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Nicolò Machiavelli

Nicolò Machiavelli nasce nel 1469 a Firenze da una famiglia borghese ma colta; il padre avvocato
gli dà un’educazione umanistica. La sua carriera politica inizia nel 1498 come segretario della
seconda Cancelleria e poi come diplomatico militare, infatti nel 1506 riorganizza le milizie
fiorentine. L’esercito in quegli anni ha un ruolo centrale: la Repubblica di Firenze è minacciata da
una parte dallo Stato della Chiesa, dalle ambizioni di Cesare Borgia, il famoso duca Valentino, che
voleva ampliare il suo dominio nell’Italia centro-settentrionale grazie all’aiuto del padre, il papa
Alessandro VI, dall’altra dalla Repubblica di Venezia. Dall’inizio del 1500 compie importanti
missioni diplomatiche recandosi presso il re di Francia Luigi XII, presso Cesare Borgia (che nel
“Principe” sarà giudicato un esempio da imitare) e presso papa Giulio II. Organizza il reclutamento
di un esercito cittadino perché conosce i problemi legati all’uso di truppe mercenarie, problemi che
descriverà nel “Principe”. Il ritorno al potere del cardinale Giovanni dei Medici nel 1512 segnano la
fine dell’incarichi pubblici di Machiavelli. Egli viene incarcerato perché il suo nome compare in
una lista di cospiratori contro i Medici ed esiliato. Dopo l’amnistia nel 1513 torna a San Casciano,
vicino Firenze.
Nella sua vita Machiavelli compone numerose lettere, non destinate alla pubblicazione perché
rivelano i suoi stati d’animo nei confronti della situazione politica italiana e dei protagonisti delle
vicende pubbliche. Altre opere importanti sono:
le “Istorie fiorentine”
la “Vita di Castruccio Castracani” che è la biografia idealizzata (non reale) di un condottiero del
1300 preso come modello di principe guerriero dotato di prudenza e di energia
la commedia latina intitolata “La Mandragola”
I “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, in tre libri. Nell’opera Macchiavelli analizza le leggi
della Repubblica romana e la politica estera, sottolineando l’importanza della partecipazione del
popolo alla vita politica. Lo scrittore dice che le sue idee si basano sugli esempi politici che ha tratto
dagli uomini del passato: ritiene che il modello migliore sia la repubblica mista, cioè un equilibrio
tra gli aristocratici e i plebei. Per lui, infatti, la storia ha uno sviluppo circolare, cioè si passa dalla
monarchia, all’oligarchia, alla democrazia, che se degenera in demagogia (=governo del popolo ma
solo per conservare il proprio potere) porterà all’elezione di un nuovo monarca, così da far ripartire
il ciclo. Da un punto di vista religioso Macchiavelli ritiene che la religione favorisce l’umanità e
l’obbedienza del popolo. Per lui lo Stato della Chiesa ha sempre impedito che un qualsiasi stato
italiano conquistasse l’intera penisola, ne è riuscito lui ad unificare l’Italia.
LA POETICA DI MACHIAVELLI
Machiavelli scrive con uno scopo pratico nel senso che analizza gli eventi del suo tempo per
favorire la nascita di uno Stato italiano unitario. Le sue riflessioni, però, hanno un valore universale
che vanno oltre il momento storico in cui l’autore vive. Il realismo di Machiavelli deriva, insomma,
dall’analisi delle circostanze a lui contemporanee, dall’esperienza che si era fatto e dagli esempi
tratti dalla storia. Dà grande importanza alla storia perché è convinto che in qualsiasi epoca
l’umanità si comporta sempre allo stesso modo, è guidata sempre dagli stessi istinti e gli esempi del
passato servono a superare le crisi. L’imitazione degli eventi del passato è utile solo se serve a
cambiare la realtà adattandosi alle effettive circostanze del presente.
Per Machiavelli non c’è una forma di governo ideale: la scelta corretta dipende dalla situazione in
cui ci si trova Se nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” dà la preferenza alla repubblica,
perché consente ai vari gruppi sociali di condividere la gestione del potere. Ma se mancano buone
leggi ed è diffusa la corruzione, la repubblica sfocia nell’anarchia, come accade nell’Italia del 1500:
allora è necessario l’assolutismo del PRINCIPATO, in cui il PRINCIPE gestisce da solo il potere.
IL PRINCIPE
“Il Principe” è un trattato politico scritto forse nel 1513 durante l’esilio. E’ dedicato a Lorenzo dei
Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico perché spera che i Medici possano collaborare per costruire
un PRINCIPATO solido e duraturo. Nel trattato vuole dare una soluzione concreta alla crisi
dell’Italia.
(vedi fotocopia) nella prima sezione capp. I-XI Machiavelli divide i principati in
principati ereditari (le monarchie dinastiche),
misti (domini ampliati da nuove conquiste),
nuovi (con la distruzione del vecchio regime): questi si ottengono con la VIRTU’ o con la
FORTUNA oppure con le ARMI PROPRIE o ALTRUI. Cesare Borgia è diventato principe grazie
alla fortuna e alle armi altrui. Machiavelli preferisce il principato CIVILE, basato sul consenso dei
sudditi. I principati ECCLESIASTICI hanno regole particolari.
Nella seconda sezione capp. XII-XIV parla dell’ordinamento delle milizie. Soltanto le MILIZIE
PROPRIE, capeggiate dal principe e formate dai cittadini, possono garantire la sicurezza dello
Stato. Le MILIZIE MERCENARIE sono invece inaffidabili; per Machiavelli la debolezza degli
Stati italiani è causata dal massiccio impiego delle COMPAGNIE DI VENTURA (=sono i soldati
stipendiati da un condottiero che li guida e che cambiano padrone a seconda di chi li paga di più)
La terza sezione capp. XV-XXIII parla delle qualità del Principe che identifica non con un ideale
astratto ma con Cesare Borgia. Per conservare lo Stato il principe può ricorrere anche a
comportamenti moralmente negativi, se le circostanze lo rendono necessario. (=il fine giustifica i
mezzi)
La quarta sezione capp. XXIV-XXVI analizza la crisi politica contemporanea, causata
dall’incapacità dei principi italiani Dopo aver parlato di virtù e fortuna, infine, Machiavelli esorta i
Medici a liberare la penisola dal dominio straniero.
Il principe perfetto secondo Machiavelli deve possedere le virtù fondate sulla MORALE LAICA e
non la MORALE CRISTIANA: non deve pensare se un’azione è BUONA o MALVAGIA ma se è
UTILE e EFFICACE. Il sovrano deve pensare all’INTERESSE dei SUDDITI e dello STATO; se è
necessario deve ricorrere a MEZZI PIU’CRUDELI. Il principe NON deve essere LEALE, ma
ABILE nell’uso della FORZA e dell’INGANNO. Il principe può utilizzare anche la FORZA con gli
altri purchè non sia fine a sé stessa. Tuttavia la volontà del principe può essere resa inutile dalla
“FORTUNA” intesa come elemento imprevedibile e capriccioso che controlla la metà delle vicende
umane. L’unico rimedio è la “VIRTU’”, che permette di valutare le situazioni e prevenire o attutire
le difficoltà. Se non è più condizionata dalla morale, la politica diventa una SCIENZA autonoma
che risponde a leggi specifiche fondate sul criterio dell’utile (PER ESEMPIO Se il sovrano deve
mostrarsi crudele per il bene comune allora la crudeltà è ammessa nella pratica del governo).
Consapevole della crisi italiana, la analizza e propone come soluzione l’uso della forza e
dell’astuzia nel senso che è convinto che per liberare l’Italia dal dominio straniero si vince solo con
ASTUZIA e FORZA. Per questo nell’ultimo capitolo del “Principe” Machiavelli incita i Medici a
guidare i sovrani italiani in una guerra per liberare la penisola dagli invasori stranieri. IL SUO
SOGNO NON SI REALIZZERA’
Il trattato politico è scritto con uno stile chiaro, una prosa scientifica, segue un discorso logico.

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