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TORQUATO TASSO

CONTESTO STORICO-CULTURALE (seconda metà del ‘500)


- Anticipatore del Barocco (movimento artistico-letterario del 1600 = tendenza all’esagerazione)
- Tasso vive in una fase di conflitto perché è un periodo di passaggio dalla crisi del periodo
umanistico- rinascimentale (sacco di Roma del 1523, scisma, protestantesimo, controriforma).
Questo è un periodo di continue contraddizioni: infatti l’uomo nell’umanesimo-rinascimento è al
centro ma la controriforma blocca tutto ciò. Gli autori di questo periodo non sanno cosa essere
poiché la controriforma li spinge ad essere qualcosa che non vogliono essere (vivono in costante
angoscia, ansia).
- Periodo del manierismo, termine coniato da Vasari: ’maniera’ prende il significato di ‘stile’ ed è un
movimento artistico con influenze nella letteratura= le regole umanistico-rinascimentali vengono
estremizzate e nella letteratura porta a sperimentalismo, virtuosismo, eccesso delle figure retoriche.
- Il periodo umanistico-rinascimentale regole, il barocco invece è caratterizzato dall’assenza di regole
- La crisi che vive Tasso è personale ma rappresenta un intera società (anche Manzoni vivrà una crisi
dato che vive a cavallo tra ‘700 e ‘800, ma riuscirà a superarlo grazie alla fede che per l’appunto è
ricorrente nelle sue opere).

VITA
- Nasce a Sorrento nel 1544
- Vive nella II fase del periodo umanistico-rinascimentale (I fase: umanesimo civile, impegnati a livello
politico, II fase: gli autori sono legati e dipendono dai propri signori).
- Tasso vive grandi vicende famigliari: il padre è un letterato famoso, così è costretto a seguirlo
dovendo così abbandonare la madre in tenera età, scoprendo più tardi della sua morte (ne rimane
traumatizzato).
- Si sposta a Orbino, Venezia e Padova dove su consiglio del padre decide di iscriversi a diritto ma
scopre che non fa per lui.
- Da Padova si sposta a Ferrara dove tra il 1565 e il 1576 vive e produce per 11 anni: scrive i suoi
capolavori sotto due Signori: il cardinale Luigi d’Este e il duca Alfonso d’ Este. Questo è il periodo
più bello e fiorente per lui perché si sente amato e realizzato e compone “La Gerusalemme
Liberata” e “Aminta”, i suoi capolavori, e “Discorsi dell’arte Poetica e del poema eroico”, in cui spiega
il proprio modo di intendere la poesia.
- Dopo il 1576 vive un periodo di crisi : è un uomo insoddisfatto a causa del contesto storico-
letterario, perché non si sente né umanista né parte della Controriforma = da un lato necessita di
scrivere, ama la letteratura, dall’altro ha paura di essere giudicato. La “Gerusalemme Liberata” infatti
verrà continuamente vista dai critici perché Tasso vuole sapere se l’opera è moralmente corretta,
spesso la difende ma entra in profonda crisi perché non sente adatto ciò che scrive a periodo in cui
vive (personalità fragile, schizofrenico).
- Nel 1577 durante la conversazione con una duchesse si sente spiato da un servo, così vuole
accoltellarlo: viene momentaneamente chiuso in una stanza della dimora e poi vine trasferito al
convento di San Francisco a Ferrara , da cui però una sera fugge e va a Sorrento dove, travestito da
pastore, si reca dalla sorella Cornelia dicendo che Torquato è morto per verificare il suo affetto per
lui. Quando comprende che la sorella gli vuole seriamente bene, si rivela e resta con lei per 1 anno
e mezzo. Dopo questo periodo torna a Ferrara per nostalgia, perché era stato l’unico luogo in cui si
era sentito amato.
- Nel 1579 partecipa al matrimonio tra il duca Alfonso II d’Este e Margherita Gonzaga. Si dice che ad
un cero punto si sia messo in piedi su un tavolo e abbia iniziato ad insultare il duca.
- Tra il 1579 e il 1586 viene internato nel manicomio di Sant’Anna. Questo è il periodo più brutto della
sua vita,. Lì viene etichettato come un farnetico e quindi è costretto a rimanere incatenato nella sua
stanza (riesce anche ad ottenere la libertà di uscire all’aria aperta, ma solo accompagnato da
qualcuno). Tasso continua a scrivere principalmente lettere e dialoghi nei quali si difende da due
accuse, quella di essere pazzo e quella di essere ignorante .
- Nel 1586 esce dal manicomio e ricomincia le sue peregrinazioni: si sposta a Mantova, Roma, Napoli
e di nuovo Roma, dove nel 1595 muore per l’aggravarsi di patologie sia mentali che fisiche. In
questo stesso anno Papa Clemente VII gli aveva promesso l’incoronazione poetica (per questo
motivo Tasso ritorna a Roma, ma muore prima di ricevere l’incoronazione).

PSICOANALISI
- Genialità legata ad atteggiamenti di crisi per l’infanzia caratterizzata dal dolore.
- Si è sentito orfano ed esule per tutta la vita: è stato un bambino senza radici e ha sofferto la morte
della madre da cui si è allontanato nel 1554. Tasso, dopo la morte del padre, cercava affetto negli
ambienti di corte, dunque quando si sentiva trascurato, esplodeva.
- Il contesto storico-culturale ha aumentato la crisi del poeta.
- La sua unica valvola di salvezza è la letteratura, però ciò che lui vuole scrivere non è adeguato al
periodo in cui vive: lui sa di essere geniale ma è troppo presto per essere compreso (infatti è
anticipatore della letteratura barocca, dove c’è il meraviglioso).
- Tasso si sente sempre giudicato e limitato dal giudizio degli altri: l’ombra della controriforma e
dell’inquisizione gli impediscono di essere libero.
- Il suo sbaglio più grande è aver cambiato il suo capolavoro, “la Gerusalemme Liberata”, per ragion
morali e religiose (l’ opera diventa “Gerusalemme conquistata”.
- Ha atteggiamenti duplici e ambivalenti : bi-frontismo di Tasso.

DISCORSI DELL’ARTE POETICA E DEL POEMA EROICO


Questa è un opera di natura teorico-critica. Il suo obbiettivo è quello di spiegare la sua idea di poema
eroico e di poesia , che secondo lui sono le forme più elevate di espressione. L’opera è frutto di un
continua rivisitazione: l’ultima pubblicazione avviene nel 1597 a Venezia, la stesura invece inizia nel
1567.
Il componimento è diviso in 3 libri che affrontano tematiche importanti per il poeta che rappresentano
il suo modo di intendere l’arte poetica facendo riferimento al periodo umanistico-rinascimentale
(mondo classico) e alla controriforma (limiti della religione).
- I LIBRO: Rapporto che la poesia deve avere con la storia -> per Tasso il poema deve avere una
cornice storica (es. “Gerusalemme Liberata “ è un poema epico-storico) che però non deve essere
né molto recente, perché c’è il rischio di non poter inserire il ‘meraviglioso’, né molto antico, perché
l’opera potrebbe perdere valore e potrebbe risultare troppo sfumata. (es. nella “Gerusalemme
Liberata” il periodo storico è quell della I crociata, 1096-1099, contro gli Ottomani con Goffredo di
Buglione).
- II LIBRO: tratta della questione di ‘vero’ e ‘verosimile’ (approf. Manzoni) -> la storia deve occuparsi
del ‘vero’, la poesia del ‘verosimile’, ovvero di qualcosa che non è accaduto ma avrebbe potuto
poiché ha le caratteristiche di qualcosa di vero = questo serve per inserire il ‘meraviglioso’.
MERAVIGLIOSO= è ciò che permette, nonostante ci sia un unità di azione (riferimento ad Aristotele),
di mantenerla riuscendo però d inserire elementi fantastici per rendere interessante il testo. È quello
che si definisce ‘meraviglioso cristiano’, quindi la lotta tra bene e male, dio/angeli vs demoni, ai
quali corrispondono l’esercito dei cristiani e degli infedeli. Ha lo scopo di far digerire argomenti
complessi , è come addolcire una medicina ( riferimento a Lucrezio).
- III LIBRO: stile tripartito: aulico, mediocre (sonetti, lirica), umile o basso (poesia comico-realistica). Il
poema eroico e la tragedia sono caratterizzati da uno stile aulico ed elevato ma c’è una differenza,
perché secondo Tasso il poema eroico ha uno stile più complesso frutto della fusione di stile
elevato e mediocre. Ciò che approfondisce le differenze tra poema eroico e tragedia è il tema dell
verità: la tragedia è la rappresentazione del vero, il poema eroico invece narra il vero. Inoltre la
tragedia deve suscitare nel pubblico un mix di orrore e compassione, i poema eroico invece deve
elevare gli animi a una condizione di superiorità perché i protagonisti sono degli eroi.

GERUSALEMME LIBERATA
Quest’opera è la messa in attico dei “Discorsi dell’arte poetica e del poema eroico”.
- Poema epico-storico (contesto storico: I crociata). Il poema si conclude con la conquista di
Gerusalemme.
- È rispettato il tema centrale di mantenere il vero.
- Contenuto: tema delle coricate dell’anti-turco ( queste tematiche lo appassionano fin da piccolo).
- La prima bozza dell’opera è stata iniziata all’età di 12 anni e termina ai 18: si intitolava “Il Rinaldo”.
- La prima bozza nello specifico dell’ opera, la “Gerusalemme”, è stata scritta nel 1559, un poema in
116 ottave che tratta gli stessi argomenti della “Gerusalemme Liberata”, ma in modo poco
approfondito.
Tasso ha un ossessione per le crociate perché il periodo della Controriforma dove è forte la
propaganda anti-turca: inoltre le cronache dell’ epoca riportano che sua sorella sia sopravvissuta ad
un assalto dei Turchi a Sorrento (tentativo turco di occupare il sud-Italia).
- La stesura definitiva risale al 1565-1576, il periodo più fiorente della vita di Tasso, nel quale è sotto
la croce d’Este (l’opera è dedicata ad Alfonso II).
- La prima edizione viene pubblicata nel 1580-81 con il titolo “Il Goffredo”, mentre lui era rinchiuso a
Sant’Anna : l’opera è stata pubblicata a sua insaputa.
Una volta uscito dal manicomio pubblica ufficialmente la “Gerusalemme Liberata”. Dal 1576 inizia a far
revisionare compulsivamente l’opera dai critici del tempo. Una volta eliminati tutti gli elementi che
potevano essere considerati immorali agli occhi della controriforma, viene pubblicata la
“Gerusalemme Conquistata”, nel 1593.
Tasso non aveva mai chiesto che l’opera venisse criticata a livello stilistico, perché era consapevole di
aver creato un capolavoro, ma non è mai soddisfatto del contenuto (Tasso è ambivalente).
- Tasso unisce la funzione didascalica, che da sola risulterebbe noiosa, a degli abbellimenti retorici,
per renderla più piacevole (se no assomiglierebbe a un resoconto storico). Ricorre oltre anche al
‘meraviglioso cristiano’.
Il filo conduttore di tutta l’opera è lo scontro tra bene e male (cristiani vs turchi) e riesce a far rispettare
l’unità d’azione: ogni inserimento secondario si lega a questo filo conduttore. La differenza con l’
“Orlando Furioso” di Ariosto sta proprio in questo: l’organizzazione (= l’ “Orlando Furioso” non ha un
filo conduttore).

FONTI E MODELLI
Contesto storico:
- “Historia Belli Sacri Verissima” del vescovo Guglielmo di Tiro (XII secolo): affronta il tema delle
crociate (Tasso sceglie la I crociata, ma descrive solo gli ultimi mesi di assedio di Gerusalemme [es
guerra di Troia, ‘Iliade’)
- “L’Italia liberata dai Goti”, di Trissino
Aspetto etnografico-geografico:
- Strabone e Pomponio Mela: geografici greci
Apparato epico-eroico , epiteti, formule, patronimici, contrasto tra divinità
- “Iliade", “Odissea”, Omero
- “Eneide”, Virgilio
- Lucrezio (miscere utile dulci)
TRAMA
CANTO I:
Proemio (Incipit) e dedica. Dio invia l'arcangelo Gabriele per invitare Goffredo a riunire i principi
cristiani, che lo eleggono comandante dell'esercito crociato dopo averne ascoltato l'orazione. A
Gerusalemme il re Aladino si appresta a difendere la città.
CANTO II:
Il mago Ismeno prepara inganni contro i cristiani. Olindo e Sofronia si offrono come capri espiatori e
vengono salvati dal rogo per intervento di Clorinda, che compare qui per la prima volta sulla scena.
CANTO III:
Giunto davanti alle mura di Gerusalemme, l'esercito crociato ingaggia i primi scontri con i difensori
della città. Dall'alto delle mura Erminia mostra (indica con il dito come fa Elena con Priamo) ad Aladino
i principi cristiani. Tancredi e Clorinda si battono brevemente, Argante uccide Dudone, al quale
Goffredo fa tributare onori funebri.
CANTO IV:
Concilio degli dèi infernali. Il mago Idraote invia presso il campo cristiano la maga Armida che si finge
principessa spodestata dal suo regno e chiede l'aiuto dei cavalieri causando però tensioni tra di loro
(li fa innamorare conme Angelica nell’ ‘Orlando furioso’.
CANTO V:
Accecati dagli inganni di Armida, i paladini si battono tra loro e Rinaldo uccide Gernando,
allontanandosi poi dal campo crociato. Un gruppo di cavalieri segue Armida. Nel campo cristiano
intanto mancano i rifornimenti.
CANTO VI:
Argante sfida i cristiani e intraprende un lungo e sanguinoso duello con Tancredi, che viene interrotto
al tramonto. Erminia, innamorata di Tancredi, si avvia verso il campo cristiano (per curarlo) indossando
le armi di Clorinda, ma avvistata dalle sentinelle è costretta a fuggire.
CANTO VII:
Erminia si risveglia tra i pastori e trova rifugio nel loro mondo pacifico e idilliaco. Tancredi insegue
Erminia credendola Clorinda ma finisce prigioniero nel castello di Armida. Intanto Raimondo prende il
suo posto nel duello con Argante, ma i demoni trasformano lo scontro in battaglia tra i due eserciti e
scatenano una tempesta che si abbatte sui crociati.
CANTO VIII:
Il danese Carlo racconta la morte di Sveno. Giunte al campo le armi insanguinate di Rinaldo, tutti lo
credono morto. La furia Aletto spinge Argillano a sobillare i cavalieri italiani, convinti che Goffredo (che
è francese) abbia fatto uccidere Rinaldo. Goffredo riesce però a placare la rivolta.
CANTO IX:
Solimano, al comando di predatori arabi, assale di notte il campo cristiano. Da Gerusalemme gli
danno man forte Argante e Clorinda. L'arcangelo Michele respinge i demoni all'inferno. All'arrivo di
cinquanta cavalieri armati in soccorso dei crociati, Solimano si ritira.
CANTO X:
Solimano è condotto su un carro alato a Gerusalemme dal mago Ismeno, apparendo nel consiglio di
Aladino per incitare gli infedeli a resistere. I cinquanta cavalieri (fra i quali è anche Tancredi) narrano la
loro liberazione dal castello di Armida a opera di Rinaldo, che è dunque vivo.
CANTO XI:
Processione al Monte Oliveto. I crociati assaltano Gerusalemme, eroicamente difesa da Argante,
Solimano e Clorinda. Goffredo è ferito, ma subito guarisce grazie all'intervento divino.
CANTO XII:
Clorinda e Argante si apprestano ad incendiare la torre d'assalto dei cristiani, rimasta bloccata a
ridosso delle mura. Arsete narra a Clorinda le sue origini cristiane, ma è inutile: la fanciulla partecipa
all'impresa e resta chiusa fuori dalle mura di Gerusalemme. Tancredi la insegue e la uccide, ingannato
dal colore della sua armatura.
CANTO XIII:
Ismeno evoca i demoni e compie un incantesimo sulla selva di Saron . I paladini non possono
procurarsi il legno necessario per le loro macchine da guerra. Persino Tancredi non riesce a vincere
l'incanto della selva. I cristiani sono messi a dura prova dalla siccità e dal caldo, ma Goffredo invoca
l'aiuto divino e scende finalmente una pioggia ristoratrice.
CANTO XIV:
Dopo un sogno, Goffredo manda Carlo e Ubaldo a liberare Rinaldo. Carlo e Ubaldo vengono condotti
dal mago d'Ascalona, che narra loro gli amori di Rinaldo e Armida-nelle viscere della terra.
CANTO XV:
Viaggio di Carlo e Ubaldo verso le isole Fortunate sulla nave della fortuna.
CANTO XVI:
Carlo e Ubaldo penetrano nel giardino di Armida e spiano gli amori della maga e di Rinaldo,
riuscendo poi a convincere quest'ultimo a seguirli. Armida e disperata e medita Vendetta,
CANTO XVII:
L'esercito egiziano si unisce alla guerra. Rinaldo giunge dal mago di Ascalona, che gli fornisce una
nuova armatura. Qui Tasso racconta la genealogia degli Estensi.
CANTO XVIII:
Rinaldo, tornato al campo cristiano e perdonato da Goffredo, si reca sul Monte Oliveto in meditazione;
quindi rompe l'incanto della selva di Saron. I crociati hanno ora Il legname necessario per costruire le
macchine da guerra e vanno all'assalto finale di Gerusalemme: Ismeno viene ucciso e Rinaldo riesce a
salire sulle mura. La città è espugnata.
CANTO XIX:
Argante e Tancredi riprendono il duello interrotto nel VI canto: Argante muore. Rinaldo e gli altri
crociati compiono una strage dentro la città. Aladino e i suoi si rifugiano nella Torre di David. Vafrino,
lo scudiero di Tancredi, è inviato come spia presso il campo egizio e incontra Erminia: insieme a lei si
imbattono in Tancredi ferito. Erminia lo cura senza farsi riconoscere, mentre Vafrino svela a Goffredo il
tradimento di Ormondo, un cavaliere cristiano.
CANTO XX:
Schieratosi l'esercito egizio sotto la città, si apre il terribile scontro finale. Le eroiche imprese di
Solimano sono inutili: Rinaldo lo uccide, e Raimondo uccide Aladino. Armida e Rinaldo si riconciliano
e la maga si converte al Cristianesimo. Terminato lo scontro, Goffredo va in preghiera al Santo
Sepolcro.
PERSONAGGI
- RINALDO: è uno dei più valorosi soldati cristiani. Incarna i temi di contesa, ira (che porta
all’uccisione di un compagno), abbandono, inevitabile e necessario ritorno per vincere (-> viene
ripreso Achille).
- TANCREDI: crociato fondamentale. A differenza di Rinaldo è un eroe più romantico, per certi versi
tragico: più volte si lascia tentare dall’amore di Clorinda -> è più debole di Rinaldo. Poi ucciderà
Clorinda per sbaglio e vivrà con il rimorso (rimanda ad Achille quando uccide Pentesilea).
- GOFFREDO: protagonista assoluto dell’opera, è il capitano per antonomasia. E’ un eroe pietoso
scelto appositamente da Dio. Vive dei momenti di difficoltà per cui necessita degli angeli per
tornare sulla retta via (es. esercito che si innamora di Armida, periodo di siccità,…). È il personaggio
più positivo di tutta l’opera.
- ARMIDA: esempio di femme fatale. È una maga che con i suoi poteri e con la sua bellezza/sensualità
cattura non solo i pagani ma anche i cristiani (riesce ad allontanarli dal campo di battaglia). E’ simile
ad alcune donne della letteratura classica:
- Circe= maga, bella e sensuale. Anche lei allontana i compagni di Ulisse trasformandoli in porci
—(magia= allontana uomini dalla civiltà/ retta via).
- Medea= maga, bella e sensuale. Sedotta e poi abbandonata da Giasone, è una straniera che ha
_abbandonato tutto per amore di Giasone. Ciò che ha in comune con Armida è ciò che la rende una
_femme fatale e il fatto che entrambe hanno compiuto delle scelte per amore (Medea fa a pezzi suo
_fratello per impedire alle navi di suo padre di inseguire quelle di Giasone; Armida, per amore di
_Rinaldo, decide di convertirsi al cristianesimo).
-Didone: storia d’amore tra Armida e Rinaldo simile a quella tra Didone ed Enea.
- CLORINDA: guerriera (riamando a Pentesilea, l’amazzone nell’ ‘Iliade’ o a Bradamante, guerriera
dell’esercito saraceno che si converte al cristianesimo nell’ ‘Orlando Furioso’.
- ERMINIA: simile a Didone, perché ama fortemente Tancredi ma non è ricambiata (ama e soffre per
amore = Didone muore per amore)
PROEMIO
La prima ottava corrisponde alla "protasi", ovvero l'enunciazione del tema affrontato nel poema, e il primo verso rappresenta
una voluta imitazione di quello iniziale dell'Eneide (Arma virumque cano Troiaeque qui primus ab oris) con la presentazione
dell'eroe al centro dell'opera, il "capitano" Goffredo di Buglione le cui "arme" sono "pietose" in quanto devote alla fede
cristiana e alla guerra santa della Crociata, anche qui con ripresa dell'aggettivo pius attribuito ad Enea che era sottomesso alla
volontà del fato. L'impresa compiuta da Goffredo è celebrata come "glorioso acquisto", dal momento che il condottiero ha
riconquistato il "gran sepolcro" di Cristo (gli aggettivi sottolineano la grandezza dell'opera militare) ed egli ha operato con
saggezza e con ardimento militare, soffrendo molto nel fare fino in fondo il proprio dovere. Goffredo è dunque presentato sin
dall'inizio come guerriero perfetto, non soggetto al turbamento delle passioni che invece svieranno i suoi "compagni erranti"
dalla centralità della loro missione, e infatti a lui spetterà il compito di riportarli sotto le insegne dei Crociati, anticipando uno
dei temi fondamentali del poema e cioè il contrasto fra dovere e allettamento dei sensi, tra guerra e amore. Viene anche
prefigurato l'intervento del soprannaturale nelle vicende militari, poiché il Cielo ha dato il suo favore all'impresa di Goffredo e
ha vanificato il tentativo delle forze infernali di opporsi all'inevitabile caduta di Gerusalemme, così come vana sarà l'unione tra
l'esercito musulmano di Terrasanta e quello proveniente dall'Egitto (dalla "Libia", intesa genericamente come il Nordafrica),
per cui si può dire che l'ottava proemiale riassume in modo sintetico tutti gli aspetti fondamentali del poema, così come
l'ultima (XX.144) avrà ancora protagonista Goffredo, che "vince" ed entra in Gerusalemme adorando il "gran Sepolcro" (l'inizio
e la fine dell'opera si rimandano con un riferimento “circolare").

Nell'invocazione alla Musa (ott. 2-3) Tasso intende rivolgersi all'ispirazione divina e il poeta chiarisce subito che non si tratta
della divinità pagana, che è incoronata sul monte Elicona di allori destinati a sfiorire perché legati a una poesia mortale, bensì
di una Musa celeste che ha una corona dorata di stelle e risiede in paradiso, quindi l'autore dovrà essere assistito direttamente
da Dio nel comporre un'opera di profondo significato religioso, molto diversa dai poemi di intrattenimento dell'epica
cavalleresca. Tasso giustifica anche la scelta di mescolare vero e invenzione romanzesca (i "fregi" con i quali abbellisce il vero
storico), poiché i lettori si rivolgono più volentieri a un'opera con elementi piacevoli e attrattivi e in tal modo egli potrà più
facilmente trasmettere il messaggio religioso ed edificante del poema, che costituisce la più interessante novità letteraria
rispetto alla tradizione epica precedente. L'autore ricorre alla similitudine del bambino malato che deve bere un'amara
medicina e che viene ingannato facendolo bere da un "vaso" i cui bordi siano stati cosparsi con "soavi licor", poiché da questo
inganno egli riceve la guarigione e la vita: fuor di metafora i "succhi amari" sono gli insegnamenti morali dell'opera, mentre le
sostanze dolci sono appunto i "diletti" poetici inseriti nella materia propriamente epica, ovvero gli intermezzi idillici che
apparentemente potevano stonare in un poema dedicato a un'impresa santa come la Crociata che aveva portato alla
riconquista di Gerusalemme. Tasso trae la similitudine da Lucrezio (De rerum natura, I.936-942), che usa un'immagine molto
simile per giustificare anch'egli la scelta di affrontare la materia filosofica dell'epicureismo musaeo dulci... melle ("col dolce
miele proprio delle Muse"), onde evitare che il volgo, restio al linguaggio del sapere, se ne allontani come disgustato.

Le ott. 4-5 anticipano il motivo encomiastico al centro del poema, dedicato ad Alfonso II d'Este (all'epoca protettore di Tasso e
signore di Ferrara) che viene ringraziato dal poeta in quanto lo ha generosamente accolto nella propria corte, lui che era
"peregrino errante" in quanto privo di una patria, esule come il padre Bernardo che aveva seguito nell'infanzia: l'autore usa la
consueta metafora del viaggio in mare, che per lui è stato difficile perché fiaccato dal fortunale (un vento tempestoso) e
rischiava di venire inghiottito dalle onde, finché Alfonso lo ha sottratto alla burrasca e lo ha condotto in porto, dal momento
che gli anni della composizione del poema a Ferrara furono in effetti i più sereni nella vita personale di Tasso. Il poeta auspica
addirittura che Alfonso possa assumere il comando di un'ipotetica futura Crociata volta a riconquistare la Terrasanta, per cui il
signore di Ferrara viene chiamato "emulo di Goffredo" e a lui il poema è offerto come un "voto", come un dono consacrato
per il suo contenuto religioso. Il tema encomiastico verrà sviluppato soprattutto con il personaggio di Rinaldo, leggendario
capostipite degli Este e figura analoga al Ruggiero del Furioso, specie nel canto XVII in cui il mago di Ascalona farà la
rassegna degli illustri antenati del guerriero e profetizzerà la venuta di Alfonso, "primo in virtù ma in titolo secondo". Nella
Conquistata la celebrazione degli Este ovviamente verrà meno, in seguito alla prigionia di Tasso nell'ospedale di Sant'Anna e
alla rottura dei rapporti con Alfonso, e il secondo poema sarà dedicato al cardinale Cinzio Aldobrandini, nipote del papa
Clemente VIII e protettore del poeta negli ultimi anni.
L'accenno al "buon popol di Cristo" per cui Tasso auspica una pacificazione interna, necessaria premessa a una successiva
Crociata in Terrasanta, rimanda alla rottura dell'unità del mondo cristiano in seguito alla Riforma e chiarisce fin dall'inizio che la
lotta contro gli "infedeli" musulmani nasconde in controluce quella contro gli scismatici e i predicatori che avevano sconvolto
l'assetto religioso dell'Europa del XVI sec., contro i quali da più parti si invocava una "crociata" per estirpare la loro eresia
(questo clima di contrapposizione preannuncia le guerre di religione che divamperanno nel XVII sec.;
CLORINDA: LA DONNA GUERRIERA, pag382

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Mentre sono in tal rischio, ecco un guerriero
Mentre rischiano la vita, ecco un guerriero
(ché tal parea) d'alta sembianza e degna; (infatti sembrava tale) di aspetto nobile e
e mostra, d'arme e d'abito straniero, degno; e mostra di venire da molto lontano,
che di lontan peregrinando vegna. straniero per le armi e gli abiti. La tigre che ha
per cimiero sull'elmo attira su di sé tutti gli
La tigre, che su l'elmo ha per cimiero, sguardi, famosa insegna usata in guerra da
tutti gli occhi a sé trae, famosa insegna, Clorinda; quindi pensano che sia lei e non
insegna usata da Clorinda in guerra; sbagliano.
onde la credon lei, né 'l creder erra.

39
Costei gl'ingegni feminili e gli usi
tutti sprezzò sin da l'età piú acerba: Costei disprezzò le occupazioni e le arti
a i lavori d'Aracne, a l'ago, a i fusi femminili sin dalla più tenera età: non degnò
porre la mano a cucire, all'ago, al fuso del
inchinar non degnò la man superba. telaio. Evitò gli abiti comodi e i luoghi riparati,
Fuggí gli abiti molli e i lochi chiusi, poiché si mantiene l'onore anche sul campo di
ché ne' campi onestate anco si serba; battaglia; atteggiò il volto a orgoglio e volle
farlo severo, e anche severo piacque.
armò d'orgoglio il volto, e si compiacque
rigido farlo, e pur rigido piacque.

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Tenera ancor con pargoletta destra Ancora piccola, con la tenera mano cavalcò
strinse e lentò d'un corridore il morso; stringendo e allentando le redini; maneggiò
spada e lancia e irrobustì le membra con
trattò l'asta e la spada, ed in palestra l'esercizio, allenandole alla corsa. Poi seguì sui
indurò i membri ed allenogli al corso. monti o nelle selve le impronte di un fiero leone
Poscia o per via montana o per silvestra e di un orso; andò in guerra e sia lì sia fra le
selve sembrò una belva agli uomini, un uomo
l'orme seguí di fer leone e d'orso; alle belve.
seguí le guerre, e 'n esse e fra le selve
fèra a gli uomini parve, uomo a le belve

Il passo mostra la prima entrata in scena del personaggio di Clorinda, la vergine guerriera che indossa
un'armatura bianca con l'insegna della tigre e che giunge a Gerusalemme per porsi al servizio di re
Aladino, smaniosa di combattere contro i Crociati. Qui si dice di lei che fin dalla più tenera età ha
disprezzato i lavori femminili e si è addestrata alla guerra, dando di sé splendide prove sul campo e
acquistando una fama che la fa subito riconoscere dagli abitanti di Gerusalemme, come da Aladino
che la accoglie con tutti gli onori e le offre il comando delle truppe che difendono la città (la sua reale
storia e le sue origini cristiane verranno narrate più avanti, nel canto XII prima della sortita notturna
con Argante).
IL GIARDINO DEL PIACERE: RINALDO E ARMIDA, pag 390

9
Poi che lasciàr gli aviluppati calli, Dopo che i due lasciarono le vie contorte, il bel
in lieto aspetto il bel giardin s’aperse: giardino si aprì alla loro vista con un piacevole
spettacolo: offrì a un solo sguardo laghi,
acque stagnanti, mobili cristalli, fiumicelli, fiori e piante variopinte, erbe diverse,
fior vari e varie piante, erbe diverse, collinette assolate, valli ombrose, selve e
apriche collinette, ombrose valli, grotte; e, cosa che aumenta la bellezza e la
preziosità di quelle opere, non è assolutamente
selve e spelonche in una vista offerse; visibile l'arte [diabolica] che produce tutto
e quel che ‘l bello e ‘l caro accresce a l’opre, questo.
l’arte, che tutto fa, nulla si scopre.

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Stimi (sí misto il culto è co ‘l negletto)
Diresti che il sito e gli ornamenti siano del tutto
sol naturali e gli ornamenti e i siti. naturali, poiché ciò che è frutto di artificio è
Di natura arte par, che per diletto mescolato a ciò che è naturale. Sembra arte
l’imitatrice sua scherzando imiti. della natura, che imita scherzando per gioco la
sua imitatrice [l'arte stessa]. Il vento che fa
L’aura, non ch’altro, è de la maga effetto, fiorire gli alberi non è altro se non effetto della
l’aura che rende gli alberi fioriti: maga: il frutto dura in eterno come sono eterni
co’ fiori eterni eterno il frutto dura, i fiori, e mentre un frutto spunta l'altro è già
maturo.
e mentre spunta l’un, l’altro matura.

La descrizione del giardino di Armida (ott. 9-13) è il "pezzo forte" dell'episodio e prepara la comparsa
dei due amanti (Armida e Rinaldo) al centro della scena, che verrà presentata più avanti (ott. 17 ss.): il
luogo è simile a un Eden prodotto dall'artificio diabolico e dunque come uno spazio idillico in cui vige
l'eterna primavera e dove con un solo sguardo si vedono laghi e fiumi, luoghi al sole e in ombra, selve
e grotte, proprio come nel giardino di una villa del XVI sec. in cui famosi artigiani creavano
appositamente paesaggi naturali per allietare la vista dei loro padroni. L'autore sottolinea che il "culto"
e il "negletto" sono abilmente mescolati e tutto sembra prodotto dalla natura, mentre di naturale in
questo luogo non c'è nulla, come dimostra il fatto che i frutti appena spuntati convivono con quelli già
maturi e dove persino il vento e gli uccelli alternano armoniosamente il loro canto producendo una
piacevole melodia.
17
Fra melodia sí tenera, fra tante
Fra una melodia così tenera, tra tante bellezze
vaghezze allettatrici e lusinghiere, che lusingano e allettano, quella coppia [Carlo
va quella coppia, e rigida e costante e Ubaldo] procede e si rende insensibile ai
se stessa indura a i vezzi del piacere. richiami del piacere, con atteggiamento duro e
costante. Ed ecco che lo sguardo penetra tra le
Ecco tra fronde e fronde il guardo inante
fronde del giardino e vede, o almeno gli
penetra e vede, o pargli di vedere, sembra, vede certamente l'amante e la sua
vede pur certo il vago e la diletta, donna [Rinaldo e Armida], ed egli [poggia la
ch’egli è in grembo a la donna, essa a l’erbetta. testa] in grembo a lei e lei è seduta sull'erba.

18
Ella dinanzi al petto ha il vel diviso,
e ‘l crin sparge incomposto al vento estivo; Lei ha il velo aperto davanti al petto e sparge i
capelli sciolti al venticello estivo; langue per
langue per vezzo, e ‘l suo infiammato viso
gioco e i bei sudori rendono biancheggiando più
fan biancheggiando i bei sudor piú vivo: vivo il suo viso arrossato: nei suoi occhi umidi
qual raggio in onda, le scintilla un riso scintilla un sorriso tremulo e lascivo, come un
ne gli umidi occhi tremulo e lascivo. raggio nell'onda del mare. Pende sopra di lui; e
lui le posa il capo sul molle grembo, e solleva il
Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle
suo volto al volto di lei,
le posa il capo, e ‘l volto al volto attolle,

19
e i famelici sguardi avidamente
e nutrendo avidamente i suoi sguardi famelici
in lei pascendo si consuma e strugge. in lei, si consuma e si strugge. Lei si china e
S’inchina, e i dolci baci ella sovente spesso assapora i dolci baci dagli occhi e li
liba or da gli occhi e da le labra or sugge, sugge dalle labbra, e in quel momento si sente
lui che sospira così profondamente che
ed in quel punto ei sospirar si sente
penseresti: "Ora la sua anima fugge e si
profondo sí che pensi: "Or l’alma fugge trasfonde in lei come una pellegrina". I due
e ‘n lei trapassa peregrina." Ascosi guerrieri, nascosti, osservano gli atti amorosi.
mirano i due guerrier gli atti amorosi.

20
Dal fianco de l’amante (estranio arnese)
un cristallo pendea lucido e netto. Dal fianco di Rinaldo, attrezzo assai strano,
Sorse, e quel fra le mani a lui sospese pendeva uno specchio lucido e pulito. Lei si alzò
a i misteri d’Amor ministro eletto. e mise quello specchio nelle mani di lui, scelto
Con luci ella ridenti, ei con accese, quale ministro ai misteri d'amore. Lei con occhi
sorridenti, lui con occhi accesi, osservano in
mirano in vari oggetti un solo oggetto: vari oggetti un oggetto solo: lei si specchia nel
ella del vetro a sé fa specchio, ed egli vetro, e lui si specchia negli occhi sereni di lei.
gli occhi di lei sereni a sé fa spegli.

21
L’uno di servitú, l’altra d’impero Uno si vanta della propria schiavitù, l'altra della
si gloria, ella in se stessa ed egli in lei. sua signoria, lei di se stessa e lui di lei. Il
«Volgi,» dicea «deh volgi» il cavaliero cavaliere diceva: «Orsù, rivolgi a me quegli
occhi con i quali tu, felice, rendi felici, poiché la
«a me quegli occhi onde beata bèi, mia passione (se non lo sai) è il vero specchio
ché son, se tu no ‘l sai, ritratto vero della tua bellezza; il mio petto mostra
de le bellezze tue gli incendi miei; pienamente la sua forma e la sua meraviglia,
la forma lor, la meraviglia a pieno più dello specchio.
piú che il cristallo tuo mostra il mio seno.
22
Deh! poi che sdegni me, com’egli è vago Orsù! Visto che sdegni me, almeno tu potessi
mirar tu almen potessi il proprio volto; ammirare com'è bello il tuo volto; infatti il tuo
sguardo, che non si appaga altrove, gioirebbe
ché il guardo tuo, ch’altrove non è pago, felice rivolto in se stesso. Uno specchio non può
gioirebbe felice in sé rivolto. ritrarre una così dolce immagine, né un
Non può specchio ritrar sí dolce imago, paradiso può essere accolto da un piccolo
né in picciol vetro è un paradiso accolto: cristallo: il cielo è uno specchio degno di te e
nelle stelle puoi ammirare le tue belle
specchio t’è degno il cielo, e ne le stelle sembianze».
puoi riguardar le tue sembianze belle.»

23
Armida sorride a quelle parole, ma non per
Ride Armida a quel dir, ma non che cesse questo smette di farsi bella e di agghindarsi
dal vagheggiarsi e da’ suoi bei lavori.

26
Fine alfin posto al vagheggiar, richiede Quando infine ebbero finito di amoreggiare, lei
a lui commiato, e ‘l bacia e si diparte. si accomiata da lui e lo bacia e si allontana. Lei
Ella per uso il dí n’esce e rivede è solita durante il giorno uscire dal giardino e
rivedere i suoi affari, le sue carte magiche. Egli
gli affari suoi, le sue magiche carte. resta lì, poiché non gli è concesso porre il piede
Egli riman, ch’a lui non si concede o passare un momento altrove, e quando non è
por orma o trar momento in altra parte, con lei passeggia tra le fiere e le piante,
amante solitario.
e tra le fère spazia e tra le piante,
se non quanto è con lei, romito amante.

27
Ma quando l’ombra co i silenzi amici Quando invece l'ombra con i silenzi complici
rappella a i furti lor gli amanti accorti richiama ai loro amori furtivi gli amanti accorti,
essi trascorrono le felici ore notturne sotto lo
traggono le notturne ore felici stesso tetto, in quel giardino. Ma dopo che
sotto un tetto medesmo entro a quegli orti. Armida, rivolta a occupazioni più severe, lasciò
Ma poi che vòlta a piú severi uffici il giardino e le sue delizie, i due [Carlo e
Ubaldo] che erano nascosti tra i cespugli, si
lasciò Armida il giardino e i suoi diporti, mostrarono a Rinaldo armati di tutto punto.
i duo, che tra i cespugli eran celati,
scoprirsi a lui pomposamente armati.

28
Qual feroce destrier ch’al faticoso
Come un feroce destriero, che sia sottratto da
onor de l’arme vincitor sia tolto, vincitore al faticoso onore delle armi [dai campi
e lascivo marito in vil riposo di battaglia] e vaghi libero in un vile riposo tra
fra gli armenti e ne’ paschi erri disciolto, le mandrie e nei pascoli, dedito ad accoppiarsi
[come cavallo da monta], se lo desta un suono
se ‘l desta o suon di tromba o luminoso di tromba militare o il lampo delle armi, corre
acciar, colà tosto annitrendo è vòlto, subito là nitrendo e brama lo scontro, e,
già già brama l’arringo e, l’uom su ‘l dorso portando un cavaliere in groppa, vuole urtare a
sua volta dopo essere stato urtato nella
portando, urtato riurtar nel corso; battaglia;

29
tal si fece il garzon, quando repente così divenne il giovane [Rinaldo] quando
de l’arme il lampo gli occhi suoi percosse. all'improvviso il lampeggiare delle armi colpì i
Quel sí guerrier, quel sí feroce ardente suoi occhi. Quel guerriero così valido, quel suo
spirito così feroce e ardente…
suo spirto a quel fulgor tutto si scosse, …si scosse tutto a quel fulgore, anche se
benché tra gli agi morbidi languente, languiva tra le dolci comodità, e benché fosse
inebriato e assopito tra i piaceri. Intanto Ubaldo
e tra i piaceri ebro e sopito ei fosse. si avvicina e ha rivolto verso di lui il lucido
Intanto Ubaldo oltra ne viene, e ‘l terso scudo di diamante.
adamantino scudo ha in lui converso.

30
Egli al lucido scudo il guardo gira, Egli rivolge lo sguardo allo scudo, per cui si
onde si specchia in lui qual siasi e quanto specchia in esso [e vede] com'è diventato e
quanto è agghindato in modo delicato; i suoi
con delicato culto adorno; spira capelli e la veste spirano profumi e lascivia e
tutto odori e lascivie il crine e ‘l manto, vede che al fianco ha la spada, solo la spada,
e ‘l ferro, il ferro aver, non ch’altro, mira resa effeminata dal troppo lusso: essa è
decorata in modo tale che sembra un inutile
dal troppo lusso effeminato a canto: ornamento, non un fiero strumento militare.
guernito è sí ch’inutile ornamento
sembra, non militar fero instrumento.

31
Qual uom da cupo e grave sonno oppresso
Come un uomo oppresso da un cupo e pesante
dopo vaneggiar lungo in sé riviene, sonno ritorna in sé dopo un lungo
tal ei tornò nel rimirar se stesso, vaneggiamento, così divenne lui nel guardare
ma se stesso mirar già non sostiene; se stesso, ma ormai non tollera di guardarsi; lo
sguardo cade giù e, timoroso e umile, mentre
giú cade il guardo, e timido e dimesso, guarda a terra, la vergogna lo induce a fissare
guardando a terra, la vergogna il tiene. lì. Si chiuderebbe in fondo al mare e dentro il
Si chiuderebbe e sotto il mare e dentro fuoco, nonché al centro della terra, per
nascondersi.
il foco per celarsi, e giú nel centro.

32
Ubaldo incominciò parlando allora:
«Va l’Asia tutta e va l’Europa in guerra: Ubaldo allora cominciò a dire: «Tutta l'Asia [la
chiunque e pregio brama e Cristo adora Palestina] e l'Europa vanno in guerra: chiunque
desidera la gloria e adora Cristo ora combatte
travaglia in arme or ne la siria terra. in armi nella terra di Siria. Tu solo, o figlio di
Te solo, o figlio di Bertoldo, fuora Bertoldo, sei tenuto fuori del mondo, in ozio, da
del mondo, in ozio, un breve angolo serra; un breve angolo di terra; tu solo, egregio
campione di una fanciulla, non sei smosso per
te sol de l’universo il moto nulla nulla dallo sconvolgimento universale [della
move, egregio campion d’una fanciulla. Crociata].

33
Qual sonno o qual letargo ha sí sopita
la tua virtute? o qual viltà l’alletta? Quale sonno o quale letargo hanno assopito
così il tuo valore? O quale viltà la alletta? Su,
Su su; te il campo e te Goffredo invita, su; il campo di battaglia e Goffredo ti
te la fortuna e la vittoria aspetta. chiamano, la fortuna e la vittoria ti aspettano.
Vieni, o fatal guerriero, e sia fornita Vieni, o guerriero del destino, e sia conclusa
l'impresa bene iniziata; e la malvagia setta
la ben comincia impresa; e l’empia setta, [l'Islam], a cui già hai dato dei colpi, cada a
che già crollasti, a terra estinta cada terra estinta sotto la tua spada ineluttabile».
sotto l’inevitabile tua spada.»

34 Ubaldo tacque e il giovane nobile restò per


Tacque, e ‘l nobil garzon restò per poco poco tempo…
spazio confuso e senza moto e voce. …confuso, immobile e silenzioso. Ma quando la
Ma poi che diè vergogna a sdegno loco, vergogna lasciò il posto allo sdegno, allo
sdegno guerriero proprio della ragione feroce,
sdegno guerrier de la ragion feroce, e quando al rossore di vergogna del volto si
e ch’al rossor del volto un novo foco sostituì un nuovo fuoco, che avvampa e scalda
successe, che piú avampa e che piú coce, di più [quello della rabbia], si strappò i vani
ornamenti e quelle indegne decorazioni,
squarciossi i vani fregi e quelle indegne simboli di una misera schiavitù;
pompe, di servitú misera insegne;

e si affrettò ad andarsene, e uscì dalla contorta


35 confusione del labirinto.
ed affrettò il partire, e de la torta
confusione uscí del labirinto.

Nella prima parte del brano i protagonisti sono Rinaldo e Armida, rappresentati in una scena di forte connotazione
erotica che imita volutamente altri personaggi della tradizione classica (a cominciare da Venere e Marte nel De rerum
natura di Lucrezio): significativa è la posizione fisica dei due amanti, con il giovane che posa il capo sul grembo di lei
e le è quindi sottomesso, proprio come il dio della guerra lo era alla dea dell'amore nella descrizione classica, anche
se qui ovviamente la cosa è condannata dall'autore. Armida è descritta come una superba seduttrice, che usa con
sapienza tutte le armi del fascino femminile per tenere avvinto a sé il guerriero, sia facendo sfoggio della sua bellezza
(il velo è aperto e lascia intravedere il petto, i capelli sono scompigliati dal vento, la donna "langue per vezzo", mentre
il volto arrossato dopo l'amore è reso "più vivo" dal sudore bianco che lo imperla), sia mescolando abilmente
atteggiamenti svenevoli con una certa noncuranza verso l'amante, che ottiene l'effetto di sollecitarne ancor di più il
desiderio. Non è un caso, inoltre, che "gli atti amorosi" siano spiati da Carlo e Ubaldo nascosti dietro i cespugli, il cui
punto di vista è esterno alla scena e coincide con la condanna morale della relazione, che infatti i due sono venuti a
interrompere.
Rinaldo è presentato come un autentico "schiavo d'amore" di Armida, vittima di un incantesimo che lo tiene
soggiogato e del tutto privo di volontà propria: il giovane non indossa l'armatura ma "vani fregi" che lo rendono
effeminato, i capelli e la veste sono profumati, la spada che ha al fianco sembra un oggetto di decoro più che uno
strumento militare; quando la maga si allontana e lo lascia solo a lui non è concesso allontanarsi, essendo ormai
diventato una sorta di oggetto sessuale nelle mani della sua bella carceriera. La sua condizione di "strumento di
piacere" è sottolineata in modo paradossale quando regge lo specchio in cui Armida ammira narcisisticamente la sua
bellezza e si agghinda, tra l'altro pregandola di rivolgere a lui lo sguardo in quanto la sua passione è la migliore
immagine del fascino della donna: Rinaldo "petrarcheggia" rimproverando Armida, tra l'altro, di essere vanitosa
come la Laura del Canzoniere, oltretutto ignorato dalla maga che ride tra sé del dominio esercitato sul giovane e si
compiace del desiderio che suscita in lui provocandolo. Lo specchio tenuto da Rinaldo è dunque strumento di
seduzione infernale e di vanità femminile per Armida, mentre lo scudo magico in cui il guerriero vede riflessa la sua
immagine effeminata è specchio di verità, che avrà l'effetto di farlo tornare in sé.
Il cinto che Armida porta alla vita e che non lascia mai neppure quando è nuda si ispira al cinto di Afrodite-Venere,
che aveva la proprietà di rendere irresistibile chiunque lo indossasse: secondo il racconto dell'Iliade (XIV, 214 ss.) Era
lo ottenne in prestito dalla dea della bellezza e se ne servì per irretire Zeus e distrarlo, consentendo a Poseidone di
aiutare i Greci nella guerra contro i Troiani. Quello di Armida è il prodotto di arti magiche ed è stato creato con
l'unione di elementi immateriali, vale a dire gli atteggiamenti contrastanti con cui la donna opera la sua seduzione su
Rinaldo (sdegni e rifiuti, ma anche vezzi e riconciliazioni, sorrisi e lacrime).
Il discorso di rimprovero che Ubaldo rivolge a Rinaldo riprende quello di Mercurio ad Enea nell'Eneide (IV, 265 ss.) e
fa leva soprattutto sul fatto che il crociato si è sottratto ai suoi doveri militari abbandonandosi colpevolmente alla
passione, proprio come l'eroe troiano si era trattenuto a Cartagine diventando l'amante di Didone e rinunciando a
partire per il Lazio. La differenza è che Rinaldo non avrà alcuna esitazione a seguire Carlo e Ubaldo nel lasciare l'isola,
mentre il discorso che Armida gli rivolgerà nel tentativo di trattenerlo riprenderà molto da vicino quello di Didone ad
Enea nello stesso libro del poema di Virgilio, anche se la risposta di Rinaldo sarà alquanto più “signorile".La
descrizione di Rinaldo che rinsavisce dopo essersi specchiato nello scudo (ott. 31) riprende quella di Orlando che
recupera il senno nell'Orlando furioso (XXXIX, 58), episodio rispetto al quale la vicenda di Rinaldo, che è il campione
dei crociati ed è lontano dalla guerra per un incanto amoroso, presenta diverse analogie.

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