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PROEMIO GERUSALEMME LIBERATA

INTRODUZIONE
Nelle ottave iniziali del poema l'autore propone anzitutto la "protasi", l'enunciazione della materia epica con anticipazione della
vittoriosa conclusione della Crociata e la presentazione del "capitano" Goffredo, poi invoca la Musa che è da intendersi come
personificazione dell'ispirazione divina e alla quale giustifica la scelta artistica di inserire intermezzi romanzeschi nella trama
propriamente storica, per allettare il pubblico e divulgare la materia dell'opera. Non manca l'elemento encomiastico, con la dedica del
poema ad Alfonso II d'Este che, auspica Tasso, potrà assumere il comando di una nuova, futura Crociata per liberare il Santo
Sepolcro.

PRIMA OTTAVA=PROTASI
La prima ottava corrisponde alla "protasi", ovvero l'enunciazione del tema affrontato nel poema, e il primo verso rappresenta una
voluta imitazione di quello iniziale dell'Eneide (Arma virumque cano Troiaeque qui primus ab oris) con la presentazione dell'eroe al
centro dell'opera, il "capitano" Goffredo di Buglione le cui "arme" sono "pietose" in quanto devote alla fede cristiana e alla guerra
santa della Crociata, anche qui con ripresa dell'aggettivo pius attribuito ad Enea che era sottomesso alla volontà del fato.

L'impresa compiuta da Goffredo è celebrata come "glorioso acquisto", dal momento che il condottiero ha riconquistato il "gran
sepolcro" di Cristo (gli aggettivi sottolineano la grandezza dell'opera militare) ed egli ha operato con saggezza e con ardimento
militare, soffrendo molto nel fare fino in fondo il proprio dovere.

Goffredo è dunque presentato sin dall'inizio come guerriero perfetto, non soggetto al turbamento delle passioni che invece svieranno i
suoi "compagni erranti" dalla centralità della loro missione, e infatti a lui spetterà il compito di riportarli sotto le insegne dei Crociati,
anticipando uno dei temi fondamentali del poema e cioè il contrasto fra dovere e allettamento dei sensi, tra guerra e amore.

Viene anche prefigurato l'intervento del soprannaturale nelle vicende militari, poiché il Cielo ha dato il suo favore all'impresa di
Goffredo e ha vanificato il tentativo delle forze infernali di opporsi all'inevitabile caduta di Gerusalemme, così come vana sarà
l'unione tra l'esercito musulmano di Terrasanta e quello proveniente dall'Egitto (dalla "Libia", intesa genericamente come il
Nordafrica), per cui si può dire che l'ottava proemiale riassume in modo sintetico tutti gli aspetti fondamentali del poema, così come
l'ultima (XX.144) avrà ancora protagonista Goffredo, che "vince" ed entra in Gerusalemme adorando il "gran Sepolcro" (l'inizio e la
fine dell'opera si rimandano con un riferimento "circolare").

 Il lirismo del Tasso è ben evidente fin dal Proemio, in cui viene mostrato che il "cantare è più importante che la materia del
canto".
 Nella  protasi troviamo poi l'accostamento tra oggettivismo e soggettivismo, amplificato ed evidenziato dalle antitesi presenti
nel testo ("….Inferno/Ciel…,….Arme pietose/ Popol misto….,  ….Capitano/Compagni erranti…, …..oprò/soffrì…..").

2°-3° OTTAVA = INVOCAZIONE ALLA MUSA


Nell'invocazione alla Musa (ott. 2-3) Tasso intende rivolgersi all'ispirazione divina e il poeta chiarisce subito che non si tratta della
divinità pagana, che è incoronata sul monte Elicona di allori destinati a sfiorire perché legati a una poesia mortale, bensì di una Musa
celeste che ha una corona dorata di stelle e risiede in paradiso, quindi l'autore dovrà essere assistito direttamente da Dio nel comporre
un'opera di profondo significato religioso, molto diversa dai poemi di intrattenimento dell'epica cavalleresca.

Tasso giustifica anche la scelta di mescolare vero e invenzione romanzesca (i "fregi" con i quali abbellisce il vero storico), poiché i
lettori si rivolgono più volentieri a un'opera con elementi piacevoli e attrattivi e in tal modo egli potrà più facilmente trasmettere il
messaggio religioso ed edificante del poema, che costituisce la più interessante novità letteraria rispetto alla tradizione epica
precedente.

L'autore ricorre alla similitudine del bambino malato che deve bere un'amara medicina e che viene ingannato facendolo bere da un
"vaso" i cui bordi siano stati cosparsi con "soavi licor", poiché da questo inganno egli riceve la guarigione e la vita: fuor di metafora i
"succhi amari" sono gli insegnamenti morali dell'opera, mentre le sostanze dolci sono appunto i "diletti" poetici inseriti nella materia
propriamente epica, ovvero gli intermezzi idillici che apparentemente potevano stonare in un poema dedicato a un'impresa santa
come la Crociata che aveva portato alla riconquista di Gerusalemme.

Tasso trae la similitudine da Lucrezio (De rerum natura, I.936-942), che usa un'immagine molto simile per giustificare anch'egli la
scelta di affrontare la materia filosofica dell'epicureismo musaeo dulci... melle ("col dolce miele proprio delle Muse"), onde evitare
che il volgo, restio al linguaggio del sapere, se ne allontani come disgustato.
 O musa = apostrofe  il poeta si apostrofa
 Invoca una Musa: si rivolge ad ella come se fosse un divino utilizza il tu. Si rivolge alla musa come al divino.
 Ripete il tu 4 volte (struttura). Utilizza l’imperativo richiesta alla musa. Chiede ispirazione ed illuminazione, rendi belli i miei
versi, contenuti pieni di fede cristiana e bellezza dei versi.
 Elicona/ parnaso: dove vivono le muse, un monte  ma la musa di Tasso non è lì ma nel paradiso cristiano
 Prima parte della 2° ottava fa un paragone fra la sua musa e le altre: antitesi
 Chiasmo: musa falsa (pagana) e musa vera

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 Invocazione: la musa che invoca tasso è una figura celeste, non pagana come di solito avviene, ovvero la madonna (stesse parole
che Petrarca rivolge alla madonna). Tasso domanda alla madonna di poter avere un’ispirazione celeste (ripresa di Dante), chiede
anche che il suo canto sia bello e infine il suo perdono se non si atterrà alla pura realtà perché aggiungerà degli abbellimenti al
fine di attrarre il lettore, al fine di trasmettere il messaggio cristiano al maggior numero di persone possibile (similitudine
classica di Lucrezio, di come si inganni il bambino con qualcosa di dolce al fine di fargli prendere una pillola amaraegro
fanciullo).

4° OTTAVA = DEDICA
Le ott. 4-5 anticipano il motivo encomiastico al centro del poema, dedicato ad Alfonso II d'Este (all'epoca protettore di Tasso e
signore di Ferrara) che viene ringraziato dal poeta in quanto lo ha generosamente accolto nella propria corte, lui che era "peregrino
errante" in quanto privo di una patria, esule come il padre Bernardo che aveva seguito nell'infanzia: l'autore usa la consueta metafora
del viaggio in mare, che per lui è stato difficile perché fiaccato dal fortunale (un vento tempestoso) e rischiava di venire inghiottito
dalle onde, finché Alfonso lo ha sottratto alla burrasca e lo ha condotto in porto, dal momento che gli anni della composizione del
poema a Ferrara furono in effetti i più sereni nella vita personale di Tasso.

Il poeta auspica addirittura che Alfonso possa assumere il comando di un'ipotetica futura Crociata volta a riconquistare la Terrasanta,
per cui il signore di Ferrara viene chiamato "emulo di Goffredo" e a lui il poema è offerto come un "voto", come un dono consacrato
per il suo contenuto religioso. Il tema encomiastico verrà sviluppato soprattutto con il personaggio di Rinaldo, leggendario
capostipite degli Este e figura analoga al Ruggiero del Furioso, specie nel canto XVII in cui il mago di Ascalona farà la rassegna
degli illustri antenati del guerriero e profetizzerà la venuta di Alfonso, "primo in virtù ma in titolo secondo". Nella  Conquistata la
celebrazione degli Este ovviamente verrà meno, in seguito alla prigionia di Tasso nell'ospedale di Sant'Anna e alla rottura dei
rapporti con Alfonso, e il secondo poema sarà dedicato al cardinale Cinzio Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII e protettore
del poeta negli ultimi anni.

POPOLO DI CRISTO
L'accenno al "buon popol di Cristo" per cui Tasso auspica una pacificazione interna, necessaria premessa a una successiva Crociata
in Terrasanta, rimanda alla rottura dell'unità del mondo cristiano in seguito alla Riforma e chiarisce fin dall'inizio che la lotta contro
gli "infedeli" musulmani nasconde in controluce quella contro gli scismatici e i predicatori che avevano sconvolto l'assetto religioso
dell'Europa del XVI sec., contro i quali da più parti si invocava una "crociata" per estirpare la loro eresia (questo clima di
contrapposizione preannuncia le guerre di religione che divamperanno nel XVII sec.

Il proemio, modelli classici (fasciolo)


 Omero, Illiade ed Odissea.
 Esiodo, Teogonia. Le muse possono anche raccontare menzogne. Il poeta ha una responsabilità rispetto a questo, deve
distinguere il vero dal falso

Paragone arisoto
A differenza di Ariosto, Tasso utilizza molte antitesi ed enjambements (figure di tensione tra due misure che non coincidono). C’è
tensione in tutto il poema dovuto al periodo storico difficile, mentre il mondo di Ariosto era più laico e libero. Tasso inoltre era una
persona molto tormentata e ciò lo si poteva notare anche nei suoi scritti.

ECCO GERUSALEM

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RIASSUNTO
L’esercito cristiano della prima crociata, guidato da Goffredo, è giunto in vista di Gerusalemme. La data storica è quella del 7 giugno
1099, per la tradizione. Fin dall’inizio sono percettibili sia l’importanza del momento (nella splendida aurora), sia l’emozione dei
crociati, consapevoli dell’importanza della loro missione e trepidanti con l’avvicinarsi del momento in cui giungeranno a
Gerusalemme. Al lettore sembra quasi di assistere ad una ‘panoramica’ cinematografica. L’esercito cristiano è accampato a Emmaus,
dove i soldati attendono di marciare alla volta di Gerusalemme per liberare il Santo Sepolcro. È il 7 giugno 1099 e non è ancora sorta
l’aurora, quando dal campo, ancor prima che venga dato il segnale per la partenza, si leva un brusio di voci: i crociati sono già tutti
desti e pronti ad affrontare la marcia (sette miglia li separano dalla città). Goffredo, perché tutto si svolga in ordine, frena e, nello
stesso tempo, assecon da l’entusiasmo generale.

1-2 Gerusalemme compare ai soldati


L’emozione sembra esplodere al momento in cui Gerusalemme compare ai soldati, illuminata dai raggi del sole: anche il ritmo
dell’ottava lo mette in evidenza; prestate attenzione alla ripetizione Ecco...ecco...ecco, che fa quasi materializzare agli occhi del
lettore la visione della città; ma anche il nome Gerusalem è ripetuto tre volte, e la conclusione di tre versi si ripete molto simile: si
vede... si scorge... si sente. Tre verbi che indicano una percezione: due sono visive, con un crescendo di intensità; la terza è invece
uditiva. La forma “si vede...” ottiene l’effetto di immergere il lettore nella situazione, perché annulla la distanza tra ‘io che leggo’ e
‘loro che agiscono’.

Utilizzo dei colori, luce, rumori  sensi

3-4 Commozione
Dopo il momento di entusiasmo alla vista dell’obiettivo, i crociati sono umanissimamente presi dall’emozione: Gerusalemme non è
solo il loro obiettivo, ma la Città di Dio. Di qui la commozione e il profondo rispetto al pensiero della manifestazione del Cristo e
della missione che sono chiamati a compiere. Si sfilano allora le calzature, si scoprono il capo e ognuno mormora una personale
preghiera di devozione. Tasso è attento, come già in precedenza, alla rappresentazione della scena nelle sue caratteristiche tanto
visive quanto sonore: linguaggio emozionante, sonorità e immagini suggestive.

Immagine delle ali dato visivo  Sole, campi

5-8 Tensione
A questo punto, c’è un cambiamento prospettico. Lasciamo la visione del campo crociato e spostiamo l’attenzione sulle mura della
città: ora sono ‘pagani’ i personaggi che vediamo muovere, e all’orizzonte sta per apparire l’esercito cristiano. Si percepisce la
tensione, accompagnata da una sorta di presentimento divino: la nuvola baluginante di luci può ricordare soluzioni pittoriche o
perfino cinematografiche (oggi potremmo pensare ad esempio a Indiana Jones in I predatori dell’Arca perduta, per esempio). Ancora
una volta, è notevole lo sguardo di Tasso nella resa di scene paesaggistiche.

Anafora: dove dove


6: sorta di elenco, congiunzione e incisi  ritmo
Silenzio  bisbigli, mormorio, rumore foglie
8: Antitesi tu/io
Presenza di or ar ur  suono aspro
Metafora: fiumi e ghiaccio
Apostrofe: mio cor

9-10 Preparativi alla difesa


Si assiste poi ai preparativi alla difesa, in una fase più evidentemente narrativa: il movimento delle guardie e dei soldati, il re
(Aladino) che convoca Erminia – che già ha incontrato l’esercito cristiano – perché gli indichi i più importanti e pericolosi cavalieri
avversari; nel frattempo la popolazione più inerme (donne, vecchi, bambini), spaventata, si rifugia negli edifici sacri a pregare. La
rappresentazione della città è quasi esaustiva.
Entra qui in scena uno dei personaggi importanti della Gerusalemme liberata, Erminia, le cui vicende hanno suggestionato molta arte
successiva e anche la fantasia popolare. Erminia, principessa di Antiochia, è stata tratta prigioniera dai cristiani dopo che questi
hanno espugnato la sua città. È in seguito stata liberata e protetta proprio dal re Aladino.

11-12 Clorinda entra in scena


C’è però una nuova interruzione al corso della narrazione: ancora una volta, Tasso sposta lo sguardo verso un angolo della scena,
dove si ha un primo scontro tra cavalieri dei due schieramenti. Vediamo all’opera in particolare Clorinda, una donna – cavaliere
fortissima. Abbiamo così l’immediato confronto tra due diversi personaggi femminili, entrambi determinanti per l’immaginario
collettivo successivo: Erminia è dolce ed emotiva, una donna ‘tipica’; Clorinda è invece coraggiosa e forte, un cavaliere che combatte
alla pari con i colleghi maschi. Qui la vediamo entrare in scena all’attacco, contro il gruppo di guerrieri cristiani che sta rubando
bestiame.

12: cambiamento di punto di vista la torre di Gerusalemme dscrive guerra e combattenti

13-16 Clorinda vs Tancredi


Contro Clorinda, viene poi mandato in campo Tancredi: anch’egli un personaggio – chiave dell’esercito cristiano, che sarà una delle
figure centrali della Gerusalemme. Qui si dice che coglie al volo l’ordine del suo capitano, ma poi occorre notare che la scena è vista
di nuovo dalle mura di Gerusalemme: il re chiede a Erminia spiegazioni riguardo a chi sia quell’ardimentoso cavaliere avversario. Si
può osservare, pertanto, come Tasso alterni momenti di narrazione avventurosa (guerresca) e momenti invece in cui descrive
l’interiorità dei personaggi. L’interrelazione tra i due piani rende più ricco di pathos, più coinvolgente la narrazione, perché i lettori
tendono a integrare i sentimenti dei personaggi.

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Nella risposta della giovane, si coglie un gioco di allusioni incrociate, che impreziosiscono il discorso e lo rendono intrigante:
linguaggio di amore e di guerra si incrociano. In tutta la tradizione amore è rappresentato come la piaga inguaribile nel petto o nel
cuore (pensiamo a Cupido, figlio di Venere, che scocca la freccia!), ma anche il dispiacere profondo, l’afflizione negli affetti,
adopera più o meno le stesse parole. Qui Erminia, che non può rivelare (nemmeno a sé stessa, si potrebbe dire) esplicitamente il suo
amore per il nemico, formula un pensiero ambivalente: dolore e amore si mescolano; Tasso lo rivela fin da subito (Erminia si esprime
‘fingendo’ una cosa per l’altra).

13: clorinda (di nobiltà cavalleresca) non aspetta


15: registro epico: spronando,…. Suoni aspri (rrr)

17-20
L’attenzione è ora di nuovo convogliata verso la scena di battaglia: Clorinda contro Tancredi. Ma, ancora una volta, la situazione è
ben più complessa che non nello scontro precedente tra la donna e Gardo; questo perché Tancredi, per sua sventura, si è invaghito di
Clorinda, che in una scena precedente (nel canto II) aveva visto mentre, senza l’elmo e con i biondi capelli mossi dal vento, beveva
ad una fontana dopo uno scontro. Un giovane uomo e una splendida ragazza: il classico dell’amore.
Ora, però, per Tancredi sorge un grave problema: che fare? Ci si può scontrare con la propria amata? Per di più, lei non sa ancora
nulla: dovrebbe dichiararsi e trovare una soluzione. Ma questo è un bel problema, perché sono cavalieri di eserciti avversari, dunque
il loro compito è di combattersi, non di amarsi. E il cedimento di Tancredi lo rende uomo vulnerabile e perfino peccatore: come ci si
può innamorare del nemico?!!! Ecco allora un nuovo momento magistrale nella scrittura di Tasso: dapprima lo scontro, poi
l’enunciazione del fatto che Tancredi riconosce nel nemico la donna di cui s’è innamorato (con un intervento diretto del poeta, che si
rivolge a lui) e... tutte le conseguenze emotive del caso. Anche qui il linguaggio poetico delle metafore guerresche per l’amore gli
consente di giocarne l’ambivalenza.

17: feroce e leggadro  registro sia epico che lirico


18: sosprio e lacrime
19: Clorinda si innamora di Tancredi (sindrome di stoccolma)
 Piaga e ferire  si può interpretare letteralmente o metaforicamente  amore o guerra
 Ferite inguaribili, prigioniero (l’amore)

21-31
A questo punto, è chiaro il triangolo amoroso aperto: Erminia ama Tancredi, che ama Clorinda. Ma questa è più virtuosa del suo
amante, perché non intende tradire il proprio compito di cavaliere. Erminia mantiene il suo ruolo femminile, mentre Clorinda è un
personaggio molto interessante e ambivalente, come vedremo più avanti nella vicenda.

Tancredi, infine, è l’eroe forse più interessante della Gerusalemme: giovanissimo, ardimentoso ma fragile perché sta scoprendo
l’amore, evolve nel corso del romanzo fino a diventare un principe virtuoso.

21: parole di Petrarca


 Epifania = apparizione
 Agnizione= riconoscimetno, svelamento
22: Salto stilistico: guerra e poi imrpovvisamente amore
23: Tancredi rimane scioccato, immobile  perde le sue caratteristiche da cavaliere
 Singolar tenzone: scontro uno contro uno  per capire chi è più forte  clorinda vuole combattere
24: confronto fra colpi di spada e colpi d’amore. Gioca sui colpi: colpi di battaglia e colpi d’amore
 Azione dell’amore personificato
 Lei lo colpisce e si lascia colpire  è preso dai suoi occhi
 2 versi colpi di guerra e 2 versi d’amore e di nuovo 2 e 2  strutture parallele
 I colpi di guerra possono essere sbagliati ma amore non sbaglia  il vero avversario è amore

27: vita e morte, il mio cor non più mio  antitesi, contrapposizioni,
 Metafora del cuore come concretizzazione dell’amore
 Fatto di coppie logiche: mio non mio, omai tu debbia, e non debb’io  simmetrie

29: Tancredi evita il colpo del cristiano che voleva uccidere clorinda
30: capelli insanguinati e occhi rossi perché sta per piangere  rubini  lo rende poetico

RIASSUNTO
All’alba l’esercito cristiano si mette in cammino e, col sole alto, giunge in vista di Gerusalemme. Gioia e commozione si diffondono
tra i soldati, nella città gli uomini si preparano alla battaglia. Il re Aladino osserva dall’alto di una torre l’azione militare, gli è accanto
Erminia, principessa di Antiochia.Il primo guerriero a uscire dalla città incontro al nemico è Clorinda, va incontro a un drappello di
soldati cristiani, che stanno tornando al campo con gli animali che hanno catturato. Clorinda e i suoi guerrieri assalgono i soldati
cristiani, in loro aiuto va Tancredi. Dall’alto della torre il re chiede a Erminia di riconoscere il guerriero, ed Erminia, che era stata
prigioniera dei cristiani dopo la presa di Antiochia, riconosce subito Tancredi di cui si è innamorata. (ottave 18 -20). Clorinda intanto

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va all’assalto di Tancredi. Questi le scalza l’elmo dalla testa. Tancredi alla vista della donna rimane immobile come un sasso,
incapace di continuare il duello. Clorinda lo incalza e lo sfida. Deciso a lasciarsi uccidere il giovane decide di rivelare alla donna il
suo amore e la invita ad affrontarlo lontano dalla mischia.(ottave 21-25) Clorinda è pronta al duello « recata s’era in atto di battaglia
già la guerriera, e già l’avea ferito », ma Tancre di le rivolge parole inaspettate e le offre il petto privo di difesa perché lo uccida, lui
non vuole più vivere dal momento che lei lo vuole morto. (ottave 26-28). I due vengono raggiunti dai soldati pagani in fuga, uno
degli inseguitori, vedendo la chioma della donna, passandole a fianco sferra un colpo per colpirla al collo, Tancredi grida e con la
spada la difende, ma il colpo non va del tutto a vuoto e sul bianco collo si apre una piccola ferita, tra i biondi capelli rosseggiano
piccole gocce di sangue, come rubini su un gioiellod’oro. Tancredi insegue il soldato, Clorinda si allontana con i suoi. (ottave 28-31)

PERSONAGGI
I personaggi, analizzati nei loro affetti e sentimenti, possiedono una profondità sconosciuta alla precedente produzione caval- leresca.
Cristiani e pagani si propongono come primi esempi di una tipologia ottocentesca dell’eroe romantico, di una rap- presentazione
interiorizzata del conflitto tra etica del dovere e desiderio. Essi riflettono la tensione dell’autore, combattuto tra le preoccupazioni
morali della sua epoca e la fiducia nell’auto- nomia dell’agire umano: al codice di comportamento cristiano (l’azione collettiva tesa al
fine religioso della crociata) si oppone il codice pagano (la spinta individualistica sotto il pungolo del desiderio).

• I pagani (Solimano, Argante, Clorinda) interpretano la visio- ne individualistica della vita, dell’uomo come artefice del proprio
destino e spinto alla ricerca del piacere amoroso (Er- minia, Armida).

• I cristiani (Goffredo di Buglione, Rinaldo, Tancredi) esprimo- no la visione della Controriforma cattolica, che subordina i fi- ni
individualistici al comune scopo religioso (liberare il Santo Sepolcro). L’individualismo e la ricerca del piacere sensuale travolgono
anche gli eroi cristiani (l’amore fiacca le forze sia di Rinaldo sia di Tancredi), ma sui loro errori interviene l’au- torità repressiva,
rappresentata da Goffredo di Buglione;

Cristiani
Goffredo, Tancredi, Rinaldo  campioni del campo cristiano

Musulmani
Aladino (re musulmani) , Solimano, Argante (gigante), Svetano (guerriero turco)
Donne: Clorinda, Erminia, Arminda

Goffredo (di Buglione)


È un personaggio storico. Nato nel 1060 ca., duca di Lorena, dapprima combatté contro il papa Gregorio VII al seguito di Enrico IV;
poi si fece crociato e, nel 1096, partì per liberare i luoghi santi dai musulmani con un esercito formato da francesi, lorenesi e tedeschi.
Nominato capo di quella Prima crociata, conquistò Gerusalemme nel- l’estate del 1099; morì un anno dopo e fu sepolto nella chiesa
del Santo Sepolcro.Goffredo nella Gerusalemme è prescelto da Dio per la sua saggezza e per il suo senso del dovere. Ha il compito di
guida- re militarmente e moralmente i cristiani, orientandoli al bene, richiamandoli all’ordine e ai valori della religione.

Argante
Spicca ancora nel secondo episodio la figura di Argante. Anche nel suo caso si impone la dimen- sione dell’altezza («per gran cor,
per gran corpo e per gran posse / superbo e minaccievole in sem- biante, / qual Encelado in Flegra, o qual mostrosse / ne l’ima valle il
filisteo gigante»), ed anche qui non si tratta solo di grandezza fisica, ma di grandezza eroica; tuttavia, a differenza che in Clorin- da,
tale grandezza si congiunge con la ferocia barbarica del personaggio, col suo furore irrefrena- bile, che lo assimila ad una forza bruta
della natura. Questo misto di orrore, ferocia e grandezza accosta Argante alla figura di Satana (canto IV). Torna infatti, in termini
quasi identici, un parti- colare essenziale che connota l’angelo ribelle: «la spaventosa fronte al cielo estolle» (per Satana si ha: «Sì la
gran fronte e le gran corna estolle»). Per Argante, come per Satana, l’innalzare al cielo la fronte è un tratto che indica magnanimità,
ma anche la sfida superba e ribelle dell’empio che non riconosce alcuna entità superiore e confida solo nelle sue forze, in
un’affermazione assoluta e sen- za limiti della sua individualità. Questo tipo di grandezza attribuito ai nemici della cristianità (con
Satana e Argante va annoverato anche Solimano), a personaggi ribelli, dalla potente individuali- tà, testimonia come Tasso, pur
condannandoli in nome dei princìpi professati e pur presentandoli negativamente, senta per essi una segreta attrazione e ne subisca il
fascino perverso e titanico.

Erminia
Erminia è un personaggio inventato da Tasso. Principessa di Antiochia, Erminia è stata data come prigioniera di guerra a Tancredi,
che l’ha però liberata. Lei se ne è innamorata e da quando a Gerusalemme è giunto l’esercito cristiano scruta dall’alto della torre della
città il campo nemico per vedere il suo amato. Delicata, femminile. figlia del re di Antiochia, è una fanciulla tenera e dol- ce, i cui
genitori sono stati uccisi dai cristiani. Segretamente innamorata di Tancredi, per amor suo non esita a esporsi ai pericoli: lascia
Gerusalemme, s’inoltra nel campo cristiano in- dossando le armi di Clorinda, ma scoperta si rifugia presso una famiglia di pastori.
Erminia rappresenta la versione femminile del personaggio di Tancredi: spesso inquieta e dubbiosa, erra in cerca di una felicità
irraggiungibile ed è caratterizzata da elementi che in qualche modo esprimono anche la sensibilità malinconica di Tasso.

Arminda
Seduttrice e tentatrice

Clorinda
Clorinda è una guerriera persiana, quando indossa la corazza, come Bradamante nel Furioso, è irriconoscibile e sembra un guerriero.
Fin da bambina ha disprezzato le attività femminili e si è dedicata alle arti marziali, è orgogliosa e poco incline al sentimento. Anche
Clorinda è un’invenzione di Tasso. L’episodio del primo scontro fra Tancredi e Clorinda, nel canto III, è denso di elementi premo-
nitori degli sviluppi futuri della vicenda. Innanzitutto il colpo che getta a terra l’elmo dell’eroina ne rivela la femminilità, che era

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celata sotto le apparenze guerriere. Clorinda rimuove la propria natura femminile e rifiuta con implacabile rigore ogni dolcezza
amorosa. Simbolo di questa re- pressione degli istinti naturali e del desiderio è l’armatura, che, con la sua durezza, la chiude al
mondo esterno e la rende inaccessibile. Pertanto simbolica è anche la caduta dell’elmo, che fa emer- gere la femminilità negata.
Schiudendosi il duro guscio repressivo, tra le armi del campo di bat- taglia compare all’improvviso una «giovane donna», oggetto
d’amore e di desiderio, non più di im- pulsi aggressivi. L’evento anticipa quel definitivo svelamento della femminilità di Clorinda
che av- verrà nella morte.

Il particolare a cui è affidato il compito di connotare la femminilità dell’eroina sono «le chiome dorate al vento sparse». È un aspetto
della bellezza femminile caro al Tasso, da lui vagheggiato con intensa sensualità: nell’Aminta è attribuito all’immagine di Silvia, «la
più vaga e cara vergi- nella / che mai spiegasse al vento chioma d’oro»; e si vedano più avanti in questo episodio, all’ot- tava 30, i
«biondi crini» che rosseggiano di stille di sangue, «come rosseggia l’or che di rubini / per man d’illustre artefice sfaville», dove il
compiacimento sensuale ed estetizzante si mescola con una punta di crudeltà. Le chiome d’oro sparse al vento sono un elemento di
chiara derivazione petrar- chesca («Erano i capei d’oro a l’aura sparsi», Canzoniere, XC, v. 1). Non mancano poi, nel corso del-
l’episodio, altri tratti che si collegano al repertorio di immagini e al frasario del petrarchismo: il monologo tutto impregnato di
concettismo dell’ottava 24, in cui Tancredi nota come i colpi della spada talora vadano a vuoto, ma nessun colpo del bel volto
scoperto di Clorinda cada in fallo; la metafora del «prigion» che compare all’ottava 25; l’offerta a Clorinda del «cuore» all’ottava 27,
con il bisticcio tra il senso materiale (il cuore da trafiggere con la spada) e il senso metaforico (il cuo- re come sede del sentimento
amoroso). Come è stato osservato dal Larivaille, Clorinda diviene co- sì un personaggio bifronte: da un lato donna petrarchesca, fatta
oggetto dell’adorazione e dei lam- biccati omaggi dell’amante, dall’altro vergine guerriera, che si collega ad una lunga schiera di
eroi- ne della tradizione epica, dalla Camilla dell’Eneide alla Marfisa dell’Ariosto

Di grande suggestione è l’immagine di Clorinda che si profila nel secondo episodio. Spicca so- prattutto in lei la dimensione
dell’altezza, grazie al fitto concentrarsi di indicazioni che convergo- no tutte sulla stessa nota: «l’alta guerriera», «sovra un’erta»,
«tutta, quant’ella è grande»; all’effet- to concorre anche il paragone del «giogo alpino», che evoca un’idea di altezza sublime. È una
gran- dezza evidentemente non solo fisica ma spirituale.

Tancredi
Tancredi è invece un personaggio storico, cavaliere di origine normanna ma italiano di nascita, guidò alla Crociata un esercito di
ventimila uomini dalla Puglia, Calabria e Sicilia, secondo la storia fu valoroso e impetuoso, morì giovane a trentacinque annni. Tasso
ne fa un innamorato triste con un destino tragico.

Nel primo canto Tancredi in un momento di riposo dalla battaglia vicino a una fonte vede Clorinda, armata, ma con il volto scoperto
e se ne innamora senza speranza. Nel terzo canto Tancredi e Clorinda si incontrano di nuovo, questa volta si affrontano da nemici con
le armi in pugno, ma Tancredi vuole rivelare alla donna il suo amore.

L’episodio è illuminante per quanto riguarda il carattere di Tancredi e la funzione dell’amore nella sua vicenda. Il personaggio è
costantemente presentato come guerriero forte e valoroso, con Rinaldo il più forte del campo crociato. Ma di fronte a Clorinda
«impètra», perde la forza e la vo lontà, resta smarrito. Con questo si rivela il carattere perplesso e incerto dell’eroe, sempre sospe- so
tra dovere e amore, perennemente al confine tra il codice cristiano (l’azione collettiva tesa al fi- ne sacro della crociata) e il codice
“pagano” (l’azione individualistica, sotto la spinta del desiderio). Tancredi, nonostante il suo ruolo e le sue doti, non riesce mai ad
essere all’altezza dei suoi compi- ti eroici. La riprova più chiara viene dal secondo episodio qui riportato: il dovere eroico lo chiama
ad affrontare la sfida del più forte campione pagano e a difendere l’onore dei crociati, ma la vista di Clorinda sul colle di nuovo lo
paralizza, lo rende incerto e smarrito, gli fa dimenticare il dovere, tanto che un altro guerriero deve subentrare al suo posto. Ma anche
successivamente non potrà riprendere il duello con Argante perché, allontanatosi dal campo per inseguire colei che crede Clo- rinda
(ed è in realtà Erminia), viene preso prigioniero da Armida nel castello sul mar Morto. Lo stesso avverrà quando gli toccherà di
vincere gli incanti della selva, e non vi riuscirà proprio per- ché ossessionato dall’immagine di Clorinda da lui uccisa. Nel
personaggio si concentrano le più al- te aspirazioni eroiche, ma esse appaiono velleitarie e vengono sistematicamente frustrate. Tan-
credi è personaggio costitutivamente ambiguo, incerto, amletico, e per questo piacerà molto ai ro- mantici

TEMA
Desiderio e violenza
Anche la situazione in cui si trovano in questo episodio i due personaggi risponde al gusto del- l’ambiguità e della duplicità che è
caro al Tasso: si ha una mescolanza di desiderio e di violenza aggressiva, di amore e di morte: i due personaggi, invece di scambiarsi
tenerezze amorose, come dovrebbero, si scambiano fieri colpi. È una situazione che anticipa quella del duello mortale fra Tancredi e
Clorinda nel canto XII, ma in simmetria rovesciata: là sarà Tancredi che incalzerà da nemico (senza saperlo) la donna amata, qui
invece è Clorinda, non amante, ad incalzare colui che l’ama. La situazione, fortemente patetica, suscita l’intensa partecipazione
soggettiva del poeta: ne sono testimonianza le apostrofi che egli rivolge al suo eroe («Tancredi, a che pur pensi? a che pur guardi? /
non riconosci tu l’altero viso?...»), che rivelano l’identificazione emotiva dell’autore col suo personaggio. Infatti la critica ha sempre
individuato in Tancredi una proiezione autobiografica di Tasso stesso.

Storia guerresca intrecciata a storie d’amore

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Si precisa così la funzione dell’amore nel poema: è una forza centrifuga, disgregatrice, che svia gli eroi dalla loro sacra missione, li
spin- ge lontano dal teatro della guerra, fiacca le loro forze (sarà così anche per Rinaldo). Difatti Gof- fredo, che rappresenta il valore
dell’unità che è proprio del codice cristiano-controriformistico, è fermo e resistente alle sue lusinghe.
Il tema amoroso, trattato con grande finezza e capacità di in- dagine dell’animo umano, esprime l’intensa aspirazione liri- co-
sentimentale dell’autore e racchiude in sé la complessità ideologica del poema. L’amore si intreccia spesso con le vicende della
guerra, traducendosi in aspirazione a un bene irraggiun- gibile ma, nel contempo, diventa l’elemento di armonia che si contrappone
alla disarmonia e alla violenza. Tasso lo rappresen- ta con toni fortemente conflittuali, esaltando il trionfo della spi- ritualità religiosa
sulle lusinghe dei sensi, che possono insidiare la coscienza dei cristiani sottraendoli al dovere morale.

Rligione
La religione esprime quel senso sofferto della fede e quel biso- gno di purezza che agitarono il poeta: strettamente collegata al dovere
e all’obbedienza, per questo appare unita spesso al senso di colpa e risolta in termini di ossessivo pentimento o di richiamo all’ordine.
Nell’opera sono numerosi i personaggi e gli episodi che fanno riferimento alle potenze occulte e sovran- naturali. In questo modo
Tasso rappresenta, senza fare ricorso alla mitologia o alla materia biblica, il “meraviglioso cristiano”, poiché nel conflitto tra le varie
potenze angeliche o infernali viene riprodotta la lotta tra Cielo e Terra, bene e male, peccato e redenzione: gli angeli e i santi
combattono a fianco dei crociati (S’offerse a gli occhi di Goffredo allora, / invisibile altrui, l’agnol Michele / cinto d’arme celesti; e
vinto fôra / il sol da lui, cui nulla nube vele. / – Ecco, – disse – Goffredo, è giunta l’ora / ch’esca Siòn di servitú crudele; canto 18,
ottava 92), li aiutano a conseguire la vittoria e ad innalzare il vessillo trionfante della Croce (Tancre- di... passò nel muro e v’inalzò la
Croce; canto 18, ottava 101).

Coreografia e teatralità
Dal punto di vista narrativo, la guerra è vista come scena collet- tiva di battaglia, dove al tono di eroica solennità si unisce l’ispi-
razione religiosa. La guerra, talvolta, è vista come “parata”, il che consente al poeta di esprimere un notevole gusto coreografico e di
evidenza spettacolare: l’esercito crociato si muove in mas- sa, quasi volando, verso la città santa (> A5 T27); le torri d’asse- dio dei
cristiani, montate su ruote, sovrastano gli edifici più alti e appaiono prodigiose agli occhi dei saraceni (ma un’altra torre apparse a
l’improviso. / La gran mole crescente oltra i confini / de’ più alti edifici in aria passa. / Attoniti a quel mostro i saracini / restàr,
vedendo la città piú bassa; canto 18, ottave 90-91).Molto spesso, la guerra è vista come duello descritto con pre- cisione tecnica dei
particolari, dei gesti e degli atteggiamenti. Con spiccato senso di teatralità Tasso mette in risalto il valore dei combattenti e il loro
carattere individuale, tanto più quando i protagonisti dello scontro dovrebbero, invece, scambiarsi te- nerezze amorose come
Tancredi e Clorinda.

ANALISI
Si può distinguere nel poema una parte strutturale (la guerra Santa), che costituisce l'argomento programmatico, e una parte intima
(gli affetti individuali), vissuta con struggente intensità 

Il momento lirico è ben evidente anche nel canto III° in cui viene analizzato il pathos che caratterizza l'arrivo dei crociati a
Gerusalemme.
La forte introspezione psicologica e l'approfondita descrizione degli stati d'animo di entrambe le parti in lotta avvicinano Tasso a
Virgilio in quanto, allo stesso modo dello scrittore dell'Eneide, questo esprime i sentimenti delle proprie creature come se vi
partecipasse in prima persona e il momento soggettivo prevale su quello oggettivo.
Per cogliere l'empatia è importante la figura dell'anafora della 3° ottava  giustapposta ad un climax ascendente "….ecco apparir
Gierusalem si vede, ecco additar Gierusalem si scorge, ecco da mille voci unitamente Gierusalem salutar si sente….".

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