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CAPITOLO 1- Quante siano le specie de’ Principati, e con quali modi si acquistino.
Nel capitolo I Machiavelli vuole fornire al suo lettore una fenomenologia del potere, una tassonomia che classifichi
nella maniera più che appropriata e soddisfacente tutte le forme di governo fino a quel momento conosciute. Dopo aver
disegnato questo schema basilare gli sarà quindi possibile elaborare una sua personale teoria politica senza sentirsi ogni
volta in dovere di riprendere e chiarire nozioni, terminologie, assiomi di base e strutture del potere: muoversi libero e
alleggerito da doverose pedanterie.
ANALISI
Stato= governo
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È interessante la definizione che Machiavelli fornisce di "stato", che per lui si qualifica come "imperio sopra gli
uomini" e che presenta dunque una forma di dominio di pochi o di uno solo sulla massa dei sudditi, con una concezione
ancora lontanissima da quella democratica di "sovranità popolare" che verrà elaborata solo molto più tardi, in epoca
illuministica. L'arte politica è presentata essenzialmente come l'esercizio della forza e del potere sulla società per
mantenere l'ordine ed evitare l'anarchia.
Disegno ad albero
Lo schema che va a tracciare ricorda un po' il disegno di un albero, con graduali biforcazioni e propaggini: una struttura
diramata che evidenzi, a colpo d'occhio, punti in comune, differenze, reciproche derivazioni e rapporti paritetici o di
filiazione tra le diverse forme di potere. stile dilemmatico, realtà suddivisa in due
Stile dilemmatico
Nel testo Machiavelli dimostra il procedimento "dilemmatico" del suo ragionamento, che tende a individuare due
opposte alternative che poi vengono prese in esame. O-O sono
Principi nuovi
I due esempi di "principi nuovi" presentati qui da Machiavelli sono Francesco Sforza, il capitano di ventura che divenne
duca di Milano e che lo scrittore citerà nuovamente nel cap. VII come positivo esempio di chi arriva al potere con virtù
e con armi proprie (lo Sforza verrà citato ancora nei capp. XII e XIV sulle milizie) e re Ferdinando il Cattolico di
Spagna, che strappò il regno di Napoli agli Aragonesi e che verrà indirettamente chiamato in causa anche nel cap.
XVIII, col dire che il sovrano agisce in modo assai diverso da come predica in pubblico (Ferdinando morì nel 1516 ed
era pertanto ancora vivo al momento della composizione del Principe). In particolare lo Sforza verrà quasi contrapposto
nel cap. VII all'esempio di Cesare Borgia, anch'egli creatore di uno Stato dal nulla ma grazie alla fortuna e agli aiuti
militari altrui, nel che è da individuare la radice della sua rovina
Situazione attuale
Particolare interesse suscita in Machiavelli proprio la natura dei principati nuovi, in cui "consistono le difficultà" (come
viene spiegato nel cap. III) in quanto il nuovo principe, che abbia creato lo Stato dal nulla come Francesco Sforza o lo
abbia aggiunto ai suoi propri domini, deve comunque vincere la diffidenza dei nuovi sudditi, introdurre nuove leggi e
istituzioni politiche, prevenire ulteriori ribellioni che potrebbero scalzarlo dalla sua posizione. È evidente che tale
interesse è rivolto anche alla particolare situazione di Firenze, dove i Medici erano da poco tornati al potere dopo aver
rovesciato la Repubblica nel 1512 ed erano alla testa di un "principato nuovo", meritevole di quelle attenzioni suggerite
da Machiavelli nella sua trattazione (non va scordato che il Principe era stato proprio pensato come "manuale" politico
rivolto ai Medici).
CAPITOLO 15- Delle cose, mediante le quali gli uomini, e massimamente i Principi, sono lodati o vituperati.
Incipit capitolo
L’incipit del capitolo segnala il passaggio della discussione ad un altro argomento
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L'autore dichiara in modo programmatico di voler trattare la "verità effettuale" delle cose (noi diremmo la "realtà
concreta") e non di andar dietro alla "imaginazione di essa" (idealizzazione).
Il passo introduce alla terza sezione del trattato (capp. XV-XXIII) dedicata alla descrizione delle norme di
comportamento che il principe deve tenere nell'azione concreta di governo, in particolare nei confronti dei suoi
sudditi e amici (inteso come alleati)
Riferimenti “molti”
Non specifica chi siano i molti che hanno teroizzato repubbliche e principati mai realizzatisi. Potrebbe illudere sia
alla trattatistica politica classica (platone) sia a quella medievale (S.Tommaso, Egidio Colonna,…)
Essi tratteggiavano caratteristiche ideali ed etiche positive di un principe, senza fare l’analisi spietata e oggettiva
della realtà. Machiavelli ritiene che seguendo questi comportamenti eticamente giusti il principe non avrà successo,
finendo per procurarsi la propria rovina.
Machiavelli ha una visione impietosa e realistica dell’uomo
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Assunto dello scrittore è infatti la definizione di norme pratiche e condotta che cosnentano al principe di evitare la
ruina e di mantenersi è la creazione di un manuale di comportamento, e non vuole definire un catologo di
qualità unviersalmente valide ma impossibili da applicare
Machiavelli ha l’intenzione di prendere in considerazione soltanto la reale natura dei arapporti politic, cercando di
comprendere dall’interno quei meccanismi che solo l’esperienza diretta può insegnare; un attenzione ch verte
unicamente sull’essere tralasciando il dover essere
Essere e dover essere
Tutto il capitolo ruota concettualmente sulla contrapposizione fra verità effettuale e immaginazioone, che ritorna
nelle coppie si vive/ si dovrebbe vivere e si fa/ si dovrebbe fare
Sarebbe laudarissima…. contrasto tra le due logiche opposte della verità effettale ed immaginazione
Comportamento principe
Per lui le caratteristiche che noi definiamo come vizi, li ritiene necessari in certe occasioni. Per riuscire a
conservare il potere, è necessario che il principe sia in grado di comportarsi in maniera eticamente scorretta quando
è necessario.
Machiavelli elenca le diverse qualità che possono essere attribuite a un sovrano attraverso una serie di coppie
antinomiche di aggettivi, cioè di opposto significato e sono ritenute moralmente positive o negative (generoso-
rapace, traditore-fedele, leale-astuto, ecc.). Specifica che sarebbe lodabile se il principe potesse dimostrare solo le
qualità considerate "buone", ma poiché ciò è impossibile e costituisce un’idealizzazione, data la natura malvagia
degli esseri umani, egli dovrà essere capace di usare l'una o l'altra a seconda delle circostanze, quindi dovrà essere
bugiardo, traditore, violento quando ciò sarà indispensabile per mantenere intatto lo Stato.
Le virtù, secondo la morale cristiana, sono valori assoluti, che devono essere applicati sempre. Per Machiavelli
invece i valori diventano relativi, dato che sono applicabili a dipendenza della situazione.
Essere buono o cattivo, diventa un mezzo/competenza tecnica e ciò vuol dire che vengono svuotati completamente
del loro valore morale. Egli sgancia la politica dalla morale, facendo diventare vizi e virtù dei mezzi che il principe
deve imparare ad usare
L'autore non vuole affatto esortare il principe a comportarsi in maniera malvagia né scrivere un manuale per tiranni,
come pure molti lo accusarono di aver fatto, ma solo affermare che il fine principale del sovrano è il mantenimento
dello Stato, considerato in sé un valore assoluto in quanto baluardo contro l'anarchia e il disordine civile, quindi
qualunque comportamento atto a sortire questo fine deve essere tollerato e non respinto in virtù di ragioni
puramente etiche o religiose.
L'unica "etica" teorizzata da Machiavelli è appunto quella politica, relativa alla sopravvivenza dello Stato, e la sola
cautela che il principe deve usare è quella di non esporsi a critiche che possano danneggiare la sua immagine di
uomo politico, per quanto, se necessario, egli debba rinunciare anche a questo pur di non perdere la sua autorità e il
suo potere. Ciò vuol dire che il principe deve evitare quei vizi che gli toglierebbero il potere (non perché sono
eticamente sbagliati). Il suo criterio diventa politico e vizi e virtù sono semplici mezzi/competenze pratiche.
Machiavelli considera una caratteristica virtuosa quando è utile per mantenere il potere.
Machiavelli non deve essere considerato un autore immorale perché egli non si occupa dell’ambito dell’etica,
infatti fa un discorso puramente politico. Può venire definito amorale perché sgancia l’ambito politico da quello
morale.
“Il fine giustifica i mezzi”: è una frase che viene associata a Machiavelli, che in realtà non ha mai detto ed è
sbagliata. Il problema sta nel verbo usato, che presuppone una trasgressione, avendo usato dei mezzi sbagliati
moralmente che quindi devono essere giustificati. Sarebbe necessario usare un verbo neutro che non presupponga
una visione morale, come ad esempio “richiede”.
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CAPITOLO 18- In che modo i Principi debbino osservare la fede.
Afferma in particolare che il sovrano non deve sentirsi obbligato a rispettare la parola data quando ciò si risolva a suo
danno, proprio come gli esempi di papa Alessandro VI e di re Ferdinando il Cattolico dimostrano chiaramente. Scopo
principale del monarca deve essere la sopravvivenza dello Stato e a ottenere ciò non deve farsi scrupoli di tipo morale,
ma solo evitare quei comportamenti che danneggino la sua immagine pubblica e possano screditarlo agli occhi dei
sudditi.
La fede: fedeltà/lealtà alla parola data che uno inganni o no. Tutti lo sanno che è meglio essere leali,
nondimanco=tuttavia, per esperienza sa che i principi migliori sono quelli sleali e furbi.
Sarebbe lodevole che un principe mantenga la parola data, ma ciò è un’idealizzazione perché osservando la realtà per
quello che è si vede che i principi spesso non rispettano la parola data e hanno avuto più successo quelli che hanno
infranto questo principio morale.
Simulatore: fingere di essere, dissumulatore: nascondere la verità. Potere: politica matrimoniale. Alessandro 6°=.
Rodrigo Borgia, proviene da una famiglia spagnola. È un papa, uno dei peggiori. non pensò mai ad altro se non ad
ingannare gli uomini. Cicerone dice che bisogna fare di tutto per usare le leggi, sennò usare la forza.
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Il capitolo è interessante anche perché Machiavelli ribadisce la necessità per il principe di curare la propria immagine
pubblica ed evitare quei comportamenti che possano screditarlo agli occhi del popolo, idea già espressa nel cap. XV e
ulteriormente sviluppata nel cap. XIX è il concetto di "simulazione" e "dissimulazione" che diverrà familiare nella
trattatistica politica della Controriforma, in base al quale il sovrano non deve necessariamente avere tutte le buone
qualità che ci si aspetta da lui, ma deve "parere di averle", e soprattutto deve sembrare pio e religioso in quanto ciò è
utilissimo a conquistare il favore popolare, secondo quell'idea della religione come instrumentum regni espressa anche
nei Discorsi. Avere le buone qualità è dannoso, molto più utile fingere di averle, poiché se uno le ha non riesce a non
averle (farne uso), se invece finge di possederle può disporne a piacimento
Ciò non significa che il sovrano debba necessariamente compiere il male, ma non deve rifuggire dal compiere azioni
delittuose se "necessitato" e, al contempo, badare che non gli esca mai di bocca qualcosa che contraddica le migliori
qualità che normalmente ci si attende dall'uomo di governo, per cui egli deve apparire pietoso, fedele, umano, leale,
religioso, ma essere pronto a fare il contrario quando la convenienza politica e la stringente necessità lo obblighi a
mutare la sua azione. Deve mostrare di possedere delle caratteristiche positive che in realtà non ha e nascondere quelle
negative. Gli uomini sono talmente ingenui che si lasceranno ingannare.
Esempio
Machiavelli dopo aver trattato in maniera teorica gli argomenti, fornisce anche un esempio concreto di un simile
comportamento "doppio", ovvero re Ferdinando il Cattolico di Spagna (sia pure citato in modo indiretto) che, a parole,
"non predica mai altro che pace e fede", mentre nella realtà concreta "è inimicissimo" di entrambe, rappresentando la
miglior dimostrazione di come simulazione e dissimulazione siano politicamente utili. L'autore cita anche l’esempio di
un principe che ha sempre ingannato il prossimo, ovvero papa Alessandro VI Borgia, il padre naturale di Cesare la cui
figura è stata ampiamente analizzata nel cap. VII e che era stato il principale artefice della fortuna e dell'ascesa politica
del figlio: il pontefice era stato elogiato anche nel cap. XI sui principati ecclesiastici ed era stato presentato come un
grande papa capace di rafforzare l'edificio politico della Chiesa, ulteriormente irrobustito dalla successiva azione
conquistatrice di Giulio II.
Egli aveva avuto successo perché conosceva bene l’arte della simulazione e dissimulazione e aveva anche trovato
persone da ingannare. I papi vengono di fatto equiparati da Machiavelli a dei sovrani temporali, essendo i capi di uno
Stato vero e proprio quale era la Chiesa nel XVI sec., e ciò dimostra ancora una volta la totale separazione tra etica
religiosa e politica del trattato, nonché la visione della religione come instrumentum regni che tante critiche avrebbe
sortito allo scrittore.
Le qualità che erano elencate nel capitolo XV non devono appartenere per forza ad un principe, perché può anche fare
finta di averle/non averle.
ANALISI
Immagini concrete
In questo capitolo Machiavelli fa ricorso a immagini concrete per spiegare i concetti astratti:
Chirone: centauro, metà uomo e metà cavallo, rappresenta il doppio volto del potere, ovvero uomo e bestia
il leone: rappresenta la forza bruta necessaria al principe
la volpe: insegna l'importanza dell'astuzia
l'esempio di Papa Alessandro VI, campione di dissimulazione
Procedimento dilemmatico