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ETA’ CONTEMPORANEA
PARTE I: ALLA RICERCA DI UNA RISPOSTA ALLO “CHOC” DELLA RIVOLUZIONE
CAP.1: LA CULTURA CATTOLICA NELL’ETA’ DELLA RESTAURAZIONE
1.1 Le ferite della Rivoluzione e i possibili rimedi
La Rivoluzione ha lasciato una traccia indelebile, una tradizione millenaria è stata
bruscamente interrotta, soprattutto in Francia con la scristianizzazione. Si è ricorso alla
violenza per costringere i sacerdoti ad abbandonare lo stato clericale, per impedire ai
fedeli le pratiche religiose, si è cercato addirittura di cancellare la memoria del
cristianesimo (es. l’adozione di un nuovo calendario). Un altro fenomeno preoccupante è
la nascita di nuove religioni secolari che pretendono di sostituirsi al cattolicesimo: basti
pensare alla dea Ragione, l’Essere Supremo o la sacralizzazione di Napoleone. La
sconfitta di quest’ultimo, il Congresso di Vienna e la Restaurazione potevano forse
rallentare il processo messo in moto dalla Rivoluzione, ma non sopprimere la sua capacità
eversiva. La Rivoluzione non si è accontentata di modificare il sacramento del matrimonio
introducendo il divorzio o di sottrarre alla Chiesa il controllo del sistema educativo, ha fatto
di più: ha concesso la libertà di culto. Certo, alcuni aspetti sono stati cancellati dalla
Restaurazione, e si è ritrovata la concordia tra trono e altare, ma i cattolici ritengono che il
nuovo rapporto tra cristianesimo e società abbia instillato nella mentalità contemporanea
una dinamica che spinge verso la costruzione di un mondo antitetico rispetto a quello
cristiano. Gli uomini hanno iniziato a sentirsi liberi o meno di sottomettersi all’autorità
cattolica, si sono sentiti più liberi e alla ricerca di più ampi spazi personali.
1.2 Nostalgici dell’antico regime
Vi è un gruppo di cattolici che ritiene che basti tornare al rapporto Chiesa/società
instauratosi nell’Ancien Regime per bloccare l’impeto rivoluzionario. Di questa idea è
acceso sostenitore Monaldo Leopardi, padre di Giacomo, che esprime queste sue idee
nel volumetto Dialoghetti sopra le materie correnti (1832). Fin dalle prime pagine, si critica
la Restaurazione per non aver ripristinato gli assetti precedenti: il Contado venassino non
è stato restituito al papa, non sono state riformate le repubbliche di Genova e Venezia,
non si è restituita Parma ai Borboni. La monarchia francese ha conservato l’”aberrante”
carta costituzionale, i beni ecclesiastici incamerati sono rimasti allo Stato. Per Leopardi,
tutto ciò fomenta i principi rivoluzionari: basti pensare alla Grecia, alla Russia o a tutte le
insurrezioni del periodo 1820/31. Bisogna ricostruire esattamente l’ordinamento esistente
prima dell’Ottantanove. Leopardi non è totalmente chiuso ad alcuni aspetti moderni:
caldeggia l’obbligo di vaccinazione antivaiolosa, promuove lo sviluppo economico
attraverso moderne tecniche agricole. Ma sostiene che la libertà costituisca un vizio al pari
dei sette capitali, e vada combattuta con il sostegno delle pubbliche istituzioni e della
religione. Se Leopardi non riesce a diffondere le sue idee, concezioni simili ottengono
successo grazie a esponenti conosciuti. Un caso importante è quello di Clemente Solaro
della Margherita, che nel 1835 diventa ministro degli esteri di Carlo Alberto in Sardegna.
Una sua opera importante è Questioni di Stato (1854): qui sottolinea come la politica del
regno di Sardegna debba essere esclusivamente cattolica. Questo per due ragioni
storiche: la Francia, dopo la sua “religione civile” e Napoleone, sta decadendo; e inoltre
bisogna riconoscere la grandezza vissuta dal Piemonte durante l’ancien regime e provare
a restaurarla.
1.3 Controrivoluzionari
Al contrario dei nostalgici dell’antico regime, i controrivoluzionari sono convinti che per
sconfiggere il tarlo della Rivoluzione non basti tornare agli assetti dell’’89: essa ha radici
più profonde, nella Riforma protestante che ha dato vita al mondo moderno e ha portato
alla nascita dell’Illuminismo. Da esso, poi, si è sviluppata la Rivoluzione che ha portato alla
divisione tra Stato e Chiesa e che la Restaurazione non è riuscita a risolvere. Essi,
dunque, sostengono che si debba tornare a prima della Riforma di Lutero, ad una
cristianità medievale. I sostenitori di questa tesi sono per lo più francofono. Louis de
Bonald, in un memorandum indirizzato al Congresso di Vienna, presenta la cristianità
medievale come il modello paradigmatico per ogni assetto stabile e pacifico del
continente. Ma forse l’esponente più rilevante è Joseph de Maistre, ambasciatore presso
lo zar di Russia, e autore dell’opera Du Pape (1819). La società cristiana medievale, si
legge nell’opera, è un modello ordinato, felice e pacifico. Solo il romano pontefice può
garantire l’ordine della società, giudicando tutti ma senza essere giudicato da nessuno.
Egli poi sostiene che la Rivoluzione non sia un segno dell’apocalisse inviato dalla
Provvidenza, ma che l’uomo abbia ancora la possibilità di ravvedersi. In Italia, le idee
controrivoluzionarie si diffondono grazie alla società segreta delle “Amicizie cattoliche”
(nata in Piemonte tra 1778/80) e il periodico modenese Memorie di religione, di morale e
di letteratura (1822).
1.4 Cattolici liberali
Il movimento cattolico-liberale ha un punto di riferimento preciso: l’indipendenza del
Belgio, ottenuta nel 1830/31 grazie all’alleanza tra liberali (che volevano una costituzione)
e cattolici (che miravano alla libertà di scuola). Nella costituzione, la separazione tra Stato
e Chiesa fece felici i cattolici, perché pone fine alle interferenze dello Stato nella nomina
dei vescovi. La Chiesa Belga esprime immediato supporto a questo modello, e anche il
papa lo accetta, vedendolo come un male minore. In Francia, Luigi Filippo d’Orleans viene
proclamato re nel 1830 a discapito di Carlo X di Borbone, e decide di mettere fine alle sue
politiche assolutiste. In questo contesto, uno dei maggiori esponenti controrivoluzionari,
l’abate Félicité de Lamennais, evolve verso posizioni liberali, fondando anche un
giornale. Per l’abate, l’incoronazione di Filippo mostra che il movimento della storia
contemporanea va verso la conquista delle libertà moderne, che avverrà con la Chiesa o
senza. Dato che l’assolutismo monarchico ha sempre cercato di asservire la religione ai
propri scopi, all’anacronistica alleanza tra altare e trono è preferibile la separazione
completa tra Stato e Chiesa. Si tratterebbe, però, di una situazione momentanea, solo
finché il papa non ricostituirà nuovamente l’unità cattolica. Egli sostiene dunque i principi di
separazione e libertà garantiscano notevoli vantaggi alla Chiesa. I sostenitori di
Lamennais, però, divergono sul punto della libertà religiosa. Da questa linea se ne
sviluppa un’altra che, oltre ad accettare l’ordinamento liberal-costituzionale, chiede una
riforma della Chiesa. Ne è un esponente Antonio Rosmini col suo Delle 5 Piaghe della
Chiesa (1848): l’assenza di partecipazione laicale alle attività ecclesiastiche; l’insufficiente
formazione del clero; la carente collegialità episcopale; l’intervento politico nella nomina
dei vescovi e la “schiavitù” della Chiesa verso i beni materiali.
CAP. 2: GLI ORIENTAMENTI DI ROMA
2.1 La stagione di Ercole Consalvi
Negli anni successivi a Vienna, a dettare la politica della Sede fu il cardinale Ercole
Consalvi. Già capo della Segreteria di Stato (1800/06) dove si distinse per le trattative sul
Concordato con Napoleone, ricoprì nuovamente quel ruolo dal 1814. Il personaggio è
innanzitutto un diplomatico di estremo valore. Lo dimostrano i buonissimi risultati ottenuti a
Vienna da una Santa Sede oggettivamente priva di reale potere: Roma cede solamente
Avignone e il Contado venassino, ma ottiene che i nunzi pontifici continuino a godere di
una preminenza onorifica su tutti gli altri membri del corpo diplomatico. Consalvi è anche
un sagace amministratore: è consapevole che la Rivoluzione abbia portato, oltre a
numerosi cambiamenti negativi per la Chiesa, anche degli aspetti positivi. Non si può
dunque tornare al vecchio assetto. Nel 1816 egli tenta di riorganizzare i tribunali e lo Stato
della Chiesa sulla base di alcune norme contenute nel Codice Civile, anche se i risultati
saranno scarsi per le forti resistenze. Ma Consalvi è ricordato soprattutto per i Concordati:
oltre a quelli con Napoleone e la Repubblica Italiana, vi sono quelli col Granducato di
Toscana (1815), Baviera e Francia (1817) e Regno delle Due Sicilie (1818). Consalvi è
convinto che lo Stato moderno, portato ad ampliare sempre di più la sfera della
laicizzazione, necessiti di consenso popolare e dell’adesione della popolazione . La Chiesa
gode di grande consenso tra la popolazione, e ciò può portarla a negoziare con l’autorità
civile i suoi spazi d’influenza. In questa prospettiva, Consalvi è convinto si possano
raggiungere accordi anche con gli Stati liberali. Non si tratta di discutere di dottrina, ma di
accettare temporaneamente una specifica situazione, in vista di futuri vantaggi. Certo, il
“consalvismo” ha anche alcuni limiti: il cardinale, formato dall’antico regime, è estraneo ad
alcuni temi come l’autodeterminazione dei popoli, la libertà totale di stampa, di riunione e
di associazione.
2.2 Da Leone XII a Pio VIII
Nel conclave che si apre nel 1823, Consalvi avrà la peggio. Verrà eletto papa Leone XII,
da sempre favorevole all’assolutismo politico e all’intransigenza dottrinale, e che
rimuoverà subito Consalvi dal suo ufficio. Dopo poco, si rende conto che non può fare a
meno di una personalità così di spicco e gli offre l’ufficio del Propaganda Fide. Leone
sperimentò una linea più dura: con le encicliche Ubi primum (1824) e Quo graviora (1825)
denunciò i mali scaturiti per la Chiesa dalla Rivoluzione, spingendo per un ritorno
all’alleanza tra trono e altare, evocando immagini medievali che si avvicinano ai
controrivoluzionari. Con una bolla del 1825 indice un giubileo, che viene organizzato con
grande cura e perizia. Una continua serie di prediche, funzioni, processioni
accompagnano i pellegrini provenienti da tutto il mondo. Se la sua politica interna si
caratterizza per l’autoritarismo e la chiusura (vedi le repressioni poliziesche di Agostino
Rivarola in Romagna), nell’ultimo periodo di pontificato la politica estera riprende le idee di
Consalvi, come testimoniato dal Concordato coi Paesi Bassi (1829). Al successivo
conclave (1829) questa linea sembra dettare la scelta del successore, che cade su Pio
VIII. Con la prima enciclica condanna in particolare le società segrete, ma in politica
internazionale dimostra che la censura non comporta, in senso pratico, un totale rifiuto
delle libertà moderne. Riconosce, infatti, la Francia liberale di Filippo e lascia libertà
d’azione alla Chiesa belga.
3.5 Il Sillabo
Nel 1861 il pontefice nomina una nuova commissione al fine di redigere un documento che
raccolga tutte le deviazioni del mondo moderno. La bozza viene sottoposta al Sant’Uffizio,
che nel 1862 propone un parere assai cauto: considerate le difficoltà della materia,
bisognerebbe prima sottoporla agli ordinari diocesani. Essi, 225 in tutto, si recano a Roma
e i pareri sono contrastanti: su 150 risposte, circa 1/3 non è favorevole all’emanazione, e il
resto propone diverse modifiche. Al Congresso di Malines (1863) in Belgio, il cardinale
Engelbert Sterckx propone che i cattolici debbano servirsi delle libertà costituzionali per
difendere e diffondere la loro fede, ed è sostenuto dal conte Charles de Montalembert, che
invita la Chiesa a sfruttare le potenzialità insite nelle libertà moderne. Il contrasto con il
papa è chiaro, e Pio decide di affidare al giovane barnabita Luigi Maria Bilio il compito di
redigere il documento con gli errori dell’epoca moderna. Egli stila 82 proposizioni di errori
raggruppate in 10 paragrafi, sulla base delle precedenti censure della Chiesa: errori
filosofici, dottrine politiche, rapporti Chiesa/Stato, concezione della Chiesa… Nelle ultime 4
proposizioni, si condannano la libertà di espressione e di culto. Il testo è pubblicato nel
1864, e il significato è chiaro: solo ritornando ad assoggettarsi alla direzione ecclesiastica
la società civile può salvarsi, dopo essere sprofondata nell’abisso dovuto alla volontà di
autodeterminazione. Tuttavia, molti cattolici liberali, vista l’assenza di provvedimenti
formali, continuano comunque ad esprimere e diffondere la loro idea.
3.6 Il Concilio Vaticano I
Nel 1867 Pio IX prepara la convocazione di un nuovo concilio ecumenico, con un
regolamento assai rigido da seguire: solo al papa spetta la possibilità di proporre temi da
trattare, non è lecito intervenire spontaneamente nel dibattito. Alla fine, preoccupato dai
malumori che tale organizzazione potrebbe sollevare, il pontefice sottolinea come tali
procedimenti siano presi solo per velocizzare le procedure. La convocazione, emanata nel
1868, richiama, oltre ai vescovi residenziali e ai superiori degli ordini religiosi, anche i
vescovi titolari. L’assemblea si apre l’8/12/1869 e sono presenti 774 padri conciliari (più di
200 italiani) su circa 1000 aventi diritto. Nel 1870 viene approvata la costituzione Dei filius:
non esiste contraddizione tra dottrina religiosa e scienza (in caso di conflitto o la dottrina
non è stata ben compresa o si ha una falsa idea sulle conclusioni scientifiche) e le verità
possono essere raggiunte anche dalla ragione umana. Il reale motivo della convocazione
dell’assemblea, però, è stabilire l’infallibilità pontificia. Viene proposto un decreto, che è
poi sottoposto a varie modifiche. Il 18/7/1870 i 535 padri presenti votano all’unanimità il
Pastor aeternus: il papa è depositario di un primato di governo sulla Chiesa universale, è
infallibile (con alcuni limiti su forma e materia) e le sue definizioni sono dichiarate
irriformabili. Vengono liquidati sia il gallicanesimo ecclesiologico che politico, la Chiesa si
riorganizza in maniera verticistica, come una monarchia, con un solo sovrano al suo
comando. Ora lo scontro si sposta sul piano ideologico: se l’uomo moderno rivendica
libertà, la Chiesa ricorda che il cristianesimo consiste nella subordinazione all’autorità. A
fine ‘800 aumenta dunque la devozione nei confronti del papa, visto come la vittima della
rivoluzione, e ci si reca a Roma per andare in udienza da lui, e si diffonde sempre di più
l’idea che la sua voce sia la voce della stessa rivelazione divina.