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UGO FOSCOLO: VITA e LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
Ugo Foscolo.
La vita: Foscolo nasce alla fine del ‘700, dopo la rivoluzione francese, a Zante, isola ionica di possedimento
veneto, ambiente che è stato la culla dell’arte greca. Rimane orfano presto e questo porta la madre a
trasferirsi da alcuni parenti a Venezia.
Fin da giovane è attratto dalla politica, che vive in modo molto passionale. A causa del suo carattere
rivoluzionario viene perseguitato dal regime aristocratico ed è costretto a lasciare Venezia e a rifugiarsi sui
colli Euganei.

Foscolo crede in una politica rivoluzionaria che pensa possa realizzarsi grazie a Napoleone, ma dopo il
trattato di Campoformio, con il quale Napoleone cede il Veneto all’Austria, ne è profondamente deluso.
Comunque, non abbandona Napoleone, perché crede che sia rimasto l’unico da poter essere seguito e resta
quindi filo-francese, pur avendo una visione più realistica e meno idealistica della politica napoleonica.
Foscolo strinse amicizia con numerosi intellettuali del tempo tra cui Monti e Parini, che costituiva per lui il
modello di figura intellettuale.
Pur mantenendo vivo il suo interesse per la politica, Foscolo riesce a proseguire la sua attività letteraria.
Nel 1802 pubblica “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”, nel 1812 “Le Grazie”.
Dopo la sconfitta di Napoleone, gli austriaci capiscono l’importanza di Foscolo e quindi cercano di ottenere il
suo favore, offrendogli di lavorare per un giornale austriaco. Ma lui, piuttosto di accettare, sceglie l’esilio,
prima in Svizzera, poi in Inghilterra.
Muore in Inghilterra e successivamente le sue spoglie vengono portate a Firenze, in Santa Croce.
Foscolo è un autore sia neoclassico sia preromantico.
Le tragedie sono alfieriane e quindi hanno come tema la lotta contro il tiranno.
E’ idealista e passionale in ogni ambito; è il tipico eroe romantico.
E’ il primo grande esule romantico ed è il primo critico letterario.

Ultime lettere di Jacopo Ortis: analisi


JACOPO ORTIS, RIASSUNTO

Le Ultime Lettere Di Jacopo Ortis_ è un romanzo epistolare, genere molto diffuso in Europa. Una prima
stesura era pronta nel 1799, ma dopo Campoformio F. lasciò momentaneamente la letteratura per dedicarsi
alla politica, lasciando incompleta l’opera. L’editore fece finire l’opera a Sassoli, ma F. non la riconobbe
come sua. La completò e la pubblica nel 1802. Ci sono due dizioni dell’opera: quella svizzera (1816) e quella
inglese (1817).
Nell’Ortis ci sono tutte le tematiche foscolane e classicismo e preromanticismo si uniscono, sono antitesi ma
complementari.

TRAMA: Lorenzo Alderani (alias Foscolo), dopo la morte di Jacopo, raccoglie le lettere che l’amico gli aveva
mandato perché afferma che possano essere d’aiuto agli italiani. Sono 62 lettere.
Jacopo, dopo Campoformio, deluso e perseguitato dall’aristocrazia veneziana, si rifugia sui Colli Euganei,
dove conosce la famiglia del Signor T, che ha 2 figli: Teresa e Isabellina. Jacopo si innamora di Teresa.
La moglie del Signor T se n’è andata perché non condivide il matrimonio di Teresa con un borghese ricco,
Odoardo, che dovrebbe risollevare la condizione economica della famiglia. Jacopo ama Teresa, ed è
corrisposto, ma non può sposarla (=delusione).
Jacopo va a Milano, dove incontra Parini. Poi va a Ventimiglia, fa una sorta di pellegrinaggio e poi torna sui
colli Euganei. Scopre che Teresa si è sposata e si uccide.

I SONETTI

I primi dodici sonetti si rifanno, infatti, a modelli letterari classici o tratti dai poeti contemporanei italiani e
stranieri e riprendono i temi del destino avverso, dell’amore appassionato, dei forti propositi accompagnati
dallo sconforto, dall’avvilimento e dalla tentazione del suicidio; temi questi che costituiscono l’essenza
delle Ultime lettere di Jacopo Ortis.
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Negli altri quattro sonetti, considerati i “maggiori” dalla critica, ritroviamo la pessimistica visione del mondo
foscoliana, l’amore di patria, il senso amaro dell’esilio, la negazione di una vita ultraterrena, ma nello stesso
tempo un’accettazione più matura del proprio destino che si fa destino di tutti gli uomini, nella convinzione
che la morte rappresenti un porto sicuro dopo gli affanni della vita e che i sepolcri possano mantenere vivi
nel ricordo gli affetti.
Alla Musa è una considerazione sul destino umano che corre implacabile verso la riva muta della morte; il
valore della poesia è ben espresso nel sonetto A Zacinto, dedicato alla terra natia, l’isola nel mar Ionio che
Foscolo, costretto all’esilio, non avrà mai più modo di rivedere e a cui dedica i suoi versi; l’anelito a far
riposare le ossa in patria e ad avere il conforto del pianto dei vivi, unica cosa che dura oltre la morte, è il filo
conduttore invece del sonetto In morte del fratello Giovanni, dedicato al fratello morto suicida nel 1801; Alla
sera esprime infine il senso profondo della morte, poeticamente rappresentata dalla sera, come rifugio sicuro
dopo il travaglio della vita.
Dal punto di vista stilistico Foscolo riprende il sonetto petrarchesco, ma lo modifica nei connotati metrici e
strutturali: mentre, infatti, in Petrarca solitamente nelle quartine viene espresso il concetto e nelle successive
terzine le conseguenze, Foscolo costruisce un pensiero unico che ha un solo stacco nei versi finali e fa largo
uso dell’enjambement, ovvero lega concettualmente un verso con l’altro.

DEI SEPOLCRI
Dei sepolcri di Ugo Foscolo è un Carme composto da 295 endecasillabi sciolti, scritto tra l’estate e
l’autunno del 1806. Pubblicato per la prima volta nel 1807, sembra sia nato a seguito di una discussione
avuta nel salotto letterario di Isabella Teotochi Albrizzi con il letterato Ippolito Pindemonte a riguardo di
quanto era stato prescritto nell’editto di Saint Cloud. Nel 1806 infatti in Italia era stato esteso l’Editto di
Saint Cloud emanato da Napoleone nel 1804 e che regolamentava le pratiche sepolcrali. È a
Pindemonte che il componimento è dedicato.
Sebbene inizialmente Ugo Foscolo avesse appoggiato le teorie meccanicistiche dell’Illuminismo, in
quest’opera si accosta al Preromanticismo, dando valore al monumento funebre e contestando
pesantemente l’editto in questione che prevedeva invece che le sepolture dovessero essere tutte uguali e
senza iscrizioni. Per motivi igienici l’editto prevedeva che i defunti venissero posti al di fuori delle mura
della città; per motivi di uguaglianza invece presupponeva che le tombe fossero senza iscrizioni e tutte
uguali, a eccezione dei defunti illustri, che invece, potevano avere un’iscrizione sulla tomba se approvata da
una commissione di magistrati.
Sebbene già i poeti preromantici inglesi avessero trattato il tema sepolcrale, l’innovazione apportata da
Foscolo sta nella struttura e nel fatto che l’Autore mette nell’opera i principali temi della sua poetica,
attualizzandola. In Dei sepolcri troviamo il materialismo, il significato della civiltà e della poesia; ma
anche riflessioni sulla condizione storica dell’Italia e sul ruolo del poeta.

RIASSUNTO
Dei Sepolcri è un carme costituito da 295 endecasillabi sciolti, suddivisi in quattro parti.
La prima parte, che comprende i versi da 1 a 90, si apre con due domande retoriche e affronta il tema
dell’utilità della tomba (che assume ruolo di simbolo di valore affettivo) e dei riti funebri. La tomba, da un
punto di vista materialistico e laico, non può essere una consolazione per la morte.
Ma l’attenzione si concentra sul tema della tomba e della corrispondenza tra vivi e morti: presso la tomba del
defunto i vivi possono trovare conforto e memoria dei propri cari.
La seconda parte, che comprende i versi da 91 a 150, è dedicata ad un’analisi di tutte le concezioni della
morte nel corso del tempo; si analizza anche il modello di sepoltura (da quello cattolico a quello classico), le
superstizioni e l’arte medievale, e la tomba come espressione della civiltà del mondo.
La terza parte, che comprende i versi dal numero 151 al 212, indaga, grazie al ricordo delle tombe di grandi
personaggi del passato, sul significato pubblico della morte. Si osserva il valore della tomba che ispira il
buon esempio e trasmette gli ideali più giusti.

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La quarta parte, che comprende i versi dal 213 al 295, si sofferma sul valore morale della morte, che ci
rende tutti uguali. In questi versi ritroviamo il concetto di poesia eternatrice: l’unica cosa che sopravvive
all’usura del tempo e alla morte stessa. Il poeta si appella alle muse perché la poesia, proprio come la
tomba, preserva il ricordo delle persone. Ma in eterno.
Le convinzioni materialistiche sono sempre presenti nell’opera dunque, perché la morte non è altro che
disfacimento totale e Foscolo accetta questa legge ineluttabile. Ecco allora però che al centro di queste
meditazioni vi è il concetto di "illusione", che riafferma sul piano del sentimento quanto viene negato dalla
logica. Il sentimento respinge il ragionamento. L’illusione cerca di stabilire tra i vivi e i defunti
una corrispondenza d’amorosi sensi.

La Docente Cappello B.

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