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GIERUSALEMME LIBERATA

La Gerusalemme liberata, poema in ottave composto da 20 canti, viene considerato il


capolavoro tra la produzione tassesca. Argomento del poema é la prima crociata, bandita nel
1095 e svoltata tra il 96 e il 99 sotto la guida militare di Goffredo di Buglione; il tema durante
quegli anni era molto in voga a causa del fanatismo della controriforma.

FASI DI STESURA E VARIE VERSIONI


Del forma furono scritte numerose versioni, la prima tra il 1559 e il 1561 con il titolo di
Gierusalemme, dedicato al Duca di Urbino Guidubaldo II della Rovere; il progetto fu ripreso
in mano dall’autore attorno al 1565, completato in un decennio con il titolo di Gottifredo (o
Goffredo), dal nome del condottiero cristiano protagonista e letto nell’estate del 75 al duca
Alfonso II e alla sorella Lucrezia.
Tuttavia il poeta si mostrava altamente insoddisfatto dalla sua opera tant’è che la sottopose
alla critica di otto censori fra i più prestigiosi intellettuali del tempo, accogliendo le critiche
ora con passiva accondiscendenza, ora con furiosa insofferenza, cosa che lo portò a
manifestare problemi di natura psicotica che comporteranno poi la reclusione dell’autore
nell’ospedale di Sant’Anna nel 1579.
Gli aspetti criticati dai revisori erano principalmente due: la struttura, ritenuta poco conforme
si precetti aristotelici di unità, e la sua moralità, che pareva più volte minacciata dalle scene
erotiche.
Proprio mentre l’autore era prigioniero a Santanna, alcuni editori si diedero a fornire stampe
non autorizzate del poema tassesco: fu così che nel 1581 a Ferrara furono stampate a cura di
Febo Bonná (letterato amico del poeta)le prime due versioni con il titolo di Gierusalemme
liberata, versione favorita dai filologi moderni, benché non risponda alla volontà dell’autore;
tre anni dopo venne pubblicata a Mantova l’edizione curata da Scipione Gonzaga. L’opera
ebbe un tale successo con il titolo di Gierusalemme liberata che anche l’opinione pubblica
continuò a preferire quella versione. La ricezione della Gierusalemme Liberata fu
eccezionale, sebbene quello più amato dal pubblico fosse il testo diffuso contro la volontà
dell’autore. Fu proprio il successo dell’opera che mandò l’autore in una fase di profonda
instabilità mentale e fece sorgere in lui il bisogno di legittimare il poema.

GIERUSALEMME LIBERATA E ORLANDO FURIOSO


Inevitabile fu il confronto con l’opera di Ariosto; l’opera di Tasso era considerata, da una
parte, più vicina ai precetti della poetica aristotelica, dall’altra molto lontana dal fiorentino
illustre proposto da Bembo ed adottato da Ariosto. La pole,ics cresta in merito era però prova
dell’immenso successo accolto dalla Liberata.

DALLA LIBERATA ALLA CONQUISTATA


Il rifacimento dell’opera é molto importante soprattutto per capire le ragioni che guidarono
l’autore nella correzione di essa. La prima differenza consiste nella lunghezza dei poemi: la
liberata é composta da 20 canti mentre la conquistata da 24 libri, così da aumentare le
somiglianze con dell'iliade omerica. Vi é inoltre nel rifacimento dell’opera la soppressione di
alcuni episodi, anche alcuni tra i più amati dal pubblico, oltre che alla comparsa di episodi
nuovi. Un’altra modifica consiste nell’ulteriore riduzione del meraviglioso per lasciare
maggiore spazio all’ortodossia cattolica e per assicurare una continuità narrativa. Infine, per
porre fine alle tensioni ideologiche sulla libertà, Tasso decise di riqualificare ed innalzare il
lessico, in modo da effettuare un’omologazione stilistica e da uniformare l’opera.

STRUTTURA E TRAMA
20 canti in ottave; nella disposizione dei fatti é stato riconosciuto da Ezio Raimondi il
modello della tragedia greca (che Aristotele illustra nella “Poetica”): infatti i 20 canti sono
raggruppa bulò in 5 parti, corrispondenti ai 5 atti della tragedia. Della tragedia il poema
adotta anche l’impianto generale: infatti, attorno al centro drammatico ( Gerusalemme), si
sviluppano numerose forze centrifughe scatenate prevalentemente da interventi diabolici di
personaggi. Il poema é costruito dunque secondo la tecnica della peripezia, cioè improvvisi
sovvertimenti di situazioni nel loro opposto.
Proprio per la presenza di queste peripezie o digressioni, l’opera presenta una trama
essenzialmente semplice che coincide con la narrazione della seconda parte della prima
crociata

TRAMA
I crociati, partiti da sei mesi con l’intenzione di liberare il santo sepolcro, attendono il Libano
la fine dell’inverno quando appare a Goffredo di Buglione l’arcangelo Gabriele che lo invita
ad assumere il comando e a farsi eleggere dai cristiani capo supremo. A Gerusalemme, il Re
Aladino, presenta un concilio di déi infernali, presieduto da Plutone, i quali decidono di
aiutare i difensori della cittá; questo punto la maga Armida inganna i cristiani con una falsa
richiesta d’aiuto e ottiene l’allontanamento di Rinaldo, capostipite della casa D’Este e oggetto
dell’intento encomiastico dell’opera: costui, ingannato da armida, é prigioniero nel paradiso
erotico delle Isole Fortunate, agli antipodi di Gerusalemme. La vicenda si risolve nel
momento in cui Rinaldo gets back on track vincendo l’incontro malefico della selva di Saron;
vinto l’incanto, si succedono una serie di duelli conclusivi vinti dal paladino.

FONTI
-Iliade; per sottolineare tale reference, con la Conquistata porterà il numero dei canti da 20 a
24, per ricordare il numero dei canti omerici nell’Iliade. Appartengono alla tradizione
omerica anche la valorizzazione del passato storico in quanto momento fondativo di identità
nazionale (vittoria vs troiani x i greci= conquista Gerusalemme x i cristiani) e il ruotare della
vicenda attorno ad una città assediata.
-Eneide; Tasso ne condivide la rappresentazione tragica del tema erotico, la malinconica
raffigurazione della virtù é l’importanza che il paesaggio ha in relazione hai personaggi.
-tradizione lirica, sia volgare (Petrarca, Boiardo, Ariosto), sia classica (Orazio, Catullo,
Tibullo etc).
-Petrarca; sebbene tasso oltrepassi i caratteri di scrittura posti dal petrarchismo, dello stile di
quest’ultimo prende la stretta relazione che lega dovere morale e pulsione del desiderio:
infatti, tutti i personaggi della Gierusalemme Liberata presentano una psicologia doppia, dove
una parte di loro è animata dal senso del dovere e dall'eroismo, mentre l’altra é fuorviata dalle
passioni.
-storiografia rinascimentale umanistica.
PERSONAGGI
antitesi tra personaggi pagani e cristiani: i primi si possono aprire alla salvezza datagli dalla
conversione (come Clorinda che si fa convertire da tancredi, suo uccisore nonché
spasimante), mentre i secondi sono di continuo minacciati da forze infernali, manifestandosi
con aggressioni e inganni da solo subiti. Gli eroi pagàni appaiono come espressione di un
eroismo primitivo e barbarico, e allo stesso tempo sono caratterizzati da una sinistra nobiltà e
e generosità, caratterizzazione umana volta a rendere la scena ancora più tragica.
L’irrequietezza di entrambi gli eroi, pagani e cristiani, viene accentuata dall’intreccio di
registro epico e di registro lirico-sentimentale.
-Goffredo è esente dalle tentazioni mondane che affliggono gli altri eroi cristiani e incarna il
modello di eroe controriformistico.Nonostante ciò, è destinato a vivere confinato in una
dimensione di malinconica inadeguatezza.
-Rinaldo è portatore dell’intento encomiastico del poema in quanto immaginario fondatore
della stirpe estense. Il nome viene preso dal poema cavalleresco scritto da Tasso in età
giovanile intitolato appunto Rinaldo, e di fatto, egli è il personaggio che più si avvicina alla
tradizione cavalleresca e cortese; per lui, l’unica preoccupazione sono il desiderio di onore e
di gloria, attività mentali che lo fuorviano dagli obbiettivi morali della guerra. Fu lui a
convertire la maga armida, affermando ancora una volta la superiorità del cristianesimo.
-Tancredi costituisce l’antitesi di Rinaldo, perché se questi è trascinato da slancio costruttivo
e positivo, Tancredi è suggestionato dalla propria interiorità malinconica. Sciupato
dall’amore per la guerriera pagana Clorinda, abbandona il filo della guerra per andare a
cercare l’amata e poi finisce, per ucciderla in un duello dopo averla convertita.
I personaggi femminili, sono tre, e sono tutte e tre portatrici di una inquietudine che le
avvicina ai personaggi cristiani, ai quali tutte e tre sono in un qualche modo legate.
-La maga Armida riesce ad ammaliare il paladino Rinaldo del quale é innamorata con
l’incanto erotico delle Isole Fortunate: il suo amore per questi é talmente grande che ella é
disposta a cambiare di campo. Armida rappresenta la minaccia inquietante dell’erotismo,
cedendo al quale i cavalieri cristiani si distolgono di continuo dal compimento dell’impresa
erotica.
-Clorinda, bellissima guerriera pagana, rappresenta il rifiuto della tipologia femminile
tradizionale.
-Erminia è una principessa pagana; si innamora di Tancredi, del quale è stata prigioniera.

TEMI
La Gierusalemme Liberata fonda la propria struttura narrativa sui caratteri dei personaggi, in
particolare, sui loro meccanismi dell’ interiorità: la dimensione della coscienza diventa il
luogo di incontri tra forze e valori moralmente positivi e negativi, avvolgendo il tutto in una
sfera misteriosa e inquieta. Tale zona oscura che va a decifrare la parte irrazionale dei
personaggi è posta dall’autore in antitesi con l’eroismo dei combattenti, visto come una lotta
contro l’insensatezza e all’ irrazionalità dei rapporti umani. Oltre che al tema psicologico, è
molto presente anche il tema della magia: essa rappresenta il ricorso alla dimensione
soprannaturale poiché esercitata da agenti diabolici con l’intenzione di far soccombere la
parte irrazionale dell'individuo a quella razionale. Esempio evidente ne è l'incanto della
foresta di Saron: entrandovi, ciascuno vede comparire ciò che più desidera, ed in questo
modo ogni pensiero razionale e moralmente corretto viene spazzato via dal perseguimento dei
propri interessi personali. La religione, altro tema molto importante é visto come espediente
per raggiungere la salvezza, sia personale sia del popolo. Centrale é senz’altro il tema
dell’amore, motivo conduttore del poema, del quale però Ariosto ci presenta versioni diverse:
da una parte, esso rappresenta fonte di felicità e opportunità di incontro tra uomini in totale
armonia, dall’altra incarna il mezzo delle forze oscure per arrivare all’uomo. L’amore si
contrappone dunque alla guerra, la quale, soprattutto nella Liberata, acquista la dimensione
dolorosa con la quale viene rappresentata soprattutto nei secoli successivi. Tuttavia tasso non
esprime un parere contrario, bensì decreta la necessità sul piano filosofico di usufruire della
guerra per vincere l’insensatezza della vita.

INFLUSSO ARISTOTELICO E MANIERISTA


L’attività artistica di Tasso è collocata in un periodo attraversato da un intenso bisogno di
ridefinire i propri punti di riferimento, poiché le strutture sociali delle corti che
caratterizzavano la civiltà del tempo erano in profonda crisi. Questa esigenza di certezza
spinge Tasso a ricercare sempre l’approvazione del pubblico e di persone da lui ritenute
competenti, e soprattutto, di accompagnare sempre la propria attività con una riflessione
teorica. Pervengono a noi vari scritti sul poema teorico, eg:
-Discorsi dell’arte poetica e in particolar modo sopra il poema eroico (1570);
-Apologia della Gierusalemme Liberata (1585);
-Discorsi del poema eroico (1594);
Alla base della t
Orizzazione tassesca sta il superamento del tradizionale modello del poema cavalleresco
ferrarese, che, sebbene preso in considerazione, viene considerato un modello ormai superato
per queste tre ragioni:
1. La concezione aristotelica che Tasso fa propria imponeva all’azione descritta nel
poema unità drammatica e organicità compositiva;
2. L’invenzione poetica doveva tenere conto della verità storica perciò il ricorso al
fantastico doveva essere limitato, e alla poesia spettava dunque di narrare il
verosimile: nasce così il “meraviglioso cristiano”, al quale spetta il compito di attrarre
l’attenzione del pubblico;
3. Il poema scritto da Tasso aveva il compito di svolgere una funzione educativa, sia
morale che religiosa.
La narrazione tassesca deve quindi rispettare le tre esigenze, unendo il concetto di unità
dell’azione narrata e di varietà, in modo tale da tenere conto dei gusti del pubblico e
conseguire il fine del diletto di esso. É così che nasce dunque un nuovo genere letterario,
quello del poema epico cristiano, caratterizzato dalla fusione di cultura classica e
rinascimentale.

AMORE E GUERRA
La dimensione della guerra definisce la prospettiva eroica del poema e mette alla luce
l’eroismo dei paladini: essa in quanto dimensione estrema, da spazio ai vizi ed alle virtù di
manifestarsi nella loro intera essenza, e da ciò, ne deriva che la guerra oggettiva corrisponde
alla guerra contro la coscienza, dalla quale solo chi è virtuoso ne uscirà vincitore. In questo
modo Tasso afferma che la guerra è la condanna della condizione umana, condanna che però
è essenziale affinché il destino umano si realizzi. La guerra rende possibili lo sviluppo della
civiltà e della storia, ma non si presenta come soluzione radicale dei conflitti, funzione che é
affidata nel poema all’amore.

LINGUA, STILE, METRICA


L’opera compiuta da Tasso con la scrittura della Gierusalemme Liberata si può considerare
simile a quella fatta da Dante, poiché entrambi utilizzano i valori e le strutture di una civiltà e
cultura ( il primo umanistica, il secondo classica) per rielaborarli secondo una prospettiva
nuova, con la sola differenza che se in Dante la tensione era tra l’individuo e una gerarchia di
valori, in Tasso essa si sposta all’interno dell’individuo stesso. Un’altra paragone può essere
fatto tra la Gierusalemme Liberata e la Commedia dantesca, poiché entrambe, proprio per la
pluralità di generi letterari toccati, sono difficilmente riconducibili ad un unico genere
definito. Tale varietà viene rispecchiata anche dalla varietà di registri espressivi e formali, ed
ancora una volta costituisce un elemento di distacco dal petrarchismo, ed un elemento di
avvicinamento alla tradizione dantesca. Allo stesso modo ne risente anche la questione
linguistica tassesca, la quale risentí chiaramente del pluristilismo dantesco, dandogli però
un’altra interpretazione: se in Dante esso andava a simboleggiare una alta padronanza di vari
stili, in Tasso, la compresenza di vari registri stilistici é segno di una lacerazione interiore e di
un’impossibilità di mediare dimensioni distinte. Tuttavia sono individuabili a livello
macroscopico due registri fondamentali, quello dell’etica e quello della lirica, i quali
corrispondono ai due ambiti fondamentali della scrittura tassesca, quello eroico e quello
intimistico (psicologico).
Per quanto riguarda la lingua invece, la Liberata presenta una vasta varietà di modelli, che
creano dunque una miscela lessicale.
La metrica utilizzata è l'endecasillabo, con alta presenza di enjambements

TESTI
T1 il proemio
⁃ ottava 1= protasi
⁃ ottava 2-3= annuncio della materia del poema cioè dichiarano un’implicita
dichiarazione poetica, l’invocazione alla musa
⁃ ottava 4-5= dedica al duca Alfonso II d’Este
⁃ ottava 6-10= rassegna dei principi cristiani
⁃ 11-18= racconto dell’intervento dell’arcangelo Gabriele nelle vicende di
guerra, manda Goffredo di Buglione come capo dell’esercito cristiano.

Abbiamo una contrapposizione tra “l’uniforme cristiano” e il “multiforme pagano”, che


rispecchia lo scontro tra visione del mondo umanistico-rinascimentale e controriformista.
La prima strofa è una citazione variata dell’Eneide. Si avvicina quindi al modello epico
classico, allontanandosi da quello cavalleresco di Ariosto
T4 Erminia tra i pastori (canto VII)
Da una torre, Erminia ha visto lo scontro tra Argante e l’amato Tancredi. Vorrebbe recarsi nel
campo cristiano per curargli le ferite. Invidia così la guerriera Clorinda, libera di uscire da
Gerusalemme e capace di andare dove più le piaccia. Coraggiosamente, decide di vestirne le
armi e di rischiare , intenzionata a raggiungere l’amato.
Travestiti alla meglio anche lo scudiero e l’ancella, Erminia esce dalla città e si avvicina
all’accampamento nemico. manda lo scudiero per informare Tancredi delle sue intenzioni e
chiedergli un lasciapassare. Ma impaziente Erminia si avvicina al campo cristiano, viene
avvistata così dalle sentinelle e, scambiata per Clorinda, è costretta a una fuggire. Con questa
fuga e questo inseguimento si conclude il canto 6.
Il canto 7 si apre sulla fuga di Erminia, che dopo aver corso per un giorno e una notte, giunge
al fiume Giordano e cade addormentata.
Al risveglio, la mattina seguente, è subito attratta dal dolce suono del canto dei pastori,
accompagnato dalle zampogne. Erminia si avvicina e vede un uomo impegnato a intrecciare
ceste di vimini circondato dal suo gregge e da tre fanciulli che cantano.
I pastori, vedendo apparire all’improvviso delle armi si spaventano, ma, Erminia si leva
l’elmo, scoprendo i suoi occhi e i bei capelli dorati, e li rassicura invitandoli a continuare ciò
che stanno facendo, perché lei non è lì per muovere guerra.
Viene usata molto il metodo ripetizione-contrapposizione ed anche l’enjambement.
Questo testo è utile a definire il carattere di Erminia: prima angosciato, poi disperato al
cospetto del fallimento, malinconico di fronte alla serenità del pastore. Erminia simboleggia
l'inettitudine eroica, è sempre destinata al fallimento. Rappresenta una critica implicita del
mondo guerresco. Abbiamo una critica alla civiltà della corte (i pastori) e di quella bellica. La
dimensione della corte viene vista come qualcosa di utopico, un ambiente non inquinato dai
conflitti.

T5 duello di Clorinda e Tancredi (canto XII)


Clorinda, mentre è scesa la notte decide di assalire e ardere la grande torre di legno dei
cristiani, con lei si associa Argante. Prima dell’assalto, Arsete le narra della sua origine
cristiana, confidando le di aver disubbidito all’ordine per farla battezzare ricevuto da sua
madre e poi replicato più volte un sogno da apparizioni inquietanti. Il giorno prima aveva
sognato la morte di Clorinda. Nonostante la donna sia turbata, rifiuta di rinunciare
all’impresa. Clorinda e Argante raggiungono lo scopo e fuggono verso la città. Accade però
che Clorinda viene chiusa fuori dalle mura, finge così di essere un soldato crociato per essere
meno visibile nell sortita notturna. Purtroppo viene vista da Tancredi, il quale la identifica
come nemico è non la riconosce come la propria amata. Il crociato segue l’invito guerire per
misurarsi con lui in duello: lo scontro conclude all’alba con la vittoria di Tancredi. Clorinda
ferita chiede all’uccisione di battezzarla, una volta liberato il volto Tancredi la riconosce e
anche lui cade a terra privo di sensi e semi morto. Verrà salvato da un gruppo di soldati
franchi che passano di li per caso.
Nonostante siano narrati diversi episodi, essi sono tutti uniti e coesi. Qui vengono nominati i
principali temi del romanzo: il tragico errore ed i sensi di colpa, vanno a shaperare il carattere
malinconico di Tancredi.
Qui si fondono l’amore e la guerra.
T7 Rinaldo nella selva incantata (canto XVIII)
Tornato dall’isola di Armida con Carlo e Ubaldo confessa a Pietro Eremita i propri peccati
passando la notte in preghiera. All’alba va sul monte Oliveto per purificarsi.
Si incammina così nella selva di Saron, dove i crociati vedono ciò che desiderano o che
temono di più; qui quindi compaiono mostri, apparizioni. Rispecchia il carattere espansivo di
Rinaldo ma lo minaccia proponendogli le tentazioni del giardino di Armida, tant’è che questa
gli si appare. Rinaldo resiste, Armida quindi diventa un mostro ma Rinaldo riesce a
distruggere il mirto che procreava i mostri.
Il modello principale di questo canto è il tema della "metamorfosi" di Ovidio.

T8 insensatezza della guerra (canto XX)


Risalta lo sentimento dell’ insensatezza della guerra, nelle prime 3 ottave viene riportata la
rappresentazione del massacro. Una sorta di democrazia della morte accomuna vincitori e
vinti: i secondi già cadaveri, i primi destinati ad esserlo.

CARLO GOLDONI
Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio 1707. Si sposta a Perugia tra il 1719-20 per il
lavoro del padre e studia al collegio dei Gesuiti. Prosegue gli studi di filosofia a Rimini, dove
si appassiona alle commedie plautine. Nel 1721 a Chioggia fugge sulla barca di una
compagnia di comici. A Venezia esercita per un po’ con lo zio notaio. Nel 1723 viene accolto
nel prestigioso collegio Ghislieri, dove viene espulso per una satira contro le donne pavesi..
tenta di riprendere gli studi ma viene respinto e questo lo porta quasi a ritirarsi in convento.
Inizia poi una carriera amministrativa giudiziaria, passando da Chioggia a Feltre, dove si
dedica al teatro, scrivendo per il carnevale del 1730 due intermezzi (“il buon padre” “la
cantatrice”). La morte del padre costringe la famiglia a ritirarsi a Venezia, dove Carlo
riprende gli studi giuridici e si laurea a Padova.
Si trova in una situazione economica critica, quindi si sposta a Milano dove trova un impiego
e si mette poi in contatto con Giuseppe Imer, capocomico del Teatro San Samuele. Torna con
lui a Venezia e scrive varie opere per la compagnia. A Genova conosce Nicoletta Connio, la
sua futura moglie.
Nel 1737 gli viene affidata la direzione del teatro San Giovanni Crisostomo, fino al 1741. Qui
rappresenta molte delle sue opere e fa esperienza teatrale, concependo anche i funzionamenti
della sua riforma; nel ”Momolo Cortesan” infatti si nota già meno spazio per
l’improvvisazione.
La prima commedia scritta per intero fu “La donna di garbo” del 1743, dove non c’è
improvvisazione. Goldoni si ritrova incastrato in una truffa, quindi fugge di nuovo a Venezia.
Si ferma con la moglie a Pisa dove esercita come avvocato. Compone “il servitore di due
padroni”. Nel 1747 a Livorno incontra il capocomico Gerolamo Medebach con il quale si
impegna per l’anno seguente. Lavora al teatro Sant’Angelo per la compagnia di Medebach.
Qui Carlo consacra la propria fama, ma conobbe anche le prime rivalità, in particolare con
Pietro Chiari che lo aveva sostituito al San Samuele. Chiari era più tradizionalista mentre
Goldoni era illuminista e innovatore. Goldoni passò dal teatro San Luca dei fratelli
Vendramin al teatro Sant’Angelo e nel 1753 compone "la locandiera" che ha enorme
successo. Il passaggio dal San Luca fu difficile perché si trovò a lavorare in un teatro più
grande e con una compagnia ancora legata all’improvvisazione. Nel 1760 trionfa “la buona
figliola”. Viene invitato a Parigi dalla "Comédie Italienne” e Carlo si congeda dal pubblico
veneziano. In Francia scrisse “soggetti e canovacci” e nel 1765 inizia il suo servizio a corte:
Re Luigi XV gli affidò l’educazione delle sue figlie e per ben 5 anni si trasferisce a Versailles
presso la corte, abbandonando la vita teatrale. Torna poi a Parigi nel 1770 e ottiene successo
con “Il burbero benefico. Nel 1780 iniziò la stesura dei “Memories”. Morì il 6 febbraio 1793.

RIFORMA DEL TEATRO


- priorità al testo scritto e rifiuto dell’improvvisazione
- realismo psicologico e sociale
- teatro come luogo di conoscenza, di critica e di riflessione
- mondo e teatro
- valore del dialogo e concretezza linguistica
Negli anni in cui Goldoni si avvicina al teatro comico, trionfa la commedia dell'arte: gli attori
impersonano caratteri fissi e la loro recitazione è legata all'improvvisazione sulla base di un
canovaccio. Con la sua riforma Goldoni sancisce la priorità al testo scritto, contro gli arbitri
degli attori e l'approssimazione letteraria dei testi messi in scena. la proposta goldoniana si
misura su due libri, quello del mondo e quello del teatro. Il riferimento al teatro implica un
confronto con i bisogni del pubblico, mentre quello al mondo implica il realismo sociale e
psicologico di Goldoni. Per quanto riguarda i caratteri invece Goldoni ha un obiettivo di
realismo, sul piano psicologico e sociale. Per la stesura dei testi teatrali invece è sostenuta
attraverso alcuni interventi teorici. teatro come luogo di conoscenza, critica, riflessioni su
questioni sociali, morali, psicologiche.

FASI DELLA RIFORMA


1. Prima della Riforma, 1730-1738, Con i due intermezzi scritti “il buon padre” e “la
cantatrice”. è una fase di apprendistato, e accetta le forme tradizionali e perlopiù rifà
testi già esistenti riadattandoli alle esigenze rappresentative.
2. Verso la riforma, 1738-1748, Questa fase si apre con il “Momolo cortesan”. La parte
del protagonista è scritta per intero, mentre il resto dei personaggi si basano solo sul
canovaccio. Goldoni quindi cerca inizialmente di trovare un compromesso.”La donna
di garbo” è la prima commedia golldoniana interamente scritta
3. Realizzazione della riforma,1748-1752, Nel 1748 scrive diverse commedie, ognuna
estremamente realistica. La famiglia è al centro della riflessione goldoniana. il dialetto
comincia ad essere usato per i personaggi del Popolo, diventa il segno distintivo di
pantalone. Il nuovo teatro comico Comincia ad avere anche una moralità, deve
educare oltre che divertire. “La locandiera”
4. Oltre la riforma, 1753-1762, Collaborazione col teatro San Luca. Si inizia a vedere
una disarmonia tra i personaggi e il Mondo. Da una parte Goldoni è costretto ad
affrontare la rivalità con Chiari, mentre dall'altra cerca nuove strade. Due saranno le
vie d'uscita da questa condizione di stallo: la riscoperta e la valorizzazione corale del
popolo e della sua lingua, la critica della borghesia mercantile
5. Fra ripiegamento e involuzione, 1762, la materia rappresentata è il malinconico
distacco da essa. Ultimo triennio della vita di Goldoni.

LOCANDIERA
Sul finire del 1752, avviandosi verso il termine della sua esperienza lavorativa con il teatro
Sant’Angelo e la compagnia di Medebach, Goldoni produce uno dei suoi più grandi
capolavori, la Locandiera.
Si suddivide in tre atti, ognuno dei quali è a sua volta formato da altrettante unità tematiche.
1. Primo atto:
● discussione tra il Conte d’Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli. L’oggetto
del diverbio è Mirandolina. Compaiono anche il cameriere della locanda
Fabrizio e il cavaliere di Ripafratta. Le tematiche sono la differenza sociale e
la differenza tra sessi (misoginia del cavaliere)
● Mirandolina escogita un piano per punire la superbia del cavaliere, la tematica
è la seduzione.
● Terza parte, teatro dentro al teatro
2. Secondo atto: Mirandolina tenta di sedurre nuovamente il cavaliere, il quale però è
deciso a non cadere nella trappola amorosa. Mirandolina tuttavia fa finta di svenire e
il cavaliere si scopre perdutamente innamorato di lei.
3. Terzo atto: la passione dominante è la gelosia folle del cavaliere con la comparsa di
Fabrizio. Mirandolina tuttavia, una volta raggiunto il suo scopo, gli nega ogni
attenzione .
Nel finale sono radunati tutti i personaggi. Mirandolina offre la propria mano a Fabrizio; il
cavaliere esce di scena ribadendo la sua opinione sulle donne. Mirandolina promette di
tornare al lavoro nella locanda: movimento circolare che sottostà alla struttura della
commedia. L’ordine era sul punto di essere rotto, ma nulla è stato veramente cambiato.

TRA LINGUA E DIALETTO


I personaggi goldoniani sono tutti protesi verso la comunicazione in quanto il teatro si fonda
sul dialogo: Goldoni non dà importanza alle azioni, bensì all’espressione delle idee, dei
desideri e delle intenzioni. C’è una grande disponibilità al confronto tra punti di vista diversi
e una fiducia nella forza positiva del dialogo. Il teatro goldoniano è una lezione di democrazia
fondata sul dialogo: conflitti d’interesse, opinioni contrastanti e analisi dei sentimenti, danno
vita ad una cultura implicitamente razionalistica e illuministica e una formazione borghese.
La lingua utilizzata nelle commedie è dialettale: Goldoni impiega tanto il dialetto toscano
standard, quanto quello veneziano elevato, veneziano diretto o veneziano colorito. Utilizza un
linguaggio diverso e lo adatta alla compresenza di ceti sociali ben distinti e preparati. Fa uso
anche della lingua italiana che tuttavia non rispecchia il canone della lingua letteraria, bensì
porta in scena un italiano dialettizzato della borghesia veneta-lombarda.
Lo stile è lontano dalla complessità sintattica della lingua letteraria, con l’utilizzo di periodi
brevi che riproducono i modi del parlato.
Si tratta pur sempre di un dialetto ricco di sfumature espressive, nonché socialmente
caratterizzato.

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