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MACHIAVELLI

CAPITOLO 1- Quante siano le specie de’ Principati, e con quali modi si acquistino.

L’esposizione degli argomenti del trattato-incipit


Nel primo brevissimo capitolo del trattato Machiavelli enuncia in estrema sintesi il contenuto generale dell'opera,
operando una prima distinzione tra repubbliche e principati, quindi elencando i vari tipi di principato che verranno via
via analizzati nei capp. II-XI del trattato. La pagina, pur nella sua concisione, è un bell'esempio del procedimento logico
di tipo "dicotomico" (o "dilemmatico") spesso messo in atto dall'autore in questa e nelle altre sue opere.

Nel capitolo I Machiavelli vuole fornire al suo lettore una fenomenologia del potere, una tassonomia che classifichi
nella maniera più che appropriata e soddisfacente tutte le forme di governo fino a quel momento conosciute. Dopo aver
disegnato questo schema basilare gli sarà quindi possibile elaborare una sua personale teoria politica senza sentirsi ogni
volta in dovere di riprendere e chiarire nozioni, terminologie, assiomi di base e strutture del potere: muoversi libero e
alleggerito da doverose pedanterie.

Prima divaricazione: repubbliche o principati


Primo assioma del primo capitolo del Principe: tutte le forme di potere conosciute sono o repubbliche o principati.
L'autore procede col ragionamento scartando via via un'opzione tra le due per soffermarsi sull'altra; nel caso specifico
porta avanti il discorso sui principati. Questo procedimento dialettico per dicotomie successive è tipico della
speculazione filosofica categorizzante di Platone. Inoltre Machiavelli alterna momenti - come questo -
di deduzione (riduzione dalla categoria più generale a quella più particolare attraverso degli strumenti logici a priori)
con momenti di osservazione della realtà e di induzione (si parte dal dato concreto e si approda ad un principio più
generale) come quando si sente in dovere di fornire esempi concreti delle categorie che sta definendo. Formula così un
metodo cogitativo secondo la misura della materia che vuole trattare.

Seconda divaricazione: principati ereditari o nuovi


I principati possono essere o ereditari, cioè trasmessi secondo un lignaggio, o nuovi, conquistati con forze proprie e
nuove. Si procede ragionando sui principati nuovi.
I principati nuovi possono essere nuovi del tutto o membri aggiunti ad un principato ereditario (misti). In questo
passaggio, ma anche in molti altri, Machiavelli offre al lettore un'esemplificazione traendo spunto dai modelli
dell'attualità e del passato più prossimo: il Ducato di Milano retto da Francesco Sforza rientra nella categoria di
principato nuovo del tutto, mentre il Regno spagnolo di Napoli è misto, in quanto annesso ai previ possedimenti del Re
di Spagna (in questo caso il regno non è nemmeno geograficamente contiguo ma risulta spezzettato). L'autore prosegue
il ragionamento senza preferire uno dei due rami ma innesta contemporaneamente tre nuove dicotomie sulla categoria
superiore dei principati nuovi (quella definita per la prima volta nella seconda divaricazione).

Possono essere tenuti sotto un regime di tipo personale e patrimonializzato o, al contrario, libero

I principati/territori nuovi possono essere stati acquisiti o con : Forze proprie o forze altrui


Cioè con le truppe mercenarie o con soldati posti alle proprie dirette dipendenze

O con Fortuna o virtù


 Fortuna: tutto ciò che va al di fuori di ogni calcolo umano, positivo o negativo che sia.
 Virtù: non ha alcuna connotazione morale, ma riguarda l’insieme di capacità tecniche che permettono a un principe
di perseguire i suoi obbiettivi politici.

ANALISI
Stato= governo

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È interessante la definizione che Machiavelli fornisce di "stato", che per lui si qualifica come "imperio sopra gli
uomini" e che presenta dunque una forma di dominio di pochi o di uno solo sulla massa dei sudditi, con una concezione
ancora lontanissima da quella democratica di "sovranità popolare" che verrà elaborata solo molto più tardi, in epoca
illuministica. L'arte politica è presentata essenzialmente come l'esercizio della forza e del potere sulla società per
mantenere l'ordine ed evitare l'anarchia.

Disegno ad albero
Lo schema che va a tracciare ricorda un po' il disegno di un albero, con graduali biforcazioni e propaggini: una struttura
diramata che evidenzi, a colpo d'occhio, punti in comune, differenze, reciproche derivazioni e rapporti paritetici o di
filiazione tra le diverse forme di potere.  stile dilemmatico, realtà suddivisa in due

Stile dilemmatico
Nel testo Machiavelli dimostra il procedimento "dilemmatico" del suo ragionamento, che tende a individuare due
opposte alternative che poi vengono prese in esame. O-O sono

Principi nuovi
I due esempi di "principi nuovi" presentati qui da Machiavelli sono Francesco Sforza, il capitano di ventura che divenne
duca di Milano e che lo scrittore citerà nuovamente nel cap. VII come positivo esempio di chi arriva al potere con virtù
e con armi proprie (lo Sforza verrà citato ancora nei capp. XII e XIV sulle milizie) e re Ferdinando il Cattolico di
Spagna, che strappò il regno di Napoli agli Aragonesi e che verrà indirettamente chiamato in causa anche nel cap.
XVIII, col dire che il sovrano agisce in modo assai diverso da come predica in pubblico (Ferdinando morì nel 1516 ed
era pertanto ancora vivo al momento della composizione del Principe). In particolare lo Sforza verrà quasi contrapposto
nel cap. VII all'esempio di Cesare Borgia, anch'egli creatore di uno Stato dal nulla ma grazie alla fortuna e agli aiuti
militari altrui, nel che è da individuare la radice della sua rovina 

Situazione attuale
Particolare interesse suscita in Machiavelli proprio la natura dei principati nuovi, in cui "consistono le difficultà" (come
viene spiegato nel cap. III) in quanto il nuovo principe, che abbia creato lo Stato dal nulla come Francesco Sforza o lo
abbia aggiunto ai suoi propri domini, deve comunque vincere la diffidenza dei nuovi sudditi, introdurre nuove leggi e
istituzioni politiche, prevenire ulteriori ribellioni che potrebbero scalzarlo dalla sua posizione. È evidente che tale
interesse è rivolto anche alla particolare situazione di Firenze, dove i Medici erano da poco tornati al potere dopo aver
rovesciato la Repubblica nel 1512 ed erano alla testa di un "principato nuovo", meritevole di quelle attenzioni suggerite
da Machiavelli nella sua trattazione (non va scordato che il Principe era stato proprio pensato come "manuale" politico
rivolto ai Medici).

CAPITOLO 15- Delle cose, mediante le quali gli uomini, e massimamente i Principi, sono lodati o vituperati.
Incipit capitolo
 L’incipit del capitolo segnala il passaggio della discussione ad un altro argomento

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 L'autore dichiara in modo programmatico di voler trattare la "verità effettuale" delle cose (noi diremmo la "realtà
concreta") e non di andar dietro alla "imaginazione di essa" (idealizzazione).
 Il passo introduce alla terza sezione del trattato (capp. XV-XXIII) dedicata alla descrizione delle norme di
comportamento che il principe deve tenere nell'azione concreta di governo, in particolare nei confronti dei suoi
sudditi e amici (inteso come alleati)

Caratteristiche tipiche del proemio


Formula di passaggio che indica il passaggio da un tema/sezione all’altra

Topos della falsa modestia


Machiavelli dice subito di non essere il primo a trattare di tale tema e questo per non sembrare presuntuoso. È il topos
della falsa modestia, che compare già nella dedica.

Dichiarazione del contenuto e della nuova prospettiva adottata

Consapevolezza della propria novità


 È consapevole della distanza che separa le sue tesi da quelle degli scrittori che l’hanno preceduto (partendomi..
dagli ordini degli altri)
 Contrapposizione: tra se stesso (che si è attenuto alla verità effettuale, ovvero un’analisi oggettiva e non mistificata
dei dati della realtà) e i molti che “ si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né
conosciuti essere in vero”  contrapposizione netta ma non è provocatorio
 Egli però rivendica il proprio orgoglio, allontanandosi radicalmente dal loro modo di pensare, dichiarando quindi di
presentare una novità  prende le distanze dalla trattatistica politica precedente che aveva per lo più delineato
delle utopie e descritto "republiche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero", i quali
venivano scritti da coloro che venivano definiti come specula principis.
 L’esposizione del pensiero è caratterizzata da una pacatezza colloquiale che cerca di riprodurre la sentenziosità
piena di buon senso popolare (colui che lascia quello che si fa per quello che si dovrebbe fare … o uno uomo che
voglia fare in tutte le parte professione di buono)

Riferimenti “molti”
 Non specifica chi siano i molti che hanno teroizzato repubbliche e principati mai realizzatisi. Potrebbe illudere sia
alla trattatistica politica classica (platone) sia a quella medievale (S.Tommaso, Egidio Colonna,…)
 Essi tratteggiavano caratteristiche ideali ed etiche positive di un principe, senza fare l’analisi spietata e oggettiva
della realtà. Machiavelli ritiene che seguendo questi comportamenti eticamente giusti il principe non avrà successo,
finendo per procurarsi la propria rovina.
 Machiavelli ha una visione impietosa e realistica dell’uomo

Manuale di comportamento, verità politica


 La riflessione usl comportamento perfetto del principe e sulle sue qualità si basa sul scrivere che cosa è utile

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 Assunto dello scrittore è infatti la definizione di norme pratiche e condotta che cosnentano al principe di evitare la
ruina e di mantenersi è la creazione di un manuale di comportamento, e non vuole definire un catologo di
qualità unviersalmente valide ma impossibili da applicare
 Machiavelli ha l’intenzione di prendere in considerazione soltanto la reale natura dei arapporti politic, cercando di
comprendere dall’interno quei meccanismi che solo l’esperienza diretta può insegnare; un attenzione ch verte
unicamente sull’essere tralasciando il dover essere
Essere e dover essere
 Tutto il capitolo ruota concettualmente sulla contrapposizione fra verità effettuale e immaginazioone, che ritorna
nelle coppie si vive/ si dovrebbe vivere e si fa/ si dovrebbe fare
 Sarebbe laudarissima….  contrasto tra le due logiche opposte della verità effettale ed immaginazione

Visione pessimitistica della natura umana


 Parte dalla considerazione che gli uomini non sono tutti buoni, quindi per il sovrano è impossibile comportarsi bene
in qualunque circostanza, dal che emerge la concezione profondamente pessimistica della natura umana che si
riflette anche in altre opere dell'autore e che verrà ripresa, sia pure giungendo ad altre conclusioni, anche dalla
riflessione di Thomas Hobbes nel XVII sec.

Comportamento principe

 Per lui le caratteristiche che noi definiamo come vizi, li ritiene necessari in certe occasioni. Per riuscire a
conservare il potere, è necessario che il principe sia in grado di comportarsi in maniera eticamente scorretta quando
è necessario.
 Machiavelli elenca le diverse qualità che possono essere attribuite a un sovrano attraverso una serie di coppie
antinomiche di aggettivi, cioè di opposto significato e sono ritenute moralmente positive o negative (generoso-
rapace, traditore-fedele, leale-astuto, ecc.). Specifica che sarebbe lodabile se il principe potesse dimostrare solo le
qualità considerate "buone", ma poiché ciò è impossibile e costituisce un’idealizzazione, data la natura malvagia
degli esseri umani, egli dovrà essere capace di usare l'una o l'altra a seconda delle circostanze, quindi dovrà essere
bugiardo, traditore, violento quando ciò sarà indispensabile per mantenere intatto lo Stato.
 Le virtù, secondo la morale cristiana, sono valori assoluti, che devono essere applicati sempre. Per Machiavelli
invece i valori diventano relativi, dato che sono applicabili a dipendenza della situazione.
 Essere buono o cattivo, diventa un mezzo/competenza tecnica e ciò vuol dire che vengono svuotati completamente
del loro valore morale. Egli sgancia la politica dalla morale, facendo diventare vizi e virtù dei mezzi che il principe
deve imparare ad usare
 L'autore non vuole affatto esortare il principe a comportarsi in maniera malvagia né scrivere un manuale per tiranni,
come pure molti lo accusarono di aver fatto, ma solo affermare che il fine principale del sovrano è il mantenimento
dello Stato, considerato in sé un valore assoluto in quanto baluardo contro l'anarchia e il disordine civile, quindi
qualunque comportamento atto a sortire questo fine deve essere tollerato e non respinto in virtù di ragioni
puramente etiche o religiose.
 L'unica "etica" teorizzata da Machiavelli è appunto quella politica, relativa alla sopravvivenza dello Stato, e la sola
cautela che il principe deve usare è quella di non esporsi a critiche che possano danneggiare la sua immagine di
uomo politico, per quanto, se necessario, egli debba rinunciare anche a questo pur di non perdere la sua autorità e il
suo potere. Ciò vuol dire che il principe deve evitare quei vizi che gli toglierebbero il potere (non perché sono
eticamente sbagliati). Il suo criterio diventa politico e vizi e virtù sono semplici mezzi/competenze pratiche.
 Machiavelli considera una caratteristica virtuosa quando è utile per mantenere il potere.
 Machiavelli non deve essere considerato un autore immorale perché egli non si occupa dell’ambito dell’etica,
infatti fa un discorso puramente politico. Può venire definito amorale perché sgancia l’ambito politico da quello
morale.
 “Il fine giustifica i mezzi”: è una frase che viene associata a Machiavelli, che in realtà non ha mai detto ed è
sbagliata. Il problema sta nel verbo usato, che presuppone una trasgressione, avendo usato dei mezzi sbagliati
moralmente che quindi devono essere giustificati. Sarebbe necessario usare un verbo neutro che non presupponga
una visione morale, come ad esempio “richiede”.

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CAPITOLO 18- In che modo i Principi debbino osservare la fede.

Disonestà: parola data


Sarebbe bello se il principe mantenesse la parola data e non usasse l'astuzia, tuttavia i disonesti hanno fatto grandi cose.
In altri termini: coloro che hanno saputo raggirare le menti degli uomini, hanno avuto risultati migliori rispetto a coloro
che si sono fondati sull'onestà. Dopo aver enunciato la tesi, procede con l'esposizione argomentativa.

Afferma in particolare che il sovrano non deve sentirsi obbligato a rispettare la parola data quando ciò si risolva a suo
danno, proprio come gli esempi di papa Alessandro VI e di re Ferdinando il Cattolico dimostrano chiaramente. Scopo
principale del monarca deve essere la sopravvivenza dello Stato e a ottenere ciò non deve farsi scrupoli di tipo morale,
ma solo evitare quei comportamenti che danneggino la sua immagine pubblica e possano screditarlo agli occhi dei
sudditi.

La fede: fedeltà/lealtà alla parola data che uno inganni o no. Tutti lo sanno che è meglio essere leali,
nondimanco=tuttavia, per esperienza sa che i principi migliori sono quelli sleali e furbi.

Sarebbe lodevole che un principe mantenga la parola data, ma ciò è un’idealizzazione perché osservando la realtà per
quello che è si vede che i principi spesso non rispettano la parola data e hanno avuto più successo quelli che hanno
infranto questo principio morale.

Procedimento dilemmatico: con le leggi (morali) o con la forza  modello di cicerone


Machiavelli in questo capitolo ripropone il procedimento dilemmatico del I capitolo. Vi sono due modi di combattere:
con le leggi, o con la forza; il primo è proprio degli uomini, il secondo delle bestie. Tuttavia le leggi sovente non
bastano ed è quindi necessario utilizzare la forza. Un principe deve dunque saper comportarsi da bestia, oltre che da
uomo. Infatti la leggenda del centauro che alleva Achille ha un fondo di verità: gli uomini devo essere educati con una
parte che afferisce alla ragione e con l'altra che afferisce alla forza bruta.

Forza o astuzia- leone o volpe


Il principe deve essere una volpe, per riconoscere le trappole (astuzia), e un leone, per sconfiggere i nemici (forza). Dice
che il principe che ha usato meglio la volpe è il migliore. Gli antichi e gli umanisti avevano già dato un’immagine di
principe. Principe deve saper usarie la bestia: volpe e leone furbizia e forza

Importanza dell’essere: simulatore e dissimulatore


Il principe non deve mantenere la parola data se ciò gli si ritorce contro e se vengono a mancare i motivi che l'avevo
indotto a promettere. Se gli uomini fossero buoni, questo insegnamento sarebbe sbagliato, ma, poiché gli uomini sono
meschini, è corretto. Il principe deve però riuscire a mascherare, a colorire i suoi tradimenti; deve essere capace di
simulare e di dissimulare. Il principe troverà sempre uomini ingenui e ottusi in quanto, l'uomo è attaccato alla
circostanza immediata, non è lungimirante e perciò facile da ingannare. Machiavelli afferma che il principe non debba
presentare tutte le qualità, ma deve apparire come se le avesse.

Simulatore: fingere di essere, dissumulatore: nascondere la verità. Potere: politica matrimoniale. Alessandro 6°=.
Rodrigo Borgia, proviene da una famiglia spagnola. È un papa, uno dei peggiori.  non pensò mai ad altro se non ad
ingannare gli uomini. Cicerone dice che bisogna fare di tutto per usare le leggi, sennò usare la forza.

Scandalo del messaggio


Ovviamente questo messaggio di Machiavelli creò molto scandalo essendo opposto a quello evangelico della Chiesa.
Ciò che salvò Machiavelli è che nella sua ottica il potere del principe è funzionale al benessere dei sudditi. Il principe
deve parlare di fede, carità, umanità, integrità e religione in quanto il volgo giudica solo l'apparenza e il risultato, non si
cura dei mezzi utilizzati per arrivare a quel risultato. La maggior parte del mondo è costituita da volgo, sono i pochi a
conoscere l'essenza del principe e codesti di fronte alla grande massa non hanno spiraglio.

Immagine del principe

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Il capitolo è interessante anche perché Machiavelli ribadisce la necessità per il principe di curare la propria immagine
pubblica ed evitare quei comportamenti che possano screditarlo agli occhi del popolo, idea già espressa nel cap. XV e
ulteriormente sviluppata nel cap. XIX è il concetto di "simulazione" e "dissimulazione" che diverrà familiare nella
trattatistica politica della Controriforma, in base al quale il sovrano non  deve necessariamente avere tutte le buone
qualità che ci si aspetta da lui, ma deve "parere di averle", e soprattutto deve sembrare pio e religioso in quanto ciò è
utilissimo a conquistare il favore popolare, secondo quell'idea della religione come instrumentum regni espressa anche
nei Discorsi. Avere le buone qualità è dannoso, molto più utile fingere di averle, poiché se uno le ha non riesce a non
averle (farne uso), se invece finge di possederle può disporne a piacimento

Ciò non significa che il sovrano debba necessariamente compiere il male, ma non deve rifuggire dal compiere azioni
delittuose se "necessitato" e, al contempo, badare che non gli esca mai di bocca qualcosa che contraddica le migliori
qualità che normalmente ci si attende dall'uomo di governo, per cui egli deve apparire pietoso, fedele, umano, leale,
religioso, ma essere pronto a fare il contrario quando la convenienza politica e la stringente necessità lo obblighi a
mutare la sua azione. Deve mostrare di possedere delle caratteristiche positive che in realtà non ha e nascondere quelle
negative. Gli uomini sono talmente ingenui che si lasceranno ingannare.

Esempio
Machiavelli dopo aver trattato in maniera teorica gli argomenti, fornisce anche un esempio concreto di un simile
comportamento "doppio", ovvero re Ferdinando il Cattolico di Spagna (sia pure citato in modo indiretto) che, a parole,
"non predica mai altro che pace e fede", mentre nella realtà concreta "è inimicissimo" di entrambe, rappresentando la
miglior dimostrazione di come simulazione e dissimulazione siano politicamente utili. L'autore cita anche l’esempio di
un principe che ha sempre ingannato il prossimo, ovvero papa Alessandro VI Borgia, il padre naturale di Cesare la cui
figura è stata ampiamente analizzata nel cap. VII e che era stato il principale artefice della fortuna e dell'ascesa politica
del figlio: il pontefice era stato elogiato anche nel cap. XI sui principati ecclesiastici ed era stato presentato come un
grande papa capace di rafforzare l'edificio politico della Chiesa, ulteriormente irrobustito dalla successiva azione
conquistatrice di Giulio II.

Egli aveva avuto successo perché conosceva bene l’arte della simulazione e dissimulazione e aveva anche trovato
persone da ingannare. I papi vengono di fatto equiparati da Machiavelli a dei sovrani temporali, essendo i capi di uno
Stato vero e proprio quale era la Chiesa nel XVI sec., e ciò dimostra ancora una volta la totale separazione tra etica
religiosa e politica del trattato, nonché la visione della religione come instrumentum regni che tante critiche avrebbe
sortito allo scrittore.
Le qualità che erano elencate nel capitolo XV non devono appartenere per forza ad un principe, perché può anche fare
finta di averle/non averle.

ANALISI
Immagini concrete
In questo capitolo Machiavelli fa ricorso a immagini concrete per spiegare i concetti astratti:
 Chirone: centauro, metà uomo e metà cavallo, rappresenta il doppio volto del potere, ovvero uomo e bestia
 il leone: rappresenta la forza bruta necessaria al principe
 la volpe: insegna l'importanza dell'astuzia
 l'esempio di Papa Alessandro VI, campione di dissimulazione

Procedimento dilemmatico

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