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LAVORO ACCADEMICO

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UNIVERSITA’
PROF. DOTT. ANTONIO ROSARIO CENTORE

Riflessioni accademiche

La dottrina della sovranità popolare divenne la base delle istituzioni

americane. Durante il periodo della rivoluzione, si asserì largamente che

allo stato di natura ogni uomo è sovrano, soggetto e guidato unicamente

dalle leggi di natura rivelate da Dio attraverso la ragione e la coscienza.

Gli scritti di Giacomo Otis, Giovanni e Samuele Adams, Alessandro

Hamilton ebbero la più grande efficacia sulle dichiarazioni dei diritti che,

a cominciare da quella del 1776 della Virginia, dopo la dichiarazione

d'indipendenza, i singoli Stati posero a base della ricostruzione e nelle

quali il principio della sovranità popolare è affermato apoditticamente.

Gli avvenimenti americani ebbero una grandiosa ripercussione in

Francia, ove, la filosofia politica del sec. XVIII aveva, in particolar modo

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col Rousseau, rivissuti questi principî, che appunto a mezzo del Rousseau

e della tradizione ginevrina si apparentavano col movimento inglese.

Seguendo il metodo americano, anche la Francia pose a base della

Costituzione la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Nella

dichiarazione francese, il principio diviene sovranità nazionale 1 ; è la

nazione, cioè la collettività indivisibile dei cittadini, che è sola sovrana:

questa concezione apre la via alla concezione giuridica moderna di

sovranità, attributo riconosciuto esclusivamente allo Stato. Il principio

della sovranità popolare aveva assolto così il suo compito. Intorno a esso,

non mancò tuttavia ancora nel secolo XIX un largo movimento dottrinale.

Nelle Costituzioni democratiche del dopoguerra, il principio della

sovranità popolare venne affermato apoditticamente per giustificare e


1
Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789, article III: “Le principe de toute Souveraineté
réside essentiellement dans la Nation. Nul corps, nul individu ne peut exercer d’autorité qui n’en émane
expressément” (Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo
può esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa).

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legittimare il novus ordo2. Il principio è ancora richiamato per

giustificare il regime di autorità hitleriano. Il riconoscimento, cioè, del

popolo come fonte dell'autorità non implica una Costituzione

democratica: il principio, come accadde in tutta la sua evoluzione storica,

può essere posto a base di organizzazioni statali a base democratica come

di organizzazioni a base autoritaria, legittimate dal consenso del popolo a

mezzo di plebisciti. La sovranità nazionale sta innanzitutto ad esprimere

la volontà di autodeterminazione della comunità socio-culturale,

identificata nella nazione. Altre volte, la sovranità nazionale si manifesta

priva di qualsiasi contenuto rivendicativo, per divenire più semplicemente

espressione della volontà di “vivere insieme” in una sorta di plebiscito

permanente, secondo la celebre espressione di Renan 3, propria di società

2
Come, per esempio, la Costituzione della Repubblica di Weimar dell'11 agosto 1919.

3
E. RENAN, Che cos’è una nazione?, Roma, Donzelli, 1993, 20.

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che hanno raggiunto l’unità politica4. Sul piano strettamente giuridico, il

principio di sovranità popolare determina un limite al potere di

organizzazione dello Stato - persona in ordine ai suoi elementi costitutivi

ed al suo apparato. Poiché la comunità popolare è elemento essenziale

della persona giuridica statale, lo Stato - persona, nella sua

organizzazione, non può basarsi su discriminazioni nella comunità

medesima. Il principio della sovranità popolare esclude che la

configurazione dello Stato come persona possa essere utilizzata per

realizzare un’egemonia dell’apparato statale e dei detentori del potere sui

singoli componenti della comunità, piuttosto che per compiere l’unità

giuridica della comunità e per conferire forma giuridica alla sua

sostanziale struttura politica e sociale 5. Va osservato come, tra

4
R. MORETTI, Sovranità popolare, in Enciclopedia giuridica, 2.

5
G. CHIARELLI, sovranità (voce) cit., p. 1048.

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l’Ottocento e Novecento, sulla scia di Montesquieu e Tocqueville,

giuspubblicisti e teorici dello Stato6 sottolinearono l'incompatibilità di una

nozione di sovranità come potere illimitato - sia esso attribuito a

un'autorità monocratica o al popolo - con la concreta articolazione

istituzionale dello Stato liberaldemocratico. Al suo interno, opera una

molteplicità di soggetti pubblici che, pur perseguendo interessi generali,

dispone di competenze e poteri limitati, anziché di potestà sovrane nel

senso classico. In questa prospettiva teorica, la sovranità cessa di essere

la prerogativa che definisce lo Stato come tale e diviene una nozione utile

per qualificare uno Stato come dispotico, totalitario, centralista o, al

contrario, liberale, democratico, garantista. Su questi basi, si afferma il

concetto di sovranità limitata, elaborato dal padre della moderna dottrina

6
Tra questi posiamo annoverare Hugo Preuss, che contribuì ad elaborare la Costituzione di Weimar del
1919 ed il teorico inglese Harold Joseph Laski.

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pluralistica della democrazia, J. Schumpeter7. Seconda autorevole

dottrina8, non c'è regime democratico se non in presenza di una struttura

pluralistica e concorrenziale del 'mercato politico': un sistema nel quale

operino più élites in competizione fra loro per la conquista della

leadership e che si affidino, per decidere la contesa, a libere elezioni

popolari anziché all'uso della forza. In questa visione “poliarchica”, lo

Stato perde i suoi caratteri “sovrani” di struttura monistica, centralizzata

e onnipotente. I suoi organi decisionali divengono sedi del compromesso e

della mediazione fra soggetti che operano per conto e in nome di gruppi

organizzati - partiti, sindacati, organizzazioni professionali, imprese

economiche ecc. - che sono portatori di poteri autonomi e che pertanto

7
J. Schumpeter, nella cui scia si collocheranno autori contemporanei come R. Aron, R. Dahl, R. Dahrendorf,
N. Bobbio, G. Sartori.
8
Illuminante un suo passo “La democrazia è un metodo politico, uno strumento costituzionale per giungere a
decisioni politiche - legislative e amministrative - che non può divenire fine a se stesso a prescindere da ciò
che quelle decisioni produrranno in condizioni storiche date. E' di qui che deve partire ogni tentativo di
definirla”, in Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano, 2001.

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incidono in profondità entro i processi decisionali dello Stato. Nel

complesso, si può affermare che il pensiero liberaldemocratico propone

una nozione di sovranità che, pur conservando alcune prerogative

classiche - il riferimento al potere più alto, ultimo e più generale, oltre che

indipendente verso l'esterno -, è tuttavia subordinata all'esigenza di porre

limiti al potere e contrastarne la tendenza a trasformarsi in arbitrio. La

nozione di sovranità, in altre parole, diviene un predicato dello “Stato di

diritto” e ciò comporta sia l'idea di una ritualizzazione giuridica del

potere supremo, sia quella di una sua articolazione o divisione

istituzionale. E comporta soprattutto una limitazione dell'ambito di

esercizio delle funzioni potestative che le renda compatibili con i diritti

individuali di libertà. In questa versione fortemente attenuata la sovranità

tende a non riferirsi più a “persone” o a “organi” sovrani, come il Re ed

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il Parlamento, ma a divenire una prerogativa giuridica astratta e diffusa

dei poteri dello Stato. La nozione di autorità sovrana tende così a

identificarsi con quella di autorità competente, anche se la nozione viene

normalmente riservata alle autorità di più alto grado. Ma anche queste

autorità superiori sono, in vario modo, limitate: lo sono sia perché devono

normalmente riferirsi al popolo o all'elettorato come alle proprie fonti di

legittimazione politica, sia, e soprattutto, perché con esse concorrono i

poteri di numerose istituzioni differenziate e/o decentrate. Se entro uno

Stato di diritto si risale dalle competenze inferiori a quelle più elevate, è

ormai impossibile trovare al vertice della gerarchia una persona o un

organo che disponga di un potere illimitato: tribunali, corti

amministrative, assemblee elettive, autorità locali, associazioni

professionali ecc. sono soggetti giuridici cui sono attribuite specifiche

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competenze che non possono essere impunemente derogate da un potere

centrale. Entro lo Stato di diritto, la sovranità continua a essere concepita

come un potere finale e generale, e cioè come il potere di prendere, entro

un determinato ambito di competenza, decisioni definitive e valide erga

omnes. Questa prerogativa non comporta tuttavia né un'assolutezza di tale

potere, né una sua irreversibilità: la decisione finale deve comunque

sottostare a condizioni procedurali che ne limitano la discrezionalità. E in

determinate circostanze essa può essere legittimamente revocata, con

l'esclusione soltanto della possibilità che a revocarla siano organi

inferiori.

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