Sei sulla pagina 1di 4

MONTESQUIEU

1. Illuminismo e riforma dell’ordine politico dell’Antico regime.


Nella seconda metà del Seicento, la Francia era riuscita con Richelieu a spezzare definitivamente la potenza
degli Asburgo; Luigi XIV aveva ripreso il programma del cardinale e aveva fatto della monarchia il centro
unificatore del paese. Il programma era ispirato all’ideale di monarchia di diritto divino, dal quale derivano i
poteri del re e che si esprimono in una volontà assoluta, temperata unicamente da religione e tradizione.
Lo stato fa della volontà soggettiva del monarca, una volontà oggettiva, volta al perseguimento della
grandezza, della gloria della Francia e di conseguenza della felicità del popolo.
Gli stati generali non furono più convocati e i Parlamenti furono privati del diritto costituzionale di rifiutare
la registrazione delle leggi.

Alla morte di Luigi XIV, il problema di un ritorno all’antica costituzione della monarchia francese fu
nuovamente posto all’opinione pubblica francese: ai Parlamenti fu restituito il diritto di registrazione, essi
furono implicitamente riconosciuti come i rappresentanti di quelle forze politiche che reclamavano una
diretta partecipazione al governo della Francia.
Si vengono delineando negli anni della Reggenza tre fondamentali orientamenti nell’ambito della politica e
del corrispondente dibattito ideologico:
1. quello più specificatamente politico, che considera la riforma costituzionale dello Stato francese;
2. quello filosofico-ideologico, che, ispirandosi al rinnovamento culturale promosso dall’empirismo
inglese si fa promotore di una radicale riforma della cultura tradizionale francese, in nome di una
ragione che è in grado di liberare l’uomo dalle superstizioni e dai pregiudizi, di “illuminarlo” nelle
sue attività;
3. quello economico-civile, che studia i problemi della società francese con riferimento ai principi
desunti da una considerazione sistematica dell’attività economica.

2. Montesquieu. Lo Spirito delle leggi. Il problema dell’unità e sistematicità delle leggi. Le origini della
società e il diritto. Il concetto di “spirito delle leggi”.
Il pensiero politico di Montesquieu si fonda proprio sulla monarchia assoluta di Luigi XIV e si concentra sul
significato e sul valore di libertà, che definisce come “il bene che ci fa godere tutti gli altri beni”.
Tra le sue opere abbiamo Lo spirito delle leggi, una delle opere più impegnative del Settecento, in cui le
leggi sono analizzate con riferimento alle manifestazioni della vita sociale. L’opera si compone di 32 libri
distinti in 6 parti: le prime due trattano temi politici, come le forme di governo e la monarchia costituzionale
fondata sulla divisione dei poteri e sulla libertà politica del cittadino; la parte terza illustra i rapporti tra la
legge e il clima, l’ambiente e lo spirito generale della nazione; la quarta si riferisce alle leggi che attengono
al commercio, alla moneta, alla popolazione; la quinta esamina i rapporti tra legge e religione; la sesta studia
le origini e la formazione delle leggi.

Nella prefazione, Montesquieu precisa che il concetto di legge deve essere fondato sul principio che ci
consente di intendere il diverso, il particolare e il generale: le istituzioni, le leggi particolari ci appaiono, ad
una prima considerazione, senza alcun rapporto tra di loro, sì che spesso si contraddicono; le leggi sono,
invece, la manifestazione di un ordine articolato che si fonda sulla natura delle cose. Sono i rapporti
necessari derivanti dalla natura delle cose.
Montesquieu si concentra sulle leggi positive, poste dalla ragione dell’uomo che a differenza del mondo
fisico e degli animali è capace di formulare le regole per il suo comportamento.
L’uomo è sottoposto alle leggi divine e a quelle della natura.

COME NASCE LA SOCIETÀ: Montesquieu non può accogliere la concezione giusnaturalistica della
società, che si costituirebbe mediante il consenso espresso dai singoli individui nella forma giuridica del
contratto. La società è un fatto naturale e l’uomo deve costituirla.
Nello stato di natura, l’uomo non ha una ragione attiva ma solo la facoltà di ragionare: è dominato
dall’istinto di conservazione, consapevole della propria debolezza, dell’avvertenza dei bisogni, del desiderio
di comunicare con i suoi simili.
Dalla famiglia si generano i gruppi sociali primari: le genti, tribù, villaggi; il gruppo implica la coordinazione
delle attività di più individui per il perseguimento di scopi che non possono essere raggiunti dai singoli.
La formazione di gruppi sociali distinti, la necessità di provvedere ai conflitti pongono le premesse da cui
scaturiscono i 3 tipi di diritto:
1. il diritto delle genti - diritto che regola i rapporti tra le diverse società;

2. il diritto politico - diritto che disciplina i rapporti tra governanti e governati;


3. il diritto civile - diritto che regola i rapporti tra gli individui.

Il diritto è formato dalle situazioni in cui vengono a trovarsi gli uomini.

Per Montesquieu, l’area propria della politica che si riferisce allo stato è determinata dal confluire delle forze
particolari nella forza generale, dei rapporti tra le forze particolari cioè gruppi sociali minori nei quali è
inserito l’individuo. Ma l’unione delle forze particolari richiede anche l’unione della volontà dei singoli che
determina la formazione dello stato civile, della società civile, distinta dallo stato, che è il presupposto del
diritto civile, distinto da quello politico.
Questo si fonda sulle forze particolari cioè su gruppi sociali minori, il diritto civile sulla volontà degli
individui.

La legge è la ragione umana in quanto governa tutti i popoli della terra. E le leggi politiche e civili sono casi
particolari in cui questa ragione umana si applica.
Sussiste un superiore criterio unificatore, in base al quale è possibile individuare le interrelazioni e le
reciproche influenze che si istituiscono fra tutte le leggi positive. Cogliere il nesso che unifica tutte le leggi
rispettandone le particolarità, stabilire le relazioni fra esse e quelle con l’ambiente, con i popoli, la storia,
significa intendere lo spirito delle leggi.
Le leggi devono essere adatte al popolo per il quale sono fatte; devono essere in rapporto con la natura e con
il principio di governo costituito; devono essere in relazione col carattere fisico del paese; devono essere in
rapporto col grado di libertà che la costituzione è capace di sopportare, con la religione degli abitanti, le loro
disposizioni, la loro ricchezza, il loro numero. Finalmente esse hanno relazioni reciproche tra loro. Esse nel
loro insieme formano lo spirito delle leggi.
Il concetto di spirito delle leggi consente, secondo Montesquieu, di analizzare i fattori dell’ordine sociale e
politico secondo tre prospettive:
1. la prima considera i rapporti fra le leggi positive e la costituzione politica;
2. la seconda studia i rapporti tra le leggi positive e l’ambiente nel senso di individuare i
condizionamenti che le leggi subiscono dall’ambiente, dal carattere degli uomini;
3. la terza è quella più propriamente storica che considera la genesi, il processo di formazione delle
leggi positive, considerate come un tutto sistematico, il modo in cui da alcune norme fondamentali e
principi informatori vengono a poco a poco derivate le leggi particolari.

3. La costituzione e il diritto: libertà, proprietà e leggi penali.


Nella prima parte, dedicata come abbiamo detto allo studio dei rapporti tra la costituzione e le leggi positive,
l’analisi viene finalizzata al problema della libertà politica che è definita con riferimento alla sfera di
autonomia e indipendenza di cui può godere l’individuo.
La libertà coincide con le leggi positive, ciò significa che il diritto delimita la sfera di azione dell’individuo
nella società. La libertà è il diritto di fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che
le leggi proibiscono non sarebbe più libero perché tutti gli altri avrebbero anch’essi lo stesso potere. Noi
siamo liberi perché viviamo sotto leggi civili. Ma la libertà non significa solamente che l’individuo può
compiere determinate azioni perché previste dalla legge, ma anche che nessuna autorità al di fuori della legge
può prescrivergli un determinato comportamento.
Inoltre, in una prospettiva realistica come quella di Montesquieu, la libertà deve essere riferita alla sfera
patrimoniale che diventa la pietra angolare sulla quale si basano tutti i rapporti della società civile.
Acquistano importanza le leggi che disciplinano la sfera patrimoniale, esse devono consentire a ogni
individuo di accedere alla proprietà e devono evitare che il regime dei possessi e della proprietà diventi
rigido. La proprietà appartiene alla sfera del diritto civile e quindi non può essere regolata dal diritto politico:
nessuno può essere privato dei suoi beni sulla base della legge politica. La libertà implica anche la sicurezza
dei cittadini, assicurati dalle leggi con cui vengono tutelati i beni personali fondamentali: la vita, l’onore, il
patrimonio. Inoltre, la libertà viene regolata dalle leggi che regolano il processo penale e in particolare dalle
norme che disciplinano arresto e detenzione, in effetti le leggi penali possono limitare, sino quasi ad
annullarla, la libertà del cittadino.
Leggi civili e penali esprimono dunque il contenuto concreto della libertà dell’uomo, e costituiscono la base
fondamentale sul quale si costruisce lo stato. La libertà civile è la premessa necessaria ed indispensabile di
quella politica.

4. Le forme di governo: repubblica, monarchia, dispotismo.


Per Montesquieu, esistono tre tipi di governo e quindi tre costituzioni:

1. repubblica - si ha quando il potere sovrano appartiene al popolo e può essere aristocratico (sovranità
ad una ristretta minoranza nobile) o democratico (sovranità al popolo nella sua interezza);
2. monarchia - il potere è di uno solo, che però governa secondo leggi fondamentali che disciplinano e
delimitano il suo potere;
3. dispotismo - il potere appartiene ad uno solo che governa a suo arbitrio, le leggi non hanno valore e
domina solo la volontà assoluta del sovrano.
La natura del potere sovrano deve essere distinta dal principio di ciascuna delle tre costituzioni. I principi
sono: la virtù, come amore della patria per il governo repubblicano democratico o come etica della
moderazione di quello aristocratico - quando si afferma il primato delle attività economiche apportatrici di
agi, di ricchezze, di lusso, la virtù entra in crisi e la democrazia si corrompe; l’onore per il governo
monarchico, come rifiuto di compiere alcun atto che possa ledere la dignità, l’indipendenza, la rispettabilità
personali - è il sentimento della propria individualità distinta, ma rapportata a quella di tutti gli altri, è la
esaltazione della individualità, impegnata nel conseguimento di un fine particolare che si connette
armonicamente a quello generale; la paura, per il governo dispotico, onde viene abolita in ogni individuo
qualsiasi capacità di rimostranza o di discussione.

5. La monarchia costituzionale e i poteri intermedi. La magistratura e il “deposito delle leggi”.


La monarchia è la forma di governo basata sulle leggi fondamentali che riflettono una società gerarchizzata e
articolata e strutturata in una molteplicità di ordini. I poteri intermedi costituiscono la natura del governo
monarchico, lo stato è più saldo, la costituzione più incrollabile, la persona dei governanti più sicura.
La monarchia è caratterizzata dall’esistenza dei “corpi intermedi” che si pongono tra i cittadini e chi detiene
il potere impedendo a quest’ultimo di raggiungere il cittadino dove il comando deve essere mediato da una
molteplicità di istituzioni che garantiscono all’individuo la libertà. Tra i poteri intermedi il più importante è
la nobiltà formata dall’aristocrazia di sangue e dall’aristocrazia minore cui apparteneva la nobiltà minore.

La politica si propone fini che possono essere conseguiti con la coordinazione di una molteplicità di
provvedimenti e azioni i cui risultati impegnano più generazioni: la vita degli stati e dei popoli deve svolgersi
in una unità, nonostante il susseguirsi degli individui e delle generazioni, e la politica, in ultima analisi, non
ha altro scopo che garantire l’unità dello Stato.
La politica non è fatta dagli individui ma dalle istituzioni, cioè dagli individui connessi agli interessi generali
e permanenti di una determinata collettività che sono in grado di esprimere le caratteristiche peculiari di un
popolo.
Gli interessi dello stato possono essere garantiti solo salvaguardando i principi informatori delle leggi
fondamentali. Ma perché ciò sia possibile occorre che ci sia nello stato un deposito delle leggi che le
conservi e le faccia valere. Questa funzione non può essere assolta da un monarca perché è un individuo e
quindi una volontà mutevole che può diventare arbitraria ma deve essere assolta da un potere intermedio, la
magistratura, considerata come un vero e proprio corpo politico, organicamente connesso per il tramite delle
sue tradizioni agli interessi permanenti della nazione francese.

Affinché il potere non esca dalla sfera che gli è propria deve essere mantenuto nei limiti da un altro potere
che gli si contrapponga. La forma di governo che offre maggior libertà è la monarchia moderata, temperata
dalle leggi fondamentali.
In questa forma di governo, la sovranità deve essere distinta in 3 poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario.
Questi poteri sono tali in quanto sono attribuiti a tre distinti ordini sociali, questi ultimi possono controllarsi a
vicenda contrapponendosi a chi tenti di sopraffare l’altro oppure di ridurre gli altri due al proprio ambito. La
teoria della ripartizione dei poteri esprime, a livello della organizzazione costituzionale dello Stato, la
convinzione profonda di Montesquieu che la libertà politica dipende dalla pluralità delle situazioni
giuridicamente garantite e dal loro reciproco controbilanciarsi, al fine di assicurare agli individui il bene per
cui viene costituita la società politica: la sicurezza, la stabilità, la tranquillità.

Il dispotismo si attua quando nello stesso organo si concentra il potere di fare le leggi, eseguirle e giudicare.
Nell’esecuzione della legge, occorre distinguere due funzioni ben distinte: la prima riguarda la politica attiva,
quindi si riferisce alla guida dell’amministrazione pubblica, all’impulso che la fa operare, quindi
all’esecutivo in senso stretto; la seconda attiene, invece, all’interpretazione della legge in relazione ad una
questione particolare e alla sua conseguente attuazione: essa si riferisce all’attività giurisdizionale vera e
propria, al potere giudiziario, ch deve essere indipendente è autonomo, soprattutto nei confronti del poter
esecutivo che potrebbe orientare la sentenze dei magistrati secondo i suoi fini particolari.

Nello stato costituzionale al monarca viene attribuito il potere esecutivo; all’aristocrazia e al popolo quello
legislativo; all’aristocrazia di toga il giudiziario. Il potere legislativo deve essere organizzato in due camere
sul modello inglese: la prima rappresenta il popolo, la seconda l’aristocrazia.

6. Il principio della divisione dei poteri e lo Stato costituzionale. Religione e ordine politico. Forme di
governo e territorio.
L’analisi di Montesquieu non si limita all’organizzazione costituzionale dello stato, ma si estende a tutte
quelle attività mediante cui si svolge e organizza la vita sociale.
La religione è un freno per il potere politico alla sua tendenza di diventare assoluto. Il Cristianesimo ha
ispirato i principi del diritto pubblico europeo dal quale trae fondamento la monarchia costituzionale. È ben
lontano dal puro dispotismo, in quanto viene raccomandata la mitezza nel vangelo. Montesquieu non manca
di sottolineare l’importanza della religione che, sostituendosi alle leggi dello Stato qualora dovessero
mostrarsi impotenti, garantisce la stabilità dell’ordine politico.

Montesquieu svolge l’analisi politica in una prospettiva scientifica ulteriormente in occasione delle
considerazioni sull’interdipendenza tra i “fattori materiali” dello Stato e la sua forma di governo: secondo il
filosofo, infatti, un territorio ristretto favorisce la costituzione repubblicana, un territorio medio quella
monarchica costituzionale, uno vasto quello dispotico - la “diffusione” o “concentrazione” del potere, infatti,
dipende dalle esigenze della organizzazione statale, che sono a loro volta determinate dalla estensione del
territorio e dalla sua collocazione geografica.

A Montesquieu non sfugge neanche il rapporto tra le leggi e l’attività economica e richiama la nostra
attenzione sull’importanza che riveste il modo in cui gli uomini si procurano i beni necessari alla loro vita,
quale essenziale presupposto delle leggi positive. “Sono i differenti bisogni nei differenti climi che hanno
originato le diverse maniere di vivere, e queste diverse maniere di vivere hanno originario le diverse specie
di leggi”.

7. Lo “spirito generale” e il popolo nazione. La genesi storica dello Stato costituzionale. Il concetto di
rivoluzione.
La conclusione di Montesquieu è che la costituzione politica, il sistema delle leggi positive che vi
corrisponde, i principi delle forme di governo sono il risultato di un lungo processo storico.
Lo stato costituzionale moderno è il risultato del processo mediante cui si formarono i nuovi stati europei
dopo la caduta dell’impero romano: esso affonda le radici nella società feudale, la cui struttura
particolaristica è la premessa necessario per esprimere poi il sistema delle garanzie.
Annullare i vincoli che legano una società al passato significa privarla della sua personalità ed annullarla
come entità politica reale. La rivoluzione non è un atto con cui gli uomini si tolgono dalla storia, essa è la
conclusione di un processo storico.

Potrebbero piacerti anche