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Italia devota: Religiosità e culti tra Otto e Novecento

Introduzione
Protagonisti o perseguitati?
Il futuro Paolo VI nel 1962 aveva affermato che la fine del potere
temporale fu una vera provvidenza per la Chiesa cattolica. L’essersi
discostata dal temporalismo fu un bene morale e materiale. Un
riconoscimento importante, destinato a creare una sorta di
imbarazzo presso quella storiografia che indugiava a enfatizzare le
persecuzioni subite dalla chiesa, negando che il processo
risorgimentale fosse comune anche ai cattolici. In realtà i cattolici
non furono né protagonisti né perseguitati del Risorgimento; essi
non erano contrari all’unità, ma a come venne configurata dopo il
1948: movimento antitemporalista radicale guidato da una
leadership liberale modernizzatrice, che già nel Piemonte degli anni
cinquanta (con le leggi Siccardi e la politica laicizzante del
connubio Cavour-Rattazzi, aveva chiuso conventi confiscato beni
ecclesiastici, costretto la Chiesa al diritto comune). I cattolici non
erano contrari alla costituzione di un potere unitario anche perché:
-il cattolicesimo veniva professato da tutti gli italiani;
-dal 1500 tutti i papi erano italiani.
Ciò che la Chiesa non poteva accettare era il carattere
rivoluzionario dell’unificazione: il liberalismo del Risorgimento
venne visto in piena continuità con la rivoluzione del 1789.
IL SILLABO (1864) -> documento con cui la Chiesa condannava gli
errori della società moderna e il principio secondo cui il Papa può e
deve conciliarsi e transigere con il progresso, il liberalismo e la
civiltà moderna.
La cattolicità europea poi si dividerà in: transigenti e intransigenti
verso la modernità. Tuttavia, in seguito gli intransigenti da un
approccio decisamente oppositivo sono giunti ad un approdo di
convinta compartecipazione al pensiero liberale.
L’unificazione comunque non comportò una crisi o un crollo della
pratica religiosa: le èlite liberali erano genericamente credenti e,
purchè favorevoli a diminuire il peso sociale e politico della Chiesa,
volevano mantenere la vita pastorale.
Una nuova cristianizzazione
È con la Grande Guerra che i cattolici diventano veri cittadini
italiani. Il cattolicesimo si radica nelle masse di contadini, è in prima
linea nell’esperienza bellica e unificherà gli italiani, sotto forma di
sentimenti religiosi e devozioni di guerra: è un risveglio religioso.
Fiorì anche un nuovo protagonismo delle donne intorno ad un culto
mariano rinnovato.
Un atlante della pietà
Quando le paure e le insicurezze suscitate dal vento modernista
sono spirate e i laici sono preda di un disorientamento che crea un
vuoto crescente, la cultura cattolica attraversa un grande fermento.
Investire nella cultura, formazione e ricerca è ora possibile e
necessario ( es. il medico francescano Agostino Gemelli che nel
1920 fonda un’università cattolica). In questo nuovo clima si staglia
la figura di Giuseppe De Luca, prete romano che non vuole solo
dialogare con la cultura laica, ma diventarne l’anima. (“la pietà che
muove l’uomo verso Dio nasce dalla carità e niente sfugge a questa
verità”). La sua rifondazione culturale è volta a ridisegnare i confini
dell’Italia e dell’Europa non con mappe geografiche, tradizioni
giuridiche economiche e politiche, ma ricomponendo un atlante
costruito dal percorso di pellegrini, dal culto dei santi, dalla
devozione ai santuari e alla madonna.
Una menzogna che aiuta a vivere
Dalla Riforma protestante in poi, più ogni espressione religiosa si
mostrava depurata dal miracolo e dal prodigioso e più veniva
considerata matura, autentica e adulta. Per tutto il 1800 quindi si
pensava che il culto della Madonna e dei Santi alimentassero una
religione superstiziosa, per animi semplici e non per un’èlite colta.
Così miracolo e scienza si sono fronteggiati fino alla seconda metà
del 1900, quando è maturata un’idea più dialogica del loro rapporto
(ora invece si riaprono le ostilità).
LOURDES -> località nei Pirenei, sconosciuta fin quando nel 1858
c’è chi sostiene di vedere la Madonna e fa nascere un culto che
dura fino ad oggi. Lourdes sarà anche meta di Zola, che avrà
occasione di osservare il grande bisogno di illusione e menzogna
che spinge l’uomo a sperare nel miracolo: una menzogna che aiuta
a vivere.
La domanda di guarigione fisica era quella che maggiormente
aveva incrementato il culto della Madonna e dei Santi; già allora
però affiorava un modo di taumaturgie tutto nuovo: anche i medici
dovevano ammettere di non riuscire a curare tutte le malattie,
specie quelle della mente. I medici allora diventano così gli attori
secondari di questa nuova devozione, avvalorando i miracoli di
Lourdes oppure giungendoci come scettici, costatandoli e
rimanendo folgorati da conversioni tempestose: la ragione per
confutare la religione.
La crisi dell’individualismo
Mentre De luca aveva deciso di non prendere in considerazione le
indagini di natura psicologica, Agostino Gemelli percepì le
potenzialità dell’alleanza tra un progetto di ricristianizzazione e le
scienze psicologiche.
Tra cattolicesimo adulto e devozioni
La funzione delle religioni con funzione di pacificazione e
civilizzazione del nuovo millennio è un punto focale del pontificato
di Papa Wojtyla. Nel suo disegno i rapporti con gli stati passavano
attraverso le devozioni, i culti diventavano materia delle relazioni
internazionali; infatti, la sua era ha attenuato la divisione tra classi,
generi e generazioni. Il culto più amato da Wojtyla fu quello
mariano: la madonna diventa simbolo di riconciliazione.
Capitolo I: Le devozioni italiane
Non osare dire nulla di falso, né tacere nulla di vero
Nel clima religioso del primo ventennio dopo l’unità (17 marzo 1861
l’unità, quindi si sta parlando del 1880) sono presenti due tendenze
opposte:
1) devozione personale, con richieste di protezione e di grazie
personali, dolorista, accompagnata spesso da severe pratiche
ascetiche;
2) devozione come fatto sociale, con forme collettive della
pietà personale e con ostentata ritualizzazione attraverso un
uso dichiaratamente politico.
I culti portanti della devozione ottocentesca sono: Cristo, Maria,
Sacro Cuore, Angelo Custode, Santi protettori. Inoltre, a partire
dalla seconda metà dell’800 le devozioni non contemplano più un
confine tra vita contemplativa e attività umana: le devozioni
dovevano compenetrarsi con tutti gli ambiti della vita quotidiana.
Attraverso uno studio si ripercorrono le espressioni devozionali,
tramite i manuali di devozione più diffusi nel ventennio post unitario:
-Francesco di Sales;
-sant’Alfonso Maria de’ Liguori;
-influssi di domenicani e gesuiti, echi di tradizioni antiche,
medievali, visionarie.
Un’attenzione particolare va alle espressioni devozionali
femminili; la chiesa è sempre più al femminile e vengono quindi
introdotte indicazioni pratiche e liturgiche per loro, perché possano,
con le preghiere e le azioni, venire in soccorso a una chiesa
sempre più abbandonata da uomini e ceti colti. Le donne non
devono pregare solo per le proprie famiglie, devono esprimere con
sollecitudine la loro solidarietà alla Chiesa.
Il sacramento della Penitenza è un battesimo laborioso: la più
grande prova a cui possa essere sottoposto l’amor proprio
dell’uomo.
In assenza di messali ( libri liturgici contenenti tutte le informazioni
necessarie al celebrante per la celebrazione della messa), i manuali
di devozione offrono suggerimenti per seguire la liturgia in forma
individuale. L’accompagnamento devoto alla funzione si presenta
per lo più come una serie di preghiere propiziatorie formulate, nella
prima parte, con generici riferimenti al Nuovo Testamento, nella
seconda parte, invece, ci si concentra sul sacrificio della croce.
Per quanto riguarda il rosario, esso diventa sempre più una
devozione e una preghiera praticata sia individualmente che
comunitariamente. La sua recita viene introdotta stabilmente nella
messa da Leone XIII per realizzare una partecipazione più affettiva
al sacrificio di Cristo.
Il digiuno e il riposo festivo diventano pratiche esteriori che
accompagnano la devozione. Si creano leghe per il riposo festivo
con il fine di difendere il giorno festivo come spazio sacro, non
invaso da occupazioni diverse che non siano, soprattutto, troppo
ricreative. Ma il rigore liturgico, il digiuno fino a mezzanotte del
giorno prima o l’astinenza dei rapporti matrimoniali prima della
Comunione si accompagnano all’esortazione affinchè venga
incrementata la pratica dei sacramenti.
Alessandro Manzoni, ne I Promessi sposi, porta un’interiore
consapevolezza del peso e della presenza di Dio nella storia e
nell’agire umano. Una presenza non strumentalizzata a fini politici,
non punitiva, vendicatrice o riparatrice. (Dio buono e
misericordioso).
Il culto del papa
Intorno alla figura di papa Pio IX, alla sua immagine di prigioniero in
Vaticano, si sviluppò una vera devozione con molte reliquie
(pezzetti paglia del suo giaciglio, immagini di lui in catene…). L’aura
di santità dei pontefici, molto sentita fino al IX secolo (quando si
identificava con il martirio stesso o con la sua rappresentazione
metaforica), viene lasciata sempre più in ombra in epoca post
tridentina (dopo il concilio di Trento, 1563), per rinascere poi tra
700 e 800. Quello del Papa è un martirio simbolico e fisico ad opera
dei nuovi pagani, figli di un patto con Lucifero, che dalla riforma di
Lutero origina la Rivoluzione francese. Con Pio IX la devozione
raggiunge un’altissima dedizione popolare: egli viene costretto a
fuggire a Gaeta a causa della repubblica romana e poi la sua salma
verrà trasferita tra disordini e tumulti.
Nella seconda metà del IXI secolo gran parte della letteratura
apologetica cattolica compiva un parallelo tra le persecuzioni dei
governi liberali e quella dei martiri, vittime degli imperatori romani.
Nel momento in cui dei pellegrini francesi riportano, come souvenir,
una statua bronzea di S. Pietro, egli diventa il simbolo di una
devozione al primo papa martire e nel 1877 Pio IX dispone una
speciale indulgenza a chi conservasse la statuetta in casa. Anche
le catene diventano un oggetto di culto e Pio IX si assocerà sempre
a questo simbolo.
La devozione al Papa non è specificatamente italiana, essa nasce
quando, con la fine dell’intesa trono-altare, le chiese e i fedeli non si
sentono più protetti dagli imperi e rivolgono quindi occhi e cuore al
pontefice (es. giubileo del 1877). I fedeli riscoprono un senso di
paternità, che li fa sentire come figli protetti e quasi responsabili
delle sofferenze del Papa.
La “Dèvotion au pape” degli ultramontani si veicola
prevalentemente nei pellegrinaggi, che sono vissuti come la
“nuova crociata”, volta non solo a liberare Roma come se fosse la
nuova Gerusalemme, ma anche il corpo del Papa.
Sotto Leone XIII cambiano la figura e la funzione del sacerdote: il
prete diventa “prete sociale”, al posto che “del sacramento”, cioè
sosteneva il mondo contadino e i suoi diritti, condividendone le
stesse miserie, nel bene e nel male (soprattutto nel Mezzogiorno).
Alle aperture sociali leonine corrisponde un’intransigenza dottrinale
interna, ben visibile nei seminari: la formazione diventa più rigida,
controllata, viene introdotta la sociologia cristiana e rinnovati i testi
d’insegnamento. Inoltre, le case parrocchiali si trasformano:
1) dovevano accogliere svariate attività -> società sportive,
filodrammatiche, filarmoniche, circolo di gioventù maschile e
femminile, società operaie, gruppi di anziani;

2) accanto alla chiesa, quasi d’obbligo, un salone e un cortile


aperto a giovani e manifestazioni, non solo sacre;

3) la piccola biblioteca del clero doveva essere più varia -> libri di
agricoltura pratica, romanzi, libretti teatrali…

Romanticismo religioso e culto mariano


Il culto mariano è la devozione per eccellenza dell’ottocento con le
sue grandi apparizioni (La Salette, Lourdes, Fatina). Tuttavia, quella
della Vergine è ben più di una devozione, è il centro di controversie
cristologiche che dai primi secoli arrivano fino alla contemporaneità,
quando si concludono con i due dogmi dell’Immacolata (1854) e
dell’Assunzione (1950). Il culto mariano segna il dinamismo proprio
del pontificato di Leone XIII; il ricorso a Maria nutre quella
supplenza che religiosi/e cominciano a svolgere nella società, dopo
la soppressione degli ordini religiosi per le leggi napoleoniche:
- meno clausura monastica femminile;
- nuove mansioni per le donne -> insegnamento, assistenza ai
malati…
Questo è il nuovo protagonismo femminile che viene promosso e
accelerato; fioriscono nuove fondazioni femminili di ispirazione
mariana.
Il dato più sorprendente è lo scarto tra la spinta di generosità
missionaria alimentata dall’impulso mariano e il vuoto culturale del
mondo ecclesiale (è come se lo slancio generoso ispirato a Maria
fosse direttamente proporzionale alla pochezza del livello teologico
e letterario).
Tra le nuove devozioni che si diffondono il voto di schiavitù vanta
una storia particolarmente tormentata già dalla fine del XVI secolo
(quando in Spagna cominciavano a diffondersi le confraternite degli
schiavi della Vergine). Viene proscritta dall’Inquisizione nel XVII
secolo, ma torna in auge nel 1842 con la scoperta del “trattato della
vera devozione della santa Vergine”.
Nel 1891 l’enciclica Octobri mense cerca di arginare gli eccessi
devozionali di una mariologa esagerata; in nome di Maria si
attivano, tra le donne religiose, energie che rispondono in ambito
sociale, ma promuovono anche una partecipazione soggettiva.
Esiste una sintonia tra culto mariano e cultura romantica: il clima
romantico contribuisce a fare del sentimento mariano il vessillo di
una nuova crociata contro i protestanti, che attribuirà alla sua
intercessione le nuove conversioni al cattolicesimo, in una logica
difensiva, da cittadella assediata. Carattere romantico e significato
antimoderno segnano lo spirito del dogma dell’immacolata a cui
giunse Pio IX nel 1854. Inizialmente era una bolla, progettata per
unire la definizione dogmatica e la condanna degli errori moderni;
poi si rinunciò al progetto e i due atti furono separati. Così Maria,
oggetto di un culto che divideva cattolici e protestanti, diventa:
1) colei che dona sollievo;
2) madre e protettrice di tutti.
Tuttavia, malgrado le intenzioni, si rischiava di favorire un
pericoloso protagonismo femminile. Frequentemente si afferma che
Maria “non è una donna comune”, tesi sostenuta però da
un’esegesi debole. La tendenza monofisista non è motivata solo
dalla maternità verginale, ma anche da aspetti incompatibili con la
donna comune e inarrivabili eroismi materni: si esalta la gestualità
contenuta, immobilità ai piedi della croce, niente lacrime, non
rivendica i suoi diritti di madre.
Le bonnes passions e la catarsi bellica
La Grande Guerra rappresenta il rimpianto della tradizione e
insieme l’attesa verso il nuovo; la guerra è vista come un evento
sacro-salvifico che per le potenze centrali è identificazione tra fede
nella nazione e fede cristiana. I cattolicesimi dei vari paesi sono gli
uni contro gli altri armati; lo spirito universalistico della cattolicità si
trasforma, quindi, in una deriva simile ai nazionalismi più accesi
(l’invocazione di Benedetto XV a interrompere la strage non serve
a nulla).
L’anima germanica vive all’estremo questo intimo conflitto: non sarà
solo una lotta contro le influenze illuministiche che avrebbe
defraudato la fede dal culto dei santi, delle reliquie, secondo il
tradizionale attacco alla secolarizzazione, ma esprime soprattutto
un rimpianto per un’Europa cristiana, per la sua unità.
In Europa riemerge il culto mariano; le devozioni che la Germania
avrà in comune con l’Italia (il culto mariano e il rosario) saranno
tradotte in forma molto diversa.
La Grande Guerra depone il suo intrinseco spirito religioso in una
rivitalizzazione devozionale sul piano pubblico e in una personale
richiesta di protezione sul piano intimo, che produce molti culti e
simboli. La preghiera più rassicurante era il rosario (fortemente
voluto da Papa Leone XIII, che se ne farà paladino): poteva essere
esercitato fuori dalle chiese, negli ospedali e nelle trincee, inoltre,
era anche la preghiera che destava meno allarme nelle autorità
civile, perché fonte di unità e rasserenamento degli animi.
Il Sacro Cuore al femminile
Il 24 giugno 1919 Armida Barelli consacra la gioventù femminile
cattolica italiana al Sacro Cuore; è una devozione senza riserve:
ogni occasione era buona per appellarsi al Sacro Cuore
(ringraziamento, richiesta personale o collettiva, lieta o triste).
L’impegno della Barelli rappresenta il risvegliarsi di quel
protagonismo femminile che ha nel movimento femminile cattolico
un importante stimolo e che avrà come modello una totale
dedizione al Sacro Cuore.
La devozione al Sacro Cuore nasce in ambito claustrale in seguito
alle rivelazioni della francese Margherita Maria Alacoque, dopo
due anni dall’entrata nel monastero (1671) della Visitazione di
Paray-Le-Monial in Borgogna. Inizialmente si diffonde tra gli
aristocratici, poi nell’ottocento conosce un rilancio e penetra in tutti
gli strati sociali fino alla diffusione mondiale (con l’enciclica Annum
Sacrum di Leone XIII del 1899).
Il cuore di Cristo, sanguinante per i mali inferti dalla modernità, è
diventato un oggetto di culto sempre più sentito e invocato, come
espiazione e riparazione. Questo culto chiama in causa la fisicità,
alludendo, appunto, al cuore (organo del scolo romantico), la parte
più evocativa del corpo, che fa vivere e amare. Oltre all’utilizzo
restaurativo, si sviluppano specifiche pratiche di pietà connesse con
il Sacro Cuore:
1) consacrazione delle famiglie da parte dell’apostolato della
preghiera (gestito dai gesuiti);

2) intronizzazione nelle case -> rito di collocazione all’interno del


centro della casa di un’immagine del Sacro Cuore.
Le devozioni non muoiono
Con le mitizzazioni degli anni sessanta del novecento le devozioni
diventano quasi imbarazzanti per le classi colte e giovani; fanno
meno notizia anche se sopravvivono indisturbate. Così è anche
nella cultura cattolica che prepara il Concilio Vaticano II: la
sensibilità alle devozioni, ai miracoli e alla religiosità popolare è
lontanissima. C’era allora la convinzione che i processi di
secolarizzazione fossero incompatibili con queste manifestazioni,
perché legate a una religiosità dei semplici, al sottosviluppo e
all’arretratezza. Tuttavia, per il Vaticano II la questione non è una
scelta tra fede adulta e fede dei semplici, piuttosto quanto riuscire e
rivitalizzare una liturgia stanca e svuotata, perché ridiventi vissuta e
partecipata. La frequenza dei fedeli alle messe e alle attività
parrocchiali è sempre più saltuaria, invece proseguono:
1) pellegrinaggi in santuari;
2) devozioni tradizionali;
3) devozioni rinnovate.
Il pellegrino, però, non sempre corrisponde all’identità del cristiano
italiano proposta dai piani pastorali, non ha sempre quella qualità di
impegno e continuità che vengono richieste. Resta legato a ambiti e
tradizioni che persistono nelle diverse Chiese, mentre l’ambizione
del CEI (conferenza episcopale italiana) è quello di creare un’unica
Chiesa italiana.
Si moltiplicano veggenti e guaritori; un posto a sé, invece, merita
la devozione della sindone (sindologia), che l’ultimo re d’Italia,
Umberto II, ha lasciato in eredità alla Chiesa.
Capitolo II: I santuari mariani
Sacralizzare il mondo intero
L’interesse per i santuari in età moderna nasce quando il monopolio
del sacro viene attaccato da due fronti:
1) quello cristiano, della Riforma, che invoca un rapporto diretto
con Dio, senza mediazione;
2) quello laico, che rivendica spazi civili e profani in concorrenza
con quelli di Dio e delle Chiese.
L’idea di un primo censimento, di una catalogazione per immagini
che rendevano Maria “l’Atlante del Mondo”, la dobbiamo a
Wilhelm Gumppenberg, che nel 1652 matura l’idea di realizzare
una raccolta di tutte le immagini miracolose della Vergine sparse
per il mondo. Per 20 anni egli ne ha fatto la sua ragione di vita,
fino al 1672 quando dedica la sua versione più completa
dell’Atlante Mariano.
Nell’Atlante Maria è immagine di potenza, con una capacità di
concretizzare miracoli estremi (arti che ricrescono, parti del corpo
che riappaiono).
L’esaurirsi del mariocentrismo dell’età barocca (XVII-XVIII sec.),
che portava il Muratori all’invettiva (“Chi vuole vivere nella religione
di Cristo, deve rendersi conto che Maria non è Dio”), finisce per
sconfessare le masse dei credenti che si recavano nei santuari per
ottenere grazia e salvezza. Rovescia però le idee di Muratori
Alfonso De Liguori: rilegittima i santuari mariani, ma non più come
trionfali spazi di potere che salvano e disciplinano dall’alto (come
diceva Gumppenberg), né come centri di devozione volgare
(Muratori), ma come necessario rifugio di masse dolenti in cerca di
conforto e miracoli.
Il vero Gumppenberg dell’800 è Agostino Zanella, che traduce e
pubblica l’Atlante Mariano con più immagini. L’idea di Zanella è
l’alleanza tra il popolo e Maria, mediata dalla Chiesa di Roma.
Il rilancio mariano ottocentesco
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Per comprendere i santuari mariani dell’800 e del 900, occorre
cogliere in primis l’evoluzione della mariologia. Le devozioni
mariane dell’800 sarebbero incomprensibili al di fuori del dogma
dell’Immacolata Concezione, che conclude secoli di conflitti. Solo
dallo studio di tutto ciò che lo riguarda, e non solo apparizioni,
miracoli e santuari, si può capre la novità apparsa nella prima metà
del XIX secolo: la rianimazione progressiva dei santuari mariani dei
secoli precedenti.
Dopo la seconda metà dell’800, si entra in un nuovo rilancio
mariano con:
1) apparizioni di La Salette e di Loudes;
2) devozione del rosario;
3) inizio dei pellegrinaggi di moderni e di massa;
4) ondata di congressi mariani internazionali;
5) fondazione di tante congregazioni femminili di ispirazione
mariana.
L’uso politico del santuario segna la cesura più rilevante rispetto al
culto mariano precedente: i santuari diventano luoghi completi e
simbolici della conflittualità tra religione cattolica e i diversi culti
civili.
Infine, influiscono le trasformazioni materiali, i trasporti e le
modificazioni urbanistiche, che cambiano il volto dei pellegrinaggi e
dei santuari, grazie alla maggiore facilità d’ingresso e una diversa
esperienza di viaggio.
Loreto e il movimento cattolico leonino
Loreto è il santuario che, tra i tanti primati, si aggiudica anche
quello della politica, nello sforzo mai completamente riuscito di
diventare santuario nazionale, risultato invece ottenuto in Francia
da Lourdes.
A metà dell’800 Loreto stava diventando un punto di riferimento per
quel nuovo movimento cattolico leonino che cominciava a
tradursi nelle società di mutuo soccorso, casse rurali, patronati e
leghe operarie. Non solo Loreto, ma molti santuari del Nord,
cominciavano a diventare luogo di aggregazione della nuova
presenza delle masse cattoliche.
Da sponde cattolico liberali venivano avanzate critiche alle possibili
derive superstiziose in nome di una fede più sobria e interiore. Le
manifestazioni esibite nell’uso pubblico del sacro che dividevano i
cattolici, entravano in diretta concorrenza con i riti civili.
Le celebrazioni indette nel 1894 per ricordare il sesto centenario
dell’inizio del culto mariano a Loreto sollecitarono un riesame della
sua storia. I protagonisti furono:
1) Ulisse Chevalier;
2) Ilario Rinieri.
Alla fine del secolo si appianò la situazione con le autorità civili; un
decreto regio del 22 dicembre 1861 poneva l’istituto della santa
casa sotto la protezione del re, vigilato dal ministero di grazia,
giustizia e culti; poi venne riconosciuto come ente civile. Dopo il
passaggio dalla santa casa al regno d’Italia, la nuova
amministrazione lamentò uno stato d’abbandono del santuario. La
responsabilità era papale e venne quindi istituita una commissione
comune per ripristinare le strutture primitive della Chiesa.
I santuari meridionali. La Madonna di Pompei
Nel sud Italia, la crisi dei santuari era legata alla soppressione
delle case religiose. La ripresa ci sarà solo alla fine del secolo,
quando sarà ripristinata la presenza degli ordini religiosi. La
frammentazione e la generale arretratezza del meridione, la
mancanza di un laicato tendente a uniformare i santuari e un
progetto di militanza politica, fece si che le istituzioni religiose del
sud non partecipassero alla nazionalizzazione dei culti de nuovo
stato.
Il santuario meridionale per eccellenza è quello di Pompei; il suo
fondatore fu Bartolo Longo, che fu molto influenzato da Don
Bosco. La nascita del santuario si ricollega dunque ai singoli
moderni di un'Italia nascente: stazione dei carabinieri, ufficio
postale, telegrafo, ferrovie, che sembrano sostituire gli elementi
tradizionali per la scelta del luogo sacro. La scelta del luogo non fu
quindi imposta da un miracolo, apparizione, immagine: Longo parlò
di una predisposizione del luogo al culto della Madonna, dettata
non da un evento ma dall'urgenza della miseria umana.
Il culto Mariano di Pompei espresse contenuti che si basavano su
schemi e linguaggio devoti a sant'Alfonso De Liguori. É un tipo di
religiosità laica, dai caratteri austeri e sobri, lontano da espressioni
fanatiche e miracolistiche. Le preghiere promosse da Pompei
durante la prima Guerra saranno più consolatorie, che nazionaliste
e belligeranti. Il santuario di Pompei non simboleggiava una vittoria
cristiana contro qualcuno, ma una vittoria di pace e di fratellanza
che eliminava dolori e sofferenze.
Nelle guerre: il santuario tra fede e nazione
La spiritualità dei santuari di Pompei e Loreto nella prima guerra
mondiale saranno diverse:
1) Loreto--> più nazionalista e combattiva
2) Pompei--> più spirituale e volta alla supplica.
I santuari del nord erano infatti più coinvolti sul fronte bellico e in
molti casi vennero requisiti e attrezzati come ospedali.
Durante la Grande Guerra, per la prima volta i cattolici delle diverse
nazioni sono gli uni contro gli altri armati, in nome della loro stessa
religione universale.
Nelle devozioni dei soldati italiani c'è poco di politico e nazionale,
molte più suppliche per la loro sorte. Il bisogno di portare qualcosa
con sè (presunte reliquie, santini), di avere qualcosa preso dal
santuario più vicino al proprio paese: tutte forme che Agostino
Gemelli condannerà come superstiziose. L'unico culto davvero
nazionale della guerra, quello del Sacro Cuore, non nasce da
spontanee spinte devozionali, ma un tentativo di disciplinare
dall'alto il bisogno di soprannaturale del soldato. È da Armida
Barelli che nasce l'idea di consacrare l'esercito al sacro cuore. La
Barelli quasi lo impone a padre Gemelli, che, nel giugno del 1916,
lo propone a un poco convinto Benedetto XV. Fu un lavoro
massacrante, disse la Barelli; fabbricare, cucire, impacchettare e
spedire ai cappellani militari, 2 milioni e mezzo di bandierine del
sacro cuore e relative immagini. Oltre alle bandierine, si spedirono
anche 5000 copie di un arazzo economico rappresentante il sacro
cuore. Bandierine speciali di seta vennero fatte invece per gli
ufficiali. Mussolini è coinvolto direttamente nella consacrazione del
sacro cuore.
La nazionalizzazione dei santuari
Mussolini sosteneva che anche sui miracoli bisognava preferire il
prodotto nazionale. Aveva fatto pressione sull'Opera italiana dei
pellegrinaggi per diminuire il numero di pellegrinaggi a Lourdes e
incrementare quelli a Loreto. D'annunzio si interessò al volo di
Loreto già dal 1899.
Invece, al sud non si è quasi tentata la nazionalizzazione dei
santuari come al nord. Al sud:
● i santuari riflettono la condizione di miseria e povertà dei ceti
medi;
●suppliche, lettere, ex voto si rivolgono più alle incertezze materiali
(disoccupazione, ricerca di un posto fisso, concorsi, viaggio,
avanzamento di status) che alle guarigioni;
● le malattie → l'intervento divino non è chiesto come sostituto della
medicina, della terapia o dell'intervento chirurgico, ma come suo
potente alleato (non mancano i medici che ringraziano per il buon
esito di un intervento). Così si apprezzano le capacità umane
contro le avversità ma sempre sotto la protezione della Madonna.
Il santuario itinerante
Nel secondo dopoguerra, intorno al rinnovato culto mariano si
unisce un'azione liturgica spontanea, un bisogno di rassicurazione
comunitaria rinnovata dalla nuova credibilità della Chiesa e della
religione, viste come uniche speranze nel panorama di macerie
della nazione. Le madonne pellegrine avvicinano direttamente i
fedeli, diventando una sorta di santuari itineranti che precedono o
accompagnano i comizi nelle piazze d'Italia. Il santuario del divino
amore, a Roma, si afferma in questo clima rappresentando le
caratteristiche di un santuario contemporaneo popolare: è
espressione di una schietta religiosità popolare romana, che mette
insieme trasgressione (le processioni sembrano scampagnate più
che pellegrinaggi) e l'attivo inserimento delle trasformazioni sociali e
urbanistiche. L'episodio che fece del divino amore il santuario
romano per eccellenza fu la consacrazione della cittadinanza alla
Madonna, voluta da papa Pio XII durante la seconda guerra
mondiale. Ma l'autentico santuario di Roma è Roma stessa, che ha
in Piazza S. Pietro il luogo d'incontro dei pellegrinaggi e delle
liturgie straordinarie, come funerali e incoronazione dei papi, anni
santi, beatificazioni. Uno scenario spettacolare, con il colonnato del
Bernini che accoglie i pellegrini in un abbraccio simbolico.
Capitolo III: Le relazioni spirituali
La donna nel personalismo
In polemica con l'individualismo borghese, il personalismo cattolico
aveva un concetto di persona fondata sulla trascendenza e definita
dal suo essere centro di relazionalità. Questa corrente filosofica
nasce e si diffonde in Francia negli anni 30 del 900 ed è legata al
nome di Emmanuel Mounier. Secondo il personalismo cristiano,
che si sviluppa intorno alla rivista Esprit, diretta da Mounier, la
persona è centro di relazionalità in senso storico e psicologico: ha
una sua imprendibilità che costituisce il mistero di ciascuno e la
donna è il polo di questa relazionalità. Il personalismo valorizza le
specifiche caratteristiche femminili, in una logica né di
complementarietà ne di conflittualità con il maschile. Con una simile
concezione della persona, la donna può essere finalmente definibile
proprio dalla sua dimensione razionale. In altre parole, la donna
non è meglio, più persona dell'uomo. Piuttosto è discriminata,
negata nel suo genere. Il personalismo, sostiene la promozione
della donna, che va sganciata dalla sua funzione principe, quella
biologica materna. Troppo spesso la donna è stata identificata per
la sua funzione, finendo con lo sbiadire la persona a vantaggio
dell'esaltazione della funzione riproduttiva.
La femme eternelle
Il femminismo cristiano impersonato da Gertrud von Le Fort
esprime l’idea che, diventando più femminile, la civilizzazione possa
diventare più umana. Questo processo troverebbe i suoi fondamenti
nell’atemporalità della donna, in un’esaltazione dell’antimoderno,
nella sofferenza e nell’espiazione quale luogo proprio del femminile.
La donna eterna incarna, ai suoi massimi vertici, l’immagine di
potenza e conosce una vera e propria onnipotenza nella forma
trinitaria femminile di vergine, sposa, madre. Il “femminile”
rappresenterebbe una possibile rigenerazione dell’umanità in nome
del suo legame con la natura originaria.
Le relazioni eccellenti
Nella religiosità medievale e mistica, il corpo è il canale delle
comunicazioni, delle differenze e delle fusionalità tra uomo e donna
nel rapporto tra loro e con Dio.
La via romantica è, invece, quella dell'interiorità; una relazionalità
intima, amorosa o spirituale che a volte veicola anche scambi di
potere mondano.
Dopo la rivoluzione francese, le donne hanno esercitato
un'influenza molto forte nel contenere la scristianizzazione degli
ambiti maschili(mariti e figli). Questo si rivela nelle tante fondatrici di
nuove congregazioni, un'esplosione di spiritualità mariana rivolta
alle coscienze femminili. Il nuovo protagonismo della religiosità
femminile contemporanea influenza le diverse spiritualità maschili
900entesche, attivando relazioni spirituali in contesti collettivi, ma
più spesso privati.
Adelaide Coari, l’angelo di Clemente Rebora
Una donna che fu importantissima nella vita di Clemente, una sorta
di Beatrice, che lo porterà sul cammino della conversione, fino alla
vocazione religiosa: Adelaide Coari. Una donna molto importante
del primo femminismo cristiano e redattrice prima di “azione
muliebre”, poi fondò il periodico femminile “pensiero e azione”.
Clemente ebbe una ricerca interiore che lo porterà al silenzio, a non
esprimersi in forme letterarie, fino alla conversione religiosa. Si
arresta non solo l'attività letteraria, ma anche la comunicazione con
il mondo, tramite il suo incredibile epistolario. D'ora in poi solo
silenzio. Una vocazione che lo porterà a entrare nei rosminiani. Un
ancoraggio al razionalismo illuminista, un'ansia di attivismo sociale
e un bisogno estremo di isolamento (odiava la città e la mondanità):
questi gli ingredienti che eserciteranno fascino su Adelaide,
lacerata da sentimenti simili: inquietudine propria del tempo,
comune estraneità al moderno. Entrambi attratti da carità,
umanesimo, mazzinianismo e filosofie orientali.
I due si conobbero nel 1904 a Milano, a casa di Boine, amico di
Clemente. Lo reincontrerà nel 1917; fu la morte prematura di Boine
a segnare una tappa significativa per i 2: il 15 maggio 1919, nel
secondo anniversario della sua morte, Adelaide inviò una cartolina
a Clemente per ricordare l'amico. Il cordiale e brevissimo biglietto di
risposta che le manderà sarà l'inizio della loro vera corrispondenza.
Adelaide voleva la sua conversione. Lei chiese a monsignor
Roncalli, nunzio apostolico in Bulgaria, la cortesia personale di far
conoscere il cardinale Schuster a Clemente e accettò.
Emozionatissimo, il 24 ottobre 1929, si presento dal cardinale,
dalle cui mani, il mese dopo prenderà la sua prima comunione.
Chiese all'amica di non andare, volle andare solo. La conversione
era avvenuta.
Giuseppe De Luca e Romana Guarnieri, una beghina borghese e
un prete romano
Fine anni 30.
LEI → Romana Guarnieri: giovane e brillante studiosa di famiglia
borghese italo-olandese.
LUI → Giuseppe De Luca: sacerdote umile del sud, il cui sogno è
promuovere la fede cattolica a livelli altissimi, non provinciali.
Ricchissimo epistolario. Colpisce l'esposta intimità delle loro
lettere: si rimane sorpresi, perchè ci si aspetterebbe un carteggio
spirituale, uno scambio culturale o intellettuale. Invece no: è uno
scambio tra 2 vite vero, autentico, concitato, emotivo.
La fase iniziale di questo rapporto è esplosiva come può essere
solo l'innamoramento, entusiasmante e totale come può essere una
conversione improvvisa. La conversione avviene nel pieno delle
pulsioni giovanili, sotto forma di rinuncia radicale, del lasciare tutto
da chi non sa nulla di Chiesa e religione. Dopo l'ennesima
discussione con i genitori i due dissero basta. Bussarono alla porta
del primo conventino e chiesero della madre superiora. Fu una
rottura, un non voltarsi indietro. Questo lo scenario della sua rapida
conversione, del suo innamoramento e affidamento al signore. Don
Giuseppe ne è il tramite e l'ispiratore; con lei è in primis un prete.
Capitolo IV: L e politiche di beatificazione contemporanee
Perché i papi devono essere santi?
La santificazione di un papa, molto sentita per i primi 9 secoli,
quando era strettamente legata al martirio, viene ricercata sempre
meno post epoca tridentina. Rinasce tra 7-800, quando il pontefice
viene riscoperto nella sua fisicità, umiliata come quella di papa Pio
IX, costretto alla fuga a Gaeta. Il suo martirio, la prigionia, sono
oggetto di una vera devozione popolare già in vita.
La contrapposizione papa-mondo mette il successore di Pietro in
una costante condizione di prigionia; questo stato ha un corredo di
simboli e immagini devozionali che produce forme di devozione
popolare, che alimenteranno quella <papolatria>, una vicinanza
più al pontefice che alla Chiesa. Il modello migliore per prendere in
considerazione la papolatria è Pio IX: umilissime origini, nuovo
martire, vittima degli eretici moderni, mite e buono, ma intransigente
difensore dell'ortodossia. Invece, con Leone XIII la popolarità
papale non si origina più dal suo contrapporsi al mondo, in quanto
ne è il suo interprete più attento e non la sua vittima più
perseguitata.
Ma i pontefici beatificano i propri predecessori per motivi e logiche
sempre più schiettamente politiche:
- Pio XII : Beatifica Pio X, antimodernista, per avere un supporto
alle sue chiusure teologiche;
- Giovanni XXIII: beatifica Pio IX per riappacificazione nazionale;
- Ratzinger: proporrà il vincente Wojtyla.
Sulle beatificazioni più discusse del 900, Giovanni XXIII e Pio XII, si
può tentare un bilancio storico:
- GIOVANNI XXIII (il papa buono) → già durante l'agonia e dopo la
sua morte (giugno 1963), la commozione fu così grande da
imporre la sua santità a furor di popolo. Ma subito iniziano le
divisioni: questa santità sembrava troppo diretta del concilio
vaticano II, finendo per santificare il concilio stesso. Di fronte a
tanto clamore , Paolo VI folle preservare il culto del papa buono da
eccessi devozionistici e incontrollati. Turbato dalle crescenti
divisioni, Montini frena il processo di canonizzazione di papa
Giovanni XXIII, rimettendolo nei normali percorsi, a tempi lunghi;
- PIO XII → , Paolo VI tenta una prima risposta alle infuocate
polemiche sull'atteggiamento di Pio XII verso la shoah. Da allora
questa accusa si farà sentire a ogni svolta del processo di
beatificazione di Pio XII.
Avvenne però l'opposto di ciò che voleva Montini: lui voleva un
unico modello di santità che per il papa avrebbe dovuto essere
universale e corrispondere a criteri comuni. Giovanni XXIII e Pio
XII, invece di essere modelli di santità universali, divennero icone,
stereotipi, con tanto di supporter e di denigratori.
Una beatificazione che rende giustizia: Antonio Rosmini
Antonio Rosmini Serbati (1797-1855, filosofo) viene beatificato nella
diocesi di Novara, il 18 novembre 2007. Si chiude così, con
l'attestazione della sua ortodossia, la “questione Rosmini”,
considerato ora il più grande pensatore filosofico e teologico
dell'Italia durante l'800. Il suo pensiero è che fede e ragione siano
alleate tra loro, ma i gesuiti più intransigenti non gli perdonavano la
disponibilità a dialogare con il mondo moderno. Nella sua opera più
imbarazzante, “Le cinque piaghe della Santa chiesa” (che si
guadagnò un posto nell'indice dei libri proibiti) propone infatti una
riforma della Chiesa. Forzano il pontefice a esaminarne tutte le
opere pubblicate: Pio IX, mantenendo intatta la stima per il
sacerdote filosofo, fa parte della commissione, concludendo, che
nulla meritasse la censura. Deluse tutti quelli che speravano in una
condanna.
Lunga la beatificazione del Rosmini: dal 1855, la sua morte, al 1994
ci sono voluti 139 anni per arrivarci. In fine la Chiesa non ha reso
giustizia solo alla persona, ma anche al metodo: preservare la
purezza della fede insieme alla sua efficace comunicativa per
renderla accessibile a tutte le generazioni.
L’ultimo Pio XI e il dolore di Edith Stein
Grazie alle nuove aperture archivistiche su tutto il pontificato di Pio
XI, si può ricostruire cosa successe davvero negli anni che
precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale, in quei
mesi di incertezza per tutte le potenze europee che sembrano far
precipitare l'Europa nell'abisso.
In questo concerto di muovono i diversi personaggi del mondo
cattolico, i quali reagiscono ognuno in modo diverso alla catastrofe
imminente:
1) chi si allontana dal Duce e dalle leggi razziali;
2) ci invece porta avanti una vera campagna filo nazista.
Il disorientamento non travolge solo abitudini consolidate
diplomatiche e politiche, ma gli stessi protagonisti, primo tra tutti
Pio XI stesso (Francesco Ratti).
Un documento particolarmente interessante rinvenuto negli archivi
segreti vaticani è la lettera di Edith Stein che scrisse al papa per
richiedere un intervento in favore degli ebrei già alla prima ondata di
persecuzioni. Breve, intensa, densa di sofferta spiritualità: la
persecuzione degli ebrei è vista sia come scandalo dei diritti umani
violati, ma come male assoluto che un giorno potrebbe ricadere
sulla Chiesa se non sarà capace di assumerne il dolore. La Santa
Sede sappiamo che sapeva, mediante altre fonti. La voce di Edith si
univa a quelle di molti altri quindi. Il suo grido di dolore, la denuncia,
fino al martirio (sarà la sua superiora del Carmelo Di Colonia a
assecondare il suo trasferimento in Olanda e consegnarla alla
Gestapo). Il nocciolo teologico della Stein è che i nazisti non
possono usare l'identità di cristiani. Il dovere morale del papa è
denunciare che, chi è antisemita, non può dirsi cristiano.
Pio XII santo?
Le ricorrenti polemiche su Pio XII (Pacelli) creano una situazione
paradossale: più si parla di lui, e meno si chiariscono le vere
questioni storiche/teologiche alla base. Si troverà invischiato nelle
più grandi tragedie del secolo; non è un papa dei silenzi, tanto
meno il papa di Hitler. Il problema però c'è. Le polemiche sui
“silenzi di Pio XII” sulle persecuzioni ebraiche iniziano fin da
subito, a più riprese, fino ai nostri giorni. Non si placano, nessuna
risposta nè soluzione. La santa sede sapeva cosa stava accadendo
in Germania grazie alla stampa alleata, le organizzazioni ebraiche,
singole personalità, episcopati nazionali e i cappellani militari che
riferivano cosa vedevano in Polonia e Russia. Le informazioni
c'erano, ma si è sempre ritenuto che si tenesse il riserbo per
limitare la nascita di altre persecuzioni. Pio XII era perfettamente
consapevole di quanto fosse pesante il suo silenzio; silenzio per
proteggere la Chiesa, i propri figli, la cattolicità: si dovrà aspettare
perchè la chiesa consideri figli suoi tutti gli uomini, in primis gli
ebrei.
Occorre non attenersi solo sulle singole scelte di un papa, ma sul
comportamento complessivo della comunità cristiana nell'avere
accreditato e favorito il diffuso sentire antiebraico che ha segnato la
cultura europea degli ultimi due secoli. Pio XI prima di morire lancia
un grido; spiritualmente siamo tutti semiti.(essere razzista vuol dire
tradire la comune origine).
Più che le mitologie paganeggianti che molti vedrebbero nel
nazismo, Hitler voleva intaccare il cuore della rivelazione,
imponendo per legge alle chiese tedesche la soppressione e il
ripudio dell'antico testamento, fino a costruire un cristo ariano, una
nuova religione.
Nel 2000, Giovanni Paolo II chiederà perdono agli ebrei per le
colpe della Chiesa. La beatificazione di Edith Stein segna il
culmine di ciò.
La chiesa romana però si impegnava a accogliere ebrei,
perseguitati e rifugiati, ed è impensabile che Pio XII non ne fosse
promotore. Compensava con i gesti concreti i silenzi cui il lungo
servizio diplomatico l'aveva abituato. Durante l'occupazione
tedesca si poteva leggere, in italiano e tedesco, sulle porte dei
collegi religiosi di Roma: questo edificio è a scopi religiosi ed è alle
dipendenze dello stato della città del vaticano, non sono permesse
perquisizione e requisizione. In realtà servivano per ospitare gli
ebrei. In modalità gratuita. Perchè non venissero scoperti, gli ebrei
spesso indossavano abiti religiosi, si insegna loro il padre nostro(in
alcune ispezione è successero che fossero smascherati perchè, pur
vestiti da preti, non riuscivano ad arrivare alla fine della preghiera)si
costruivano nascondigli segreti dove fargli celebrare il loro culto.
La liturgia e il messale di san Pio V
La preghiera del Venerdì Santo di Pio V del 1570 invitava a pregare
per i “perfidi Giudei”, affinchè nostro signore potesse togliere il
velo dai loro cuori. La formulazione, benché Pio XII aveva precisato
non alludere ad un giudizio morale, ma che significasse che gli
ebrei rifiutavano la fede cristiana, venne comunque sostituita da
Paolo VI. L'associazione cattolica degli Amici di Israele propose
l'abolizione della formula dei “perfidi giudei” già nel 1928, ma
rifiutata la richiesta, fu anche soppresso l'ordine. I membri di questa
associazione, sorta il 24 febbraio 1926, per riconciliare ebrei e
cattolici, si impegnarono a evitare espressioni lesive per il popolo
ebraico, ma la richiesta più importante: non si sarebbe più dovuto
utilizzare il concetto di “conversione”. Con questo spirito, il 2
gennaio 1928, gli Amici di Israele presentarono alla sacra
congregazione dei riti la richiesta di cancellare le espressioni
perfidis e perfidiam. Venne incaricato della pratica Ildefonso
Schuster, egli appoggia completamente la mozione, ma prima di
pubblicare una riforma liturgica la congregazione dei riti aveva
bisogno del via libera del Santo Uffizio. E qui la situazione si ribalta.
In escalation, il Sant'Uffizio:
● rigetta la domanda;
● chiede una grande ammonizione per Schuster;
● sopprime gli Amici di Israele.
Pio XI, al quale spettava comunque l'ultima parola, si disse
d'accordo con il sant'uffizio. Ma preoccupato che le motivazioni
risultassero antisemite, fece aggiungere che la sede apostolica
condanna principalmente l'odio contro il popolo una volta eletto da
Dio, l'antisemitismo. Così per la prima volta appare il termine
antisemitismo.
La proposta rigettata dal sant'uffizio nel 1928 verrà accolta da Pio
XII, dopo oltre un quarto di secolo, nel riordinamento della
settimana santa. La nuova formulazione (1960) venne resa
obbligatoria per la chiesa mondiale, e segue il formulario di
preghiera formulato dagli Amici di Israele: resta il rimpianto della
grande occasione mancata per la chiesa che dal 1928 avrebbe
potuto contribuire ad arginare l'antisemitismo che da lì a poco
sarebbe sfociato nell'Olocausto.
Una beatificazione bloccata: Oscar Romero
Molte beatificazioni non riescono nemmeno a partire, perché
rallentate dai tempi di verifica oppure perché controverse. È il caso
della teologia della liberazione in America Latina che frena la causa
di Oscar Romero, il vescovo di S. Salvador ucciso sull'altare da
uno squadrone della morte nel 1980. Simbolo che rimanda al
sempiterno problema tra fede e politica; ripropone il problema di
quanto e come la Chiesa debba scendere in campo sulla scena
politica in situazioni drammatiche, come lo scontro durissimo in
America Latina, domande attuali in un mondo che vede le religioni
alimentare sempre più gli scontri etnici, terrorismi, ma essere anche
fonte di pacificazione e civilizzazione.
Eppure Romero sembra lontano quanto la Guerra fredda di cui fu
involontario protagonista. Questo vescovo martire fu davvero al
centro della partita di dominio tra USA e URSS alla fine degli anni
70. Lui offriva protezione a tutti, non solo ai cattolici (venne
accusato di comunismo ma nulla di più falso); si preoccupava solo
di fare il bene. È stato affiancato nella teologia della liberazione, di
fianco a Che Guevara e a Camillo Torres. Ma non era un
rivoluzionario, era comunque un uomo di Chiesa. Non era uomo
della teologia della rivoluzione, aveva un forte spirito religioso, era
un parroco.
Capitolo V: Gramsci e il suicidio della religione
Morale e ideologia religiosa nel giovane Gramsci
Per il giovane Gramsci la religione, prima che un errore, è un
bisogno; una necessità primitiva, propria di un atteggiamento
disorientato e immaturo che non ha ancora raggiunto
consapevolezza critica. Ciò è palesemente in sintonia con il
pensiero di Croce. Le riflessioni sulla religione riflettono il
disorientamento suscitato dalla Prima Guerra mondiale, un evento
non meno importante dell'impatto che la rivoluzione russa avrà su
Gramsci. La guerra divide i cattolici, ne mina il senso di universalità
perchè i nazionalismi mettono i cattolici di ogni nazione l'uno contro
l'altro: il conflitto è sul terreno religioso.
Il giovane Gramsci sradicato dall'amata Sardegna, vive una
sensazione di acuto spaesamento. Stato d'animo che ripeterà in
molte lettere dal carcere. Questo spaesamento è sempre correlato
al bisogno di religiosità, in modo ripetuto e chiaro, negli scritti
giovanili come nelle lettere dal carcere. L'antidoto che Gramsci
propone per quello che per lui è una vera e propria regressione, è
nel marxismo ancorato a quell'idealismo germanico del XVIII sec,
faro rassicurante, che ha ghigliottinato l'idea di Dio, e che ha messo
al centro la potenza creatrice dell'uomo, che ha acquisito coscienza
della forza, della volontà, dell'efficacia della sua coscienza nella
storia. L'uomo al centro, le sue risorse, le sue energie, senza più
confusione.
Per Gramsci non può esserci una possibilità di incontro tra
socialismo e cattolicesimo: lo stesso socialismo è una religione,
quella che deve ammazzare il cristianesimo. La ragione promette
una consolazione più affidabile della religione, perchè afferma che
l'immortalità ultraterrena dimostra che ogni nostro atto, appena
compiuto, si stacca da noi e vive vita immortale e noi stessi (che
non siamo altro che il processo dei nostri atti) siamo immortali,
perché avere vissuto è vivere per sempre. L'importanza crescente
della volontà dell'uomo contro il fatalismo, la passività, se è la base
alla doppia critica al cattolicesimo e al positivismo, diventa il terreno
in cui matura il distacco da croce.
Il cattolicesimo democratico “amalgama, ordina, vivifica e si suicida”
La sua curiosità nasce dal voler capire le ragioni della ripresa del
movimento cattolico mobilitato durante la guerra. Ma è negli scritti
politici che l'interesse di Gramsci per le organizzazioni cattoliche
diventerà interpretazione legata all'analisi e al ragionamento
politico. Nel primo scritto dedicato alle nuove forme in cui si
organizza la Chiesa durante la crisi dello stato liberale, Gramsci
giudica la nascita del partito popolare come il fatto più grande
della storia italiana dopo il Risorgimento. Con esso il processo di
rinnovamento degli italiani, che rinnegano e superano il
cattolicesimo, che evadono dal dominio religioso, assume una
forma organica. Si incarna nelle grandi masse. Interprete delle
nuove spinte prodottesi in campagna, il partito cattolico, meglio
delle organizzazioni socialiste, può diventare il canale politico
dell'azione pre-rivoluzionaria affidata ai contadini; identico sarà
l'esito del PPI, destinato a dissolversi.
Il fascismo comincia ad apparirgli come la forma unificante della
borghesia italiana e inizia a maturare la consapevolezza che i
processi di massa nelle società avanzate avvengono lentamente e
per formazioni intermedie. Il fascismo riunifica le diverse anime del
cattolicesimo italiano.
Neoguelfismo, Azione cattolica e Concordato: le vie cattoliche alla
modernità
Gramsci si concentra sul peso che la chiesa viene a ricoprire in
campo educativo e culturale: si formerà la tendenza che le
università cattoliche siano il meccanismo selettivo delle menti più
intelligenti e capaci delle classi inferiori da mettere nel personale
dirigente. La chiesa non può accontentarsi di creare solo preti,
vuole permeare lo stato e perciò sono necessari i laici. Così la
Chiesa è una parte integrante del fascismo, gli da il consenso di
larghe masse popolari. L'azione cattolica diventa agli occhi di
Gramsci, una forma politica più moderna e internazionale dei partiti
politici cattolici. L'azione cattolica non si limita a ristrutturare la
presenza cattolica nel fascismo, ma segna un'epoca nuova nella
religione cattolica: da concezione totalitaria del mondo, diventa solo
una parte e deve avere un partito. Non è più il tutto ma una parte, e
per la prima volta ha bisogno di un partito che la rappresenti.
Suicidio della religione?
Il percorso di studio di Gramsci non riguarda tanto i rapporti
stato/chiesa, quanto la compenetrazione tra religione e nazione; le
sue note tematizzano i passaggi fondamentali che
favoriscono/rallentano/impediscono l'idea di un'Italia cattolica. La
religione non è stata davvero collante tra popolo e intellettuali,
come in Germania con la Riforma. In Italia non c'era chiesa
nazionale, ma cosmopolitismo religioso perchè gli intellettuali
italiani erano collegati a tutta la cristianità immediatamente come
dirigenti anazionali. Distacco tra scienza e vita, religione e vita
popolare, filosofia religione; i drammi di Giordano Bruno sono del
pensiero Europeo, non Italiano. Gramsci non apprezza il significato
fondativo e la radice universalistica della Chiesa, non ne vede la
positività ad esempio nel mitigare gli eccessi dei nazionalismi.
Capitolo VI: Le apparizioni di fine millennio
Il culto mariano tra nazionalismo e internazionalizzazione
Il culto mariano va considerato alla luce delle strategie utilizzate
dalla Santa sede durante la Grande Guerra: basti pensare
all'utilizzazione dei culti in chiave nazionalistica sotto Benedetto XV
e Pio XI.
Il ruolo del culto mariano nel fondare l'identità
nazionale/locale/regionale, è antecedente. Il suo carattere
nazionale e politico viene espresso già nel 1871, quando si
iniziarono a organizzare i primi pellegrinaggi nazionali per La
Salette e Lourdes. Il Grande pellegrinaggio nazionale (ottobre
1872) è la prima esibizione nazionalistica mariana, con la
partecipazione dei pellegrini di diverse diocesi, con forte presenza
regionale e autorità politiche, canti religiosi con musiche degli inni
regionali e nazionale.
Dall'altra parte del Reno, quasi negli stessi anni sorge una sorta di
Lourdes tedesca, in seguito ad apparizioni avvenute a Marpingen
(1876): un culto mariano che nasce e si sviluppa nella Germania di
Bismark..
La novità riposa nel carattere globale che oggi riveste il culto
mariano:
- nel senso della filiazione -> nei paesi occidentali avanzati, ma
anche in Africa, avvengono apparizioni con le stesse modalità e
caratteri;
- nel senso della contemporaneità -> del pellegrinaggio e delle
apparizioni. La mobilità delle apparizioni e l'utilizzo degli strumenti
informatici per diffondere il culto rendono meno importante la fissità
e la stanzialità del santuario quale meta del pellegrinaggio.
Il culto di Lourdes si colloca all'incrocio di due contraddizioni, che
esprimono il bisogno di salvezza e di guarigione fisica. Il
protagonista è il corpo malato, nudo, immerso nelle grandi vasche
di acqua benedetta davanti alla grotta, trasportato in file enormi di
barelle e sedie a rotelle, in processioni e fiaccolate che richiamano
le grandi manifestazioni, riti di massa che domineranno le
rappresentazioni collettive del a breve 900. È un tipo di liturgia
comunitaria: si prega a braccia aperte, di notte.
Il profetismo di Fatima e la funzione geopolitica della Madonna di
Medjugorje
Nel 900 il culto mariano non si attenua rispetto all'800: nel 1950 Pio
XII definisce il dogma dell'assunzione di Maria al cielo, una delle 3
solennità mariane. Uno degli avvenimenti religiosi più importanti ai
tempi della riforma, perchè per la prima volta nella cultura
occidentale, si sarebbe divinizzata una donna. Il numero delle vere
e false apparizioni, resta sempre molto alto (tra 1928 e 1958 si
contano 179 apparizioni). La regina tra tutte, la più rappresentativa
della devozione mariana nel 900 è l'apparizione di Fatima.
Apparizione di Fatima → avviene nel 1917, esprime un profetismo
apocalittico e il suo culto viene “usato” in senso politico di fronte ai
grandi conflitti, come le guerre mondiali e la rivoluzione russa.
Potremmo dire che Lourdes ha segnato l'apogeo del miracolo fisico,
come risposta mariana contro la scienza mariana, mentre Fatima
incarna i valori della tradizione contro la minacciosa avanzata del
materialismo, che seduce sempre di più le masse. La madonna di
Fatima è essenzialmente politica. È stata il vessillo delle battaglie
anticomuniste negli anni della Guerra fredda. La devozione di
Fatima entra nella storia in modo dinamico: scende tra gli uomini e
le donne peregrinando per le vie del mondo e non come meta di
pellegrinaggi. Le chiese si svuotano e la Madonna stessa va in
pellegrinaggi dai suoi figli dispersi, in una missione per salvare il
mondo occidentale che continua a scristianizzarsi. La vergine
appare per la prima volta a 3 pastorelli, a Cova da Iria, 13 maggio
1917. Siamo nell'ultimo anno del conflitto bellico, con gli americani
alle porte dell'Europa. Una guerra che ha messo in comunicazione
uomini che prima di allora non sapevano dell'esistenza gli uni degli
altri. La madonna si destreggia tra gli eventi più importanti del
secolo e di questo parlano i suoi famosi segreti:
Primo segreto: nella parte conosciuta del segreto rivelato ai
veggenti, annuncia la fine della guerra e la consacrazione della
Russia al suo cuore immacolato. Ci sarà la pace solo se la Russia
si convertirà e non diffonderà i suoi errori nel mondo. Intorno a
Fatima si sono condensate accuse o compiacimenti per le tendenze
apocalittiche che contengono, specie intorno al terzo segreto, che è
stato tenuto nascosto (Padre Pio era depositario e custode del
terzo segreto).
La Madonna di Medjugorje → paesino nell'Erzegovina
(Jugoslavia) dove si segnalano apparizioni ininterrotte dal 1981. A
differenza di Fatima, non esprime gli stessi accenti punitivi e
minacciosi. Nè sembra risentita o offesa dalle bruttezze del mondo.
È affranta, chiede riparazioni e digiuni, ma si dimostra fiduciosa, si
rivolge ai devoti ringraziando ogni volta di ascoltarla, come una
madre paziente e non esigente e accusatoria. Secondo i suoi
ripetitivi messaggi, il 900 sarebbe chiuso sotto il segno di satana,
portatore di guerre tra popoli e disordine nei cuori. Per questo il
centro del suo messaggio è la pacificazione. Chiede di pregare e
digiunare per la pace quando la guerra era ancora lontana. La
catastrofe che si sarebbe abbattuta sulla ex Jugoslavia era
impensabile allora così come non si poteva prevedere il crollo del
comunismo. Il culto di Medjugorje svolge una funzione geopolitica
trovandosi al crocevia tra Ovest e Est e al centro del furioso scontro
etnico seguito alla transizione del mondo postcomunista.
La Madonna in rete e la riscoperta del rosario
Tra alcune conseguenze ipotizzate da alcuni futurologi: per
comunicare nella messa, non bisognerebbe più spostarsi da casa
verso una chiesa di mura, ma sarebbe sufficiente seguire nel
cyberspazio la liturgia del proprio pastore preferito e al massimo
intervenire e dialogare con lui, in una congregazione che riunirebbe
elettronicamente fedeli di qualsiasi parte del mondo.
Il teologo Karl Rahner aveva espresso molte riserve sull' ascolto
della messa via etere, proposta dalla chiesa per anziani e infermi.
Secondo lui, non si sarebbe dovuto infrangere quel pudore,
quell'intimità di fede che il credente esprime nella sua
partecipazione convinta e attiva alla messa, con una sua diffusione
via etere, che raggiunge tutti indistintamente, indifferenti e credenti,
in una sorta di banalizzazione del suo significato più profondo.
Johann Baptist Metz, altro teologo contemporaneo, allievo di
Rahner, non giustificava la messa in televisione nemmeno per
anziani e infermi perchè ci vedeva il rischio che l'elettronica finisca
per sostituire sempre di più l'incontro e la comunicazione.
I mass media e internet hanno anche stravolto le coordinate spazio
temporali del culto mariano tradizionale che subisce così due
processi:
1) si internazionalizza rapidamente;
2) pellegrinaggi virtuali.
Il caso dei pellegrinaggi di Medjugorje è significativo. C'è la
comunicazione tra pellegrini: avviene in contemporanea, grazie a
strumenti informatici così che esperienze e testimonianze spirituali
vengono scambiate in tempo reale e sostituiscono le grandi
cerimonie collettive dei grandi santuari. Quando fin dai primi anni 80
pellegrini si incontravano sul luogo delle apparizioni in piccoli gruppi
spontanei, non organizzati, vivevano l'esaltazione di un'esperienza
fortemente spirituale.
Protagonista assoluto è il rosario, ritenuta la preghiera della pace
per eccellenza. Un grande ritorno di questa pratica, considerata
desueta e ripetitiva dopo il Concilio Vaticano II, accomuna la ripresa
mariana degli ultimi decenni.
I nuovi pellegrinaggi: un rito di vita spirituale
Nei luoghi di culto mariani cambia anche il cerimoniale: la notte, le
fiaccole, la luce, la forza, la potenza risanatrice, la processione. Il
culto della grotta: l'andare e il venire dalla grotta è il ritmo
quotidiano dei pellegrini che cercano la presenza di Maria, nei
luoghi come Lourdes. In quelli attuali, come Medjugorje, la
Madonna appare ininterrottamente. Perchè nel culto mariano
contemporaneo la Madonna non predilige il chiuso di una frotta, ma
il cielo aperto. È tipico di tutte le apparizioni contemporanee: in quei
luoghi di pellegrinaggio, l'andare al monte delle apparizioni non ha
la stessa valenza di Lourdes. Il luogo sacro cambia e diminuisce il
significato, perchè la Madonna è apparsa ovunque, in ogni angolo
del mondo.
Nell'800 Lourdes ha prodotto un vero rito di vita, scandito
annualmente: per donne sole, per malati cronici, per ceti agiati.
Invece l'attuale movimento mariano non ha un ritmo di vita ma un
ritmo spirituale: nessuna scadenza annuale, non è rivolta ai malati
fisici, non tocca classi specifiche. L'evoluzione più significativa però
è sulle modificazioni dei miracoli e le aspettative dei pellegrini: il
miracolo fisico passa a quello psicologico (depressione, mancanza
di gioia di vivere, delusioni, disillusioni) e alla fine al miracolo della
conversione.
Il miracolo tecnologico e il miracolo psicologico
La Madonna c'è, l'occhio nudo non la vede ma binocoli, macchine
fotografiche, cineprese si. In questo caso, a differenza di altre
apparizioni, non si può parlare di veri o falsi veggenti perchè tutti
possono essere, almeno potenzialmente, veggenti. Sebbene lo
stato di trance sia riservato ai 7 veggenti prescelti, anche gli altri
fedeli sentono e vivono con intensità la presenza della Madonna.
A Fatima la natura era il luogo di eventi straordinari, nelle
apparizioni erano il lampo e il tuono che precedevano e
annunciavano l'arrivo e la partenza della Vergine. Voce sottilissima,
si abbassava la luce solare, la bellissima nuvoletta bianca che
avvolgeva i veggenti, colonne di fumo simili all'incenso durante le
apparizioni, il globo di luce che portava e riportava la vergine, poi i
diversi colori, pioggia di fiori bianchi e il miracolo del sole dove dopo
l'acquazzone d'acqua tutti i fedeli accorsi si ritrovavano asciutti.
A Medjogorje la macchina diventa il luogo in cui avvengono i
prodigi. Non solo la Madonna invisibile si svela alla fotografia, ma il
sole si scioglie in prodigi di luci e movimenti nel mirino della
telecamera. Una novità nelle apparizioni di Medjugorje è la
frequenza giornaliera nonché il messaggio mensile: si ripete
interrottamente. Il linguaggio comunicativo dei veggenti stesso è
cinematografico: hanno visto grazie a lei il paradiso e l'inferno, con
una descrizione ampissima, pieno di dettagli. Eppure la Madonna,
nei suoi messaggi, condanna la televisioni perchè rende le menti
passive e manipolabili. Però attraverso questo si raggiunge la
massima diffusione del culto mariano. I fenomeni di Medjugorje
sono diffusi in tutto il mondo attraverso ogni tipo di comunicazioni
visiva. Viene filmato tutto: incontri con i veggenti, gruppi di
preghiera ecc. L'altro grande mezzo di diffusione di messaggi è la
radio, specialmente radio Maria, in onda 24/24.

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