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I.

Diritto processuale penale


IL fenomeno processuale penale non è riconducibile ad una serie normativa di atti, ma oggetto della
disciplina è un fenomeno complesso per la cui comprensione occorre interpretare e ricondurre ad un
unico sistema le singole norme processuali e risalire alle ragioni ispiratrici

- Interpretare le norme in luce dei valori fondamentali e del loro obiettivo tipico significa attuare la
legge nel caso concreto
- Strumenti processuali mirano attraverso al verifica della fondatezza dell’imputazione ad assicurare
l’effettività della sanzione penale nei confronti dei colpevoli di un reato → il processo è strumentale
al diritto penale, il cp individua i reati e le sanzioni corrispondenti, mentre il cpp ci indica le regole
da seguire per attuare le previsioni di diritto penale sostanziale
- Chi verifica la fondatezza dell’imputazione = ipotesi di colpevolezza ? Il pm
- Le decisioni giurisprudenziali concorrono insieme agli interventi legislativi a produrre le norme
vigenti
- Oggetto del processo penale è il celere accertamento da parte del giudice del dovere di punire,
deve garantire l’esecuzione della pena e liberare gli innocenti dall’accusa a loro carico

Scopo ideale del processo penale è la condanna del colpevole e l’assoluzione dell’innocente, anche
se NON vi può mai essere certezza assoluta
→ il reato è un evento che riguarda il passato, rimangono delle tracce che il giudice deve
raccogliere, proceder per deduzione, ma ciò non porta mai ad una verità certa
→ La verità processuale non è certa e assoluta
Però, mentre la sentenza di condanna richiede un accertamento positivo della colpevolezza, per
l’assoluzione è sufficiente la mancata prova della colpevolezza → canone della presunzione
dell’innocenza

Oltre alla valutazione del materiale probatorio il processo penale Ha una seconda anima, implica
l'uso della forza, esercita violenza, compie azioni che effettuate altrove sarebbero reato: ispezione
personale, ispezioni domiciliari, perquisizioni, sequestro, intercettazioni, riprese visive, custodia
cautelare

La procedura penale è intesa anche come limite del potere a salvaguardia dei diritti individuali
come previsti dalle costituzioni, disciplina attività degli organi giudiziari che limita la libertà
dell’individuo, disciplina rapporti tra individuo e autorità

II. Modelli e concezioni


Modello inquisitorio e accusatorio
→ la storia del processo penale è la storia dell’alternanza da un modello dalle prevalenti
caratteristiche inquisitorie e poi il contrario, non si sono mai sovrapposti

Sistema inquisitorio
- Si forgia negli stati continentali a partire dal 12 sec, tanto in ambito ecclesiastico tanto in abito
laico
Caratteri:
• Basato sul cumulo delle funzioni processuali in capo al giudice: la sovrapposizione del potere di
accusa, il giudice instaura il processo (investigava e raccoglieva le prove) e prende la decisione
finale
• Segretezza: in quanto l’assunzione delle deposizioni viene svolta in segreto, senza la dialettica
contrapposizione tra le parti, in contrasto con diritto di difesa e il principio di pubblicità
• Disparità di poteri tra giudice accusatore e imputato che non può ricercare le prove ma solo
sollecitare l’acquisizione
• Imputato è ristretto nella sua libertà → carcerazione preventiva intesa nel senso di anticipazione
della pena (si scontra con principio di presunzione d’innocenza)
→ l’imputato non è inteso come soggetto titolare di diritti ma come oggetto di investigazione, è
depositario di una verità che deve essere ottenuta anche a prezzo di pressioni fisiche e psicologiche
- Interrogatorio e confessione conseguente è il fine ideale

Sistema accusatorio
- si inizia ad elaborare l’idea nell’illuminismo, come unico modello in grado di difendere i diritti e
le libertà del cittadino
- base ispiratrice fondamentale è il principio di legalità: è il primato della legge ad assicurare che le
debite formalità vengono osservate dai giudici tenuti a seguire il disposto alla lettera
- ovviamente non riesce nel concreto a radicarsi questo modello con il regime fascista, ma soltanto
dopo la Costituzione
- il paradigma di riferimento diventa il processo ad adversary di stampo anglosassone: processo
imperniato sulla fase del dibattimento ove le parti si confrontano in modo diretto presentando
contestualmente al giudice le rispettive ragioni
- prende ufficialmente piede nel 1988 con il nuovo codice di procedura penale
Caratteri:
• si ispira alla separazione delle funzione processuali: ogni soggetto svolge una sua funzione
autonoma e diversa
- in particolare l’iniziativa nell’instaurazione del processo e nella definizione dell’oggetto del
processo spetta al pubblico ministero (in origine spettava alla persona offesa)
- esclusione di ogni potere del giudice nella raccolta delle prove, perchè devono essere fornite
dalla parte accusatrice che deve chiederne l’ammissione al giudice → giudice terzo e imparziale
• Pubblicità del processo: l’udienza, fase del processo che si svolge di fronte al giudice è pubblica,
risponde ad un’esigenza di trasparenza
• Principio di oralità: gli atti del processo si svolgono attraverso la voce
• Principio di immediatezza: gli atti sono compiuti al cospetto del giudice e delle parti e si
susseguono in un tempo ristretto
• Principio del contraddittorio

Nel corso del tempo il sistema accusatorio è stato sabotato, e i canoni dell'oralità e del
contraddittorio, architravi del modello prescelto furono attaccati e spesso non applicati
→ sono due gli indirizzi in voga nel periodo recente volti ad affievolire i diritti della persona
accusata:
• La prima direttrice punta alla riscoperta della vittima, mettendola al centro del processo penale
dopo che la concezione pubblicistica dell'interesse alla base della pretesa punitiva l'aveva relegata
per lungo tempo ai margini
• L'altra corposa tendenza va ascritta al predominio dell'ossessione securitaria, si è accentuata a
dismisura la pulsione a tramutare gli strumenti del processo penale che colpiscono la sfera dei
diritti fondamentali in altrettanti dispositivi utili a combattere i fenomeni della criminalità
organizzata

Questo schema tradizionale è destinato a svanire proprio perché ad essere perseguito è


l'avvicinamento tra diversi sistemi penali degli Stati membri dell'Unione Europea, la loro reciproca
contaminazione

⇒ Il nostro sistema nasce come accusatorio ma nel tempo si è contaminato con l’inquisitorio →
sistema misto
Casi di contaminazione:
Procedimento ordinario, composto da tante fasi
- accanto a questo possono esserci procedimenti semplificati o speciali che eliminano alcune delle
fasi. Ex. Ladro colto in flagranza → Si va direttamente al dibattimento
- il legislatore ha previsto degli strumenti come il patteggiamento, in cui si propone all’imputato di
tagliare alcune garanzie, come saltare la fase dibattimentale concedendo un taglio della pena
NB. Obbligatorietà dell’azione penale: apertura di un numero altissimo di procedimenti, quindi
abbiamo un carico giudiziario molto pesante, questi strumenti servono a deflazionare
⇒ procedimenti ispirati al sistema inquisitore perchè tutto si svolge nelle indagini

Il sistema odierno
Distinzione tra processo e procedimento
• Procedimento: sequenza di fatti che inizia dalla notizia di reato iscritta al registro delle notizie di
reato e termina con l’emissione della sentenza conclusiva definitiva
• Processo: ha inizio al termine della prima fase procedimentale, la fase delle indagini preliminari

Procedimento:
1. Fase: indagini preliminari:
- notizia di reato acquisita dalla polizia giudiziaria e poi dal pm, iscrizione nel registro delle
notizie di reato
- Il PM e la polizia giudiziaria procedono con le indagini preliminari
- Se le indagini non portano a nulla il pm in alternativa può richiedere l’archiviazione, quindi non
si ha il processo
- Se le notizia di reato risulta fondata il PM deve esercitare l’azione penale: formula
l’imputazione chiedendo il rinvio a giudizio
2. Fase: Udienza preliminare:
- precede il giudizio vero e proprio, serve da filtro tra le indagini e il vero giudizio
- è pensata per deflazionare il carico giudiziario
- il timone torna in mano al giudice per l’udienza preliminare (gup)
- udienza camerale
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- valutare la fondatezza delle indagini del pm


- il giudice può decidere che le indagini non sono in grado di sostenere l’accusa in giudizio,
quindi il processo si ferma in questa sede, e non si va a giudizio → il giudice emette la sentenza
di non luogo a procedere
- il giudice può valutare che le indagini sono fondate e procedere con il decreto di rinvio a
giudizio
3. Fase. Dibattimento/ Giudizio dibattimentale
- scopo di accertare la colpevolezza dell’imputato
- si conclude con una sentenza di condanna o di assoluzione

III. La norma processuale


La procedura penale è disciplinata da norme inquadrabili in due grandi categorie:
1. Norme che esprimono principi: prescrizioni aperte, che non indicano in modo preciso di
esaustivo le condizioni per il prodursi di conseguenze giuridiche ma individuano solo i valori da
rispettare
- I principi non sono suscettibili di immediata applicazione ma richiedono una formulazione di
norme più dettagliate che li concretizzano
2. Regole: (la maggior parte delle norme rinvenibili nel codice vigente) norme chiuse e dotate di
precisione tali da enumerare in modo esaustivo le condizioni necessarie per produrre le
conseguenze giuridiche da esse disposte e pertanto immediatamente applicabili
- in altri termini pongono fattispecie, ossia prescrizioni del contenuto generale ed astratto e
dotate di struttura condizionale (se A, allora B)
- le regole di cui ci occuperemo sono volte a disciplinare quella scansione di atti finalizzati
all'accertamento del dovere di punire in cui si concretizza il processo penale
≠ a differenza delle fattispecie penali sostanziali non si limitano a porre comandi o divieti di
comportamento
MA delineano una variegata gamma di situazioni giuridiche soggettive riferibili ai partecipanti
al processo le quali si possono ricomprendere in due classi fondamentali:
• Il dovere: cioè la valutazione negativa da parte dell'ordinamento di un comportamento che
non sia coincidente con quello descritto dalla norma
• Il potere: ovvero la facoltà per un soggetto processuale compiendo un certo atto di
determinare taluni effetti, ponendo le premesse per ulteriori poteri e doveri in capo ad altri
soggetti
Ex. Il pm e l'imputato hanno il potere di impugnare la decisione del giudice di primo grado;
l'esercizio di tali poteri a sua volta determina il dovere del giudice dell'impugnazione di
pronunciarsi sui temi a cui fanno riferimento i motivi di impugnazione

Fonti del diritto processuale penale


Fonti nazionali

Fonti ordinarie:
• cpp 1988: codice che è nato, al contrario del cp nato in un periodo autoritario, in epoca
repubblicana
- detto codice dei professori, perchè le commissioni ministeriali che lo hanno redatto
comprendevano gli accademici
- codice rivoluzionario, molte polemiche
- nel tempo ha subito notevoli modifiche, quindi sicuramente era molto diverso
• Leggi ordinarie
• Decreti legge e decreti legislativi
La procedura penale rientra nella competenza esclusiva della sovranità statuale: non potrebbe
trovare la sua disciplina nella legge regionale

Fonti sovraordinate:
Nazionali:
• Costituzione
- ci sono disposizioni con carattere immediatamente percettivo, che contengono regole
immediatamente applicabili nel cpp

Fonti sovranazionali
Spiccano due grandi sistemi di produzione giuridica:
• Consiglio d'Europa composto da 47 Stati membri: adotta la convenzione europea dei diritti
umani: una fonte di norme internazionali pattizia che è stata recepita dal nostro ordinamento
• Unione Europea formata da 27 Stati membri

Fonti internazionali:
• Trattati
• CEDU art 72, 34: è una fonte di norme internazionali adottata dal Consiglio d’Europa che è stata
recepita dal nostro ordinamento e che contiene diverse prescrizioni rilevanti nei processi penali.
(ricorsi individuali alla corte da parte di chi si ritiene vittima di una violazione dei precetti
contenuti nella CEDU quando tutte le garanzie interne si sono esaurite)

Fonti UE:
• TFUE: conferisce all'Unione Europea il potere di legiferare tramite direttive in tema di
cooperazione giudiziaria, ossia in merito alle attività di assistenza reciproca fra gli Stati volte a
reprimere i reati a dimensione sovranazionale
Art 82. I competenti organi dell'Ue hanno il potere di dettare direttive contenenti norme minime
finalizzate a stimolare l'armonizzazione delle varie discipline nazionali in una serie di aree:
l'ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati, i diritti della persona nella procedura penale…
• Carta di Nizza: possiede lo stesso valore giuridico dei trattati è destinato ad interferire sul modo in
cui le garanzie processuali dovranno essere modellate pure a livello interno
⇒ nella gerarchia delle fonti interne come si collocano?? Risposta offerta dalla corte costituzionale
con due sentenze gemelle 2007: la normativa della CEDU pur distinguendosi dalla costituzione
assume un rilievo costituzionale in forza dell’art 117 comma I della cost: La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali
- Le fonti sovranazionali si collocano tra la costituzione e la legislazione ordinaria quindi non
devono contrastare la costituzione ma allo stesso tempo il cpp deve rispettarle
- Il giudice non potrà disapplicare automaticamente la norma interna in contrasto con fonti
sovranazionali, ma dovrà sollevare con un ordinanza di rinvio questione di legittimità alla corte
costituzionale
- La corte deve condurre il suo scrutinio per valutare se ci sia effettivamente il contrasto o meno con
la norma sovranazionale e verificare se le norme sovranazionali siano in contrasto o meno con la
costituzione, se cosi fosse non possono trovare applicazione

Giurisprudenza
- Nel tempo ci stiamo avvicinando sotto alcuni aspetti ai i sistemi di Common law caratterizzati dal
vincolo del precedente giurisprudenziale
- per il nostro ordinamento le decisioni dei giudici di merito, della corte di cassazione e la corte
costituzionale non costituiscono fonti dotate di rango formale
- stesso discorso vale per la corte europea dei diritti dell'uomo alla quale assegnato la competenza
decidere su tutte le questioni che riguardano l'interpretazione della CEDU

Anche se il diritto giurisprudenziale non ha valore formale, spesso le interpretazioni operate dalla
giurisprudenza risultano indispensabili per tradurre le norme dettate dal legislatore che spesso sono
incomplete e eccessivamente astratte

IV. Disciplina costituzionale

Principi fondamentali DEL processo penale


Principio dell’equo processo:
- Esso non solo compare nell’art. 6 I. CEDU: ogni persona ha diritto a che la sua causa sia
esaminata equamente
- Si ritrova anche nell'articolo 111 I. Cost. in cui però l'equità è identificata con la giustizia: La
giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge → questo comma è stato
inserito dalla L.Cost. 23 novembre 1999
- Il modello del giusto processo è inteso come un parametro oggettivo rilevante in astratto,
suscettibile di orientare i bilanciamenti tra i valori in gioco effettuati dalla legge ordinaria al
momento della previsione delle singole regole processuali
- Il modello del giusto processo si può intendere come un concetto di sintesi tra tutti i principi
costituzionali applicabili nel processo penale

Principio di legalità processuale


Anche il testo originario della costituzione poneva garanzie di legalità ma prima del 1999 i valori da
cui germina il principio di legalità non erano ancora definitivamente radicati
Art 111 I. Cost.: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge
Il principio opera sulla scala delle fonti attraverso una riserva di legge: la disciplina del processo
deve promanare da
• Fonti di rango super primario (regolamenti e direttive UE)
• Fonti di rango primario (legge, atti aventi forza di legge)
- La riserva è assoluta: come sempre accade le fonti subordinate non sono del tutto escluse ma
possono toccare solo aspetti di dettaglio o di stretta esecuzione, che non implicano scelte di politica
legislativa
- un’ulteriore direzione nella quale si esplica il principio di legalità è il divieto di analogia in malam
partem

Presunzione di non colpevolezza


Nel sistema inquisitorio prevale l'idea che non esistono innocenti, ma solo colpevoli da ricercare e
condannare, nei sistemi accusatori vale la regola opposta: tutti sono considerati innocenti fino a
prova contraria
- Impostazione ideologica fortemente garantista fondata sul sillogismo: ogni individuo è sempre
esposto al potere di punire, colpevole o innocente che sia, tale potere si esercita attraverso il
processo e la potestà punitiva riceve la sua legittimazione solo con la condanna definitiva, e dunque
è necessario prima di tale momento proteggere chi non l'ha ancora subito
→ rappresenta un criterio regolatore dei rapporti tra individuo e autorità sul terreno processuale e si
propone come il più immediato antidoto all'errore giudiziario

Tutelato nella:
• Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo art. 11
• CEDU art 6. in cui la presunzione di innocenza rappresenta una specificazione della nozione di
equo processo al primo comma, ne deriva che i profili relativi alla violazione della presunzione di
innocenza devono essere intesi come violazioni dell'equo processo
• Patto internazionale dei diritti civili e politici
• Costituzione art 27 comma II: L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva
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In costituzione la presunzione di innocenza è una garanzia polifunzionale intesa come:


• Regola di trattamento: vieta di assimilare l'imputato al colpevole e quindi il divieto di punire il
soggetto → sotto questo profilo è il settore delle restrizioni della libertà personale a risultarne
coinvolto
- L’esercizio del potere cautelare pone l'imputato in una posizione ambigua di fronte all'autorità:
egli presunto non colpevole nel procedimento penale è considerato probabilmente colpevole nel
procedimento cautelare (guarda libertà personale)
- questa regola si proietta anche al di fuori del processo e si sostanzia nel divieto di far apparire
l'imputato come colpevole prima della condanna: qui entrano in gioco i delicati rapporti tra la
presunzione di non colpevolezza e la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto di cronaca
- spesso le notizie relative alle vicende processuali integrano una sanzione atipica: producono
effetti pregiudizievoli nei confronti dell’imputato
- su questo terreno emerge una sorta di paradosso mediatico: la notizia di reato, l'informazione di
garanzia, gli arresti o provvedimenti cautelari hanno una resa mediatica di gran lunga superiore
rispetto ad una sentenza di assoluzione, soprattutto se intervenuta a distanza di anni dal tempo di
commissione del delitto
→ in un ottica di bilanciamento tra valori la presunzione di non colpevolezza autorizza la
previsione di limiti al diritto di cronaca giudiziaria (fedeltà ai fatti, linguaggio sorvegliato, regole
deontologiche chiare)
• Regola di giudizio: la presunzione cristallizza l'onere della prova della responsabilità penale in
capo al pubblico ministero risolvendo l'incertezza processuale in senso favorevole all’imputato
- l'imputato si trova in un'oggettiva posizione di vantaggio: il sistema privilegia l'interesse
individuale di libertà
Questa regola è contenuta nel 553 cpp (presupposti della condanna): Il giudice pronuncia sentenza
di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole
dubbio.
- Ragionevole dubbio: questo parametro esprime una soglia cognitiva sensibilmente più alta
offrendo una maggiore tutela
- gli elementi che giustificano la condanna devono risultare più persuasivi di quelli che
sorreggono l'ipotesi di innocenza: per condannare un imputato non basta che l'ipotesi della
colpevolezza risulti più probabile della prospettiva dell'innocenza ma è doveroso adottare uno
standard probatorio più solido e la distinzione tra accusa e difesa sotto il profilo della ripartizione
del rischio della mancata prova
→ questo standard probatorio è costituito proprio dalla regola che consente di condannare
l'imputato solo se quest'ultimo risulta colpevole oltre ogni ragionevole dubbio
- ragionevole → nonostante il convincimento intimo, interno del giudice, la sua decisione deve
essere ragionevole

Diritto di difesa
Art 24 II, III cost: La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione.
La difesa è un diritto inviolabile: a differenza degli altri diritti inviolabili non è una situazione di
fatto ma di diritto, artificiale, un prodotto del legislatore → il legislatore dovrebbe darci una
definizione
- Non ci dice nulla sulle singole garanzie, è troppo generale, non ha un contenuto vero ne una
definizione

- Definizione dottrinale convincente: difesa è una funzione dialetticamente contrapposta all’accusa


che l’imputato attraverso l’autodifesa insieme al suo difensore esercitano di fronte ad un giudice
terzo e imparziale
- riforma dell'articolo 111 del 1999 attentato di limitare questa discrezionalità e attribuire maggiore
concretezza alla protezione del diritto alla difesa (comma III)
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo
possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; …
→ diritto all’informazione:
- la conoscibilità degli atti e delle accuse a proprio carico, l’accusato deve sapere delle accuse a
proprio carico
→ Informazione di garanzia: atto con cui il pm fa cadere la segretezza interna delle indagini, che
deve essere inviato all’indagato e alla persona offesa
- implica l’esistenza di un procedimento a carico del destinatario
- serve all’esercizio del diritto di difesa
- diritto dell'accusato di disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa
…Abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono
dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle
stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore…
→ diritto alla prova: diritto di sviluppare la difesa introducendo nel processo ogni elemento di
conoscenza necessaria o utile per corroborare le proprie posizioni
- Ovviamente la prova deve essere ammessa dal giudice

La difesa può essere efficace solo in un processo che rispetti due fondamentali regole:
• Netta separazione tra giudice e parti: titolarità azione penale dinanzi al pm
• Principio di parità tra le parti

Comprende due componenti:


1. L’autodifesa
2. Diritto di difesa tecnica

Autodifesa
Diritto dell'imputato di essere presente nel processo che lo riguarda e di contribuire personalmente
alla funzione difensiva fornendo argomenti in proprio favore
Implica il diritto di presenza al processo
Per potermi difendere è essenziale: sotto questo profilo il nostro ordinamento era carente
Esisteva (dal 2006 abolito) la contumacia: se non si riusciva a rintracciare l’imputato il processo si
poteva comunque svolgere
MA oggi esiste l’istituto dell’assenza

Difesa tecnica
Consiste nell’assistenza giuridica fornita all’accusato da un difensore il quale svolge la propria
attività a fianco del difeso che comunque può continuare ad agire in nome e per proprio conto
→ fondamento è che per svolgere la difesa occorrono nozioni giuridiche che l’imputato non
conosce
- Presenza del difensore non è garanzia esclusiva dei sitemi accusatori ma anche quelli ad alto tasso
di inquisitorietà vedeva la presenza del difensore ma che non ha gli strumenti per difendere
effettivamente, e anzi è un alibi per lo stato che finge che esista una garanzia che non c’è → il ruolo
dell'avvocato tende a configurarsi come prevalentemente retorica
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- il sistema accusatorio il difensore ha più poteri e maggiore responsabilità: può ricercare e chiedere
l'ammissione delle prove
- Il difensore ha l’obbligo di svolgere la sua funzione antagonistica con l’accusa, deve sempre
essere di parte e fare gli interessi del cliente
Il diritto di difesa è effettivo se accessibile a tutti: istituti che permettono di garantire la difesa
tecnica i non abbienti → istituto del gratuito patrocinio
- la difesa tecnica a differenza della difesa personale è obbligatoria: se l'imputato non ha un
difensore di fiducia gli viene nominato un difensore di ufficio (art 97) → indefettibilità
dell’assistenza tecnica
→ Sollevamento legittimità costituzionale: la corte costituzionale afferma che nel contrasto tra
diritto individuale e collettivo doveva prevalere il collettivo, quindi la garanzia oggettiva della
presenza di un difensore, la garanzia di difesa non è disponibile

Diritto a non collaborare, a non autoincriminarsi


Una componente dell'autodifesa che si estrinseca nella facoltà di non fornire elementi in proprio
danno
- vieta all’ordinamento di usare la forza per costringere l'imputato a condotte auto incriminanti in
questo modo irrobustisce la sua libertà morale, mettendolo a riparo da pressioni
- Qualche volta fa capolino la tendenza a circoscrivere il raggio d'azione di questo principio alle
sole dichiarazioni: il diritto al silenzio → protegge l'individuo che si trova vis-a-vis con l'autorità
→ MA non è così; si può estrarre un più ampio diritto di resistenza che copre anche il diritto a non
effettuare movimenti corporei necessari ai fini istruttori (non indossare certi vestiti al fine di una
ricognizione personale, non rilasciare un saggio fonico ai fini del riconoscimento della voce… ):
autodifesa passiva
- nell'ambito del procedimento probatorio l'imputato può venire in considerazione come organo di
prova, ossia fonte dalla quale informazioni promanano attraverso un atto di volontà, o come oggetto
di prova, vale a dire bersaglio sul quale l'accertamento cade
→ il diritto a non collaborare vale per gli atti che appartengono alla prima categoria e non alla
seconda ex. l’art. 24 prevede che sull'imputato venga eseguita anche contro la sua volontà una
perquisizione o un’ispezione
- ulteriore esplicazione del diritto a non collaborare è la facoltà di mentire → autodifesa attiva
- L’esercizio di una facoltà processuale non può produrre conseguenze negative in capo a chi se ne
sia valso, il rifiuto di rispondere o la risposta menzognera o l'atteggiamento non collaborativo non
possono essere valutati come elemento a carico dell'imputato

Principio di parità tra le parti


Art 111 II cost: Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità,
davanti a giudice terzo e imparziale.
- Si può considerare insito nel diritto al processo equo risultando altresì funzionale al più generale
principio di parità di trattamento previsto dall'articolo 3 cost.
- Esigenza di un ragionevole equilibrio fra la posizione dell'accusa e della difesa: opportunità per
ciascuna parte di presentare le proprie ragioni di fronte ad un giudice in base a condizioni che non la
pongano in una situazione di svantaggio di fronte alla controparte
- Inteso in senso letterale parità significa simmetria: vale a dire la necessità di prevedere identici
doveri e poteri in capo alle parti MA non è così
• L’accusa è una parte pubblica che ambisce a realizzare l'interesse della collettività alla punizione
del reale colpevole, e il suo potere è dotato di poteri autoritativi esercitabili nella fase delle
indagini e suscettibili di ripercuotersi sui diritti fondamentali dell’accusato
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• La difesa: svolge la funzione di rilevanza pubblica, la protezione dei diritti dell'accusato ma sulla
base di un incarico di natura privatistica.
- Il difensore dovendo agire per conto del proprio cliente non è tenuto a concorrere alla
realizzazione dell'interesse collettivo perseguito dal pubblico ministero
- È inevitabile che la difesa non abbia poteri paragonabili a quelli dell'organo di accusa
⇒ fisiologicamente intesa la parità deve servire a compensare gli squilibri fra accusa e difesa, non
non deve assicurare una perfetta uguaglianza ma un controbilanciamento: ai poteri dell'accusa
devono corrispondere garanzie difensive che nelle varie fasi del processo siano capaci di moderare i
primi

Principio del contraddittorio


Introdotto con la legge di revisione costituzionale nel 1999 art 111 II cost: Ogni processo deve
svolgersi in contraddittorio tra le parti in condizione di parità
Principio del contraddittorio argomentativo
Contraddittorio è una tecnica di confronto dialettico tra due antagonisti, che consapevoli
dell’oggetto della disputa, sono ammessi a esporre le ragioni a sostegno delle rispettive tesi e
replicare gli argomenti dell’avversario, per convincere un terzo incaricato di risolvere la questione
→ il suo inserimento in costituzione determina la struttura stessa del processo, ne condiziona le
modalità e lo svolgimento, e ne legittima la decisione conclusiva

Perché possa esplicarsi al meglio implica l’oralità e la contestualità: il dibattito deve tenersi davanti
al giudice, quindi si dispiega nell’unità di tempo e di luogo dell’udienza
Essenziale ad un autentico confronto è anche la parità tra le parti, in inscindibile connessione col
principio di contraddittorio
Il fondamento del contraddittorio è duplice:
• Etico-politico: gli ordinamenti liberal-democratici aprono il dibattito al pubblico (collegato quindi
alla contestualità e oralità)
• Riguarda la teoria della conoscenza e quindi il rapporto tra contraddittorio e prova: viene accolta
l’idea che il convincimento del giudice risulti meglio fondato se si giova del contrasto di opinioni
mosso dalle parti
Il contraddittorio nella formazione della prova
Art 111. IV cost: Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione
della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da
chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o
del suo difensore
La prova, quando non preesiste al processo, prima va assunta e poi valutata → il contraddittorio
concorre alla nascita della prova
→ ovviamente si fa riferimento alle prove che per loro natura si costituiscono nel processo
(testimonianza, esame di imputati…)
- Si pensa che la tecnica più perfetta di formazione della prova risieda nell’esecuzione diretta della
persona, depositaria di un certo sapere, ad opera delle parti medesime (ex. Esame di esperti
condotto da chi ha interesse a vedere confermata la propria tesi tramite le dichiarazioni in risposta a
domande scelte e formulate a quel preciso scopo)
- ciò porta al divieto di fondare l’accertamento penale su conoscenze che siano state ottenute senza
passare per il confronto dialettico tra le parti
- la fase del dibattimento deputata a risolvere la questione della colpevolezza deve essere al sicuro
dal flusso di tutti i dati provenienti dalle altre fasi, poiché di norma non contemplano l’esercizio del

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diritto al contraddittorio (ex. Atti acquisiti durante la fase delle indagini preliminari dal pm o dalla
polizia giudiziaria)

⇒ Il principio del contraddittorio esprime un'elementare esigenza di giustizia, per la quale nessuno
può essere costretto a subire gli effetti di una sentenza senza avere avuto la possibilità di partecipare
al processo per far valere le proprie ragioni di fronte al giudice ed influire sul suo convincimento
→ serve all’esercizio del diritto di difesa

Eccezioni tollerate
Art 111. V cost.: La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in
contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per
effetto di provata condotta illecita
• Consenso dell’imputato: l’imputato può scegliere di rinunciare al diritto al contraddittorio ed a
conferire valore di prova per la decisione sulla responsabilità penale ad atti formati senza
l’impiego dialettico. L’intento del legislatore era quello di salvaguardare la legittimità dei riti
alternativi al dibattimento (giudizio abbreviato…) dove la componente negoziale è alla base di
una semplificazione delle forme processuali che sacrifica in primo luogo il contraddittorio.
• Impossibilità oggettiva di formare la prova nel contraddittorio delle parti: fa riferimento alle cause
che escludono la realizzazione del contraddittorio, o per motivi congeniti (documento,
intercettazione telefonica…), oppure in virtù di circostanze accidentali che le parti non fossero in
grado di prevedere (morte o infermità mentale della persona da esaminare)
• Provata condotta illecita: atti che derivano dall’esercizio di pressioni sul dichiarante per indurlo a
a tacere di fronte alle domande rivoltagli o a rilasciare dichiarazioni false caso in cui il
dichiarante, sottoposto a pressioni o che dice il falso

La motivazione dei provvedimenti giurisdizionali


È la giustificazione del provvedimento giurisdizionale, contiene le ragioni a sostegno della
pronuncia del giudice
- Esistono ordinamenti dove i provvedimenti sono immotivati: sistemi processuali che fanno
affidamento alla giuria (giudici non professionali che sono espressione del corpo sociale) dove la
correttezza della decisione nasce da questo stretto vincolo tra giudice e società
- esistono ordinamenti (italia) basati su giudici professionali che sono tenuti ad illustrare il percorso
logico-argomentativo che sorregge la sentenza
Art 101 cost: La giustizia è amministrata in nome del popolo
Art 111 VI. cost: Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati
- L’obbligo di motivazione si raccorda al principio di legalità: la motivazione rivela se il giudice ha
agito nel rispetto o meno della legge
- L’obbligo di motivazione è strettamente collegato al libero convincimento del giudice: il giudice
può scegliere se dare valore ad una prova o meno, ma deve motivarne il perchè → la motivazione
bilancia il libero convincimento
- in pratica la motivazione è necessaria perchè se l’imputato la ritiene errata può impugnarla
- inoltre essendo la giustizia amministrata in nome del popolo, anch’esso deve essere in condizione
di poter sindacare il modo in cui è amministrata la giustizia
Si suole distinguere tra motivazione:
• In fatto: sequenza argomentativa fondata su prove, che si propone di convincere della plausibilità
della ricostruzione dei fatti
• In diritto: discorso volto a giustificare la correttezza delle norme da applicare al caso concreto

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La motivazione è:
• Indisponibile: essendo garanzia oggettiva di giurisdizione: le parti non possono rinunciarvi
• Pubblica
• Completa: imposti standard qualitativi e quantitativi

Il legislatore guida il giudice nell'emanazione della motivazione, prevedendo una struttura


legale della motivazione (art 546 cpp):
1. l'intestazione «in nome del popolo italiano» e l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunciata;
2. le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le
generalità delle altre parti private;
3. Imputazione;
4. Parte argomentativa dal carattere dialogico, perché deve riportare la dialettica processuale. Il
giudice infatti deve indicare concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la
decisione è fondata, indicando i fatti acquisiti e i criteri di valutazione utilizzati, e
l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie.
⇒ La violazione di uno di questi parametri comporta un vizio di motivazione che può essere fatto
valere anche davanti alla Corte di Cassazione (vizio di diritto): discostamento dall’art. 546 riguarda
l’inadeguatezza della motivazione
≠ nullità ex art. 125: indica la mancanza assoluta di motivazione

Il ricorso per cassazione


Art 111 comma VII. Cost: Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale,
pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione
per violazione di legge.
Tale disposizione svolge una triplice funzione
• Sancisce il principio di giustiziabilità degli organi giurisdizionali: sono ricorribili per cassazione
le sentenze emesse da qualunque giudice, ad eccezione delle pronunce della corte costituzionale
• Affida alla cassazione il compito di assicurare, in quanto supremo organo di giustizia, l'esatta
osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché l'unità del diritto oggettivo nazionale
→ la c.d. funzione nomofilattica che assicura l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge
• Assegna alla cassazione il ruolo di giudice ultimo di legittimità: la corte è tenuto a verificare che
la sentenza impugnata sia esente da vizi astenendosi dal sindacare il merito della causa, cioè la
fondatezza delle imputazione e l'attendibilità delle prove

Va evidenziato che l'articolo 111 si riferisce in generale ai provvedimenti sulla libertà personale: la
cassazione può censurare non solo i provvedimenti restrittivi, ma anche le pronunce di rigetto di
domande cautelari avanzate dal pubblico ministero o di richieste di scarcerazione presentate dalla
difesa

Ragionevole durata del processo


Art 111 II. Cost: La legge ne assicura la ragionevole durata
- È un altro dei connotati dell'equità processuale
- È uno degli obiettivi che il legislatore deve perseguire al momento di calibrare le norme
processuali, mentre nella CEDU e nella carta di Nizza è configurato come un diritto soggettivo
- nonostante l'articolo si riferisca al processo la ragionevole durata va rapportata anche alla fase
delle indagini preliminari
- si tratta di un principio funzionale agli interessi dell'accusato, mirando ad evitare che il processo, e
il carico di sofferenza che ne discende abbiano lunghezza eccessiva
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- intende proteggere interesse della vittima e della collettività ad una conclusione sufficientemente
rapida della vicenda processuale inibendo la previsione di norme che determinino inefficienze o che
consentono all'accusato di adottare tattiche dilatorie
→ la ragionevole durata comporta un non agevole bilanciamento tra esigenze di tutela delle
garanzie difensive, la realizzazione delle finalità cognitive del giudizio e l'efficienza processuale

In linea teorica, questo principio consentirebbe di dichiarare l'illegittimità delle norme che
prevedono tempi eccessivamente lunghi, passaggi procedimentali inutili o formalità superflue →
non ha mai sortito questo esito, poiché la gestione di tempi processuali e materia che la corte
costituzionale tende riservare alla discrezionalità legislativa
- inoltre in molti casi la durata dei processi si allunga non a causa di norme, ma per colpa di fattori
organizzativi o comunque umani in rapporto ai quali non è agevole individuare dei rimedi legislativi

Il discorso cambia quando si adotta la prospettiva della CEDU considerandolo un diritto soggettivo:
la corte europea ha il potere di sindacare la durata di ciascun procedimento in base ad una serie di
parametri, e la violazione di tale principio ha permesso ai giudici di Strasburgo di condannare
l'Italia in numerose occasioni
Tre indici:
- complessità del caso
- comportamento dell'interessato
- comportamento dell'autorità competenti

La riparazione degli errori giudiziari


Art 24 IV. Cost: La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari
- Lo Stato è obbligato dalla costituzione a prevedere una disciplina riguardo al ristoro da attribuire
alle vittime di una condanna ingiusta
- Errore giudiziario: condanna dell’innocente, ma anche ogni volta in cui il provvedimento del
giudice sia stato tale da determinare effetti pregiudizievoli in tutto analoghi a quelli derivanti dalla
condanna passata in giudicato (detenzione cautelare ingiusta)
- l'esigenza di riparazione degli errori giudiziari trova riscontro esplicito nell'articolo 3 della CEDU
dove è stabilito che: deve essere indennizzato alla persona nei cui confronti sia stata applicata la
pena in ragione di una condanna penale definitiva e quest'ultima sia stata poi annullata poiché il
nuovo elemento nuove rivelazioni comprovano un errore giudiziario

Diritti fondamentali NEL processo penale: diritti che entrano in tensione nel processo penale

La libertà personale
Rappresenta un pilastro del sistema
Art 13 cost.: la libertà personale è inviolabile
- Inviolabilità interpretata come clausola normativa volta sottrarre i diritti inviolabili al
procedimento di revisione costituzionale
- È un diritto indisponibile: la spontanee sottoposizione appena restrittiva della libertà personale non
è ammissibile
- l'interprete è obbligato ad individuare fra più soluzioni interpretative consentite da un testo
normativo quella che riduca al minimo sacrificio la libertà personale

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II. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi
altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli
casi e modi previsti dalla legge.
III. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di
Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro
quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore,
si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
IV. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
V. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
⇒ Questi commi successivi sono quelli con marcato contenuto processuale
II. → stabilisce la triplice garanzia della riserva assoluta di legge, della riserva di giurisdizione e
dell'obbligo di motivazione
Riserva di legge
Necessità della previa individuazione legale dei casi e modi dell'eventuale restrizione della libertà
personale: tassatività delle ipotesi restrittive

Riserva di giurisdizione
L’espressione autorità giudiziaria è da intendersi come riferito alla sola autorità giurisdizionale e
quindi al giudice e non al pm
La riserva di giurisdizione esige che l'autorità investita del potere di limitare la libertà di una
persona sia indipendente dal potere politico e dall'esecutivo
Creata la riserva di giurisdizione è la garanzia dell'obbligo di motivazione del provvedimento
limitativo della libertà personale che assolve una duplice funzione:
- la motivazione propizia al controllo dell'opinione pubblica sul provvedimento coercitivo il quale
amministra la giustizia in nome del popolo
- l’enunciazione delle ragioni di fatto e di diritto che giustificano la coercizione personale è
funzionale a consentire il sindacato giurisdizionale sul provvedimento medesimo

III. → disciplina e poteri coercitivi della polizia, eccezionali, provvisori e sempre assoggettati al
successivo controllo giurisdizionale
IV. → vieta ogni violenza fisica e morale sulle persone ristrette

V. → impone limiti massimi alla durata della carcerazione preventiva, da intendersi quale misura
cautelare eventualmente disposta nei confronti dell'accusato
Carcerazione preventiva → custodia cautelare
È una eccezione come estrema ratio
MA quali ragioni potrebbero giustificare la restrizione della libertà di una persona che nemmeno è
stata raggiunta da un giudizio di condanna?
- Risposta facendo leva sull'articolo 27 II L'imputato non è considerato colpevole sino alla
condanna definitiva
→ da tale previsione si ricava una regola di trattamento, il divieto di trattare l'imputato come il
colpevole: tale regola va combinata con l’art. 13 quale vincolo negativo posto a legislatore in
materia di misure restrittive della libertà personale
→ l'antinomia fra presunzione di innocenza e la previsione di una detenzione preventiva è solo
apparente: è proprio la prima a segnare in negativo i confini di ammissibilità della seconda →
affinché le restrizioni della libertà personale siano compatibili con la presunzione di non
colpevolezza è necessario che assumono connotazioni differenziate da quelli della pena
- Ragioni che giustificano la custodia cautelare sono:
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• Pericolo di inquinamento probatorio


• Pericolo di fuga dell’imputato
• L'esigenza di prevenzione speciale che si regge su una doppia prognosi di colpevolezza: che
l'imputato abbia probabilmente commesso un determinato reato e che possa in futuro realizzarne
altri → questa è molto problematica

Libertà di circolazione
Art 16 cost.: Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio
nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di
sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Qui non abbiamo ne riserva di giurisdizione ne obbligo di motivazione, ma una riserva di legge
rinforzata
MA logicamente la libertà di circolazione rientrerebbe nella libertà personale, come si distinguono
gli ambiti di applicazione dell’art 13 e 16?
Un criterio è offerto dall’art 16 dove afferma “limitazioni che la legge stabilisce in via generale”
(ex. Divieto di accesso ad una zona interessata da n alluvione imposto dal sindaco)
→ quando il divieto di accesso in un luogo, o l'obbligo di residenza, riguardi esclusivamente una
persona determinata e non una generalità indefinita di individui viene in rilievo la libertà personale
dell'individuo con tutto ciò che ne consegue e non la libertà di circolazione

Libertà del domicilio


Art 14 cost: Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti
dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
- Legata strettamente all’art 13 → il domicilio è una proiezione speciale della persona
- La libertà di domicilio viene compressa non soltanto quando si penetra fisicamente all'interno
dello spazio protetto (ispezioni perquisizioni) ma anche quando il frammento della vita che li si
svolge vieni carpito dall'esterno (intercettazioni ambientali o riprese visive)
- Domicilio: non si identifica con quello regolato dalla definizione in costituzione ma nella nozione
penalistica che prevede una maggiore estensione, infatti si ritiene che l'autovettura rientri nel campo
applicativo dell'articolo 14
- problema applicativo: l'articolo 13 adopera un’espressione generica "qualsiasi altra restrizione
della libertà personale", mentre l'articolo 14 prevede soltanto ispezioni, perquisizioni, sequestri →
ci si è chiesti se l'elenco fosse effettivamente tassativo, ma con l'evoluzione della tecnologia il
problema è esploso → a fronte di ciò la corte costituzionale non ha accolto l'interpretazione
restrittiva

Libertà e segretezza delle comunicazioni


Art 15. Cost: La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione
sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie
stabilite dalla legge.
Completa il trittico dei diritti inviolabili
Esibisce una differenza dagli art.13 e 14: non consente alla polizia alcun margine di intervento
autonomo, nemmeno per i casi urgenti, potendo essere compressa soltanto in seguito ad un atto
motivato dell'autorità giudiziaria → si presenta come uno dei diritti più forti dell'intero ordinamento
- ciò potrebbe sorprendere poiché in un'ipotetica scala di valori probabilmente la libertà personale
verrebbe al primo posto:
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• la scelta è motivata da un moto di reazione verso il sistema anteriore dove si era fatto un uso
massiccio delle intercettazioni telefoniche piegandole ai fini di sorveglianza politica (regime
fascista)
• Inoltre ispezioni e perquisizioni spesso toccano un unico soggetto, invece quando si controlla una
comunicazione le persone coinvolte sono come minimo due, spesso di più: si fa sentire l'esigenza
di proteggere i diritti dei terzi
• Ispezioni e perquisizioni sono atti palesi, nel senso che l'interessato può esserne a conoscenza sin
dal momento in cui vengono compiuti, al contrario intercettazioni devono essere eseguiti
all'insaputa del destinatario
- l'articolo 15 protegge soltanto le comunicazioni riservate

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V. I soggetti
Così è intitolato il libro di apertura del codice di procedura penale: Libro I “i soggetti”
Libro dedicato ai soggetti processuali

Il giudice
Art 1 cpp: La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento
giudiziario secondo le norme di questo codice
- Giudice: colui che esercita la giurisdizione penale
- Giurisdizione: funzione esercitata da organi statali qualificati formalmente come giurisdizionali,
diretta a dichiarare con forza vincolante quale sia la legge penale da applicare nel caso concreto
- Funzione giurisdizionale è indeclinabile: il giudice non può declinarla, poiché solo attraverso
quella si può applicare la sanzione penale. E poi perchè un giudice, una volta attivato il
procedimento, non può declinare la sua funzione, non può evitare di emanare una decisione

- La qualifica di magistrato si consegue per concorso, formalizzata in un decreto ministeriale


- l'assegnazione all'ufficio compete al consiglio superiore della magistratura

I connotati del giudice


Caratteristiche essenziali che necessariamente contraddistinguono la qualità del giudice
1. Imparzialità:
Art 111 comma II cost: si riferisce alla funzione esercitata da giudice nel singolo determinato
processo, l'esigenza che la decisione sia immune da interessi o pregiudizi
E comporta innanzitutto la distinzione fra chi chiede (pm) e chi rende giustizia
Garantisce:
- l’assenza di legame con le parti
- l’indifferenza dagli interessi in conflitto.
Il giudice non deve essere pregiudicato rispetto al decisione, ma neutrale rispetto alla ricostruzione
del fatto. Ex. Giudice si è già pronunciato sul tema della colpevolezza prescrivendo una misura
cautelare per un soggetto, non può essere lo stesso del dibattimento

2. Terzietà:
Art 111 II cost: Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità,
davanti a giudice terzo e imparziale.: riguarda lo status ordinamentale, organizzativo degli uffici del
giudice la sua collocazione istituzionale, la sua equidistanza dalle parti
- Il suo status ordinamentale deve esser strutturato in modo tale da rendere lo stesso giudice
soggetto solo alla legge, deve essere indipendente dal potere politico cosi come dalle parti

3. Indipendenza:
Art 101 II. Cost: i giudici sono soggetti soltanto alla legge
→ emerge il principio di indipendenza dei giudici: solo la legge costituisce la fonte, il limite, la
misura dei loro poteri
L’indipendenza si rivolge:
• all’esterno: verso gli altri poteri, soprattutto esecutivo. Art 104 cost: La magistratura costituisce
un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Vengono in considerazione
- la regola sull’inamovibilità (art 107 I cost.),
- la composizione e le funzione del CSM (art 104,105,107 cost.) art 105 cost Spettano al
Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le
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assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei


riguardi dei magistrati → unico organo competente dei trasferimenti e delle sanzione
- il divieto di istituire giudici straordinari (creati ad hoc per specifici reati dopo la loro
commissione) o speciali (con competenze ritagliate intorno a specifici interessi un materie) salvi
quelli ammessi in costituzione → garanzia della precostituzione del giudice: il giudice deve
essere individuato ex ante, in via preventiva cosi da evitare che possa essere arbitrariamente
scelto in rapporto alla singola controversia. Individuazione certa del giudice su canoni oggettivi
• All’interno dell’ordine giudiziario: art 107 III cost. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per
diversità di funzioni → impedisce che la magistratura sia organizzata secondo criteri gerarchici,
ma esistono solo distinzioni di funzioni

Art 25 I cost. Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge
Il giudice oltre che precostituito deve essere anche naturale:
Naturalità del giudice: principio secondo cui il diritto e la giustizia devono riaffermarsi proprio nel
luogo in cui sono stati violati → la costituzione esprime l’esigenza di mantenere una corrispondenza
tra luogo di commissione del reato e del giudice: diritto ad essere giudicato da chi è in grado di
cogliere compiutamente il significato di una condotta criminosa spiegabile alla luce di regole e
valori diffusi in un determinato contesto sociale

Organizzazione degli uffici giudiziari


Funzione giurisdizionale esige di essere organizzata in conformità al dettato costituzionale in modo
da garantire il principio del giudice naturale precostituito e per perseguire l’esigenza di assoggettare
tutti i cittadini alla medesima giurisdizione → esercitare la funzione giurisdizionale risulta
suddiviso tra i diversi giudici conformemente alle regole sulla competenza

Due sono i criteri tradizionali in cui si ripartisce la competenza:


Riguardano l’attribuzione dei diversi reati ai diversi giudici:
• La materia: considera il fatto oggetto del processo in relazione agli effetti sanzionatori adesso
collegato dalla legge penale, l'individuazione del giudice così ancorata alla qualità e quantità di
pena erogabile nel caso concreto
• Il territorio: ha riguardo al fatto nella sua connotazione storica, ancorando l’attribuzione del
giudice sulla base del luogo in cui il reato è stato commesso
• (Uno aggiunto) La connessione: consistente nell’eventuale legame esistente tra più fatti di reato o
tra più persone coinvolte nel medesimo fatto
Riguarda l’attribuzione di uno stesso reato a diversi giudici in base al grado del processo:
• Competenza funzionale: criterio di ripartizione in diversi gradi di giudizio: uno stesso giudice non
deve occuparsi delle diverse fasi, verrebbe meno l’imparzialità (gip, gup, giudice del
dibattimento)

Il giudice è costantemente tenuto a verificare la propria competenza e perciò ha sempre possibilità


di dichiarare la propria incompetenza
- la dichiarazione di incompetenza può essere anche dedotta dalle parti
Incompetenza si atteggia diversamente a seconda se:
• Sia stata già esercitata azione penale: è dichiarata con sentenza. Ha natura meramente incidentale
e non condiziona in alcun modo l'attività del pm procedente, cui siano restituiti gli atti
• Non sia stata esercitata azione penale: è dichiarata con ordinanza. Il fatto di reato è ormai
precisato in tutti i suoi elementi nell'imputazione formulata dal pm, e di conseguenza quando
l’azione è stata esercitata dinanzi al giudice incompetente sono previsti antidoti più incisivi volti a
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incardinare tempestivamente la questione davanti al suo giudice naturale. Gli atti non sono
restituiti al pm, ma trasmessi al pm istituito presso il giudice ritenuto competente

Competenza per materia


Presuppone una distribuzione in senso verticale degli affari penali tra diversi giudici, ordinata
secondo un ordine progressivo che tiene conto della gravità dei reati affidati al giudice
Una distinzione è tra:
• Giudici penali ordinari: competenza generale a giudicare tutte le persone e sono rappresentati da
magistrati che appartengono all’ordine giudiziario
Art 1 dell’ ordinamento giudiziario li elenca: giudice di pace, tribunale ordinario, corte d’appello,
cassazione, tribunale minorenni, magistrato di sorveglianza,
Non compaiono la corte d’assise e la corte d’assise d’appello poiché sezioni specializzate del
tribunale ordinario e della corte d’appello
• Giudici speciali: (divieto derogabile di giudici speciali) costituiti in via preventiva per la
determinazione di questioni sottrate al giudice straordinario
‣ Giustizia penale militare: competenza esclusiva a giudicare sui reati militari purché non
risultino collegati con reati comuni
‣ Competenza penale corte costituzionale: reati presidenziali, alto tradimento e attentato alla
costituzione imputabili ala pdr → composta da 15 normali e 16 arrogati

1. Giudice di pace: magistrato non di carriera ma onorario, nominato dal ministro di giustizia
- competenza individuata solo per alcuni titoli di reati (elencati nell’art 6), i c.d. reati bagatellari,
punibili nella maggior parte dei casi con pena pecuniaria
- non può erogare pene detentive ma ha uno specifico apparato sanzionatorio: multa, ammenda,
permanenza domiciliare e lavoro di pubblica utilità
- può estinguere reato per effetto di condotte riparatorie dell’imputato
- può attuare la cd giustizia riparativa → sistema di risposta alternativa alla sanzionatoria

2. Tribunale
- Competenza individuata in via residuale dall’art 6 (reti che non appartengono alla competenza
della corte d’assise e del giudice di pace)
- Maggioranza dei reati
Può essere:
• Collegiale: 3 membri togati, reati più gravi o da accertamento complesso. Come si individuano i
reati gravi? In base al quantum della pena stabilita dal legislatore. Come si individuano i reati da
accertamento complesso? Elenco tassativo art 33 bis comma I cpp
• Monocratico: un giudice reati di minore gravità con massimo edittale 10 anni
Presso ogni tribunale è istituito:
• il GIP: presiede alla fase delle indagini preliminari, fase del procedimento che inizia con
l'acquisizione della notizia di reato e con l'iscrizione nell’apposito registro.
- Tale fase permette al p.m. di compiere le sue scelte in ordine all'esercizio dell’azione penale, e
solo al termine delle investigazioni si giungerà al processo.
- Tuttavia questa fase non può essere impermeabile alle garanzie della giurisdizione, perché in
essa si possono compiere degli atti che incidono sulla libertà personale della persona sottoposta
alle indagini.
- In questi momenti interviene il g.i.p., che è il garante della fase delle indagini → misure
cautelari, intercettazioni, mezzi di ricerca della prova che vanno ad incidere sulle libertà
personali.
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• il GUP: presiede all'udienza preliminare, che si innesta dopo che il p.m. ha esercitato l’azione
penale e dunque si apre il processo. L’udienza preliminare ha la funzione di filtro per verificare
l'utilità del dibattimento.

Tra i giudici del dibattimento, il presidente del tribunale ne nomina tre che formeranno:
Il tribunale del riesame, a cui spetta il compito di decidere sulle impugnazioni avverso le misure
cautelari personali o reali.
- Questo organo ricopre un ruolo importante in funzione di garanzia: le misure cautelari per la loro
natura di provvedimenti straordinari vengono emesse senza contraddittorio nel caso di pericolo
provato per il processo (fuga, inquinamento probatorio).
- Il g.i.p. decide esclusivamente sulla base degli atti presentati dal p.m., dunque le garanzie
difensive operano necessariamente a posteriori → impugnazione davanti al tribunale del riesame.
- Questo strumento deve essere esperito subito, il tribunale del riesame decide in tempi molto rapidi.
- Si tratta dunque di un binario parallelo, eventuale, rispetto all'accertamento del reato.

Corte d’appello
È un giudizio di secondo grado, ma soltanto eventuale perché le parti hanno un diritto disponibile
ad impugnare le sentenze emesse in primo grado con il mezzo dell'appello.
- competente a riesaminare nel merito di sentenze di condanna o proscioglimento emesse dal
tribunale
- Per giudizio nel merito (≠giudizio di legittimità) si intende quel giudizio che riguarda il fatto e la
responsabilità dell'imputato (piano sostanziale) e che si forma attraverso la valutazione delle prove
- 3 membri scelti tra magistrati togati con almeno 8 anni di esperienza

Tribunale dei minorenni


Sezione specializzata del tribunale ordinario
Si realizza una circoscritta partecipazione del popolo all'amministrazione della giustizia, è
composto da:
• 2 magistrati togati
• 2 giudici non togati esperti di psichiatria o psicologia o antropologia criminale, pedagogia, allo
scopo di bilanciare la risposta punitiva classica (formalismo giuridico) con la sensibilità espressa
da soggetti portatori di altri valori e professionalità.
- Speciale disciplina processuale, calibrata sulla personalità del minore: non più istanze retributive,
ma educative, affinché il processo non pregiudichi una personalità in fase di formazione →
sospensione del processo con messa alla prova, apertura di un percorso trattamentale, che se ha
buon esito, determinerà la chiusura del processo.
- La competenza del tribunale per i minori investe tutti i reati commessi da persone con età
compresa dai 14 ai 18 anni, dal momento che prima dei 14 anni il soggetto non è imputabile.
- Conta l’età del momento della commissione del reato, non l’età raggiunta durante il processo.
- Sulla competenza non influisce la connessione con altri procedimenti a carico di adulti.
- Anche qui considerato il numero pari dei componenti, la condanna esige la maggioranza
qualificata.

3. Corte d’assise
- Composta da 2 membri togati e 6 popolari
- I membri popolari al contrario dell’ordinamento anglosassone, non decidono la colpevolezza MA
c’è supremazia dei togati → forma blanda, è controllata della parte popolare

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L’attribuzione dei reati alla corte d’assise si basa sia su un profilo qualitativo che quantitativo: reato
con pena prevista oltre i 24 anni o ergastolo, delitti dolosi o preterintenzionali dai quali deriva la
morte di una persona, a sfondo politico o genocidio

Corte d’assise d’appello


- Giudizio di secondo grado sulle sentenze della corte d’assise
- 8 membri: 2 togati e 6 popolari

4. Cassazione
Giudice di legittimità ≠ corte di merito
Controllo corretta applicazione della legge da parte dei giudici
Ha una funzione nomofilattica: vigila sulla corretta e uniforma applicazione della legge su tutto il
territorio nazionale → risponde all’esigenza di uguaglianza
- controlla anche la corretta struttura della motivazione
- composta da 7 sezioni da 5 componenti ciascuna
- ha sede a Roma
- è stata istituita una settima sezione, che ha il compito di filtro, in quanto giudica circa
l’ammissibilità dei ricorsi, dichiarando inammissibili quelli prima facie manifestamente infondati.
- Al suo interno troviamo un supercollegio: Collegio delle sezioni unite: per esprimersi su questioni
dubbie anche tra le varie sezioni, composta da 9 giudici che appartengono alle sezioni semplici che
ruotano
- Le sezioni unite hanno una particolare autorevolezza, ma non sempre riescono a dire l'ultima
parola, perché nel nostro sistema le decisioni della cassazione si impongono nella singola
controversia non costituendo un orientamento vincolante per gli altri giudici.
- la vincolatività può derivare solo dall’autorevolezza della fonte di quella pronuncia e dalla
ragionevolezza di quelle decisioni in punto di diritto

Competenza per territorio


- Presuppone all’interno del territorio nazionale una molteplicità di corti d’assise, tribunali e giudici
di pace.
- Il giudice competente per il reato è quello nel cui ambito territoriale è stato commesso il reato
- cosa si intende per commissione del reato? Luogo di consumazione del reato, se dal fatto è
derivata morte di un persona nel luogo in cui è avvenuta l’azione o omissione, se il reato è
permanente conta il luogo in cui avuto inizio la consumazione
Il codice prevede delle deroghe:
• Procedimenti nei quali un magistrato assume la qualità di imputato, o di persona offesa o
danneggiata dal reato e la competenza spetta in ufficio giudiziario ricompreso nel distretto di
corte d'appello in cui lo stesso magistrato esercita le proprie funzioni → si individua l'organo
giurisdizionale a confidare la cognizione del procedimento alla Segre di un criterio circolare,
fissato nella tabella allegata

Competenza per connessione


- esistono situazioni in cui le regole sulla competenza per materia o per territorio non sono
sufficienti ad individuare il giudice deputato a pronunciarsi su una certa vicenda
- Si tratta di situazioni relative a fatti di reato che presentano collegamenti fra di loro, secondo il
legislatore hanno bisogno dell'individuazione di un unico giudice competente da scegliere tra
diversi giudici che sarebbero ciascuno competenti per uno soltanto dei diversi avvenimenti

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1. Caso di connessione: riguardo fatto di reato commesso da più persone in concorso colposo, o una
vicenda criminosa in cui l'evento sia stato determinato da più persone in condotte indipendenti
2. Più reati commessi da una stessa persona con una sola azione od omissione (concorso formale) o
compimento di azioni o omissioni legate da un medesimo disegno criminoso (reato continuato)
3. Si realizza quando taluni reati sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri

Negli articoli successivi sono stabiliti i criteri per individuare l'unico giudice competente per i fatti
connessi
• Preferenza per il giudice superiore nel caso in cui i più reati siano attribuiti a giudici di grado
diverso
• La competenza spetta al giudice territorialmente competente per il reato più grave o a quello
competente per il reato commesso per primo il caso di fare gravità, quando i diversi reati connessi
siano attribuiti allo stesso giudice competente per materia collocato presso sedi territoriali diverse

Il pubblico ministero
PM: organo pubblico dell’apparato statale, che appartiene all’ordine della magistratura, incaricato
di vegliare sull’osservanza delle leggi.
Art 73 dell’ordinamento giudiziario (legge che disciplina gli aspetti organizzativi dell’ordine
giudiziario: promuove la repressione dei reati e l'applicazione delle misure di sicurezza; fa eseguire
i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice
Promuovere la repressione dei reati: eseguire le indagini per costruire l’accusa e esercitare l’azione
penale, ma anche rappresentare al meglio le ragioni dell’accusa in tutte le fasi e i gradi del processo

- Attribuzione del potere di accusa: polemiche e critiche nei confronti dei PM, perchè il potere di
accusa è esercitato attraverso un attività che non può essere regolata se non parzialmente dalla legge
(≠ dall’attività del giudice), sfugge ad una puntuale disciplina legislativa → scelte discrezionali che
si traducono in scelte di politica criminale
- Il pm non è chiamato a rispondere davanti ai cittadini delle proprie scelte politiche, perchè non è
un organo politico e gode delle stesse garanzie di indipendenza del giudice, quanto a reclutamento,
trasferimento della sede, e controllo da parte solo del CSM
Art 190 dell’ordinamento giudiziario: La magistratura, unificata nel concorso di ammissione, nel
tirocinio e nel ruolo di anzianità, è distinta relativamente alle funzioni giudicanti e requirenti.
- Il ministro della giustizia al contrario da altri paesi NON è tenuto a rispondere delle scelte dei pm
- Il pm non è responsabile, ma con il tempo si cerca di responsabilizzarlo, soprattutto con la riforma
Cartabia (vedi dopo)

Organizzazione degli uffici dei pm


- Gli uffici del pm sono istituite presso i tribunali
- Ogni circoscrizione ha il suo tribunale e quindi anche una procura della repubblica

Procura generale
- le funzioni del pm nei giudizi di impugnazione sono esercitati dalla procura generale presso la
corte d'appello o presso la corte di cassazione
- composta dal procuratore generale, da uno o più avvocati generali e da sostituti procuratori
generali
- alla procura generale presso la corte d’appello competono anche funzioni di controllo sull’operato
delle procure della repubblica → per verificare il rispetto dell’obbligo dell’esercizio dell’azione

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penale, e nel caso si registrino inerzie il procuratore generale ha il potere dell’avocazione delle
indagini: assume il potere di svolgere indagini che di norma spetterebbero alla procura della repub.
- procura generale presso la corte d’appello esercita la propria funzione nel proprio distretto che
all’interno ha più circoscrizioni dei tribunali (di norma un distretto corrisponde ad una regione e la
corte d’appello ha sede nel capoluogo)

Procura della repubblica


- le funzioni del pm sono esercitate nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dai
magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale: composto dal procuratore e dai
sostituti procuratori (altri pm)
- il pm mutua la propria legittimazione all’espletamento dell'indagini dalla competenza del giudice
presso il quale è istituito → le indagini saranno suddivise per vari procure in senso per così dire
orizzontale, secondo le regole sulla competenza per territorio e per connessione, invece per il
procedimento di primo grado, l'ufficio dell'accusa è sempre la procura della Repubblica presso il
tribunale
- le peculiarità di alcuni fenomeni delittuosi, ai fini di realizzare una più efficace investigazioni, ad
attribuire le funzioni di pubblico ministero nell'indagini preliminari e nei procedimenti di primo
grado all'ufficio della procura della Repubblica che ha sede presso il tribunale del luogo ove si trova
la corte d’appello → procura distrettuale (mafia, criminalità organizzata)
- quando ci sono contrasti tra più procure della Repubblica interviene la procura presso la corte
d'appello del distretto in cui si trovano, e dopo aver esaminato gli atti il procuratore generale
determina quale ufficio debba procedere all'indagine
- se il contrasto sorge fra due procure della Repubblica in diverse direzioni distrettuali la soluzione
spetta alla procura generale presso la corte di cassazione

- Tra il capo dello ufficio e i suoi sostituti esiste un rapporto di dipendenza gerarchica → infatti il
titolare dell’ufficio è l’unico titolare dell’azione penale e fissa i criteri per l’assegnazione delle
indagini
- Il capo esercita un penetrante controllo sull’attività dei sostituti, e sull’uso delle tecnologie
- I sostituti godono di autonomia al momento dell’udienza
- Solo il procuratore capo rappresenta l’ufficio all’esterno
- Limitazione temporale delle funzioni de procuratore capo → dirigenti devono ruotare, possono
essere capi di quell’ufficio per massimo 4 anni → attenuare questa forte supremazia

Il pm è organo di giustizia: incaricato di vigliare l’osservanza delle leggi


Però nel codice il pm è inequivocabilmente di parte
La contiguità del pm al giudice (entrambi sottoposti a controllo csm, entrambi accedono alla carica
mediante lo stesso concorso, entrambi godono di piena indipendenza..) stona con l’assetto triadico
proposto dal codice
…Infatti da tempo l’avvocatura propone la separazione delle carriere:
- oggi il passaggio tra funzione giudicante e requirente non è così semplice (cambio di sede, si può
fare richiesta solo 4 volte ma solo dopo aver esercitato quella funzione per almeno 5 anni )

Indagini preliminari
Ha lo scopo di presentare prove per dimostrare la colpevolezza dell'imputato aldilà di ogni
ragionevole dubbio
Il pm non ha poteri restrittivi, tranne il fermo
Il pm ha nella fase delle indagini ha poteri molto maggiori della difesa
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Nel dibattimento invece è un contraddittore al pari

Azione penale
Il giudice NON può procedere di sua iniziativa → il giudice non sarebbe terzo e imparziale
MA il pm deve attivare la giurisdizione
L’azione penale: meccanismo attraverso il quale il pm attiva la giurisdizione, da l’input al processo,
fissa l’oggetto del processo, svolge un attività per influenzare la decisione del giudice, per
propiziare un determinato esito

Numero chiuso di atti di promovimento dell’azione penale che corrispondo con quelli che danno
avvio al processo: richiesta di rinvio a giudizio che contiene l’imputazione
(Altri atti possono contenere l’imputazione ad esempio quando si prosegue con procedimenti
speciali)
- Stesso atto che determina l’assunzione di qualità di imputato

Caratteristiche dell’azione penale


• Titolarità esclusiva del pm: non discende esclusivamente dalla costituzione
• Obbligatorietà: Art 112 cost: Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
- applica il principio di legalità nella prosecuzione penale
- ratio: tutela diritto di uguaglianza di fronte alla legge
- la norma da un lato configura l’azione penale come un adempimento obbligatorio: riconosciuto
al pm il ruolo di dominus dell’azione penale, che deve individuare i casi in cui esercitarla
Art 50 cpp: Il pubblico ministero esercita l'azione penale quando non sussistono i presupposti per
la richiesta di archiviazione
Come si concilia l’obbligo con la possibilità che richieda l’archiviazione e quindi che non attivi il
processo?
- Stesso discorso per quanto riguarda le condizioni di procedibilità: ostacoli dell’azione che
dipendano dalle determinazione dei soggetti privati o pubblici (querela, istanza…)
→ È la stessa legge a dettare i requisiti per il non esercizio dell’azione penale: va esercitata solo
quando esistono elementi sufficienti a sostegno della colpevolezza → la presenza o assenza di una
condizione di procedibilità fa parte del complesso degli elementi che in base alla legge devono
integrarsi e che il pubblico ministero deve valutare per verificare la sussistenza o meno
dell'obbligo di agire
Confini dell’obbligo di agire:
- sarebbe assurdo pensare che ad ogni notizia di reato debba fare necessariamente seguito
un'azione penale → l'obbligatorietà va intesa nel senso di precludere il cosiddetto principio di
opportunità che in altri ordinamenti consente ai pm di scegliere se esercitare o meno l'azione
penale in base a considerazioni strategiche o politiche
• Irretrattabilità: nel momento che il pm esercita l’azione penale esce dalla sua sfera giuridica, non
può fermare lo svolgimento del processo
• Ufficialità: nell’esercitare l’azione penale il pm adempie all propria doverosa funzione, non ha
bisogno di istanze di parte, però allo stesso tempo il cpp in alcuni casi prevede le condizioni di
procedibilità, di cui il pm deve verificare la sussistenza (reati procedibili a querela)

Modifiche legge cartabia


- Da tempo si discute l’opportunità di mantenere l’obbligatorietà dell’azione penale: problema del
sovraccarico giudiziale

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- Nella prassi l’obbligo è violato: le risorse sono limitate e perciò impiegate per alcune indagini a
discapito di altri che sono accantonati → poi vanno incontro a prescrizione
- Cosa è accaduto fino ad oggi? I titolari degli uffici dettano criteri di priorità: i sostituti devono far
il modo che tutte le risorse siano impiagate in determinate indagini
- Questi criteri si traducono in un potere discrezionale e quindi nell’esercizio di un potere politico in
capo alle procuratore delle repubbliche
NON sono tenuti a spiegare le scelte e la violazione del principio di obbligatorietà
- Inoltre ogni uffici può darsi i suoi criteri di priorità: violazione principio di uguaglianza
→ Sono definiti un male necessario
Però devono essere istituiti da un organo politico chiamato a rispondere davanti ai cittadini
Art 1 comma 9 lettera legge Cartabia
Il legislatore deve prevedere che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme
esercizio dell’azione penale, nell’ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge,
individuino criteri di priorit trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle
procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto
alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle
risorse disponibili; allineare la procedura di approvazione dei progetti organizzativi delle procure
della Repubblica a quella delle tabelle degli uffici giudicanti;
- l’ufficio del pm per garantire l’efficacia e l’uniformità dell’azione penale deve darsi dei criteri di
priorità per selezionare le notizie di reato basandosi su criteri generali imposi dal parlamento per
TUTTI
- Non sono criteri selettivi che ne privilegiano alcuni e accantonano altri, ma solo regolativi che
semplicemente danno precedenza ad alcuni reati rispetto ad altri
→ questo però in pratica spesso non è cosi, c’è un sovraccarico di lavoro per i pm

Nelle disposizioni di attuazione si introduce:


Art 3 bis rubricato priorità nella trattazione della notizia di reato e nell’esercizio dell’azione penale:
nella trattazione della notizia di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pm si conforma ai criteri
di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio
Art 127 bis rubricato avocazione e criteri di priorità:
nel disporre la vocazione delle notizie di reato, in determinati casi tassativamente previsti, il
procuratore generale presso la corte d’appello tiene di conto dei criteri di priorità contenuti nel
progetto organizzativo dell’ufficio della procura
→ il procuratore generale avoca quando si rende conto che la procura non svolge indagini adeguate
ma a questo punto deve tenere conto anche dei criteri di priorità

La polizia giudiziaria
È l'organo di cui dispone il pm ai fini dell'espletamento delle sue prerogative istituzionali e che il
codice disciplina tra i soggetti, dopo il giudice e il pm → non è un corpo autonomo ma ausiliario
- la polizia giudiziaria è così qualificata per distinguerla dalla polizia amministrativa o di
prevenzione, il cui compito è quello di impedire la commissione di illeciti penali o amministrativi
- p. giudiziaria interviene successivamente la commissione del reato svolge le funzioni individuate
nell’art. 55 I cpp: La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati,
impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti
necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione
della legge penale.
II. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria.
• Funzione informativa: ricevere notizie di reato
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• Funzione investigativa: ricercare gli autori dei reati


• Funzione assicurativa: compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova(mettere in
sicurezza la scena del crimine nell’immediatezza del fatto);
Le funzioni possono essere esercitate ad iniziativa della medesima polizia giudiziaria, oppure sotto
la direzione su delega del pm
- i suoi margini di autonomia riguardano in particolare la fase immediatamente successiva alla
ricezione della notitia criminis MA una volta che il p.m. abbia assunto la direzione delle indagini, la
p.g. dovrà agire in ottemperanza alle direttive del p.m.
→ art 109 cost: L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.
→ vincolo di dipendenza funzionale rispetto all’autorità giudiziaria
- la diretta disponibilità di polizia giudiziaria da parte del pm serve ad assicurare l'autonomia e
l'indipendenza della giurisdizione penale evitando che l'esecutivo possa in qualche modo
condizionare l'accertamento processuale
- ciò significa che sul piano gerarchico la polizia consiglio dipendere dal potere esecutivo, ma
risponde all’autorità giudiziaria per il proprio operato, ottemperando direttive, istruzioni e deleghe

Organizzazione interna dell’ufficio di polizia: art 57 cpp: Salve le disposizioni delle leggi speciali,
sono ufficiali di polizia giudiziaria …
- I comuni uffici della polizia di Stato, nel comando dell'arma dei carabinieri e della Guardia di
Finanza, il sindaco e qualificato ufficiale di polizia giudiziaria
- le relazioni fra gli ufficiali del pubblico ministero e i servizi della polizia giudiziaria sono di tipo
gerarchico: ex. Polizia di stato → ministro degli interni, guardia di finanza → ministro
dell’economia, arma dei carabinieri → ministro della difesa
→ vincolo di dipendenza burocratica rispetto all’esecutiv

Il legislatore costituente ha adottato una soluzione di equilibrio, non imponendo un autonomo corpo
di p.g. all'esecutiva dipendenza della magistratura sia per limitare i poteri della magistratura sia per
rendere più efficace l’azione di ciascun corpo: La p.g. agisce sotto una doppia dipendenza
Tali rapporti sono disciplinati all’art. 56 c.p.p. secondo vari livelli di intensità (rapporto tra p.m. e
p.g. varia a seconda dei diversi apparati amministrativi con cui si instaura):
1. Servizi di polizia giudiziaria: unità costituite presso le strutture amministrative di appartenenza
(non presenti nelle procure, ma nelle questure, comandi dei carabinieri e della guardia di
finanza).
- Essi svolgono in modo prioritario e continuativo le funzioni di p.g..
- Vi sono poi i servizi centrali ed interprovinciali, corpi specializzati, che hanno il compito di
assicurare il collegamento dell'attività investigativa nell’ambito dei delitti di criminalità
organizzata, in quanto estesi su gran parte del territorio (SCO, servizio centrale operativo presso
la polizia di stato; ROS, raggruppamento operativo speciale, SCICO). Tali reparti sono
funzionalmente dipendenti dalla magistratura penale: periodicamente dev’essere comunicato al
procuratore della repubblica (unico titolare potere disciplinare) il nome dell’ufficiale preposto,
che ex art. 59.2 c.p.p. è responsabile personalmente davanti al procuratore della repubblica.
2. Sezioni di p.g istituite presso ogni procura della repubblica: al fine di garantire uno stretto
rapporto con il p.m. che dirige le indagini → massimo grado di dipendenza.
- Ogni Procura della Repubblica dispone della relativa rispettiva sezione di polizia giudiziaria,
mentre la Procura generale presso la Corte d’appello dispone di tutte le sezioni istituite presso il
distretto (58.1) (non c’è filtro dell’amministrazione).
- La dipendenza funzionale è accompagnata da una dipendenza organizzativa di tipo gerarchico
tra p.m. e i servizi della polizia giudiziaria
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- sezioni sono in rapporto di subordinazione diretta: tali funzionari rispondono direttamente al


p.m. e svolgono esclusivamente le attività di polizia giudiziaria
N.B. la procura generale presso la corte d’appello non ha apposite sezioni perché non svolge
indagini eccetto i casi di avocazione.
3. Restanti uffici e dagli agenti della p.g: al grado minimo di dipendenza, sono tenuti a compiere
indagini a seguito di una notizia di reato → esclusivamente affidati agli enti di appartenenza.
4. La Procura Nazionale antimafia e antiterrorismo è supportata dall’attività di un corpo di
polizia esclusivamente deputato alle indagini in tema di criminalità organizzata: la Direzione
Investigativa Antimafia (DIA).

L’imputato
- Nel sistema italiano il processo non si instaura immediatamente a seguito della notizia di reato,
bensì al termine delle indagini preliminari.
- L’assunzione della qualifica di imputato avviene con la formulazione dell’imputazione, vale a dire
la formale attribuzione ad una persona di un fatto reato concreto da parte del p.m., cioè con
l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m.
- Imputazione assume il senso di una presa di posizione del pm circa il merito dell’ipotesi
accusatoria
- Imputazione è contenuta normalmente nella richiesta di rinvio a giudizio ma anche in altri atti
come la richiesta di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a
norma dell'articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio
direttissimo

Prima di questo momento si può parlare solo di addebito provvisorio (può essere contenuto
nell’informazione di garanzia).
- L’addebito provvisorio contiene gli elementi minimi in punto di fatto, requisiti storici, data e luogo
del fatto, e diritto, qualificazione giuridica, norme che si intendono violate.
- Esso ha un carattere instabile dato il carattere fluido delle indagini, dal momento che in fase di
indagine il capo d’accusa non è ancora definito: è suscettibile di evoluzione.

L’elevazione di un’accusa a carico di qualcuno porta con sé che la persona accusata sia posta nelle
condizioni di difendersi.
- La qualifica di imputato si permane per tutta la durata del procedimento, finché si concluda con un
provvedimento conclusivo definitivo, cioè che abbia forza di giudicato e sia intangibile.
→ Deve essersi conclusa la vicenda penale in tutti i suoi stati e gradi.
- Ciò avviene solo quando vengono esperiti tutti i mezzi di impugnazione, o comunque scadono
tutti i termini per impugnare.
- La forza di giudicato implica che la sentenza potrà essere eseguita coattivamente.
La qualifica di imputato si riacquista:
• Eventualmente a seguito della sentenza passata in giudicato, con la c.d. impugnazione, nel caso
della revisione esperibile in presenza di gravi ingiustizie, oltre all’eventuale sospensione
dell’esecuzione della pena.
• Mediante la revoca della sentenza di non luogo a procedere: l’udienza preliminare può
concludersi tanto con il decreto di rinvio a giudizio, tanto con una sentenza di non luogo a
procedere, quando allo stato degli atti non vi siano gli elementi idonei a sostenere l’accusa.
È una sentenza che non riguarda tanto il tema della colpevolezza, ma che dichiara la superfluità
del dibattimento: p.m. non ha le chances di successo per ottenere la condanna. Proprio per questo
carattere di contingenza, tale sentenza non diventa definitiva, ma guarda solo a quel frangente
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temporale, in cui il p.m. non ha le prove necessarie; il procedimento potrà riaprirsi in un secondo
momento, se il p.m. raccogliendo prove potrà sostenere l’accusa in giudizio → revoca e dunque si
riacquista la qualità di imputato.

All’assunzione della qualifica di imputato corrisponde il riconoscimento di una serie di diritti e


garanzie: nell'ordinamento italiano tale qualifica si acquista solo al termine delle indagini, tuttavia
le garanzie sono necessarie anche in fase di indagine → art. 61 cpp: I diritti e le garanzie
dell'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini preliminari
Quando una persona acquista la qualità di indagato?
- La qualifica di indagato si acquista, secondo la dottrina, senza atti formali, perché se così fosse vi
sarebbe il rischio di elusione da parte dell'autorità procedente: l’autorità potrebbe eludere il
passaggio formale, per far sì che al soggetto non vengano riconosciute determinate garanzie.
- Lo status nasce con un dato di fatto, cioè nel momento in cui p.g. o p.m. acquisiscono una notizia
di reato, o quando si svolge una valutazione di attendibilità degli indizi che emergono nel corso
delle indagini; o nel caso dell’arresto in flagranza.

I diritti dell’imputato:
• Presunzione di innocenza → regola di trattamento, per cui la persona deve essere trattata come se
fosse innocente per tutto il corso del processo; regola di giudizio, si può condannare l’imputato
solo se la colpevolezza è provata al di là di ogni ragionevole dubbio;
• Se è onere del p.m. dimostrare la colpevolezza, non compete all’imputato dimostrare la propria
innocenza: nessun onere collaborativo grava sull'imputato → diritto al silenzio;
• Diritto al silenzio nonostante la formale equiparazione fra imputato e persona sottoposta alle
indagini, l'assunzione delle dichiarazioni della persona a cui risulta addebitato il fatto di reato
risponde a regole diverse a seconda che si tratti dell'indagato dell’imputato
- nel giudizio è l'imputato a decidere se sottoporsi ad esame oppure no e proprio per questo, una
volta manifestato la propria volontà favorevole all'esame e li perde la possibilità di esercitare la
strategia del silenzio
- l’indagato può liberamente scegliere se rendere dichiarazioni oppure no senza che pregiudichino
no la sua posizione
- a garanzia della volontarietà della scelta della persona sottoposta alle indagini sono banditi
metodi e tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di
ricordare e di valutare i fatti
• Diritto di difesa

Regole del codice su come devono essere assunti i contributi dell'imputato: art. 62 a 65.
→ Art. 62 e 63: oggetto comune, riguardano le dichiarazione rese da imputato, persona sottoposta
alle indagini, o soggetti che a seguito delle dichiarazioni possono assumere la qualità di imputati e
indagati; scopo comune, mirano ad assicurare un livello di lealtà e civiltà giuridica tra dichiarante e
autorità procedente adeguato al giusto processo e al sistema accusatorio.
1. Art. 62 cpp: Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla
persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza → divieto di
testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato
- è un divieto probatorio: divieto posto al giudice di fare entrare quella prova in processo.
- L’ambito del divieto comprende le dichiarazioni comunque rese, tanto sollecitate dall'autorità
giudiziaria, quanto quelle spontaneamente rese dall’imputato.
- Inoltre sono comprese le dichiarazioni rese da altre persone abilitate a riceverle, si pensi alle
notizie che il perito può ricevere o richiedere all’imputato.
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- Il divieto vale nei confronti di chiunque abbia inteso le dichiarazioni rese dall’imputato nel
compimento di un qualsiasi atto collocato all'interno del procedimento (escluse le dichiarazioni
rilasciate prima o al di fuori del procedimento, c.d. res gestae).
⇒ La ratio del divieto si rinviene nel tentativo di far entrare nel processo dichiarazioni solo
attraverso i canali che garantiscono determinate garanzie, primi tra tutti il diritto di difesa e al
silenzio.
2. Art. 63 I cpp: Se davanti all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non
imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali
emergono indizi di reità a suo carico, l'autorità procedente ne interrompe l'esame, avvertendola
che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a
nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la
persona che le ha rese → le c.d. dichiarazioni indizianti
- è necessario interrompere il colloquio, avvertire del passaggio di status da persona informata
sui fatti ad indagato, invito a nominare il difensore.
- Le dichiarazioni precedentemente rese in quanto testimone non possono essere usate contro di
lui
- L'operatività di queste disposizioni è garantita dalla sanzione processuale, conseguenza
negativa nel caso di omesso adempimento dell’obbligo: divieto di utilizzabilità relativa delle
dichiarazioni rese prima dell’avvertimento (inutilizzabilità relativa perché colpisce l’uso solo
nei confronti della persona che si è autoincriminata, non di altre persone chiamate in causa).
- Si intende tutelare il diritto al silenzio e le altre garanzie, perché se la persona fosse stata
conscia del proprio status avrebbe potuto esercitare diritti diversi (il testimone ha l’obbligo
penalmente sanzionato di rispondere veridicamente alle domande dell'autorità, l’imputato ha il
diritto al silenzio).
3. Art. 63 II cpp: Se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato o di
persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Nel comma precedente niente si poteva rimproverare all'autorità procedente, che aveva
interpellato una persona informata sui fatti, mentre nel caso descritto al secondo comma
l’autorità realizza un comportamento contra legem perché sapeva che quel soggetto veniva
sentito in qualità di imputato/indagato → inutilizzabilità assoluta, le dichiarazione non
possono essere utilizzate neanche nei confronti di altri imputati.
Tali disposizioni impongono un modello di acquisizione delle informazioni informato alla lealtà
processuale.

Nel primo atto del procedimento in cui è presente la persona sottoposta alle indagini o l’imputato,
l’autorità giudiziaria invita tale soggetto a dichiarare le proprie generalità allo scopo di identificarlo
ammonendolo delle conseguenze penali del rifiuto di dare le proprie generalità o delle dichiarazioni
di generalità non corrispondenti al vero

≠ differenti è l'individuazione della persona sottoposta a procedimento penale (condizione


essenziale per l'instaurazione del procedimento): significa precisare quale sia l'uomo la donna a cui
attribuire il fatto di reato e nei confronti di cui svolgere l'indagine
Al fine di consentire l’effettivo esercizio dell’autodifesa è necessario ce l’imputato sia in possesso
delle sue capacità psicofisiche e che non risultino condizioni che pregiudichino il suo esercizio → il
soggetto deve essere idoneo a partecipare coscientemente al processo (capacità processuale)
≠ capacità di essere di parte: qualità che difetta negli infraquattordicenni e negli immuni

Il giudice può disporre di una perizia per accertare le condizioni di infermità mentale dell’imputato

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- nel caso in cui sia ravvisata il giudice sospende il procedimento e nomina un curatore speciale
- dopo 6 mesi il giudice dispone nuovi accertamenti, e se la situazione è mutata revoca l’ordinanza,
altrimenti il controllo avverrà dopo 6 mesi e così via
- se il giudice constata che lo stato mentale dell'imputato è irreversibile provvede alla revoca
dell'ordinanza che pronuncia sentenza di non luogo a procedere
- si ritiene che a fronte dell'irreversibilità delle condizioni di salute che impediscono la
partecipazione al processo il pm deve procedere alla formulazione della richiesta di archiviazione
per mancanza di una condizione di procedibilità

Interrogatorio
È l’atto attraverso il quale, nella fase delle indagini e dell'udienza preliminare, l’autorità procedente
assume il contributo della persona sottoposta alle indagini o imputato.
- Gli art. 64 e 65 dettano uno schema generale valido prescindere dall'autorità che vi proceda (atto
del p.m., della p.g. se delegata dal p.m., talvolta del g.i.p.).
- Nell’ambito del dibattimento, il contributo dell'imputato si assume attraverso l’esame, che è un
mezzo di prova, mentre l'interrogatorio è atto di indagine: modalità di acquisizione diverse,
dibattimento nel contraddittorio, sottoposizione a domande sia del p.m. che del difensore;
nell'interrogatorio manca la dialettica, è come ogni atto d'indagine un atto unilateralmente computo.
- Il difensore vi assiste, ma non partecipa.
- Nella fase dell’indagine, il p.m. potrà interrogare la persona sottoposta a misura cautelare,
l’arrestato, il fermato e chi si trova a piede libero invitandolo a presentarsi
- nel caso in cui non si presenti il p.m. può disporre l’accompagnamento coattivo dietro
autorizzazione del g.i.p., che però viene criticato fortemente, perché consente una forma di
intimidazione fisica e psicologica, comprimendo così il diritto a non collaborare.
- L’interrogatorio non è atto necessario durante il corso delle indagini: nell’impianto originario del
codice il pubblico ministero non aveva alcun obbligo di interrogare di propria iniziativa l’indagato,
il che limitava i diritti dell’indagato in quanto l'interrogatorio è uno strumento di difesa.
→ A seguito dell'introduzione dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis, avviso che il
p.m. invia al termine delle indagini quando ritiene di esercitare l’azione penale, la presa di contatto
e il confronto con il p.m. sono diventati oggetto di un diritto dell’indagato.
- Ricevuto l'avviso, l’indagato può presentarsi al pubblico ministero per rilasciare dichiarazioni
oppure può chiedere di essere interrogato e in questo secondo caso il pubblico ministero ha
l'obbligo procedere all’interrogatorio (a pena di nullità della richiesta di rinvio a giudizio art. 416.1).
- Quando il p.m. invia l’avviso all'indagato, deve contestualmente depositare tutti gli atti di
indagine, di conseguenza la garanzia del diritto di difesa dell'indagato è più ampia.
- D’altra parte, il rischio è che l'interrogatorio, proprio perché doveroso solo nella fase conclusiva
dell'investigazione, trovi la sua collocazione esclusiva in questa fase, quando il contributo
dell'inquisito allo sviluppo delle indagini potrebbe risultare ormai poco efficace.
- Anche il g.i.p. può procedere all’interrogatorio del soggetto indagato, deve farlo obbligatoriamente
subito dopo aver applicato una misura cautelare, potendo anche revocarla all’esito
→ all'interrogatorio svolto dal p.m. si attribuisce carattere investigativo, perché finalizzato a
scegliere se esercitare l’azione penale o meno
→ all'interrogatorio svolto dal giudice si attribuisce significato di garanzia, perché mira a verificare
se ci sono i presupposti per applicare la misura restrittiva della libertà personale.
Dal punto di vista delle modalità di svolgimento, l'interrogato è disciplinato in modo da assicurare
la natura di strumento di difesa → assistenza tecnica, presenza del difensore, avvisato del
compimento dell’atto.

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In alcuni casi la sua assenza non impedisce il corretto svolgimento dell'interrogatorio, in altri la
presenza è condizione di validità (interrogatorio nell'udienza di convalida dell’arresto o del fermo):
l’interrogatorio è nullo, nullità assoluta → vizio più grave, lo si può far valere in tutti i gradi del
procedimento, tutti gli atti che gli conseguono sono nulli, il procedimento regredisce al momento in
cui si è compiuto l’atto nullo.

Interrogatorio di garanzia: L’interrogatorio di garanzia è quello a cui si sottopone la persona


raggiunta da una misura cautelare.
- In caso di custodia cautelare in carcere l’interrogatorio deve tenersi entro 5 giorni dall’esecuzione
della misura; nel caso di un’altra tipologia di misura, il termine è pari a 10 giorni.

Disciplina generale
Schema secondo il quale devono essere ricevute le deposizioni dell’indagato, promuove la
partecipazione libera e cosciente dell’indagato → art. 64 e 65:
• art. 64 I cpp: l'indagato deve intervenire libero all’interrogatorio e consapevole dell’esistenza del
procedimento a suo carico, anche se è sottoposto ad una misura cautelare → regola a protezione
della personalità affinché la sua volontà non venga coartata;
• art. 64 II cpp: nel corso dell’interrogatorio non possono essere impiegati neppure con il consenso
(principio indisponibile, civiltà giuridica) dell’interrogato “metodi e tecniche idonei ad influire
sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti” del
soggetto che sta per rendere le sue dichiarazioni.
- Per tecniche si intendono strumenti come ipnosi o narcoanalisi, a prescindere da ogni
considerazione in ordine alla loro efficacia e/o all’interesse dello stesso soggetto a sottoporvisi
volontariamente.
- Per metodi ci si riferisce alle modalità di svolgimento dell'interrogatorio, in cui deve mancare
ogni condizionamento psicologico (es. modalità che porta allo sfinimento) → questo principio
vale per tutti i mezzi di prova e per l’esame
- se si trova in stato di detenzione e l’interrogatorio non si svolge in udienza, l’atto deve essere
integralmente documentato con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva.
• art. 64 III cpp: nucleo essenziale della disciplina sul diritto al silenzio. Prima che abbia inizio
l’interrogatorio, la persona deve avere un triplice avvertimento:
‣ le dichiarazioni rese potranno sempre essere utilizzate contro di lui;
‣ salvo l’obbligo di dichiarare le proprie generalità, il soggetto ha la facoltà di non rispondere ad
alcuna domanda senza che ciò lo pregiudichi;
‣ art. 64 III cpp: l’autorità procedente deve avvertire la persona chiamata che se renderà
dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti,
l'ufficio di testimone, salve incompatibilità.
L'inosservanza di tale avvertimento determina l’inutilizzabilità relativa nei confronti degli
interessati.
→ Al fine di garantire effettività a queste regole processuali, il legislatore ha comminato
l'inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni eventualmente rese in violazione dei primi due
avvertimenti: tale sanzione priva gli atti della loro efficacia probatoria, le dichiarazioni rese non
sono utilizzabili dal giudice nel formare il proprio convincimento

Nasce dalla necessità di introdurre un’apposita disciplina nell’ipotesi di coimputati, soggetti simili
all’imputato → l’imputato che depone su fatto altrui non è equiparabile al testimone: l'imputato
gode del diritto al silenzio, garanzia incompatibile con l’ufficio di testimone, che è invece obbligato
a deporre secondo verità.
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- Questo obbligo è incompatibile con le garanzie per l’imputato: o si è imputato o si è testimone.


(Incompatibilità testimoniale dettata dell’art. 197, che vedremo trattando la testimonianza)
- L’esigenza del diritto al silenzio e dunque la garanzia dell’incompatibilità a testimoniare persiste
anche dove l’imputato renda dichiarazioni non sulla propria responsabilità, ma su quella di altri
coimputati, perché è lo stesso e stretto legame probatorio che avvince la pluralità di imputazioni a
determinare il rischio che l’imputato esaminato in ordine al fatto altrui finisca per deporre contro di
sé.

- le singole procure della Repubblica svolgono le indagini che vengono attribuite ad un singolo
tribunale, dunque avremmo l’ufficio del p.m. presso quel tribunale → può accadere che vi sia la
necessità che più uffici del p.m. procedano ad indagini collegate, cumulative, in virtù del
collegamento dei reati per i quali si stanno svolgendo le indagini.
→ Casi di connessione plurisoggettiva (quando ci sono più imputati in uno stesso procedimento)
Ipotesi di collegamento fra le indagini:
- in caso di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri o per conseguire o
assicurare al colpevole il profitto, il prezzo, il prodotto, o che sono stati commessi da più persone in
danno reciproco le une delle altre ovvero se la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla
prova di un altro reato o circostanza = in questi casi sarà possibile svolgere indagini collegate.

⇒ Gli imputati coinvolti dai processi legati da questi vincoli di connessione e collegamento sono
tutti assistiti dall’incompatibilità a testimoniare e dal correlato diritto al silenzio, non sono tenuti e
obbligati a deporre neppure sul fatto altrui.

All’imputato è sempre riconosciuto il diritto al silenzio, ma questa garanzia si perde dopo alcuni
accadimenti:
• c’è una differenza importante tra il diritto riconosciuto sul fatto proprio e il diritto al silenzio
riconosciuto sul fatto altrui:
- se il coimputato, in sede di indagini, e in particolare in sede di interrogatorio, sceglie di
rispondere in ordine al fatto altrui e di non avvalersi del diritto al silenzio: il legislatore opera un
bilanciamento tra necessità di riconoscere diritto al silenzio e la necessità dell’accertamento delle
dichiarazioni.
- L’imputato che, debitamente avvertito dall'autorità procedente, sceglie di rendere dichiarazioni a
carico di altri, perde il diritto al silenzio e l'incompatibilità a testimoniare → imputato diviene
testimone, anche all’interno del proprio procedimento e dovrà deporre anche in dibattimento,
come testimone e non si potrà avvalere del silenzio.
→ Detto in un altro modo: evento estintivo dell’incompatibilità a testimoniare è rappresentato
dall’art. 64.2, rinuncia al diritto al silenzio.

MA 526.1-bis → la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni
rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte
dell’imputato o del suo difensore.
- Il giudice, quindi, non può provare la colpevolezza dell’imputato sulla base di queste
dichiarazioni, rese da chi si sia sempre sottratto al controesame dell’imputato e del suo difensore.
- È quello che viene chiamato il diritto a guardare negli occhi il proprio accusatore, previsto anche
della CEDU.

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La ratio è duplice: questa disposizione si pone a tutela del diritto di difesa, il difensore deve essere
in grado di contro esaminare chi ha reso quelle dichiarazioni nel segreto investigativo, ma anche a
tutela dell’attendibilità dell’accertamento.
- Si vuole che l’attendibilità della fonte e la genuinità delle dichiarazioni di natura accusatoria, siano
verificate attraverso il contraddittorio tra le parti, nell’esame “incrociato”.
- Le dichiarazioni del coimputato sono uno strumento probatorio particolarmente insidioso, perché
il coimputato non è una fonte di prova disinteressata, anzi egli potrà avere interesse a rendere delle
dichiarazioni in cambio di vantaggi.

Interrogatorio nel merito


Art. 65 cpp:
tali regole operano solo con riferimento all'autorità giudiziaria:
- I. L’autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il
fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può
derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti.
→ contestazione dell’addebito: fase delle indagini in cui l’addebito è provvisorio; contiene gli
elementi minimi in punto di fatto, requisiti storici, data e luogo del fatto, e diritto, qualificazione
giuridica, norme che si intendono violate + ha un carattere instabile dato il carattere fluido delle
indagini, dal momento che in fase di indagine, è suscettibile di evoluzione.
- L’addebito può essere contestato in forma chiara e precisa, menzionando gli elementi probatori a
carico che devono essere resi noti e le relative fonti, salvo il pregiudizio per le indagini (elemento
probatorio è testimonianza, è il documento, la fonte è il testimone)
- A seguito di tali informazioni si creano le condizioni indispensabili per compiere consapevolmente
ogni scelta difensiva, in primis quella di avvalersi del diritto al silenzio, ma anche quella di sottrarsi
al dialogo con l’interrogante.
- Contestato l’addebito, si passa alla fase successiva (comma 2): II. Invita, quindi, la persona ad
esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande.
→ interrogatorio come strumento di difesa, non come strumento investigativo.
- Non vi è obbligo di verità penalmente sanzionato anche se le dichiarazioni non devono mai
integrare il reato di calunnia.
III. se la persona rifiuta di rispondere ne è fatta menzione nel verbale, ma ciò non depone come
argomento contro l'indagato.

Il difensore che assiste l’indagato in questo momento ha un compito molto delicato, deve
consigliare, alla luce di tutte le conseguenze che posso esserci, se avvalersi o meno della facoltà di
non rispondere.

Il difensore
La Costituzione afferma che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento
(art. 24 C.) → fa riferimento alla difesa tecnica e all’autodifesa, ma quando si parla di di difensore
si rientra nella difesa tecnica

Sono titolari del diritto di difesa alcuni dei soggetti del procedimento: l'imputato e la persona offesa.
I connotati del difensore
- Il difensore è un professionista munito di particolari conoscenze tecniche e giuridiche, adeguate ad
assistere la persona coinvolta
- l’avvocato è iscritto all’albo
- riveste anche determinate qualifiche di tipo privatistico e processuale.
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• Qualifica di assistenza: consiste nella collaborazione offerta all'imputato al di fuori del


procedimento, oppure durante il suo svolgimento ai fini del compimento di determinati atti
• Qualifica processuale è quella di rappresentante tecnico della parte: consiste nel potere di
compiere atti per conto e nell’interesse del cliente, tutti quegli atti che il codice riferisce alla parte
(a condizione che questi atti non siano strettamente personali, cioè non siano espressamente
riservati dalla legge alla parte)
→ la rappresentanza si dice concorrente tra imputato e difensore, la difesa tecnica NON esclude
la difesa personale ma la affianca, poiché alcune delle prerogative difensive sono assicurate
all'imputato, e per quanto riguarda gli atti compiuti dal difensore, l'imputato ha il potere di
toglierne l'effetto prima che il giudice si sia pronunciato su tale atto

Efficacia ed effettività della difesa dipendono dalla libertà del difensore → il cpp prevede che siano
assicurate in ogni stato e grado del procedimento garanzie per la libertà del difensore
- Un primo aspetto riguarda la riservatezza: la persona assistita non deve avere timore che quanto
riferito al proprio avvocato possa in qualche modo filtrare nella disponibilità della sua vita
precedente, in modo da assicurare la miglior difesa
→ È vietato tendenzialmente effettuare sequestri, perquisizioni e intercettazioni concernenti luoghi,
cose, documenti riferibili ai difensori → evitare che l'attività investigativa effettuata nei confronti
del difensore costituiscono strumento per trovare elementi a carico dell’assistito

- Chi sia sottoposto a custodia cautelare, o sia in stato di fermo, di arresto ha il diritto di conferire
con il difensore non oltre sette giorni dal momento in cui è stato eseguito il provvedimento
limitativo della libertà

Nomina del difensore


Poiché il difensore possa disporre di un diritto nel nome del cliente, è necessario che il cliente gli
conferisca una procura:
• La rappresentanza tecnica è conferita dal cliente al difensore mediante la procura ad litem:
l’imputato e l’indagato conferiscono questa procura con modalità semplificate, tramite la nomina
del difensore, contenuta in una dichiarazione (art. 96.2) che può essere resa oralmente davanti
all’autorità procedente, può essere orale o scritta, quella scritta, però, deve essere consegnata
all'autorità procedente dallo stesso difensore.
• La procura speciale consente al difensore di disporre di un diritto, di una garanzia (per questi
casi non è sufficiente una semplice nomina) riconosciuta alla parte, deve essere rilasciata per atto
pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere la determinazione dell’oggetto per cui è
conferita e dei fatti ai quali si riferisce, a pena di inammissibilità. Se la procura è rilasciata per
scrittura privata al difensore, la sottoscrizione è autenticata dallo stesso difensore, egli ha un
potere di autentica, proprio per facilitare il conferimento di queste procure.

- L’art. 96 prevede che l’imputato possa farsi assistere da non più di due difensori a sua scelta,
chiamati difensori di fiducia, scelti dall’imputato; quando però egli non abbia scelto il suo difensore
di fiducia, o ne sia rimasto privo, il Codice prevede l’istituto della difesa d’ufficio (art.96).
- I rapporti tra cliente e difensore hanno una natura fiduciaria: prima dell'accettazione del mandato,
il difensore può rifiutare la nomina ed è sufficiente che il rifiuto venga immediatamente comunicato
a colui he ha effettuato la nomina e all'autorità procedente; il difensore è libero.
- La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata.
- la nomina consiste nell'instaurazione di un rapporto contrattuale fra difensore e assistito

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- Dopo che ha accettato il mandato, il difensore può rinunciare allo stesso, ma questa rinuncia non
può tradursi in un abbandono della difesa: essa non ha effetto finché la parte “abbandonata” non
risulta assistita da un nuovo difensore → prevale l’esigenza di assicurare comunque l’effettività
della difesa tecnica, è necessario che un altro difensore, entro un termine di 7 giorni, sia pronto a
sostituire colui che ha rinunciato al ruolo.

Difensore d’ufficio
- L’imputato non può esercitate un’autodifesa esclusiva, neppure se fosse lui stesso un avvocato,
perché non avrebbe una serenità tale da valutare adeguatamente la situazione e scegliere la strategia
difensiva.
- La designazione del difensore d’ufficio è disciplinata da una legge ad hoc (d.lgs. 6/2015).
- il difensore d'ufficio svolge un ruolo sussidiario rispetto a quello del difensore di fiducia, tant'è che
cessa dalle funzioni non appena sei stata effettuata la nomina del difensore di fiducia

- L’avvocato che ne abbia fatto richiesta viene inserito negli elenchi del Consiglio nazionale
forense, elenco riservato ai difensori di ufficio.
- Per assicurare la competenza degli avvocati d'ufficio sono previsti requisiti rigorosi, si richiede un
corso di aggiornamento propedeutico all’iscrizione con superamento di un esame finale, oppure la
pregressa esperienza professionale in materia penale: il difensore deve dimostrare di avere la
capacità tecnica imposta dalla legge, per la necessità di assicurare l’effettività della difesa
- Il difensore d'ufficio viene nominato quando il giudice, la p.g. o il p.m. devono compiere un atto in
cui è prevista la presenza di un difensore, deve chiedere all’imputato di nominarlo e, in caso sia
privo dello stesso, essi chiederanno il nominativo del difensore d'ufficio all’elenco del Consiglio
forense locale, situato in ciascun capoluogo di corte d’appello, in modo che il difensore sia
immediatamente reperibile
- La funzione del difensore d’ufficio non è una funzione di assistenza sociale, non è volontariato;
anche il difensore di ufficio ha diritto ad un’adeguata remunerazione, retribuzione.
- Nel caso in cui l’imputato non abbia condizioni economiche adeguate per retribuire il difensore,
interviene un istituto, il Gratuito patrocinio, a tutela del diritto alla difesa → il giudice poi liquiderà
il compenso del difensore.

Persona offesa e parte civile


Persona offesa dal reato è il titolare dell’interesse giuridico protetto dalla norma incriminatrice che
si presume violata (es. nel caso di furto, il possessore della cosa mobile che è stata sottratta).
- nel linguaggio comune è la vittima del reato
- Il codice le attribuisce la qualifica di soggetto del procedimento, ma non è una parte: non ha il
potere, che compete in esclusiva alle parti, di istituire un dovere decisorio in capo al giudice.
- La persona offesa è dunque portatrice di un interesse squisitamente penale finalizzato alla
repressione del fatto criminoso.
≠ diverso è il concetto di persona danneggia: è colei alla quale il reato ha recato danno, titolare non
di un interesse alla repressione, ma di un diritto al risarcimento del danno,
→ Il 185 c.p. prevede che ogni reato obbliga alle restituzioni e ogni reato che abbia cagionato un
danno obbliga al risarcimento il colpevole.
⇒ la persona offesa è slegata dalla necessaria sussistenza del danno civilistico, il danneggiato
invece riguarda chi ha subito il danno di natura patrimoniale e non causalmente riconducibile alla
commissione del reato, senza essere necessariamente titolare dell'interesse protetto dalla norma
penale

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! Normalmente danneggiato e persona offesa coincidono, quindi è più una divisione concettuale, ma
non sempre (omicidio)

Il codice del 1988 presenta una disciplina estesa ed articolata molto più avanzata rispetto
all'impianto del 1930, arricchendo il catalogo dei diritti che spettano alla persona offesa, che nel
1930 si riduce ad un numero chiuso di facoltà esercitabili solo in fase istruttoria, non potendosi
ammettere la sovrapposizione di soggetti diversi in una funzione delicata come l’azione penale.
Nel 1988 il p.m. diventa parte pubblica, di qui la minore resistenza a concepire interferenze dei
privati nell’esercizio dell'azione penale, che può ben ammettere il coinvolgimento di terzi interessati
al corretto esplicarsi delle funzioni di accusa
- Negli ultimi anni in particolare vi è la tendenza di valorizzare il ruolo della vittima, soprattutto nel
procedimento cautelare e nel diritto probatorio.
- Alla persona offesa in quanto tale sono riconosciuti la legittimazione in ogni stato e grado del
procedimento a presentare memorie e con esclusione del giudizio di cassazione a indicare elementi
di prova.
- Inoltre, le sono riconosciute i molteplici diritti e facoltà espressamente previsti da specifiche
disposizioni di legge (90 e 91cpp).
• Art. 90, che riconosce un nucleo minimo di facoltà e diritti, ma rimanda ad altre disposizioni
codicistiche, che configurano dei diritti. Art 90 comma I cpp: La persona offesa dal reato, oltre ad
esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge [….c.p.p.], in ogni
stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio di
cassazione, indicare elementi di prova.
• Art 90 comma III cpp: Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà
e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa o da persona alla
medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente → attraverso una fictio
iuris si creano due nuove figure: ai prossimi congiunti e conviventi e agli enti o associazioni senza
scopo di lucro (reati ambientali) si attribuisce lo stesso trattamento processuale accordato
all’offeso, ruolo di stimolo ed ausilio alle attività riconducibili all'azione penale.

Tra questi diritti e facoltà in generale previsti dall’art 90 rientrano una serie di poteri previsti dal cpp
Questi poteri si possono ricondurre alle funzioni di:
• Sollecitazione probatoria: funzione di stimolo e cooperazione nell'elaborazione della prova
- la persona offesa può promuovere l’incidente probatorio: una parentesi processuale all’interno
del procedimento, per cristallizzare la prova che rischia di essere dispersa, cioè in concreto la prova
viene raccolta durante le indagini con le modalità dibattimentali
- Indagini difensive: anche il difensore della persona offesa nel corso delle indagini può svolgere
indagini difensive
• Impulso dell’azione penale: poteri che tutelano interesse al tempestivo inizio dell’azione penale
- Opposizione alla richiesta di archiviazione: laddove le indagini si concludano con
l'archiviazione, questo contrasta con l'interesse della persona offesa, dunque le si conferisce il
potere di contrastare la volontà del p.m. di richiedere l'archiviazione. La persona offesa può
presentare opposizione alla richiesta di archiviazione indicando che il convincimento del p.m. è
erroneo. Se viene presentata un'opposizione amministrabile, il gip deve obbligatoriamente
interpellare la persona offesa indicendo un’udienza e dunque innestando un contraddittorio
sull'opportunità della prosecuzione del processo.
- La persona offesa può chiedere che le indagini vengano prolungate e può chiedere al procuratore
generale di disporre l’avocazione superato il termine di scadenza entro le quali la procura della
repubblica doveva svolgere le indagini
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- Può inoltre sollecitare il p.m. a proporre l'impugnazione della sentenza.


⇒ Possiamo dedurre che la persona offesa, seppur non titolare dell’azione penale gode di ampi
poteri d impulso finalizzati a stimolare l’esercizio dell’azione panale

Necessari affinché la persona offesa possa esercitare questi diritti è:


• la presenza di un difensore della persona offesa
• l’adempimento degli obblighi informativi previsti in capo all'autorità procedente, che sono stati
potenziati dal legislatore:
- conoscenza delle indagini mediante notificazione dell’informazione di garanzia
- diritto di accesso al registro delle notizie di reato
- informazioni utili alla persona offesa per conoscere i propri diritti da fornirsi in lingua a lei
comprensibile.
- Inoltre è stato introdotto l’obbligo per al p.m. e p.g. di informare la persona offesa della facoltà
di nominare un difensore di fiducia.

Riforma cartabia
Possibilità di avvalersi da parte dell’offeso degli strumenti della giustizia riparativa

Le nuove prerogative concesse alla persona offesa sono finalizzate a proteggere la vittima dal
processo, perché la vittima è vista come una fonte di informazione ma è soggetta alla c.d.
vittimizzazione secondaria: persona vittima di reati particolarmente efferati costretta a deporre e
ricordare determinati fatti dolorosi → esigenza di proteggere la vittima sia da eventuali ritorsioni
(extra processuali), sia dallo stesso processo.
La direttiva europea nel configurare una serie di tutele per la vittima ha però limitato le garanzie
previste per l’imputato (prospettiva vittimo-centrica).
Il processo penale cerca di equilibrare l’esercizio del potere punitivo dello Stato nei confronti di un
individuo: in realtà la parte debole del processo è l’imputato, se ci si dimentica ciò l'equilibrio
dell'assetto accusatorio viene meno.
• L’art. 190-bis, diritto alla prova dell'imputato: ristretto quando si tratta di esaminare un testimone
minore nell’ambito di procedimenti per particolari categorie di reati e la persona offesa
maggiorenne c.d. testimone vulnerabile.
• In materia di restrizione della libertà personale la p.g. deve curare l’immediata comunicazione
alla persona offesa di provvedimenti di revoca della misura applicata e la richiesta di revoca o
sostituzione (arresti domiciliari, divieto di non frequentare determinati luoghi, divieto di espatrio)
presentata dalla difesa della persona ristretta deve essere notificata a pena di inammissibilità
presso il difensore della persona offesa la quale può presentare memorie o richieste.
- La persona offesa può interloquire in merito a misure che riguardano la libertà dell’imputato →
logica di rottura di un fondamento del processo penale in cui il titolare dell'interesse repressivo è
lo Stato, non la parte privata.
- Il coinvolgimento della vittima in questo genere di decisioni porta all’uso distorto della misura
cautelare.
- Per bilanciare, la vittima non può mai influire sulla decisione del giudice riguardo all’an e al
quantum della pena. Se si superasse questo limite si prospetterebbe il rischio di un processo
servito ad istanze vendicative.

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Parte civile
L’art. 74 c.p.p. prevede che l'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno possa
essere esercitata nel processo penale dal danneggiato danno ovvero dai suoi successori universali,
nei confronti dell'imputato e del responsabile civile → costituirsi parte civile
- Il danneggiato diventa parte civile
- Si tratta però di una parte eventuale, perché può scegliere se costituirsi come parte civile o meno.
- A differenza della persona offesa è necessariamente titolare di una pretesa civile restitutoria o
risarcitoria derivante dal reato.
- L’oggetto del processo si allarga anche al tema del danno derivante dal reato.
- Il danneggiato sceglie se esercitare l’azione in ambito civile o penale, e inoltre l'azione intentata
davanti al giudice civile può essere trasferita davanti a quello penale prima che il giudice
originariamente adito abbia pronunciato sentenza di merito
- in ambito penale l’azione esercitata dal danneggiato assume carattere accessorio e subordinato a
quella penale.
→ Si parla di principio di autonomia dei rispettivi giudizi: la tendenziale separazione dei giudizi
civili e penali infatti testimonia la preminenza dell'esigenza di speditezza del processo penale
rispetto all'interesse del danneggiato di esperire la propria azione davanti allo stesso giudice che
accerti i presupposti per la punizione

Conformemente a quanto previsto per il processo civile, la parte civile non può stare in giudizio
personalmente, ma può rivestire il ruolo di parte nel processo penale soltanto attraverso il ministero
di un difensore munito di procura speciale: la parte deve rilasciare una procura ad lite al proprio
difensore
- una volta effettuata la costituzione, il danneggiato del reato partecipa al processo in tutti i suoi
gradi, compreso l'eventuale giudizio di rinvio, senza dover assumere ulteriori iniziative →
principio di immanenza.

La costituzione di parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del processo
• Revoca esplicita: con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o dal suo procuratore speciale,
o con un atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle parti
• Revoca implicita: la mancata presentazione delle conclusioni scritte comprensive dell'espressa
richiesta di risarcimento dei danni specificamente determinato nel suo ammontare, oppure in caso
di promovimento dell'azione davanti al giudice civile

- La costituzione di parte civile presuppone l’avvenuto esercizio dell’azione penale e non può avere
luogo nelle indagini preliminari.
• La dichiarazione può essere presentata per l’udienza preliminare (dopo l’instaurazione, e prima
del suo inizio)
• Nel corso della predetta udienza
• Nel giudizio: anteriormente al complimento per la prima volta dell'accertamento della regolare
costituzione delle parti
- Se presentata fuori udienza, occorre notificarla alle altre parti.
- Qualora non sussistano i requisiti per la costituzione di parte civile il giudice ne dispone con
ordinanza l'esclusione prima della dichiarazione di apertura del dibattimento
- l'ordinanza di esclusione a carattere meramente processuale, quindi non pregiudica l'esercizio
dell'azione civile nella sede propria

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- Nella prospettiva di una costituzione di parte civile della persona offesa, che per lo più coincide
col danneggiato, spetta alla persona offesa la notifica dell’atto introduttivo dell’udienza preliminare
e del giudizio, a pena di nullità.
- Alla luce di questa disciplina possiamo definire la persona offesa all'interno del processo come
svolgente un ruolo di accusa sussidiaria: la persona offesa sarebbe scomparsa una volta che il
processo si fosse avviato, e dunque ella poteva partecipare solo costituendosi parte civile, facendo
valere una pretesa meramente risarcitoria.
→ rapporto tra persona offesa e parte civile: rapporto di complementarietà: lo spazio istituzionale
dell’offeso è nelle indagini, quello della parte civile nel processo, perché si è cercato di creare una
linea di confine tra i due interessi, per non inquinare con interessi civili lo svolgimento delle
indagini che sono dirette ad acquisire gli elementi che servono al p.m. per esercitare l'azione penale.

Oltre che nei confronti dell’imputato, l’azione per le restituzioni e il risarcimento del danno può
essere intentata nei confronti del responsabile civile, quale persona fisica o ente tenuto a rispondere
per il fatto dell’imputato sulla base delle regole sulla responsabilità aquiliana previste dalle legge
civile.
Il responsabile civile è obbligato in solido con l’imputato e può intervenire volontariamente nel
processo, o esservi citato a richiesta della parte civile (o p.m.), nel caso in cui il danneggiato sia
incapace per infermità di mente o per età minore e l’azione civile nel suo interesse sia stata
esercitata dal p.m. a causa di assoluta urgenza.
La presenza del responsabile civile resta legata a quella della parte civile: il suo intervento
presuppone la previa costituzione del danneggiato nel processo penale e la sua estromissione è
collegata all’eventuale revoca o esclusione civile.

La costituzione di parte civile presenta non pochi svantaggi:


• Appesantisce il processo penale: duplica l’oggetto, anche se è usuale che il giudice penale rimette
al giudice civile la questione dell’esatta quantificazione del danno
• Pregiudica la difesa e la parità fra le parti (imputato si trova a dover fronteggiare il p.m. ed un
accusatore privato);
⇒ Ciò spiega perché idealmente l’opposta soluzione della separazione dei giudizi appare
preferibile.
- Gli eventuali conflitti fra i giudicati che potrebbero derivarne rappresentano un inconveniente
senz’altro preferibile agli svantaggi che la costituzione di parte civile determina.

L’art. 75 ha optato per un sistema misto (improntato ad un tendenziale favor separationis).


Il danneggiato mantiene la possibilità di costituirsi in sede penale, oppure di optare per l’azione
autonoma.
• Nel primo caso, l’azione civile viene ospitata nel processo penale assumendo un carattere
accessorio. Il danneggiato potrebbe essere tentato ugualmente di prendere questa strada a causa
della frequente maggior lunghezza dei processi civili, nonché della maggior intensità dei poteri
probatori esercitabili in ambito penale.
• Nel secondo caso: L’azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel
processo penale:
- da un lato fino a quando nel processo penale parallelamente pendente non siano ancora state
compiute le verifiche circa la regolare costituzione delle parti
- dall’altro lato, sino a quando nel processo civile non sia ancora stata pronunciata sentenza di
merito anche non passata in giudicato.
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→ le regole dettate da tutti e tre i commi dell'art. 75 c.p.p. escludono nella maniera pi assoluta
che la stessa azione civile di danno da reato possa esercitarsi contemporaneamente nel giudizio
penale ed in quello civile.
- Art 75 III cpp: Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la
costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il
processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a
impugnazione

- Qualora il processo penale si concluda per primo, è prevista l’efficacia vincolante della
decisione penale nel processo civile, ma ad una condizione: deve trattarsi di un giudicato di
condanna, ossia una decisione favorevole al danneggiato
- Un’efficacia vincolante è prodotta altresì dal proscioglimento irrevocabile per particolare tenuità
del fatto.

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VI. L’atto processuale
La procedura penale può essere intesa come scienza dei limiti del potere dell'amministrazione della
giustizia penale.
- Le regole processuali disciplinano i rapporti tra individuo ed autorità, regolando gli ambiti e le
modalità di esercizio del potere di quest’ultima.
- Esiste infatti uno stretto legame tra forma degli atti, intesa come struttura degli atti predeterminata
ex lege, ed esigenza di limitare i poteri dei soggetti del processo (specialmente dell’autorità
procedente) → la forma si atteggia a garanzia.

Il libro degli atti contempla regole per l’intero procedimento: fase preprocessuale e processuale.
- La disciplina di questo libro è formata dagli atti che si formano in questi procedimento
- La fase delle indagini preliminari crea una sequenza di atti del procedimento, mentre ciò che segue
alle indagini preliminari fa parte del processo.
- La differenza tra le due parti attiene anche all'assetto strutturale: nella fase delle indagini manca un
giudice investito del procedimento in senso proprio, mentre il processo si caratterizza per la
giurisdizionalità piena degli atti.

NB. Distinzione tra atto e fatto giuridico: l’atto è una specie del fatto, perché se sono entrambi
accadimenti, l’atto si distingue da esso per la presenza di una componente psichica, ossia la
volontarietà.
- Il nucleo dell’atto è la condotta, ossia un comportamento umano comprensivo delle dichiarazioni
comunicate verbalmente, per iscritto e delle operazione, esperimenti, ispezioni.

⇒ Sono quindi riconducibili alla categoria di atti del procedimento tanto gli atti anteriori
all’esercizio dell’azione penale, quanto quelli successivi (NON quelli di un altro procedimento →
detti documenti).
- Gli atti contenenti l’informazione sulla commissione di un reato, come la denuncia o la querela,
sono ontologicamente anteriori alla nascita del procedimento e quindi non si possono considerarsi
atti.
- “Atto” e “documento” si distinguono in base al momento di formazione: in seno al (atto) o al di
fuori (documento) al procedimento penale.

L’atto processuale penale non è definito nel codice.


• Sul piano soggettivo: sono atti penali quelli compiuti da soggetti del procedimento;
• Sul piano oggettivo: quelli che hanno la duplice attitudine a produrre effetti giuridici di rilevanza
processuale e realizzarsi nel contesto del procedimento penale.

Il primo atto processuale sarà quello immediatamente successivo alla ricezione della notizia di reato
da parte di p.g. o p.m. → tutto ciò che precede non è atto processuale
• Se la notizia è acquisita dal p.m., l’atto iniziale è dunque l'iscrizione della notitia criminis
nell’apposito registro
• Se questa è ricevuta dalla p.g.,ella ne deve informare il p.m. nel più. breve tempo possibile, ma
prima di trasmetterla compie delle prime attività (ex. Congelamento scena del crimine), è questo
sarà il primo atto
• Atto finale: se l’iter di indagine sfocia nell’archiviazione sarà questo l’ultimo atto, se invece
l’azione penale viene esercitata, il momento finale sarà la sentenza definitiva irrevocabile (es.
decorrenza dei termini di impugnazione) o decreto di condanna.
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È dall’atto di esercizio dell’azione penale, con la formulazione dell’imputazione, che il


procedimento diventa processo e l’indagato diventa imputato.
→ Questa distinzione terminologica assume grande grande rilievo, giacché il richiamo testuale nel
codice al procedimento/processo delimita in maniera differente l’area operativa dei vari istituti.

Differenza tra atti preprocessuali e processuali:


• Durante le indagini prevale la forma libera (per privilegiare lo svolgimento delle indagini), la
forma non è dettata dal codice
• Quando inizia il processo le forme sono vincolate cioè non ammettono equivalenti, a tutela delle
garanzie, la forma è dettata dal codice → violando la forma si va incontro a sanzioni disciplinari,
esempio emblematico è la forma dell'acquisizione delle dichiarazioni rese da persona informata
sui fatti
→ La differenza sta nel fatto che in fase di indagine gli atti non vanno a formare il convincimento
del giudice, mentre in dibattimento ciò accade e dunque sono necessarie forme a garanzia
dell'attendibilità.
- L’amorfismo degli atti di indagine è solo tendenziale: anche in questa fase vengono in gioco valori
costituzionali, dunque in quel caso le forme diventano vincolate (es. intercettazioni telefoniche,
perquisizione)

Atti di parte
La disciplina è piuttosto frammentaria, e predispone soltanto alcune clausole generali
• A tutela della regolarità degli atti è prevista la figura dei testimoni ad atti del procedimento: la
legge esclude per inidoneità gli infraquattordicenni, gli infermi di mente, chi sia in stato di
ubriachezza o intossicazione da stupefacenti o chi è sottoposto a misure di sicurezza detentive
• Le parti possono in ogni grado e stato del procedimento accedere al giudice che procede mediante
deposito in cancelleria di memorie o richieste scritte
→ si allude in senso lato sia alle istanze volte a ottenere un provvedimento, una decisione
(richieste), sia scritti difensivi di carattere argomentativo miranti a supportare le ragioni di parte,
sia in fatto che in diritto (memorie)
• La procura che consente che è un determinato atto sia compiuto per mezzo di rappresentante deve
essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di inammissibilità, e deve
contenere le determinazioni dell'oggetto per cui è conferita e dei fatti cui si riferisce

Atti del giudice: alcune disposizioni codicistiche


1. Art. 124 cpp garanzia della legalità: i magistrati, i cancellieri e gli altri ausiliari del giudice, gli
ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a osservare le norme
di questo codice anche quando l'inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale →
tutti i soggetti che operano nel processo penale sono tenuti al rispetto delle forme, anche se la
trasgressione non sfocia in sanzione processuale, potrebbe esserci comunque una reazione sul
piano disciplinare. Tale norma svolge dunque una importante funzione di chiusura, necessaria
all'interno di un sistema che accoglie il principio di tassatività delle nullità e delle altre sanzioni
processuali.
2. Art. 125 cpp, atti del giudice: Si prevedono tre modelli di forma degli atti del giudice che si
traducono in provvedimenti:
• Sentenza: provvedimento formale che chiude uno stato o un grado del procedimento e che
contiene una decisione sul tema del processo.

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- massima espressione del potere giurisdizionale ed sono pronunciate in nome del popolo italiano
e sono sempre motivate.
Si distingue in sentenze di merito e sentenze processuali.
‣ Sentenza di merito: quando risolve le questioni afferenti al dovere di punire → sentenze di
condanna e assoluzione, nonché l'estinzione del reato (prescrizione).
‣ Sentenza di condanna (art. 533 cpp): come uno degli esiti tipici del dibattimento, ma anche
del giudizio abbreviato
‣ Sentenze di assoluzione (proscioglimento)(art. 530 cpp): attiene sempre al merito: guarda
art 129 giù

‣ Sentenza processuale: non delibera sul merito, ma risolve meri profili processuali →
improcedibilità dell'azione (es. mancanza di querela, per quei reati procedibili a querela), sulla
competenza.
→ Tale sentenza non dice niente sul tema della colpevolezza: il processo è male instaurato e si
deve chiudere.
‣ Sentenza di non doversi procedere (proscioglimento):
- sentenza in cui rimane aperta ogni altra questione sul merito, si limitano a statuire su
aspetti processuali quali il dubbio sull'esistenza di una condizione di procedibilità o
sull'esistenza di una causa di estinzione del reato
- oppure sussiste un bis in idem: esprime un principio di civiltà che garantisce che non
possa esserci, per uno stesso fatto, un nuovo procedimento nei confronti di un imputato,
prosciolto o condannato, già giudicato in via definitiva.
• Ordinanze: servono a governare l'andamento del processo con la soluzione delle questioni
incidentali, cioè non servono a concludere l’iter procedimentale ad ex. con ordinanza il giudice
stabilisce se accogliere o respingere la costituzione di parte civile (tranne l'ordinanza di
inammissibilità dell'impugnazione o che chiude il procedimento di archiviazione) → sono
revocabili ed inoppugnabili, devono essere sempre motivate
• Decreti: esprimono un comando dell'autorità e hanno natura prevalentemente amministrativa,
sono emanabili anche dal p.m. Sono revocabili, motivazione solo in casi previsti dalla legge. Ex.
il decreto di archiviazione

Come sceglie il giudice se usare una forma od un’altra? La scelta è demandata al legislatore (art.
125 cpp: La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della
sentenza, dell'ordinanza o del decreto.)
• Di regola, le ordinanze sono emanate a seguito di un contraddittorio → l’ordinanza e la
sentenza devono essere sempre motivate: bisogna capire perché il giudice ha privilegiato una
richiesta invece che un’altra.
Ex. Quando sulla base degli atti il g.i.p. non è convinto, fissa un'udienza in camera di consiglio a
cui partecipa il p.m., l'indagato e la persona offesa al termine della quale il giudice decide.
L'eventuale archiviazione sarà emanata con ordinanza
• Quando il giudice decide de plano, senza contraddittorio, allora emana un decreto che non deve
essere neanche motivato.
- Ex. il p.m. chiede l'archiviazione, il giudice studiati gli atti di indagine potrà convincersi delle
ragioni del p.m → il giudice decide subito, senza formalità, con un decreto di archiviazione, ha la
forma di un decreto motivato.

3. Art. 125 III cpp: un importante requisito della sentenza e dell’ordinanza è la motivazione, a pena
di nullità.
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- Guarda motivazione delle sentenze

4. Art. 125 cpp disciplina la deliberazione del giudice: Il giudice delibera in camera di consiglio
senza la presenza dell'ausiliario designato ad assistere le delle parti. La deliberazione è segreta.
- la decisione viene presa in camera di consiglio, cioè il luogo dove il giudice si ritira per
deliberare.
- Valgono in questa fase le regole del libero convincimento.
- il codice detta la regola dell’immediatezza rispetto alla chiusura della trattazione, il giudice
deve decidere nel più breve tempo possibile.
- È prevista l'immutabilità dei giudici che hanno partecipato alla trattazione: il giudice che emana
la sentenza deve essere lo stesso che ha partecipato al processo
- La deliberazione è segreta, regola tutelata penalmente.
- È prevista eccezionalmente la stesura di un verbale sommario nel caso di opinione dissenziente
di un componente del collegio, conservato in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio.

5. Art. 127, disciplina del procedimento in camera di consiglio.


- Si tratta di uno schema generale di riferimento per tutti i riti camerali, cioè quelli che si
svolgono senza la presenza del pubblico (ex. giudizio abbreviato, udienza preliminare).
- Lo schema si può integrare, adattare o recepire per intero.
- Il rito camerale prescrive uno standard base di partecipazione delle parti, dove il contraddittorio
è garantito in misura minore rispetto alla fase dibattimentale (partecipazione solo eventuale delle
parti).
- A volte si delinea un modello forte di rito camerale, dove il tasso di garanzia risulta accentuato,
attraverso la partecipazione necessaria del difensore e del p.m. (es. nell’udienza preliminare, che
può potenzialmente definire il procedimento).
- Il provvedimento conclusivo del rito è un’ordinanza, motivata e ricorribile per Cassazione.
- La struttura del rito camerale comporta la fissazione dell’udienza ad opera del giudice
procedente e l’avviso di essa alle parti, alle altre persone interessati, ai difensori.
- Il contraddittorio è costituito di regola in forma cartolare, tramite possibilità di depositare
memorie in cancelleria fino a 5 gg prima dell’udienza.
- Peraltro, ad esso si aggiunge il diritto di sviluppare una dialettica orale attraverso la presenza
delle parti e degli altri destinatari dell’avviso all’udienza: se compaiono devono essere sentiti.
Queste disposizioni sono previste a pena di nullità.
- L’udienza in camera si svolge senza la presenza del pubblico e viene documentata con verbale
di regola in forma riassuntiva.
- Il ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, a meno che il giudice che l’ha emessa
disponga diversamente con decreto motivato.
- L’inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con
ordinanza.

6. Art. 129 cpp: immediata declaratoria delle cause di non punibilità: in ogni stato e grado del
processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha
commesso o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una
condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza → la situazione contemplata è
quella che dagli atti emergono subito le condizioni per prosciogliere l'imputato (favor rei).
Si riconoscono due macrocategorie di forme di proscioglimento,
• in fatto: si riconosce l'insussistenza del fatto storico e dunque l’innocenza piena dell’imputato
(è più vantaggioso per l’imputato)
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• in diritto: nel secondo si riconosce che il processo è male instaurato (meno vantaggiose
perché non entrano nel merito).
Gerarchia delle formule di proscioglimento, quelle in fatto precedono quelle in diritto:
• il fatto non sussiste (quell'accadimento storico in realtà non esiste)
• L’imputato non ha commesso il fatto
• che il fatto non costituisce reato → il fatto è stato commesso, ma esiste una causadi
giustificazione o manca una componente della fattispecie diversa dalla condotta;
• non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto → risulta infondata l’ipotesi
giuridica formulata dall’accusa es. depenalizzazione di quel reato;
• manca una condizione di procedibilità → querela, proscioglimento meno vantaggioso perché il
giudice non si esprime sul tema della colpevolezza.
→ Nei gradi di impugnazione il 129 è applicabile d’ufficio, dunque si deroga all’effetto
parzialmente devolto dell’appello e al carattere di giudizio di legittimità della cassazione.

7. Art. 129 II.: Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il
fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non
è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a
procedere con la formula prescritta → tiene conto della gerarchia tra cause di proscioglimento,
offre una risposta al problema dei rapporti tra formule di proscioglimento.
- Se concorrono due possibili cause assolutorie, una meno favorevole e una più favorevole
(quella che tocca il tema della colpevolezza), come ad es. l'asserto reato è estinto ma dagli atti
risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non l’ha commesso.
→ In applicazione del favor rei il legislatore dà la priorità la proscioglimento del merito → si
stabilisce però una regola istruttoria tale per cui la prova circa la sussistenza del presupposto per
il proscioglimento nel merito deve poter essere facilmente constatata dagli atti.
- L’imputato può sempre rinunciare ad avvalersi della causa di estinzione del reato per ottenere
una causa più favorevole, nel merito (ratio del favor rei), perché quella formula di
proscioglimento non dissolve un alone di sospetto.

L’art. 129 è richiamato nell’ambito del patteggiamento: con il patteggiamento l'imputato chiede
che gli sia applicata una determinata pena senza andare al dibattimento, il giudice fonda il
proprio convincimento sugli atti di indagine.
- Prima di applicare la pena il giudice dovrà verificare che sussista la responsabilità
dell’imputato (nulla poena sine iudicio), ma in realtà manca una norma che preveda
espressamente che il giudice accerti la responsabilità.
- È l’art. 129 che impone al giudice di verificare se non sussistono circostanze di fatto e di diritto
che portano al proscioglimento, se esse sussistono il giudice non deve irrogare la pena su
richiesta delle parti.

Riforma cartabia ha inserito art 129 bis: giustizia riparativa

Le invalidità
L'atto processuale è perfetto se risulta conforme alla fattispecie prefigurata dal legislatore
Le invalidità sono degli errori nell’applicazione della norma.
Possiamo distinguere:
• errores in procedendo, vizi processuali ossia difetti operativi
• errores in iudicando, errori attinenti all'applicazione di norme sostanziali.
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⇒ Si possono far valere anche in Cassazione.

I vizi processuali si hanno quando l’atto processuale si discosta dalla sua fattispecie legale (nel
processo penale tutti gli atti sono a forma vincolata)
- Partendo dalla nozione di fattispecie legale, ossia il complesso degli elementi necessari e
sufficienti al prodursi di un determinato effetto giuridico: si dirà che l’atto conforme alla fattispecie
è valido ed efficace, mentre la mancanza di elemento prescritto non dovrebbe a rigore consentire il
prodursi di effetti.
-Tuttavia l'ordinamento non decreta l'invalidità e l’inefficacia di tutte le difformità, perché alcune
sono considerate irrilevanti sul piano processuale: si parla a riguardo di mere irregolarità, sanzione
disciplinare.
- La differenza tra invalidità e irregolarità è legata al principio di tassatività delle invalidità: per
parlare di invalidità, essa deve essere espressamente prevista dal legislatore, cioè deve esserci una
precisa prescrizione legislativa che sanziona quella violazione di forma con l'invalidità.
- Quasi mai però l’atto invalido è del tutto inefficace, perché prevalgono ragioni di economia
processuale: per il principio di conservazione degli atti imperfetto, l’atto invalido produce effetti
precari, che potranno essere travolti dalla declaratoria di invalidità, con la quale verranno meno gli
effetti ex tunc.
- Tuttavia potrebbe anche intervenire una sanatoria dell'atto: l'invalidità può essere fatta valere
entro un determinato termine, decorso il quale l’atto è sanato, è valido → essa dunque consolidano
gli effetti dell’atto.

Specie di invalidità previste dal nostro codice sono quattro.


Per tutte vale il principio di tassatività: l'inosservanza di una legge processuale è causa di
invalidità se e solo se una norma vi collega espressamente come conseguenza una delle invalidità
codicistiche (art 177cpp).
La previsione del legislatore esclude qualsiasi discrezionalità del giudice (il legislatore fa
valutazione ex ante).
Esse sono:
1. Inammissibilità: non trova disciplina codicistica unitaria, ma è prevista in molti articoli.
- L’inammissibilità colpisce le domande di parte prive di determinati requisiti impedendo al
giudice di decidere nel merito, ma DEVE dichiararne l’inammissibilità (ex. impugnazione
tardiva è inammissibile; alcuni atti di difensore non munito di procura speciale).
- l'atto in ammissibile solo nei casi previsti dalla legge
- I requisiti possono riguardare, ad esempio, il termine perentorio entro il quale l’atto deve essere
compiuto, il contenuto o la forma (ex. procura speciale deve indicare il motivo e il contenuto).
- Vi sono due categorie:
• da un lato quelle che esigono, in relazione ad un atto processuale, determinati requisiti o
adempimenti “a pena di inammissibilità”;
• dall’altro lato quelle in cui si fa riferimento ad una pronuncia del giudice, qualificandola come
“dichiarazione di inammissibilità”.
Quanto al trattamento, cioè al regime giuridico:
- l’inammissibilità è rilevabile sia su sollecitazione di parte sian d'ufficio dal giudice in ogni stato
e grado del procedimento fino alla sentenza passata in giudicato, cioè non ha bisogno di istanza
di parte
- non è sanabile

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2. Decadenza: consunzione, perdita di un potere, cagionata del decorso di un termine perentorio


- Non è considerata una forma di invalidità poiché il decorso del termine non consente di
individuare un atto invalido
- Il problema dell'invalidità si pone solo se nonostante l’avvenuto decorso l’atto sia compiuto e
allora scatta l’inammissibilità.
→ Dunque, decadenza ed inammissibilità sono due modi di guardare allo stesso fenomeno:
• la decadenza: guarda alla vicenda estintiva del potere di compiere un atto (soggettivo), dà
risalto alla vicenda estintiva del potere di compiere un atto,
• l’inammissibilità: guarda all’invalidità dell'atto compiuto in mancanza di quel potere (termine
di impugnazione, decado dal potere perché trascorre il termine, nonostante ciò impugno, la
domanda dovrà essere dichiarata inammissibile → atto compiuto in assenza del potere di
compierlo).
Tema dei termini: art. 172, impongono una determinata cadenza al procedimento.
• termini perentori: prescrivono il compimento di un atto entro e non oltre un determinato
periodo di tempo, che se superato determina la decadenza del soggetto dal potere di compiere
l’atto → la natura perentoria per le sue conseguenze deve essere espressamente prevista dal
legislatore, proprio avuto riguardo di queste pesanti conseguenze;
• termini ordinatori, prescrivono il compimento di un atto entro un determinato periodo di
tempo, ma dalla scadenza del termine non deriva alcuna invalidità.

3. Nullità: titolo VII del libro II:


- art. 177 cpp, principio di tassatività, l’inosservanza delle norme sul procedimento determina
nullità solo nei casi previsti dalla legge → divieto di valutare l’esistenza di un pregiudizio
effettivo e divieto di ricorso all'interpretazione analogica.
→ Non sono pertanto condivisibili gli arresti giurisprudenziali che tentano di immettere nel
sistema i giudizi di lesività sostanziale, volti ad affidare alla discrezionalità del giudice la
valutazione sulla nullità dell’atto (Cass. 13/11/1992, ha negato nullità dell'ordinanza cautelare in
carcere rispetto alla quale non era stato nominato un difensore di ufficio in sostituzione di quello
di fiducia privo dell’abilitazione: più volte sono cambiati i difensori nel corso del processo, allo
scopo di prolungare il processo allora le sezioni unite parlarono di abuso del processo, quindi per
ostacolare questa prassi le sezioni unite hanno affermato che nel concreto non vi era stato un
pregiudizio effettivo → tentativo di aggirare il principio di tassatività).
- non ci sono spazi per i vizi di volontà (considerati invece dal codice civile). Ex. un
provvedimento del giudice inficiato da violenza o minaccia è processualmente valido.
- Se invece la volontà manca del tutto, ex. coazione fisica, bisognerà ravvisare l’inesistenza
dell’atto, in quanto la volontà è il presupposto minimo di ogni atto processuale.
- La nullità non può essere dedotta o eccepita né da chi l’ha causata (o contribuito a causarla), né
da colui che non abbia interesse all’osservanza della disposizione violata. La parte è tenuta a
dedurre la nullità prima del compimento dell’atto, oppure, se non è possibile, immediatamente
dopo.
Classificazione → secondo la tecnica di previsione legislativa:
• Nullità speciali: previste per una determinata osservanza da un'apposita previsione legislativa,
ex. nullità per mancanza di motivazione;
• Nullità generali: la nullità è ricavabile da principi generali previsti nell’art. 178 detti
macrocategorie di nullità con riferimento ai soggetti principali del procedimento e rinvia ad
una serie di fattispecie, per evitare dimenticanze (e dunque evitare che quella disposizione
possa essere squalificata a semplice irregolarità) e in ottica di economia normativa.

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- In tale classe figura l'inosservanza di una serie di opzioni che concerne: giudice, p.m.,
indagato, altre parti private, difensori, citazione in giudizio della persona offesa e del
querelante:
Art 178 cpp: È sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti:
a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i
collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario
b) l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al
procedimento
c) l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la
citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.
Classificazione secondo il regime di trattamento:
Le nullità di ordine generale sono:
• Assolute (art. 179): si caratterizzano per la loro insanabilità fino alla sentenza definitiva.
- Sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
- sono insanabili
Il contenuto della categoria si ricava dall'art. 179 cpp, il quale indica tra quelle di ordine
generale le nullità assolute
Sono insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità
previste dall'articolo 178 comma 1 lettera a), e quelle concernenti l'iniziativa del pubblico
ministero nell'esercizio dell'azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione
dell'imputato o dall'assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza
a) quelle riguardanti la capacità del giudice e il numero dei giudici necessari per costituire i
collegi,
b) per il p.m. sono assolute solo quelle concernenti l’esercizio dell’azione penale (spesso
modifiche all’imputazione per reato concorrente o fatto nuovo non precedute da una formale
contestazione da parte del p.m.) e le capacità e legittimazioni del p.m. (concernente l’azione
penale);
c) per le parti private, sono assolute quelle derivanti dalla omessa citazione (vocatio in
iudicium) a giudizio sia nell’udienza preliminare che nel dibattimento (vizi di notificazione);
d) per quanto riguarda il difensore, nullità assoluta rispetto all’assenza del difensore nei casi
in cui la sua presenza è obbligatoria. Nell’ambito delle indagini preliminari il difensore deve
assistere a determinati atti (ex. interrogatorio) dunque bisogna avvisare entro un termine.
Qualora il difensore previamente e debitamente avvertito non si presenti per motivi legittimi,
l'interrogatorio non è affetto da nullità assoluta. Vi sono dei momenti processuali in cui la
presenza del difensore è indefettibile, come il dibattimento, in cui il difensore di fiducia
avvertito che non si presenti deve essere obbligatoriamente sostituito dal difensore d'ufficio
→ in caso contrario il dibattimento è affetto da nullità assoluta. Il procedimento regredisce al
momento di emanazione dell’atto nullo. La nullità assoluta colpisce anche il soggetto non
abilitato all’esercizio della professione, come anche in situazioni di incompatibilità,
NB, Oltre a quelle previste dal catalogo generale, ci sono altre nullità assolute: art. 179 II.
nullità definite assolute da specifiche disposizione di legge (nullità assolute speciali) → il
codice ne conosce una sola, art. 525 II la sentenza deve essere deliberata dagli stessi giudici
che hanno partecipato al dibattimento, a garanzia del principio dell’immediatezza e del
contraddittorio.
• Intermedie:
- Si individuano tra quelle che residuano dall’art. 179cpp dopo aver sottratto le nullità assolute.
- Il loro regime è dettato all’art. 180 cpp: Salvo quanto disposto dall'articolo 179, le nullità
previste dall'articolo 178 sono rilevate anche di ufficio, ma non possono più essere rilevate né
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dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se si sono verificate nel
giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo
- sono rilevabili d'ufficio
- sono sanabili in un momento anteriore alla irrevocabilità della sentenza, devono essere
dedotte entro termini perentori ma più ampi rispetto alle nullità relative
→ se il vizio dell'atto si realizza prima del giudizio le nullità non possono essere dedotte ne
rilevate dopo la deliberazione della sentenza di primo grado: la parte le deve dedurre prima
della chiusura del dibattimento, mentre il giudice è tenuto a rilevarle nel momento della
deliberazione
Ex. per quanto riguarda il p.m., sono assolute tutte le nullità che riguardano l'esercizio
dell'azione penale, sono intermedie quelle che riguardano la partecipazione del p.m., cioè gli
atti mediante i quali si realizza il contributo dialettico del pm (pareri richieste, conclusioni)
- Sono dette intermedie perché il loro regime giuridico è mediano tra quelle assolute e quelle
relative.
Le nullità speciali:
• Relative,
- si ricavano per esclusione rispetto alle categorie previste dall’art. 178
- disciplina prevista all’art 181 cpp.
- relativa e necessariamente speciale, risultando espressamente comminata dalla legge, MA non
ogni nullità speciale necessariamente relativa
- alcuni esempi sono:
‣ Omessa notificazione al difensore dell'imputato e omessa comunicazione al pm dell'udienza
preliminare ai quali non faccio seguito la comparizione della parte
‣ Omessa notifica dell'udienza preliminare alla persona offesa
- le nullità relative possono essere dichiarate soltanto su eccezione delle parti, il giudice non
può rilevare d'ufficio
- si devono attivare entro termini perentori più stringenti, scaduti questi termini le nullità sono
sanate → per evitare che il potere di eccezione delle parti venga strumentalizzato ai fini dilatori
compromettendo la durata ragionevole del processo
‣ Le nullità che riguardano le indagini preliminari, l'incidente probatorio e gli atti dell'udienza
preliminare devono essere eccepite prima che sia pronunciata la sentenza di non luogo a
procedere o il decreto che dispone il giudizio
‣ Quando manca l’udienza preliminare le nullità concernenti le indagini preliminari e l'incidente
probatorio vanno recepite subito dopo la costituzione delle parti in giudizio
‣ Per le nullità che si verificano nel giudizio le eccezioni che riguardano si convertono in motivi
di impugnazione della sentenza

Gli effetti della dichiarazione di nullità sono disciplinati dall’art. 185 cpp
Il provvedimento del giudice riveste la forma dell'ordinanza o della sentenza, ha efficacia
costitutiva e determina la caducazione ex tunc degli effetti dell'atto viziato
Triplice profilo:
• Nullità derivata: la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da
quello dichiarato nullo → effetto estensivo della dichiarazione di nullità.
- Affinché operi occorre che gli atti consecutivi siano legati sul piano giuridico dell'atto
dichiarato nullo da un nesso di causalità necessaria: occorre che l’atto nullo costituisca un
presupposto giuridico necessario per il successivo→ atti propulsivi, atti che spingono in
avanti il procedimento (ex. domanda, citazione, avvisi, la nullità della richiesta da rinvio a
giudizio si estende al decreto che dispone il giudizio).
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- Non sempre esiste un nesso giuridico, esso manca sempre per gli atti probatori, che sono
eventuali e dunque non precedono necessariamente gli altri.
- Può intercorrere piuttosto un nesso di natura logica da riscontrarsi in concreto: una prova
affetta da nullità vizia la sentenza che ne abbia fatto uso (non a prescindere).
• Rinnovazione: dell’intero atto nullo, Mira a ripristinare la corretta struttura formale dell'atto in
perfetto
- solo se necessaria (sempre riguardo atti propulsivi) e possibile (atto probatorio ripetibile)
- giudice gode di ampia discrezionalità;
• Regressione: del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compito l’atto nullo, salvo si
tratti di nullità riguardante le prove.
4. Inutilizzabilità: colpisce soltanto le prove

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VII. Libro III - la disciplina probatoria


Questo libro consta di tre titoli:
1. il primo dedicato ai principi generali sulle prove
2. il secondo ai mezzi di prova
3. il terzo ai mezzi di ricerca della prova.

- Il giudice deve ricostruire il fatto sulla base delle tracce che permangono del passato: queste sono
le prove.
- Il conoscere del giudice non è un'attività di coscienza interna, ma deve essere razionalmente
controllabile.
- L’attività del conoscere giudiziale deve essere regolata dal codice, perché ci sono esigenze etiche,
riguardanti i diritti dell'individuo ed esigenze politiche, di attendibilità dell’accertamento.
→ Si parla a riguardo di legalità della prova
- il codice del 1988 ribalta l'impostazione di quello precedente, in cui si rinunciava a disciplinare
l’iter conoscitivo del giudice, vigeva il principio del libero convincimento del giudice che finiva per
sconfinare nell’arbitrio.
- Il libro III costituisce un vero e proprio sottosistema normativo, autonomo, caratterizzato da
unitarietà e portata estesa all'intero procedimento → il fatto che vi sia dedicato un intero libro
significa che il legislatore vuole mettere in risalto la materia, e superare il carattere disorganico
strumentario del vecchio codice

Il libro si apre con le disposizioni generali, che rappresentano un catalogo di principi da osservarsi
in materia probatoria, a cui seguono i titoli II e III rispettivamente dedicati a mezzi di prova e mezzi
di ricerca della prova.
• I mezzi di prova: sono volti ad assicurare la formazione della prova in sede processuale, le c.d.
prove costituite (la testimonianza, l’esame delle parti, la perizia), si caratterizzano per l'attitudine
ad offrire al giudice prove direttamente utilizzabili in sede di decisione → attenzione legislativa si
concentra sulle modalità
- queste disposizioni fanno in genere riferimento al giudice
• I mezzi di ricerca della prova: sono diretti a consentire l’acquisizione di elementi probatori
precostituiti al processo, che nascono fuori dal processo e che bisogna introdurre all’interno di
esso (atti fondati sulla sorpresa, perquisizione, intercettazioni, sequestri), non sono di per sé fonte
di convincimento ma rendono possibile acquisire tracce dotate di attitudine probatoria (sommarie
informazioni)
- spesso disposti durante le indagini
- con queste disposizioni il legislatore si riferisce all’autorità giudiziaria → attenzione legislativa
si concentra sulle modalità di individuazione ed ingresso nel processo degli elementi preesistenti.
- queste prove hanno natura non ripetibile → confluiscono in un fascicolo, il fascicolo del
dibattimento: perchè il giudice potrà fondare su di esso il suo convincimento

La sfera di operatività delle disposizioni del libro terzo costituisce un'importante questione. Sono
applicabili anche in fase di indagini?
• Le disposizioni generali devono senz’altro applicarsi tanto nella fase di matti mentali che nella
fase preliminare, entro i limiti consentiti dalla natura e dalle finalità delle indagini, perché esse
dettano dei principi etici che devono necessariamente valere anche durante le indagini (divieto di
usare tecniche lesive della libertà del soggetto - divieto di torturare le persone chiamate a rendere
una dichiarazione → art. 188 c.p.p.)
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• La disciplina dei mezzi di prova si applica solo alla fase dibattimentale, perché si tratta di
conoscenze destinate a formarsi in sede di contraddittorio, la cui natura è nettamente distinta dalle
omologhe attività del p.m. mediante una differente nomenclatura (accertamenti tecnici vs perizie,
individuazioni vs ricognizioni, assunzione di infima vs testimonianze);
• La disciplina dei mezzi di ricerca della prova si applica alle indagini, e anzi, è specificamente
rivolta ad esse: si riferisce a mezzi di prova che si formano durante le indagini preliminari perché
sono atti per loro natura irripetibili.

Disposizioni generali
Distinguiamo usano l’esempio della testimonianza:
• Fonti di prova: soggetto
• Elementi di prova: testimonianza
• Risultati di prova: conclusione che il giudice trae dall’elemento di prova

Il procedimento probatorio: atti finalizzati ad acquisire il risultato di prova


1. AMMISSIONE
2. ACQUISIZIONE
3. VALUTAZIONE PROBATORIA
NB. Prima del procedimento probatorio vero e proprio si colloca la ricerca della prova: le parti
possono raccogliere le fonti di prova (p.m. e difesa, si individuano le fonti che si potranno esibire
in dibattimento);
- successivamente scatta la fase dell'ammissione della prova, in cui le parti chiedono al giudice che
quelle prove vengano ammesse previa valutazione
- scatta poi il momento di formazione della prova, cioè l'acquisizione della prova nel dibattimento,
in cui le parti ricoprono un ruolo chiave, svolgendo l'esame incrociato;
- ultima fase, quella della valutazione della prova, che vede protagonista il giudice.
→ Le parti tuttavia hanno diritto che venga valutata la prova legittimamente ammessa, dunque il
giudice non può ignorare le prove acquisite.

Ammissione
1. Art. 190 I. cpp, il diritto di prova:
Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza
escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti.
- Opera nella fase dell’ammissione, le parti esercitano il loro diritto alla prova chiedendo che una
prova si ammessa: il giudice è sfornito di potere istruttorio
→ Norma bandiera del sistema accusatorio: ribalta l’impostazione del vecchio sistema, in cui era
il giudice ad andare alla ricerca della prova;
Casi in cui la prova non è ammissibile:
• Prove vietate dalla legge: ovvero quelle prove per cui esiste un espresso divieto in ordine al
soggetto o all'oggetto della prova, oppure in ordine alla procedura di acquisizione della stessa
→ derivano dall'esigenza di proteggere valori extra processuali come i diritti di libertà, e valori
processuali come il bisogno di garantire l'attendibilità dell’accertamento
• Prove irrilevanti: non pertinenti all’oggetto di prova
• Prove superflua: quando mirano a dimostrare un argomento dimostrato da altre prove già
ammesse , prove sovrabbondanti
Ex. Documenti anonimi

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2. Art. 187 I. cpp oggetto della prova:


I. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla
determinazione della pena o della misura di sicurezza.
- Con la dicitura oggetto della prova ci si riferisce a quello che le prove sono intese a dimostrare:
le parti richiedono l'ammissione di una prova, perché intendono dimostrare non la verità storica,
ma accertare i temi di decisione, ossia la colpevolezza.
- Il codice la indirizza infatti all’area delle questioni poste attraverso l'esercizio dell’azione
penale (i fatti che si riferiscono all’imputazione); i fatti funzionali alla quantificazione della pena
(art. 133 c.p.).
II. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali.
Le prove introdotte per dimostrare il vizio della notifica o una nullità sono ammissibili.
III. Se vi è costituzione di parte civili, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla
responsabilità civile derivante dal reato
Ambito decisorio del giudice si allarga alle questioni che riguardano il risarcimento del danno

3. Art. 111 III cost diritto alla controprova:


Una specifica manifestazione del diritto alla prova è il diritto alla controprova, diritto
dell'imputato ad ottenere l'ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle
prove a carico e viceversa diritto del p.m., ottenere l'ammissione delle prove a carico sui fatti
oggetto delle prove a discarico.
- Si tratta di una tipica espressione del contraddittorio
- è sempre ammessa
- si parte dal presupposto che se ammissibile la prova sarà ammissibile anche la controprova
- se il giudice non fa valere un controprova incisiva costituisce anche un motivo di ricorso per
cassazione

4. Art 190 II. cpp: prove ammesse d’ufficio


La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio.
- La disponibilità delle parti della prova è limitato dal potere di ufficio di ammettere delle prove
- il giudice può disporre l’assunzione di alcune prove, in alcuni casi tassativi
- ciò accade quando le parti non hanno prodotto prove e dunque non hanno messo il giudice in
condizione di decidere.
- se lasciassimo la piena disponibilità della prova potrebbe accadere che le parti non esercitino il
lori diritto → non sarebbe coerente con l’obbligatorietà dell’azione penale

5. Art. 189 II prove atipiche:


Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta
idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il
giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.
- prove non disciplinate dalla legge.
- Esse possono essere introdotte dalle parti? Il legislatore le ammette: quando è richiesta una
prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare
l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona.
- Quanto alle modalità, esse vanno discusse con le parti nel contraddittorio.

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Limiti all’ammissione delle prove


Art. 188 cpp divieto generale: non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona
interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la
capacità di ricordare e di valutare i fatti
→ strumenti che servono ad introdursi nella psiche dell'individuo, anche se la persona presta il
suo consenso, perché prevale il principio etico sulla necessità di provare, applicabili almeno a
tutte le prove dichiarative;
- divieto generale, ex. 499 II cross examination vieta “domande che possono nuocere alla
sincerità delle risposte”.
L’art. 188 fa riferimento a due categorie:
• le tecniche che mirano direttamente ad estrarre una risposta (tortura, narcoanalisi, iniezione di
pentotal, ipnosi, interrogatori prolungati)
• strumenti che puntano ad agevolare la diagnosi sulla verità delle dichiarazioni fornite
(poligrafo o lie-detector).
Dai recenti sviluppi tecnologici si è discusse se quest’ultimi assomiglierebbero a “mezzi
scientifici di perquisizione della coscienza ad uso giudiziario” o meno. Anche se si limiterebbe a
monitorare solo il funzionamento del cervello, la tesi che continua a ritenere proibite simili
indagini è tuttora largamente seguita, perché si ritiene che la sola presenza di una macchina in
grado di svelare la falsità delle risposte fornite finirebbe per esercitare una pressione psicologica
sulla fonte di prova
- Vi sono ulteriori dubbi in quanto sia giusto vietare gli strumenti offerti dalle neuroscienze
quando essi siano chiesti dall’imputato stesso - “paradosso di condannare l’imputato in omaggio
alla libertà”, il timore contro concerne l’indizio a carico dell’imputato stesso.

Art. 190-bis cpp, limiti al diritto alla prova.


Quando è richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste
hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con
la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, l'esame è ammesso solo se
riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il
giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.
Tale disposizione possiede un carattere derogatorio del diritto alla prova ed è destinata ad operare
nei soli procedimenti per delitti di criminalità organizzata indicati nell'art. 51-bis;
- disciplina che nacque in una situazione sociopolitica molto allarmata dalla strategia stragista di
Cosa Nostra (1992), che puntava ad evitare “l’usura” di determinate fonti di prova (collaboratori di
giustizia chiamati in tanti processi mafiosi).
- Si dispone che se nel corso di tali procedimenti sia richiesto l’esame di un testimone o di uno dei
soggetti di cui all’art. 210, ossia imputati in procedimenti connessi o collegati, i quali abbiano già
reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la
persona nei cui confronti le dichiarazioni dovranno essere utilizzate ovvero all'interno di altro
procedimento (c.d. chiamata in correità), l'esame di questi soggetti è ammesso solo se riguarda fatti
o circostanze diverse da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni o quando il giudice o una delle
parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze → non si può sentire ripetutamente
una persona sugli stessi fatti.
- Questa disciplina è stata poi estesa nel 190.1-bis, con specifico riferimento all'esame di un
testimone minore degli anni 16 e di una persona offesa in condizioni di particolare vulnerabilità nei
processi per reati sessuali commessi su minori o con violenza (c.d. vittimizzazione secondaria:
dover ripercorrere fatti dolorosi) → ne deriva una evidente deroga rispetto ai criteri di ammissione
della prova che ubbidisce anzitutto ad una esigenza di tutela delle persone da esaminare di fronte al
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pericolo della fragilità e/o dell'usura psicologica collegata alla eventualità di reiterate deposizioni
sugli stessi temi, cui si aggiunge specialmente nel caso di procedimenti per delitti di criminalità
organizzata anche l'esigenza di evitare che queste persone siano esposte a ripetuti rischi o disagi
personali.

Acquisizione della prova


A differenza dell'ammissione che è oggetto di una disciplina unitaria, l'acquisizione varia da prova
prova
Il diritto alla prova si proietta anche su la fase di acquisizione della prova: cross examination: le
parti non solo possono introdurre la fonte di prova orale ma possono anche esaminarla direttamente
senza la mediazione del giudice scegliendo le domande, l'ordine in cui porle…

La valutazione
1. Art.192, valutazione (“peso”) della prova: Il giudice valuta la prova dando conto nella
motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
- Si recepisce il principio del libero convincimento del giudice, con esclusivo riferimento al
momento della valutazione e non anche ai momenti anteriori del procedimento probatorio.
- Dunque tale valutazione può avere ad oggetto solo le prove legittimamente ammesse ed
acquisite e dunque utilizzabili.
- Il momento valutativo deve essere assistito dal principio di legalità, perché il libero
apprezzamento non può sfociare in arbitrio: il giudice deve pertanto dare conto dei risultati
acquisiti e dei criteri adottati per valutare le prove (razionalità dell’itinerario conoscitivo).
- Raccordo tra il momento valutativo e la motivazione → funzione eso- ed endo-processuale,
controllo esterno da parte dell'opinione pubblica ed interno delle parti.

La storia del principio del libero convincimento è segnata da due gravi equivoci.
• Il primo riguarda la diffusione di una concezione irrazionale del principio, che vi sarebbe una
discrezionalità incontrollata e incontrollabile.
- Invece, gli elementi di prova devono essere valutati secondo le comuni regole della logica,
della scienza e dell’esperienza. Infatti, ex 192.1 il giudice deve motivare il giudizio sul fatto
dando conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
• Il secondo riguarda la libertà del giudice, che è stata intesa come espressione di un potere
refrattario a qualsiasi limitazione normativa (ammettendo anche prove inutilizzabili).
Infatti, il libero convincimento si può dispiegarsi soltanto sulle prove che la legge consente di usare
(validità delle prove).
- Delicati problemi riguardano la valutazione della perizia o della prova scientifica, ad es. prova
DNA prova decisiva.
- Vi è il pericolo che il giudice, non avendo le conoscenze tecniche, non sarebbe più lui a decidere,
ma un soggetto che non sempre offrono le necessarie garanzie di indipendenza.
- L’unico rimedio passa attraverso un percorso di crescita intellettuale dei magistrati, che li porti ad
una cultura dei criteri (non impossibile cultura tecnica)

L’art. 192 prevede due espresse eccezioni al principio del libero convincimento:vengono dettate
dalle regole di valutazione.
Di regola, il giudice non è vincolato a nessun parametro se non quello della razionalità nel valutare
le prove, ma per due categorie probatorie il legislatore circoscrive la sfera del libero convincimento
dettando due cautele, il rispetto delle quali deve comparire in motivazione.

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1. Prima categoria probatoria: categoria indiziaria.


Art.192 II l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che non siano gravi,
precisi e concordanti.
- Per indizio si intende come una probatio minor, prova minore, da contrapporre alla prova in
senso stretto (diversa efficacia probatoria).
- Il discrimine tra i due è rappresentato dalla consistenza del risultato probatorio: nella prova la
conclusione probatoria si ottiene utilizzando leggi logico-scientifiche non probabilistiche,
nell'indizio il risultato probatorio è supportato esclusivamente da massime di esperienza (non
attendibile).
- Il giudice usa un ragionamento induttivo che procede a ritroso (dall’effetto alla causa).
- La logica induttiva apre a conclusioni soltanto probabili e non certe, che è sempre possibile
contestare.
- La regola di esperienza è una regola di comportamento che esprime quello che avviene nella
maggior parte dei casi (id quod plerumque accidit) → si tratta di un giudizio di probabilità, non
di certezza.
- Diverso il caso in cui l’inferenza del giudice è guidata da legge scientifica che esprime una
relazione certa o statisticamente significativa tra due fatti della natura (generalità,
sperimentabilità, controllabilità da parte delle comunità scientifica → maggiormente attendibile).
- Se il legame tra circostanza indiziante e fatto da provare è assistito da legge scientifica, allora la
prova avrà un'elevata forza persuasiva e si tratterà di una prova in senso stretto (sono poche)
- L’art. 192 esclude che il giudice possa esibire in motivazione elementi che hanno solo una
valenza indiziaria, ossia assistiti da massima di esperienza.
Essi potranno supportare il convincimento solo se:
• più d’uno (→ disciplina presunzioni);
• la gravità attiene al grado di convincimento, sarà grave l'inizio resistente alle
obiezioni;
• gli indizi devono essere precisi, ossia non equivoci e ampiamente
dimostrati;
• devono essere concordanti, cioè convergenti tutti verso la medesima
conclusione.
2. Seconda categoria probatoria: dichiarazioni dei coimputati. Art. 192 III e IV, e 197 bis co. 6 le
dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato e degli imputati in procedimento connesso
a norma dell’art. 12 sono valutate assieme ad altri elementi che ne confermano l’attendibilità.
Il legislatore valuta con sospetto questo genere di dichiarazioni, considerate intrinsecamente
inattendibili, pertanto impedisce al giudice di valutarle da sole, ma gli consente di impiegarle
solo a condizione che esistano dei riscontri esterni che ne confermino l'attendibilità (c.d.
riscontri estrinseci).
- Una sola dichiarazione del coimputato non basterà a supportare la decisione di condanna →
presunzione relativa di inattendibilità.
- Queste regole di valutazione vanno ad integrare la struttura della motivazione, che se non le
conterrà sarà viziata da error in procedendo, per cui si può anche ricorrere per Cassazione.

Un ulteriore limite al principio di libero convincimento è rappresentata dal divieto ex 526.1-bis in


conformità con l’art. 111.4 C., la prova non può essere ottenuta sulla base di dichiarazione di natura
accusatorie rese da chi per libera scelta si sia sempre volontariamente sottratto all’esame da parte
dell’imputato e del suo difensore, cioè della persona coinvolta in quelle dichiarazione.
- Il giudice infatti riesce sempre a trovare dei riscontri nell'ambito della motivazione, quindi il
metodo migliore per vagliare l'attendibilità delle dichiarazioni è il momento della formazione della
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prova, in cui la difesa ha la possibilità di far emergere contraddizioni → efficacia del


contraddittorio.

Inutilizzabilità
Art. 191, prove illegittimamente acquisite: si tratta della quarta specie di invalidità prevista dal
codice: l'inutilizzabilità, sanzione processuale dedicata esclusivamente alle prove.
- Le prove devono essere raccolte seguendo l’iter probatorio, ossia tutte quelle attività volte
all’ingresso, formazione e valutazione della prova, che è normativamente disciplinato, specialmente
nella fase c.d. oggettiva, della raccolta, dell'ammissione e dell’acquisizione probatoria, e di quella
soggettiva della valutazione.
- questa forma di invalidità priva di efficacia persuasiva quelle prove
- A tutela di questo principio è posta l’inutilizzabilità della prova: questa figura sanziona le prove
acquisite in violazione di regole che disciplinano le modalità di ammissione (an), cioè l’ingresso
della prova in processo, e le modalità di assunzione (quomodo) della prova → principio di legalità
della prova, prove contra legem.
- Tale categoria è stata prevista per l'inadeguatezza delle tradizionali specie invalidità, a causa
dell'istituto della sanatoria che consentiva l’ingresso della prova valida.
- L’inutilizzabilità mira a sfornire di attitudine probatoria la prova invalida e quindi far sì che non
possa essere utilizzata dal giudice.
Regime giuridico: le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere
utilizzate. L’inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. →
regime analogo a quello delle nullità assolute.

Classificazioni, art. 196:


• Inutilizzabilità patologica: si fa riferimento al divario tra la fattispecie legale e l’atto in concreto
→ atti viziati, è volta a censurare e sanzionare i vizi del procedimento, ossia prove raccolte contra
legem; 191 I, non è sanabile.
• Inutilizzabilità fisiologica: divieto di impiegare nel dibattimenti le informazioni raccolte durante
l’indagine, raccolte secundum legem però senza garanzie proprie del metodo dibattimentale →
giudice non ne può tener conto.
- Si fa riferimento non alla patologia dell'atto, ma ad una caratteristica che discende dalla
conformazione del sistema e cioè l'incapacità, l'inettitudine dell’efficacia probatoria di tutti gli atti
compiuti in fase delle indagini.
- L’atto pur adeguato alle norme che disciplinano la fase delle indagini non può avere efficacia
probatoria (NON per un vizio, ma per sua natura, perché sono diversi nell’acquisizione).
- Questa inutilizzabilità si direbbe sganciata dal vizio → art. 526 I il giudice non può utilizzare
per la decisione prove diverse da quelle acquisite in dibattimento.
- inutilizzabilità solo ai fini di convincimento in merito alla sentenza, ma non cautelari
- non ha rilevanza sul piano del giudizio abbreviato al contrario della patologica

Ulteriore distinzione:
• Inutilizzabilità assoluta: queste prove non possono essere mai utilizzate
• Inutilizzabilità relativa: queste prove non possono essere usate solo in determinate condizioni, o
in determinati sedi (ex. dichiarazioni autoindizianti art 63 cpp)

Distinzione rispetto alle modalità di previsione:


• Inutilizzabilità generale: l’art. 191 parla di prove acquisite in violazione dei divieti previsti dalla
legge, i divieti sono regole che afferiscono all’ingresso della prova (an della prova), ex. divieto di
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acquisire documenti anonimi. Il giudice deve dichiarare inammissibile l’entrata di tali prove in
processo. In questo modo si restringe l’ambito di applicazione dell’art. 191.
- non è suscettibile di sanatoria
- oltre a l'inutilizzabilità generale, ve ne sono altre previste da specifiche disposizioni di legge
disseminate all’interno del codice, che collegano l'inutilizzabilità a particolari violazioni di norme
che regolano l'iter probatorio.
• Si parla a riguardo di inutilizzabilità speciale: l’inutilizzabilità non riguarda solo l’an, ma anche
regole che attengono al quomodo, alle modalità di formazione della prova. Ex. Intercettazioni
Art. 63, l'inutilizzabilità va a colpire le modalità di formazione della prova, si colpisce il fatto che
l'autorità procedente non abbia adottato le forme dell’interrogatorio;

Dall’art. 191 discende che il divieto probatorio stabilito “dalla legge” deve trovare la propria fonte
in ambito legislativo (fonte primaria!)
- Ci si riferisce solo alla legge processuale o anche ad altra fonte legislativa (soprattutto legge
penale sostanziale e la Cost.)?
- Si ritiene che l'inutilizzabilità abbia carattere processuale e dunque non possa discendere da una
norma sostanziale e in specie da una fattispecie incriminatrice perché si parlerebbe a quel punto di
prove illecite.

Le prove illecite, ossia raccolte con un’azione vietata da una fattispecie incriminatrice (reato), non
rientrano nel 191
- Ma se la valutazione di ammissione della prova si basa solo su norme processuali allora una prova
acquisita con un reato dovrebbe essere ammessa
- Proprio perché investono un fenomeno processuale, le valutazioni di invalidità non possono essere
dedotte da fonti che non regolano il processo.
Esempio: testimonianza resa rilevando, senza giusta causa, un segreto professionale: sul piano
sostanziale il silenzio costituisce un atto dovuto (622 c.p.), sul piano processuale è oggetto di una
mera facoltà (200) → testimonianza penalmente illecita e processualmente valida.
- Non si può qualificare come inutilizzabile il materiale probatorio conseguito a prezzo della
commissione di un reato.
- Affinché tali prove siano bandite dalla scena del processo non basta che l’attività di ricerca e
ammissione abbia violato regole del diritto penale, ma la valutazione di ammissibilità utilizza criteri
squisitamente processuali e dunque è necessario che sia il codice di rito ad imporre espressamente
l’esclusione delle prove ottenute con azione illecita

Caso concreto valutato dalle Sezioni Unite


- Perquisizione non autorizzata e conseguite sequestro di una res
→ questione dei frutti dell’albero avvelenato: in mancanza di una norma ad hoc che preveda il
divieto di acquisire i materiali probatori reperiti in seguito ad una perquisizione illecita, perché
svolta in assenza di decreti autorizzativi dell'autorità, la prova sequestrata, la res attinente al reato, è
legittimamente acquisita?
Dal momento che manca la disposizione ad hoc, la prova è legittimamente acquisita (distinzione
rispetto ai sistemi nordamericani, i reperti trovati nell’altrui dimora senza mandato del giudice non
sono utilizzabili → IV emendamento).
- L’invalidità della perquisizione non si estende anche al sequestro: tra gli atti probatori non sussiste
un vincolo di dipendenza logico-giuridica che possa determinare la propagazione del vizio (nel caso
della nullità essa opera estensivamente solo in presenza di legami logici o giuridici, imputazione
nulla, dibattimento nullo) → non si configura l'inutilizzabilità derivata.
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Intervento sezioni unite:


- ha cercato di superare questa situazione dando un'interpretazione estensiva della formula dell’art.
191, per la qual l'inutilizzabilità delle prove si ricollega alla violazione dei divieti stabiliti dalla
legge e si includerebbe anche i divieti di matrice costituzionale.
- Le sezioni unite hanno, con la sent. 1811/1996, esteso la portata del 191 al sequestro eseguito in
seguito a perquisizione illegittima, perché perquisizione e sequestro sono strettamente legati da
rapporto funzionale (→ violazione dell’art. 13.2, che però sancisce un principio, non è norma
immediatamente operativa).
- Tuttavia nella stessa sentenza, hanno previsto che la perquisizione illegittima contamina il
sequestro solo quando i reperti non siano pertinenti al reato, ossia mai.

Le prove incostituzionali, ossia ottenute attraverso modalità, metodi e comportamenti realizzati “in
dispregio dei fondamentali diritti del cittadino” (prassi: soprattutto art. 13-15 C.).
- Alcuni ritengono che anche la violazione della Cost. non avrebbe ricadute nel processo
analogamente alla prova illecita → questo parallelismo costituisce un punto debole: qui si parla di
subordinazione gerarchica di una fonte inferiore ad una superiore.
- Inoltre, dove la struttura della norma costituzionale è sufficientemente completa per poter valere
come regola di casi concreti, essa deve essere utilizzata direttamente da tutti i soggetti
dell’ordinamento giuridico.
- Per queste ragioni, l’opinione più diffusa e convincente è nel senso che il giudice debba dichiarare
inutilizzabili le prove incostituzionali.

Operatività dell'art. 191: la giurisprudenza aveva per un lungo tempo sostenuto che la sanzione
dell'inutilizzabilità non operasse in fase di indagine.
- In particolare il quesito si era posto rispetto all'inutilizzabilità rispetto alle intercettazioni, cioè per
quelle informazioni non utilizzate nel dibattimento ma solo a fini cautelari.
- Questo orientamento è stato sconfessato dalle Sezioni Unite, dunque oggi l'inutilizzabilità opera
anche in fase d’indagine e colpisce tutti i risultati consuntivi formati illegittimamente. Vi sono
infatti i mezzi di ricerca della prova che si formano proprio in fase di indagine.

Come opera l'inutilizzabilità?


La prova affetta da inutilizzabilità è sfornita di efficacia probatoria e dunque vizia il provvedimento
che ne faccia uso. Di che vizio si tratta?
- Non riconoscendosi un vizio di dipendenza logica o giuridica, si può parlare di vizio solo se quella
prova inutilizzabile figura in motivazione.
- Bisogna quindi verificare se il giudizio di fatto sia ben motivato nonostante l'eliminazione del dato
provato inutilizzabile: se eliminando quel dato, la motivazione è ancora solida, allora la
motivazione non è invalida.
- Il provvedimento sarà viziato solo a condizione che la prova viziata sia indispensabile per la
razionalità di quel provvedimento.
Ma a chi si rivolge il divieto di usare la prova?
In dottrina vi sono due posizioni:
1. Prova viene usata nelle decisioni: misure cautelari, vocatio in iudicium, sentenza. Solo questi
atti non si possono reggere su prove invalide. Nulla vieterebbe di porre la prova viziata a
fondamento di un successivo atto probatorio → il collegamento tra prova e prova
(intercettazione e perquisizione) sarebbe psicologico, non giuridico.

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2. Si seguono gli schemi tipici di nullità: la propagazione del vizio dipende dal fatto che fra l’atto
nullo ed i successivi possa ravvisare un nesso di dipendenza (185.1). Non ogni prova scoperta
grazie ad una conoscenza inutilizzabile è invalida. Si devono distinguere due gruppi di prove:
• quelle che possono essere disposte liberamente, gratuitamente, cioè non subordinate ad alcun
requisito, ad es. il p.m. non ha bisogno di giustificare la convocazione in procura di una persona
informata sui fatti → dichiarazioni rilasciate da quella persona sono valide.
• quelle che la legge àncora a presupposti, ad esempio si può mettere sotto controllo un telefono
soltanto se vi sono gravi indizi di reato, quindi la legge aggancia certe prove alla necessaria
sussistenza di informazioni pregresse, informazioni cd. utilizzate nel senso giuridico → il
fondamento dell’intercettazione è viziato e quindi ne consegue l’invalidità.
La prova viziata è inutilizzabile anche in bonam partem? È preferibile distinguere in base
all’interesse di volta in volta salvaguardato. Se l’inutilizzabilità obbedisse esclusivamente
all’esigenza di proteggere determinati diritti dell’imputato, il giudice potrebbe effettivamente
usare la prova favorevole. Se invece dipendesse da una radicale mancanza di attendibilità, allora
la prova sarebbe inutilizzabile.

La testimonianza
La disciplina della testimonianza è racchiusa nel libro III sulle prove, nei mezzi, che mirano alla
funzione della prova nel processo.
- Essa ha un contenuto narrativo, cioè è una prova dichiarativa, il cui oggetto è descritto dall’art.
194.
- Il testimone è esaminato sui fatti specifici e pertinenti all’oggetto di prova (altrimenti si tratterebbe
di testimonianza non rilevante)
- Le domande possono estendersi anche alle circostanze il cui accertamento è necessario per
valutare la credibilità del testimone.
- La dinamica complessiva dell'escussione testimoniale segue uno sviluppo ternario:
• Esame diretto: riservato alla parte che ha introdotto la prova, volta ad avvalorare le proprie
affermazioni sui fatti di causa;
• Controesame: dedicato alle domande che la controparte ha la facoltà di porre al fine di incrinare
l'attendibilità (fase eventuale);
• Riesame: dove la parola torna a chi aveva cominciato per permettergli di risollevare, tramite
nuove domande la tesi indebolita dal controesame (fase eventuale).
→ il giudice vigila sul corretto andamento

La testimonianza indiretta è disciplinata all’art. 195. È la testimonianza di chi si riferisce per la


conoscenza dei fatti ad un’altra persona, testimonianza di seconda mano (rappresentazione
processuale di una rappresentazione extraprocessuale), per sentito dire.
→ grado di attendibilità minore
Il codice ammette l'ingresso di questa prova solo a determinate condizioni, dettate a pena di
inutilizzabilità. Disciplina:
1. Art. 195 I, II, III: Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone,
il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre.
Il giudice può disporre anche di ufficio l'esame delle persone indicate nel comma.
L'inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti
di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l'esame di queste risulti
impossibile per morte, infermità o irreperibilità
Se le parti richiedono l’esame del testimone diretto, bisogna che questo esame si svolga, (salvo
morte, infermità, irreperibilità) per suffragare l'attendibilità. Tale esame può essere anche
61

disposto d'ufficio. Se ciò non avviene, la testimonianza è inutilizzabile, salva l'impossibilità di


sentire quel soggetto → salvaguardare il diritto delle parti ad esaminare il testimone diretto
2. Art. 195 VII: Non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di
indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame. Viene
sancita, in termini generali, la inutilizzabilità della deposizione di chi non possa o non voglia
indicare la persona o la fonte da cui abbia appreso la notizia al centro dell’esame testimoniale
(precipitato della regola generale che vieta l’utilizzo delle fonti anonime).
3. Art 195 IV: stabilisce il divieto nei confronti di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di
testimoniare sul contenuto delle dichiarazioni da loro stessi acquisite durante le indagini
preliminari da testimoni con la modalità delle sommarie informazioni (rectius, da persone che
successivamente potessero assumere la veste di testimoni).
Si configura così una deroga piuttosto rigida rispetto alla ordinaria disciplina della testimonianza
indiretta, motivata dall’esigenza di garantire il principio di oralità della prova, privilegiando,
quale mezzo di acquisizione di tali dichiarazioni, l’esame testimoniale dei loro autori. Si evita
così l’aggiramento dei limiti posti all’utilizzabilità, in sede dibattimentale, a fini probatori delle
dichiarazioni raccolte in fase di indagine.

Art. 196, capacità a testimoniare: Ogni persona ha la capacità di testimoniare. Qualora, al fine di
valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a
rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i
mezzi consentiti dalla legge
→ spetta a tutti, cd. principio di universalità dell’obbligo testimoniale, anche ai minori e degli
infermi di mente o alcolizzati cronici. Starà al giudice valutare l'attendibilità.

Le eccezioni agli obblighi testimoniali: l’obbligo di deporre è un principio, le disposizioni che


introducono eccezioni costituiscono regole di carattere eccezionale e quindi insuscettibili di essere
estesi per analogia.
- Gli obblighi del testimone possono essere ricondotti ai doveri inderogabili di solidarietà sociale (2
C.), per cui possono essere derogati soltanto da un bene di pari rango.
⇒ art. 197 cpp sancisce un divieto probatorio per i soggetti incompatibilità a testimoniare: Non
possono essere assunti come testimoni:
a) i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma
dell'articolo 12, comma 1, lettera a), salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena → incompatibile col
diritto al silenzio dell’imputato
b) salvo quanto previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c), le persone imputate in un
procedimento connesso, o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, prima che nei loro
confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di
applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444
→ art 64 comma 3 lettera c: Prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita
che se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a
tali fatti, l'ufficio di testimone
L'imputato in processo collegato è incompatibile con l'ufficio di testimone, perché deponendo sul
fatto altrui deporrebbero contra se, ma questa incompatibilità cessa quando nel corso
dell'interrogatorio l'indagato debitamente avvertito sceglie di rendere dichiarazioni potrà essere
chiamato come testimone con riferimento al fatto altrui.
Caduta l’incompatibilità nelle situazioni previste il coimputato potrà deporre nelle forme della
testimonianza assistita ex art. 197-bis (il testimone deve essere assistito dal difensore).
62

- tutela meno forte che nel caso rispetto ai coimputati, dove non si perde mai l’incompatibilità
c) il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;
≠ La persona offesa può essere citata come testimone: la parte civile non è incompatibile
Questo crea una forte asimmetria nel rapporto fra la parte civile e l’imputato: la parte civile
potrebbe essere costretta a rendere dichiarazioni pregiudizievoli, ma l’obbligo di dire la verità
finisce per rendere le dichiarazioni della parte civile più credibili rispetto a quelle dell’imputato.
d) coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico
ministero o loro ausiliario, nonché il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e
coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte
3-bis. L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le
dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3,
lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la
responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà
assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone

L’art 197-bis: fa riferimento solo all’imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato,


non al coimputato
I. L’imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato, può essere sempre sentito come
testimone quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di
condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo
II. L’imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato, può essere sentito come
testimone, inoltre, nel caso previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c)
III. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 il testimone è assistito da un difensore. In mancanza di
difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio.
IV. Nel caso previsto dal comma 1 il testimone non può essere obbligato a deporre sui fatti per i
quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di condanna nei suoi confronti, se nel procedimento
egli aveva negato la propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione. (In
riferimento al 197 comma I ) → perchè il legislatore vuole tutelare la posizione di chi è già stato
condannato: consentire alla persona condannata eventualmente di ottenere la revisione del suo
processo
Nel caso previsto dal comma 2 il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti che
concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi
confronti. (In riferimento al 197 comma II )
V: In ogni caso le dichiarazioni rese dai soggetti di cui al presente articolo non possono essere
utilizzate contro la persona che le ha rese nel procedimento a suo carico, nel procedimento di
revisione della sentenza di condanna e in qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto
oggetto dei procedimenti e delle sentenze suddette.

Art. 198, doveri del testimone:


• Obbligo di presentarsi al giudice (altrimenti accompagnamento coattivo)
• Obbligo di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per esigenze processuali: se ultra
quattordicenne deve recitare la formula di impegno ex 497.2 (a pena di nullità relativa)
• deve fornire le proprie generalità e rispondere veridicamente, ma si sancisce anche la classica
garanzia contro il rischio dell'auto-incriminazione, stabilendo che il medesimo teste non può
essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale.
- Nella pratica è complesso, perchè se il testimone non risponde ad una domanda perchè ritiene
ciò pregiudizievole, come fa il giudice a valutare se effettivamente sia cosi

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→ dichiarazioni autoindizianti (art 63): se nel corso di un esame il testimone rilascia delle
dichiarazioni autoindizianti le autorità devono interrompere l’esame e le dichiarazioni rese sono
utilizzabili solo nei confronti di terzi

Deroghe all’obbligo testimoniale


1. Art. 199 cpp: facoltà di astenersi per i prossimi congiunti, facoltà di cui devono essere avvertiti
a pena di nullità (relativa), perché c’è un contrasto tra l’obbligo di deporre e i rapporti personali
con l’imputato.
- Essi possano accettare l’ufficio ma rifiutarsi di rispondere a singole domande, sebbene in
questo modo si profili una testimonianza a pelle di leopardo, difficile da valutare.
- La tutela compete ad ascendenti, discendenti, coniuge e gli altri enumerati all’art. 307 IV c.p.,
adottante e adottato. Inoltre, però in forma più debole perché subisce un limite temporale, al
coniuge separato o divorziato, al convivente more uxorio, parti dell’unione civile.
- Quest’ultimi non possono rifiutare in blocco la testimonianza, ma solo scansare alcune
domande.
- Il congiunto deve testimoniare quando ha presentato denuncia, querela o istanza (cd. congiunto
accusatore) e quando lui stesso o un suo congiunto sono persone offese dal reato.
→ tutela della famiglia (29 C.) e delle formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’uomo
(2 C.)
2. Art. 200 apre una fila di disposizioni (200-204) che pongono limiti alla testimonianza allo scopo
di salvaguardare sfere di riserbo.
I titolari di un segreto professionale non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno
conosciuto per ragione del proprio ministero o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di
riferirne all'autorità giudiziaria
Secondo una testi l’art. 200 c.p.p. costituisce una proiezione sul piano processuale dell’art. 622
c.p. che incrimina chi rivela senza giusta causa un segreto appreso per ragione del proprio stato,
ufficio, professione od arte: obbligo di tacere (622 c.p.) e quello di parlare (198.1 c.p.p.) non
possono coesistere in capo alla stessa persona.
- L’art. 200 I contempla il segreto religioso (ministri di confessioni religiose i cui statuti non
contrastino con l’ordinamento italiano), il segreto degli operatori forensi (avvocati,
investigatori autorizzati, consulenti tecnici, notai ex 24 C.), segreto medico (medici, chirurghi,
farmacisti, ostetrici, ogni altra professione sanitaria ex 32 C.) e una formula aperta (gli
esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi;
commercialisti, consulenti del lavoro, dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze).
- I titolari sono tenuti a conoscere i diritti e doveri connessi alle loro mansioni, la legge non
contempla avvertimenti a loro vantaggio.
- se il soggetto infrange il segreto professionale, sarà punito dalla legge penale, ma essendo
quella di non deporre soltanto una facoltà per il codice di procedura penale, la prova sarà
utilizzabile
- Il professionista potrebbe abusare della prerogativa, per cui il giudice se ha sospetti, provvederà
ai necessari accertamenti, all’esito dei quali potrà ordinare al professionista di deporre.
Un regime particolare è previsto nei confronti dei giornalisti professionali iscritti all’albo
(esclusi dunque, i pubblicisti), relativamente ai nomi delle persone che abbiano loro fornito
notizie in via fiduciaria.
- Entro questi limiti anche ad essi viene estesa la normativa dettata per il segreto professionale,
ma al giudice è sempre riservato il potere di obbligarli a rivelare l’identità di tali persone, quando
le notizie siano indispensabili per la prova del reato, e la loro veridicità possa venire accertata
solo attraverso l’identificazione della fonte fiduciaria (art. 200 comma 3).
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3. Art. 201 segreto d’ufficio: disciplina analoga a quella dettata per la facoltà di astensione dei
titolari di un segreto professionale risulta estesa anche ai pubblici ufficiali, ai pubblici impiegati
ed agli incaricati di un pubblico servizio, con la variante che ad essi compete non tanto la facoltà,
quanto “l’obbligo di astenersi dal deporre” su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio “che
devono rimanere segreti”
- se il soggetto infrange il segreto d'ufficio la prova non sarà utilizzabile perché ha violato
l'obbligo di non deporre prescritto dal codice di procedura penale
- Anche a questo proposito sono fatti salvi, tuttavia, i casi in cui tali soggetti “hanno l’obbligo di
riferirne all’autorità giudiziaria, sicché si deve ritenere che, in simili eventualità (ad esempio
nelle ipotesi di denuncia obbligatoria ex art. 331).
4. Art. 497.2 bis deroga l’obbligo di declinare le generalità: gli ufficiali ed agenti di polizia (anche
stranieri), i dipendenti dei servizi segreti, nonché le persone di cui si siano avvalsi nel corso di
un’operazione sotto copertura, non indicano le generalità autentiche, ma quelle di copertura.
Questo protegge l’agente dal rischio di ritorsioni e garantisce che possa essere impiegato anche
in futuro.
Consentendo la testimonianza anonima, si rende più difficile l’esercizio del diritto della difesa,
perché la testimonianza difficilmente può essere inquadrata in un contesto.
Inoltre, l’audizione dell’agente infiltrato si svolge secondo modalità che indeboliscono il
contraddittorio, perché l’esame è quasi obbligatoriamente a distanza e il viso dell’agente viene
schermato. La Corte di Strasburgo finora l’ha accettata, però chiedendo che almeno il giudice
abbia conoscenza delle generalità autentiche.

L’esame delle parti


Gli obblighi del testimone non sono conciliabili con la posizione di chi è sotto processo: quando si
deve sentire l'imputato intorno al fatto che gli è addebitato non lo si può fare applicando le regole
della testimonianza → si ricorre all’esame
Art 208 cpp: Nel dibattimento, l'imputato, la parte civile che non debba essere esaminata come
testimone, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono
esaminati se ne fanno richiesta o vi consentono.
Differenza dalla testimonianza è che l’esame è un metodo di prova a a carattere volontario, le parti
possono scegliere o meno se sottoporsi all’esame
- è volto potremmo dire a sostituire l’interrogatorio
Art 209 cpp: All'esame delle parti si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 198
comma 2 e 499 (stessi della testimonianza) e, se è esaminata una parte diversa dall'imputato, quelle
previste dall'articolo 195.
Se la parte rifiuta di rispondere a una domanda, ne è fatta menzione nel verbale
A differenza della testimonianza il soggetto può comunque esercitare il diritto al silenzio
- La dottrina riteneva che una volta aver accettato il soggetto dovesse rispondere altrimenti doveva
essere verbalizzo che si è avvalso del diritto al silenzio ed essere un pregiudizio per l’imputato
- La corte ha stabilito che anche l’esame è pur sempre uno strumento di difesa per l’imputato,
quindi valgono tutte le disposizioni per l’interrogatorio, quindi il soggetto può non rispondere ad
una singola domanda
Le stesse disposizioni si applicano anche per l'esame delle parti eventuali (parte civile, responsabile
civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria
- un aspetto importante riguarda il fatto che il responsabile civile e il civilmente obbligato per la
pena pecuniaria sono incompatibili con l'istituto di testimoni, mentre la parte civile no, ma allora
quando verrà ascoltata nella veste di testimone (con obbligo di rispondere e di dire la verità) e
quando nella veste di parte (con facoltà di non rispondere e di mentire)?
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→ l'ufficio testimoniale prevale: se qualcuno domanda di sentirla in tale abito la parte civile sarà
esaminato come testimone, se nessuno le chiede la testimonianza potrà, se vuole, sottoporsi
all'esame

MA
La scelta dell’imputato di sottoporsi all’esame o meno non è del tutto libera dal punto di vista delle
conseguenze difensive perchè se ha reso nel corso dell’interrogatorio delle dichiarazione e nel
dibattimento si rifiuta di sottoporsi ad un esame quando richiesto dall’altra parte le dichiarazioni
rese nel corso dell’interrogatorio possono venire lette al dibattimento e diventare prova → art 513
Non si viola il principio del contraddittorio nella formazione della prova?
Probabilmente il legislatore ha ritenuto che in questa situazione l’imputato integri delle deroghe al
contraddittorio: nel momento in cui l’imputato non si sottopone all’esame rinuncia al
contraddittorio nella formazione della prova e quindi legittima a recuperare quanto detto
nell’interrogatorio (deroga del consenso dell’imputato al contraddittorio)

Art 195: regole sulla testimonianza indiretta →si applica solo all’esame delle parti eventuali, perchè
solo l’imputato può riferire informazioni apprese da altri tacendone la fonte; e solo lui può riferire
notizie confidenziali di cui sia venuto a conoscenza dal titolare di un segreto professionale o di
ufficio.
Dopo l’esame dei testimoni, periti e consulenti tecnici, vengono esaminate le parti che ne abbiano
fatto richiesta o che vi abbiano consentito (art. 503) → presupposto è il consenso.
Art. 501. Esame dei periti e dei consulenti tecnici
1. Per l'esame dei periti e dei consulenti tecnici si osservano le disposizioni sull'esame dei testimoni,
in quanto applicabili.
1.bis Almeno sette giorni prima dell’udienza fissata per il suo esame, il perito autorizzato ai
sensi dell’articolo 227, comma 5, deposita in cancelleria la propria relazione scritta. Nello
stesso termine la parte che ha nominato un consulente tecnico deposita in cancelleria
l’eventuale relazione scritta del consulente.
1-ter. Fuori dai casi previsti al comma 1-bis, la parte che ha chiesto l’esame di un consulente
tecnico deposita l’eventuale relazione almeno sette giorni prima l’udienza fissata per
quell’esame.
→ non diventano prove scritte ma questi esami scritti servono a rendere più efficace la loro
testimonianza perchè hanno competenze tecniche che non hanno il giudice e le parti
2. Il perito e il consulente tecnico hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e
pubblicazioni, nonché le relazioni depositate ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter, che possono essere
acquisite anche di ufficio.

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Indagini preliminari
Disciplinate dal libro V del codice
- Si tratta della prima fase del procedimento (non del processo)
- Affidata alla gestione del pm con l’ausilio della p.g
- Il giudice interviene solo incidentalmente: l'intervento del giudice è solo eventuale.
- La finalità delle indagini è quella di consentire al p.m. di raccogliere elementi necessari a decidere
se esercitare l'azione penale oppure se chiedere l’archiviazione.
L’art. 326 cpp: p.m. e p.g. svolgono nell'ambito delle proprie attribuzioni le indagini necessarie per
le determinazioni inerenti all'esercizio dell’azione penale.
- L’aspetto importante dell’art. 326 sta in ciò che non dice: le indagini servono solamente
all’esercizio dell’azione penale, NON al dibattimento e alla deliberazione della sentenza: le indagini
preliminari stanno fuori dal processo.
- Le indagini dunque non servono a raccogliere gli elementi di prova.
- Constatato che al termine delle indagini vi è la sostenibilità dell’ipotesi accusatoria, il p.m. chiede
rinvio a giudizio, che contiene l'imputazione.
La conseguenza di questo assetto predisposto dal nostro legislatore:
• natura preprocessuale delle indagini
• il destinatario delle attività di indagine non può definirsi imputato, ma solo persona sottoposta
alle indagini;
• non si acquisiscono prove, ma solo elementi di prova (ed è per questa ragione, che il legislatore
attribuisce nomi diversi agli atti di indagine → testimonianza è nelle indagini assunzione di
informazioni da persone che possono riferire circostanze utili alle indagini)

La struttura della fase delle indagini preliminari è influenzata dalle sue finalità.
Poiché gli atti di indagine non sono destinati ad assumere rilevanza in sede decisoria, gli atti si
caratterizzano per:
• l’informalismo (la forma è posta a presidio delle garanzie, e dunque assume valenza durante il
processo),
• l'unilateralità, gli atti di indagine sono compiti unilateralmente dal p.m., ed è molto ridotto il
numero di attività da compiersi in presenza del difensore.

Basandoci sul postulato secondo il quale le indagini preliminari stanno fuori dal processo e servono
solo per formulare l’imputazione
→ Nel 1988 le indagini preliminari erano concepite come una fase che “non conta e non pesa”,
prevedevano una documentazione ridotta all'osso, non tutelavano i bisogni di prova dell'indagato
⇒ È intervenuta la Corte costituzionale con tre clamorose decisioni nel 1992 abbattendo la diga che
separa le indagini dal dibattimenti poiché praticamente tutte le informazioni raccolte affluiscono al
dibattimento e possono esservi usate.

Nel biennio 1999-2001 viene costituzionalizzato il principio del contraddittorio nella formazione
della prova e ricostruita la barriera fra indagini e dibattimento, ma al contrario di quanto si possa
pensare il legislatore non torna indietro, al contrario continua a rinforzare i diritti dell’indagato

Anche se nelle indagini preliminari in linea di massima non si raccolgono prove utilizzabili per
l'emanazione della sentenza dibattimentale….
• ci sono comunque molte eccezioni: ex. alcune sentenze dibattimentali possono basarsi
sull’interrogatorio quando il soggetto si rifiuta di rilasciare dichiarazioni durante il processo
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• Sugli atti formati nella fase preliminare si celebrano riti speciali, uno dei quali (giudizio
abbreviato) può condurre anche a condanne molto severi
• sulla base del materiale raccolto vengono disposti atti che incidono pesantemente sui diritti di
libertà: Sulla base di tali informazioni il giudice impone misure cause cautelari e autorizza le
intercettazioni ecc..
• la fase preliminare può avere ripercussioni pesanti sulla posizione lavorativa, sulla reputazione,
sulla vita sociale della persona che vi è sottoposta.
• Un altro aspetto su cui è intervenuta la Corte costituzionale è l’obbligatorietà dell’azione penale:
la scelta di spostare in avanti rispetto al modello processuale anteriore l'esercizio dell'azione
penale, facendo nel punto di arrivo della fase preliminare, non può comportare che tutto quanto
precede quel momento sia sottratto al principio di legalità → occorre diagnosticare il Principio
della completezza delle indagini con lo scopo di garantire che la domanda di archiviazione sia
giustificata dalle carenze nelle investigazioni (e non dall'effettiva infondatezza della notizia di
reato) e di scongiurare un esercizio apparente dell’azione penale

- Come abbiamo visto la disciplina delle prove si estende agli atti di indagine
- Non si giustifica più la limitazione dello spazio della difesa durante le indagini→ si introduce la
disciplina investigazioni difensive
Investigazioni difensive
- dopo moltissime polemiche a causa dello squilibrio tra accusa, che poteva investigare in tutta la
fase preliminare, e difesa che non aveva anche alcun potere investigativo nel 2000 furono
configurate le investigazioni difensive
- L’indagine privata si distingue da quella pubblica dal fatto che il pm si trova in una posizione di
forza e può compiere alcuni atti che la difesa non può compiere, e dispone inoltre della polizia
giudiziaria
- il pm è una parte, ma anche un organo pubblico quindi non può trascurare elementi favorevoli alla
persona sottoposta alle indagini, al contrario l'avvocato ha lo scopo di individuare elementi di prova
esclusivamente in favore del proprio assistito, e quindi non è obbligato a comunicare elementi a
favore

- Con le modifiche introdotte nel 1999 l’udienza preliminare cresce e il giudice che la governa viene
chiamato ad esercitare valutazioni penetranti, che spingono fino al punto di valutare le circostanze
di reato e di effettuare il relativo giudizio di comparazione.
- Per instaurare il giudizio abbreviato non occorre più il consenso del p.m., cosicché l’imputato
diventa titolare di una sorta di diritto potestativo: il processo si può chiudere senza dibattimento
all’interno dell’udienza preliminare con una sentenza sul merito (condanna/proscioglimento) →
Perciò le investigazioni devono essere svolte in modo esaustivo, a tal punto da poter reggere un
accertamento sul merito dell’imputazione.

Notizia di reato
Le indagini prendono avvio con l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, chiamato
appunto registro delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.) custodito presso l'ufficio del p.m.
- (se l’acquisisce la p.g) La polizia comunica al p.m. gli elementi essenziali “del fatto”, non “del
reato”.
- Il p.m. è tenuto ad iscrivere al registro delle notizie di reato immediatamente dopo aver acquisito
la notizia di reato.
- Contestualmente va annotato anche il nome della persona alla quale il reato è stato attribuito; se
parte contro ignoti, il nome dovrà essere iscritto non appena risulti (335.1).
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- È dall'iscrizione nominativa del reato che iniziano a decorrere i termini, in particolare i termini di
conclusione delle indagini preliminari (405.2).
Definizione di notizia di reato: (fino alla lege cartabia non c’era un una definizione del codice) art
335 cpp: il pm iscrive immediatamente nell’apposito registro “ogni notizia che gli perviene o ha
acquisto di propria iniziativa: notizia contenente la rappresentazione di un fato determinato e non
inverosimile riconducibile in ipotesi ad una fattispecie incriminatrice”…
- P.m. e p.g. possono ricevere le notizie, ma possono anche svolgere attività di ricerca della notizia
di reato
- Questa possibilità però viene criticata perché andrebbe secondo alcuni in collisione con il
principio di legalità e di obbligatorietà dell’azione penale, visto le discrezionalità che si annidano
inevitabilmente.
- Si intende comunque che in questa specie di “pre-indagine” non possono essere compiuti gli atti
che comportano una compressione di diritti costituzionalmente garantiti, per i quali la notizia di
reato deve essere già stata acquisita.
Ex. Quindi il p.m potrà ascoltare una persona informata sui fatti, non potrà disporre una
perquisizione o un sequestro.
Cosa fa scattare l’obbligo di iscrizione? Non sono notizie di reato le c.d. non-notizie o pseudo
notizie: rappresentazioni di fatti palesemente leciti, manifestamente inverosimili perché contrari a
leggi logiche o scientifiche o per inconciliabilità con fatti noti. Simili informative non vanno iscritte
nel registro ex art. 335, ma confluiscono nel c.d. modello 45, perché non si cestinano ma va
verificato che appartengano effettivamente a quella categoria di notizie di reato.

Tipologie di notizie di reato:


1. qualificate, cioè disciplinate dalla legge → denuncia (art.331-333); referto (art.334); la querela,
l'istanza o la richiesta di procedimento, quando la legge processuale le richiede quale condizione di
procedibilità e riguardo le ultime tre, queste sono anche dichiarazioni di scienza con le quali
l’autore comunica gli elementi essenziali del fatto;
2. non qualificate, notizie che pervengono agli organi investigativi attraverso strumenti diversi da
quelli tipizzati dalla legge, come percezione diretta dei fatti, fonte pubblica, fonte confidenziale,
fonte giornalistica o appresa da organi pubblici nello svolgimento di attività ispettive o di vigilanza
(ispezioni compiute dall’autorità sanitaria, del lavoro o polizia tributaria).

Le notizie di reato non rientrano nell’ambito degli atti processuali, dunque non si applica la
disciplina del codice (nullità, invalidità).

Protagonisti delle indagini preliminari:


Principali protagonisti sono la p.g. e il p.m
- Inizialmente nel codice del 1988 il p.m. era dominus della fase investigativa, dirigeva le indagini e
disponeva direttamente della p.g.
- Un articolato sistema di incentivi lo spingeva a condurre personalmente le investigazioni, ad es.
era previsto il recupero di informazioni provenienti dall’indagine in dibattimento, solo però se
raccolte dal p.m. (non dalla p.g.).
- Con il decreto Scotti-Martelli (poco dopo strage di Capaci, 1992) e il pacchetto sicurezza (2001) la
polizia è stata sganciata dal p.m. e ha acquistato spazi di indipendenza.
- Nella pratica è più frequente che la notizia di reato venga raccolta dalla p.g., motivo per cui la
prima fase del procedimento è gestita proprio da essa.

69

Ex. inizialmente la p.g. poteva eseguire rilievi sulle cose esposte al rischio di modificazioni soltanto
quando il p.m. non poteva intervenire tempestivamente, oggi anche quando “non ha ancora assunto
la direzione delle indagini”.
- Con l’obbligo di notificazione al p.m. il legislatore fa si che esso si può “impadronire” del caso e
di assicurare la “tenuta” della disciplina sui termini della fase preliminare (di competenza del p.m.).

PM
• Una volta investito il p.m. può indagare personalmente
• Nel dirige le indagini il p.m. dispone direttamente della p.g. → art. 109 C., dipendenza
funzionale della p.g. dal magistrato inquirente. Tale vincolo si traduce nel potere di impartire
direttive alla p.g. e delegare determinati atti di indagine.
≠ La direttiva indica indirizzi generali dell’investigazione ed obiettivi da raggiungere, mentre la
delega incarica di un atto specifico restringendo i margini di manovra della polizia, affidandole
compiti meramente esecutivi.
• Il p.m. compie ogni attività necessaria ai fini delle indagini preliminari, ma svolge anche
accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (358): ciò
sembra mettere in discussione il ruolo di parte del p.m., ma in realtà la norma non significa che
svolge attività di difesa, ma che il p.m. deve estendere la propria attenzione anche ad elementi che
possono scagionare l'indagato, altrimenti l’accusa sarebbe poco solida perché agevolmente
confutabile della difesa. Le funzioni di p.m. sono esercitate nel rispetto delle norme del libro I.
P.G.
• Anche l’interrogatorio ed i confronti a cui partecipi la persona sottoposta alle indagini possono
essere commissionati alla p.g., l’indagato però deve essere libero e l’assistenza del suo difensore è
obbligatoria (370.1).
• Quando procede su delega la p.g. deve applicare le disposizioni sui diritti difensivi e sulla
verbalizzazione che varrebbero per gli atti del p.m.
• Anche dopo l’intervento del p.m. la p.g. può continuare a svolgere attività di propria iniziativa.
- Corte costituzionale e legislatore sono ulteriormente intervenuti prevedendo che in vari casi l’atto
potrà essere recuperato nel dibattimento anche se compiuto dalla p.g. → p.m. dirige le indagini,
però non è più il dominus indiscusso immaginato nel 1988 e nemmeno un controllore giuridico (a
parte alcune ipotesi).

Giudice per le indagini preliminari (g.i.p.)


Ha la competenza ad esercitare le sue funzione nell’ambito delle indagini.
- È un giudice monocratico.
- Non ha poteri di iniziativa nella conduzione delle indagini (distanza dal vecchio giudice istruttore,
che conduceva le indagini), ma è chiamato unicamente a provvedere nei casi previsti dalla legge
sulle richieste del p.m. e delle parti private, garante giurisdizionale → giudice senza fascicolo,
giurisdizione senza azione.
Art 328 cpp: Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del p.m., delle parti private e della persona
offesa del reato, provvede il giudice per le indagini preliminari
→ Da qui emerge da un lato che il g.i.p. non è un costante supervisore della fase, ma è un giudice
ad acta, che si occupa di specifiche questioni ed esercita funzioni previste in modo tassativo dalla
legge; dall’altro lato il g.i.p. interviene su richiesta, non ha poteri esercitabili ex officio.
I suoi compiti si possono raggruppare in tre categorie: funzioni di garanzia, di controllo decisione.
• Funzione di garanzia: verifica sulle iniziative degli organi investigativi che incidono sui diritti e
sulle libertà fondamentali
- applicano revocano e modificano la situazione delle misure cautelari personali
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- convalidano le misure pre cautelari (arresto in flagranza e fermo)


- autorizzano il prelievo di campioni biologici da un individuo (359 bis), l’intercettazione (in casi
urgenti disposta dal p.m., convalida giurisdizionale postuma), convalida il sequestro preventivo
(321) e alcune decisioni che restringono il diritto di difesa (es. iniziative investigative svolte a
carico di un difensore 103).
→ Il legislatore ha effettuato una selezione riservando al giudice per le indagini preliminari
soltanto i provvedimenti maggiormente lesivi: per molti atti che pure incidono sui diritti
fondamentali (ispezioni perquisizioni) non c'è garanzia giurisdizionale
- provvede alla formazione anticipata della prova nei casi di incidente probatorio, parentesi
giurisdizionale nell’ambito delle indagini che si attiva quando vi sia pericolo nel ritardo
dell'acquisizione probatoria, se si aspettasse il dibattimento la prova non potrebbe più assumersi,
quindi si anticipano le modalità del dibattimento → art. 392 e ss.
• Le funzioni di controllo: assomigliano a quelle di garanzia, ma qui il giudice coinvolge l’attività
del p.m. nel suo complesso: proroga dei termini delle indagini preliminari (406), archiviazione
(408 ss.) quindi verifica la sussistenza dei requisiti che legittimano il pm a non agire, riapertura di
un’indagine archiviata (414)
• Le funzioni di decisione: si distinguono in due sottogruppi:
- in alcune situazione il g.i.p. risolve nel merito la regiudicanda, cioè scioglie l’alternativa
condanna/proscioglimento: applicazione della pena su richiesta delle parti, giudizio abbreviato
(438), procedimento per decreto (459);
- in altre ipotesi si pronuncia sul processo, ossia stabilisce se l’iter deve arrestarsi o marciare in
avanti: udienza preliminare (419 ss.), procedimento di revoca della sentenza di non luogo a
procedere (434 ss.).

Il g.i.p. è un magistrato del tribunale nel cui circondario è stato commesso il reato, appartenente
all'apposita sezione istituita presso il tribunale ordinario. Sulla base degli stessi criteri si individua
anche il g.u.p., che non può mai essere la medesima persona fisica del g.i.p., causa di
incompatibilità perché il g.i.p. è chiamato a decidere in merito agli indizi di colpevolezza (es.
applicazione di una misura cautelare), quindi è un giudice pregiudicato.

Soggetti privati
• persona sottoposta alle indagini: titolare delle medesime garanzie che l’art. 60 riconosce
all’imputato;
• persona offesa: titolare dell’interesse protetto dalla norma giuridica violata, come ausiliario della
funzione di accusa.

Notizie di reato qualificate:


1. Denuncia: segnalazione indirizzata al p.m. o ad un ufficiale di p.g. di un reato procedibile
d'ufficio da parte di un qualsiasi cittadino, persona pubblica o privata.
- I pubblici ufficiali hanno il dovere penalmente sanzionato di fare denuncia dei reati perseguibili
d'ufficio di cui abbiano notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni (art. 331) → contenuto
della denuncia di provenienza pubblica: elementi essenziali del fatto, giorno in cui la notizia è
stata acquisita, fonti di prova, quanto serva ad identificare la persona alla quale il fatto è
attribuito, la persona offesa e coloro che sono in grado di riferire su circostanze rilevanti.
- I privati che abbiano avuto notizia di un reato perseguibile d’ufficio non hanno l’obbligo di
presentare denuncia se non in casi eccezionali richiamati dall’art. 333.
- Quanto alle formalità della denuncia di provenienza privata essa può essere presentata ad un
ufficiale di p.g. o al p.m. oralmente o per iscritto.
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- Quanto al contenuto si ritiene che sia quello prescritto per le denunce di pubblica provenienza.
Divieto delle denunce anonime: anonima è la denuncia che non sia possibile attribuire ad un
soggetto determinato, sottoscritta con un nome di fantasia o non firmata.
- Il divieto che risponde ad elementare principio di civiltà giuridica, perché non si possono
attribuire reati su segnalazione di chicchessia.
- Tuttavia per quanto non sia classificabile come notizia di reato e non può dare avvio alle
indagini, deve essere comune annotata in un registro diverso, modello 46, perché può essere
usata come spunto di attività investigativa.
- Il difensore non ha l’obbligo di denunciare reati dei quali abbia conoscenza nel corso delle
indagini difensive.
2. Referto: denuncia che va obbligatoriamente presentata da chi esercita una professione e
abbia prestato la propria assistenza in un caso che possa presentare i caratteri di un delitto per il
quale si debba procedere d’ufficio.
- Obbligo penalmente sanzionato che deve prevalere anche sul segreto professionale.
- Non deve tuttavia essere osservato quando la presentazione del referto esporrebbe la persona
assistita al procedimento penale, art. 365.2 c.p.p., perché in caso contrario il diritto all’assistenza
sanitaria di chi abbia commesso un reato subirebbe una intollerabile restrizione (es. prestare
assistenza a persone che non hanno il permesso di soggiorno, dovere deontologico di prestare
assistenza a chi ha bisogno).
3. Condizioni di procedibilità: una delle caratteristiche dell'azione penale è l'ufficiosità (il libro la
chiama così?), cioè il fatto che venga esercitata senza che sia necessaria la domanda di parte.
- Per alcuni reati il legislatore prevede che l'esercizio dell’azione sia subordinato al realizzarsi
della condizione di procedibilità, che coincide con una dichiarazione di volontà di un soggetto
privato o pubblico - che non contrasta con l’obbligo di esercizio dell’azione penale, che non ha
carattere assoluto, ma sta a significare la legalità processuale, cioè che il p.m. esercita l’azione
quando sussistano i requisiti stabiliti dalla legge, senza spazi di discrezionalità.
- Il p.m. può non esercitare l’azione quando la legge glielo concede: come nel caso delle
condizioni di procedibilità.
- Peraltro il legislatore non ha mano libera nel sottoporre l’azione penale a condizioni, dunque
ciò può avvenire solo quando si fondi nella tutela di interessi alternativi all’esigenza di dare
attuazione alla legge penale.
- Le condizioni di procedibilità non sono notizie di reato, a meno che non sia il primo atto con
cui il p.m. viene a conoscenza del reato.
- Altre volte la notizia si acquisisce attraverso altre fonti, in tal caso l’assenza della condizione di
procedibilità non impedisce l’avvio delle indagini., ma si tratterà di indagini sottoposte ad un
regime restrittivo.
- La sua iniziativa produce comunque l’effetto di provocare una sentenza da parte e giudice
(l’azione penale è irretrattabile, il procedimento si avvia dunque si deve concludere con una
decisione del giudice): se questi si rende conto che manca la condizione di procedibilità riscontra
un vizio processuale e dunque emana una sentenza di non doversi procedere → proscioglimento
in diritto.
Le condizioni di procedibilità sono: querela, istanza, richiesta, autorizzazione a procedere.
• querela: istituto disciplinato dal c.p. Si tratta di una dichiarazione con cui la persona offesa,
ossia il titolare dell'interesse protetto dalla norma penale violata, manifesta la volontà che il
p.m. proceda in ordine ad un fatto di reato che la legge penale vieta di perseguire in assenza di
querela, art. 336 c.p.p.
- La differenza rispetto alla denuncia si riscontra tanto sul piano dei contenuti che degli effetti:
la denuncia è una semplice dichiarazione di scienza, la querela è sì una dichiarazione di
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scienza, ma anche dichiarazione di volontà → differenza di effetti, solo la querela rende


perseguibile il reato cui si riferisce.
- Il diritto di querela deve essere di regola esercitato entro tre mesi dal momento in cui la
persona offesa ha avuto notizia del reato, esteso a 6 mesi nel caso di reati sessuali.
- È proposta con le forme previste per la denuncia.
- Alla querela si può rinunciare, si tratta di un atto irrevocabile e incondizionato da esercitarsi
da parte della persona offesa prima di aver proposto querela.
- Diversa è la remissione, revoca della querela già proposta, estingue il reato, ma deve esserci
il consenso della persona nei cui confronti la querela è stata proposta, che può avere
l’interesse che il processo prosegua affinché si addivenga ad una causa di proscioglimento più
favorevole all’imputato.
• Istanza: dichiarazione con cui la persona offesa manifesta la volontà che il p.m.proceda in
ordine ad un fatto di reato commesso all’estero, che se fosse stato commesso in Italia sarebbe
perseguibile d'ufficio;
• Richiesta di procedimento: atto con cui il ministro della giustizia manifesta la volontà che si
proceda per un determinato reato commesso all’estero;
• Autorizzazione a procedere: atto discrezionale di un organo dello Stato che integra
condizione per agire penalmente nei confronti di determinati soggetti, tra i quali il presidente
del consiglio dei ministri o di un ministro (anche cessati dalla carica) per i reati commessi
nell'esercizio delle loro funzioni, c.d. reati ministeriali. In tal caso l’autorizzazione è concessa
da uno dei rami del parlamento, a seconda dell'appartenenza. L'autorizzazione a procedere si
può negare solo in caso di fumus persecutionis, ossia l'esistenza di intenti vessatorio da parte
del potere giudiziario (per tutelare l’autonomia dei poteri).

I termini
La fase delle indagini è sottoposta a rigide scansioni temporali, termini perentori, scaduti i quali
scatta la sanzione dell'inutilizzabilità per gli atti di investigazione tardiva, o l'eventuale
avocazione delle indagini da parte del procuratore generale, per superare gli stalli e l’inerzia del
p.m.
- La previsione dei termini risponde a diverse esigenze:
• ridurre, in ottemperanza al principio della ragionevole durata del processo, i tempi dell’indagine
preliminare;
• contenere i costi umani che essa comporta per chi è sottoposto; il processo reca di per sé un
pregiudizio per la persona sottoposta alle indagini,
• garantire l'osservanza del principio di obbligatorietà fissando in anticipo il momento nel quale
dovranno essere attivati i controlli di tipo gerarchico e giurisdizionale.
- I termini sono indicati dall’art 405 cambiato dalla legge cartabia: allungamento tempi
dell’indagine in ottica dell’accelerazione del processo: Il termine è di sei mesi, se si procede per una
contravvenzione e di un anno e sei mesi se si procede per taluno dei delitti indicati
- in determinati casi tassativi l’indagine può arrivare a 2 anni. Superato il limite, gli atti investigativi
diventano inutilizzabili (407.3)
- La legge cartabia inoltre accentua poteri di controllo del giudice del rispetto dei termini da parte
del pm
- Decorrono dal momento in cui la notizia di reato viene iscritto il nome della persona alla quale è
attribuito il reato nel registro (può coincidere con l’iscrizione della notizia di reato ma anche no.
- Se è necessaria la querela, l'istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento
in cui queste pervengono al pubblico ministero.

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- Si tratta di un dies a quo problematico, perché da un lato la notizia di reato non si manifesta
sempre con chiarezza → ma quando si eseguono verifiche di natura amministrativa, tributaria,
contabile; ma anche in ambienti di criminalità organizzata e terrorismo si parla di notizia di reato a
formazione progressiva.
- Il lasso di tempo tra la ricezione della notizia di reato e l'inserimento nel registro può essere ampio
e cioè tanto per ragioni fisiologiche, (es. quando la notizia di reato sia stata ricevuta dalla p.g.,
anche se in ogni caso ciò deve avvenire di regola senza ritardo, termine elastico affinché la p.g.
svolga le sue indagini) tanto patologico, quando la p.g. non comunichi al p.m. la notizia o quando
via sia un'omissione da parte del p.m., che potrebbe tenere questo comportamento a causa del
sovraccarico nelle procure.
→ ciò causa spesso ritardi

Bisogna pertanto analizzare i rimedi previsti dal codice dal codice rispetto a questa fase di stallo.
Ci si è chiesti in particolare se il g.i.p. nel momento in cui si rendeva conto che la notizia di reato
non era stata iscritta nel tempo necessario nel registro e dunque era già scaduto il tempo delle
indagini (→ inutilizzabilità degli atti di indagine), potesse retrodatare l'iscrizione della notizia di
reato e quindi il termine iniziale di decorrenza delle indagini preliminari al momento in cui
l'iscrizione avrebbe dovuto essere effettuata
→ Le Sez. Un. hanno negato questo potere del g.i.p., ritenendo che siano poteri solo tassativi.
L’istituto risponde a due esigenze:
1. formare la prova nel dibattimento è possibile solo se il dibattimento non dista troppo dal fatto
(oralità e contraddittorio);
2. le investigazioni non sono una fase neutra (ripercussioni sulla reputazione).
NB. Riforma cartabia: il gip può retrodatare se l’iscrizione era stata omessa ingiustificatamente

La riforma Orlando del 2017 ha ritenuto opportuno disciplinare le ipotesi di stallo, imponendo al
p.m. di chiedere l'archiviazione o esercitare l'azione penale entro un ulteriore termine di tre mesi
dalla scadenza del termine massimo comprensivo delle proroghe.
Accadeva infatti che il termine decorresse, ma il p.m. non facesse proseguire l’iter: Per disciplinare
le ipotesi in cui il p.m. ha compiuto le indagini ma poi si è fermato e non ha richiesto un atto
conclusivo
- si è previsto che raggiunti i termini massimi egli dovrà darne comunicazione tempestiva al
procuratore generale presso la Corte d’appello e questi dovrà disporre l’avocazione con decreto
motivato, svolgerà le indagini e formulerà le sue richieste entro trenta giorni dal decreto di
avocazione (unico modo in cui la procura generale può svolgere le indagini).

Rimedio dell’avocazione nella prassi non funziona perchè le procure generali non sono strutturate
per svolgere le indagini → queste avocazioni non erano attivate
La legge cartabia: il legislatore af anca al rimedio dell’avocazione il controllo del gip dandogli
poteri, apre delle nestre giurisdizional

La riforma cartabia per quanto riguarda l’iscrizione della notizia di reato


La legge delega sulla base della necessità avvertita di configurare dei rimedi per l’iscrizione chiede
al governo di:
• prevedere che il giudice, su richiesta motivata dell'interessato, accerti la tempestività
dell'iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cpp della notizia di reato e del nome della persona
alla quale lo stesso e’ attribuito e la retrodati nel caso di ingiustificato e inequivocabile ritardo;

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• prevedere un termine a pena di inammissibilità per la proposizione della richiesta, a


decorrere dalla data in cui l'interessato ha facoltà di prendere visione degli atti che
imporrebbero l'anticipazione dell'iscrizione della notizia a suo carico
• prevedere che, a pena di inammissibilità dell’istanza, l'interessato che chiede la
retrodatazione dell'iscrizione della notizia di reato abbia l'onere di indicare le ragioni che
sorreggono la richiesta;
• prevedere che il giudice per le indagini preliminari, anche d'ufficio, quando ritiene che il reato
è da attribuire a persona individuata, ne ordini l'iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cpp, se
il pubblico ministero ancora non vi ha provveduto;
Infatti il decreto attuativo della legge delega aggiunge al 335 cpp:
Art. 335-ter.
Quando deve compiere un atto del procedimento, il giudice per le indagini preliminari, se ritiene
che il reato per cui si procede debba essere attribuito a una persona che non stata ancora iscritta
nel registro delle notizie di reato, sentito il pubblico ministero, gli ordina con decreto motivato di
provvedere all’iscrizione
Il pubblico ministero provvede all’iscrizione, indicando la data a partire dalla quale decorrono i
termini delle indagini

Art. 335-quater
1. La persona sottoposta alle indagini pu chiedere al giudice di accertare la tempestivit
dell’iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 della notizia di reato che la riguarda e del suo
nome, con richiesta di retrodatazione, che indichi, a pena di inammissibilit , le ragioni che la
sorreggono e gli atti del procedimento dai quali desunto il ritardo
2. La retrodatazione disposta dal giudice quando il ritardo inequivocabile e non giusti cato
3. La richiesta di retrodatazione deve essere proposta, a pena di inammissibilit , entro venti giorni
da quello in cui la persona sottoposta alle indagini ha avuto facolt di prendere conoscenza degli atti
che dimostrano il ritardo nell’iscrizione
4. La richiesta proposta al giudice che procede o, nel corso delle indagini preliminari, al giudice
per le indagini preliminari
6. Salvo che sia proposta in udienza, la richiesta depositata presso la cancelleria del giudice, con la
prova dell’avvenuta noti cazione al pubblico ministero. Il pubblico ministero, entro sette giorni,
pu depositare memorie e il difensore del richiedente pu prenderne visione ed estrarne copia.
Entrambe le parti hanno facolt di depositare ulteriori memorie entro i sette giorni successivi.
Decorso tale ultimo termine, il giudice, se ritiene che non sia necessario un contraddittorio orale,
provvede sulla richiesta; altrimenti, ssa la data dell’udienza in camera di consiglio, dandone avviso
al pubblico ministero e al difensore del richiedente. All’udienza, il pubblico ministero e il difensore
sono sentiti se compaiono. La decisione adottata con ordinanza
8. In caso d’accoglimento della richiesta, il giudice indica la data nella quale deve intendersi iscritta
la notizia di reato e il nome della persona alla quale il reato stesso attribuito

Proroga dei termini


Spesso i tempi non sono sufficienti e la legge consente di prorogarli
- Le ragioni che giustificano il prolungamento sono ordinate secondo un criterio di gradualità.
Art 406: 1. Il pubblico ministero, prima della dal pubblico ministero nei casi di particolare
scadenza, può richiedere al giudice, per giusta complessità delle indagini ovvero di oggettiva
causa, la proroga del termine previsto impossibilità di concluderle entro il termine
dall'articolo 405. La richiesta contiene l’ prorogato.
indicazione della notizia di reato e l’ Ciascuna proroga può essere autorizzata dal
esposizione dei motivi che la giustificano. giudice per un tempo non superiore a sei mesi.
2. Ulteriori proroghe possono essere richieste
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Art 406 I (modificato dalla legge Cartabia) Il contiene l'indicazione della notizia di reato e
pubblico ministero, prima della scadenza, può l'esposizione dei motivi che la giustificano.
richiedere al giudice, per giusta causa quando 2. La proroga non può essere autorizzata per
le indagini sono complesse, la proroga del più di una volta, né per un tempo comples-
termine previsto dall'articolo 405. La richiesta sivamente superiore a sei mesi.

Prima si parlava di due casi di proroga:


• La prima proroga per “giusta causa”
• le successive per particolare complessità delle indagini od oggettiva impossibilità di concluderle
entro il termine prorogato.
→ il massimo è di 6 mesi l’una= 12 mesi
ORA la proroga è autorizzata solo una volta e per complessità delle indagini, massimo complessivo
di 6 mesi

Si distingue ulteriormente tra:


• iter ordinario: il p.m. inoltra al g.i.p. una richiesta motivata, il quale notifica l’indagato ed
eventualmente la persona offesa, che hanno la facoltà di presentare memorie entro 5 gg.
- Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza
intervento del pubblico ministero e dei difensori.
- Se il giudice si orienta verso un diniego o semplicemente è perplesso, fissa un’udienza in
camera di consiglio con p.m., indagato ed eventualmente persona offesa.
- All’esito dell’udienza il giudice decide se concedere la proroga o meno.
• Iter speciale: si svolge quando le indagini riguardano certi reati, tassativamente indicati, che
destano particolare allarme sociale e per i quali il legislatore ha ritenuto preminente l’esigenza di
proteggere il segreto investigativo.
- il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta di
proroga da parte del pm, dandone comunicazione al pubblico ministero.
→ Conseguenza è che nessuno viene informato della domanda e il giudice decide fuori dal
contraddittorio (406.5 bis).

Atti di indagine
La disciplina degli atti tipici è contenuta prevalentemente nel titolo III del libro III dedicato alle
prove e non nel V dedicato alle indagini → sono collocati lì per sottolineare l'impatto sul
dibattimento perché costituiscono i mezzi di ricerca della prova.
Nel libro V sono regolate le attività investigative del pm assimilabili ai mezzi di prova.
Il legislatore riserva a queste attività investigative, i cosiddetti atti omologhi di indagine, una
definizione diversa rispetto a quella attribuita ai corrispettivi mezzi di prova:
- la perizia, ossia la prova scientifica, si trasforma in accertamento tecnico del p.m.,
- la ricognizione nella individuazione,
la testimonianza nella assunzione di sommarie informazioni
- l’esame dell’imputato nell’interrogatorio;
- solo il confronto mantiene la stessa denominazione nei diversi contesti.

Tre diversi atti hanno la funzione di ricevere le dichiarazioni della persona sottoposta alle indagini:
interrogatorio, sommarie informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria, dichiarazioni spontanee.

Della p.g.
Oltre a svolgere le funzioni investigative nel periodo di tempo che va dal reperimento della notizia
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di reato alla comunicazione al p.m., la p.g. continua a svolgere attività d’indagine autonome, in
attesa delle direttive del p.m. (dominus delle indagini).
- Specifico compito della p.g. è raccogliere ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e
all'individuazione del colpevole, procedendo alla ricerca di cose e tracce attinte al reato, alla
conservazione dei luoghi e alla ricerca di persone informate sui fatti.
- La p.g. può avvalersi di persone con competenze scientifiche, c.d. ausiliari della p.g., diversi dal
consulente del p.m. e dal perito nominato dal giudice (ormai spesso anche la stessa p.g. ha soggetti
al suo interno specializzati in queste attività)
- Dopo l'intervento del p.m., la p.g. deve svolgere specifici atti delegati dal p.m. (c.d. attività
delegata di indagine) e eseguire le direttive impartite dal p.m. (c.d. attività guidata), inoltre
svolge di propria iniziativa tutte le successive indagini necessarie rispetto ad elementi emersi
successivamente.
- L’attività di indagine della p.g. può essere:
• tipica, cioè coincidere con gli atti investigativi espressamente regolati dal libro quinto
(identificazione della persona nei cui confronti si solve l'inganno e persone informate, sommarie
dichiarazioni delegato, sommarie dichiarazioni delle persone informate, perquisizioni in flagranza
di reato, acquisizione di plichi e corrispondenza, accertamenti tecnici, spesso atti irripetibili)
• Ci si chiede se possa svolgere anche un'attività atipica, cioè non disciplinata dal codice. La
risposta è affermativa, le indagini atipiche possono essere ad esempio:
- il pedinamento elettronico (attività investigativa innominata)
- riprese visive (senza audio, perchè altrimenti sarebbero riconducibili alle intercettazioni)
effettuate di nascosto dalla polizia
- captatori informatici, cd. trojan virus (basta il vuoto degli art. 348 e 189 per ritenere legittime
queste pratiche come dice la Cassazione).
Il problema si pone quando queste attività atipiche risultino lesive di diritti inviolabili
dell’individuo → compatibilità sul piano costituzionale, secondo una certa giurisprudenza, il
compimento di questa attività comporta l’inutilizzabilità degli atti di p.g., come nel caso di
videoriprese domiciliari di comportamenti non comunicativi.
L’attività atipica non può trasformarsi in atti per aggirare l’osservanza della legge per quanto
riguarda gli atti tipici
La presa di contatto tra pg e indagato può avvenir e in 4 diverse forma:

Identificazione: atto tipico attraverso il quale la polizia accerta l'identità di una persona

Le sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili: sono l’ptto
omologo alla testimonianza

Interrogatorio
Compiuto dall’ufficiale di pg su delega del pm → interrogatorio delegato
Consentito solo se l’interrogato è assistito dal difensore e in libertà

Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini:
Quando la pg agisce di sua iniziativa non può eseguire l’interrogatorio ma un’altro istituto che è un
atto simile all’interrogatorio, che però viene eseguito dalla p.g. di iniziativa.

La disciplina delle modalità del colloquio tra p.g. e indagato è dettata dall’art. 350:

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I. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall'articolo 64, sommarie
informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini
che non si trovi in stato di arresto
→ Le informazioni vanno assunte con le modalità indicate dall’art. 64, avviso del diritto al silenzio
di deposizioni su fatto altrui, ma non si richiama e dunque non si applica l’art. 65, cioè la
contestazione dell’addebito → dunque si parla di quasi interrogatorio.
Possono essere ricevute solo da ufficiali (non da agenti), solo se l’indagato non si trovi in stato di
arresto o di fermo né sia stato allontanato d’urgenza dalla casa familiare, solo in presenza del
difensore.
II. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a
norma dell'articolo 97 comma 3.
III. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la
polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l'obbligo di presenziare al compimento
dell’atto.
IV. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico
ministero di provvedere a norma dell'articolo 97, comma 4.
La principale differenza tra interrogatorio delegato e quasi interrogatorio sta sul piano
dell’utilizzabilità dibattimentale: per volontà del legislatore le dichiarazioni assunte dalla p.g.
nell’ambito dell’interrogatorio delegato possono acquisire il valore di prova in dibattimento, mentre
le sommarie informazioni raccolte su iniziativa della p.g. sono limitate solo a sondare l'attendibilità
del dichiarante, utilizzo in negativo, non sono utili a fondare il convincimento del giudice come
prova piena

In deroga a questa disciplina il comma cinque disegna un regime speciale


V. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la
presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche
se arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della
immediata prosecuzione delle indagini.
VI. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l'assistenza del difensore sul luogo o
nell'immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.
→ questa disposizione consente ai soli ufficiali di p.g., ma anche nei confronti dell'arrestato/
fermato e in assenza del difensore, di assumere sul luogo o nell'immediatezza del fatto dalla
persona sottoposta alle indagini, notizie ed indicazioni utili ai fini dell'immediata prosecuzione delle
indagini → prima presa di contatto tra indagato e p.g., con l’unica funzione di agevolare le
indagini, spunti investigativi, ma non servono a fondare il convincimento del giudice, anzi il
legislatore vieta di verbalizzarle, inutilizzabilità rafforzata.

Spontanee dichiarazioni:
Art 350 VII. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento,
salvo quanto previsto dall'articolo 503 comma 3.
→ L’indagato si rivolge alla p.g. per rendere spontanee dichiarazioni: possono provenire anche da
persona ristretta nella libertà, sia dinanzi agenti che ufficiali di p.g. e senza il difensore, senza i
preventivi avvisi di cui all’art. 350.1 e 2→ cadono tutte le garanzie. La caratteristica fondamentale,
ossia di non essere “provocate”, fonda una disciplina molto leggere sul piano dei diritti difensivi.
- Non assumono valore di prova nel dibattimento ma negli altri riti (abbreviato, patteggiamento)
- possono essere rilasciate anche davanti al p.m. (guarda giù)
78

Le sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili


Vi possono procedere sia il p.m. che la p.g. secondo regole quasi perfettamente coincidenti.
Art. 198, doveri del testimone: . Il testimone ha l'obbligo di presentarsi al giudice e di attenersi alle
prescrizioni date dal medesimo per le esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle
domande che gli sono rivolte.
Il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua
responsabilità penale
Siccome l’atto è condotto da una parte (e non dal giudice), vi è il pericolo che le fattispecie
incriminatrici (ad es. false informazioni al p.m. 371 bis c.p.) vengano adoperare come una minaccia
per indurre il dichiarante a fornire informazioni. La legge prevede alcune cautele:
• non è consentito l’arresto in flagranza per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il
rifiuto di fornirle
• qualora vi sia il sospetto che innanzi al p.m. sia stato dichiarato il falso, il procedimento sulla
falsità rimane, sospeso fino a quando, nel procedimento in cui le formazioni sono state raccolte,
non sia stata emessa una sentenza o un’archiviazione: momento di attesa per evitare che il
dichiarante debba fronteggiare immediatamente la pressione di un'indagine a suo carico
• alle sommarie informazioni si applicano anche le eccezioni ai doveri testimoniali ex 197 cpp
incompatibilità, facoltà di astensione dei prossimi congiunti, segreto professionale, segreto
d’ufficio, di Stato, di polizia
• L’imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato a norma dell’art. 371.2, può
sempre essere sentito come testimoni quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza
irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena (371 bis), cd. testimone
assistito.
• Non si fa rinvio sulla testimonianza indiretta (195).

Del p.m.
Anche l’attività del p.m. può svolgersi in forme tipiche o atipiche.

Le sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili: sono l’atto
omologo alla testimonianza

Interrogatorio
Guarda pag 31
DIFFERENZA con pg è: la presenza dell’avvocato non è obbligatoria, il soggetto ha il diritto di
avvalersene oppure no, il pubblico ministero può procedere all'interrogatorio dell'arrestato o del
fermato
Invito a presentarsi per quegli atti che richiedo la presenza dell’indagato (anche confronto o
un’individuazione non solo interrogatorio): Art 375 cpp
Il pubblico ministero invita la persona sottoposta alle indagini a presentarsi quando deve procedere
ad atti che ne richiedono la presenza.
2. L'invito a presentarsi contiene:
a) le generalità o le altre indicazioni personali che valgono a identificare la persona sottoposta alle
indagini;
b) il giorno, l'ora e il luogo della presentazione nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve
presentarsi;
c) il tipo di atto per il quale l'invito è predisposto;

79

d) l'avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell'articolo 132


l'accompagnamento coattivo in caso di mancata presentazione senza che sia stato addotto legittimo
impedimento
Quando la persona è chiamata a rendere l'interrogatorio, l'invito contiene anche l’addebito
provvisorio
L’invito va notificato almeno tre giorni prima di quello fissato per la comparizione (salvo che per
ragioni di urgenza pubblico ministero ritenga di abbreviare il termine).
- L’indagato, se ancora privo di difensore, deve essere avvisato che è assistito da un difensore
d'ufficio ma che può nominarne uno di fiducia.

Dichiarazioni spontanee
art. 374 cpp: I. Chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini, ha facoltà di presentarsi al
pubblico ministero e di rilasciare dichiarazioni.
- le garanzie rispetto all'interrogatorio sono minori: anche senza il difensore
II. Quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presenta spontaneamente e questi è
ammesso a esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto all'interrogatorio.
In tale ipotesi, si applicano le disposizioni previste dagli articoli 64, 65 e 364.
- La persona indagata può apprendere in qualsiasi maniera di essere sottoposta ad indagini →
l'istituto in questione è destinato quindi a sopperire alle formalità di una vera e propria
convocazione, ma non significa che il pubblico ministero sia obbligato a rivelare dettagli
dell’indagine.
- Il pubblico ministero può semplicemente limitarsi a raccogliere le dichiarazioni spontanee ma, può
accadere che valuti in positivo l'opportunità di contestare all'indagato il fatto, e quindi si applica
la disciplina dell'interrogatorio, con le guarentigie di cui agli articoli 64, 65
- Conseguenza immediata dell'applicabilità delle norme sull'interrogatorio consiste nel fatto che le
dichiarazioni potranno in tal caso essere utilizzate per le contestazioni a norma dell'articolo 503

Le sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili

L'incidente probatorio
- può essere richiesto soltanto dal pm e non dalla pg sia nella fase dell’indagini dinanzi al gip , ma
anche nella fase dell’udienza preliminare
- Nasce per quelle prove che ho sono raccolte subito, fin dall'indagini preliminari pure scompaiono
(persona in fin di vita).
- L’incidente probatorio è una specie di parentesi, un frammento del futuro Dipartimento trapiantato
all'interno della fase investigativa
- I casi in cui si può ricorrere sono tassativi

80

La difesa nella fase preliminare


Meccanismi che consentono alla difesa di esercitarsi nella fase delle indagini: presupposto per il
diritto di difesa sono gli obblighi di informazione, cioè la conoscenza da parte dell'indagato dello
svolgimento di indagini a suo carico. L’indagato ha conoscenza attraverso più meccanismi:
1. l’indagato si rivolge direttamente alla segreteria della Procura della Repubblica
L'indagato sospettando che si stia svolgendo un'indagine a suo carico può rivolgersi direttamente
alla segreteria della Procura della Repubblica e chiedere se stanno svolgendo indagini a suo carico
(possono farlo anche il difensore e la persona offesa) (335.3)
Il p.m. non può rifiutarsi di dare queste informazioni, se non in caso di reati di mafia o terrorismo, o
quando abbia disposto mediante decreto motivato il segreto sulle iscrizioni, ma non più di tre mesi
(335.3-bis).
In questo caso, così come quando non risultano iscrizioni, la segreteria risponde con la formula non
risultano iscrizioni suscettibili di informazione.

2. Informazione di garanzia
È possibile che nel corso delle indagini il p.m. debba compiere un atto a cui il difensore
dell’indagato ha diritto di assistere (interrogatorio, ispezione, confronto, accertamento tecnico
irripetibile, perquisizione, sequestro, prelievo coattivo di campioni biologici). In questo caso, alla
persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa deve essere inviata la informazione di
garanzia, contenente
• l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
• l’indicazione della data e del luogo del fatto (non la sua descrizione, neppure in termini
sommari);
• la comunicazione del diritto di accedere al registro delle notizie di reato;
• l’invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia
- L’informazione di garanzia va inviata per posta, in plico chiuso raccomandato con ricevuta di
ritorno.
- Il mancato invio all’indagato determina la nullità di ordine generale dell’atto investigativo
garantito (lesione del diritto di difesa).
- L’informazione di garanzia deve essere inviata solo quando deve compiere un atto investigativo
garantito (testo originario prevedeva in qualunque momento): la modifica lascia emergere una crisi
di identità funzionale dell'istituto, ma che in concreto si è rivelato più dannoso della reputazione
dell'indagato che favorevole all’esercizio del diritto di difesa.
→ Finché l'indagato non conosce dello svolgimento delle indagini a suo carico, l'opinione pubblica
non sa, mentre quando arriva l'informazione di garanzia cade anche i segreto investigativo esterno.
- La reputazione del soggetto è compromessa, pertanto il legislatore ha cercato di limitare i casi in
cui il p.m. invia questa informazione.
- Tuttavia questa previsione ha leso in qualche modo il diritto di difesa.

3. Informazione sul diritto alla difesa


La l. 60/2001 ha introdotto un nuovo avviso, la cd. informazione sul diritto di difesa, che va
mandato all’indagato negli stessi casi in cui dev’essere inviata l’informazione di garanzia e ne
costituisce un prolungamento.
- si differenzia dall’informazione di garanzia in quanto quest’ultima deve essere emessa, quando
si procede a un atto garantito, mentre la prima (la cui omissione è espressamente sanzionata con la
nullità degli atti successivi) deve esserlo prima dell’invito a rendere interrogatorio o, comunque,
prima dell’espletamento di un atto di indagine cui il difensore abbia diritto di assistere.

81

Spicca, in particolare, il riferimento alla nomina del difensore d'ufficio e l’indicazione dei diritti che
la legge riconosce alla persona sottoposta alle indagini (369 bis co.2).

4. Avviso di conclusione delle indagini


Possibilità che l'indagato ne abbia conoscenza solo quando le indagini si concludono con l’avviso
di conclusione delle indagini preliminari, quando il p.m. si orienti per l'esercizio dell'azione
penale
Guarda giù

5. Archiviazione
Possibilità che l'indagato ne abbia conoscenza solo quando le indagini si concludono nel caso di
archiviazione, quindi quando il pm non intende esercitare l’azione penale
Guarda giù

Si noti come tutti questi modi con cui l’indagato può venire a conoscenza delle indagini a suo carico
non garantiscono che l’indagato in concreto sia effettivamente informato
Garanzia nelle indagini preliminari, che devono essere bilanciate con l’efficace svolgimento delle
indagini:
1. nomina del difensore, la persona sottoposta ad indagine deve essere assistita nel corso della fase
investigativa da un avvocato difensore (almeno uno e massimo due).
L’art. 369- bis introdotto nel 2001 prevede che al compimento del primo atto a cui il difensore ha
diritto di assistere, e comunque prima dell’invito a presentarsi per rendere interrogatorio, il p.m.
deve a pena di nullità notificare alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della
nomina del difensore d’ufficio.
Questa comunicazione deve contenere l'informazione della obbligatorietà della difesa tecnica nel
processo penale, il nominativo del difensore d'ufficio, l'indicazione della facoltà di nominare un
difensore di fiducia, l'indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello
Stato.
2. l’assistenza del difensore, il diritto alla difesa tecnica può esplicarsi per prima cosa
nell’assistenza del difensore agli atti investigativi della polizia giudiziaria o dal p.m., per
controllare il rispetto delle regole processuali. Nelle indagini infatti la funzione della difesa non
fa altro che tutelare le forme previste dal codice di rito, ma non partecipa alla formazione degli
atti
3. svolgimento di investigazioni difensive, anche con l’ausilio di investigatori privati
4. attraverso la presentazione di memorie e richieste al p.m. (367) o al giudice (121) per le
indagini preliminari. L'assistenza del difensore agli atti è posta a presidio della regolarità formale
e dei diritti fondamentali dell'individuo.
5. Gli atti compiuti in fase di indagini devono essere depositati, il che è funzionale alla
conciliabilità di essi e dunque a rendere effettivo il diritto di difesa. I verbali degli atti compiuti
da p.m. e p.g. sono depositati nella segreteria del p.m. entro il terzo giorno successivo al
compimento dell'atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque
giorni successivi.
- Per quanto riguarda un atto coperto da segreto il deposito sarà posticipato alla conclusione delle
indagini. Anche il deposito in segreteria degli atti può essere procrastinato dal p.m. con decreto
motivato per gravi motivi sino ad un massimo di 30 gg.
- Il deposito ha una funzione diversa a seconda che il difensore fosse o meno presente: nel primo
caso permette al difensore di verificare la correttezza della documentazione prodotta; nel
secondo gli consente di apprendere e controllare ex post i contenuti. Al difensore è notificato
82

avviso dell'avvenuto deposito.

Il codice distingue gli atti di indagine classificati sotto il profilo del diritto di difesa in:
• Atti che l’indagato conosce perché li vive in prima persona, ad esempio le sommarie
informazioni che la p.g. raccoglie da lui sul luogo e nell’immediatezza del fatto.
• atti cui il difensore ha l’obbligo di presenziare, come l’interrogatorio o il confronti a cui
partecipi l’indagato, quando sono eseguiti dalla p.g. su delega del p.m, le sommarie informazioni
che la p.g. raccoglie dall’indagato.
• atti a cui il difensore ha diritto di assistere con diritto a ricevere un preventivo preavviso del
loro compimento. Rispetto agli atti del p.m. il difensore con preavviso è previsto per
l'interrogatorio, ispezione e confronto. Il difensore deve essere preavvisato almeno 24 ore prima.
A queste regole si può derogare nei casi di assoluta urgenza. Nel caso in cui il difensore che
debitamente avvisato non si presenti senza addurre un legittimo impedimento, l’atto può essere
validamente compiuto senza necessità di sospendere o rinviare l'esecuzione né di designare un
sostituto del difensore, perché il diritto di assistere all’atto non significa obbligatoria presenza del
difensore (che viene raramente prevista dal codice, es. sommarie informazioni dall’indagato).
• atti a cui il difensore ha diritto (non obbligo) di assistere senza preavviso, atti c.d. a sorpresa,
senza che l’indagato venga avvisato perché altrimenti perderebbero di efficacia. Questi atti tra
quelli del p.m. sono la perquisizione o il sequestro.
- La difesa è garantita perché il p.m. mentre pone in essere questi fatti chiede alla persona
sottoposta a indagine se è già assistita dal difensore, in mancanza dev’essere designato un
difensore d’ufficio.
- L’indagato qualora sia presente al compimento dell’atto deve essere avvertito della facoltà di
farsi assistere dal difensore, ma secondo giurisprudenza consolidata il p.m. e la p.g. non hanno
uno specifico dovere di sospendere o ritardare l’esecuzione fino all’arrivo del difensore, la cui
facoltà di assistere sarebbe da intendere subordinata alla condizione di pronta reperibilità.
Caso speciale è l’ispezione, dove il preavviso è dovuto, ma potrebbe andare a ledere l’efficacia
investigativa. Infatti l’art. 364.5 permette di ometterlo quando vi è ragione di temere che le tracce
o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati. Qui ricadono anche alcuni atti urgenti
quali gli accertamenti della polizia e l’apertura del plico disposta dalla p.g. su autorizzazione del
p.m.
• atti a cui il difensore non ha diritto di assistere, ciò vale per l’assunzione di informazioni dalle
persone che possono riferire circostanze utili ai fini dell'indagine, per l’interrogatorio
dell'imputato, perché chi assiste non è il difensore dell’indagato ma della persona che sta
rendendo dichiarazioni (ossia il difensore del coimputato) → atti coperti dal segreto (329.1). Il
segreto non si può protrarre oltre alla chiusura delle indagini preliminari, in particolare, l’atto che
realizza una completa discovery è l’avviso di conclusione delle indagini (415 bis). A questa
disciplina “statica” se ne affianca una “dinamica”, che regola manovre correttive chiamate
segretazione e desegretazione.
‣ Attraverso la prima viene prolungato il regime di riserbo che avvolge un atto. Il p.m. la può
disporre quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le
indagini riguardanti altre persone (329.3 lett. a)). Il p.m. può pure con decreto motivato vietare
alle persone di comunicare a terzi (ad es. al difensore che stia conducendo un’investigazione
privata) i fatti e le circostanze oggetto dell’indagine di cui abbiano conoscenza. Il divieto non
può durare più di due mesi e la sua violazione è penalmente sanzionata (379 bis c.p.). Tutti gli
atti vengono emessi dal p.m., soluzione discutibile, perché vi sono due interessi in conflitto
(l’efficacia investigativa ed il diritto di difesa): la decisione di sacrificare il secondo viene presa
dal titolare del primo.
83

‣ La seconda compete anche al p.m., però la decisione di consentire la pubblicazione di atti che
pure sarebbero segreti o comunque non pubblicabili viene infatti presa quando è necessaria per
la prosecuzione delle indagini (329.2).

Conclusione fase preliminare:


L’avviso di conclusione delle indagini preliminari
Il p.m. deve inviare l’avvertimento se intende esercitare l’azione penale (NON se archiviazione)
415 bis cpp (riforma Cartabia): Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo
405, anche se prorogato, il pubblico ministero, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al
difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.
II. L’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di
legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la
documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico
ministero e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia
→ Questo avviso deve essere contestuale al deposito integrale di tutti i risultati delle indagini: si
verifica la cd. discovery
III. L’avviso contiene altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni,
di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni
del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi
per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato
chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.
- Il p.m. non è obbligato ad aderire a queste istanze. L’unica richiesta vincolante è quella di essere
interrogato.
Ma perchè il legislatore chiede l’avviso di conclusione prima rispetto alla richiesta di rinvio a
giudizio (sembrerebbe a primo impatto un documento che è un doppione della richiesta di rinvio a
giudizio)? La ratio è di sollecitare un dialogo tra pm e la persona indagata
Attraverso questo avviso il pm deve avvertire l’indagato di una serie di prerogative, facoltà (comma
III)

Esercizio dell’azione penale


L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è seguito dall’esercizio dell’azione penale
Art. 407-bis
I. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale,
formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV, V e V-bis del libro VI ovvero con
richiesta di rinvio a giudizio.
La richiesta di rinvio a giudizio costituisce la forma ordinaria di esercizio dell'azione penale che
vale ad innescare la fase processuale MA accanto al procedimento ordinario ci sono i riti
straordinari → Tutti questi atti comunque contengono l’imputazione
- Imputazione: contiene il fatto presumibilmente attribuito all’indagato e ne dà una descrizione
completa e dettagliata
- finalmente l’addebito (che prima era instabile e provvisorio) si cristallizza
- la richiesta di rinvio a giudizio è quindi rivolta al giudice dell'udienza preliminare, al quale in
sostanza chiede una verifica sulla consistenza dell’accusa
Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio
a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le
generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione;

84

b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che
possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di
legge;
→ chiarezza evita l'ambiguità, dunque è necessario esporre le circostanze del fatto evidenziato il
loro rilievo accusatorio e il contesto nel quale si inseriscono; la precisione richiede invece
l'esposizione di tutti i profili del fatto relativi alla condotta, mezzi esecutivi, luogo e tempo
dell'evento così che risulti impossibile confonderlo con un altro fatto.
⇒ lettere a) e b) identificano il nucleo della richiesta nell'identificazione dell'imputato e
nell'enunciazione dell’imputazione: questi sono autentici requisiti indefettibili dell’atto, in coerenza
con la loro funzione, non può esserci un processo senza imputato e ed oggetto
- L'imputazione generica infatti non consente l’effettività della difesa.
→ la loro mancanza determina nullità assoluta di tipo generale ex art. 179
- Tuttavia la giurisprudenza non è d'accordo, ritenendo che l’art. 417 lett. b non sia assistito da
alcuna sanzione e che l’atto del giudice che dichiari la nullità della richiesta di rinvio a giudizio sia
abnorme. Il meccanismo individuato dalle Sez.
- Un. per rimediare a queste falle è stato di attribuire al g.u.p. il potere-dovere di emettere
un'ordinanza motivando in fatto e in diritto l’esistenza del vizio di imputazione e sollecitando il
p.m. a provvedere.
- Solo nel caso di inerzia dell'organo di accusa il g.u.p potrà trasmettere gli atti al p.m. per un nuovo
esercizio dell’azione penale, regressione del processo alla fase delle indagini preliminari.
c) l'indicazione delle fonti di prova acquisite;
d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio;
e) la data e la sottoscrizione.
E ovviamente l’imputazione
→ questo costituisce la res iudicanda che, conclusa l'udienza preliminare, è destinata a transitare al
dibattimento e poi ad approdare alla sentenza trasformandosi in res iudicata
- a supporto della propria richiesta il pm non deve non deve decidere alcuna motivazione, ma
limitarsi all'indicazione delle fonti di prova acquisite, non del corredo degli elementi di prova
acquisiti ed adottati a supporto della propria valutazione
- a chiudere la richiesta di rinvio a giudizio e la domanda al giudice di emissione del decreto che
dispone il giudizio
- una volta formulata va depositata nella cancelleria del giudice
- con essa il pm trasmette anche il fascicolo di indagini che contiene: la notizia di reato, la
documentazione dell'indagini svolte e verbali degli atti compiuti eventualmente innanzi al gip
- la richiesta di rinvio a giudizio è nulla quando è omesso l'invio dell'avviso di conclusione delle
indagini, oppure quando avvenuto l’invio dell'avviso, l'indagato abbia chiesto entro i termini per
scritti di essere interrogato e non sia stato invitato a presentarsi (nullità speciale a regime
intermedio)
II Il pubblico ministero esercita l’azione penale o richiede l’archiviazione entro tre mesi dalla
scadenza del termine di cui all’articolo 405, comma 2, o, se ha disposto la noti ca dell’avviso della
conclusione delle indagini preliminari, entro tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’articolo
415-bis, comma 3 e 4.

Istituto nuovo: Diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei
termini per la conclusione delle indagini preliminari
Art. 415-ter.
1. Salvo quanto previsto dal comma 4, alla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma
2, se il pubblico ministero non ha disposto la noti ca dell’avviso della conclusione delle indagini
preliminari, né ha esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione, la documentazione relativa
85

fi

fi

alle indagini espletate è depositata in segreteria, con facoltà della persona sottoposta a indagini e
della persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere
informata della conclusione delle indagini, di esaminarla ed estrarne copia
→ deposito automatico risultati delle indagine perchè le parti devono capire il contenuto delle
indagini per comprendere le mosse che il pm potrebbe fare
Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa è altresì immediatamente noti cato
avviso dell’avvenuto deposito, con indicazione delle facoltà loro spettanti.
II. Quando, decorsi dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui all’articolo 407-bis, comma 2
(termini di riflessione), non riceve la comunicazione prevista al comma 1, se non dispone
l’avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale ordina con decreto motivato al
procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell’avviso di cui al comma 1 entro un
termine non superiore a venti giorni.
III. Se dalla notifica dell’avviso indicato al comma 1 o del decreto indicato al comma 2 è decorso
un termine pari a un mese senza che il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni
sull’azione penale, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al
giudice di ordinare al pubblico ministero di provvedere.
→ un’altra finestra giurisdizionale aperta dalla riforma

La richiesta di rinvio a giudizio costituisce la forma ordinaria di esercizio dell'azione penale che
vale ad innescare la fase processual
MA esistono altre forme di esercizio dell’azione penal
Art 405 cpp elenca gli atti di esercizio dell’azione penale, il cui elemento comune è sempre la
formulazione dell’imputazione
1. Applicazione della pena su richiesta delle parti c.d. patteggiamento: la richiesta proviene
dall'imputato e si colloca nel corso dell'indagini preliminari, il consenso sono prestato dal
pubblico ministero deve contenere imputazione, in modo da attivare la fase processual
2. Giudizio direttissimo: l'esercizio dell'azione penale sia con l'emissione dell'atto di citazione,
contenente l'imputazione, per l'imputato libero, e con la contestazione orale dell'imputazione in
udienza per l'imputato detenuto
3. Giudizio immediato: l'atto di esercizio dell'azione è la richiesta di immediato, in cui deve
trovare posto la formulazione dell'imputazion
4. Procedimento per decreto: l'azione esercitata con la richiesta di emissione del decreto penal
Manca il giudizio abbreviato, poiché si innesta solo in udienza preliminare, cioè in una fase dove c'è
già a monte la richiesta di rinvio a giudizi

Archiviazione
Il pm deve svolgere tutte le attività necessarie al ne delle sue scelte in ordine all’azione penal
- Ha due opzione: archiviazione o esercizio dell’azione penal
- Se mancano le condizioni necessarie all’esercizio dell’azione penale manifesta la propria volontà a
non esercitare l’azione penale in ordine ad una data notizia di reato
- L’esercizio avventato dell’azione penale non è controllato: attiva il processo che si deve
necessariamente concludere con una decisione del giudice
- Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato: la notizia di reato è infondata
quando gli elementi sono inidonei a sostenere l’accusa
Quando sono inidonei? Gli indizi che ha in mano il pm sulla base di un giudizio prognostico non
sfociano in una condanna
Quando il quadro probatorio è insufficiente o contraddittorio: (presunzione di innocenza solo
quando gli elementi sono univoci, quindi il giudice deve assolvere) il pm può richiedere
l’archiviazione oppure deve esercitare? Riforma cartabia risponde art 408 cpp Quando gli elementi
acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole
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previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, il
pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione.
→ Pm prima era legittimato a chiedere archiviazione se riteneva che il dibattimento non poteva
essere utile a colmare le lacune nelle prove → favor actionis
→ la fase delle indagini preliminari acquista sempre più importanza, tutto sembra giocarsi in questa
fase
- l'archiviazione avviene anche quando manca una condizione di procedibilità, il reato è estinto o il
fatto non è previsto dalla legge come reato
Può avvenire l’archiviazione anche per speciale tenuità del fatto
Il 131 parla di esclusione di punibilità per speciale tenuità del fatto: il giudice evita di irrogare la
sanzione penale anche se sussiste un fatto tipico di reato perchè ha una modesta capacità offensiva
(non inesistente, infatti non si può avere un proscioglimento in fatto) → in coerenza si è ritenuto
opportuno che non sei non ci sono alla pena, ma addirittura al processo
Si basa sui
• Principio di proporzionalità: manca il bisogno di pena
• Esigenza di alleggerire il carico giudiziario
In pratica però le procure non perseguono i reati bagatellari quindi si crea una cifra oscura di cui
fanno parte tutti quei reati che le procure abbandonano e che sono destinati alla prescrizione, senza
che si venga a conoscenza degli stessi
- Consentire l’archiviazione è volto a ridurre la cifra oscura dell’obbligatorietà dell’azione penale
→ i pm hanno uno strumento per chiudere il procedimento senza ledere l’obbligo di azione penale
→ si rendono chiare queste ipotesi
Come si valuta la specifica tenuità? Per ridurre la discrezionalità il legislatore detta indici legali art
133 cp
- La tenuità può essere valutata anche sulla base di condotte che seguono il reato → condotta
riparativa
Art 133 I. modificato riforma cartabia: Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non
superiore nel massimo a cinque anni minimo a due anni
- quando viene richiesto l'archiviazione il pubblico ministero deve darne avviso all'indagato (che
normalmente invece non viene informato) e alla persona offesa → entrambi entro 10 giorni possono
presentare opposizion
- L’indagato ha interesse ad impugnare questo tipo di archiviazione, in primis perché se ritiene di
non essere il responsabile sarà ovviamente più favorevole una sentenza di proscioglimento, che è
irrevocabile, e poi il fatto di fruire dell'archiviazione per speciale tenuità del fatto, ne precluderà la
fruizione in futuro (fruibile una sola volta
- il giudice se non è stata presentata alcuna opposizione, procede de plano se condivide la richiesta
del pm e dispone l'archiviazione con decreto motivato, in caso contrario respinge la richiesta e
restituisce gli atti al pm
- in caso in cui sia presentata opposizione ammissibile deve ssare un'udienza camerale e sentire le
parti: all’esito provvederà con ordinanza di archiviazione o di restituzione degli atti al pm

Procedimento:
- Essendo obbligatoria l’azione penale il giudice opera un controllo sulla decisione del pm di non
esercitare l’azione penale svolto dal gip
- Richiesta di archiviazione presentata al gip, al quale viene trasmesso anche il fascicolo
dell'indagini contenente la notizia di reato, la documentazione relativa all'indagini svolte
Il giudice può decidere tramite due diversi schemi:
1. Accogliere la richiesta sulla base degli atti deposti de plano → decreto motivato di archiviazione
409 comma I cpp: Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo
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410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce


gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla
persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti
la misura della custodia cautelare.
NON sempre l’indagato al momento dell’archiviazione viene a conoscenza delle accuse a suo
carico perchè se il gip ritiene che la richiesta di archiviazione sia legittima la accoglie con
decreto senza contraddittorio
2. Se invece non accoglie de plano, se non è convinto, fissa un udienza in camera di consiglio (art
127), e si apre un contraddittorio art 409 comma II Se non accoglie la richiesta, il giudice entro
tre mesi fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico
ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato.
- senza presenza del pubblico
- le parti possono partecipare ma la presenza non è indefettibile
- deve essere avvisato anche il procuratore generale: sintomo di qualcosa che non va, inerzia del
pm → potrà eventualmente avocare le indagini
All’esito dell’udienza il giudice può adottare 3 decisioni
1. Se ritiene che non ci siano i presupposti per esercitare l’azione penale emette ordinanza
(chiude fase in cui c’è contraddittorio) di archiviazione
2. Se il giudice non è convinto nell’archiviare il caso ma il quadro lacunoso costituito
dall’insieme degli atti dipende dalla incompletezza delle indagini, ordina al pm entro un
termine di esercitare ulteriori indagini → indagini supplementari
3. Il gip per non sostituirsi al pm non gli ordina di svolgere specifici atti ma semplicemente
indica dei temi su cui deve svolgere indagini
4. Se secondo il giudice ci sono i presupposti per esercitare l’azione penale obbliga il pm a
formulare l’imputazione → imputazione coatta (molto criticata perchè il giudice si sostituisce
al pm, quasi come se la facesse lui)

Obbligo di fissare l’udienza quando la persona offesa si oppone all’archiviazione: opposizione


motivata
Art 408: II. Fuori dei casi di remissione della querela, l’avviso della richiesta è notificato, a cura del
pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua
presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione.
III Nell'avviso è precisato che, nel termine di venti giorni, la persona offesa può prendere visione
degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.
III-bis. Per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all'articolo 624-bis del
codice penale, l'avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato, a cura del pubblico
ministero, alla persona offesa ed il termine di cui al comma 3 è elevato a trenta giorni.
Art 410
1. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la
prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della
investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.
2. Se l'opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone
l'archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.
3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell'articolo 409 commi 2, 3, 4 e
5, ma, in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente.

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Invalidità e controlli
Fino a poco tempo fa l'unico strumento era l'impugnazione dell'ordinanza di archiviazione mediante
ricorso per cassazione per violazione delle norme preposte a garantire l'instaurazione lo
svolgimento del contraddittorio → la persona offesa poteva impugnare l'atto nei casi in cui suo
diritto a partecipare al contraddittorio camerale fosse stato violato (ex. quando non fosse stato
avvisato della richiesta di archiviazione)
Il 2017 è stato introdotto l’art 410bis cpp:
Il decreto di archiviazione è nullo quando:
• sia stato immesso in mancanza degli avvisi alla persona offesa
• sia stato emesso prima che sia scaduto il termine assegnato all'offeso per presentare opposizione
• L'opposizione sia stata presentata, ma il giudice l'abbia ignorata, omettendo di pronunciarsi sulla
sua ammissibilità, oppure l'abbia dichiarato in ammissibile fuori dei casi previsti dalla legge
- Quanto all'ordinanza di archiviazione la nullità come l'assetto previgente e legata alla violazione
delle norme preposti a garantire instaurazione e svolgimento del contraddittorio
- Le modalità con cui gli interessati possano far valere la nullità è il reclamo entro 15 giorni dalla
conoscenza del provvedimento al tribunale in composizione monocratica
- a seguito del reclamo il tribunale procede dando avviso dell'udienza fissata 10 giorni dopo, per
dare il tempo di presentare memorie
- a quel punto il tribunale decide con ordinanza non impugnabile se reclamo è fondato e quindi
annulla il provvedimento, altrimenti può dichiarare inammissibile reclamo e confermare la
decisione impugnata

Ulteriore controllo è quello dell'avocazione delle indagini generale presso la corte d'appello
- Il caso classico di avocazione è quello in cui il pm è inerte e quindi non esercita nell'azione ne
richiede l'archiviazione nei termini previsti
- Ma può succedere che ci sia un inerzia non palese, quando il pm richiede l'archiviazione e il
giudice non accede immediatamente alla richiesta de plano → si tratta di situazioni dubbie in cui si
potrebbe nascondere un atteggiamento in attivo del pm
- Così è previsto che il gip nel momento in cui fissa l'udienza in camera di consiglio sulla richiesta
di archiviazione di avviso al procuratore generale il quale potrà disporre l’avocazione
- ex. nel caso di imputazione coatta → avocazione perchè c’è il rischio che il pm non troppo
convinto formuli un imputazione non corretta

Effetti provvedimento di archiviazione


Non è intangibile, non è definitivo, non ha forza di giudicato MA si può superare con una richiesta
da parte del pm di riapertura delle indagini
La richiesta di riapertura deve essere presentata al gip
Art 414 comma I modificato dalla riforma cartabia rendendo più stringente il presupposto di
riapertura: Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il
giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico
ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. La richiesta di riapertura delle
indagini è respinta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti
di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’esercizio
dell’azione penale.

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XI. L’udienza preliminare


Il p.m. esercita l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio.
A questo punto si fissa l’udienza preliminare, udienza in camera di consiglio con la presenza
necessaria del pm e del difensore dell'imputato
La ratio di questa fase:
• è di filtro contro le imputazioni azzardate, cioè quella di evitare lo svolgimento di dibattimenti
inutili destinati a concludersi con una sentenza di assoluzione, proprio perchè al contrario
dell’archiviazione non ci è un controllo da parte del gip dell’imputazione → esigenze di
deflazione, economia processuale
• funzione di garanzia per l'imputato che è pregiudicato dal non corretto esercizio dell'azione penale
• Inoltre può anche salvaguardare le ragioni della vittima, nella misure in cui, non consentendo il
giudizio a causa della mancanza di solidi elementi a carico, impedisce che l’imputato colpevole
fruisca di un proscioglimento dibattimentale (irrevocabile, garantendo così l’impunità).

L'udienza preliminare nasceva udienza cartolare (paura di riproduzione del giudice istruttore,
accusatore), non ha mai funzionato nel modo in cui il legislatore si era prefisso: ci sono molte poche
sentenze di non luogo a procedere, di contro si dice che se non ci fosse probabilmente le richieste
infondate del p.m. sarebbero di più, dunque ha una sua funzione dissuasiva.
⇒ Il legislatore è intervenuto nel 1999 potenziandone il ruolo di filtro, sia in vista della sentenza di
non luogo a procedere che in vista dei riti alternativi (che si innestano proprio in questa sede, in
cui l’imputato può scegliere di rinunciare al contraddittorio dibattimentale) → l’art. 415-bis svolge
proprio una funzione propedeutica all’udienza preliminare, perché con l'instaurazione del
contraddittorio tra accusa e difesa anteriore all'esercizio dell’azione penale si assicura la
completezza delle indagini: l’indagato può sollecitare il p.m. a svolgere determinate indagini, al
fine di costituire una piattaforma probatoria in vista dei riti alternativi.

Legge Carotti sempre allo scopo di potenziare il ruolo deflattivo dell’udienza preliminare si
pongono in mano al giudice poteri istruttori: aveva concesso al giudice di ampliare il panorama
probatorio, imponendo ulteriori indagini al pm
- L’udienza preliminare può essere oggetto di rinuncia da parte dell’imputato, e costituisce altresì la
sede per domandare il giudizio abbreviato, la messa alla prova, e il patteggiamento.

⇒ L'udienza preliminare è prevista per i reati di competenza del Tribunale collegiale, della Corte
d'Assise e del Tribunale per i minorenni; nonché per i reati di competenza del Tribunale
monocratico, ma solo ove si tratti di delitti puniti con pena superiore ai quattro anni di reclusione.
- a prescindere dalla gravità del reato il sistema rinuncia all'udienza preliminare in alcune situazioni
probatorie particolarmente pregnante, tali da rendere inutile lo svolgimento: la flagranza del reato e
la confessione, che permettono la celebrazione del giudizio direttissimo, e alla evidenza probatoria
che consente al pm di domandare giudizio immediato

Modifiche riforma cartabia


Il legislatore si è posto di fronte ad un alternativa: eliminare udienza preliminare che non funziona
oppure potenziare queste modifiche del 1999
1. Valorizzare udienza preliminare come momento ultimo per la costituzione di parte civile
2. Si incide cercando di potenziare l’udienza preliminare come controllo sulla corretta formulazione
dell’imputazione, perchè se l’imputazione non è formulata correttamente, questi vizi sfociano nel
dibattimento in sentenze di proscioglimento, l’imputazione deve essere chiara e precisa
altrimenti viola il diritto di difesa
90

Art 421 comma I (guarda giù)


Art 423 aggiunto comma 1-bis. (Guarda giù)
3. Si incide sulla regola di giudizio ex art 425 III decreto di rinvio a giudizio o sentenza di non
luogo a procedere (guarda giù)

Svolgimento dell’udienza, uno ordinario e due eventuali. Caratteri dell'udienza preliminare:


1. Fase introduttiva che si apre con deposito della richiesta di rinvio a giudizio e del fascicolo
delle indagini preliminari presso la cancelleria del giudice, ex art. 416. La richiesta di rinvio a
giudizio è nulla (nullità speciale) se non preceduta dall’avviso di conclusione delle indagini (415
bis) o invito a comparire per interrogatorio. Con la richiesta è trasmesso, il fascicolo contenente
la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti
compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari.
2. L’udienza deve essere fissata entro cinque giorni dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio,
ex art. 418 (il legislatore cerca di imporre ritmi serrati in funzione di accelerazione).
- Termini per comparire assai brevi, non possono passare più di trenta giorni tra deposito e
udienza.
- I termini non sono perentori: il mancato rispetto di questi termini non fa incorrere in sanzioni
processuali (si tratta di termini ordinatori), quindi si incorre in patologica dilatazione di essi, da
cui discende un contrasto con il principio di ragionevole durata del processo.
3. Citazione in udienza: all’imputato viene notificato l’avviso dell’udienza: vista l'importanza
sempre crescente dell'udienza preliminare, le sezioni unite hanno previsto che la notificazione
dell’avviso di fissazione dell’udienza abbia la natura di vocatio in iudicium, citazione in
giudizio.
- Questo riconoscimento ha importanti riflessi, perché le regole sulla notifica del giudizio
all'imputato sono assistite dalla nullità assoluta.
- La notificazione deve avvenire almeno 10 gg prima, con indicazione del giorno, del luogo e
dell’ora dell’udienza preliminare.
- Oltre all’imputato vengono avvisati anche il p.m., l’avvocato dell’imputato e la persona offesa.
- L’avviso dell’udienza deve anche contenere l’invito a trasmettere le indagini compiute dopo la
richiesta di rinvio al giudice , cd. indagini suppletive, potrebbero essere svolte tanto dal pm che
dal difensore
4. L’art. 419 II prevede che l’avviso dell'udienza preliminare vada notificato al difensore
dell’imputato con l’avvertimento della facoltà di prendere visione del fascicolo delle indagini
trasmesso dal p.m., nonché di presentare memorie o documenti → si tratta di una completa
disclosure dei materiali in mano all'organo di accusa, il quale deve depositare tutti gli atti di
investigazioni senza nessuna eccezione
5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare tramite la richiesta di giudizio immediato.
L'udienza preliminare è considerata avere una ratio di garanzia, l’imputato può avere interesse a
rinunciarvi (garanzia disponibile).
- Si andrà direttamente al dibattimento, attraverso il giudizio immediato con la semplice richiesta
dell’imputato. Egli può scegliere di rinunciarvi per seguire una linea difensiva: in sede di udienza
preliminare viene emessa una sentenza di non luogo a procedere, sentenza instabile non diventa
definitiva, mentre la sentenza di assoluzione emessa nel dibattimento ha una caratteristica di
stabilità, perché è idonea ad assumere efficacia di giudicato → ne bis in idem.

Lo svolgimento dell’udienza
1. (Dopo aver avvisato chi di dovuto) Si ha allora la verifica della costituzione delle parti, art.
420.
91


- Vi sono tanto parti necessarie, come difensore e p.m., tanto parti eventuali, come la parte civile,
(questo è l’unico momento in cui può costituirsi).
- Se il difensore di fiducia manca, il giudice deve provvedere alla nomina a meno che l’assenza
non sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento (come comune
impegno professionale), nel qual caso il giudice deve rinviare l’udienza. Ciò accade per rendere
effettivo il diritto di difesa in quanto il difensore d'ufficio è meno efficace e conosce meno gli atti
del procedimento.
2. Devono essere acquisite le eventuali prove precostituite raccolte dall'accusa della difesa che il
giudice ritenga ammissibile in quanto rilevanti, non superflue e non vietate dalla legge (ad
esempio le prove documentali)
3. L’imputato è libero di partecipare o meno, ma ha diritto a partecipare, il che rende indispensabile
verificare se la sua mancata comparizione sia realmente frutto di una libera scelta o dipenda da
altre ragioni.
- se l’imputato rinuncia espressamente a partecipare al processo, logicamente si ha la certezza
della conoscenza del procedimento a suo carico, quindi il giudice procede in sua assenza
I problemi si pongono quando l’imputato non è reperibile:
Fino alla l. 67/2014 l'ordinamento accettava il rischio che l’udienza preliminare e il dibattimento
si svolgessero all'insaputa dell’imputato.
→ Al giudice era infatti consentito procedere previa dichiarazione di contumacia dell'imputato
anche in casi di incertezza circa la volontà di presenziare o meno al processo.
- Era infatti sufficiente la probabilità che l’imputato avesse avuto effettiva conoscenza
dell’avviso di fissazione (ciò avveniva nell’ipotesi in cui l'imputato fosse risultato irreperibile).
- L’Italia è stata condannata dalla corte EDU e ha dovuto eliminare l’istituto della contumacia,
che infatti si scontra con esigenze di economia processuale perché si potrebbe svolgere l’intero
processo senza l'imputato e la sentenza di condanna non possa poi eseguirsi.
- La disciplina che risale al 2014, prevede che il processo sia sospeso (420 quater e quinquies)
quando è assente l'imputato e non vi sia la ragionevole certezza che l'imputato abbia avuto
conoscenza dell'esistenza del processo a suo carico. Solo quando questa ragionevole certezza vi
sia, il rito prosegue contro l'imputato (420 bis); viceversa non si va oltre nel processo.
Riforma elimina la sospensione, e il giudice pronuncia sentenza inappellabile di non doversi
procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato

Svolgimento ordinario (art. 421).


Riforma cartabia
Art 421 comma I: Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti il giudice dichiara
aperta la discussione, se rileva una violazione dell’articolo 417, comma 1, lett. b), (enunciazione, in
forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare
l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge) il giudice,
sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l’imputazione. Qualora il pubblico
ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d’ufficio la nullità della
richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico
ministero.
1-bis. L’imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all’imputato presente.
Quando l’imputato non è fisicamente presente, il giudice rinvia a una nuova udienza e dispone che
il verbale sia notificato all’imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della
nuova udienza.
→ prima il giudice NON poteva controllare l’imputazione se non nelle sue formalità

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Si incide cercando di potenziare l’udienza preliminare come controllo sulla corretta formulazione
dell’imputazione, perchè se l’imputazione non è formulata correttamente, questi vizi sfociano nel
dibattimento in sentenze di proscioglimento, l’imputazione deve essere chiara e precisa altrimenti
viola il diritto di difesa
- sempre in un ottica di deflazione processuale
Ulteriore controllo: Art 423 aggiunto comma 1-bis. Se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e
quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza non sono indicati
nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica
non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni. Se la
difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la
restituzione degli atti al pubblico ministero.

Art 421 II. Il p.m. espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova
che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e
chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli
64 e 65 Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste
dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del
responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che
espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta.
- Nell’udienza preliminare non c'è assunzione di atti, la discussione avviene dunque sugli atti già
raccolti dal p.m. ed inclusi nel fascicolo: si escludono acquisizioni probatorie (discussione cartolare)
ad eccezione di quanto detto
III. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli
atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416 comma 2 nonché gli atti e i
documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione.
→ prima di questo momento vanno acquisite le eventuali prove precostituite raccolte dall’accusa o
dalla difesa, che il giudice ritenga ammissibili in quanto rilevanti, non superflue e non vietate dalla
legge.
- Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti del fascicolo e sulla base di atti e
documenti ammessi prima dell’inizio della discussione (prove documentali, investigazioni
difensive), dichiara chiusa la discussione e procede subito dopo alla decisione.

Svolgimento eventuale I: ordinanza per l'integrazione delle indagini art. 421-bis.


Disposizione molto ritoccata dalla legge del 1999 e abbastanza discussa → rischio sovrapposizioni
di funzione tra gup e pm
Art. 421-bis: Quando non provvede alla decisione, il giudice, se le indagini preliminari sono
incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della
nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso
la corte d'appello.
- Il presupposto affinché il g.u.p. possa emettere questa ordinanza è che non ritenga di essere in
grado di decidere con cognizione di causa allo stato degli atti, perché le indagini sono incomplete.
- Ciò non significa che il giudice ha impossibilità assoluta a decidere, in quando di fronte ad un
quadro probatorio lacunoso la regola di giudizio impone di prosciogliere.
- Questa ordinanza mira ad evitare che il provvedimento conclusivo (di proscioglimento) sia
condizionato dalla mancanza di importanti elementi a causa di lacune investigative.
- L’ordinanza può essere dunque emessa solo quando il giudice risconti delle lacune probatorie e le
ritenga colmabili mediante ulteriori investigazioni (similitudine con provvedimento di svolgimento
di ulteriori indagini in sede di archiviazione).
93

- La ratio è la stessa: evitare l'elusione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, che in
presenza di indagini lacunose sarebbe rispettato solo apparentemente (Corte cost. 190/1991).
- In questi casi dunque il g.u.p. indicherà delle nuove indagini al p.m. indicandone anche il termine.
- Questo non significa che il processo regredisce alla fase delle indagini ed infatti il giudice fissa sin
da subito la udienza preliminare successiva.
- Dà inoltre comunicazione al procuratore generale, affinché possa operare l'avocazione delle
indagini.
- Questa disposizione configura quindi una sorta di potere tutorio nei confronti del p.m., in quanto il
giudice gli si sostituisce. Ciò sembra mettere però in pericolo la terzietà del giudice, pertanto questo
potere va usato in modo oculato.

Svolgimento eventuale II: attività di integrazione probatoria (art. 422).


- Si tratta di un ulteriore strumento a disposizione del giudice che ritenga di non essere in grado di
decidere allo stato degli atti (ma può essere esercitato solo in alternativa a quello configurato all’art.
421-bis).
- Il legislatore del 1999 ha modificato l’assetto originario, che aveva previsto questo strumento
come eccezionale e limitato all'indicazione dei temi di prova che le parti potevano esportare, il tutto
al fine di salvaguardare il ruolo terzo e garante del g.u.p.
- Il nuovo art. 422 prevede invece che il g.u.p. abbia il potere di assumere , oltre che su richiesta di
parte, mezzi di prova solo nel caso in cui ritenga che essi siano (per lo meno ex ante) favorevoli
all’imputato, che spingano all'emissione della sentenza di non luogo a procedere.
- La ratio è dunque di deflazione processuale, perché si mira a far funzionare meglio l’udienza
preliminare come filtro contro le imputazioni azzardate.
- L’udienza preliminare diventa così anche sede di acquisizione probatoria.
- Il g.u.p., con l’attività integrazione probatoria, svolge una funzione tutoria nei confronti della
difesa.
- L’imputato tuttavia viene collocato in una condizione di passività, perché non ha il diritto a che il
giudice attivi questi poteri.
- Inoltre l'integrazione probatoria potrebbe condurre a risultati opposti a quelli prefissati: prove a
carico, e non a discarico, dell’imputato.
- L’integrazione probatoria sarebbe in questo modo cumulabile con quella investigativa.
- Nel complesso, la previsione delle integrazioni si espone a critiche, pur proponendosi di rendere la
decisione in udienza preliminare ancora più attendibile, esse hanno il difetto di deresponsabilizzare
il p.m., consentendogli di non adempiere pienamente al dovere di completezza delle indagini.
- Inoltre allungano i tempi di udienza, spesso trasformandola in un inutile mini-dibattimento
anticipato, recando così potenzialmente un danno all’imputato.

La decisione
- Dopo la chiusura della discussione il giudice deve emettere la sua decisione sulla base degli atti di
indagine e delle eventuali integrazioni disposte ai sensi dell’art. 421 bis o 422.
- L’alternativa è fra decreto che dispone il giudizio o la sentenza di non luogo a procedere.
- A questo riguardo è necessario comprendere quale sia la regola di giudizio (criterio suscettibile di
indicare sulla base dei risultati della valutazione del materiale conoscitivo raccolto quale alternativa
decisoria vada prescelta, esso dipende dal modo in cui la legge configura il thema probandum)
- Il decreto di rinvio a giudizio dovrebbe essere emesso in tutte le altre situazioni specularmente
opposte riaspetto alla sentenza di non luogo a procedere, quindi è come se dalla regola di giudizio si
sottrae se tutte quelle situazioni di cui all'articolo 425 si consente la pronuncia della sentenza di non
luogo a procedere
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- La regola di giudizio va oltre: la valutazione del giudice consiste in una diagnosi (accertamento
del reato sulla base degli elementi conoscitivi in quel momento disponibili) e in una prognosi
(potenziale esito del dibattimento).
Riforma cartabia
Si incide sulla regola di giudizio ex art 425 III decreto di rinvio a giudizio o sentenza di non luogo
a procedere Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi
acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in
giudizio non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.
Prima il criterio decisorio dovrebbe impegnarsi sull'utilità del dibattimento, ovvero delle superiori
risorse cognitive che solo il contraddittorio è in grado di offrire, quindi si faceva affidamento sul
dibattimento per colmare le lacune
- il giudice valutava allo stato degli atti se le lacune presenti potevano essere colmate nel
dibattimento
→ ciò portava ad un allargamento dell'ambito applicativo del rinvio a giudizio e quindi maggior
carico giudiziario
- essendo la riforma carta abbia volta ad una deflazione del carico giudiziario, non si può più fare
basare la decisione del giudice sull’affidamento sul dibattimento per colmare lacune
MA il giudice fa un giudizio allo stato degli atti
→ si spera che ci sia un maggior filtro contro le imputazioni azzardate facendo diventare la
decisione del giudice sempre più nel merito
→ rischio di anticipare a questa fase la decisione di condanna → il baricentro del processo si sta
spostando sempre di più nella fase anteriore la dibattimento

Provvedimenti conclusivi dell’udienza preliminare:


Sentenza di non luogo a procedere; art. 425 detta i criteri per emettere un tale provvedimento.
Questo articolo è stato modificato per adeguare le regole di giudizio del g.u.p. a quelle che guidano
il gip in archiviazione.
Art 425: I. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva
essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero
quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non
costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia
sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.
II. Guarda su riforma cartabia
La sentenza di non luogo a procedere ha natura processuale, non è nel merito: dice solo qualcosa
sulla necessità ed utilità di approdare al dibattimento, sulla fondatezza dell'imputazione allo stato
degli atti, proprio in ragione della funzione di filtro, non di accertamento dell'udienza preliminare
L’art. 425 IV prevede che: il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se
ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza
personale.
- La misura di sicurezza può conseguire anche ad una sentenza di proscioglimento.
- Dal momento che però è comunque necessario un accertamento della colpevolezza, le misure di
sicurezza non possono essere applicate in udienza preliminare.
- I contenuti necessari sono stabiliti dall'art. 426.1: imputazione, esposizione dei fatti di fatto e di
diritto su cui la decisione è fondata, dispositivo con indicazione degli articoli di legge applicati.
Impugnazione
- La sentenza di non luogo a procedere non è una decisione intangibile.
- Essa è soggetta alle impugnazioni ordinarie, che mirano alla rivalutazione da parte di un altro
giudice degli stessi elementi conoscitivi (428).
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- I mezzi utilizzabili sono l’appello e quando la sentenza venga confermata a seguito di
quest’ultimo, il ricorso in cassazione.
- termine per l'impugnazione è di 15 giorni
- legittimati ad impugnare sono o il procuratore generale, e l'imputato che non sia stato prosciolto
con formula pienamente liberatoria
Revoca
- la sentenza è appellabile, ove non impugnata diventa esecutiva, ma non irrevocabile.
- La revoca costituisce una forma di impugnazione straordinaria, in quanto risulta esperibile nei
confronti della sentenza non più impugnabile in cassazione.
- Essa ha come fine non la rivalutazione degli stessi elementi conoscitivi che hanno giustificato la
pronuncia della sentenza, bensì la rimozione della sentenza qualora sopravvengano nuovi
elementi (dopo la pronuncia di sentenza; già acquisiti e ancora da acquisire) in grado di portare al
rinvio a giudizio
- La decisione sulla domanda di revoca è pronunciata in camera di consiglio con le forme dell’art.
127 e la relativa ordinanza è impugnabile in cassazione in caso di inammissibilità o di rigetto (437).
- Qualora il p.m. sia in possesso di elementi già acquisiti, debba domandare, oltre alla revoca, anche
il rinvio a giudizio.
- Se gli elementi sono ancora da acquisire, si deve allegare una domanda di riapertura delle
indagini.
- La disciplina della revoca dimostra che la sentenza di non luogo a procedere essa possiede
un'efficacia preclusiva: qualora un pubblico ministero inizi un nuovo procedimento per il medesimo
fatto attribuito al medesimo imputato, il giudice ha l’obbligo di pronunciare sentenza di non luogo a
procedere (udienza preliminare) o di proscioglimento per improcedibilità (dibattimento)

Decreto che dispone il giudizio decreto di rinvio a giudizio 429 cpp.


- Formalizza un’accusa a carico di una persona, da indicare in forma chiara e precisa nei suoi profili
storici e giuridici: il fatto addebitato, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare
l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge.
- Inoltre, il decreto contiene la vocatio in iudicium, individuando il giudice competente per il
dibattimento e fissando il luogo, il giorno e l‘ora della comparazione.
- Non è motivato, ma si limita a richiedere l’indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti a
cui esse si riferiscono
→ L’imputato arriverebbe al dibattimento gravato da questo pregiudizio: si salvaguarda la neutralità
psicologica del giudice del dibattimento.
- Il decreto svolge anche la funzione di citazione a giudizio.
- Tra decreto e data del giudizio non possono trascorre meno di venti giorni per prepararsi alla
difesa.

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XII. Formazione dei fascicoli


Il decreto che dispone il giudizio provoca il passaggio alla fase centrale del processo destinata
all'accertamento sul merito, il dibattimento.
- Cambia il regime probatorio applicabile, improntato in avanti alle elaborazione dei risultati
secondo il metodo del contraddittorio (111.4) → il principio della separazione funzionale e
processuali corrisponde anche una frattura nel regime probatorio, realizzata grazie un furto insieme
di regole volte a precludere l'accesso alla fase di merito degli elementi formatesi al di fuori di essa
- in un certo senso si tratta di ricominciare da capo con l’accertamento penale.
- A questo principio di separazione funzionale tra le prime due fasi processuali si aggancia
un’ulteriore barriera normativa, realizzata attraverso il sistema del doppio fascicolo (inutilizzabilità
fisiologica).
- Esso è disciplinato dagli art. 431 - 433
- All’origine l’operazione consiste nel suddividere gli atti sino a quel momento acquisiti, per
l’appunto, in due distinti dossier.
1. Fascicolo del p.m. (o meglio fascicolo delle parti): fascicolo più ampio in cui confluiscono tutti
gli atti di indagine, che non servono al giudice per formare il proprio convincimento, ad
eccezione degli atti irripetibili e di tutti quelli che non possono formarsi in dibattimento c.d.
mezzi di ricerca della prova, che confluiscono nel fascicolo per il dibattimento.
- Dal contenuto di questo fascicolo il giudice dibattimentale resta all’oscuro (Solo in casi
eccezionali elencati tassativamente certi atti li costituiti potranno trasmigrare nella cartella
disponibile al giudice)
- a conclusione dell'udienza preliminare il contenuto del fascicolo del pm si arricchisce degli atti
appartenuti in precedenza all'autonomo fascicolo dell'investigazioni difensive, se sono state
compiute
- il dossier è inizialmente costruito presso l'ufficio del gip ed entra poi nella disponibilità del gup
- il fascicolo del p.m. verrà conservato nella segreteria della parte pubblica, con facoltà per i
difensori di prenderne visione
2. Fascicolo del dibattimento: un fascicolo più smilzo, in cui non confluiscono anche gli atti delle
indagini preliminari, è preparato in procinto di iniziare è destinato alla cognizione del giudice
della nuova fase
- viene trasmesso alla cancelleria del giudice per il competente per la fase dibattimentale insieme
al decreto che dispone il giudizio,

Il contraddittorio sulla formazione dei fascicoli


La distribuzione degli atti nei due fascicoli avviene nel contraddittorio tra le parti non oltre 15
giorni dal decreto di rinvio a giudizio.
- le parti sono messe dunque in condizione di vigilare sulla corretta composizione del fascicolo
NB in realtà non è l’unico momento dove le parti possono discutere in giudizio sull’assortimento
del dossier, ma anche una volta che il processo sia alle soglie del dibattimento e prima della sua
apertura → saranno ammessi ripensamenti, si potrà tornare indietro ad insistere per l'allegazione o
la fuoriuscita di certi materiali dal fascicolo trovando ascolto presso il gup
- L’automatica confluenza di atti nel fascicolo (che per loro natura devono) del dibattimento non
implica la loro utilizzabilità da parte del giudice: è sempre necessaria la lettura dibattimentale in
giudizio.
- in ogni caso resta il regime generale che abilita a dedurre l’inutilizzabilità di una prova in ogni
stato e grado del procedimento, quindi la mera presenza nel fascicolo non ha effetto di consigliare
gli atti
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⇒ Si tratta dunque di un pilastro del sistema accusatorio, perché impedisce che il giudice del
dibattimento possa essere influenzato dal contenuto degli atti di indagine preliminare.

La tecnica di formulazione è fondata su di un catalogo che non censisce però direttamente i singoli
atti meritevoli di inserimento, ma li distingue in classi.
Nel dettaglio, il fascicolo del dibattimento contiene (art. 431):
• Atti di impulso processuale: gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale (querela);
• Atto di costituzione di parte civile
• verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla p.g.; (irripetibilità originaria)
• verbali degli atti non ripetibili compiuti dal p.m. e dal difensore (gli atti non ripetibili sono quelli
che non possono assumersi nel contraddittorio tra le parti perché nascono irripetibili → deroga al
contraddittorio per la prova all’art. 111.5 C. oggettiva impossibilità di formare la prova nel
contraddittorio tra le parti);
• i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio, serve ad assumere subito le prove nella fase di
indagini con le forme del contraddittorio quando c’è il pericolo che l’oggetto di prova deperisca;
• il certificato generale del casellario giudiziario, necessità di conoscere i precedenti penali
dell’imputato, e gli altri documenti indicati nell’art. 236 (sentenze irrevocabili di altri processi o il
rapporto con il trattamento rieducativo del detenuto sottoposto ad osservazione, come le cartelle e
tenute dagli organismi pubblici del servizio sociale dove si trovano diagnosi sul soggetto).
• il corpo del reato e le cose pertinenti al reato (di regola tali oggetti sono vincolati mediante
sequestro agli scopi del processo);
• I verbali dell'incidente probatorio: l'accesso al fascicolo appartiene alla piena fisiologia del
sistema poiché la ratio originaria dell’istituto e di anticipare la formazione di prove durante la fase
delle indagini con lo scopo di salvaguardare prova al rischio di diventare irripetibili
• le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel
fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di
investigazione difensiva, anche durante tutto il processo → patteggiamento sulla prova, deroga al
contraddittorio, per consenso (legittima costituzionalmente).
- il consenso prestato non comporta alcuna rinuncia ad esercitare il diritto al contraddittorio,
potendo comunque le parti cioè dell'assunzione in dibattimento del mezzo di prova

Atti irripetibili: quando un atto è ripetibile e quando no?


- La nozione legislativa di irripetibilità ha per referente l’art 111 V cost. Che enuclea tra le deroghe
tassative alla formazione della prova in contraddittorio la concreta impossibilità oggettiva di
formare la prova in dibattimento
- L’irripetibilità a cui fa riferimento il 431 è originaria: le situazioni impeditive risalgono a fattori
riscontrabili sin dal principio, già operanti nel medesimo contesto spazio temporale di compimento
dell'arto da parte del pm, della pg o del difensore
- esiste anche l’irripetibilità sopravvenuta: rilevante ai fini del successivo possibile recupero tra le
medesime carte giudiziarie di atti provenienti dal fase preliminare del procedimento, dipende da
cause sopravvenute
≠ diverso è il concetto di indifferibilità: non sono ripetibili sotto questa luce gli atti il cui oggetto si
sappia in partenza destinato a rapide inevitabili modificazioni, tali da alterare la sostanza sino a
renderlo inidoneo a fornire responsi probatori attendibili
≠ Modificabilità: su questo requisito incombe il rischio di un'estensione indiscriminata, che
finirebbe per attrarre entro la classe degli irripetibili tutti o quasi gli atti di indagine
- La regola è che se esiste un mezzo di prova omologo all'atto di indagine, il primo vado assunto in
giudizio il secondo resti fuori dal fascicolo dibattimentale
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Libro VII - Giudizio


Il giudizio rappresenta la macro-fase culminante del processo e prende il nome dal risultato al quale
il processo mira, ossia il giudizio: la decisione sul merito della causa intesa a dirimere l'alternativa
cruciale tra condanna e proscioglimento, a seconda che sia o meno accertata la colpevolezza
sull’oggetto dell’accusa.
- Nucleo centrale del giudizio è il dibattimento, che può considerarsi il vero e proprio cuore del
processo.
- Il legislatore del 1988, ispirandosi ai caratteri del sistema accusatorio, nel disegnare il codice di
rito aveva dichiaratamente perseguito la centralità del dibattimento: esso è la sede eletta di
formazione della prova in base ai canoni emblematici del sistema accusatorio, ossia oralmente, nel
contraddittorio fra le parti e davanti ad un giudice terzo ed imparziale (immediatezza,
concentrazione, pubblicità).
- Il modello originario del codice è stato stravolto in primis dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale, facendo entrare in crisi la centralità del dibattimento: alcune sentenze del 1992
allargavano a dismisura i canali di recupero probatorio degli atti di indagine (c.d. controriforma).
→ Il quadro probatorio del giudice si formava in larga parte anche da atti unilateralmente compiuti
dall’accusa, con un grave danno per l’attendibilità dell’accertamento oltre che sul piano delle
garanzie difensive.
- Con la l. n. 267 del 1997 c’è stato da parte del legislatore un tentativo di ripristinare gli originari
cardini del sistema, restringendo le ipotesi di lettura, e dunque di utilizzo, delle dichiarazioni
raccolte in fase di indagine.
- La Corte Cost. con la sent. n. 361 del 1998 ha bocciato quel disegno, perché non accoglieva il
significato “forte” di contraddittorio, quale metodo di formazione della prova, ma ne privilegiava un
significato più blando, quale discussione svolgentesi a posteriori sui risultati delle indagini.
→ Le dichiarazioni raccolte dall’accusa, diceva la Corte, possono confluire nel fascicolo
dibattimentale senza che il contraddittorio con la difesa ne esca mortificato perché all’imputato è
data la facoltà di contestare tali dichiarazioni nell’ambito del dibattimento.
- Si disconosce in tal modo il valore c.d. euristico del contraddittorio che richiede la
partecipazione delle parti su basi di parità nella formazione della prova.
⇒ Si crea quindi un vero e proprio conflitto tra corte e parlamento: il Parlamento interviene con una
legge di riforma costituzionale: il contraddittorio per la prova è ora consacrato all’art. 111 Cost.
- L’articolo costituisce il parametro di riferimento della legge ordinaria di attuazione (n. 63 del
2001) che ha riscritto in particolare la disciplina del dibattimento riportandola entro le originarie
coordinate proprie di un sistema ad ispirazione accusatoria.

Principio di pubblicità dell'udienza dibattimentale


- I cittadini hanno il potere di vigilare sul corretto esercizio del potere giurisdizionale
- distinguono dalla tradizionale modalità di assistere alle udienze, propria di chi sia presente di
persona all'interno dell'aula (pubblicità immediata), dalla divulgazione dell'attività dibattimentale
presso la collettività in distinta tramite i mezzi di comunicazione di massa (pubblicità mediata)
- casi in cui si procede a porte chiuse, per proteggere i valori costituzionalmente rilevanti (Buon
costume, riservatezza di testimoni e parti private, pubblica igiene), sono tassativamente previsti
dalla legge
- Sulla seconda modalità di divulgazione sorge il rischio di spettacolarizzazione del processo: spetta
alla concorde volontà delle parti titolari di diritti fondamentali in gioco rilasciare il nulla osta alla
pubblicità mediata del dibattimento in forma audiovisiva il giudice rilascia l’autorizzazione con
ordinanza

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I caratteri del procedimento probatorio dibattimentale sono espressione del modello accusatorio:
essi sono:
• Il contraddittorio
• L’oralità: non segna solo la prelazione per la parola detta a viva voce ed ascoltata in udienza, ma
rimanda all'esigenza che il contraddittorio esaminando le fonti di prova non resti soffocato
dall’uso in giudizio di verbali di dichiarazioni raccolte durante le fasi preliminari.
• L’ immediatezza: entra in sinergia con i due analizzati poc'anzi poiché postula una relazione
diretta tra il giudice dibattimentale e le persone sottoposte all’esame in funzione probatoria: il
convincimento del giudice matura sulle impressioni genuine ricevute grazie al contatto con la
fonte di conoscenza, elementi che il verbale non potrebbe mai riprodurre (titubanze, espressioni,
tremori) → corollario di questo principio è l'immutabilità del giudice, ossia la necessaria identità
di composizione personale tra organo che sovrintende al dibattimento e quello chiamato ad
emettere la sentenza (a pena di nullità assoluta) e l'esigenza che quel giudice abbia assistito in
prima persona alla formazione delle prove (un’eccezione all’immediatezza è l’incidente
probatorio).
• La concentrazione: rappresenta la manifestazione temporale dell'immediatezza e impone che il
dibattimento si voglia a ritmo sostenuto e sia subito seguito dalla fase di deliberazione della
sentenza.. Per realizzarlo, sarebbe ideale la successione ininterrotta di atti compiuti in unità di
tempo e spazio, affinché il giudice possa ricordare impressioni prodotte dalla prova (→ se ciò non
fosse verrebbe meno anche il vantaggio dell’oralità): predeterminazione legale della durata del
dibattimento (che la legge vorrebbe concluso in una sola udienza).
→ profili strettamente interdipendenti.

Il giudizio è tripartito in 3 fasi: (1 e 2 sono fasi solo funzionali al dibattimento)


1. Gli atti preliminari
2. Il dibattimento vero e proprio
3. Gli atti successivi al dibattimento

1. Gli atti preliminari al dibattimento


- La fase degli atti preliminari al dibattimento si estende dalla conclusione dell’udienza preliminare
agli atti introduttivi del dibattimento.
- Si assume come momento iniziale la ricezione del decreto che dispone il giudizio
- Il compito di fissare l’udienza dibattimentale è assegnato allo stesso giudice che dispone il
giudizio nell’intento di favorire l’eliminazione dei tempi morti e una più rapida instaurazione del
dibattimento.
- Tra la data del decreto che dispone il giudizio e la data fissata per il giudizio deve di regola
intercorrere un termine non inferiore a 20 giorni
- In vista dello svolgimento dell’udienza dibattimentale è necessario provvedere al alcuni
adempimento connessi al diritto alla prova.
- È quest'ultima la finalità essenziale ed immancabile del predibattimento, ossia permettere alle parti
di adempiere all’onere di depositare, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento:
• Se intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici le liste che indicano i
soggetti con l’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame (articolo 468) → ciò a
pena di inammissibilità poiché non sono consentite prove a sorpresa, perché ciascuna parte deve
conoscere i fatti che altri intendono provare.
⇒ ha lo scopo di scoprire le carte rispetto agli avversari, e di chiedere l’autorizzazione al giudice
alla citazione delle persone fonti di prova menzionate nelle liste

100

- il giudice (se si tratta di collegio del presidente) emana un decreto che autorizza la citazione dei
soggetti citati e ne rende obbligatoria la comparizione
- le parti possono anche prescindere dal provvedimento autorizzativo, quando confidi nella
presentazione spontanea della persona convocata
- La citazione può essere negata solo per le testimonianze vietate dalla legge e per quelle
manifestamente sovrabbondanti, superflue o irrilevanti.
- Il provvedimento non pregiudica la decisione sulla ammissibilità delle prove che avverrà dopo
l’apertura del dibattimento → se nel corso del dibattimento emerge ex post che una prova al tempo
considerata ridondante potrebbe essere preziosa per acclarare un fatto, essa potrà essere ammessa
revocando il provvedimento di esclusione e viceversa se si dimostrasse superflua, perché un fatto è
già stato accertato, se ne potrà revocare l'ammissione.
• Liste che contengono prove precostituite come verbali provenienti da procedimenti penali diversi
rispetto a quello di cui si tratta
- l’ammissibilità di queste prove consegue al mancato tardivo deposito della lista e, ma sì chi aspira
a vedere ammessa in dibattimento la prova un po' dimenticata può eventualmente dimostrare il
carattere incolpevole dell'omissione
- ciascun interessato dopo aver verificato tramite la lista disponibile in cancelleria quali sono i piani
dell'altra parte, potrà elaborare la propria controffensiva, organizzarsi per resistere alle richieste di
prova dell'antagonista argomentandole l'inammissibilità sia nella scelta delle domande da rivolgerà
al soggetto chiamato a deporre dalla parte avversaria, sia adducendo prove contrarie
→ L’esercizio del diritto alla prova contraria è sottratto alle regole sul deposito delle liste, in
quanto ciascuna parte può ottenere la citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici sulle
circostanze introdotte dalla controparte senza averli in precedenza indicati nelle liste

L'esordio dell'udienza non coincide con l'apertura del dibattimento, preceduta dagli atti introduttivi:
- il primo compito del giudice consiste nel controllo sulla costituzione delle parti
- appena di decadenza vanno sollevate e le questioni preliminari precluse una volta oltrepassato la
soglia del dibattimento con la dichiarazione d'apertura
- il giudice risolve il dubbio immediatamente con ordinanza
- l'onere di proporre la questione prima dell'apertura del dibattimento tende infatti ad evitare che si
trascinino a dibattimento errori procedurali commessi nell'attività precedente e in grado di condurre
alla regressione
- questo è il termine finale ad esempio per eccepire:
• l'incompetenza territoriale
• l'errata devoluzione della causa ad un giudice superiore
• per eventuali nullità relative verificatesi nella fase anteriore al giudizio (quando non ci sia
l’udienza preliminare o se riguardano il decreto di rinvio a giudizio)
• Questioni riguardanti la formazione del fascicolo per il dibattimento

Nella fase predibattimentale può intervenire una decisione giurisdizionale che anticipa l’epilogo
processuale.
Essa è affidata all’organo giudicante e si tratta dell'immediato proscioglimento dell'imputato per tre
sole cause:
• improcedibilità dell’azione penale per mancanza originaria o sopravvenuta della condizione
necessaria, non tocca il merito perché attesta la difettosa instaurazione del processo;
• estinzione del reato, assume la commissione del fatto solo in via ipotetica, in quanto anche se la
responsabilità fosse dimostrata, prevarrebbe comune la causa estintiva (ma se in concorso con
formule più favorevoli, è inibita) → declaratoria di non doversi procedere.
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• particolare tenuità del fatto: particolarità perché viene dichiarata con declaratoria di non doversi
procedere, ossia mediante decisone sul rito, anziché di assoluzione del merito come avverrebbe al
termine del dibattimento.
In ogni caso l'imputato può rinunciare al proscioglimento anticipato: primato del favor innocentiae
dell'economia processuale.

3. Dibattimento
Il giudice dichiara solennemente aperto il dibattimento
- si svolge la fondamentale attività dell’esposizione introduttiva.
- La sua importanza si comprende facilmente considerando che il giudice non conosce nulla delle
indagini preliminari ad eccezione dell’imputazione e di quel numero limitato di atti che sono
contenuti nel fascicolo per il dibattimento.
- Allo stesso modo, il decreto che dispone il giudizio non è motivato e contiene solo la nuda
indicazione delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono.
- Le parti devono dunque far conoscere al giudice dei temi che vogliono provare: devono esporre
l’ipotesi ricostruttiva della vicenda, i fatti e la ricostruzione che propongono, che sarà supportata
dalle prove di cui chiedono l’ammissione.

Richiesta di ammissione prove


Art. 493. Richieste di prova
1. Il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona
civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato nell'ordine indicano i fatti che intendono
provare e chiedono l'ammissione delle prove, illustrandone esclusivamente l’ammissibilità ai
sensi degli articoli 189 e 190, comma 1.
→ Evitare che le parti introducano surrettiziamente quegli atti di indagine che il giudice non deve
conoscere
2. È ammessa l'acquisizione di prove non comprese nella lista prevista dall'articolo 468 quando la
parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente.
La parte che non presenti la lista entro i termini decade dal diritto di ammissione della prova, a
meno che non dimostri di non averle potute indicare tempestivamente per omissione incolpevole
- L’omissione dunque, non produce automaticamente l'inammissibilità della prova.
- L’onere della prova dell’ostacolo è a carico della parte richiedente, ma la giurisprudenza non è
molto severa risentendo che non serva provare la forza maggiore o il caso fortuito, ma basti anche
contesto di difficile esercizio della facoltà, per garantire in massima misura il diritto alla prova.
3. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel
fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione
difensiva.
A questo punto le parti (come dopo l’udienza preliminare: art. 431 comma 2), possono concordare
l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero,
come pure della documentazione delle indagini difensive → le parti in questo momento dunque
dispongono del diritto al contraddittorio, rinunciandovi.
- Per quanto riguarda le prove documentali la cui acquisizione si identifica col momento
dell'ammissione essendo già formati altrove e direttamente producibili in giudizio, il codice non
esige la loro previa indicazione nelle liste ma la parte può depositare i documenti contestualmente
alla domanda di ammissione

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Ammissione della prova


Art. 495. Provvedimenti del giudice in ordine alla prova
1. Il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all'ammissione delle prove a norma degli
articoli 190, comma 1, e 190-bis. Quando è stata ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altri
procedimenti, il giudice provvede in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova
solo dopo l'acquisizione della documentazione relativa alla prova dell'altro procedimento.
- Ci sono quindi le richieste delle parti e l'ordinanza di ammissione del giudice sulla base dei
requisiti di cui si è parlato (libro III).
- L’ammissione delle prove ha luogo al termine dell’esposizione introduttive
- Le prove sono ammesse su richiesta di parte e solo eccezionalmente d'ufficio, nei casi tassativi
previsti dalla legge.
→ Si attribuisce tale potere al giudice al fine di rendere l'accertamento penale materia indisponibile,
sottratta alla signoria delle parti, che altrimenti sarebbero in condizione di determinare a loro
piacimento l'esito del processo.
- Il giudice deve provvedere immediatamente alla richiesta di ammissione della prova, non può
riservarsi di decidere e deve subito emettere un'ordinanza motivata che accoglie o non accoglie.
- Questa ordinanza può essere revocata solo in contraddittorio.
2. L'imputato ha diritto all'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto
delle prove a carico; lo stesso diritto spetta al pubblico ministero in ordine alle prove a carico
dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico.
- L’art. 495.2 parla del diritto alla controprova: in ogni caso devono essere ammesse le prove a
discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, sulla scorta di quanto stabilito dall'art. 6.3
CEDU.
- Entro questi limiti sembra lecito parlare di una presunzione di rilevanza.

Riforma cartabia
495 4-ter. Se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di
ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel
contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo
che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione
audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la
ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze.
→ si mira a tutelare il principio di immediatezza che verrebbe compromesso quando il giudice che
decide è diverso da quello che ha assistito alla formazione della prova
Art 525: Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno
partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in
sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono
espressamente revocati → caso di nullità speciale
- Il giudice poteva decidere se era necessaria o meno la riassunzione delle prove perchè riassumerle
sempre stonerebbe col principio di economia processuale → lede palesemente principio di
immediatezza
- Viene fatto una sorta di bilanciamento con il nuovo comma

Poteri istruttori d'ufficio.


I limiti sono sistematici, perché il sistema accusatorio non li prevede. Il codice li prevede in via
eccezionale all’art. 506, con riferimento all’esame.
Tale articolo detta una regola che si può considerare generale.

103

I. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, in base ai risultati delle prove
assunte nel dibattimento a iniziativa delle parti può indicare alle parti temi di prova nuovi o più
ampi, utili per la completezza dell'esame. Può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai
consulenti tecnici, ed alle parti già esaminate, solo dopo l'esame e il controesame.
- Il giudice dunque interviene solo in via residuale, solo dopo che le parti hanno già concluso
l’esame e hanno già posto le loro domande.
- Il giudice può intervenire in due modi: o indicare dei temi che non sono stati sufficientemente
chiariti durante l'esame; oppure può egli stesso porre domande, ma solo in coda alle parti.
- Questa disciplina è stata prevista in rapporto al sistema accusatorio, ma in aula di giustizia questa
disposizione è disattesa, perché i giudici erano abituati a condurre l’esame, tende ad essere un
intervento quasi istitutivo delle parti.
Art 507 cpp Ammissione di nuove prove: Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se
risulta assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova.
Potrebbe infatti accadere che le parti non adempiano adeguatamente all’onere probatorio e quindi il
giudice si troverebbe nell’impossibilità di decidere.
- il codice prevede due condizioni: l'ammissione d'ufficio è disposta solo una volta terminata
l'acquisizione delle prove introdotte dalla parti e solo se assolutamente necessario.
- L’attività del giudice assume quindi carattere accessorio e meramente integrativo,
subordinandola da un lato a quanto già emerso in via prioritaria dalle prove addotte dalle parti,
dall'altro ad un criterio assai più stretto dell'ordinario canone (art. 190, la prova viene esclusa solo
se non pertinente), perché non basta un nesso con il thema probandum, ma occorre che la prova
serva a colmare eventuali lacune rappresentative. (es. due testimoni hanno fornito versioni
contrastanti dello stesso fatto, entrambe prive di difetti logici e compatibili con i segni materiali del
reato si sarà davanti ad un dubbio probatorio. Se fosse emerso che l'episodio ha assistito anche altra
persona mai sentita, il giudice potrebbe ammetterla come nuova testimonianza).
- Diversa l'interpretazione delle Sezioni Unite, che in relazione ad alcuni casi limite, hanno stabilito
che il giudice può sostituirsi all'iniziativa delle parti, quando queste non abbiano assolutamente
adempiuto all’onere probatorio, cioè non abbiano assolutamente chiesto l’ammissione di prove.
→ Potere non integrativo, ma sostitutivo.
- In questo quadro, assume maggiore ampiezza il concetto di novità dei mezzi di prova introducibili
dal giudice: non solo elementi non emersi, ma potenzialmente ogni prova non ammessa → La
decisione si fonda sul binomio di verità e giustizia, che sembra esser fine primario del processo
tanto da non tollerare ostacoli irragionevoli (oggetto del processo penale NON è disponibile).
- Tuttavia non deve sfuggire che nel processo penale l’onere della prova grava sull'accusa: se il p.m.
non si attiva per raccogliere prove a carico, sarà lui a soccombere (regola di giudizio).
- Esercitando questo potere, il giudice è sempre più un supplente dell’inerzia della parte pubblica,
gravando con la sua attività sull’imputato.
- Questo per garantire la legalità processuale, ma a discapito della terzietà.

Assunzione della prova


Una volta ammessa la prova, si passa all’assunzione ossia alla formazione nel contraddittorio. La
sede eletta è l’istruzione dibattimentale.
- Il ruolo delle parti è predominante, al giudice competono solo poteri residuali.
- Innanzitutto si stabilisce l’ordine di assunzione delle prove.
- Se le parti non concordano diversamente, si assumono prime le prove di accusa, cioè quelle
indicate dal p.m., poi quelle indicate dalla parte civile e infine quelle dell’imputato.
- Se le prove portate dal p.m. fossero inconsistenti, l’imputato andrebbe prosciolto senza neanche
acquisire le prove a discarico.
104

- Le prove vengono così raggruppate e distinte in funzione di chi ha voluto che fossero assunte: ne
segue che la difesa giocherà le sue carte solo dopo che l’accusa abbia esaurito l'escussione delle
prove a carico.
- Questa distinzione risulta fondamentale ai fini dell’esame incrociato perché consente di tenere
separato l'esame diretto, ossia l'esame della parte che ha chiesto la prova, dal controesame, condotto
dalle altre parti.
- Il codice detta la disciplina dello svolgimento dell’esame.
- l'unico mezzo di prova che sfugge rispetto a questa divisione tra prove assunte dal pm e dalla parte
è l'esame delle parti private da svolgersi ove l'interessato accetti di sottoporsi non appena esaurita
l'assunzione delle prove a carico dell'imputato
- la sua collocazione a metà evita che costui ascolti le disposizioni dei testimoni a discarico e ne
approfitti per orientare le proprie dichiarazioni

Esame dei testimoni - art. 497-500


Questa disciplina è dettata con specifico riguardo per l’esame testimoniale considerata come
archetipo delle prove narrative, ma alcune di essi fungono da schema generale di riferimento per
l’escussione delle altre fonti di prova orali (esame dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti
private e per l’escussione degli imputati in procedimento connesso so o di reato collegato)

Prima dell'inizio dell’esame: art 497 II: Prima che l'esame abbia inizio, il presidente avverte il
testimone dell'obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il
presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni
falsi o reticenti
Lo invita quindi a fornire le proprie generalità → in attuazione del principio che vieta le
testimonianze anonime.

L’esame si svolge secondo la tecnica dell’esame incrociato, (art 498) ossia dell’alternarsi a ritmo
serrato delle domande rivolte direttamente a turno da ciascuna delle parti alla persona interpellata e
delle risposte date da quest'ultima al cospetto del giudice affinché un medesimo tema sia sottoposto
a verifica da prospettive antagonistiche. → immediatezza, contestualità spazio-temporale.
- La legge prevede che l’esame sia condotto in prima persona dal p.m. e dai difensori, riservando al
presidente, oltre alla direzione e alla vigilanza, soltanto poteri suppletivi.
- Il metodo, oltre ad essere ritenuto più efficace, corrisponde ad un’esigenza logica, dal momento
che il giudice, a differenza delle parti, non conosce le precedenti dichiarazioni della persona da
esaminare.
- l’esame diretto viene condotto prima dalla parte che ha chiesto l’esame del testimone, alla quale
dunque spetta di porre le domande per prima, successivamente
- le altre parti effettueranno il controesame, per far emergere altre circostanze o sottolineare
contraddizioni.
- riesame: Al termine del controesame, chi ha chiesto l’esame può porre altre domande.
- questa disciplina di derivazione anglosassone è divenuta emblema della rottura epocale con il
1988 rispetto alla tradizione inquisitoria precedente dove il giudice esaminava in prima persona i
testimoni, mentre le parti che volessero rivolgere domande erano costrette a passare attraverso la
sua mediazione

Il codice disciplina con una certa precisione le modalità dell’esame:


• l’esame si svolga mediante domande su fatti specifici, cioè, come si dice, a domanda e risposta,
senza consentire al testimone di raccontare liberamente la sua esperienza. Scopo della norma è
105

evitare il flusso narrativo del testimone (non sono consentite domande come “racconti quello che
si ricorda”), in quanto spesso tali modalità agevolano la possibilità di versioni concordate da
ripetere a memoria.
Esempio: non ammissibile, stiamo discutendo dei fatti avvenuti il 12 novembre in piazza
Garibaldi. Può dirci cosa accadde quella sera? → correttamente impostazione graduale: lei si
trovava in piazza Garibaldi la sera del 12 novembre? per quale motivo? su quale lato della piazza?
fuori o dentro il bar? poteva vedere il fondo della piazza? cosa notò? quante persone?
abbigliamento e corporatura? ecc.
• le domande debbono essere pertinenti, ossia devono essere aderenti all’oggetto di prova, cioè i
fatti oggetto dell’imputazione.
- A questo fine il giudice ha anche il potere di escludere domande non pertinenti.
- La parte che presenta una prova ha l'onere di indicare preventivamente il perimetro dell’esame,
per evitare le prove a sorpresa.
- Tuttavia è ben più difficile delimitare i confini del controesame, che non può essere ristretto alle
sole circostanze toccate dai quesiti dell’esame diretto, ma non può neanche spingersi oltre la
confutazione della tesi avversaria, esplorando temi del tutto autonomi.
• dev’essere garantita la genuinità delle risposte e di conseguenza la lealtà dell’esame, la
correttezza delle contestazioni. Sono quindi espressamente vietate le domande che possono
nuocere alla sincerità delle risposte.
- Fra le domande nocive alla sincerità della risposta, ossia domande capaci di indurre il testimone
a dichiarare qualcosa di diverso da quanto vorrebbe, si annovera ad esempio la tendenza del p.m.
a fare pressione sul testimone, paventando la sottoposizione a procedimento penale per falsa
testimonianza, al fine di provocare in lui ripensamenti e cambi di rotta rispetto alla verità dei fatti.
Particolare trattamento è riservato alle domande suggestive (quelle, cioè, che tendono a
suggerire le risposte, perché contengono già l'informazione richiesta - es. Erano in tre?
Indossavano il passamontagna?), le quali sono vietate solo nell’esame diretto, perché si presume
che la deposizione sarà favorevole a chi l’ha voluta, non nel controesame, proprio perché è un
mezzo per saggiare l’attendibilità del testimone.
• limite invalicabile è il rispetto della persona, la cui tutela deve essere curata dal presidente: si
tratta di una norma quanto mai opportuna, specie se guarda agli eccessi cui può giungere, almeno
negli Stati Uniti, la cross examination, mira a screditare il testimone screditando la persona.
• particolari cautele sono prescritte quando il testimone è un minorenne: in tal caso l’esame viene
condotto di regola dal presidente, il quale può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o
di un esperto in psicologia infantile (facoltà, non obbligo). In ogni caso, su richiesta di parte o
d’ufficio, l’esame del minore e del maggiorenne infermo di mente può svolgersi con le modalità
particolari previste dall’art. 398 comma 5-bis, uso di un vetro specchio unitamente ad impianto
citofonico, il testimone non è presente, si trova altrove, anche in luogo diverso dal tribunale.
• quando si procede per i delitti di pedofilia e di violenza sessuale o concernenti la tratta delle
persone nonché per il reato di atti persecutori, ovvero anche di maltrattamenti contro familiari e
conviventi, il minore vittima del reato ovvero il maggiorenne infermo di mente vittima del reato
vengono esaminati, su richiesta loro o del loro difensore, mediante queste particolari modalità e il
giudice deve assicurare che l’esame sia condotto anche tenendo conto della particolare
vulnerabilità della stessa persona offesa (vittimizzazione secondaria).
• Il giudice ha un potere di controllo e correzione garantendo la conformità alla legge, quindi può
intervenire per bloccare i quesiti non nocivi e suggestivi prima che il testimone dia la risposta
• Anche le parti sono abilitate a sollecitare l'esercizio del potere inibitorio del giudice attraverso lo
strumento dell'opposizione all'altrui condotta

106

Le contestazioni nell’esame testimoniale


Sappiamo che il pilastro del nostro sistema processuale è la separazione netta tra il dibattimento e le
fasi precedenti, rappresentata dalla inutilizzabilità probatoria degli atti raccolti nelle fasi precedenti.
Questi atti, tuttavia non scompaiono, ma rimangono nel fascicolo delle parti e sono da esse utilizzati
come base, come palinsesto sul quale fondare la strategia di escussione.
- In particolare questi atti, detti omologhi, emergono non appena il testimone dovesse fornire una
versione dei fatti difforme rispetto a quella esposta nelle occasioni precedenti → su questo si basa la
contestazione
Art 500: I. fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il
contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal
testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se
sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto.
- Si tratta di un meccanismo di domanda-lettura mediante il quale si chiede conto della
difformità tra la risposta data all’esame e il contributo risultante dal verbale.
- La situazione è quella del testimone che rende il proprio contributo all’esame e dà le sue risposte,
ma esse si discostano da quanto questi aveva detto precedentemente al p.m. o alla p.g. delegata.
- Solo le parti possono rendersi conto di questa discrasia, mentre il giudice del dibattimento no,
perché non ha a disposizione il fascicolo del p.m.
- A questo punto la parte esaminatrice muove al testimone la critica d’aver risposto in modo diverso
da quanto dichiarato e lo sollecita a prendere posizione rispetto all'incongruenza.
- Per mettere in luce il contrasto, la parte esaminatrice può materialmente leggere il brano del
verbale che si dissocia dal contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone.
- In questo modo si chiede conto al testimone, che deve rispondere secondo verità, di questa
difformità, per capire la causa di questa discrasia e dunque verificarne l'attendibilità.
- Nessuno obbliga la parte a contestare.
→ le dichiarazioni precedentemente rese possono essere utilizzate in questo caso in sede di esame,
ma solo per dimostrare l’inattendibilità del testimone: utilizzabilità in negativo → la testimonianza
di quel teste non sarà utilizzata perchè in attendibile, MA il verbale letto non diventerà prova cioè il
giudice può usarle per motivare perché non crede alle deposizioni del testimone
- In ogni caso, è da sottolineare che per molti giudici è sempre stato arduo da accettare che la legge
permetta loro di conoscere il fatto e allo stesso tempo vieti di considerarlo provato perché frutto di
interrogazioni unilaterali e questo disagio fece breccia anche presso la Corte costituzionale, quando
ritenne irrazionale che affermazioni servite per motivare l'inattendibilità non potessero essere
utilizzate per l’accertamento del fatto principale. Da quando la regola del contraddittorio è stata
cristallizzata in costituzione il discorso è chiuso: la prova su sui si esercita il libero convincimento è
solo quella acquisita legittimamente
- Per la contestazione è necessario che ci sia una difformità di contenuti.
Due ipotesi di contestazione sono quindi controverse:
• Se sia ammessa la contestazione di fronte al silenzio del testimone sulla singola domanda:
l’opinione favorevole considera la mancata risposta un termine idoneo di paragone, tale da
predicarne la difformità rispetto a quanto dichiarato in precedenza.
- Tuttavia è da preferirsi l'indirizzo contrario, in quanto il contengo taciturno è un mero
comportamento, non il contento di una deposizione.
- Inoltre l’art. 500 III offre un appiglio testuale in questa direzione, nella parte in cui vieta
l’utilizzo delle dichiarazioni rese in giudizio ad una parte, qualora il testimone non si sottoponga
all'esame dell’altra, salvo consenso della parte che si è vista opporre il rifiuto del teste → quindi
se è messa al bando una prova dibattimentale, a maggior ragione dovrà essere escluso l’atto delle
indagini
107

• se sia ammessa la contestazione di fronte alla risposta “non ricordo”, avvalorato dal tempo
trascorso fra l’episodio e il dibattimento, laddove in fase di indagine la persona aveva risposto. La
quesitone è risolta positivamente dalla giurisprudenza nella consapevolezza dell’alto costo
probatorio altrimenti pagato all’eccessiva durata dei processi → si può rammentare al teste cosa
avesse raccontato.
- il problema attiene all'esito della sollecitazione: quando il test recupera la mente l'esperienza
passata che conduce l'esame può approfondire la ricostruzione con ulteriori domande, al contrario
se si limita a ribadire di aver dichiarato quello che viene contestato il discorso finisce

Art 500 III. Alla tutela del contraddittorio si ispira anche il divieto d’uso qualora il dichiarante si
rifiuti di sottoporsi al controesame di una delle parti, nei confronti di questa parte non possono
essere utilizzate le dichiarazioni rese all’altra parte: le dichiarazioni del testimone che si sottoponga
all'esame del p.m. ma si sottragga al controesame del difensore dell'imputato non sono utilizzabili
nei confronti dell’imputato.

Ipotesi eccezionali d'uso probatorio delle dichiarazioni contestate


1. Art. 500 IV contiene attuazione di una deroga costituzionale al contraddittorio: regola della
provata condotta illecita.
Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere
che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altre
utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del
pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del
dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate.
La ratio è quella di conferire valore probatorio al precedente difforme a causa della volontà
dell'imputato intesa ad evitare che costui ribadisca in dibattimento una versione pregiudizievole
dei fatti.
- Se una parte afferma l'esistenza di queste condotte il giudice deve decidere senza ritardo
svolgendo gli accertamenti necessari (si apre una sotto-istruzione, procedimento incidentale).
- La Corte di Cassazione è intervenuta dicendo che in questi casi non bastano dubbi o sospetti
circa la condotta illecita, ma bisogna accertarla attraverso l'istruzione incidentale. In realtà questa
disposizione prescinde dalle contestazioni: la lettura in dibattimento degli atti precedentemente
raccolti può servire al giudice per formare il proprio convincimento in qualsiasi caso di condotta
illecita accertata.
2. Art. 500 VI: A richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo 422
sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle
parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni
previste dal presente articolo
deroga per quanto riguarda i contributi resi dal testimone in sede di udienza preliminare
- la ratio sta nel fatto che comunque c’è stato un contraddittorio, se pur affievolito perchè non
era un esame incrociato
- essi possono transitare nel fascicolo del dibattimento, ma possono essere usati limitatamente a
coloro i quali parteciparono all’udienza
→ ex. caso della riunione di due procedimenti: la deposizione del teste X tenutasi all'udienza
preliminare di uno soltanto dei due procedimenti sarà stata il frutto di domande poste a mezzo
del giudice dalla difesa dell'imputato Tizio, mentre Caio non era parte costituita → le
dichiarazioni rese saranno utilizzabili solo nei confronti di Tizio;
1. Art. 500.7, ulteriore deroga che attua la previsione costituzionale dell'accordo tra le parti nel
rinunciare a dibattimento: fuori dai casi di cui al comma 4 (ossia quando condotta illecita), su
108

accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero
precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento.
Si tratta dell'ennesimo caso di prova negoziata (quelli previsti in sede di formazione dei due
fascicolo processuale, la richiesta di ammissione della prova al dibattimento), ma stavolta il patto
non mira a sostituire in toto i verbale alla deposizione orale, ma ad affiancare le due versioni
differenti. Occorre infatti la previa escussione del dichiarante.

Contestazione nell’esame di imputati


Quando sotto esame è l’imputato, e il pm muove una contestazione per divergenza con quanto
dichiarato precedentemente c’è la possibilità di acquisire ed utilizzare come piena prova le
dichiarazioni rese dal medesimo imputato durante le fasi preliminari quando la divergenza
permanga irrisolta.
Bisogna riguardo distinguere a seconda che l'imputato venga sentito sul fatto proprio o su
responsabilità altrui:
• nel primo caso, la differente versione contestata legittima il transito al fascicolo dibattimentale
delle dichiarazioni rese in conteso garantito, cioè in presenza del difensore (es. interrogatorio, ma
non sommarie informazioni ex art. 350). In tal caso assumeranno valore pieno di prova. Dunque
l'imputato che si sottoponga all’esame si espone al rischio che cadendo in contraddizione vengano
lette le sue dichiarazioni rese in sede di interrogatorio ed usate come prova.
• Nel caso in cui le difformità si riscontrino rispetto a dichiarazioni di un soggetto imputato in un
diverso procedimento, si seguiranno invece le regole severe tipiche della testimonianza. Se
l’imputato in procedimento collegato decide di parlare anche in giudizio, si espone al rilievo di
difformità con quanto già asserito a suo tempo.

Consultazione di documenti in aiuto della memoria


Tale facoltà è consentita sia al dichiarante comune, sia a beneficio dell'ufficiale o agente di polizia
giudiziaria esaminato in qualità di testimone, sia durante l'esame del perito o del consulente tecnico
Si tratta di un'evenienza insidiosa poiché si rischia di vanificare il principio di oralità e mortificare
la dialettica dibattimentale

Fascicolo del dibattimento e lettura come mezzo acquisitivo


Esistono eccezioni al principio per cui la prova deve formarsi in dibattimento.
- Alcune riguardano la categoria degli atti per loro natura irripetibili (mezzi di ricerca della prova,
ispezioni, intercettazioni, sequestri): si rientra appieno nell’impossibilità oggettiva ex art. 111 C
- altre riguardano le prove assunte nell’incidente probatorio: non si ha una deroga al contraddittorio,
bensì al principio dell’immediatezza, perché esso si attiva quando c’è un pericolo nel ritardo
dell’assunzione della prova.
→ In ambedue i casi, gli atti probatorio confluiscono nel fascicolo del dibattimento, perché sono atti
destinati ad avere piena valenza di prova.
- Le letture costituiscono il mezzo attraverso il quale atti formati al di fuori del giudizio sono
acquisiti ufficialmente al fascicolo dibattimentale e diventano legittimamente valutabili come
prove ai fini della decisione di merito.
→ Si parla a riguardo di lettura-acquisizione, da tenere distinta dalla contestazione, che può essere
seguita in casi eccezionali e tassativi di acquisizione (art. 500.4, 6, 7).
- La prima differenza tra i due istituti attiene infatti a che la contestazione è esperibile solo se in
l'escussione della fonte di prova in giudizio ha dato luogo ad un controllo, mentre alla lettura si può
procedere di fronte alla situazione opposta, ossia un esame dibattimentale mancato.

109

- Il secondo aspetto di diversità attiene alla misura del acquisizione: nella contestazione si
acquisiranno i singoli brani divergenti dalle risposte date in dibattimento, nelle letture si acquisirà
l’intero contenuto narrativo del verbale.
- Dal momento che si tratta di atti non formatisi in dibattimento, la lettura è consentita solo in casi
eccezionali e vietata in tutti gli altri (art. 514) (diametrale capovolgimento di impostazione rispetto
al codice Rocco, in cui era permessa la lettura di ogni atto che non fosse vietata).
- In luogo della lettura, si può dare semplicemente indicazione dei singoli atti destinati ad essere
utilizzati per la decisione finale (prassi del dare per letto).

Seconda della collocazione dell'atto sul quale ricade, la lettura si presenta come l'esito finale
dinamiche processuali tra loro differenti, tanto da suggerire la distinzione della lettura in due
sottocategorie:
1. Letture perfettive: concerne la documentazione conferita sin dall'origine nel fascicolo per il
dibattimento. Permane la priorità dell'esame orale rispetto ai verbali già allegati al fascicolo e in
predicato di lettura: ex. se si dispone l'incidente probatorio per le dichiarazioni di un soggetto in
procinto di morire, ma al momento del dibattimento il soggetto può ancora testimoniare, si
predilige era l'esame orale
2. Letture traslativi concerne gli atti rimasti custoditi nel fascicolo delle parti.
Art 512: Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia
giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso
dell'udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile
la ripetizione → irripetibilità sopravvenuta
- impraticabilità materiale di carattere assoluto, non essendo sufficiente la mera difficoltà
- imprevedibile: altrimenti il pm avrebbe dovuto richiedere l'incidente probatorio
- impossibilità oggettiva: non derivante dalla volontà
Art 512 bis: dichiarante che risiede all'estero la lettura è ammessa soltanto se l'esame
dibattimentale non risulta assolutamente possibile, deve essere esperito ogni tentativo di
sottoporre all'esame in contraddittorio attraverso forme di assistenza dello Stato estero (rogatoria
internazionale)

Art 513 lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato: I. Il giudice, se l'imputato è assente ovvero
rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle
dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del
pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare,
ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso
→ inutilizzabilità relativa
- si presuppone un consenso alla rinuncia del contraddittorio da parte dell’imputato MA non per
gli altri soggetti
II Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone imputate in procedimenti connessi, il giudice,
a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o
l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla
legge con le garanzie del contraddittorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante,
ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512
qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle
dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone
la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti
- imputati in procedimenti connessi che non hanno rinunciato al diritto al silenzio al momento
delle indagini preliminari: devono essere esaminate
110

- sono soggette ad accompagnamento coattivo: per tali aspetti sono trattate come testimoni.
- ma godono del diritto al silenzio e sono obbligatoriamente assistite da un difensore, il quale può
partecipare all’esame, formulando domande e, più in generale, vigilando sul rischio di incaute
autoincriminazioni: per tali aspetti sono trattate come imputati.
MA se il coimputato si sottrae volontariamente all’esame, le sue dichiarazioni non possono
essere lette ed entrare nel fascicolo del dibattimento ex 526 1 bis

La discussione finale e le dichiarazioni spontanee dell’imputato


- Una volta esaurite le prove da assumere a termine l'istruzione dibattimentale e si svolge in udienza
la discussione finale
- Secondo il consueto ordine prendono la parola al pm, le parti private eventuali, e per ultima la
difesa dell’imputato
- Per la difesa intervenire per ultima è vantaggioso dato che le ragioni da essa addotte non saranno
esposte ad ulteriori controdeduzioni, poiché la replica è concessa a tutte le parti una volta sola e
dunque la difesa mantiene sempre il privilegio di esprimersi in coda
- All’esito della discussione il giudice informa l'imputato che ha la facoltà di rilasciare dichiarazioni
spontanee, altrimenti dichiara formalmente chiuso il dibattimento abbandonando l’aula di udienza
per recarsi in camera di consiglio

3. Gli atti successivi al dibattimento


In seguito il principio dell'immediatezza e concentrazione non dovrebbe esserci alcun intervallo di
tempo tra l'assunzione delle prove seguita la discussione finale e l'attività di valutazione delle
medesime e la deliberazione
- in ossequio del principio dell'immutabilità del giudice a deliberare saranno gli stessi giudici adibiti
al dibattimento e se vi è più di un giudice saranno conservate le eventuali opinioni dissenzienti
conservata in un plico sigillato
- il processo deve terminare con il giudizio circa la fondatezza o meno dell'ipotesi di responsabilità
penale formulata dall'accusa con l'imputazione
- questa decisione è guidata dalla regola di giudizio: il criterio pratico che stabilisce in quale
situazione probatoria la colpevolezza risulti verificata, così da por nella relativa affermazione a
presupposto della condanna e al contrario quando l'imputato deve essere assolto
- la regola di giudizio afferma che sul piano logico la presunzione di innocenza dell'imputato deve
essere assunta come postulato di partenza, che dovrà eventualmente essere smentita dalle prove
oltre ogni ragionevole dubbio
- conclusa la deliberazione va scritta la sentenza seguita da motivazione, dal dispositivo, data e
sottoscrizione del giudice
- dispositivo: esprime autoritativamente la volontà del giudice con efficacia di giudicato
accogliendo la pretesa punitiva attraverso il comando recante la condanna e le relative conseguenze
penali, 5 oppure disattendendola tramite il proscioglimento
- il giudice rientra nell’aula di udienza per procedere alla pubblicazione della sentenza
- la motivazione dovrebbe essere immediatamente esposta insieme al dispositivo è prevista l’ipotesi
di motivazione differita, che nella prassi è divenuta la regola

Le formule di proscioglimento
La sentenza liberatoria è pronunciata quando non sia stata verificata l'ipotesi di responsabilità
penale formulata nell'impostazione, e può essere una sentenza di non doversi procedere o di
assoluzione (art 129)

111

Libro VI - Procedimenti speciali


I procedimenti speciali costituiscono una delle principali novità del sistema processuale previsto dal
codice del 1988.
- Sono detti speciali perché seguono un itinerario processuale alternativo rispetto all’iter ordinario,
caratterizzato da proprie peculiarità, e in particolare eliminano un segmento del rito ordinario di
primo grado.
- Il procedimento ordinario è composto da indagini, udienza preliminare e dibattimento.
- I riti speciali eludono una di queste fasi perché il loro scopo principale è quello dell’economia
processuale, declinata in primis come deflazione, ossia alleggerimento della struttura del rito
attraverso la riduzione dei segmenti che lo compongono in modo da razionalizzare le risorse.
- Il rito ordinario è molto dispendioso e quindi si cerca di riservarlo solo a determinati casi, anche se
è quello che indubbiamente assicura maggiore attendibilità dell'accertamento.
- L’imbocco dei riti speciali implica però una compressione delle garanzie: ciò deve apparire
ragionevole alla luce del bilanciamento idoneo a contemperare l’efficienza del sistema processuale,
capacità di accertare il fatto entro termini ragionevoli con la tutela dei diritti individuali.
Altra caratteristica dei procedimenti speciali è la negozialità, ossia la possibilità di governare
l’andamento della sequenza del rito e condizionarne parzialmente gli esiti mediante una
manifestazione di volontà.
Il codice del 1988 ne prevedeva cinque a cui si è aggiunto recentemente un sesto:
1. giudizio abbreviato
2. applicazione della pena su richiesta delle parti alias patteggiamento
3. giudizio direttissimo (si ha nel caso di arresto in flagranza, si salta l’udienza preliminare perché
non serve una verifica dell'imputazione, la prova è evidente)
4. giudizio immediato,
5. procedimento per decreto, (elimina udienza preliminare e dibattimento)
6. sospensione del processo con messa alla prova, sospensione del processo in vista del
perfezionarsi di una causa di estinzione del reato (aggiunto nel 2014)
Si aggiunge anche il giudizio immediato richiesto dall’imputato (non devono esserci i requisiti del
giudizio immediato, perchè è l’imputato che vuole rinunciare all’udienza preliminare)

La prima ripartizione è legata al segmento del rito ordinario che i vari modelli elidono:
• la fase dibattimentale: giudizio abbreviato, patteggiamento, messa alla prova, procedimento per
decreto
• l'udienza preliminare: giudizio immediato e giudizio direttissimo, procedimento per decreto

Un'altra distinzione si fonda sulla posizione dell'imputato rispetto alla scelta del rito
• Riti consensuali o a base negoziali: per la cui instaurazione è necessaria una manifestazione di
volontà espressa dall'imputato che rinuncia alle particolari garanzie offerte dalla sequenza
ordinaria (giudizio abbreviato patteggiamento, sospensione con messa alla prova e procedimento
per decreto
- si basano su uno scambio tra imputato e ordinamento: il primo rinuncia alle garanzie processuali
collegate all'iter completo, in cambio di una riduzione della pena e altri benefici aggiuntivi
- Sono espressione di una giustizia consensuale e sono stati recepiti ad imitazione degli
ordinamenti di common law (problemi di adattamento, perché in questi sistemi non vige principio
di legalità).
- Sono quelli più problematici nel nostro ordinamento, perché implicano che le parti dispongano
del diritto alla prova ed influiscano sulla determinazione della pena → tensione con i capisaldi

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della legalità della pena (negoziazione non è legalità), obbligatorietà dell’azione penale,
presunzione di innocenza e in generale con principio indisponibilità del processo penale.
- Non esiste quindi uno schema monolitico di processo cui l'ordinamento conferisce una “patente
di costituzionalità”, ma tanti schemi quante sono le variabili dipendenti dalle scelte delle parti.
- Dato che il sistema è ingolfato la difesa tendeva a non accettare i procedimenti abbreviati cosi
da ottenere la prescrizione del reato
• Riti autoritativi: si fondano su un'iniziativa della parte pubblica, suscettibile di spostare l'iter del
procedimento su un binario alternativo senza che l'imputato vi consenta, l'imputato subisce la
contrattura della sequenza potrei processuale senza poterla inibire e non ottiene vantaggi di sorta
(giudizio immediato e giudizio direttissimo)
- Sono espressione di una giustizia conflittuale, appartenente alla nostra tradizione, la
semplificazione si giustifica in forza di predeterminati requisiti processuali, asseriti dal p.m. e
verificati dal giudice. Si fondano su una presunta facilità di accertamento legata ad un’evidenza
probatoria.
Si pone però il problema di permettere all'imputato di accedere comune ad un rito premiale, anche
quando il p.m. abbia scelto un diverso iter, perché sarebbe costituzionalmente censurabile un
sistema che precludere all'imputato la scelta di un percorso con diverse garanzie, per mera scelta
della controparte → meccanismi di trasformazione dei procedimenti in riti premiali a base
consensuale.

Il patteggiamento
L’applicazione della pena su richiesta delle parti o patteggiamento, art. 444 ss., è il più controverso
tra i riti speciali di tipo premiale.
- Si tratta di un rito a vocazione deflattiva e a base consensuale, fondato sull’accordo tra imputato
e p.m. sull’entità della pena applicabile in concreto.
- Il rito è innescato dalla richiesta rivolta dalle parti all'organo giurisdizionale, di emettere una
sentenza di condanna alla pena che concordemente elle propongono.
- Entrambe ne trarranno un vantaggio: il p.m. ottiene immediatamente una decisione di condanna, e
quindi il risparmio di risorse (La scelta del p.m. però è guidata da parametri oggettivi e non da
valutazioni di opportunità, perché egli è pur sempre un magistrato soggetto alla legge e non un
organo politico.), l'imputato ricava una riduzione fino ad un terzo della pena che altrimenti gli
verrebbe applicata.
- Esso ha una forte potenza deflattiva, in quanto si conclude con una sentenza di condanna senza
che si debba arrivare al dibattimento o addirittura si potrebbe collocare nella fase delle indagini
risparmiando addirittura l’udienza preliminare.
- Si tratta, come detto sopra, di una giustizia negoziale: oggetto del negozio è la pena che le parti
concordano per il fatto descritto nell'imputazione e chiedono poi al giudice di applicare (negozio
processuale).

Evidentemente è un rito non nelle corde del nostro sistema processuale, infatti è di derivazione
anglosassone che è un ordinamento dove non c’è obbligatorietà di azione penale, quindi ci può
essere una negoziazione a 360 gradi, da noi non funziona: difficoltà di armonizzarsi con il principio
di obbligatorietà dell’azione penale e con l’indisponibilità dell'oggetto del processo.
- Inoltre il rito sottende una trattativa sulla sentenza e sui suoi contenuti che evocano non solo un
accordo sulla pena, ma una ricostruzione negoziata della verità dei fatti.
- A differenza della versione anglo-americana la richiesta dell'impatto non è subordinata
all'ammissione di responsabilità, si introdurrebbe infatti una fattispecie di prova legale, in
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contrasto con il libero convincimento (il giudice deve essere libero di valutare, egli è soggetto solo
alla legge e non può essere vincolato ad una dichiarazione), si tratta semplicemente di una rinuncia
al diritto alla prova e al contraddittorio nella formazione della prova, perché la decisione si fonda
sugli atti di indagine.
- Gli effetti della richiesta dell'imputato si producono solo sul piano processuale, determinando
l'innesto del procedimento speciale, ma non si proiettano sul piano del merito, restando ininfluenti
in ordine alla questione sul dovere di punire.

Dati i profili di criticità, l'istituto era stato originariamente previsto per un numero ristretto di reati,
ossia quelli bagatellari, per i quali è applicabile in concreto una pena non superiore a due anni di
reclusione.
L’originaria disciplina è stata integrata con una legge del 2003, che ha esteso moltissimo l’ambito
del rito, per estendere gli effetti deflativi ed ha introdotto oltre al tradizionale il patteggiamento
allargato che però prevedeva un grande ridimensionamento dei benefici (guarda giù)
- Ha stesso iter processuale, ma differenze rispetto a presupposti di accesso ed effetti della sentenza
conclusiva.

Lo schema tradizionale era destinato all'accertamento di reati non gravi, che andavano a d un
massimo di due anni calcolati in concreto, mentre il modello allargato si applica invece ad
imputazioni più gravi, fino a cinque anni determinati in concreto
MA
Per evitare che la forma allargata potesse far tracimare gli istituti verso una negoziabilità della
sanzione criminale intollerabile per l’opinione pubblica, si sono previsti dei presupposti applicativi
stringenti. limiti oggettivi e soggettivi di accesso → art. 444 e 444.1-bis:
1. pena pecuniaria o detentiva che applicate le circostanze e la diminuzione fino ad un terzo
prevista per il rito non superi i cinque anni;
2. nel caso di patteggiamento allargato l’accesso al rito è negato quando si tratti di reati
particolarmente gravi (reati di stampo mafioso, pornografia minorile, violenza sessuale, atti
sessuali commessi con un minorenne),
3. nonché rispetto ad imputati dichiarati delinquenti professionali, abituali, per tendenza, pluri-
recidivi;
4. nei reati come peculato, concussione, corruzione nell’esercizio delle funzioni l'ammissibilità
della richiesta è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.

Ambito del patteggiamento: reati identificabili attraverso il riferimento alla sanzione in concreto
applicabile, pena pecuniaria, sanzioni sostitutive o pena detentiva non superiore a cinque anni
(anche congiunta con pena pecuniaria)
La pena si determina calcolando in concreto la pena, diminuendo sulla base di eventuali attenuanti e
sottraendo fino ad 1/3 → alla fine di questo processo al massimo si può arrivare a 5 anni
Sono così ammessi al patteggiamento reati punti i astratto con pene ben superiori ai cinque anni
(ossia pena base fino ad undici anni, rapina aggravata, omicidio).

Procedura
1. Accordo e presentazione della richiesta
- Presupposto essenziale è l'accordo: il patteggiamento si fonda sulla convergenza delle volontà di
imputato e p.m. in ordine ad un’ipotesi di condanna cui al giudice viene chiesto di aderire
- le parti possono presentare al giudice una richiesta congiunta di applicazione della pena o una
richiesta di parte corredata nel consenso scritto dell'altra: il giudice fissa con decreto l'udienza per la
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decisione
- la richiesta peraltro potrebbe anche provenire solo da una parte senza il preventivo coinvolgimento
dell'altra che quindi dovrà essere il giudice a sollecitare: il giudice con decreto fissa al termine
all’altra parte per manifestare il proprio consenso o dissenso, se presta in seguito il suo consenso
allora sarà fissata l'udienza
- Il consenso del p.m. non dev'essere motivato, ma il dissenso sì, perché con il suo veto il p.m.
impedisce all'imputato di usufruire di benefici sul piano sanzionatorio. La motivazione fa si che il
giudice posso controllarla, se cosi non fosse l'indipendenza del giudice di merito di fronte al p.m.
Ex. se il patteggiamento viene richiesto in sede di udienza preliminare e il p.m. dissente, l'imputato
potrà presentare richiesta al giudice del dibattimento, che qualora ritenga non sufficientemente
motivato il dissenso del p.m. può applicare la pena richiesta dall’imputato → diritto dell'imputato
all’accesso ai benefici sanzionatori.
- i termini: dato che si tratta di un giudizio deflattivo, può essere richiesto già nelle indagini
preliminari, e il termine ultimo per presentare la richiesta al giudice e nel caso del procedimento
ordinario la conclusione dell'udienza preliminare, mentre nel caso della citazione diretta, il decreto
di citazione contiene l'avviso che l'imputato può chiedere di patteggiare prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento
- requisito indispensabile è la volontarietà. Si tratta di atti negoziali dispositivi di diritti. Il giudice
può d'ufficio verificare la volontarietà, disponendo la comparizione personale dell'imputato. Un
vizio della volontà renderebbe invalida la dichiarazione e sarebbe un
motivo di inammissibilità del rito.
- l’istanza e il consenso sono atti personalissimi, quindi la volontà dell'imputato dev’essere espressa
personalmente o tramite procuratore speciale;
- la richiesta viene presentata in forma orale in udienza, scritta negli altri casi.
- Le parti preparano quello che si chiama un progetto di sentenza (le parti si sostituiscono al
giudice) che deve contenere il fatto contestato all’imputato così come compare nell'imputazione, la
qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione delle circostanze, il calcolo della riduzione premiale
fino ad un terzo, a seconda di come andrà la negoziazione con il p.m., e lo presentano al giudice.
- la parte nel formulare la richiesta di patteggiamento può subordinare l'efficacia alla concessione
della sospensione condizionale della pena
- Negoziazione è extra processuale: problema di legalità, si giostra un po a piacimento la situazione
ex si concedono circostanze attenuanti che non ci sono ecc..

2. Controllo del giudice:


- L’istanza vincola il giudice quando ai contenuti, perché questi può solo accoglierla o respingerla in
toto, mentre non può modificare i termini su cui le parti hanno raggiunto un accordo.
- Poteri del giudice: verifica sulla cornice giuridica e sulla sussistenza delle cause di non
punibilità.
- verificherà che vi sia il consenso della parte che la richiesta
- può verificare l'effettiva volontarietà della scelta dell'imputato
- controlla la correttezza dell'inquadramento formale del reato e del calcolo della pena: dovrà
verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto
- Il giudice può accertare anche il fatto o egli applica la pena senza l’accertamento della previa
responsabilità dell'imputato? Il codice nulla dice espressamente: il giudice deve verificare che non
ci siano i presupposti per applicare l’art. 129, ossia l'immediata declaratoria delle cause di non
punibilità. Se dagli atti emerge in modo manifesto una di queste cause, il giudice non applica la
pena prevista dalle parti, ma proscioglie → accertamento in fatto è verifica negativa, non positiva:
il giudice non verifica in positivo che l'imputato risulti colpevole, ma in negativo che non risulti
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innocente. Il giudice assolve quando emergano le cause di non punibilità, ma non vale la regola di
giudizio ex art. 27 C., cioè rispetto a quadri probatori insufficienti o contraddittori il giudice non
assolve. La giurisprudenza è giunta ad affermare che il patteggiamento non postula accertamento
sull'esistenza del fatto e sulla responsabilità dell'imputato. Il consenso si sostituisce
all’accertamento → tensione con principi costituzionali, presunzione di non colpevolezza, nulla
poena sine iudicio, indisponibilità della libertà personale, contrasti accentuati rispetto al
patteggiamento allargato
- il giudice valuta la congruità della pena richiesta.
- Se non ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta, il giudice la respinge, quand’anche
considerasse carente uno solo dei requisiti.
- trattandosi di un accertamento, ancorché sommario e incompleto, la motivazione deve esserci ma
molto semplificata
- inoltre se la richiesta era subordinata all'applicazione della sospensione condizionale della pena, se
il giudice ritenga che la sospensione non vada concessa deve respingere per intero l'istanza di
applicazione della pena
- l’imputato che sia visto respingere l’istanza può rinnovarla prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento. Se il giudice dibattimentale la ritiene fondata pronuncia immediatamente sentenza
di condanna a pena patteggiata, altrimenti la richiesta non è più rinnovabile dinanzi ad altro giudice.

3. La sentenza patteggiata
- L’accoglimento della richiesta di patteggiamento comporta la pronuncia di una sentenza di
condanna, che è una soluzione negativa per l'imputato da un punto di vista oggettivo, ma l'imputato
patteggia in base ad una valutazione strategica: lo fa nella misura in cui prevede che il rito ordinario
si concluderebbe comunque con una condanna però non diminuita

Ci si interroga sulla natura della sentenza: accerta la colpevolezza o no?


La condanna da un lato si fonda sul consenso dell'imputato e dunque sembrerebbe una verifica
blanda, dall’altro risulterebbe rischioso ammettere che una decisione di condanna si fondi
esclusivamente sulla richiesta dell’imputato.
1. Una prima impostazione giurisprudenziale esclude la sentenza di patteggiamento conterebbe
un vero e proprio accertamento della colpevolezza
- ti poni in questo senso il disposto “la sentenza è equiparata ad una pronuncia di condanna”,
poiché se il legislatore ha ritenuto necessario precisare la natura della decisione che applica la pena
patteggiata in base ad un'equiparazione alla condanna è palese che la considera come qualcosa di
diverso
- era anche dal fatto che la motivazione alla struttura semplificata che potrebbe limitarsi ad
enunciare di non aver riscontrato i presupposti per il proscioglimento → impedimento
all'impugnazione della sentenza.
- In ogni caso la motivazione è necessaria per assicurare il sindacato successivo.

2. Opinione contraria ritiene che il modello costituzionale di processo presupponga l’accertamento


della colpevolezza come condizione imprescindibile della condanna, anche se su criteri semplificati.
Nel caso di patteggiamento dev’essere effettuato un accertamento, benché allo stato degli atti →
motivazione vera e propria.

La disciplina delle impugnazione è volta ad evitare che vengano compromessi gli obiettivi di
economia processuale.

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- L’appello non è possibile, essendo il patteggiamento fondato su una rinuncia al dibattimento, salvo
che da parte del p.m. che era dissenziente.
- Si ritiene che una volta che le parti abbiano dato il loro consenso ad accedere al rito, queste
rinuncino all'impugnazione in Corte d’appello.
- Sino al 2017 si ammetteva ricorso in Cassazione per errori in punto di diritto, sulla scorta dell'art
111.7, tutti i provvedimenti che riguardano la libertà personale sono ricorribili per Cassazione →
la cassazione era ingolfata da ricorsi.
- Tuttavia era altamente incoerente permettere di censurare la sentenza patteggiata per vizi di
motivazione, in quanto l’assetto motivazionale è stringato e dà atto di una ricostruzione che le parti
per prime rinunciano a controvertere.
- Un’importante modifica legislativa del 2017 ha accolto i dubbi e i limiti che la giurisprudenza
aveva circa la ricorribilità per Cassazione → art. 448.2-bis, si restringono fino quasi ad escludere i
casi di ricorso avverso la sentenza di patteggiamento
→ Il p.m. e l'imputato possono proporre ricorso solo per motivi attinenti all'espressione della
volontà dell’imputato (non voleva davvero), difetto di correlazione tra richiesta e sentenza (giudice
applica pena non richiesta), erronea qualificazione giuridica del fatto, illegalità della pena o della
misura di sicurezza.
- Manca ad esempio il vizio di motivazione → antitesi al giusto processo, alle garanzie.

Benefici comuni ad entrambi i modelli (dunque anche per il patteggiamento allargato):


1. sconto della pena fino ad un terzo;
2. l'imputato può subordinare l'efficacia dell’accordo alla concessione della sospensione
condizionale della pena
3. esclusione di fatto delle ragioni del danneggiato dallo spettro della decisione, in quanto il
giudice non decide sulla domanda. Al danneggiato non resta che rivolgersi al giudice civile.
4. esclusione della efficacia extrapenale della sentenza nei giudizi civili ed amministrativi → il
giudice civile è libero di decidere diversamente, data la sommarietà dell’accertamento. Salva
l'efficacia nei giudizi disciplinari, ma profilo problematico per indebito vantaggio della p.a. nel
non dover dimostrare la responsabilità dell’imputato, mentre i cittadini debbono sobbarcarsi gli
oneri. (Cambiato dalla riforma: la sentenza di patteggiamento non fa stato in nessun giudizio
extrapenale)
5. non menzione della sentenza e certificato del casellario giudiziale richiesto dal privato

NB. (effetti del giudicato: ne bis in idem, efficacia extra penale)

Benefici del patteggiamento tradizionale:


1. ex art. 445.1, esclusione del pagamento delle spese del procedimento;
2. esclusione dell'applicazione di pene accessorie ad eccezione di quelle contemplate per alcuni
reati contro la p.a.
3. esclusione delle misure di sicurezza personali, sempre applicabile è la confisca obbligatoria e
facoltativa (cambiato dalla riforma)
4. estinzione del reato se nei termini previsti (5 o 2 anni, a seconda che si tratti di delitto o
contravvenzione) l'imputato non commette un reato della stessa indole (sospensione
condizionale).
5. La pena può essere condizionalmente sospesa

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I vantaggi sono notevolmente minori perchè nel tradizionale la sentenza tende sfociare in una
sentenza che non pesava essendo che erano escluse le misure di sicurezza personali, le pene
accessorie ed è possibile richiedere la sospensione condizionale della pena
→ nel patteggiamento allargato questi vantaggi non ci sono, quindi non erano cosi evidenti i
vantaggi, infatti non funziona

Altro profilo critico è che si rischia non essendo il patteggiamento obbligatorio, esso venga scelto
da quegli imputati più deboli e meno assistiti (ci sono addirittura difensori che applicano parcelle
diverse a seconda che si scelga o meno il patteggiamento).

Riforma cartabia cerca di rendere più appetibile il patteggiamento


- La sentenza non fa più stato i nessun procedimento extrapenale, nemmeno nei procedimenti
disciplinari nei processi amministrativi
- La difesa può concordare l’applicazioni delle nuove sanzioni sostitutive previste dalla forma
cartabia → deflazione carceraria oltre che giudiziaria (lavori pubblica utilità, detenzione
domiciliare, pena pecuniaria)
- anche la confisca è esclusa tra le misure di sicurezza

La sospensione del processo con messa alla prova


Meccanismo introdotto a seguito di progetti e studi durati da tempo, attraverso un insieme di norme
sostanziali e processuali nel 2014
- L’istituto ha una doppia natura: sostanziale, in quanto causa di estinzione del reato e processuale in
quanto rito speciale.
- Esso è previsto sulla falsariga del modello minorile, che si è rivelato essere un terreno di forte
innovazione e sperimentazione.
- Tale istituto si ispira ad istanze deflative e sfoltimento della popolazione carceraria.
- L’autorità statale rinuncia all’indefettibilità della pena in funzione di un recupero possibile del reo:
pendente il rito penale, viene elaborato un programma di attività a valenza risocializzante che
l'imputato si impegna a svolgere sotto la supervisione dei servizi sociali.
- Si afferma così il primato della valenza rieducativa su quella del meccanismo sanzionatorio →
crisi della funzione rieducativa, l’entrata negli istituti penitenziari è criminogena, dunque la pena va
irrogata solo quando strettamente necessario.
- A ciò si aggiunge l'economia processuale che questo iter comporta evitando i costi e il tempo di un
processo.
→ Per questo viene inquadrato nei riti speciali, accentuando il carattere di incidenza su una delle
fasi del procedimento.
- La portata rivoluzionaria sta nel fatto che l'intervento di risocializzazione, normalmente riservato
alla fase di esecuzione, in questo caso viene anticipato alla fase processuale: ciò sembra un vulnus
al principio di non colpevolezza, in quando si applica una strategia educativa a chi non è stato
ancora condannato in via definitiva, ma a ben vedere non manda del tutto un accertamento della
colpevolezza, ma si tratta in ogni caso di un accertamento provvisorio, meno approfondito ma
presente.
- Inoltre si può ritenere che la garanzia di non colpevolezza sia parzialmente disponibile se
bilanciata con altri benefici, come l'estinzione del reato.

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Presupposti:
• Limiti oggettivi, procedimenti riguardanti reati di gravità medio-bassa, reati puniti con la sola
pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola o congiunta e
si vieta la concessione per più di una volta;
• limiti soggettivi, si esclude l'applicazione dell'istituto ad imputati dichiarati delinquenti abituali,
professionali o per tendenza.
La richiesta verrà accolta solo quando il programma di trattamento sia reputato idoneo in base ai
parametri di cui all’art. 133 c.p. e quando il giudice ritiene che l'imputato si asterrà dal commettere
ulteriori reati.

Iter:
1. L'imputato presenta al giudice, oralmente o per iscritto la richiesta o tramite procuratore
speciale, di sospensione del procedimento, atto personalissimo, entro le conclusioni nell'udienza
preliminare, o nel caso di citazione a giudizio diretta, deve essere contenuta nel decreto
(deflazione, non si va al dibattimento).
2. La richiesta non può mai essere presentata dal pm, anzi non è neanche necessario il suo
consenso, tranne nel caso in cui la richiesta venga fatta nella fase dell'indagini preliminari:
L'indagato invio la richiesta al giudice che trasmette gli atti al pm che entro cinque giorni deve
esprimere il consenso o il dissenso (motivato)
3. Alla richiesta è allegato il programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’ufficio di
esecuzione penale esterna (servizi sociali, che operano e sostengono il reo e il detenuto nelle
misure alternative, che racchiude le prescrizioni di cui consta la prova): attività che l’imputato
si impegna a svolgere Deve necessariamente comportare la prestazione di un lavoro di pubblica
utilità, attività di volontariato, osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio
sociale, o prescrizioni relative alla dimora, la libertà di movimento, il divieto di frequentare
determinati locali.
4. Inoltre la messa alla prova indica la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, o se possibile il risarcimento del danno
⇒ Differenza rispetto alla pena tradizionale che comporta una passività, che implicano un'attività
propositiva del reo, volontaria finalizzata alla riparazione → giustizia riparativa.
5. La giurisprudenza ritiene che il giudice al fine di stabilire l'ammissibilità dell'istanza di messa
alla prova può anche modificare la qualificazione giuridica del fatto
6. Il giudice è tenuto a valutare il programma di trattamento, sia nella sua durata, che non può
superare i due anni per i reati puniti con pena detentiva e l’anno per quelli puniti con pena
pecuniaria, sia nella sua idoneità, sia alla luce della non recidività dell’imputato (si asterrà dal
commettere nuovi reati). Egli può intervenire modificandolo e integrandolo.
Al fine di decidere sulla concessione della messa alla prova, il giudice può condurre
un’indagine autonoma avvalendosi di p.g. e servizi sociali.
7. Ulteriore presupposto per l'ammissione è che il giudice non debba prosciogliere ex art. 129: se
da un lato la messa alla prova postula un imputato meritevole di intervento trattamentale e
dunque responsabile, dall’altro potrebbe fruire di esiti più favorevoli rispetto alla messa alla
prova. L'imputato pertanto ha diritto ad una decisione proscioglitiva immediata: l'accertamento
della responsabilità nella messa alla prova è svolto solo in negativo, non accertando la
colpevolezza ma verificando l’inesistenza di prove che attestino l’innocenza.
8. Se tali cause di proscioglimento mancano e sussistano tutti gli altri presupposti, il giudice è
tenuto ad assicurare un contradditorio tra le parti coinvolgendo anche la persona offesa.
9. Al termine di questa udienza, il giudice decide con ordinanza

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10. Contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione
l'imputato e il pubblico ministero
11. In caso di rigetto dell'istanza l'imputato richiedente alla possibilità di riproporla in giudizio
prima della riapertura del dibattimento
12. In caso di accoglimento il processo è sospeso e inizia la prova, ossia la realizzazione delle
misure volte a riparare le conseguenze del reato. L’attività processuale entra nella quiescenza e
il segmento di prova si svolge in sede amministrativa, affidato alla gestione e supervisione dei
servizi sociali, i quali sono tenuti relazionare periodicamente sull’andamento della prova. La
quiescenza processuale è interrotta solo dall'acquisizione di prove potenzialmente idonee a
determinare la chiusura immediata del processo.
13. L'ordinanza sospensiva è trasmessa all’ u.e.p.e. (L'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) Deve
prendere in carico l'imputato e supervisionare lo svolgimento del programma
14. Informa periodicamente il giudice dell'attività svolta del comportamento dell'imputato e, e
potrebbe accadere che si registrino rapidamente dei risultati positivi che quindi non debba
protrarsi per il periodo originariamente stabilito o al contrario sia prolungata
15. Il giudice fissa un termine assai più breve per l'adempimento degli obblighi di natura riparativa
o risarcitoria, in modo da assicurare in tempi più rapidi l’esecuzione degli obblighi di natura
satisfattiva a favore di vittima e danneggiato.
16. La prova potrebbe dimostrarsi irrimediabilmente fallimentare, e dover essere revocata: in
particolare si revoca in caso di grave o reiterata trasgressione al programma o alle prescrizioni
imposte; quando l'imputato rifiuti di prestare il lavoro di pubblica utilità; ove questi commetta
un nuovo delitto non colposo o reato della stessa indole.
17. Decorso il termine di sospensione, il giudice fissa l’udienza per la valutazione dell'andamento
della prova, acquisendo preventivamente la relazione conclusiva dei servizi sociali. L’esito della
prova è valutato in base a due parametri concorrenti: il complessivo comportamento
dell'imputato e il rispetto delle prescrizioni stabilite nel programma. Se la prova ha buon esito,
il giudice dichiara estinto il reato. In caso di esito negativo, il giudice dispone che il processo
riprenda il suo corso e cessa l’esecuzione degli obblighi prescritti.

Obblighi costitutivi il programma di trattamento. Due categorie di impegni dell’imputato:


• adempimenti di tipo riparativo-risarcitorio, destinati beneficiare le vittime dell'attività criminosa
→ le condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato
(indefettibile)
• prestazioni di rilievo sociale a vantaggio della collettività → lavoro di pubblica utilità
(indefettibile).
Inizialmente l'istituto è stato letto come una cripto-condanna, ossia una condanna che prescinde da
un accertamento.
- La Corte costituzionale con l'importante sentenza del 2018 ha negato che il programma di
trattamento abbia una natura sanzionatoria: si ritiene, infatti che il programma di trattamento non
costituisce “una sanzione penale eseguibile come tale coattivamente, ma dà luogo a un’attività
rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale liberamente può
farla cessare con l’unica conseguenza che il processo riprende il suo corso”.

Riforma cartabia
Giustizia riparativa: non risarcimento monetario, ma va altre alla riparazione materiale
Il valore sta nella volontarietà di riconciliazione, risponde ad esigenze della vittima

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Le impugnazioni
L’impugnazione È un rimedio attivabile dalla parte per rimuovere un provvedimento giurisdizionale
sfavorevole che considera errato
- il compito di rimuovere l'errore è affidato al giudice di grado superiore nei confronti del quale si fa
impugnazione
Le impugnazioni si distinguono in:
• Ordinarie: contro decisioni non ancora irrevocabili, quindi prevengono la formazione del
giudicato (appello e ricorso per cassazione)
• Straordinarie: contro decisioni già irrevocabili, quindi mirano a rimuovere il giudicato (revisione,
ricorso per cassazione per errore materiale o di fatto, rescissione del giudicato)

Corte d’Appello:
Giudizio di merito verte sulla situazione giuridica in cui risiede l'oggetto del processo, quindi il
giudice decide sulla fondatezza dell'imputazione
- È un mezzo di impugnazione libero, non ci sono dei motivi tassativamente elencati
- il giudice d'appello può risolvere la questione di merito confermando riformando la decisione
appellata, o in alternativa disporre la regressione del processo quando rilevi una causa di
annullamento
- la cognizione del giudice d’appello è limitata dai punti addotti da chi impugna
- per questioni di economia processuale l'accertamento in appello e prevalentemente cartolare, si
fonda sui verbali delle prove acquisite in primo grado, infatti le parti possono direttamente adire la
corte di cassazione

Corte di cassazione
Giudizio di legittimità verte sul rispetto delle condizioni che assicurano la regolarità del processo e,
sull'applicazione della
- È un mezzo di impugnazione esperibile per i soli vizi di legittimità tassativamente elencati dalla
legge
- il problema di distinzione tra legittimità emerito è sempre un punto di discussione: forte l'idea che
la cassazione non possa sostituire i propri criteri valutativi a quelli presenti nella decisione
impugnata Pena il rischio di trasformarsi in un giudice del fatto → è una pretesa eccessiva
- Dal punto di vista funzionale la cassazione presenta ambiguità e risolte: oscilla tra il modello della
corte suprema a cui spetta il compito di fornire l'interpretazione della norma più fedeli alla volontà
legislativa (funzione nomofilattica), il modello della corte di terza istanza che risolve un caso
concreto
- funzione nomofilattica solo tendenziale: il precedente non è vincolante

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Esecuzione
Trova la sua disciplina nel libro X È il codice: è quella fase procedimentale finalizzata all'attuazione
dei dispositivi contenuti nelle decisioni finali divenute definitive
- l'esecuzione muove dall'esistenza di un titolo esecutivo: una decisione di un giudice penale passata
in giudicato acquisendo il crisma dell'irrevocabilità
- il pubblico ministero ha il dovere di iniziare la cosiddetta azione esecutiva che consiste
nell'emissione dell'ordine di esecuzione (il contenuto varia a seconda della tipologia di pena da
irrogare

Ci concentriamo su l'ordine di esecuzione delle pene detentive: ordine di carcerazione art. 65


- potrebbe essere oggetto di contestazione da parte dell’interessato (ex. Quando il pm commette
degli errori sul cumulo delle condanne)

Irrevocabilità della decisione penale:


Le situazioni in cui le decisioni finali diventano in revocabili, integrando il giudicato “formale”
sono individuate dall'articolo 648: distingue a seconda che si tratti di una sentenza pronunciata in
giudizio od un decreto penale di condanna, ed inoltre che sia una decisione impugnabile oppure no
1. Sentenze pronunciate in giudizio e non impugnabili ab origine: ex. sentenze pronunciate dalla
corte di cassazione quando annulla la decisione impugnata e decide essa stessa nel merito
2. Sentenze pronunciate in giudizio in rapporto a cui il termine per proporre l'impugnazione è
decorso
3. Diventano in revocabili decreti penali di condanna in rapporto a cui è decorso il termine per
proporre l’opposizione

Al giudicato formale si affianca il giudicato “sostanziale” e si identifica con gli effetti che nascono
dalle decisioni divenuti irrevocabili e che si concretizzano in una serie di vincoli
Ne bis in idem: (processuale) la persona già giudicata non può essere di nuovo sottoposta a
procedimento penale per il medesimo fatto neppure se questo viene diversamente considerato per il
titolo, per il grado per le circostanze; (sostanziale) Mira ad impedire che il medesimo fatto possa
essere inquadrato sotto più titoli di reato nella misura in cui questi ultimi si trova in una situazione
di concorso non effettivo ma solo apparente (chi è punito per peculato non potrà essere punito per
furto)
Cosa si intende per medesimo fatto: è necessario distinguere tra nuovo e diverso
- Diverso: il mutamento concerne gli elementi secondari
- Nuovo: il fatto subisce una variazione in merito elementi essenziali
→ Con il medesimo fatto è da ritenersi semplicemente il fatto diverso, mentre non è il medesimo
quando è nuovo
Ex. Reato complesso: reato che ha in sé due o più fatti che da solo integrerebbero il reato, come la
rapina → la decisione irrevocabile sul reato complesso impedirebbe un nuovo giudizio sui singoli
reati che lo integrano, ma non è vero il contrario

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