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CULTURAL STUDIES

CAP1. LA STORIA E LE STORIE.

Nel La condition postmoderne, Lyotard parla di narrazione ufficiale (grande historie) e storie ordinarie
(petits recits), individua tra i due concetti uno dei cardini dello sviluppo culturale delle nazioni e degli
individui. Queste contribuiscono alla formulazione del concetto di discorso come << area linguistica
governata da leggi le quali stabiliscono chi deve dire che cosa e a chi e in quale situazione, attraverso
procedimenti che governano le pratiche discorsive e strategie enunciative>>.

Rivestono un ruolo primario nel percorso dei Cultural Studies le convergenze di idee e i punti di divergenza
che hanno determinato sviluppi interessanti in un contesto definito ancora in progress.

Nei convegni riguardanti i Cultural Studies, i convegnisti oltre ad essere speso indipendent scholars,
arrivano da ambiti disciplinari molto diversi e ciò coincide con un’altra caratteristica importante dei C.S.,
ovvero la forte tendenza all’interdisciplinarietà e il voler recuperare il legame tra saperi diversi per
pervenire all’obiettivo comune, ovvero la definizione di strumenti di comprensione. Questa tessitura di
conoscenze comune sceglie di privilegiare le forme dell’espressività popolare e le culture della working
class. Due assi primari del lavoro culturalista in UK sono: l’impegno politico concreto nel mondo reale e
l’interesse per le problematiche della formazione.

Per quanto riguarda la nascita dei C.S., il contesto storico, come rileva Carrington, va localizzato nel Regno
Unito intorno alla fine degli anni 50’. Il Centre for Contemporary Cultural Studies viene fondato presso
l’Università di Birmingham nel 1964 e a distanza di pochi anni esce il primo numero dei “Working Papers in
Cultural Studies”.

È importante nel secondo dopoguerra, il profilo di George Orwell in quanto è il modello di analisi sociale e
culturale orwelliano che consente di dare forma alla delusione per l’operato dei governi laburisti
nell’immediato dopoguerra e per il riemergere di forme di nazionalismo coloniale. La prima fase della New
Left si sviluppa tra il 1956-anno della crisi di Suez e della rivoluzione ungherese che viene soffocata dal
regime stalinista sovietico- e il 64, anno di fondazione del CCCS.

Dall’interazione tra analisi culturale e il genere e l’impegno politico in seguito alla prima fase della New Left,
deriva l’insistenza sulla dimensione culturale della società e della politica. È dunque corretto il principio
secondo cui i C.S. britannici espliciterebbero una vocazione di sinistra che si evidenzia nell’interesse per le
forme espressive della working class e nello studio delle sottoculture.

I C.S. identificano la loro vocazione nell’universalizzazione dell’idea di cultura, “Culture is ordinary” come
scrive Williams. Il lavoro di Hoggart sulla necessità di alfabetizzare la working class, esprime la volontà di
rendere giustizia ai diversi aspetti della vita culturale. Viene riportata al centro del dibattito sull’identità
nazionale e internazionale la riflessione sulle forme di espressione culturale prima considerate periferiche E
marginali, prodotte da gruppi sociali che non vengono visti solo come consumatori di cultura ma come
produttori di essa.

I PADRI FONDATORI:

I padri fondatori e le figure più importanti – Hoggart, Thompson, Williams, Hall – erano prima di tutto
insegnanti, vi era tra loro l’interesse condiviso per l’alfabetizzazione e l’istruzione scolastica degli adulti.

Hoggart è il primo a legare l’emancipazione della working class alle possibilità di accesso a uno studio delle
discipline umanistiche e della letteratura. Con The Use of Literacy: Aspects of Working Class Life, anticipa
di poco il williamsiano Culture and Society. Appare sostanziale studiare le forme espressive della working
class ed è ugualmente rilevante condurre la working class a rendersi consapevole del patrimonio culturale
della nazione. Hoggart è centrale per il suo ruolo di fondatore del CCCS. Si vengono a creare nella prima
metà degli anni Ottanta forme di resistenza politica e culturale molto i portanti ed è essenziale recuperare
le caratteristiche fondamentali della classe sociale che è il riferimento principale dei C.S.

Thompson con The Making of the English Working Class definisce la classe come qualcosa che accade e che
prende corpo nelle relazioni umane.

Williams è tra gli studiosi citati finora, quello più legato alla formazione letteraria. Nell’elaborazione delle
sue teorie sulla cultura, sono importanti le sue origini e la sua esperienza autobiografica. Il metodo di
Williams, modellato sul materialismo culturale, sfrutta la convinzione marxiana che siano le persone stesse
a costruire le condizioni della loro esistenza, spesso senza avere la consapevolezza della loro agency. Le
pratiche sociali determinano i cambiamenti nei sistemi di vita, l’arte e la società sono processi intrecciati
che esistono solo grazie alla reciproca interazione. L’introduzione in The Long Revolution, del concetto della
struttura del sentire, è rivoluzionaria in quanto questa dipende dalla qualità della vita in un particolare
tempo e luogo, si definisce sulla base di concrete condizioni di esistenza, responsabili di un determinato
tipo di espressione artistica e culturale. Williams recupera il concetto di egemonia elaborato da Gramsci
soprattutto nei Quaderni dal carcere e spiega come sia funzionale, nell’opposizione tra culture dominanti
ed emergenti, ad assicurare che la cultura dominante venga percepita come per natura adeguata e
superiore e come essa rimuova dalla consapevolezza popolare il ruolo centrale e originario delle pratiche
culturali di base.

Hall è considerato la personalità più influente negli sviluppi contemporanei dei C.S. britannici. Nato in
Giamaica e sbarcato ad Oxford con una borsa di studio, Hall diventa uno dei leader della New Left. Passa nel
68 a lavorare nella Open University che coincide con un maggior interesse per le teorie foucaultiane di
potere e subalternità per il postcoloniale. Nella sua produzione critica è importante il modello di
encoding/decoding. Hall, nella riflessione di come i messaggi vengano prodotti, diffusi, decodificati e
riprodotti, identifica una serie di meccanismi di potere che hanno una determinante istituzionale: essi sono
complex structures of dominance. La produzione di ciascun messaggio è molto legata alla circolazione,
distribuzione, consumo dello stesso. Le operazioni di decodifica e riproduzione, consce o inconsce,
determinano una differenza nel messaggio che si amplia man mano che il messaggio si sposta a un tempo e
un luogo diversi. In realtà il modello di codifica e decodifica deriva dalla concezione che Hall ha del
linguaggio come pratica fondativa della comunità. Nel Representation, il linguaggio è identificato come
l’unico strumento che rende possibile la condivisione dei significati, funziona da representational system, è
il linguaggio che fornisce senso alle cose, ai concetti, alle idee e agli oggetti offrendone una
rappresentazione maneggevole ai fini della comunicazione. È quindi corretto affermare che il linguaggio è
una pratica di significazione e che il suo uso in una comunità è modello di come la cultura, il significato e la
rappresentazione funzionano in quella comunità. Per Hall è impossibile separare la teoria dalla pratica
politica. Nel convegno Cultural Studies Now, affiorano i cambiamenti più importanti nei Cultural Studies
britannici e le vecchie definizioni di class, race e gender vengono ritenute riduttive, la nozione di
inbetweenness è diventata più adeguata alla rappresentazione delle appartenenze non solo di razza e
dell’identità. La questione del gender è anch’essa da ridisegnare; la categoria più stabile è quella di class.

È evidente che i nuovi contesti nazionali e internazionali esigono una ridefinizione del concetto di cultura e
degli strumenti utilizzati per studiarla. Ciò che risulta più evidente è la volontà di mettere in primo piano il
soggetto in cambiamento, la questione dell’agency e nel processo costruttivo di questo soggetto la cultura è
fondamentale. Il conflitto sociale è parte integrante delle dinamiche di ciascuna comunità.

Ad oggi i confini geografici sono divenuti l’argomento primario del dibattito politico, economico, sociale e
culturale europeo. In Europa lo spettro della perdita di identità nazionale al fiorire di movimenti nazionalisti
di grande popolarità si è nutrito delle difficoltà economiche create dall’unificazione europea e
dall’emergenza profughi. La sensazione culturalmente dominante è la paura dell’Altro, della recessione,
dell’impoverimento, del contagio, dell’espropriazione di ciò che è nostro. Per questo motivo le culture
locali tendono ad arginare quella che viene percepita come un’invasione.

Paul Gilroy combina più culture, intrecciando provenienza autobiografica, formazione accademica e
impegno politico. The Black Atlantic: Modernity and Double Consciousness mette a fuoco la questione
della black diaspora. Cultural Studies e Postcolonial Studies si intrecciano. Gilroy entra a pieno titolo in
quello che è il problema vero dell’Europa contemporanea, ovvero l’afflusso costante di profughi, in fuga da
guerre alimentate dallo stesso Occidente che non sa affrontare il problema umanitario ha prodotto
indirettamente e direttamente.

I NUMERI PRIMI.

Said, Bhabha e Spivak, appartengono alla holy trinity dei C.S.

Il concetto di esilio di Said: la riflessione si lega da un lato ad un potente elemento autobiografico, dall’altro
all’impegno concreto e politico che trova la sua concretizzazione nella costituzione della West-Eastern
Divan Orchestra. L’esilio come condizione di terminal loss è un concetto che torna sempre negli scritti di
Said. Orientalism è una riflessione ricchissima e circostanziata sulle modalità di interazione tra tradizioni
diverse e sul modo in cui la relazione di potere posta dai processi coloniali, abbia appiattito la
considerazione dell’Oriente su una serie di stereotipi troppo generali e spesso sbagliati. Secondo Said l’idea
dell’Oriente poi mantenuta nel tempo è stata concepita in un’epoca di sottomissione e di conquista da
parte dell’Occidente.

Knowledge is the beginning, titolo del film documentario che ricostruisce la storia della Divan Orchestra,
se manca questo inizio, nessuna relazione reale tra cultura è possibile. È una relazione che si sviluppa di
necessità in spazi intermedi, lunghi di temporanea assenza dell’ideologia che determina e mantiene gli
sbilanciamenti gerarchici nel contesto sociale.

In Nation and Narration di Bhabha, il nodo centrale è il concetto di identità nazionale e vengono elaborate
tre nozioni critiche di grande importanza e applicabilità. Nel suo saggio The Location of Culture, è centrale il
concetto di mimicry per cui il soggetto coloniale è costruito per imitazione del soggetto colonizzatore, senza
per questo riuscire a identificarsi con esso. Il processo di ibridazione tende a descrivere il processo
attraverso il quale l’autorità coloniale al potere si fa carico di tradurre l’identità dell’Altro colonizzato nella
cornice di un unico parametro universale senza che questa traduzione arrivi a produrre un’omologia. Le
culture altre ibridate occupano un third space nel quale si consuma la definitiva frattura e decolonizzazione
delle pratiche culturali egemoniche e delle narrative coloniali. Bhabha arriva ad affrontare la definizione di
cultura e il suo essere situata, dissipata, dispersa in seguito al nomadismo dai paesi del Sud del mondo.

L’enfasi posta su race e gender da Spivak è correlata al discorso di Bhabha. Il nodo concettuale della sua
teorizzazione è la convinzione che il Terzo mondo sia una creazione dell’Occidente. Nel saggio Can the
Subaltern Speak? riprende il concetto gramsciano di subalternità e incoraggia a una riflessione che arrivi
dalla stessa India postcoloniale che ha subito varie forme di subalternità, lo scopo è quello di smantellare il
logocentrismo occidentale.

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