione del
territorio);
volontà delle popolazioni locali di non accontentarsi solo di queste funzioni utilitarie e di
adattare la modernità diffusa alle proprie esigenze: grazie ai salari, alle sovvenzioni, alla
meccanizzazione, sono riusciti a tenere in vita l’attività agricola e a darle un contenuto
extra-economico con motivazioni principalmente di ordine sociale e culturale.
Bastide: allargare il campo di osservazione in modo tale da includervi tanto coloro che decidono
azioni di sviluppo (stato) quanto le popolazioni che ne sono gli "oggetti".
Es. introduzione di pompe ad acqua in India: ciò che avrebbe dovuto rappresentare un cambiamento
benefico per la popolazione ha piuttosto apportato angosce e conflitti: la tecnica non è di per sé
sufficiente a cambiare l’esistenza. Occorre che essa si integri nelle strutture sociali e culturali.
L’assunzione della contestualizzazione nell’analisi antropologica consente di misurare le difficoltà e
le resistenze potenziali.
Fatto sociale totale = un fenomeno che sia al tempo stesso espressione e sintesi dell’insieme della
vita sociale di una data società. Kula.
Trobriand. L’interesse teorico e metodologico del kula deriva dal fatto che vi si trovano
intimamente associati transazioni economiche, comportamenti cerimoniali, un meccanismo di
alleanze politiche, l’espressione di rituali magici e di manifestazioni estetiche, insiemi di elementi
che costituiscono un sistema.
Potlach. Sistema di reciprocità. Fonda il legame sociale, crea quello religioso e mantiene e rafforza
la coesione sociale. La nozione di fatto sociale totale mostra che i fenomeni economici non sono
separabili da altri aspetti della vita sociale e non possono essere ricondotti esclusivamente a calcoli
mercantili o utilitari, legati al semplice baratto.
Baudrillard parla di oggetti-segni, a proposito dei beni di consumo. Postula che, al di là della loro
utilità (il valore d’uso) e del loro valore di mercato, gli oggetti industriali o culturali sono inseriti in
un sistema di valori, in un sistema di segni propriamente sociali (il valore-segno). Attraverso l’atto
del consumo, l’interessato tende generalmente ad affermare la sua appartenenza ad una classe
sociale, la sua adesione ad una moda, il suo snobismo, la sua originalità, etc.
Per Lévi-Strauss non bisogna considerare solo l’aspetto negativo (l’interdizione del parente
prossimo) della proibizione dell’incesto, ma anche i suoi aspetti positivi, in altri termini le relazioni
sociali di cui è all’origine. Associando la dimensione negativa (l’interdizione di serbare) con quella
positiva (l’obbligo di donare) Lévi-Strauss scopre la struttura della parentela fondamentale che
regge le società umane: il principio di reciprocità. La proibizione dell’incesto è una delle regole
della reciprocità, che garantisce la vita sociale all’interno e la rende possibile all’esterno creando
legami di alleanza e scambio economico. E’ un modello di organizzazione della realtà sociale.
Situazioni e problemi
E’ importante sottolineare che l’interesse del procedimento antropologico risiede nella prospettiva
olistica che lo sottende; e che perciò ogni approccio al reale a partire da un punto di vista o da un
ambito particolari deve approdare ad una ri-totalizzazione del sociale.
I rapporti di parentela strutturano e informano tutta la società. Nelle società "primitive", i effetti,
tutti i linguaggi sociali passano per la parentela: il linguaggio religioso (i rapporti con le divinità)
passa attraverso gli antenati e le generazioni passate; il linguaggio economico si traduce in termini
di lignaggio e di gruppo locale.
Tylor e Frazer: ricostruzioni evoluzionistiche che classificavano le società in funzione delle loro
forme religiose supposte.
Oggi gli interessi dell'antropologia religiosa si sono allargati allo studio dei sistemi di
rappresentazione e dei sistemi simbolici (Lévi-Strauss) e ai meccanismi di rappresentazione
simbolica delle istituzioni sociali e della loro riproduzione (Augé): problema dei modi di pensiero e
della traducibilità di culture.
L'antropologia politica
Antropologia britannica: indirect rule. Questi studi sono all’origine della distinzione fra società con
lo Stato e società senza Stato; in queste ultime l’organizzazione politica e la struttura della parentela
sono generalmente inseparabili.
L'antropologia economica
Malinowski e Mauss: rifiuto di ogni autonomia al campo dell’economico nella definizione delle
società e messa in discussione dell’idea propria dell’economia classica secondo la quale l’uomo è
un "animale economico".
La scuola marxista ha portato nella discussione i problemi fondamentali quali quelli della
riproduzione sociale ed economica, delle categorie sociali o di età, del grado di determinazione
delle diverse istanze sociali.
L'antropologia economica che si inscrive nella prospettiva del simbolico e della significazione ha
dunque come procedimento fondamentale quello di mettere sistematicamente in rapporto la società
moderna con le società tradizionali.
E’ solo a partire dagli anni ‘30 che si sono sviluppati gli studi sui fenomeni di acculturazione.
Approccio che derivava da una concezione meccanicistica del cambiamento: questo era infatti
valutato sempre in rapporto alla società dominante. Si pensava che il cambiamento dovesse sempre
esprimere lo stesso movimento, quello dell’adattamento, dell’aggiustamento delle società
tradizionali ai valori della società moderna: da qui deriva la rigida opposizione tra tradizione e
modernità, passato e presente, società semplici e società complesse.
L'antropologia in campo urbano deve mostrare in che cosa lo sguardo che l'antropologo rivolge alla
città, all’ambiente industriale e tecnico, in breve alla modernità, sia pertinente a comprendere le
logiche sociali locali nella loro articolazione con il globale.
L'antropologia della città può essere definita come l’insieme dei lavori che cercano di cogliere e
analizzare gli spazi di coabitazione nelle città, i rapporti sociali che vi si sviluppano, l’articolazione
dei luoghi di lavoro con quelli di residenza, la distribuzione delle reti di socialità, la possibilità di
raggruppamento e di identificazione sociale ed etnica.
Analizzare le condizioni dell’innovazione tecnica, della sua diffusione e dei freni sociali e culturali
che incontra, tentando di mettere in evidenza le tradizioni sociali e le mentalità che accompagnano e
informano l’evoluzione della tecnica.
Una tale prospettiva arriva ad estendere gli spazi "esotici" al di là dei loro limiti tradizionali (es.
giungla delle città). Nel persistente gusto per l’esotico, è possibile cogliere un’estensione del "pre-"
(scovare credenze e comportamenti pre-scientifici, pre-razionali, pre-moderni, pre-economici) e del
periferico (periferia della produzione industriale, periferia delle istituzioni ufficiali, etc.) a
detrimento dell’interesse per le attività e le credenze centrali (il sapere scientifico, la "razionalità"
economica, il potere politico, etc.).
L’esteriorità come principio metodologico che permette di evitare le spiegazioni che partecipano di
un punto di vista troppo generale o troppo esterno all’oggetto studiato si costruisce praticamente sul
campo in rapporto con un certo numero di criteri: la maniera in cui il ricercatore procede per
delimitare empiricamente l’oggetto, la maniera in cui lo rapporta al contesto più largo in cui esso si
inscrive, la maniera in cui definisce la propria relazione con gli attori sociali, la natura dei suoi
presupposti teorici e la finalità analitica che persegue.
PARTE TERZA
Etnografia, etnologia, antropologia: tre momenti successivi del lavoro antropologico - il che è un
modo di rappresentarsi a posteriori del lavoro scientifico.
L’etnografia
Corrisponde alla prima fase del lavoro dell'antropologo, alla fase preparatoria della raccolta dei
documenti e dei dati, e della loro prima descrizione sotto forma di registrazione, classificazione,
traduzione, etc.
L’etnologia
E’ la fase in cui si analizza, si sintetizza e si interpreta ciò che si osserva in una data cultura in
rapporto alle conoscenze sulle altre società di cui si dispone e con le generalizzazioni teoriche che si
sono costruite a partire da queste conoscenze. A questo livello, le sintesi analitiche si riferiscono
generalmente ad una sola dimensione della realtà (es. parentela, economia, religione, politica, etc.).
L'antropologia
Costituisce il terzo livello, quello più generale in cui si tenta di definire le proprietà generali di tutta
la vita sociale e culturale. Le generalizzazioni teoriche si compiono a partire dalla sistematica
compilazione di un maggior numero di esempi e di casi concreti riportati nella letteratura
etnologica.
Francia: ethnologie.
Germania: Völkerkunde (studio dei popoli primitivi) e Völkskunde (studio del folklore europeo).
Le più correnti nozioni della disciplina hanno assunto forma e consistenza all’interno delle diverse
situazioni coloniali inaugurate dagli Europei. Bisogna prendere in considerazione i rapporti sociali e
le dinamiche culturali ed ideologiche all’interno delle metropoli; la natura dei sistemi sociali dei
paesi colonizzati nei vari momenti della conquista; il tipo di dominio che ciascuna metropoli ha
imposto alle proprie colonie.
La tradizione spagnola
La tradizione britannica
Capitalismo di tipo mercantile e poi industriale. Problema di garantirsi l’appropriazione dei prodotti
tropicali e controllare il commercio internazionale. Tali preoccupazioni si tradussero in un sistema
politico pragmatico che consisteva nel lasciare al loro posto le strutture indigene, accontentandosi di
governarle dall’esterno. Indirect Rule.
Per trattare del cambiamento sociale, la scuola funzionalista, fedele alla definizione statica del
proprio oggetto, sviluppa le nozioni di contatto di culture e di acculturazione e i loro corollari di
adattamento e di disfunzione. In altri termini, il cambiamento sociale e culturale non è trattato se
non sotto la forma di un cambiamento orientato, di un più o meno grande adattamento dei gruppi
ristretti alla struttura dominante, ovvero alla società coloniale ed europea.
Relativismo culturale: "tutte le società sono diverse e tutte le diversità sono uguali": posizione che
sottolinea il rifiuto di ogni approccio di tipo storico ed ogni tentativo di ricostruzione delle società
in termini di evoluzione e gerarchia.
La tradizione americana
La colonizzazione si caratterizzò subito per il rifiuto di ogni cultura. E’ nel contesto di questa
separazione totale fra la società dominante e i vari popoli indiani che si svilupparono i concetti di
cultura e di tratto culturale. La cultura va concepita come la variabile primaria che struttura
l’esistenza umana, va ricostruita essenzialmente mediante l’analisi e lo studio dei diversi modi di
apprendimento e di socializzazione per i quali passa l’individuo => nozione di personalità di base.
La tradizione francese
Es. nell’Africa del nord, le ricerche di tipo preistorico, storico ed etnografico corrispondevano
spesso alla preoccupazione di giustificare la presenza francese: questo tipo di preoccupazioni farà sì
che l’etnologia francese sarà incentrata più sulla ricerca dei "principi" della vita sociale che non sul
concreto funzionamento di queste società.
PARTE QUARTA
La crisi dell'antropologia negli anni sessanta non dipendeva soltanto dai limiti interni alla disciplina,
ma era determinata anche dalle generali condizioni economiche, politiche e sociali. Gli
sconvolgimenti geopolitici che hanno accompagnato il movimento di decolonizzazione, la forte
crescita economica dei paesi occidentali, l’avvio dell’industrializzazione nel terzo mondo, infine le
varie crisi ideologiche e culturali hanno imposto all'antropologia una sorta di aggiornamento
teorico.
Data la mondializzazione dei rapporti di produzione di tipo industriale, è vano voler continuare a
restringere l’oggetto dell'antropologia alle sole società tradizionali.
In sintesi, le finalità dell’intervento dello Stato sulle collettività di montagna nel corso del XIX
secolo sono consistite nell’associare e accelerare un processo di individualizzazione che andava di
pari passo con la diminuzione dell’intensità delle pratiche comunitarie; nel monetizzare sempre più
i rapporti sociali; infine, nel promuovere i valori del produttivismo, dell’accumulazione e del
profitto.
Inoltre, le regioni di montagna vengono sconvolte radicalmente dallo sviluppo di una poderosa
industria turistica: si impiantano strutture di tipo urbano, i modi di vita si uniformano, il passato
viene svalorizzato oppure preservato sotto forma di istituzione folklorica.
Il problema del cambiamento va collocato al livello del confronto tra le strutture e i metodi
dominanti e le forme locali. Analizzati in questo quadro, i fenomeni di cambiamento e di resistenza
non appaiono più come un semplice rifiuto da parte di un gruppo o di una parte della società di
fronte all’intrusione di forze uniformanti, ma come forme di espressione sociale in costante
elaborazione, le quali, pur integrando l’innovazione, cercano di preservare, di trasformare o di
ricreare la socialità e le pratiche locali.
Introduzione del lavoro salariato: mezzo privilegiato per l’espansione coloniale e per l’integrazione
delle zone marginali nel sistema capitalistico nazionale e internazionale.
Uso della moneta e logica tradizionale dello scambio: l’esempio del sistema cerimoniale moka
Presso i Melpa di Mount Hagen, che possiedono un sistema cerimoniale elaborato, detto moka,
l’introduzione della moneta negli scambi cerimoniali consente di realizzare degli aggiustamenti
interni atti a garantire, in queste società, una continuità sociale e culturale. I big-men decisero di
introdurre il denaro nel sistema moka: utilizzato sia per lo scambio come valore non convertibile,
sia per acquistare beni che poi vengono immessi nel circuito degli scambi tradizionali. Il danaro
ormai rappresenta, agli occhi dei Melpa, tanto la riuscita dell’economia di mercato, da cui dipende il
sistema cerimoniale, quanto il mezzo per mantenere dinamica la sfera cerimoniale tradizionale.
Attraverso gli esempi illustrati, si coglie l’importanza dei fattori socio-culturali endogeni
nell’adattamento della società tradizionale alla modernità circostante. La sfera del tradizionale può
essere l’origine di una riorganizzazione positiva del modello classico di sviluppo.
I Binandere della Papuasia: gli scambi competitivi di prodotti alimentari e artigianali hanno
consentito la partecipazione attiva e motivata dell’intero gruppo alle iniziative collettive di
produzione, e allo stesso tempo il rafforzamento della coesione, della solidarietà e dell’identità delle
comunità di villaggio in un contesto nuovo di unificazione e di uniformazione nazionale.
OUVERTURE - DESCRIZIONE E SCRITTURA DEL TESTO ANTROPOLOGICO
Il problema della scrittura riguarda la sua stessa capacità di rappresentare il reale. In effetti, la
facoltà di osservare dipende dai mezzi che si usano per inscrivere i dati raccolti entro sistemi di
rappresentazione e per trasformare l’esperienza di ricerca sul campo in un resoconto descrittivo ed
interpretativo che "faccia autorità".
Se l'antropologia può essere definita come rapporto con l’altro, la scrittura antropologica è una
formalizzazione di questo rapporto.
Gli antropologi hanno sempre costruito i loro oggetti esotici a partire da una suddivisione che
procede da una visione del reale storicamente e culturalmente determinata: ciò che loro interessa
non è tanto l’unità della conoscenza-azione al livello locale, quanto piuttosto l’ambito della
conoscenza a distanza, il sapere universale che formalizzano a partire da questi primi oggetti. Di
conseguenza il risultato finale è che il testo antropologico si caratterizza, tanto apparentemente che
strutturalmente, per l’assenza di ogni traccia di intersoggettività. Questo stesso oggetto, in origine
costituito da individui, da relazioni e da interazioni, non appare più nel testo se non come un
soggetto collettivo e astratto. Al "noi" collettivo ed impersonale dell’antropologo fa eco il "loro"
altrettanto collettivo ed impersonale della cultura di cui egli tratta.
L’interesse per l’intersoggettività assume infine la forma di una riscoperta o di una riabilitazione di
tutto ciò che prima era stato relegato fuori dal testo, e cioè il diario di campo, la biografia
intellettuale, il racconto, il taccuino di viaggio, il romanzo etnografico, la storia di vita.
La caratteristica fondamentale del discorso etnologico moderno è dunque consistita finora nel
collocare il proprio oggetto fuori della storia per poter meglio parlare al suo posto; la scrittura è il
mezzo attraverso il quale si realizza questa collocazione fuori del tempo.
La decolonizzazione e la trasformazione della società: oggi che i soggetti sono capaci di parlare per
se stessi, una più grande incertezza pesa sulle possibilità di descrivere le diversità.