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Culture, differenze, conflitti

Definizione di cultura:
• Classica/umanistica:
Ha origini nella Grecia e la Roma antica, dove la cultura era intesa come carattere individuale, processo
attraverso il quale si rende l’animo umano più gentile attraverso la conoscenza. Questa idea ha attraversato la
storia della civiltà occidentale, risuonando dell'oscurantismo medievale, nell’illuminismo, sovrapponendosi
infine al concetto di civilizzazione: la cultura nobilita il soggetto facendone un cives che contribuisce al
progresso. Gli spazi sociali abitati da cives sono quelli maggiormente civilizzati, rispetto ad altre parti del mondo
→ visione etnocentrica, legata alle discriminazioni e alle disuguaglianze. Importanza dell’essere maschi e bianchi,
eterosessuali, etc.

• Antropologica/ sociale:
critica alla definizione classica che risulta normativa, universalistica e si concentra sull’individuo a danno sociale.
Dal punto di vista antropologico si interessa all’eterogeneità dei costumi, norme sociali, tradizioni. Ha un intento
descrittivo non prescrittivo.

L’antropologia si afferma come disciplina che ha la cultura come oggetto di ricerca, ragiona sulla sfera culturale
e si pone l’obiettivo di creare comparazioni tra popolazioni del mondo per individuare i livelli di eterogeneità
culturale. Cerca di mettere a fuoco per ciascuna popolazione abitudini, costumi, rappresentazioni sul mondo per
classificare le popolazioni. Non ha alcun intento di tipo prescrittivo, ma esclusivamente descrittivo.
→ Tylor: interessa la collettività, si apprende collettivamente e si condivide, ha un rapporto circolare con la
struttura sociale, si trasmette alle generazioni future nei processi di socializzazione.
→ Geertz: l’uomo è un animale impigliato nelle reti di significato che lui stesso ha tessuto.

Negli anni ‘50 con Parsons si avrà una definizione sociologica di cultura che lascia poco spazio all’attore sociale
di campo d’azione. Valori, norme e credenze vengono interiorizzati e il soggetto non si interroga su ciò che ha
appreso, si mantiene l’ordine sociale.

Anni ’70: focus sul ruolo della dimensione simbolica nella vita quotidiana. Si guarda in un modo nuovo ad uno
spazio-tempo fino a quel momento poco valutato → Garfinkel e Goffman, etc.
In una forma autoevidente vediamo come si struttura la cultura. Si mettono in discussione le scienze dure e si
afferma una nuova tipologia della cultura con Ann Swidler.

Ann Swidler nel 1986 definisce la cultura come una cassetta degli attrezzi (abitudini, competenze, stili) con cui
il soggetto predispone delle strategie d’azione. L'idea viene ribaltata dall’idea parsonsiana.
Richard Peterson (1979): cultura come insieme di valori, norme, credenze e simboli espressivi. Si cerca di
mantenere insieme l’aspetto vincolante della cultura ma anche i gradi di libertà d’azione del soggetto nelle
relazioni intersoggettive.

Tradizioni sociologiche
1. Tradizione tedesca si afferma nel contesto prussiano caratterizzato da due dibattiti, con figure
principali Dilthey e Rickert (filosofi). Il dibattito contrappone natura vs cultura, due metodi differenti
per lo studio della natura e per quello della cultura. Scienze naturali e scienze per lo spirito.
In un secondo momento il dibattito si sposta su cultura vs società. Questo dibattito fa da sfondo agli
studi di Simmel e Weber, protagonisti in sociologia, i quali si occupano di significare l’azione sociale.

Simmel si occupa della sociologia formale la quale studia le forme invariate delle relazioni sociali.
L’opera principali è la filosofia del denaro, Simmel si domanda che effetto abbia sul legame sociale
questo nuovo sistema capitalistico che ampia l’economia monetaria. Anche le relazioni sociali mutano,
la cultura oggettiva domina su quella soggettiva. Ascesi della cultura materiale sui valori.

Weber che effetto abbia sul legame sociale si discosta parzialmente da Simmel. Studia il significato
dell’azione nelle relazioni interpersonali in un contesto economico. Per quale ragione il capitalismo si è
affermato in determinate zone dell’Europa? Relazione tra etica protestante e capitalismo, tra sguardo
religioso e sistema economico.
Weber è il primo a definire gli attori sociali come uomini di cultura, sostiene che i significati che
attribuiamo alla realtà sociale e i valori a cui ci riferiamo sono mediati culturalmente e ci danno
indicazione rispetto all’azione sociale.

2. Tradizione francese, influenza dall’antropologia. Con il fine di elaborare una teoria generale della
società, cosa tiene insieme una società in un momento di cambiamento profondo? Esistono due tipi di
solidarietà, quella meccanica e quella organica.

Durkheim non usa il termine cultura, tuttavia ha pensato fortemente che i fatti sociali di cui parlava
fossero fatti culturali. Nelle sue opere dimostra che esiste una dimensione simbolica che è il collante
della società, la cultura nonostante sia intangibile garantisce il legame sociale.

Strutturalismo francese e Bourdieu, successivi a Durkheim ma che costituiscono il pilastro della


sociologia francese. Lo strutturalismo è una dottrina che si focalizza sul linguaggio, veicolo di
trasmissione della cultura.
Bourdieu vuole comprendere i contorni del mutamento culturale: valori, norme, codici cambiano con
mutamento storico (rimanendo ‘fedeli’ al sistema che li ha generati) e in relazione alla capacità del
soggetto di rielaborarli. Una parte varia e una rimane salda. La cultura ci vincola sotto forma di habitus:
un ‘sistema di disposizioni durevoli’ interiorizzato che orienta l’agire; una bussola vincolata alla
struttura che garantisce spazi di libertà al soggetto.

3. Tradizione statunitense, ha nella scuola di Chicago il suo punto di partenza. Robert Park figura di
riferimento, influenzato da Simmel. Si fa riferimento alla struttura della città che comincia ad espandersi non
garantendo lavoro per tutti, alloggio e causando problemi sociali, come la criminalità e la devianza.
Differenziazione culturale elevata nella città di Chicago.
Metodo etnografico con interviste partecipative, negli anni ‘20 e ‘30 la città è laboratorio sociale.

Qualche anno più tardi Parsons cerca di coniugare la sintesi di due pensieri sociologici agli antipodi,
quello di Weber e di Durkheim. Vuole elaborare una teoria dell’azione sociale, schema AGIL, in cui la
dimensione culturale ricopre un ruolo fondamentale (Latency) che garantisce l’ordine sociale in modo
silente.

Prima definizione di cultura all’interno di sociologia: la cultura è ‘costituita da sistemi strutturali o


ordinati di simboli che sono gli oggetti dell’orientamento dell’azione; da componenti interiorizzate della
personalità dei soggetti agenti individuali e da modelli istituzionalizzati dei sistemi sociali’ (Sistema
Sociale, 1951)
La cultura è bussola per il soggetto e ha valore normativo.
Clifford Geertz, allievo di Parsons e antropologo, dichiara che la cultura è una rete di significati in cui
noi siamo immersi, elaborata da noi stessi. Dimensione di libertà del soggetto, la cultura perde
carattere normativo in quanto prodotta da noi stessi, altamente malleabile. La cultura è in
elaborazione, produzione di significati con cui comprendiamo la realtà sociale.
L’antropologia e la sociologia deve farsi interpretativa, per comprendere i codici con cui ci muoviamo
nella realtà sociale. Deve perdere il suo carattere normativo, non deve avere azione civilizzatrice ma
guardare alla realtà sociale come se fosse un testo da codificare → cultural turn

4. Tradizione marxista (trasversale a nazioni), meno influenzata dall’antropologia. Figura principale Karl
Marx, il cui pensiero è che lo sviluppo storico è scandito dai rapporti materiali di produzione, motore dello
sviluppo storico. Questi rapporti corrispondono alla struttura → determinismo storico. La struttura definiscono
la sovrastruttura, quindi la politica, la morale, l’arte e la cultura.
Nella sua visione la cultura è funzionale al mantenimento della struttura, direttamente manipolata dai
capitalisti. Strumento cruciale perché ideologicamente necessaria per regolare i rapporti sociali nella
struttura capitalistica.
Sfera culturale indagata in rapporto al processo di reificazione: riduzione a oggetto di tutto ciò che ha
invece volontà (sfera intellettuale e morale).

In Germania la Scuola di Francoforte eredita il pensiero di Marx, presenta un progetto di riflessione applicando
un pensiero interdisciplinare. Racchiude antropologici, filosofi, sociologi. Vogliono capire perché il sistema
capitalistico che mostra delle falle continua a svilupparsi. Sottolinea la necessità di analizzare il funzionamento
della cultura in rapporto con la produzione, usando un approccio critico → tradizione critica.
L’Illuminismo ha generato un sapere razionale improntato al dominio (in diversi campi sociali). L’emergere della
società di massa come effetto e condizione per forme sempre più numerose e diffuse di dominio. Il capitalismo
persiste grazie all’illuminismo, perpetuando le differenze di classe. La stessa società di massa perde la capacità
di ragione, soprattutto chi non detiene i mezzi di produzione.

Walter Benjamin studia l’industria culturale: un sistema di produzione culturale, di costruzione del gusto
estetico e di fruizione culturale finalizzato a omologare i soggetti e asservirli al mercato. Questo meccanismo ci
nasconde le falle del sistema capitalistico. La cultura, tuttavia, ha una possibilità di riscatto nelle sue forme
avanguardistiche e nell’arte conserva il suo potenziale critico.

Scuola di Birmingham sempre influenzata da Marx, punta sull'interdisciplinarietà. Fa riferimento sul cultural
turn, creerà le premesse per i cultural studies. Stuart hall studia la relazione della cultura col potere, la
produzione culturale nella vita quotidiana e la produzione mediatica della cultura.
Nella scuola di Birmingham negli anni ‘60-’70 si studiano anche le culture giovanili. Questa scuola è meno
apocalittica, che crede nel potenziale critico della cultura.

Queste tradizioni con riferimento alla sfera culturale, convergono su alcuni punti:
• La dimensione soggettiva della cultura: il processo di interiorizzazione dei soggetti.
• La dimensione oggettiva: il modo in cui le forme culturali si sedimentano, per esempio nelle istituzioni
sociali.
• Carattere descrittivo: capacità di restituire la realtà naturale e sociale attraverso le rappresentazioni
sociali dei soggetti
• Carattere prescrittivo: valori e norme guidano l’azione
• Carattere processuale (storicamente situato): produzione costante di significati grazie al linguaggio, si
modifica continuamente.

Produzione e trasmissione della cultura


Come si producono e trasmettono le forme culturali?
1. Concezioni mitiche, religiose, scientifiche e filosofiche sono alla base delle rappresentazioni della e sulla
realtà sociale
2. Arte: arti figurative classiche, letteratura, musica
3. Processi di socializzazione primari, secondari e nei gruppi di pari
4. Linguaggio e processi comunicativi – vita quotidiana spazio elettivo (Schütz; Goffman)

Pluralismo culturale e differenze culturali


Il sistema culturale che caratterizza in una società si presenta in modo omogeneo o eterogeneo? lettura dei
padri fondatori dicotomica: Parsons sostiene che il sistema culturale sia omogeneo VS idea di sistema culturale
eterogeneo. Questa dicotomia oggi appare più sfumata, il sistema culturale si presenta come una coabitazione
di omogeneità ed eterogeneità.
E’ importante considerare il contesto storico.
• Rivoluzione industriale (metà ‘700)
• Rivoluzione politica (fine ‘700):

principi dell’illuminismo, valore attribuito alla ragione dell’uomo. Società volta al progresso. Principi che sono
alla base del pluralismo culturale.

Differenze culturali
• Modi di declinare l’eterogeneità e l’omogeneità delle forme culturali
• Mancanza di declinare la molteplicità e l’eterogeneità di caratteri differenti sul piano culturale
Il concetto è tardivo, si afferma alla fine degli anni ‘60 in corrispondenza dei movimenti sociali. La differenza
diventa un punto rilevante senza il quale non è possibile raggiungere i principi di uguaglianza.

Movimenti collettivi e politiche della differenza


• I Movimenti femministi: rivendicano autodeterminazione e la possibilità di portare le specificità femminili
nello spazio pubblico. Rivendicano autodeterminazione come soggetti femminili, si rifiutano di essere definiti da
una prospettiva androcentrica e patriarcale. Pretendono di affermarsi, autodeterminandosi, definendosi.
Pretendono di entrare nello spazio pubblico. A partire dalla fine degli anni ‘60 il partito femminista dichiara che
lle differenze tra uomo e donna sia una costruzione sociale e non naturale.
• I movimenti omosessuali: rivendicano di poter considerare gli orientamenti sessuali non etero
orgogliosamente diversi; non si richiede di essere considerati ‘normali’ bensì differenti . Non richiedono di essere
considerati normale ma riconosciuti nella loro differenza.
• I movimenti afroamericani: ‘Black is beautiful’ rivendicano il diritto alla specificità della propria pelle, tratti del
viso, del corpo
Sostengono che i principi della rivoluzione francese siano parziali e ingiusti, che si riferiscano solo a parte della
popolazione. L’universalismo a cui l’illuminismo faceva riferimento celava delle strutture di dominio, a favore di
una parte della popolazione a danno di altre.
L’uguaglianza è un principio vuoto, il sistema sociale crea delle disuguaglianze. Questo principio tutela una sola
parte della popolazione, quella portatrici di caratteristiche considerate non devianti. Il soggetto maschio bianco
protestante eterosessuale era privilegiato. L’esercizio del potere viene legittimato.
La richiesta di valorizzazione della propria differenza apre una questione politica: istanze di riconoscimento che
storicamente hanno dato vita in USA alle identity politics. La differenza va regolamentata politicamente →
politica istituzionale deve rispondere alle richieste dei movimenti, politica non istituzionale (i movimenti) e la
produzione scientifica.

Il lato oscuro della disuguaglianza


Il principio di uguaglianza è un concetto vuoto che è risultato inapplicabile se non nella sua versione
discriminatoria. E’ un concetto relativo e parziale, tutela solo una parte della popolazione: ciò che non è
considerato deviante. L’uguaglianza ha privilegiato un soggetto maschio, bianco, protestante, eterosessuale.
L’uguaglianza, dunque, cela le strutture di dominio. Questo sistema è esattamente il sistema che produce le
disuguaglianze.

L’uguaglianza è un principio vuoto, il sistema sociale crea delle disuguaglianze. Questo principio tutela una sola
parte della popolazione, quella portatrice di caratteristiche considerate non devianti. Il soggetto maschio bianco
protestante eterosessuale era privilegiato. L’esercizio del potere viene legittimato.

La richiesta di valorizzazione della propria differenza apre una questione politica: istanze di riconoscimento che
storicamente hanno dato vita in USA alle identity politics. La differenza va regolamentata politicamente →
politica istituzionale deve rispondere alle richieste dei movimenti, politica non istituzionale (i movimenti) e la
produzione scientifica.

Differenza: essenza o processo?


Come si struttura il legame tra identità e differenza nella tarda modernità?
Due visioni:
1. Essenzialista: la differenza è il punto di riferimento su cui costruire nuove basi sociali. Mette al centro
la differenza per riflettere sul legame della società. Differenza descritta come essenza, cioè, come un
dato naturale, ontologico del soggetto. La differenza è un tratto caratteristico di certi soggetti. E’
naturale, non mutevole. Differenza che sostanzialmente coniuga in modo pericoloso dei fattori biologici
(es: concezione di razza). Governa il senso comune. Identità e differenza diventano dati immutabili
2. Costruzionista: identità e differenza sono l’esito di processi sociali, sono situati, storicamente e
socialmente costruiti. La differenza identifica un modo di leggere la realtà sociale. E’ un modo di
raccontare e descrivere la realtà sociale, di renderla intelligibile.

Rapporto tra identità e differenza


La differenza è sempre intesa in contrapposizione a. Funzionale a definire l’identità: uomo/donna, noi/loro.
Il rapporto tra identità e differenza è di tipo conflittuale; non è mai neutra; è vincolata a strutture di potere: il
primo termine sovrasta il secondo. Costruire identità e differenze è sempre un atto di potere.
La differenza è necessaria all’identità in forma dialogica, la reciproca dipendenza non è definita in un rapporto
di dominio. Ogni comprensione reciproca si fonda su uno scambio dialogico e non sulla semplice
contrapposizione E’ nella relazione, nel dialogo con l’altro da sé che si avvia un processo di costruzione identitaria
sia individuale sia collettiva

Riconoscere le differenze
Un riconoscimento di tutte le differenze può generare: indifferenza alla differenza generare enclaves omogenee
non comunicanti può essere compromesso il legame sociale
Un riconoscimento di tutte le differenze può generare:
• indifferenza alla differenza (politicamente parlando)
• Generare enclaves omogenee non comunicanti
→ In sintesi può essere compromesso il legame sociale.

Possibilità di ripensare i legami sociali su base nuova, non più su fattori innati e ascritti bensì sulla negoziazione,
sullo scontro che apre all’accordo

La costruzione delle differenze etnoculturale


Il conflitto culturale

Il conflitto sociale

Il termine conflitto è spesso accompagnato all’aggettivo “sociale”. Tradizione sociologica del conflitto: ha come
riferimenti principali Marx e Weber. Oggi le principali contraddizioni che riguardano i conflitti sociali sono di
natura culturale.

• “Vi è conflitto sociale quando una persona o un gruppo avanza pretese di segno negativo nei confronti di altre
persone o gruppi, pretese che, qualora venissero soddisfatte, danneggerebbero l'interesse altrui, cioè l'altrui
probabilità di raggiungere una situazione desiderabile.

• Le pretese di segno negativo implicano tanto minacce quanto attacchi veri e propri. Quando esse comportano
una diretta presa di possesso, oppure un danno alle persone o alle cose, gli osservatori utilizzano spesso la parola
'violenza‘’. [Charles Tilly, 1992]

→ Si ha conflitto sociale quando due soggetti hanno visioni diverse rispetto a diverse questioni che si presentano
all’interno della società.

- Conflitto asimmetrico: una sola parte del conflitto avanza pretese – coercizione. Un gruppo
impone un certo tipo di struttura, a danno di un altro gruppo.
- Conflitto simmetrico: entrambe le parti avanzano pretese che sono inconciliabili tra loro e
lesive per l’altra parte.
- Conflitto come competizione: secondo Tilly il conflitto nasce dalla competizione

Tilly recupera l’impianto dei classici che sostenevano l’inevitabilità del conflitto: dimensione ordinaria della
società.

- Conflitto onnicomprensivo: riguarda molte sfere e dimensioni della società


- Conflitto latente: violenza simbolica, senza forme esplicite.

Queste caratteristiche del conflitto determinano problemi all’interno della sociologia perché da una parte
abbiamo una disciplina che, fino agli anni ’70, ha immaginato che l’obiettivo delle società fosse quello di
mantenere l’ordine sociale. Oggi non è l’ordine sociale a dover essere studiato ma piuttosto mettere a nudo
quelle forme di conflitto latenti e ordinarie. La sociologia deve essere scienza responsabile e critica che
contribuisce a mettere in luce quelle strutture della vita contemporanea affinché siano in qualche modo, non
eliminate, ma negoziabili.
La sociologia deve limitarsi a descrivere e offrire un’analisi critica o deve contribuire politicamente per dare una
direzione giusta alla società? Il rischio è che la sociologia diventi disciplina ideologica e il suo rigore analitico
venga meno.

Le categorie elaborate dalla sociologia classica sono state elaborate all’interno di un contesto storico, non è detto
che valgano tutt’oggi. La maggior parte di esse sono state ridelineate, altre sono state cancellate. Quella di
conflitto è stata a lungo utilizzata, ma a partire dagli anni ’50 è stata trascurata e solo recentemente ripresa.

La tradizione del conflitto

- Tradizione macro-attenta: soprattutto alle macro-dinamiche del sociale. Si pone in conflitto con
la tradizione di Durkheim.
- Messa in guardia rispetto alle rappresentazioni della società ordinata
- Focus sulla storia e sul mutamento storico: comprendiamo il conflitto sulla base delle specificità
contestuali

Presupposti della tradizione del conflitto:

1. Gli individui e/o i gruppi hanno alcuni interessi di base che possono opporsi a quelli di altri.

2. Le relazioni sociali sono incentrate sul potere e sul dominio di alcuni gruppi rispetto ad altri

3. Valori e idee sono utilizzate dai gruppi per perseguire i propri interessi: ideologie

4. Quando gli individui acquisiscono coscienza dei propri interessi comuni, che sono di fronte a delle ideologie
che possono essere smascherate, possono diventare classe sociale che può organizzarsi

Wallace e Wolf

Teorie critiche di ispirazione marxista: la sociologia deve assumersi la piena responsabilità critica nei confronti
delle forme latenti e manifeste del potere politico ed economico. La sociologia come elemento attivo della
trasformazione. Sociologia: strumento per innovare la società in direzione di una giustizia sociale

Teorie analitiche di ispirazione weberiana: considerano il conflitto come un aspetto permanente della vita sociale
e non ritengono che la sociologia debba esprimere giudizi di valore.

Marx tra filosofia ed economia

Due aspetti centrali:

• Il conflitto stesso è la forza trainante della storia e della società


• Nella storia dell’umanità i conflitti e i cambiamenti non sono casuali ma logici e inevitabili

Il conflitto è la forza trainante della società e prosegue storicamente come lotta tra due classi sociali. Conflitto
esplicito tra due gruppi, motore stesso della società. Nella storia dell’uomo i conflitti e il mutamento storico
avvengono di pari passo.
La concezione hegeliana di Marx tradusse i conflitti dell’economia capitalista in contraddizioni e
conflitti che ne avrebbero causato il crollo

Engels

• Teoria delle classi sociali: le classi sono definite da un particolare rapporto sociale che tiene insieme
delle condizioni materiali, elementi biologici e politici della società. Lo specifico rapporto è la
proprietà. Proprietà di elementi materiali, visioni, idee che diventano dominanti e la proprietà di
una certa sfera politica che è essenziale manipolare attraverso le ideologie per mobilitare risorse
all0interno della società. Portano avanti la propria ideologia per mantenere il proprio status quo.

Le classi sociale sono gli attori sociali della storia: ogni epoca è stata caratterizzata dalla contrapposizione tra
classi.

• Teoria dell’ideologia: le idee dominanti sono le idee della classe dominante perché

quest’ultima controlla i mezzi di produzione intellettuale (derivanti da quelli di produzione


economica)
• Teoria del conflitto politico: la politica come lotta con la posta in gioco del controllo dello stato.
Garantisce supporto alle classi dominanti e la loro difesa.

Engels ha formulato le fondamenta per la teoria della stratificazione sessuale: primo autore che ritiene che la
proprietà privata interessa anche i rapporti di genere e delle istanze di proprietà che gli uomini esercitano sulle
donne. Teoria della famiglia e studio sui ruoli di uomini e donne dentro la famiglia

Weber

Perché il capitalismo si è affermato in Europa? Approccio comparativo: mette a confronto società e cerca di
comprendere perché il capitalismo si sia affermato solo in Europa.

Il carattere multidimensionale del suo approccio lo fa essere un teorico del conflitto.

→ Il conflitto è l’espressione della multidimensionalità delle cose, della pluralità dei diversi gruppi, interessi e
prospettive di cui è fatto il mondo (Collins)

Lo sviluppo della TC: intreccio e sintesi di marx e Weber

• Karl Mannheim: L’uomo e la società in un’epoca di ricostruzione (1935)


Propone nel testo che esistono due forme di razionalità:
- Sostanziale: riconducibile alla razionabilità dei soggetti, comprendere come certi
mezzi conducano a specifici fini, contiene istanze di emancipazione
- Funzionale: riguarda in modo specifico le organizzazioni: sovrasta quella soggettiva
• Charles Wright Mills: L’élite del potere (1956): una lucida analisi del potere in USA, quali sono
i gruppi sociali che detengono il dominio negli Stati Uniti a lui contemporanei. Tre
organizzazioni burocratiche.

Classi, cultura di classe e disuguaglianze: teorici del conflitto

Negli anni ’50 vi è alleggerimento dei confini tra classi.

A partire dagli anni ’60 vi è uno spostamento dell’attenzione da parte della sociologia dai gruppi ai soggetti,
quindi alle differenze soggettive e culturali tra soggetti. È un momento storico in cui si affermano delle nuove
rivendicazioni che vanno in direzione di differenze culturali.

Si afferma anche lo studio della mobilità sociale → la classe non è ascritta. I soggetti possono ascendere.

Figura dei dirigenti di Dahrendorf

Le società dagli anni ’70 hanno subito una trasformazione: processi di globalizzazione che hanno
trasformato la società industriale → nuovo settore economico: servizi, che sfavoreggia il settore
industriale.

Il conflitto culturale

• Studi femministi, gender studies, LGBT studies


• Disability studies
• Decostruzione di Derrida
• Post-strutturalismo di Foucault
• Antropologia interpretativa (Geertz)
• Post-colonial studies
• Nuova teoria critica

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