di Filippo Amelotti
Ampio e dettagliato riassunto del classico volume di D'addio che affronta la
politica da un punto di vista storico, analizzando il pensero degli studiosi
(filosofi, statisti...)che dalla Grecia classica in poi hanno espresso la loro critica
visione della società, delle leggi, delle varie forme di governo che si sono
succedute nei secoli. Viene data un'attenta lettura di Socrate, Platone,
Cicerone, S. Agostino, S. Tommaso, Machiavelli, Bodin, Spinoza, Hobbes,
Vico, Kant, Hegel, Toqueville, Marx, Engels e di tanti altri autori che hanno fatto
la storia delle dottrine politiche.
2. La polis omerica
La polis omerica ha una struttura aristocratico-gentilizia, è basata su un rigido patriarcalismo che esclude la
massa del popolo da ogni forma di tutela giuridica, da ogni diritto politico, tranne quello di partecipare
all’assemblea. Con la prima riforma della costituzione aristocratico-gentilizia fu estesa la garanzia delle
leggi anche a chi non apparteneva al gruppo gentilizio con la redazione delle leggi scritte. La legge cessò di
essere monopolio del ghenos e divenne atto pubblico della polis che garantiva tutti i membri della comunità.
Leggi e la giustizia furono sottratte al ghenos e divennero di esclusiva competenza della polis. I reati persero
il carattere sacrale e furono considerati sulla base delle leggi. Si afferma così il principio e il valore del
nomos cioè della legge fatta dal legislatore della polis, di contro alle themistes, le leggi dettate dagli dei. Le
nuove esigenze militari impongono la formazione di un esercito che sia costituito non solo da cavalieri
(aristocrazia) ma anche da fanti dotati di armatura provenienti da altre classi, il cui reddito consente di
acquistare armi. I diritti politici vengono riconosciuti a coloro che fanno parte dell’esercito: tale riforma da
vita al cosiddetto stato politico.
Alla fine del Vi secolo due comunità rappresentano il modello ai quali si ispireranno i legislatori ed i teorici
politici dei secoli seguenti: Sparta ed Atene. La prima rimane fedele agli ideali dell’antica costituzione
aristocratico-gentilizia fondata sul rispetto delle tradizioni patrie, sull’ideale dedicata in tutto e per tutto alla
polis; assume le caratteristiche di un ghenos: la polis comprende 2 gruppi etnici: gli spartiati e gli iloti, che
erano stati assoggettati e vengono mantenuti in stato di servitù della gleba. Lo spartiate deve essere educato
e vivere per la polis. Con una rigida disciplina si crea un guerriero capace di sacrificare la propria vita per la
polis. Nulla è concesso alla vita privata dello spartiate: non deve preoccuparsi del suo sostentamento perché
gli iloti lavorano per lui; la sua quota di proprietà gli viene assegnata dalla comunità; non può svolgere
attività artigianali o commerciali; anche se ha una famiglia deve passare la maggior parte del tempo con i
suoi commilitoni. Sino a 60 anni ha l’obbligo del servizio militare e pasti in comune.
Il potere sovrano spettava all’assemblea (apella) alla quale partecipavano tutti i cittadini che facevano parte
dell’esercito. Essa eleggeva i magistrati e prendeva le decisioni più importanti. Il comando dell’esercito era
affidato ai re ch dovevano provenire da famiglie aristocratiche mentre il governo era tenuto dal consiglio
degli anziani, la Gherusìa, eletto dall’apella tra i cittadini che avevano terminato il servizio militare con più
di 60 anni. Poiché l’assemblea si riuniva una volta al mese, la normale azione di governo era affidata a 5
efori che dovevano sorvegliare i magistrati compreso il re che potevano essere arrestati e processati su
giudizio degli efori. Queste le linee essenziali della costituzione spartana attribuite a Licurgo.
4. Riforme di Solone
Le riforme di Solone avevano sancito garanzie per le ultime due classi, gli zeugiti e i teti, ma non avevano
intaccato la sostanza del potere dei gruppi gentilizi che volevano monopolizzare il governo della città: le
tensioni e i conflitti sociali continuarono a caratterizzare la vita politica di Atene. Il tentativo di dare una
soluzione a queste lotte fu rappresentato dalla tirannide. Il tiranno assume il significato di capo di un partito
e di una grande famiglia aristocratica che conquistava il potere a seguito di una rivolta promossa e sostenuta
dalle classi meno abbienti. La politica dei tiranni fu caratterizzata da provvedimenti per migliorare le
condizioni delle classi più umili. Pisistrato promosse una profonda trasformazione sociale all’interno della
polis. Esaurito il loro programma i tiranni scomparvero dalla scena politica greca e furono sostituiti dalle
aristocrazie.
Le riforme di Solone furono la premessa per l’istituzione della democrazia. Fu introdotta ad Atene con le
riforme di Clistene: fu spezzata dal punto di vista politico la struttura gentilizia della società ateniese
ponendo al posto del ghenos, il demos, cioè la minima ripartizione territoriale in cui venne suddiviso il
territorio. Sul demos fu organizzato l’ordinamento politico con una rigorosa applicazione dl sistema
decimale. La popolazione ateniese fu divisa in 10 tribù che costituivano una ripartizione di carattere
amministrativo, comprendenti ciascuna 10 demi. Il territorio fu diviso in 3 parti: la città, la costa e l’interno
e ciascuna parte in 10 distretti che furono attribuiti per sorteggio alle tribù. Il consiglio, Bulé fu costituito da
500 membri, 50 per ciascuna tribù, e suddiviso in 10 sezioni, ognuna delle quali costituiva a turno il
governo, per una decima parte dell’anno. L’esercito fu diviso in 10 reggimenti, una per ogni tribù.
Questo sistema garantiva la partecipazione di tutti i cittadini all’amministrazione della cosa pubblica. Tutti i
poteri furono concentrati nell’assemblea generale, Ecclesìa, cui competevano le relazione esterne, il potere
legislativo, potere giudiziario, controllo del potere esecutivo. Questo sistema viene nominato più che
democrazia, isonomia, uguaglianza dinnanzi alla legge e isigora, uguaglianza nella libertà di parola.
La discussione sulla giustizia acquista ormai un preciso contenuto politico con riferimento alla politica
intesa come scienza, in senso cioè che il concetto di giustizia non è più ricercato nella prospettiva
dell’individuo singolo ma in quella della comunità politica, dello stato.
La forma di governo si corrompe e si trasforma quando viene assolutizzato il principio che ne costituisce il
fondamento cioè quando diventa unico oggetto dei desideri degli uomini lo scopo che essa si prefigge: la
libertà. La libertà diventa principio che legittima ogni forma di arbitrio e che a poco a poco determina una
forma di latente anarchia. La crisi della democrazia coinvolge l’intera società in quanto provocata dal
dominio che il concupiscibile esercita sulle altre due facoltà, in particolare sulla razionalità.
La repubblica si conclude con un richiamo al problema religioso: ala sopravvivenza dell’anima; al giudizio
cui tutti gli uomini saranno sottoposti dopo la morte; alla metempsicosi, alla continua reincarnazione delle
anime fin chè non riescono a purificarsi; alla scelta che ogni anima fa della sua futura vita. La libertà
dell’individuo è affermata sul piano religioso: la vita che viviamo è il risultato di una libera scelta della
nostra anima.
l’elemento che distingue le forme buone di governo da quelle degenerate è la legge unita al consenso,
mentre in quelle degenerate il potere è imposto con la forza
la democrazia se degenera può sfociare in anarchia.
Platone dice che l’arte regia, purchè esercitata da un re-filosofo cioè da un uomo che sia pervenuto al grado
supremo della virtù e della sapienza, alla visione dell’idea del sommo bene, può sostituirsi alle leggi e può
assumere provvedimenti che violano le leggi stesse. L’arte regia legittima un governo senza leggi
La costituzione migliore è quella in cui ogni cittadino possa meglio provvedere alla sua prosperità materiale
e alla sua felicità.
L’ordinamento politico della città deve essere informato che tra gli eguali ci deve essere compartecipazione
dei diritti e dei beni tranne il caso in cui ci sia qualcuno che emerge per virtù e capacità pratica alla cui
volontà è giusto obbedire.
Se la felicità è inscindibile dalla virtù, la potenza e il dominio non sono il fine della polis ma devono essere
dei mezzi per assicurare la difesa della polis. La guerra deve essere combattuta avendo sempre di mira la
pace.
Il comando è legittimo solo se esercitato nei confronti di quelli che la natura destina ad obbedire. Estendere
il potere al di la dei limiti fissati dalla gerarchia naturale è un atto di sopraffazione.
Il metodo cui si serve per analizzare i diversi tipi di costituzione è confermato nel libro V della politica
dedicato allo studio delle cause delle tensioni e dei conflitti sociali che sboccano nella trasformazione
violenta delle costituzioni. Il presupposto di fondo è che l’ordine deve essere considerato come il fine ultimo
della politica in quanto scienza dei mezzi più idonei a conservare il potere. Tutti i tipi di costituzione si
equivalgono in quanto garantiscono una certa misura di ordine e stabilità politica.
Si tratta di rendersi conto delle cause che determinano la trasformazione di una costituzione per individuare
le massime per conservarla. Le tensioni, i conflitti e le trasformazioni violente appartengono alla patologia
della polis.
Stasis = sedizione, ribellione, rivolta
Metabolè = mutamento cambiamento, trasformazione della costituzione
I conflitti sociali e politici sono determinati dall’ineguaglianza e dal desiderio di attuare l’eguaglianza.
Possono essere finalizzati alla deposizione dei governanti per sostituirli con coloro che hanno promosso la
rivolta o cambiare del tutto la costituzione.
I fattori che provocano l’insorgere della rivolta sono 3:
1. morale-ideologico, le condizioni che giustificano l’insurrezione
2. lo scopo che si intende conseguire
3. le occasioni che consentono di iniziare la rivolta
Le trasformazioni della politica e della democrazia sono provocate dalla mancata osservanza del diritto
Nelle democrazie occorre impedire che il cittadino acquisti una potenza tale da mettere in pericolo la stessa
costituzione. Sono necessarie norme che consentano all’assemblea di allontanare dalla polis coloro che
possono assumere per la loro autorità, l’iniziativa di una modifica radicale della costituzione.
Polibio dice che si possono studiare degli accorgimenti per rendere la costituzione più duratura possibile per
garantirne la stabilità. Occorre predisporre un limite al potere e cioè un altro potere che lo freni, che gli
impedisca di diventare assoluto e mutarsi nella forma di governo imperfetto. Per garantire la stabilità, le
costituzioni perfette devono limitarsi a controllarsi a vicenda: la migliore forma di governo deve essere
riconosciuta nella costituzione mista, che riesce a comporre in un armonico sistema i principi delle 3
costituzioni perfette: monarchia, aristocrazia e democrazia.
(Questa costituzione fu realizzata per la prima volta da Licurgo)
a Roma il principio monarchico è rappresentato dal potere dei consoli che hanno il potere esecutivo
comprendente il comando della forza militare e il governo della repubblica; il senato rappresenta il principio
aristocratico essendo formato dai capi dei gruppi gentilizi con un incarico a vita: la sua competenza si
riferisce al potere amministrativo, cioè al controllo elle entrate e delle uscite, alla politica estera, alla
soluzione delle controversie che possono nascere nell’ambito delle relazioni con altri stati. Il potere
giudiziario e legislativo sono attribuiti ai comizi, cioè al popolo che fa così valere il principio democratico.
In tal modo la costituzione romana è formata da organi che si controllano a vicenda bilanciandosi l’uno con
l’altro, realizzando quella costituzione che era nei voti di Aristotele.
Il vincolo che unisce gli uomini delle due città è l’amore: amor sui e amor Dei. L’amore è il principio
dinamico della volontà, ciò che spinge a volere. L’amore è un’energia che tende a conseguire una serie di
beni secondo un determinato ordine. L’amore di se stesso esprime un proprio ordine che si realizza nella
città terrena. Amare se stessi significa conseguire tutti i beni terreni che possono darci piena soddisfazione,
in modo che il nostro animo non sia più turbato e rattristato. La soddisfazione è lo stato di pace con se
stesso. È il desiderio di pace che spinge l’uomo ad uscire da se stesso e stabilire rapporti sociali con gli altri.
Iul desiderio della pace è una caratteristica della natura dell’uomo. La pace è la ragion d’essere della società
umana.
Il fine della politica è di conseguire e mantenere la pace: la repubblica, l’autorità, il potere, le istituzioni, le
leggi debbono essere predisposte in vista della pace. Per avere la pace gli uomini devono avere desideri e
comportamenti che siano in essa corrispondenti. La pace si riflette nella società degli uomini, nella famiglia
e nello stato.
Ci sono 2 paci: della città celeste e della città terrena. La prima è eterna perché ha il suo fondamento in Dio,
la seconda è insidiata dalle passioni sempre mutevoli degli uomini, è incerta, provvisoria e può essere
infranta dagli odi e dalla lotte.
La pace è l’unione dell’ordine. L’ordine è la disposizione che assegna ogni cosa al suo posto. Questa
disposizione ritrova la sua fonte e legittimità in Dio, nella sua legge, la legge eterna ch corrisponde alla
ragione e alla volontà di Dio e comanda di conservare l’ordine naturale. Questa legge è costitutiva della
coscienza dell’uomo e le consente di percepire i principi primi dei comportamenti umani cioè le evidenze
morali che sono comuni a tutti gli uomini e che formano la legge naturale.
il potere si esercita sulle creature razionali, il dominio su quelle irrazionali. Il potere rispetta i diritti dei suoi
sottoposti, il dominio asservisce in tutto e per tutto le persone ai fini di chi lo esercita.
Corrispondenza tra l’oggetto dell’amore e l’ordine della società politica: questo muta col mutare di quello.
Quanto più l’oggetto dell’amore corrisponde alla virtù tanto più l’ordine politico sarà stabile e lo stato sarà
in grado di garantire la sicurezza.
Le tradizionali virtù terrene: temperanza, prudenza, fortezza, saggezza, anche se non illuminate dalla fede,
se perseguite con costanza possono far sussistere un ordine terreno e quindi un ordinamento politico ben
costituito.
Se l’oggetto dell’amore non è consono alla virtù perché si vogliono soddisfare i desideri dettati dalla
passioni si inizia un processo di disarticolazione dell’unità degli intenti, entra in crisi la concordia tra i
consociati e le divisioni degenerano in contrapposizioni. Così il popolo non sarà più in grado di
autogovernarsi, le scelte de magistrate sono dettate dalla corruzione di quanti aspirano al potere. Diviene
necessario che il governo venga assunto su iniziativa di una persona dotata di virtù e autorità o da una
ristretta aristocrazia o da uno solo.
La città di Dio vive come pellegrina nel mondo ma si serve della pace terrena come di un bene che
appartiene all’ordine della creazione divina ed è impegnata a promuoverla ed a mantenerla.
Il precetto fondamentale della legge eterna è che sia conservato l’ordine naturale, vale a dire, per quanto
riguarda la città terrena che sia conseguita e conservata la pace: la guerra è il rimedio estremo con cui lo
stato assicura e difende la pace terrena contro le insidie e le violenze dei malvagi. La guerra giusta deve
essere sempre finalizzata alla pace e deve essere intrapresa solo per la difesa.
Per la legge di natura l’uomo è in grado di distinguere il bene dal male. Sancisce i diritti della personalità
dell’uomo, il diritto alla conservazione della vita, alla formazione della famiglia, educazione dei figli e
vivere nella società.
La legge umana si distingue in diritto delle genti e diritto civile. Entrambe derivano dal diritto naturale ma il
primo riguarda la convivenza degli uomini in generale ed è ricavato soprattutto dal diritto naturale, mentre il
secondo comprende le disposizioni che si rendono necessarie per la vita comune nell’ambito della società
politica e dipendono da particolari esigenze dei singoli stati. La legge umana è caratterizzata dalla
mutabilità, per essere corrispondente a particolari problemi che si presentano di volta in volta nella società.
È caratterizzata anche dalla generalità in quanto deve rivolgersi a determinate categorie di persone, avendo
sempre di mira il bene comune.
La legge umana è necessaria perché gli uomini non si adeguano spontaneamente ai precetti della ragione.
Può essere facilmente distolto a causa delle passioni e dei vizi. La legge umana ha la funzione di costringere
l’uomo a seguire le norme.
Tommaso si pone il problema di indicare la forma di governo che consenta di far valere nei confronti dei
governanti precisi limiti giuridici, affinché il potere non violi la legge, non diventi oppressivo
trasformandosi in tirannide. Tiranno non è solo chi governa anteponendo il suo interesse a quello generale
ma anche chi ha conquistato il potere con la violenza. La tirannide è il trionfo della passione sulla ragione.
La rivolta nei confronti del tiranno più che un diritto è un fatto. L’oppressione diventa talmente intollerabile
che determina una reazione da parte dei sudditi. Ma questo fatto è comunque un episodio gravissimo per il
turbamento che arreca all’ordine e alla pace nella società. In base a quale principio usare la forza contro chi
detiene il potere? Questo problema può essere risolto solo se il diritto di resistenza al tiranno viene
sottoposto ad una procedura giuridico-costituzionale, se cioè viene trasformato in un legittimo intervento
degli organismi che rappresentano la società. La forma di governo che assolve questa esigenza è la
costituzione mista, fondata sull’armonico contemperamento della monarchia, dell’aristocrazia e della
democrazia che assicura l’unità di comando, la partecipazione dei migliori al governo e l’elezione dei
La legge trova la sua causa efficiente nella volontà del legislatore umano che la definisce secondo le
esigenze dello stato.
La libertà consiste nel non essere costretti a sottostare al comando altrui. Il cittadini sarà libero quando dovrà
obbedire al comando di una legge la cui approvazione ha partecipato. Il comando della legge non è
l’espressione di un’autorità che sovrasta tutto e tutti ma si riduce al comando che i cittadini rivolgono a se
stessi.
Fonda la giuridicità della legge su due presupposti: che venga obbedita dalla maggioranza dei cittadini e che
sia munita di una sanzione che obbliga all’obbedienza. La forza fa valere il comando contenuto nella norma.
La forza deriva dalla coesione di tutte le parti che costituiscono la comunità politica.
La forza si esprime come istituzione nel governo che è il principio attivo del movimento di tutto il corpo
politico. La forza, il potere, il governo sono principi e istituzioni temporali, umani che trovano la loro
giustificazione solo in questa dimensione e non in coloro che si definiscono sul piano soprannaturale della
religione.
L’organizzazione politica della città è predeterminata dalle leggi e il potere è esercitato nell’ambito delle
leggi.
Macchiavelli è deciso assertore della costituzione mista a modello di quella romana, fondata sulla
compartecipazione al potere politico del principe dell’aristocrazia (ottimati) e del popolo.
I principati vengono distinti in ereditari e nuovi. I principati nuovi possono essere conquistati con le armi
proprie o altrui, con la fortuna o con la virtù.
I veri problemi politici nascono con i principati nuovi perché si tratta di procedere ad una accurata analisi
che tenga conto di tutti gli elementi della situazione e delle diverse reazioni che la politica del nuovo
principe suscita nei sudditi.
Ogni atto politico con cui si modifica una precedente situazione per conquistare o mantenere il potere ne
determina una nuova nel senso che offre diverse possibilità di scelta e consente di optare per l’una o per
l’altra azione politica. L’azione politica è necessitata dalla situazione in cui si trova chi opera, e necessitante
in quanto crea una nuova situazione che ritorna sull’uomo politico, costringendolo ad agire, cioè ad
adoperare delle scelte: una volta attuate queste scelte il politico diventa prigioniero degli avvenimenti
politici che lui stesso ha determinato.
Gli stati partecipano alla stessa natura degli uomini: tendono, per conservarsi a estendere il loro dominio.
La sovranità è definita come il potere assoluto che non riconosce al di sopra di sé alcun altro potere se non
quello di dio. L’assolutezza significa che la sovranità trova in se stessa le ragioni della sua determinazione e
che non risponde a nessuna di queste ragioni tranne che a Dio. La sovranità che non riconosce sopra di sé
alcun potere se non quello di Dio non è altro che la forza che attua il comando formulato dal diritto.
Stato, potere sovrano, forza in Bodin si identificano. La forza è tale perché esprime in se stessa il principio
che la limita per cui non sconfina nella violenza, nell’arbitrio, nella licenza. Il diritto è la regola con cui la
forza deve autodisciplinarsi per determinare l’ordine che consente a una pluralità di individui di coesistere in
una armonica unità, lo stato.
Lo stato ha un’origine storica in quanto si fonda sul processo di depurazione della violenza sino a che non si
Il principio della indivisibilità della sovranità non consente di accogliere la concezione dello stato misto
teorizzata da Polibio. Non ha alcuna possibilità di attuazione in quanto la sovranità non può che appartenere
o a una persona (monarchia) o ai pochi (aristocrazia) o al popolo (democrazia). Lo stato sussiste solo se
viene assicurata l’unità della decisone e del comando. Il conflitto di attuare uno stato misto determinerebbe
un conflitto inevitabile tra i diversi centri di potere che degenererebbe in guerra civile per decidere con le
armi a chi deve appartenere la sovranità.
Il principio della costituzione mista può essere attuata solo nell’attività di governo e riguarda i criteri cui
deve essere informata: si riferisce alla ratio gubernandi e non allo status civitatis.
Il monarca deve occuparsi delle questioni che attengono all’esistenza dello stato. Non può parteggiare per
nessuno, partito o confessione religiosa perché lo stato è al di sopra di ogni confessione. Bodin come
Macchiavelli dice che la religione è il fondamento dello stato. Il monarca deve mantenere incorrotta la
religione ed evitare che l’unità di fede e culto venga spezzata dalla pluralità delle confessioni.
La superstizione non equivale ala religione. Raccomanda al monarca di evitare sia la prima che l’ateismo.
Le confessioni nate dalla riforma sono le cause delle lotte che minacciano di distruggere il regno di Francia.
Il Cattolicesimo è invece l’ispirazione religiosa che ha ispirato il processo di unificazione della Francia
intorno alla monarchia e quest’ultima deve difenderlo. L’unità religiosa può essere ricostituita dal monarca
solo tramite una sincera professione della vera religione tramandata dalla tradizione del suo regno. Con la
forza dell’esempio porterà i suoi sudditi all’unità e alla pace religiosa.
Occorre mantenere distinte le questioni spirituali da quelle temporali, che devono essere attribuite
all’esclusivo giudizio dello stato. Stato e chiesa sono due nomi che indicano lo stesso corpo politico, la
stessa istituzione sovrana, stato costituito da uomini, chiesa costituita da cristiani, cosicchè tra l’uomo
cittadino e il cristiano non ci può essere nessuna opposizione in quanto la distinzione è formale.
Non riconosce la legittimità della resistenza attiva nei confronti del potere tirannico. Il suddito non può
contrastare con la forza il tiranno ingiusto in quanto la sua azione avrebbe come conseguenza la fine dello
stato.
Per Spinoza utile e ragione coincidono.
Il potere dello stato sovrano è l’unificazione dei poteri dei singoli individui.
La democrazia è al forma di governo che più delle altre rappresenta l’essenza della società politica in quanto
realizza la coincidenza dell’utile di chi detiene il potere con l’utile della collettività.
La libertà di pensiero deve essere connessa alla libertà religiosa. Se la religione è autonoma, se il sommo
bene è l’amore intellettuale di Dio.
La chiesa dipende dallo stato perché essa esiste nell’ambito della società politica e la sua azione è possibile
solo se la legge statale la riconosce. La religione è importante ai fini della salvezza del vincolo sociale,
dell’armonia e della disciplina, dato che in essa si esprimono i valori e i sentimenti che ispirano i
comportamenti della maggioranza. È la religione che ispira l’etica civile su cui si fonda l’ordine politico.
Lo stato si fonda sul’autonomia della ragione e il suo fine ultimo è la libertà di pensiero e religiosa, che è la
caratteristica indispensabile affinchè lo stato possa essere autonomo e indipendente, possa porsi come
autorità sovrana nei confronti dei singoli e delle confessioni religiose. Lo stato trova così la sua
legittimazione e non ha più bisogno di ricorrere al diritto divino per giustificare il suo potere di fronte ai
sudditi.
La società naturale si attua spontaneamente allorchè ciascun individuo svolge la sua attività per procacciarsi
i beni che gli sono necessari e perciò stabilisce con i suoi simili dei rapporti di collaborazione. Il lavoro
produttivo è la ragion d’essere della società di natura. La tutela della libertà, della proprietà privata e
dell’indipendenza è affidata al singolo il quale se assalito ha il diritto di respingere l’offensore infliggendogli
la pena: l’individuo diventa giudice e parte in causa il che è un inconveniente perché non può garantire la
giustizia obiettiva che è il principio fondamentale della legge di natura.
61. Vico 1668 – 1744: I metodi degli studi del nostro tempo
Scrive I metodi degli studi del nostro tempo in cui la politica come scienza e arte di governo è riferita alla
prudenza, all’accortezza con la quale cerchiamo di renderci conto della particolarità degli eventi e ci
sforziamo di individuare i principi e le regole che si adattano a un determinato fatto. La prudenza e la
saggezza politica consiste nella capacità di saper valutare le situazioni in quel che hanno di peculiare onde
saper usare i mezzi adeguati ad esse. Ma le situazioni non sono altro che il risultato dell’attività umana
determinata dall’arbitrio dell’uomo e caratterizzate dall’incertezza e dal presentarsi con caratteristiche
sempre differenti ed essere sempre nuove.
La scienza della natura tende a una conoscenza unitaria che si esprime mediante un principio che ci consente
di spiegare la realtà mentre la politica cerca di conoscere le cose per individuare le possibili cause di esse e
scegliere poi la più probabile.
Va riconosciuto un valore positivo non solo al principio razionale della mente ma anche alle passioni che
dominano il campo del concreto agire umano e della politica: passioni che devono essere comprese e
indirizzate verso i fini che la mente definisce sul piano del vero. Il che è possibile colo con l’eloquenza che
sa commuovere e entusiasmare gli animi.
L’autorità come certificazione del vero è connessa al fare dell’uomo, come principio costitutivo della sua
umanità e personalità. L’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio: Dio è sapienza, volontà e potenza.
Anche l’uomo è sapienza, volontà e potenza ma a motivo della sua originaria corruzione queste tre facoltà
divergono tra loro nel senso che la volontà pretende di dominare la ragione. Da questa pretesa si genera la
cupidigia da cui scaturisce l’amore di se stessi. La cupidigia è eccitata dalle cose finite e corporee di cui
sentiamo la mancanza, che si compongono agli uomini tramite i sensi. I sensi che sono stati dati all’uomo
per la difesa della vita, vengono assunti come arbitri in grado di giudicare il vero delle cose. La ragione
sottomessa ai sensi non può conoscere il vero. La corruzione dell’uomo significa il dominio della volontà
che dovrebbe essere suddita alla ragione. La stoltezza dell’uomo consiste nella sapienza dei sensi che è la
causa dell’ignoranza del vero da cui scaturisce l’infelicità dell’uomo.
L’uomo è costituito da mente e corpo: la prima è spirituale, la seconda è finita e materiale.
Le tre facoltà dell’uomo, la ragione, volontà e potenza, sono connesse tra loro nel senso che in ognuna di
esse sussistono le altre. Una di esse può attuarsi solo se realizza le altre due. Le tre facoltà si esprimono nel
fare dell’uomo: come dominio, in quanto diritto di usare le cose secondo ragione; come tutela in quanto
diritto di difendere la nostra vita e di provvedervi; come libertà in quanto diritto di determinare le nostre
azioni. L’autorità è costituita dal dominio, tutela e libertà.
Il primo modo in cui si manifesta l’autorità è la forza cioè l’energia con cui l’uomo si realizza come unità
sussistente. La forza è l’inalienabile diritto dell’uomo alla vita e come dominio delle cose necessarie alla sua
vita, come tutela alla sua vita, come libertà contro ogni forma di asservimento. La forza non è un dato fisico
ma si genera nell’interiorità dell’uomo che sola può disciplinare e indirizzare il movimento del corpo.
L’uomo si distingue dagli animali e dai bruti in quanto si muove e non subisce con passività gli impulsi che
riceve dall’esterno.
Distinzione tra forza e violenza: la forza è l’energia umana con cui si fa valere la ragione, la giustizia, il
diritto; La violenza promana dal predominio della volontà sulla ragione, dalla cupidigia, dal dominio dei
Nella prima parte l’analisi viene finalizzata al problema della libertà politica che è definita con riferimento
alla sfera di autonomia e indipendenza di cui può godere l’individuo. La libertà coincide con le leggi
positive nel senso che il diritto delimita la sfera di azione dell’individuo nella società. La libertà è il diritto di
fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che le leggi proibiscono non sarebbe più
libero perché tutti gli altri avrebbero anch’essi lo stesso potere. Noi siamo liberi perché viviamo sotto leggi
civili.
La libertà deve essere riferita alla sfera patrimoniale che diventa la pietra angolare sulla quale si basano tutti
i rapporti della società civile. Acquistano importanza le leggi che disciplinano la sfera patrimoniale. Devono
consentire a ogni individuo di accedere alla proprietà. La proprietà appartiene alla sfera del diritto civile e
quindi non può essere regolata dal diritto politico. Nessuno può essere privato dei suoi beni sulla base della
legge politica.
La libertà implica anche la sicurezza dei cittadini, assicurati dalle leggi con cui vengono tutelati i beni
personali fondamentali: la vita, l’onore, il patrimonio.
La natura del potere sovrano deve essere distinta dal principio di ciascuna delle tre costituzioni. I principi
sono: la virtù: come amore della patria per il governo repubblicano democratico o come etica della
moderazione di quello aristocratico; l’onore per il governo monarchico come rifiuto di compiere alcun atto
che possa ledere la dignità, l’indipendenza; la paura per il governo dispotico.
La monarchia è la forma di governo basata sulle leggi fondamentali che riflettono una società gerarchizzata
e articolata e strutturata in una molteplicità di ordini. I poteri intermedi costituiscono la natura del governo
monarchico. Lo stato è più saldo, la costituzione più incrollabile, la persona dei governanti più sicura. La
monarchia è caratterizzata dall’esistenza dei corpi intermedi che si pongono tra i cittadini e chi detiene il
potere impedendo a quest’ultimo di raggiungere il cittadino dove il comando deve essere mediato da una
molteplicità di istituzioni che garantiscono all’individuo la libertà. Tra i poteri intermedi il più importante è
la nobiltà formata dall’aristocrazia di sangue e dall’aristocrazia minore cui apparteneva la nobiltà minore.
La politica si propone fini che possono essere conseguiti con la coordinazione di una molteplicità di
provvedimenti e azioni i cui risultati impegnano più generazioni. La vita degli stati e dei popoli deve
svolgersi in una unità.
La politica non è fatta dagli individui ma dalle istituzioni cioè dagli individui connessi agli interessi generali
e permanenti di una determinata collettività che sono in grado di esprimere le caratteristiche peculiari di un
popolo. Gli interessi dello stato possono essere garantiti solo salvaguardando i principi informatori delle
leggi fondamentali. Ma perché ciò sia possibile occorre che ci sia nello stato un deposito delle leggi che le
conservi e le faccia valere. Questa funzione non può essere assolta da un monarca perché è un individuo e
quindi una volontà mutevole che può diventare arbitraria. Deve essere assolta da un potere intermedio, la
magistratura.
Affinché il poter non esca dalla sfera che gli è propria deve essere mantenuto nei limiti da u altro potere che
gli si contrapponga.
La forma di governo che offre maggior libertà è la monarchia moderata, temperata dalle leggi fondamentali.
La sovranità deve essere distinta in 3 poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario. Questi poteri sono tali in
quanto sono attribuiti a tre distinti ordini sociali. Possono controllarsi a vicenda contrapponendosi a chi tenti
di sopraffare l’altro.
Il dispotismo si attua quando nello stesso organo si concentra il potere di fare le leggi, eseguirle e giudicare.
Nello stato costituzionale alla monarchia viene attribuito il potere esecutivo, all’aristocrazia e al popolo
quello legislativo, all’aristocrazia di toga il giudiziario. Il potere legislativo deve essere organizzato in due
camere sul modello inglese: la prima rappresenta il popolo, la seconda l’aristocrazia.
Montesquieu sostiene la monarchia costituzionale.
La religione è un freno per il potere politico alla sua tendenza di diventare assoluto. Il Cristianesimo ha
ispirato i principi del diritto pubblico europeo dal quale trae fondamento la monarchia costituzionale.
Un territorio ristretto favorisce la costituzione repubblicana, un territorio medio quella monarchica
costituzionale, uno vasto quello dispotico.
La costituzione politica, il sistema delle leggi positive che v corrisponde e i principi delle forme di governo
sono il risultato di un lungo processo storico.
La contrapposizione tra l’uomo come è nella natura e la società civile quale risulta dal progresso è
approfondita nel “discorso sull’origine della ineguaglianza. Vuole individuare le cause in cui l’uomo
originariamente libero e felice perviene ad una situazione opposta. L’uomo vero e autentico era quello dello
stato di natura quando non c’erta la società civile. Nello stato di natura l’uomo è libero ed uguale, è
sollecitato dall’istinto e dai bisogni e conduce una vita semplice e tranquilla. Al contrario di Hobbes, per
Rousseau l’uomo primitivo è pacifico. La natura umana si esprime nell’amor di se stesso che è temperato da
un altro sentimento: la pietà che l’uomo avverte nei confronti dei suoi simili. La civiltà tende ad attenuare il
sentimento fondamentale dell’uomo perché la ragione dissolve la compassione. La ragione educa il
sentimento contrapposto all’amor di se stesso, l’amor proprio per cui l’uomo diventa individuo cioè si
chiude in se stesso e riporta tutto a se stesso cercando l’esaltazione di sé per primeggiare sugli altri.
La scoperta delle arti, la lavorazione della pietra, ferro, bronzo, l’agricoltura, consentono all’uomo di
formare associazioni naturali: la famiglia, la tribù, il villaggio, in cui si esprime la socialità primitiva
dell’uomo. Si pongono le prime differenze tra gli uomini connesse alle attività che si svolgono in quelle
prime società naturali. Queste disuguaglianze vengono istituzionalizzate e riconosciute con l’istituzione
della proprietà privata che è il moltiplicatore delle ineguaglianze e la loro legittimazione. La ineguaglianza
genera nella convivenza umana le passioni e la primitiva etica comunitaria si corrompe. Il contrasto tra
ricchi e poveri determina uno stato di guerra permanente di tutti contro tutti. Questa situazione indusse i
ricchi che vedevano in pericolo i loro patrimoni a proporre una nuova forma di associazione che garantisse
la pace per tutti e i beni di tutti con la costituzione di un potere supremo che imponesse a tutti il rispetto di
comuni norme di convivenza. È questa l’origine della società politica fondata su un contratto sociale
proposta dall’intelligenza dei ricchi che raggirarono i più deboli. Il progresso delle società politiche ha
rafforzato sempre più il predominio dei pochi sui molti.
Il contratto sociale fa di una moltitudine di individui una unità, un corpo politico, lo stato. L’unione degli
associati forma il popolo. Gli associati sono cittadini in quanto partecipi dell’autorità sovrana o sudditi in
quanto sottoposti alle leggi dello stato.
Il sovrano è il corpo politico nella sua unità e la sovranità appartiene all’attività di questo corpo. La
sovranità è inalienabile e indivisibile, è la volontà generale in atto che , in quanto principio dell’unità del
corpo politico, non può essere concessa e delegata dal popolo ad alcun individuo.
Se il contratto sociale fonda lo stato, le leggi lo fanno agire. La legislazione deve essere informata ai due
principi dell’uguaglianza e la libertà. Lo stato è un ente morale che deve trasformare l’uomo da essere
naturale a essere morale. Lo stato deve liberare l’uomo dagli impulsi della sua natura che tendono a farne un
assoluto cioè un essere che riporta tutta la realtà che lo circonda a se stesso.
Distingue 4 tipi di leggi:
1. le politiche che definiscono i rapporti tra corpo politico e stato
2. le leggi civili che trattano i rapporti tra i singoli e tra i singoli e lo stato
3. le leggi penali che fissano le sanzioni per chi disubbidisce alle leggi
Il governo è il corpo intermedio posto tra i sudditi e lo stato, incaricato dell’esecuzione delle leggi e il
mantenimento della libertà politica e civile. Le forme di governo sono 3: monarchia, aristocrazia e
democrazia. Rousseau è critico della monarchia, riconosce gli aspetti positivi dell’aristocrazia elettiva e
giudica pessimo il governo fondato sull’aristocrazia ereditaria.
La politica deve essere ricondotta nell’ambito delle considerazioni che si basano sull’esperienza empirica
dei fatti sociali. Non è fondata su principi eterni e immutabili. Questa ragione, il principio di giustizia e i
diritti che ne derivano non hanno valore intrinseco: la loro giustificazione ha un puro valore strumentale, si
riduce a una ideologia in quanto servono a giustificare determinate posizioni politiche. Il rapporto tra storia e
politica: la prima ci fa scoprire i principi costanti della natura umana mostrandoci gli uomini in tutte le
circostanze e fornendoci materiale da cui sia possibile ricavare le osservazioni e informarci sulle sorgenti
dell’azione e del comportamento umano. C’è una natura umana che permane identica nella storia il che ci
consente di confrontare fra le diverse e esperienze politiche per individuare gli avvenimenti e i fati ricorrenti
cioè le uniformità sociali che sono i presupposti per poter individuare i principi su cui si fondano le società
politiche e le regole che tendono a seguire. La storia è un gabinetto di sperimentazione così lo studioso della
politica può fissare i principi della sua scienza.
La giustizia è il principio sul quale si organizza la società politica. È giusto ciò che è socialmente utile.
L’idea dell’utile è anche il principio della morale individuale e civile in quanto è connessa alla capacità di
autocontrollo, di disciplina degli stimoli e desideri. La conservazione di una parte dei beni disponibili alla
loro stabile destinazione, alla produzione dei beni futuri è il fatto su cui si fonda la proprietà privata che non
si legittima su un originario diritto di natura ma sull’utilità individuale e sociale.
Le relazioni tra gli uomini finalizzate alla loro reciproca collaborazione sono possibili solo se vengono
fissate le regole che garantiscono la proprietà privata.
La giustizia ha come scopo la tutela della proprietà privata dato che senza di essa la società permarrebbe
nello stato di miseria e indigenza che caratterizza le società primitive. Il secondo scopo è garantire le
promesse e gli accordi senza la cui osservanza non è possibile di nuovo alcuna forma di collaborazione
sociale in vista dell’incremento dei beni necessari agli individui.
Dice che è irrealizzabile l’idea di una società egualitaria e comunistica: anche se si rendessero eguali le
proprietà e si livellassero le condizioni sociali, i gradi diversi di arte, attività e sollecitudine spiegati dagli
uomini tornerebbero immediatamente a rompere tale uguaglianza.
L’opinione di diritto al potere, di diritto alla proprietà insieme al diritto d’interesse sono il fondamento
dell’autorità che i pochi esercitano sui molti.
Il governo, la costituzione, il sistema delle leggi di diritto positivo sono il risultato delle esperienze di molte
generazioni. Le innovazioni radicali sono pericolose perché spezzano la continuità delle generazioni che è la
vera struttura portante di ogni ordinamento politico.
Una volta affermata l’esigenza della continuità della tradizione e l’importanza di conservare ciò che
garantisce tale continuità si tratta di individuare la dinamica della società, di ciò che promuove il suo
sviluppo. La dinamica della società è ricondotta allo sviluppo della razionalità. La ragione inizia a
manifestarsi con le prime forme di attività empirica che sottraggono l’uomo dal dominio delle passioni,
l’immaginazione e la superstizione: l’invenzione delle arti e i primi tentativi di un pensiero scientifico
diffondono i lumi della ragione. Il progresso delle scienze e delle arti è la premessa al diffondersi della
civiltà e per la trasformazione dei governi da assoluti e dispotici a costituzionali e liberali. Le facoltà
razionali sono connesse agli stati psicologici per cui l’uomo può sentirsi e dichiararsi felice: la felicità
richiede che nell’uomo si compongano armonicamente l’azione, il piacere e l’indolenza. Le arti impegnano
l’uomo nell’azione. Dalle arti l’uomo può ricavare i beni il cui uso gli procura piacere. Il lavoro fa nascere
l’esigenza del riposo.
Il progresso promosso dall’attività economica diventa fautore di libertà politica.
L’organizzazione produttiva di cui Smith studia le leggi si fonda sulla manifattura e industria. Le categorie
economiche con le quali possiamo individuare le leggi che governano il sistema produttivo sono date da 3
fattori di produzione: il lavoro, il capitale e la terra.
Il capitale è formato dai beni che sono sottratti al consumo e che sono destinati alla produzione di altri beni.
È distinto in capitale variabile e capitale fisso: il primo è quello impiegato nelle operazioni commerciali per
l’acquisto di merci che vengono poi vendute. Il secondo viene immobilizzato nel miglioramento della terra,
acquisto di macchinari e strumenti. La funzione del capitale è di predisporre i mezzi necessari alla
produzione e di organizzare la produzione.
La produzione annuale è ripartita tra i 3 fattori mediante le rispettive remunerazioni: il salario per il lavoro,
il profitto per il capitale e la rendita per la terra. I tre fattori di produzione indicano anche i tre grandi ordini
naturali su cui si fonda la società, cioè le tre classi: i lavoratori, i proprietari di capitali, i proprietari di terra.
Lo status sociale di un individuo è definito sulla base del ruolo svolto nell’organizzazione produttiva del
lavoro.
Il prezzo è la traduzione in termini monetari del valore della merce. Il prezzo indica la quantità di lavoro
necessaria per produrre una determinata merce.
L’autorità è la fonte legittima di comandi che vengono obbediti grazie al rapporto di subordinazione che si
istituisce tra i destinatari e l’autorità. La società naturale rispetto a quella artificiale esprime da se stessa in
modo spontaneo le preminenze che regolano il comportamento degli individui. Il potere invece si rifonda
sull’organizzazione burocratica della società artificiale e trova la sua legittimazione in una delle 3 forme di
autorità.
La causa delle circostanze che determinano le forme di superiorità risiede in primis nella proprietà. La
proprietà è la pietra angolare della società naturale e quindi di quella artificiale.
Ogni individuo deve essere riconosciuto libero di esplicare la sua attività al fine di migliorare la sua
condizione purchè non arrechi danno agli altri. La giustizia è il principio secondo cui l’attività dei singoli
coesistono e si armonizzano tra loro per attuare i propri fini nella società.
La società è un vero sistema in cui le attività dei singoli individui tendono a collegarsi spontaneamente tra
loro realizzando uno stato di equilibrio che corrisponde alla migliore utilizzazione delle risorse, alla
maggiore produzione di ricchezza e alla sua migliore e più giusta distribuzione.
Smith parla di una mano invisibile che guida l’individuo a realizzare il comportamento economico volto al
conseguimento del suo interesse privato.
Sulla base del principio della libera concorrenza devono essere abolite tutte le leggi che impediscono o
limitano le attività del lavoro produttivo.
Smith sostiene la liberalizzazione del commercio internazionale in quanto la ricchezza di uno stato dipende
anche da quella degli altri.
Il campo della politica è l’individuazione degli interessi permanenti della comunità e lo studio dei mezzi più
idonei a garantirli.
Gli interessi permanenti ella comunità devono essere mantenuti e distinti da quelli temporanei per i quali si
richiedono provvedimenti singoli che non hanno alcun rapporto tra di loro e che rientrano nell’ambito della
buona amministrazione. Per i primi invece occorre fissare e mantenere una precisa condotta politica per il
conseguimento di un unico fine.
Il sistema federale e la sua costituzione hanno come fine ultimo il governo della ragione che deve essere
garantito contro all’insorgere e al prevaricare delle passioni e degli interessi di parte che possono attenuare o
anche travolgere il buon senso del popolo che potrebbe reclamare provvedimenti contrari ai suoi interessi e a
quelli della comunità.
La democrazia repubblicana espressa nella costituzione federale deve essere concepita in modo da realizzare
un regime politico che non solo si basi sui fondamentali principi di libertà ma che ripartisca e riequilibri i
poteri in modo che nessuno di essi possa varcare i limiti costituzionali.
Riconoscono che il potere più forte è i legislativo, interprete tramite la camera dei rappresentanti delle
istanze e richieste delle masse popolari. Gli organi deliberati devono essere costituiti da un numero ristretto
di membri qualificati. Tanto più grande sarà l’assemblea, tanto maggiore sarà l’ascendente della passione
sulla ragione.
La politica deve essere unita a uno studio attento della natura umana e del ruolo che le passioni hanno nel
comportamento degli uomini. Non bisogna illudersi che il regime repubblicano solleciti un tale impegno
etico-civile da parte del popolo da spegnere qualsiasi spirito di parte o da far tacere la voce degli interessi
particolari impedendo il formarsi di fazioni: è la libertà che favorisce la diversità degli interessi e delle
Non si tratta più di considerare la democrazia come un regime politico in cui acquista un valore
preponderante il principio dell’uguaglianza, della partecipazione diretta dei cittadini al legislativo, del
controllo esercitato dagli stessi sul governo. Una democrazia, un governo repubblicano presuppongono uno
stato con un territorio molto limitato. La nuova democrazia americana che opera su un vasto territorio deve
essere fondata su una sistematica articolazione dei diversi centri di potere che consentono l’attuazione del
principio della sovranità popolare. Sia il governo nazionale-federale che quello dei singoli stati come le
amministrazioni locali debbono fondarsi sull’elezione popolare. Dal presidente degli Stati Uniti sino al
sindaco sel più sperduto villaggio, tutti devono ricevere il loro potere dalla volontà dei loro cittadini. La
democrazia ha il suo vero fondamento nello spirito di autonomia, di indipendenza, di libera iniziativa che si
attua nel sistema delle ampie autonomie locali.
L’ordinamento federale consente di formare un governo nazionale stabile e forte e di limitarlo e controllarlo
mediante il governo dei singoli stati che a loro volta sono sindacati dalle rispettive amministrazioni locali.
Il Federalista sottolinea l’importanza dell’esecutivo ai fini dell’unità e stabilità dell’Unione. I poteri del
presidente sono amplissimi ma devono essere esercitati nell’ambito della costituzione e delle leggi. Il
legislativo mantiene sotto un continuo controllo l’esecutivo. Il legislativo tende ad estendere la sua influenza
e a concentrare in sé la sostanza degli altri 2 poteri: ecco perché il legislativo deve essere contenuto e frenato
dall’indipendenza e dall’autonomia dell’esecutivo e del giudiziario.
Una delle preoccupazione degli autori del federalista è di evitare lo strapotere dell’assemblea legislativa. La
volontà popolare in quanto sovrana trova nel legislativo la sua diretta espressione: essa quindi tende a farne
il centro di tutte le decisioni e in tal modo il principio della divisione e distinzione dei poteri è svuotato di
contenuto. Occorre contenere la tendenza della democrazia a radicalizzarsi per rendere il sistema
costituzionale stabile. A tal fine il legislativo è strutturato in due diverse assemblee con caratteristiche
diverse: la Camera dei rappresentanti e il Senato. L’una rappresenta il popolo americano nella sua unità,
l’altro i singoli stati su un piano di parità. I loro membri sono scelti con procedure elettorali diverse. Grazie
al bicameralismo il legislativo si mantiene nei limiti prefissati dalla costituzione assicurando il corretto
funzionamento del sistema.
Un altro impedimento a che il legislativo invada a sfera degli altri due poteri sono le norme che prevedono
una particolare procedura per la modifica della costituzione: si sancisce così il principio che l’attività
legislativa deve svolgersi nell’ambito dei limiti fissati dalla costituzione: il ricorso alla Corte Suprema cui è
affidato il giudizio di costituzionalità delle leggi rende operante questa essenziale tutela.
I conflitti politici devono essere considerati in una prospettiva storico-politica in grado di intendere i rapporti
sussistenti tra i veri attori della situazione politica da comprenderne la interna dinamica e il suo esito finale.
La prevalenza che la corona fa valere nei confronti del parlamento porta ad una commistione di due attività
che nel sistema costituzionale devono rimanere distinte: l’attività politica e quella amministrativa. La
politica e l’amministrazione non possono rifluire l’una nell’altra in occasione della formulazione del
programma di governo e della formulazione della maggioranza che tale programma sostiene. L’intervento
della corona nella politica inglese e la tutela che esercitava sul parlamento aveva avuto come conseguenza la
riduzione dei problemi politici a semplici problemi amministrativi: si era così perduto il senso dell’insieme,
della visione unitaria.
La distinzione tra politica e amministrazione si fonda sul fatto che la prima deve individuare i fini della
collettività e i mezzi adeguati per conseguirli mentre la seconda s riferisce alla realizzazione dei fni indicati
mediante i mezzi decisi in sede politica. La politica seguita dalla corona si fondava su un empirismo che non
riusciva a concepire una visione sistematica degli interessi in gioco. La politica inglese può essere
paragonata ad un mosaico le cui tessere sono tutte sconnesse.
I partiti non devono più essere considerati alla stregua delle fazioni, che perseguono fini in contrasto con il
bene della collettività, ma come associazioni di individui che hanno una comune concezione politica e che
sulla base di questa concezione propongono una serie di provvedimenti tra loro coordinati al fine di
realizzare i principi che derivano dalle loro convinzioni.
Grazie al dibattito di idee sollecitato dai partiti, si esprimono nel parlamento degli orientamenti politici ce
devono trovare riscontro negli elettori che esprimono a loro volta un proprio orientamento politico.
L’opinione pubblica è insieme ai partiti una componente essenziale del sistema costituzionale britannico che
fa del parlamento un vero organo rappresentativo dell’intera nazione.
Uno stato privo di ogni possibilità di mutamento non ha neanche modo di conservarsi.
La tradizione deve essere considerata alla luce della dialettica conservazione-innovazione per cui conservare
significa innovare e innovare significa conservare. Perché al società sussista nella sua unità reale bisogna
conservare ciò che fonda la società nella sua individuale fisionomia storica, ciò che fa sussistere la società
nella sua unità reale cioè come stato, mentre bisogna mutare tutto ciò che sulla base dell’esperienza ha dato
risultati negativi. Bisogna combinare con un sapiente dosaggio il vecchio e il nuovo.
La nuova classe politica crede che sia possibile governare il paese con leggi che dovrebbero essere obbedite
per la loro razionalità. Ma il rapporto tra chi comanda e chi obbedisce non si fonda sulla mera ragione. Il
potere si fonda sulla forza che trova la sua disciplina in ideali, valori, principi che appartengono alla sfera
dei nostri più nobili sentimenti. Essi si esprimono nella società con forme efficaci solo se si basano sulla
tradizione.
Il poter che si basa sulla nuda ragione finisce con l’identificarsi con la verità della ragione sicura di se stessa
e pretende di agire in nome di questa verità che non ammette errori e reclama una totale adesione ai suoi
precetti ponendo le premesse per un nuovo assolutismo.
Il potere si manifesta prima come dominio della ricchezza : la nuova classe politica di tipo oligarchico che
ha distrutto gli ideali e i valori che delimitavano il potere e ne temperavano l’uso può perseguire i suoi
interessi solo con l’uso della forza. Ma essendo stata vanificata la forza politica che si fonda sull’opinione
convalidata da una lunga tradizione, rimane solo quella militare. L’armata francese è una forza autonoma
sulla quale il governo esercita un controllo nominale. L’esercito è l’unico padrone della Francia e quando
troverà un generale che sulla base dei suoi successi riscuoterà la fiducia dell’intera armata, quel generale
sarà il padrone della Francia.
La legge morale è il fondamento dell’agire pratico, ciò che lo rende intellegibile come un tutto coerente e
sistematico e funge da premessa delle considerazioni che attengono al comportamento dell’individuo volto a
conseguire la felicità. Distingue il bene morale dalla felicità e il primo deve avere l’assoluto primato sulla
seconda. La felicità è il godimento durevole delle vere gioie della vita.
Quello che dobbiamo fare per conseguire la felicità ci viene indicato solo dalla personale esperienza e non
può essere determinato a priori.
I precetti di prudenza che sono finalizzati al conseguimento della felicità sono ricavati dall’esperienza ed
hanno un valore di regola generale ma non di principi universali e quindi consentono eccezioni.
I precetti si riferiscono al comportamento degli individui volti al conseguimento della felicità, ai costumi
intesi come maniera e modo di vivere. La metafisica dei costumi è quella disciplina che, sulla base dei
principi della legge morale studia i rapporti che intercorrono tra la morale e il diritto in quanto regola le
azioni esterne degli individui. La distinzione tra la morale e il diritto si fionda sul principio che la prima si
riferisce alla determinazione interiore mentre il secondo riguarda la disciplina dell’azione esterna. Nella
legge sussistono due elementi: il primo è l’obbligo in quanto si presenta come dovere, il secondo è l’impulso
che determina l’individuo a compiere il dovere. Quando l’impulso si identifica con il dovere ci troviamo di
fronte alla legge morale, quando scaturisce da un principio diverso dal dovere abbiamo una legge giuridica.
Alla morale e il diritto corrispondono la volontà e il libero arbitrio. La volontà è la determinazione che si
riferisce al principio che regola l’azione, mentre l’arbitrio alla possibilità di attuare l’azione. La volontà è
libera in quanto si adegua al principio secondo cui deve determinarsi. La volontà dinnanzi alla legge morale
non ha possibilità di scelta: deve seguire la legge morale. L’arbitrio invece può essere detto libero in quanto
si riferisce alla possibilità di compiere o non compiere l’azione ad opera delle vere e proprie scelte.
L’arbitrio è la facoltà che corrisponde alla legislazione esterna, al diritto, e deve essere considerato libero.
Il diritto si riferisce alle azioni esterne degli individui e tra gli stessi individui e consente la coesistenza di
più individui. Il diritto è l’insieme delle condizioni per mezzo delle quali l’arbitrio di uno può accordarsi con
l’arbitrio di un altro secondo una legge universale di libertà.
Lo stato oltre alla libertà del singolo deve garantire l’uguaglianza: tutti sono sottoposti al comando delle
leggi, tutti sono sudditi dello stato e nessuno può imporre niente agli altri se non tramite le leggi.
Tutti i cittadini hanno il diritto di conseguire la posizione sociale che corrisponde alla propria capacità, al
proprio lavoro, senza che quella venga riservata ad alcune categorie sociali.
L’aristocrazia non può più vantare alcun esclusivo diritto agli incarichi più importanti dello stato. Deve
invece concorrere con altre classi sociali, in particolare la borghesia, per quanto riguarda gli uffici e le
attività pubbliche. In vista di questo fine occorre predisporre una politica di radicale riforma della grande
proprietà feudale ed ecclesiastica che sancisce privilegi politici dell’aristocrazia e dell’ordine ecclesiastico.
Questi provvedimenti sono legittimi in quanto o stato, espressione della volontà generale è la fonte del
diritto di proprietà privata dei singoli cittadini. Allo stato appartiene tutto il territorio sul quale esercita la sua
sovranità. Tale relazione non deve essere concepita come se avessimo un governo dispotico, ma come
premessa indispensabile perché i singoli possano avere un dominio esclusivo di una parte limitata del
territorio dello stato.
Kant aderisce agli ideali di rinnovamento culturale e politico della rivoluzione francese. Nonostante tutti gli
errori e dolori che sono connessi con avvenimenti del genere, la rivoluzione ha suscitato nei popoli
entusiasmo e fiducia nella possibilità del progresso dell’umanità. Ma il principio sul quale si fonda la
rivoluzione, il diritto di resistenza attiva al governo non può essere accolto in uno stato di diritto. Il popolo
non può ergersi a giudice del suo sovrano né può usare forza contro di lui in quanto automaticamente
distruggerebbe l’autorità sovrana e riporta la società civile alla società di natura e si annulla come popolo
cioè come entità fondata sul diritto.
Le riforme possono essere promosse solo dal sovrano. Può essere ammessa una sola forma di resistenza,
quella che può esercitarsi nei confronti del potere esecutivo e non contro quello legislativo
L’uomo è costretto dalla natura a entrare in società con i suoi simili sotto la spinta dei bisogni più elementari
e urgenti, per una esigenza di difesa e tutela della vita e nello stesso tempo è proprio la società che sviluppa
nell’uomo l’inclinazione all’antagonismo col favorire della passioni, desideri, sentimenti che
contrappongono gli uomini tra loro. Se non ci fossero le contrapposizioni tra gli uomini non sarebbero state
possibili le conquiste della ragione e dell’ingegno umani.
Il progresso si realizza con un meccanismo per cui l’uomo è tenuto a freno dai suoi stessi impulsi, passioni
che creano le situazioni che costringono l’uomo a fondare la società civile.
Esamina l’impotenza dell’impero e la sua incapacità di attirare una valida politica di difesa dell’unità della
nazione germanica. Rileva l’inesistenza di un vincolo che unisca le singole parti della confederazione
germanica allo stato considerato come Intero. l’Intero non è la somma delle parti che lo costituiscono ma è
ciò che risulta dalla loro reale unità e quindi ciò che fa sussistere le parti nella loro specifica funzione, che le
armonizza in modo che la loro attività pervenga a un risultato unitario. Il compito della filosofia è indicare
come deve essere pensato l’intero per comprendere la sua articolazione in una molteplicità di parti che si
organizzano in un tutto sistematico. L’intero quando si riferisce alla politica si esprime come eticità, come la
totalità dei principi, dei valori sui quali si fonda il comportamento degli individui nella comunità. Lo stato è
un organismo compiuto, una unità-totalità che ha nell’etica il suo vero centro unificatore.
La realtà dell’individuo come vivente unità di particolare e universale può essere compresa con il concetto
di eticità: questa si identifica con il popolo. L’individuo considerato come Io è una vuota attrazione così
come sono del tutto attratti i diritti naturali che costituirebbero la sua vera essenza. L’individuo invece esiste
nel popolo cioè in una totalità etica. Il popolo è una individualità e come tale esprime il suo proprio
Con questa negazione si manifesta il male e la volontà esteriore dell’individuo viene ricondotta alla sua
interiorità, alla volontà soggettiva cioè alla volontà morale.
La moralità è la sfera propria delle azioni che vengono indirizzate al conseguimento del bene. Ma la
moralità è anche la consapevolezza dell’assoluta libertà della propria interiorità cioè della capacità che ha il
soggetto di giudicare ciò che è bene e ciò che è male.
L’eticità esprime la sfera del dovere che contiene in sé le due precedenti sfere: quella del diritto e quella
della moralità.
Ogni individuo ha un ruolo sociale e ciascuno stato sociale esprime una propria forma di eticità cioè una
serie di convinzioni, principi e ideali che lo caratterizzano.
Gli stati sociali sono la vera struttura portante della società civile.
Alla società civile appartiene non solo la dichiarazione del diritto privato in quanto legge ma anche
l’applicazione della stessa legge cioè l’amministrazione della giustizia che deve garantire all’individuo
libertà civile e interessi. Occorre riconoscere alla società civile anche un potere di vigilanza e tutela per
armonizzare i diversi interessi dei produttori e dei consumatori.
L’organizzazione della società civile trova il suo compimento nella corporazione cui fanno capo i ceti
sociali. La corporazione rappresenta il momento etico della società civile. Essa interpreta e fa valere i valori,
le superiori regole che disciplinano l’agire pratico degli individui volti al soddisfacimento dei propri bisogni
ed a procurarsi la ricchezza armonizzandolo con quello degli altri.
La società civile ha la funzione di portare gli istinti, i bisogni, i sentimenti degli individui dal livello della
rozza immediatezza naturale a quello della razionalità, conferendo così alle esigenze degli individui la forma
della universalità. Si esprime in tal modo nella sfera della società civile la civiltà che è intesa da Hegel come
la liberazione e il lavoro della superiore liberazione che nel soggetto è il duro lavoro contro la mera
differenza tra distinzione e divisione dei poteri: la prima implica la sussistenza di un armonico rapporto tra i
poteri in quanto si riconoscono come derivanti da un unico principio, l’unità e la sovranità dello stato
rappresentata dal monarca; la seconda sottolinea la reciproca limitazione che tende a degenerare nella
contrapposizione dei poteri e che termina con la supremazia del legislativo o dell’esecutivo per instaurare un
potere assoluto.
Il monarca ha il potere di nominare i membri del governo e le alte cariche dello stato.
L’esecuzione delle decisioni del monarca fa capo al potere governativo che è costituito dalla pubblica
amministrazione nel cui ambito è compresa anche l’amministrazione della giustizia. Il compito della
pubblica amministrazione è di far valere l’interesse generale dello stato.
Il potere governativo ha il compito di fungere da tramite tra la società civile e lo stato e di garantire il
perseguimento dell’interesse generale nel rispetto dell’interesse dei singoli.
Il potere legislativo è costituito dal monarca a cui appartiene la decisione suprema; dal potere governativo;
dalle assemblee degli stati alle quali appartiene l’iniziativa delle proposte di legge.
La legge deve essere espressione della volontà degli organi fondamentali dello stato.
Non può essere ammessa la partecipazione dell’individuo singolo al governo dello stato.
La rappresentanza politica non deve essere fondata sul rapporto diretto tra popolo e rappresentanti ma deve
essere mediata dal sistema degli stati sociali cioè delle corporazioni.
Il sistema elettorale che si informa ai principi liberali e democratici non garantisce che la rappresentanza sia
costituita da elementi competenti dei problemi che debbono affrontare e risolvere, mentre la rappresentanza
organica quale viene selezionata dai ceti e dalle corporazioni risulta composta da persone che hanno avuto
una lunga pratica degli affari pubblici. La rappresentanza organica esprime una classe politica o di governo
che è perfettamente in grado di far valere l’ideale della razionalità dello stato, unica vera garanzia di libertà.
L’assemblea legislativa che deve essere divisa in due camere per garantire un ponderato esame dei
provvedimenti è una deputazione dei ceti,. Delle corporazioni, delle comunità minori che scelgono nel loro
seno i rappresentanti alla stessa assemblea.
Le relazioni tra gli stati sono regolate dal diritto internazionale che è costituito dalle norme fissate dagli
accordi o patti tra gli stati e debbono essere rispettati.
La guerra è necessariamente connessa con la formazione e la vita degli stati. Ma non significa che la guerra
cancelli il diritto internazionale, poiché essa ci combatte tra stati.
La soluzione a questo problema è una nuova concezione della società in vista di una riforma dei rapporti
sociali che consenta di sostituire al principio della libera concorrenza il principio della cooperazione in base
al quale le energie intellettuali e lavorative degli uomini vengono coordinate a fini e risultati che si
riferiscono a tutti e non ai singoli in lotta tra loro. Questo risultato può essere conseguito trasformando il
carattere degli uomini formato dal principio della competizione, rendendolo conforme al principio della
cooperazione.
Il primo mezzo è il sistema educativo: deve essere riformato secondo la pedagogia della cooperazione, che
sottragga i bambini e i giovani a quegli ambienti che sollecitano l’egoismo. Si deve insegnare che la felicità
del singolo non può essere scissa da quella della comunità.
La riforma del sistema educativo deve essere completata dalla riforma del sistema sociale in quanto sistema
produttivo. Si deve seguire il metodo della gradualità: le riforme devono essere sperimentate in singole
fabbriche secondo i criteri e il modello da lui proposto per dare dimostrazione dei risultati positivi che
inducano le altre fabbriche ad adottarlo. È una riforma graduale che deve essere promossa dalle forze
produttrici, capitalisti, imprenditori, proprietari terrieri, banche, lavoratori senza l’intervento dello stato.
Ci vuole una redistribuzione delle forze di lavoro sul territorio mediante la costituzione di aziende. Ciascuna
di esse dovrà avere una popolazione che oscilla tra le 1200 e le 2000 unità e che sarà ospitata in un villaggio
costruito secondo una planimetria rettangolare nel cui centro c’è una grande piazza nella quale saranno
costruiti tutti gli edifici e servizi comuni: scuole, cucine, chiese…
Le fabbriche saranno sistemate vicino al villaggio in modo che i suoi abitanti possano raggiungerle a piedi.
Ci vuole una compenetrazione tra attività intellettuale e manuale.
Deve consentire a tutti di esprimere le proprie capacità e attitudini.
Le uniche distinzioni giuste e naturali sono quelle che si riferiscono all’età che legittimano i poteri di
direzione dell’azienda-comunità e che consentono di rinnovare il comitato dirigente.
L’azienda-comunità è più valida dell’impresa capitalista, fondata sul principio della libera concorrenza.
Lo scopo della rivoluzione era di esprimere e attuare un nuovo sistema sociale che corrispondesse alle
esigenze determinate al processo di sviluppo storico della società francese e fondasse la società
sull’industria e sugli industriali: il sistema teologico-feudale esaurito avrebbe dovuto essere sostituito dal
sistema scientifico-industriale. Con la Rivoluzione e dopo il problema della nuova organizzazione è che le
forze spirituali e temporali della società sono passate in altre mani. La vera forza temporale risiede ora negli
industriali e la forza spirituale negli scienziati. Queste due classi sono le sole a esercitare una reale
permanente influenza sull’opinione e sulla condotta del popolo. La rivoluzione non riuscì a instaurare un
nuovo sistema perché la classe degli industriali affidò il compito della riforma ai rappresentanti della
borghesia ….
La caratteristica della scienza moderna è data dall’applicazione delle scoperte scientifiche alla produzione.
Ciò è stato possibile perché si è formata una categoria di scienziati, gli ingegneri. L’industria realizza così
un’organizzazione fondata sulla razionalità scientifica che deve essere estesa all’intera società. Si determina
in tal modo una modificazione sostanziale della cultura e orientamenti politici che prima erano ispirati a una
filosofia critica e rivoluzionaria e ora sono l’espressione di una filosofia inventrice e organizzativa.
La vera rivoluzione dalla quale scaturisce la società contemporanea è quella industriale operata dalla nuova
organizzazione dell’attività produttrice, resa possibile dall’applicazione delle scoperte scientifiche e dal
continuo perfezionamento tecnologico della produzione. L’ordine politico-sociale tende a modellarsi sulla
nuova organizzazione industriale.
La società non deve essere più concepita come un’unione volontaria di individui che si associano mediante
il contratto sociale ma come un vero e proprio corpo sociale cioè come un insieme organico di membra e di
parti. Ciascuna realizzando la sua specifica funzione si coordina con le altre e concorre a realizzare la
società la quale come tutto costituisce il presupposto essenziale dell’esistenza delle singole parti.
La società partecipa di un processo evolutivo che riguarda l’intera umanità. Arrestare questo processo è
assurdo perché significherebbe capovolgere il sistema delle leggi che governano la natura che sono
finalizzate all’evoluzione della specie.
Propone una riforma della costituzione che consenta alla nuova classe industriale di assumere la direzione
dell’intera attività produttiva verso la quale debbono convergere tutte le energie della nazione francese. Il
principio della tripartizione dei poteri deve essere riformulato alla luce delle tre facoltà che presiedono
all’operare umano: immaginare, cioè concepire il fine; valutare con la ragione ciò che abbiamo immaginato;
realizzare ciò che è stato approvato dalla ragione. Su questa tripartizione deve essere riorganizzato il
supremo potere sociale in modo che uno abbia il compito di elaborare i progetti, un altro di esaminarli, il
terzo di metterli in opera.
Ne “il nuovo cristianesimo indica i principi su cui si sarebbe basata la religione cristiana per corrispondere
alla nuova mentalità scientifica. Il primo comandamento si riferisce all’impegno di ogni cristiano di trattare i
suoi simili come fratelli. Questo rapporto di religiosità cristiana è il fondamento della nuova morale positiva.
I cristiani devono organizzare la società in modo che possa essere la più vantaggiosa per il maggior numero.
Le chiese cristiane devono essere riformate nel senso di riconoscere come fondamentale motivo ispiratore il
comune sforzo di tutti i cristiani per garantire il maggior benessere e felicità al maggior numero di individui.
La vecchia dottrina cristiana esaltava la povertà. La nuova dottrina deve abbandonare questa posizione
negativa e riscoprire e riproporre il valore positivo della vita terrena, della felicità di cui essa può essere
apportatrice. Tutta la società deve lavorare per il miglioramento dell’esistenza morale e fisica della classe
più povera. La società deve organizzarsi nel modo più adatto a farle raggiungere questo grande scopo.
Il compito della religione è sottrarre gli individui dal condizionamento e dalla esclusiva cura dei propri
interessi che hanno generato il sentimento di egoismo.
Fine dell’impero napoleonico. Si vuole restaurare l’antico regime. Ritorna Luigi XVIII che concede una
carta costituzionale: il monarca, capo dell’esecutivo, nomina il governo. Il potere legislativo era diviso in
due camere: quella dei deputati e quella dei pari. Il potere giudiziario ai giudici. Si formarono alcuni partiti:
gli ultrarealisti formati da aristocratici emigrati, che lottarono per la restaurazione degli antichi privilegi
nobiliari; gli indipendenti tra cui Costant che cercarono di dare un contenuto più liberale alla carta: i
dottrinari che volevano una monarchia costituzionale.
Con Filippo d’Orleans, dopo i cento giorni ecc.. la costituzione fu riformata in senso liberale: la camera ebbe
diritto di iniziativa legislativa, si abolì l’ereditarietà della camera dei pari, si riformò la legge elettorale con
la riduzione del censo e il corpo elettorale fu allargato alla classe media.
Costant fu uno scrittore della restaurazione e si impegnò per dare un contenuto liberale alla carta
costituzionale del 1814.
Voleva trovare il principio su cui fondare un ordinamento politico in grado di cogliere le esigenze di
rinnovamento espresse dalla rivoluzione e di garantire i cittadini da qualsiasi forma di oppressione. Si
dovevano comprendere i motivi per cui la rivoluzione era passata attraverso l’esperienza del terrore e si era
conclusa con un ordinamento gerarchico militare.
Ritiene che nel corso di questi avvenimenti si era espresso un sentimento di individualità e libertà che è il
presupposto sul quale deve essere organizzata la società e lo stato.
Vuole difendere l’individualità in tutte le sue manifestazioni.
Distingue poi la monarchia dall’usurpazione: la prima è fondata su una lunga tradizione che limita e tempera
il suo potere e consente di ritenere che esso sia legittimato dal consenso tacito del popolo che ne rende
possibile la continuità la quale si realizza nell’ereditarietà della carica. Si riferiva alla monarchia
costituzionale inglese.
Dice che i diritti fondamentali dell’individuo sono del tutto indipendenti nei confronti dell’autorità politica:
essi sono libertà personale, giudizio per giuria, libertà religiosa, libertà d’industria, inviolabilità della
proprietà, libertà di stampa. La costituzione deve proibire ogni atto che attenti a questi diritti.
La società non è un’entità superiore distinta dai singoli ai quali essa conferisce la personalità di cittadino. La
sovranità popolare, la volontà generale e la legge non esprimono un’autorità illimitata. Sussiste invece una
sfera di diritti e interessi degli individui che è intangibile da parte del potere ed è un limite invalicabile per
ogni governo.
Per realizzare questo principio di libertà bisogna strutturare la costituzione sulla distinzione e divisione dei
poteri che devono essere suddivisi in modo che ognuno svolga le funzioni specifiche e che non si intralcino
e non entrino in conflitto tra loro. Occorre distinguere il potere del monarca costituzionale da quello
esecutivo proprio del governo costituito da ministri. Il primo non è un potere attivo come quello del governo
ma è un potere neutro, che ha il compito di armonizzare gli altri poteri e impedire che si verifichino
La nuova scienza politica di Toqueville ha come scopo quello di intendere le trasformazioni in atto nella
società europea.
Scrive “la democrazia in America” e “l’antico regime e la rivoluzione”
L’analisi di Toqueville vuole individuare i principi ispiratori dell’etica civile, gli ideali e i valori che
orientano i comportamenti degli individui e delle classi. Le idee, le dottrine politiche, solo quando sono
animate da sentimenti e passioni si tramutano in azione politica diventando leggi ed istituzioni.
Gli ideali politici nella società moderna sono due: la libertà e l’uguaglianza. Toqueville afferma il primato
della libertà quale aspirazione che fonda il sentimento originario della nostra individualità. A principio di
libertà, al sentimento della personalità corrisponde il modello della società aristocratica mentre al principio
dell’uguaglianza corrisponde quello della società democratica che ha trovato la sua prima realizzazione in
America.
La maggioranza sul quale si fonda il governo democratico e in base al quale si approvano le leggi pone il
vero problema della democrazia, cioè dei rapporti tra la maggioranza e la minoranza.
La democrazia che si fonda sulla sovranità del popolo e il suffragio universale non è la forma di governo che
offre un’automatica garanzia di libertà. In determinate situazioni consente alla maggioranza di esercitare un
potere assoluto che misconosce le esigenze e i diritti della minoranza. Nella federazione americana la
maggioranza finisce per detenere tutti i poteri: elegge il legislativo e l’esecutivo, forma le giurie, elegge i
giudici, organizza la forza pubblica, abolendo quella divisione-distinzione dei poteri che il costituente aveva
posto a garanzia della libertà dei cittadini.
La maggioranza ha un suo processo di formazione che si manifesta in occasione delle elezioni. È il risultato
di processi di omogeneizzazione della società nel quale intervengono i maniera ridotta le idee politiche che
dovrebbero costituire invece il vero principio di coesione degli individui che concorrono a formare la
maggioranza.
La maggioranza tende ad esercitare una costante pressione di carattere ideologico sui propri avversari in
modo da indurli ad assumere un comportamento conforme ai propri principi. La maggioranza si rende
interprete dei principi e dei valori che fondano l’identità del corpo sociale; cerca di plasmare l’opinione
pubblica a sua immagine e somiglianza e sollecita tutti all’accettazione dei suoi principi. Il risultato è il
Si sofferma sui pericoli e rischi dell’industrialismo come processo di trasformazione della società tendente a
formare una classe unica, quella degli industriali che realizza l’uguaglianza delle condizioni sociali. C’è un
economicizzazione della vita sociale e politica che svuota quest’ultima dei valori etico-politici,
marginalizzando le istanze di libertà, autonomia, indipendenza.
Il processo di industrializzazione tende a trasformare il contenuto etico del sentimento dell’uguaglianza e a
sostituirvi valori meramente empirici, il desiderio di beni materiali che consentano di godere di uno stato di
benessere. L’industrialismo porta con sé l’utilitarismo e il desiderio del benessere che tende a diventare una
vera e propria etica ispiratrice di tutte le attività sociali.
La vera efficace salvaguardia nei confronti degli effetti perniciosi dell’etica del benessere, del materialismo
e dell’edonismo è la religione che esprime i valori essenziali sui quali si fonda la convivenza sociale e dai
quali scaturisce la vera energia innovatrice dell’individuo, il sentimento della sua individualità e libertà. La
religione sottrae l’individuo alla contingenza degli interessi immediati e li riporta al significato e il valore
della loro vita.
Il fine della società politica è l’appagamento degli individui che la formano e la realizzazione del bene di
ogni individuo e non quello morale che è universale. Tutta l’attività che si svolge nella società scaturisce
dagli animi e dai desideri degli uomini.
Le cose materiali non sono altro che mezzi con cui acquietare i desideri dell’anima.
Le società politiche sono caratterizzate da un continuo movimento nel senso che oscillano tra un limite
inferiore e uno superiore. Raggiunto il primo la società si disarticola e non sussiste più come entità reale ma
si suddivide negli aggregati sociali che la formano; il secondo è il livello della loro intrinseca perfezione che
non riesce mai a conseguire. Nelle società possono esserci due elementi, uno di progresso e uno di regresso.
Per intendere i motivi per cui le società progrediscono e regrediscono ricorre ai concetti di sostanza e
accidente nel senso cioè che nella società c’è ciò che attiene alla sua esistenza, alla sua vita cioè la sostanza,
e ciò che invece si riferisce al suo perfezionamento cioè l’accidente. Le due regole fondamentali della
politica quindi sono:
1. conservare e fortificare ciò che costituisce l’esistenza o la sostanza della società
2. non ricercare perfezionamenti a scapito di ciò che è sostanziale. Non bisogna commettere l’errore di
scambiare il sostanziale con l’accidentale.
L’attività, l’energia che fa degli individui e delle cose una reale unità, la società, è espressa dall’intelligenza.
La società è espressa dall’intelligenza in quanto fornita dal lume della ragione.
Per esserci una società occorrono vincoli intellettuali e morali, coscienza di un fine comune e dei mezzi con
cui conseguirlo e ciò si rende possibile solo con la ragione.
La razionalità si esprime nella società materiale nel senso che questa le fornisce i mezzi, soprattutto il
linguaggio e crea le condizioni per esprimersi e crescere su se stessa.
La quantità di intelligenza di cui fa uso la società è prodotta da due tipi di razionalità: la ragione pratica delle
masse e la ragione speculativa degli individui, tra le quali deve esserci un rapporto tale che le faccia
convergere sul fine della società.
Particolare importanza ha la ragion pratica delle masse dalla quale dipende la stabilità e il progresso della
società. Varia a seconda dell’attività economica prevalente nella società.
Il movimento della società si origina nella ragione e da questa passa alla società materiale.
La società esercita una influenza sulla razionalità determinandone il tipo e l’orientamento, privandola di
autonomia, indipendenza, libertà. Si inizia in tal caso un processo di attenuazione della razionalità in termini
di intelligenza, che è all’origine dei processi di trasformazione involutiva della società, della sua interna
disgregazione e decadenza.
La soluzione della questione sociale cioè il progresso civile e politico delle classi lavoratrici deve essere
promossa dal governo nel senso che deve operare in modo che l’intera società realizzi le premesse di quel
progresso. Compito del governo è eliminare gli impedimenti e le preclusioni alla promozione sociale delle
classi meno abbienti.
Lo stato deve fondare la sua attività di governo sull’opinione pubblica prevalente. L’opinione pubblica si
deve formare mediante il dibattito e il confronto delle singole opinioni quale si rende possibile tramite la
libertà di parola, di stampa, di associazione, di riunione.
Il mazzinianesimo sottolinea la socialità dell’individuo cioè il suo necessario compimento nell’ambito delle
specifiche articolazioni della società umana: la famiglia, il comune, il popolo-nazione, l’umanità, senza che
quest’ultima assorba in sé l’ambito proprio dell’individualità. A tal fine occorre riscoprire il fondamento
etico della nostra vita, il principio che connette la nostra individualità alla famiglia, alla nazione,
all’umanità. In tal modo l’individuo acquista consapevolezza del principio e dei valori sui quali si fonda
l’intimo nesso fra pensiero e azione per cui la dottrina politica non rimane un mero fatto intellettuale, ma
diventa realtà politica.
Il passaggio dal pensiero all’azione è operato dall’etica, dai valori spirituali, dalla convinzione ferma, dalla
fede.
L’azione non deve essere scissa da una condizione sistematica della società e dello stato, da una dottrina
politica che corrisponda alle esigenze e ai valoro della società contemporanea. Il compito dell’intelletto è
quello di interpretare le profonde esigenze di vita che si esprimono nel popolo. La ragione non deve
assumere un atteggiamento aristocratico, distaccato dal popolo, ma riconoscere nel popolo la fonte della sua
ispirazione.
Dio e l’umanità sono i supremi valori etico-spirituali che caratterizzano la nuova età sociale che subentra a
quella individuale esauritasi con la Rivoluzione francese.
Riprende da Saint-Simon la distinzione tra età critica, dell’individualismo, ed età organica, del sociale
organizzato e l’idea che la Rivoluzione francese è l’episodio finale di un’età di transizione della società
monarchico-aristocratica caratterizzata da ordini chiusi, alla società dei popoli, delle nazioni, che si
riconoscono membri solidali dell’umanità.
La formula propria dell’età critica è rappresentata dai diritti dell’individuo, dal loro riconoscimento come
principi assoluti sui quali organizzare l’ordinamento della società: sono serviti grazie alla Rivoluzione a
liberare i popoli dal dispotismo politico del re e dei principi e dal dispotismo spirituale delle chiese e del
clero.
La teoria dei diritti dell’individui, proprio perché afferma il primato del singolo, non è in grado di
corrispondere alle nuove esigenze di solidarietà dei popoli europei, non serve a fondare la nuova società che
non si deve organizzare sulla base della competizione dei singoli ma sulla collaborazione. Questa potrà
essere realizzata solo se sarà ispirata al nuovo principio dell’umanità. L’umanità ha un valore etico-religioso
La necessaria mediazione tra individuo e umanità è rappresentata dal popolo, in quanto portatore di un
ideale, un principio che lo fa sussistere come una vivente unità collettiva: i popoli sono gli individui
dell’umanità e ognuno di essi ha una missione da compiere. Il popolo è la coscienza di una grande idea da
tradursi in fatti. Il popolo che attua questa unità etico-spirituale si esprime come nazione con una sua
peculiare caratteristica che la distingue dalle altre nazioni.
La nazione rappresenta l’unità di una moltitudine di individui come unità di principi, di intenti, di diritto in
quanto quella moltitudine è diretta da principi comuni, governata da leggi uguali. Solamente a queste
condizioni la moltitudine è nazione, entità politica caratterizzata dall’indipendenza, altrimenti è gente, etnia.
La nazione oltre a sussistere come reale unità politica deve avere un fondamento etico spirituale, che
conferisca ai principi, all’intento, al diritto una stabilità e continuità.
L’unità si attua solo quando i principi costitutivi della nazione sono acquisiti spontaneamente in piena libertà
e non imposti.
La legge non può essere interpretata da una casta sacerdotale o da una chiesa né dalla monarchia.
L’interpretazione è affidata al popolo, alla nazione.
La nazione esiste in quanto attuata con una partecipazione totale del popolo. È questa la premessa alla sua
teoria dell’iniziativa rivoluzionaria dei popoli che abbia come fine la loro indipendenza ed unità politica per
le quali impegnino tutte le loro energie e capacità affinchè possano esistere come grande soggetto collettivo.
Senza questa iniziativa mancherà una vera partecipazione popolare al processo di unificazione e
indipendenza con il risultato di dare vita ad uno stato che con nuove forme finisce per nascondere il vecchio
potere autoritario vanificando le esigenze di una democrazia. La rivoluzione deve essere popolare e
nazionale. La rivoluzione quando è tale cioè quando è innovazione che corrisponde alle profonde esigenze
di verità e umanità degli individui e dei popoli è sempre suscitata e promossa dalle idee che esprimono un
principio sulla cui base è possibile riordinare la società in vista della libertà, uguaglianza e fratellanza degli
individui, popoli, nazioni.
La questione sociale deve essere risolta nell’ambito della democrazia repubblicana con il sistema delle
libertà e dei diritti che essi garantiscono. Tale fine può essere garantito mediante l’associazione che consente
agli individui di aumentare le loro capacità ed energie in modo da conseguire il miglioramento delle loro
condizioni materiali e il loro progresso intellettuale e morale. L’associazione rende possibile l’unione del
capitale e del lavoro nelle stesse mani.
Al sistema produttivo fondato sul capitale, sulle capacità, sul lavoro, cioè sul monopolio dei mezzi di
produzione da parte dei capitalisti, bisogna sostituire il nuovo sistema in cui il produttore è anche
proprietario dei capitali per una giusta ripartizione delle ricchezze prodotte. La nuova organizzazione
produttiva deve garantire la formazione di un capitale comune la cui destinazione deve essere sottratta alle
libere decisioni dei singoli. Ne risulta un sistema produttivo che fondandosi sulle libere scelte dei singoli
mantiene i principi della libera concorrenza e della mobilità del lavoro.
Critica l’economia programmata, centralizzata e diretta allo stato, unico proprietario dei mezzi di
produzione. La conseguenza è l’eliminazione dello spirito di iniziativa e ogni incentivo al miglioramento
delle condizioni delle classi lavoratrici.
La proprietà privata deve essere considerata come la necessaria garanzia dell’attività svolta dall’individuo.
La proprietà è il segno della sua produttività. Non bisogna abolire la proprietà perché è di pochi ma bisogna
aprire la via perché i molti possano acquistarla.
Una volta abolita la proprietà si tratta di sapere quale tipo di società potrà garantire uguaglianza e libertà.
La società proposta dai teorici del socialismo e del comunismo, diventata proprietaria dei mezzi di
produzione, attua un ordinamento che ricostituisce i rapporti di dominio e sfruttamento insiti nella proprietà
privata, per cui l’individuo finisce per diventare un mero strumento della società senza possibilità di libertà e
indipendenza.
Occorre invece dar vita ad una libera associazione il cui scopo è di mantenere l’uguaglianza nei mezzi di
produzione e l’equivalenza negli scambi. Si elimina in tal modo il governo dell’uomo sull’uomo e si instaura
l’ordine nell’anarchia intesa come assenza di sovranità e signoria.
La politica tradizionale è l’espressione di una organizzazione caratterizzata dalla coercizione che si fonda
sulla base dei rapporti di subordinazione propri del lavoro ed è destinata a finire con l’instaurazione del
comunismo.
La libera concorrenza determina crisi di sovrapproduzione, caduta dei salari, concentrazione di capitali,
monopoli, distruzione di ricchezza e miseria delle categorie lavoratrici. Si verifica una separazione-
contrapposizione tra capitale e lavoro. Questo contrasto crea 2 conseguenze: la prima si riferisce al fatto
della separazione della forze produttive dagli individui che le fanno sussistere con la loro attività, la loro
trasformazione in potere estraneo, oggettivo, che si contrappone agli stessi individui; la formazione del
proletariato che comprende la grande maggioranza degli individui che è indotto a modificare i rapporti di
produzione e quindi anche quelli sociali e politici. Il proletariato è la vera classe rivoluzionaria. Il risultato
della rivoluzione è l’instaurazione della nuova società comunista. Il comunismo si afferma come
appropriazione da parte del proletariato di quelle stesse forze produttrici rendendo così l’individuo parte
delle stesse, in grado di poter partecipare alla produzione e al controllo delle stesse forze produttrici.
Solo in questa società si attua la piena e vera libertà dell’individuo che può realizzarsi come uomo totale
cioè può esprimere tutte le potenzialità della sua natura umana. Solo nella società comunista si elimina il
principio della divisione del lavoro.
Anche lo stato viene abolito cioè sostituito dalla libera organizzazione sociale, dall’associazione dei liberi
lavoratori alla quale compete di ordinare razionalmente l’intera produzione. Questa non si fonderà più sulla
vecchia divisione del lavoro ma su un organizzazione del lavoro in cui sia consentita la possibilità di variare
le attività lavorative per promuovere e arricchire le attitudini e le capacità di ciascuno affinchè il lavoro
consenta un’espressione completa della personalità di ciascuno e ne consegua una vera giustificazione.
Per superare la crisi e iniziare un nuovo sistema economico il capitalismo deve perfezionare le tecniche di
produzione, aumentare il capitale costante costituito dagli impianti e diminuire il capitale variabile destinato
ai salari, concentrare la produzione in grandi imprese mediante la costituzione di società anonime e la
formazione di monopoli e trust internazionali, conquistare nuovi mercati. Ogni nuovo ciclo economico (10
anni) dà nuovo impulso alle forze produttive e nel contempo propone come forma di distribuzione della
ricchezza prodotta, il principio della proprietà privata che spinge i salari dei lavoratori al limite della mera
sussistenza: da una parte una ricchezza sociale sempre più grande, dall’altra un pauperismo sempre più
diffuso tra la classe lavoratrice. Si determina così una situazione in cui matura la catastrofe del sistema
capitalistico che rende possibile la presa del potere da parte della classe operaia.
La reale soluzione del conflitto società civile-stato richiede per marx la costituzione di un nuovo potere
centralizzato, indispensabile per una società moderna industrialmente sviluppata e necessario per realizzare
il passaggio dalla società capitalistica a quella comunista.